Snobbare il popolo.
Snobbare
il popolo.
Porcate
d’Italia:
l’Autonomia
Differenziata.
Conoscenzealconfine.it
– (30 Giugno 2024) - Raffaele Ragni – ci dice:
L’attuale
legge elettorale è una “porcata”.
Lo
disse Calderoli, che ne fu l’autore nel 2005.
La sua
“nuova porcata” si chiama “autonomia differenziata”.
Complici i finto-sovranisti di Meloni, che
ottengono in cambio un tiepido appoggio leghista al premierato.
Questa
legge è brutta, non perché spacca l’Italia, ma perché non dice niente, manca di
sostanza politica:
non è federalista, né centralista, non spiega
con quali risorse le regioni virtuose dovrebbero accelerare e quelle
inefficienti dovrebbero colmare il proprio ritardo.
Esultano
i governatori leghisti Fontana e Zaia, che sventolano dinanzi all’elettorato
nordista la nuova porcata di Calderoli come fosse un successo. Indubbiamente
avranno maggior potere negoziale, ma non certo più soldi dal governo centrale,
per migliorare quei servizi, oramai carenti anche al Nord.
L’eccellenza
padana è un lontano ricordo.
Se la Lega perde voti, non è per il
nazionalismo di Salvini, ma per l’incapacità degli amministratori leghisti di
governare bene.
L’autonomia
differenziata non è una legge costituzionale, ma una legge ordinaria: non
modifica la struttura e l’operatività della Regione. È una legge quadro:
stabilisce le norme fondamentali a cui una Regione deve adeguarsi per ottenere
le 23 materie previste dell’art. 116 della Costituzione.
Il
potere rimane allo Stato che, a richiesta della Regione, può attribuire in
tutto o in parte quelle materie.
Nulla
di nuovo, nessun federalismo:
l’Italia mantiene un decentramento di tipo
regionale.
La
Regione continua ad essere un organo dello Stato, senza una vera finanza
autonoma, ma potrà mantenere parte delle risorse raccolte sul territorio, se
dimostra di saperle spendere meglio dello Stato.
La
sinistra protesta rubando il tricolore ai nazionalisti, ma non sfugge quanto
sia ridicolo e fazioso questo dissenso, a fronte della pochezza della riforma.
Tranquilli,
nessuna secessione:
la
Regione chiede, se vuole, lo Stato concede, se vuole.
L’articolo
4 della legge stabilisce i principi per il trasferimento delle funzioni alle
singole Regioni, precisando che sarà concesso solo successivamente alla
determinazione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep) e nei limiti delle
risorse rese disponibili in legge di bilancio.
Dunque
senza “Lep” e il loro finanziamento, che dovrà essere esteso anche alle Regioni
che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà autonomia.
Prima
di finanziare le presunte eccellenze del Nord, lo Stato deve trovare i fondi
per sanare le deficienze del Sud, affinché i meridionali abbiano servizi di
qualità come i padani.
Questi
fondi, che ammontano a miliardi di euro, non ci sono e non ci saranno mai. Ce
li darà l’Europa?
Oppure aumenteranno le imposte statali e
regionali?
(Raffaele
Ragni)
(sfero.me/article/porcate-d-italia-autonomia-differenziata)
Giorgia
Meloni come Michael Faraday:
la
scelta tra accontentarsi e spiccare il volo,
liberandosi
della zavorra del suo passato
Msn.com
– Il Riformista - Pietro Maiorana – (31 - giugno – 2024) – ci dice:
La
storia e la parabola di Giorgia Meloni, nel campo scientifico, è analoga a
quella del grande scienziato Michael Faraday.
Lui
nacque a Londra verso la fine del Settecento da una modesta famiglia di
religione sandemanista e frequentò scuole di livello non eccelso, nonostante la
sua notevole intelligenza accompagnata da una grande curiosità e sete di
conoscenza.
Assunto
come apprendista legatore, cominciò a leggere avidamente i testi che rilegava,
soprattutto quelli di natura scientifica.
Si
racconta che la scintilla che cambiò la sua vita fu la lettura della voce
dedicata all’elettricità nella nuova edizione dell’”Enciclopedia Britannica”,
che stava appunto rilegando.
Lesse,
infatti, che non esisteva una spiegazione definitiva di un fenomeno come
l’elettricità che, purtuttavia, tutti conoscevano e potevano vedere, ed essendo
sandemanista – oltre che curioso di suo – decise che avrebbe dimostrato quel
fenomeno che era una delle prove più lampanti della potenza di Dio.
Spinto da questa insaziabile fame di sapere,
cominciò a frequentare le lezioni di “Tatum” e di “Humphry Davy”, che era il
presidente della “Royal Institution”.
La
trinità naturale.
Molti
secoli prima che il pensiero cristiano concepisse la Santissima trinità, i
filosofi greci si erano convinti che vi fosse una trinità naturale ad essere
artefice della creazione dell’universo e che ne reggesse le sorti:
elettricità,
magnetismo e la forza gravitazionale.
Fu
Talete in particolare ad osservare che le magnetiti, pietre fortemente ferrose,
attirassero frammenti di ferro e che l’ambra – strofinata con la lana –
attirava frammenti di paglia.
A
queste forze misteriose che riguardavano la materia, si aggiungeva l’osservazione
evidente che la terra attraeva a sé corpi di ogni tipo.
Solo nella metà dell’Ottocento, per impulso di
un medico inglese che si chiamava “Gilbert”, si percepì l’importanza della
forza di attrazione dell’ambra (in greco elektron) e del magnetismo.
Gilbert
capì che la forza dell’elettricità era sempre positiva e quella dei magneti era
polare (respingeva poli uguali e attraeva gli opposti).
Diverso
era il discorso della gravità che, come aveva dimostrato Newton, era una forza
universale.
Il
giovane operaio legatorista, ascoltando le lezioni di Davy, cominciò a
sviluppare una vera e propria fissazione per il rapporto tra elettricità e
magnetismo. Segnalandosi per la sua costanza e assiduità, e il suo intuito
sperimentale, fu promosso proprio dal suo mentore come suo assistente di
laboratorio.
La sua infinita pazienza e capacità di
osservazione lo portarono a raggiungere il suo obbiettivo.
Altri
scienziati – come Oersted, Ampere e Arago – andavano dimostrando che
l’elettricità è capace di generare un vortice magnetico.
Ora toccava a Faraday provare a dimostrare
anche il contrario, e cioè che il magnetismo può generare energia.
Provò
migliaia di volte, collegando un magnete ad un interruttore, a vedere cosa
succedeva.
C’era un particolare apparentemente
insignificante.
Ogni
volta che accendeva l’interruttore, il magnete si muoveva leggermente in senso
antiorario.
Allora
prese una barretta di magnete, l’appesantì alla base in modo che galleggiasse
verticalmente in una vaschetta di mercurio, fissò un filo metallico al centro
della vaschetta e lo fece attraversare da un flusso di corrente elettrica.
Il risultato fu sorprendente: il magnete
cominciò a ruotare intorno al filo in senso antiorario come spinto da una
corrente invisibile.
Era la
scoperta dell’induzione elettromagnetica, grazie al quale abbiamo potuto
costruire generatori elettrici e motori.
Nel
corso della sua luminosa carriera Faraday fece altre scoperte importanti, dalla
legge dell’elettrolisi al diamagnetismo e paramagnetismo.
Diventò anche presidente della “Royal
Institution” e fu acclamato anche da coloro che lo avevano guardato, quando era
un umile legatore, dall’alto in basso.
Eppure
si portò sempre appresso lo sguardo scettico di chi continuava a ritenerlo un
parvenu.
Il
percorso di Giorgia Meloni.
Anche
Giorgia Meloni è partita dal basso, ha fatto gavetta politica, ha portato un
partitino di nostalgici fascisti ad essere il primo partito italiano.
Cosa
ha scoperto, o meglio capito, Giorgia Meloni?
Che
nella politica di questo tempo le etichette non contano:
conta
la capacità di toccare il cuore, e qualche volta la pancia, delle persone.
Così è
diventata la prima donna presidente del Consiglio, ha sdoganato la destra
post-fascista portandola al governo, è diventata leader incontrastata del
centrodestra e oggi può esercitare un ruolo di primo piano anche in Europa.
Per farlo deve, però, liberarsi, di una
zavorra.
La
zavorra può essere la sua stessa storia personale e di militanza politica e il
partito che lei ha fatto diventare un pilastro della politica italiana.
Deve
sentirsi all’altezza del suo ruolo, non farsi costringere a difendere quei
rigurgiti nostalgici che ogni tanto affiorano.
Anzi spingere il suo partito ad una nuova
fase, i suoi dirigenti a studiare di più, a comprendere il mondo che cambia.
Qualche
volta anche a stare in silenzio.
Può
essere una statista europea a capo di una destra rinnovata e protagonista o
farsi trascinare nelle sabbie mobili dei reduci, dei nostalgici, delle mani
tese e delle raccapriccianti pulsioni neonaziste.
Come
per Faraday, viene il momento di spiccare il volo oppure accontentarsi.
Giuseppe
Conte fa sempre flop.
Ma non
è mai a rischio.
Lespresso.it
- Sergio Rizzo - (6 maggio 2024) – ci dice:
Da
quando è leader i Cinque Stelle hanno subìto solo sconfitte elettorali, eppure
il suo potere nell’ex movimento è ormai ferreo.
Grazie
alle giravolte politiche di cui nessuno gli chiede conto.
Da
quando Giuseppe Conte è a capo del fu movimento politico fondato da Beppe
Grillo, il partito è andato giù a precipizio.
L’ultima
botta, alle Regionali in Basilicata.
Lì i voti per il M5S sono scesi dai 58.658 del
2019 a 20.026.
Meno 65,8 per cento.
Meglio
non è andata qualche settimana prima in Abruzzo: meno 65,6.
E
perfino in Sardegna, dove è stata eletta sul filo di lana la sua candidata
Alessandra Todde, sono evaporati 17 mila voti: meno 24,2 per cento.
Per
non parlare dei disastri precedenti.
Alle politiche del 25 settembre 2022 Conte ha
raccattato 4,4 milioni di consensi. Mica male.
Ma
erano 11 milioni nel 2018: meno 59,5 per cento.
Sei
milioni e mezzo di voti evaporati in quattro anni e mezzo.
E le Comunali di Roma? Meno 73,4 per cento.
E
quelle di Torino? Meno 85,8.
E
quelle di Carbonia? Meno 91,2.
Una dopo l’altra, le poltrone di sindaco nei
capoluoghi di provincia e nelle grandi città che il Movimento Cinque Stelle
aveva prepotentemente conquistato, sono andate perdute.
Con
tracolli elettorali generalizzati e senza precedenti.
Ovunque
e senza che Conte venga messo in discussione da militanti e quadri del suo
partito.
Mentre gli alleati ne ingoiano senza fare una
piega i veti, com’è accaduto alle elezioni che hanno consegnato la Basilicata
alla destra.
Tutto
ciò rende assolutamente inspiegabile l’aspirazione, ormai sempre più
conclamata, di assumere il ruolo di guida dell’opposizione contendendolo alla
arrendevole segretaria del Pd “Elly Schlein”.
Il
fatto è che «Giuseppe è troppo ambizioso», come ha detto all’inizio della sua
carriera politica chi l’ha conosciuto meglio di chiunque altro:
suo papà Nicola Conte.
L’ambizione
è senza dubbio una molla potente, necessaria a conseguire risultati
impensabili. E quando poi ci si mette la fortuna…
L’avvocato
Giuseppe Conte diventa presidente del Consiglio per puro caso, come chi vince
la lotteria senza neppure aver acquistato il biglietto.
Quello glielo compra il collega “Alfonso
Bonafede”, che sarà ministro della Giustizia nei suoi due governi.
È lui
che nel 2013 fa il nome dell’avvocato di Volturara Appula, uno della scuderia
di “Guido Alpa”, per un posto di membro laico nel Consiglio di Presidenza della
Giustizia amministrativa, il piccolo Csm di Tar e Consiglio di Stato.
Da lì gli prenota un posto da ministro nel
presunto futuro governo grillino, ma quando capita che il M5S vince le elezioni
e il governo deve farlo davvero, nel deserto generale da candidato ministro
Conte si ritrova candidato premier.
Per
inciso, quando poi Conte avrà vestito i panni di capo del partito e si troverà
all’opposizione, restituirà il favore al collega “Bonafede” garantendogli
l’appoggio per un posto da membro laico nel “Consiglio di Presidenza della
Giustizia tributaria”, ossia il piccolo Csm dei giudici tributari.
Il
ruolo di presidente del Consiglio all’avvocato di Volturara Appula calza a
pennello.
«Conte non era iscritto al Movimento, è un
bell’uomo, laureato, parla inglese, poi parlava e si capiva poco… Perfetto per
la politica…», ironizza Beppe Grillo.
Che
non ne è apparso mai sedotto.
E si
capisce perché.
Conte
è esattamente il contrario dello stereotipo grillino, almeno per come la
narrazione ce lo tramanda.
È
socio di un principe del foro, che poi dirà di avergli solo affittato una
stanza, commissario al suo esame del concorso da professore ordinario, del
quale molto si è discusso.
Amico
di burocrati e parrucconi del Consiglio di Stato, che da premier lo
circonderanno.
E con frequentazioni piuttosto lontane dalla
frugale galassia a cinque stelle.
La sua
attuale compagna Olivia Paladino è la figlia di Cesare Paladino, storico
proprietario dell’Hotel Plaza di Roma, dove ha fatto base per anni nel
crepuscolo della prima repubblica un pezzo del quartier generale del Partito
socialista di Bettino Craxi, del quale ora è lei stessa comproprietaria.
Un
rapporto che durante la pandemia ha fatto anche discutere, e non per i rapporti
sentimentali.
Nel
decreto “Rilancio” del secondo governo Conte emanato nei mesi tremendi del
Covid-19 è spuntato un articolo, il numero 180, con il quale si dà una mano ai
Comuni che non hanno incassato l’imposta di soggiorno dovuta dagli albergatori.
Ma una
bella mano si dà anche ai medesimi albergatori, trasformando le sanzioni penali
a carico di chi ha riscosso l’imposta ma poi non l’ha versata in semplici, per
quanto salate, contravvenzioni.
E caso vuole che fra quegli albergatori ci sia anche
Cesare Paladino, il quasi suocero-bis del presidente del Consiglio, condannato
a un anno e due mesi per non avere dato al Comune di Roma un paio di milioni.
La sanatoria poi non risulterà applicabile a
lui, ma tanto basta per scatenare polemiche a non finire.
Che continuano anche dopo la rivelazione del”
ministro dei Beni culturali Dario Franceschini”, pronto a giurare di essere
l’ispiratore della norma, di cui Conte «non sapeva nulla».
Cose
del genere si sono viste spesso, nella nostra politica.
Dove
peraltro la coerenza fra i propositi e le azioni concrete ha sempre lasciato
abbastanza a desiderare.
Ma nel
caso di Conte si è davvero superato politicamente ogni limite.
Mai
prima di lui un presidente del Consiglio aveva guidato senza soluzione di
continuità prima un governo di destra e poi un governo di sinistra.
Presentandosi alle Camere con discorsi
programmatici agli antipodi nei principi ispiratori:
il
primo, severissimo con l’immigrazione; il secondo, comprensivo con le ansie e i
diritti degli immigrati.
Strabismo
del tutto simile a quello sulla politica estera:
prima
entusiasta e poi neppure velatamente critica verso Donald Trump e Vladimir
Putin.
Continuando
a galleggiare nell’ambiguità fino ai giorni nostri, quando si rifiuta di
rispondere a una domanda cui qualunque politico deve rispondere:
«Fosse
negli Stati Uniti voterebbe alle presidenziali per Trump o per Joe Biden?»
Ma il
record di equilibrismo l’ex premier l’ha stabilito nell’estate del 2022.
Da più
di un anno Conte è capo politico del Movimento Cinque Stelle.
È stato confermato presidente del partito il
28 marzo 2022 con una votazione online cui ha partecipato appena il 45 per
cento degli aventi diritto.
Ha
preso in mano il timone del M5S già nel marzo del 2021, subito dopo aver
perduto la poltrona di presidente del Consiglio:
da tempo ha preparato il terreno.
E ora è l’azionista di riferimento del governo
di Mario Draghi, l’ex presidente della Bce che i grillini hanno sempre visto
come il fumo negli occhi.
Ma la
scadenza della legislatura si avvicina e non tira una bella aria.
I
sondaggi evidentemente sono pessimi:
l’unico
modo per evitare di scomparire è tentare di risvegliare lo spirito grillino.
Come?
Semplice: facendo cadere Draghi, tornato a
essere il banchiere nemico numero uno.
Ed è
proprio ciò che accade.
Al voto di fiducia i grillini non partecipano,
e i leghisti con quelli di Forza Italia li imitano.
A lungo Conte nega le proprie responsabilità.
Poi un bel giorno le ammette in una intervista
al quotidiano spagnolo “El Pais”: «Sì, il responsabile sono io», risponde a una
domanda del corrispondente “Daniel Verdù”.
La
propria sopravvivenza politica barattata con la sopravvivenza del governo?
Il giudizio di Luigi Di Maio, capo degli
scissionisti grillini che non vogliono far cadere Draghi, è velenoso:
«Di quel Movimento Cinque Stelle fondato anni
fa con tante persone, non è rimasto quasi nessuno.
Conte ha accentrato tutti poteri, ne ha fatto
un partito autoreferenziale.
Non è
più M5S ma è il suo partito».
Di
sicuro, adesso quello guidato da Conte è un partito come tutti gli altri.
A
marzo 2022 l’assemblea degli iscritti ha accolto le richieste di modifica dello
statuto formulate dalla «Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e
controllo dei rendiconti dei partiti politici», e così anche il M5S è diventato un
partito a tutti gli effetti.
Adesso può intascare pure i contributi
pubblici del 2 per mille.
È la
fine dell’innocenza, altro che aprire il Parlamento «come una scatoletta di
tonno».
Conferenza
stampa
del Presidente
Meloni.
Governo.it – Redazione – (Thursday, 4 January
2024) – ci dice:
INTRODUZIONE
DEL PRESIDENTE MELONI
Buongiorno
a tutti,
grazie
di essere qui, grazie all'Ordine dei giornalisti, grazie all'Associazione della
stampa parlamentare.
Sarò
abbastanza breve in questa introduzione: voglio lasciare spazio alle domande,
ho poche cose da dire.
La
prima è chiaramente fare a tutti gli auguri di buon anno, farci gli auguri di
buon anno per un anno che sarà molto complesso per tutti.
È un
anno che vede molte scadenze importanti, tra le elezioni europee, penso alla
Presidenza italiana del G7, quindi chiaramente ci vedrà tutti molto impegnati.
Da
parte mia farò la mia parte perché possiate fare al meglio il vostro lavoro ed
ovviamente non mi aspetto altro che rispetto ma certamente non mi aspetto
sconti.
La
seconda cosa che voglio dire è che devo scusarmi chiaramente perché questa
conferenza stampa è stata rinviata due volte per ragioni di salute; non potevo
fare altrimenti.
Mi
dispiace francamente che anche questo abbia generato delle polemiche ma come
dimostra la mattinata di oggi non c'era alcun intendimento da parte mia di
scappare dalle domande dai giornalisti, di rado sono scappata in vita mia da
qualcosa.
Credo
di dovere una risposta su questo tema della protesta della “Federazione
Nazionale della Stampa”, della cosiddetta “Legge bavaglio”, però io penso
Presidente che lei sappia che questa norma è frutto di un emendamento
parlamentare, che arriva tra l'altro dall’esponente di un partito
dell'opposizione, sul quale certamente c'è stato un parere favorevole del
Governo ma non è un'iniziativa del Governo, e questo lo dico per dire anche
alla” Federazione Nazionale della Stampa” che la manifestazione sotto Palazzo
Chigi per un’iniziativa che non è del Governo probabilmente avrebbe dovuto
tenersi di fronte al Parlamento, perché è il Parlamento che si è assunto questa responsabilità.
Dopodiché,
nel merito, l'emendamento si agganciava alla “Direttiva europea sulla
presunzione di innocenza” e prevede che non possa essere pubblicata per intero
o per estratto l'ordinanza di custodia cautelare in carcere;
riporta
in buona sostanza l'articolo 114 del Codice di procedura penale al suo
perimetro originario che è quello in forza del quale è vietata la pubblicazione
anche parziale degli atti del dibattimento che viene celebrato a porte chiuse.
Voi
sapete che nel 2017 fu fatta dalla allora riforma Orlando un’eccezione a questa
previsione del nostro Codice di procedura penale, consentendo la pubblicazione
in toto o in parte di questo specifico atto che era appunto relativo alla
carcerazione.
Questo
non toglie, dal mio punto di vista, il diritto al giornalista di informare,
perché rimane il diritto del giornalista a conoscere quell'atto e a poterne
riportare le notizie che sono importanti per informare i cittadini.
Si può
ovviamente, e si deve - credo sia giusto - dire che qualcuno è stato arrestato,
perché è stato arrestato, quali sono i capi di imputazione che vengono
formulati.
Quindi,
francamente, non ci vedo un bavaglio, a meno che non si dica che la stampa è
stata imbavagliata fino al 2017 perché fino ad allora è stato così e non
ricordo che in passato siano state disertate conferenze stampa del” Presidente
del Consiglio dei Ministri” perché non vi era la previsione di questa norma.
A me
pare un’iniziativa - ripeto non l'ho presa io e probabilmente non l'avrei presa
personalmente e infatti non l'ho fatto -, una norma di equilibrio tra il
diritto di informare e il diritto di un cittadino prima che sia condannato, e
spesso prima che possa esercitare il diritto alla difesa, a non ritrovarsi sui
giornali anche particolari che possono non essere rilevanti e che ledono la sua
onorabilità.
Dopodiché
sul tema dell'Ordine, so che questo è il tema che sta particolarmente a cuore
alla riforma dell’Ordine, in particolare quello del sistema di voto per
l'Ordine dei giornalisti, voi sapete che io sono pienamente disponibile.
So che in questa Legislatura si è formato un
intergruppo parlamentare - attento alle questioni dei giornalisti - che, sulla
base anche delle proposte che sono state formulate dal” Consiglio Nazionale
dell'Ordine”, sta elaborando una proposta.
Personalmente
ritengo che sarebbe più bello se un'iniziativa di questo tipo arrivasse dal
Parlamento ma posso anche dirvi che, se dovessimo ravvisare una eccessiva
lungaggine da parte del Parlamento nel prendere un’iniziativa di questo tipo,
non ho problemi a ragionare di un intervento.
Sappiamo che le norme risalgono, se non vado
errata al 1967, obiettivamente il mondo è cambiato ed è giusto che cambino
anche le regole di funzionamento.
E dico
qui l'ultima cosa.
Sono molto d'accordo con quello che lei ha
detto relativamente al tema dell'intelligenza artificiale:
è una
materia che questo Governo porterà tra le questioni prioritarie della
Presidenza del G7 perché io sono particolarmente preoccupata dall'impatto
dell'intelligenza artificiale su vari livelli e particolarmente sul tema del
mercato del lavoro.
Noi
siamo sempre stati abituati a un mondo nel quale il progresso lavorava per
ottimizzare le competenze umane, però in passato noi abbiamo sempre conosciuto
una sostituzione di lavoro che era fisica prevalentemente e che quindi
consentiva alle persone di concentrarsi su lavori più profilati, cioè sui
lavori di concetto, su lavori di organizzazione.
Oggi noi ci troviamo di fronte a una
rivoluzione che è completamente diversa, nella quale è l'intelletto che rischia
di essere sostituito e questo vuol dire che l'impatto che l'intelligenza
artificiale può avere nel mercato del lavoro riguarda anche lavori di alto
profilo e rischiamo un impatto devastante nel quale noi avremo un mercato del
lavoro che vedrà sempre meno persone necessarie.
Credo
che sia una valutazione che va fatta seriamente.
Non so
dirle se siamo ancora in tempo perché vedo la velocità con la quale corre il
progresso e vedo i tempi delle decisioni della politica, particolarmente a
livello multilaterale.
Queste sono decisioni che vanno prese per
essere efficaci a livello globale e mi preoccupa molto, ma noi organizzeremo un
focus molto preciso sul tema dell'intelligenza artificiale al G7 e, prima
ancora del G7 dei leader che come sapete si terrà in giugno, io voglio fare e
sto già lavorando a un'iniziativa specifica sul tema dell'impatto
dell'intelligenza artificiale sul mercato del lavoro.
Chiaramente
è materia che vi riguarda e che vi interessa perché è una di quelle
professionalità sulle quali noi non ci stiamo rendendo conto che l'intelligenza
artificiale rischia, mentre il progresso finora ha impattato positivamente
aiutandoci a lavorare meglio.
Oggi
rischiamo di fatto una sostituzione e quindi su questo confido che si possa
magari lavorare ragionare insieme.
Mi
fermo perché ho detto sarei stato a breve e poi non l'ho fatto, prego.
DOMANDE:
Claudia
Fusani (il Riformista):
Buongiorno
Presidente, grazie di essere qui, io volevo partire da questo. Il Presidente
della Repubblica ha fatto una lista di cose urgenti da fare, nel suo discorso
di fine anno: ha parlato di salute, ha parlato di giovani, ha parlato di lavoro
che è pagato poco - tutte misure che hanno un costo, che hanno un costo
sicuramente.
Noi
tra tre mesi cominceremo il percorso della nuova Legge di bilancio del 2025 e
così adesso già serviranno almeno 30/32 miliardi per non fare aumentare le
tasse perché questo è il costo della somma del taglio del cuneo, l'Irpef
eccetera.
Tutte le misure fatte in questa Legge di
bilancio, se devono essere confermate, costeranno quella cifra lì, poi ci
mettiamo il taglio del deficit previsto dal nuovo Patto di stabilità, andiamo
intorno a una cifra di circa 32/35 miliardi.
La domanda è questa:
lei dove pensa di trovare queste risorse visto
che lei ha sempre detto che le risorse verranno dalla crescita, però Bankitalia
stima una crescita dello 0,6 per il 2024, quindi da lì tanti soldi non potranno
venire.
Dove
verranno questi soldi?
Aumenterà
le tasse o taglierà la spesa?
Sicuramente lei ha già un'idea molto precisa
su questo, se può essere più precisa possibile. Grazie
Presidente
Meloni:
Grazie
a lei. Intanto più precisa, bisogna sapere esattamente di che cosa parliamo
perché noi non sappiamo quale sarà lo sviluppo dell'economia italiana.
In quest'anno la crescita italiana è stimata
comunque, e questo è un dato secondo me buono, superiore alla media europea.
Io non sono per aumentare le tasse, tra le due
le tasse le ho diminuite e quindi se devo lavorare, lavoro prevalentemente sul
tema del taglio della spesa.
È un
lavoro che quest'anno abbiamo fatto.
Quest'anno
noi abbiamo diminuito le tasse tagliando la spesa pubblica.
Lo
abbiamo fatto con questa Legge di bilancio, ci sono stati dei tagli lineari che
ci consentivano, tagliando la spesa pubblica, di sostenere, per esempio, il
rinnovo del taglio del cuneo contributivo, perché è il lavoro che questo
Governo intende fare.
Dopodiché
vediamo quale sarà l'evoluzione di quest'anno, perché se già stiamo parlando
della manovra del 2025 e abbiamo approvato qualche giorno fa la manovra del
2024, bisogna sapere quali sono le risorse che si hanno, per esempio io confido
che magari lungo questo anno si possa essere ragionevoli e immaginare una
diminuzione dei tassi di interesse che libererebbe diverse risorse che noi
abbiamo da pagare sul debito italiano.
Quindi
il mio obiettivo è confermare le misure che noi abbiamo portato avanti, se
riesco addirittura migliorarle, non so se ci saranno gli elementi, ma questo lo
valuteremo in corso di anno.
Se la
domanda è:
aumenta
le tasse o taglia la spesa pubblica, tra i due preferisco tagliare la spesa
pubblica e su questo penso che si possa fare anche un lavoro più preciso
rispetto a quello che noi abbiamo fatto con un lavoro più lineare nella manovra
di bilancio di quest'anno, che il tempo di questo anno fornisce l'occasione per
fare.
Alberto
Ferrarese (Askanews):
Buongiorno
Presidente. La domanda è molto semplice, si candiderà alle europee e, sempre
sulle europee, nel caso si profilasse - come pare dalle proiezioni attuali -
una nuova maggioranza come quella attuale, una maggioranza cosiddetta Ursula, è
pronta a sostenerla o resterà all'opposizione in Europa?
Presidente
Meloni:
Buongiorno a lei. Allora guardi, sul tema
della candidatura alle europee è una decisione che non ho ancora preso. Come
lei sa io sono persona per la quale niente conta di più che sapere di avere il
consenso dei cittadini.
Per
cui tutte le volte che io ho avuto l'occasione di misurarmi col consenso dei
cittadini l'ho fatto e anche ora che sono Presidente del Consiglio secondo me
misurarsi con il consenso dei cittadini sarebbe a maggior ragione una cosa
utile e interessante.
Né mi
convince la tesi di chi dice che candidarsi alle europee sarebbe, diciamo così,
una presa in giro dei cittadini perché poi ci si dimette e non si va in Europa.
I
cittadini che ti votano lo sanno che poi non andrai in Europa, ma se vogliono
confermarti il tuo consenso anche questa è democrazia.
Penso
anche che una mia eventuale candidatura potrebbe forse portare anche altri
leader a fare la stessa scelta.
Penso
nell'opposizione e potrebbe anche diventare un test di altissimo livello,
quindi un test democratico molto interessante.
La
ragione per la quale a fronte di queste valutazioni che le ho fatto, che
farebbero propendere per un sì, io non ho ancora deciso, è che devo capire se
una mia eventuale candidatura personale toglierebbe tempo al mio lavoro da
Presidente del Consiglio più del tempo che chiaramente sarà comunque necessario
per fare la campagna elettorale delle elezioni europee che tutti faremo.
E perché penso anche che sia una decisione che
va presa insieme agli altri leader della maggioranza e abbiamo stabilito che
l'avremmo presa insieme.
Per
quello che riguarda il tema della cosiddetta maggioranza Ursula, lei sa che io
lavoro per costruire una maggioranza alternativa - che tra l'altro negli ultimi
mesi ha dimostrato di poter esistere su alcuni dossier: penso ad alcune materie legate alla
transizione verde, penso ad alcune materie legate all'immigrazione - se questo
non fosse possibile all'esito del voto delle elezioni europee, come si sa io
non sono mai stata disponibile a fare un'alleanza parlamentare con la sinistra.
Non
l'ho fatto in Italia e non lo farei in Europa e questa rimane la mia posizione.
Chiaramente
un ragionamento diverso va fatto per il tema della Commissione, perché qui si
fa un po’ di confusione, e del voto parlamentare che conferma la Commissione
perché quando si forma una Commissione europea ogni governo esprime un proprio
Commissario, cioè Ursula von der Leyen fu eletta Presidente della Commissione
nel 2019 con il voto determinante di partiti di governo che poi non hanno mai
fatto parte della sua maggioranza, non so il PIS polacco.
Perché
ovviamente quando si fa un accordo e ciascun governo nomina il suo Commissario
poi i partiti di governo tendono a favorire la nascita di quella Commissione
che è frutto di un accordo ma questa non è una maggioranza e non lo è stata per
esempio nel caso di Ursula von der Leyen.
Quindi
con questa doverosa precisazione, perché è una dinamica solo europea che qui in
Italia spesso genera secondo me confusione nel dibattito che sento e che leggo,
no, non
sarei disposta a fare una maggioranza stabile in Parlamento con la sinistra
come è sempre stato per quello che mi riguarda.
Ilario
Lombardo (La Stampa):
Buongiorno,
mi lasci fare una premessa perché vorrei esprimere anch'io la mia solidarietà
ai colleghi che manifestano contro le restrizioni del diritto di cronaca a
seguito dell'approvazione della “legge bavaglio”.
Vengo
alla domanda e le leggo due dichiarazioni di pochi mesi fa sue dichiarazioni:
“L'interesse
dell'Italia oggi è affrontare il negoziato sulla nuova governance europea con
un approccio a pacchetto. Sarebbe stupido ratificare il MES prima di avere un
quadro definitivo sul nuovo Patto di stabilità”.
Avendo
lei spesso rivendicato di essere una persona coerente, dobbiamo dedurre da
queste dichiarazioni che quindi non siete soddisfatti del Patto di stabilità
europeo.
È una domanda ovviamente.
Visto
che il suo Ministro Giorgetti ha detto che lui avrebbe ratificato invece il MES
anche per rispettare un impegno internazionale, cosa farete o cosa avete
intenzione di fare per evitare il possibile isolamento?
Proporrete
una modifica della riforma in Europa?
Oppure riproporrete il testo in Italia, in
Parlamento, magari tra qualche mese dopo le europee?
Presidente
Meloni:
Grazie
a lei. Dunque, intanto non credo che il tema della mancata ratifica del MES
vada letto in relazione ai risultati del Patto di stabilità.
Poi se
volete magari ne parliamo ma immagino sia altro tema, anche perché è abbastanza
lungo da spiegare.
Io sono soddisfatta, a condizioni date,
dell'accordo che abbiamo fatto sul Patto di stabilità. Chiaramente non è il Patto di
stabilità che avrei voluto io.
Quello che emerge dal dibattito sull’accordo
sul Patto di stabilità è che in Europa non c'è questo superiore interesse
comune.
Ci
sono Nazioni che chiaramente valutano quello che è meglio per il loro interesse
e si cerca una sintesi tra questi interessi.
Ora chiaramente di fronte a questa idea che emerge
sarebbe stato molto difficile per me impormi sul Parlamento in nome di un
superiore interesse.
Quindi, quello che io potevo fare e che ho
fatto, è stato rimettermi all'Aula, cioè il Governo nella ratifica del MES si è
rimesso all'Aula.
E il
MES è stato bocciato.
Cioè la modifica del Trattato è stata
bocciata. Perché? Perché non c'è mai stata una maggioranza in Parlamento per
ratificare la modifica di un trattato che qualcuno ha sottoscritto.
E io
credo che questo sia il problema che bisogna valutare, cioè perché l'ex Governo
Conte ha sottoscritto la modifica di un trattato quando sapeva che non c'era
una maggioranza in Parlamento per approvarlo?
Perché
questo che ha messo l'Italia in una posizione oggettivamente di difficoltà.
E non potrebbe essere diversamente perché si
sa come la pensavano la maggioranza dei partiti di centrodestra e il Movimento
Cinque Stelle ha sempre dichiarato, anzi ha dichiarato di essere stato sempre
contrario e infatti ha votato contro la ratifica della modifica del Trattato.
Quindi
io penso che sia stato un errore sottoscrivere la modifica del Trattato perché
questo ha creato una situazione difficile, sapendo che non c'era una
maggioranza in Parlamento per ratificare la modifica di questo Trattato.
Dopodiché
per quello che riguarda il tema del merito io penso che il MES è uno strumento
che esiste da tempo e che dal mio punto di vista obsoleto.
Penso che nella reazione dei mercati
all'indomani della mancata ratifica si legga una consapevolezza rispetto al
fatto che è uno strumento obsoleto.
Quindi
se noi vogliamo guardare il bicchiere mezzo pieno, diciamo così, forse la
mancata ratifica della modifica del Trattato da parte dell'Italia può diventare
un'occasione per trasformare questo strumento in qualcosa che possa essere più
efficace di quello che è oggi.
E secondo me questa è la strada sulla quale il
Governo deve lavorare.
Io l'ho già detto in passato, come voi sapete,
perché il MES ha delle problematicità al di là della diciamo vecchia
versione/nuova versione è uno strumento che nessuno ha scelto di accedere anche
quando fu fatta la versione light del MES sanitario, perché ha delle
problematicità.
Quindi
in una stagione come questa, nella quale noi, come correttamente la collega
Fusani ricordava, per trovare le risorse dobbiamo fare dei salti mortali, forse
interrogarsi su come spendere meglio delle risorse che teniamo altrimenti ferme
può essere la cosa giusta da fare.
Sul
tema dell'isolamento mi consenta di dire una cosa io penso che noi dovremmo
essere diciamo un po’ più consapevoli del nostro ruolo.
Perché
l'Italia non ha minori diritti di quelli che hanno altre Nazioni.
Le faccio un esempio.
Quando
fu approvata la Costituzione europea Chirac avrebbe potuto farla ratificare dal
Parlamento, scelse di fare un referendum.
La
Costituzione fu bocciata.
Nessuno
ha detto a Chirac a quel tempo che gliel'avrebbero fatta pagare.
Allora
non è che l'Italia ha prerogative diverse da quelle che hanno le altre Nazioni.
Che
delle cose poi non accadano quando vanno nei parlamenti, quando vanno al
cospetto dei cittadini che quei governi rappresentano, è sempre accaduto e
accadrà sempre, ma per nessun altro si dice “la pagherai” e, guardi, nessuno lo
dice in Europa francamente.
Quindi penso che forse dobbiamo anche noi -
questo lo dico rispetto al dibattito - dobbiamo essere un po’ più consapevoli
del ruolo che abbiamo perché non abbiamo minori diritti delle altre Nazioni.
Andrea
Carugati (il Manifesto):
Buongiorno Presidente. La vicenda del prelievo
sulle banche non ha dato, in occasione delle ultime mesi e della manovra, i
risultati sperati in termini di gettito, eppure le borse hanno registrato per
le banche italiane un successo particolare nel 2023 con dati molto superiori a
quelli della media europea e di addirittura quattro volte quello delle banche
statunitensi.
La
domanda che le facciamo è se lei pensa sia opportuno tornare a incidere su
questo tema degli extraprofitti, anche alla luce appunto della necessità di
reperire risorse utili magari per la sanità, per il welfare, quindi tornare sul
tema su cui appunto voi avete registrato anche difficoltà, peraltro interne
anche alla maggioranza.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Sul
tema della tassa agli extraprofitti alle banche che noi abbiamo varato, io ho
sentito dire un po’ di tutto.
La ringrazio per questa domanda che mi
consente di fare un po’ di chiarezza su quello che è stato fatto.
Intanto
mi fa un po’ sorridere che i primi a criticare il primo governo che ha avuto il
coraggio di fare una tassazione sulle banche siano quelli che quando erano al
governo alle banche hanno preferito fare regali miliardari.
Vale
per il Pd con i famosi decreti salva-banche, salvataggi diretti per miliardi di
euro. Vale per il Movimento cinque Stelle che è stato cintura nera di aiuti
alle banche:
ricordo il famoso decreto dei 400 miliardi e
la cosiddetta “potenza di fuoco” con il quale si trasformavano dei prestiti che
le banche avevano già erogato in prestiti garantiti dallo Stato italiano;
potrei citare l'obbligo di POS addirittura tra
gli obiettivi necessari a poter prendere i soldi del PNRR, cioè dove nel resto
del mercato europeo gli altri si devono guadagnare il mercato, da noi le cose
sono andate diversamente, chiaramente con le Commissioni scaricate sulle
imprese e sui commercianti;
potrei citare la vicenda del Superbonus della cessione
dei crediti che, come lei sa, in moltissimi casi sono stati acquistati dalle
banche con uno sconto che viaggiava tra il 20% e il 30%, facendo lievitare i
profitti e gli istituti di credito.
E poi
ci criticano perché noi invece abbiamo avuto il coraggio di mettere la
tassazione sulle banche.
Noi che cosa abbiamo fatto intanto?
Noi
abbiamo applicato una tassa su quello che consideriamo un margine ingiusto.
Lo dico per ribadire che non c'era un intento
punitivo da parte del Governo.
C’è
stata una differenza tra i tassi di interesse che venivano pagati per avere il
prestito, il mutuo, e i tassi di interesse che venivano riconosciuti per i
depositi e i conti correnti.
La
differenza tra quei due tassi è stata appunto oggetto della nostra tassazione
per il 40%.
Ora la
tassa è lì, cioè nessuno ha tolto questa tassa.
C'è
questa tassa sul margine giusto al 40%, quello che è cambiato in sede di
conversione è stata l'aggiunta della possibilità, in alternativa al versamento
immediato di questa tassazione, di accantonare un importo pari ad almeno due
volte e mezzo l'ammontare della tassazione in una riserva non distribuibile.
Che vuol dire riserva non distribuibile?
Vuol
dire che quei soldi non possono andare ai dividendi degli azionisti, non
possono andare ai compensi dei manager.
Dopodiché,
questo che cosa comporta?
Aumentando le riserve aumenterà anche il
credito che viene erogato ai cittadini:
secondo gli accordi di Basilea - questo voi lo
sapete meglio di me - più si rafforza il capitale della banca, più aumenta il
volume possibile degli impieghi.
Quindi, nel caso in cui si optasse per questa
ipotesi - quindi non versamento immediato della tassazione, ma accantonamento
di almeno due volte e mezzo l'importo della tassazione in una riserva non
distribuibile - questo comporterebbe un aumento del credito che viene erogato.
E udite, udite:
questo comporta anche nel medio periodo che
molte di quelle banche alla fine pagheranno più tasse di quelle previste con la
tassazione sugli extraprofitti.
Perché?
Perché
anche qui, una volta che aumentano le riserve e ci sono maggiori impieghi,
maggiori impieghi significa maggiori ricavi, maggiori ricavi significa pagare
più tasse allo Stato.
Per lo
Stato è un'operazione Win-Win.
A noi
non toglie niente.
Da una parte consente un'ipotesi che è pagare
subito la tassa, dall'altra consente un'ipotesi che è il rafforzamento del
capitale e quindi ritorni positivi per i contribuenti, ritorni positivi per lo
Stato.
Questo è quello che abbiamo fatto.
Lo
rivendico e penso che si debba riconoscere il coraggio.
E
anche qui si è detto “la faranno pagare”, praticamente tutti i giorni mi devono
fare pagare qualcosa ma, insomma, finora mi pare che poi le cose sensate
vengano comprese dai cittadini italiani e non solo da loro, grazie.
Massimo
Leoni (Sky Tg 24):
Buongiorno
Presidente, parlo un po’ di noi.
A Sky TG24 siamo da sempre un po’ la casa del
confronto, no?
Come
sa ci candidiamo sempre ad ospitarli.
Poco più di un anno fa il Paese ha fatto una
scelta epocale eleggendo alla Presidenza del Consiglio una donna.
Poco
dopo, sotto il suo mandato, il principale partito di opposizione ha scelto come
Segretario, o Segretaria, una donna.
E intanto in questo anno i temi legati alla
condizione femminile in questo Paese sono cresciuti di importanza, dalla
violenza alla parità sui posti di lavoro.
Ecco, a partire da questi temi e guardando
anche al futuro del Paese, lei si impegnerebbe in un confronto tv con Elly
Schlein.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Guardi,
mi impegnerei, mi impegno volentieri in un confronto tv con Elly Schlein.
Credo
che sia normale, credo che sia giusto che il Presidente del Consiglio dei
Ministri si confronti con il leader dell'opposizione prima della campagna
elettorale delle elezioni europee.
Si figuri, non mi sono mai sottratta e non lo
farò stavolta, anche se chiaramente lei sa come la penso sul tema della
condizione femminile a vari livelli - siamo intervenuti a vari livelli - e non
credo che dovrebbe essere solamente questo l'oggetto del confronto tra due
leader politici.
Indipendentemente
dal fatto che siano donne sono due leader politici e due leader politici si
occupano di tutte le materie.
Adesso non so dirle la sede dove lo facciamo,
intanto non so se Elly Schlein sia disponibile, però non mi faccia prendere
impegni sul dove ecco, ma mi posso sicuramente impegnare sul fatto che -
capisco giustamente che, obiettivamente, ha anche messo diciamo un chip sulla
questione avendolo chiesto - sono disponibile a fare il confronto.
Alberto Ciapparoni (RTL 102.5):
Buongiorno
Presidente.
Le volevo chiedere del Consigliere della Corte
dei Conti Marcello Degni e del suo tweet -
il suo post anzi - ormai noto a tutti e non cancellato e rivendicato in
un'intervista in cui si è rammaricato con il Pd per l'occasione persa sulla
manovra economica perché c'erano le condizioni per l'esercizio provvisorio e
per far schiumare di rabbia la maggioranza.
Oggi
alle 17 il Consiglio di Presidenza della Corte è chiamato a valutare
l'accaduto.
Quindi
le chiedo, come Presidente del Consiglio, che cosa si aspetta, eventualmente
che cosa chiede, oppure se ritiene che il principio della separazione dei
poteri non le consenta alcun tipo di sollecitazione e ancor di più di
intervento.
Presidente
Meloni:
No, ritengo che non spetti a me dire che cosa
dovrebbe accadere però sicuramente spetta anche a me da soggetto politico e da
Presidente del Consiglio fare una valutazione sulla gravità di quello che è
accaduto.
E guardi la voglio fare soprattutto dal punto
di vista politico perché quello che io considero più grave di questa vicenda
non è il fatto in sé, che pure lo sarebbe perché avere un magistrato della
Corte dei conti - una persona che in teoria come incarico ha quello di mettere
in sicurezza i conti della Repubblica- che spera che l'Italia vada in esercizio
provvisorio per ragioni politiche con tutte le conseguenze che questo avrebbe
sui conti della Nazione, oggettivamente un po’ di preoccupazione la mette.
Però io non la considero neanche la cosa più
grave.
La cosa più grave, e lei lo accennava nella domanda, è
la sfrontatezza con la quale questo giudice della Corte dei conti ritiene che
sia normale farlo.
Perché questo ci dice qualcosa.
L'altra cosa che a me ha colpito molto è che
non ci sia stato nessuno, a sinistra, a dire due parole su questo tema:
Paolo
Gentiloni che ha nominato questo a questo giudice? Elly Schlein?
Lo dico anche perché io vengo chiamata in
causa su qualunque cosa ogni giorno.
Nessuno ha ritenuto di dire una parola, sa
perché, temo?
Perché se chi ha nominato questo giudice
dicesse che è sbagliato quando si svolge e si ricopre un incarico super partes
non svolgerlo da militante politico, darebbe un segnale molto diverso da quello
che ha voluto dare in questi anni, che invece era l'esatto contrario:
immaginare che le persone di nomina politica,
anche se nominate in incarichi super partes, dovessero comportarsi da militanti
politici.
È
questo che mi fa paura: che si consideri normale.
Perché
questa è la mentalità che ha devastato le istituzioni della Repubblica ed è una
mentalità che io combatto, questo sì.
Non è
nel mio interesse sostituire un sistema di potere fatto di militanti in ruoli
che dovrebbero garantire tutti con un altrettanto distinto e contrapposto
sistema di potere fatto di militanti di un altro partito che utilizzano i ruoli
per fare altro da quello che devono fare.
Questo
è il tema che secondo me racconta questa vicenda al di là del caso specifico,
al di là di quello che deciderà la riunione di oggi, non sta a me dirlo e non
ho niente da chiedere.
Ho da
chiedere alla sinistra se sia normale che persone nominate dalla sinistra in
incarichi che devono essere super partes si si si comportino da militanti
politici.
Su questo chiaramente mi attendo una risposta
da parte di Elly Schlein, quindi del Segretario del Partito Democratico, e magari anche di chi ha nominato
questa persona.
Paolo
Santa Lucia (Associated Press):
Buongiorno
Presidente.
Nell'anno
passato in Italia sono arrivate 150.000 persone attraverso la rotta
mediterranea e un numero non ben calcolato attraverso quella balcanica.
Il suo
Governo è riuscito a portare a casa un patto immigrazione e asilo con dei punti
sicuramente interessanti e vantaggiosi per l'Italia, però rimane in piedi il
meccanismo di Dublino e alcuni dei vantaggi della solidarietà che dovrebbe
ricevere economicamente l'Italia sono vincolati a riprendere le persone che
hanno fatto il loro primo ingresso in Italia, cosa che non accade da circa un
anno perché l'Italia ha bloccato questi rientri.
Quindi, prima di tutto come valuta questo
fatto che l'Italia dovrà comunque riprendere questi movimenti secondari e se
questo cambia le politiche del Governo rispetto all'accoglienza?
E
legato a questo il cosiddetto Piano Mattei, del quale non vediamo ancora i
contenuti - non c'è un business plan della Cassa depositi e prestiti -, e
ugualmente anche il Fondo clima, che doveva essere legato a degli investimenti
nei Paesi africani, anche per quello non ci sono dettagli.
Se magari può illustrare accordi con alcuni
Paesi che non siano quelli legati alla catena dell'approvvigionamento
energetico che erano stati già stipulati precedentemente.
Sul
Piano Mattei, da quello che ho potuto leggere, c'è solamente una struttura
chiamiamola di missione in ciò che è stato deliberato dal suo Governo, però non
ci sono dettagli su cosa contiene questo piano Mattei di investimenti
infrastrutturali che non siano quelli meramente di approvvigionamento
energetico, in pratica accordi per prendere gas o altre risorse energetiche; se
ci sono proprio dei piani di sviluppo più concreti con alcuni Paesi africani.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Io
considero le regole del nuovo patto di migrazione e asilo migliori delle
precedenti, come lei sa. È la ragione per la quale l'ho sostenuto pur non
essendo una mia priorità perché è vero che c'è il tema del riprendere i
dublinanti - chiamiamolo così -, ma c'è soprattutto un meccanismo serio che
impegna anche gli altri Paesi a fare un lavoro di redistribuzione.
Nel
senso che a un certo punto i nostri hotspot erano pieni, abbiamo bloccato la
possibilità di riprendere persone che avevano passato il confine, dall'altra
parte, come lei sa, altri Paesi hanno bloccato qualsiasi possibilità di
redistribuire chi arriva in Italia, perché l'Italia è la porta d'Europa.
E
quindi c'è un meccanismo sicuramente che per noi è più di garanzia sul
combinato disposto tra queste due questioni.
Però guardi io insisto.
Io ho sostenuto il patto immigrazione asilo,
le regole sono migliori, non è la soluzione.
Noi
non risolveremo mai questo problema se pensiamo di affrontarlo solamente su
come gestire i migranti una volta che arrivano in Europa.
Non
troveremo mai una soluzione che mette tutti d'accordo, come è normale che sia,
e noi citiamo sempre alcuni Paesi, ma segnalo che quasi tutti sono molto
rigidi, tant'è che è stato abbastanza facile per me, devo dire, nell'ultimo
anno costruire una priorità diversa.
E qual
è quella priorità diversa?
Io l'ho detto credo in una mia prima riunione
del Consiglio europeo: se noi pensiamo che possiamo risolvere il problema
parlando di come si distribuiscono, non ne usciamo mai.
C'è
solo un modo per risolvere il problema per tutti che è lavorare a monte, ed è
tutto il lavoro, che lei cita, che riguarda anche il tema del Piano Mattei.
Chiaramente
non è un lavoro che l'Italia può fare da sola.
Torniamo
al G7: un altro focus fondamentale della Presidenza italiana del G7 sarà
l'Africa. Questo è un lavoro sul quale l'Europa, intanto l'Europa, ma credo
tutto il G7, prevalentemente l'Europa, deve tornare a concentrare la sua
attenzione.
Noi
non ci stiamo rendendo conto di che cosa sta accadendo in Africa non ci stiamo
rendendo conto del combinato disposto tra un continente che è potenzialmente
ricchissimo soprattutto di materie prime critiche e una destabilizzazione, in
alcuni casi voluta e costruita, che noi paghiamo più di chiunque altro.
E quindi bisogna tornare a lavorare in maniera
completamente diversa in Africa.
Che
cos'è che non ha funzionato? Piano Mattei.
Non ha
funzionato un certo approccio, come posso dire, paternalistico, quando non
predatorio, anche da parte europea che non aiuta nel dibattito e nella
cooperazione con questi Paesi.
Quello
che secondo me va fatto in Africa non è carità quello che va fatto in Africa è
costruire rapporti di cooperazione seri strategici, da pari a pari, non
predatori.
Quello che va fatto in Africa è difendere il
diritto a non dover emigrare prima del diritto a poter emigrare.
E questo si fa con investimenti e con una
strategia.
Il Piano Mattei costruisce, una prima, perché
ripeto non è che possiamo occuparci da soli di tutto il continente africano, ma
costruisce questa idea.
E il mio obiettivo è che diventi un modello
anche per altri Paesi europei, anche per altri Paesi occidentali, cioè che
possano aggregarsi poi al Piano Mattei tanti altri che oggi lavorano spesso in
ordine sparso e che si possa invece fare un lavoro serio di strategia sul
continente africano.
Il
Piano Mattei è più avanti di quanto di quanto sembri e di quanto io senta dire.
Come
lei sa ci sarà la Conferenza Italia-Africa tra poche settimane e quella sarà,
secondo me, l'occasione nella quale presentare il piano che come lei sa poi
verrà anche confrontato con il Parlamento.
Non è
solamente l'energia il nostro focus, noi ci stiamo concentrando su alcune
materie, c'è sicuramente il tema dell'energia, dello sviluppo energetico.
Io non ho nascosto il fatto che ritenga che,
se noi vogliamo lavorare a una strategia, una strategia che mette insieme
l'interesse africano e l'interesse europeo è per esempio l'energia, perché
l'Africa è potenzialmente un enorme produttore di energia e l'Europa ha un
problema approvvigionamento energetico.
E si
può lavorare con investimenti sulla produzione soprattutto di energia pulita in
Africa che porta lavoro, porta sviluppo e risolve a noi, anche, dei problemi e
lega il nostro interesse reciproco.
Ma noi
lavoriamo anche sulla formazione: il lavoro che per esempio hanno fatto e fanno
in Africa diverse scuole italiane io l'ho trovato straordinario.
Quando
sono stata ad Addis Abeba, credo che una delle emozioni più belle che mi sono,
che ricordo, dell'ultimo anno è la scuola italiana di Addis Abeba e credo che
quello per esempio sia un'altra parte del lavoro molto interessante da fare.
C'è
tutto il tema dell'acqua in Africa sul quale l'Italia può portare un suo valore
aggiunto.
Quindi
stiamo lavorando su diversi filoni, credo che vadano circoscritti.
Credo
che un errore che noi abbiamo fatto delle volte in passato è stato forse
distribuire troppo, anche, le risorse, magari in progetti più piccoli,
piuttosto che concentrarci su alcune grandi priorità.
Il
lavoro che voglio fare io con il Piano Mattei è scegliere quelle priorità,
immaginare dei primi Paesi partner con i quali mettere a terra questi progetti
e utilizzare la stesura di questo primo Piano, di questo primo embrione per poi
moltiplicare queste iniziative anche con l'aiuto degli investitori privati,
anche con l'aiuto - si spera - di altri Paesi che vogliono condividere questa
strategia con noi.
Ci sono i progetti specifici, ma io non li
voglio raccontare prima di presentarlo ufficialmente.
Francesco Maesano (TG1): Buongiorno Presidente.
A
proposito del Ddl Concorrenza, il Presidente della Repubblica ha definito la
proroga delle concessioni per il commercio ambulante eccessiva e
sproporzionata, ritenendo indispensabili a breve – cito - “ulteriori iniziative di Governo e
Parlamento”,
ed è tornato anche sui rilievi analoghi sollevati a proposito della questione dei balneari.
Ecco,
io le volevo chiedere se e come intende intervenire sia sulla questione dei
balneari che su quella degli ambulanti.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Ovviamente
io ho letto con grande attenzione la lettera del Presidente Mattarella.
Per
quello che riguarda il tema del rinnovo delle concessioni ambulanti,
l'intervento sostanzialmente si è reso necessario per uniformare il trattamento
che alcuni beneficiari avevano avuto con il rinnovo di dodici anni che era
stato disposto nel 2020, con quello che invece riguarda altri che, soprattutto
per una difficoltà dei Comuni, non ne avevano potuto beneficiare creando di
fatto una disparità tra Comune e Comune e tra operatore e operatore.
In un
contesto nel quale bisogna anche ricordare che per una serie di ragioni queste
aziende vanno diminuendo e quindi gli spazi disponibili aumentano.
Dopodiché
ovviamente l'appello del Presidente non rimarrà inascoltato.
Credo
che su questo occorrerà valutare nei prossimi giorni con gli altri partiti di
maggioranza e con i Ministri interessati, l'opportunità di ulteriori interventi
chiarificatori sulla materia.
Per
quello che riguarda il tema dei balneari, lei sa che questo Governo ha fatto
per la prima volta un lavoro che, curiosamente, nessuno aveva inteso fare
prima, che è la mappatura delle nostre coste per stabilire se esista o non
esista il principio della scarsità del bene, che è fondamentale per
l'applicazione della direttiva Bolkestein.
Questo
curiosamente, in tutti questi anni dai quali la direttiva Bolkestein è entrata
in vigore, nessuno ha ritenuto di doverlo fare.
Noi su
questo abbiamo proceduto abbastanza velocemente, abbiamo fatto un lavoro serio,
e ora l'obiettivo del Governo, chiaramente, è una norma di riordino che ci
consenta, intanto di mettere ordine alla giungla di interventi e pronunciamenti
che si sono susseguiti, che necessita di un confronto con la Commissione
europea per arrivare al duplice obiettivo, da una parte, di scongiurare la
procedura di infrazione e, dall'altra, di dare certezze agli operatori che è
sempre stata una delle nostre priorità.
Quindi
questo adesso è il lavoro che noi stiamo facendo e che riteniamo sia a questo
punto diventato molto importante perché c'è obiettivamente una difficoltà, sia
per gli operatori che non hanno certezze sul loro futuro, sia anche per gli
enti che devono poi applicare delle norme che non sono chiare, a partire dai
Comuni che hanno oggettivamente delle difficoltà che ci segnalano
continuamente.
Quindi
è oggetto del lavoro delle prossime settimane.
Marco Galluzzo (Corriere della Sera): Buonasera Presidente.
Volevo
chiederle una cosa di cui in Italia si discute da tanti anni ma che poi passano
i Governi e rimane soltanto nelle cifre delle analisi di istituti
internazionali.
Da
pochi giorni l'Italia presiede il G7, per curiosità, pensando alla domanda che
dovevo fare, sono andato a vedere la classifica della “Banca mondiale” sul “Doing
Business”, sulla capacità di attrattività degli investimenti dove noi perdiamo
punti ad ogni legislatura e siamo 58esimi in questo momento, e i Paesi che con
noi fanno parte del G7 purtroppo ci precedono quasi tutti:
la Francia che è la penultima è al 32esimo
posto.
Ora
lei non c'entra niente, mi dirà, come ha spesso detto in queste occasioni,
visto che il governo è da solo un anno, però le volevo chiedere, visto che,
insomma ci sono:
queste classifiche valgono quello che valgono,
sono dei beni, sono molto importanti, però sono anche relative.
Per esempio mi ha colpito un dato:
addirittura
noi siamo al 120esimo posto per la capacità di rispettare e di far attuare i
contratti pubblici e privati, su 190 Paesi.
Ora il centrodestra da vent'anni, da
trent’anni dice che vuole liberalizzare, aprire, togliere laccioli,
sburocratizzare.
C'è un provvedimento del suo Governo di oggi,
già fatto, o del futuro che secondo lei dovrebbe occuparsi di questa materia?
Una piccola postilla: è stato fatto un calcolo
negli ultimi 15 o 18 anni, se l'Italia avesse avuto un livello di investimenti
esteri pari a quello della media europea avrebbe incassato più di 500 miliardi,
quindi 20/30 miliardi l'anno, che per un Paese che non ha i soldi per quasi
nulla non sarebbe stato male.
E
postilla nella postilla: Intel non investe più in Italia, ha scelto di andare
in Polonia, in Francia e in altri due Paesi europei.
Grazie.
Presidente
Meloni: Dunque,
grazie a lei.
È oggettivamente un tema.
È un tema che è figlio di una stratificazione
di problemi che noi abbiamo, che vanno sicuramente dalla questione delle
lungaggini burocratiche fino ai tempi della giustizia.
Lo sappiamo bene, lo sappiamo bene tutti.
L'Italia
è una Nazione nella quale in molti investirebbero molto volentieri se avessero
maggiori certezze.
Io
penso che queste siano due riforme che servono - la riforma della burocrazia e
la riforma della giustizia - e le considero due delle mie priorità per il
prossimo anno, perché guardi vado in giro per il mondo a parlare con tutti e mi
rendo conto di quanta voglia d'Italia ci sia e di quanto rispetto, di quanta
attenzione, di quanto potenziale inespresso noi abbiamo.
Non è facile, perché lei sa anche che in
questa Nazione, quando si cerca di mettere mano ad alcuni ambiti, le
opposizioni - non in questo caso le opposizioni politiche - si fanno sentire,
ma penso che se non ha il coraggio di provarci un Governo che ha la maggioranza
che noi vantiamo, la - si spera- stabilità che in molti ci riconoscono, davvero
insomma ci sarà poca speranza di fare di più.
Dopodiché
ci sono diversi investimenti sui quali stiamo cercando di lavorare - penso al
tema diciamo dei semiconduttori, il caso che lei citava di Intel -, e
sicuramente dare dei segnali, come noi da una parte abbiamo dato un segnale, di
attenzione al mondo della produzione.
Uno dei messaggi che per me era importante
dare in questo anno, e che abbiamo dato, è che non c'è un Governo ostile a chi
produce, anzi.
Lei
ricorderà “non disturbare chi vuole fare” è stato uno dei miei slogan. Io la
penso davvero così.
Penso
ci debba essere uno Stato che controlla, ma non uno Stato oppressivo.
Penso che debba esserci uno Stato che si mette
al fianco di chi produce, di chi investe, di chi crea ricchezza e chi crea
posti di lavoro.
Non è
stato sempre così, perché noi spesso abbiamo dato l'immagine di essere invece
uno Stato forte con i deboli debole con i forti, ostile delle volte a chi
creava ricchezza, chi produceva posti di lavoro.
Non è
la mia mentalità, non è la nostra mentalità.
Credo che questo segnale sia arrivato ed è già
un elemento interessante e penso che alcuni segnali che arrivano anche
dall'economia poi rispondano a questo, pur nella condizione economica difficile
nella quale ci troviamo.
Però
sicuramente c'è di più da fare su questo e penso che, ripeto, burocrazia e
giustizia siano due di quelle cose sulle quali bisogna avere il coraggio - e io
vorrei farlo quest'anno - di mettere le mani, di riformare in maniera seria per
dare il segnale anche qui che l'Italia non vuole più essere fanalino di coda
degli investimenti esteri.
Grazie.
Ariela
Piatelli (Shalom): Buongiorno Presidente.
Il 27
gennaio sarà il Giorno della Memoria.
Oggi
viviamo in Italia, in Europa e in altri paesi una forte recrudescenza di
antisemitismo che si manifesta sotto varie forme, che lei Presidente ha più
volte condannato.
Cosa sta facendo il Governo e quali sono gli
strumenti concreti per combattere questa piaga?
Presidente
Meloni:
Dunque grazie.
Intanto
voglio dirle questo, a me colpisce moltissimo, l'ho già detto ma vale la pena
sempre ribadirlo, che per paradosso le immagini atroci che noi abbiamo visto lo
scorso 7 ottobre degli attacchi di Hamas su civili inermi, abbiano prodotto una
recrudescenza di antisemitismo in tutto l'Occidente.
Credo che questa sia una riflessione che
bisogna fare, perché vuol dire che covava sotto la cenere.
Vuol
dire che forse noi abbiamo sottovalutato soprattutto le forme contemporanee di
antisemitismo, che sono quella, per esempio, mascherata da critica verso
Israele, così
come quella legata a un certo fondamentalismo islamico.
E guardi, lo dico oggi perché l'ho detto ieri.
Quando
fu votata la Commissione Segre, che era una Commissione sull’antisemitismo, noi
abbiamo presentato degli emendamenti chiedendo che si fosse più chiari, per
esempio, chiedendo che si potesse citare il diritto di Israele a esistere e non
furono approvati, per calcolo politico.
Poi
per questo noi ci astenemmo sulla Commissione e fummo noi, diciamo, tacciati di
antisemitismo.
Però poi i nodi vengono al pettine, perciò poi
una riflessione seria sul fatto che delle volte forse si è messa un po' la
testa sotto la sabbia vale la pena di farla.
Dopodiché,
quello che noi abbiamo fatto in questo momento.
Intanto come sa, anzi le dò una notizia,
perché lei sa che il Prefetto Pecoraro si è dimesso per ragioni personali dal
suo incarico che riguarda questa materia e noi siamo in procinto di nominare il”
Generale Angelosanto”, che è già stato capo del ROS, una persona, un Generale
molto autorevole a occuparsi di questa materia.
Sul
piano della sicurezza, come lei sa, abbiamo lavorato da subito col Ministro
Piantedosi, che ringrazio per questo lavoro, soprattutto per mettere in
sicurezza luoghi sensibili, le nostre comunità ebraiche in Italia, ma dopodiché
io penso che bisogna lavorare sul piano culturale.
E forse la cosa più intelligente che possiamo
fare, soprattutto verso le giovani generazioni, è far conoscere cosa sia
Israele.
Quando
ero Ministro della Gioventù, noi abbiamo attivato il Servizio civile in
Israele.
E
secondo me è una di quelle, chiaramente non è questo il momento, però,
iniziative che possono aiutare a conoscere meglio una realtà che secondo me
molto spesso è vittima di stereotipi.
C'è un
racconto che io vedo molto diverso dalla realtà che conosco e forse aiutare più
giovani a conoscere quella realtà può aiutare a combattere anche culturalmente,
che poi è il tema principale, il fenomeno tragico dell'antisemitismo.
Grazie.
Vincenzo Miglietta (il Sole24Ore): Presidente buongiorno e buon anno.
Torno
ai temi economici.
Lei,
ad inizio della conferenza stampa di oggi, ha detto che sul fronte delle
risorse il Governo ha fatto e farà salti mortali nel trovare le risorse.
Allora, introduco il tema delle
privatizzazioni.
Nei documenti programmatici di bilancio,
leggiamo che si prevedono incassi di 20 miliardi nel triennio, lo stesso
Ministro dell'economia Giorgetti in un'intervista al Sole24 Ore recente ha
parlato di un punto percentuale di PIL proprio nel triennio.
Giorgetti
stesso in tema di privatizzazioni non ha escluso quotazioni sul mercato di
Ferrovie, di Rai Way, anche di un'ulteriore tranche di Poste e poi, come lei sa
bene, c'è da finire il dossier di Monte dei Paschi di Siena iniziato a fine
novembre.
Allora
la mia domanda è questa, molto rapida, se nel 2024 ci dobbiamo attendere novità
per queste aziende che ho citato e se sì, se prevedete di fare delle operazioni
a vantaggio dei piccoli risparmiatori che comunque in passato hanno mostrato di
apprezzare decisamente il collocamento di azioni di società pubbliche o se
invece vi rivolgerete come è stato fatto recentemente per MPS agli investitori
istituzionali.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Grazie
a lei, dunque intanto, come lei ha ricordato, nella” Nadef “noi abbiamo
stabilito l'obiettivo di 20 miliardi di privatizzazioni nel triennio 24-26.
Vuol
dire in buona sostanza un punto di PIL in tre anni.
Voglio
però anche dirle che l'impostazione mia e di questo Governo in tema di
privatizzazioni è lontana anni luce da quello che delle volte abbiamo visto
accadere in passato, dove per privatizzazioni si intendevano regali miliardari
a fortunati imprenditori ben inseriti.
Non è questa la mia idea di cosa si intenda
per privatizzazione.
La mia
idea di cosa si intenda per privatizzazione è ridurre la presenza dello Stato
dove la presenza dello Stato non è necessaria e, diciamo, riaffermare la
presenza dello Stato dove invece la presenza dello Stato è necessaria.
E
questo riguarda sicuramente il tema della riduzione delle quote di
partecipazione statale che non riduce controllo pubblico - e questo potrebbe ad
esempio essere il caso di Poste - così come io penso che ci sia la possibilità
di far entrare i privati in quote minoritarie di società che oggi sono
interamente sotto controllo pubblico e questo è il caso di Ferrovie, ma sulla
tempistica soprattutto sulla vicenda di Ferrovie lei sa che questo richiede una
serie di passaggi che non stiamo a spiegare, ma insomma che sono abbastanza
lunghi e quindi la tempistica non dipende ovviamente solamente da me.
Penso
intanto che abbiamo dato un bel segnale con Monte dei Paschi di Siena, perché
noi per anni ne abbiamo parlato come lo Stato italiano che metteva i soldi in
Monte dei Paschi di Siena e bene o male con la nostra iniziativa alcune di
queste risorse sono rientrate, lo considero un bel segnale.
Ma
ripeto, a partire dal nostro programma, l'idea con la quale ci muoviamo è
questa, cioè dove la presenza dello Stato non è necessaria si può
indietreggiare, dove la presenza dello Stato è necessaria lo Stato deve
riaffermare la sua presenza e deve controllare quello che è strategico, ma
questo non vuol dire non aprirsi anche al mercato.
Grazie.
Giuseppe
Marco Trombetta (Giornale Radio):
Buongiorno e buon anno, Primo Ministro.
La
chiamo così perché parlerò di riforme istituzionali e costituzionali: il premierato.
Parte
di commentatori e le opposizioni temono lo sbilanciamento dei poteri tra
Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica, in particolare su
quest'ultima figura. Le chiedo la apposizione.
E poi è collegato, l’autonomia differenziata
sembra viaggiare su un binario parallelo, la riduzione del divario tra Nord e
Sud sarà garantita?
Grazie.
Presidente
Meloni:
Sul tema della riforma costituzionale ho già risposto varie volte a questa
domanda.
Quando io ho presentato la riforma
costituzionale del premierato, la prima cosa che ho detto è che noi avevamo
scelto di non toccare i poteri del Presidente della Repubblica e non li
tocchiamo.
Noi manteniamo intatto il ruolo del Presidente
della Repubblica perché è giusto così, penso io, e perché sappiamo che il
Presidente della Repubblica in Italia è sempre stato una figura di assoluta
garanzia e c'è, a maggior ragione, bisogno di quella figura di assoluta
garanzia quando domani ci dovesse essere un governo che ha un Primo Ministro
eletto direttamente.
Io non vedo in cosa l'elezione diretta del
Capo del governo significhi togliere potere al Capo dello Stato, soprattutto se
noi abbiamo scientificamente scelto di non toccare i poteri del Capo dello
Stato.
Si
crea secondo me un equilibrio che è un buon equilibrio.
Si
rafforza la stabilità dei governi e non vedo, anche qui, come questo potrebbe
ledere le prerogative del Capo dello Stato, perché oggettivamente in Italia
abbiamo avuto un problema di stabilità dei governi.
Abbiamo
anche avuto un problema di governi che non rispondevano a nessuno, cioè che
venivano smontati e rimontati all'interno del Palazzo senza mai chiedere agli
italiani che cosa ne pensassero, che non vuol dire semplicemente la persona,
vuol dire il programma.
In tutta la scorsa legislatura sono stati
realizzati programmi che non erano stati votati da nessuno.
Mi si può dire in che cosa si sostanzia la democrazia
rappresentativa? La democrazia rappresentativa si sostanzia nel voto per te, perché tu
possa fare questo in mia vece. Ma se manca questo passaggio temo che ci sia un
problema, che noi abbiamo visto molte volte. Quindi che cosa stiamo cercando di
fare noi?
Stiamo cercando di fare una riforma che
mantenendo gli equilibri, mantenendo le garanzie, mantenendo il ruolo del Capo
dello Stato, consenta ai governi domani intanto di avere ragionevolmente la
possibilità di durare 5 anni, perché noi abbiamo pagato la nostra instabilità
pesantemente.
L'abbiamo
pagata in tema di credibilità internazionale, l'abbiamo pagata in tema di
visione e strategia, perché non ereditiamo il pesantissimo debito pubblico che
abbiamo per qualche ragione, lo ereditiamo perché chiaramente quando ci sono
dei governi che hanno un orizzonte breve, quei governi tenderanno per esempio a
privilegiare la spesa pubblica rispetto agli investimenti, perché?
Perché i risultati degli investimenti si
vedono più tardi di quelli che offre la spesa pubblica.
Ma ha
significato anche la debolezza della politica rispetto a una serie di altre
cose, per esempio sul tema economico la incapacità di dare risposte sulla
questione degli investimenti, di fare riforme di lungo respiro.
Noi lo
abbiamo pagato.
Ora io
potrei non pormi il problema perché ragionevolmente potrei essere il Presidente
del Consiglio – facendo i debiti scongiuri - più longevo di qualcuno dei miei
predecessori, però che senso ha, quando hai l'opportunità di una maggioranza e
di una stabilità, non porti il problema di che cosa accadrà dopo di te?
Io penso che questa sia una delle riforme più
importanti che si possono regalare all'Italia: consentire ai cittadini di
scegliere da chi farsi governare e consentire a chi viene scelto di farlo per
cinque anni, di mettere in piedi la sua strategia, di tornare dopo cinque anni
al cospetto degli italiani e chiedere agli italiani che cosa pensano di quel
lavoro.
È la
democrazia, è la cosa più bella del mondo, è una riforma della quale vado fiera.
E guardi, anche qui sento dire di tutto - il
referendum, la Meloni come Renzi, me la faranno pagare -, però il referendum
non è su di me, perché io sono il presente di questa Nazione.
Il
referendum è sul futuro di questa Nazione, è quello su cui gli italiani devono
scegliere e votare, è che futuro vogliono per questa Nazione, al netto del
percorso di questo governo e della sottoscritta.
Io ho
fatto quello che i cittadini mi hanno chiesto di fare, perché era scritto nel
nostro programma, lo abbiamo fatto.
Spero
che si possa avere una maggioranza parlamentare, non sono molto ottimista su
questo, sarò franca;
se non
ci dovesse essere lo chiederemo agli italiani, ma non è un referendum sul
Governo, su Giorgia Meloni, è un referendum su che cosa deve accadere dopo.
E penso che sia un'occasione per gli italiani
di risolvere in un colpo solo diversi problemi che hanno avuto.
E poi
mi aveva chiesto l'autonomia, vado velocissima.
L'autonomia
intanto si tiene perfettamente con il premierato, no?
Perché ovviamente un problema di
sbilanciamento che noi abbiamo avuto anche nel rapporto tra Regioni e Stato
Centrale, è che tu oggi ti trovi con Presidenti di Regioni eletti direttamente,
che hanno una forza anche in rapporto a Presidenti del Consiglio, che durano
mediamente molto di meno e che non sono eletti direttamente, secondo me
sbilanciata.
Ripristinare anche questo equilibrio può
essere importante:
credo
che a uno Stato forte debbano corrispondere autonomie forti e il meccanismo si
tiene così. Dopodiché non credo nelle sperequazioni tra Nord e Sud perché, come
lei sa, l'autonomia - al netto del fatto che noi siamo gli unici anche qui che
stanno lavorando sui livelli essenziali delle prestazioni, altro lavoro che
nessuno ha mai fatto e che quella è la base sulla quale poggia chiaramente una
corretta applicazione dell'autonomia-, non si applica nel senso che racconta
qualcuno tolgo “una regione per dare a un'altra regione”;
l'autonomia
stabilisce il principio che se tu gestisci bene le tue competenze e le tue
risorse, lo Stato può valutare, nel rapporto tra Regione e Stato - quindi non
nel rapporto tra una Regione e un'altra -, di darti altre competenze da
gestire.
Questo è il tema dell'autonomia e io penso che
possa essere un volano anche per il Mezzogiorno.
Penso
che possa essere un volano anche per il Mezzogiorno la responsabilizzazione
della classe dirigente, perché poi non mi stupisce che i primi a schierarsi
contro l'autonomia siano quelli che, per esempio, spendono peggio i fondi
europei.
Non mi
stupisce, ma credo che un meccanismo di responsabilizzazione da Nord a Sud
faccia semplicemente andare avanti e meglio quelli che sono più bravi.
Mario Franco Cao (Tg3): Buongiorno e buon anno.
Volevo
dire in premessa che anche noi condividiamo le ragioni della protesta della
Federazione Nazionale della Stampa contro la cosiddetta Legge Bavaglio.
Tornerei
sull'immigrazione.
Secondo
i dati del Viminale, gli sbarchi sono aumentati notevolmente, più del 50%.
Accordi internazionali, quello con l'Albania è
sospeso, quello con la Tunisia di fatto bloccato per ragioni diverse.
Con l'atteggiamento e le norme del Governo si
sono punite le ONG che salvavano, cercano di salvare, le vite nel Mediterraneo
costringendoli a fare giri interminabili per trovare un porto sicuro per tanti
disperati.
Sulla
tragedia di Cutro ancora si attende di conoscere esattamente quello che è
successo, le responsabilità.
Insomma,
si può dire che finché si sta all'opposizione possono anche bastare critiche,
attacchi, proclami, però quando poi si tratta di governare servono risultati.
Quelli
che sono stati tenuti li ritiene soddisfacenti?
Presidente
Meloni:
No,
non li ritengo soddisfacenti, soprattutto non li ritengo soddisfacenti in
rapporto alla mole di lavoro che ho dedicato a questa materia.
Penso
che se non avessi dedicato la mole di lavoro che ho dedicato a questa materia
le cose sarebbero andate molto, molto peggio.
Sono leggermente più soddisfatta dei dati
dell'ultima parte dell'anno che dimostrano, rispetto ai dati iniziali, un calo.
So che
ci si aspettava di più su questo, sono chiaramente pronta ad assumermene le
responsabilità.
Perchè
la materia con la quale ci confrontiamo è una sfida epocale e chiaramente si
possono fare diverse iniziative che ti danno un consenso immediato ma che non
risolvono il problema sulla media distanza.
Quello
che ho cercato e sto cercando di fare io è risolvere il problema
strutturalmente e questo è qualcosa che richiede, intanto un coinvolgimento
internazionale al quale io, come lei sa, mi sono ampiamente dedicata, enorme, e
soluzioni strutturali di lungo periodo (torniamo sul tema del Piano Mattei).
Qual è
il mio obiettivo
? Il
mio obiettivo è sempre lo stesso, lo dico perché lei citava le opposizioni, il
lavoro fatto all'opposizione.
Il mio obiettivo è lavorare in Africa, fermare
le partenze in Africa, valutare la possibilità di aprire gli hot spot in Africa
per stabilire chi abbia diritto e chi non abbia diritto ad arrivare in Europa,
parallelamente lavorare sulla migrazione legale, dove lei sa che noi invece,
anche su questo, abbiamo fatto un lavoro.
Siamo stati il primo Governo che ha attivato il Decreto flussi per tre
anni per capirci, perché?
Perché
un altro elemento fondamentale per combattere la migrazione illegale è dare
segnali sulla migrazione legale, ma per dare segnali sulla migrazione legale è
importante combattere quella illegale.
E’ un
lavoro molto complesso sul quale le cose cominciano a cambiare, non lo dico per
i risultati perché confido di riuscire a fare molto di più ma perché vedo
cambiare l'approccio.
L'Italia
nell'ultimo anno ha portato sulla migrazione un approccio serio, che non ha
avuto problemi a farsi ascoltare.
E
guardi, questo io lo devo dire anche per dirle che mi sono resa conto che le
questioni serie di come affrontare a livello europeo la migrazione, che non
fosse semplicemente io li faccio entrare e tu te li prendi, non l'aveva mai
posta nessuno.
L'Italia
non aveva posto questo problema.
Questa
è stata l'impressione chiarissima che io ho avuto, perché dopo un anno che
siamo al governo penso che lei veda:
il
Piano e i dieci punti di Ursula von der Leyen, le priorità che l'Europa si dà,
che non sono più appunto parliamo di come distribuiamo ma che sono lavoriamo in
Africa, fermiamo le partenze, combattiamo i trafficanti, una politica più
efficace di rimpatri.
Sono le cose che abbiamo sempre detto noi,
quindi probabilmente si sarebbe potuto fare anche prima.
Chiaramente
oggi noi siamo anche in una congiuntura geopolitica di estrema complessità dove
chiaramente anche il tema della migrazione fa parte di un quadro più ampio che
riguarda anche la guerra ibrida, che riguarda la destabilizzazione, delle volte
costruita, e quindi bisogna lavorare a 360 gradi.
Se mi
chiede se sono soddisfatta?
No, se
mi chiede se conto di essere soddisfatta alla fine di questa legislatura è
quello su cui continuo a lavorare.
Lei sa che è una delle mie priorità combattere
i trafficanti, fermare la migrazione illegale e difendere il diritto a non
dover emigrare e lavorare sulla migrazione legale. Questo è quello che io ho
sempre detto che avrei fatto e quello su cui sto lavorando.
Danilo
Paolini (Avvenire):
Buongiorno
Presidente, lei ha parlato finora di burocrazia e di immigrazione programmata,
tuttavia i dati della campagna de “Lo Straniero” confermano, per quanto
riguarda il decreto flussi del 2022 un sistema che non funziona bene:
c’è
molta burocrazia, carenze di personale nelle prefetture, migliaia di persone
col che col visto non riescono a arrivare qui da noi per
lavorare, e solo il 30% di quelli che arrivano per lavorare riescono poi ad
avere un contratto di soggiorno, quindi a mettersi in regola con documenti e
tutto.
Queste
carenze fanno sì che anche la sanatoria del 2020 non si è chiusa, lei
giustamente faceva accenno al decreto triennale flussi, 452mila persone.
Le
chiedo se e come il governo intende mettere mano alla questione.
Presidente
Meloni:
È
oggettivamente un tema, qui c’è una complessità obiettiva, soprattutto in
questa prima fase che noi stiamo incontrando, dove si accavallano da una parte
le richieste del 23, per le quali il termine è scattato nelle ultime settimane
dello scorso anno e che sono già circa 150mila se non vado errata, e si
aggiungeranno quelle de 2024.
È
oggettivamente un carico di lavoro enorme, sul quale forse bisogna anche
valutare un’ipotesi di snellimento delle procedure ma, intanto, quello che
abbiamo fatto e stiamo facendo è rafforzare gli organi che se ne occupano:
il Ministro Tajani ha rafforzato il personale
nei Paesi di origine, stessa cosa sta facendo per quello che riguarda le
prefetture il Ministro Piantedosi.
Chiaramente abbiamo in questo momento una
difficoltà, dopo questa fase iniziale confido che si possa procedere più
spediti.
È forse la mole più ampia di lavoro da fare
negli ultimi anni da questo punto di vista, attesi i numeri, e lei ricorda che
il sistema andava in tilt per molto meno rispetto a quello che stiamo
affrontando noi, ma abbiamo chiaro il problema, stiamo potenziando tutte le
strutture che possiamo potenziare.
Poi
magari bisognerà ragionare di capire se ci sono dei passaggi che sono secondari
o superflui che si possono snellire, questo sicuramente.
Marco Corrado Billeci (Fanpage.it):
Buongiorno Presidente, la notte del 31
dicembre un colpo partito dalla pistola del suo deputato, deputato del suo
partito Emanuele Pozzolo, ha ferito una persona che partecipava a una festa di
Capodanno.
Le chiedo innanzitutto che idea si è fatta di
quella vicenda;
se ha
anche chiesto direttamente conto di questa storia al Pozzolo;
che
provvedimenti intende prendere nei confronti del deputato e legato a questo le
chiedo se anche quello che è emerso in questi giorni sul background, sul
passato di Pozzolo, le posizioni No-Vax, i post, apertamente il sostegno a
Benito Mussolini, definito uno statista, non pongano un tema più generale sulla
selezione della classe dirigente del suo partito.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Dunque,
intanto sulla questione specifica facciamo ordine.
Il
parlamentare Pozzolo dispone di un porto d'armi per difesa personale.
Lo dico rispetto alle polemiche che ho
sentito.
Non so perché abbia un porto d'armi per difesa
personale, ma questo non va chiesto a me, chiaramente perché va chiesto
all'autorità competente che ha rilasciato il porto d'armi.
Il parlamentare Pozzolo girava con un'arma a
Capodanno.
Presumo
che a chi ha un porto d'armi per difesa personale capiti di portare un'arma,
altrimenti non so quale sia la difesa personale, quindi la questione non è
neanche questa.
La
questione secondo me è un'altra, ed è che chiunque detenga un'arma ha il dovere
legale e morale di custodire quell’arma con responsabilità e con serietà.
E io la penso esattamente così.
E per
questo, secondo me c'è un problema con quello che è accaduto.
C'è un
problema con quello che è accaduto perché quello che è successo racconta in
ogni caso - io non conosco la dinamica della vicenda perché ho sentito un po'
di tutto ma poi vedremo quale è la reale dinamica - che qualcuno non è stato
responsabile e chi non è stato responsabile è chi ha quel porto d'armi e chi
detiene quell'arma.
E
questo per me non va bene per un italiano qualsiasi, figuriamoci per un
parlamentare e figuriamoci per un parlamentare di Fratelli d'Italia.
E
questa è la ragione per la quale io ho chiesto che l'On. Pozzolo venga deferito
alla Commissione Garanzia e Probiviri di Fratelli d'Italia indipendentemente
dal lavoro che poi faranno le autorità competenti sulla questione in sé ma sul
piano politico io ho chiesto che venga deferito in Commissione Garanzia e
Probiviri e che nelle more del giudizio della Garanzia e Probiviri venga
sospeso da Fratelli d'Italia che è quello che posso fare sul piano statutario.
Sul
tema della classe dirigente, questa cosa l’ho sentita molto spesso, per carità,
c’è sempre qualcuno che fa degli errori, che fa delle cose sbagliate - continuo
a non seguirvi su questo tema della classe dirigente di Fratelli d'Italia -
però sicuramente io non sono disposta a fare questa vita con la responsabilità
che ho sulle spalle se le persone che sono intorno a me non capiscono quella
responsabilità.
Questo
è un elemento.
Non
accade spesso per la verità, devo dire anche questo, però credo che per la
responsabilità che noi abbiamo, per come io sto cercando di affrontare quella
responsabilità, per come le persone che vi capita di frequentare di più,
insomma, vedo che stanno affrontando quella responsabilità, penso che sia bene
ricordare a tutti che abbiamo quella responsabilità e che non c'è uno che si
assume tutta la responsabilità e qualcun altro invece pensa di non doverlo
fare, no?
Per
cui su questo io intendo essere, come lei vede, rigida.
Grazie.
Paolo Beniamino Cappelleri (Ansa): Buongiorno Presidente.
Mi
fermo su un'altra vicenda di cronaca di questi giorni.
Volevo
sapere che idea si è fatta dell'inchiesta sugli appalti Anas, se ha avuto modo
di parlarne col Vice Premier Salvini e si ritiene che debba riferire in
Parlamento in quanto Ministro competente, come hanno chiesto anche le
opposizioni.
Presidente
Meloni:
Dunque, la ringrazio.
Intanto, visto che siamo fra noi, voglio dirvi
che mi stupisce sempre un po', e un po' mi preoccupa, quando io vedo su uno,
addirittura due o addirittura tre quotidiani virgolettate mie dichiarazioni che
non ho mai fatto.
Approfitto
per dirlo, ok?
Perché
sul caso specifico di “Tommaso Verdini”, per capirci, io ho trovato
virgolettate su tre quotidiani dichiarazioni che non ho mai fatto, neanche in
privato.
Lo
devo, mi scuserete se provo a sottolineare che è una tendenza che mi è capitato
di incontrare alcune volte in questo anno e che un po' mi preoccupa, perché
ovviamente con questo meccanismo si può, volendo, inventare qualsiasi cosa.
E
quindi mi permetto di con garbo sottolinearlo.
Non ho mai fatto sulla vicenda di “Tommaso
Verdini” le dichiarazioni che ho letto; non ho avuto cose particolari da dire,
banalmente perché non ho gli elementi per commentare il fatto in sé. Penso che
sulla questione bisogna attendere il lavoro della Magistratura, gli sviluppi –
se necessario commentare quelli e non i teoremi.
Sicuramente
quello che io ho letto è che le intercettazioni fanno riferimento al precedente
governo, Salvini non viene chiamato in causa e quindi non ritengo che Salvini
debba riferire in aula su questa materia.
Penso che si faccia sempre un errore quando si
tenta di trasformare un fatto come questo in un caso politico, in questo caso
ovviamente contro il governo;
da quello che so io l'unica tessera di partito
che “Tommaso Verdini “ha preso era quella del PD, ma nessuno di noi ha detto
che il PD era coinvolto in questa materia.
E
voglio approfittare per ribadire che chi mi conosce sa bene che cosa io pensi
di questioni che riguardano eventuali affaristi e compagnia cantante.
Non mi
risulta di essere mai stata una persona su questo particolarmente comprensiva.
Mi
pare che con questo governo affaristi, lobbisti e compagnia cantante non stiano
passando un bel momento e non escludo che diversi degli attacchi scomposti che
arrivano alla sottoscritta e a questo governo siano anche figli di questa
dinamica.
Questo
è quello che penso in generale della materia di chi pensa che si possano fare
affari con lo Stato italiano.
Sul
caso specifico di “Tommaso Verdini”, ripeto, non ho gli elementi per giudicare
la vicenda, penso che vada come tutte queste vicende giudicate a valle, se ci
saranno dei risvolti politici, e non a monte.
E non
mi pare che Salvini sia stato chiamato in causa nei documenti che ho letto.
Fausto Carioti (Libero Quotidiano): Buongiorno Presidente.
Buon
anno Presidente.
Io
immagino che lei abbia letto oppure le abbiano riferito dei giudizi che di
recente ha espresso il professor Giuliano Amato nei confronti della destra che
lei rappresenta e del suo Governo in particolare.
Oltre a dire che l'ideologia della destra che
lei rappresenta è l'ideologia dell'ostilità e del rancore, ha anche detto che è
percepita come un nemico alla Corte Costituzionale, il cui compito è garantire
i diritti di carcerati, migranti, omosessuali, e ha fatto l'esempio della
Polonia, perché in Polonia il governo impedì alla Corte Costituzionale la
pubblicazione di una sentenza.
Questo, secondo lui, potrebbe accadere anche
in Italia e sarebbe l'inizio della fine della democrazia.
Io credo che una risposta sia probabilmente
necessaria, sicuramente interessante dal punto di vista giornalistico.
E le
chiedo anche se secondo lei questi giudizi sono compatibili con il
proseguimento di una leale e fattiva collaborazione tra il Governo e il
professor Amato, perché l'autorevolezza del professor Amato di fatto l'ha
confermata lo stesso Governo, assegnandogli l'incarico della cosiddetta
"Commissione algoritmi".
La
ringrazio.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Dunque, sul tema della Commissione, credo si
sappia che non è stata una mia iniziativa e ho tendenzialmente detto quello che
pensavo, ma al di là di questo non ho nulla da dire nello specifico al
professor Amato.
Sono
rimasta francamente basita particolarmente dalle dichiarazioni che riguardano
il tema della Corte Costituzionale.
Allora,
come funziona?
Articolo
135 della Costituzione dice che la Corte Costituzionale è composta da 15
membri, di cui un terzo nomina il Presidente della Repubblica, un terzo nomina
il Parlamento, un terzo di nomina delle magistrature ordinarie e
amministrativa.
Perfetto.
Perché
si pone il problema? Si pone il problema perché entro la fine di quest'anno,
2024, il Parlamento, che oggi ha una maggioranza di centrodestra, deve nominare
quattro giudici della Corte Costituzionale.
E quindi c'è un rischio di deriva autoritaria.
Ora, lei capisce che questa idea della democrazia per
la quale quando vince la sinistra chiaramente deve poter avere tutte le
prerogative che riguardano la maggioranza e quando vince la destra no, oltre a
essere un po' bizzarra, temo che necessiti di alcune modifiche di carattere
costituzionale.
Tipo,
potremmo scrivere all'articolo 135 i giudici della Corte Costituzionale sono
nominati dal PD sentito il parere di alcuni intellettuali e di Giuliano Amato.
Non lo
so, se il PD vuole presentare questa proposta di riforma, lo può fare, io non
la voto, ma in ogni caso non credo che si possa dire che se una maggioranza di
centrodestra esercita le stesse prerogative che la sinistra ha esercitato,
senza guardare in faccia a nessuno, questo possa essere considerato una deriva
autoritaria.
Penso
che sia piuttosto una deriva autoritaria considerare che chi vince le elezioni,
se non è di sinistra, non abbia gli stessi diritti degli altri.
Nella
mia idea di democrazia questo non esiste.
E il mondo nel quale la sinistra ha più
diritti degli altri, per quello che mi riguarda, è finito.
Tutti hanno gli stessi diritti, le stesse
prerogative, sono scritte nei nostri regolamenti, nella nostra Costituzione.
Gli
italiani decidono chi debba esercitare quelle prerogative con le elezioni e
questa è la normale democrazia.
La
democrazia che abbiamo conosciuto per cui la sinistra fa quello che vuole e chi
non è di sinistra invece non ha diritti non è il mio mondo e farò di tutto per
combatterlo.
Augusto Cantelmi (TV 2000): MADDALENA.
Presidente
buongiorno, buon anno. “Violenza, odio e indifferenza oggi segnano i quartieri
e le nostre periferie.
Il
presepe era la periferia di quel tempo con gli esclusi, gli emarginati, i
migranti”, parole pronunciate poco fa da Papa Francesco.
A Caivano il Governo è intervenuto,
obiettivamente con tempestività, in uno stretto rapporto anche con Don
Patriciello;
a Tor
Bella Monaca, un altro sacerdote Don Coluccia, lotta con grande coraggio.
Presidente, ma quante periferie ci sono oggi
in Italia?
Con il piano di modifica del PNRR, in un certo
momento, c'erano stati dei tagli ai Comuni in riferimento proprio alle
periferie, poi c'è stato un ripensamento e proprio in virtù di questo
dietrofront del governo non crede dunque che si debba ripartire proprio da lì,
dalle aree depresse, dalle periferie per una nuova idea di paese?
Grazie.
Presidente
Meloni: Grazie
a lei.
Immagino
che lei sappia già come la penso per il lavoro al quale abbiamo dato vita
quest'anno, particolarmente sulla vicenda di Caivano, ma non solo sulla vicenda
di Caivano.
Noi
veniamo da un tempo nel quale in Italia si sono moltiplicate delle vere e
proprie zone franche, nelle quali lo Stato ha indietreggiato sempre di più, ha
fatto finta di non vedere quello che accadeva, ha deciso che fosse più facile e
agevole voltarsi dall’altra parte rispetto a impattare la questione e questo ha
fatto sì che intanto ci sono stati dei cittadini che in questi anni non avevano
neanche lontanamente i diritti di tutti gli altri e che lo Stato ha perso
terreno e credibilità.
Ora ce
ne sono diverse di queste periferie, ce ne sono moltissime per la verità, io
non posso affrontarle tutte insieme e non è, diciamo, la promessa facile che ho
fatto.
La promessa che ho fatto, che non è facile, è
dimostrare che si può invertire la rotta, se lo Stato ci si mette con
continuità e non con iniziative spot - c’è il caso di cronaca, vai, fai la
conferenza stampa e finisce li.
Io di questo devo ringraziare il Commissario
Ciciliano, il Sottosegretario Mantovano, che è qui presente.
Noi
tutte le settimane facciamo una riunione su Caivano e facciamo il punto di che
cosa sta accadendo.
C'è una presenza costante del governo, perché
questo non è un lavoro che si fa semplicemente mandando più poliziotti, o
mandando più insegnanti, o mandando funzionari che possano far lavorare il
Comune commissariato o i giudici del tribunale competente che non hanno il
personale per poter evadere le cause che hanno.
È un
lavoro che funziona se fai tutto insieme e molto di più.
E guardi
ci sta dando qualche soddisfazione, è presto ancora, però intanto stiamo
procedendo nei tempi e anzi con qualche anticipo - penso alla posa della prima
pietra del” centro Delfinea”, penso al fatto che abbiamo sgomberato 300 metri
cubi di detriti e rifiuti a tempo di record -, e nel fare cose semplici abbiamo
restituito diritti banali che alcuni cittadini non avevano.
A me
ha colpito moltissimo l'immagine di questa mamma che può portare suo figlio al
parco.
Si
figuri lei, no?
Ci sono dei posti dove tu non puoi portare tuo
figlio al parco.
Però
che cosa si può fare con Caivano?
Si
può, da una parte, dimostrare che non era la scelta giusta voltarsi dall'altra
parte pensando che tanto non fosse risolvibile e mentre noi facciamo questo
lavoro su Caivano produciamo le norme che servono per tutte le altre zone che
sono nella stessa situazione.
E
penso che se alla fine di questo percorso riuscissimo a trasformare quelli che
erano territori famosi per la cronaca in modelli, noi possiamo fare una
rivoluzione straordinaria sulle periferie di questa nostra Nazione, ma se non
si comincia da qualche parte o se si prova a fare tutto nello stesso momento
probabilmente non si riesce.
Se si
comincia da qualche parte e ci si mette cuore e anima io penso che i risultati
arrivino e che questo possa essere anche di insegnamento poi a chi dovesse
arrivare domani, dimostrare che si poteva fare.
Ronny
Gasbarri (La Presse): Salve, buongiorno Presidente.
Le
volevo chiedere questo. Da quando lei è arrivata a Palazzo Chigi, spesso le
opposizioni hanno attaccato il servizio pubblico parlando di “Telemeloni”.
Anche
alla luce delle polemiche che ci sono state nel corso di questi mesi, qual è la
sua opinione? Se lei è favorevole, insomma, è contenta del nuovo corso della
RAI e di quello che ha visto. Grazie.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Ma
guardi, intanto la RAI, noi sappiamo che è la principale azienda culturale
italiana, una anche importante, imponente struttura pubblica con molti pregi e
molti difetti.
Rispetto
a quello che sento dire alle opposizioni, non mi pare che venissimo da una
straordinaria età dell’oro nel senso che l'azienda, come sappiamo, ha avuto e
ha i suoi problemi.
Penso
che molto si possa fare soprattutto per migliorare la qualità del servizio
pubblico, penso che molto si possa fare per garantire maggiore pluralismo,
maggiore obiettività, per limitare alcuni sprechi che abbiamo visto nel
passato.
Voglio
dirle che sono soddisfatta del percorso che è stato intrapreso per ridurre il
pesante indebitamento che era stato ereditato dalle gestioni precedenti.
Ho
letto delle critiche in tema di ascolti, però guardi, qui due questioni ci sono
da dire.
La
prima, la RAI fa il servizio pubblico.
Se noi
pensiamo di giudicare il metro della RAI unicamente sul parametro dell'audience
in rapporto alle tv private generaliste, forse perdiamo un po' il senso di che
cosa debba fare la RAI.
Dopodiché
ci sono state una serie di critiche sui palinsesti e compagnia cantante e sulla
nuova gestione perché diminuivano gli ascolti in rapporto ai competitor
privati, però l'ultimo report è di settembre e il palinsesto estivo non l'ha
fatta questa governance, l'ha fatta la precedente. Quindi forse per valutare
l'attuale governance bisogna aspettare un attimino di più.
Sul
tema dei “Telemeloni”, senta, ho letto le accuse di regime. Io sono stata
all'opposizione gran parte della mia vita.
Lei si ricorda che quando Fratelli d'Italia
era l'unico partito di opposizione al Governo Draghi, fu l'unico caso nella
storia della RAI in cui il partito dell'opposizione non era presente nel
Consiglio di Amministrazione della RAI, una cosa che non era mai accaduta prima
e che probabilmente non accadrà mai dopo.
E non
ho sentito parlare di regime, ma quello forse era un caso nel quale, diciamo,
la questione del pluralismo del servizio pubblico, quando l'unico che non è
rappresentato nella tv di Stato è l’unico partito di opposizione, avrebbe
dovuto porlo.
Allora,
io, francamente, le accuse di “Telemeloni “da una sinistra che con mediamente
il 18% dei consensi esprimeva circa il 70% delle posizioni in Rai, sa com'è?
Semmai stiamo cercando di fare il lavoro di
riequilibrio di quello che abbiamo visto in questi anni, così come mi consenta
di dire anche qui, non è che si possono sempre usare due pesi e due misure.
Ho
visto le richieste di dimissioni per un giornalista della RAI che era ad
Atreju, che ha criticato un Segretario di partito.
Io
sono stata criticata da giornalisti della RAI per una vita, ma nessuno ha mai
detto una parola e guardi sono d'accordo che non si dà una parola, perché si
chiama libertà di stampa anche quella.
Però non è che in Italia i giornalisti della
RAI hanno il diritto di criticare la destra e non hanno diritto di criticare
gli altri.
Anche qui si pretende un mondo che non esiste
nella normalità delle cose.
Quindi
stabiliamo una regola di ingaggio per i giornalisti della RAI.
Possono parlare di politica fuori dal lavoro
che fanno o non possono farlo, e decidiamo che operiamo per tutti alla stessa
maniera.
Chiunque
critica un esponente politico giornalista della RAI si deve dimettere?
Se volete ne parliamo.
Allora,
cerchiamo di essere seri.
Noi siamo sul servizio pubblico semmai
riequilibrando un problema che c'è stato negli anni, che io posso dirle da
esponente del Partito di opposizione ho pagato molto, ricordo le edizioni del
Tg in cui la presenza di Fratelli d'Italia al 4% veniva coperta con le edizioni
notturne e nelle edizioni principali la presenza era lo zero virgola qualcosa
per cento e nessuno ha mai posto il problema. Questo è qualcosa che noi non
stiamo facendo, secondo me il servizio pubblico deve fare il servizio pubblico.
Riguarda
anche il pluralismo e la capacità di rappresentare tutti.
Daniela
Preziosi (Domani): TIZIANA.
Buongiorno Presidente, auguri Presidente.
Mi
lasci dire che sono solidale con quello che ha detto il Presidente dell'Ordine
e con la battaglia della Federazione della Stampa.
Non la
chiamerei legge bavaglio, io la chiamerei legge inutile, ma non è questo
l'oggetto.
Volevo
anche dire auguri ai colleghi della “Dire”, la Presidenza del Consiglio ha un
suo ruolo in campo e volevo dire anche questo.
Allora, domanda: proprio per quello che ho detto
sulla legge che non chiamerei bavaglio, parlo di un'inchiesta non fatta sulle
carte dei magistrati, non dei PM e neanche con le intercettazioni e cioè
un'inchiesta del nostro giornale che oggi viene pubblicata e che racconta,
testimoniandola, che il Ministro Salvini ha incontrato il CEO di Huawei.
Ora
niente di strano, il Ministro lo può incontrare se non fosse che il CEO di
Huawei, questo è successo a dicembre, è il cliente di una società del cognato e
del suocero del Ministro.
Allora
le chiedo, secondo lei è opportuno che un Ministro incontri il cliente di un
congiunto stretto? Questa è la domanda.
La giustizia non c'entra, farà il suo corso,
non c'entra niente, è un'altra storia.
Alla
festa di Atreju, che ormai sembra lontanissima, lei ha applaudito convintamente
a Elon Musk, affettuosamente.
Peraltro
lei ha prima introdotto giustamente il tema dell'intelligenza artificiale che
sta molto a cuore al nostro Presidente della Repubblica anche.
Elon
Musk dal vostro palco di partito ha chiesto di fare figli, ma lui è padre anche
attraverso la gestazione per altri tecnica, che lei considera un crimine
universale perché, cito le sue parole Presidente, i bambini non si vendono e
non si comprano.
Cito
le sue parole, io non le direi mai perché ho un'altra sensibilità nei confronti
dei bambini già nati, mi sembra disumano parlare così.
Però
la domanda è:
dunque
lei ha applaudito quello che lei considera un criminale che si è macchiato di
un crimine universale?
La
ringrazio e ancora auguri.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Allora,
partiamo da Elon Musk. Intanto, lei ha applaudito?
Io ho
invitato ad Atreyu, storicamente da circa 25 anni, tutti.
Tutti
quelli che hanno qualcosa da dire.
Li ho
applauditi tutti, per rispetto, come sempre si fa quando si invita qualcuno.
È un
rispetto che non tutti conoscono ma che noi conosciamo molto bene.
Abbiamo
invitato Elon Musk perché Elon Musk è una persona che ha delle cose da dire,
che ha una sua rilevanza nell'attuale contesto, anche sul tema
dell'intelligenza artificiale.
Lei
saprà che Elon Musk, che è una delle persone che hanno sviluppato
l'intelligenza artificiale, ha chiesto una moratoria sull'utilizzo
dell'intelligenza artificiale proprio perché persona che la conosce meglio di
noi e che su questo può aiutarti.
Io sto
parlando con tutti i grandi responsabili - chi oggi detiene la tecnologia, chi
la sta sviluppando - per capire, temo che altrimenti noi non riusciamo a capire
quali sono i possibili sviluppi.
Elon
Musk è uno di questi, è stato uno dei primi, da persona che conosce molto bene
l'intelligenza artificiale, a dire ragazzi attenzione, qui rischia l'impatto di
essere molto più pesante.
Questo
è l'invito a Elon Musk, non cambia la mia posizione sulla maternità surrogata e
non cambia la mia posizione sul fatto che secondo me i bambini non si comprano
e non si vendono e non sono merce da banco che puoi scegliere in un catalogo.
Non penso che questo sia difendere la vita
umana, non penso che pagare una donna povera per mettere al mondo un figlio che
poi vende sia progresso.
L'ho
sempre vista così, continuo a vederla così e sono contenta se il Parlamento
approva la legge che prevede per la maternità surrogata il reato perseguibile
anche se commesso all'estero, questo è il concetto.
Senta,
sull'altra ho oggettivamente una difficoltà.
Se un
ministro può incontrare il cliente di un congiunto stretto: guardi, non lo so,
dipende per cosa.
È oggettivamente una domanda sulla quale io ho
delle difficoltà.
Un cliente di un congiunto stretto lo incontra
per cosa? Che cosa si dicono? Non sono in grado di rispondere a questa domanda,
non ho letto, mi perdonerà, stamattina Il Domani.
Non
sono in grado di rispondere, scusi.
Paola
Zanca (il Fatto Quotidiano):
Buongiorno Presidente, premesso che la
stragrande maggioranza delle informazioni che lei immagino avrà preso dai
giornali sugli affaristi di cui parlava prima, le ha potute leggere perché è
ancora possibile pubblicare con le virgolette le ordinanze, chiudo la
parentesi, le volevo chiedere, lei poco fa ha detto che questi affaristi non
stanno trovando terreno fertile con voi al governo.
Dunque, fermo restando che chiaramente è una
valutazione che potremo condividere eventualmente un po' più a lungo termine,
volevo dirle che comunque voi, dalla riforma del Codice degli Appalti alla
riforma dei poteri di controllo della Corte dei Conti avete certamente
allentato i poteri di controllo degli organismi di vigilanza in virtù della
semplificazione necessaria per l'arrivo dei fondi del PNRR eccetera eccetera.
Ecco, le domando se ritiene col senno di poi
anche alla luce dei fatti di cronaca che stiamo leggendo, che sia stata una
buona idea allentare questi poteri e se non ritiene che questo tipo di segnali,
insieme agli innumerevoli casi che hanno riguardato esponenti del suo governo e con cui è stata
molto meno rigida per usare un suo termine, rispetto al caso del deputato che
ha sparato a Capodanno, cito l'indagine sulla ministra Santanché, l'istruttoria
che è in corso su Vittorio Sgarbi, la vicenda del rinvio a giudizio di
Delmastro, insomma ce ne sono parecchi, se non ritiene che segnali di questo
tipo possano dare l'idea che la questione morale vi interessi poco o che
comunque abbiate una soglia di tolleranza molto alta.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Allora guardi non ritengo che abbiamo
allentato i poteri di controllo, questa è una lettura secondo me distorta, non
condivisibile e quindi non la posso seguire su questo.
Su
quello che riguarda la questione morale, nei casi specifici io come lei sa ho
già risposto caso per caso, non ho cose particolari da dire fino a quando non
avremo eventuali ulteriori elementi. Se invece mi si pone la questione morale,
allora questo mi interessa.
Io non penso che ci sia una questione morale
attualmente.
Penso che ogni caso vada valutato
singolarmente, vada valutato a valle di alcune certezze, non sulla base di
ricostruzioni, teoremi o sulla base di un'indagine, oppure sul tema della
questione morale basta che stabiliamo le regole d'ingaggio.
Perché?
Ok, io vengo raggiunta da una appassionante
lettera di Giuseppe Conte che mi dice che per una questione di opportunità io
devo fare dimettere tutte queste persone che sono state, alcune raggiunte da un
avviso di garanzia, alcune neanche raggiunte da un avviso di garanzia, perché
altrimenti c'è una questione morale.
Non è
una novità. Nel senso che il Movimento 5 Stelle ha sempre chiesto le dimissioni
di tutti quelli che venivano raggiunti da un avviso di garanzia.
Con
una eccezione. Gli esponenti del Movimento 5 Stelle.
Giuseppe Conte è stato indagato, non si è
dimesso.
Virginia
Raggi è stata indagata, Giuseppe Conte l'ha sostenuta con fermento alla
ricandidatura a sindaco.
Beppe
Grillo è stato indagato e Giuseppe Conte gli ha espresso solidarietà.
Due
giorni prima di scrivere la lettera con la quale Giuseppe Conte mi chiede di
dimostrare che non ho una questione morale, facendo dimettere tutti per varie
ragioni, nomina vicepresidente del partito una persona condannata in primo e
secondo grado.
Adesso
lo dico per dire cosa?
Lo dico per dire che io non ho chiesto le
dimissioni di questa gente, quando è accaduto non ho chiesto le dimissioni di
Giuseppe Conte, per capirci.
Perché
credo che queste cose si valutino a valle e non a monte, ma credo anche che non
si possa avere per gli altri un metro diverso da quello che si ha per la
propria classe dirigente, perché questa idea per la quale a sinistra
generalmente intesa si è garantisti con i propri e giustizialisti con gli
altri, garantisti con i propri ai massimi livelli - cucce del cane comprese - e
con gli altri giustizialisti, è un meccanismo che non funziona e che io non ho
applicato in passato.
Quindi
prego alla sinistra di non farmi le lezioni di morale.
Dopodiché,
quando io dovessi avere la certezza che alcune persone non si sono comportate
come si dovevano comportare, non si preoccupi che interverrò, esattamente per
quello che ho detto prima.
Ma non
sono decisioni che si prendono senza avere tutti gli elementi del caso e i casi
vanno valutati uno ad uno e non costituiscono un unico grande calderone in cui
si mette qualsiasi nome sia stato sparato sui giornali perché non è la mia idea
di Stato di diritto.
La mia
idea di Stato di diritto è aspettare il lavoro della magistratura, la mia idea
di Segretario di partito o di Capo del Governo è quella di avere gli elementi
per valutare caso per caso e con la fermezza che su questo tema mi ha sempre
contraddistinto, all'esito delle certezze che ho, prendere le mie decisioni.
Gaia
Tortora (Tg La7):
Buongiorno
Presidente, provo a restare sul piano politico e sulla frase che lei ha detto
poco fa rispetto alla vicenda Anas.
Lei ha detto “penso che gli attacchi a questo
governo siano anche figli di queste dinamiche”, spiegando il passaggio su
Verdini, sugli affaristi, sulla tessera del PD, su tutto quello che insomma ci
ha detto.
A me è
venuto in mente quella famosa frase, che tra l'altro disse a Paolo Celata di
corsa una sera, “non sono ricattabile”.
Quali
sono i suoi rapporti con gli alleati di questo governo?
Perché
ci sono alcune frizioni, diciamo così, alcune divergenze dal super bonus agli
extra profitti, fino ad arrivare anche a questa vicenda dell'ANAS e di Salvini,
che per carità lei ha già risposto da questo punto di vista, però a me è venuta
in mente quella frase: "non sono ricattabile".
Ce la
può spiegare meglio, in riferimento a quello che ha detto anche adesso, cioè
tutta questa situazione degli affaristi mira a destabilizzare il governo?
Presidente
Meloni:
Guardi,
io penso che qualcuno in questa Nazione abbia pensato di poter dare le carte,
in alcuni casi.
Penso che, in uno Stato normale non debbano
esserci questi condizionamenti, non mi chieda di essere più precisa di questo;
l'ho visto accadere, vedo degli attacchi, vedo anche chi pensa che ti
spaventerai se non fai quello che spera o che vuole.
Non
sono una persona che si spaventa facilmente, non sono una persona che si
spaventa facilmente e credo che lo siano capendo in parecchi, preferisco cento
volte andare a casa.
Per
cui quelli che pensano che “o fai quello che diciamo noi o”, sono pochi per la verità,
ma qualcuno, ogni tanto vedo queste dinamiche, hanno a che fare con la persona
sbagliata.
Basta.
Probabilmente è normale che accada
probabilmente accadrà ovunque che ci sono quelli che pensano che possono
indirizzare le scelte, ma con me non si indirizzano le scelte.
Le scelte se io faccio il Presidente del
Consiglio le faccio io, perché io sono quella che si assume la responsabilità.
Per
quello che diceva degli alleati, guardi il mio rapporto con gli alleati è - io
voglio dire la verità, anche rispetto a tante ricostruzioni che leggo - un
ottimo rapporto, quello che si è costruito a livello di Consiglio dei Ministri,
a livello di maggioranza di governo.
Non che non abbiamo, come sempre, i nostri
dibatti interni, le posizioni diverse, lo vedete, lo avete visto, insomma, su
mille cose.
Io
delle volte non condivido quello che dice uno o l'altro, loro delle volte non
condividono quello che dico io.
Il
punto qual è?
Il punto è che quando noi abbiamo un problema
ci mettiamo seduti e ne parliamo finché non l'abbiamo risolto.
E penso, come ho detto in passato, che alla
fine la compattezza di una maggioranza si veda soprattutto dalla velocità con
la quale opera e, obiettivamente, questo è un governo che di cose in un anno ne
ha fatte moltissime.
Abbiamo
approvato le leggi di bilancio in tempi record rispetto a quello che accadeva
in passato - non dico in Parlamento, dico a livello di governo perché ho visto
la faccia che ha fatto-, ma in Consiglio dei ministri - io ho fatto anche
parte, lei ricorderà, di un altro governo - ho visto riunioni che andavano
avanti, non è il nostro caso.
In
ogni caso mi consenta, apro e chiudo la parentesi, di rivendicare che per il
primo anno, dopo molti, la legge del bilancio è stata approvata con voto finale
senza apposizione di voto di fiducia, è un altro segnale anche della
compattezza della maggioranza.
Quindi
sono molto contenta di quello che abbiamo costruito, di quello che stiamo
costruendo e non sono neanche preoccupata delle elezioni europee, che come lei
sa, essendo elezioni proporzionali, tendono a sottolineare le differenze tra i
partiti.
Credo
che quelle differenze siano un valore aggiunto e che dobbiamo chiaramente
saperle privilegiare ciascuno senza che possa diventare una competizione
interna.
Io
penso che si possa anche in queste elezioni europee, per capirci, crescere
tutti quanti, se ci riusciamo e se i cittadini ci daranno il loro consenso, ma
non mi pare che ci sia da parte di alcuno la volontà di sottomettere la tenuta
del governo, il lavoro del governo, la velocità del governo all'interesse di
partito legato al piano elettorale.
Quindi
sono soddisfatta e positiva.
Roberto
Sommella (Milano Finanza):
Presidente,
buongiorno a tutti, buon anno a tutti. Alcuni fortunati italiani, ricchi
italiani, detengono nei paradisi fiscali quasi 200 miliardi di euro, è
l'importo del PNRR.
Sono
paradisi leciti ma non dichiarati al fisco.
Cosa pensate di fare per farli in qualche modo
rientrare o fargli pagare le tasse?
Sarebbe
una cosa molto utile per i conti pubblici.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Guardi,
intanto io penso che sul tema dei cosiddetti paradisi fiscali la materia vada
se non altro affrontata - questo si farà dopo le elezioni europee - a livello
europeo perché c'è una diversità, chiamiamola così, anche all'interno
dell'Unione europea che con il mercato unico, le regole uniche eccetera e tutto
quello che conosciamo secondo me produce obiettivamente un problema dei
privilegi e delle discriminazioni.
Quindi
intanto bisognerebbe lavorare per far sì che le regole all'interno del mercato
europeo su questa materia valessero per tutti e che non ci fossero Nazioni che
lavorano per drenare gettito ad altre Nazioni che fanno parte dell'Unione
europea.
A
livello nazionale chiaramente quello che noi possiamo fare è soprattutto
lavorare per rendere la tassazione in Italia più competitiva e come lei vede abbiamo
tentato di farlo e tentiamo di farlo con varie misure.
Intanto
mi corre l'obbligo di ricordare che noi abbiamo varato la riforma fiscale, che
era una riforma attesa da 50 anni circa.
Voglio
ringraziare anche il MEF, in particolare il Vice Ministro Leo, per un lavoro
estremamente veloce di affermazione, di stesura dei decreti che dipendono da
quella delega, e stiamo cercando di disegnare un fisco diverso, un fisco che
non disegni un rapporto tra uno Stato e un suddito ma il rapporto tra uno Stato
e un cittadino.
Un
fisco che da una parte cerca di venirti incontro, di essere più comprensivo, in
un rapporto che è più equilibrato e dall'altro chiaramente quando nonostante
quella comprensione, nonostante quella disponibilità, dovessi cercare di
fregare lo Stato italiano diventa più efficace.
E io
credo che questo sia, è parte di quel segnale che dicevamo prima sul tema degli
investimenti, credo che questa sia una delle altre grandi cose che andavano
fatte e che noi abbiamo fatto per cercare da una parte riportare investimenti e
da una parte evitare che le risorse vengano drenate da sistemi che sono più
competitivi del nostro.
Ed è
un lavoro sul quale bisogna andare avanti.
Penso
anche che alcuni segnali che abbiamo dato in tema di tassazione in rapporto al
mercato del lavoro siano importanti perché uno dei principi introdotti
all'interno della manovra di bilancio in questo caso, quello del più assumi
meno paghi, cioè più è alta l'incidenza di manodopera che hai in rapporto al
fatturato meno tasse paghi, sia un altro segnale importante di attenzione in
questo caso al mondo produttivo ma anche al mondo produttivo in rapporto al
lavoro che produce sul territorio che è secondo me altra materia che non
dobbiamo mai dimenticare, anche se mi scuserà sono finita fuori tema, ma
fondamentalmente credo che da una parte bisogna uniformare, combattere i
paradisi fiscali a livello europeo, e dall'altra bisogna continuare a rendere
il nostro sistema fiscale più competitivo.
Massimiliano
Scafi (Il Giornale): Buongiorno, buon anno.
Presidente,
lei anni fa, una decina di anni fa, forse di più, aveva preso un partito che
aveva, se non sbaglio, il 4-5%, e l'ha portato ad un traguardo attuale del
26-27%, ovviamente conquistando una larga fascia di elettorato che una volta
era moderato, o comunque centrista, quindi che potrebbe essere anche un
elettorato abbastanza volatile.
Una volta si diceva dì qualcosa di sinistra,
io gli dico perché non fa qualcosa di centro, per cercare di consolidare questo
elettorato?
Ad
esempio potrebbe indicare Mario Draghi come candidato presidente alla
Commissione europea.
Lei
poco fa ha detto che non è disponibile un'alleanza con i socialisti e Super
Mario in questo caso potrebbe essere l’asso giusto per sbloccare la situazione.
La
ringrazio.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei.
Dunque
intanto solo una precisazione. Io ho fondato un partito dieci anni fa che alle
prime elezioni ha preso l'1,95 %, quindi le cose erano anche molto peggio di
come sembrano.
Detto
questo, sul tema di Mario Draghi, anche qui cerchiamo di mettere ordine perché
queste cose piacciono sempre molto alla stampa ma poi sono più complesse di
quanto possano sembrare.
Punto
primo, io credo che sia per chi conosce i metodi di funzionamento della
Commissione europea impossibile parlare oggi di chi potrebbe domani guidare la
Commissione europea. Secondo, Mario Draghi come voi sapete ha dichiarato di non
essere disponibile: questi sono due elementi che dobbiamo considerare.
Dopodiché
lei sa come la penso, io sono stata una fiera oppositrice del governo di Mario
Draghi ma questo non mi ha impedito per esempio di sostenere la sua politica
estera, non ci ha impedito di fare un passaggio di consegne assolutamente
improntato alla lealtà, alla collaborazione, come per la verità sempre dovrebbe
essere ma non è sempre così, insomma anche in segno di persone che chiaramente
si rispettano.
Sono
anche contenta che una persona autorevole come Draghi oggi collabori con la
Commissione particolarmente sul dossier del completamento del mercato unico,
dopodiché però questo è il tema, oggi parlare del totonomi della Presidenza
della Commissione europea così come dei commissari europei secondo me è buono
per fare un po' di dibattito sulla stampa ma non è il tema, il vero tema che
noi dobbiamo porci è che cosa debba fare la prossima Commissione, e lì io posso
dirle perché questo vorrei fosse il dibattito dei prossimi mesi, non il
totonomi che inevitabilmente ci ritroveremo, ma io lavoro per avere domani una
Commissione europea e conseguentemente una politica europea che sappia essere
più forte quando deve farsi sentire negli scenari di crisi, quando deve avere
un ruolo negli scenari di crisi, più efficace, che sia più determinata nel
perseguimento della sua agenda strategica e di una sua sovranità strategica per
non consegnarsi a nuove, pericolose dipendenze, perché dobbiamo imparare dai
nostri errori; che sia più efficace e ferma nel contrasto all'immigrazione
illegale nella difesa dei propri confini esterni; che sia più, come possiamo
dire, capace di armonizzare il tema della transizione della sostenibilità
ambientale con la sostenibilità economica e sociale.
Questi sono gli obiettivi che io mi do e
chiaramente mi do l'obiettivo domani che l'Italia abbia per il tramite della
propria rappresentanza nella Commissione e ritengo che l'Italia abbia le carte
in regola per avere un ruolo importante in linea con il suo con il suo ruolo,
con il suo peso. Questo è un altro degli obiettivi che l'Italia si dà, ma
insomma da questo in poi, secondo me, tutti gli altri ragionamenti che si
stanno facendo sono veramente molto, molto prematuri.
Francesco
Malfetano (Il Messaggero): Buongiorno Presidente.
Senta,
io mi permetto di citarla in un passaggio della conferenza stampa dello scorso
anno. Lei disse:
“Ho sempre pensato che la politica debba
essere un passaggio transitorio nella vita di ciascuno di noi”.
Alla luce di ciò io le chiedo, quindi qual è
la sua posizione sulla richiesta avanzata da governatori e sindaci di
centrosinistra come di centrodestra, di potersi candidare per un terzo mandato
e poi allo stesso modo, al momento la riforma costituzionale per il premierato
non pone limiti al Primo ministro eletto.
Ha
intenzione di porne qualcuno?
Grazie.
Presidente
Meloni:
Allora
sul terzo mandato io personalmente ravviso pro e contro, sono abbastanza laica
su questa materia per quello che riguarda il merito;
per
quello che riguarda il metodo, però, penso che sarebbe corretto che
un'iniziativa di questo tipo venisse presa dal Parlamento più che dal Governo,
sinceramente.
Quindi, se il Parlamento intende prendere
un'iniziativa di questo tipo per il terzo mandato, Sindaci, Presidenti di
Regione, chiaramente io ne parlerò col mio partito di riferimento e prenderemo
la nostra posizione.
Non credo che sarebbe una buona iniziativa
farlo dal Governo.
Per
quello che riguarda la riforma costituzionale, no, non l'ho previsto. Anche
qui, se il Parlamento ritiene che ci debba essere un limite ai mandati - e la
norma sarà per lunghi mesi in approvazione tra Camera e Senato - la Camera e il
Senato faranno tutte le proposte del caso.
Io non
ho ritenuto di farlo e non lo considero necessario ma anche qui non mi
creerebbe un grande problema.
Ileana
Sciarra (AdnKronos) Buongiorno a tutti, buongiorno Presidente.
Lei
qualche settimana fa ha definito il 2023 un anno estremamente tosto, la cito, e
volevo capire qual è stato il momento più difficile da Presidente del Consiglio
di questo anno che si lascia alle spalle e qual è quello più entusiasmante.
La ringrazio.
Presidente
Meloni:
Guardi,
soprattutto il primo, un po' difficile da selezionare. Politicamente parlando,
chiaramente, probabilmente Cutro è stato il momento più difficile, nel senso
che, chiaramente, 94 persone che muoiono e l'accusa che è colpa tua, insomma
sono una cosa che pesa, no?
Anche
se non ritengo che sia colpa mia ovviamente, ma insomma anche solo l'accusa
pesa.
Ma ce
ne sono stati diversi di momenti complessi sicuramente, così come ce ne sono
stati di momenti belli, entusiasmanti, penso che alla fine si possano mettere
insieme tutti i momenti in cui riesco a stare veramente in mezzo alla gente.
Mi è
capitato spesso, perché lì si vive una realtà molto diversa da quella che si
rischia di percepire nel palazzo e per una persona come me che chiaramente ha
bisogno del consenso dei cittadini, che ha bisogno di sapere che quello che sta
facendo lo sta facendo per qualcuno, vedere quel supporto, la gente che ti
incita, che capisce che bene o male - magari non è sempre d'accordo su tutto -
ce la stai mettendo tutta, quello per me è l'unica benzina possibile e quindi
tutte le volte che riesco a stare in mezzo alla gente come voglio starci, ecco
questo mi rende contenta.
Sebastiano
Sterpa (Tg5): Signora Primo Ministro, buongiorno.
L'argomento che vorrei affrontare è la via
della seta.
Dunque,
lei ha consegnato circa un mese fa a Pechino una nota per disdire l'intesa
della seta, no?
Ricordate
che l'Italia è stata l'unico Paese del G7 a siglarla, che è stato un errore,
era una sua promessa elettorale.
Cioè,
però adesso comunque è una Cina che ha guadagnato qualcosa con l'Italia
aumentando le sue esportazioni, invece c'è un'Italia che forse adesso rifiuta
dei benefici che potevano arrivare. Ci spiega che obiettivi ha?
Cioè
lei punta gli interessi commerciali principalmente verso cosa?
Verso India, verso Africa, verso America?
Presidente
Meloni:
Grazie
a lei, scusi, io ho preso la decisione che ho preso sul tema della via della
seta intanto per coerenza con quello che ho sempre pensato sulla adesione
italiana della via della seta, unico Paese del G7 a far parte della via della
seta.
A
maggior ragione sono convinta di questa decisione sulla base dei risultati che
sono arrivati con la via della seta, perché poi si fanno delle scelte, si
valutano i risultati e si decide che cosa fare. Allora, qui qualche dato può
essere utile.
Al
tempo ci si disse che l'ingresso dell'Italia nella “Belt and Road” assicurava
un riequilibrio della bilancia commerciale tra Italia e Cina, cioè la
differenza tra quello che importi e quello che esporti.
Che
cosa dicono i dati?
I dati dicono che il saldo della bilancia
commerciale dal 2019 a oggi è diventato sempre più sfavorevole per l'Italia, è
passato da meno 18 miliardi nel 2019 a meno 41,44 miliardi di ora.
Cioè
l'adesione alla via della seta non è servita a riequilibrare importazioni e
esportazioni, ma è semmai servita a fare entrare in Italia molti più prodotti
cinesi.
Dopodiché
si garantiva la massima reciprocità, ma la massima reciprocità non c’è ancora,
ma questo non lo stabilisco io, lo stabilisce la Commissione europea che dice
che tra Cina e mercato europeo non c'è reciprocità e quindi anche qui temo che
non abbia funzionato e un accenno lo meritano anche gli investimenti diretti.
Gli
investimenti diretti cinesi in Italia sono passati da 657 milioni nel 2019 a
140 nel 2022, chiaramente qui bisogna però tenere conto di norme che sono
intervenute a livello europeo che non hanno aiutato, perché voglio essere
onesta.
In
compenso gli investimenti diretti italiani in Cina sono passati da 672 milioni
nel 2019 a oltre un miliardo e cento.
Secondo
me non era una scelta politicamente giusta, ma è stata anche una scelta
economicamente inefficace.
Questo però non vuol dire che io voglia
rivolgere altrove... Sa che cosa mi ha colpito della via della seta?
Che Nazioni europee che non sono e non hanno
mai aderito alla via della seta abbiano un volume di cooperazione con la Cina
significativamente superiore al nostro.
Che vuol dire?
Vuol dire che, come ho già detto in passato,
non c'è bisogno necessariamente della via della Seta come unico strumento per
avere buone relazioni commerciali con la Cina.
E io
intendo rilanciare le relazioni con la Cina.
Intendo
onorare il mio impegno di recarmi su invito del Presidente Xi Jinping a Pechino
quanto prima, ritengo che si possano fare altri accordi che, anche al di fuori
della via della seta come hanno dimostrato tutti gli altri paesi europei,
possano rafforzare la nostra cooperazione, siamo due Nazioni millenarie,
antichissime, che vantano storicamente buoni rapporti;
non
c'è da parte mia e non c'è stato alcun intento, come posso dire, da parte
nostra punitivo, cioè di prendere le distanze, è una scelta e questa scelta qui
secondo me non ha funzionato e quindi bisogna immaginarne delle altre e credo
che si debbano rilanciare sia i rapporti e gli accordi con la Cina e anche come
già stiamo facendo tra l'altro favorire anche lì investimenti cinesi che
sicuramente in molti campi possono essere interessanti.
Alfonso
Raimo (AFPOS Italia): Buongiorno Presidente.
Volevo
chiederle a proposito delle candidature alle europee, lei ci ha detto che è in
corso una riflessione che la riguarda personalmente, volevo chiederle se
riguarda anche i ministri del suo Governo, se potranno essere candidati e se
questo apre a ipotesi di rimpasto.
E poi
volevo chiederle se tra le ipotesi c'è anche la candidatura del generale “Roberto
Vannacci”. A tal proposito le chiedo se lei crede di vivere in un mondo al
contrario e, se ha letto il libro, cosa ne pensa?
Presidente
Meloni:
Non ho letto il libro, a volte mi trovo in un mondo al contrario.
Non mi
sto occupando delle candidature di Fratelli d'Italia e dei vari partiti, su
questo purtroppo non so dirle niente.
Per
quello che riguarda i ministri, se lei mi paventa l’ipotesi di un rimpasto
direi che abbiamo già risolto il problema per le candidature dei ministri
perché io non auspico, non voglio e non lavoro a un rimpasto dei ministri del
Governo.
Sono
contenta della mia squadra, tutto si può migliorare, chiaramente sono contenta
del clima che c'è, sono contenta del lavoro che stiamo facendo e quindi non
ragiono di rimpasto.
Poi
quello che faranno i vari partiti nelle candidature lo valuteremo caso per caso
e quando i problemi si porranno.
Per
ora noi abbiamo solamente parlato dell'ipotesi di candidare i tre leader dei
partiti della maggioranza, come dicevo questa è una scelta che secondo me è
corretto fare insieme, del resto mi pare molto presto, non ne abbiamo parlato e
non mi sono mai posta il problema, ma sicuramente io non lavoro per ottenere un
rimpasto, se questa poteva essere la domanda nascosta, non lavoro per ottenere
un rimpasto.
Lanfranco
Palazzolo (Radio Radicale)
:
Buongiorno Presidente, Beniamino Zuncheddu è un cittadino che ha passato in
carcere quasi 33 anni e da 3 è in corso il processo di revisione dal quale
emerge la sua estraneità ai fatti. Dall'inizio del 2023 fino ad oggi sono 67 i
detenuti in carcere e non pochi sono ogni anno gli agenti di polizia
penitenziaria che si tolgono la vita.
Gli uni e gli altri sono costretti a vivere in
condizioni indecorose.
Ritiene
che sia necessaria ed urgente una riforma della giustizia e della politica
penitenziaria? Le auguro buon anno Presidente.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei, grazie a lei, davvero buon anno.
Sulla
riforma della giustizia ho già detto.
Sul caso Zuncheddu chiaramente sono rimasta
molto colpita anche io, così come rimango molto colpita dal numero di questi
casi che purtroppo in Italia ancora ci sono.
Stimati,
negli ultimi 30 anni, in media mille casi di cittadini che ogni anno sono
vittime di ingiusta detenzione o di errore giudiziario.
Nel
2022 sono diminuiti a circa la metà, sono comunque numeri molto alti e sono
soprattutto dei numeri molto alti per i casi di ingiusta detenzione che sono
probabilmente anche frutto di un uso, come posso dire, eccessivo della
carcerazione preventiva e qui lo dico per dire che siamo intervenuti come lei
sa, perché il Ddl Nordio che è attualmente all'esame del Senato affrontava con
due precisi interventi normativi il tema dell'applicazione delle misure di
carcerazione preventiva senza depotenziare chiaramente il lavoro della
magistratura e cioè dice che prima di mettere qualcuno in carcere, intanto
questo qualcuno deve essere sentito non solo dal Pubblico ministero ma anche
dal Giudice, che si decide in forma collegiale.
Quindi
abbiamo cercato di rendere la normativa anche più capace di circoscriversi alle
reali necessità.
Sul
piano della politica carceraria in generale anche qui ereditiamo una situazione
che è obiettivamente molto complessa con sovraffollamento cronico di circa il
120%, 60 mila detenuti circa a fronte della capienza delle nostre carceri che
si aggira intorno ai 50 mila.
Chiaramente
io che non credo che questo problema si possa risolvere con le amnistie, gli
indulti o gli svuotacarceri, devo cercare un'altra soluzione.
Quello
che abbiamo fatto finora da una parte è stato per esempio rafforzare il
personale di polizia penitenziaria come mai era stato fatto in passato e
dall'altra ampliare la capienza delle carceri che è il lavoro che stiamo
facendo e che abbiamo fatto e che si fa sia con gli 80 milioni di euro che sono
previsti nel Pnrr per otto nuovi padiglioni detentivi, abbiamo anche sbloccato
166milioni di euro che erano sempre destinate a ampliare l'edilizia carceraria,
la ristrutturazione delle carceri che erano bloccati da diverso tempo.
Chiaramente
anche su questo bisognerà fare di più ma questa è la direzione verso la quale
dobbiamo andare.
Da una
parte garantire che alcuni strumenti vengano utilizzati in modo non eccessivo
anche producendo i problemi che ci siamo detti e dall'altra trovare una
soluzione strutturale al problema delle carceri che secondo me non è quella di
tagliare i reati ma è quella di aumentare le carceri.
Tommaso
Ciriaco (la Repubblica): Buongiorno Presidente.
Senta Presidente, una domanda e una
precisazione se posso, velocemente.
Le chiedo se lei avrebbe qualcosa in contrario
per la nuova Commissione europea a costruire un'alleanza con Marine Le Pen e
l'AfD tedesca.
Le ricordo che l'AfD sono ad esempio quelli
che hanno proposto classi miste per i disabili in Germania.
Non mi
risponda per favore che si deciderà dopo il voto, perché le chiedo se in
termini di principio, diciamo, lei pone un veto in partenza su questo tipo di
alleanza.
Se può
rispondermi in questa maniera. Una precisazione se posso, grazie.
Torno
a quello che ha detto prima, perché in realtà ricalca quello che aveva detto
anche ad Atreju il 17 dicembre scorso, lo leggo velocemente: “noi verremo
contrastati con ogni mezzo, anche in un proprio legittimo temo, ma in fin dei
conti un bene, perché ti spingono a fare meglio”.
Allora
io credo Presidente che di fronte a queste parole così gravi, poi ripetute
anche oggi qui, credo sia doveroso, vista la gravità di queste accuse, dirci a
chi, a cosa si riferisce, soprattutto cosa intende per mezzi non legittimi, se
ci può fare chiarezza su questo punto.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Guardi,
non ritengo di dover dire di più su questo.
Io ritengo semplicemente di dover ribadire che
non sono una persona ricattabile, basta, questo è.
E quindi, le ho detto banalmente che mi è
capitato in questo anno di capire delle volte che alcune persone ritengono di
aver avuto in passato, non lo so, ruoli che io non ritengo di dover dare,
basta.
Non ho
molto da dire su questo, ho da dire che sono una persona che sceglie sempre
liberamente, ma non vuol dire che altri si siano fatti condizionare per
capirci, vuol dire che io non sono una persona che si fa condizionare, ma
questo è un manifesto della mia storia politica e lo ribadisco tutte le volte
che posso.
Non
sono una persona che si fa condizionare, non sono una persona che si fa
ricattare.
Penso che questo debbano fare i politici e
sicuramente è quello che faccio io, non ho altro da dire su questo.
Per
quello che riguarda Le Penne e AfD.
Intanto
lei ha citato la Commissione, torno al tema, in questo caso è il Parlamento e
non la Commissione, perché la Commissione sono governi e non sono partiti di
governo quelli che lei cita, quindi non è un tema che si pone per la
Commissione, è un tema che si pone per il Parlamento; la maggioranza è in
Parlamento. Io normalmente non sono una persona diciamo che ama dare patenti
anche per ragioni di storia, come lei sa sono due partiti che non fanno parte
del partito europeo che io ho l'onore di guidare che è il Partito dei
Conservatori Europei. Credo che, mi pare evidente oggi, con AfD ci siano delle
distanze insormontabili, potremmo citarne diverse, ma insomma partire dal tema
del rapporto con la Russia sul quale invece per esempio il Rassemblement National
di Marine Le Pen secondo me sta facendo un ragionamento interessante.
Dopodiché, ripeto, non sono una persona che
ritiene di dover distribuire patenti e ritengo che una riflessione che va fatta
è che quando ci sono dei partiti in grandi democrazie europee che prendono il
20% il 30% dei consensi, ci si deve anche interrogare su come rispondere a quei
cittadini, ma questo non lo dico per me, lo dico rispetto al tema delle classi
dirigenti europee, perché evidentemente qualcosa non funziona delle risposte
che si stanno dando, questo è sicuramente una valutazione che va fatta.
Dopodiché,
chi più distante, chi meno distante, io lavoro per ora soprattutto con i
conservatori europei e questo mi interessa.
Federica Valenti (Agi): Buongiorno Presidente.
Lei ha
definito anche poco prima la riforma costituzionale la madre di tutte le
riforme, la riforma più importante.
È
chiaro che se verrà approvata dal Parlamento e dal referendum, che a questo
punto sembra inevitabile, sarà necessaria una riforma della legge elettorale.
La mia
domanda è quale modello lei vede più adatto al premierato?
Se
ritiene che ci sia una soglia minima per raggiungere, ottenere il premio di
maggioranza che va fissata e se crede nell'abolizione delle liste bloccate, con
la fedeltà alla posizione sempre espressa da Fratelli d'Italia a favore delle
preferenze.
Presidente
Meloni:
Allora guardi, qual è il modello è una cosa sulla
quale non ho ancora ragionato, qual è in generale il modello di legge
elettorale e tra l'altro anche questa è una materia che probabilmente
spetterebbe in via prioritaria al governo.
Posso
darle le due risposte precise che lei mi ha chiesto.
La
soglia ci deve essere per forza perché lì c'è una materia costituzionale che
lei ricorda arriva già da a vecchie sentenze della Corte Costituzionale che
dice che per il premio in maggioranza ci vuole, e che in generale ci vuole un
range che non sia troppo alto tra i voti che si prendono alle persone che si
che si eleggono.
Come lei sa io sono favorevolissima alle
preferenze e quindi al ritorno delle preferenze, l'abolizione delle liste
bloccate lo sono sempre stato, sono stata l'unica che ha avuto il coraggio, lo
dico anche a quelli che oggi ce lo spiegano, di portare in aula gli emendamenti
in tutte le leggi elettorali puntualmente proposte a sei mesi dal voto per
tentare di apparecchiarsi il risultato delle elezioni, non ha mai funzionato.
Però abbiamo avuto molte leggi elettorali che
sono cambiate e in tutte queste leggi elettorali che sono cambiate o in tutte
quelle in cui ho avuto la possibilità, io ho presentato un emendamento per
introdurre le preferenze che è stato puntualmente bocciato, quindi io sono
assolutamente favorevole.
Poi
bisogna valutare con il Parlamento quali sono gli altri partiti che sono
favorevoli.
Livio Cipriano (Agenzia Nova): Buongiorno Presidente, buon anno.
Nel
Ddl Capitali, che è stato approvato in prima lettura in Senato, c'è una norma
sulla nomina dei consigli di amministrazione che, senza scendere in tecnicismi,
rischia di rendere ingovernabili alcuni gruppi nazionali con la conseguenza di
una fuga di investimenti esteri.
Volevo
sapere se è qualcosa all'attenzione del governo e che cosa ne pensava.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Guardi,
penso che questa lettura che è stata data non sia corretta, cioè la lettura per
la quale si rischia di renderli ingovernabili, si rischia di allontanare gli
investimenti.
Quello
che questa norma fa, di fatto, è limitare il meccanismo attraverso il quale in
alcuni casi si perpetuano all'infinito i CDA a prescindere dai soci.
E
chiaramente al mercato normalmente una previsione che rafforza il peso degli
azionisti piace, per cui io ci vedo una norma che consente forse di avvicinare
investimenti rispetto a qualcosa che non ha sempre funzionato perfettamente in
passato.
Edoardo
Romagnoli (il Tempo):
Presidente, a questo punto buon pomeriggio e
buon anno.
Hanno
suscitato polemiche le parole della senatrice di Fratelli d'Italia, “Lavina
Mennuni,” che ha detto che la prima aspirazione delle ragazze deve essere
diventare madri.
Lei che ne pensa, è d'accordo?
Presidente
Meloni:
Guardi,
allora intanto io ho sentito molto spesso polemiche su frasi di questo genere,
anche su cose che ho detto io in passato, su quello che ha detto il Ministro
Roccella.
Riguardo la dichiarazione alla quale lei fa
riferimento, io non so dirle se la parola aspirazione sia una parola giusta,
però posso dirle una cosa:
io
sono Presidente del Consiglio dei Ministri, sono forse la donna considerata
oggi, che potrebbe temporaneamente essere considerata, tra le più affermate in
Italia;
e se
lei mi chiedesse cosa scegliere tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e
mia figlia Ginevra, io non avrei dubbi, come qualsiasi altra madre.
Perché?
Per
questo dico che non so se aspirazione sia la parola giusta, perché la maternità
ti regala qualcosa che nessun altro traguardo ti può regalare.
Se il concetto è questo lo condivido.
Qual è
il concetto che non condivido?
Il concetto che io non condivido e non
condividerò mai è che un traguardo debba toglierti l'opportunità dell'altro.
Molto
spesso quando io mi sono occupata e quando ci siamo occupati di politiche per
la maternità, per la natalità, ci è stato detto le politiche per la maternità e
per la natalità sono nemiche del lavoro delle donne.
Non lo
accetto.
E il
modello non sono io guardi.
Si
citava prima Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, sette
figli; Roberta Metzola, Presidente del Parlamento Europeo, quattro figli; si
può fare.
Si può
fare.
Allora
qual è il messaggio che secondo me va dato?
Il messaggio che secondo me va dato è non c'è
bisogno di rinunciare una cosa per un'altra, fai tutte le scelte libere della
tua vita, quello che dobbiamo fare noi è costruire gli strumenti per favorirlo,
particolarmente nel rapporto tra maternità e mercato del lavoro.
E non è un caso che io mi sia occupata e noi
ci siamo occupati col governo prevalentemente delle madri lavoratrici, perché
se lei guarda i provvedimenti che noi abbiamo portato avanti, sono concentrati
sulle madri lavoratrici, e in generale sui genitori lavoratori - quindi il tema
dell'estensione del congelato parentale per entrambi i genitori, il tema della
decontribuzione per le mamme lavoratrici che hanno più di due figli, il tema
dell'asilo per il secondo figlio gratis, il fringe benefit che aumenta se sei
un dipendente con figli.
Io voglio smontare il racconto che se tu metti
al mondo un bambino ti precludi altre possibilità, che in parte è un racconto
in parte no, perché è vero che le donne sono ancora troppo discriminate
soprattutto per il fatto di essere potenziali madri o madri e quindi io voglio
lavorare su questo, perché non accetterò mai di piegarmi all'idea che la
maternità debba diventare nemica di altre possibilità che hai nella vita.
Nient'altro
di quello che puoi fare nella vita, secondo me, ti può regalare le emozioni che
ti regala la maternità, ma questo non deve precluderti tutti gli altri
traguardi che puoi portare avanti.
Questo
è quello per cui io lavoro e questo è, diciamo, anche dimostrato da quello che
in questo anno il Governo ha portato avanti.
Teresa
Trillo (Radio 24):
Buongiorno
Presidente.
Io tornerei su un tema economico, di fatto le
pensioni. La manovra quest'anno proroga, solo per quest'anno, quota 103
inasprendo alcuni requisiti.
Per quest'anno cosa intende fare? Intende
riaprire il cantiere sulla riforma delle pensioni anche proprio sulle uscite
anticipate che è un tema mai risolto anche con un confronto con i sindacati?
Grazie.
Presidente
Meloni:
Guardi,
penso che il tema delle pensioni vada affrontato in maniera più organica di
quanto si sia fatto finora anche da noi, è sicuramente una materia che va
affrontata anche con le parti sociali soprattutto se le parti sociali hanno
voglia di fare questo lavoro con noi.
Posso
dirle che io però sono soprattutto fiera del lavoro che abbiamo fatto
particolarmente con l'ultima manovra di bilancio sulle pensioni dei giovani,
perché questo è un tema che tutti hanno fatto finta di non vedere e cioè che
noi stiamo mantenendo il nostro sistema pensionistico scaricandolo su chi non
si può difendere e che c'è un gap di garanzie tra chi oggi va in pensione e chi
ci andrà fra 30anni che è enorme.
Allora
abbiamo cominciato a mettere da questo punto di vista qualche paletto e io lo
considero un elemento molto importante.
Chiaramente
la sostenibilità del sistema pensionistico va costruita con un equilibrio: deve
essere il sistema migliore possibile, ma deve essere uguale per tutti.
E
questo è qualcosa che oggi ha dei problemi che vanno affrontati, per cui io
penso che vada affrontato in maniera organica.
So che
ci sta lavorando il Ministro Calderone, so che su questo c'era anche appunto
una richiesta dei sindacati a confrontarsi, a partecipare, forse un lavoro già
avviato - adesso sto andando a memoria -, e penso che sia cosa estremamente
proficua.
Simone
Canettieri (Il Foglio): Buongiorno Presidente.
Ritorno sul caso Pozzolo, perché secondo molti
osservatori ha rivelato un problema di classe dirigente che lei, in un certo
senso, questa mattina ha strigliato e avvisato.
Il suo partito, visto un po’ da lontano da
noi, sembra avere una struttura di quando era al 4%, quasi a conduzione
familiare, però i sondaggi, come tutti sappiamo, la danno al 30%.
Le chiedo allora se non pensa che in
prospettiva sia necessario allargare il suo partito alla società italiana, alle
forze migliori, anche a tradizioni politiche diverse, lanciando magari dopo le
europee un partito unico, quello dei conservatori?
Era un'idea di cui lei spesso ha parlato e
quindi le chiedo se coltiva questo sogno e magari anche quello di - che non
sarebbe un sogno ma un progetto - archiviare la fiamma dal simbolo dopo le
europee, qualora dovesse nascere questo nuovo partito.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Grazie a lei, guardi, sono tutte cose sulle quali attualmente non ho la testa.
Sicuramente
una mia aspirazione è quella di rappresentare sempre più cittadini.
Mi
pare anche di averlo fatto sia nella classe dirigente di Fratelli d'Italia -
poi torniamo sulla conduzione familiare - sia in tema di candidature di
Fratelli d'Italia e di allargamento della classe dirigente a nuove culture, a
nuovi mondi che non erano propri della destra politica, che si sono avvicinati
al nostro partito, che oggi collaborano portando il loro valore aggiunto.
Questo
è un lavoro che sicuramente bisogna continuare a fare, che bisogna continuare a
fare nel rapporto con la politica, che bisogna continuare a fare nel rapporto
con la società civile, cioè che bisogna continuare a fare.
Per
quello che riguarda il rafforzamento della classe dirigente, ripeto, io non ho
la lettura da lontano che avete voi, ho quella da vicino di una persona che il
partito lo conosce e ho molta più stima della classe dirigente di Fratelli
d'Italia di quanta ne legga molto spesso sui quotidiani, ma anche qui non vuol
dire che non si possa lavorare sempre per continuare tutti a crescere, fare
sempre meglio il proprio lavoro, che in alcuni casi si sbaglia e che quando si
sbaglia si debbano dare i segnali che vanno dati, come accade in tutte le
migliori famiglie.
Però
sul tema della conduzione familiare mi consenta di tornarci, Canettieri, perché
colgo le sfumature e questa accusa continua di familismo che viene rivolta a
Fratelli d'Italia comincia a stufarmi.
Allora
voglio fare questo esempio.
Nell'attuale
legislatura ci sono almeno due coppie di coniugi, entrambi parlamentari.
Sono entrambe a sinistra, una nel PD e una in
sinistra italiana. In sinistra italiana c'è complessivamente un gruppo di otto
persone, quindi queste due persone fanno il 25% del gruppo.
Non ho
mai sentito l'accusa di familismo e sa cosa?
Sarebbe
stato sbagliato farla.
Perché chi conosce la storia politica di chi
milita nella politica sa che la politica spesso diventa tanto altro, sa che
quando tu dedichi alla politica tutto quello che hai accade che le persone che
fanno politica con te diventino anche i tuoi amici, i tuoi fidanzati, tuo
marito e tua moglie, ma questo non vuol dire togliere il valore di un militante
politico.
E come
vale per le persone delle quali sto parlando, alle quali nessuno ha mai posto
il problema del familismo e sicuramente non l'ho mai posto io che ho rispetto
della militanza politica, non accetto che questo lavoro si faccia con me perché
mia sorella è militante da 30 anni di Fratelli d'Italia, lavora a Fratelli
d'Italia.
Ha
ragione, forse la potevo mettere in una partecipata statale come è stato fatto
per diversi altri parenti, ma non me la sono sentita, l'ho messa a lavorare nel
partito mio.
Emilia
Patta (il Sole24Ore): Salve Presidente, auguri di buon anno.
Il 2024 parte con prospettive non proprio
rosee per l'economia perché, da una parte, il nuovo patto di stabilità, che lei
ha definito un buon compromesso, un passo avanti, comunque non consente di
ricorrere all'extra deficit come pure quest'anno è stato fatto e, dall'altra,
le stime del PIL si stanno abbassando - ricordiamo l'ultima di Banca d’Italia
dà il PIL in crescita allo 0,6 quando il governo aveva previsto 1,2.
Quindi margini più stretti.
La mia
domanda è se si sente di escludere una manovra correttiva in corso d'anno.
Presidente
Meloni:
Atteso che chiaramente tutti i Paesi europei hanno fatto previsioni che sono
state in corsa aggiornate per la situazione nella quale ci troviamo e che
comunque io sono contenta del fatto che l'Italia per la prima volta dopo
diversi anni abbia una crescita stimata anche dalla Commissione europea
superiore alla media europea, atteso anche - per precisazione - che il nuovo
Patto parte dal 25 e non dal 24, mi pare molto presto per parlare di manovra
correttiva, nel senso che chiaramente noi manterremo come sempre aperto il
nostro osservatorio, che ci sono delle questioni, dicevamo prima, dei tassi di
interesse che vanno chiaramente valutate e viste, e in corsa si valuterà che
cosa bisogna fare sulla base di quello che accadrà.
Approfitto
anche per dire che comunque io penso dobbiamo cercare di guardare un po’ più le
luci che le ombre e che nella nostra economia con tutte le difficoltà che
stiamo affrontando e che affrontiamo, vediamo qualche segnale incoraggiante,
perché ho detto della crescita, e la borsa italiana, penso qualcuno l'ha
scritto, l'abbiate letto tutti, ha fatto quest'anno la migliore performance del
mondo.
Una volta che siamo i primi, diciamolo,
diciamolo:
in questo siamo stati i primi.
Lo spread, anche qui, che era a 220 punti
base, lo dico per utilizzare un metro che piace spesso più a voi che a me, era
a 220 punti quando questo governo si è insediato, è stabilmente sotto i 160
punti.
I dati sull'occupazione, altra cosa insomma
sulla quale dovremmo essere tutti contenti, con una serie di record
occupazionali, record di numero di occupati, record percentuale di occupazione,
record di contratti stabili, record di aumento di occupazione femminile.
Ci
sono dei segnali incoraggianti, non vuol dire che sono soddisfatta, contenta,
no, vuol dire che incoraggiano a fare ancora meglio ma che anche noi ogni tanto
dobbiamo cercare di gioire delle poche cose che vanno bene.
Giulia
Di Stefano (Tg2): Buon pomeriggio e buon anno.
Quanto
accaduto in Iran ieri potrebbe comportare un'escalation delle tensioni in Medio
Oriente e tra l'altro tra poco ricorrerà anche il secondo anniversario
dall'inizio del conflitto in Ucraina. Volevo chiederle se questo 2024 potrà
essere l'anno dell'inizio di un percorso di pace e quali saranno le strategie
italiane su questo.
Grazie.
Presidente
Meloni:
Guardi,
la definizione della tempistica su un percorso di pace chiaramente non
dipendono da me. Io posso dirle come secondo me si costruisce la pace in questi
scenari e in parte l'ho già detto per quello che riguarda l'Ucraina,
differentemente da quello che sostiene chi dice che non dovremmo mandare armi
all'Ucraina perché così si produce un'escalation del conflitto, io credo che
sia l'esatto contrario.
L'unica
possibilità che in Ucraina c'è di arrivare a un qualsiasi tavolo, a una
qualsiasi soluzione diplomatica, a un qualsiasi tavolo di trattativa e
mantenere equilibrio tra le forze in campo e se noi avessimo fatto quello che
ci era stato proposto da chi dice che non dobbiamo sostenere l'Ucraina noi non
avremmo avuto nessuna pace, avremmo avuto un'invasione, quindi una guerra più
vicina a casa nostra.
Questa
è la realtà dei fatti e questo è quello che noi lavoriamo per fare.
Per
quello che riguarda il tema del Medio Oriente, noi abbiamo lavorato dall'inizio
per evitare un'escalation di questo conflitto, perché l'escalation di questa
crisi potrebbe avere conseguenze che io considero inimmaginabili.
Lo
abbiamo fatto, come lei sa, intanto mantenendo una posizione molto equilibrata.
La
posizione italiana è forse stata una delle posizioni riconosciute come
maggiormente equilibrate.
Lo abbiamo fatto da una parte ovviamente
condannando gli attacchi terroristici di Hamas difendendo e sostenendo il
diritto di Israele a esistere e a difendersi.
Approfitto però anche per fare un nuovo
appello a Israele a preservare l'incolumità della popolazione civile.
Lo
abbiamo fatto e lo facciamo occupandoci di quella popolazione civile con una
serie di iniziative umanitarie che condividiamo particolarmente con i paesi
arabi, credo che sia un altro segnale molto importante.
Noi
abbiamo lì la nave Vulcano che è una nave ospedale sulla quale lavorano anche
medici qatarini.
Quando
io sono stato alla COP28, Emirati Arabi Uniti, ho portato con me un'equipe di
medici pediatrici del Gaslini, del Bambino Gesù, che andavano a lavorare per
curare prevalentemente bambini civili che erano stati presi da casa anche
grazie al lavoro dei nostri militari, che sono diverse le iniziative che
portiamo avanti in questo senso, credo che il dialogo con i Paesi arabi in
questo momento sia fondamentale.
È la ragione per la quale io sono stata e lo
rivendico l'unica leader di una Nazione del G7 ad essere presente alla
Conferenza del Cairo a livello di leader, credo che questo sia fondamentale.
Così
come credo che sia fondamentale lavorare da ora per una soluzione strutturale
per il problema palestinese.
Io credo che questo sia nell'interesse di
tutti, credo che sarebbe un errore dire prima distruggiamo Hamas e poi ne
parliamo, perché uno degli strumenti più efficaci per svelare il bluff di
Hamas, che non ha alcun interesse per la causa palestinese, è lavorare
seriamente sulla soluzione strutturale del problema palestinese e questo è
quello che io sto portando chiaramente nei vari organismi multilaterali dei
quali faccio parte.
Credo
che su questo, per esempio, l'Unione europea possa giocare un ruolo sicuramente
rilevante e forse dovrebbe giocarlo in maniera più coesa.
Maria
Elisa Saltarelli (Prima pagina Tv): Buon pomeriggio Presidente, le faccio gli auguri di
buon anno, faccio gli auguri a tutti i colleghi presenti.
Allora
la mia domanda è questa:
abbiamo
parlato oggi in maniera un po' di striscio di immigrazione illegale e
immigrazione legale, vorrei una sua considerazione su un fenomeno che è
conseguente all'immigrazione, che è quello del processo di islamizzazione che sta
avvenendo in alcuni territori, in alcune aree della nostra Nazione.
Avrà sentito parlare della cittadina di
Monfalcone, 30.000 abitanti, provincia di Gorizia. Da tempo il sindaco lamenta
una situazione di forte tensione perché oltre il 34% della popolazione è di
fede musulmana.
Questo ovviamente sta generando una difficoltà
di coabitazione ed è la prova che forse non è sempre facile questa convivenza.
Queste
sono le parole del sindaco: se entro dieci anni non mettiamo un freno, non
facciamo degli interventi, mettiamo a dura prova la nostra cultura, la nostra
identità.
Ora da lei che è un Capo di governo di una
coalizione che ha una forte anima identitaria, vorrei sapere:
è necessario secondo lei iniziare a monitorare
il fenomeno, ad attenzionarlo maggiormente? La ringrazio.
Presidente
Meloni:
Ma
guardi, io dedico attenzione a questo fenomeno da diverso tempo, come
probabilmente lei sa, nel senso che il tema non è legato al fatto che ci siano
persone che provengono da un'altra cultura, che vivono da noi;
il tema è che sul piano delle norme fa fede la
Nazione nella quale si vive, e cioè che non si può ritenere che se nella sua
cultura - questo lo dico anche rispetto ad alcune cose che ho letto - è
consentito, allora ci sono delle attenuanti rispetto a determinati reati, come
picchiare le donne.
Ecco,
su questo io credo che dobbiamo essere molto fermi.
Chiaramente una scelta libera quella di vivere
qui e tutte le culture portano un valore aggiunto, ma non possono mai essere
predominanti rispetto alle norme dello Stato italiano, che si rispettano se si
sceglie di vivere in Italia.
Questa
credo sia la cosa più banale del mondo ed è quella che lavoriamo per far
rispettare.
Valentino
Russo (GR Rai): Buongiorno Presidente, auguri.
Coraggio
è quasi finita. Lei ha detto che i rapporti con gli alleati di governo sono
buoni, a volte complicati naturalmente.
Ci
sarà la campagna elettorale per l'Europa, dove inevitabilmente andrete ognuno
per conto suo e poi si parlerà di alleanze subito dopo il voto, però non ci
saranno solo le europee perché nel 2024 si vota anche per le amministrative,
saranno amministrative anche piuttosto importanti, sono cinque regioni, città
come Firenze, Bari, insomma, lì riuscirete a trovare una compattezza, un
accordo sulle candidature?
Sappiamo
che ci sono state parecchie discussioni piuttosto accese.
Presidente
Meloni:
Guardi,
noi siamo, come si dice, famosi per discussioni che sono anche accese ma anche
per risolverle poi, no?
Nel senso che tra persone che si parlano
chiaro e che hanno rapporti di reciproca lealtà e fanno un percorso insieme, è
normale che quando non siete d'accordo lo si dica e lo si dica con chiarezza,
sapendo che lo si dice perché si deve risolvere il problema.
E'
quello che confido accadrà anche stavolta, cioè il tavolo delle
amministrazioni, un tavolo per le candidature delle amministrative nel quale
sono rappresentati tutti i partiti che compongono la maggioranza, che sta
cominciando a lavorare, vorremmo questo sì - anzi lo faccio io come appello -
non arrivare troppo a ridosso delle elezioni per selezionare i candidati, parlo
per i candidati diciamo sindaco soprattutto, insomma per i candidati alle
cariche monocratiche, perché chiaramente più si avvicina il voto e più anche il
clima diventa arroventato, ma anche per consentire di fare al meglio la
campagna elettorale.
Però, ripeto, lo abbiamo sempre risolto in
passato, si figuri se non lo risolveremo adesso.
Ci
sono in alcuni casi punti di vista diversi dei territori che esprimono e devono
affrontare queste elezioni, non è una cosa che mi preoccupa francamente, mi
preoccupa che lo facciamo un po' tardi, ecco, se posso dire una cosa, spero che
si riescano a identificare i candidati comuni il prima possibile.
Carlo
Parisi (Giornalisti Italia): Presidente, buongiorno.
Premesso
che libertà di stampa non è licenza di diffamare, ed è dovere del giornalista
tutelare il diritto della persona, soprattutto di chi non ha diritto di tribuna
e spesso incidentalmente si vede sbattere in prima pagina come un mostro.
Io,
come tutti i colleghi, sono qui perché mi indigno davanti alle mancate
risposte, non certo mi privo del diritto di porre le domande.
Alla donna e alla giornalista dico perché
proprio stiamo leggendo, abbiamo letto nelle ultime ore che una delle notizie
più importanti è che” Chiara Ferragni” torna sui social dopo 16 giorni.
In una
società sempre più condizionata dagli influencer e dall'intelligenza
artificiale che rendono labile il confine tra il concreto e l'effimero, quanto
è importante tutelare e incentivare l'informazione professionale di qualità?
Buon anno e buon lavoro.
Presidente
Meloni:
Guardi l'ho detto in apertura, lo considero
oggettivamente molto importante, lo considero utile a tutti, credo che il
combinato disposto tra l'impatto e l'intelligenza artificiale è già quello dei
social media, come siamo abituati a conoscerlo, rischino di avere un impatto,
non so come dirlo senza rischiare di dire una cosa che può essere letta male,
ma insomma di livello, di approfondimento culturale anche rispetto soprattutto
alle giovani generazioni che sono quelle che oggi mi spaventano di più e quindi
tutto quello che da questo punto di vista si può fare sono disposta a farlo.
Credo
sempre però che chiunque abbia delle responsabilità, e noi siamo tutte persone
che qui hanno delle responsabilità, debba ovviamente anche lavorare per
esercitare al meglio quella responsabilità e quindi una parte di lavoro dipende
da ciascuno, un pezzetto di questo lavoro dipende da ciascuno di noi.
Poi le norme e quello che riguarda la
politica, chiaramente soprattutto competenza nostra, la deontologia è
dimostrare che è più utile informarsi su un quotidiano che sui social, perché
c'è un lavoro che viene fatto con estrema serietà, questo dipende insomma più
da voi.
Per
quello che riguarda gli influencer, il ritorno di Chiara Ferragni non ho nulla
da dire, figuriamoci, salvo che mi ha molto la reazione scomposta della
sinistra quando io ad Atreju ho espresso un concetto che credevo la sinistra
dovesse condividere e cioè che ha più valore chi produce un pandoro per dire
che chi lo griffa, che ha più valore chi produce quell'eccellenza italiana che
chi la mette in mostra.
Ho
detto una cosa di una banalità totale che tra l'altro dovrebbe avere qualcosa a
che fare col mondo operaio, insomma, queste cose…
invece loro se la sono presa perché ritenendo
che io attaccassi Chiara Ferragni, pure se chiaramente c'era un riferimento ma
non l'ho citata personalmente, sembrava che sia attaccato Che Guevara e vabbè,
il mondo cambia e il caso è stato creato da questo, ma voglio dire sono
contenta che insomma non c'era da parte mia volontà di attaccare alcuno, ponevo
un fatto diciamo di valore su chi davvero fa l'eccellenza italiana.
Dopodiché c'è invece su tutto il resto
sicuramente una questione che questa vicenda mi ha fatto balzare agli occhi che
è il tema della trasparenza sulla beneficenza.
Forse quello è un tema sul quale bisogna
lavorare perché altrimenti si rischia che magari il caso singolo possa poi
impattare su invece una cosa fondamentale che è la beneficenza. Allora forse
semplicemente capire quali siano oggi le regole di trasparenza ed eventualmente
immaginarne di migliori, questo può essere utile per tutti.
È una
cosa sulla quale sto ragionando.
Signori, grazie a tutti e buon anno ancora.
Grazie a tutti e buon anno ancora.
La
sinistra liberale
riuscirà
a salvare sé stessa?
Linkiesta.it - Samuel Moyn – (1- 1 – 2024) –
ci dice:
Dopo
la Guerra fredda, la Storia non è finita. Ma è tempo che i liberal la smettano
di parlare solo del “nemico” e tornino a discutere di libertà e uguaglianza.
Questo
è un articolo del nuovo numero di “Linkiesta Magazine,” con gli articoli di “World
Review” del “New York Times”.
Si può
comprare già adesso, qui sullo store, con spese di spedizione incluse. E dal 17
novembre anche in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di
tutta Italia.
La a
sinistra liberale è sotto assedio.
E non
si tratta solo di un problema del Partito democratico americano, che ancora una
volta si trova davanti alla prospettiva di perdere le elezioni contro Donald
Trump oppure di vincerle ma con una maggioranza risicata.
Anche
nel resto del mondo, infatti, la visione politica della sinistra liberale nel
suo complesso – con il suo impegno a favore di un governo leggero, della
libertà personale e dello Stato di diritto – appare chiaramente in difficoltà.
Non è passato poi molto tempo da quando i
liberal proclamavano la “fine della Storia” dopo la vittoria nella Guerra
fredda.
Ma,
ormai da anni, la sinistra liberale si sente perennemente sull’orlo del
baratro, mentre osserva l’ascesa di una Cina autoritaria e il successo dei
populisti di estrema destra.
E
patisce una sensazione di paralisi e di stagnazione.
Ma
come mai i liberal si trovano così spesso in questa situazione?
Ciò
avviene perché non sono riusciti a lasciarsi davvero alle spalle la Guerra
fredda.
È
stato proprio in quell’epoca che i liberal hanno reinventato la loro ideologia,
che affonda le sue radici nell’Illuminismo e nella Rivoluzione francese.
Ma l’hanno reinventata in peggio.
La sinistra liberale della Guerra fredda era
preoccupata dalla necessità di mantenere il sistema democratico e di gestire le
minacce che avrebbero potuto interromperlo.
E
anche oggi i liberal si preoccupano di queste stesse cose.
Per salvarsi, però, non devono ripetere gli
errori che hanno commesso durante la Guerra fredda e che li hanno portati
all’attuale impasse.
Quello
che devono fare, invece, è riscoprire il potenziale emancipatorio delle idee in
cui credono.
In una
epoca precedente rispetto alla Guerra fredda, il presidente Franklin D.
Roosevelt aveva preteso che la sinistra liberale si rinnovasse per reagire alla
Grande Depressione, sottolineando come le turbolenze economiche stessero alla
base del diffondersi della fascinazione per le tirannie.
La sua
Amministrazione rappresentò il culmine di un secolo in cui la sinistra liberale
aveva promesso di liberare l’umanità da millenni di oppressione, smantellando
le strutture feudali, creando maggiori opportunità di mobilità economica e
sociale (quantomeno per gli uomini) e abbattendo le barriere basate sulla
religione e sulla tradizione (anche se tutte queste conquiste erano inquinate
dal permanere della discriminazione razziale).
Nella sua versione più visionaria, la sinistra
liberale sosteneva che il dovere del governo fosse quello di aiutare le persone
a superare l’oppressione in vista di un futuro migliore.
Tuttavia,
solo pochi anni dopo, nella sinistra liberale dell’epoca della Guerra fredda si
fece strada un rifiuto di quell’ottimismo che si era diffuso nei decenni che
precedettero le crisi della metà del Novecento.
Dopo
aver assistito alla straziante distruzione del breve esperimento democratico
che si era sviluppato in Germania tra le due guerre, i liberal videro
trasformarsi in un nemico temibile anche il comunismo che era stato loro
alleato nella battaglia contro il fascismo.
E reagirono riconcettualizzando la loro
ideologia.
Nel
frattempo, alcuni filosofi, come l’oxfordiano “Isaiah Berlin” avevano
enfatizzato il concetto di libertà individuale, definita come assenza di
interferenze, soprattutto da parte dello Stato.
La convinzione che la libertà fosse garantita
da istituzioni che si prefiggevano il compito di emancipare l’umanità era ormai
tramontata.
E,
invece di impegnarsi a rendere la libertà più credibile per un maggior numero
di persone (ad esempio promettendo loro un futuro luminoso), gli alfieri di
questo liberalismo davano priorità alla lotta contro i nemici mortali che
avrebbero potuto far crollare il sistema.
Si
trattava di un “liberalismo della paura”, come lo definì “Judith Shklar”,
un’altra intellettuale liberale di quell’epoca, che insegnava ad Harvard.
Per certi versi, quel timore era
comprensibile.
I
liberali e i liberal avevano dei nemici.
Alla
fine degli anni Quaranta i comunisti conquistarono il potere in Cina e l’Europa
orientale cadde dietro la Cortina di ferro.
Ma il
riorientamento del liberalismo e della sinistra liberale verso il solo
obiettivo della conservazione della libertà comportava dei rischi.
Accade spesso che chi è ostaggio della paura
esageri la pericolosità dei suoi nemici, reagisca in modo eccessivo alla
minaccia che questi rappresentano e rinunci a fare delle scelte migliori
rispetto a focalizzarsi in modo esclusivo sull’avversario (ne sapeva qualcosa”
Robert Oppenheimer”, che si diede tanto da fare per sconfiggere i nazisti e poi
dovette assistere al diffondersi di una paranoia che guastava quel Paese che
aveva contribuito a salvare).
Durante
la Guerra fredda le uniche preoccupazioni erano la difesa della libertà dalla
minaccia della tirannia e la predisposizione di strumenti con cui combattere il
nemico.
Questo
atteggiamento portò talvolta a perdere negli Stati Uniti un po’ di quella
stessa libertà di cui quelli che si dicevano liberali avrebbero dovuto
preoccuparsi.
E
permise anche lo scatenarsi di violenti regni del terrore all’estero, quando
questi stessi “liberali” decisero di appoggiare personaggi autoritari o
entrarono direttamente in guerra in nome della lotta al comunismo.
Nei
campi di sterminio di questo brutale conflitto globale hanno perso la vita
milioni di persone – molte delle quali per mano dell’America e dei suoi
mandatari, che combattevano in nome della “libertà”.
L’Unione
Sovietica si mise fastidiosamente a fare quel tipo di promesse sulla libertà e
sul progresso che un tempo i liberal pensavano fossero cosa loro.
Dopo
tutto, nel Diciannovesimo secolo erano stati proprio i liberali a rovesciare
aristocratici e re e a promettere che al loro posto si sarebbe sviluppato un
mondo di libertà e di uguaglianza.
Alcuni
liberali come il politico e viaggiatore francese” Alexis de Tocqueville”,
sebbene fossero preoccupati per i possibili eccessi da parte del governo,
immaginavano la democrazia come una forma politica che poteva offrire nuove e
sorprendenti opportunità di uguaglianza fra i cittadini.
E, pur
avendo riposto troppa fiducia nei mercati sia per quanto riguardava la capacità
di questi ultimi di promuovere l’emancipazione sia per quanto riguardava la
loro capacità di promuovere l’uguaglianza, questi liberali si diedero poi da
fare per correggere questo errore:
alcuni
liberali come il filosofo inglese “John Stuart Mill”, infatti, contribuirono a
inventare anche il socialismo.
La
Guerra fredda cambiò tutto.
Non
solo il termine “socialismo” divenne per decenni una parolaccia per i liberali
e per i liberal (almeno prima che il senatore “Bernie Sanders” gli desse nuova
vita).
I
liberali conclusero che le passioni ideologiche che avevano portato milioni di
persone in tutto il mondo verso il comunismo suggerivano che loro avrebbero
dovuto astenersi dal promettere a loro volta l’emancipazione.
«Dobbiamo essere consapevoli dei pericoli che
si nascondono nei nostri desideri più generosi», spiegava “Lionel Trilling,”
professore della Columbia University e intellettuale liberale del periodo della
Guerra fredda.
La
trasformazione del liberalismo e della sinistra liberale durante la Guerra
fredda non sarebbe stata però così importante se nel 1989 i liberal avessero
colto l’opportunità di ripensare il loro credo.
Ma
essi furono annebbiati dal loro trionfo geopolitico e ciò fece sì che
continuassero a ignorare i loro errori, dei quali, nella nostra epoca, vediamo
le conseguenze a lungo termine.
Anzi,
i liberal perseverarono nei loro sbagli.
Dopo
vari decenni di guerre interminabili contro un succedersi di nemici e con
un’economia sempre più “libera” in patria e nel mondo, i liberal americani sono
stati sconvolti dal contraccolpo.
La
Storia non era finita.
E,
infatti, molti dei beneficiari del liberalismo che vivono nelle nuove
democrazie e negli Stati Uniti ora trovano che sia insoddisfacente.
Con la
sorprendente vittoria elettorale di Donald Trump nel 2016 ha preso il via un
grande referendum sul liberalismo.
Libri come il best-seller di “Patrick Deneen” “Why
Liberalism Failed” hanno dato una valutazione netta sul liberalismo nel corso
dell’intera età moderna (che “Deneen! ha ripercorso andando indietro di vari
secoli).
Con
un’autodifesa concitata, i liberal hanno reagito invocando dei concetti
astratti – la “libertà”, la “democrazia” e la “verità” – la cui unica
alternativa sarebbe la tirannia.
E non
hanno prestato attenzione a individuare i propri errori e ciò che sarebbe
necessario fare per poterli correggere.
In entrambi i casi, è mancato il
riconoscimento del fatto che, come tutte le tradizioni, anche quella dei
liberal non è una questione di “prendere o lasciare”.
Il fatto stesso che durante la Guerra fredda i
liberal abbiano trasformato la propria ideologia in modo così radicale
significa che essa può essere trasformata di nuovo:
i liberal possono dare nuova vita alle
promesse espresse della loro filosofia solo riallacciandosi a quelle che ne
furono le spinte originarie.
È
probabile che questo avvenga?
Sotto
lo sguardo del presidente “Joe Biden”, la Cina e l’Europa dell’Est – ovvero gli
stessi luoghi in cui sono avvenuti gli eventi che sconvolsero i liberal durante
la Guerra fredda – hanno sollecitato atteggiamenti da Guerra fredda.
Con “Biden”,
come era avvenuto anche con “Trump”, la retorica di Washington tratta sempre
più la Cina come una minaccia per la nostra civiltà.
E, nel
frattempo l’invasione illegale dell’Ucraina da parte di “Vladimir Putin” ha
reso ancora una volta l’Europa orientale un luogo di lotta tra le forze della
libertà e quelle della repressione.
C’è chi sostiene che la guerra in Ucraina
abbia ricordato ai liberal il loro vero scopo.
Ma, se
si guarda più da vicino la situazione in America, questa affermazione appare
più dubbia.
Trump
è di nuovo il probabile candidato dei Repubblicani alle elezioni presidenziali
del 2024 (se non addirittura il potenziale vincitore di quelle elezioni).
Eppure
i liberal sembrano scommettere il loro successo non tanto su una visione
positiva del futuro dell’America, quanto sulla capacità dei tribunali di
proteggere la nazione.
Anche
se uno dei tanti magistrati che indagano su Trump riuscisse a condannarlo,
questo non salverebbe la sinistra liberale americana.
La
sfida è più profonda:
non
basterà eliminare l’attuale avversario in nome della nostra democrazia, se
quest’ultima non verrà ripensata.
Fin
dalla sua elezione nel 2020,” Biden “è stato sostenuto da alcuni opinionisti –
e dalla sua stessa Amministrazione – come se si trattasse del secondo avvento
di Franklin D. Roosevelt.
Ma
proprio Roosevelt aveva dato quest’avvertimento:
«Troppi
di coloro che cianciano dicendo di essere i salvatori della democrazia sono in
realtà interessati solo a conservare le cose così come sono. Ma la democrazia
dovrebbe preoccuparsi anche delle cose come dovrebbero essere».
Biden,
però, benché si vanti di offrire un ambizioso programma liberal, non sembra
aver interiorizzato questo messaggio.
E
infatti, da parte loro, gli elettori non sembrano essere ancora del tutto
convinti.
Una
sinistra liberale che voglia sopravvivere deve sollecitare l’entusiasmo degli
elettori che vogliono qualcosa in cui credere, come riusciva a fare quando il
suo discorso non ruotava intorno alla paura dei nemici ma intorno alla speranza
in istituzioni che portassero a quelli che Mill chiamava “esperimenti di vita”.
Con questa espressione intendeva dire che le
persone, ovunque nel mondo, dovrebbero avere la possibilità di scegliere
qualcosa di nuovo da provare nel breve tempo della loro esistenza.
Perché
se le loro mani saranno legate – specialmente se questo avviene come
conseguenza di un sistema economico coercitivo e iniquo – queste persone
perderanno ciò che c’è di più importante, ovvero la possibilità di rendere sé
stessi e il mondo più interessanti.
Se può
nascere qualcosa di buono dalla prossima fase della politica americana, a cui
Trump continua a dettare il ritmo, è che questa situazione può offrire ai
liberal un’altra opportunità per provare a reinventarsi.
Ma se
insisteranno invece con un’ideologia stantia da Guerra fredda, come hanno fatto
dopo il 1989 e dopo il 2016, sprecheranno questa possibilità.
Perché solo una sinistra liberale che mantenga
finalmente alcune delle sue promesse riguardo alla libertà e all’uguaglianza
può sperare di sopravvivere e prosperare.
Cosa
sta succedendo esattamente
con
queste elezioni in USA?
Unz.com
- ANDREW ANGLIN – (29 GIUGNO 2024) – ci dice:
Chi è
quel 33%?
Quando
ho assistito al dibattito, ho visto esattamente quello che mi aspettavo di
vedere.
Praticamente
punto per punto, non c'era nulla che sembrasse strano o sorprendente in questo.
L'unica
piacevole sorpresa è che non c'è stato un enorme tira e molla su chi fosse il
migliore per gli ebrei.
Ma per il resto: era tutto esattamente quello
che mi aspettavo.
Ciò
che è scioccante per me è quanto siano scioccati tutti gli altri.
Ad
esempio, nessuno ha prestato attenzione a tutte queste clip di Biden
completamente senile?
Quello
che ho capito è che i media mainstream non hanno mostrato queste clip. Sono in
una bolla in cui vedo quella roba, ma la maggior parte del pubblico era
apparentemente ignara di quanto fosse lontano questo ragazzo.
Ora,
tutti stanno impazzendo.
Basta
osare un'occhiata a questi titoli.
Sono
senza fine. Nessuno difende Biden.
La
maggior parte di loro chiede che venga sostituito.
Sai,
sono scettico sulle teorie del complotto.
Almeno tanto scettico nei confronti delle
teorie del complotto quanto lo sono nei confronti della narrativa dei media
mainstream.
Il
lettore lo sa: io sono uno scettico.
Il
fatto è che di solito c'è qualcosa di ovvio tra la narrativa mainstream e la
narrativa della cospirazione.
Nella
mia esperienza, c'è una spiegazione ovvia, che potrebbe contenere elementi di
cospirazione, ma non richiede un atto di fede o una serie complessa di "e
se".
Non
sono del tutto sicuro di cosa sta succedendo qui in Usa.
Proviamo
ad elencare alcuni fatti sulla situazione:
Questo
dibattito si è tenuto prima del congresso ufficiale di entrambe le parti.
È
probabilmente il primo dibattito in assoluto.
Chiunque
sapesse qualcosa dell'attuale stato cognitivo di Joe Biden avrebbe saputo come
sarebbe andata a finire.
Biden è stato creato per fallire.
(Forse c'erano medici che dicevano che
potevano dargli dei farmaci che lo avrebbero fatto spremere abbastanza da
potersi esibire, ma sembra che avrebbero fatto un giro di prova e visto se
funzionava.)
Il
candidato può essere sostituito al congresso DNC.
E'
possibile.
Donald
Trump non è più il candidato che era nel 2016 e nemmeno nel 2020.
Piace
ancora a tutti noi (perché come si potrebbe non esserlo?), ma non sta spingendo
un'agenda rivoluzionaria come nel 2016.
L'establishment
ebraico ha già visto com'è la presidenza di Donald Trump, e quindi non ha
motivo di temerlo.
(Avrebbe potuto diventare un nazionalismo
completamente Hilux e iniziare a ordinare ai militari e ai suoi sostenitori di
fare cose che lo avrebbero reso un dittatore, e non l'ha fatto.
Non ha
nemmeno costruito un muro o usato i poteri dell'ordine eseguito per fare
davvero qualcosa di significativo o duraturo.)
Trump
ha continuato a parlare da entrambi i lati della bocca su molte domande, tra
cui l'Ucraina, ma ha appoggiato il disegno di legge di Mike Johnson
sull'Ucraina, e i suoi suggerimenti per le scelte del gabinetto sono quanto di
più ZOG si possa immaginare.
Israele
preferisce Donald Trump e, come abbiamo visto dopo il 7 ottobre, Israele ha fondamentalmente
il pieno controllo sul governo degli Stati Uniti.
L'elezione
non è determinata dal numero di voti che un candidato ottiene, ma dato lo stato
di Biden, fare le elezioni e affermare di aver vinto sembrerebbe così ridicolo
che potrebbe rischiare gravi violenze politiche.
Il
popolo “MAGA” potrebbe potenzialmente arrivare a una sorta di tregua con il
popolo palestinese, e l'intero paese potrebbe andare in fiamme, mentre gli
Stati Uniti stanno cercando di combattere una guerra globale su tre fronti.
Quindi,
questo ci lascia con due opzioni di base su ciò che sta succedendo qui in Usa:
I
Democratici hanno fatto fallire Joe di proposito in modo da poterlo sostituire
con qualcun altro.
Gli
ebrei che lavorano al di là e al di sopra del Partito Democratico vogliono
Donald Trump in carica.
Inoltre,
entrambe le cose potrebbero accadere.
A fare
il dibattito prima delle convention è stata un'idea dei democratici, il che
suggerisce che la prima cosa sta accadendo:
i
democratici vogliono che Biden se ne vada, e vogliono che “Gavin Newsom” o “Michelle
Obama” lo sostituiscano.
Il fatto che praticamente tutti i media Usa
chiedono la sostituzione di Biden ne è un'ulteriore prova.
Questa
è una narrazione mediatica organizzata.
Se
fossero solo i media a fare regolarmente scellino, la maggior parte di loro
sosterrebbe che si tratta di una teoria del complotto secondo cui la
performance del dibattito di Biden è stata negativa.
È
ovvio che i media si stanno organizzando per sostituire Biden.
(Ho
assistito alla disgustosa recensione del “Daily Wire” del dibattito, e stavano
usando la narrativa di "Biden non sarà disposto a dimettersi".
Questo
è il livello del bambino.
Nella
vita reale, se il Partito Democratico dicesse a Biden di dimettersi e lui
dicesse "no", o cadrebbe sotto la doccia, avrebbe avuto un infarto o
un ictus, o sarebbe stato improvvisamente colpito da una serie di accuse
penali.
Quello
che Biden e sua moglie vogliono non è un fattore qui, e chiunque te lo dica è
molto stupido o ti confonde di proposito.)
La mia
conclusione, allo stato attuale delle cose, è che probabilmente stanno
accadendo entrambe le cose:
penso
che ci sia una vera lotta di potere tra gli ebrei israeliani e gli ebrei
democratici, e penso che gli ebrei democratici capiscano che Biden non è
fattibile, quindi lo hanno sabotato con il dibattito e ora lo stanno gettando
sotto l'autobus.
Gli
ebrei democratici hanno maggiormente potere degli ebrei israeliani in termini
di ingerenza elettorale e, come abbiamo visto, gli ebrei democratici non
intralceranno effettivamente gli ebrei israeliani (anche se diranno di voler fermare il
genocidio).
Quindi
gli ebrei israeliani potrebbero non fare tutto il possibile per Trump.
Gira
voce che la vedova di Adelson sta offrendo alla campagna di Trump 100 milioni
di dollari se accetterà di dichiarare che tutta la Palestina appartiene agli
ebrei e che anche i palestinesi della Cisgiordania devono essere
"trasferiti".
Non sono sicuro di credere a questa voce.
Ma
sappiamo che gli ebrei israeliani preferirebbero Trump, ma non sappiamo quanto
sarebbero disposti a introdurre tutte le loro tattiche del Mossad per farlo
entrare.
Nel
frattempo, la vittoria di Gavin o Michelle sarebbe almeno fattibile.
La
gente ci crederebbe.
Ovviamente,
in un voto reale, Trump vince a prescindere, ma non sarà un voto reale.
Tutta questa roba del voto per posta è ancora
in vigore negli stati in bilico, il che significa che un vero voto non è
possibile.
Chiunque
parli di una vera elezione dovrebbe essere totalmente respinto e deriso. Le elezioni del 2020 sono state
false, le elezioni del 2022 sono state false e non ci sono mai state
conseguenze.
Fingere
che questo sia reale è stupido.
È
anche stupido fingere che conti davvero se vince Trump o Biden, in termini di
situazione generale nel paese e nel mondo.
Trump
non fermerà la guerra.
Dirà
che lo farà, e poi non lo farà.
Anche
se ci ha provato, sappiamo già dall'ultima volta che i militari disobbediranno
ai suoi ordini.
Forse
farà qualcosa per rallentare il flusso di confine, ma onestamente non ha molta
importanza.
Voglio
dire, importa se l'America è per il 36% bianca o per il 38% bianca? Seriamente,
pensateci.
La situazione demografica può essere risolta
solo attraverso metodi estremamente brutali di rastrellamenti di massa e
deportazione di decine di milioni di persone, qualcosa che probabilmente solo
il 10-15% della popolazione americana è pronta a sostenere.
Inoltre,
Trump ha già detto che sostiene gli indiani H1-B, ma non vuole che i poveri
pazzi e criminali si riversino in loro.
Quindi
potrebbe anche non essere una questione di 36% contro 38%, ma forse 37%.
In
entrambi i casi, guardando stiamo ai bianchi come una frazione della
popolazione degli Stati Uniti tra 25 anni. L'immigrazione è una questione morta
fino a quando la popolazione non sarà pronta per uno psicopatico tipo cattivo
di “Mad Max” per schierare l'esercito e mettere tutte queste persone in campi
di concentrazione a tempo indeterminato o fino a quando non riusciremo a capire
dove mandarli.
Inoltre:
RFK non verrà installato.
Toglietevi
quell'idea dalla testa. Inoltre, non c'è alcuna possibilità che Trump lo scelga
come vicepresidente.
Non è
possibile. RFK è troppo valido.
Non è
un genio, ma in realtà è una persona sinceramente buona che vuole fare la cosa
giusta, e questo significa che non gli sarà permesso di avvicinarsi al potere
in questo sistema elettorale controllato post-2016.
Conclusione.
Niente
di tutto questo ha davvero importanza, a parte il fatto che si tratta di un
interessante spettacolo di” alla fine di un impero”.
Il tuo
voto non conta, nessuno dei candidati (chiunque essi siano) cambierà davvero
qualcosa di significativo.
Votare
è una perdita di tempo e quando si compila la scheda elettorale e la si firma,
si acconsente a far parte di questo sistema.
Non
credo che nessuno dovrebbe votare.
Ufficialmente
sostengo il fatto di non votare.
La
resurrezione del nazionalismo francese?
Unz.com - PAUL CRAIG ROBERTS – (1° LUGLIO 2024)
– ci dice:
La
Francia è stata l'ultima nazione europea a perdere la propria sovranità, e la
Francia potrebbe essere la prima a recuperarla.
Negli
anni '60 la Francia era ancora una nazione di etnia francese in contrasto con
la torre di Babele e l'entità geografica che è oggi.
Durante
il decennio di presidenza di Charles De Gaulle (1959-69) la politica francese
fu quella dell'indipendenza nazionale.
De
Gaulle rifiutò di aderire alla NATO e si oppose a un'Europa sovranazionale in
cui le nazioni si sarebbero subordinate a un'Unione Europea.
L'indipendenza
francese potrebbe essere sul punto di ritornare a giudicare dal successo
ottenuto ieri dal partito di Marine Le Pen alle attuali elezioni francesi.
Il suo partito nazionalista ha ottenuto al
primo turno delle elezioni parlamentari il 34% dei voti, mentre la coalizione
centrista del presidente Macron ha ricevuto solo il 21% di sostegno.
Se il
secondo turno dovesse produrre risultati simili, il ripristino
dell'indipendenza francese sarebbe possibile.
Per
molti anni i governi europei hanno lavorato costantemente per sopraffare le
loro popolazioni etniche con gli immigrati invasori del terzo mondo.
Si è
arrivati al punto in cui le donne di etnia europea violentate da
immigrati-invasori temono di denunciare il crimine poiché ciò potrebbe
comportare un'accusa di razzismo o peggio contro la vittima.
Ad esempio, in risposta allo stupro di gruppo
di una donna di etnia tedesca, una cittadina di 20 anni di etnia tedesca ha
definito uno degli stupratori di gruppo un "vergognoso maiale
stupratore".
La cittadina tedesca è stata condannato al
carcere per aver diffamato un invasore immigrato, una specie protetta dalla
legge tedesca, mentre lo stupratore è stato condannato con sospensione della
pena e non ha scontato la pena.
Per
molti anni la classe operaia europea ha visto ridursi il proprio tenore di vita
in nome dell'economia.
Non
molto tempo fa i francesi protestavano contro l'innalzamento dell'età
pensionabile, che li costringe a lavorare più a lungo per ottenere la pensione.
I francesi hanno notato che le misure
economiche si applicano solo al loro tenore di vita e non alle ingenti somme
che Macron versa nella guerra dell'Occidente contro la Russia in Ucraina.
Ora
tutta l'Europa sente continuamente dire che è necessario preparare e sborsare
denaro per la guerra con la Russia.
I
francesi non vogliono la guerra con la Russia.
E
nemmeno i tedeschi e gli italiani.
Solo i
"loro" governi lo fanno, e la guerra è ciò che i burattini di
Washington hanno messo all'ordine del giorno.
Gli
europei non vogliono gli alti costi energetici e la perdita di profitti e
opportunità di lavoro imposti loro dalle "sanzioni russe" di
Washington.
Agli
europei sembra che lo scopo delle sanzioni di Washington sia quello di rendere
l'Europa più dipendente da Washington, riducendola essenzialmente a servi della
gleba.
Infine,
dopo aver subito decenni di abusi, insulti e totale disprezzo da parte dei loro
leader, gli europei hanno protestato alle recenti elezioni parlamentari
dell'Unione europea.
I
partiti di governo sono stati ripudiati su tutta la linea.
Il
primo ministro belga ha dovuto dimettersi.
Il presidente francese ha dovuto indire
elezioni nazionali.
Ho scritto che se il ripudio si protrarrà fino
alle elezioni nazionali, si assisterà al disfacimento della NATO, dell'Unione
Europea e al ritorno delle nazioni europee sovrane.
La
seconda guerra mondiale diede il controllo dell'Europa agli Stati Uniti invece
che alla Germania.
Il
crollo dell'Unione Sovietica diede a Washington il controllo sul Patto di
Varsavia, ponendo la NATO al confine con la Russia.
La
politica di Washington era quella di de-germanizzare la Germania e di
distruggere una coscienza nazionale.
Washington controllava l'istruzione tedesca e
indottrinava i tedeschi sul fatto che il nazionalismo era razzista, produceva
Hitler e l'Olocausto.
Fu approvata una legge che essenzialmente
criminalizzava un atteggiamento positivo nei confronti del nazionalismo
tedesco.
Significava
che eri una nazista. Lo fa ancora.
Non è
chiaro se uno stato tedesco possa mai essere rianimato.
Sbarazzatasi
dei tedeschi, Washington rivolse i suoi sforzi contro la Francia.
La
partenza di De Gaulle indebolì la Francia.
C'è
voluto del tempo, ma alla fine Washington ha controllato chi sarebbe stato il
presidente francese.
Con la
Francia, la Germania e gli inglesi nelle tasche di Washington, il resto
dell'Europa seguiva.
Oggi
le nazioni europee che condividevano il dominio del mondo sono marionette di un
regime criminale a Washington.
L'idea che ci sia un potere militare in questi
stati fantoccio è ridicola.
La
fiducia in sé stessi che ha reso gli inglesi i dominatori del mondo è da tempo
scomparsa.
Fu
distrutta a Oxford e Cambridge.
Nessun paese occidentale ha un'opinione
positiva di sé stesso.
Tutti sono in preda alla guerra con la Russia,
la Cina, l'Iran, mentre loro stessi sono invasi da immigrati-invasori che
ricevono un tributo per il loro sostegno e hanno il permesso di stuprare le
donne europee come forma di risarcimento.
Il
Cremlino non capisce l'Occidente svuotato e vuoto, dove non c'è sostegno a
nessun governo.
Ai
popoli occidentali viene fatto il lavaggio del cervello fino all'impotenza e
non possono nemmeno proteggere i loro diritti costituzionali.
Perché qualcuno dovrebbe combattere per questi
governi, e se costretto, con quale spirito?
Putin
se ne sta lì seduto nel suo modo legalistico accettando un insulto dopo
l'altro, una provocazione dopo l'altra, come il suo modo di evitare la guerra
con l'Occidente.
Non
sono solo le provocazioni occidentali ad allargare il conflitto ucraino alla
terza guerra mondiale.
Putin
ha permesso che il conflitto continuasse e questo ha permesso a Washington di
essere sempre più coinvolta, allargando così il conflitto.
Se
Putin non utilizzerà immediatamente una forza sufficiente per porre fine al
conflitto, la Terza Guerra Mondiale sembra certa.
C'è la
speranza che se “Le Pen vincerà in Francia” e non si venderà a Washington,
inizierà il disfacimento della NATO e la resurrezione dell'indipendenza europea.
Ma
questo può essere un processo lento, mentre gli sviluppi in Ucraina verso una
guerra più ampia stanno accelerando.
Sta
rapidamente finendo il tempo durante il quale Putin può usare una forza
sufficiente per porre fine al conflitto prima che sfoci nella Terza Guerra
Mondiale.
La
Corte Suprema degli Stati Uniti
dà un
duro colpo al Dipartimento
di
Giustizia corrotto (Sic).
Unz.com
- PAUL CRAIG ROBERTS – (30 GIUGNO 2024) – ci dice:
La
Corte Suprema ha stabilito che la legge non fornisce alcuna base per l'accusa
di ostruzione mossa contro un manifestante del 6 gennaio che si è difeso in
tribunale contro le false accuse del Dipartimento di Giustizia (sic).
Ma,
naturalmente, “Merrick Garland “non aveva alcun interesse per i fatti. "La
vendetta è mia", dice Lord Garland.
"No, non lo è", dice la Corte
Suprema degli Stati Uniti.
(washingtonpost.com/politics/2024/06/28/supreme-court-obstruction-jan-6-trump/)
Il
Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (sic) ha, ad oggi, incastrato e
imprigionato 1.000 americani patriottici che hanno esercitato i loro diritti
costituzionali.
Coloro
che non potevano permettersi di difendersi o non si fidavano di un giudice e di
una giuria democratica di Washington e si dichiaravano colpevoli di accuse
ridotte, venivano accusati di ingresso illegale o di qualche altra falsa accusa
simile.
Ma
coloro che si sono difesi dalle false accuse sono stati accusati di aver
ostacolato e ostacolato un procedimento ufficiale che comporta una condanna a
20 anni di carcere.
In
altre parole, i reati di cui sono stati accusati i sostenitori di Trump
dipendevano dal fatto che si autoincriminassero o andassero a processo.
Coloro
che si sono difesi hanno ricevuto condanne più lunghe.
Questo
per quanto riguarda la "giustizia" in America.
Coloro
che hanno scelto un processo non avevano una "giuria di loro pari".
Sono
stati giudicati da una folla di linciatori istigati dai media americani, come
il “Washington Post£, a lungo considerato una “risorsa della CIA”.
In
America la condanna è rapida e raramente si basa su prove, ma la correzione di
una condanna ingiusta è molto rara e richiede molto tempo per arrivare, se lo
fa.
Un
imputato ingiustamente condannato, che è andato a processo ed è stato
ricompensato con una lunga reclusione per la sua fiducia nel "sistema di
giustizia penale (sic)", è riuscito a portare il suo caso davanti alla
Corte Suprema degli Stati Uniti.
La
Corte ha stabilito che il patriota americano ingiustamente condannato è stato
impropriamente accusato di ostruzione e di aver ostacolato un procedimento
ufficiale.
In altre parole, il Dipartimento di Giustizia
degli Stati Uniti (sic) ha argomentato che questa persona, partecipando a un
comizio per il Presidente degli Stati Uniti, ha impedito il conteggio dei voti.
E' straordinario che il Dipartimento di
Giustizia (sic) non abbia dovuto produrre alcuna prova del potere magico di
questo manifestante per impedire il conteggio dei voti.
L'assurdità
dell'accusa avrebbe dovuto mettere in grave imbarazzo Biden, il Dipartimento di
Giustizia (sic), il pubblico ministero, il giudice, la giuria, i media, le
scuole di legge e gli ordini degli avvocati, ma poiché sono tutti democratici e
non conosciamo né vergogna né imbarazzo, la vendetta ha preso il posto della
giustizia.
Il
motto sull'edificio del Dipartimento di Giustizia (sic) è pubblicità
ingannevole.
Il
nuovo motto dovrebbe essere più o meno questo:
"Guardate
le mie opere e la mia punizione di coloro che si oppongono alle spiegazioni
ufficiali".
L'intervento
molto ritardato della Corte Suprema degli Stati Uniti significa che gli altri
circa 350 americani patriottici che sono stati falsamente
"condannati", come “Nikolai Bukharin” nei famigerati processi farsa
di Stalin, possono aspettarsi che le loro condanne ingiuste vengano riaperte.
La
stessa falsa accusa è stata mossa contro il presidente Trump dal corrotto
consigliere speciale “Jack Smith”, che è stato sorpreso e denunciato mentre
mentiva al giudice, sospendendo così il suo falso procedimento giudiziario
contro Trump.
L'idea che il presidente degli Stati Uniti,
quale era all'epoca Trump, abbia ostacolato la giustizia è assurda.
L'accusa
è la prova di quanto sia completamente corrotta la legge americana nelle mani
di “Merrick Garland”.
L'America
non ha più uno stato di diritto.
In America la legge è un'arma nelle mani del
governo tirannico e viene brandita contro il popolo americano.
La
maggioranza del popolo americano, che gli piaccia o meno Trump, è ora convinta
che il regime corrotto di Biden abbia utilizzato la legge come un'arma,
soppresso la verità e non possa più essere sostenuto.
Gli
stessi democratici sono alla ricerca di un candidato presidenziale diverso, ma
il problema principale è la totale assenza di integrità e di valori americani
nel partito democratico.
I democratici sono il partito degli invasori
immigrati e dei pervertiti sessuali.
Aggiungerei
Israele, ma anche i repubblicani sono nelle tasche di Israele.
Come
può l'America essere una democrazia se il governo non rappresenta i cittadini?
Una
volta che l'accusa di "ostruzione" cadrà, lo sarà il maggior numero
di patteggiamento che normalmente, a mio avviso, non può essere contestato.
I
video, inizialmente soppressi ma poi diffusi dai repubblicani alla Camera,
mostrano che non c'è stata alcuna "invasione del Campidoglio".
La
polizia ha aperto le porte e ha scortato i manifestanti in tutto il
Campidoglio.
I presunti "insurrezionalisti" non
hanno fatto danni e non hanno aggredito alcun agente di polizia.
L'unica
violenza è stata commessa da un poliziotto nero che ha sparato e ucciso una
veterana di guerra americana che non lo stava affrontando o addirittura
affrontando.
Le ha
sparato da dietro.
È
stata assassinata per dare all'evento una patina di violenza in modo che
"la gravità dell'attacco al Campidoglio" potesse essere inculcata nei
media meretrici. L'assassino è sfuggito alle indagini e alle responsabilità.
È
scappato, perché per l'evento orchestrato era importante che la situazione
fosse così pericolosa che la polizia dovesse usare la forza mortale.
I
media puttani, ovviamente, sono stati d'accordo.
Immaginate
la frustrazione degli elettori americani che hanno rieletto un presidente solo
per” vedersi rubare la sua rielezione”, con il conteggio dei voti nelle città
blu interrotto nel cuore della notte mentre venivano consegnate scatole di
schede elettorali non valide in modo che quando il conteggio è ripreso Biden
era magicamente in vantaggio.
Immaginate
la frustrazione per il fatto che le abbondanti prove di un'elezione rubata
siano state negate da un media che ha costantemente ripetuto con una sola voce
senza alcuna indagine che "non c'è stata alcuna frode elettorale".
Immaginate
la frustrazione per gli esperti che hanno prodotto la dimostrazione fattuale di
un'elezione rubata e che sono stati perseguiti.
Un
media che rifiuta totalmente i fatti e la verità non è altro che una macchina
di propaganda per la tirannia.
I media hanno continuamente detto al popolo
americano che l'agenda è indipendente dai fatti, e alcuni americani ascoltano e
leggono ancora le bugie dei media.
Quando
ho visto gli americani tollerare un così evidente furto delle elezioni
presidenziali, mi sono chiesto se nella popolazione americana fosse rimasta
qualche resistenza alla tirannia imposta.
Vedremo
cosa succederà la prossima volta.
Come
prevedono anche i democratici, Biden, che secondo i sondaggi non ha alcuna
possibilità di vincere, si ritirerà e sarà sostituito da un candidato diverso e
che i media sostengono quindi Trump, una menzogna necessaria perché si possa
credere al previsto furto elettorale?
I governi democratici del Michigan e
dell'Arizona hanno istituzionalizzato le tecniche di furto elettorale
utilizzate nel 2020 e nel 2022.
Da
quanto ho capito, hanno anche reso impossibile contestare il conteggio dei
voti.
In
altre parole, possono annunciare quello che vogliono ed è incontestabile.
Cosa
farà la popolazione americana di fronte al furto di una terza elezione
nazionale consecutiva?
Si
solleveranno o accetteranno nuovamente il furto perché l'opposizione è
pericolosa, imbarazzante per la reputazione dell'America e fastidiosa quando si
controlla il cellulare?
Diamo
ora un'occhiata al resoconto del “Washington Post” sulla decisione della Corte
Suprema.
Inizia
con una fotografia intitolata "Una folla violenta fa breccia nel Campidoglio degli
Stati Uniti a Washington il 6 gennaio 2021, interrompendo la certificazione
della vittoria elettorale di Joe Biden nel 2020. (Giovanni Minchillo/AP)." Non è
accaduta una cosa del genere.
Ecco
il “Post” che presenta la narrativa ufficiale come resoconto fattuale. La fotografia stessa mostra la totale
assenza di violenza.
Il
sottotitolo della propaganda del” Washington Post” sostiene il ruolo dei
sostenitori di Trump "nell'attacco del 2021 al Campidoglio degli Stati
Uniti".
Come
mostrare tutti i video pubblicati, non c'è stato alcun attacco di questo tipo
se non da parte della polizia e degli agenti federali che hanno tentato di
orchestrare un attacco.
Il “Washington
Post” conclude con il procuratore generale” Merrick Garland” che afferma che la
decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti non è un "colpo
mortale" alle sue false accuse.
Quindi
qui abbiamo un procuratore generale fermato dalla Corte Suprema per aver
forzato e applicato male la legge e dichiara che non ha alcuna conseguenza e
non influisce sui suoi 1.000 procedimenti giudiziari ingiusti.
Se “Merrick
Garland” avesse avuto un po' di integrità, un po' di vergogna, si sarebbe
dimesso.
Che
cosa ci dice questo sull'intelligenza e l'integrità degli scrittori del “Washington
Post”, “Ann E. Marimow” e “Devlin Barrett”?
Confrontateli
con Julian Assange, e vi troverete di fronte a due non-entità, persone senza
distinzione che non avranno mai separazione se non quella di “essere membri dei
media americani che mentono per vivere”.
La
domanda che abbiamo di fronte è:
come
ha fatto l'America ad avere un Dipartimento di Giustizia (sic) in cui ogni
dichiarazione è una menzogna, in cui ogni accusa è falsa, che è totalmente
contrario alla libertà americana e alla Costituzione degli Stati Uniti?
Come è potuto accadere? Dov'erano le facoltà
di giurisprudenza?
Dov'erano
gli ordini degli avvocati?
Dov'erano
i media? Dov'era il popolo americano?
Tutti
hanno fallito, e ora abbiamo la tirannia.
Non mi
sorprenderei se “Merrick Garland”, uno dei peggiori nemici dell'America, tentasse di incriminare la Corte
Suprema per "aver ostacolato la giustizia nel procedimento giudiziario contro
Donald Trump".
In che
modo l'America è diventata un pozzo nero di bugie, ingiustizie e male?
La risposta è che "noi popolo"
abbiamo deluso noi stessi e il nostro Paese.
Di
conseguenza, abbiamo perso le nostre libertà e il nostro Paese.
C'è
sufficiente determinazione per riavere il nostro Paese?
Il
governo anti-tedesco che lo stesso popolo tedesco ha eletto ha dichiarato la
sua lealtà agli immigrati-invasori e si oppone al popolo tedesco.
Unz.com
- PAUL CRAIG ROBERTS – (30 GIUGNO 2024) – ci dice:
Nel
2020 una donna quindicenne di etnia tedesca è stata violentata da nove invasori
immigrati ad Amburgo, in Germania.
In risposta, una cittadina ventenne di etnia
tedesca ha definito uno degli stupratori della banda un "vergognoso maiale
stupratore".
Il
cittadino tedesco è stato condannato al carcere per aver diffamato un invasore
immigrato, una specie protetta dalla legge tedesca.
Lo
stupratore è stato condannato con la condizionale della pena e non ha scontato
la pena in prigione.
La
domanda che dobbiamo porci è:
poiché
il governo tedesco rappresenta gli immigrati-invasori e non i tedeschi di etnia
tedesca, il popolo tedesco è così sottoposto al lavaggio del cervello e
indottrinato da combattere in difesa di un governo che non lo rappresenta?
(aol.com/german-woman-given-harsher-sentence-155055768.html)
Potrebbe
benissimo essere che l'esercito della NATO sia vuoto. Non riesco a immaginare gli europei
combattere per conto di un governo europeo o del Regno Unito.
Le
popolazioni etniche d'Europa sono state abbandonate dai "loro"
governi.
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