Nomine Ue.

 

Nomine Ue.

 

 

Nomine Ue: «Accordo su

von der Leyen, Costa e Kallas»

 Corriere.it - Francesca Basso – (25 Giugno 2024) – ci dice:

 

Il via libera arrivato da un vertice tra Ppe, socialisti e liberali. Allargamento a Verdi o ai Conservatori di Meloni? Il dubbio ancora aperto.  

Von der Leyen alla conta dei numeri. I paletti del Ppe per i vertici Ue.

BRUXELLES - Sia il cancelliere tedesco Scholz sia il presidente francese Macron lo avevano promesso: faremo presto.

 E così è stato.

Negoziatori per le rispettive famiglie politiche, socialisti e liberali, insieme allo spagnolo Sánchez e all’olandese Rutte, ieri hanno trovato l’intesa sui top job Ue con i colleghi del Ppe, il polacco Tusk e il greco Mitsotakis:

Ursula von der Leyen del Ppe viene riconfermata alla Commissione europea, l’ex premier socialista António Costa indicato per la guida del Consiglio europeo, la premier estone liberale Kaja Kallas come Alto rappresentante per gli Affari esteri.

Ora l’intesa dovrà essere approvata al Consiglio europeo di domani, dove siedono i 27 leader Ue:

 per designare la presidente della Commissione serve la maggioranza qualificata rafforzata (20 Paesi rappresentanti il 65% della popolazione europea).

Sul tavolo oltre alle nomine, come spiega il presidente “Charles Michel” nella lettera d’invito, ci saranno anche l’Agenza strategica e le riforme interne.

Poi von der Leyen dovrà essere eletta dalla maggioranza del Parlamento, 361 deputati su 720, nella sessione di luglio a Strasburgo.

Alla premier Meloni, che era stata esclusa dalle trattative nella riunione informale del 17 giugno e che aveva criticato il metodo, non resta che negoziare a porte chiuse con von der Leyen il «prezzo» del sostegno dell’Italia.

 In più occasioni Roma ha ribadito di volere una vicepresidenza esecutiva con un portafoglio di peso, che tenga conto del risultato elettorale.

Socialisti e liberali, per votare von der Leyen al Parlamento, hanno però posto come precondizione al Ppe che non vi sia alcun tipo di accordo formale con l’Ecr e dunque con Fratelli d’Italia, ma questo vale per l’Eurocamera.

A livello di Consiglio la presidente cercherà di accontentare il maggior numero di leader.

 Secondo una fonte Ue, ieri pomeriggio von der Leyen avrebbe chiamato Meloni.

Dalla Commissione non confermano né smentiscono, ma fanno presente che «la presidente è sempre in contatto con molti leader.

Non c’è nulla di eccezionale in questo, soprattutto in vista del Consiglio europeo». Secondo Bloomberg i sei negoziatori hanno concordato di appoggiare che l’Italia ottenga un vicepresidente esecutivo della Commissione.

Il Parlamento tecnicamente non era parte del pacchetto di negoziato, perché decide autonomamente il proprio presidente, ma l’accordo prevede che la prima metà del mandato vada al Ppe, che ha ricandidato “Roberta Metsola”.

La prossima settimana entreranno nel vivo i negoziati.

 

L’intesa con i socialisti prevede una staffetta per i successivi due anni e mezzo, come è stato nella scorsa legislatura.

Uno dei nodi da sciogliere tra i negoziatori era la presidenza del Consiglio europeo che i popolari, su impulso del presidente croato” Plenkovic”, rivendicavano per sé per due anni e mezzo.

Ipotesi contestata dai socialisti che invece reclamavano la carica per Costa per 5 anni.

 Il compromesso finale è il mantenimento dello status quo:

 vengono applicati i Trattati che prevedono che la carica duri due anni e mezzo e andrà all’ex premier portoghese.

 Poi ci sarà la riconferma o meno come è accaduto per i presidenti precedenti, compreso l’uscente Michel.

Quindi nessuna opzione predeterminata.

Popolari, socialisti e liberali contano insieme 399 deputati, ma il voto è segreto e i franchi tiratori sono sempre in agguato.

Statisticamente pesano per un 10-15%.

Per questo von der Leyen in queste ore dovrà lavorare con attenzione al programma e dovrà cercare il sostegno tra altre forze.

 Tra i Verdi ma anche tra i moderati dell’Ecr, come FdI e l’Ods del premier ceco “Fiala”.

 

 

 

 

Nomine Ue, “Meloni esclusa

dai negoziati” mentre i leader

Europei scelgono von der Leyen,

Costa e Kallas: Orban protesta.

msn.com – il Riformista - Luca Sebastiani – (25-6-2024) – ci dice:

 

Le scelte sembrano ormai fatte.

 Niente spazio per sorprese o colpi di coda, con i leader europei – rappresentativi delle grandi famiglie nel Parlamento di Bruxelles – che hanno indicato le figure per i posti apicali nelle istituzioni Ue.

Ursula von der Leyen sarà rinnovata alla presidenza della Commissione, Antonio Costa andrà al Consiglio e Kaja Kallas come Alto rappresentante per gli Affari esteri.

Questa è l’idea dei sei negoziatori che hanno dialogato – in maniera più o meno informale – per raggiungere un’intesa sull’asse che lega popolari, socialisti e liberali in Europa.

 Secondo quanto riportato da fonti diplomatiche non ci sarebbero altri nomi in ballo.

Un tavolo che ha visto partecipi il premier greco “Kyriakos Mitsotakis” e quello polacco “Donald Tusk” per il “Partito popolare europeo”, per i socialisti erano presenti il primo ministro spagnolo “Pedro Sanchez” e il cancelliere tedesco “Olaf Scholz”, mentre per i liberali parlavano il presidente “Emmanuel Macron “e il premier olandese “Mark Rutte”, già involato verso la Nato.

 Assente il gruppo dei “Conservatori e Riformisti europei”, ovvero quello di “Giorgia Meloni”.

Giovedì i nomi saranno presentati ai 27 capi di Stato e di governo dei paesi membri per averne l’approvazione.

 E poi il nome per la presidenza della Commissione, in questo caso “von der Leyen”, sarà votato dal “Parlamento europeo”.

Mentre il presidente del Consiglio e l’Alto rappresentante dovrà essere votato a maggioranza qualificata dal Consiglio.

Nomine Ue, “Meloni” esclusa dai negoziati.

La premier italiana,” leader di Ecr”, nonostante il buon risultato alle elezioni europee del suo gruppo non è stata coinvolta.

Rimarrà fuori dalla maggioranza a sostegno di” von der Leyen”, sia perché” i Conservatori non vogliono apparentarsi con i socialisti”, sia – soprattutto – perché i socialisti e i liberali non vogliono governare insieme alla destra conservatrice.

Il dubbio di Meloni è uno:

appoggiare comunque la candidatura di von der Leyen e votarla in Parlamento, in modo da cercare di ottenere comunque uno spostamento a destra su dossier e questioni rilevanti nella prossima legislatura.

 È il messaggio su cui ha virato la premier e che adesso – dopo l’esclusione – “Fratelli d’Italia” vuole far passare.

 Il ministro “Raffaele Fitto” – in lizza per un posto in Europa – ha sottolineato come quello delle nomine non sia “l’unico tema rilevante dell’agenda del Consiglio europeo, per noi è molto importante che dal Vertice esca un messaggio chiaro su temi per noi cruciali come la competitività dell’economia europea, la difesa, la migrazione e l’agenda strategica”.

Meloni, inoltre, vuole guadagnare un seggio importante nella futura Commissione in cambio dei suoi voti a von der Leyen.

 Il rischio però è di spaccare il “gruppo dei Conservatori”, visto che diversi partiti al suo interno vogliono rimanere fuori da questa nuova maggioranza Ursula.

 

Le trattative parallele tra Meloni e von der Leyen.

Proprio “von der Leyen” dovrebbe negoziare direttamente con “Meloni”, non tanto per la maggioranza quanto per il portafoglio da riservare all’Italia.

 Roma da settimane sta chiedendo di avere un peso forte all’interno dell’esecutivo europeo:

un commissario importante e una vicepresidenza.

Le sue insistenze potrebbero aver pagato, almeno su questo.

 Secondo l’agenzia spagnola “Efe”, uno dei sei negoziatori al tavolo ha contattato la presidente del Consiglio italiana per rassicurarla sul fatto che avrà un portafoglio di peso.

La presidente della Commissione, quindi, sembra orientata a concedere al” governo Meloni” quello che chiede, considerando anche un avvicinamento tra le due leader negli ultimi mesi.

E d’altronde la tedesca non può far finta del potere che può comunque giocare la premier italiana nei prossimi anni in Europa, forte della posizione acquisita dei Conservatori e del consenso nazionale di cui ancora gode.

La protesta di Orban.

Meloni è stata esclusa, ma sembra poter ottenere comunque un contentino da poter rivendicare in patria.

Chi è rimasto fuori dai giochi, nonostante l’inizio della presidenza di turno europea della sua Ungheria, è “Viktor Orban”.

Il premier dai suoi profili social con un video apposito ha lanciato il suo messaggio, attaccando principalmente i popolari:

 L’accordo che il Ppe ha stretto con la sinistra e i liberali va contro tutto ciò su cui si fonda l’UE.

Invece dell’inclusione, semina i semi della divisione.

Gli alti funzionari dell’UE dovrebbero rappresentare tutti gli Stati membri, non solo la sinistra e i liberali!”.

Un video in cui scorrono le immagini della visita di Orban a Roma, accolta proprio dalla sua amica Meloni.

 Che poi, amica fino a un certo punto.

Perché se è vero che l’asse con l’omologo ungherese è saldo, i Conservatori di Meloni sono spaccati sul possibile ingresso al proprio interno del partito di “Orban Fidesz”.

Il premier di Budapest è pronto a rimanere ai margini dentro il parlamento europeo e sicuramente i membri del suo partito non voteranno a favore di “von der Leyen”.

 

 

 

 

«VIRUS, GATES E GUERRA:

 LE RICETTE DELL’OCCIDENTE»

 Inchiostronero.it - Redazione Inchiostro Nero – (23 – 06-2024) – ci dice:

 

Adesso lo sappiamo…

Prima la pandeminchia da Coronavirus, ora l’influenza aviaria.

Guardate il gesto. Ci vuole proprio fare un c… così

Adesso lo sappiamo:

Bill Gates ha donato, attraverso la sua fondazione, 9,5 milioni di dollari all’Università del Wisconsin-Madison e al ricercatore capo “Yoshihiro Kawaoka” per finanziare esperimenti volti a modificare il virus dell’influenza aviaria del tipo H5N1 in maniera che esso possa attaccare anche i mammiferi e dunque l’uomo.

Si rimane senza fiato di fronte alla stupidità del mondo occidentale dove ancora si parla seriamente del “guadagno di funzione” come se non fosse la ricerca di armi biologiche, ma un’azione umanitaria.

 Con la scusa di produrre vaccini per proteggere da nuovi agenti patogeni che potrebbero non arrivare mai o tra mille anni o tra un milione, li si crea:

questa è solo la follia terminale del nostro mondo, in cui abbiamo permesso a idioti del calibro di Gates di arricchirsi a tal punto da manomettere la salute di tutti e anche, a quanto pare, il clima con esperimenti deleteri di immissione di sostanze riflettenti nell’atmosfera.

Bill Gates è un veggente il suo libro dice:

 “Come prevenire una nuova pandemia”.

Non pensa ad altro che alla nostra salute.

Ma adesso questa melma nella quale operano gli apprendisti stregoni può venire buona anche ad altri scopi oltre a quello di vellicare le visioni maltusiane della élite anglosassone, coltivate ormai da oltre due secoli.

 Molti dei critici del sistema neoliberista pensano che i potentati finanziari occidentali siano diventati un moloch invincibile, ma a dire la verità sono anche così stupidi da aver davvero creduto che la Russia si sarebbe tirata indietro rispetto al massacro nel Donbass oppure che sarebbe stata facilmente sconfitta in base alle loro credenze economiche.

Hanno alla fine creduto alla loro ideologia fasulla che non è altro se non una tecnica del potere, ma adesso che hanno fallito hanno solo due strade davanti a loro:

o arrivare alla guerra nucleare o ammettere la sconfitta.

Quest’ultima ipotesi è quasi impossibile da praticare perché l’Occidente perderebbe quella deterrenza economico militare che gli permette di rapinare le risorse altrui e vivere decentemente praticando attività per la più parte futili.

Dove andrebbero a finire gli Usa con interessi sul debito federale di un trilione di dollari all’anno e un deficit di bilancio di duemila miliardi di dollari l’anno e con gigantesche importazioni di prodotti che non fabbricano più?

 Al macero insieme ai Paesi che seguono come pesci pilota questo squalo.

 Basta semplicemente che il dollaro perda di importanza oltre un certo livello o che siano messi in luce i limiti della forza con la quale può sostenere il biglietto verde: gli esempi di ‘Iraq e la Libia sono ormai lontani.

Dunque, se si decidesse di non arrivare all’Armageddon finale, la sconfitta dovrebbe essere nascosta da qualche diversivo che distragga completamente l’attenzione delle persone e crei nuove angosce.

 Quale migliore tappeto dove nascondere il fallimento, se non una nuova pandemia e la riproposizione di tutto il complesso di paure e di operazioni di controllo sulla popolazione, di censure e di totalitarismo sanitario?

 Ecco perché i finanziamenti di Gates e la guerra si legano in una stessa logica:

non che l’ex patron di Microsoft lavori per questo scopo preciso, ma si tratta di un’atmosfera in cui i diversi interessi si intrecciano e si collegano quasi naturalmente e inconsciamente, tanto da arrivare a connettere i vaccini che dovrebbero salvare vite alle visioni di de-popolamento.

(Thomas Cole: La caduta dell’Impero romano d’Occidente 1836)

La tentazione di una nuova pandemia è forte, anche perché sarebbe una nuova orgia di miliardi, ma il problema è che l’operazione varrebbe solo per il mondo occidentale, eviterebbe – forse – scombussolamenti politici che potrebbero liberarci da élite politiche che hanno retto il gioco, ma tutto il resto del pianeta sa già che la Nato, ovvero gli Usa, sono stati sconfitti in Ucraina e che un nuovo mondo si va formando.

A questo si aggiunge il fatto che Israele si trova in grande difficoltà con Hamas nonostante la stratosferica superiorità sulla carta e che l’annunciata avventura nel sud del Libano rischia di trasformarsi in un disastro:

 lo fa quasi appositamente per provocare l’ingresso ufficiale degli Usa nel conflitto, ma non c’è dubbio che questo si tradurrebbe nella fine della costruzione politica medio orientale degli Usa e in un rinnovato rischio di guerra globale.

Venire fuori da questa palude in cui l’occidente si è ficcato sarà molto difficile.

 Il dado sulla fine dell’impero è orami tratto.

(Redazione inchiostro nero)

 

 

 

 

Elon Musk denuncia il "Movimento

 estinzionista" che considera gli

esseri umani come una PIAGA sulla Terra.

  Naturalnews.com – (25/06/2024) - Ava Grace – ci dice:

Il fondatore di Tesla e SpaceX, Elon Musk, ha denunciato coloro che sposano una filosofia "estinzionista" che considera gli esseri umani come una "piaga sulla Terra".

Ha rilasciato questa denuncia in un'intervista con il “think tank libertario Cato Institute” con sede a Washington, D.C.

Secondo Musk, coloro che desiderano vedere l'umanità prosperare sono in lotta contro questi estremisti ambientalisti.

 Il proprietario della piattaforma “X” aveva parlato di "implosione del tasso di natalità", motivo di preoccupazione per lui in quanto sta "accelerando nella maggior parte dei paesi".

"Se non ci sono esseri umani, non c'è umanità. Dobbiamo farli in qualche modo", ha detto.

"Nella forma estrema del movimento ambientalista, la gente inizia a vedere gli esseri umani come una piaga sulla superficie della Terra, come una cosa fondamentalmente negativa, e con l'implicazione che se tutti gli esseri umani scomparissero, in qualche modo la Terra starebbe meglio".

  I miliardari satanici stanno finanziando migliaia di "giornalisti" per promuovere l'agenda globale di spopolamento “Net Zero”.)

Secondo Musk, il conflitto tra coloro che vogliono che l'umanità prosperi e coloro che vogliono sterminarla può essere descritto come "una lotta tra filosofie espansionistiche ed estinzioniste" a livello fondamentale.

 Ha aggiunto: "Questo è ciò che conta davvero. Se gli esseri umani si estinguono o la civiltà collassa, qualsiasi politica possiamo avere è irrilevante".

Il tecnocrate di origine sudafricana ha anche espresso la sua preoccupazione per il basso tasso di natalità nella maggior parte delle nazioni.

Ha detto al think tank: "Questa è una di quelle cose che viene sottovalutata come problema.

Bisogna farli in qualche modo e dobbiamo essere molto preoccupati per l'accelerazione dell'implosione del tasso di natalità: questo è un grosso problema".

(Stiamo costruendo l'infrastruttura della libertà umana e dando alle persone la possibilità di essere informate, sane e consapevoli.

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La civiltà collassa nel momento in cui gli esseri umani si estinguono.

"Dobbiamo prima avere gli esseri umani se vogliamo avere una civiltà, a meno che non lasciamo tutto ai robot", ha continuato Musk.

 "Dobbiamo cercare di andare oltre ciò che abbiamo fatto in passato per aumentare il numero di esseri umani.

 In un modo o nell'altro, questo deve accadere".

 

Il fondatore di Tesla e SpaceX ha inoltre sottolineato che sia la civiltà che la coscienza finiranno a meno che l'umanità non adotti una politica espansionistica. Concluse dicendo: "Andate e moltiplicatevi", rispecchiando l'istruzione che Dio diede ad Adamo ed Eva.

"È un avvertimento che Musk ripete da tempo ormai", ha sottolineato “Modernity News”.

 "Gli osservatori di Musk hanno affermato che in precedenza ha evidenziato il “numero allarmante di persone di sinistra” che hanno quasi inconsapevolmente abbracciato una filosofia fondamentalmente anti-umana o trans-umana sostenuta da snob elitari, diffamando chiunque suggerisca che avere bambini sia buono come 'estrema destra'".

In precedenza, Musk aveva lanciato un avvertimento sul declino della popolazione, sostenendo che l'umanità "scomparirà" a meno che il tasso di natalità non venga mantenuto a una "costante" e se le persone in Occidente non inizieranno ad avere più figli.

(Elon Musk che esorta le persone a ripopolare la Terra e aumentare i tassi di natalità, per timore che vincano gli "estinzionisti .")

(PopulationCollapse.com).

 

 

 

 

Nomine Ue, l’accordo esclude

 Giorgia Meloni, tentata dalla

 rottura: «Vogliono andare

 avanti senza di noi»

Open.online.it – (26 GIUGNO 2024) - Alessandro D’Amato – ci dice:

 

La premier: una classe dirigente delegittimata dal voto rischia di andare a casa. Non c’è rispetto per l’Italia.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è pronta ad astenersi nel voto per la prossima Commissione Europea.

Il segnale può arrivare al prossimo Consiglio Europeo, in programma per domani 27 giugno.

E potrebbe arrivare anche in caso di nomina del suo fedelissimo Raffaele Fitto a vicepresidente con delega al Pnrr.

Una decisione di questo tipo costituirebbe una rottura rispetto alla tradizione, visto che di solito in questi casi in Ue si procede con il consenso unanime dei vertici.

E dipende dalle notizie di ieri.

 Ovvero quelle che volevano raggiunto l’accordo sui tre nomi ai vertici delle istituzioni europee:

Ursula von der Leyen confermata alla guida dell’esecutivo Ue, l’ex premier socialista portoghese Antonio Costa alla guida del Consiglio e il liberale Kaja Kallas Alto rappresentante per la politica estera.

La rabbia di Giorgia.

Anche Roberta Metsola va verso la conferma come presidente dell’Europarlamento, ma solo per metà mandato.

Si tratta dell’accordo che ballava già dalla settimana scorsa.

E che aveva causato le accuse di mancanza di rispetto da parte della premier italiana.

 In pubblico Meloni aveva chiesto un cambio di passo.

 In privato, svelano oggi i retroscena come quello del Corriere della Sera, la presidente del consiglio italiana è furiosa:

 «Potevano aspettare il vertice che si apre domani per ufficializzare la decisione, potevano avere più rispetto per un Paese fondatore dell’Unione, hanno deciso di andare avanti senza di noi, a questo punto nulla è più scontato, nemmeno il sostegno parlamentare del gruppo Ecr a un secondo mandato di Ursula von der Leyen».

La premier ce l’ha anche con Elly Schlein, che ha osteggiato l’entrata del suo gruppo in maggioranza:

«È una follia antipatriottica».

Anche se pare difficile vedere Meloni che dice sì a Sinistra Italiana nel governo dell’Ue perché Ilaria Salis è nata a Monza.

La rottura in arrivo.

In questo clima potrebbe persino saltare la vicepresidenza per Fitto:

 «Non sappiamo assolutamente nulla, e anche che alla fine sia Fitto il nostro candidato è qualcosa da maneggiare con le molle, perché al momento manca qualsiasi informazione necessaria per valutare sino in fondo l’intero dossier».

E le parole che escono da Palazzo Chigi sembrano l’anticamera di una dichiarazione di guerra:

«C’è il rischio, visto il metodo che hanno scelto, che arrivino delle sorprese clamorose, per quanto ci riguarda può anche saltare tutto e accadere che un’intera classe dirigente delegittimata dal voto, che pensa di continuare a dettare l’agenda, vada a casa».

 Le variabili sono tante.

Si va dal fare buon viso a cattivo gioco al prendere una strada esplicita di rottura.

I conti della serva.

D’altro canto all’Europarlamento la maggioranza che si va configurando (Popolari, Socialisti, Liberali) conta ufficialmente 399 voti.

Ne bastano 361 su 720 per avere la maggioranza.

 Ma i franchi tiratori sono sempre in agguato e quei voti potrebbero non bastare. Per questo Ursula puntava su Giorgia.

Ma i socialisti, comprensibilmente, troverebbero difficile accettare l’appoggio dell’estrema destra dopo aver fatto campagna elettorale contro il pericolo per mesi.

 Per questo guardano invece ai Verdi.

Von der Leyen avrebbe comunque chiamato Meloni ieri pomeriggio. Annunciandogli che i negoziatori alla fine hanno accettato la vicepresidenza per l’Italia.

Ma questo non è bastato a convincere Giorgia.

Per ora.

(Leggi anche:

L’offerta a Giorgia Meloni sulle nomine Ue, Bloomberg: «Garantita una vicepresidenza nella prossima Commissione europea»

Nomine Ue, fonti diplomatiche: «Pronto l’accordo sui tre nomi ai vertici delle istituzioni europee»

Ue, l’ira di Meloni sulle nomine: «È ora di un cambio di passo». E sul G7 rivendica: «Fiera di aver fatto mangiare ai leader i panzerotti» – Il video

Giorgia Meloni «silenziosa e fredda» al tavolo delle nomine Ue: «C’è stata una mancanza di rispetto»

Bruxelles, bilaterali tra Meloni e l’ungherese Orban, il polacco Morawiecki e l’indipendentista fiammingo Van Overtveldt

«Von der Leyen ha insabbiato un report critico per ingraziarsi il voto di Meloni». Il portavoce smentisce: «L’agenda è indicativa, lo pubblicheremo quando sarà pronto»

Giorgia Meloni voterà Ursula von der Leyen alla Commissione Europea? «Il suo problema? È ambidestra».)

 

 

 

 

 

Nomine Ue, Meloni lascia o raddoppia?

La premier a Bruxelles va contro

Francia e Germania, ma se perde rischia l’isolamento.

Ilfattoquotidiano.it – Gianni Rosini – (26 giugno 2024) – ci dice:

Giorgia Meloni si gioca peso politico e credibilità al prossimo Consiglio europeo di giovedì e venerdì.

Col suo discorso alla Camera, la presidente del Consiglio è uscita allo scoperto e si è lanciata contro quell’asse franco-tedesco che ha in mano il timone del continente.

L’idea di Parigi e Berlino di imporre i propri nomi per le quattro cariche apicali dell’Ue e chiedere a Roma di dire semplicemente ‘sì’ non è accettabile per la premier italiana.

 I partiti che guidano le cancellerie francese e tedesca sono usciti massacrati dalle ultime elezioni europee, per questo Meloni, che si propone come esponente di destra aperta al dialogo con le forze moderate, non vuole accettare una posizione subordinata.

 Ma l’offerta per lei, in termine di deleghe in Commissione, è allettante.

Così la premier dovrà scegliere:

accettare un piano favorevole ma non condiviso o pretendere di far parte del ristretto circolo di chi decide le più importanti cariche europee?

 Rilanciare, però, la espone a un enorme rischio:

far naufragare questo accordo e rischiare di perdere la posizione guadagnata in Europa.

Non c’è più tempo per pensare.

Tra meno di 24 ore la presidente del Consiglio si presenterà a Bruxelles per il Consiglio europeo nel quale si punta a chiudere la partita delle principali nomine Ue.

 I nomi rimangono gli stessi:

 Ursula von der Leyen (Ppe) confermata alla presidenza della Commissione, Roberta Metsola (Ppe) alla guida del Parlamento, Antonio Costa (Socialisti) a capo del Consiglio Ue e Kaja Kallas (Renew) come Alto rappresentante per la Politica Estera.

In caso di fumata nera la situazione si complicherebbe molto:

 diventerebbe più difficile riuscire trovare un’intesa tra i 27 Stati membri, portarla in Parlamento, il 18 luglio, e ottenere l’approvazione dell’aula prima della pausa estiva.

Un limite di tempo che la maggior parte delle formazioni vuol rispettare.

 Chi conosce le istituzioni europee sa bene che rimandare la discussione al termine dell’estate significherebbe con ogni probabilità far saltare tutti o gran parte dei nomi sui quali è stata trovata un’intesa di massima.

Il fattore tempo è quindi fondamentale per i gruppi che formano la cosiddetta maggioranza Ursula, Popolari, Socialisti e liberali di Renew, ma lo è anche per Giorgia Meloni e chi aspira a indebolire l’asse franco-tedesco.

La strategia della presidente del Consiglio Ue e di una parte dei partiti conservatori e nazionalisti che siedono a Bruxelles prevede di trascinare la discussione oltre il 30 giugno, data nella quale si terranno le elezioni Politiche convocate dal presidente francese Emmanuel Macron.

Una nuova débâcle di Renaissance, così come prospettato dai sondaggi che danno la formazione al 22%, con il Rassemblement National di Marine Le Pen al 34% e il Nuovo Fronte Popolare al 29%, indebolirebbe ulteriormente il ruolo del capo di Stato francese, anche in Europa, favorendo così chi come Meloni punta a rosicchiare spazio vitale in Consiglio Ue.

 

Per non arrivare a questo, nel pacchetto di nomine è compresa un’offerta che per l’Italia sarà molto difficile rifiutare.

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, lo ha ripetuto più volte: “Ci spetta un commissario di serie A e una vicepresidenza in Commissione”.

Da quanto appreso da Ilfattoquotidiano.it, la proposta è la migliore possibile per Roma ed è già stata presentata, seppur informalmente:

 esprimere il commissario per il Bilancio e il Next Generation Eu, ruolo che sarebbe ricoperto probabilmente dall’attuale ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto.

Nessuna indicazione su una possibile vicepresidenza, ma va ricordato che l’attuale commissario con questa delega, Johannes Hahn, è l’unico che risponde direttamente alla presidente Ursula von der Leyen e non a uno dei sette vicepresidenti.

Se accettasse l’offerta, l’Italia porterebbe a casa la poltrona di chi gestisce le erogazioni europee dei fondi destinati al Pnrr, dossier fondamentale per Roma.

Certo, accettando nomine prestabilite in cambio dell’incarico, Meloni legittimerebbe la propria posizione subordinata rispetto ai partiti europei moderati e a Francia e Germania.

Un escamotage per evitare di perdere la faccia potrebbe essere quello di ottenere piccole concessioni da rivendere all’opinione pubblica, con l’aiuto degli altri paesi Ue, facendole passare come conquiste in sede di contrattazione.

Questo non risolverebbe, comunque, i problemi che si verrebbero a creare all’interno del gruppo dei Conservatori europei, esclusi da ogni tipo di trattativa.

Una grana che, però, la leader di Fratelli d’Italia deve aver già previsto da quando ha capito che i suoi voti sarebbero stati determinanti per la formazione dei nuovi vertici Ue.

Fondamentale, in questa situazione, sarà l’opera di mediazione di von der Leyen che tratterà direttamente con la premier italiana.

Ma lo sarà soprattutto la strategia che Meloni ha deciso di sposare.

Accettare l’offerta (e le imposizioni) della ‘vecchia Ue‘ o portare avanti la sua guerra per stravolgerla?

Il rischio, nel secondo caso, è quello di mettere definitivamente fine al suo processo di ‘normalizzazione‘ ed essere rigettata nel gruppo di quelli che l’establishment europeo considera partiti impresentabili.

(Gianni Rosini)

 

 

 

 

La strage degli innocenti.

 

 Pressenza.com – (28.10.23) - Assopace Palestina – Maria Di Pietro – ci dice:

 

“Pregate per i bambini, pregate Dio che protegga i bambini”, così mi risponde “Ghada” dopo dieci giorni che cerco di mettermi in contatto con lei. Il sollievo di ricevere una sua email dura pochi istanti, giusto il tempo di realizzare che è viva, e poi si dissolve nelle sue parole “La situazione qui è orribile.

 I bombardamenti aerei stanno distruggendo tutto.

Tante vittime tra i bambini. Nessun genere di base.

Non c’è niente da fare se non pregare Dio che protegga i bambini.

Per favore, continuare a pregare per i bambini innocenti”.

“Ghada” ha scelto di essere custode non solo dei suoi due bimbi ma anche dei bimbi che hanno disturbi da stress post-trauma, attraverso il suo lavoro di educatrice e “focusing trainer” presso il Centro Palestinese post-trauma di Gaza City.

Ad oggi sono più di 3000 i bambini uccisi nella striscia di Gaza da due settimane, in questo genocidio che pare non abbia fine.

 Sui giornali e alla tv sono solo numeri, come i 410 bambini uccisi durante l’invasione a Gaza di “piombo fuso” o i 540 di “margine protettivo” sotto le bombe al fosforo bianco sancite dal Protocollo di Ginevra.

 

Ma dietro ogni morte innocente c’era un bambino che aveva paura di morire.

Sono 870 i bambini ancora sotto le macerie, le madri scrivono i loro nomi sulle braccia per identificarli in caso di bombardamento.

 Tutto questo è atroce, è atroce per le madri che hanno la missione di curare e custodire i propri figli, ma a Gaza non è permesso proteggere i figli.

 Il genocidio che si sta consumando non dà tregua.

Ai militari che premono un bottone per sganciare bombe non interessa se sotto ci sono neonati, anziani, disabili o bambini che tremano di paura per ogni bombardamento.

 Uno dei medici non ha avuto il coraggio di mostrare ad una mamma i pezzi del suo bambino, ha preferito che lei conservasse nella sua mente la bella immagine del figlio.

Il Ministro della Salute di Gaza dichiara che ad oggi sono 7326 i civili uccisi, tra cui 57 membri delle Nazioni Unite, 28 giornalisti e più di 100 membri del personale medico.

I feriti sono arrivati a 18967 e gli ospedali rimasti in piedi sono al collasso.

I medici stanno operando senza anestesia, amputazioni di arti su adulti e bambini feriti che giacciono a terra in mancanza di letti, senza corrente e in condizioni di scarsa igiene.

“Non siamo vivi.

Abbiamo paure e tristezza nei nostri cuori per i nostri figli vittime innocenti. L’attacco aereo ha diffuso l’odore della morte ovunque nella Striscia di Gaza.

Molte le vittime dei bambini innocenti nelle strade.” scrive Ghada “Scappiamo da casa nostra verso la scuola dell’”Unrwa” e poi scappiamo per le strade del sud di Gaza con i nostri bambini spaventati dal dolore e dai sentimenti spezzati.

 Niente acqua, niente elettricità. nessun rifugio sicuro, solo tanta paura e tante lacrime.

Forse queste saranno le mie ultime parole. “

E mentre gli USA mettono il secondo veto alla risoluzione ONU che chiede di cessare il fuoco, l’Unicef comunica che ci sono 120 neonati in incubatrice che hanno bisogno di corrente per respirare.

Ma la corrente non c’è.

“Il genocidio e la guerra sono devastanti, e sembra che nessuno sopravviverà” scrive “Ghada”

 “Moriremo tutti in tempi diversi. Aspettiamo la morte e sappiamo che è reale e non la temiamo. Il problema non è la morte, abbiamo superato la fase del pensiero.

Ora pensiamo al modo in cui moriremo.

Moriremo a pezzi o interi?

Sentiremo male e soffriremo sotto le macerie, o moriremo all’improvviso?

Moriremo insieme o uno dei nostri figli rimarrà dietro di noi soffrendo per la nostra perdita?”

E in questa carneficina non ci sarà alcun vincitore.

Chi non sente empatia verso l’umanità ha perso, chi semina sofferenza e mette in circolo dolore ha perso, chi calpesta i diritti umani ha perso.

 Chi si difende con la violenza ha perso.

Chi racconta menzogne ha perso. Chi non rispetta il diritto internazionale ha perso.

 

In questi giorni sono tantissime le persone da tutto il mondo che scendono in piazza e chiedono di cessare i bombardamenti.

 Le dichiarazioni contro il genocidio arrivano anche da ebrei ed ebree che chiedono uguaglianza e libertà.

Non si tratta di appoggiare un governo piuttosto che un altro, non si tratta di “tifare” per un popolo o l’altro… o si è dalla parte della vita in ogni sua forma, o si è contro l’umanità.

“Ma come sopravviviamo se perdiamo la luce del sorriso dei nostri figli?” domanda “Ghada”.

“Come faremo a sopravvivere se perdiamo le risate dei bambini?”

(Maria Di Pietro -Assopacepalestina)

(L’Unrwa è un’agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel vicino Oriente. E’ un’agenzia di soccorso, sviluppo, istruzione, assistenza sanitaria, servizi sociali e aiuti di emergenza a oltre cinque milioni di rifugiati palestinesi che vivono in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e Striscia di Gaza.)

 

 

 

 

“Dov’è papà?” La strage degli innocenti

Casadelledonnedimilano.it - Paola Redaelli – (30-5-2024) – ci dice:

Da una settimana mi sto tormentando su cosa scrivere a proposito di quanto sta accadendo a Gaza.

Di una cosa io sono certa: il genocidio programmato da Israele è in atto ed è impossibile usare una parola diversa da genocidio, come in un articolo del mese scorso ha argomentato il professore” Amos Goldberg” del Dipartimento di Storia ebraica ed Ebraismo contemporaneo dell’”Università ebraica di Gerusalemme”.

 

Scriveva il “27 maggio 2024” “Amnesty International”:

 “Dalle nostre ricerche sono emerse prove conclusive di attacchi illegali delle forze israeliane […] proprio mentre il procuratore della Corte penale internazionale chiedeva mandati di cattura per alti dirigenti di “Hamas” e di “Israele”, compreso il primo ministro israeliano “Benjamin Netanyahu”.

 

 Dall’ottobre 2023 “Amnesty International” ha condotto indagini approfondite su 16 attacchi aerei delle forze israeliane che hanno ucciso 370 civili, tra cui 159 bambini, e ferito altre centinaia di persone, riscontrando prove di crimini di guerra israeliani:

 attacchi diretti contro civili, attacchi indiscriminati illegali, punizioni collettive nei confronti della popolazione civile della Striscia di Gaza.

Così commentava l’indagine” Erika Guevara Rosas”, direttrice delle ricerche di “Amnesty International”:

 

“Quelli che abbiamo documentato illustrano uno schema palese, attuato negli ultimi sette mesi, di attacchi israeliani contrari al diritto internazionale che hanno ucciso civili palestinesi nella totale impunità e che hanno mostrato uno spietato disprezzo per la vita umana”.

Sempre del 27 maggio è la notizia di 45 palestinesi morti (uccisi per “errore”, molti bruciati vivi) e di almeno 270 feriti a Rafah dove erano accampati. Per la stragrande maggioranza donne e bambini.

A proposito dei fatti di Rafah del 27 maggio ha scritto il giorno dopo la coraggiosa giornalista “Amira Hass” sul quotidiano israeliano “Haaretz”:

“Lunedì pomeriggio le autorità hanno affermato che le Forze di difesa israeliane non si aspettavano né prevedevano che nell’attacco a Rafah sarebbero stati colpiti dei civili.

Un’affermazione così falsa può essere fatta solo a beneficio degli utenti di quei media che per sette mesi hanno nascosto cifre insopportabilmente alte e fotografie sconvolgenti di bambini uccisi o feriti in ogni attacco israeliano sulla Striscia di Gaza”.

(In fuga da Rafah maggio 2024).

L’articolo di Hass prosegue raccontando che, secondo l’esercito israeliano, il bombardamento del campo di Rafah aveva lo scopo di uccidere 2 persone (Abu Rabia e Al-Najjar) ritenute responsabili di aggressioni che avevano provocato delle vittime sia nell’esercito sia tra i civili israeliani all’inizio degli anni 2000.

 Il comunicato dell’esercito non rivelava peraltro che i due uomini erano stati rilasciati dalle prigioni israeliane in seguito ad un accordo per liberare il soldato rapito Gilad Shalit nel 2011.

Dunque nessun tragico errore, dice “Hass”, ma un ennesimo e previsto massacro di civili.

Già un paio di mesi fa “Philippe Lazzarini”, a capo dell’”UNRWA”, avvertiva che il numero dei bambini palestinesi morti in 5 mesi nella guerra israeliana “contro Hamas” aveva superato quello dei bambini morti in 4 anni in tutte le guerre del mondo.

Altrettanto sconvolgente era già allora il numero delle donne morte.

Sulle ragioni di questa strage di innocenti una delle risposte possibili è stata data da un’approfondita inchiesta (pubblicata all’inizio di aprile) – citata anche da “Amira Hass” – della rivista online indipendente israelo-palestinese “+ 972 Magazine” che ha intervistato anche sei ufficiali dell’intelligence israeliana che hanno prestato servizio nell’esercito durante l’attuale guerra contro la Striscia di Gaza.

Da questa inchiesta emerge con chiarezza che l’esercito israeliano non bombarda “alla cieca”, come noi potremmo essere indotte a pensare, e nemmeno fa “sbagli”, ma opera secondo una precisa strategia.

Per la localizzazione della maggior parte dei “bersagli” – cioè non dei capi importanti di “Hamas” ma delle 3 o 4 decine di migliaia di militanti di rango inferiore (militanti di base attuali o addirittura solo un tempo militanti di Hamas), questa strategia si avvale di un “sistema di intelligenza artificiale” denominato “Lavender”, sviluppato proprio per “creare obiettivi umani” nella guerra in corso.

Quando si tratta di colpire questi presunti militanti individuati dal sistema, l’esercito preferisce usare solo missili non guidati (noti come bombe “silenziose”, in contrasto con le bombe di precisione “intelligenti”), che possono distruggere interi edifici con i loro occupanti e causare un altissimo numero di vittime.

“Non si vogliono sprecare bombe costose per persone non importanti”, ha detto un ufficiale.

Inoltre, affermano sempre le fonti israeliane intervistate da “+972 Magazine”, diversamente dal passato, ogni persona che ha indossato un’uniforme di “Hamas” negli ultimi due anni può essere bersaglio di un bombardamento con un “danno collaterale di 20 civili uccisi”.

Nel corso di questi mesi si è stabilito che i “civili” potevano essere anche bambini.

Per uccidere invece un comandante di alto grado di “Hamas” l’esercito autorizza anche l’uccisione di “centinaia” di civili – una politica ufficiale per la quale (dicono i redattori dell’inchiesta di “+972 Magazine”) non ci sono precedenti storici in Israele, o anche nelle recenti operazioni militari statunitensi.

Risparmio, innanzitutto a me stessa, di riportare qui la descrizione del secondo sistema utilizzato dall’esercito israeliano per la localizzazione dei militanti di “Hamas” (dal terrificante nome “Dov’è papà?”), che ha portato alla distruzione di migliaia di famiglie nei palazzi in cui abitavano, spessissimo senza uccidere proprio chi si voleva uccidere.

 

Per concludere, anche se forse c’entra poco, copio qui il titolo struggente di un bell’articolo pubblicato da “Amira Hass2 sempre su “Haaretz” del 20 maggio 2024:

 “Come si chiama chi combatte nella propria terra contro soldati stranieri?”

 

 

 

Quattro motivi per cui

 si rifiuta la scienza.

   Ilbolive.unipd.it - Anna Cortelazzo – (134 agosto 2022) – ci dice: 

 

 I campi in cui può manifestarsi un atteggiamento antiscientifico sono moltissimi: alcuni pensano che il Covid19 sia un'influenza (solo il 61% degli americani crede che ci sia un grave rischio per la salute pubblica), altri che in Ucraina non ci sia la guerra, e altri ancora ritengono che il cambiamento climatico sia una bufala (il 60% degli americani non crede sia una grande minaccia).

La pericolosità di queste credenze, sia a livello personale che sociale, ha spinto a chiedersi come mai alcune persone abbiano la tendenza a rifiutare qualsiasi prova loro fornita:

comprenderlo è utile anche per poter proporre delle soluzioni possibili per avvicinarle alla scienza.

Da qui è nata un'articolata analisi pubblicata su “Pnas” che mette in luce alcune dinamiche interessanti partendo da dati e modelli esplorati dalla psicologia e che rileva gli elementi comuni che si riscontrano nelle persone ostili alla scienza.

È interessante notare, anche se il lavoro non lo esplicita, che i motivi per cui si rifiuta la scienza si possono ricollegare a tutti quei principi che generano il meccanismo di persuasione e che sono stati teorizzati da” Robert Cialdini” nel suo “Le armi della persuasione”.

Come e perché si finisce col dire sì del “1984”:

 gli autori, infatti, hanno individuato quattro ragioni per cui le persone possono non credere nella scienza e hanno proposto delle soluzioni che vanno ad agire soprattutto sulla comunicazione del messaggio.

 

La prima ragione riguarda il mittente del messaggio scientifico (principio di autorità di Cialdini), che viene percepito come poco affidabile per tre possibili ragioni:

può essere considerato inesperto, disonesto o poco imparziale e vittima di “bias cognitivi”.

Può succedere per varie ragioni:

 gli scienziati disonesti esistono, e purtroppo alcuni estendono questa caratteristica all'intera categoria;

l'intero processo scientifico, poi, procede per prove ed errori, le informazioni fornite dai diversi attori in gioco sono talvolta in contraddizione e vengono poi aggiornate a seconda delle nuove evidenze.

È giusto che sia così, ma chi non è avvezzo al metodo scientifico rischia di considerare l'intero processo, e quindi anche gli scienziati, poco affidabili.

Per finire, lo stereotipo dominante vede gli uomini di scienza come atei.

Vero o no, basta ad attirargli l'odio di una parte politica e di alcune congregazioni, che hanno maggiori possibilità, rispetto agli scienziati, di influenzare idee e opinioni dei credenti.

 In questi ambienti, ma anche in altri, viene fatta passare l'idea che gli esperti siano incentivati, per esempio tramite corruzione, a passare determinate informazioni (è quello che si è verificato anche con i vaccini contro il Covid).

 

La seconda ragione per i comportamenti antiscientifici riguarda i destinatari del messaggio dei divulgatori.

 Le persone tendono a pensare a sé stesse come componenti di determinati gruppi, e sulla base di questa appartenenza sono esposte a un certo tipo di informazioni (principio della riprova sociale di Cialdini).

In particolare, chi appartiene a un gruppo sottorappresentato nella scienza (per esempio le minoranze etniche) tende a manifestare una naturale diffidenza verso essa, dando ascolto alle notizie che la presentano come poco affidabile o peggio ancora truffaldina.

 Inoltre le persone tendono a rifiutare tutte quelle informazioni scientifiche incompatibile con la loro appartenenza (un gruppo di gamer, per esempio, tenderà a rifiutare gli studi che identificano i videogame come dannosi).

Questi gruppi, tra l'altro, spesso non si considerano antiscientifici, ma anzi pensano di promuovere una scienza diversa da quella del mainstream.

 La naturale conseguenza, in questi casi, è la polarizzazione del dibattito, che non porta benefici a nessuna delle due parti.

La terza ragione riguarda il messaggio scientifico di per sé, che diventa irricevibile se va a contraddire le forti credenze delle persone, che sono disposte a fare di tutto per evitare la dissonanza cognitiva che causerebbe l'accettazione della nuova scoperta (principio di coerenza di Cialdini):

è più facile negare qualcosa che smantellare un intero sistema di credenze mettendone in dubbio anche solo una.

 È ciò che è successo a tutte quelle persone che hanno rifiutato il sistema eliocentrico, ma anche ai fumatori che per non rinunciare alla loro abitudine mettono in dubbio gli studi che rilevano i danni che il loro vizio può causare.

È quello che accade anche con le fake news, che si diffondono molto più velocemente di quelle vere perché fanno più rumore.

 Se il gruppo a cui sentiamo di appartenere condivide una notizia, tendiamo a fidarci e a negare le prove contrarie (qui interviene anche il bias di conferma, che spinge a cercare e accettare solo le prove che confermano ciò che già pensiamo).

Lo stesso accade se le ricerche scientifiche vanno a ledere i nostri valori: per questo motivo, una persona che si ritiene ambientalista ma che non vuole rinunciare all'aria condizionata tenderà a rifiutare l'idea che il cambiamento climatico è causato dall'uomo, perché questo gli permette di non rinunciare agli agi ma nemmeno all'ideale di rispettare l'ambiente.

La quarta ragione, per finire, è il disallineamento cognitivo tra il mittente e il destinatario del messaggio, per esempio quando il primo parla in termini troppo astratti, oppure quando utilizza un linguaggio tecnico non alla portata dell'interlocutore (principio di simpatia di Cialdini). In alcuni casi si verifica anche un paradosso:

più l'informazione è accurata e scientificamente verificata, più l'interlocutore si allontana, accordando la sua preferenza a un'informazione errata ma più semplice da comprendere.

A seconda delle ragioni che determinano la scarsa fiducia nel sapere scientifico, possiamo apportare dei correttivi, che naturalmente non sono universali, ma che gli autori dell'articolo hanno indicato come un punto di partenza.

 Se le persone ritengono i divulgatori poco affidabili, è necessario che essi riescano a presentarsi come più autorevoli, anche ripetendo come funziona il dibattito scientifico, in modo che gli interlocutori possano comprendere che le opinioni discordanti non sono un problema per la scienza e che anzi, entro certi limiti, sono auspicabili.

Gli scienziati dovrebbero inoltre essere affiancati da giornalisti, rappresentanti dei vari enti, da politici e personaggi pubblici, che hanno un filo più diretto con le persone, perché non gli si riconosce quella patina di freddezza che a volte viene attribuita alle persone di scienza.

Per avvicinarsi al pubblico, i divulgatori dovrebbero inoltre sforzarsi di utilizzare un linguaggio semplice (è stato proposto di affiancare un riassunto per non addetti ai lavori agli abstract delle ricerche).

In generale, bisognerebbe mettersi nei panni degli interlocutori, ammettendo onestamente le criticità e i problemi che un risultato porta con sé, per poi ribadire le motivazioni della sua validità.

 

Se il divulgatore si trova invece di fronte a un ascoltatore che si identifica in un gruppo che ha una visione opposta alla sua, potrebbe provare a portare alla luce elementi comuni tra lui e questo gruppo per ridurre la polarizzazione del dibattito. Allo stesso modo, è utile mettere in evidenza gli obiettivi che possono essere condivisi con il gruppo esterno, che può diventare più collaborativo in nome di un ideale superiore.

Il terzo caso è molto delicato:

bisognerebbe prevenire la formazione di un sistema di credenze sbagliate che assecondano i principi o i vizi delle persone ma, anche se c'è ancora un dibattito su questo punto, sembrerebbe che aumentare la conoscenza degli argomenti specifici si riveli un autogol.

Siccome bisogna agire sulla prevenzione, la proposta degli autori è invece quella di educare al senso critico e al metodo scientifico.

Quando però è troppo tardi, si può provare a recuperare in extremis, per esempio identificando l'ideale che l'ascoltatore persegue e riformulando il messaggio per assecondarlo (per esempio, la lotta al cambiamento climatico è stata presentata come una forma di lealtà nei confronti del proprio paese, e parte dei conservatori ha risposto positivamente.

Nel caso dei democratici, invece, il messaggio ha funzionato meglio quando veniva messo l'accento sulla difesa delle persone più deboli e svantaggiate, che sono le prime vittime del “climate warming”).

 

Nel quarto caso, infine, a parole è tutto molto semplice:

 bisogna abbinare il proprio stile comunicativo ed epistemico a quello dell'interlocutore. Nella pratica non è una cosa immediata, ma si può procedere partendo dai dati per fare un'analisi del target analoga a quella dei pubblicitari, che da sempre hanno cercato di adattare un messaggio al segmento sociale a cui si rivolgevano.

Per esempio, la maggior parte delle persone è più spaventata dal rischio di una perdita che stimolata dalla possibilità di un guadagno, ma ci sono delle eccezioni. È evidente che a questi due gruppi dovrebbero arrivare dei messaggi diversi.

Si possono attuare molte iniziative, per esempio quelle che prevedono il coinvolgimento dei gruppi precedentemente emarginati dalla scienza, ma il punto di partenza è sempre uno:

mettere in gioco la propria empatia, perché spesso chi manifesta opinioni antiscientifiche non è un nemico, ma solo qualcuno che, come chi fa ricerca, sta cercando la verità, in questo caso partendo purtroppo da assunti errati.

(Per esempio: se la Co2 è più pesante dell’aria atmosferica come fa a distaccarsi dalla terra o dal mare e volare nell’ alto dei cieli per rifugiarsi nella Serra dei gas serra?).

 

 

 

 

 

Per abbattere le emissioni bisogna

rivoluzionare i sussidi europei

all'agricoltura.

Ilbolive.unipd.it - Antonio Massariolo – (20-5-2024) – ci dice:

 

 Partendo dal presupposto che per avere un futuro desiderabile, ad oggi, sarebbe necessario un cambio di paradigma anche nel nostro sistema alimentare, vediamo come vengono spesi i soldi dell’Unione Europea proprio in questa filiera.

 Un’analisi di” The Conversation”, e pubblicata su “Nature Food” si concentra sui fondi della” PAC,” cioè “la politica agricola comune”, varata nel 1962 e che ha proprio l’obiettivo, tra gli altri, di sostenere gli agricoltori e migliorare la produttività agricola.

Partiamo dai risultati:

 secondo l’analisi la stragrande maggioranza dei sussidi agricoli dell'UE sostiene l'allevamento di carne e latticini piuttosto che alternative vegetali sostenibili.

Questi finanziamenti arrivano attraverso la “PAC”, che vale circa il 33% dell’intero bilancio europeo, cioè circa 386 miliardi di euro per il quinquennio 2023-2027.

La “PAC” inoltre, è finanziata tramite due diversi fondi europei:

 il primo è il “Fondo europeo agricolo di garanzia” (FEAGA) fornisce sostegno diretto e finanzia misure di sostegno del mercato.

 Nel 2022 questo valeva 40,95 miliardi di euro.

 

Il secondo filone di investimento della” PAC” è il “Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale” (FEASR) che finanzia lo sviluppo sostenibile delle zone rurali attraverso tre obiettivi a lungo termine:

accrescere la competitività del settore agricolo e forestale, garantire la gestione sostenibile delle risorse naturali e l'azione per il clima e realizzare uno sviluppo territoriale equilibrato delle economie e delle comunità rurali.

Il FEASR, per il periodo 2021-2027 vale 95,5 miliardi di euro che comprendono anche un contributo da 8,1 miliardi di euro dal “Next Generation EU”.

 I finanziamenti di questo fondo poi, vengono attuati attraverso i programmi di sviluppo rurale dei vari Paesi, che sono anche cofinanziati dai bilanci stessi degli Stati.

L’analisi di “The Conversation” quindi mostra come tutti questi fondi finiscano in gran parte alla produzione di cibo animale, che è anche quella che emette più CO2.

Il cortocircuito che si genera, in questo caso, è quello da un lato della necessità doverosa di portare a zero le emissioni climalteranti e dall’altro di supportare un settore che senza sussidi non potrebbe sopravvivere.

Ed è così che, si legge nello studio, dei 57 miliardi di euro di budget annuale della “PAC”, 46 erano destinati a prodotti di origine animale, principalmente alimenti come manzo, maiale, pollo, latticini e uova.

Queste stime sono riferite al 2013 ma gli autori assicurano che “la proporzione del sussidio è cambiata molto poco da allora”.

Per comprendere a pieno il funzionamento della PAC l’esempio concreto fatto nello studio è quello di un agricoltore francese che coltiva grano per il mangime dei maiali o dei polli, questo riceverà un sussidio per la produzione del grano oltre al sussidio ricevuto da un allevatore di bestiame in Danimarca che importa quel mangime.

 Per questo motivo, continuano gli studiosi, il sostegno della PAC raddoppia per gli alimenti di origine animale.

Un aumento del sussidio che rischierebbe operò di creare disuguaglianze tra prodotti animali e vegetali.

In questo modo infatti frutta e verdura sembrano relativamente più costose rispetto alla carne o ai latticini.

Una visione che, come abbiamo già detto, contrasta con gli obiettivi del net zero. Sappiamo infatti che il settore alimentare globale contribuisce per circa il 30% ogni anno all’emissione di gas climalteranti.

Uno studio comparso su “Nature Climate Change”, e spiegato da “Sofia Belardinelli” su Il Bo Live, ci dice che il solo contributo dell’industria alimentare sarebbe sufficiente a farci superare ampiamente il limite di +1,5°C che i Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi hanno concordato nel 2015.

Se quest’industria poi è tenuta in vita allo status quo dai sussidi è normale che l’incongruenza debba far riflettere.

Un ragionamento che gli stessi autori della ricerca di “The Conversation” fanno, analizzando come il consenso scientifico induca verso un passaggio a diete principalmente a base vegetale e che questa sia la più grande opportunità per ridurre gli impatti ambientali legati al cibo, specialmente nelle nazioni ad alto reddito.

 Inoltre lo studio mette in luce che il 12% del budget della PAC finisce per sussidiare il prezzo delle esportazioni verso paesi non appartenenti all'UE e che gran parte di queste esportazioni sono verso nazioni ad alto reddito.

La conclusione di “The Coversation” non lascia adito a dubbi: “per costruire un sistema alimentare più sostenibile, più resiliente e migliore per la salute pubblica, i sussidi agricoli dovranno essere riformati”.

 

 

 

 

La nuova fase della transizione

energetica grazie alle rinnovabili.

Ilbolive.unipd.it - Francesco Suman – (25 – maggio – 2024) – ci dice:

 

La decarbonizzazione del sistema energetico è la partita più importante da giocare sul terreno della transizione ecologica.

 La strada tracciata prevede di elettrificare il più possibile i consumi (trasporti, industrie, edifici), efficientare i dispositivi per consumare meno energia e impiegare elettricità prodotta da fonti a basse emissioni.

La “Global Electricity Review 2024” di “Ember” certifica come la transizione energetica guidata dalle fonti rinnovabili stia procedendo nella giusta direzione.

“Il mondo ora è giunto a un punto di svolta in cui solare ed eolico non solo rallentano la crescita delle emissioni, ma iniziano anche a far calare la generazione di energia elettrica da fonti fossili”.

Le fonti rinnovabili hanno generato nel 2023 più del 30%, quasi un terzo, dell’energia elettrica globale.

La nuova asticella è stata fissata con la crescita del solare (+23% rispetto all’anno precedente) e dell’eolico (+10%), ma sarebbe potuta arrivare ancora più in alto se non fosse stato per il calo della produzione idroelettrica, dovuto alla grave siccità che ha colpito alcune regioni del mondo.

Sommata al nucleare, l’energia elettrica a basse emissioni l’anno scorso ha raggiunto il 40% della produzione elettrica globale.

 

Nel 2000 le rinnovabili coprivano il 19% della generazione elettrica globale, principalmente grazie all’idroelettrico.

Il solare e l’eolico erano allo 0,2%.

Nella storia delle fonti energetiche, nessuna è cresciuta tanto velocemente quanto ha fatto il solare dal 2013 al 2021, passando dalla produzione di 100 a 1000 TWh (Tera Watt ora) di energia elettrica in soli 8 anni.

In questa particolare gara di velocità al secondo posto si colloca l’eolico, che ha impiegato 12 anni a raggiungere la stessa quota.

Mantenendo lo status di fonte energetica cresciuta maggiormente in un anno, nel 2023 il solare ha aggiunto più energia elettrica di qualsiasi altra singola fonte, con oltre 300 TWh.

Anche qui l’eolico si è piazzato al secondo posto, superando i 200 TWh.

Il calo dell’idroelettrico è avvenuto in quei Paesi duramente colpiti dalla siccità (Cina, India, Vietnam, Messico), gli stessi che sono responsabili della quasi totalità di aumento (95%) del consumo di carbone, quasi 150 TWh.

Più siccità ha significato più carbone.

La Cina però è anche di gran lunga la principale responsabile della straordinaria crescita delle rinnovabili nel mondo:

è stata cinese, nel 2023, il 51% della nuova generazione solare e il 60% di quella eolica.

Senza la crescita di solare ed eolico, la generazione di elettricità da fonti fossili sarebbe salita di oltre il 20%, mentre lo hanno fatto solo dello 0,8%.

Se non fosse stato per il calo dell’idroelettrico, già nel 2023 il contribuito dei combustibili fossili sarebbe iniziato a calare, cosa che secondo “Ember” accadrà quasi certamente nel 2024.

La siccità però è un problema con cui un mondo sferzato dai cambiamenti climatici deve fare i conti, anche in termini energetici.

La domanda di energia elettrica globale, che nella roadmap della transizione energetica dovrà in buona parte sostituire quella da fonti fossili, crescerà di circa tre volte fino a metà secolo, passando da meno di 30.000 TWh annuali a quasi 80.000 TWh nel 2050, secondo le ultime stime del rapporto “Net Zero” della” IEA” (Agenzia Internazionale dell’Energia).

 

Nel 2023 la domanda di elettricità è cresciuta di circa il 2,2% (più di 600 TWh), meno di quanto ha fatto l’anno precedente, ma anche secondo la IEA è destinata a salire più velocemente nei prossimi anni.

Tale crescita è spinta dalle cinque tecnologie protagoniste della transizione energetica:

i veicoli elettrici, le pompe di calore e gli impianti di condizionamento dell’aria, gli elettrolizzatori che producono idrogeno verde e i data center che sostengono un’altra transizione, quella digitale.

Nel 2023 eolico e solare da soli hanno coperto più dell’80% di questa nuova domanda di energia elettrica, mentre il resto è stato soddisfatto da nuove fonti fossili.

 Secondo “Ember” nel 2024 la crescita di domanda di elettricità sarà maggiore, nell’ordine di 900 – 1.000 TWh, ma la crescita di generazione di nuova elettricità pulita sarà ancora superiore, nell’ordine di 1.300 TWh.

Per questo si ritiene che la generazione elettrica da fonti fossili calerà di circa il 2% (300 TWh).

 

Nel decennio che abbiamo di fronte la transizione energetica entrerà in una nuova fase.

Un declino permanente delle fonti fossili nella generazione di elettricità a livello globale è ora inevitabile e questo porterà a un calo delle emissioni del settore elettrico.

Questo accadrà perché la crescita delle fonti rinnovabili sarà superiore alla crescita di domanda di nuova energia elettrica.

Anche se aumenterà la crescita di domanda di elettricità, complessivamente la domanda di energia in un mondo climaticamente neutrale (a zero emissioni nette) calerà poiché l’elettrificazione si accompagna a maggiore efficienza energetica, rispetto a un mondo dominato dai combustibili fossili.

 

 

 

Tutela del suolo: l’Europa

lavora a una nuova legge.

 Ilbolive.unipd.it - Francesco Suman – (13 giugno 2024) ci dice: 

 

 Lo scorso 10 aprile il Parlamento Europeo ha approvato una proposta della Commissione, avanzata a luglio dell’anno scorso, a riguardo di una legge per il monitoraggio del suolo (Soil monitoring law).

 Si tratta della prima proposta di legislazione europea in materia.

Se entrerà in vigore, obbligherà i Paesi membri a monitorare e valutare lo stato di salute di tutti i suoli del proprio territorio.

La proposta prevede 5 livelli di classificazione (alto, buono, moderato, degradato e criticamente degradato) e i primi due rappresenterebbero uno stato di buona salute.

 La Commissione stima che i siti potenzialmente contaminati siano 2,8 milioni e, in linea con il piano “Zero Pollution”, i costi del loro ripristino dovrebbero venire coperti dai responsabili dell’inquinamento.

 

L’iniziativa si inserisce nella più ampia Strategia europea per il suolo, la “EU Soil Strategy”, ma il suo destino, così come quello dell’”intero Green Deal,” verrà rimesso nelle mani del nuovo Parlamento appena eletto.

Il suolo può essere considerata la pelle del nostro pianeta, un confine dove da sempre si incontrano l’atmosfera, la biosfera, la geosfera e, più di recente, l’antroposfera.

 È anche un laboratorio di economia circolare a cielo aperto:

 gli agenti atmosferici erodono le rocce, i processi biochimici decompongono piante e animali.

Il risultato è il deposito di diverse composizioni di minerali, materia organica e nutrienti che caratterizzano i diversi tipi di suolo, che possono essere argillosi o ghiaiosi, calcarei o sabbiosi, e così via.

Secondo un rapporto della “FAO” (Food and Agriculture Organization) il suolo è dimora del 25% della biodiversità globale.

È anche la base su cui poggia l’approvvigionamento alimentare della società umana ed entro il 2050 dovrà soddisfare il fabbisogno di quasi 10 miliardi di persone.

È fonte di risorse, come le biomasse, è un naturale filtro dell’acqua e un magazzino di carbonio.

A seconda delle sue condizioni, può tamponare o aggravare gli effetti di una alluvione o di una siccità.

Per questi servizi ecosistemici gratuitamente forniti, è un alleato chiave nelle strategie di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, nella tutela della biodiversità e mentre un suolo inquinato è una minaccia alla salute umana.

Circa i due terzi del suolo europeo, dal 60% al 70% secondo il “Joint Research Center” (l’organo di ricerca della Commissione), versano in cattivo stato a causa di fenomeni di erosione, compattamento, declino della materia organica, diverse fonti di inquinamento, calo della biodiversità, salinizzazione e sigillatura, quando ad esempio lo si ricopre di cemento.

Espansione urbana, bassi tassi di riciclo, agricoltura intensiva e cambiamenti climatici sono altri fattori che concorrono a quello che complessivamente risulta come un uso non sostenibile del suolo e un suo sovrasfruttamento.

 Uno studio stima ad esempio che ogni anno in Europa un miliardo di tonnellate di suolo in cattiva salute venga eroso dall’acqua, generando danni alla produzione agricola, alla disponibilità di acqua potabile e ai depositi di carbonio.

Il degrado del suolo, secondo una stima della Commissione Europa, ha un costo nell’ordine dei 50 miliardi di euro ogni anno.

Come per il cambiamento climatico, anche in questo caso i costi dell’inazione sul lungo periodo sono di diverse volte maggiori (sei volte, secondo uno studio) degli investimenti necessari a invertire la tendenza di degradazione, le cui conseguenze non sono esclusivamente economiche, ma si manifestano anche in termini di perdita di fertilità, di sicurezza alimentare e di valore nutrizionale degli alimenti.

 

Sono queste le ragioni che hanno spinto nel 2021 la Commissione Europea a presentare una Comunicazione congiunta con il Consiglio e il Parlamento che delinea i tratti di una Strategia europea per il suolo, la” EU Soil Strategy”, con obiettivi al 2030 e al 2050.

“L’Unione Europea finora non è stata in grado di munirsi di una cornice legale adeguata che garantisca al suolo lo stesso livello di protezione dell’acqua, dell’ambiente marino e dell’aria”.

L’iniziativa rientra a pieno titolo nell’architettura del “Green Deal” e, oltre alle misure di “contrasto al cambiamento climatico”, si affianca ad altre come la “Strategia europea per la biodiversità”, il “piano per raggiungere Inquinamento Zero”, e quella che sarebbe già dovuta essere la legge sul ripristino della natura, il cui iter di approvazione è stato però affossato.

Anche il testo della legge sul monitoraggio del suolo, pur essendo stato approvato dal Parlamento, è stato ridimensionato rispetto alle ambizioni iniziali.

 Nella versione iniziale, la Commissione ambientale chiedeva ai Paesi membri di definire quali pratiche da implementare per la gestione del suolo e quali invece proibire, in quanto non sostenibili e fonte di degradazione.

Il Parlamento ha invece votato un testo in cui il miglioramento dello stato del suolo non è vincolato da scadenze temporali e da obiettivi supportati da indicatori: questi ultimi “possono” (ma non “devono”) venire considerati dalle autorità nazionali.

 

“Rigettando questi vincoli cruciali, una scadenza temporale e la necessità di rifarsi a indicatori, il Parlamento rischia di rimuovere ogni possibile misura concreta per migliorare effettivamente la salute dei suoli” ha dichiarato “Caroline Henzel” dello “European Environmental Bureau a Euractiv”.

“Questo non solo ritarda la necessaria azione ma anche mette a repentaglio l’integrità degli ecosistemi, della sicurezza alimentare e dei mezzi di sostentamento degli agricoltori”.

La legge sul monitoraggio del suolo si aggiunge quindi alle tante misure ambientali che dovranno scalare la ripida montagna dell’”ostruzionismo al Green Deal” che le destre del nuovo Parlamento europeo hanno già mostrato di voler introdurre.

(Ma è così difficile da capire il fatto che il letto del fiume che attraversa un paese o una città deve essere protetto da sponde laterali che siano almeno tre metri più alte rispetto al livello del  terreno o centro cittadino circostante. Solo così si possono evitare gli straripamenti dell’acqua-piovana trasportata, con relativi danneggiamenti ormai molto costosi! N.D.R).

 

 

Dichiarazione del Ministero degli

Affari Esteri della Federazione Russa.

Conoscenzealconfine.it – (26 Giugno 2024) - Redazione – ci dice:

Dichiarazione del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa in merito all’attacco terroristico su Sebastopoli.

“Il 23 di giugno il regime di Kiev, con l’appoggio degli USA e dei suoi satelliti, ha compiuto un ennesimo, mostruoso attacco terroristico ai danni della popolazione civile russa.

Ad essere attaccata è stata la città di Sebastopoli.

L’attentato è stato volutamente compiuto nella giornata in cui si celebra una delle più importanti festività ortodosse:

la Pentecoste, o ‘Festa della Santissima Trinità’.

Nell’attacco sono morte quattro persone, tra le quali anche un bambino di due anni che stava giocando sul tratto di spiaggia situato nei pressi della città e una bambina di nove anni.

Sono state 151 le persone che hanno richiesto assistenza medica, 82 delle quali sono state ricoverate in ospedale: tra queste ci sono 55 adulti e 27 bambini, e molti di loro sono in gravi condizioni.

Tutti stanno ricevendo cure da personale medico qualificato.

Secondo i dati del Ministero della Difesa della Federazione Russa, per l’attacco sono stati utilizzati missili americani tattici “ATACMS”, equipaggiati con testate a grappolo al fine di incrementarne il potenziale distruttivo.

Tutte le istruzioni di volo assegnate ai missili sono state inserite da specialisti USA sulla base dei dati di ricognizione satellitare in loro possesso.

Nei cieli nei pressi della Crimea era in servizio il “drone americano da ricognizione Global Hawk”.[…]

Non ci sono dubbi sul coinvolgimento degli USA in questo orrendo crimine. […] A questo crimine seguirà necessariamente una risposta.

 

Le capitali occidentali continuano a macchiarsi del crimine del silenzio e a tacere in merito alle azioni brutali messe in atto dal regime di Zelensky, mentre neppure dalle organizzazioni internazionali giunge alcuna condanna. […]

Piangiamo assieme a Sebastopoli tutta, che ha proclamato una giornata di lutto. Esprimiamo le nostre condoglianze ai parenti delle vittime e auguriamo una pronta guarigione a coloro che sono rimasti feriti.”

(altrarealta.blogspot.com/2024/06/dichiarazione-del-ministero-degli.html)

 

 

 

 

Si Allarga il Conflitto in

Medio Oriente?

Quali Rischi?

Conoscenzealconfine.it – (26 Giugno 2024) – Redazione – ci dice:

Israele potrebbe attaccare il Libano con un’invasione da terra sotto la copertura di intensi attacchi aerei.

Questo potrebbe significare un allargamento del conflitto.

Inoltre obbligherebbe l’Iran e i suoi alleati a entrare in guerra contro Israele, ha dichiarato il generale dell’aeronautica militare “CQ Brown”, presidente dei capi di stato maggiore congiunti.

(reuters.com/world/middle-east/israel-offensive-lebanon-could-increase-risk-broader-war-us-general-2024-06-23/).

Il capo della difesa israeliana è giunto nei giorni scorsi negli Stati Uniti per discutere della prossima fase della guerra di Gaza e dell’escalation delle ostilità al confine con il Libano, ma molto probabilmente anche per molto altro. (reuters.com/world/israel-defence-chief-discuss-gaza-lebanon-us-trip-2024-06-23/)

 

“Walid Jumblatt”, ex leader del Partito socialista progressista libanese, in un’intervista televisiva durante la sua visita in Giordania, dove ha incontrato il re “Abdullah II”, ha dichiarato:

“La guerra si sta espandendo, le regole di ingaggio sono cambiate e i bombardamenti stanno colpendo quasi tutte le regioni libanesi”.

Criticando la posizione americana, in particolare durante il periodo elettorale, “Jumblatt” ha affermato che sia” Biden” che “Trump” hanno rapporti con l’”AIPAC”, l’American Israel Public Affairs Committee, una lobby sionista che sostiene le politiche filo-israeliane:

“Sia Trump che Joe Biden “sono in lizza per il sostegno dell’AIPAC.

 “Durante i nove mesi di guerra a Gaza, non abbiamo visto alcun serio sforzo americano, tranne i tentativi di mitigare il conflitto, che non hanno portato a nulla”.

(today.lorientlejour.com/article/1418161/the-war-is-expanding-the-rules-of-engagement-between-hezbollah-and-israel-have-changed-jumblatt.html).

(reuters.com/world/middle-east/israel-offensive-lebanon-could-increase-risk-broader-war-us-general-2024-06-23/).

(t.me/Apocalisse1)

Nomine Ue, inizia il Consiglio decisivo.

 “Meloni al bivio”: accettare le cariche

proposte da Francia e Germania o

 far fallire l’intesa.

Ilfattoquiotidiano.it – (27 GIUGNO 2024) – Redazione – ci dice:

Il Consiglio europeo si apre a Bruxelles con un mix di tensione e preoccupazione.

 I partiti si sono riuniti in mattinata nei vari pre-vertici per definire le ultime strategie, ma tutti coloro che hanno a cuore la stabilità dell’Unione europea sanno che quello del 27-28 giugno potrebbe essere l’ultimo appuntamento utile per trovare un’intesa sulle quattro cariche apicali dell’Ue ed evitare di riaggiornarsi dopo la pausa estiva, finendo inevitabilmente in un groviglio di veti, vendette e rivendicazioni che rischierebbero di paralizzare l’Unione per mesi.

I nomi sui quali si discute sono quelli che circolano fin da quando le trattative sono entrate nella loro fase più calda: Ursula von der Leyen (Ppe) riconfermata alla presidenza della Commissione, così come Roberta Metsola (Ppe) alla guida del Parlamento, Antonio Costa (Socialisti) a capo del Consiglio Ue, mentre Kaja Kallas (Renew) Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue.

Ma il risultato è tutt’altro che scontato perché tra loro e le rispettive poltrone europee si è messa Giorgia Meloni.

 È la presidente del Consiglio italiana a essere al centro della scena in queste ore.

Il suo supporto o meno ai nomi proposti determinerà il successo o il fallimento delle trattative.

Meloni lo sa e per questo tenterà di ottenere il massimo dalle contrattazioni, sfruttando la fretta dei partiti Ue:

un commissario di peso, si parla di Raffaele Fitto al Bilancio, magari con la vicepresidenza di Commissione.

Un gioco rischioso anche per lei, però:

 accettare troppo passivamente le imposizioni di Francia e Germania, che sono i grandi manovratori nemmeno troppo dietro le quinte nel gioco delle nuove nomine, rischierebbe di farle perdere la faccia negli ambienti conservatori, con “Ecr” che rischia di spaccarsi, ma far naufragare l’intesa stopperebbe il suo processo di normalizzazione a livello internazionale, probabilmente relegandola nel gruppo degli ‘impresentabili’.

Che però Meloni abbia un ruolo determinante lo dicono innanzitutto gli esponenti del Ppe che guardano più a lei che ai Verdi per arrivare a un’intesa:

“L’Italia è Paese del G7, è un Paese leader nell’Unione europea.

Apprezzo molto tutto il contributo del governo italiano sotto la guida di Antonio Tajani e Giorgia Meloni ed è per questo che ritengo fondamentale per l’Ue” che vi sia un “processo inclusivo” sulle nomine Ue che “tenga conto anche degli interessi italiani”, ha detto il presidente dei Popolari, Manfred Weber.

 Che ha poi aggiunto: “Oggi è importante dare stabilità all’Europa e i tre grandi partiti politici europei, i socialdemocratici, i liberali e i cristiano-democratici, hanno una responsabilità speciale nel garantire questa stabilità all’Europa.

Spero che riusciremo a dimostrare al mondo che l’Europa è in mani sicure.

 E che poi avremo la maggioranza per Ursula von der Leyen anche al Parlamento europeo”.

Più netto Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe, che si trova nell’impegnativo ruolo di favorire il matrimonio tra la maggioranza Ursula e Meloni, essendo sia vicepresidente dei Popolari sia vicepremier italiano:

“Non c’è ancora alcuna decisione sul voto dell’Italia, le trattative devono ancora iniziare – ha detto all’arrivo a Bruxelles –

La mia è una propensione favorevole senza alcuna apertura ai Verdi.

Certamente io sono molto perplesso sulla durata dei 5 anni per il presidente del Consiglio europeo”.

Chi mette pressione alla premier italiana sono invece i Socialisti che vorrebbero più un accordo con i Verdi.

Ma la loro posizione svantaggiata rispetto ai Popolari in Parlamento e il risultato disastroso dei Verdi alle elezioni non danno loro potere contrattuale: “Bloccare l’accordo di oggi significa bloccare il futuro dell’Ue – ha detto la capogruppo dei Socialisti Ue,” Iratxe Garcia Perez” –

 Ci aspettiamo che l’accordo raggiunto tra le tre famiglie politiche venga ratificato oggi, ci opporremo a coloro che cercano di lavorare contro l’Ue, non c’è collaborazione possibile con l’estrema destra”.

 

 

 

Consiglio europeo, ipotesi

 astensione Italia su nomine.

Tusk: "No decisione senza Meloni."

Tg24.sky.it – (27 giu. 2024) – Redazione Ansa – ci dice:

Al via a Bruxelles la due giorni di vertice.

 Sul tavolo le guerre in Ucraina e Medio Oriente, la sicurezza, la difesa e i cosiddetti top jobs.

 La presidente del Consiglio Giorgia Meloni non nasconde la sua contrarietà all’intesa trovata tra popolari, socialisti e liberali sul pacchetto Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas e si dice pronta a "tornare a sottolinearlo" anche al summit.

Sono tanti i temi sul tavolo del Consiglio europeo che si svolge oggi e domani a Bruxelles, dall’Ucraina al Medio Oriente, dalla sicurezza alla difesa.

Ma gli occhi sono tutti puntati sui “top jobs”, sulle nomine dei nuovi vertici dell’Unione europea con l’intesa trovata due giorni fa tra popolari, socialisti e liberali sul pacchetto Ursula von der Leyen (Commissione europea), Antonio Costa (Consiglio europero) e Kaja Kallas (Alto rappresentante).

Un accordo che non è piaciuto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni la quale ieri in Parlamento ha ribadito che questa non è "democrazia", visto che peraltro sono i conservatori il terzo gruppo della nuova Eurocamera, e ha contestato il "metodo e il merito" delle scelte dicendosi pronta a "tornare a sottolinearlo" anche al vertice.

 Fonti europee fanno sapere che finora "sono tre i Paesi che non hanno dato il loro consenso all'accordo sulle nomine:

 l'Italia, l'Ungheria di Orban e la Slovacchia di Fico".

"Non c'è ancora alcuna decisione sul voto dell'Italia, le trattative devono ancora iniziare.

La mia è una propensione favorevole senza alcuna apertura ai Verdi.

Certamente io sono molto perplesso sulla durata dei 5 anni per il presidente del Consiglio europeo" in quota socialista, ha detto il vicepremier Antonio Tajani al suo arrivo al pre-vertice del Ppe.

"Bloccare l'accordo di oggi significa bloccare il futuro dell'Ue", ha detto la capogruppo dei Socialisti Ue, “Iratxe Garcia Perez”, arrivando al pre vertici dei socialisti a Bruxelles.

"Ci aspettiamo che l'accordo raggiunto tra le tre famiglie politiche venga ratificato oggi, ci opporremo a coloro che cercano di lavorare contro l'Ue, non c'è collaborazione possibile con l'estrema destra".

Tusk: "Non c'è decisione senza Meloni."

"Nessuno rispetta la premier Giorgia Meloni e l'Italia più di me.

C'è stata un'incomprensione.

Qualche volte servono piattaforme politiche per semplificare il processo.

 La posizione comune dei tre grandi gruppi nel Consiglio europeo, in cui abbiamo completato i negoziati, è solo per facilitare il processo.

La decisione spetta a Meloni e agli altri leader durante la riunione del Consiglio europeo", ha detto il premier polacco, Donald Tusk, uno dei negoziatori del Ppe per i top jobs, al suo arrivo al Consiglio europeo.

"L'unica intenzione e ragione per cui abbiamo preparato questa posizione comune è per facilitare il processo.

Non c'è Europa senza Italia e non c'è decisione senza la premier italiana.

Questo è ovvio per me".

Scholz: "In Ue tutti i 27 ugualmente importanti."

Sull'accordo raggiunto tra Ppe, S&d e Renew sui tre nomi per i vertici europei "la chiara speranza è, ovviamente, che possano contare su una maggioranza in Parlamento", ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

L'intesa "raggiunta tra queste tre famiglie di partiti è solo una posizione, ne discuteremo attentamente ed equamente con i nostri buoni amici in Europa.

Tutti e 27 sono ugualmente importanti.

Il Consiglio Europeo e gli Stati membri devono avanzare saggiamente una proposta che possa contare sulla maggioranza del Parlamento".

Cosa potrebbe fare l’Italia.

Difficile, se non ci saranno cambiamenti del quadro nelle prossime ore, che il dissenso italiano si possa trasformare in un sì al pacchetto di nomine, con la carta dell'astensione pronta sul tavolo che sarebbe clamorosa e senza precedenti per l'Italia.

 Ma che si tratti di astensione o voto contrario, al momento, "sono speculazioni", viene spiegato a Bruxelles.

 Tuttavia si complicherebbe la strada a un bis di Ursula von der Leyen appeso, ripete più volte Meloni, a una "maggioranza fragile" e che è tutta da dimostrare al momento del voto (segreto) dell'Europarlamento.

 Lo scenario preoccupa non poco Antonio Tajani, che da giorni spinge perché la sua famiglia europea, il Ppe, apra a Ecr.

"È chiaro che Meloni deve puntare i piedi", dice il vicepremier e leader di Forza Italia ma, ricorda, "non è solo il capo di Ecr è anche il presidente del Consiglio di un governo dove c'è anche il Ppe dentro".

Gli azzurri, insiste, voteranno "sì al pacchetto attuale, non credo che l'Italia possa votare no".

 Inoltre l'Italia non ha le armi per una minoranza di blocco:

 la ricerca di un fronte per la controffensiva a Ppe, Socialisti e Renew si è fermata a due soli potenziali alleati, Viktor Orban e Robert Fico.

Fonti Ue hanno spiegato che, fino all'ultimo, sarà cercato un consenso unanime sui top jobs, tenendo fede a un principio: quello di evitare ad ogni costo di escludere Paesi chiave come l'Italia.

 

 

 

«CRONACHE DI UNO

 STRANO MEDIOEVO»

Inchiostronero.it - Andrea Marcigliano – (27 -6-2024) – ci dice:

La nostra epoca è un’età di transizione.

La nostra è, indiscutibilmente, un’età di transizione.

In cui un mondo, con il suo ordine, si va spegnendo, ma ancora non muore del tutto.

 E un mondo nuovo si profila all’orizzonte.

Ma in modo confuso. Indistinto. Caotico.

Ecco, il termine giusto è proprio questo: Caos.

Che, come ci dice Ovidio, è una condizione in cui tutto, tutte le possibilità, tutte le potenzialità, sono presenti.

Ma…alla rinfusa. Un magma senza forma.

Dunque, la nostra epoca altro non è che un medioevo.

 Anche se non ne siamo coscienti.

 E ci balocchiamo con l’illusione di vivere un’età di luminoso progresso…peggio ancora, siamo preda della fantasticheria, priva d’ogni fondamento, che la storia sia una linea di continuo progresso.

E, invece, questa è era di transizione. Medioevo, appunto.

Ma profondamente diverso da tutti i medioevi passati.

Perché la storia ha sì un andamento ciclico, ma non è eterno ritorno dell’uguale. Piuttosto come il succedersi delle stagioni.

Che ritornano sempre, ciclicamente. Ma non sono mai uguali a quelle degli anni precedenti.

Comunque, questo è un medioevo.

Un giorno ce ne renderemo conto. O meglio, se ne renderanno conto i nostri posteri.

Guardiamoci intorno con occhio, per una volta, non velato da pregiudizi.

Cosa vediamo?

Vediamo una civiltà, o meglio una Civilizzazione (nel senso spengleriano) stanca. Fatiscente.

 È compiaciuta della sua decomposizione.

Dove misura di tutte le cose è l’appagamento dei desideri, anche i più “eccentrici”, individuali.

Dove minoranze, autoproclamatasi élite, vogliono imporre la loro vita senza stile alle masse che disprezzano.

E che controllano con l’enfatizzazione della grande paura.

La morte. Illudendole (e illudendosi) che questa sia… evitabile.

Una Civilizzazione che si crede unica. Universale. Modello perfetto.

E non si accorge degli altri.

Dei “barbari” che premono ai confini.

Che sono sì barbari, ma ancora uomini. Veri.

E che hanno radici nella terra. Nella Natura.

Queste oligarchie combattono i barbari con truppe mercenarie.

Inette a combattere loro stesse.

E importano schiavi, per produrre quanto necessita ai loro, sempre crescenti, bisogni.

Esaltano il superfluo.

Celebrano l’Orgoglio della loro diversità.

Prive ormai di virtù. E anche di senso estetico. Stile.

Si credono onnipotenti.

E discutono di astrusità, come dotti bizantini, ma privi di vera cultura.

Mentre il disastro è alle porte, ballano seminude nelle piazze.

 La decadenza dell’Impero romano aveva più stile.

E dignità.

Costantinopoli Il 29 Maggio 1453 la città cadde, e con essa cadde l’ultimo imperatore romano.

Mentre il Potere parlava del sesso degli angeli.

I loro “oratori” si riempiono la bocca di parole senza senso.

Democrazia, libertà, uguaglianza.

 Loro per primi, palesemente, non vi credono. E ingannano sé stessi.

Non vi è più Fides. Di alcun tipo.

La Chiesa è, ormai, un pallido fantasma del passato. Attraversata da scismi. Depauperata di qualsivoglia retaggio spirituale. Sempre più compromessa.

Sempre più involgarita.

Ha ormai perduto anche il senso estetico dei riti.

E proliferano le sette. Le credenze più diverse, e diversamente illusorie.

Si affacciano, talvolta, nuove fedi.

 E tuttavia sembra dominare il Regno della Quantità. Il vizio e la virtù appaiono sempre più confusi. Si parla di “valori”.

Ma questi sono contrattabili. Come il peso dell’oro….

Mi fermo… non sto scrivendo una piccola apocalisse. Solo divagando, sulla scorta di “Nuovo Medioevo” di “Berdjaev”, che, negli anni Venti del secolo scorso, aveva già intuito la china delle cose.

E, magari, con qualche eco di “Rutilio Namaziano”.

Ultimo poeta di Roma, ne vide, disperato, il crollo. Per lui era la Fine del Mondo.

(Ecco il Sacco di Roma ad opera dei Visigoti in un quadro di JN Sylvestre del 1890).

( De reditu suo).

«O Roma, nessuno, finché vive, potrà dimenticarti… Hai riunito popoli diversi in una sola patria, la tua conquista ha giovato a chi viveva senza leggi. Offrendo ai vinti il retaggio della tua civiltà, di tutto il mondo diviso hai fatto un’unica città.»

(Rutilio Namaziano.) In realtà, iniziava il Medioevo. Arrivavano i barbari.

E, come scrive” Kavafis”, “dopo tutto, quelle genti sono una soluzione”.

Il nuovo governo ultra-estremista israeliano

 scatenerà la Terza Guerra Mondiale?

  Unz.com - KEVIN BARRETT - (20 GIUGNO 2024) – ci dice:

 

La terza guerra mondiale nucleare avverrà quest'estate?

La risposta, che tutti speriamo, preghiamo e aspettiamo, è "no".

Ma le probabilità di quello che sarebbe un disastro globale senza precedenti sono ai massimi storici.

L'orologio dell'apocalisse dell'Unione degli scienziati preoccupati, fermo a un record di 90 secondi a mezzanotte dall'anno scorso, avrebbe dovuto spostarsi di qualche tick più vicino all'Armageddon alla fine di maggio, dopo che l'Ucraina e i suoi sostenitori statunitensi hanno iniziato a colpire i siti radar di allerta precoce russi incaricati di rilevare un attacco nucleare statunitense.

 

La Russia ha annunciato che avrebbe risposto simmetricamente armando gli avversari degli Stati Uniti con armi a lungo raggio.

Da allora una flotta russa con capacità nucleare ha visitato Cuba, sollevando la prospettiva di un'altra crisi missilistica cubana, e Putin ha abbracciato la Corea del Nord in modo tale da confermare le voci secondo cui la Russia avrebbe effettivamente fornito alla Corea del Nord missili “Topol M”, come affermato da “Theodore Postol”.

 Altri regali di questo tipo a vari avversari degli Stati Uniti sono senza dubbio in cantiere.

L'innesco immediato della spirale mortale della terza guerra mondiale di un'escalation incontrollabile potrebbe plausibilmente accadere in Corea, sul fronte Russia-Ucraina o nel Mar Cinese Meridionale.

Ma sembra più probabile che l'Armageddon scoppi da qualche parte nelle vicinanze del suo omonimo, “Megiddo Hill,” nel nord della Palestina occupata.

Questa prognosi si basa su un calcolo razionale, non su una profezia scritturale.

C'è un'ovvia ragione per cui la Terra Santa è il principale candidato per scatenare una guerra nucleare globale:

è occupata da un culto della morte messianico-millenario condannato e fanatico, armato fino ai denti di armi nucleari.

Dal momento che la guerra nucleare globale renderà il mondo molto peggiore per tutti (tranne che per gli avvoltoi, gli sciacalli, i ratti e altri mangiatori di carogne) sarà inevitabilmente il prodotto di un'estrema avventatezza e sconsideratezza.

Nella Palestina occupata, il livello di maniacale noncuranza nelle alte sfere è fuori scala.

Persino i neoconservatori impazziti che governano gli Stati Uniti sembrano attori razionali rispetto ai leader di Israele.

Come ha scritto questa mattina il mio recente ospite del podcast “Oliver Boyd-Barrett”:

 

“Netanyahu”, in seguito alle dimissioni di “Bennie Gantz” dal gabinetto di guerra pochi giorni fa, ha sciolto il gabinetto, restituendo il controllo diretto della guerra al gabinetto di sicurezza completo.

Questo sviluppo, in un clima già febbrile e infiammabile, aumenta la probabilità che la sua ala più fanatica spinga per un'invasione israeliana del Libano meridionale, i cui piani sono già stati confermati.

C'è una ragione per cui gli Stati Uniti hanno messo il freno ai piani di Netanyahu per una grande guerra contro il Libano poco dopo l'evasione del campo di concentramento di Al-Aqsa il 7 ottobre.

E questa ragione è fin troppo ovvia:

Israele non ha alcuna speranza di vincere una guerra del genere senza trascinare gli Stati Uniti, che a loro volta trascinerebbero l'Iran e la Russia, in ultima analisi sostenuti dalla Cina.

Nessuno poteva permettersi di lasciare che la propria parte perdesse una guerra del genere, quindi probabilmente si sarebbe intensificata in modo incontrollabile.

 

Ma se la leadership americana è a volte minimamente razionale, lo stesso non si può dire della sua controparte israeliana.

Dopo le dimissioni di “Benny Gantz” e “Gadi Eisenkot” il 13 giugno, l'entità sionista è stata nelle mani di pazzi certificabili come” Smotrich” e “Ben Gvir”.

Non hanno fatto mistero della loro determinazione a vendicare l'umiliazione di Israele da parte di Hezbollah nel 2006, a qualunque costo.

 Netanyahu è d'accordo, dal momento che l'alternativa è dimettersi e andare in prigione.

Ora che l'esercito israeliano ha approvato i piani operativi per un'invasione del Libano, il probabile innesco della Terza Guerra Mondiale è stato bloccato e caricato.

 

Ma se Israele invade il Libano contro gli ordini degli Stati Uniti, la leadership americana potrebbe finalmente decidere di agire nel proprio interesse, piuttosto che lasciarsi dirottare ancora una volta dagli estremisti israeliani?

 

“Press TV” intervista “Kevin Barrett” sull'escalation israelo-libanese.

L'analista politico “Kevin Barrett si unisce a noi da “Saïdia”, in Marocco, per offrirci maggiori informazioni su questa storia.

Signor Barrett, benvenuto al programma.

 Prima di tutto, vorrei conoscere il suo punto di vista sull'escalation di violenza e sull'escalation delle tensioni tra il movimento di resistenza libanese Hezbollah e il regime occupante israeliano al confine meridionale del Libano.

Ebbene, da quando Israele ha lanciato il suo attacco genocida contro la popolazione di Gaza lo scorso ottobre, Hezbollah ha sostenuto la causa palestinese e ha respinto questo genocidio mantenendo un livello di attività sul confine libanese meridionale dei territori palestinesi occupati, costringendo i sionisti a mantenere le loro forze militari in stato di massima allerta, mantenendo un certo numero di queste forze legate al nord.

Alla fine hanno dovuto evacuare alcuni di quei territori occupati.

Alcuni dei coloni, un gran numero, credo mezzo milione di persone, hanno lasciato quei territori occupati.

E attualmente, il regime sionista sembra essere in crisi.

 Hanno avuto un membro del gabinetto, “Benny Gantz,” che si è dimesso.

C'è da chiedersi se saranno in grado di mettere insieme questo nuovo governo totalmente dominato dagli ultra-estremisti.

 E questi ultra-estremisti, più di chiunque altro nell'entità sionista, sono assolutamente dediti a dare la caccia al Libano e a combatterlo con Hezbollah.

Si stanno ancora leccando le ferite per essere stati sconfitti nel 2006.

 E in qualche modo immaginano di ottenere un risultato migliore questa volta, anche se l'equilibrio delle forze si è spostato significativamente a favore di Hezbollah.

Quindi queste provocazioni sono progettate per cercare di trascinare Hezbollah in una guerra in modo tale che Hezbollah non abbia il pieno sostegno politico di tutti in Libano.

E Hezbollah non ha intenzione di farlo.

Hezbollah sa di non volere una guerra totale con l'entità sionista in nessuna condizione, tranne che in condizioni in cui il mondo intero, compresi tutti in Libano, possano vedere che i sionisti sono chiaramente e assolutamente al 100% gli aggressori.

Quindi questa è una specie di danza strategica che si sta svolgendo attraverso quel confine.

E attualmente, i sionisti si stanno intensificando. E fino a che punto si intensificheranno, non lo so.

 

Signor Barrett, parlando della continuazione di questi attacchi di rappresaglia contro gli israeliani, il regime israeliano è il responsabile mentre il Fronte Unito di Resistenza nella regione continua con gli attacchi.

E' stato detto molte volte che questi attacchi contro gli israeliani e contro gli interessi degli Stati Uniti nella regione continueranno fino a quando gli israeliani porteranno avanti questo assalto genocida e massacro contro i palestinesi.

 Voglio che lei approfondisca questo aspetto anche per noi.

E nel quadro più ampio, tutto questo è stato un grande fallimento per Israele, non è vero?

In particolare quando guardiamo a livello regionale, dove gli israeliani non hanno affatto reso le cose sicure per loro nella regione.

Sì, gli israeliani si stanno effettivamente scavando la fossa con la loro risposta genocida estremista al raid di Al-Aqsa del 7 ottobre.

 E attualmente, l'Asse della Resistenza è sulla cresta dell'onda con l'intera regione che lo sostiene.

Qui in Marocco tutti sostengono l'Asse della Resistenza, molto più di quanto non avvenisse un paio di anni fa.

 E lo stesso vale in tutta la regione.

 

E l'Asse della Resistenza è stato in grado di coordinare le sue attività in modo tale da causare interruzioni nel cosiddetto trasporto marittimo globale, il che significa fornire all'entità sionista genocida materiali, comprese le armi, che utilizza per portare a termine questo genocidio, con il movimento” Ansar Allah” nello Yemen che ha cacciato con successo le forze americane da quella regione e fondamentalmente ha vinto quella battaglia.

 E allo stesso modo, Hezbollah in Libano ha continuato a fare pressione sui sionisti.

 

E così i sionisti sono ora davvero circondati, non solo da un Asse della Resistenza sempre più grande e sempre più forte, ma da una regione che si sta coalizzando dietro quell'Asse della Resistenza.

L'equilibrio delle forze nel mondo si sta spostando a favore dell'Asse della Resistenza, mentre l'intero Sud del mondo è sconvolto da questo genocidio e inorridito dalla collusione dell'impero americano in quel genocidio.

E stiamo anche vedendo che, a causa della stupidità dei manager dell'impero statunitense, che ovviamente è dominato dai sionisti, la guerra in Ucraina si sta effettivamente svolgendo a favore della Palestina.

Mentre attaccano la Russia con armi a lungo raggio, la Russia offrirà armi a lungo raggio simili ad altre forze, tra cui presumibilmente l'Asse della Resistenza.

E ci sono state alcune segnalazioni in tal senso.

 

Quindi Hezbollah ora ha ordini di grandezza in più di potenza di fuoco rispetto al 2006.

E chissà se questo viene aumentato anche se parliamo anche di alcune delle armi ipersoniche di ultima generazione.

Così i sionisti hanno morso più di quanto possano masticare.

Non hanno più il dominio dell'escalation e non hanno più l'unico tipo di deterrente "nucleare".

Cioè, l'altra parte può distruggerli tanto quanto può distruggere chiunque dall'altra parte.

E sono così arroganti che non riescono ad ammettere che è il momento di negoziare un qualche tipo di soluzione.

 Devono cercare di dominare.

Devono cercare di schiacciare completamente la loro opposizione, ma non ci riescono.

E ogni anno la situazione peggiora per loro.

Quindi, ad un certo punto, sembra che la strategia a lungo termine dell'Asse della Resistenza stia per dare i suoi frutti, e il regime coloniale dei coloni dovrà cessare il suo genocidio e ritirarsi e infine lasciare la regione, e avremo una Palestina libera dal fiume al mare.

Il governo Meloni ha messo a disposizione

la base di Sigonella per l’attacco in Crimea?

Lacrunadellago.net – (27/06/2024) – Cesare Sacchetti – ci dice:

 

Le prime immagini dei bagnanti russi sulla spiaggia di Sebastopoli, in Crimea, hanno lasciato pensare che il regime nazista ucraino sia ancora una volta ricorso al terrorismo.

Non è la prima volta infatti che Kiev lancia degli attacchi missilistici per colpire indiscriminatamente obiettivi che non sono affatto militari, ma puramente civili e l’intento in questo caso non è quello di mettere a segno una operazione che dia un guadagno militare, per così dire, ma soltanto quello di causare le morti dei civili del Paese avversario che si sta combattendo.

Terrorismo, appunto, e non guerra, ma ciò non deve destare alcuna sorpresa se si guarda alla storia che ha preceduto l’attuale conflitto in Ucraina, quando i nazisti di Kiev che si ispirano al collaborazionista Stephan Bandera, mettevano in atto feroci omicidi e torture nel Donbass pur di raggiungere il loro scopo di pulizia etnica.

A Kiev sono stati messi al potere dall’amministrazione Obama e dall’ineffabile George Soros, principe della sovversione internazionale, dei veri e propri tagliagole addestrati dalla famigerata CIA, anche se di questi assassini è rimasta ben poca traccia dopo che la Russia ha iniziato la sua operazione bellica in Ucraina.

Quanto accaduto in Crimea suggeriva in un primo momento che l’attacco fosse un altro capitolo di questa tattica del terrore perseguita da Zelensky, ormai nemmeno più ufficialmente presidente ucraino e rinchiuso nel suo bunker nel timore di golpe militari ai suoi danni, ma un’analisi più accurata di quanto accaduto sotto un punto di vista tecnico-militare sembra indicare una dinamica diversa.

È quanto hanno fatto alcuni analisti militari interpellati dal sito “Great Game of India” che hanno esaminato il tipo di attacco che è stato fatto in Crimea.

 

Kiev ha lanciato almeno 5 missili ATACMS, un acronimo che sta a identificare la sigla “Army Tactical Missile System”, ovvero sistema missilistico tattico dell’esercito.

Gli “ATACMS” sono prodotti dal noto colosso dell’industria militare americana “Lockheed”, e se si dà uno sguardo all’azionariato di questa corporation per vedere chi sono i suoi proprietari si trovano, ancora una volta, gli onnipresenti “fondi di investimento Vanguard e BlackRock” che sono de facto i veri proprietari dell’economia mondiale in quanto veri e propri serbatoi di tutte le multinazionali più note in ogni singola branca dell’economia, dalla grande distribuzione organizzata alle compagnie petrolifere passando anche dalle corporation informatiche, quali Apple e Microsoft.

 

Gli “ATACMS” sono stati forniti ufficialmente soltanto ad ottobre dello scorso anno dall’amministrazione Biden dopo una certa riluttanza da parte di quest’ultima a dare questo tipo di armi molto sofisticate a Kiev, in quanto le loro avanzate caratteristiche possono provocare grossi danni agli obiettivi colpiti e causare così una possibile escalation che Washington ha cercato di evitare.

Il tema della fornitura di armi americane all’Ucraina è dibattuto in quanto in diverse occasioni gli ucraini si sono lamentati del fatto che Washington non stava affatto mandando i suoi pezzi migliori, ma un ammasso di ferrivecchi che riducevano al lumicino le possibilità dei nazisti ucraini di affrontare il conflitto con la Russia, che già in partenza aveva e ha una manifesta superiorità tecnica e militare.

 

Alcuni “ATACMS” sembrano essere comunque arrivati in quantità molto ridotte e non si sa molto dell’accordo tra Washington e Kiev, così come non si hanno certezze assolute che effettivamente sia stata l’amministrazione Biden ad autorizzare il trasferimento di questi missili, oppure se la fornitura sia avvenuta soltanto attraverso la “Lockheed Martin” senza il coinvolgimento diretto del “presidente” Biden che sin dal suo insediamento è sembrato non aver mai avuto il controllo pieno della sua amministrazione, come si è osservato in altre precedenti occasioni.

 

Perché l’Ucraina ha lanciato gli ATACMS in Crimea.

Gli ATACMS in questa occasione sono stati comunque utilizzati da Kiev che ne ha sparati cinque verso la Crimea e il sistema di contraereo russo s-500, che è l’ultima evoluzione della difesa dei cieli prodotta dal Cremlino, è riuscito a intercettarli tutti e cinque.

Ufficialmente, è stato detto dal Cremlino che i cinque missili sono stati sparati per colpire direttamente la spiaggia di Sebastopoli dove si trovavano i bagnanti russi, ma un’analisi più attenta da parte di alcuni analisti militari suggerisce in realtà che le cinque testate fossero dirette contro la base della città crimeana in questione, laddove è dislocata la flotta del mar Nero.

Questo sito è semplicemente strategico per la difesa aerea della Crimea e ospita ben 25mila uomini della Marina russa assieme a 50 navi da guerra, 6 sottomarini e i citati sistemi di difesa aerea S-500, che risultano essere i più avanzati e in grado di intercettare e abbattere sulla carta qualsiasi sistema missilistico.

Anche in questa occasione, gli S-500 sembrano aver fatto il loro dovere e hanno abbattuto i missili diretti sulla Crimea, ma una delle testate è esplosa dopo che la contraerea l’ha colpita e questo ha purtroppo portato alla morte di alcuni bagnanti sulla spiaggia, tra i quali ci sono anche due bambini.

Ora un’analisi più accurata da parte di alcuni analisti sembra suggerire che l’obbiettivo degli ATACMS non fosse la spiaggia di Sebastopoli, ma la base del Mar Nero, che gioca un ruolo strategico non solo per la difesa aerea della Crimea, ma anche per le operazioni che la Russia conduce nell’Ucraina Orientale.

Questi missili sono concepiti per colpire obiettivi militari e nonostante la natura terroristica del regime nazista di Kiev appare difficile pensare che possano essere stati sparati per colpire una spiaggia, soprattutto se si considera anche la scarsità di armi avanzate di cui dispone il governo ucraino.

La base di Sigonella usata per l’attacco in Crimea?

I vari esperti militari sono concordi sulle modalità di utilizzo di questi missili ATACMS che non possono essere utilizzati senza avere un sistema di droni che li guidi e li accompagni all’obiettivo prestabilito, altrimenti l’esecuzione di qualsiasi attacco con questo sistema missilistico risulta impossibile.

A spiegare il modo in cui gli ATACMS vengono utilizzati è stato, tra gli altri, l’ex luogotenente dell’esercito americano, “Earl Rasmussen”, che ha messo in evidenza il fatto che per giungere alla loro destinazione questi missili hanno bisogno di “comunicare con un sistema di droni aerei”.

La base di Sigonella, nella Sicilia Orientale, è quel luogo dove appunto vengono effettuate questo tipo di operazioni e dove si trovano i droni necessari per eseguire questo tipo di attacchi.

Sigonella, da un punto di vista militare, è certamente uno dei luoghi più strategici del Mediterraneo.

 

L’ingresso della base di Sigonella, si trova non molto distante da Catania.

Il nome di questa base evoca probabilmente a molti ricordi del passato quando nel 1985, l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, chiedeva conto ad un arrogante “Michael Ledeen”, accademico americano di origini ebraiche e membro dell’amministrazione Reagan, della ragione per la quale gli americani avevano deciso di loro sponte di far atterrare i terroristi dell’Achille Lauro a Sigonella senza prima consultarsi con il governo italiano.

Attorno a Sigonella erano già sorti in passato altri incidenti tra Roma e Washington quando nel 1973 durante la guerra dello “Yom Kippur”, l’allora segretario di Stato americano, “Henry Kissinger”, membro di diversi circoli mondialisti quali il “club di Roma”, il “Bilderberg” e il “Council on Foreign Relations”, chiedeva all’Italia l’autorizzazione a far decollare gli aerei americani dalla base siciliana per dare sostegno allo stato ebraico nella sua guerra con i Paesi arabi.

Alla Farnesina allora c’era Aldo Moro che espresse un netto rifiuto di fronte alla richiesta di Kissinger in quanto la tradizione della Prima Repubblica era quella di mantenere stretti rapporti con il mondo arabo, vitali e strategici per un Paese come l’Italia che si affaccia sul Mediterraneo.

Non è un segreto che il rifiuto di Moro suscitò le ire di Kissinger che soltanto tre anni dopo arrivò a minacciare in termini ancora più espliciti il presidente della Democrazia Cristiana, facendogli capire che se non avesse cambiato quanto prima politica l’avrebbe pagata cara”.

Due anni dopo, nel 1978, le BR, già pesantemente infiltrate da CIA e Mossad, come rivelò lo stesso Moro, sequestrarono e uccisero il presidente.

Era quella una diversa fase storica, nella quale l’allora classe dirigente della Prima Repubblica nonostante si trovasse rinchiusa nel recinto della NATO, provava sempre a perseguire gli interessi nazionali ed è anche per questa ragione che Washington decise di disfarsene nel 1992 attraverso la falsa rivoluzione, l’espressione utilizzata da Bettino Craxi, di Mani Pulite.

In questa fase attuale vediamo che l’attuale classe politica è invece ridotta al ruolo di mero comprimario che si limita ad eseguire pedissequamente le direttive del declinante potere dell’anglosfera, anche se queste poi arrecano gravi danni agli interessi dell’Italia stessa.

Ed è questo quello che potrebbe essere accaduto anche nel caso dell’attacco alla Crimea da parte di Kiev.

A Sigonella ci sono quei droni che vengono utilizzati per questo tipo di operazioni, e se questi sistemi di guida aerea sono stati utilizzati anche per lanciare l’attacco degli ATACMS a Sebastopoli, ciò farebbe del governo Meloni una parte sempre più attiva nel conflitto contro la Russia.

 

La dinamica che precede il bombardamento in Crimea sembra dare molto peso a questo scenario.

Al momento dell’attacco dei missili abbattuti sulla spiaggia di Sebastopoli, c’era infatti in volo sul Mar Nero un “Global Hawk”, un drone spia che viene appunto utilizzato come sistema guida per eseguire questi attacchi missilistici.

Il” Global Hawk” che ha volato sopra i cieli della Crimea e che poi è rientrato a Sigonella dopo l’attacco.

Il Global Hawk in questione è decollato proprio da Sigonella il giorno dell’attacco per fare rientro nella base siciliana nelle ore successive all’operazione.

Esistono poi dei precedenti di un’altra partecipazione più o meno “indiretta” dell’Italia avvenuta nel 2022 sempre attraverso la strategica base di Sigonella.

In quell’occasione, le forze armate ucraine affondarono la nave da guerra” Moskva” nel Mar Nero, ma anche in questa circostanza l’operazione fu possibile soltanto grazie ad una previa ricognizione in volo eseguita dall’aereo americano P8-Poseidon.

 

Il “Poseidon” utilizzato per la ricognizione prese il volo dalla base di Sigonella il giorno dell’attacco, il 14 aprile, per poi fare ritorno alla base nella tarda serata.

All’epoca, al governo c’era Mario Draghi, che trascorreva gli ultimi suoi mesi da presidente del Consiglio non prima però di assicurarsi di alzare le tensioni con la Russia e di provocare un pericoloso scontro tra Roma e Mosca.

E il ruolo dell’Italia non sembra essere purtroppo “limitato” soltanto a quello della messa a disposizione di basi aeree per eseguire attacchi contro obbiettivi russi, ma anche alla presenza di vari consulenti delle forze armate italiane in Russia.

Soltanto qualche mese fa, il sito ucraino “The Militarist” aveva affermato che il colonnello dei bersaglieri,” Claudio Castiglia”, era morto in seguito ad un massiccio bombardamento russo.

Crosetto, molto vicino agli ambienti atlantisti e sionisti, smentì assalito dalla collera, ma i dubbi sulla versione fornita da via XX Settembre restano, in quanto i governi Draghi e Meloni hanno provato a mantenere “coperto” e sottotraccia il loro sostegno al governo nazista ucraino che appare andare ben al di là della già criminale fornitura di armi per approdare invece nel territorio di una consulenza militare da parte dell’Italia che rasenta la sua partecipazione attiva al conflitto.

A ciò si aggiunga il fatto che a pubblicare questa notizia non furono fonti russe, ma ucraine, e non si comprende quindi perché mai canali apparentemente vicini al governo di Kiev avrebbero dovuto fabbricare una falsa storia sulla presenza di un militare italiano in Ucraina.

È fuori di dubbio comunque che il governo di Roma è occupato da pericolosi falchi dell’anglosfera che stanno provando a fare di tutto per tenere in piedi la traballante struttura dell’alleanza atlantica che in vista di un probabile ritorno ufficiale di Trump a novembre potrebbe ricevere il decisivo colpo di grazia attraverso un’uscita unilaterale degli Stati Uniti dalla NATO.

E’ una prospettiva questa che atterrisce non poco gli inquilini di un governo, quello Meloni, che si distingue per la sua completa assenza su tutte le questioni sociali, sanitarie ed economiche che hanno messo il Paese in ginocchio dopo le macerie lasciate dal fallimento della farsa pandemica, ma che non ha però scrupolo alcuno a mettere a repentaglio, ancora una volta, la sicurezza degli italiani attraverso una scellerata e illegale partecipazione mascherata al conflitto in Ucraina.

 

A Giorgia Meloni e Guido Crosetto va ancora una volta chiesto conto sulla reale entità del coinvolgimento dell’Italia nel teatro di guerra ucraino, ma dubitiamo che riceveremo alcuna risposta, poiché questo esecutivo, come quello precedente, vuole continuare a restare in questa zona grigia.

Quella dove si serve l’agonizzante anglosfera costi quello che costi anche se ciò ne va degli interessi di una intera nazione e del suo popolo.

 

 

 

UN MONDO ALLA DERIVA.

Comedonchisciotte.org – (Tiziano Tanari) – (27 Giugno 2024) – ci dice: 

 

Dio è morto, o così pare.

 Valori, etica, spiritualità, umanità, altruismo, fratellanza, compassione sono tutti concetti entrati nel dimenticatoio della storia sostituiti con nuovi feticci dove potere e ricchezza sono il motore distopico degli attuali processi antropologici, geopolitici e, più specificatamente, sociali.

 

Il neoliberismo ha dato i suoi frutti avvelenati.

Venti di guerra vengono alimentati sempre più ossessivamente da quello che una volta veniva definito l’Occidente democratico e liberale, detentore e garante dei più profondi valori umani e civili.

 Quanta ipocrisia, talmente evidente da apparire grottesca eppure, incredibilmente, non riconosciuta ancora da una gran parte delle popolazioni occidentali.

Gli Stati Uniti, soprannominati ormai sempre più frequentemente con il termine “l’Egemone”, stanno mostrando come non mai, la volontà di mantenere il loro “dominio” unipolare del mondo contro ogni forma di multipolarismo emergente.

L’arroganza cieca dell’élite anglosassone sta utilizzando strategie belliche prive di senso, di qualsiasi fondamento logico e senza alcuna possibilità di successo: pensare di contrastare una potenza nucleare del livello della Russia sul piano militare è semplicemente demenziale.

In queste losche trame geopolitiche non si fa scrupolo di utilizzare l’Ucraina come avanguardia bellica e l’intera Europa come prossima forza da sacrificare nello scontro con il “tiranno” Putin.

È sconvolgente pensare che, per interessi di potere ed economici, ci siano entità disposte a rischiare una guerra nucleare.

Queste entità sovranazionali, apolidi, con mezzi finanziari illimitati, hanno portato e assuefatto il mondo all’attuale contesto togliendo di mezzo gli unici possibili avversari: gli Stati sovrani, i loro governi e i loro popoli; hanno delegittimato la forza democratica della nazione, tagliando i legami con le loro storie e tradizioni, con la democrazia e, quindi, con la partecipazione attiva del popolo.

Colpisce l’indifferenza delle masse nei riguardi di questi pericoli planetari e degli enormi crimini, primo fra tutti l’orribile genocidio della popolazione di Gaza, che questi processi irrazionali e senza nessuna valida motivazione causano.

Ancora con il neoliberismo, come strumento divisivo e destrutturante, si è portata la competizione a dogma, non più solo economico, ma anche a livello personale e relazionale, mescolato alla” nuova cultura woke” dove finti valori civili delegittimano e destabilizzano i valori tradizionali che fino ad oggi hanno prodotto società con un minimo di fondamento di civiltà.

Altro strumento potentissimo di controllo e alienazione delle masse sono i media istituzionalizzati, ormai quasi tutti sotto un’unica regia globale, il cui unico fine è creare disinformazione e manipolare l’opinione pubblica con l’obiettivo di uniformarla al pensiero unico dominante.

Ma il dato forse più inquietante è l’apatia e l’assuefazione alla nuova cultura nichilista e materialista prodotta dal neoliberismo che ha condizionato la mente ed i comportamenti di gran parte delle popolazioni, soprattutto occidentali;

questo ha comportato un impoverimento della personalità sempre più refrattaria a sviluppare quei processi empatici indispensabili ad una vita sociale e di senso.

Il sistema sta creando una società sempre più fluida e atomizzata con persone senza più radici sia etniche che culturali e sentimentali e perfino senza più radici sessuali.

 Le teorie gender stanno mietendo sconvolgenti cambiamenti nel processo formativo e relazionale degli individui, soprattutto nelle nuove generazioni, dove si interviene direttamente addirittura nello sviluppo di bambini e adolescenti con invasive e pericolosissime cure ormonali, oltre ogni ragionevole limite.

Il comun denominatore di questa involuzione antropologica è il meccanismo di condizionamento che investe le popolazioni, limitandone le capacità intellettive e lo sviluppo interiore, creando personalità sempre più svuotate, apatiche e inconsapevoli di una realtà falsa perché alterata dalla massiccia, penetrante e lesiva propaganda mediatica.

In questa degenerazione culturale e antropologica non possiamo non rivolgere l’attenzione ad un pilastro che, bene o male, aveva costituito fino agli anni recenti un riferimento ed uno stimolo alla presenza nella nostra società di quei valori etici e morali espressione della nostra cultura e tradizione cristiana: le istituzioni religiose.

La Chiesa sembra ormai uniformata, nel nostro tempo, al relativismo libertario e materialista, priva di qualsiasi energia spirituale, ancorata a dogmi superati e con sempre minore credibilità.

 La presenza di Papa Francesco al recente G7 rappresenta uno spaccato significativo della secolarizzazione della Chiesa, ormai null’altro che semplice tassello di un mosaico globalista di cui non è più protagonista, ma semplice e integrata comparsa.

Anche il mondo intellettuale e filosofico sembra essersi dissolto in una nube nebbiosa e inconsistente governata da un falso progressismo di sinistra, perfettamente integrato nella nuova propaganda woke e transgender che in nome di una falsa libertà, sta letteralmente sgretolando la nostra tradizione la quale affonda le sue radici negli insuperabili e universali valori cristiani che rappresentano, oggi, l’ultimo baluardo al dilagare di un capitalismo globale disumanizzante.

Nessun contributo possono dare le altre religioni, chiuse in un settarismo che esclude il diverso o chi non si conforma al loro dogmatismo cieco e irrazionale.

Non abbiamo più punti affidabili di riferimento in un momento storico in cui sta avanzando prepotentemente una “nuova cultura scientista” omnicomprensiva dove tecnologia e transumanesimo stanno delineando un futuro distopico all’interno del quale l’essere umano, da soggetto creatore e creativo, diventa oggetto e prodotto impotente del progresso scientifico;

il fine non è il suo bene ma il progredire incontrollato di una scienza protesa al superamento di ogni limite verso un superuomo, che sarà dotato, forse, di grandi e maggiori poteri, ma senza più anima;

lo sviluppo di empatia e valori nella persona non è previsto nel progetto dell’uomo nuovo, del futuro uomo transumano.

Ancora una volta è la brama di denaro e potere il motore dell’azione di entità elitarie che nulla più hanno di umano.

In questo universo complesso e fuori controllo si impone una imprescindibile e radicale riflessione che ci riporti alla nostra più profonda “natura dell’essere”:

chi siamo, quali sono i nostri bisogni vitali, quali le nostre prospettive, cosa può dare dignità e senso alla nostra vita.

Giustizia, fratellanza, comunione, armonia, AMORE sono il naturale nutrimento del nostro spirito ma pare che nel progettare il nostro futuro non siano contemplate ed è per questo motivo che si impone una forte e diffusa presa di coscienza per una grande svolta culturale che, oggi più che mai, diventa improcrastinabile perché esistenziale.

 

Tutto deve ripartire da un concetto fondamentale:

l’essere umano è un “animale sociale” ma sensiente e, in quanto tale, vive del BISOGNO di condividere la propria vita con i suoi simili.

Dobbiamo capire che per noi stessi, la relazione, una buona relazione con il prossimo, è vitale;

da qui la necessità PRIMARIA e UNICA di cercare di migliorare il nostro rapporto con gli altri, premessa indispensabile per una migliore qualità di vita.

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario diventare “padroni” di noi stessi, saper orientare i nostri sentimenti verso quel livello di sensibilità che ci permetterà di godere in pienezza i nostri rapporti relazionali;

 il potere, l’ambizione, il desiderio di prevaricazione sono manifestazioni di personalità disturbate dove non si sono potute sviluppare le qualità empatiche che orientano inevitabilmente al bene e alla ricerca dell’armonia e che devono necessariamente essere superate.

Siamo davanti a un bivio:

 ricercare il completamento dell’essere umano verso la pienezza del suo potenziale di umanità o arrendersi a un futuro di schiavitù, alienazione, solitudine e all’annientamento della nostra anima.

Un “Uomo”, 2000 anni fa, ci ha fatto percepire l’infinita bellezza dell’amore, un esempio di piena umanità che nel messaggio evangelico coincide con la condizione divina.

Ritroviamo questa umanità o sarà la fine della Storia.

(Tiziano Tanari).

 

 

 

LA “GUERRA” DI PUTIN SERVE A

RIMODELLARE LO ZEITGEIST AMERICANO.

 

Comedonchisciotte.org - Markus – “27 Giugno 2024) - Alastair Crooke - strategic-culture.su - ci dice:

Solo comprendendo e prendendo sul serio gli avvertimenti nucleari dei russi potremo escludere il rischio che le armi nucleari entrino in gioco.

Il G7 e la successiva “Conferenza di Bürgenstock” in Svizzera possono essere intesi, a posteriori, come una preparazione per una guerra prolungata in Ucraina.

 I tre annunci centrali emersi dal G7 – il patto di sicurezza decennale per l’Ucraina, il “prestito ucraino” da 50 miliardi di dollari e il sequestro degli interessi sui fondi congelati russi – rendono l’idea.

 La guerra sta per intensificarsi.

Queste prese di posizione sono state pensate per preparare l’opinione pubblica occidentale agli eventi futuri.

E, nel caso in cui ci fossero dubbi, il motivo dell’aspra belligeranza nei confronti della Russia manifestata dai vincitori delle elezioni europee era abbastanza evidente:

hanno cercato di trasmettere la chiara impressione di un’Europa che si prepara alla guerra.

Cosa ci aspetta dunque? Secondo il portavoce della Casa Bianca “John Kirby”:

“La posizione di Washington su Kiev è assolutamente chiara“:

“Prima di tutto, devono vincere questa guerra “.

“Prima devono vincere la guerra.

 Quindi, numero uno: stiamo facendo tutto il possibile per assicurarci che possano farlo.

Poi, quando la guerra sarà finita… Washington li aiuterà a ricostruire la base industriale militare dell’Ucraina “.

 

Se non fosse ancora chiaro, l’intenzione degli Stati Uniti di prolungare e portare la guerra in Russia è stata sottolineata dal consigliere per la sicurezza nazionale “Jake Sullivan”:

“L’autorizzazione all’uso da parte degli ucraini di armi americane per attacchi transfrontalieri si estende a qualsiasi luogo [da cui] le forze russe stanno attraversando il confine “.

 Ha inoltre affermato che l’Ucraina potrà usare gli F-16 per attaccare la Russia e utilizzare i sistemi di difesa aerea forniti dagli Stati Uniti “per abbattere gli aerei russi – anche nello spazio aereo russo – se fossero in procinto di far fuoco nello spazio aereo ucraino “.

I piloti ucraini hanno la facoltà di giudicare “le intenzioni” dei caccia russi?

Ci si aspetta che i parametri di questa “autorizzazione” si allarghino rapidamente – fino alle basi aeree da cui partono i cacciabombardieri russi.

Comprendendo che la guerra sta per trasformarsi radicalmente – e in modo estremamente pericoloso – il Presidente Putin (nel suo discorso al Consiglio del Ministero degli Esteri) ha descritto nel dettaglio come il mondo sia arrivato a questo punto cruciale – che potrebbe estendersi a scambi nucleari.

La gravità della situazione ha richiesto l’offerta di una “ultima possibilità” all’Occidente, che Putin ha enfaticamente affermato essere “non un cessate il fuoco temporaneo per permettere a Kiev di preparare una nuova offensiva, né un congelamento del conflitto “; al contrario, le sue proposte riguardavano il completamento finale della guerra.

“Se, come in passato, Kiev e le capitali occidentali rifiuteranno la proposta, alla fine saranno affari loro “, ha detto Putin.

 

Giusto per essere chiari, Putin quasi certamente non si aspettava che le sue proposte venissero accolte in Occidente se non con il disprezzo e la derisione con cui sono state accolte.

 Né Putin si sarebbe fidato – nemmeno per un momento – della promessa da parte dell’Occidente di mantenere fede all’accordo, qualora si fosse giunti ad un’intesa su questa linea.

Se è così, perché lo scorso fine settimana il Presidente Putin ha fatto una proposta del genere, se non ci si può fidare dell’Occidente e la sua reazione era così prevedibile?

Forse dobbiamo cercare la matrioska interna, piuttosto che concentrarci sull’involucro esterno:

Il “completamento finale” di Putin probabilmente non sarà raggiunto in modo credibile attraverso un mediatore di pace itinerante.

 Nel suo discorso al Ministero degli Esteri, Putin ha rifiutato formule come il “cessate il fuoco” o il “congelamento”.

Egli cerca qualcosa di permanente:

Un accordo che abbia “gambe solide”, che sia duraturo.

Una soluzione di questo tipo – come Putin ha già accennato – richiede la creazione di una nuova architettura di sicurezza mondiale;

 se ciò accadesse, una soluzione completa per l’Ucraina farebbe implicitamente parte di un nuovo ordine mondiale.

In pratica, il microcosmo di una soluzione per l’Ucraina scaturirebbe direttamente dal macrocosmo di un accordo tra gli Stati Uniti e le potenze dell’”Heartland” – che stabilirebbe i confini [delle zone di influenza] in base ai rispettivi interessi di sicurezza.

Questo è chiaramente impossibile ora, con gli Stati Uniti e loro mentalità psicologica bloccata all’epoca della Guerra Fredda degli anni Settanta e Ottanta. La fine di quella guerra – l’apparente vittoria degli Stati Uniti – nel 1992 aveva posto le basi per la “Dottrina Wolfowitz”, che sottolineava la supremazia americana a tutti i costi in un mondo post-sovietico, insieme all'”eliminazione dei rivali, ovunque essi emergano “.

La Dottrina Wolfowitz prevedeva inoltre che gli Stati Uniti avrebbero inaugurato un sistema di sicurezza collettiva guidato dagli Stati Uniti e la creazione di una zona di pace democratica.

La Russia, invece, era stata trattata in modo diverso:

il Paese era uscito dal radar.

 Era diventata insignificante come concorrente geopolitico agli occhi dell’Occidente e, come conseguenza, i suoi gesti di offerta pacifica erano stati respinti – e le garanzie date per l’espansione della NATO erano decadute”.

“Mosca non aveva potuto fare nulla per impedire uno sviluppo del genere.

 Lo Stato successore della potente Unione Sovietica non era alla sua altezza, e quindi non era considerato abbastanza importante da essere coinvolto nel processo decisionale globale.

 Eppure, nonostante le dimensioni e la sfera di influenza ridotte, la Russia ha continuato ad essere considerata un attore chiave negli affari internazionali”.

La Russia è oggi un attore globale preminente sia in campo economico che politico. Tuttavia, per gli strati dirigenti degli Stati Uniti, la parità di status tra Mosca e Washington è fuori discussione.

 La mentalità da Guerra Fredda infonde ancora nella “Beltway” l’ingiustificata fiducia che il conflitto ucraino possa, in qualche modo, portare al collasso e allo smembramento della Russia.

Nel suo discorso, Putin ha invece prospettato il crollo del sistema di sicurezza euro-atlantico e l’emergere di una nuova architettura.

“Il mondo non sarà più lo stesso “, ha detto Putin.

 

Implicitamente, egli lascia intendere che un tale cambiamento radicale sarebbe l’unico modo credibile per porre fine alla guerra in Ucraina.

 Un accordo che emerga da un più ampio quadro di consenso sulla divisione degli interessi tra il “Rimland” e l’”Heartland” (nel linguaggio di” Mackinder”) rifletterebbe gli interessi di sicurezza di ciascuna parte – e non sarebbe raggiunto a spese della sicurezza altrui.

E per essere chiari: se questa analisi è corretta, la Russia potrebbe non avere così tanta fretta di chiudere la questione ucraina.

 La prospettiva di un simile negoziato “globale” tra Russia-Cina e Stati Uniti è ancora lontana.

Il punto è che la psiche collettiva occidentale non si è trasformata a sufficienza.

 Per Washington, trattare Mosca da pari a pari rimane fuori questione.

La nuova narrativa americana prevede che i negoziati con Mosca non si facciano ora, ma forse diventeranno possibili all’inizio del nuovo anno, dopo le elezioni americane.

Ebbene, Putin potrebbe sorprendere ancora una volta, non saltando a piè pari la prospettiva, ma respingendola;

valutando che gli americani non sono ancora pronti per negoziare una “fine completa” della guerra – soprattutto perché quest’ultima narrazione va di pari passo con le voci di una nuova offensiva ucraina che si sta delineando per il 2025. Naturalmente, è probabile che molto cambierà nel corso del prossimo anno.

I documenti che delineano un presunto nuovo ordine di sicurezza, tuttavia, erano già stati redatti dalla Russia nel 2021 – e debitamente ignorati dall’Occidente.

 La Russia può forse permettersi di aspettare gli eventi militari in Ucraina, in Israele e nella sfera finanziaria.

Tutti questi eventi, in ogni caso, vanno nella direzione voluta da Putin. Sono tutti interconnessi e hanno la possibilità di un’ampia metamorfosi.

In parole povere:

Putin sta aspettando che prenda forma lo Zeitgeist americano. Sembrava molto fiducioso, sia a San Pietroburgo che la scorsa settimana al Ministero degli Esteri.

Il contesto delle preoccupazioni del “G7” sull’Ucraina sembra essere legato più alle elezioni americane che alla realtà:

ciò implica che la priorità in Italia era l’ottica elettorale, piuttosto che il desiderio di iniziare una vera e propria guerra calda.

Ma questo potrebbe rivelarsi un errore.

Gli oratori russi intervenuti in questi recenti incontri – in particolare “Sergei Lavrov” – hanno lasciato intendere che l’ordine di andare guerra con la Russia è già arrivato.

 L’Europa sembra, per quanto improbabile, prepararsi alla guerra – con un sacco di chiacchiere sulla coscrizione militare.

Tutto questo si dissolverà con il passare di una calda estate elettorale? Forse.

La fase successiva sembra comportare un’escalation da parte occidentale, con provocazioni all’interno della Russia.

Quest’ultima reagirà con forza a qualsiasi superamento delle (vere) linee rosse da parte della NATO, o a qualsiasi provocazione false flag (ora ampiamente prevista dai blogger militari russi).

E qui sta il pericolo maggiore: nel contesto dell’escalation, il disprezzo americano per la Russia rappresenta il pericolo maggiore.

L’Occidente ora afferma di considerare le ipotesi di scambio nucleare come un “bluff” di Putin.

Il “Financial Times ci dice che gli avvertimenti nucleari della Russia in Occidente si stanno “esaurendo”.

Se questo è vero, i funzionari occidentali hanno una visione completamente sbagliata della realtà.

 Solo comprendendo e prendendo sul serio gli avvertimenti nucleari russi si può escludere il rischio che le armi nucleari entrino in gioco, mentre, rispondendo colpo su colpo, non facciamo altro che aumentare l’escalation.

Anche se dicono di ritenerlo un bluff, i funzionari statunitensi non mancano di sottolineare il rischio di uno scambio nucleare.

Se lo ritengono un bluff, sembra che si basino sulla presunzione che la Russia abbia poche altre opzioni.

Questo sarebbe un errore:

ci sono diversi passi di escalation che la Russia può compiere prima di arrivare ad usare un’arma nucleare tattica:

 Contrattacchi commerciali e finanziari, forniture simmetriche di armamenti avanzati agli avversari dell’Occidente (corrispondenti alle forniture statunitensi all’Ucraina), interruzione dell’energia elettrica proveniente da Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania, attacchi ai valichi di frontiera utilizzati per il trasporto di munizioni e prendere esempio dagli” Houthi”, che hanno abbattuto diversi sofisticati e costosi droni statunitensi, mettendo fuori uso l’infrastruttura americana di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR).

(Alastair Crooke - strategic-culture.su)

(strategic-culture.su/news/2024/06/24/putins-war-to-re-shape-the-american-zeitgeist/)

 

 

 

 

MARIO DRAGHI STA TORNANDO

 PER PASSEGGIARE SULLE MACERIE

LASCIATE DALLA CADUTA DELLA GLOBALIZZAZIONE.

Conoscenzealconfine.org - Megas Alexandros – (Fabio Bonciani) -  (23 Giugno 2024) ci dice: 

 

“Non dobbiamo sorprenderci che anche l’Europa abbia bisogno di crisi, di gravi crisi per fare passi avanti.

 I passi avanti per l’Europa sono per definizione cessione di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario.”

(Mario Monti).

Appropriarsi della gestione di tutte quelle sovranità che appartengono agli Stati moderni è ormai il modus operandi con cui i poteri profondi – che operano in ogni paese  – cercano, spesso riuscendoci, di arrivare a gestire la cosa pubblica per esclusive finalità elitarie.

Quello che però dobbiamo tenere ben presente è che tali cessioni – pur presentate dalla politica come realtà consolidate dentro quella che è la totale inconsistenza dei trattati di fronte alla sovranità di uno Stato – sono da ritenersi del tutto abusive ed addirittura a carattere sovversivo.

Tali caratteristiche sono riconducibili direttamente all’aspetto giuridico e sostanziale della questione, in quanto, essendo in netto contrasto con i principi costituzionali, di fatto non dispongono della legittimità da parte del popolo sovrano.

Stando alla logica, nonché al diritto, è chiaro che di fronte ad un trasferimento di potere consacrato abusivo, è perfino fuorviante parlare in termini di “cessione”.

Compreso che non siamo di fronte ad una cessione vera e propria di sovranità, ma bensì è la stessa sovranità che viene appaltata a terzi, ecco che i termini giusti in cui va ricondotta tutta la questione sono quelli del mancato esercizio della sovranità stessa da parte di chi invece è preposto per ruolo istituzionale ad esercitarla.

Parlando dell’Italia è sempre più chiaro ed evidente che i nostri politici e tutte quelle figure primarie chiamate a ricoprire i già menzionati ruoli istituzionali nel paese in rappresentanza del popolo, non stanno di fatto esercitando la sovranità che la nostra Costituzione attribuisce loro.

Tutto questo ragionamento per dire cosa?

Mentre il nostro “deep state “sta andando avanti spedito nel suo disegno per arrivare ad una cessione di sovranità di fatto definitiva a soggetti o istituzioni non rappresentativi del popolo sovrano, è fondamentale che tutti noi capiamo che tutto questo sta avvenendo proprio perché chi è dentro le nostre istituzioni non sta esercitando quella sovranità che ancora (forse per poco), è in mano a noi italiani.

Mario Draghi da mesi è stato incaricato (ufficialmente dalla Commissione europea, nei fatti non sappiamo da chi, visto che la stessa non è una istituzione sovrana), di produrre un “libro bianco” ormai terminato, dove si raccomandano cambiamenti politici sulla governance economica in Europa.

Tutti noi sappiamo bene, proprio perché provato sulla nostra pelle, il significato che ha la parola “raccomandazione” inserita nel pensiero di Draghi:

rappresenta quello che puntualmente diventa realtà nel giro di un batter di ciglia!

Tanto per essere ancora più chiari:

 Draghi, non certamente incaricato dal popolo italiano, sta letteralmente decidendo quella che dovrà essere l’Europa (e di conseguenza il futuro dell’Italia) che sta nascendo sulle macerie della globalizzazione, comprensiva del pensiero unico in tema di economia, debito degli Stati e moneta che l’ha guidata fino ad oggi.

 

Quella stessa globalizzazione che Draghi medesimo ed i suoi amici, hanno con forza sponsorizzato e fatto di tutto per rendere realtà nel trentennio passato, forti dei ruoli primari ricoperti dentro le istituzioni centrali.

Dall’intervento tenuto il 16 Aprile 2024 da Mario Draghi a Bruxelles, alla conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali.

Questo sopra è un passaggio del discorso che Draghi ha tenuto recentemente a Bruxelles;

sta cominciando ad esporre nei salotti buoni del Potere le risultanze del report a lui commissionato.

È sufficiente leggere e comprendere queste poche righe sottolineate per vedere come Draghi stia smentendo se stesso e tutta la sua storia di uomo delle istituzioni, di colui che ha contribuito in modo determinante alle immani sofferenze dei popoli.

Riconoscere l’erroneità della messa in atto di una deliberata strategia volta alla deflazione salariale ed il perseguire politiche fiscali pro-cicliche con il preciso intento di distruggere la domanda interna, assomiglia molto più ad una confessione che ad una presa di coscienza. Dal momento che fu proprio Draghi a scrivere ed inviare al Governo italiano di allora, la famosa lettera Draghi-Trichet, con la quale i vertici entranti e uscenti della Banca Centrale Europea confezionarono l’arrivo di Monti a Palazzo Chigi per dare vita alle famose politiche lacrime e sangue che ora Draghi, dall’alto del suo nuovo incarico, sta letteralmente rinnegando.

Dove sta la credibilità di quest’uomo rispetto all’esercizio della sovranità popolare dentro le istituzioni?

È una domanda più che lecita che ognuno di noi dovrebbe porsi!

Draghi sta di fatto smentendo tutte le fandonie che girano da decenni sia sui mezzi di informazione che in parlamento, riguardo alla cosiddetta austerità espansiva che ha guidato il pensiero di ogni economista mainstream.

Ovvero che si può stare tutti bene e meglio, tagliando la spesa dello Stato e di conseguenza l’occupazione ed i servizi.

 

Come se il denaro, essenziale a farci lavorare e scambiarci la produzione, si moltiplicasse da solo, grazie ad una mano invisibile di natura divina che provvede alla sua creazione.

Poi nei fatti, tutto e di più è stato tagliato, anche in fatto di diritti per la gente, eccetto che la pressione fiscale nei confronti di famiglie ed imprese ed il flusso di denaro da fornire alla rendita!

 

Oggi l’Europa di ieri, come fu pensata da Draghi nel 92′ – una Europa che avrebbe vissuto di rendita sulle spalle dei popoli sfamati con i prodotti cinesi a basso costo, difesa dalla potenza militare USA attraverso la NATO e con l’energia fornita a buon mercato da Putin – non esiste più.

 I forti scossoni geopolitici (pandemia, guerre in corso, inflazione ed il mondo multipolare dei Brics), facenti parte o meno di un piano diabolico sovranazionale (poco importa), rappresentano per il Vero Potere, l’ennesima occasione dentro una crisi per ridisegnare il mondo a suo piacimento.

 E forse anche per completare l’opera del “Grande Reset”, che ricordo vede come punto di arrivo l’abbattimento completo degli stati democratici moderni, con il ritorno ad un uso esclusivo della moneta per il Signore, rendendola definitivamente scarsa e cristallizzata per i popoli.

Il Potere e Draghi però sono pienamente coscienti che i popoli sono esausti e non più con l’anello al naso;

per questo hanno fretta ed agiranno come sempre fuori dai confini della sovranità popolare, accettando persino di perdere quei paesi che invece decideranno di esercitarla.

 

Su questo concetto Draghi è più che esplicito:

“Ma data l’urgenza della sfida che ci troviamo ad affrontare, non possiamo permetterci il lusso di ritardare le risposte a tutte queste importanti domande fino alla prossima modifica del Trattato.

Per garantire la coerenza tra i diversi strumenti politici, dovremmo essere in grado di sviluppare ora un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche. E se dovessimo scoprire che ciò non è fattibile, in casi specifici, dovremmo essere pronti a considerare di procedere con un sottoinsieme di Stati membri”.

 

Non solo si continuerà ad agire fuori della sovranità popolare, come è stato fino ad oggi, ma persino fuori dei tanto decantati trattati che loro stessi hanno messo in essere.

Draghi ci dice anche che addirittura saranno pronti a rinunciare al falso ideale di una Europa unita, che da sempre muove la loro narrativa, pur di perseguire i loro obbiettivi di colonizzazione di popoli e nazioni.

 Non sarà per niente un problema per loro dividere l’Europa in un “sottoinsieme di Stati membri”.

Parole decise, quasi una minaccia per coloro che intenderanno ancora esercitare la propria sovranità dentro i confini nazionali, ma parole che di contro mostrano chiaramente, per chi ancora non lo avesse ben compreso, che esiste ancora uno spazio per esercitarla.

 

Siamo oltre l’onnipotenza!

Questo conferma però che i centri di potere nascono dentro le nazioni e poi si espandono nel mondo e non viceversa per perseguire il loro interesse.

Hanno tutti delle radici ben profonde, esattamente come gli alberi secolari che difficilmente possono essere trapiantate altrove.

Il nemico che può farci più male è sempre quello più vicino a noi, quindi è inutile guardare molto lontano se vogliamo evitare di essere abbattuti.

Molti, da sempre, indicano i Poteri europei diretti dai loro superiori di stanza a Washington; ad ascoltare Draghi e leggendo gli articoli provenienti dalla stampa d’oltreoceano, non si direbbe.

Anche il governo fantoccio di Biden non pare più seguire le idee neo-liberal in fatto di politiche economiche, come la Fed pare essersi allontanata dalla sua posizione tenuta per anni in fotocopia con la Bce.

Si potrebbe obbiettare che l’Unione europea è solamente in ritardo rispetto agli Stati Uniti in quella che è l’applicazione puntuale del disegno globalista del “Grande Reset”.

Tutto e possibile ed ogni teoria complottista vale l’altra, ma quello di cui dobbiamo essere certi è che niente di buono è in programma per i popoli europei e soprattutto, per quanto interessa, per noi italiani.

Come ne usciamo?

Difficile, estremamente difficile dirlo, ma se escludiamo le piazze per nostra natura pacifica, non rimane che il popolo, forte della maggioranza, riprenda in mano l’esercizio di ogni sovranità che la Costituzione gli attribuisce, togliendola dalle mani del sistema dei partiti ed i loro paggi che occupano le nostre istituzioni.

Oltre la metà degli italiani non partecipa più al sistema dei partiti.

 Direi che è un ottimo inizio ed una concreta speranza che il popolo possa riprendersi la sovranità che gli spetta.

(Megas Alexandros alias Fabio Bonciani)

(INTERVENTO TENUTO IL 16 APRILE 2024 DA MARIO DRAGHI A BRUXELLES, ALLA CONFERENZA DI ALTO LIVELLO SUL PILASTRO EUROPEO DEI DIRITTI SOCIALI -ilcaso.it)

 

Donne arruolate, il modello scandinavo

per le nuove esigenze geopolitiche.

Ilfattoquotidiano.it – Redazione – (15-3-2024) – ci dice:

 

La Danimarca vuole aumentare il numero di giovani che prestano servizio militare estendendo la coscrizione alle donne e aumentando la durata del servizio da 4 mesi a 11 mesi per entrambi i sessi.

 “Non ci riarmiamo perché vogliamo la guerra. Ci stiamo riarmando perché vogliamo evitarlo” ha dichiarato il primo ministro danese “Mette Frederiksen”.

 

Attualmente, in Danimarca, le donne possono arruolarsi volontariamente nelle forze armate ma non sono soggette alla coscrizione.

Invece tutti gli uomini danesi sono obbligati a partecipare al “Defence Day” dopo aver compiuto 18 anni, un esercizio obbligatorio in cui vengono sottoposti a una serie di test per determinare se sono idonei al servizio militare.

 Se dichiarati idonei, i potenziali coscritti partecipano ad una sorta di lotteria.

Ciò determina se verrà loro assegnato un luogo di servizio, poiché le esigenze delle forze di difesa danesi o dell’Agenzia danese per la gestione delle emergenze sono inferiori al numero effettivo di potenziali coscritti idonei.

 Le donne danesi possono esercitare il diritto alla leva e quindi essere richiamate alle armi, ma lo fanno a condizioni diverse rispetto agli uomini, poiché possono ritirarsi durante il processo, se lo desiderano.

Secondo i dati ufficiali, la Danimarca conta attualmente fino a 9.000 soldati professionisti.

 L’anno scorso, circa 4.700 danesi hanno prestato servizio militare, circa un quarto dei quali erano donne.

 Con il nuovo disegno di legge, il governo danese spera di aumentare il numero dei coscritti ad almeno 5.000 all’anno.

Secondo il ministro della Difesa “Poulsen” il disegno di legge dovrebbe essere convertito in legge nel 2025 ed entrare in vigore nel 2026.

 “Ciò significa che tutti i giovani – indipendentemente dal sesso – dovranno essere chiamati alle armi per il “Defence Day “e completare la leva a parità di condizioni. In altre parole, la coscrizione deve essere aggiornata – in parte in relazione ai valori fondamentali che abbiamo che riflettono la nostra società, ma anche in relazione allo scenario di minaccia che ci troviamo di fronte”.

 

In Norvegia l’obbligo del servizio militare, mai sospeso, è stato esteso nel 2015 anche alle donne, primo caso in Europa e nella Nato, norma che consente che circa un terzo dei coscritti arruolati sia oggi di sesso femminile.

Anche in Svezia, tutti i cittadini di entrambi i sessi sono tenuti, al compimento dei 18 anni, a completare un formulario on line, rispondendo a quesiti relativi al proprio stato di salute fisica e mentale, al livello di educazione scolastica raggiunto, ai propri interessi e caratteri della personalità.

 Infine debbono esprimere una valutazione personale sul servizio militare e sull’ipotesi della chiamata alle armi.

 

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha aumentato significativamente il livello di minaccia per i paesi del Nord Europa e del Baltico.

 Il 12 marzo il Ministero della Difesa ha annunciato che la Danimarca sta stanziando una grande tranche di attrezzature militari, compresi sistemi di artiglieria e munizioni, per un valore di circa 2,3 miliardi di corone danesi (336,6 milioni di dollari) per l’Ucraina.

 L’assistenza sarà finanziata attraverso la Fondazione Ucraina e comprende l’acquisto di obici semoventi Caesar, mortai semoventi da 120 mm e munizioni dai produttori.

Inoltre, il paese è membro della cosiddetta “Coalizione F-16”, che addestra i piloti ucraini e si prepara a trasferire gli aerei da combattimento F-16 all’aeronautica ucraina.

 

Il governo danese prevede di investire altri 40 miliardi di corone danesi (5 miliardi di euro) nella difesa nei prossimi cinque anni per acquistare sistemi di difesa aerea, costruire una brigata di 6.000 uomini che sarà pronta entro il 2028 ed equipaggiare le fregate danesi per la caccia ai sottomarini.

 Secondo il primo ministro danese” Frederiksen” la Danimarca spenderà il 2,4% del Pil per la Difesa comprese le donazioni all’Ucraina, rispettando così le linee guida della Nato.

 

 

 

 

Confronto tv Biden-Trump: il presidente confuso, disorientato e sconnesso.

 Democratici in allarme, ora si parla apertamente di un cambio in corsa.

Ilfattoquotidiano.it - Roberto Festa – (28 GIUGNO 2024) – ci dice:

Quello che sino a qualche ora fa sembrava impossibile, non lo è più. Dopo il dibattito presidenziale su CNN, i democratici pensano ormai apertamente di sostituire “Joe Biden” nel ticket presidenziale.

Nel confronto con “Donald Trump”, il presidente è apparso confuso, esitante, mentalmente sconnesso.

Trump travolgeva il suo rivale, i moderatori, il pubblico con una valanga di falsità e inesattezze.

Biden annaspava, mormorava, incapace di offrire risposte articolate e dotate di senso compiuto.

Di fronte a milioni di americani, è apparso insomma chiaro quello che finora la Casa Bianca e la leadership del partito hanno negato o cercato di nascondere.

 Biden, 81 anni, non è in grado di reggere altri quattro anni di mandato.

“Sembrava che tra Biden e Trump ci fossero non tre, ma trent’anni di differenza”, ha detto “David Plouffe”, direttore della campagna di Barack Obama nel 2008.

Si è trattato “di un dibattito molto deludente”, ha spiegato “Kate Bedingfield”, ex direttrice della comunicazione dei democratici.

Secondo “David Axelrod, altro collaboratore di Obama, “c’è da discutere se il presidente possa andare avanti”.

Questo primo dibattito televisivo doveva servire ai democratici per fugare i dubbi, alimentati dai repubblicani, sulle facoltà fisiche e mentali del loro candidato.

L’esito è stato una conferma drammatica di quei dubbi.

Sin dalla prima risposta, la voce di Biden è apparsa roca, debole, difficile persino da comprendere.

“Dovete considerare che cosa mi è stato lasciato quando sono diventato presidente – qui un colpo di tosse – che cosa mi ha lasciato Donald Trump”.

 Nei giorni precedenti lo scontro TV, Biden e i suoi si erano rinchiusi a Camp David e il presidente era scomparso da molte occasioni pubbliche.

“Ha il raffreddore”, era stata la giustificazione ufficiale della Casa Bianca.

Il ritiro doveva invece servire per prepararsi al meglio, fisicamente e mentalmente, al dibattito di “CNN” (si erano anche diffuse, soprattutto in ambito repubblicano, voci che Biden ricorresse a farmaci per risultare più tonico e presente durante l’ora e mezza televisiva).

Sin dall’inizio, è apparso invece molto chiaro che nessun ritiro preparatorio o farmaco poteva nascondere la realtà di un presidente pesantemente toccato dal passare degli anni.

 

Trump è partito subito con una serie di attacchi particolarmente aggressivi su tasse, inflazione, immigrazione.

“Chiamo il confine meridionale il confine Biden”, ha spiegato Trump, accusando l’amministrazione democratica di aver permesso a terroristi e criminali di entrare illegalmente negli Stati Uniti.

La risposta di Biden è apparsa così incerta e tentennante che lo stesso Trump è apparso sorpreso:

 “Non so davvero cosa abbia detto; Non credo che nemmeno lui sappia quello che ha detto”.

Esitazioni simili, il presidente le ha mostrate anche sui temi del “Medicare” e dell’”aborto”.

 Il suo procedere è apparso così oscillante e confuso che Biden ha perso l’occasione di fare quello che tutti si aspettavano:

 attaccare i repubblicani sul tema dell’aborto.

La sua risposta alla questione è apparsa incoerente.

Biden ha esordito parlando del desiderio di Trump e dei repubblicani di lasciare che gli Stati decidano sulla legalità dell’aborto.

Poi si è avventurato in una serie di affermazioni che avevano probabilmente come scopo quello di mostrare che non tutti i migranti illegali sono stupratori, come sostengono Trump e alcuni repubblicani.

“Ci sono molte giovani donne che vengono violentate dai loro suoceri, dai loro coniugi, fratelli e sorelle”.

Il risultato è stato comunque incomprensibile.

Biden si è persino dimenticato di citare l’aborto nelle sue conclusioni finali.

Sono stati 90 minuti durissimi tra i due, segnati da insulti e battute un tempo impensabili in un dibattito presidenziale.

Biden ha accusato il suo rivale di essere “l’unico criminale condannato su questo palco”.

 Ha detto che Trump ha la “morale di un gatto randagio” e che ha fatto sesso con una pornostar mentre la moglie Melania era incinta.

Trump ha replicato ricordando la condanna del figlio del presidente, Hunter, e sottolineando dimensione criminale “ad altissimo livello dei Biden”.

Scintille anche sulla questione della Nato.

In uno dei pochi momenti forti della sua performance, Biden ha sostenuto che Trump è disposto ad abbandonare l’Ucraina di fronte all’aggressione russa.

“Questo vuole uscire dalla NATO. Rimarrai nella NATO?”, ha chiesto polemicamente il democratico.

 Al che Trump ha replicato: “L’unica ragione per cui tu puoi giocare con la NATO è perché ho convinto gli stati membri a stanziare centinaia di miliardi di dollari”.

Trump ha spesso ignorato le domande dei moderatori, usando il tempo a sua disposizione per vantarsi di quanto fatto nei quattro anni di mandato.

 Non ha interrotto ripetutamente Biden, come aveva fatto nel primo dibattito del 2020, ma lo ha martellato ripetutamente definendolo “il peggior presidente” nella storia degli Stati Uniti.

 Ha ripetutamente detto cose inesatte, o false, sui danni alla sicurezza sociale, sul riscaldamento climatico, sulla rivolta del 6 gennaio, sul fatto che il Dipartimento alla Giustizia sia stato coinvolto nelle cause giudiziarie statali a suo carico.

“CNN” è stata tra l’altro accusata di non aver fornito un servizio di “fact-checking” durante il confronto, in modo da sottolineare la manifesta inesattezza delle affermazioni del candidato repubblicano.

Va detto che sarebbe stato comunque difficile fermare il fiume di parole di Trump.

 E va detto che il repubblicano ha certo offerto, come sua abitudine, una realtà alternativa.

Ma l’ha offerta in modo aggressivo e molto più convincente rispetto a quella confusa del suo rivale.

 

Sono bastati comunque pochi minuti di dibattito perché tra i democratici – sui social, nelle chat, nelle e-mail, nelle telefonate, nei tanti watch party organizzati in giro per l’America – si diffondessero sconcerto, delusione, paura per la prova del presidente.

Le preoccupazioni sull’età di Biden, che covavano da mesi, sono esplose nel giro di qualche minuto.

Per molti progressisti è ormai chiaro che con Biden si va alla sconfitta. Alcuni parlano della necessità di un ritiro di Biden, e di una “open convention”, una convention aperta a Chicago, ad agosto, in cui possa esser scelto un altro candidato.

 Sono solo ipotesi, quello che è certo è che da oggi, su Joe Biden e sui Dem allungano ombre lunghe e minacciose.

 

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