La pace impossibile.

 

La pace impossibile.

 

Ucraina, la pace

impossibile con Putin.

Italiaoggi.it - Tommaso A. De Filippo – (19-7-2024) – ci dice:

 

La disponibilità a trattare si scontra col desiderio di ottenere tutto da parte di Mosca: Kiev non può cedere sull’adesione alla Ue e alla Nato.

Tiene banco l’idea della creazione di una piattaforma diplomatica che operi per un accordo tra Russia e Ucraina, coinvolgendo Vladimir Putin al tavolo negoziale.

 Il vertice di pace tenutosi in Svizzera di recente (senza la partecipazione di Mosca) ha ottenuto risultati promettenti per Kyiv ma non è riuscito a determinare l’unità di intenti tra tutti i partecipanti.

Il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato di essere disponibile ad ampliare il raggio d’azione dei colloqui, auspicando che al prossimo vertice (in teoria, da tenere a novembre) la Russia possa inviare una delegazione.

Le ragioni dell’apertura al confronto del leader ucraino sono principalmente comunicative:

 oppresso da una fetta di opinione pubblica occidentale, impegnata dall’inizio della guerra ad accusarlo di poca disponibilità verso i compromessi, intende mostrarsi dialogante.

La sola ipotesi di confronto tra Russia e Ucraina ha spinto alcuni attori politici, mediatici e diplomatici ad illudersi di star assistendo ad una svolta nel conflitto.

Tuttavia, urge spiegare perché una trattativa sincera tra Ucraina e Russia sia irrealizzabile.

Putin non ha alcuna intenzione di porre fine alla guerra.

Vladimir Putin non ha alcuna intenzione di porre fine alle ostilità, a meno che non ottenga per via diplomatica quel che sta tentando di raggiungere, senza successo, sul campo di battaglia:

 il compromesso con un paese di cui non riconosce l’esistenza è per lui improponibile, poiché rischierebbe di mostrarlo arrendevole agli occhi dello stato profondo di Mosca.

In caso di manifestazione di debolezza o attestazione di fallimento nel raggiungimento degli obiettivi imperiali, Putin rischierebbe un’uscita di scena cruenta, per mano di altre fazioni interne al potere russo.

Il leader del Cremlino potrebbe ipotizzare l’accettazione di un congelamento del conflitto temporaneo, utile a concedergli la possibilità di ricostituire le forze armate e poi riprenderlo.

Da Mosca hanno già bollato come non perseguibile qualsiasi ipotesi negoziale che non si basi sui termini proposti dal Cremlino.

 Al tempo stesso, osservare la disponibilità altrui a trattare con lei non può far altro che invogliare la Russia ad alzare livello di scontro e pretese.

L’Ucraina non può rinunciare alla propria sovranità e a entrare in Ue e Nato.

Sull’altra sponda, la disponibilità al dialogo dell’Ucraina non può certo significare rinuncia alla sovranità ed al percorso intrapreso di occidentalizzazione.

Pertanto, ritenere perseguibile la concessione di parte del territorio ai russi o la rinuncia all’entrata in Unione Europea e Nato da parte sua significa non averne compreso l’essenza della lotta per la sua sopravvivenza.

Quest’aspetto si riallaccia all’interesse dell’Occidente in merito al conflitto:

impedire che Mosca ottenga alcun successo, per via militare o diplomatica, significherebbe assicurarsene la sconfitta.

Una sua capitolazione comporterebbe maggiore sicurezza per il continente europeo.

Gli apparati americani hanno espresso il loro scetticismo sulla possibilità che un vertice di pace possa tenersi a novembre, soprattutto se si spera la Russia scelga di parteciparvi.

È molto più probabile che la spinta di parte dell’opinione pubblica e politica occidentale su Zelensky comporti un indebolimento della sua posizione, in favore dell’aggressore pronto a cogliere l’opportunità per provocare ulteriore escalation.

Pertanto, è importante che lo” stato profondo statunitense “abbia espresso una posizione contraria a soluzioni diplomatiche utili a Putin e che annotazioni simili siano giunte dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e l’Unione Europea: il primo ha ribadito che l’obiettivo dei prossimi mesi è l’incremento del sostegno a Kyiv, soprattutto attraverso la concessione di compiere attacchi in profondità all’interno della Russia.

Da Bruxelles è stata mostrata la volontà di condurre Mosca alla sconfitta, non di premiarla con dignità diplomatica e guadagni politici. Posizioni in controtendenza con quanti vogliono che siano Zelensky ed il suo popolo a compiere passi indietro, piuttosto che il loro aggressore.

 

 

 

 

 

Gravissimo il Primo Atto del

Parlamento UE: da Ora

l’Ucraina può Attaccare la Russia

Conoscenzealconfine.it – (21 Luglio 2024) - Diego Fusaro – ci dice:

 

Il nuovo Parlamento europeo, formatosi dopo le recenti elezioni, parte male, anzi malissimo.

 Ha infatti approvato in questi giorni la possibilità per l’Ucraina del guitto Zelensky, attore “Nato”, di attaccare direttamente il territorio russo.

Si tratta di una scelta di una gravità inaudita, una scelta scellerata che segna un ulteriore passo verso la catastrofe finale, vale a dire verso la guerra mondiale.

Un passo alla volta stiamo procedendo con stolta letizia verso l’abisso, o se preferite verso la notte che non ha mattino.

 La scelta del Parlamento europeo ci impone allora una duplice considerazione telegrafica e impressionistica.

In primo luogo abbiamo la conferma della nostra tesi.

Con le elezioni europee non cambia l’ordine delle cose, ma semplicemente cambia il cameriere, poiché il cameriere con la livrea fucsia cede il passo al cameriere con la livrea bluette, ugualmente zelante nel servire il padronato cosmopolitico e l’imperialismo a stelle e strisce.

 Imperialismo rispetto al quale, “ça va sans dire”, l’Europa tutta figura sic et simpliciter come una colonia senza dignità.

 

Secondo quanto ho provato a chiarire in maniera estesa nel mio studio “Demofobia “, destra e sinistra sono oggi soltanto le due ali dell’aquila neoliberale.

 Sono i due poli dell’alternanza senza alternativa, buoni soltanto a fare apparire democratico un ordine che intrinsecamente non lo è e nel quale decide sovranamente, in modo non democratico, la classe capitalistica transnazionale, il “blocco oligarchico neoliberale e no border”.

Esso impone i propri ordini ora al cameriere con la livrea fucsia, ora, ugualmente, a quello con la livrea bluette.

I due camerieri per parte loro, e a prescindere dal colore della livrea, si limitano a recepire gli ordini e a obbedire sull’attenti.

Per quel che concerne la nostra sventurata Italia, non sfugga che hanno votato a favore di questa folle decisione tanto il Partito Democratico quanto Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Ora che la destra voti per la guerra non sorprende, essendo la destra da sempre la parte del potere e dell’ordine dominante.

La vera” novitas” degli ultimi trent’anni concerne il fatto che anche la sinistra si è squallidamente appiattita sulle posizioni dell’imperialismo di Washington fintamente umanitario.

Tutto principiò con la Serbia nel 1999, allorché il popolo dei militanti, anzi dei “militonti” della sinistra post-comunista, scese in piazza a sostegno dell’imperialismo di Washington voluto dal governo D’Alema e ovviamente presentato subdolamente come imperialismo umanitario, come interventismo etico, come bombardamento democratico.

Da quel momento la sinistra moriva simbolicamente dopo essere già morta realmente con il 1989.

 La sinistra cessava di essere la nobile parte dell’opposizione all’imperialismo e della nobile difesa delle lotte di liberazione nazionale e diventava pienamente “sinistrash”, neoliberale atlantista, pura stampella di sostegno dell’imperialismo dei bombardamenti umanitari e dei missili democratici made in USA.

La metamorfosi kafkiana era compiuta.

E la sinistra non stava più con il lavoro, ma con il capitale.

Non stava più con i popoli oppressi, ma con l’oppressore a stelle e strisce.

Con i sonetti di Shakespeare: più dell’erbacce puzzano i gigli marciti.

La seconda questione che desidero celermente affrontare riguarda il fatto che ormai dovrebbe essere “notum lippis et tonsoribus”, direbbe il poeta Orazio, cioè noto universalmente, che questa non è la guerra della Russia contro l’Ucraina:

è invece la guerra della civiltà dell’hamburger e del codazzo delle sue colonie senza dignità contro la Russia.

La Russia è colpevole agli occhi di Washington di non piegarsi al nuovo ordine mondiale americano-centrico e a quella globalizzazione che in realtà altro non è se non l’americanizzazione coatta del pianeta.

 Come più volte abbiamo ripetuto, si scrive “Occidente” ma si legge “Uccidente”.

E come più volte abbiamo ugualmente ribadito, dobbiamo sperare oggi più che mai in una Russia e in una Cina forti e unite, in grado di resistere insieme all’imperialismo di Washington e delle sue colonie, per propiziare l’emergenza di un mondo multipolare, finalmente sottratto al dominio della civiltà dell’hamburger, quella che, con le disgustose parole di Bill Clinton, pretende di essere la sola nazione indispensabile.

(Diego Fusaro (Radioattività – Lampi del Pensiero Quotidiano)

(radioradio.it/2024/07/gravissimo-il-primo-atto-del-parlamento-ue/)

 

 

Sta per cadere il veto Usa sulla Crimea:

l’Ucraina può attaccarla.

Tempi.it - Leone Grotti – (20/01/2023) – ci dice:

 

Kiev può utilizzare le armi americane e della Nato per colpire la Crimea, a costo di scatenare un'escalation nucleare.

L'obiettivo dell'amministrazione Biden sarebbe quello di spaventare Putin e convincerlo a trattare.

Intanto veicoli corazzati Bradley sono forniti dagli Usa all'Ucraina.

Gli Stati Uniti potrebbero autorizzare l'Ucraina a utilizzare le armi americane per colpire la Crimea, obiettivo considerato intoccabile dalla Russia.

 Secondo quanto riportato dal New York Times, pur sapendo che questa mossa potrebbe portare a una «escalation del conflitto», l'amministrazione democratica di Joe Biden si sta convincendo che far comprendere a Vladimir Putin che Kiev è in grado di attaccare la penisola potrebbe aiutare il governo di Zelensky al momento di eventuali negoziati.

La nuova strategia Usa per l'Ucraina.

Attualmente Washington è ancora restia a fornire all'Ucraina missili a lunga gittata per colpire la Crimea dalle basi dove è attualmente stanziato l'esercito ucraino a Kherson.

 Anche se questa posizione americana - come quella sui Patriot e sui veicoli corazzati - potrebbe cambiare presto.

Gli Usa hanno annunciato che invieranno all'Ucraina 100 veicoli corazzati da combattimento Stryker e stanno facendo pressione sulla Germania perché ceda i Leopard...

 

 

 

Armistizio auspicabile,

pace impossibile.

Cdt.ch – Corriere del Ticino - Tito Tettamanti – (26.05.2023) – ci dice:

 

 

Pace impossibile, guerra improbabile: era la frase con la quale durante la guerra fredda i rapporti tra USA e Unione Sovietica venivano descritti

Penso che la pace sia pure impossibile per la guerra oggi in corso con l’invasione russa dell’Ucraina.

Una guerra con tre conflitti, quello diretto tra russi e ucraini, quello tra un’Europa strutturalmente democratica, che predilige le negoziazioni allo scontro, ed una Russia putiniana, espressione di un’autocrazia incline all’uso della forza, e infine quello con gli Stati Uniti che vedono contrastata la loro egemonia, dopo il collasso del sistema bipolare e la sconfitta dell’Unione Sovietica quale conclusione della guerra fredda, con sullo sfondo gli equilibri con la Cina.

Intanto sul fronte ucraino la guerra continua, ha già fatto decine di migliaia di morti da entrambe le parti, distrutto paesi e famiglie, conosciuto le peggiori belluine violenze anche sui civili da parte di soldati e mercenari, obbligato milioni di ucraini a cercare rifugio in Polonia e nel resto d’Europa. Comprensibile che si levino sempre più voci che invitano le parti alla pace.

Senza dimenticare il pericolo che costi e distruzioni sempre maggiori, ma anche gli egoismi di casa propria, nel tempo prevalgano sugli entusiasmi iniziali.

Anche se, a quanto si legge, le perdite sono equiparabili sui due fronti, con decine di migliaia di perdite umane, non si può dimenticare che gli ucraini, pur combattendo con ammirevole coraggio, sono 41 milioni e i russi 146 milioni e che le distruzioni materiali e le sofferenze dei civili sono ucraine.

L’economia russa ha sofferto con le sanzioni USA e europee?

Non facciamoci troppe illusioni.

Vero, molte (non tutte) banche russe sono state escluse dal sistema dei pagamenti SWIFT, ma il più debole sistema concorrente CIPS, che fa capo alla Cina, ha visto aumentare le transazioni del 50%.

Il 16% degli export russi viene oggi pagato in Yuan.

Un recente studio ha stabilito che solo il 9% delle ditte occidentali è uscito dal mercato russo.

Infine intriga il fatto che nel 2022 l’Armenia abbia raddoppiato le importazioni dall’UE e triplicato le esportazioni verso la Russia.

Non illudiamoci di vincere la guerra con le sanzioni.

Trova favore la proposta di una soluzione tipo Corea, con la sospensione delle attività militari, non vi è un trattato di pace ma solo un accordo su una linea di demarcazione, un armistizio.

 In Corea non si sparano più lungo il 38° parallelo e ciò dura dal 1953.

La ricostruzione in Ucraina e lo sviluppo economico relativo potrebbero aver immediato inizio.

 Benvenuta l’idea, individuando il «parallelo», ma a condizione di non farci illusioni confrontando la Russia con la Corea del Nord la quale non ha ambizioni espansionistiche salvo che verso l’altra Corea, è uno Stato che dipende, per sfamare il suo popolo, dalla Cina, che la usa quale spauracchio atomico.

Il caso della Russia è ben diverso, è indipendente ed ha chiare mire espansionistiche, il sogno di Putin, educato quale comunista-stalinista, formato alla scuola del KGB, vale a dire dalla polizia politica, tutte uguali nella predilezione per l’arbitrio, la violenza, il sopruso.

Ma il sogno è solo di Putin e pochi accoliti, e di oligarchi cleptomani che ne approfittano per i loro affari, o c’è un’anima russa, assistita da una storia millenaria, portatrice di sentimenti, ambizioni, orgogli simili a quelli di Putin?

Solzhenitsyn, noto per la sua coraggiosa e feroce denuncia dell’Arcipelago dei Gulag” e quindi del terrore comunista, si è rivelato contemporaneamente un acceso sostenitore di una Russia slava ed ortodossa, non è stato certo tenero con l’Ucraina.

 Affascina diversi intellettuali la storia e la possibile continuazione, dopo la parentesi comunista, della grande Russia degli Zar, con richiamo a Pietro il Grande e Caterina di Russia.

Se così fosse, se l’ideale di una grande Russia con radici slave, impostazione autocratica e aspirazioni egemoniche non fosse solo (magari quale pretesto) di Putin, ma condivisa da quel mondo, dovremmo convenire che ci siamo illusi pensando ad un’Europa che termina agli Urali.

 Vi è un’altra Europa tra noi e l’Oriente con un’altra Storia, con un altro alfabeto, religione, cultura.

In tal caso non credo si possa ignorare tale orientamento e la volontà dei popoli interessati, e dobbiamo aver l’onestà di ammettere che salvata l’Ucraina, da integrare nel nostro sistema di vita e di struttura democratica come i Paesi baltici, non abbiamo la possibilità per intervenire concretamente in difesa delle Repubbliche dell’ex Unione Sovietica che si opponessero alle mire espansionistiche di Putin e suoi successori.

Sarà doveroso ammettere che pur con tutta la simpatia non abbiamo la forza per combattere al loro fianco e non si facciano illusioni per il solito effluvio di buone parole con le quali siamo soliti accompagnare le lotte per l’indipendenza di tanti paesi che poi lasciamo soli.

Per Danzica, in ritardo, si è stati pronti a morire, altri tempi, altre situazioni e altre generazioni.

 

 

 

Il sistema monetario ombra

che governa il mondo.

Unz.com - KEITH WOODS – (15 LUGLIO 2024) – ci dice:

 

E perché il dollaro non sta andando via.

In qualsiasi spazio mediatico alternativo, si è sicuri di trovare molti discorsi sul dominio del dollaro USA, così come previsioni ottimistiche sul suo imminente declino.

Questo è vero anche nella destra radicale, dove i nazionalisti si struggono per la fine dell'egemonia imperiale degli Stati Uniti e l'ascesa di un mondo più multipolare.

Spesso, però, questa speranza è poco più che un pio desiderio, con improbabili sfidanti al potere degli Stati Uniti molto sopravvalutati.

Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda l'egemonia del dollaro USA, un argomento che è maturo per essere frainteso nel migliore dei casi.

È importante tenere a mente che le persone hanno previsto il declino del dollaro quando hanno raggiunto il suo status di valuta di riserva globale.

 Già nel 1960, l'economista “Robert Triffin” avvertiva di una "minaccia imminente per il dollaro USA, un tempo potente".

 Capire la ragione del pessimismo di “Triffin”, e perché si è rivelato fuorviante, è fondamentale per comprendere l'odierno sistema monetario globale e il duraturo dominio del dollaro.

 

Le preoccupazioni di Triffin erano più informate di molte altre:

 il suo "dilemma di Triffin", come divenne noto, evidenziava un problema intrinseco con la valuta nazionale di un paese che fungeva anche da valuta di riserva preferita per il sistema internazionale.

Il paese che fornisce al mondo la valuta di riserva deve produrre un surplus di moneta, creando così un deficit commerciale.

 In altre parole, il paese fornitore deve perdere continuamente denaro per riempire le riserve di altri paesi e rendere la valuta un'opzione a basso rischio da trattenere come riserva.

Ma se il paese fornitore diventa troppo indebitato con il resto del mondo in questo scenario, allora la sua valuta cessa di essere una risorsa a basso rischio, e questo è il dilemma.

Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti inviarono molti dollari all'estero attraverso il “Piano Marshall”, le spese militari e la classe media americana che importava molti beni stranieri.

 Quindi, come ha fatto il dollaro USA ad aggirare il “dilemma di Triffin”?

Non è stato così.

 

Entra nell'Eurodollaro.

 

Il dilemma di Triffin era un problema soprattutto per il dollaro USA perché era sostenuto dall'oro.

Dopotutto, cosa accadrebbe se il mondo avesse bisogno di più dollari da sostenere per sostenere le riserve auree statunitensi?

Proprio come il tipo di collasso che accadrebbe se tutti cercassero di ritirare i loro soldi dalle banche allo stesso tempo, l'intero sistema rischiava l'implosione se gli Stati Uniti non riuscivano a mantenere i loro dollari esteri sostenuti dall'oro.

La storia standard è che questo problema è stato risolto nel 1971, quando Richard Nixon ha posto fine al sistema internazionale di Bretton Woods e ha finalmente disaccoppiato il dollaro USA dall'oro.

Ma a questo punto, le banche private avevano già da tempo sostituito il cambio dell'oro e adottato silenziosamente una nuova forma di scambio, districata da qualsiasi riserva o valuta reale, questo era un sistema economico veramente globale, offshore, al di fuori della sfera di competenza delle banche centrali. Questo era il sistema dell'eurodollaro.

 In questo contesto, "Euro" è usato come sinonimo di "offshore" piuttosto che riferirsi agli euro veri e propri.

Quindi, il sistema dell'Eurodollaro è il sistema monetario ombra denominato offshore in dollari USA.

Nessuno è sicuro di come sia emerso il sistema dell'eurodollaro (ne parleremo più avanti), ma alla fine degli anni '50 c'era stata un'enorme crescita dei depositi in dollari nelle banche europee, soprattutto nella City di Londra.

 Con le pratiche prebelliche, questi depositi sarebbero stati rimessi alla banca centrale o depositati sui conti delle banche negli Stati Uniti, ma gradualmente le banche hanno iniziato a utilizzare questi depositi in dollari per emettere prestiti denominati in dollari USA.

Nel 1959, l'economista Paul Einzig riferì che

Il mercato dell'eurodollaro è stato per anni nascosto agli economisti e agli altri lettori della stampa finanziaria da una notevole congiura del silenzio.

Mi sono imbattuto nella sua esistenza per puro caso nell'ottobre del 1959, e quando mi sono imbarcato in un'inchiesta su di essa nei circoli bancari londinesi, diversi banchieri mi hanno chiesto enfaticamente di non scrivere sulla nuova pratica.

L'obiettivo economico della Gran Bretagna di fare di Londra, un centro per il capitale finanziario internazionale, si è manifestato nella deregolamentazione e nella protezione completa della segretezza. Questo ha dato alla città un vantaggio competitivo rispetto ad altri paesi europei, e ha messo lei e la sua rete di territori offshore britannici al centro di questo sistema emergente.

Dall'elezione del governo conservatore di Margaret Thatcher nel 1979, la Gran Bretagna ha subito un grande esperimento.

 Dal punto di vista economico, il Regno Unito è diventato l'esempio del neoliberismo in Europa.

 Dal punto di vista politico, il Regno Unito è passato silenziosamente a uno stato postnazionale, subendo una delle più grandi trasformazioni demografiche dell'Occidente.

 

Quando il mercato dell'eurodollaro è esploso, è diventato la linfa vitale dell'economia globale, soddisfacendo rapidamente il bisogno delle banche di un sistema monetario internazionale.

 Le banche potevano o effettuare transazioni in modo rapido ed efficiente tra paesi e continenti senza la necessità di una valuta fisica, un'innovazione che ha contribuito a liberare l'attività economica.

 Il sistema dell'eurodollaro funzionava come una delle prime criptovalute, esistendo come un registro digitale e una rete di comunicazione piuttosto che come una valuta tradizionale.

 

A guidare l'economia globale c'è una sorta di moneta virtuale dei banchieri, creata e utilizzata per soddisfare le richieste delle banche, una serie di crediti e passività scambiati tra le banche per soddisfare le loro esigenze monetarie.

 Come puoi recarti in Indonesia ed effettuare un prelievo istantaneo da un bancomat, prelevando dalla tua banca locale a casa?

 Solo con una rete di comunicazione enormemente complessa ed efficiente che collega il sistema bancario globale.

L'eurodollaro è stato l'emergere di questo sistema e le banche centrali hanno poco controllo su di esso.

Nonostante tutto l'allarmismo dei libertari sulla "stampa di denaro della Fed", sono i banchieri internazionali – al di fuori delle regole della Federal Reserve degli Stati Uniti – che hanno il controllo della creazione dell'offerta di dollari USA sui mercati internazionali.

Le grandi banche commerciali creano eurodollari utilizzando il sistema offshore senza il sostegno della Federal Reserve.

Ciò viene fatto attraverso il prestito frazionato, in cui i depositi in dollari vengono utilizzati come garanzia per assumere una quantità maggiore di dollari.

 

Ancora una volta: le banche private creano denaro dal nulla creando debito.

Scoprire che la creazione di denaro è nelle mani delle banche private è una rivelazione che tende a scioccare le persone e a mandarle in uno stato di negazione – sicuramente lo stato non esternalizzerebbe qualcosa di così fondamentale ad attori privati.

Ma non credetemi sulla parola, una fonte buona come la Banca d'Inghilterra ha scritto in un rapporto intitolato "La creazione di denaro nell'economia moderna" che:

La maggior parte del denaro in circolazione è creata, non dalle macchine da stampa della Banca d'Inghilterra, ma dalle stesse banche commerciali:

 le banche creano denaro ogni volta che prestano denaro a qualcuno nell'economia o acquistano un bene dai consumatori.

(Purtroppo, però, registrano il denaro prestato come “passivo contabile” e quindi questo crea di fatto una modalità truffaldina per cui un “attivo reale contabile” verrà utilizzato -dopo l’approvazione del reale bilancio con il relativo “passivo fasullo” - che verrà in seguito percepito quale “vero attivo” dai “nascosti veri padroni delle banche” e FATTO versare su appositi conti esteri appositamente disposti! N.D.R.)

 E, in contrasto con le descrizioni che si trovano in alcuni libri di testo, la Banca d'Inghilterra non controlla direttamente la quantità di moneta di base o in senso lato.

 Dei due tipi di moneta in senso lato, i depositi bancari costituiscono la stragrande maggioranza, il 97% dell'importo attualmente in circolazione.

E nell'economia moderna, questi depositi bancari sono per lo più creati dalle stesse banche commerciali.

Collegamento.

 

Così i banchieri internazionali hanno creato un sistema monetario ombra, con il sistema dell'eurodollaro che funziona come una sorta di "energia oscura" dell'economia globale, sempre presente ma invisibile, qualcosa che la Federal Reserve statunitense o qualsiasi altra banca centrale può fare poco per controllare.

In effetti, nessuno sa nemmeno quanto denaro esista nel sistema dell'eurodollaro, con tempi che lo misurano in qualcosa che va da decine a centinaia di trilioni. Come disse una volta l'economista “Fritz Machlup” a una riunione dei suoi colleghi:

Non sappiamo nemmeno abbastanza del mercato dell'eurodollaro per dire che dovrebbe essere controllato.

Se si vuole visualizzare l'aspetto di questo sistema monetario ombra, questo è un tentativo di illustrare tutti gli strumenti coinvolti nell'offerta del dollaro USA.

Ancora confuso? Non sei solo.

 Se questo illustra qualcosa, è che la Federal Reserve e la banca centrale sono solo una piccola parte della storia.

Questa rete enormemente complessa si è sviluppata nel corso di decenni attraverso istituzioni private, soddisfacendo l'esigenza di un sistema monetario veramente globale, non vincolato da barriere nazionali.

Ma nel processo di disaccoppiamento del dollaro dal controllo della Federal Reserve, i banchieri si sono dati il potere di creare denaro non autorizzato e non regolamentato.

Ciò si traduce in un enorme potere di scavalcare la politica monetaria del governo nazionale e di adempiere a molti dei ruoli che la maggior parte delle persone presuppone che le banche centrali e i loro governi stiano gestendo.

 

Poiché le eurovalute offrono alle istituzioni finanziarie private la possibilità illimitata di espandere la disponibilità di una particolare valuta, il paese la cui valuta è l'obiettivo dell'Euro strumento non ha più il controllo esclusivo sulla sua offerta di moneta.

Inoltre, la mancanza di requisiti di riserva sugli eurodollari crea un moltiplicatore monetario potenzialmente infinito, che potenzialmente porta a un grado infinito di vendita, il tutto senza l'input della Federal Reserve o del Tesoro degli Stati Uniti. Così, il potere di controllare il numero di dollari (o strumenti equivalenti in dollari) sul mercato è stato sottratto al controllo esclusivo dell'autorità statunitense e diffuso tra le istituzioni bancarie straniere.

La discussione sull'economia è ancora fortemente incentrata sulla politica monetaria delle banche centrali e sui programmi governativi come il “Quantitative Easing”, che aiuta a mantenere l'illusione che siano ancora rappresentanti eletti e responsabili ad avere l'ultima parola.

È comprensibile che siamo prevenuti a concentrarci sulle istituzioni governative:

 si è sempre capito che la sovranità monetaria è un prerequisito per la sovranità politica.

Ma ora è chiaro che hanno governato hanno silenziosamente ceduto un gran grado di sovranità monetaria agli interessi privati che gestiscono il sistema bancario internazionale – uno dei cambiamenti politici più significativi e rivoluzionari di sempre, eppure poco discusso.

 

È scioccante scoprire la portata e l'influenza di questo sistema, e scoprire che tutto ciò che viene presentato qui è stato reso pubblico per anni, stranamente ignorato o trascurato da economisti popolari, analisti finanziari e politici.

Eppure alcuni stimati economisti come “Paul Einzig” e “Milton Friedman” hanno identificato e studiato questo sistema, ed entrambi hanno anche scritto di una grande "cospirazione del silenzio" da parte del cartello bancario globale per nasconderne l'esistenza.

Dal momento che la maggior parte delle analisi economiche lo ignora ancora, ci rimane una visione sempre parziale di come funziona l'economia.

 

Perché il dollaro non se ne va.

C'è un'altra importante consapevolezza che deriva dalla comprensione del sistema monetario ombra: l'eurodollaro è la vera valuta di riserva globale.

 L'emergere del sistema dell'eurodollaro è stata un'innovazione emergente, proveniente da molti attori coinvolti nel sistema finanziario globale che cercavano la forma di denaro più efficiente per gestire i loro affari.

 Capire questo ci aiuta a capire perché sarà così difficile detronizzare il dollaro dalla sua posizione dominante.

Immagina un mondo senza il dollaro.

Supponiamo che un produttore tedesco abbia bisogno di importare materie prime dal Brasile.

L'esportatore brasiliano preferisce essere pagato in reali brasiliani, mentre l'importatore tedesco ha fondi in euro.

Solo che non c'è molto dall'Europa in cui l'azienda brasiliana sia interessata a spendere il suo nuovo euro, e lo scambio costante di valute può essere costoso e richiedere molto tempo.

 

Tuttavia, con il sistema dell'eurodollaro, l'importatore tedesco può utilizzare i suoi depositi in euro per creare un deposito in eurodollari in una banca tedesca.

Questo deposito in eurodollari può quindi essere trasferito a una banca brasiliana, che lo converte in reali brasiliani e paga l'esportatore.

La banca brasiliana può detenere il deposito in eurodollari o effettivamente per finanziare le proprie attività di prestito in eurodollari.

 Vincono tutti!

(O almeno così deve essere sembrato alle persone che hanno inventato questo sistema.)

Ora immaginate uno o più governi che cercano di sostituirlo.

 Ci sono decenni di accordi tecnologici altamente complessi e intrecciati che hanno fatto funzionare questo sistema senza soluzione di continuità.

Il dollaro mantiene la sua forza perché c'è una domanda costante di titoli del Tesoro USA a sostegno di questo sistema.

Guardando a come i finanzieri stanno trattando questi titoli, il dollaro sembra più sicuro che mai:

i dati del Tesoro USA rivelano che la domanda estera di questi titoli è aumentata enormemente negli ultimi anni.

 Le partecipazioni in titoli del Tesoro USA a lungo termine da parte di investitori privati stranieri sono aumentate di circa il 52% negli ultimi tre anni a 3,4 trilioni di dollari, superando per la prima volta le partecipazioni delle banche centrali.

Si noti che la storia qui non riguarda le portaerei statunitensi o i regimi fantoccio, ma gli interessi privati dei banchieri che compongono questo sistema.

Un sacco di sventurati del dollaro fanno un caso che riguarda la geopolitica.

 Gli Stati Uniti sono un impero malato, dicono;

ha una lunga e crescente lista di nemici, così come potenziali sfidanti sulla scena mondiale come la Cina, e stiamo entrando in un'era multipolare in cui gli Stati Uniti non possono dominare gli affari del mondo come hanno fatto nel 20° secolo. Tutto ciò può essere vero, ma ciò non rende il sistema dell'eurodollaro meno efficiente per il cartello bancario globale.

La Cina ha fatto molti sforzi per cercare di rendere il suo yuan una valida alternativa al dollaro, e nonostante tutto, meno del 3% delle riserve di valuta estera del mondo sono denominate in yuan.

Secondo una stima, il dollaro fa parte dell'88% di tutte le transazioni internazionali, l'euro del 31%, mentre lo yuan è coinvolto solo nel 7% (più di una valuta può essere coinvolta in una transazione).

Se la Cina volesse rendere lo yuan una vera valuta di riserva globale, dovrebbe abbracciare una massiccia regolamentazione finanziaria e abolire i suoi attuali severi controlli sui capitali, al fine di consentire massicci afflussi di valuta estera e yuan in Cina.

Ma la Cina ha bisogno di mantenere la sua rigida regolamentazione finanziaria per il successo economico interno e la stabilità politica.

 È improbabile che la Cina decida mai di abbandonare il modello statalista che ha seguito solo per decenni per diventare un hub migliore per il sistema finanziario internazionale.

 

Alcuni hanno pubblicizzato i BRICS, di cui la Cina è membro, come potenzialmente all'avanguardia nella creazione di un sistema monetario alternativo.

Sulla carta, questo sembra più promettente:

 i paesi BRICS hanno il 42% della popolazione mondiale e circa il 37% del PIL mondiale.

Anche se i BRICS fossero disposti a mettere da parte i loro disaccordi e impegnarsi in una moneta BRICS, è difficile vedere quale vantaggio competitivo avrebbe rispetto al sistema attuale.

Una valuta sostenuta dall'oro?

 I banchieri hanno abbandonato l'oro e hanno abbracciato il sistema dell'eurodollaro in primo luogo perché la valuta sostenuta dall'oro era un ostacolo alle loro attività.

 

E la "R" dei BRICS?

 Forse le fortune della Russia indicano una potenziale alternativa al dominio del dollaro.

Dopotutto, dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, il governo degli Stati Uniti ha armato il sistema finanziario in modi mai visti prima.

 Non è questa una dimostrazione al mondo della precarietà di fare affidamento sulle grazie dell'America per sostenere il proprio sistema finanziario?

Molti hanno ragionato sul fatto che se gli Stati Uniti hanno esagerato nel sanzionare la Russia, questa sarebbe stata la lezione che il resto del mondo avrebbe preso, e quindi sarebbe stata solo una questione di tempo prima che un numero sufficiente di parti interessate cospirasse per abbattere il potente dollaro.

La sanzione più clamorosa contro la Russia è arrivata quando gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno invocato quella che alcuni analisti hanno chiamato "l'opzione nucleare", e hanno cospirato per togliere la Russia dalla SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication).

Ciò è stato molto significativo, poiché SWIFT è utilizzato dalle banche di tutto il mondo come una sorta di servizio di messaggistica istantanea.

Il presidente Biden ha promesso che ciò "garantirebbe che queste banche siano disconnesse dal sistema finanziario internazionale e danneggerebbe la loro capacità di operare a livello globale".

Con la concezione di base del dollaro USA come qualcosa strettamente sotto il controllo del governo statunitense, molti pensavano che avrebbero potuto semplicemente negare alla Russia l'accesso al dollaro tagliandola fuori dal sistema SWIFT.

Ma nonostante il “deplatforming” di alto profilo, le banche russe hanno subito poco più che un inconveniente nel vedersi negato l'accesso allo SWIFT, a causa dell'efficacia del sistema dell'Eurodollaro.

L'economista dell'eurodollaro “Jeffrey Snider” ha riassunto il problema di questo tentativo di “deplatformare” l'economia russa:

SWIFT rappresenta ben poco per quanto riguarda il funzionamento interno della rete bancaria offshore.

 

Privare alcune istituzioni russe della capacità di inviare messaggi ai corrispondenti utilizzando SWIFT e loro semplicemente comunicheranno (che ne dici di maggiore ironia!) con loro in qualche altro modo (incluso semplicemente alzando il telefono) perché i corrispondenti offshore sono ancora lì.

Continueranno a condurre le proprie attività monetarie indipendentemente dal metodo con cui le richieste di pagamento vengono inviate e ricevute.

Paradossalmente, il fatto stesso che il governo statunitense possa fare così poco per ostacolare l'accesso delle banche russe al mercato dell'eurodollaro dimostra perché esso sia così efficace e perché il dollaro manterrà la sua posizione nel prossimo futuro.

Questo ci riporta all'inizio di questa storia, quando il mercato dell'eurodollaro è emerso in circostanze oscure e segrete nella città di Londra.

Ho scritto che nessuno è veramente sicuro di come sia emerso l'eurodollaro, ma la teoria più probabile è che la vera origine risieda in realtà nell'Unione Sovietica.

Nel 1956, i sovietici erano anche nella posizione di temere sanzioni internazionali per l'invasione di un vicino più piccolo.

 Dopo aver schiacciato la ribellione del 1956 in Ungheria, i funzionari sovietici temevano che gli Stati Uniti avrebbero preso di mira le loro riserve di depositi in dollari nelle banche americane.

In risposta, i sovietici ritirarono i loro dollari e li trasferirono in due banche russe con sede in Europa:

la Commercial pour L'Europe du Nord (BCEN) a Parigi e la Mosca Narodny Bank a Londra.

 Usando quei depositi in dollari, queste banche russe potrebbero diventare i primi prestatori nel mercato globale dell'eurodollaro.

Il 28 febbraio 1957, la “Mosca Narodny Bank” di Londra prestò 800.000 dollari.

 Questa modesta somma è stata presa in prestito e rimborsata interamente al di fuori del sistema bancario americano – o di qualsiasi sistema bancario centralizzato.

 I banchieri avevano appena scoperto un'innovazione straordinaria.

Anche la BCEN di Parigi ha preso alcuni dollari Narodny e li ha prestati.

 La banca di Parigi era conosciuta con il suo nome telex “EUROBANK”, e questo, depositario, è il modo in cui i dollari depositati nelle banche al di fuori degli Stati Uniti sono diventati noti come "Eurodollari".

E così, in una delle grandi ironie della storia, il grande regime comunista del XX secolo ha innescato un'innovazione sui mercati finanziari che ha notevolmente ampliato il potere del capitale e spostato le attività dei banchieri al di fuori della portata dei governi.

Il sistema dell'Eurodollaro è diventato così dominante a causa delle innovazioni di persone che cercavano di evitare il controllo del governo americano sui propri dollari, ed è proprio per questo che il sistema è così resiliente:

alle valute alternative, agli shock geopolitici e allo stesso governo americano.

Niente dura per sempre, ma per ora il dominio globale del dollaro poggia su basi piuttosto solide.

 

 

 

 

Ghigliottina, G7 e Intelligenza Artificiale.

Una Realtà Distopica Anti cristica

da Combattere.

Arcangelosanmichele.altervista.org - Massimo Viglione – (9 Luglio 2024) – ci dice:

(fonte: marcotosatti.com 09/07/2024).

 

Cari amici e nemici di “Stilum Curiae”, Cinzia Notaro, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione questa intervista con il prof. Massimo Viglione.

Ghigliottina, G7 e Intelligenza Artificiale.

Un incontro svoltosi nella Sala Riunioni della Società Operaia il 2 giugno scorso a Martina Franca, cittadina pugliese in provincia di Taranto.

Ha preso la parola il prof. Massimo Viglione, docente, storico, saggista, ricercatore, nonché presidente della Confederazione dei Triarii, di cui è fondatore e che si propone – così come si legge nel suo Statuto – di «difendere, diffondere e promuovere i valori tradizionali della fede cattolica e della cultura italica nel momento in cui essi si trovano a essere minacciati da azioni, di diverso segno, che tendono a far scomparire, o corrompere, un patrimonio culturale e spirituale radicato nei secoli e meritevole di essere preservato a beneficio delle attuali generazioni e di quelle future».

(confederazionetriarii.it/home/statuto-e-codice-dei-valori-e-degli-obbiettivi.htm)

 

Professore, esiste veramente un filo che unisce “Ghigliottina, G7 e Intelligenza Artificiale”?

E in che senso?

 

Per comprendere il senso – profondo e reale – di questa “provocazione” intellettiva, occorre avere consapevolezza del processo storico (le varie tappe di sviluppo nel corso dei secoli) e metastorico del fenomeno della Rivoluzione.

La R maiuscola è d’obbligo, nel senso che non stiamo parlando di uno specifico evento storico (rivoluzione francese, o inglese, o americana, o russa, ecc.), ma del fenomeno nella sua dinamica plurisecolare e anche preternaturale.

 Ovvero, di un piano di sovversione del creato, dell’umano, della legge naturale e morale, così come si sta verificando attualmente.

 

Il filo conduttore è in senso metaforico.

La ghigliottina è il frutto della Rivoluzione Francese, repubblicana, laicista, anticattolica, antireligiosa:

Robespierre arrivò a inventare il culto della “dea natura” (parallelo a quello illuministico della “dea ragione”), ovvero una religione naturale razionale, che possiamo definire anti-umana.

Infatti, nella triade dialettica “Libertà, Uguaglianza, Fraternità”, ritroviamo gli esiti sconvolgenti della dissoluzione odierna:

il liberalismo, che vuole distruggere la legge naturale, l’ordine morale così come è sempre esistito;

 l’egualitarismo social-comunista, con tutta la caterva di mali, di morte e di miseria che lo ha accompagnato; 

l’anarchismo falsamente umanitario, (la “Fraternità”), si va attuando nel globalismo odierno come sintesi dei due momenti precedenti.

 

Infatti, il globalismo è al contempo liberalismo nella finanza apolide che lo gestisce e impone e comunismo in quanto, oltre a renderci sempre più poveri con un fiscalismo progressivamente totalitario e incontrollato, ci vuole espropriare del diritto stesso alla proprietà privata (“Non avrete nulla e sarete felici”, motto ufficiale del mondo di Davos);

perfino dello stesso denaro contante, che dovrà essere sostituito con la moneta elettronica, in modo che i poteri immensi del globalismo tecnocratico possano esercitare un controllo totale su ciascuno di noi, al fine di renderci completamente schiavi e ricattabili.

 Non stiamo affatto esagerando: basti guardare cosa già accade in Canada e in Cina.

Abbiamo visto inoltre come vogliano privarci della carne e del cibo naturale e coltivato per farci mangiare insetti (ciò avveniva durante il comunismo per non morire di fame) e carne sintetica. O per imporci tutti i vaccini che vorranno alfine di renderci esseri telecomandati da remoto.

Non dimentichiamo che l’allora ministro Cingolani, nel 2021, ebbe a dire pubblicamente alla Sapienza a Roma:

 “Vi cureremo da remoto”, il che è possibile solo se nel nostro corpo vengono iniettati metalli utili allo scopo.

E che ci renderanno eliminabili da remoto a loro piacere.

 O magari per annientare in ciascuno di noi ogni mascolinità e femminilità naturali, come prevede l’ideologia gender.

Il globalismo, esito ultimo della Rivoluzione, è una vera e propria sintesi di liberalismo e comunismo, che conduce da un lato all’anarchia, al disordine, al tribalismo (il trans-ecologismo antiumano);

 e dall’altro ad una tirannide esercitata da poche famiglie strapotenti che tessono le fila del rovesciamento di ogni valore naturale e dell’uomo stesso.

A questo si aggiunge ora la pseudo intelligenza artificiale, che creerà un mondo virtuale senza più alcuna certezza oggettiva, perfino sull’esistenza stessa di un essere umano.

 La I.A. inoltre sostituirà l’uomo sul piano lavorativo, fino a farlo diventare del tutto inutile, superfluo, e quindi un peso da eliminare, per la società.

 

Il piano diabolico dell’élite che comanda in cima alla piramide è venuto alla luce in questi ultimi anni. A quando risale?

Possiamo dire che inizi verso la fine del XIII – inizio del XIV secolo, ossia nel tardo Medioevo, periodo in cui l’Europa era interamente cristiana.

In quei tempi non si parlava ovviamente di gender o intelligenza artificiale o di trans-ecologismo, tuttavia si stava già pianificando il sovvertimento della “Res Publica Christiana” per dare origine, nel tempo, ad una società dapprima umanistica, poi protestantica, in seguito razionalista, illuminista, liberale, socialista, totalitaria, sessantottina, fino a giungere alla follia di quello che viviamo oggi.

Il Sessantotto ha segnato profondamente la società.

 Possiamo definirlo una vera rivoluzione che in realtà è stata voluta come tutte le altre dai poteri forti per forgiare a proprio piacimento l’essere umano, affinché fosse pronto ad accettare passivamente e senza spirito critico l’ibrido uomo-macchina servendosi dell’Intelligenza Artificiale?

Il Sessantotto può essere considerato la quarta fase di questo processo unico che è la Rivoluzione.

Il Protestantesimo ha rappresentato la prima fase spezzando l’unità spirituale-religiosa dell’Europa e della Cristianità medievale, preceduto dalla rivoluzione culturale umanistico-rinascimentale;

 la seconda fase è la Rivoluzione francese e ha riguardato la politica (liberalismo, giacobinismo egualitario, ghigliottinamento della Monarchia sacrale, Napoleone, ecc.), ma anche la religione, in quanto preparata dalla rivoluzione culturale razionalistico-illuminista e per la strage di preti e suore effettuata senza pietà;

la terza fase (dopo la religiosa e politica) è quella social-economica, ovvero il Comunismo, elaborata dal marxismo-leninismo, ovvero dal materialismo dialettico di stampo hegeliano.

La quarta fase (dopo quella religiosa, quella politica e quella socio-economica) è quella familiare e morale, ovvero il Sessantotto, sintesi tra capitalismo e socialismo, che promuove la distruzione della famiglia e di ogni morale naturale. Con il Sessantotto si sono affermati il divorzio, l’abortismo di massa, la droga di massa, la pornografia di massa, il sadomaso.

 

Tutto questo ci porta alla quinta fase della Rivoluzione, quella specificamente anti-umana, che è quella che stiamo vivendo oggi con il genderismo androgino del post-umanesimo, con il trans-ecologismo odiatore dell’essere umano in quanto tale e con il trans-umanesimo che si delinea all’orizzonte, violatore della stessa natura umana.

 

I mass media fanno la loro parte nell’ingannare e manipolare le menti, talvolta ricorrendo alla strategia della paura, come è accaduto nella recente “pandemia”?

La recente pandemia ha attuato un piano d’inoculazione di un siero genico in centinaia di milioni di persone nel mondo intero, ma anzitutto in Occidente, i cui esiti nefasti stanno incominciando a vedersi e si vedranno sempre più nei decenni.

Ora assistiamo ad un numero enorme di morti improvvise quotidiane, a danni fisici riportati da una quantità ancora maggiore di persone.

 Tutto ciò ha anche rappresentato un esperimento sociale di controllo delle masse per verificare fino a che punto fossero manipolabili, influenzabili attraverso il terrorismo mediatico.

 È servito a capire quanti sono capaci di ragionare e di reagire al distanziamento sociale e al totalitarismo del controllo da remoto imposto, e a tutte quelle norme obbligatorie inutili imposte come salvezza, facendoci diventare gli uni nemici degli altri.

Il sapere quanti hanno conservato la propria libertà purtroppo contribuirà a preparare meglio quanto dovrà ancora accadere.

Ricordiamo che il Vaticano indusse i cittadini a vaccinarsi contro il Covid 19 facendogli credere che ciò fosse un atto d’amore, ben sapendo oltretutto come alcune delle soluzioni immunizzanti fatte passare per efficaci e sicure, fossero terapia genica, e altre fossero testate e/o prodotte con cellule provenienti da feti volontariamente abortiti.

 Come è potuta accadere una empietà simile?

Ho coordinato a questo riguardo un libro, edito nel 2021 (quindi ancor prima del disastro sierico) di grande diffusione: Mors tua Vita mea (Edizioni Maniero del Mirto), a cui hanno collaborato famosi studiosi, medici, giuristi, storici, bioeticisti, anche a livello internazionale, oltre che due vescovi della Chiesa. Condivido in pieno il contenuto della domanda.

È potuto accadere a causa della crisi della Chiesa, della Rivoluzione entrata anche nella Chiesa.

Ufficialmente dal Concilio Vaticano II in poi e più apertamente, in maniera dirompente, con Bergoglio, raggiungendo vette di dissoluzione e corruzione inimmaginabili nel passato.

Ormai le gerarchie ecclesiastiche sono in gran parte vendute ai poteri che governano questo mondo e sono anche psicologicamente prone a questi poteri.

 È difficile capire fino a che punto ciascuno nel proprio animo sia venduto, sia più succube o lo faccia per carriera o per convinzione.

Tuttavia il risultato finale è che queste gerarchie sono del tutto in mano alle potenze nemiche della Chiesa.

È una realtà tremenda.

Chiamare “atto d’amore” l’inoculazione di un siero genico nel corpo è quanto di più diabolico si possa immaginare.

 

Potere temporale e potere spirituale si dimostrano sempre più uniti nel portare avanti l’Agenda 2030?

La maggior parte della gerarchia ecclesiastica, come già evidenziato, è prona al potere temporale, basti pensare alla chiusura delle chiese in tempo di pseudo-pandemia e come i preti passivamente abbiano accettato ciò.

Una vergogna inaudita e indimenticabile.

 

Possiamo definire la vaccinazione, un battesimo laico?

Possiamo chiamarlo così se vogliamo:

è una tragedia che finanche le migliori menti o presunte tali non riescono a capire. Chi ha rifiutato il siero genico rimane col Battesimo cattolico, l’unico vero Battesimo possibile e immaginabile.

È servita anche per testare la nuova tecnologia mRna al fine di prendere possesso del corpo umano e passare al transumanesimo introducendo nel corpo nanoparticelle in grado di veicolare farmaci da remoto?

Non essendo medico posso solo affermare, in base alla mia esperienza in qualità di storico e intellettuale libero da ogni condizionamento, che tutto ciò può essere molto verosimile.

 Insomma, la prova in tasca non ce l’ho, ma penso che sia così.

Del resto, fior di medici, anche di fama internazionale, lo sostengono chiaramente.

 

Digitalizzazione, de popolazione, sostituzione dell’uomo con la macchina, eliminazione di diverse figure professionali, riduzione del resto degli umani a schiavi (“non avrai niente e sarai felice”).

Di questo e altro si parla a Davos, città della Svizzera in cui si riuniscono due volte all’anno i potenti del mondo?

 

Davos è il centro ufficiale di questo piano anti cristico, ma è solo la facciata, di sicuro ne esistono altri.

Così come gli stessi Harari, Gates, Soros, Schwab sono solo una facciata di chi dirige oggi il mondo.

 Davos è il centro economico che agisce sui governi mondiali e soprattutto sulla pubblicità massmediale riguardante grandi industrie, tra le quali quelle che impongono l’auto elettrica (che sta fallendo miseramente ma che vogliono imporre a tutti i costi) a scapito di quella col motore a scoppio, a benzina, a gas.

Il fine è il controllo dei politicanti, tutti schiavetti da quattro soldi come quelli che abbiamo in Italia, dei governanti, eterodiretti sotto minaccia, dei giornalisti e del clero che conta.

È come una piramide che dal vertice scende fino alla base:

 non è un caso che il simbolo di queste società sia la Piramide con l’occhio veggente (che si trova anche sul dollaro), il quale non rappresenta altro che il controllo da remoto di tutta l’umanità e di ciascuno di noi.

Andremo incontro alle smart city come già stanno procedendo in alcune città italiane, vedi Venezia militarizzata e iper sorvegliata?

Si vuole seguire il modello cinese?

In alcune città italiane si sta procedendo già.

Da ottobre a Milano non si potrà più circolare con auto a diesel, nemmeno a euro 6.

Anche Roma sta andando in questa direzione.

Le città di 15 minuti saranno campi di concentramento da cui si dovrà chiedere il permesso per poter uscire.

 Sarà messo a disposizione un certo numero di permessi all’anno, si parla di circa 300, che andranno poi scemando gradualmente.

Chi ne avrà di più chi di meno, il numero cambierà a seconda di come ci si comporterà, ovvero di quanto si sarà obbedienti a tutto questo inferno.

Lo stesso avverrà con la moneta digitale.

 Lo scopo è l’inferno sulla terra e la cinesizzazione dell’umanità.

La Cina è la meta finale a cui vogliono arrivare.

Si vuole fare un Mondo Nuovo e un Uomo Nuovo diverso da quello che ha fatto il Creatore.

 E in gran parte lo si vuole eliminare.

Una nuova era (cosiddetta New Age), una sola religione, una sola moneta, una sola razza.

Si punta a realizzare una “Repubblica Universale”, una Chiesa del tutto umana pronta ad accogliere l’”Anticristo” che parlerà di pace e sicurezza?

 

Tutto questo era già previsto nei piani della Massoneria del Settecento, ma in realtà anche nei gruppi eversivi dei secoli precedenti, come in alcuni filosofi e utopisti.

 È, come dicevamo all’inizio, il piano di questa forza metastorica – la Rivoluzione gnostica, liberale ed egualitaria – che odia Dio, il Creato e l’uomo, e vuole sovvertire tutto per preparare il regno dell’Anticristo.

Chi non ha capito questo o ride di questo, non ha capito nulla di nulla.

Quanto profetizzato nel libro dell’Apocalisse si sta realizzando puntualmente dinanzi ai nostri occhi.

Basti pensare alla celebre sentenza:

«Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome» (Ap. 13, 16-18):

 per diciannove secoli è stato difficile immaginare come ciò sarebbe mai potuto avvenire nel concreto;

ma, oggi, è perfettamente chiaro.

Si concretizza con l’immissione nel corpo degli uomini del marchio, si chiama: “controllo da remoto” e si effettuerà tramite la moneta elettronica o l’ I.A.

 

Una sola razza e questo spiega l’immigrazione forzata; una nuova moneta elettronica, una sola religione a cui tutti stanno collaborando a partire da chi siede a Roma in Vaticano.

Basti pensare alla” Pachamama”, la dea della terra, “Gaia”, che deve sostituire il culto di Maria Madre di Dio;

alla guerra in corso contro i Sacramenti e contro la S. Messa in Rito Romano antico apostolico, contro la legge naturale e all’accettazione di ogni regola di questo mondo che poi è l’anti-regola.

Per chi ragiona liberamente, è evidente che stiamo assistendo alla preparazione di una umanità che dovrà accogliere e adorare l’Anticristo.

Non scordiamoci anche del trans-ecologismo, che serve a tribalizzarci, schiavizzarci e a renderci odiati e odiosi gli uni verso gli altri e anche ad eliminarci, a farci vivere come bestie (che mangiano insetti e si drogano, vivendo nudi e accoppiandosi come bestie senza alcuna distinzione sessuale) egualitarie a servizio di pochi potenti.

 

«La nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (Ef 6,12).

 Quindi dobbiamo rimanere ancorati alla fede il vero “Katéchon” che impedisce all’anticristo di manifestarsi?

 

Dobbiamo rimanere ancorati alla vera fede, alla Tradizione e alla Controrivoluzione, della quale faccio parte da sempre e con la quale mi batto da sempre, anche con la Confederazione dei Triari.

 La Controrivoluzione è il contrario della Rivoluzione, e ha come scopo il combattere con ogni mezzo e fino alla fine la Rivoluzione in atto.

Teniamo presente che i nostri nemici hanno dietro le spalle colui che deve arrivare, l’Anticristo;

noi invece abbiamo alle spalle, se rimaniamo fedeli e agiamo rettamente, Colui che ha creato colui che deve arrivare, che gli permetterà di arrivare nel mondo, ma che sconfiggerà per sempre nell’eternità.

Abbiamo Dio stesso, Nostro Signore Gesù Cristo, la Madonna Sua Madre, San Michele Arcangelo, gli Angeli, i Santi che pregano per noi e quindi non dobbiamo scoraggiarci, perché la vittoria finale è nostra.

Chi ride di tutto questo… piangerà amaramente fra non molto.

Tutto è evidente dinanzi ai nostri occhi, e pertanto chi irride e rifiuta non sarà scusabile.

Stiamo per vivere la più importante, determinante, epocale, svolta della storia umana, almeno dal Diluvio.

Sarà durissima, e i prodromi ci sono tutti.

E ognuno deve compiere la propria scelta di campo definitiva, sapendo che chi non sceglie ha già scelto

 («Chi non è con me, è contro di me», Mt. 12,30).

 

 

 

 

 

ECOLOGISMO.

Ultima occasione per fermare

il delirio "green" dell'Ue.

Lanuovabq.it – Ruben Razzante – (12_07_2023) – ci dice:

 

Combattere contro il cambiamento climatico a costo di distruggere l’economia. Questo è il rischio ideologico dietro il Green Deal, con annessa caccia alle streghe dei “negazionisti”.

Il parlamento di Strasburgo può bocciarlo.

 

Weber (PPE)era presente alla manifestazione di Strasburgo pro Green Deal.

In vista delle elezioni europee della primavera 2024, cresce la tensione nelle istituzioni Ue su alcuni provvedimenti considerati fondamentali dalla famiglia socialista a Bruxelles, che fra un anno potrebbe uscire sconfitta e rimanere fuori dal governo dell’Unione.

Tra questi c’è sicuramente il Green Deal, provvedimento legislativo che si inserisce all'interno dell'ambizioso piano d'azione dell'Unione Europea per affrontare i cambiamenti climatici e promuovere la transizione verso un'economia sostenibile. Sebbene il Green Deal abbia suscitato ampio interesse, è fondamentale esaminare attentamente i suoi punti critici, visto che in queste ore se ne sta discutendo a Strasburgo nell’aula del Parlamento europeo e il braccio di ferro tra sostenitori e oppositori si fa sempre più aspro.

La cosiddetta legge sulla natura dovrebbe, nelle intenzioni dei vertici Ue, mitigare la crisi climatica, che nel dibattito pubblico assurge ormai a vera e propria emergenza, tanto che i cosiddetti “negazionisti climatici”, che si oppongono a questa logica emergenziale, vengono già etichettati come dissidenti stile no vax ai tempi del Covid.

Proteggere l’ambiente, rispettare la natura, promuovere uno sviluppo sostenibile sono certamente tutti concetti nobili che non devono essere trascurati.

Diversa, però, è la radicalizzazione dell’elemento ambientale, che degenera in ideologia verde e produce intolleranza e odio verso il mondo delle imprese e in generale verso chi produce.

Se ne è avuta la riprova anche ieri, quando in sede di Commissione Ue è stata presentata una proposta di patrimoniale europea per finanziare le politiche di sostenibilità.

La Commissione la ritiene giuridicamente ammissibile e dunque potrebbe essere discussa se entro sei mesi verranno raccolte le firme necessarie.

Si tratterebbe di introdurre un’imposta europea sui grandi patrimoni a vantaggio della transizione ecologica e sociale, per contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici.

L’ennesima proposta ideologica, non a caso promossa da chi ha fatto del totalitarismo ambientalista un dogma da portare avanti in tutte le sedi, è destinata a fare parecchio rumore.

Infatti la paternità della sciagurata idea è di “Fonsoc”, la fondazione socialista belga che gestisce i fondi del partito francofono, e di” Paul Magnette”, sindaco di Charleroi e leader dei socialisti belgi.

 

La legge sul ripristino della natura è uno dei pilastri del pacchetto clima della Commissione von der Leyen e si inserisce nella strategia sulla biodiversità per il 2030.

 Tra gli obiettivi chiave vi sono la riduzione delle emissioni di gas serra, la promozione delle energie rinnovabili, l'efficienza energetica, la tutela dell'ambiente naturale e l'impulso alla sostenibilità in tutti i settori economici.

Tra i suoi punti qualificanti c'è la previsione di obiettivi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri per il ripristino degli ecosistemi.

 "Purtroppo abbiamo un commissario che sul tema della sostenibilità ha un approccio ideologico", ha sottolineato nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

La destra e il Ppe non sono su quella lunghezza d’onda perché sottolineano come sia sbagliato che imprese e cittadini paghino i costi della rivoluzione verde.

"Servono migliaia di miliardi per la transizione ecologica, il problema è chi paga", ha osservato il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti riproponendo il tema degli incentivi europei.

Non a caso, la linea dell'Italia nel dibattito sul Patto di stabilità è quella di scorporare gli investimenti per il green e il digitale dal computo del debito.

Linea che, tuttavia, tra i 27 appare al momento minoritaria.

D’altronde costringere le imprese e le famiglie ad adeguarsi a tutta una serie di misure per ridurre le emissioni inquinanti, senza adeguati sostegni e nel dubbio che quelle misure siano davvero efficaci per la protezione del pianeta, rappresenta il più alto tradimento che l’Ue possa fare ai suoi cittadini.

Ci sono quindi le premesse per una bocciatura del Green Deal, che a quel punto sarebbe definitiva, almeno in questa legislatura.

Si tratterebbe di un verdetto provvidenziale, che consentirebbe alla prossima maggioranza Ue che uscirà dalle urne del 2024 di reimpostare la strategia ambientale e climatica in funzione delle primarie esigenze di chi produce, lavora e ha la necessità di non svenarsi e dissanguarsi per far fronte ad adeguamenti imposti dall’alto e senza alcuna evidenza scientifica.

L’ambiente è di tutti e non può diventare terreno di esercizio prepotente del potere da parte di pochi.

La sostenibilità ambientale va conciliata con quella economica e dunque occorre tenere conto delle specificità territoriali e dei costi (esosi) che comporterebbero alcuni adeguamenti imposti da Bruxelles.

Imprese e famiglie rischierebbero davvero di impoverirsi gravemente.

 In particolare le prime perderebbero competitività rispetto alle concorrenti di altri continenti nei quali non vigono questi obblighi.

Ci si fermi, dunque, in questo delirio verde, prima che sia troppo tardi per tutti.

 

 

 

 

 

Cos’è l’alt-right, il virus ideologico

che Donald Trump ha inoculato

 nella politica mondiale.

Linkiesta.it - Giovanni Borgognone – (3-3-2020) – ci dice:

 

La decisione di prendere Steve Bannon come consigliere durante la campagna del 2016 ha dato spazio e voce a un gruppo di ultradestra che mira a diffondere concezioni razziste e nazionaliste.

 Le conseguenze? La crescita di movimenti simili anche nel resto del globo.

Quando nell’agosto del 2016, vale a dire nella fase cruciale della corsa alla Casa Bianca, Trump annunciò Steve Bannon quale direttore esecutivo della sua campagna elettorale, la candidata democratica Hillary Clinton pensò che si trattasse di un’occasione da non perdere.

 In un discorso a Reno in Nevada, spiegò che quella scelta dimostrava l’adesione del tycoon all’«ideologia razzista nota come Alt-Right».

 Diede così, involontariamente, un’inattesa visibilità alle alternative right, la quale rielaborava e diffondeva attraverso i nuovi mezzi di comunicazione le vecchie proposte (deportare in massa gli immigrati, erigere barriere fisiche ed economiche in difesa della nazione) e ossessioni (il globalismo, il multiculturalismo, il femminismo, l’omosessualità, l’estensione dei diritti civili, il controllo delle armi) della destra reazionaria.

La costellazione ideologica a cui può essere ricondotta l’Alt-Right è stata anche indicata, nel corso del XX secolo, come “radical right, denominazione che, però, sembra alludere a un parallelismo in senso critico tra il «radicalismo» di destra e quello di sinistra.

Nella stessa prospettiva, “Richard Hofstadter” introdusse la nozione di «stile paranoico» per indicare l’idea fissa di una grande cospirazione, serpeggiante a suo avviso in manifestazioni «estreme» della cultura politica americana, dal” People’s Party “alla «caccia alle streghe» anticomunista del senatore McCarthy.

Meno fuorvianti della metafora psicotica sono state proposte come preservatism e ultraconservatism.

Ciononostante, sembra ancora più adeguato descrivere la “Alt-Right” quale riproposizione di una «destra reazionaria» per via del suo principale obiettivo ideologico:

preservare, restaurare ed espandere i diritti e i privilegi di un gruppo sociale – i cittadini americani bianchi, nativi, cristiani ed eterosessuali – rappresentato come se fosse esposto alla minaccia incombente di estinzione.

Oltre a collocarsi nel quadro storico-ideologico statunitense, la “Alt-Right” non è priva di connessioni con il più ampio scenario globale delle nuove destre, di cui condivide, per molti versi, le tesi di fondo e le strategie.

Cruciale, in tale prospettiva, è la nozione di «metapolitica» ripresa nell’uso proposto dallo svedese” Daniel Frieberg”.

Obiettivo della “AltRight”, in quest’ottica, non è di dare vita a un partito, bensì di modificare gradualmente la visione diffusa della politica e di disseminare, a tal fine, idee, valori e pratiche.

La metapolitica, in ultima analisi, è un lavoro culturale e sociale «preparatorio», compiuto nella prospettiva di un profondo cambiamento politico.

Sullo sfondo dell’”Alt-Right” vi è, in particolare, l’esperienza della” Nouvelle Droite”, originatasi in Francia alla fine degli anni Sessanta e ispirata alle opere di “Alain de Benoist”.

In chiave «metapolitica», il gruppo di studio da lui animato si proponeva di dare vita a un movimento d’opinione con l’obiettivo di sfidare il punto di vista culturale dominante.

 Non mancava, in tale prospettiva, una ripresa metodologica delle idee di Antonio Gramsci sull’egemonia: la destra doveva dotarsi di spazi culturali – questa la tesi centrale – per intercettare e modificare le strutture mentali della collettività. Architrave concettuale era, in particolare, la concezione etno-nazionale della comunità politica:

 pur rigettando le accuse di razzismo, la “Nouvelle Droite” delineava i contorni dell’identità nazionale sulla base di pretese «differenze naturali», guardando, conseguentemente, in termini negativi al meticciato etnico e alle dinamiche della globalizzazione.

La Alt-Right è erede, inoltre, delle tendenze della destra reazionaria statunitense che, nel corso della seconda metà del XX secolo, sfidarono gli indirizzi prevalenti del conservatorismo mainstream e del neoconservatorismo.

 Fucina del primo, nell’epoca della Guerra fredda, fu soprattutto il circolo della “National Review”, periodico fondato nel 1955 da “William F. Buckley”.

 Esso divenne la più autorevole voce intellettuale della destra, con l’obiettivo di contrastare l’egemonia della stampa liberal e di riorientare i repubblicani verso un più vigoroso impegno anticomunista.

Il circolo della National Review concepiva sé stesso come una sorta di «ombrello» culturale conservatore, relativamente aperto e inclusivo, senza un credo univocamente e rigidamente definito.

Negli anni Sessanta, sia pure in polemica contro le battaglie radicali per i diritti civili, la rivista marginalizzò le posizioni più esplicitamente razziste (talvolta ospitò, piuttosto, un razzismo indiretto e sofisticato).

Non ammise, in tal senso, alcuna connessione con la destra neonazista e antisemita americana, come quella della “Liberty Lobby”, organizzazione fondata alla fine degli anni Cinquanta da “Willis Carto”, che promosse la diffusione delle tesi negazioniste negli Stati Uniti, oltre a proporre il «rimpatrio» dei neri americani in Africa.

Per analoghe ragioni di «rispettabilità», i “cold warriors” della “National Review” non davano ospitalità ai rappresentanti della “John Birch Society”, portavoce di una versione cospirazionista e isolazionista di anticomunismo,

 i cui militanti erano convinti che il comunismo avesse già conquistato buona parte del mondo, che l’”Organizzazione delle Nazioni Unite” non fosse altro che una «internazionale comunista» e che il «cancro collettivista» fosse presente in stadio avanzato anche negli Stati Uniti.

 Infine, i conservatori alla “Buckley” non intendevano intrattenere rapporti con la destra ultra libertaria dei seguaci di “Ayn Rand”, scrittrice di origine russa che aveva posto le premesse per il cosiddetto anarco-capitalismo, sviluppato poi, come si è visto, da autori come” Murray Rothbard”.

 

Le molteplici declinazioni della destra reazionaria – razzista, cospirazionista, ultra libertaria – erano rimaste, dunque, marginali di fronte al conservatorismo mainstream di Guerra fredda.

 A questo, invece, si affiancò, a partire dalla fine degli anni Sessanta, il cosiddetto «neoconservatorismo», emerso in risposta alla “New Left” e alla «controcultura» nate dalla ribellione giovanile, alle lotte per i diritti civili e all’andamento disastroso della guerra condotta dagli Stati Uniti in Vietnam.

 A differenza dei conservatori che li avevano preceduti, gli intellettuali neoconservatori, a partire dai due «padri» del movimento, “Irving Kristol” e “Norman Podhoretz”, assegnarono a sé stessi un obiettivo più ambizioso.

 Con un passato, talvolta, da militanti nelle file della sinistra radicale trockista, essi ritenevano di doversi proporre quale minoranza intellettuale «rivoluzionaria», in grado di ridare vigore alle élite del paese e di rilanciare la fiducia nei valori liberaldemocratici americani, in patria così come a livello internazionale.

Anche i neoconservatori, come i “cold warriors” loro predecessori, dovettero contrastare la sfida proveniente dalla destra reazionaria, la quale trovò espressione soprattutto nel cosiddetto «paleo conservatorismo».

Negli anni Ottanta, i paleo conservatori parvero in effetti costituire una concreta alternativa all’egemonia culturale dei neoconservatori.

Precorrendo molti temi della successiva “Alt-Right”, l’ideologia paleo conservatrice si basava sul netto rifiuto della liberaldemocrazia, su un esasperato nazionalismo e sul razzismo;

 manifestava scetticismo nei confronti degli impegni internazionali degli Stati Uniti;

auspicava una svolta protezionista nelle politiche commerciali;

 si opponeva apertamente agli sforzi statali-federali per promuovere l’eguaglianza razziale.

Paleo conservatori e neoconservatori giunsero pubblicamente allo scontro quando, nel 1981, Ronald Reagan dovette nominare il presidente del “National Endowment for the Humanities”, l’agenzia federale che si occupa di ricerca e programmi pubblici in campo umanistico.

Si profilò la candidatura di “Mel Bradford”, un accademico di chiaro orientamento paleo conservatore, che non esitava a esprimere nostalgia per la cultura e le istituzioni del «vecchio Sud» razzista.

 

 

 

 

L'attentato a Trump tra

sovranisti e globalisti.

Ariannaeditrice.it - Aleksandr Dugin – (14/07/2024) – ci dice:

(Fonte: Aleksandr Dugin)

 

L'attentato a Trump tra sovranisti e globalisti.

L'attentato a Trump era abbastanza prevedibile.

Non c'è dubbio che tutto sia organizzato dai globalisti con l'appoggio della parte del Deep State che li sostiene.

 L'unico modo per mantenere il nonno dissennatore al potere è uccidere Trump, che altrimenti, date le circostanze, vincerebbe quasi certamente.

Il tiratore è stato immediatamente eliminato da un cecchino dei servizi segreti per far quadrare i conti.

In sostanza, c'è stato un tentativo di colpo di Stato negli Stati Uniti.

Il capo del GUR ucraino, “Budanov” (riconosciuto come terrorista in Russia) ammette apertamente che i “DRG ucraini” hanno ripetutamente tentato di compiere attacchi terroristici contro Putin.

In Slovacchia si è tentato di rimuovere il Primo Ministro Robert Fico, che si oppone al sostegno della giunta nazista di Kiev.

Ora c'è stato un attentato a Donald Trump, che tra l'altro è molto critico nei confronti di Zelensky e del suo regime.

 Questo è il vero volto dell'egemonia e del mondo unipolare:

chiunque si opponga al globalismo, chiunque lo ostacoli, è soggetto prima alla demonizzazione (attraverso gli strumenti della cultura abolizionista), poi all'eliminazione fisica e gli assassini e i terroristi, i criminali e i creatori di genocidi, che servono i globalisti, sono presentati nel ruolo di combattenti per la libertà e di "vittime innocenti".

 La propaganda di Kiev affermerà sicuramente che "Trump si è sparato in un orecchio", e qualcosa in questo senso sarà accennato dai media globalisti, dove tutto è costruito su bugie ciniche e criminali.

Non c'è dubbio che la responsabilità del tentato assassinio di Trump, il leader della corsa presidenziale statunitense, sia della fazione di Obama, Blinken, Hillary Clinton e del finalmente fuori di testa Biden, che ha già avvertito che "la libertà è al di sopra della democrazia", il che significa che la democrazia e le sue leggi sono d'ora in poi sospese, sospese.

 In nome della "libertà" (di governare e continuare a governare) si può uccidere.

 Il liberalismo sta finalmente diventando totalitario con tutte le sue caratteristiche, fino all'omicidio diretto dei politici indesiderati.

L'architettura del potere nel mondo sta cambiando radicalmente, passando dall'unico potere dell'Occidente a diversi poli.

Questa è la multipolarità.

Trump rappresenta gli Stati Uniti come uno dei poli - anche se il più forte e potente - di un mondo multipolare.

 I globalisti non si preoccupano degli Stati Uniti come di chiunque altro.

 Ciò di cui hanno bisogno è il potere planetario, il potere assoluto del capitale sovranazionale.

 E tutti i Paesi, compresi l'America e l'Europa, sono solo strumenti per la creazione del governo mondiale.

Trump è per l'America e contro il governo mondiale.

Così come Putin è per la Russia, Xi Jinping per la Cina, Modi per l'India e Orban, Fitzo, Marine Le Pen e l'AfD per l'Europa.

Il mondo multipolare è un sistema di sovranità, mentre i globalisti vogliono l'unico potere planetario, che è caduto nelle loro mani con il crollo del Patto di Varsavia e il crollo dell'URSS, che ora gli sta sfuggendo e al quale si aggrappano freneticamente.

 I globalisti sono finalmente passati alla tattica del terrore diretto.

 È un fatto compiuto, non una serie di coincidenze.

È tempo di colpire la rete globalista.

“Tucker Carlson” mi ha detto a Mosca che Trump teme seriamente di essere assassinato dai globalisti.

 A quanto pare, non per niente.

Più il senile Joe sprofonda nel marasma senile, più è probabile che Trump inizi a essere assassinato.

 Lo hanno già fatto. Sono morte persone, sono state ferite persone.

Dio salvi l'America e tutta l'umanità dalla banda criminale dei liberali e dei globalisti.

 Se non li fermiamo ora, ci distruggeranno tutti.

 

 

 

 

Un uomo, un voto, un inganno.

 

Ariannaeditrice.it - Roberto Pecchioli – (20/07/2024) – ci dice:

Pochi concetti ci sono estranei quanto l’uguaglianza.

Gli esseri umani sono terribilmente diseguali, benché ciascuno nasca, viva, muoia ed esistano esigenze e pulsioni comuni a tutti i conspecifici.

Pure, non condividiamo la sentenza di René Guénon, per il quale il parere della maggioranza non può che essere l’espressione dell’incompetenza.

 La teoria dell’autore de “Il regno della quantità” e i segni dei tempi conduce alla dittatura tecnocratica.

Solo gli esperti (di un pezzetto piccolissimo dello scibile umano) sarebbero in grado di guidare il destino di tutti.

Siamo invece convinti che esista un buon senso popolare, un sentire comune che va ascoltato.

Apprezziamo di più il pensiero di Aristotele:

“la democrazia ha origine nell’idea che coloro che sono uguali sotto un qualsiasi rispetto sono uguali sotto tutti i rispetti”.

 Insomma, l’uguaglianza- di cui la democrazia è l’espressione politica (teorica)- ha senso solo tra uguali.

Poiché tali non siamo il principio non funziona.

Gli uomini decidono secondo interesse immediato, in base a una conoscenza nulla o superficiale, trascinati dal baccano circostante.

Ne era convinto perfino “Jean Jacques Rousseau”, che nel Contratto Sociale scrive: “se ci fosse un popolo di dèi, si governerebbe democraticamente. Un governo così perfetto non è adatto agli uomini”.

 Per il ginevrino, meglio la “volontà generale”; il problema è che non è mai esistito il “buon selvaggio” corrotto dalla civilizzazione e che la società uscita dalle idee rivoluzionarie di cui fu l’alfiere si basa quasi soltanto sull’interesse.

Il mitizzato cittadino non è che un “buon consumatore” eterodiretto, a cui si attaglia lo slogan produci, consuma, crepa.

Poiché non crediamo nell’uguaglianza, poco ci entusiasma la democrazia, il cui significato etimologico (governo del popolo) è forse la più antica impostura di cui sia vittima l’umanità.

 La stessa idealizzata democrazia ateniese nata nel V secolo avanti Cristo non è affatto tale, come capì “Benjamin Constant” ( La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni, 1819) .

Su una popolazione stimata attorno ai 250 mila abitanti, non più del quindici per cento degli ateniesi decideva per tutti.

Erano esclusi i giovani, i metechi (i residenti non ateniesi) gli schiavi e le donne.

Gli stessi storici ellenici riconobbero che il lungo governo di Pericle fu un’autocrazia dominata dalla figura carismatica del grande condottiero e brillante oratore, tra gli inventori della demagogia, l’arte di trascinare il popolo solleticando i suoi istinti più bassi.

 Già allora avevano grande influenza lo spettacolo – specie il teatro- e la satira politica, sovente pagata dagli avversari di chi ne diventava bersaglio: le prime forme di propaganda.

La democrazia, come metodo di inveramento pratico dell’uguaglianza, nasceva zoppa anche nella forma della partecipazione diretta.

Oggi il rischio – compreso da Constant- è la perdita di interesse della popolazione per i suoi diritti e doveri politici.

Anziché uguaglianza, si diffonde indifferenza, un’ulteriore arma di oppressione in mano ai detentori del potere, che la sfruttano a proprio vantaggio.

A ciò si aggiunge la forza del denaro, che svuota la democrazia e rende lo stesso processo elettorale- secondo la narrazione dominante, culmine dell’uguaglianza in base al principio “un uomo, un voto” – una farsa dominata da chi può introdurre le risorse per orientare- ossia ingannare- la cosiddetta opinione pubblica.

Si tende inoltre a nascondere un elemento decisivo di ogni luogo, tempo e civiltà: la natura oligarchica del potere.

Sempre, in barba alle teorizzazioni sull’uguaglianza e all’enfatizzazione del totem democratico, le decisioni sono prese da minoranze la cui capacità di coesione e di azione concertata supera di gran lunga maggioranze divise o prive di direzione.

 È la legge ferrea delle oligarchie (che solo raramente sono aristocrazie, potere dei migliori) enunciata da Roberto Michels:

 tutte le organizzazioni complesse – non solo politiche- evolvono da una struttura democratica a un nucleo dirigente ristretto dominato da una oligarchia.

 Si tratta di una verità negata attraverso l’inganno.

La differenza tra la struttura del potere contemporaneo e quello di altre epoche è che finge di essere legittimato dalla maggioranza in base al principio di uguaglianza, declinato politicamente mediante il voto.

La maggioranza, secondo tale credenza, vince in quanto espressione quantitativa. Una tautologia che non spiega perché l’opinione maggioritaria – anche di un solo “uguale” in più- sarebbe superiore a ogni altro criterio.

Si è spesso sostenuto che i voti si dovrebbero pesare, non contare.

 Era la convinzione, ad esempio, del romantico “Schiller”.

Vale ancora nell’ambito delle società di capitali e dei condomini, in cui conta la quota di capitale posseduta o i millesimi detenuti in una proprietà.

Purtroppo occorre riconoscere che non esistono metodi accettabili per attribuire valore differenziato a un voto, a un’opinione, a un convincimento.

Non esiste il peso specifico delle idee né, come in chimica, il concetto di “valenza”.

Per questo il cammino storico dell’uguaglianza, in politica ha finito per attribuire a ogni essere umano un voto di valore uguale a quello di ciascun altro.

 Basta essere” cittadini” – per nascita, sangue o certificazione burocratica- e avere una certa età.

Tutto questo in teoria; nei fatti il potere è più oligarchico che mai, la proclamata uguaglianza è simile al principio della” Fattoria degli Animali” di Orwell, in cui tutti erano uguali, ma alcuni più uguali degli altri.

Nel romanzo i maiali, destinati al comando.

Le trasformazioni sociali e il senso comune maturato nel tempo rendono impossibile opporsi al principio “un uomo, un voto” in termini etici, culturali, pratici.

 Tuttavia , i più fieri nemici dell’uguaglianza politica sono precisamente quelli che la proclamano ogni dì h.24 , con il sostegno di un gigantesco apparato propagandistico.

 Più è esaltata nei “sacri “principi, più è negata, compressa, cancellata nella realtà.

Ci piacerebbe poterla pensare come un giurista e poeta spagnolo del XVIII secolo, “José Gerardo Hervàs,”:

“devo seguire la via dei pochi, poiché mendicare il suffragio della plebe comporta danni assai costosi”.

Bisogna invece ragionare con freddezza e prendere atto che l’oligarchia non ha mai dominato in maniera tanto estesa da quando il metodo democratico e il principio di uguaglianza sono diventati intangibili.

 Li hanno piegati ai loro interessi e la “plebe” è diventata una turba di schiavi felici convinti di contare qualcosa.

Che cosa pensare del presidente della Repubblica che invita a votare per “la sovranità europea”?

O del voto che lascia la Von der Leyen alla presidenza della Commissione UE senza neppure un candidato alternativo?

Vittoria oligarchica, disprezzo della democrazia e del voto popolare, che non conta nulla.

Antonio Tajani, ex monarchico miracolato da Berlusconi, ha avuto l’improntitudine di manifestare così la sua soddisfazione: “è un messaggio molto positivo per i Mercati. (maiuscolo nel testo).

Se non fosse stata eletta avremmo messo in subbuglio mercati e spread”.

Non sia mai.

Quindi il suo re – decaduta casa Savoia e seppellito Silvio- è la finanza, non il mandato dei cittadini.

 Ce lo dicono apertamente, prendiamone atto.

Il servilismo ha i suoi vertici nel giornalismo.

Fabrizio Roncone del Corriere della Sera va giù piatto. Grazie per la franchezza. “Poche chiacchiere (la sacra democrazia è derubricata a chiacchiera) bisogna capire cosa pensano i mercati di quest’Italia sovranista e piena di debiti, schierata con Orbàn e Le Pen (fino a prova contraria esponenti legittimati dal voto del popolo “sovrano”).

Sono i mercati che decidono.

 Gli basta girare la manopola dello spread e in un paio di pomeriggi…puff!.

 “ Il brutto è che dicono così non per deprecare la fine della democrazia reale, ma per prepararci: comandano i mercati, il potere del denaro.

È inevitabile, non c’è alternativa. Rassegnatevi, anzi applaudite.

Il settimanale tedesco “Focus” definisce despoti, autocrati (selbstherrlichen) i capi di Stato e di governo occidentali.

 In conto terzi, però.

 Plenipotenziari dei Mercati dinanzi al popolo.

All’inutile parlamento europeo la presidente ha chiuso il microfono a una deputata tedesca critica con l’UE.

 Una definizione polemica di parlamento di qualche decennio fa era: “luogo in cui si parla “.

 Non più: chi non è allineato, benché deputato, può essere messo a tacere togliendo l’audio.

 Il comando on/off post democratico.

Evviva la democrazia, l’uguaglianza e il voto popolare, “unico, libero e segreto”.

 I mercati votano tutti i giorni, festivi inclusi, dunque non sarebbe meglio evitare la farsa elettorale?

Decidano loro l’amministratore del nostro condominio e saremo finalmente liberi da ludi cartacei, campagne elettorale, faccioni e santini, sondaggi, exit poll e maratone di Enrico Mentana.

Che pace, finalmente.

La strada è tracciata; abbiamo due possibilità:

farcene una ragione, appassionandoci di filatelia, serie televisive, calcio, sfruttando i “diritti” di cartapesta offerti dal sistema, quasi tutti posti in zona inguinale.

Oppure accettare la sfida.

Manteniamo tutte le riserve sull’uguaglianza, sulla democrazia e sulla stravagante regola secondo la cui la maggioranza ha ragione, ma non è questo il momento del dibattito sul sesso degli angeli, risolto a Bisanzio dalle scimitarre del sultano.

Poiché sono negate la libertà, la verità, la realtà, oggi l’autentico ribelle è chi rivendica i principi che in tempi normali contesterebbe con serie ragioni.

 Oggi siamo noi extraterrestri, noi malvagi contestatori a invocare democrazia e principio di maggioranza, ossia sovranità dei popoli.

La voce del popolo non ha sempre ragione, ma non può essere subordinata all’imperio delle oligarchie. 

Gli esempi abbondano.

 Se il principio “un uomo, un voto” fosse rispettato, non sarebbe annichilito dai sistemi elettorali, il cui scopo reale è fermare, orientare, ribaltare la volontà del popolo, la “trascurabile maggioranza “ di cui parlava “Ennio Flaiano”.

Se lorsignori credessero nelle parole d’ordine democratiche e egalitarie, le elezioni non sarebbero truccate dal potere economico, dall’influenza della stampa, dello spettacolo e dell’intrattenimento, in mano all’oligarchia.

Non ci sarebbe bisogno di sistemi che castigano le minoranze oppure le trasformano- miracolo laico a termini di legge- in maggioranze, come nel caso francese, britannico e americano.

Lo stesso Donald Trump divenne presidente con meno voti di Hillary Clinton. Sfruttò la natura federale degli Usa, che elegge formalmente il presidente in base alla maggioranza (relativa) dei voti di ogni Stato.

 Difficile da capire?

Ovvio, tutto è costruito per bypassare o rovesciare la volontà popolare.  

Quando i padroni del sistema fondato su “un uomo, un voto” non gradiscono le scelte del popolo “sovrano” si impegnano ad eludere il principio da essi solennemente proclamato.

Dobbiamo esigere il rispetto delle “loro “regole, dei “loro” principi.

Riappropriarci della sovranità- il diritto di decidere sui fatti nostri- richiede la nascita di un fronte che abbia l’obiettivo del rispetto della volontà popolare e del senso comune.

Non cambierà nulla se non contesteremo il potere del denaro e se continueremo a credere a ciò che ci fanno credere.

 Imponiamo noi i “loro “sacri principi, con i quali ci ingannano e ci tengono prigionieri.

Un atleta greco si vantava a Roma di avere saltato da un piede all’altro il colosso di Rodi.

 I pragmatici romani chiesero che ripetesse l’impresa lì dove si trovava: “qui è Rodi, qui salta “ (Hic Rhodus , hic salta).

Credono nella democrazia, nell’uguaglianza, nel principio “un uomo, un voto”?

 È sufficiente che lo applichino e saranno sconfitti.

Ecco perché non accade.

 

 

Dentro il riavvio democratico:

Gioia, speranza e paura.

Politico.com - JONATHAN MARTIN – (22/07/2024) – ci dice:

Il ritiro di Biden ha sollevato il velo di sfiducia sul partito, ma Kamala Harris non ha molto tempo per spostare la conversazione sulla condotta di Trump piuttosto che sulla sua.

La vicepresidente Kamala Harris è in piedi accanto al suo staff prima di salire sul palco per una discussione moderata alla conferenza annuale “Gun Sense University “dell'”Everytown for Gun Safety Action Fund”.

"I democratici quasi certamente promuoveranno Harris per fare ciò che Biden non è riuscito a fare: rendere la corsa più incentrata su Trump che sull'attuale occupante della Casa Bianca", scrive Jonathan Martin.

 (Jamie Kelter Davis per POLITICO).

 

Jonathan Martin è il capo dell'ufficio politico e editorialista politico di POLITICO. Ha seguito le elezioni in ogni angolo d'America ed è coautore di un best-seller su Donald Trump e Joe Biden.

 La sua rubrica di cronaca racconta le conversazioni interne e le principali tendenze che plasmano la politica statunitense.

Le circostanze non avrebbero potuto essere più diverse.

Un presidente è stato quasi assassinato, e l'altro presidente ha abbandonato con riluttanza la sua rielezione e ha concluso la sua carriera.

 Eppure la reazione di entrambi i partiti a weekend consecutivi che hanno fatto la storia è stata la stessa: esultanza.

Quando l'ex presidente Trump, sanguinante per un proiettile all'orecchio, ha alzato il pugno e ha esortato i suoi sostenitori a "combattere" una settimana fa sabato, i repubblicani hanno sentito il potere della storia e, sperano, del destino. Radunandosi attorno al loro leader quasi martirizzato, gli elettori del GOP sono passati istantaneamente dall'allarme all'indignazione alla gioia.

Domenica, nelle ore successive al ritiro definitivo della candidatura del presidente Biden, i democratici hanno ritenuto di aver ricevuto una nuova opportunità di vita, almeno in questa campagna.

Senza il peso di un candidato in carica che la stragrande maggioranza degli elettori riteneva troppo vecchio per il lavoro, il partito è esploso di ottimismo ed entusiasmo.

Le note di “Happy Days are Here Again” si potevano quasi udire, ancora una volta, a Chicago.

"È davvero palpabile", mi ha detto domenica sera il rappresentante “Dean Phillips” (D-Minn.), l'unico legislatore democratico l'anno scorso a dire pubblicamente ciò che molti hanno detto in privato su Biden.

"È eroico per averlo fatto, anche se ci è voluto più tempo del previsto, e ha sollevato l'angoscia che era come una cappa sul nostro partito".

 

Dopo aver sofferto quasi un mese di trauma, i democratici, che un tempo erano i repubblicani, sono passati dal sollievo alla speranza alla certezza:

 la vicepresidente Kamala Harris deve essere la portavoce e l'ordine deve essere imposto, non possono essere consentite convention contestate o ulteriori guerre intestine.

Il futuro supera in astuzia tutte le nostre certezze, come disse una volta un altro testimone di sconvolgimenti politici, quindi sono riluttante a suggerire che la mano del destino abbia finito con questa campagna.

Ma se gli eventi di una settimana di luglio dovessero dare forma al resto della corsa, le linee generali della campagna che ciascun partito condurrà sono ormai chiare.

Trump, dopo aver evitato per un pelo la morte e aver tentato di riprendere il potere contro una donna, si candiderà come un uomo forte, un caudillo americano in grado di riportare l'ordine in un Paese ora più aperto al vecchio regime.

I democratici quasi certamente eleveranno Harris per fare ciò che Biden non è riuscito a fare:

 rendere la corsa più incentrata su Trump che sull'attuale occupante della Casa Bianca.

 Con un partito unito e la possibilità di motivare i collegi elettorali abbattuti, Harris ricorderà agli elettori che Trump è un agente del caos e dell'estremismo che hanno respinto nelle elezioni dal 2017.

Non è chiaro all'inizio quale di questi due appelli prevarrà.

Tuttavia, non fatevi illusioni: il compito che Harris ha ora è spaventoso quanto quello che Trump ha dovuto affrontare quattro anni fa, l'unica altra volta negli ultimi decenni in cui un partito in carica ha dovuto affrontare un percorso di rielezione così proibitivo.

Non sta solo cercando di rompere un soffitto di cristallo, è una candidata rompi-vetro, una candidata d'emergenza lanciata da un partito disperato.

Candidato del suo partito per la terza elezione consecutiva, Trump gode di un solido sostegno e ha più possibilità di ottenere 270 voti elettorali rispetto a Harris, che in precedenza è apparsa in una lista nazionale solo per un numero di giorni leggermente inferiore a quello in cui ne guiderà effettivamente una quest'anno.

Il declino di Biden ha allarmato i democratici, che potrebbero mettere in gioco altri stati blu, ma Harris potrebbe avere lo stesso effetto se conducesse una campagna maldestra.

Questo è stato il chiacchiericcio dietro le quinte tra i democratici sin da quel fatidico dibattito del 27 giugno:

cosa è più rischioso negli stati indecisi, un Biden ferito o una Harris in salute?

Potremmo saperlo prima del Labour Day.

Se Harris riuscirà a unificare il suo partito, cosa che era sulla buona strada per fare già prima del tramonto di domenica, a scegliere un candidato alla corsa forte e a sfruttare la fase preparatoria della convention per passare all'offensiva contro Trump, avrà la possibilità di vincere.

In caso contrario, Trump metterà in pratica il suo suggerimento, contenuto nella Verità, di non discutere con lei e l'autunno andrà bene per i democratici tanto quanto è successo ad Harris nella sua ultima corsa alla presidenza, che non è arrivata fino alle festività e tanto meno alle primarie dell'Iowa.

"Deve dare il massimo fin da subito, non può essere definita da Trump prima di Chicago", ha detto” James Carville”, lo stratega democratico. "Trump non è popolare, ma lei non è semplicemente conosciuta".

Anche gli alleati apparenti di Harris non le rendono alcun favore sostenendo la sua candidatura, o mettendo in guardia dal negargliela, per motivi di razza e genere. Tali appelli offrono solo escamotage a Trump e ai suoi alleati, che sono ansiosi di dipingerla, come alcuni hanno già fatto in modo grossolano, come una "candidata DEI".

Ciò che i suoi amici potrebbero pensare che la aiuti in estate, verrà usato contro di lei in autunno.

9 possibili compagni di corsa che Kamala Harris potrebbe scegliere.

I repubblicani potrebbero presentare ricorso se Biden venisse sostituito, afferma il presidente della Camera Johnson.

Perché Biden alla fine si è dimesso.

15 esperti prevedono cosa significherà l'abbandono di Biden per le elezioni del 2024.

Cosa succederà ora che Biden si è ritirato?

"Non lo senti dire da me", ha detto Donna Brazile, ex presidente del DNC, in merito agli appelli per l'identità.

"È una leader comprovata che è stata messa alla prova in battaglia e conosce il suo lavoro.

Voglio che si impegnino nella lotta per un paese in cui le persone che lavorano sodo vanno avanti, un paese in cui i nostri diritti fondamentali sono garantiti e in cui tutti, incluso il presidente, seguono le stesse regole".

Trump non sarà quasi certamente in grado di resistere all'invocazione della razza e del genere di Harris.

 Lasciate che paghi un prezzo per questo:

 molti americani sono a disagio con la politica identitaria, ma molti altri si tireranno indietro di fronte all'incitamento razziale e alla misoginia.

Il genere sarà inevitabilmente parte della campagna e persino alcuni democratici altrimenti esaltati sono scettici sul fatto che la prima presidente donna del paese sarà una “liberal della California” di origine giamaicana e indiana.

Ma penso che Harris potrebbe essere aiutata, e il suo partito lo sarà sicuramente, dal suo genere, dato cosa significa per articolare il miglior argomento che i democratici hanno nel loro arsenale.

 

Da quando la sentenza “Roe v Wade” è stata ribaltata due anni fa, hanno vinto una serie di elezioni e misure di voto contestate per motivi di diritto all'aborto.

Ora hanno un portavoce che può parlare in termini personali di un argomento che dà energia sia agli elettori altamente informati che a quelli poco informati.

"Il fatto che lei sia una candidata in grado e disposta a pronunciare la parola 'aborto' non dovrebbe essere sottovalutato", ha affermato “Caitlin Legacki”, veterana della campagna democratica, alludendo senza mezzi termini alla riluttanza di Biden a perseguire la questione più galvanizzante del partito.

Vista attraverso la lente ottimistica con cui molti democratici hanno assistito alla corsa domenica, la 59enne Harris potrebbe non essere perfetta, ma non compirà 82 anni questo autunno.

Incalzato sulle sue prospettive come candidato, “Carville” ha detto che il punto è che almeno ora il partito ha una possibilità.

"So una cosa, eravamo in un fosso prima", ha detto, prima di scoppiare a piangere.

"Il Partito Democratico non sta cadendo a pezzi: se lo stessimo facendo, come mai continuiamo a vincere così tante elezioni?", ha chiesto.

"La gente vuole votare per i Democratici o contro i Repubblicani, ma avevamo l'età di Biden, e basta".

I democratici sono inoltre responsabili del peso dell'inflazione e dell'immigrazione, e quest'ultima, come mi ha detto la scorsa settimana a Milwaukee il responsabile della campagna di Trump, “Chris LaCivita”, secondo loro è il suo punto debole più significativo.

Il rischio è che la candidatura di Harris ricordi quella di “Gerald Ford”, l'ultimo vicepresidente costretto a insediarsi in circostanze straordinarie.

Sebbene Ford fosse salito allo Studio Ovale con la sua corsa del 1976, era comunque ferito dal presidente che lo aveva scelto come vicepresidente.

 Ha fatto una forte rimonta ma è comunque fallito a novembre.

Il modo in cui “Harris” si candiderà (e nessuno può dire con certezza quale direzione ideologica prenderà, data la sua abilità in passato) determinerà in parte il suo destino e quello dei democratici più in basso che si stavano preparando a una sconfitta guidata da Biden.

"In questo momento, nessuno è in grado di spiegare quale sia il piano “Biden-Harris” per i prossimi quattro anni", mi ha detto Phillips, esortando Harris a offrire "non solo carne rossa per la base, ma qualcosa di medio-buono per il centro".

Quattro estati fa, quando Biden stava prendendo la sua decisione su un compagno di corsa, il mio collega “Alex Burns” e io scrivemmo che si trattava di una scelta insolitamente fatale.

 "Se il signor Biden vincesse e non cercasse la rielezione, la nomination democratica potrebbe non essere in palio per altri 12 anni, un'eternità per i tanti ambiziosi nuovi arrivati ​​del partito", dicemmo all'epoca.

Bene, quel momento è arrivato.

Biden non si candiderà di nuovo, ma la nomination non è certo in palio. Aspettando così a lungo, il presidente ha praticamente assicurato che Harris verrà incoronata a Chicago.

Tutti quei nuovi arrivati ​​sono rimasti in silenzio o si sono messi subito in fila: la governatrice del Michigan “Gretchen Whitmer” si è unita a una delle chiamate iniziali dello” staff di Harris for President” domenica sera, mi ha detto una persona a conoscenza della sessione.

Se Harris vincesse a novembre, “Whitmer” e gli altri potrebbero dover aspettare fino al 2032.

Sì, è un grande se. Ma è una possibilità, che i democratici avevano a malapena prima che Biden cedesse finalmente domenica.

Ed è per questo che ora sono improvvisamente così energici.

Il partito ha abbracciato collettivamente la filosofia di “Lyndon Johnson,” il quale, dopo aver esaminato quanti dei suoi compagni di corsa sono finiti nello Studio Ovale, ha spiegato a “Clare Boothe Luce” perché si sarebbe sottoposto alla vicepresidenza.

"Sono un giocatore d'azzardo, tesoro, e questa è l'unica possibilità che ho", ha detto Johnson.

 

 

 

 

Il fondo Austin di BlackRock che

aveva scommesso contro Trump:

Wall Street sapeva del piano

 per uccidere il presidente?

Lacrunadellago.net – Cesare Sacchetti – (19/07/2024) – ci dice:

 

Se fossimo stati ai tempi dell’Antica Roma, avremmo detto a Donald Trump di guardarsi non dalle Idi di marzo che furono fatali a Giulio Cesare, ma piuttosto da quelle di luglio in quanto è nel corso di questa estate che ha avuto luogo un complotto persino più esteso di quello che si consumò a Roma contro Cesare nel 44 a.C.

Cesare si apprestava a diventare imperatore e un manipolo di senatori che erano ancora fedeli all’idea della corrotta repubblica romana del tempo non volevano che ciò si avverasse e iniziarono a tramare contro il “dictator” romano.

Se a dare le prime pugnalate tra i congiurati romani furono i famigerati “Bruto” e “Cassio” passati alla storia anche per il celebre dramma shakespeariano sull’assassinio di Cesare, in questo caso invece le trame dell’eversione moderna negli Stati Uniti sembrano essere persino più estese e profonde di quelle che portarono all’assassinio del presidente Kennedy del quale abbiamo recentemente parlato.

Abbiamo potuto vedere come il percorso del presidente Trump sia molto simile a quello dell’allora presidente democratico, in quanto John Fitzgerald Kennedy era alquanto determinato a non lasciare le chiavi della politica estera americana allo stato di Israele, vero arbitro di Washington dall’inizio del secolo scorso sino agli anni più recenti precedenti l’amministrazione Trump.

Kennedy aveva intorno a sé dei nemici che lo tradirono a Dallas e lo lasciarono giustiziare pubblicamente in modo da voler mandare un messaggio a tutti i successori che si insediarono alla Casa Bianca negli anni successivi che mai osarono discostarsi dalla volontà del movimento sionista, con l’unica eccezione di Richard Nixon negli anni’70, il quale parlò della infedeltà del mondo ebraico nei suoi confronti per poi essere travolto dalla montatura del Watergate allestita dal suo segretario di Stato, Henry Kissinger.

In questa occasione i segnali della cospirazione sembrano essere ancora più evidenti se si dà uno sguardo a quanto accaduto prima del tentato assassinio a Donald Trump.

Quei fondi vicini a BlackRock che scommettevano contro Trump prima del tentato omicidio.

E se si guarda a tali segnali si vede che diversi soggetti sapevano che il 13 luglio qualcosa di estremamente grave sarebbe potuto accadere a Donald Trump, e questi uomini si sono adoperati anche per speculare sui crimini da essi stessi perpetrati.

Alcuni profili di “X” molto attenti al mondo dell’economia e della finanza hanno fatto notare come nelle due settimane precedenti l’attentato a Trump, c’erano degli strani e irrituali movimenti speculativi contro il titolo del gruppo mediatico di Trump, il “Trump Media & Technology group”.

Erano partite delle massicce vendite al ribasso contro il titolo del presidente in una enorme movimentazione di quelle note nel gergo borsistico come “put options” che altro non sono che appunto delle scommesse sulla perdita di un valore di un titolo in borsa.

Ai tempi dell’11 settembre, si mise in moto un meccanismo pressoché identico.

Sui mercati in quell’epoca diversi speculatori, la cui identità non fu mai cercata dall’amministrazione Bush né dall’FBI, iniziarono a scommettere al ribasso contro i titoli delle compagnie aeree coinvolte negli attentati di quel tragico giorno settimane prima che gli attacchi alle Torri avessero luogo.

Qualcuno evidentemente sapeva, e questo qualcuno era molto introdotto nel mondo di Wall Street dominato notoriamente dai “grandi” nomi della finanza askenazita quali Goldman Sachs, JP Morgan, Bank of America, Warburg e diverse altre banche sempre legate alla onnipresente famiglia Rothschild che si serve di frequente di agenti e di intermediari, spesso noti come le classiche teste di legno o prestanome, per non figurare direttamente tra i proprietari di tutte le grosse banche che contano e osservare la massima che lasciò il capostipite della famiglia Amschel Mayer ai suoi figli.

Mai rivelare al mondo esterno la vera natura e proporzione della ricchezza della famiglia.

Mai far sapere che questa famiglia in un modo o nell’altro attraverso i suoi fondi riesce ad arrivare ovunque e costituisce un potere economico e finanziario di gran lunga superiore a quello di una moderna nazione avanzata.

Le chiavi del potere dopo la rivoluzione francese sono passate dalle monarchie alla finanza, e i lettori potranno avere modo di riflettere su chi, a distanza di due secoli e mezzo, siano stati i veri vincitori del processo rivoluzionario francese.

Oggi si fa i conti con una rivisitazione di quanto accaduto 23 anni prima, a poche settimane dal crollo delle Torri Gemelle.

Gli stessi invisibili soggetti si sono mossi per speculare e guadagnare enormi cifre da un evento del quale non solo avevano contezza in anticipo, ma che con ogni probabilità è stato da loro stessi propiziato.

Stavolta lo speculatore ha assunto le forme di un fondo del Texas, l’”Austin Private Wealth”, che ha piazzato un altissimo numero di scommesse contro il titolo di Trump, ben “120mila opzioni put” in quella che è stata indubbiamente una enorme puntata per beneficiare di un eventuale crollo delle azioni della società mediatica del presidente americano.

I fondi che hanno scommesso contro il titolo di Trump. Da notare come Bloomberg abbia nelle ore successive rimosso il nome del fondo Austin.

Se si dà uno sguardo all’”Austin Private Wealth” si apprendono alcune interessanti informazioni.

Questo fondo è di fatto un’altra delle infinite scatoli cinesi nelle quali è riposta la ricchezza dell’accoppiata BlackRock e Vanguard nei quali, come ricorderanno i lettori, ci siamo imbattuti in non poche occasioni.

Se volessimo cercare di risalire ai veri proprietari di questi due fondi dovremo cercare di risalire al filo di Arianna della liquidità messa in essi, ed è una operazione che dobbiamo fare da soli poiché i proprietari ufficialmente non sono resi noti dai due gruppi a dimostrazione di quanto sia “trasparente” e “libero” il mercato partorito dalla dottrina neoliberale, vero e proprio vestito su misura per la oligarchia finanziaria che domina l’epoca moderna.

Una volta fatta questa operazione e scomposta la partecipazione dei fondi, si vedono sempre, e ancora una volta, i nomi di quei finanzieri che abbiamo citato sopra e che sono stati i veri padroni della politica americana ed europea e che hanno lasciato dietro di sé un fiume di innumerevoli guerre pur di raggiungere i loro scopi.

Questi signori hanno bisogno di guerre e di sangue per poter giungere al loro scopo e soprattutto hanno bisogno di crisi artificiali, si ricordi la massima montiana al riguardo, per poter vedere manifestato quello che costoro chiamano “Nuovo Ordine Mondiale”, una espressione partorita nel chiuso delle logge già ai tempi dell’illuminismo francese, a dimostrazione di quanto sia antica tale visione.

Stavolta a costoro serviva rimuovere un ostacolo insormontabile come quello rappresentato da Donald Trump che ha tolto loro il controllo della Casa Bianca e che ha reso impossibile l’ultimarsi di tale disegno che senza la superpotenza americana diventa semplicemente irrealizzabile.

Il mondialismo si ritrova stritolato tra gli Stati Uniti post-impero e l’avanzata del mondo multipolare guidato dalla Russia e l’ultima chance che avevano questi poteri era di cercare di mettere di nuovo dentro l’ufficio Ovale qualcuno che ricostruisse gli “equilibri” del passato e fermasse il processo storico che si è messo in moto soprattutto dopo il fallimento della farsa pandemica, che avrebbe dovuto essere l’evento catalizzatore finale, una sorta di 11 settembre mondiale, per portare il mondo verso la dittatura mondiale o la governance globale come amano chiamarla i tecnocrati.

Se ci soffermiamo a guardare più attentamente il fondo Austin poi non solo troviamo la presenza dei citati BlackRock e Vanguard, ma anche una alquanto stretta vicinanza con alcune note associazioni del mondo ebraico quali la “Congregation Beth Israel” guidata dal rabbino “Philip Kaplan”, la “American Civil Liberty Union”, nella quale la presenza degli americani ebrei è molto radicata da sempre ed è stata dominata da figure come l’avvocato “Steven Shapiro” e “Nadine Strassen”, il campo estivo “Young Judea”, giovane Giudea, dove ogni estate si insegna ai giovani adolescenti americani di origine ebraica l’amore per Israele, la “Shalom Austi”n, uno dei luoghi più importanti per la comunità ebraica di Austin, in Texas, alle quali si aggiungono la “Austin Jewish Academy”, una scuola ebraica e la “Anti-defamation League”, fondata nel 1913 dall’ebreo “Sigmund G. Livingston” per combattere il fenomeno del cosiddetto “antisemitismo”, e questa associazione ha reputazione di essere un vero e proprio censore nella vita pubblica americana, sempre pronta a definire come “antisemita” chiunque esprima critiche nei confronti dello stato ebraico.

Vi sono varie lobby ebraiche e israeliane sostenute dal fondo Austin.

Il milieu nel quale si trova l’”Austin Private Wealth” sembra essere chiaramente quello vicino ad Israele e al mondo del sionismo con le sue “accademie” che iniziano i giovani ebrei americani alle idee del sionismo e di altre sette quali “Chabad” per inculcare poi l’odio verso tutti coloro che non appartengono al mondo ebraico e al sionista.

Ciò appare ancora più interessante alla luce del fatto che i media mainstream stiano cercando di depistare il pubblico attraverso una fantomatica pista iraniana che avrebbe voluto la morte di Trump, quando ogni elemento sembra invece ricondurre allo stato di Israele.

Lo stesso “Crooks” era di origini ebraiche ed era un frequentatore della locale sinagoga di “Butler” nonostante questa si sia affrettata a far sparire le sue foto dalla sua pagina Facebook, non prima però che qualcuno riuscisse a prendere queste immagini, e qui sotto se ne può vedere un’altra che i media si guardano bene dal mostrare ai loro lettori, ammesso che ne abbiano ancora.

“Thomas Crooks”, è al centro in piedi sulla sinistra, in una foto di gruppo nella sinagoga di Butler, in Pennsylvania.

 

Appare ancora più singolare il fatto che non solo un fondo legato a BlackRock scommetteva contro il titolo di Trump sperando di lucrare sulla sua morte, ma anche che l’assassino, il citato Crooks, lavorava proprio per il fondo di investimenti in questione che è noto per avere una sua milizia privata che viene utilizzata in varie parti del mondo per le cosiddette” black-ops”, quelle operazioni nere che prevedono anche l’omicidio di personaggi scomodi per gli interessi del potente mondo della finanza e delle corporation globali.

È un sistema radicato e criminale che agisce da molto tempo per eliminare dalla scena gli attori scomodi come rivelò già a suo tempo “John Perkins” nel suo libro “Confessioni di un sicario dell’economia” anche se l’autore ha rivelato solo alcune verità per tacerne altre in quella che probabilmente è stata un’operazione di disvelamento parziale e controllata, concordata con determinati ambienti.

La congiura dunque non poteva non essere estesa e raggiungere i livelli più alti dell’establishment americano che si muovevano già giorni prima sui mercati nella speranza di accumulare grossi profitti dall’operazione che invece ha portato loro enormi perdite finanziarie oltre che politiche.

A Butler forse c’era un secondo cecchino.

“Crooks” non può aver agito da solo.

Non può essere salito indisturbato su quel tetto senza che gli agenti del servizio segreto glielo permettessero così come non poteva preparare da solo l’esplosivo con il quale ha imbottito la sua macchina, che probabilmente pianificava di far saltare in aria, come dimostra il telecomando da remoto che è stato trovato vicino al suo corpo.

A Butler sono stati sparati almeno 11 colpi da tre armi diverse e di questi 11 colpi è probabile che almeno una parte di essi siano stati sparati da un altro cecchino presente nella cittadina della Pennsylvania.

I testimoni riferiscono di aver visto partire i colpi contro Trump almeno da un altro punto diverso da quello di “Crooks”, e per la precisione dalla torre dell’acqua che era distante almeno 200 metri, e dalla quale ha sparato un cecchino probabilmente più esperto di “Crooks”.

È la classica triangolazione di fuoco incrociato che non può avere luogo senza che il servizio segreto si faccia da parte e permetta agli attentatori di sparare contro la persona che questo deve proteggere, in questo caso Donald Trump.

Esistono dei protocolli standard molto severi di sicurezza che se vengono rispettati rendono praticamente impossibile che un cecchino possa sparare da quelle distanze contro un politico, soprattutto contro il presidente degli Stati Uniti.

A rendere ancora più probabile una cospirazione ai massimi livelli è il fatto che i media si sono precipitati a Butler per riprendere il raduno politico di Trump, quando fino ad ora avevano dimostrato scarso interesse per gli altri eventi del presidente, ed è anche singolare la vicinanza di questo evento alla convention repubblicana.

All’ultimo momento è infatti stata invitata “Nikki Haley” che apparentemente non avrebbe dovuto partecipare, e questo a posteriori ha suscitato diverse riflessioni.

Non è un segreto che la “Haley” sia una sorta di tirapiedi del movimento sionista vista la sua vicinanza, o meglio obbedienza, verso il mondo israeliano considerati i suoi numerosi incontri con lobby quali la potente e pericolosa “Chabad”.

A Milwaukee forse i cospiratori speravano che il re fosse stato già ucciso a Butler e di poter incoronare la loro marionetta e ritornare così a sedersi sul trono degli Stati Uniti.

Non hanno però fatto i conti con qualcosa di molto più in alto di loro come la Provvidenza che sembra aver davvero vegliato su Trump il giorno dell’attentato e salvato miracolosamente la sua vita.

Le Idi di luglio non sono state dunque fatali a Donald Trump.

 Sono state fatali ai suoi cospiratori che ora si trovano persino in una situazione peggiore di quella precedente perché il tempo ormai da qui a novembre è agli sgoccioli e un’occasione come quella di Butler non si ripresenterà probabilmente più perché ora il presidente è già probabilmente all’opera per scoprire i nomi di tutti coloro che lo hanno tradito il 13 luglio.

È rimasta davvero poca sabbia nella clessidra del Nuovo Ordine Mondiale.

 

 

 

Siamo nelle Mani di Fantocci

Eterodiretti da Pazzi Guerrafondai.

 

Conoscenzealconfine.it – (22 Luglio 2024) - Antonio Ceparano – ci dice:

Nelle nostre inossidabili democrazie i peggiori quando non hanno avanzamenti di carriera, vengono riconfermati nel loro ruolo.

La Corte di Giustizia Europea, accogliendo il ricorso di vari cittadini ed eurodeputati dei verdi, ha condannato la Commissione Von der Leyen per aver impedito l’accesso ai documenti relativi ai contratti per l’acquisto di vaccini contro il Covid 19, stipulati tra la Commissione Ue e le diverse aziende farmaceutiche.

L’esecutivo comunitario, afferma il tribunale con due sentenze:

 1) non ha concesso al pubblico un accesso completo ai contratti e

2) non ha sufficientemente detto se coloro che hanno negoziato per l’acquisto dei vaccini fossero esenti da conflitti d’interesse.

Tuttavia, nonostante le due sentenze della Corte Ue, il parlamento europeo ha votato e sostanzialmente confermato una persona sulla quale si allungano sospetti estremamente pesanti di corruzione.

L’insegnamento che se ne può trarre è che nelle nostre inossidabili democrazie i migliori, quando non vengono uccisi, vengono trombati;

mentre i peggiori, quando non hanno avanzamenti di carriera, vengono riconfermati nel loro ruolo.

Questo dimostra ancora una volta che le democrazie occidentali sono una farsa e le libere elezioni solo una farsa della farsa, perché – e mi piacerebbe che qualcuno mi smentisse – il “deep state” esiste;

e non è un’invenzione di paranoici deliranti che vedono trame e complotti occulti orditi da gruppi elitari e potenti.

Se il “deep state” non fosse vivo e vegeto, ci si dovrebbe domandare perché la direzione politica va nel senso contrario ai bisogni e agli interessi dei popoli, perché i peggiori occupano la scena, mentre i migliori restano in panchina?

Si dice che “la beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto, è stato convincere il mondo che lui non esiste”.

Questa citazione si adatta bene al gruppo di pochissime persone che comandano il mondo, e possono, grazie al megafono dei media mainstream, convincere la maggioranza dell’opinione pubblica che non esiste.

E che tutti coloro che abbracciano queste teorie del complotto altro non sono che individui mentalmente disturbati con basso quoziente intellettivo.

Un’analisi critica dei fatti storici, specie quelli degli ultimi cinque anni, quelli che vanno dalla pandemia al conflitto russo-ucraino, passando per la striscia di Gaza, ci porta al risultato, l’unico plausibile, che un gruppo di pochissime persone comanda.

E coloro che sono al governo, non avendo né levatura morale né capacità intellettive, sono soltanto dei burattini nelle loro mani.

Utili idioti e semplici esecutori dei loro ordini, che non hanno altro scopo, nella loro squallida esistenza, se non blandire la loro ambizione e vanagloria.

E per queste sono pronti sacrificare e tradire cinicamente le loro nazioni e i loro popoli.

Quando dico questo penso a Zelensky che, pur di soddisfare la sua sete di ricchezza, non ha esitato a mandare al macello l’intero suo popolo;

 penso a quello stupido del Primo ministro canadese, Justin Trudeau, che per impedire le manifestazioni dei “No-Vax” ne ha bloccato i conti correnti;

penso alla stessa “von der Leyen”, la quale con le sue inutili sanzioni alla Russia ha distrutto la nostra economia;

penso a quell’idiota del Presidente del Consiglio Europeo “Charles Michel”, che ha scritto nero su bianco che l’Unione Europea “deve passare alla modalità economia di guerra”;

penso a quell’imbelle di “Macro”n che vuole spedire le sue truppe in Ucraina, ignorando – o facendo finta – d’ignorare che la Russia è una potenza nucleare, molto meglio armata di tutta l’Europa messa assieme;

penso a “Mark Rutte”, il politico olandese nominato come prossimo “Segretario generale della NATO”, che odia il Cremlino e nel suo totale delirio è convinto che la guerra debba andare oltre la frontiera Ucraina, e cioè contro la Russia.

 

L’elenco degli utili idioti al servizio del “deep state” non finisce qui, ma è sufficiente a dare un’idea di quale minaccia incombe su tutti noi.

 Siamo come passeggeri a bordo di un aereo i cui piloti, impazziti ed eterodiretti, ci stanno portando tranquillamente a schiantarci contro la parete di una montagna.

(Antonio Ceparano)

(sfero.me/article/siamo-mani-fantocci-eterodiretti-pazzi-guerrafondai)

 

 

 

 

 

 

Davos, ossia la Francia, ha fretta:

 quali sono i modi per chiedere di

 attivare il Trattato del Quirinale?

Mittdolcino.com (1° -luglio -2024) – Mitt Dolcino – ci dice:

La geoingegneria può far parte dello schema?

Suvvia, si sa: Parigi sta implodendo, la deadline la sapete, dopo il 30.9.2024 l’euro è morto, inizierà il countdown con la Germania obbligata ad uscirne per evitare la spirale inflattiva legata alla crisi valutaria risultante dalla fine del LIBOR.

Dunque Parigi deve conquistare una parte d’Italia, da spogliare dei suoi preziosi beni, per salvarsi… Disastri ambientali in campo?

Lo ripetiamo da tanto tempo: la Francia deve annettere parte dell’Italia per salvare gli indicibili privilegi di Parigi.

Il nord-ovest è sotto le loro mira, da anni, via Davos.

Notate, un male assoluto cadere in mani francesi:

 memento, ancora oggi Haiti è perdutamente povera a causa della protervia francese che, mimando quanto sarebbe stato fatto con la Germania oltre un secolo dopo, chiese ad inizio 1800 una montagna di soldi agli haitiani per l’indipendenza. Il risultato è la povertà estrema di Haiti ancora due secoli dopo, pazzesco…

Potrei dire lo stesso di tutti i paesi con “Franco CFA”, rimasti arretrati per secoli a causa del colonialismo francese in Africa.

O addirittura l’Algeria, dove (direi giustamente) i francesi sono odiati ancora oggi in forza del test nucleare dell’atomica francese fatto esplodere nel deserto algerino, pazzesco, mettendo a rischio anche il sud Italia col fall-out.

Questo per farvi capire che permettere ingerenze francesi in Italia resta sempre e comunque il male assoluto e totale.

Ora, sappiamo da tempo che il WEF, recentemente attaccato nel suo direttore K. Schwab dagli USA, intendeva salvare la Francia di fatto annettendo l’Italia fino a Firenze, un po’ come il percorso del prossimo Tour de France in Italia che mima la fu Savoia italiana.

Sappiamo d’altro canto i militari USA essere totalmente contrari a tale epilogo.

I metodi di “attacco” all’Italia non possono secondo noi prescindere dallo strumento principe:

attivare il Trattato del Quirinale fortemente voluto da Mattarella.

Ben ricordando che il vero scopo di “Mario Draghi Prèmier”, oltre a gestire demenzialmente la vaccinazione COVID (apposta, molti riferiscono ormai si trattasse di un “aka” “piano”, memento testa di cavallo nel letto/alle casse del supermarket), fu proprio attivare detto trattato: infatti Draghi si dimise di fatto lo stesso giorno della ratifica definitiva di detto trattato in Senato (…)!

 

Or dunque, qual miglior occasione – ad esempio – di una crisi alluvionale nelle regioni confinanti con la Francia per giustificare l’attivazione di detto trattato del Quirinale “in emergenza”, permettendo la discesa “di aiuti francesi” alle zone colpite?

Sta di fatto che ancora ieri l’ipotetica sabbia del Sahara caduta con la pioggia sembra fosse di nuovo presente tra Piemonte e Lombardia, nelle precipitazioni simil-alluvionali: strana sabbia, visto che la perturbazione arrivava da nord…

Capite dunque. Come capite il “tam tam” in rete per sviare da una interpretazione e dei fatti che sia logica, troll o altro che siano non so dirvi…

Della serie, saranno mica complottisti tutti i media mondiali, sulla geoingegneria, con disastri indotti come a Dubai? Chissà…

Un ultimo appunto su Marine Le Pen, scommettiamo i soliti 2 cents essere collegata a doppio filo a Salvini della Lega secessionista.

 E pure al Pannella pro aborto, come la Francia, oggi addirittura abortista in Costituzione:

la secessione italica, in modo da papparsi il nord ovest, interessa anche e soprattutto all’ex Front National, non fatevi fregare dalla propaganda interessata dei media (soprattutto del nord Italia, ndr)…

Debacle evitabile per l’Italia, come al solito, solo con l’ intervento americano, ben inteso, come successe dopo il 25 Aprile 1945:

 a cacciare i francesi dalla Valle D’Aosta, che volevano annetterla

 (come deterrente, quante bombe B61 potenzialmente utilizzabili dagli italiani per auto-difesa sono oggi stoccate in Italia?).

In ogni caso riteniamo – per inciso – che l’arma nel caso delle alluvioni sia comunque spuntata:

alla fine, encore nel caso, la Francia dovrà ricorrere a scatenare piccole rivoluzioni locali amplificate dai media, “scatenando” l’intervento francese.

Magari facendo leva sugli infiltrati stile “black blocks” tra i migranti fatti arrivare a frotte e pressoché senza controllo in Italia (con complicità interne?).

O a problemi di ordine pubblico francese al confine italiano (…). Intanto i militari USA, curiosamente, aumentano il livello di allerta nelle loro basi militari in Italia.

L’importante in questo caso è solo un aspetto: aver chiaro che chi deve sapere, “sa”.

 Anche se tace. Chi invece straparla non sa. O svolge “un lavoro” ben preciso.

Ai posteri…

(Mitt Dolcino).

 

 

 

 

LA COAZIONE A RIPETERE

DELL’ANGLOSFERA.

 Lapekoranera.it - Manlio Lo Presti – (21-7-2024)  ci dice:

 

 Un canale televisivo italiano “dissidente” ha recentemente intervistato un diplomatico italiano in pensione che ha ricoperto incarichi rilevanti anche negli USA.

(youtube.com/watch?v=RneEke_fvso.)

Non è il primo ex alto funzionario che viene invitato a rilasciare dichiarazioni. Abbiamo visto, e vedremo ancora, altre persone con precedenti ruoli diplomatici, accademici, economici, militari, sociali, politici concedere interviste.

Non hanno vincoli di servizio attivo e sono preferiti per parlare di tutto e del contrario di tutto sui temi geopolitici.

Ne verranno molti altri a svolgere il ruolo di “servi sciocchi” del Potere, cioè, essere manovrati a loro insaputa…

Non appena utilizzati, saranno, come sempre, rapidamente gettati nella Geenna dell’oblio mediatico.

Il filmato è importante perché, sotto il finto mantello della dissidenza da caffè, rispolvera alla chetichella e ufficializza la vecchia dottrina USA di separare la Russia dalla Cina.

Il comparto militare industriale accademico USA non riesce a fare di meglio nella tutela dei propri interessi che non passi ogni volta nella distruzione degli altri.

Uno scontato e prevedibile cambio di rotta dopo l’insoddisfacente esito del conflitto ucraino e a seguito dell’imbarazzante sostegno ai nemici dei palestinesi, come pure alla persistenza di protezione di uno Stato grande quanto la Lombardia super armato e dotato di un potente scudo strategico dall’anglosfera dove vanta posizioni quasi totalitarie nel mondo bancario e finanziario, informatico, della moda, dello spettacolo, ecc.

Uno Stato che, purtroppo, nella fretta di vendicarsi si è fatto intrappolare nella logica dello sterminio di civili usati come scudi umani da Hamas.

La guerra a distanza fra il capo palestinese e il premier israeliano ha fatto diventare il proprio Paese il bersaglio della esecrazione e della ignominia mondiale.

Uno Stato violentissimo oggi sempre meno difendibile e da “scaricare” velocemente, anche con un eventuale cambio di regime “colorato” al suo interno, come già ipotizzato:

(globalist.it/world/2024/07/13/israele-il-bi-colpo-di-stato/).

La tecnica di diffusione del cambio di rotta angloamericano in materia di geopolitica è sempre la stessa:

1) si inizia a “spargere la voce” di un mutamento operativo USA usando canali minori posizionati solitamente all’opposizione e quindi facilmente smentibili e perseguibili come complottisti da lapidare se l’operazione mediatica suscita reazioni sociali non previste dai cervelloni anglo-Usa;

2) se le risposte suscitano interesse e adeguato consenso, si passa ai media maggiori.

Questo spiega perché siti e canali considerati dissidenti sono ancora funzionanti e alcuni personaggi continuano a parlare e a fare passerella sempre al momento “giusto”.

Come al solito, ripartirà la sarabanda mediatica dei finti dibattiti televisivi.

Avremo la solerte pubblicazione di ponderosi articoli da parte delle solite “grandi firme” con prevalente orientamento globalista atlantista.

Ripartirà la passerella delle scarne opinioni cariche di banalità da parte dei politici di complemento.

Un film già visto. Non facciamoci ingannare.

Come più volte è accaduto, gli USA intendono riprendere dal cassetto degli attrezzi la vecchia e sperimentata dottrina del “divide et impera” applicata metodicamente dall’Impero Romano.

 Una dottrina diventata il fondamento strategico per la creazione dell’impero inglese e USA provocando in quasi due secoli centinaia di milioni di morti, in confronto riducendo il nazismo ad un esercizio di principianti ma utilissimo oggetto di esecrazione ricorsiva “coprente” ex post e alla bisogna per dirottare contestazioni e “revisionismi storici”.

Il riorientamento delle strategie della anglosfera post Biden è cominciata.

 Si parla di rompere il fronte asiatico fra Russia, Cina, India e altre nazioni sempre meno allineate ai diktat Nato e Usa.

La politica della separazione di Cina e Russia mirerebbe a distruggere la Cina prima e la Russia dopo, sempre che questo giochino abbia il successo sperato dalla squadra di pagatissimi psicopatici “esperti” angloamericani, con coazione a ripetere in una sequenza simile alle scene del film “The Truman Show”.

Come profeticamente diceva il gruppo Led Zeppelin nel 1976: La musica è sempre la stessa.

 

 

 

 

 

 

Con Biden fuori gioco, il Partito del Caos

 fingerà di essere d'accordo con la Sig.ra Harris

 per una settimana o due, dando alla prima

donna presidente di colore molte possibilità

prima che escano i coltelli.

 

Allnewspipeline.com –(1° luglio 2024) - James Howard Kunstler e All News Pipeline – ci dice:

 

"La vita imita l'arte", amava dire Oscar Wilde.

E così, all'improvviso, domenica, gli USA sono diventati una puntata di “Veep”, dopo che il presidente "Joe Biden" ha avuto quel fatidico incontro con Dio a cui aveva accennato circa una settimana fa:

     Dio : Sì, sono di nuovo io. Cosa ti ho detto sulla diselezione?

     "JB" : ( colpo di tosse ) Devo finire il lavoro. ( colpo di tosse )

     Dio : Lavoro, un cazzo. Non hai fatto altro che mangiare coni gelato, spendere soldi che non esistono e annusare ogni peperoncino che ti capita vicino.

     “JB” : No, non capisci! Sto difendendo la democrazia.

     Dio : Oh sì? Da quando la mia volontà è soggetta a qualche caucus di merda?

Nella mia villa ci sono molte porte, e questa è l'uscita, figliolo.

 Quello che dico è: vai.

E quando dico "vai", intendo dire che te ne vai! Ho scritto la lettera e tu stai firmando sulla linea tratteggiata proprio ora.

     "JB" : E se non lo facessi?

     Dio : Ti do una bella lezione.

     “JB” : Bene, dal momento che la metti in questo modo... ma, dimmi, hai per caso anche quel documento di grazia di cui abbiamo parlato...?

E così è andata nello studio di “Rehoboth Beach” domenica pomeriggio.

 E all'improvviso, la vicepresidente Kamala Harris è stata promossa a candidata putativa del Partito del Caos in vista della convention di agosto.

La maggior parte degli altri sostituti di cui si è parlato l'hanno immediatamente sostenuta (Gavin Newsom, Gretchen Whitmer, Pete Buttigieg, et al.), come una convocazione di mullah potrebbe benedire una capra in procinto di essere sacrificata.

Kamala ha lanciato un commovente grido di guerra: "Insieme, combatteremo. E insieme, vinceremo". Sbadiglio...

Era tutto finto, ovviamente, o, dovremmo dire, una continuazione del finto che è il principio operativo fondamentale del partito.

 Tutto ciò che fa è falso.

Un esempio calzante, la meravigliosa dichiarazione di HRC (alias Colei-che-fa-sempre-il-suo-turno o Rodan il rettile volante), che ha pubblicato questa perla viscida:

 

Il presidente Biden ha coronato la sua straordinaria carriera di servizio con una presidenza che ha sollevato l'America da una pandemia senza precedenti, creato milioni di nuovi posti di lavoro, ricostruito un'economia malconcia, rafforzato la nostra democrazia e ripristinato la nostra posizione nel mondo.

Con qualsiasi misura, ha portato avanti l'incarico dei nostri fondatori di costruire un'unione più perfetta e il suo obiettivo dichiarato di ripristinare l'anima della nostra nazione".

"Joe Biden" ha fatto tutto questo?

Hillary, vedi, sta imburrando la cloaca del partito in modo da potersi infilare lì e mangiarne il cervello, come una di quelle larve di vespa parassita che entrano in un bruco.

 Sostiene Kamala finché non diventa opportuno non farlo, ovvero quando il blob dello Stato profondo si agita per non essere riuscito a rubare le elezioni, aver perso le sue posizioni di potere e privilegi e molto probabilmente affrontare un processo per reati gravi.

Naturalmente, gli sviluppi del fine settimana suggeriscono che "Joe Biden" dovrà abbandonare del tutto la sua posizione di comandante in capo.

 È troppo ovvio anche solo per provare i particolari.

È solo questione di quando, e probabilmente dipenderà dal suo pacchetto di buonuscita negoziato, fondamentalmente qualcosa che tenga i suoi vari familiari fuori di prigione.

Kamala salirà poi all'Oval, ah ah ah.

In questo momento di massima incertezza, quindi, il “Partito del Caos” farà finta di essere d'accordo con la Signora Harris per una settimana o due, dando alla prima donna presidente di colore molte occasioni per pronunciare assurdità spaventose e scoppiare in crisi di risa, per dimostrare che non può essere presa sul serio.

All'improvviso vedrete i lunghi coltelli uscire e tagliare a fette e a cubetti Kamala come un ravanello “daikon” sul tavolo “hibachi”, e chiunque altro, oltre a HRC, oserà farsi avanti riceverà lo stesso trattamento.

Notate che il Sig. Obama, Nancy Pelosi, Hakim e Chuck (Nine-Ways-From-Sunday) Schumer non hanno fatto eco a Kamala.

Per Dio, avranno la loro convention libera per tutti, anche se ogni aspetto sarà scrupolosamente gestito dai “Big Dawgs”.

E da quel pandemonio volerà via l'indomita Hillary, strillando, "Caw caw, aborto ! Caw caw, Russia !"

Potrebbe funzionare? Impossibile.

 In un'elezione veramente giusta, Hillary verrebbe investita dal convoglio Trump-Vance e lascerebbe un po' di carcasse di animali morti che covano, attirando mosche, una triste fine per tutta quella sfolgorante ambizione.

Per non cambiare argomento troppo bruscamente, ecco qua... avete colto quella piccola conversazione su YouTube tra George Gammon e Robert Barnes sul tentato assassinio di Trump?

Evviva, questa scuoterà la vostra weltanschauung.

 Eccola in sintesi:

 

Il tentativo di eliminazione a Butler, PA, (teorizza il signor Barnes) è stata un'operazione congiunta NeverTrumper / blob / neo-con che avrebbe dovuto funzionare come segue:

Nikki Haley e Mike Pompeo, entrambi “Deep Staters”, sono fuori con un GOP che si sta consolidando attorno al signor Trump.

Prima che la “Convention GOP di Milwaukee” apra, stanno chiacchierando con i delegati in preparazione di una specie di colpo di stato.

 L'operazione di Butler, PA, è programmata prima che possa verificarsi qualsiasi nomina.

 È (ovviamente) intesa a eliminare l'ex presidente una volta per tutte e ad assicurarsi che non ci sia nessun candidato vicepresidente che possa sostituirlo.

 Il blob quindi incolpa l'assassinio di Trump all'Iran, evocando immediatamente una nuova guerra per distrarre la nazione.

La Convention GOP nomina la dea della guerra “Nikki” come presidente e Pompeo come vicepresidente.

 Il partito della guerra di DC continua in trionfo. Fatto compiuto.

 

Notate, dice il signor Barnes, che la CNN e altre reti di informazione che di solito evitano di trasmettere i comizi di Trump, stanno in realtà trasmettendo in diretta l'evento di Butler, PA.

 Vogliono che tutta l'America veda la testa di Donald Trump esplodere come un melone di Crenshaw in TV, inviando il messaggio:

questo è ciò che accade a chiunque sfidi il blob.

Molti altri osservatori e investigatori estranei al governo sono impegnati a esaminare la scientifica del sito, le linee di fuoco, l'acustica degli spari, gli strani fatti sul presunto "tiratore" (forse un capro espiatorio) Thomas Matthew Crooks, gli stupefacenti fallimenti del Secret Service.

Un quadro si sta risolvendo.

Il vecchio adagio siciliano dice che la vendetta è un piatto che va servito freddo.

 Di sicuro, il signor Trump sa qualcosa su cosa è successo veramente il 17 luglio.

 I suoi avversari sanno che lui sa, e lui sa che loro sanno che lui sa.

Notate che il signor Trump non sta saltando su e giù dicendo woo-woo-woo su tutto questo.

Piuttosto, se ne sta seduto tranquillo e calmo e tiene le sue carte strette al petto. Alla fine verrà a regolare i conti.

 Quindi, dovete supporre che ci riproveranno.

O troveranno un modo per posticipare le elezioni a tempo indeterminato.

Non c'è niente al di sotto di questi demoni.

Stranamente, come hanno notato in molti, sembra che Dio sia dalla nostra parte. State fermi e tenete i vostri cappelli.

 

I CONFINI DELL’INTELLIGENZA

ARTIFICIALE.

Comedonchisciotte.org - Matteo Parigi – (22 Luglio 2024) – ci dice: 

 

Le intelligenze non-umane autonome sono già tra noi e possono simulare delle attività che fino a poco tempo fa erano ritenute impossibili da replicare.

Nel frattempo il loro sviluppo prosegue furiosamente.

L’intelligenza artificiale è la più grande minaccia alla nostra esistenza:

– (Elon Musk).

 

L’università degli studi di Perugia ha inaugurato la nascita di una cattedra interamente dedicata all’intelligenza artificiale.

Apple ha ufficializzato l” introduzione della sua” AI” in tutti i suoi dispositivi elettronici, adeguandosi alle politiche dei suoi rivali e partner del digitale.

Nel frattempo, Elon Musk sta continuando ad investire nell’inserimento di microchip neurali all’interno dei nostri crani, mentre numerose start-up sparse in tutto il mondo stanno portando avanti “innovazioni” tecno-antropologiche come il backup della memoria, la criogenia cerebrale, la creazione di “intelligenze emotive artificiali “;

il tutto compendiato dagli androidi già costruiti con successo da “Boston Dynamics” e “Tesla”.

Tutti questi fatti confermano quanto l’AI sia ormai parte della nostra vita. Tuttavia, al livello del dibattito pubblico comune, soprattutto in Italia, si parla di Intelligenza Artificiale come se stessimo assistendo all’alba di una futura rivoluzione antropologica.

 Il che è innegabilmente vero, con la dovuta precisazione che non c’è da aspettare nessun avvento:

ci siamo già dentro.

Infatti, in nome di una precisa consapevolezza del presente, la vera e propria Intelligenza Artificiale esiste da decenni ed è ormai diffusa largamente in innumerevoli situazioni delle nostre vite.

Ma spesso è grazie al bagaglio culturale di cui siamo dotati a priori che riusciamo a vedere il mondo circostante.

Non a caso, quando a Confucio chiesero cosa avrebbe fatto se fosse diventato imperatore, egli rispose: «Prima di tutto, rettificherei i nomi delle cose».

Intelligenze artificiali classiche ed avanzate.

Un’AI (dall’inglese Artificial Intelligence) è innanzitutto una qualsiasi macchina od un qualsiasi programma in grado di svolgere compiti che per essere eseguiti richiedono forme di intelligenza presenti esclusivamente (o quasi) negli esseri umani.

Ora, in questo senso praticamente tutti i software informatici sono AI.

Tuttavia, un conto è elaborare fogli di calcolo come fa Excel.

Ben altra questione è saper comprendere frasi linguistiche umane ed essere in grado di rispondere in modo sensato e totalmente autonomo.

Questi due esempi rappresentano infatti i due rami principali dell’albero genealogico delle AI.

Il primo è quello dei modelli algoritmici classici (classical algorithmic models, detti anche GOFAI: Good Old Fashioned Artificial Intelligence) i quali consistono in sistemi di algoritmi che analizzano i dati in input che vengono loro offerti per poi calcolare gli output seguenti.

Le GOFAI “si muovono” secondo la “logica booleana!, cioè analizzando i dati come se questi avessero dei valori di verità binari (vero o falso, 1 o 0) per cui la verità o falsità dei dati analizzati “muove” gli algoritmi verso risultati deterministicamente predisposti.

 Non ci vuole molto per capire che queste AI classiche sono ancora troppo macchinose:

 la loro architettura è rigida, poiché l’intelligenza fa solo ciò che le è deterministicamente concesso dagli algoritmi inseriti, cioè non ha sufficiente autonomia né capacità innovativa;

 inoltre richiede una quantità di informazioni troppo dispendiosa ed una volta prodotto ciò che deve produrre finisce lì.

 

Invece, l’architettura delle vere e proprie AI con le quali abbiamo a che fare oggigiorno è, al contrario, dinamica e permette alle AI non solo di richiedere una minor quantità di dati iniziali, ma addirittura di imparare dai propri errori, migliorare ed affrontare nuove situazioni, senza che il programma venga ri-aggiornato da tecnici umani.

Questa facoltà inedita per un’intelligenza non umana – ed è in questo momento una delle più importanti “conquiste” delle macchine intelligenti – viene chiamata per l’appunto “machine learning”, ma, vista l’ampiezza del tema, ne parleremo in seguito.

Per adesso è sufficiente descrivere brevemente l’architettura e le novità delle AI di ultima generazione.

Piuttosto che parlare di classiche-moderne o vecchie-nuove AI, e nella misura in cui quelle classiche sono ancora parte integrante del nostro mondo tecnologico, è più opportuno definire le AI più recenti come dei “sistemi connessionistici” (connessionistic systems), oppure, ancora meglio, sistemi informatici fondati sulle “Reti Neurali Artificiali” (Artificial Neural Networks, ANN).

 Tralasciando per motivi di spazio l’intera descrizione dettagliata di queste reti, basti dire che la struttura paradigmatica che ha ispirato la loro creazione altro non è che quella del sistema nervoso umano:

 infatti i nodi (nodes/units) e le connessioni (connections) di cui sono costituite le ANN ricalcano artificialmente le connessioni tra percettori e di conseguenza tra neuroni (da cui il nome “reti neurali”).

A partire da questa architettura di base le AI sono oggi in grado di realizzare due attività e due “facoltà sensibili” finora ritenute impossibili da replicare nelle macchine:

 Imitazione.

Apprendimento.

 Riconoscimento e produzione di immagini.

 Comprensione e produzione linguistica.

Quattro modi di somigliare agli umani.

Senza soffermarsi troppo sull’intero funzionamento tecnico, basti dire che il primo caso non è altro che il famoso” Imitation Game”, noto anche come “test di Turing”, per cui una macchina che fosse in grado di imitare un essere umano tanto da rendere questo e la macchina indistinguibili, significherebbe, secondo gli interpreti, il raggiungimento di una uguaglianza di dignità esistenziale per le AI tale da porre importanti problemi etici, politici e sociali.

A riguardo, il “test di Turing” sarebbe stato superato, secondo alcuni esperti, nel 2014 dal progetto russo-ucraino “Eugene Goostman”, sebbene in realtà il verdetto di intelligenza umanoide si sia rivelato decisamente discutibile.

 

Nel secondo caso, come anticipato sopra, le nuove “AI” a reti “ANN” procedono secondo percorsi tecno-epistemici che permettono loro di rimodulare autonomamente le loro risposte a seconda dei feedback che ricevono dall’ambiente.

“Il machine learning”, come è stato chiamato, equivale ad un particolare processo informatico di apprendimento, vale a dire una particolare forma di auto-miglioramento, facoltà comunque figlia – il che vuol dire tutto – di complesse costruzioni algoritmiche fatte da esperti umani.

L’App Google Lens è il prototipo delle AI, addestrate a riconoscere e categorizzare ogni oggetto rilevato nelle foto scattate da un qualsiasi smartphone. È stato sperimentato molto in ambito medico come rilevatore di malattie della pelle ed altri segnali sintomatici di varie patologie.

 Il dottore artificiale è già imminente.

Le ultime due funzioni sopra elencate, riconoscimento di immagini e linguistica, corrispondono a due vere e proprie attività sensoriali tipiche degli esseri viventi e nell’ultimo caso dell’uomo.

Riconoscere le immagini che provengono dall’esterno significa in un certo senso possedere la vista, ovviamente un tipo particolare di vista.

 Infatti, non si tratta, nel caso delle AI più recenti, semplicemente di etichettare (labeling) certe immagini, od oggetti appositamente inserite al loro interno.

Le più avanzate “Convolutional Neural Networks” (CNN), attraverso i vari processi di tipo” feed-forward” e “back-propagation, “riescono a riconoscere da sole le differenze, i dettagli, le sfumature che differenziano gli oggetti visti nelle immagini su cui vengono addestrate inizialmente, per poi saper effettuare il riconoscimento su nuovi input mai sperimentati.

 Un esempio immediato sono i vari software di riconoscimento facciale, i quali sanno riconoscere volti umani (ed i loro più piccoli dettagli) anche di persone mai viste durante l’addestramento.

 

Infine, le” AI di tipo NLP” (Natural Language Processing) sono diventate improvvisamente di interesse comune quando si è diffuso “ChatGPT.”

Le NLP sono le intelligenze linguistiche che, impiegando particolari reti di tipo “Recurrent Neural Networks” (RNN) comprendono le formule linguistiche umane ed elaborano risposte sensate ormai con una distinta precisione.

Un osservatore attento può rendersi conto che dieci anni fa il traduttore di Google era praticamente inutilizzabile mentre adesso ha raggiunto una “umanità troppo umana” per dirla alla Nietzsche.

 Infatti, il mondo delle AI è caratterizzato da una vertiginosa velocità di cambiamento, tanto che la differenza tra le AI attuali e quelle di cinque anni fa è la stessa che c’è tra i computer odierni ed i primi esperimenti nel Novecento.

Per questo motivo il noto (e controverso) “Raymond Kurzweil” continua ad avvisare che «la singolarità è vicina!» (ci manca solo un «rendete dritta la via del Signore!» N.d.A.), ossia il momento in cui l’intelligenza artificiale sorpasserà quella umana.

 

La homepage di ChatGPT (Chat Generative Pre-trained Transformer), è l’intelligenza generativa più diffusa sul mercato.

Creazione di OpenAI, start-up di Elon Musk e Sam Altman.

Come scritto nell’immagine, chi utilizza questi mezzi a quanto pare ha bisogno di rivolgersi al nuovo “oracolo,” il quale saprebbe meglio dell’interessato cosa farsene dell’arte dei propri figli.

Limiti e questioni aperte.

Ma a parte i proclami di chi vuol speculare su futuri impossibili da verificare, le domande che sorgono alla luce di quanto visto finora sono le seguenti:

 si può quindi parlare davvero di macchine in tutto e per tutto simili agli esseri umani?

 Le AI, ora che sono in grado di migliorarsi da sole, ed essendo capaci di adattarsi all’ambiente, nonché di comunicare in modo sensatamente autonomo, di avere una “vista” in grado di discernere automaticamente gli oggetti visti ecc. non dimostrano di comportarsi come dei viventi?

Cosa distingue quindi la vita dalla materia?

 Possono le macchine generare forme di coscienza?

Gli androidi sostituiranno davvero gli esseri umani in ogni cosa?

Siamo costretti, come afferma Harari a diventare Cyborgs?

Non è possibile (sicuramente non in questa sede) intraprendere trattati argomentativi su questioni del genere, sebbene su alcune di queste domande la risposta è abbastanza evidente.

 

Innanzitutto, è necessario fare un’altra distinzione:

la maggior parte delle AI sono” c.d. narrow” cioè progettate per svolgere uno o pochi compiti.

Quelle invece create per svolgere tutte le attività intellettuali sono” le general AI” (AGI).

Quindi, va da sé che gli scenari più distopici sullo” Human Replacement” riguardano solamente le “AGI”, anche se già adesso è reale il conflitto socio-economico tra tutte le AI, anche quelle “narrow”, e determinati lavori svolti da esseri umani.

Per quanto riguarda le “percezioni sensoriali”, anche qui vi sarebbe molto da dire, ma intanto è sufficiente osservare che una cosa è aver imparato a categorizzare certi segni, azionare meccanismi input-output o generare frasi mediante un meccanismo di simulazione della sintassi generativa, un’altra è riconoscere la voce di propria madre o lo stato d’animo che emerge da una lettera scritta a mano.

In altre parole, il pensiero deduttivo simbolico di ordine superiore è ancora prerogativa dell’uomo, per cui una macchina per quanto elaborata, non è ancora in grado di dedurre segni di diverso ordine rispetto a quelli che deve riconoscere.

Per fare un esempio, nessuna AI può arrivare a sentire “la sensazione di essere figlio” nel sentire la voce della propria madre, oppure nessuna AI può agire per “senso di responsabilità” nel momento di decidere per un minorenne, al contrario di un padre, il quale deve prevedere il bene di lungo periodo del figlio in contesti molto particolari (lo stesso vale per i lavori di cura, educazione e soccorso).

 

Di tutto ciò si occupa chi studia il c.d. problema difficile della coscienza, per cui, secondo il filosofo della mente “D. Chalmers”, il vero enigma ancora irrisolto (e forse irrisolvibile) della coscienza è il problema dell’esperienza fenomenica:

 vedo una rosa rossa; la percepisco e sono cosciente di vederla; ma cosa si prova a vederla?

Anzi, cosa si prova nell’essere in questo stato, in questo preciso ed unico momento, in quanto me stesso, nel vedere la rosa?

Cosa sono la “rossezza”, la “rosità”?

 Cosa significano per me?

 Insomma, già solo per il livello di queste domande siamo ben lungi dal poter, non tanto paragonare, quanto identificare o porre in uguaglianza la vita umana (ma anche animale) e le macchine per quanto dotate di AI.

Nessun machine learning o test di Turing può (forse) replicare la coscienza, dotata, oltreché di fenomenologia, anche di giudizi morali, sentimenti, archetipi, idee innate, etica facoltà del cuore e dell’intelletto in quanto soggetti di una vita concretamente vissuta al di là di ogni razionalizzazione di essa come insegna il filosofo morale “Bernard Williams”.

Esiste una illustrazione del “De Humani Corporis Fabrica” di “Andrea Vesalio”, importante opera del Cinquecento considerata il primo trattato di medicina moderna.

 Dalla descrizione realistica e tecnica del corpo umano di Vesalio hanno tratto ispirazione filosofi della modernità classica quali Cartesio, Hobbes, Newton, Le Mettrie, accomunati da una visione macchinina delle cose.

Già Cartesio nel suo famoso “Discorso sul metodo” osservava che ogni essere non-umano (il filosofo francese equiparava anche gli animali a delle macchine) manca di due particolari capacità riscontrabili invece anche nell’«uomo di più basso intelletto»:

la creatività generativa del linguaggio e delle azioni:

«Anche se talune macchine riescono a svolgere molti compiti con uguale o addirittura maggior perfezione rispetto a noi uomini, evidentemente non riescono a compierne altri.

Dacché si scopre quanto esse mai hanno funzionato per conoscenza, bensì per mera disposizione dei loro ingranaggi.

 Infatti, mentre la Ragione è uno strumento universale che si adatta ad ogni occasione, questi ingranaggi, al contrario, necessitano una determinata disposizione per ogni azione particolare.

Da ciò segue che è moralmente impossibile l’esistenza di una macchina dotata di una certa varietà di ingranaggi sufficiente a permetterle di agire in tutte le circostanze della vita, nella stessa maniera in cui la nostra ragione lo permette a noi.»

Le osservazioni cartesiane sono interessanti e tuttora prese in seria considerazione proprio nel campo delle AI.

 In verità, il recente avanzamento sopra descritto potrebbe, se non proprio confutare le sue affermazioni, per lo meno metterle in discussione nella misura in cui, come già detto appunto, eventuali AI generaliste potrebbero essere capaci proprio di saper agire razionalmente in ogni occasione particolare in cui esse si trovino.

Tuttavia, sempre Cartesio nel suo errore, come giudicato dal “neuroscienziato” “Antonio Damasio”, di aver separato nettamente ragione ed emozioni, non si sarebbe accorto di quanto proprio le emozioni e l’universo sentimentale siano fondamentali per la mente razionale stessa.

 Paradossalmente, Cartesio, se venisse smentito il suo “Discorso”, avrebbe avuto torto ma allo stesso tempo ragione sulla divergenza tra uomini e macchine.

Avrebbe sbagliato solo l’elemento di differenziazione (la mente emotiva, non l’intelletto puramente razionale ci differenzierebbe dalle macchine).

 Un importante neurologo del secolo scorso, il dott. “Geoffrey Jefferson”, giunse ad una conclusione simile:

«Fino a quando una macchina non sarà in grado di scrivere una poesia o comporre un concerto a partire dai suoi pensieri e dalle emozioni che ha provato, e non per la combinazione di simboli, potremo concordare sul fatto che la macchina non replica la mente umana – ossia, non tanto non può ricopiarla, bensì non può sapere consapevolmente di farlo.

Nessun meccanismo potrebbe provare (e non semplicemente segnalare artificialmente; un facile espediente) piacere per sapere di aver avuto successo, o dolore quando le sue valvole si fondono, sentirsi lusingato dall’adulazione, miserabile per i propri fallimenti, sedotto dal sesso, sentirsi arrabbiato o depresso quando non può ottenere ciò che vuole.»

Per spezzare un’altra lancia a favore di Cartesio – ed in risposta alla facoltà di machine learning – è possibile sostenere che non potrà mai esistere probabilmente una vera e propria intelligenza artificiale generale, per il semplice motivo che la mera somma di abilità e funzioni non va a comporre una intelligenza davvero e definitivamente completa:

 l’unità di tutte le conoscenze, memorie, idee è originariamente irriducibile alla somma di esse;

v’è negli esseri umani un’unità della propria coscienza – che una volta veniva chiamata anima –  la quale è, per sua natura, originaria (non costruita anteriormente da altri pezzi) ed è essa stessa la condizione di possibilità della conoscenza per usare la formula di Kant.

L’uomo non ha solo conoscenze, ma ha il senso dell’unità di esse.

Ne sapeva qualcosa già Platone quando confutava chi sosteneva che l’anima fosse il risultato composto di una armonia tra parti.

Alle AI, per quanto generaliste o avanzate, manca questa unità e pertanto esse hanno la somma, ma non l’integrazione tra conoscenze.

Simulare una mente è ben diverso dall’avere una mente ed è il motivo per cui il filosofo statunitense “John Searle” distingue tra “weak AI”, le quali appunto non sarebbero altro che simulazioni, e “strong AI”, esseri informatici dotati di una vera e propria mente (come ed in quale misura sono domande da milioni di dollari come si suol dire).

Tuttavia, lo stesso “Searl”e ha dimostrato con l’esperimento della stanza cinese (chinese room) che anche una eventuale “strong AI” potrebbe solo eseguire con perfetta efficienza e precisione determinati compiti senza “avere l’idea” di cosa sta facendo, concludendo che senza comprensione non v’è pensiero.

Rimangono, e molto probabilmente rimarranno, forti argomenti in risposta a chi vuol sostenere, piuttosto che l’uguaglianza possibile tra AI ed intelletti umani, una visione della vita e dell’uomo riduzionista e gravemente materialistica.

Un importante problema poco denunciato emerge dalla presenza di questi grandi sviluppatori di AI, colossi del digitale e guru mossi da una distorta visione della mente umana e soprattutto della vita, che rischia di ridurre le vite ad illusioni virtuali, nonché la natura umana ad un essere senz’anima e gli uomini, nelle loro capacità, ad ingranaggi riproducibili, ovvero sostituibili non solo nel lavoro ma, seguendo la filosofia di “Hannah Arendt” sui totalitarismi, nella società umana stessa.

 Perché esseri considerati socialmente inutili o presto “superati da intelligenze superiori” vengono prima o poi messi da parte e, come la storia purtroppo insegna, spazzati via come nettezza etnica o sociale.

 Le “tragedie sociali”, infatti, si sono sempre rivolte, non tanto – osservò con maestria Arendt – nei confronti di nemici dichiarati o gruppi ostili, ma contro fasce di popolazione ed individui ritenuti inutili, senza vera influenza ed importanza, quindi facilmente rimpiazzabili, sostituibili.

Per questo motivo, i confini dell’intelligenza artificiale sono i confini che la civiltà umana vorrà segnare per sé stessa.

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