Uomini contro macchine.
Uomini
contro macchine.
La
democrazia in recessione.
Doppiozero.com
– (11 giugno 2024) – Lelio Demichelis – ci dice:
Se
volessimo applicare il termine recessione anche alla politica – e recessione
designa una riduzione dell’attività economica misurata dal Pil per almeno due
trimestri consecutivi – dovremmo dire che siamo in recessione democratica da
quarant’anni.
Cioè
da quegli anni ‘70 che sono stati – nel loro inizio, ma grazie al lavoro
preparatorio del decennio precedente – da un lato un momento di grande
diffusione e sviluppo qualitativo della democrazia (Statuto dei lavoratori, riforma del
diritto di famiglia, diritto allo studio, divorzio, aborto ma anche ecologismo
e altro ancora) – e però anche l’avvio del neoliberalismo come ideologia
progressivamente egemone a partire dal golpe cileno del 1973 (dove venne sperimentato sulla carne
viva dei cileni per poi essere adottato/imposto a tutto il mondo).
Neoliberalismo
che è l’unica ideologia politica del ‘900 tracimata nel nuovo secolo, la più
subdola in quanto offerta in nome della libertà individuale (rimandiamo a Psicopolitica, di
Byung-Chul Han).
Al neoliberalismo si è poi aggiunta, negli
anni ‘80/’90 l’ideologia (ancora più subdola) delle nuove tecnologie di rete,
offrendo anch’essa il massimo della libertà individuale per produrre in realtà
il massimo della integrazione/connessione di tutti come forza-lavoro nella
società-fabbrica – come nel mercato, per il neoliberalismo.
E da
allora – e sulla crisi della democrazia rimandiamo a Carlo Galli e al suo
bellissimo “Democrazia, ultimo atto?”
siamo
arrivati a una ennesima fuga del “dêmos dalla democrazia” e quindi dalla
libertà (si
rilegga Erich Fromm), all’accettazione delle democrazie illiberali, delle
democrature, delle democrazie caricaturali e parodistiche, dei
sovranismi/nazionalismi, dei populismi/(neo)fascismi/afascismi, delle
tecnocrazie, delle democrazie dispotiche;
e oggi
– la peggiore forma di fuga dalla libertà – alla delega del potere del “dêmos
alle macchine/algoritmi/i.a.” e alle grandi imprese hi-tech che governano il mondo, lo
organizzano, lo comandano e lo sorvegliano, come fosse appunto una grande
fabbrica – e noi la sua forza-lavoro oggi h24.
Ma
populismi, sovranismi, afascismi, tecnocrazie, algoritmi sono solo alcuni dei
sintomi di una malattia che sta a monte:
nell’azione
appunto – e reciprocamente funzionale in senso antipolitico – di neoliberalismo
e sistema tecnico (il tecno-capitale) e definibili quindi come archè se
utilizziamo (con tutti i rischi di una loro attualizzazione) concetti che
risalgono alla Grecia antica – e rinviamo, per gli spunti che ci ha offerto e
che in parte liberamente reinterpretiamo, al recentissimo e coinvolgente saggio
di “£Donatella Di Cesare”, “Democrazia e anarchia” (Einaudi).
Poteri
che in quanto accolti come archè sono deterministicamente contro il dêmos e il
suo Kratos (il potere del dêmos). Arché per propria essenza, per propria logica
di funzionamento, per il loro porsi come fondamento della modernità e per la
propria incessante rilegittimazione come archè, per il determinismo ecocida che
contengono (il loro accrescimento illimitato, la dismisura compulsiva che
incorporano come sempre di più!).
Un’archè
che è invece tutto meno che naturale e fondativa – e però dobbiamo crederlo –
ma solo storica e che quindi potrebbe essere rovesciata e sostituita da
qualcosa di meglio, se solo il dêmos volesse tornare ad essere potere/Kratos.
E
infatti, se per l’ideologia neoliberale il mercato e la concorrenza devono
sovra ordinarsi (esserne il fondamento) a società/dêmos e a stato, altrettanto
agisce il sistema tecnico imponendosi come un dato di fatto immodificabile
(l’innovazione tecnica non si deve e non si può fermare!).
Lo
evidenziava già nel 1939 F. G. Junker (1898-1977 e fratello del più famoso
Ernst):
“non è
più l’uomo a creare il mondo che lo circonda, ma l’apparato industriale e così
[l’uomo] impara ad agire contro la sua stessa volontà, deformata dalla
macchina, […] e i suoi sforzi sono sempre provocati dalla macchina e sempre
finisce per seguire la legge che è insita nello sviluppo della nuova tecnica”
(in La perfezione della tecnica). Perché l’aspirazione al potere della tecnica
come del capitalismo “si prefigge anche lo scopo di subordinare lo stato e di
sostituire l’organizzazione statale con una organizzazione tecnica”.
Perché
“il tecnico oppone sempre i regolamenti tecnici allo stato e all’intera
organizzazione sociale, in una instancabile produzione di leggi e di
regolamenti contrassegnati da un carattere tecnicamente normativo”, cioè “la
decisione tecnica è allo stesso tempo dispositiva e causale” – descrizione
perfetta (impossibile negarlo) del mondo di oggi.
E se
la demo-crazia greca aveva rovesciato la monarchia (il governo di uno solo) e
l’oligarchia (il governo di pochi), oggi dobbiamo dire che è invece sconfitta dall’Arché
del tecno-capitale – Arché intesa come potere che pretende di essere originario
e appunto fondativo/generativo di tutto (dell’era iper- industriale, della
modernità) e a cui tutto deve sub-ordinarsi e a cui tutto deve tornare.
Cioè
la democrazia è stata sconfitta della tecno-archia – cosa diversa dalla
tecnocrazia positivista, ma sua evoluzione totalitaria – che produce la forma
necessaria e ad essa funzionale del nostro dover vivere in un mondo dove però
non è più l’uomo ma la tecnica ad essere soggetto della storia (Anders, L’uomo
è antiquato, II).
Con la
realizzazione via digitale di quella società amministrata e automatizzata
temuta da francofortesi come “Max Horkheimer” (1895-1973), dove “tutto sarà regolamentato, veramente
tutto! […], dove il singolo potrà sì vivere senza preoccupazioni materiali, ma
dove non conterà più nulla […] e tutto si ridurrà al fatto di imparare come si
usano i meccanismi automatici che assicurano il funzionamento della società” (in “La nostalgia del totalmente
altro”) – una
società oggi automatizzata/amministrata da algoritmi dove però non è più
necessario imparare a schiacciare pulsanti, perché le macchine sono ormai
autonome dall’uomo, anche se poi sono gli uomini a dover essere ibridati e
sussunti nelle macchine.
È
questa l’Arché, è questo il dispositivo archico – incarnato dalle
multinazionali tecnologiche e finanziarie, ma anche dell’energia fossile – che
produce un mondo a sua immagine e somiglianza, anche generando, come sua
ulteriore scelta antipolitica, disuguaglianze crescenti e quindi ancora
rinnegando la democrazia e che invece si basa sull’uguaglianza dei cittadini
della polis, che si riuniscono nell’agorà esercitando il proprio Kratos.
Un’Arché
di tecnica e capitale che svuota appunto il Kratos del Demo, facendo però
credere che la rete sia la nuova agorà e la nuova polis e il nuovo Demo –
quando è in realtà solo un gigantesco occhio (nel senso di una folla indistinta
dominata dalle passioni più ciniche e antipolitiche) però anch’esso funzionale alla
costruzione dell’Arché antipolitica e antidemocratica del tecno-capitale.
Un’Arché
che è ciò che definiamo razionalità strumentale/calcolante-industriale – che è
il vero potere fondativo della modernità e che si sublima appunto
nell’industria/industrialismo (società, industria e progresso sono sinonimi, scrivevano i
positivisti “Saint-Simon” e “Comte” due secoli fa e a questa realtà bisogna
saggiamente rassegnarsi), ma meglio ancora nel concetto di fabbrica e oggi della
società-fabbrica.
Certo,
la democrazia ha sempre avuto una vita difficile, a partire dalla Grecia
antica, ma oggi (in realtà da tre secoli di rivoluzione industriale e di positivismo) la sua crisi è più pesante, per
l’azione combinata appunto dei due poteri indicati sopra e che per accrescersi
sempre più come Arché (fondazione, organizzazione, comando e controllo) de-politicizzano la polis (populismi, tecnocrazie e social sono
alcuni degli ultimi mezzi utilizzati per raggiungere lo scopo) e de-socializzano gli uomini.
E
questo per politicizzare in senso
archico il potere del capitale/capitalismo e della tecnica come forma unica e
ineluttabile; e ri-socializzare gli
uomini, trasformati in merci/capitale umano e nodi e dati, nel mercato e nel
sistema tecnico.
De-politicizzare
la polis (e quindi l’azione consapevole dell’io e del noi nella polis: un noi
che oggi dovrebbe comprendere anche la biosfera e le future generazioni e i
migranti – perché non c’è democrazia senza responsabilità e senza solidarietà;
e de-socializzare gli uomini, perché quanto più e meglio si isolano/separano
gli individui dal noi e dalle relazioni e dalla socialità, più li si esclude
dalla polis e dal noi-Kratos, meglio sono appunto integrabili (secondo il
vecchio/nuovo divide et impera) nel mercato come merci/forza-lavoro e nella
tecnica come nodi-dati-merci/forza-lavoro – sempre ricordando, ma sempre lo si
dimentica, che in verità più si è integrati (rete/social/community, la
società-fabbrica), meno si è ovviamente liberi.
E
l’ideologia neoliberale è ben riassunta nello slogan di “Margaret Thatcher” per
cui la società non esiste, esistono solo gli individui (e al più la famiglia).
Ma è evidente – dovrebbe essere evidente, ma
non lo è, tale è la potenza ideologica del neoliberalismo – che se la società
non esiste e anzi non deve più esistere, allora viene a mancare anche il Demo e
il noi della polis, cioè la relazione sociale e quindi politica, senza i quali
anche l’individuo viene meno perdendo ogni capacità e possibilità di
solidarietà, di immaginazione, di progettazione, di costruzione di un proprio
mondo umano, umanistico. Di democrazia.
Se poi
questa non-società di mercato si deve basare sulla competizione di tutti contro
tutti (una guerra civile individualizzata) è altrettanto evidente che il suo
effetto è appunto la morte della società e della socialità e della politica e
della democrazia.
Ma
cancellare la società e quindi la politica cancellando l’individuo e la sua
libertà era appunto nella strategia neoliberale, oltre che del sistema tecnico
(supra).
Perché
– come scriveva negli anni ’30 uno dei rifondatori del liberalismo, “Walter
Lippmann” (1889-1974) – il neoliberalismo (ulteriore versione del positivismo)
è l’unica filosofia “che possa condurre all’adeguamento della società umana
alla mutazione industriale e commerciale fondata sulla divisione del lavoro”
(che è un altro fattore di de-socializzazione/de-politicizzazione se il lavoro
viene digitalizzato e piattaformizzato), che a sua volta è un dato storico – un
dato di fatto che non può essere cambiato (appunto perché, aggiungiamo deve
essere creduto fondativo/Arché);
quindi
suo compito è modificare l’uomo, adattandolo alle esigenze della produzione e
di un capitalismo che diventa “un nuovo sistema di vita per l’intera umanità”,
accompagnando “la rivoluzione industriale in tutte le fasi del suo sviluppo”; e
poiché esso è infinito, “l’ambiente sociale e il sistema capitalistico devono
tendere a formare tra loro un tutto armonico”.
Ma
questo doversi adattare a qualcosa che l’individuo e la società non devono
modificare e nemmeno governare politicamente e men che meno democraticamente –
e lo stesso accade con le tecnologie di rete, alle quali ci si deve solo
adattare, come ci si deve adattare al riscaldamento climatico, altrimenti addio
profitti per il capitale – è appunto la negazione della libertà individuale,
dell’autonomia del Demo e quindi del Kratos della democrazia – sempre
riattivando anzi il servo arbitrio di un individuo che deve restare chiuso
nella minorità kantiana.
E il
neoliberalismo del ‘900 non fa che riprendere in altro modo non solo il
positivismo ma anche ciò che scriveva “Benjamin Constant” nel 1819,
confrontando la libertà degli antichi con quella dei moderni, cioè:
“Il
fine degli antichi era la suddivisione del potere sociale fra tutti i
cittadini: era questo che chiamavano libertà.
Il fine dei moderni è la sicurezza dei
godimenti privati; e chiamano libertà le garanzie accordate dalle istituzioni a
questi godimenti”.
Solo
che questi godimenti privati – e ciò che è solo privato, egoistico nega ex ante
il politico, la polis, ciò che deve essere comune e in comune, quindi è
nuovamente anti-democratico ma anche irresponsabile (si pensi ancora alla crisi
climatica) per sua essenza e finalismo – non sono mai dell’individuo libero e
autonomo, ma sono sempre più etero-prodotti – cioè Others dirette – da
management, marketing e social e dalla propaganda neoliberale e tecnica – anche
se devono sembrare winner dirette, cioè libera scelta dell’individuo.
Ma c’è
altro.
E di
ben più antidemocratico.
Chi governa democraticamente i processi di
innovazione tecnologica?
Il Demo,
come dovrebbe essere in democrazia/stato di diritto, dove non possono e non
devono esistere poteri non bilanciati da altri poteri?
No, è
l’impresa autocratica/archica del capitalismo oggi diventato digitale. Scriveva
“Luciano Gallino” (1927-2015 – in MicroMega 4/2011):
Oggi “la grandissima maggioranza della
popolazione è totalmente esclusa dalla formazione delle decisioni che ogni
giorno si prendono”, di fatto alienata dalla democrazia per l’azione di quel
soggetto che si chiama grande impresa.
E il
cui potere [appunto, arcaico] “di decidere a propria totale discrezione che cosa produrre,
dove produrlo, a quali costi per sé e per gli altri, non è mai stato così
grande […]”,
configurando quindi un deficit di democrazia tale “da costituire ormai il maggior
problema politico della nostra epoca”.
Da
allora il deficit di democrazia non ha fatto che aumentare ma non è un problema
politico – si pensi alla i.a. sviluppata da imprese private per profitto privato a
prescindere dal Demo.
E
allora, per uscire davvero dalla recessione – meglio: dal dissolvimento
progressivo – della democrazia servirebbe nuovamente un Demo capace – lo spunto
ci viene ancora da “Donatella Di Cesare” – di rovesciare l’Arché (per noi
equivalente a totalitarismo) della razionalità
strumentale/calcolante-industriale mediante l’attivazione di un potere
an-archico.
Cioè
demo-cratico.
La
sfida del rapporto
uomo-macchina.
Italianieuropei.it - Paolo Benanti – (Giovedì
23 Febbraio 2023) – ci dice:
L’uomo
ha alcune caratteristiche uniche.
Tra queste c’è la capacità di trasformare la
realtà in qualcosa di conosciuto, potremmo dire di addomesticato, che chiama
mondo.
Se le
altre specie viventi hanno un habitat, cioè l’insieme delle condizioni
ambientali in cui vive una determinata specie, l’habitat umano è composto da
elementi che ci fanno sentire in uno spazio congeniale alle nostre inclinazioni
o ai nostri gusti.
Il nostro habitat diviene in un certo senso
abitudine.
Tuttavia,
questa abitudine ad abitare un mondo in un certo senso addomesticato tramite la
condivisione con i nostri simili di orizzonti, modi di fare e artefatti
tecnologici che segnano il nostro vivere quotidiano, potrebbe di fatto
renderci come i celebri pesci di “David Foster Wallace”:
«Ci
sono questi due giovani pesci che nuotano e incontrano un pesce più vecchio che
nuota in senso contrario e fa loro un cenno, dicendo: “Salve ragazzi, com’è
l’acqua?” e i due giovani pesci contnuano a nuotare per un po’ e alla fine uno
di loro guarda l’altro e fa: “Che diavolo è l’acqua?”».
Questa
piccola storia, in circolo ben prima della riproposizione di “Foster Wallace”,
porta con sé una morale prevedibile, ma non banale:
talvolta
non si presta attenzione e non ci si rende conto delle cose più ovvie.
Molti
aspetti del vivere quotidiano, proprio perché presenti da sempre sullo sfondo
dell’esistenza, ci sono sconosciuti, diventano pressoché invisibili.
Questa
sorta di filtro su il-continuamente-presente nella nostra esperienza ha radici
biologiche e caratterizza la nostra stessa cognizione.
Basta
pensare agli occhiali da vista.
Dopo
un po’ è come se scordassimo di averli sul naso ed è come se fossero parte di
noi.
Oggi
questo effetto di assimilazione lo stiamo compiendo con le intelligenze
artificiali:
il
motore di ricerca che utilizziamo per trovare dei contenuti in internet,
l’assistente vocale e il sistema di naviga zione del nostro smartphone, come le
piattaforme di streaming, ci suggeriscono cosa guardare.
L’algoritmo predittivo che ci fa vedere i
prodotti che più ci interessano sulla piattaforma di e-commerce, il sistema
antifrode automatico della nostra carta di credito e il risponditore
dell’assistenza del nostro servizio di telefonia mobile sono tutti sistemi
quotidiani in cui interagiamo con le intelligenze artificiali.
Queste però a differenza degli occhiali non
sono passive ma mentre predicono quello che possiamo volere o cercare,
producono anche, in parte, il nostro comportamento:
probabilmente
abbiamo notato quando quell’algoritmo dell’e-commerce, che suggeriva che forse
ci interessava anche un altro prodotto oltre a quanto stavamo acquistando, ha
effettivamente prodotto un acquisto ulteriore da parte nostra.
Se le
intelligenze artificiali diventano invisibili come l’acqua, che effetti ci
saranno sull’uomo e sulla società?
Cosa saremo portati a fare? O, per rimanere
nella metafora di “Wallace”, quali correnti invisibili ci spingeranno e verso
dove?
L’avvento
della ricerca digitale, dove tutto viene trasformato in dati numerici, porta
alla capacità di studiare il mondo secondo nuovi paradigmi gnoseologici:
quello che conta è solo la correlazione tra due quantità di dati e non più una
teoria coerente che spieghi tale correlazione.
Oggi
la correlazione viene usata per predire con sufficiente accuratezza, pur non
avendo alcuna teoria scientifica che lo supporti, il rischio di impatto di
asteroidi anche sconosciuti in vari luoghi della Terra, i siti istituzionali
oggetto di attacchi terroristici, il voto dei singoli cittadini alle elezioni
presidenziali USA, l’andamento del mercato azionario nel breve termine.
Quello
che appare come esito di questa nuova rivoluzione è il dominio
dell’informazione, un labirinto concettuale la cui definizione più diffusa è
basata sull’altrettanto problematica categoria di dati.
L’evoluzione
tecnologica dell’informazione e del mondo compreso come una serie di dati si
concretizza nelle intelligenze artificiali (IA) e nei robot:
siamo
in grado di costruire macchine che possono prendere decisioni autonome e
coesistere con l’uomo.
Si pensi alle macchine a guida autonoma che
Uber, il noto servizio di trasporto automobilistico privato, già utilizza in
alcune città come Pittsburgh, o a sistemi di radio chirurgia come il “Cyberknife”
o i robot destinati al lavoro affianco all’uomo nei processi produttivi in
fabbrica.
Le
intelligenze artificiali, queste nuove tecnologie, sono pervasive.
Stanno insinuandosi in ogni ambito della
nostra esistenza.
Tanto
nei sistemi di produzione, incarnandosi in robot, quanto nei sistemi di
gestione sostituendo i server e gli analisti.
Ma
anche nella vita quotidiana i sistemi di intelligenza artificiale sono sempre
più pervasivi.
Gli smartphone di ultima generazione sono
tutti venduti con un assistente dotato di intelligenza artificiale, Cortana,
Siri o Google Hello – per citare solo i principali –, che trasforma il
telefono da un hub di servizi e applicazioni a un vero e proprio partner che
interagisce in maniera cognitiva con l’utente.
Sono
in fase di sviluppo sistemi di intelligenza artificiale, i bot, che saranno disponibili come partner
virtuali da interrogare via voce o in chat che sono in grado di fornire servizi
e prestazioni che prima erano esclusiva di particolari professioni:
avvocati, medici e psicologi sono sempre più
efficientemente sostituibili da bot dotati intelligenza artificiale.
Il
mondo del lavoro conosce oggi una nuova frontiera:
le interazioni e la coesistenza tra uomini e
intelligenze artificiali.
Per
evitare incomprensioni, dobbiamo ricordare che non sono le intelligenze
artificiali la minaccia di estinzione del lavoro o dell’estinzione dell’uomo
come magari paventato da una certa fantascienza.
È vero
però che la tecnologia può essere pericolosa per la nostra sopravvivenza come
specie:
l’uomo
ha già rischiato di estinguersi perché battuto da una macchina molto stupida
come la bomba atomica.
Esistono
sfide estremamente delicate nella società contemporanea in cui la variabile più
importante non è l’intelligenza ma il poco tempo a disposizione per decidere e
le macchine cognitive trovano qui grande interesse applicativo.
Si
aprono a questo livello tutta una serie di problematiche etiche su come
validare la cognizione della macchina alla luce proprio della velocità della
risposta che si cerca di implementare e ottenere.
Il
pericolo maggiore non viene dalle “IA” in se stesse ma dal non conoscere queste
tecnologie e dal lasciare decidere sul loro impiego a una classe dirigente
assolutamente non preparata a gestire il tema.
Se
l’orizzonte di esistenza delle persone nel prossimo futuro – in realtà già del
nostro presente – è quello di una cooperazione tra intelligenza umana e
intelligenza artificiale e tra agenti umani e agenti robotici autonomi diviene
urgente cercare di capire in che maniera questa realtà mista, composta da
agenti autonomi umani e agenti autonomi robotici, possa coesistere.
PRIMUM
NON NOCERE.
Il
primo e più urgente punto che le intelligenze artificiali pongono nell’agenda
dell’innovazione del lavoro è quello di adattare le nostre strutture sociali a
questa nuova e inedita società fatta di agenti autonomi misti.
Una
primissima sfida è di natura filosofica e antropologica.
Abbiamo bisogno di rendere evidente quale sia
la specifica componente e qualità umana del lavoro rispetto a quella
macchinica: le rivoluzioni industriali hanno dimostrato che non è l’energia,
non è la velocità e, ora, che anche la cognizione e l’adattabilità alla
situazione non sono specifiche solamente umane.
Un
secondo, e altrettanto urgente tema, è quello di definire come e in che maniera
si può garantire la coesistenza tra uomo e intelligenza artificiale, tra uomo e
robot. Per rispondere a questa domanda procederemo nel seguente modo.
In
primo luogo, cercheremo di formulare una direttiva fondamentale che deve essere
garantita dalle “IA” e dai “robot” e poi cercheremo di definire cosa questi
sistemi cognitivi autonomi devono imparare per poter convivere e lavorare
cooperativamente con l’uomo.
La
prima e fondamentale direttiva da implementare può essere racchiusa nell’adagio
latino “primum non nocere”.
La
realizzazione di tecnologie controllate da sistemi di intelligenza artificiale
porta con sé una serie di problemi legati alla gestione dell’autonomia
decisionale di cui questi apparati godono.
La capacità dei robot di mutare il loro
comportamento in base alle condizioni in cui operano, per analogia con l’essere
umano, viene definita autonomia.
Per indicare tutte le complessità che derivano
da questo tipo di libertà decisionale di queste macchine si è introdotto il
termine “Artificial Moral Agen”t (AMA): parlando di “AMA” si indica quel
settore che studia come definire dei criteri informatici per creare una sorta
di moralità artificiale nei sistemi “IA” portando alcuni studiosi a coniare
l’espressione macchine morali per questi sistemi.
Quando
si usa il termine autonomia legato al mondo della robotica si vuole intendere
il funzionamento di sistemi di IA la cui programmazione li rende in grado di
adattare il loro comportamento in base alle circostanze in cui si trovano a
operare.
Un esempio classico di applicazione di questa
direttiva fondamentale, chiamato situazione dei due carrelli, è stato formulato
da “Philippa Foot” nel 1967 mentre si sperimentavano i primi sistemi di guida
automatica dei mezzi per il trasporto di passeggeri negli aeroporti.
Nel
caso presentato dalla “Foot” un veicolo si avvicina a un incrocio e realizza
che un altro veicolo, con cinque passeggeri, in direzione opposta è in
traiettoria di collisione.
Il primo veicolo può o continuare sulla sua
traiettoria e urtare il veicolo che procede nell’altro verso uccidendo i cinque
passeggeri a bordo o sterzare e colpire un pedone uccidendolo.
La “Foot”
si chiedeva:
se noi
fossimo alla guida del veicolo cosa faremmo?
E un
sistema robotizzato cosa dovrebbe fare?
Giungendo alla conclusione che la macchina
autonoma deve essere programmata per evitare assolutamente di ferire o uccidere
l’essere umano e che, se in situazioni estreme, non fosse possibile evitare di
nuocere all’uomo avrebbe dovuto scegliere il male minore.
Tuttavia,
racchiudere tutta la questione degli agenti morali autonomi, dell’utilizzo di
bot e robot cognitivi in un ambiente di lavoro misto umano-robotico non può
esaurirsi in questa direttiva primaria.
Sfruttando
un linguaggio evocativo potremmo dire che le macchine sapienti/autonome per
poter coesistere con i lavoratori umani devono imparare almeno quattro cose.
Questi
quattro elementi possiamo capirli come una declinazione operativa della dignità
insita nel lavoratore umano.
Solo se le macchine sapranno interagire con
l’uomo secondo queste direzioni allora non solo non nuoceranno alla persona ma
ne sapranno tutelare la dignità e l’inventività senza mortificarne l’intrinseco
valore.
Intuizione.
Quando
due esseri umani cooperano normalmente l’uno riesce ad anticipare e assecondare
le intenzioni dell’altro perché riesce a intuire cosa sta facendo o cosa vuole
fare.
Si pensi alla situazione in cui vediamo una
persona che cammina con le braccia piene di pacchi.
Istintivamente
capiamo che la persona sta trasportando quei pacchi e la aiutiamo rendendole il
lavoro più semplice o trasportando per lei parte del fardello che le ingombra
le braccia.
Questa
capacità umana è alla base della grande duttilità che caratterizza la nostra
specie e che ci ha permesso di organizzarci fin dai tempi più antichi riuscendo
a cooperare nella caccia, nell’agricoltura e poi nel lavoro.
In un
ambiente misto uomo-robot le IA devono essere in grado di intuire cosa gli
uomini vogliono fare e adattarsi alle loro intenzioni cooperando.
Solo
in un ambiente di lavoro in cui le macchine sapranno capire l’uomo e
assecondare il suo agire potremo veder rispettato l’ingegno e la duttilità
umana. La macchina si deve adattare all’uomo e alla sua unicità e non
viceversa.
Intellegibilità.
I robot in quanto macchine operatrici
funzionano secondo algoritmi di ottimizzazione.
I software ottimizzano l’uso energetico dei
loro servomotori, le traiettorie cinematiche e le velocità operative.
Se un robot deve prendere un contenitore
cilindrico da una fila di contenitori il suo braccio meccanico scarterà verso
il contenitore prescelto secondo una traiettoria di minimo consumo energetico e
temporale.
Un uomo, di contro, se deve prendere lo stesso
barattolo si muoverà verso quello in una maniera che fa capire a chi gli è
intorno cosa stia tentando di fare.
L’uomo
è in grado, nel vedere un altro uomo che compie un’azione, di capire cosa stia
per fare in forza non dell’ottimizzazione dell’azione altrui ma della sua
intellegibilità.
Il
modo di compiere le azioni rende l’agito intellegibile e prevedibile.
Se vogliamo garantire un ambiente di lavoro
misto in cui l’uomo possa coesistere con la macchina il modo di compiere le
azioni della macchina dovrà essere intellegibile.
Dovremmo
far sì che la persona che condivide con la macchina lo spazio di lavoro possa
sempre essere in grado di intuire qual è l’azione che la macchina sta per
compiere.
Questa
caratteristica è necessaria, tra l’altro, per permettere all’uomo di coesistere
in sicurezza con la macchina non esponendosi mai a eventuali situazioni
dannose.
Non è
l’ottimizzazione dell’agito della macchina la più importante finalità che deve
caratterizzare i suoi algoritmi ma il rispetto dell’uomo.
Adattabilità.
Un
robot dotato di IA si adatta all’ambiente e alle circostanze per compiere delle
azioni autonome.
Tuttavia
non si tratta di progettare e realizzare algoritmi di intelligenza artificiale
che siano in grado di adattarsi solo all’imprevedibile condizione dell’ambiente
donando alla macchina una sorta di consapevolezza sulla realtà che la circonda.
In una
situazione di cooperazione e lavoro mista tra uomo e macchina il robot deve
adattarsi anche alla personalità umana con cui coopera.
Per
esemplificare questa caratteristica proviamo a fare un esempio.
Supponiamo
di avere un’automobile a guida autonoma.
La
macchina dovrà adattarsi alle condizioni del traffico:
in
condizioni di intenso traffico se la macchina non possiede degli efficienti
algoritmi di adattabilità rischia di rimanere sempre ferma perché gli altri
veicoli a guida umana le passeranno sempre avanti cercando di evitare
l’ingorgo.
Oppure
se non fosse abbastanza adattabile rischierebbe di causare degli incidenti non
capendo l’intenzione furtiva di cambiare corsia del guidatore che ha davanti.
Tuttavia
vi è un ulteriore e più importante adattamento che la macchina deve saper fare:
quello alla sensibilità dei suoi passeggeri.
Qualcuno potrebbe trovare la lentezza della
macchina nel cambiare corsia esasperante o, al contrario, potrebbe trovare il
suo stile di guida troppo aggressivo e vivere tutto il viaggio con
l’insostenibile angoscia che un incidente sia imminente.
La
macchina deve adattarsi alla personalità con cui interagisce.
L’uomo non è solo un essere razionale ma anche
un essere emotivo e l’agire della macchina deve essere in grado di valutare e
rispettare questa unica e peculiare caratteristica del suo partner di lavoro.
La
dignità della persona è espressa anche dalla sua unicità.
Saper valorizzare e non mortificare questa
unicità di natura razionale-emotiva è una caratteristica chiave per una
coesistenza che non sia un detrimento della parte umana.
Adeguatezza
degli obiettivi.
Un robot è governato da degli algoritmi che ne
determinano delle linee di condotta.
Si pensi a uno di quei robot casalinghi in
vendita nei negozi di elettrodomestici che in maniera autonoma pulisce il
pavimento raccogliendo la polvere.
I suoi algoritmi sono programmati per questo
ma il robot è programmato per raccogliere la polvere o per raccogliere il
massimo della polvere possibile?
Se in
un ambiente di sole macchine l’assolutezza dell’obiettivo è una policy adeguata
in un ambiente misto di lavoro uomo-robot questo paradigma non sembra essere
del tutto valido.
Se il robot vuole interagire con la persona in
una maniera che sia conveniente e rispettosa della sua dignità deve poter
aggiustare i suoi fini guardando la persona e cercando di capire qual è
l’obiettivo adeguato in quella situazione.
Si
pensi a una situazione in cui un lavoratore e un robot cooperino nella
realizzazione di un artefatto.
Il robot non può avere come unica policy
l’assolutezza del suo obiettivo come se fosse la cosa più importante e assoluta
ma deve saper adeguare il suo agire in funzione dell’agire e dell’obiettivo che
ha la persona che con lui coopera.
In altri termini si tratta di acquisire, ci si
perdoni il termine, una sorta di umiltà artificiale che, tornando all’esempio
del robot aspirapolvere, consenta alla macchina di comprendere se deve aspirare
tutta la polvere possibile o in questo momento aspirare solo un po’ di polvere
e poi tornare a compiere questa funzione più tardi perché sono sorte altre
priorità nelle persone che in quel momento sono nella stanza.
Si
tratta di stabilire che la priorità operativa non è nell’algoritmo ma nella
persona che è luogo e sede di dignità.
In un
ambiente misto è la persona e il suo valore unico ciò che stabilisce e
gerarchizza le priorità:
è il
robot che coopera con l’uomo e non l’uomo che assiste la macchina.
Se
queste quattro direttrici possono essere quattro dimensioni di tutela della
dignità della persona nella nuova e inedita relazione tra uomo e macchina
sapiens/autonoma bisogna poterle garantire in maniera certa e sicura.
Si
devono allora sviluppare degli algoritmi di verifica indipendenti che sappiano
in qualche modo quantificare e certificare questa capacità di intuizione,
intellegibilità, adattabilità e adeguatezza degli obiettivi del robot.
Questi
algoritmi valutativi devono essere indipendenti e affidati a enti terzi
certificatori che si facciano garanti di questo.
Serve
implementare da parte del governo un framework operativo che, assumendo questa
dimensione valoriale, la trasformi in strutture di standardizzazione,
certificazione e controllo che tutelino la persona e il suo valore in questi
ambienti misti uomo-robot.
Non
bastano standard ma servono algoritmi che sappiano valutare in maniera
intelligente l’adeguatezza delle intelligenze artificiali destinate a
coesistere e cooperare con il lavoratore umano.
Solo
in questa maniera potremmo non subire l’innovazione tecnologica ma guidarla e
gestirla nell’ottica di un autentico sviluppo umano anche nell’era dei robot e
delle intelligenze artificiali.
Volendo
concludere possiamo soffermarci su una categoria di fondo necessaria per una
gestione etico-politica di queste tecnologie.
Il mondo della tecnologia è oggi descritto
dalla categoria dell’innovazione. Continuando a guardare la tecnologia
solamente come innovazione rischiamo però di non riuscirne a percepire la
portata di trasformazione sociale né di orientarne verso il bene gli effetti.
L’innovazione
indica un avanzamento o una trasformazione graduale contrassegnati da un sempre
maggiore aumento di capacità e potenzialità.
Non tutti i progressi sono nel bene o per il
bene o comportano solo del bene.
Per
poter parlare di innovazione come di un bene e per poterla orientare al bene
comune abbiamo bisogno di una qualifica che sia in grado di descrivere come e
quali caratteristiche del progresso contribuiscano al bene dei singoli e della
società.
Per
questo si utilizza la categoria dello sviluppo.
L’idea
di sviluppo umano porta l’attenzione su un concetto di ampia portata che si
concentra su quei processi che espandono le possibilità di scelta degli
individui e che migliorano le loro prospettive di benessere e che consentono ai
singoli e ai gruppi di procedere il più speditamente possibile verso il loro
potenziamento.
Lo
sviluppo umano è da intendersi, quindi, come un fine e non come un mezzo che
caratterizza il progresso definendo delle priorità e dei criteri.
Parlare di sviluppo significa, quindi, non
mettere la capacità tecnica al centro dell’attenzione bensì tenere l’uomo al
centro della riflessione e come fine che qualifica il progresso.
Utilizzare
eticamente la tecnologia oggi significa cercare di trasformare l’innovazione in
sviluppo.
Significa
indirizzare la tecnologia verso e per lo sviluppo e non semplicemente cercare
un progresso fine a sé stesso.
Sebbene non sia possibile pensare e realizzare
la tecnologia senza delle forme di razionalità specifiche (il pensiero tecnico
e scientifico), porre al centro dell’interesse lo sviluppo significa dire che
il pensiero tecnico-scientifico non basta a sé stesso.
Servono
diversi approcci compreso quello umanistico.
Lo
sviluppo necessario per affrontare le sfide del cambio d’epoca dovrà essere:
a)
globale, ovvero per tutte le donne e per tutti gli uomini e non solo di
qualcuno o di qualche gruppo (distinto per sesso, lingua o etnia);
b)
integrale, ovvero di tutta la donna e di tutto l’uomo;
c) plurale, ovvero attento al contesto sociale
in cui viviamo, rispettoso della pluralità umana e delle diverse culture;
d)
fecondo, ovvero capace di porre le basi per le future generazioni, invece che
miope e diretto all’utilizzo delle risorse dell’oggi senza mai guardare al
futuro;
e)
gentile, ovvero rispettoso della terra che ci ospita (la casa comune), delle
risorse e di tutte le specie viventi.
Per la
tecnologia e per il nostro futuro abbiamo bisogno di uno sviluppo che
sinteticamente vorrei definire gentile.
L’etica
delle intelligenze artificiali è questo e le scelte etiche sono quelle che
vanno nella direzione dello sviluppo gentile.
Uomini
contro macchine:
ma
stavolta è diverso?
Soldionline.it
- Valter Buffo- (1°set. 2020) – ci dice:
Nel
corso del tempo le convinzioni sui mercati cambiano, e cambiano a causa del
fatto che regolarità che sono state osservate per anni, e forse per decenni, da
un momento all’altro possono scomparire.
analisi-tecnica-temi.
Nei
nostri contributi di questa serie per “Recede” si è affrontato un problema
imponente, sia per ampiezza sia per durata.
Il
problema è che i “modelli” a cui si affidano i gestori quantitativi, i” robot
advisors”, e chi utilizza gli algoritmi, dovrebbero basarsi su una superiorità
del calcolo matematico rispetto all’intuizione umana, ma spesso non risultano
superiori.
Abbiamo
presentato, nel corso delle prime 21 settimane, una serie di evidenze, e di
dati, che lo dimostrano.
Da
ultimo, la settimana scorsa, ci siamo concessi qualche momento di umorismo,
perché negli ultimi mesi fioccavano le battute e gli scherzi che riguardano la
tradizionale relazione, simbolo della cosiddetta “finanza quantitativa”, tra i
titoli azionari di tipo “value” ed i titoli azionari di tipo “growth”.
Il
tema resta attualissimo, come ci conferma oggi la prima immagine:
una
ricerca della banca globale di investimento BofA, che si domanda già nel titolo se “questa volta è diverso”.
Non si
tratta, come già abbiamo chiarito, di un argomento accademico:
si tratta invece di un argomento con profonde
radici nell’operatività, nella pratica finanziaria, nelle strategie di gestione
dei portafogli.
Nel XX
secolo, negli anni che vanno dal Dopoguerra alla crisi dei “dot.com” all’inizio
del nuovo millennio, le strategie basate sui titoli “value” hanno premiato gli investitori, hanno
dominato tra i gestori professionali, ed hanno fatto da base alla costruzione,
da parte dei media, di figure mitiche tra i gestori di Fondi, primo fra tutti
Warren Buffett” e poi anche il “Joel Greenblatt” già citato da noi sette giorni
fa.
Anche leggere le fluttuazioni selvagge dei
prezzi delle azioni quotate sui giornali lo rese profondamente scettico sulla
presunta razionalità dei mercati. Un giorno si imbatté in un articolo di
Fortune sulla selezione dei titoli e all'improvviso tutto andò a posto. “Si è
spenta una lampadina. Per me era semplicemente logico che i prezzi non fossero
necessariamente corretti", ricorda Greenblatt, il cui hedge fund Gotham
Capital ha registrato una delle serie di vittorie più grandi di sempre del
settore fino a quando non è stato chiuso agli investitori esterni nel 1994.
"Comprare azioni a buon mercato è fantastico , ma acquistare buone aziende
a buon mercato è ancora meglio. Questa è una combinazione potente. L’articolo è
diventato la sua droga di accesso a una scuola di gestione del denaro nota come
“value investing”, che consiste nel cercare di identificare aziende buone e
solide che vengono scambiate al di sotto del loro giusto valore. Il pezzo è
stato scritto da Benjamin Graham, un finanziere che negli anni ’30 per primo
articolò i principi fondamentali del value investing e lo trasformò in un
fenomeno. Uno dei protetti di Graham era un giovane gestore finanziario
chiamato Warren Buffett, che portò alle masse il vangelo dell'investimento di
valore.
Quando”
Joel Greenblatt” frequentò la “Wharton Business School” alla fine degli anni
’70, la teoria dei “mercati efficienti” era in piena fioritura, avvicinandosi
al punto di diventare un dogma tra gli esperti finanziari.
Al
giovane studente sembrava tutto fasullo.
Il
signor “Greenblatt” aveva già sviluppato un gusto per le scommesse calcolate
sulle corse dei cani.
Anche
leggere le fluttuazioni selvagge dei prezzi delle azioni quotate sui giornali
lo rese profondamente scettico sulla presunta razionalità dei mercati.
Un giorno si imbatté in un articolo di
“Fortune” sulla selezione dei titoli e all'improvviso tutto andò a posto.
“Si è
spenta una lampadina. Per me era semplicemente logico che i prezzi non fossero
necessariamente corretti", ricorda “Greenblatt”, il cui “hedge fund Gotham
Capital” ha registrato una delle serie di vittorie più grandi di sempre del
settore fino a quando non è stato chiuso agli investitori esterni nel 1994.
"Comprare
azioni a buon mercato è fantastico, ma acquistare buone aziende a buon mercato
è ancora meglio.
Questa
è una combinazione potente.
L’articolo
è diventato la sua droga di accesso a una scuola di gestione del denaro nota
come “value investing”, che consiste nel cercare di identificare aziende buone
e solide che vengono scambiate al di sotto del loro giusto valore.
Il
pezzo è stato scritto da “Benjamin Graham”, un finanziere che negli anni ’30
per primo articolò i principi fondamentali del “value investing” e lo trasformò
in un fenomeno.
Uno
dei protetti di “Graham” era un giovane gestore finanziario chiamato “Warren
Buffett”, che portò alle masse il vangelo dell'investimento di valore.
Persino
“Warren Buffet”, assunto nel corso dei decenni al ruolo di “massimo guru”
dell’investimento azionario, negli ultimi dieci anni è andato in difficoltà a
causa dei titoli azionari cosiddetti “value”:
si tratta di difficoltà che si manifestano
attraverso i i risultati del suo principale (e più noto) veicolo di
investimento, che vedete rappresentate in una immagine (elaborata
dall'autorevole “Financial Times”), e altre difficoltà che riguardano
l’immagine di Buffet che viene diffusa dai media.
Potete
leggere sui titoli dell’autorevole periodico” Institutional Investments”, che
si domanda se nei mercati del “post-COVID” le strategie di investimento di tipo
“value” hanno ancora un senso.
Questa
immagine, e questo titolo, a noi sono utili per mettere in chiaro il fatto che
nel corso del tempo le convinzioni sui mercati cambiano, e cambiano a causa del
fatto che regolarità che sono state osservate per anni, e forse per decenni, da
un momento all’altro possono scomparire, non verificarsi più, ed in qualche
caso addirittura invertirsi di segno.
La
rilevanza di questa osservazione, per ognuno dei nostri lettori, è la seguente:
quando leggete che c’è un modellino matematico che si occupa di fare la “asset
allocation” dei vostri portafogli in titoli, quando leggete che c’è un
algoritmo che decide quando comperare e quando vendere, e quando leggete che
c’è un altro algoritmo che fa la selezione dei titoli, oppure la “selezione dei
Fondi Comuni di Investimento”, dovete ricordare ciò che avete letto in questi
nostri primi 22 contributi a SoldiOnline.it, e chiedervi su quali basi
l’algoritmo è stato scritto, su quali parametri è stato settato, su quali
(presunte) regolarità dei mercati l’algoritmo fa la sua selezione e il
modellino fa la vostra” asset allocation”.
Se, a
puro titolo di esempio, algoritmo e modellino seguono i dettami della teoria
“value vs growth” allora avete un serio problema.
Ma
sono molte altre, le regolarità che sono scomparse nel nuovo millennio, ed i
modelli che per conseguenza non funzionano più.
Ho
sempre pensato di essere un investitore discrezionale migliore di quello che
sono. Penso di poter prevedere dove andrà il mercato.
Penso
di sapere quali stili di investimento funzioneranno meglio in futuro. Quando
ripenso alla crisi attuale, sono abbastanza convinto di averla prevista e che
avrei potuto vendere al massimo e poi riacquistare al minimo.
Naturalmente,
niente di tutto ciò è realmente vero.
Ed è per questo che alla fine sono diventato
un quantistico.
La
cosa più importante che mi è accaduta nella mia carriera di investimento è
stato il riconoscimento di non essere in grado di controllare le mie emozioni e
i miei pregiudizi, quindi la mia unica soluzione è adottare una strategia di
investimento che ne limiti l’impatto.
Ma
nonostante io sia un grande sostenitore degli investimenti quantistici, penso
che tutti noi che siamo quantistici a volte possiamo cadere nella trappola di
pensare che il modo in cui facciamo le cose sia l’unico modo.
La
possibilità che un essere umano emotivo, influenzato negativamente da una
miriade di pregiudizi, possa fare meglio delle nostre strategie computerizzate
e prive di emozioni, non è qualcosa che possiamo immaginare.
Ma penso che questo semplifichi eccessivamente
il problema.
Anche
se oggi sono un convinto sostenitore delle strategie quantitative tanto quanto
lo ero quando ho iniziato a utilizzarle, l’argomento a favore delle strategie
quantitative non è così netto e arido come penso.
Come la maggior parte delle cose che
riguardano gli investimenti, questa è una medaglia che ha due facce.
Il
recente declino del mercato legato al COVID-19 ha messo in luce alcuni dei
grandi punti di forza delle strategie quantitative, ma ne ha anche evidenziato
alcuni punti deboli, quindi ho pensato che questo potrebbe essere un momento
interessante per esaminare entrambi i lati della questione.
Al giovane studente sembrava tutto fasullo.
Il
signor “Greenblatt” aveva già sviluppato un gusto per le scommesse calcolate
sulle corse dei cani.
Anche
leggere le fluttuazioni selvagge dei prezzi delle azioni quotate sui giornali
lo rese profondamente scettico sulla presunta razionalità dei mercati.
Un giorno si imbatté in un articolo di “Fortune”
sulla selezione dei titoli e all'improvviso tutto andò a posto.
“Si è
spenta una lampadina. Per me era semplicemente logico che i prezzi non fossero
necessariamente corretti", ricorda “Greenblatt”, il cui “hedge fund Gotham
Capital” ha registrato una delle serie di vittorie più grandi di sempre del
settore fino a quando non è stato chiuso agli investitori esterni nel 1994.
"Comprare
azioni a buon mercato è fantastico, ma acquistare buone aziende a buon mercato
è ancora meglio.
Questa
è una combinazione potente.
L’articolo
è diventato la sua droga di accesso a una scuola di gestione del denaro nota
come “value
investing”,
che consiste nel cercare di identificare aziende buone e solide che vengono
scambiate al di sotto del loro giusto valore.
Il
pezzo è stato scritto da “Benjamin Graham”, un finanziere che negli anni ’30
per primo articolò i principi fondamentali del “value investing” e lo trasformò
in un fenomeno.
Uno
dei protetti di “Graham” era un giovane gestore finanziario chiamato “Warren
Buffett”, che portò alle masse il vangelo dell'investimento di valore.
Persino
“Warren Buffet”, assunto nel corso dei decenni al ruolo di “massimo guru”
dell’investimento azionario, negli ultimi dieci anni è andato in difficoltà a
causa dei titoli azionari cosiddetti “value”:
si tratta di difficoltà che si manifestano
attraverso i i risultati del suo principale (e più noto) veicolo di
investimento, che vedete rappresentate in una immagine (elaborata
dall'autorevole “Financial Times”), e altre difficoltà che riguardano
l’immagine di Buffet che viene diffusa dai media.
Potete
leggere sui titoli dell’autorevole periodico” Institutional Investments”, che
si domanda se nei mercati del “post-COVID” le strategie di investimento di tipo
“value” hanno ancora un senso.
Questa
immagine, e questo titolo, a noi sono utili per mettere in chiaro il fatto che
nel corso del tempo le convinzioni sui mercati cambiano, e cambiano a causa del
fatto che regolarità che sono state osservate per anni, e forse per decenni, da
un momento all’altro possono scomparire, non verificarsi più, ed in qualche caso addirittura invertirsi di segno.
La
rilevanza di questa osservazione, per ognuno dei nostri lettori, è la seguente:
quando leggete che c’è un modellino matematico che si occupa di fare la “asset
allocation” dei vostri portafogli in titoli, quando leggete che c’è un
algoritmo che decide quando comperare e quando vendere, e quando leggete che
c’è un altro algoritmo che fa la selezione dei titoli, oppure la “selezione dei
Fondi Comuni di Investimento”, dovete ricordare ciò che avete letto in questi
nostri primi 22 contributi a SoldiOnline.it, e chiedervi su quali basi
l’algoritmo è stato scritto, su quali parametri è stato settato, su quali
(presunte) regolarità dei mercati l’algoritmo fa la sua selezione e il
modellino fa la vostra” asset allocation”.
Se, a
puro titolo di esempio, algoritmo e modellino seguono i dettami della teoria
“value vs growth” allora avete un serio problema.
Ma
sono molte altre, le regolarità che sono scomparse nel nuovo millennio, ed i
modelli che per conseguenza non funzionano più.
Uomo
contro macchina:
tutto
parte da Milano.
Mitomorrow.it
- Luca Talotta – (28 Aprile 2022) – ci dice:
Basta
Formula 1 e MotoGP, il futuro sarà questo: meglio il passato?
Il
futuro sarà uomo contro macchina, basta gare di Formula 1 e MotoGP, basta a
uomini che sfidano altri uomini.
Il destino è ormai segnato e il tutto parte da
Milano.
Da
quel Politecnico che mai come oggi risulta essere un polo d’attrazione
incredibile sia per il contesto nazionale, sia per quello internazionale.
Uomo
contro macchina, il progetto parte da Milano.
Il
Politecnico, dicevamo.
La
struttura universitaria, al recente” Ces” di “Las Vegas” di gennaio, ha
presentato la sua “monoposto Poli Move”, sviluppata da una vettura fornita
dalla “Dallara”, altra storica azienda made in Italy, che ha consegnato un
telaio appositamente modificato per l’occorrenza.
E a
lanciare il sasso per le prossime sfide uomo contro macchina ci ha pensato “Matteo
Savaresi”, docente di “Automazione dei veicoli” al “Politecnico di Milano”, durante convegno «Dallara 5.0»
organizzato dall’azienda a “Varano de’ Melegari” per celebrare i suoi 50 anni
di vita:
«Non credo che l’attuale format, la
competizione solo tra auto a guida autonoma, sia molto intrigante per il grande
pubblico.
Quindi la sfida interessante sarà uomo contro
macchina».
Il
fattore umano sarà ancora fondamentale.
Savaresi”
ha comunque precisato:
«Il fattore umano sarà ancora decisivo anche
perché dietro l’intelligenza artificiale c’è sempre un’intelligenza umana. La
componente umana c’è, ci sarà e ci deve essere».
Di certo le sfide tra uomo e macchina non sono
un fattore di novità.
Era il 1997 quando, ad esempio, quando il
campione di scacchi russo “Garri Kasparov” sfidò “Deep Blue,” il computer
dell’Ibm capace di vincere la partita contro il maestro.
Oppure la “Indy Autonomous Challegge”, la
sfida per auto a guida elettrica che si è svolta proprio al “Ces” di “Las Vegas”.
Le
auto a guida autonoma, il futuro dell’automotive.
Le
auto a guida autonoma sono di certo molto interessanti.
Vetture
che possono raggiungere velocità incredibili, anche da 300 km/h, con potenze da
550 cavalli e tutti i sensori del caso, dal “gps” a sistemi più complessi. La
cosa certa è che gli investimenti sulla guida autonoma stanno avanzando a
grandi ritmi e questo, per il futuro, è un dato sul quale molti dovranno
riflettere.
Milano,
ad ora, è sicuramente una capostipite di questi sviluppi grazie al Politecnico.
La
Cina ha la
totale capacità di contrastare l'idiota "agenda verde" che i pazzi occidentali
anti-cinesi stanno spingendo.
Unz.com - ANDREW ANGLIN – (3 AGOSTO 2023) – ci
dice:
Penso
che tutti noi dobbiamo prenderci un momento e riflettere sul fatto che c'è una
sovrapposizione al 100% tra i fanatici anti-Cina e i credenti nella bufala del riscaldamento
globale che vogliono usare sostanze chimiche velenose mortali per costruire
inutili macchine del destino (e uccelli e balene del genocidio).
La
cosa più esilarante di tutto questo conflitto con la Cina è che gli Stupidi
Fatmericani credevano che la Cina sarebbe stata il loro più grande alleato fino
al 2013.
Poi si
è scoperto che Xi non era un individuo democratico, ma piuttosto stava
riportando la Cina alla sua forma tradizionale di governo, che è una monarchia
imperiale che sovrintende a un impero mercantile.
Nell'ultimo
decennio, tutti questi hanno detto "oh ragazzo, cosa facciamo adesso?"
In
realtà, la Cina farebbe qualsiasi cosa tu la paghi per fare, in termini di
produzione di qualsiasi stupida "tecnologia verde" distruttiva per
l'ambiente.
La
Cina guadagnerà qualsiasi cosa se li paghi.
Ma
questo non è abbastanza per l'Occidente, che insiste nell'adottare il suo
stupido e satanico sistema di "democrazia", o pagare il prezzo più
alto.
Ernest
Scheyder e Eric Onstad – che sono entrambi probabilmente ebrei – scrivono per la
Reuters :
Raffinare
le terre rare per la transizione verso l'energia verde è difficile. Basta
chiedere a “MP Materials” e “Lynas”.
Le due
più grandi aziende di terre rare al mondo al di fuori della Cina stanno
affrontando sfide per trasformare la roccia delle loro miniere nei mattoni per
i magneti utilizzati nell'economia globale, dall'iPhone di Apple alla Model 3
di Tesla al jet da combattimento F-35 della Lockheed Martin.
La
spinta dell'Occidente a sviluppare forniture indipendenti di minerali critici
ha assunto maggiore urgenza dopo che Pechino ha imposto controlli sulle
esportazioni il mese scorso sui metalli strategici gallio e germanio,
sollevando timori globali che la Cina possa bloccare le esportazioni di terre
rare o tecnologie di lavorazione in futuro .”
Le
recenti lotte di” MP”,” Lynas” e altre aziende per raffinare le proprie terre
rare evidenziano il difficile compito che il resto del mondo deve affrontare
per spezzare la morsa della Cina sul gruppo chiave di 17 metalli necessari per
la transizione verso l'energia pulita , come hanno dimostrato le interviste con
più di una dozzina di consulenti, dirigenti, investitori e analisti del
settore.
Le
complessità tecniche, le tensioni di partnership e le preoccupazioni per
l'inquinamento stanno ostacolando la capacità delle aziende di strappare quote
di mercato alla Cina, che secondo l'”Agenzia internazionale per l'energia” controlla
l'87% della capacità globale di raffinazione delle terre rare.
Se i
progetti continuano a lottare, diverse economie potrebbero non riuscire a
raggiungere l'obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio a zero emissioni
nette entro il 2050 per ridurre al minimo l'impatto del cambiamento climatico,
senza il coinvolgimento di Pechino.
I
piani per l'australiana” Lynas” di costruire una raffineria di terre rare negli
Stati Uniti con un partner con sede in Texas sono crollati, secondo due fonti
che hanno familiarità con la questione.
Lynas
ha detto che sta cercando di finire una raffineria di terre rare nell'Australia
occidentale che ha ostacoli e sta costruendo il proprio impianto altrove in
Texas.
L'obiettivo
di “MP” di raffinare i propri metalli delle terre rare nel 2020 è stato
ostacolato dalla pandemia di COVID-19 e dalle sfide tecniche, spostando il suo
obiettivo alla fine del 2023.
Gli
aggiornamenti potrebbero arrivare giovedì, quando la società dovrebbe riferire
i suoi risultati trimestrali.
Alla
fine dell'anno scorso, MP con sede negli Stati Uniti ha dichiarato che stava
commissionando apparecchiature di raffinazione vicino alla sua miniera in
California come parte di un intricato processo di calibrazione che finora non
ha avuto successo, lasciando la società dipendente dalla Cina per la
raffinazione e quindi quasi tutte le sue entrate.
MP sta inoltre costruendo un impianto
magnetico in Texas per rifornire la General Motors che richiederà l'operatività
delle apparecchiature di raffinazione della California.
"
Quello che è successo in Cina nel corso di molti anni è che hanno investito
pesantemente e in modo intelligente nella capacità di trasformazione per
convertire il materiale (terre rare) lungo tutto il percorso dalla miniera fino
al magnete ", ha affermato “Allan Walton”, professore di metallurgia
all'Università di Pechino e all., Università di Birmingham.
Non so
se sia stato "intelligente" o meno: si trattava semplicemente di
normali pratiche commerciali. L'Occidente ha detto ai cinesi che li avrebbero
pagati per costruire tutta questa tecnologia "verde" pericolosa e
distruttiva, quindi hanno detto "ok, bene, andremo avanti, prenderemo le
forniture e inizieremo a realizzare questo prodotto che volete"
acquistare."
Presumo
che molte delle "terre rare" siano anche preziose per la produzione
di normale tecnologia di consumo, ma la maggior parte della roba super velenosa
proveniente dall'Africa viene letteralmente utilizzata solo per produrre questi
inutili e genocidi mulini a vento, lampadine velenose che emettono radiazioni
che fanno cose strane (e ancora non comprese) al cervello, schifezze per
stupide e inutili auto elettriche, e altre pericolose schifezze "verdi".
L'esperienza
di raffinazione della Cina ha permesso al paese di progettare i prezzi delle
terre rare in diverse fasi delle catene di lavorazione a suo vantaggio,
compresi i prezzi bassi per i prodotti finiti, per inibire la concorrenza
estera, hanno detto gli analisti.
La
raffinazione delle terre rare "non viene affrontata nemmeno da coloro che
stanno sviluppando la capacità dei magneti", ha detto “Ryan Castilloux”,
consulente minerario presso “Adamas Intelligence”.
Concentrandosi
strategicamente sulle industrie che utilizzano i magneti, costruiti con terre
rare raffinate in Cina con margini di profitto volutamente mantenuti bassi,
Pechino può dare impulso alla sua industria dei veicoli elettrici in forte
espansione, ha aggiunto “Castilloux”.
Il
modello cinese è entrato in forte rilievo il mese scorso, quando i prezzi delle
terre rare sono scesi al livello più basso in quasi tre anni, in parte a causa
dell'aumento dell'offerta cinese.
La
Cina offre anche uno sconto del 13% sulle esportazioni ai produttori di magneti
che utilizzano il suo materiale, rafforzando la sua posizione dominante.
Per
anni Pechino ha consentito l'importazione di roccia leggermente lavorata nota
come concentrato di terre rare per la raffinazione. La strategia aiuta a
garantire prezzi che incentivano altri paesi a scavare nuove miniere ma non a
costruire impianti di lavorazione che possano anche produrre rifiuti
radioattivi, hanno detto gli analisti.
L'anno
scorso MP ha spedito circa 43.000 tonnellate di concentrato in Cina per la
raffinazione.
I documenti normativi mostrano che ha anche
venduto rifiuti di fluoro in Cina, in perdita, lasciati da un precedente
proprietario nel suo sito in California, che ha rigide normative di stoccaggio
per il materiale.
Anche
Myanmar, Vietnam e altri paesi spediscono concentrato in Cina per la
raffinazione.
“Lynas”
raffina in Malesia il concentrato che produce in Australia, ma le autorità di
Kuala Lumpur intendono bloccare le importazioni l'anno prossimo, citando la
preoccupazione che l'impianto di Lynas perda rifiuti radioattivi , un'accusa
contestata da “Lynas”.
L'obiettivo
è quello di aprire un impianto di lavorazione sostitutivo in Australia entro la
fine dell'anno.
Sì,
l'intero progetto ecologico è così distruttivo che persino i paesi del terzo
mondo pensano "non possiamo avere questa nel nostro paese, è troppo
velenosa".
La
Cina è un grande paese e si preoccupa molto meno dell'ambiente, quindi lo
faranno e poi seppelliranno i rifiuti. Inoltre, non stanno usando molto di
questa schifezza verde (a parte le batterie della morte che esplodono nelle
loro auto elettriche alimentate a carbone, che sono più economiche e migliori
di quelle prodotte da Elon X), la stanno esportando ai ritardati in Europa e in
America (o lo erano) che stanno inquinando i loro paesi.
L'azienda
vende da tempo metalli delle terre rare negli Stati Uniti alla società privata
Blue Line per trasformarla in materiali specializzati.
Nel
2019, la coppia ha accettato di costruire impianti di raffinazione vicino a San
Antonio, in Texas, e ha discusso con i funzionari dell'amministrazione Trump i
loro piani per diventare "l'unico produttore su larga scala di elementi
separati (terre rare) al mondo al di fuori della Cina", secondo le e-mail
ottenute da Reuters .
Ma
questo sforzo, finanziato in parte dal Pentagono, da allora è fallito, hanno
detto a Reuters due fonti. Non è stato possibile determinare immediatamente le
ragioni del crollo, che non era stato segnalato in precedenza.
L'intero
progetto "verde" deve essere cancellato. È semplicemente troppo
distruttivo per la terra, ed è troppo stupidamente costoso.
Se le
persone vogliono l'auto elettrica, possono in qualche modo funzionare su
rotaie.
Non so
come funzionerebbe, ma i carrelli esistono.
(Non
lo so, ma penso che si potrebbero costruire strade con emettitori elettrici
sotto di esse, anche se questo potrebbe far venire il cancro a tutti.)
Non
sarà mai una buona idea produrre batterie al litio per qualcosa che vada oltre
la piccola elettronica di consumo.
Questi
mulini a vento non produrranno mai più elettricità di quanti ne consumino nel
processo di produzione.
I
pannelli solari sono ritardati per qualsiasi scopo diverso dal vivere da soli
nel mezzo di un deserto (che è un'azione rara).
L'"agenda
verde" distruggerà il mondo. Avvelenerà tutto e renderà il pianeta
inabitabile.
Anche
se il riscaldamento globale causato dall'uomo fosse reale, a chi importa?
Questo non lo fermerà comunque, e se stesse accadendo, perché dovrebbe
importare?
La terra era molto più calda in vari periodi
della storia.
Si
tratta solo di persone grasse che temono di diventare troppo sudate?
Inizialmente,
ci hanno detto che i "combustibili fossili" si sarebbero esauriti. Si è rivelata una bufala totale.
È
semplicemente una truffa enorme.
È
difficile elaborare il fatto che la popolazione sia così ritardata da accettare
tutto ciò e fare sacrifici personali reali e reali per una bufala così ovvia.
Almeno
con la bufala del covid c'era una minaccia teorica.
Questi sostenitori del riscaldamento globale o
inventano stupide minacce che sono ovvie bugie – come quando Al Gore disse che
le calotte polari si stavano sciogliendo (di nuovo, è davvero una minaccia?
Andate a chiedere agli olandesi se vivono sotto il livello del mare) – oppure
mantengono tutto molto vago, come "stanno arrivando i tornado..."
La
follia climatica
in
trono.
Unz.com - HANS VOGEL – (29 LUGLIO 2023) – ci
dice:
Tutti
i media statali e corporativi dell'UE hanno urlato e gridato contro il caldo in
Europa. È infernale, dicono.
Non
sono mai stati così caldi, vogliono farci credere. I
l
Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres sta dicendo al mondo che
"l'Era dell'Ebollizione Globale è arrivata".
Così tiene una lezione un uomo che è stato a
lungo associato a noti pedofili e sotto i cui auspici come primo ministro
portoghese (1995-2002) si svolgevano gli abusi sessuali sui minori nelle
cosiddette case di Casa Pia.
Sulle
mappe meteorologiche mostrate dai media, le aree con temperatura superiori ai
35 gradi centigradi sono colorate di rosso sangue.
Solo
pochi anni fa, quelle stesse temperature sarebbero state indicate da sfumature
di verde, o al massimo di giallo.
Non si
fa menzione della neve che cade sulle Alpi ad altitudini superiori ai 1.800
metri (una rarità in estate).
Né i
mezzi di comunicazione hanno fatto menzione della neve caduta a Johannesburg
solo poche settimane fa.
Apparentemente, questo è un evento raro anche
nell'inverno dell'emisfero australe.
Nel
frattempo, recenti ricerche sull'Antartide hanno dimostrato che durante il
decennio 2009-2019 la sua calotta glaciale ha avuto una crescita netta di oltre
cinquemila chilometri quadrati.
In
altre parole, i bollettini meteorologici, un tempo l'unico elemento dei media
di cui ci si poteva fidare, sono fuorvianti e mendaci come tutto il resto delle
notizie.
Ci viene detto che il clima sta cambiando ed è
tutta colpa nostra.
Quindi dobbiamo fidarci delle autorità e fare
esattamente quello che ci viene detto.
Altrimenti,
moriremo di una morte orribile!
Pertanto,
d'ora in poi, niente più barbecue.
In
inverno, dobbiamo indossare un maglione più a casa, perché la temperatura
normale dell'ambiente richiederebbe un riscaldamento eccessivo, che
contribuisce solo ulteriormente al riscaldamento globale!
Inoltre,
dovremo smettere di mangiare carne e iniziare a consumare insetti.
"Lasciate
che mangino gli insetti", è ciò che i nostri nobili condottieri nei loro
lussuosi palazzi hanno apparentemente deciso.
Solo
se passiamo a mangiare grilli e vermi della farina potrebbero essere in grado
di impedire al nostro pianeta di diventare ancora più caldo.
I nostri governanti ci assicurano che "la maggior
parte degli scienziati" concorda sul fatto che l'attività umana fa sì che
il pianeta diventi sempre più caldo.
In un
certo senso, questo è un pensiero rassicurante, perché a quanto pare la scienza
è quindi democratica.
Quando
"la maggior parte degli scienziati" crede in qualcosa, deve essere
vero, perché dopo tutto sono scienziati!
Ma dal
momento che sono umani, possono anche sbagliarsi. Quindi forse il cambiamento climatico
antropogenico è un non-problema, dopo tutto!
Non
molto tempo fa, i nostri governi ci hanno assicurato che c'era una malattia
killer là fuori e l'unica cosa che potevamo fare per essere al sicuro era fare
un vaccino anti-covid.
Ora
sta diventando sempre più noto che alcuni di quei vaccini stavano facendo più
male che bene.
Il "vaccino" di Moderna sta causando
problemi cardiaci a un destinatario su trentacinque.
Il vaccino Pfizer, mai adeguatamente testato,
ha oltre 1.200 effetti collaterali che vanno da gravi a molto gravi (compresa
la morte!).
Siamo
stati portati a credere che, una volta vaccinati, non avremmo potuto diffondere
la temuta malattia (avremmo potuto) e quando siamo stati abbattuti dal covid,
ci è stato detto che gli effetti erano "meno gravi".
Le
cose saranno certamente andate "molto peggio" se così tanti di noi
non avrebbero fatto quelle iniezioni.
Nella
narrazione del riscaldamento globale, i governi stanno ora usando gli stessi
argomenti e trucchi che hanno usato per intimidire i cittadini e sottometterli
durante la "pandemia". Tuttavia, come con un coltello da cucina, è necessario
affilarlo per continuare a usarlo.
È piuttosto dubbio che i trucchi funzioneranno
con la stessa efficacia che durante il “Great Covid Show”.
Anche
un mago ha bisogno di adattare di tanto in tanto i suoi trucchi.
I
governi, d'altro canto, sembrano essere diventati così fiduciosi e sicuri di sé
da pensare di poter realizzare qualsiasi cosa.
È un
bene che si dimentichino la regola numero uno in ogni gara e showdown, ovvero
non sottovalutare mai il proprio avversario.
Nel
frattempo in Europa il collasso degli Stati voluto dagli Stati Uniti e dai loro
strumenti come il WEF sembra procedere secondo i piani.
La
Francia è ancora frastornata dagli effetti dell'ondata di violenza che l'ha
colpita all'inizio dell'estate.
Nelle
città e nei villaggi di tutta la Germania, cittadini arrabbiati e impauriti
organizzano manifestazioni di cui i media non parlano;
le
località lacustri e le piscine, un tempo tranquille e piacevoli, si sono
trasformate in focolai di conflitti interrazziali a causa del comportamento
inaccettabile di bande di stranieri a cui non avrebbero mai dovuto essere
ammessi nel paese. Viaggiare sui treni in molti paesi europei è diventato
pericoloso per i veri europei nativi, in particolare per le donne.
Molte
stazioni ferroviarie, soprattutto nelle città più grandi, sono zone pericolose.
Il 7
luglio, il primo ministro olandese “Mark Rutte”, alleviando il voto di sfiducia
in programma in parlamento, ha annunciato il suo completo ritiro dalla
politica.
Uno
dei suoi partner di coalizione aveva indicato di essere disposto a lasciare il
governo.
Da
quel momento in poi è dimissionario e, paradossalmente, in una posizione che
gli permette di governare come un dittatore.
Dopotutto,
qualcuno deve occuparsi degli affari quotidiani e governare il paese e Rutte
non può più essere destituito con una votazione.
Una
delle cose che deciderà, senza bisogno dell'approvazione parlamentare, sarà un
decreto che permetterà ai bambini da uno a dodici anni di optare per
l'eutanasia.
Nuove
elezioni sono previste a novembre e dato che di solito ci vuole circa un anno
per costruire un nuovo governo di coalizione, Rutte si è concesso un
prolungamento della carriera di ben oltre un anno.
Abbastanza sorprendentemente, con una mossa senza
precedenti, venti dei 150 membri del parlamento hanno annunciato il loro ritiro
dalla politica.
Tra
loro ci sono diversi leader di partiti importanti e alcuni politici molto
visibili e rumorosi.
Perché
questa ritirata improvvisa e massiccia? Che cosa sanno che il pubblico votante
non sa?
Come
in molti altri stati "democratici" dell'Occidente, il dibattito
parlamentare è diventato piuttosto privo di significato.
Con la
rigida applicazione della disciplina di partito, una volta che un governo è al
potere, non c'è nulla che possa spodestarlo, tanto meno un dibattito in
parlamento.
I
ministri del governo che si rifiutano di rispondere alle domande in parlamento,
infrangendo leggi e regolamenti, possono semplicemente farlo e non doverne mai
affrontare le conseguenze.
Questa è diventata una pratica comune in tutta
l'UE.
In
altre parole, l'illegalità regna sovrana.
Perché
allora i politici dovrebbero rinunciare volontariamente all'accesso alle
pentole e ai barili di maiale?
Sembrerebbe
che stiano per verificarsi alcuni profondi cambiamenti sistemici. Dovremmo
guardare a Bruxelles?
Gli
apparatchik non eletti dell'Urss in quella città maledetta gestiscono una
dittatura centralizzata.
La maggior parte degli europei non ha ancora capito
che la sovranità nazionale ha cessato di esistere da tempo in tutti gli Stati
membri dell'UE e che i loro parlamenti sono tutti falsi.
L'UE
non è altro che il ramo politico della NATO, e la NATO è per gli Stati Uniti
ciò che la” Lega Attica” è stata per “Atene”:
un meccanismo di controllo imperiale
travestito da alleanza volontaria.
Il
palcoscenico politico nei Paesi Bassi si sta ora preparando per l'apparizione
stellare di “Frans Timmermans”, il corpulento "commissario per l'azione
per il clima" dell'UE di origine olandese, il pazzo per il clima in capo.
Quest'uomo
si candiderà per un seggio nel parlamento olandese come leader del nuovo
Partito socialdemocratico-verde.
Inutile
dire che Timmermans non prenderebbe nemmeno in considerazione questa mossa se
non fosse sicuro di vincere e diventare il nuovo Primo Ministro.
Presto anche altri Stati membri dell'UE
avranno governi guidati da ex commissari europei.
Se
tutto andrà secondo i piani, vorrà dire che la trasformazione dell'UE in una
copia della vecchia URSS sarà completata.
Tuttavia,
mentre la leadership dell'URSS aveva più o meno a cuore gli interessi dei suoi
cittadini (l'istruzione e l'assistenza sanitaria erano gratuite e di buona
qualità), l'Unione Sovietica è un inferno distopico, gestito da psicopatici che
pensano di essere dei.
Hanno
intenzionalmente distrutto l'istruzione e la sanità pubblica.
Come
l'URSS è crollata sotto il suo stesso peso, così farà l'EuSSR.
Speriamo
che questo avvenga il prima possibile.
Mons.
Viganò Convocato in Vaticano
per
Essere Scomunicato da Francesco!
Conoscenzealconfine.it
– (21 Giugno 2024) - Mons. Carlo Maria Viganò – ci dice:
Il
Dicastero per la Dottrina della Fede mi ha comunicato, con una semplice email,
l’avvio di un processo penale extragiudiziale nei miei confronti, con l’accusa
di essere incorso nel delitto di scisma e contestandomi di aver negato la
legittimità di “Papa Francesco”, di aver rotto la comunione “con Lui” e di aver
rifiutato il Concilio Vaticano II.
Mi si
convoca al Palazzo del Sant’Uffizio il 20 Giugno, in persona o rappresentato da
un Avvocato.
Presumo
che anche la condanna sia già pronta, visto il processo extragiudiziale.
Considero
le Accuse Rivolte nei Miei Riguardi Come un Motivo di Onore.
Credo
che la formulazione stessa dei capi d’accusa confermi le tesi che ho più e più
volte sostenuto nei miei interventi.
Non è un caso che l’accusa nei miei confronti
riguardi la messa in discussione della legittimità di Jorge Mario Bergoglio e
il rifiuto del Vaticano II:
il Concilio rappresenta il cancro ideologico,
teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana “chiesa sinodale” è
necessaria metastasi.
Occorre
che l’Episcopato, il Clero e il popolo di Dio si interroghino seriamente se sia
coerente con la professione della Fede Cattolica assistere passivamente alla
sistematica distruzione della Chiesa da parte dei suoi vertici, esattamente
come altri eversori stanno distruggendo la società civile.
Il
globalismo chiede la sostituzione etnica:
Bergoglio
promuove l’immigrazione incontrollata e chiede l’integrazione delle culture e
delle religioni.
Il
globalismo sostiene l’ideologia LGBTQ+:
Bergoglio
autorizza la benedizione delle coppie omosessuali e impone ai fedeli
l’accettazione dell’omosessualismo, mentre copre gli scandali dei suoi protetti
e li promuove ai più alti posti di responsabilità.
Il
globalismo impone l’agenda green:
Bergoglio
rende culto all’idolo della “Pachamama”, scrive deliranti encicliche
sull’ambiente, sostiene l’Agenda 2030 e attacca chi mette in discussione la
teoria sul riscaldamento globale di origine antropica.
Esorbita
dal proprio ruolo in questioni di stretta pertinenza della scienza, ma sempre e
solo in una direzione, che è quella diametralmente opposta a ciò che la Chiesa
ha sempre insegnato.
Ha imposto l’uso dei sieri genici sperimentali, che
hanno provocato danni gravissimi, decessi e sterilità, definendoli “un atto
d’amore”, in cambio dei finanziamenti delle industrie farmaceutiche e delle
fondazioni filantropiche.
La Sua
Totale Consentaneità con la “Religione di Davos” è Scandalosa.
Ovunque
i governi al servizio del “Word Economic Forum” di Davos hanno introdotto o esteso l’aborto, promosso
il vizio, legittimato le unioni omosessuali o la transizione di genere,
incentivato l’eutanasia e tollerato la persecuzione dei Cattolici, non una
parola è stata spesa in difesa della Fede o della Morale minacciate, a sostegno
delle battaglie civili di tanti Cattolici abbandonati dal Vaticano e dai
Vescovi.
Non una parola per i Cattolici perseguitati in Cina,
complice la Santa Sede che considera i miliardi di Pechino (già ricevuti! N.D.R)) più importanti della vita e della
libertà di migliaia di Cinesi fedeli alla Chiesa Romana.
Nessuno
scisma, nella “chiesa sinodale” presieduta da Bergoglio, si ravvisa né da parte
dell’Episcopato Tedesco, né dei Vescovi di nomina governativa consacrati in
Cina senza il mandato di Roma.
Perché
la loro azione è coerente con la distruzione della Chiesa, e quindi va
dissimulata, minimizzata, tollerata e infine incoraggiata.
In
questi undici anni di “pontificato” la Chiesa Cattolica è stata umiliata e
screditata soprattutto a causa degli scandali e della corruzione dei vertici
della Gerarchia, totalmente ignorati, mentre il più spietato autoritarismo
vaticano infieriva su Sacerdoti e Religiosi fedeli, piccole comunità di Monache
tradizionali, comunità legate alla Messa in latino.
Questo
zelo a senso unico ricorda il “fanatismo di Cromwell”, tipico di chi sfida la
Provvidenza nella presunzione di sapersi finalmente in cima alla piramide
gerarchica, libero di fare e disfare a piacimento senza che nessuno obbietti
alcunché.
E
quest’opera di distruzione, questa volontà di rinunciare alla salvezza delle
anime in nome di una pace umana che nega Dio non è un’invenzione di Bergoglio,
ma lo scopo principale (e inconfessabile) di chi ha usato un Concilio per
contraddire il Magistero cattolico e iniziare a demolire la Chiesa
dall’interno, per piccoli passi, ma sempre in un’unica direzione, sempre con
l’indulgente tolleranza o la colpevole inazione, se non addirittura l’esplicita
approvazione delle Autorità romane.
La
Chiesa Cattolica è stata occupata lentamente ma inesorabilmente e a Bergoglio è
stato dato l’incarico di farla diventare un’agenzia filantropica, la “chiesa
dell’umanità, dell’inclusione, dell’ambiente” al servizio del “Nuovo Ordine Mondiale”.
Ma questa non è la Chiesa Cattolica: è la sua
contraffazione.
La
Rinunzia di Benedetto XVI e la nomina da parte della “Mafia di San Gallo” di un
successore in linea con i diktat dell’Agenda 2030 doveva consentire – e ha effettivamente consentito – di
gestire il
golpe globale con la complicità e l’autorevolezza della Chiesa di Roma.
Bergoglio
è per la Chiesa ciò che altri leader mondiali sono per le loro Nazioni:
traditori,
eversori, liquidatori finali della società tradizionale e certi dell’impunità.
Il
vizio di consenso (vitium consensus) da parte di Bergoglio nell’accettare
l’elezione si basa appunto sull’evidente alienità della sua azione di governo e
di magistero rispetto a ciò che qualsiasi Cattolico di qualsiasi tempo si
aspetta dal Vicario di Cristo e dal Successore del Principe degli Apostoli.
Tutto
ciò che Bergoglio compie costituisce un’offesa e una provocazione a tutta la
Chiesa Cattolica, ai suoi Santi di tutti i tempi, ai Martiri che sono stati
uccisi in odium Fidei, ai Papi di tutti i tempi fino al Concilio Vaticano II.
Questa
è anche e principalmente un’offesa al divino Capo della Chiesa, Nostro Signore
Gesù Cristo, la Cui sacra autorità Bergoglio esercita in danno al Corpo
Mistico, con un’azione che è troppo sistematica e coerente per poter apparire
frutto di mera incapacità.
Nell’opera di Bergoglio e della sua cerchia si
concretizza il monito del Signore: Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in
veste di agnelli, ma che nell’intimo sono lupi rapaci (Mt 7, 15).
Con
costoro mi onoro di non avere né volere alcuna comunione ecclesiale:
la
loro è una lobby, che dissimula la propria “complicità con i padroni del mondo”
per ingannare tante anime e impedire ogni resistenza all’”instaurazione del
Regno dell’Anticristo”.
Dinanzi
alle accuse del Dicastero rivendico, come Successore degli Apostoli, di essere
in piena comunione con la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, con il Magistero
dei Romani Pontefici e con l’ininterrotta Tradizione dottrinale, morale e
liturgica che essi hanno fedelmente custodito.
Ripudio
gli errori neo modernisti insiti nel Concilio Vaticano II e nel cosiddetto
“magistero postconciliare”, in particolare in materia di collegialità, di
ecumenismo, di libertà religiosa, di laicità dello Stato e di liturgia.
Ripudio,
respingo e condanno gli scandali, gli errori e le eresie di Jorge Mario
Bergoglio, che manifesta una gestione assolutamente tirannica del potere,
esercitata contro lo scopo che legittima l’Autorità nella Chiesa:
un’autorità che è vicaria di quella di Cristo,
e che come tale a Lui solo deve obbedire.
Questa
separazione del Papato dal proprio principio legittimante che è Cristo
Pontefice trasforma il “ministerium” in una” tirannide autoreferenziale”.
Con
questa “chiesa bergogliana”, nessun Cattolico degno di questo nome può essere
in comunione, perché essa agisce in palese discontinuità e rottura con tutti i
Papi della storia e con la Chiesa di Cristo.
Cinquant’anni
fa, in quello stesso Palazzo del Sant’Uffizio, l’Arcivescovo Marcel Lefebvre
venne convocato e accusato di scisma per aver rifiutato il Vaticano II.
La sua
difesa è la mia, le sue parole sono le mie, miei sono i suoi argomenti dinanzi
ai quali le Autorità romane non hanno potuto condannarlo per eresia, dovendo
aspettare che consacrasse dei Vescovi per avere il pretesto di dichiararlo
scismatico e revocargli la scomunica quando ormai era morto.
Lo
schema si ripete anche dopo che dieci lustri hanno dimostrato la scelta
profetica di Mons. Lefebvre.
In
questi tempi di apostasia, i Cattolici troveranno nei Pastori fedeli al mandato
ricevuto da Nostro Signore un esempio e un incoraggiamento a permanere nella
Verità di Cristo.
“Depositum
custodi”, secondo l’esortazione dell’Apostolo:
avvicinandosi
il momento in cui dovrò rendere conto al Figlio di Dio di ogni mia azione,
intendo perseverare nel “bonum certamen” e non venir meno alla testimonianza di
Fede che è richiesta a chi come Vescovo è insignito della pienezza del
Sacerdozio e costituito Successore degli Apostoli.
Invito
tutti i Cattolici a pregare perché il Signore venga in soccorso della Sua
Chiesa e infonda coraggio a quanti sono perseguitati a causa della Fede.
(+
Carlo Maria Viganò, Arcivescovo – 20 Giugno 2024 (“Attendite a falsis
prophetis” – Attenzione ai falsi profeti. Comunicato a proposito dell’avvio del
processo penale extragiudiziale per delitto di scisma – Art. 2 SST; can. 1364
CIC).
(exsurgedomine.it/240620-attendite-ita/)
(imolaoggi.it/2024/06/20/mons-vigano-processo-per-delitto-scisma/).
La “strana
morte” del generale Graziano,
il
caso dell’”Italia gate” e quell’ondata
di
“suicidi” che non si arresta.
Lacrunadellago.net
– Cesare Sacchetti – (18 -6- 2024) – ci dice:
La
notizia è giunta più o meno nella metà della mattinata di ieri. Il generale
Claudio Graziano, presidente di Fincantieri, è stato trovato morto in uno degli
appartamenti che utilizzava a Roma.
Le
circostanze della morte sono tutt’altro che chiare, ma, a quanto pare, laddove
le acque sono torbide i media riescono perfettamente, prima degli altri, a
vedere in profondità.
È il
caso, ad esempio, della ineffabile redazione del Foglio che appena uscita la
notizia della morte scriveva già che il generale si sarebbe sparato un colpo
alla nuca e avrebbe persino lasciato un biglietto sopra il quale pare ci fosse
scritto che l’uomo non si sentiva più di andare avanti dopo la perdita della
moglie.
L’indagine
non è nemmeno iniziata, ammesso che mai realmente inizierà, ma qualcuno sembra
aver già chiuso il caso.
Non
sono stati nemmeno condotti gli esami di rito sul palmo della mano con la quale
Graziano si sarebbe sparato per capire se effettivamente ci sono tracce di
polvere da sparo su quel palmo oppure se qualcuno ha messo l’arma in mano al
generale dopo che questo era già morto.
Non
erano note apparentemente nemmeno condizioni depressive particolari del
militare, salvo quelle non confermate e riportate dai media sulla morte della
moglie, ma ovviamente anche su questo aspetto di voglia di capire cosa è
realmente accaduto se ne vede ben poca.
Qualche
politico però, in questo caso “Lucio Malan”, già ex forzista e ora nel partito
di Giorgia Meloni, ha sollevato qualche dubbio sulle presunte condizioni
“depressive” del generale, mettendo in rilievo che Graziano non sembrava
affatto depresso e che il presunto suicidio giunge del tutto inaspettato.
Non
possono non venire alla mente in questo caso gli echi del caso di “Raul Gardini
“dove un’altra procura, quella di Milano – nella quale erano attivi gli “eroi”
del pool di Mani Pulite intenti a falciare la classe dirigente della Prima
Repubblica premurandosi però di risparmiare il PDS – liquidava la morte del
noto capitano d’industria come un “suicidio” nonostante l’arma fosse a diversi
metri di distanza dal suo letto, e nonostante sulle sue mani non c’era quella
polvere di sparo che avrebbe dovuto esserci in caso di una morte per suicidio.
Nessuno
sulla stampa dell’epoca pose particolari questioni sulla condotta dei
magistrati milanesi che archiviarono clamorosamente un caso che appariva
chiaramente come un omicidio simulato malamente da suicidio.
Non
sappiamo se anche in questo caso siamo di fronte ad una triste pratica
consolidata nella magistratura italiana così vicina e attenta ai desideri delle
logge massoniche che ora sono invischiate in una furiosa guerra tra bande sulla
quale si tornerà in seguito.
Claudio
Graziano: è stato l’uomo dello stato profondo militare.
Adesso
occorre seguire le tracce della morte di Graziano e chi era davvero quest’uomo.
Il
generale era un uomo ai massimi livelli dell’establishment militare.
Le
porte della carriera militare in Italia, e nei Paesi delle democrazie liberali,
si dischiudono ai livelli più alti solamente se coloro che la intraprendono
appartengono a determinati giri di potere che sono i veri padroni delle
istituzioni liberali.
La
storia della loggia P2 è lì a ricordare a tutti noi che le possibilità di
divenire generale in Italia e in Europa sono ridotte al lumicino se non si
appartiene a delle potenti logge massoniche che sono in grado di far scalare
rapidamente i gradini della piramide militare.
Non ci
sono notizie certe di una eventuale appartenenza alla massoneria di Graziano, ma non c’è dubbio alcuno che la sua
scalata ai vertici dell’esercito sia stata fatta all’ombra dello stato profondo
italiano che
gli aveva consentito di diventare uno degli ufficiali più influenti delle forze
armate italiane.
Dopo
aver completato l’accademia militare a Modena nel 1974, il 21enne ufficiale
viene destinato al vice comando della compagnia controcarri della Brigata
Taurinense.
È
negli anni’80 però che Graziano inizia a salire decisamente di grado quando
diviene a soli 37 anni, nel 1990, tenente colonnello e inizia ad avvicinarsi
sempre di più ai giri che contano dell’establishment.
Nel
2002, viene destinato a Washington dove diviene addetto militare
dell’ambasciata italiana, un periodo nel quale il già colonnello Graziano si
appunta sul petto il massimo grado dell’esercito, ovvero quello di generale.
Washington
sembra segnare una tappa importante nella carriera del generale che inizierà a
guadagnarsi incarichi di prestigio internazionale quali quello che lo vedono
nominato nel 2007 dall’allora segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, come
capo della missione militare delle Nazioni Unite in Libano.
Graziano
è chiaramente gradito a certi ambienti atlantisti e mondialisti, e negli anni
successivi riceve un altro prestigioso incarico per ciò che riguarda l’assetto
euro-atlantista quando nel 2018 diventa presidente del comitato militare
dell’Unione europea, un organismo militare che è stato istituito per provare a
concepire una bozza del fantomatico esercito europeo del quale si parla molto a
Bruxelles da anni, anche se poi i vari tentativi fatti dall’UE si sono tutti
infranti sulla manifesta inadeguatezza delle forze armate dei Paesi europei,
incapaci di sopravvivere senza l’ombrello degli Stati Uniti.
Il
generale è ricordato, tra l’altro, anche per il suo servile inchino nei
confronti dell’ex presidente della Commissione europea, Juncker, e questo non
fa altro che mettere in evidenza che i vertici delle forze armate sono tutti fedeli a
questa visione della governance mondiale che si propone di annientare le
sovranità dei singoli Stati.
Perché
Trump è una grave “minaccia” per l’establishment italiano.
Il
nome di Graziano però è più recentemente ricordato per una vicenda che è stata
affrontata da questo blog in esclusiva già quando emerse a suo tempo, ovvero lo
scandalo dell’Italia gate che non è altro che un’elaborata ed estesa cospirazione
perpetrata ai danni di Donald Trump nel 2020.
Infatti
Trump è un presidente molto diverso dai suoi predecessori.
Trump
è stato appunto l’uomo che ha interrotto la continuità presidenziale dopo la
morte di Kennedy, e per continuità presidenziale si intende quel falso duopolio
composto da repubblicani e democratici dove alla fine a decidere il comandante
in capo degli Stati Uniti sono i circoli del” Bohemian Grove” e del “Council on
Foreign Relations”.
JFK è
stato l’ultimo uomo alla Casa Bianca che aveva dimostrato di non essere pronto
a sacrificare la sovranità degli Stati Uniti a tali poteri di natura
sovranazionale, e aveva anche manifestato una certa ostilità nei riguardi di
Israele e del movimento sionista che non tollerava che il presidente degli
Stati Uniti volesse separare il suo destino da quello dello stato ebraico.
I
contrasti, per così dire, tra Kennedy e Ben Gurion non sono mai ricordati dalla
storiografia ufficiale, in quanto questo appare più impegnata a raccontare la
storia che lo sparatore solitario, Lee Harvey Oswald, avrebbe da solo con un
fucile mal funzionante sparato al presidente Kennedy da una posizione
impossibile andando contro ogni evidenza balistica che smentiva, tra l’altro,
l’assurda teoria della “pallottola magica” che avrebbe magicamente, da sola,
colpito due degli occupanti della limousine di Kennedy e dopo varie incredibili
rotazioni sarebbe uscita intatta dal corpo del governatore del Texas. Connally,
che sedeva di fronte al presidente Kennedy.
Trump
riprende il filo che si era spezzato a Dallas nel 1963.
Trump
vuole portare fuori gli Stati Uniti da questa fitta rete di potentati che
vogliono servirsi della superpotenza americana per giungere al tanto agognato “governo
mondiale”.
L’avvento
al potere del presidente americano costituisce certamente un problema per la
politica italiana, poiché questa dall’armistizio di Cassibile del 1943, e soprattutto dal golpe giudiziario di
Mani Pulite nel 1992, si ritrova ad essere un mero strumento dello stato
profondo americano.
Questo
aiuta a comprendere perché già nel 2016 il governo di Matteo Renzi è stato
accusato di aver aiutato Barack Obama nello spionaggio illegale perpetrato ai
danni di Donald Trump.
Così
come questo spiega come il partito democratico italiano, fatto senza
precedenti, si sia apertamente schierato durante la campagna elettorale a favore di
Hillary Clinton, venendo meno alla neutralità che invece l’esecutivo italiano avrebbe
dovuto osservare per le presidenziali americane.
La
politica italiana di fatto non è altro che un cortile dell’anglosfera, e se
l’influenza di questa ultima viene meno, non ci sono possibilità per la prima
di sopravvivere.
Lo
stato profondo italiano si è quindi adoperato con ogni mezzo per aiutare
Washington a fermare la corsa di Trump.
L’Italia
gate: la massiccia frode per rovesciare Trump.
Il
golpe del 2016, com’è noto, non è riuscito, e nel 2020 ne viene concepito un
altro ancora più esteso e ancora, se possibile, più eversivo del primo.
Stavolta
non si decide di percorrere la strada della montatura politica per fermare
Trump.
Stavolta
si decide di percorrere quella di una vasta e massiccia frode elettorale che
vede coinvolti diversi Paesi, con l’Italia nel ruolo, suo malgrado, di
protagonista assoluta.
La
notte del 3 novembre, Trump aveva stracciato Joe Biden, il debole candidato dei
democratici, come ogni seria analisi del voto aveva previsto.
A urne
chiuse, si mette in moto la macchina del broglio.
Giungono improvvisamente centinaia di migliaia di voti
postali che vengono assegnati tutti, stranamente, a Joe Biden.
Non è
però abbastanza.
Trump sta vincendo la partita poiché il suo consenso è
talmente vasto e radicato che il suo elettorato negli anni ha raggiunto milioni
di persone in più.
Ad
entrare in gioco in questa delicata fase della storia americana e mondiale, è
il governo italiano.
A
dicembre del 2020, il primo a rivelare che il governo italiano, all’epoca
presieduto da Conte, avrebbe attraverso la sua società partecipata, Leonardo,
partecipato alla frode elettorale contro Trump, è stato Bradley Johnson, ex
agente della CIA.
La
notte del 3 novembre del 2020, Leonardo avrebbe messo a disposizione un suo
satellite militare, attraverso il quale milioni di voti sarebbero stati
spostati da Trump a Biden.
Secondo
quanto riferito da Johnson, la base operativa dell’operazione sarebbe stata via
Veneto, sede dell’ambasciata americana, all’epoca rappresentata da “Lewis
Eisenberg”, americano di origini ebraiche e molto vicino alla lobby sionista
che nonostante i vari depistaggi della falsa controinformazione, nutre una
profonda avversità nei confronti di Trump, in quanto è stato il primo
presidente dal’63 a dire di no alla serie di interminabili guerre mediorientali
scatenate in nome e per conto dello stato ebraico.
Noi
conducemmo delle verifiche attraverso altre nostre fonti che ci confermarono
che effettivamente quanto rivelato da Johnson corrispondeva al vero, e ad essere chiamato in causa fu
anche proprio lui, il generale Graziano.
Graziano
quella notte sarebbe stato presente a via Veneto per coordinare le operazioni
nella veste di rappresentante non solo delle istituzioni italiane, ma di quelle
dell’UE, poiché, si ricordi, che all’epoca il generale era ancora presidente
del comitato militare dell’Unione e questo vorrebbe dire che non solo il
governo italiano avrebbe lanciato un attacco senza precedenti alla sovranità
americana, ma anche de facto la stessa UE che voleva a tutti i costi liberarsi
di quel presidente che stava ponendo fine a quasi 80 anni di atlantismo e di
dominio dell’impero americano.
Graziano,
non appena si diffonde la notizia, smentisce il suo coinvolgimento mentre Leonardo
stranamente sceglie la via del silenzio, circostanza alquanto anomala per
una società così importante.
Gli
altri dettagli della storia sono noti a chi già segue questo blog.
Altre
fonti hanno accusato direttamente l’hacker Arturo D’Elia di aver partecipato materialmente
alla frode, e questi viene arrestato a solo un mese di distanza dalla notte elettorale
americana su ordine della procura di Napoli per altri reati commessi proprio,
guarda caso, ai danni di Leonardo 5 anni prima, nel 2015.
La
“fretta” della procura napoletana di mettere dietro le sbarre D’Elia fa
certamente riflettere, e il fresco della galera sembra indurre a miti consigli
l’hacker campano che preferisce chiudere la bocca e smentire, soltanto un anno
dopo dalla frode del 3 novembre, il suo presunto coinvolgimento nell’attacco
cibernetico eseguito ai danni di Trump.
A
gennaio del 2021, “casualmente” dopo che noi avevamo scritto il primo articolo
sulla vicenda, inizia poi la fiera dei depistaggi.
Giungono
sulla scena dell’Italia gate personaggi quali l’attivista americana Maria Zack e Alfio D’Urso, un avvocato catanese il quale
addirittura millanta di essere il legale di D’Elia e che produce una falsa
dichiarazione giurata.
D’Urso
poi è un personaggio alquanto particolare per la sua vicinanza alla “Link
Campus”, l’ateneo del citato “Joseph Mifsu”d, coinvolto nello” Spy gate”, e
questa circostanza dovrebbe indurre più di qualche riflessione sugli ambienti
dai quali proviene il giurista siciliano.
Maria
Zack invece arriva a dichiarare che Mario Draghi, uno dei tecnocrati più
famigerati dell’UE e uomo di primo piano dell’establishment italiano, era
addirittura impegnato nel fornire assistenza a Trump per far luce sugli autori dell’Italia gate.
Era
apparso evidente sin da subito che qualcuno dall’Italia stava dettando un
copione alla “buona” Maria, e questo qualcuno aveva tutto l’interesse a
veicolare il depistaggio di Draghi “sovranista” molto in voga all’epoca nei
giri della Lega e di alcuni famigerati canali della falsa controinformazione.
Le
intenzioni erano chiare allora come oggi.
Questi personaggi erano e sono mossi con ogni
probabilità da servizi di intelligence che li stanno usando per screditare la
storia dell’Italia gate e il processo farsa a Roma contro di loro serve appunto a minare
l’intera credibilità dello scandalo.
Sono
infatti loro a seminare dei documenti palesemente falsi che hanno come scopo
quello di intorbidire le acque e far passare questo enorme scandalo come una
grossolana montatura.
Quella
falsa documentazione è stata messa di proposito da questi personaggi per dare
all’establishment italiano la possibilità di autoassolversi dalla vicenda e
vendere all’opinione la storia, falsa, che l’Italia gate sia soltanto una bugia.
Il
fatto però che sia stata messa in circolo una falsa dichiarazione giurata da
D’Urso e altri non vuol dire che Donald Trump non sia stato vittima di una
frode da parte del governo italiano.
Il
depistaggio confezionato da questi ambienti non uccide lo scandalo, come forse
qualche barba finta si illude.
La
morte di Graziano e quella scia di “suicidi” che non si ferma.
Adesso
però la morte di Claudio Graziano in circostanze ancora tutte da chiarire
sembra aprire degli armadi dove ci sono degli scheletri che qualcuno non voleva
certo che venissero fuori.
Sono
settimane che assistiamo a degli “strani” suicidi.
Recentemente,
c’è stato quello del rettore della Cattolica, Franco Anelli, il cui nome
compare sul “Grande Oriente d’Italia”, travolto in queste settimane da una
furiosa guerra intestina che sta portando la loggia persino a rifiutare il rito
scozzese al quale era fedele da tantissimi anni.
Può
certamente trattarsi di un caso di omonimia per ciò che riguarda Anelli, ma ad
oggi non abbiamo ancora ricevuto nessuna smentita al riguardo.
A
seguire c’è stata la morte del marito della ex eurodeputata Francesca Donato, Angelo Onorato, trovato morto nella sua auto con
una fascetta al collo con la quale è stato strangolato.
Gli
elementi che indicano un omicidio appaiono evidenti ma la procura di Palermo
sembra volersi tenere lontana da quella pista e avrebbe già virato su quella
del suicidio, e qui poi i formidabili magistrati palermitani dovranno spiegare come
fa un uomo a strangolarsi da solo, anche se siamo ancora in attesa di capire come ha
fatto Raul Gardini a spararsi, e poi da morto, ad alzarsi e a posare la pistola
sulla sua scrivania.
Non è
stata spiegata nemmeno la morte di Bruno Astorre, senatore del PD, che si sarebbe tolto la vita
gettandosi da un palazzo a pochi passi dal Pantheon, una zona che è
notoriamente video sorvegliata, ma le telecamere, in questi casi, si sa, sono
sempre affette da misteriosi “malfunzionamenti”.
Non è
certo che la morte di Graziano abbia una qualche relazione con le altre, ma non
è da escludersi l’ipotesi che qualcuno ai piani alti dello stato profondo in
Italia, stia cercando di cancellare le tracce di grossi scandali e far sparire
personaggi che ora sono diventati ingombranti per il bagaglio di segreti che si
portano dietro.
L’Italia
gate sembra
certamente avere tutte le caratteristiche di una faccenda che coinvolge i
livelli più alti della politica italiana in quanto soltanto con una
partecipazione collettiva delle istituzioni politiche, militari e
dell’intelligence, Leonardo avrebbe potuto fare quello di cui è stata accusata.
Questa
fase è quella, come detto in passato, della dismissione del sistema politico
italiano che adesso dopo le europee si vede persino privo del consenso della
maggioranza assoluta degli italiani.
A
Washington si è aperto un vuoto di potere che è stato sostituito da una classe
politica non più fedele all’atlantismo e alla visione della governance
mondiale.
La
repubblica dell’anglosfera si ritrova dunque in una sorta di crepuscolo che
precede la sua definitiva dipartita.
Siamo
al “redde rationem”.
Siamo
alle bande orfane delle protezioni di un tempo che si assalgono furiosamente
nel tentativo di sopravvivere a questa fase storica inedita.
La
storia di questa repubblica si sta chiudendo com’era iniziata.
Nel
sangue.
Klaus
Schwab auspica un futuro
transumanista
in cui gli esseri
umani
possano ingannare la morte.
Lifesitenews.com
- Andrew Powell – (22 giugno 2024) – ci dice
Klaus
Schwab e altre “élite” globali come il fondatore di Microsoft Bill Gates sono
stati una forza trainante dietro gli sforzi per abbassare i tassi di natalità
attraverso il finanziamento dell’aborto, dei vaccini e della contraccezione.
Si
ricorda Klaus Schwab che parla come parte di SWITCH GREEN durante il primo
giorno del “Green tech Festival” al “Kraftwerk Mitte”, andato in onda il 16
settembre 2020 a Berlino, Germania.
(WND
News Center ) — L'economista tedesco e fondatore del “World Economic Forum” “Klaus Schwab” ha fatto scalpore sui social
media questa settimana dopo che un video trapelato da una conferenza dei
giovani leader globali del WEF del settembre 2022 mostrava Schwab che diceva al
suo pubblico che la fusione degli esseri umani con la tecnologia potrebbe essere usata come un modo
per aggirare la morte e vivere per sempre.
Noto
sostenitore del “Grande Reset”, Schwab immagina un futuro in cui tutta
l’umanità vivrà sotto il controllo di un unico governo mondiale, in cui i
cittadini “non possederanno nulla” e “saranno felici”.
Schwab
ha pubblicizzato i benefici del transumanesimo al suo pubblico, affermando che
una persona sarebbe in grado di avere una carriera di 50 anni attraverso
tecnologie che allungano la vita che includono iniezioni e l'uso di avatar al
posto di un corpo dopo di esso che muore.
(L’intelligenza
artificiale è un cavallo di Troia demoniaco e transumanista?)
"Il
tuo avatar continuerà a vivere e il tuo cervello verrà replicato attraverso
l'intelligenza artificiale e gli algoritmi."
Schwab
ha affermato, aggiungendo che ciò potrebbe accadere entro i prossimi 50 anni.
“Yuval
Noah Harari”, docente del “World Economic Forum” e professore presso il
“Dipartimento di Storia dell'Università Ebraica di Gerusalemme”, afferma:
"Probabilmente siamo una delle ultime
generazioni di homo sapiens " e afferma che alla fine "coloro che
possiedono i dati" lo faranno, infatti sono in grado di “hackerare” gli
esseri umani.
Il
transumanesimo, secondo un articolo del “WEF” pubblicato nel 2018, è un movimento in cui i sostenitori
credono che la condizione umana possa essere migliorata dalla tecnologia in
tutte le forme, compresa l’ingegneria genetica, la bioingegneria,
l’intelligenza artificiale e la nanotecnologia molecolare.
L’articolo
del WEF prosegue sottolineando che il risultato finale di una fusione tra uomo
e macchina sarebbe una versione “potenziata o aumentata” dell’homo sapiens – ma
insiste comunque che la persona rimarrebbe fondamentalmente umana.
Tuttavia,
una rivista pubblicata nel 2018 , “Il transumanesimo come ideologia dominante
della quarta rivoluzione industriale” di “Klaus-Gerd Giesen”, professore di
scienze politiche all’”Università Clermont Auvergne” di “Clermont-Ferrand”, in
Francia, contraddice questa premessa.
Giesen
afferma che il pensiero transumanista può essere suddiviso in tre pilastri
principali:
1) gli
esseri umani sono fondamentalmente obsoleti,
2) deve esserci una completa integrazione tra
uomo e macchina, e
3)
fare questo farebbe sì che gli esseri umani trascendano l’umanità stessa –
consentendo essenzialmente ad una persona di diventare un” dio tecnologico”.
“Il
concetto stesso di risorse umane potrebbe essere reso obsoleto, e i lavoratori
diventerebbero solo un’altra risorsa tecnologica: un mero strumento di
produzione…
E il fatto che questo progetto abbia trovato
sostegno tra settori molto importanti dell’apparato statale e del settore
privato è altamente significativo ”,
afferma Giesen nel suo diario.
(Risulta
che ogni senatore repubblicano ha appena votato per codificare un “diritto”
federale alla fecondazione in vitro che distrugge gli embrioni).
Secondo
“Giesen”, l’obiettivo principale di un transumanista è disfare l’attuale ordine
mondiale e sostituirlo completamente con un nuovo insieme di valori che alla
fine si tradurrebbe in una ridistribuzione della ricchezza e nella
ristrutturazione delle classi sociali.
“Susan
Levin”, professoressa di discipline umanistiche e presidente del dipartimento
di filosofia alla “Smith University”, ha
dichiarato durante un'intervista del 2021
che anche se la tecnologia e la scienza fossero in grado di creare un
mondo transumano, le persone non dovrebbero comunque voler salire a bordo.
“Dovremmo
avere seri dubbi a firmare.
Perché
presumono in gran parte la veridicità delle loro risposte, altamente
controverse e restrittive, alle domande di lunga data della filosofia
occidentale sulla natura umana e su una vita prospera.
Perché
dovremmo accettare la loro versione estrema dell’essenzialismo razionale, che
esclude un ruolo necessario per l’emozione in una vita ben vissuta?”
Lévin
ha detto.
Nel
frattempo, Schwab e altre “élite” globali come il fondatore di Microsoft Bill
Gates sono stati una forza trainante dietro gli sforzi per abbassare i tassi di
natalità
attraverso il finanziamento dell’aborto, dei
vaccini e della contraccezione.
Sembra
un dietrofront per spingere le persone a “vivere per sempre”, anche se
probabilmente una popolazione transumana e parzialmente meccanica, priva della
sua umanità, potrebbe essere più facile da controllare.
ELON
MUSK NON È VOSTRO AMICO.
È IL
CAVALLO DI TROIA
DEL
TRANSUMANESIMO.
Iltalebano.com
– (20 Dicembre 2023) – Michele Ledezma – ci dice:
In
un’epoca segnata dalla crescente polarizzazione ideologica, Elon Musk si è
distinto come figura controversa che sembra sfidare il pensiero unico
dominante.
Il magnate di Tesla ha fatto scalpore
attaccando l’ideologia WOKE e prendendo posizione contro i monopoli digitali,
apparendo così come un’icona per coloro che combattono il pensiero unico
imposto.
Tuttavia,
dietro questo apparente spirito ribelle, si cela una visione del mondo che
potrebbe essere altrettanto problematica, se non di più, della mentalità WOKE
che critica.
Musk è un transumanista, un sostenitore
dell’integrazione sempre più stretta tra uomo e macchina, una visione che si
scontra direttamente con quella naturale.
La sua
critica al politicamente corretto sembra essere solo la punta dell’iceberg,
perché mentre fa appello a una resistenza contro l’ideologia dominante,
promuove una visione ipertecnologica della società.
Musk
non è semplicemente un anti-eroe per il movimento conservatore globalista, ma rappresenta una prospettiva
alternativa altrettanto lontana dai valori di una società basata sulla
tradizione.
Il
recente annuncio di “Neuralink, società di ricerca scientifica di proprietà di
Musk, mette in luce questa visione transumanista.
La
proposta di impiantare chip nel cervello umano, collegando mente e macchina, è
inquietante.
Questo
progetto, presentato come un passo avanti per migliorare la vita delle persone
con disabilità, cela dietro di sé implicazioni etiche e filosofiche profonde.
L’idea
di “esseri ibridi” e la prospettiva di una simbiosi con l’intelligenza
artificiale sembrano provenire direttamente da un film di fantascienza.
Il
rischio di creare individui manipolati da dispositivi tecnologici, dove la vita
artificiale e virtuale diventa la nuova realtà, dovrebbe farci riflettere
attentamente su quale direzione stiamo prendendo come società.
Musk
parla della superficialità con cui affrontiamo le questioni, ma il suo entusiasmo per un futuro
dominato dalla tecnologia solleva preoccupazioni riguardo alla mancanza di
riflessione approfondita sulle implicazioni di tali avanzamenti.
Siamo
davvero pronti a sacrificare la nostra umanità sull’altare del progresso
tecnologico?
La sua
critica alla superficialità contrasta fortemente con la sua stessa visione del
futuro.
Promuovere
la vita artificiale e virtuale come una realtà autentica sembra essere
un’ironia sottolineata dalle sue stesse azioni e progetti.
Il
prossimo passo per Musk è l’innesto del primo chip nel cervello umano
attraverso “Neuralink”.
Mentre
promette miglioramenti miracolosi per coloro che soffrono di varie condizioni
mediche, la corsa verso un ibridismo uomo-macchina in 15 minuti solleva gravi
preoccupazioni etiche.
Elon
Musk, con la sua visione transumanista, rappresenta un pericolo altrettanto
grande della mentalità WOKE che combatte.
È essenziale mantenere uno spirito critico e
non farsi trascinare dall’entusiasmo apparente di sfidare il pensiero unico
senza esaminare a fondo la visione alternativa proposta da figure come Musk.
La
nostra tradizione e il nostro patrimonio culturale richiedono una riflessione
accurata prima di abbracciare ciecamente il futuro tecnologico che ci viene
proposto.
(Michele
Ledezma)
Vittime
di un “disegno demoniaco”.
Mepiù.it
– Redazione – (10 ottobre 2021) – ci dice:
In un servizio
precedente abbiamo parlato della “Porta dell’Inferno” di “Auguste Rodin” e del
suo arrivo a Roma il 17 settembre.
Abbiamo sottolineato come da subito la
creazione dell’autore francese è stata avvolta da un enorme dibattito di natura
esoterica e spirituale, scatenando così un forte alone di mistero intorno alla
sua venuta.
L’opera
d’arte, però, rappresenta solo uno dei numerosi eventi controversi che nel
corso del tempo hanno scatenato polemiche nella nazione.
A far
parlare, già negli anni precedenti, sono stati analoghi episodi, in questi
giorni rispuntati sui social in comparazione con la scultura di Rodin.
Nel
dicembre del 2019 viene alla ribalta una notizia:
nei
pressi del Colosseo, storicamente luogo di martirio cristiano, è stata inserita
una statua raffigurante il Moloch.
Cos’è
questo personaggio?
Parliamo di un essere ritenuto dai Cananei un
dio.
La sua
sede di culto era la valle della Geenna, sul monte Sion.
Ad
esso venivano fatti sacrifici umani di bambini, i quali venivano uccisi
brutalmente per poi essere bruciati in un grosso fuoco.
Divinità simile a quella per cui i Cartaginesi
bruciavano i loro piccoli come offerta, ovvero “Ba’al AmmoneI”, che coincideva
con la visione greca del dio “Kronos”, colui che ingoiò i suoi figli.
Anche
la Bibbia parla di questo essere, indicando con il termine “tofet” il nome del
luogo in cui si svolgevano questi riti.
In merito si trovano riferimenti anche nel “Levitico”,
dove Dio comanda di condannare a morte coloro che offrono i figli in sacrificio
a questa creatura:
“non
lascerai passare alcuno dei tuoi figli a Moloch e non profanerai il nome del
tuo Dio. Io sono il Signore”.
La
raffigurazione di tale entità fu usata di proposito anche in ‘Metropolis’, film
muto del 1927 diretto da “Fritz Lang”, ambientato in un futuro distopico (nel
2026) in cui le divisioni classiste sembrano accentuarsi e la popolazione è
sottomessa ad un’élite di ricchi industriali.
In ogni caso la scultura posizionata davanti
al Colosseo era una ricostruzione della stessa divinità, rappresentata dal film
‘Cabiria’ e conservata presso il “Museo Nazionale del Cinema” di Torino.
Il
motivo dell’esposizione fu giustificato anche in questo caso con una mostra,
dal titolo ‘Com’era Cartagine vista da Roma’.
Tale
evento scatenò l’ira dei ferventi cristiani e fu considerato da alcuni una
semplice caso, da altri una provocazione, da altri ancora un preciso richiamo
simbolico per nulla casuale.
Nel
dicembre 2020, nel colmo del clima natalizio, apparve in piazza San Pietro un
presepe alieno, autorizzato dal Vaticano, e quindi dal pontefice Bergoglio.
È orribile” fu la risposta comune tra i
commenti che gli utenti riservarono all’opera sotto il post “Facebook di
Vatican News”.
Al
posto delle tradizionali figure di Maria, Giuseppe e Gesù infatti c’erano
bulloni, teste mozzate appoggiate, sarcofagi simili a quelli egizi, esseri
dall’aspetto non angelico ma sinistro e minacciosi con tute da astronauti, il
tutto condito da colori sbiaditi in un clima di tristezza e angoscia.
Il
dibattito in merito all’’opera’ andò avanti per giorni e ancora oggi molti
reputano il messaggio di quelle statue un ‘richiamo demoniaco’.
Nell’aprile
2021, si somma alla collezione italiana un enorme caprone di legno, alto circa
15 metri e largo 12, comparso in piazza “Gae Aulenti” a Milano.
Rimandante
stilisticamente al celebre “cavallo” di Troia, anche questa figura ha scatenato
diverse teorie sui social.
La
figura della capra è sempre stata ricorrente nella mitologia, uno dei tanti
esempi è il “dio agreste Pan”, rappresentato metà uomo e metà capra.
Soprattutto,
fin dal medioevo in Europa s’identificava il diavolo come un essere
antropomorfo con le sembianze di caprone.
L’iconografia
di Lucifero da allora è rimasta fissa su questo schema.
Ad aumentare l’enigma sono stati i numerosi
indizi nei giorni precedenti all’installazione della statua, vale a dire alcune
impronte di zoccoli giganti sui marciapiedi ed altre immagini di esseri dalle
fattezze caprine sui cartelli stradali.
Si è
poi scoperto che l’opera è stata commissionata da “Birra Peroni” per una strana
campagna marketing.
A
pochi passi dall’opera fu messa una seconda installazione, targata “United for
Progress”, pensata dall’archistar “Mario Cucinella” per Audi.
Parliamo
di un progetto dedicato al progresso, per la cui sponsorizzazione si usano
parole come “nuova rinascita” e “viaggio verso il futuro fatto di
digitalizzazione”, come scritto in un articolo su “Vanity Fair” .
La
‘capra’ in ogni caso richiama anche un evento avvenuto nel 2019, vale a dire “la
statua di Vergato”, raffigurante un essere con gli zoccoli, il seno femminile,
il pene eretto e un bambino sulle spalle, che tanto suscitò scalpore.
L’opera, tanto voluta dal sindaco Gnudi del PD, fu creata dall’artista “Ontani,”
già celebre alla cronaca per le immagini blasfeme di Gesù che allatta ed altre
opere considerate sdoganamento di pedofilia.
‘La
porta dell’inferno’, uno dei cavalli di battaglia della mostra a cura di “Jean
Clair”, in programma dal 15 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022, rappresenta solo
l’ultimo di una serie di tasselli che negli ultimi anni sono stati al centro
dell’attenzione ed hanno comportato ampie discussioni.
C’è
chi sostiene che le svariate opere blasfeme o raffiguranti creature dalle
sembianze demoniache, che hanno calcato il suolo delle principali città
italiane, fossero solo una preparazione ad un ‘nuovo mondo’, che ad inaugurare sarà proprio
l’opera concessa in prestito dal Musée Rodin di Parigi.
Il portale, mai concluso e interamente
ricoperto di altorilievi raffiguranti parti dell’inferno Dantesco , a detta di
molti, sarebbe l’accesso ad un’altra dimensione.
Ad
aumentare i sospetti di natura metafisica, il fatto che l’opera sarà inaugurata
il 15 ottobre, stesso giorno dell’entrata in vigore del Green Pass.
Coincidenze?
Forse sì, forse no.
Ma il
dubbio è una cosa insita nella natura dell’uomo, e sempre di coincidenze non si
può parlare.
I parallelismi tra il significato simbolico
della scultura, vale a dire il regno delle tenebre, e ciò che socialmente
avverrà in Italia, sono motore di discussione sul web.
Prendono
sempre più spazio le tesi, se non appartenenti alla sfera completamente
religiosa, quantomeno di natura ritualistica, che vedono un nesso tra la venuta
della porta nel cuore della cristianità e l’entrata in vigore del nuovo
decreto.
Quasi
qualcuno volesse segnare la vittoria di un dato gruppo di potere sulla società
con un contenuto che raffiguri i suoi intenti o la sua dottrina.
In conclusione l’ultimo pezzo di un puzzle,
un’allegoria di un qualcosa nell’ombra.
La UE
ci renderà devoti europeisti.
Col
sistema cinese.
Maurizioblondet.it - (18 Aprile 2018) – Maurizio
Blondet – ci dice:
Probabilmente
molti lettori digitalizzati ne sanno già
più di me. Per cui mi limito a fare un copia-incolla.
“La
Cina darà un punteggio social ai cittadini”
“Dal
2020, lo stato cinese elaborerà un punteggio per ciascuno dei suoi cittadini
basandosi su comportamenti d’acquisto, posizione di credito, amicizie e
relazioni online.
Il governo cinese sta elaborando l’indicatore Social Credit System per valutare l’affidabilità dei suoi
1,3 miliardi di cittadini attraverso un vero e proprio punteggio “social”.
A
detta dei suoi esponenti, l’obiettivo della Cina è quello di “creare e
incentivare una cultura della sincerità “.
Tutti i cittadini cinesi saranno obbligati a
iscriversi a una sorta di piattaforma basata sul ‘Social credit’:
il governo valuterà il comportamento di ogni persona,
ente e società con un punteggio social.
Ogni cittadino cinese sarà obbligatoriamente
inserito nel grande database nazionale che conterrà informazioni personali,
fiscali e politiche, incluse violazioni della legge, tasse pagate o non pagate:
accanto a ogni persona sarà indicato e visualizzato il punteggio social.
La
serie televisiva Black Mirror diventa, quindi, realtà…”.
Si
fanno alcuni esempi:
“Se
sali sull’autobus con il titolo di viaggio otterrai il massimo punteggio, così
come se sei laureato, se invece non paghi le tasse o esprimi giudizi negativi
sul governo riceverai una o zero stelline.
Tutto
sarà oggetto di monitoraggio da parte dell’occhio virtuale del governo cinese:
abitudini di fruizione dei contenuti online
(tempo speso guardando video, giocando, chattando) e rete di contatti con cui
si interagisce abitualmente.
Meglio
cercare di avere molti amici quindi… gli
utenti saranno infatti incoraggiati a esprimere punteggi o critiche ad amici,
conoscenti e colleghi.
A
ciascuno il suo punteggio.
Tutti
i risultati saranno, inoltre, visibili a tutti.
Una
sorta di Grande Fratello nazionale di massa che mira a “educare” i cittadini al
rispetto delle regole imposte dal Governo.
“WeChat”,
una società affiliata ad “Alibaba”, una delle 8
che lavora all’algoritmo, ha
dichiarato che saranno presi in considerazione i seguenti cinque fattori
per la valutazione sociale di ogni cittadino:
Pagamento
regolare di bollette e tasse.
Affidabilità
e adempimento dei propri obblighi contrattuali.
Dati
anagrafici digitali: email, numero di cellulare.
Analisi
delle abitudini d’acquisto e dei comportamenti online e offline.
Relazioni
interpersonali. Sei single, sposato, hai figli? Ad ogni status un punteggio
diverso.
Una
sorta di TripAdvisor delle persone:
la
Cina assegnerà un punteggio ai suoi cittadini in base alle loro competenze, comportamenti,
errori e relazioni”.
(enkey.it/2017/10/30/social-credit-system-dal-2020-la-cina-dara-un-punteggio-social-ai-cittadini/)
Mi
domando: il cittadino con basso punteggio sarà per sempre bollato, in modo
irreversibile?
O l’algoritmo prevede e terrà conto di
ravvedimenti, di sincere autocritiche e la frequenza a corsi di rieducazione
offerti dal governo per rettificare le idee sbagliate?
Attenzione:
Il
giudizio automaticamente assegnato dall’algoritmo di Stato avrà conseguenze
pratiche e concrete:
“Un basso punteggio social preclude l’acceso a
treni e aerei”, ad esempio. Ovviamente,
anche a certi studi, libri, informazioni; a nuovo credito, a certe occupazioni,
eccetera.
Si
consenta un paleo-cattolico ripetere ancora una volta che ciò realizza
Apocalisse 13: il Falso Agnello.
16 -Faceva
sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero
un marchio sulla mano destra e sulla fronte;
17 - e che nessuno potesse comprare o vendere
senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome.
Nessuno
creda per un attimo che questa novità sarà confinata alla Cina, dove i valori
della libertà personale non sono mai stati tenuti molto in alto. No.
Immediatamente,
l’Unione Europea vi ha visto la soluzione ai suoi problemi di “deficit di
democrazia”.
Davos
vs. Adam Smith.
Mittdolcino.com
– (11 - 5- 2024) – Mitt Dolcino – ci dice:
USA e
Russia d’accordo per fermare la guerra ucraina: chi vuole il conflitto è l’EU,
ossia Davos (II. parte: il piano fallito della “seconda Israele” causa i fatti di
Gaza?)
Riprendiamo
il filo del discorso, avendo tratto beneficio per completare il quadro degli
eventi recenti in Russia ed Israele (un puzzle in cui ormai ogni pezzo
successivo si incastra perfettamente):
il
collegamento tra caos Ucraino ed Israeliano emerge prepotente.
È sfida aperta tra le fazioni pro guerra ed
anti Yalta vs. USA-Russia.
Israele
è un crogiolo di popolazioni e culture: dopo decenni passati a raccogliere
ebrei dispersi nel mondo lo stato ebraico sta esplodendo.
Fin
qui bene tutto sommato, indice di grande successo.
Il
problema nasce infatti nel passo successivo, ovvero i problemi che tale iper
popolazione genera, pensioni di pagare, salute da preservare, crescita da
ingenerare ecc.
Non è
un segreto che il sistema pensionistico israeliano sia quasi al collasso,
almeno in modo pari a Italia, Austria e Francia.
Il
messaggio che deve restare da questa premessa è che Israele ha dei problemi
strutturali di cui preferisce non discutere.
Ma che
deve risolvere.
Possiamo
dunque aggiungere, come derivata, che non è da escludere – ed anzi il contrario
– che Israele
cerchi terra per accogliere più ebrei di ritorno a casa.
In
effetti prima di arrivare ad Israele si parlava del Kenya come approdo dello
Stato ebraico là da venire.
Chiaramente
i luoghi dove gli ebrei si stabilirono in tempi passati restano preferibili
(…).
E qui
non possiamo non ricordare l’antica storia degli ebrei, le 12 tribù abramitiche
disperse, che si trovarono a combattere i romani, loro acerrimi avversari (…).
Prima
ancora c’erano i caldei, ebrei poi fusi con i babilonesi, grandi astrologi cabalistici, che vivevano nelle zone direi
incredibilmente visitate di recente da Jorge Bergoglio (assieme al Kazakhstan).
(notasi
che l’ex vescovo di Buenos Aires diventato vescovo di Roma non ha ancora
trovato il tempo di visitare il suo Paese, ndr).
Chiaramente
non può mancare l’Ucraina, una parte almeno, nel novero dei possibili approdi
ebraici là da venire, diciamo come espansione;
terra
dove – lo ricordo – in tempi antichissimi si stabilirono i popoli ex-babilonesi
emigrati ad ovest, i famosi” Khazari”.
Che poi si convertirono alla religione dei
loro servitori, quella ebraica, adesione anche dei loro re, i “Kagan”, così si
chiamavano i loro sovrani.
Con
questa premessa passiamo ad analizzare il presente, partendo dai fatti.
A
settembre scorso sembra sia successo qualcosa, tra militari USA e Russia, una
sorta di accordo per far finire la guerra ucraina (la battaglia di Azovstahl a Mariupol
fu terminata con accordi per via militare tra USA e Russia, non dai politici,
lo ricordo, ndr).
La
portaerei Ford era ai tempi a Trieste – ricordate – molti sussurravano per
riappacificare la Libya, con la fida Italia al seguito.
L’8/10
si scatenò invece – improvvisa – la guerra di Hamas, lo strano attacco ad
Israele, che scombussolo’ ogni piano.
Da lì
caos in medio oriente e non solo, con l’incredibile incapacità di prevedere
l’attacco da parte dell’”Aman”, il potentissimo servizio segreto militare
israeliano. Con addirittura mea culpa del vertice militare; ma senza alcun
licenziamento, cosa a dir poco inammissibile in Israele.
Che ci
sia collegamento tra caos di Hamas e caos ucraino sembra vieppiù palese.
Di
seguito la volontà di Tel Aviv, ferrea, osteggiata materialmente (togliendo
mezzi a supporto) di fatto solo dagli Stati Uniti, di continuare con la
distruzione in Palestina.
Con un
fallimento totale – sigh – nel cercare di far ragionare Netaniahu, ossia di
fermare i folli attacchi di fatto genocidi su Gaza ed ora Rafah.
In
mezzo, la decisione “stop guerra” in Ucraina da parte degli USA, con
addirittura la defenestrazione dallo scenario ucraino del secondo diplomatico
americano più alto in rango, Victoria Nuland, di origini per altro askhkenazite.
Proprio
come Zelensky, lo stesso che si è affrettato a mandare supporto militare
ucraino in Palestina a sostegno di Tel Aviv contro Hamas, pochi mezzi ma
significativi.
Che
poi ci sia e ci sia stato ampio sostegno del Mossad a Zelensky in Ucraina, fin
dagli albori della controversia, beh, questo resta il segreto di Pulcinella.
Israele
e Zelensky sembrano un tutt’uno.
Sappiate
infatti che Victoria Nuland, col marito Robert Kagan, è stata recentemente defenestrata proprio
dai militari USA, quelli che suppostamente stanno coltivando la pace con la
Russia.
Rileviamo
però che, da quando lo stato apicale di Israele si è sentito come abbandonato
dagli USA nella sua necessità di fatto (richiesta?) di espansione territoriale,
qualcosa sembra essere cambiato:
dall’accordo
degli USA con l’ala moscovita della Russia, quella che vuole la pace, al
contrario della cuspide di San Pietroburgo, molto è cambiato negli equilibri
globali non solo ucraini.
In
tanti ai tempi sussurravano che l’attacco di Hamas fosse avvenuto per impedire
la presa della Libya, ovvero la sua pacificazione.
Dunque
evitando che avvenisse la chiusura della porta libica, l’unica che ancora
permette una sorta di via di collegamento tra Africa coloniale francese del
Franco CFA e Parigi, tutto direi vero.
Ossia
emerge – molto supportata – la versione dell’attacco di Hamas per salvare la
Francia altrimenti senza risorse africane a prezzo coloniale, che così
imploderebbe.
Facendo
dunque – come inevitabile conseguenza – implodere l’EU, la vera pietra angolare
di Davos.
Chiaramente
Davos – comunque – non può permettere la fine dell’EU, la sua creatura.
A
qualsiasi costo.
Quanto
sopra scopriamo oggi essere stata una versione realistica se non assolutamente
reale della vicenda.
Ma
purtroppo riduttiva.
Infatti
sembra esserci molto di più.
Ben
notando – in tale contesto – addirittura il richiamo ufficiale dei militari USA
all’Ucraina per fermare l’attacco alle raffinerie russe, storia quasi
paradossale ma assolutamente vera.
E che
dice molto.
In
pratica, si deduce, la richiesta di fatto di intervento ad Hamas (contro
Israele) da parte di Davos per salvare Francia ed EU, che significa EU Franco
tedesca a letto con la Cina ed alleata dell’Iran, determinò l’attacco ad
Israele del 7/10 !
(memento: la rivolta di Khomeini venne
organizzata proprio dalla Francia, dove risiedeva, mentre i nazisti sono
alleati degli iraniani, popolo ufficialmente autoproclamatisi ariano, da quasi
100 anni, ndr).
Un
attacco, quello di “Hamas”, avvenuto con soldi Iraniani versati dal Qatar come
ufficiale pagatore, estratti dal giacimento gas condiviso con “Tehran”.
E con
la complicità del “deep state globalista” di casa all’ONU, che organizzava i
versamenti fisici di denaro ai palestinesi, con incredibile approvazione
esplicita di Netaniahu (…).
In
pratica – per assurdo – la pace in Ucraina voluta dai militari americani e
russi sembra aver globalizzato ed anzi estremizzato il caos, per altro
marginalizzando la sponda di San Pietroburgo, a Mosca.
Non
casualmente – sembra – l’attacco di ieri stile Bataclan in terra russa,
tempismo eccezionale, chiaramente di matrice occidentale, non fa altro che
rafforzare le ipotesi di una guerra intestina a Mosca, tra chi – alleato di
Davos – vuole la guerra a favore dell’EU (San Pietroburgo-putiniana ex Stasi, a
letto con Germania e Francia nel North Stream) e l’ala moscovita prona invece ad
una pace con gli USA.
Due
Americhe?
Nel
mentre, la strategia della tensione in Russia cerca di risollevare le sorti
dell’ala perdente di San Pietroburgo…
Non è
infatti un caso che sia proprio Macron a spingere per la guerra in Ucraina,
guerra NON voluta dall’Italia, come solido alleato americano (e meno male che Giorgia Meloni non
vuole mandare truppe italiane a Kiev!).
Infatti
se la guerra ucraina finisce con un accordo USA-Russia, Yalta non verra’
cancellata e l’EU senza risorse già esclusa dai giochi 79 anni fa, implode.
Non
sembra nemmeno un caso – anzi! – che, precisamente nel giorno degli attentati a
Mosca stile Bataclan, proprio Cina e Russia (quest’ultima alle prese con una lotta
di successione interna, la vittoria di Putin equivale a quella di Biden nel
2020, come indice del vero potere interno al paese, ndr) abbiamo messo il veto alla
risoluzione ONU americana per riappacificare la Palestina!
Avete
capito bene – spero – chi vuole la guerra….
(Il sospetto coinvolgimento del Mossad
nella genesi dell’ISIS è argomento ampiamente dibattuto in rete e nei circoli
della cd. sicurezza internazionale, ndr)
Fatta
breve – e concludendo – Israele evidentemente aveva ed ha interessi
sull’Ucraina, magari da spartire a fine guerra di concerto con Davos.
Anche
con scambi incrociati (…).
Nel
momento in cui i militari Americani e Russi hanno trovato l’accordo di pace, le
terre Ucraine – ad esempio per la” II. Israele “tanto agognata da una Tel Aviv
iper popolata – sono diventate inaccessibili.
E dunque è scoppiato il caos.
Da
tale driver sembra ingenerarsi l’attacco di Hamas ad Israele, con tempistica
perfetta, opportunamente non visto dal miglior servizio segreto del mondo.
Da cui
è scaturita la sproporzionata reazione (israeliana) all’attacco di” Hamas”
conquistando terre palestinesi, ovvero un’azione geostrategica che
probabilmente sembra avere come reale obiettivo quello di rifarsi della “terra
promessa” dello spezzatino Ucraino diventata oggi un miraggio.
Dunque rifacendosi con le terre di Gaza e
Rafah, oltre che sui suoi giacimenti marini di gas (…).
E con
il silenzio di Davos, ossia dell’EU (che immaginiamo era d’accordo fin
dall’inizio, le élite ashkenazite si sa essere di casa a Davos, ndr).
La
stessa “EU francotedesca” che NON si sta spendendo sia per fermare la guerra in
Ucraina che per riappacificare la Palestina, anzi il contrario.
Che
poi l’artefice del piano dello spezzatino Ucraino, Victoria Nuland (ripeto, recentemente esautorata dai
militari USA al comando del loro paese, ndr) sia moglie di un certo “dr. R. Kagan”,
cognome che in lingua khazara – ossia antica Ucraina – significa “Re”, è forse
solo un dettaglio non completamente casuale.
Il
quadro strategico attuale vede contrapposte due fazioni: quella pro-pace (USA e
Russia) vs. Pro guerra (Davos-EU-Iran-Cina).
La
classe media occidentale, in caso di guerra, sarà la prima a venir annichilita.
(Mit
Dolcino).
LA
COLONIA UE TRA DIRETTIVE
EUROPEE
E TIMORI
VERSO
LE MULTINAZIONALI.
Lapekoranera.it
- Ruggiero Capone – (15-6-2024) – ci dice:
In
campagna elettorale si può anche promettere di cambiare il mondo.
Quasi
tutti i candidati fanno questo in buona fede ad ogni appuntamento, ignorando la
miriade di limiti ed ostacoli all’attività parlamentare.
Così speranze e volontà di cancellare molte
normative europee, evidentemente inique verso le piccole imprese artigiane e
contadine, si scontrano con la realpolitik.
Infatti
le norme europee sono state spesso accusate di favorire i colossi
multinazionali, di desertificare la piccola e media impresa.
Proprio
questa peculiarità della loro azione spinge i funzionari di Bruxelles a mettere
in guardia gli europarlamentari animati dal sacro fuoco del cambiamento delle
regole.
Infatti
aleggia negli uffici europei il timore che, un provvedimento possa recare danni
economici ad imprese multinazionali, anche se di fatto farebbe rifiorire dei
comparti asfittici da più decenni.
Così
il neofita di Bruxelles (e anche tanti alla prima legislatura nazionale a Roma)
viene allertato circa vertenze internazionali che potrebbero spalancarsi
qualora un provvedimento andasse a penalizzare gli affari di aziende quotate
nelle borse di New York, Londra, Amsterdam…
E
diventa risibile il fatto che l’abrogazione di quella norma potrebbe
risollevare l’economia agricola del Mezzogiorno o la lavorazione di un
manufatto nell’ex Triangolo Industriale.
“Bei tempi quelli in cui non c’erano tanti
vincoli” riflette in silenzio il giovane peones.
Intanto
il funzionario di Bruxelles spiega all’onorevole neofita perché è stato ancora
rinviato il voto sugli obblighi per le grandi imprese, un qualcosa che tocca
enormi interessi:
ma
l’onorevole casca dal pero, perché fino a ieri non sapeva nemmeno che sul testo
del “Supply chain act” erano da mesi in corso negoziati tra gli esperti delle
Commissioni Ue ed i cosiddetti “poteri forti”.
Tutto
sulla testa, ed all’insaputa, degli europarlamentari uscenti che, finito il
teatrino di Bruxelles, passano la staffetta ai nuovi figuranti.
I rarefatti poteri industriali italiani (i
capitani d’industria si sono ormai estinti nella preistoria del nostro
manifatturiero) fanno i pesci in barile, e non provano nemmeno a spiegare come
stanno le cose agli eurodeputati che hanno supportato con cene e manifesti:
tutto
per timore di recare disturbo ai pesci grossi, alle multinazionali.
Tutto
per timore riprenda con nuovi attori la battaglia politica sul “Supply chain
act” europeo (anche detto” Csddd”).
Anche
gli industriali tedeschi, francesi e scandinavi temono che certe norme
colpiscano i mercati da cui dipende l’economia di centro e nord europea:
associazioni ambientaliste e Wwf parlano di dominio delle multinazionali in
danno dell’ambiente, artigiani e contadini dicono di chiudere le imprese per
colpa dei colossi capitalistici.
Bruxelles
risponde a queste tensioni facendo slittare voti e lavori in Commissione,
soprattutto usando i funzionari per sedare e distrarre i peones velleitari.
Di
fatto l’Unione Europea è una colonia delle multinazionali occidentali, il cui
cartello ha pianificato trasformare il Vecchio Continente in una sorta di
governatorato delle grandi società quotate nelle borse mondiali:
per raggiungere l’obiettivo, l’Europa deve
diventare un mercato acefalo, dove le vecchie industrie siano solo dependance
delle multinazionali.
Questo
è anche il senso della direttiva europea sulla “Corporate Responsibility due
diligence” (Csddd):
normativa
invasiva ma utile a far aumentare i costi degli approvvigionamenti industriali
nell’Ue, amplificando le difficoltà per le imprese e generando nuove tensioni
inflazionistiche.
Allora perché la normativa è gradita ad
associazioni ambientaliste e multinazionali?
Per il
semplice motivo che le multinazionali finanziano i verdi europei perché venga
distrutta la produttività in tutta l’Ue.
Obiettivo
finale è creare una tale povertà diffusa, e poco sostenibile, da permettere
alle multinazionali d’impadronirsi dei patrimoni degli europei senza sparare un
colpo:
perché
le guerre nel primo mondo si combattono così, mentre nel terzo e quarto si
usano le armi, le stesse che dettano legge fuori da Ue ed Usa.
Ma se
i “poteri” italiani e francesi sono spaccati, invece in Germania sta montando
la protesta contro queste norme che uccidono l’impresa in nome di ambientalismo
e stringente burocrazia.
Una
protesta che potrebbe riportare una ventata di libertà produttiva in Europa, in
considerazione del fatto che la presidenza Biden (supportata dalle società
quotate nelle grandi borse) è debole e non riesce ad imporre sui tavoli le
volontà delle multinazionali Usa.
Anche perché l’eventuale ritorno di Donald
Trump si potrebbe rivelare punitivo verso le pretese dei colossi che hanno
supportato Biden.
Potrebbe essere questa la condizione ideale
per abrogare le norme che hanno portato a morte artigianato, piccoli commerci e
mondo rurale?
Questo
dipende dai singoli stati europei più che dagli europarlamentari.
Perché
la volontà di rilanciare produzioni e consumi interni dipende dal coraggio di
tagliare le sudditanze verso le multinazionali, e per poi permettere norme Ue
che privilegino agricoltura e manifattura di tutti gli stati d’Europa.
“Stefano
Pan” (delegato del presidente di Confindustria per l’Europa e vicepresidente di
Business Europe) ha raccontato al Corriere come la battaglia ecologista sia
stata fermata in Germania da “scioperi e preoccupazione montante per la tenuta
industriale”.
“Le
imprese tedesche, al pari di quelle italiane e di altri Paesi – spiega “Pan” –
sono molto preoccupate dal varo di una normativa estremamente complessa e
invasiva… con un aumento dei costi incontrollato “.
Obiettivo
delle normative è scongiurare che le aziende del Vecchio Continente superino i
40 milioni annui di fatturato:
risultato che verrebbe raggiunto imponendo
loro limitazioni produttive per il bene del clima, ma anche la sostituzione di
umani con robot per scongiurare incidenti sul lavoro.
Ma
sappiamo bene come i colossi occidentali continuerebbero a produrre, senza le
limitazioni Ue, nel terzo e quarto mondo:
permettendo
di trasformare l’Europa nel solo mercato incapace di qualsivoglia produzione.
Questo è il vero motivo che ha spinto il Regno
Unito a divorziare dall’Unione europea:
la Gran Bretagna ha ritenuto di non dover
penalizzare l’artigianato e l’agricoltura dell’Isola, e così ha annunciato ai
propri sudditi il taglio dei fondi per la transizione ecologica, ora passati da
28 a 4,7 miliardi di sterline annui.
Certamente
il cordone ombelicale tra multinazionali quotate nelle grandi borse e governo
Usa è del tutto simile a quello che c’è tra Nato e Pentagono, o tra Federal
Reserve e Black Rock, Vanguard, Microsoft e compari vari.
L’Europa
si conferma una sorta di terra di conquista coloniale interna all’Occidente.
Non
dimentichiamo quanto la politica europea si confermi timorata delle
multinazionali:
perché tra arbitrati e giudizi in corti
internazionali, i grandi colossi possono sanzionare un singolo stato dell’Ue
(certamente i più deboli) con la stessa forza (ammantata da legalità) che usa
l’Onu e le sue agenzie contro gli eventuali amici della Russia.
Sanzioni per miliardi di dollari o euro, che
servono per mandare in fallimento una nazione, quindi assoggettarla alle
società di capitale come già avviene in molte regioni di Africa e Sud America.
Solo
una piccola percentuale degli eletti ha contezza di tutto questo, poi c’è chi
teme lo scontro con le multinazionali:
in ultimo la gran massa degli eletti, che
considera questi problemi troppo grandi o troppo lontani dal proprio orticello
familiare.
L’ UE
è Morta.
L’IRRILEVANTE
VOTO EUROPEO.
Lapekoranera.it
- Manlio Lo Presti – (6 giugno 2024) – ci dice:
A
ridosso delle imminenti elezioni europee, è necessario ed opportuno inviare ai
cittadini d’Europa informazioni
immediatamente comprensibili, specialmente quando il tema riguarda le
istituzioni comunitarie, volutamente complicate ed inaccessibili alla gran
parte della popolazione europea occupata a
sopravvivere alle ondate demolitrici della disoccupazione, delle
espulsioni di massa dal lavoro causate dalla robotica, dalla precarietà, dalla
povertà, dalla privatizzazione di tutto, dal mondo commisurato al profitto.
Tutti
temi, questi, di cui i pretoriani della Comunità europea parlano il meno
possibile.
Preferiscono
discutere su questioni di lana caprina:
sulla
dimensione della frutta, sulla forma degli imballaggi, sulla forma dei giro
Water, sulla infernale forestazione labirintica delle sanzioni da infliggere
agli Stati membri che non obbediscono, sulla imposizione di modelli di vita
socio-economica copiati di sana pianta dai modelli germanici perfino nelle
targhe delle auto, ecc.
Il
modello operativo della megamacchina comunitaria fa riferimento a modelli
operativi liberisti e profitto-centrici. Il resto è puramente secondario.
Una
macchina distante, ostile, lenta, minacciosa che aleggia sul destino incerto di
quasi mezzo miliardo di umani europei che non riescono a vedere un futuro
accettabile e condivisibile.
Avevano
ragione i francesi a non aderire inizialmente all’Unione mantenendo la propria
autonomia anche in tema di deterrenza militare e nucleare nazionale con la
Force de Frappe.
Dopo, tale opposizione è diminuita.
Considerando
(una parola retorica molto usata nei testi legislativi europei) tutto ciò che
abbiamo appena focalizzato, riteniamo utile illustrare le motivazioni di un
voto totalmente inutile da parte di cittadini che non contano nulla, sono
irrilevanti e, anzi, diventano un costo crescente a causa di oltre cento
ottantacinque milioni di disoccupati ed espulsi dall’economia.
Brevemente,
il voto europeo è inutile per i seguenti motivi:
1) i
partiti nazionali confluiscono in gruppi politici europei che si sono
costituiti in sede europea per esclusiva la tutela dei propri interessi;
2)
Questi gruppi formano coalizioni che sono spesso divergenti dai consensi
ottenuti in patria;
3) a
causa del punto 1, Forza Italia sceglierà il gruppo contrario a quello che guida
l’attuale coalizione di governo italiana facendo abbassare il totale dei voti
identitari in favore dei Popolari europei attualmente in sella.
Si
assicurano ancora una volta gli interessi della Nato, delle multinazionali
angloamericane e dai servizi segreti della anglosfera.
4) la
pressione della Nato (che invoca ossessivamente scenari di guerra ostili e non
difensivi) e delle multinazionali angloamericane congiuntamente porteranno alla scelta
di governi europei identici all’attuale vanificando il voto con le alleanze di
cui ho fatto cenno;
5) la UE ha l’unico parlamento al mondo
che non ha la possibilità di emanare leggi.
Una
facoltà totalmente in mano a 27 commissari che non rispondono a nessuno agendo
in TOTALE AUTONOMIA.
A cosa
serve il voto degli europei se non ha potere condizionante preventivo?
6) il parlamento UE può esprimersi a
favore o contro DOPO le proposte dei commissari.
I parlamentari UE sono sempre di fronte al
fatto compiuto!
7) tutto ciò premesso, la UE è una
macchina totalmente controllata da interessi Nato e delle multinazionali
angloamericane e dai servizi segreti della anglosfera che non manca di
“suicidare” i parlamentari o i loro parenti stretti. A severo monito contro gli
“indisciplinati”;
8) la UE agisce CONTRO I CITTADINI
europei impegnati ad azzuffarsi in finte contese politiche alimentate da
agitatori professionali operanti nei media ma prigionieri dentro questa gabbia
infernale senza uscita;
9) le leggi elettorali dei Paesi membri
sono ingegnerizzate per minimizzare il potere condizionante del voto del
singolo suddito e non cittadino europeo.
La
ex-italia ha fatto di meglio: ha eliminato la volontà popolare con cinque leggi
elettorali sempre più restrittive.
Per
questi motivi
la UE
è una megamacchina che rende totalmente irrilevanti le poche scelte consentite
all’inerme cittadino globale.
La
Francia “sta andando in malora”,
dispera
la cerchia ristretta di Macron.
Politico.eu
– Clea Caulcutt – (17 giugno 2024) – ci dice:
Nel
momento di maggior bisogno di un successore liberale al presidente del paese, i
centristi francesi sono in preda al panico.
Le
Figaro ha citato il ministro delle Finanze Bruno Le Maire lamentandosi che
"il paese sta andando in malora".
PARIGI
— Ha l'aria di un'ultima cena.
La fotografia in bianco e nero cattura
l'angoscia e la frustrazione della cerchia ristretta del presidente Emmanuel
Macron, presumibilmente nel momento stesso in cui li informa che sta per
scommettere grande su un'elezione parlamentare ad alto rischio.
Macron
è seduto a un tavolo – con un piccolo orologio da carrozza davanti a lui – in
una camera opulenta del palazzo dell’Eliseo, mentre una tensione palpabile
attanaglia i suoi luogotenenti più vicini di fronte.
Forse
è un'immagine insolita quella da pubblicare su Instagram da parte del fotografo
ufficiale dell'Eliseo, ma nessuno dubita che rifletta fedelmente i nervi che
tormentano la cerchia ristretta del presidente.
Umiliato
dal raduno nazionale di estrema destra alle elezioni europee, il 9 giugno
Macron ha annunciato con un annuncio bomba che avrebbe cercato di frenare
l’avanzata della destra con elezioni nazionali.
Da
allora, i vertici di Macron si sono distinti per dubbi, lamentele e malumore.
Il
ministro delle Finanze Bruno Le Maire – un pilastro del partito liberale
rinascimentale di Macron – ha vinto il premio per la diagnosi più apocalittica
su una campagna elettorale nel nord della Francia dopo che Le Figaro lo ha
citato lamentandosi che “il paese sta andando in malora”.
Una
disperazione così biliosa pone un problema per il futuro della Francia.
Dopotutto, una delle domande più grandi che la politica francese deve
affrontare è chi riempirà l’enorme vuoto nel centro politico quando la
presidenza di Macron finirà nel 2027.
Coloro
che scrutano il tavolo più alto alla ricerca di un salvatore liberale
rimarranno delusi.
La
coalizione centrista di Macron rischia di essere spazzata via in un voto su due
turni – il 30 giugno e il 7 luglio – sia dalla sinistra che dall’estrema
destra.
Gli
alleati del presidente, nel frattempo, sembrano cercare una strategia di uscita
piuttosto che la gloria in una famosa ultima resistenza.
I
commenti taglienti sul presidente francese, una volta solo sussurrati, vengono
ora espressi apertamente.
Il
lealista di Macron Le Maire ha detto che il leader ha preso la decisione di
sciogliere il parlamento da solo – e che la scelta “ha creato, nel nostro
paese, tra i francesi, ovunque, ansia, incomprensioni e talvolta rabbia”, come
ha detto alla radio francese.
Questa
è una nota decisamente discordante di Le Maire, che solo poche settimane fa era
stato indicato come il candidato di Macron per l’onnipotente ruolo di
commissario europeo all’economia per portare avanti l’agenda industriale del
paese a Bruxelles.
Uscite
anticipate.
La
tempistica delle elezioni parlamentari ha ostacolato gli alleati di Macron, che
non avevano nemmeno iniziato a scaldarsi in vista del duello con la nemica di
estrema destra Marine Le Pen nelle prossime elezioni presidenziali del 2027.
Macron non può candidarsi per la rielezione, e diversi
partner della coalizione, tra cui il primo ministro” Gabriel Attal”, l’ex primo
ministro” Édouard Philippe” e il ministro degli Interni “Gérald Darmanin”,
hanno tenuto d’occhio il suo lavoro.
Ora,
con il centro politico in difficoltà, alcuni stanno andando per la propria
strada e creando piattaforme più indipendenti.
Nel
frattempo, il premio finale – la presidenza – sembra sempre più lontano.
"Ha
dato il via alla corsa alla successione, ma mentre l'obiettivo era regnare su
un palazzo, ora si tratta di ereditare un capannone", ha detto” Benjamin
Morel”, politologo dell'Università Panthéon-Assas di Parigi.
Ma
Macron non nasconde di rischiare le fortune politiche dei suoi alleati nella
sua ultima scommessa.
“Potrebbero
esserci ambizioni personali che sono state ostacolate dai cambiamenti attuali,
viene debitamente notato. Ma non è importante, siamo di fronte ad un momento
storico per la nazione”, ha detto durante una conferenza stampa la settimana
scorsa.
In
cima alla lista di coloro le cui ambizioni sono state contrastate c'è “Attal”.
Seduto di fronte a Macron nella fotografia in
bianco e nero, il giovane Primo Ministro ha chiaramente subito un duro colpo.
Dopo
aver evitato il pubblico per 24 ore, “Attal” è riemerso martedì scorso per
denigrare la decisione di Macron definendola “improvvisa” e “brutale”.
Nonostante
il suo evidente sgomento per la decisione di sciogliere il parlamento, in
seguito si è mobilitato per insistere:
“Ora non è il momento di avere scrupoli”.
Ma
cosa accadrà ad “Attal”?
Prima della mossa elettorale di Macron, la
stella nascente centrista di 35 anni – che è più popolare del presidente –
veniva preparata per il primo posto.
Nelle
elezioni europee, dopo tutto, “Attal” è stato il volto giovane inviato a
mettere fuori dibattito “Jordan Bardella”, l'altrettanto fresco leader del “Rassemblement
National”.
Per
ironia della sorte, Bardella è ora destinato a succedere ad Attal a Matignon,
la maestosa residenza dei primi ministri francesi.
(PARLAMENTO
NAZIONALE FRANCIA SONDAGGIO DEI Sondaggi).
“[Dato
che Attal] è stato molto coinvolto nelle elezioni europee, come arma
anti-Bardella, la grande sconfitta [subita dal Rinascimento di Macron] non
aiuterà le sue prospettive.
Soffrirà
anche perché si è presentato come il naturale successore di Macron", ha
detto “Bruno Cautrès”, ricercatore politico presso l'”istituto Sciences Po”.
“Attal”
è stato anche umiliato essendo stato escluso dalle recenti consultazioni
politiche di Macron, nonostante il fatto che le elezioni anticipate metteranno
quasi certamente fine alla sua carica di premier.
A lato
di Attal nella fotografia c’è il Ministro degli Interni Darmanin, che si porta
le mani al viso – come in preghiera.
Dall'altro c'è la presidente dell'Assemblea nazionale “Yaël
Braun-Pivet”, che prende cupamente appunti.
Il “Paris
Playbook” di POLITICO ha appreso che aveva detto a Macron che pensava che
stesse prendendo una decisione sbagliata;
in
seguito ha detto che pensava che “c’era un’altra strada”, quella di costruire
una coalizione piuttosto che indire un’elezione.
Il
centro non regge?
Poi
c'è l'ex primo ministro “Philippe”, che ha vistosamente mantenuto le distanze,
scomparendo persino per prendere un po' di aria di mare a Le Havre, un porto
della Normandia di cui è diventato sindaco nel 2020.
“Philippe”,
che è stato Primo Ministro dal 2017 al 2020, era visto come il prossimo
presidente centrista del paese, ma è da tempo irritato dalla sua promessa di
rimanere “libero ma leale” a Macron.
Negli
ultimi giorni Philippe ha preso le distanze più fermamente dalla cerchia
ristretta di Macron, definendo la sconfitta delle elezioni europee “un rifiuto
del presidente” e chiedendosi se Macron debba prendere parte alla campagnia.
Alle
prossime elezioni parlamentari il gruppo “Orizzonti” di Philippe si presenterà
per la prima volta come partito separato, il che implica una certa indipendenza
finanziaria.
Ha anche iniziato a coltivare rapporti con i
politici conservatori di “Les Républicains” .
"La
coalizione del presidente francese sta rapidamente andando in pezzi, con i
partner che si staccano", ha detto l'analista politico” Morel.”
Ma
sebbene Philippe, che rimane popolare per la sua gestione della pandemia di
coronavirus, abbia evitato la politica nazionale negli ultimi quattro anni,
rischia un danno terminale se gli elettori si rivolteranno contro il campo di
Macron.
Secondo
Morel, le elezioni parlamentari probabilmente rafforzeranno la sinistra e il
Raggruppamento Nazionale di Le Pen, che saranno visti come le alternative più
forti nel 2027.
Dopo
Macron, “il centro rischia di diventare ancora una volta un luogo dove i
politici vanno a morire”, ha detto.
“Con
meno legislatori e meno reti, un candidato centrista farà fatica a conquistare
la presidenza”.
L’economia
di Biden sta crollando mentre le aziende di tutto il mondo annunciano bancarotte e chiusure alimentate dall’inflazione
galoppante.
Naturalnews.com – (21/06/2024) - Ethan Huff
– ci dice:
Una
nuova analisi di” CoreSight Research” avverte che quest’anno è prevista la
chiusura di quasi 3.200 negozi in tutta l’America, il che rappresenta un
aumento del 24% delle chiusure di negozi rispetto al 2023.
A
guidare il gruppo sono i drugstore e le farmacie statunitensi, che quest’anno
hanno chiuso finora otto milioni di piedi quadrati di spazio commerciale.
Poi
arriva il resto del settore della vendita al dettaglio che sta perdendo scorte
e clienti a causa dei furti dilaganti.
I
piccoli "strizzacervelli al dettaglio" si sono trasformati in
"criminalità organizzata nel commercio al dettaglio", spiega il
rapporto “CoreSight Research “su quanto siano peggiorate le cose, soprattutto
dopo la "pandemia" del coronavirus di Wuhan (COVID-19).
Circa
30 rivenditori rappresentano la maggior parte dei 3.200 negozi statunitensi
chiusi quest’anno.
“Family
Dollar” ne cattura la maggior parte, superando i 600, mostrano i dati
Poi abbiamo “Tupperware”, che sta chiudendo definitivamente
il suo ultimo impianto di produzione operativo a Hemingway, Carolina del Sud.
Tutti
i 148 lavoratori della “Tupperware” saranno licenziati a partire da settembre.
Entro gennaio 2025, non ci saranno più dipendenti “Tupperware” poiché l’azienda
passerà alla produzione di prodotti in uno stabilimento a Lerma, in Messico,
vicino a Città del Messico.
(Se non puoi più permetterti il cibo
per la tua famiglia, il Wall Street Journal consiglia di "saltare la
colazione" piuttosto che far impiccare gli avidi banchieri grassi gatti
per crimini contro l'umanità e tutto il loro bottino rubato restituito ai
proprietari originali.)
L’apocalisse
del commercio al dettaglio è arrivata.
Anche
la catena di vendita al dettaglio di abbigliamento per adolescenti “Rue21” con
sede a Pittsburgh ha recentemente dichiarato fallimento, annunciando nel
frattempo che chiuderà tutti i 540 negozi nei prossimi giorni.
La
conoscenza umana è sotto attacco!
I governi e le potenti aziende stanno usando
la censura per cancellare la base di conoscenze dell’umanità su nutrizione,
erbe, fiducia in se stessi, immunità naturale, produzione alimentare,
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“Rue21”
si trova ad affrontare un debito di 200 milioni di dollari poiché licenzia
tutti i 4.900 dipendenti dell'azienda a causa di "punti vendita al
dettaglio poco performanti... inflazione e ostacoli macroeconomici",
secondo la” CNN ” .
Anche”
99 Cents Only”, una catena di vendita al dettaglio discount con sede in
California, ha dichiarato fallimento in aprile perché "gli ultimi anni
hanno presentato sfide significative e durature nell'ambiente della vendita al
dettaglio", per citare un rapporto inquietante del Los Angeles Times.
“ 99
Cents Only “chiuderà presto tutti i suoi 371 negozi.
Altri
rivenditori statunitensi che chiuderanno i negozi quest'anno includono:
CVS
Salute, 7-Undici, Aiuto di rito, Esprimere, Walgreens, Alleanza di avvio, Macy's,
Il negozio per la cura del corpo, Dintorni morbidi, Fabbrica di cappotti
Burlington, Foot Locker, Quello di Carter, Grandi lotti, Generale del dollaro, Abercrombie
& Fitch, Miglior acquisto.
"L'anno
scorso, i negozi al dettaglio, le catene farmaceutiche e di fast food hanno
continuato la tendenza degli anni precedenti:
dichiarare bancarotta e chiudere i battenti o
chiudere alcune sedi per tagliare i costi, citando l'inflazione, l'aumento dei
costi e le perdite di profitti", ha riferito “Just the News” a proposito
di l’apocalisse del commercio al dettaglio in corso che sta investendo
l’America.
"Nel
gennaio di quest'anno, la tendenza è continuata, guidata dall'iconico grande
magazzino Macy's."
Anche
il mercato delle assicurazioni auto sta registrando importanti increspature
economiche con l’aumento delle polizze del 26% a livello nazionale in un solo
anno, con l’aspettativa che le tariffe della polizia rimarranno elevate fino al
2025.
Anche
il mercato immobiliare, come probabilmente ben saprete, è completamente fuori
controllo, con gli acquirenti di case che avranno bisogno dell’80% in più di
reddito per acquistare una casa nel 2024 rispetto al 2020.
"Sono passati 30 anni dall'ultima
volta che il cibo ha assorbito così tanta parte del tuo reddito", ha
riferito il “Wall Street Journal” , accusando gli alti costi di trasporto,
carburante, ingredienti, servizi e manodopera per i prezzi in continuo aumento
nei negozi di alimentari, nei ristoranti e nei produttori di alimenti.
L'ex
amministratore delegato di” Home Depot “e “Chrysler”, “Bob Nardell,” aveva
avvertito all'inizio di quest'anno che sarebbero arrivati ancora più
licenziamenti a causa degli alti tassi di interesse, che secondo lui stanno
"uccidendo" le società di mercato medio e basso, lasciando dietro di
sé solo i grandi.
"L'inflazione
è una questione di alto livello tra democratici, repubblicani e veri
indipendenti", ha commentato “David Byler” di “Noble Predictive Insights”.
"Ogni gruppo politico ritiene che questo
sia importante."
Gli
americani non hanno idea di cosa ci sarà in serbo per il loro paese una volta
che il castello di carte finanziario crollerà.
(JustTheNews.com)
(NaturalNews.com)
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