Il green è molto chic.

Il green è molto chic.

 

 

 

Non è tutto “green” quello che luccica:

il fenomeno del “Greenwashing”.

Rinnovabili.it – (26 Ottobre 2023) - Furio Truzzi - depositphotos.com – ci dice:

Il Greenwashing è una tecnica di comunicazione o di marketing che vuole dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente e del pianeta.

Essere “green” oggi va molto di moda, e come spesso accade quando emerge una novità, alcune aziende ‘cavalcano l’onda’ attraverso pratiche che però a tutti gli effetti sono ingannevoli dichiarando, come in questo caso, di essere eco-friendly quando in realtà di green e di eco non hanno molto.

Parliamo di” Greenwashing”, una tecnica di comunicazione o di marketing che vuole dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente e del pianeta con l’obiettivo di:

mostrare più “sostenibile” la propria realtà e guadagnare punti in reputazione e immagine aziendale;

catturare l’attenzione dei consumatori attenti alla sostenibilità, che oggi rappresentano una buona fetta di pubblico.

Il termine nasce da un gioco di parole tra green (verde, simbolo di ambiente ed ecologia) e washing (lavare) che richiama il “whitewashing”, letteralmente “dare una mano di bianco” e quindi coprire, nascondere.

 Per fare degli esempi concreti, un’azienda che pratica il “Greenwashing” comunica attraverso un’azione di marketing l’impiego di prodotti riciclati o processi produttivi sostenibili, quando in realtà non è così.

A parlarne per la prima volta fu l’ambientalista statunitense “Jay Westerveld” che lo utilizzò nel 1986 per stigmatizzare la pratica delle catene alberghiere che facevano leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria per invitare gli utenti a ridurre il consumo di asciugamani mentre la motivazione reale però era legata al risparmio economico.

Ma con il passare del tempo la “pratica del Greenwashing” si è intensificata e ad oggi il consumatore deve potersi difendere per non cadere nella trappola.

 

COME RICONOSCERE IL GREENWASHING

In genere nei prodotti che usano questo tipo di strategia di marketing non vi sono informazioni o dati puntuali che supportino quanto dichiarato.

Esistono però dei campanelli d’allarme che dovremmo prendere in considerazione per tutelarci da una informazione fuorviante ed ingannevole.

1° DATI INFORMATIVI NASCOSTI – quando ad esempio nell’etichetta di un capo d’abbigliamento dichiarato 100% riciclabile viene evidenziata solo una delle fibre che lo compongono;

2° NESSUNA DIMOSTRAZIONE – quando viene dichiarato che il prodotto ha determinate caratteristiche sostenibili ma non ne vengono forniti ulteriori informazioni o certificati che ne dimostrano la veridicità;

3° IMPRECISIONE E VAGHEZZA DELLE INFORMAZIONI – le informazioni sono generiche al punto da creare confusione nei consumatori;

In Italia fino al 2014 non esisteva un riferimento legislativo specifico per il Greenwashing, ma il controllo era affidato all’Antitrust sotto la disciplina della “pubblicità ingannevole”.

 Nel marzo 2014, l’”Istituto Autodisciplina Pubblicitaria” ha pubblicato la 58° edizione del “Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale”, che propone un primo riferimento all’abuso di diciture che richiamino la tutela ambientale.

Oggi il Greenwashing in Italia viene considerato pubblicità ingannevole ed è controllato dall’”Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato”.

 In passato sono state già emesse diverse sentenze di condanna per alcune aziende che facevano uso del Greenwashing, tra le acque in plastica come:

Ferrarelle che pubblicizzava la bottiglia a “impatto zero” promettendo la compensazione della CO2 emessa con la tutela di nuove foreste:

 l’azienda è stata multata perché la definizione di “impatto zero” lascia intendere che la CO2 venga interamente compensata.

San Benedetto è stato multato per avere presentato la sua bottiglia di plastica come “amica dell’ambiente” in diverse pubblicità.

Sant’Anna è stata multata nel 2012 perché nella pubblicità sull’eco-bottiglia riportava pregi ambientali superiori alla realtà.

COME DIFENDERSI?

In primo luogo è fondamentale leggere bene le etichette, poi il modo migliore per accertarsi della veridicità della reale sostenibilità delle aziende in tema di ecosostenibilità sono le certificazioni ambientali (attestati nei quali viene certificato l’impegno di un’organizzazione per il rispetto dell’ambiente).

Il Parlamento europeo inoltre, ha approvato nei giorni scorsi una risoluzione legislativa che introduce un nuovo standard volontario per l’uso dell’etichetta “european green bond”, il primo del suo genere al mondo che ha come scopo principale quello di contrastare e combattere il Greenwashing.

Infine, da uno studio scientifico pubblicato sul tema del “brand della coscienza”, “How to build a conscientious corporate brand together with business partners di Oriol Iglesias, Michela Mingione , Nicholas Ind. , Stefan Markovic”, si evince che non è utopico per un’azienda costituire il concetto di brand con una coscienza (ossia un brand maggiormente umanizzato ) che non utilizza la sostenibilità come semplice veste, ma che la integra nella sua strategia e nella sua mission.

Nello studio è stato creato un modello scientifico per poter costruire un brand con una coscienza assieme ai propri business partner al fine di evitare il Greenwashing e questo attraverso un allineamento basato su un equilibrio tra i profitti di breve e lungo termine, tra equilibrio di” shareolders” e “stakeholders” ed infine con la co-creazione di valore delle imprese e di tutti i suoi “stakeholders”.

Un valore che non viene più creato in modo unilaterale dalle imprese, ma dalle imprese insieme a tutti coloro che partecipano all’interesse dell’impresa (consumatori, fornitori, distributori).

 

 

 

Carlo III, il più chic

dei radical chic.

  Ilfoglio.it - Alberto Mattioli - (10 set. 2022) – ci dice:

    

Green ante litteram e violoncellista. Il vizio di dire quel che pensa. L’apprendistato di un Re intraprendente e con un nome Stuart.

La regina è morta, lunga vita alla regina.

Come nuovo re, Carlo III avrà un problema:

è abituato a pensare quello che dice e, peggio ancora, a dire quello che pensa.

 Sua madre aveva forse delle idee, ma di certo si è sempre ben guardata dal manifestarle.

 Come da prassi costituzionale, del resto:

 nel Regno Unito, il sovrano è l’arbitro, non un giocatore.

Di conseguenza opinioni, gusti e disgusti, antipatie e simpatie li tiene per sé.

 Da principe del Galles, Carlo li metteva invece per iscritto sotto forma di lettere a ministri e parlamentari, pizzini sui temi a lui cari di cui si biasimava, oltre all’inopportunità costituzionale, la terribile grafia da zitella vittoriana.

Quanto alle sue idee, Carlo è sostanzialmente il più chic dei radical chic. Decisamente in anticipo sui tempi, già negli anni Ottanta imperversava con le sue crociate per l’agricoltura biologica, l’ecologia, l’ambiente, i concimi naturali e contro il brutalismo architettonico e urbanistico.

Poiché è coerente, nella sua tenuta di “Highgrove” produce marmellate e altri prodotti biologici, che si vendono peraltro benissimo, e ci ha pure scritto un libro, che si è venduto meno bene.

 Quanto alla sua abitudine di conversare con le piante, poteva essere considerata una deliziosa eccentricità molto inglese e molto aristocratica, mentre oggi appare piuttosto l’espressione di un animo doverosamente green.

Anche sua madre parlava con cani e cavalli, ma per un’altra ragione: non dicono mai sciocchezze.

Recentemente, Carlo si è anche appassionato alla sostenibilità dell’abbigliamento, creando perfino una “Fashion task force” per promuoverla.

Anche in questo, o forse per la ben nota parsimonia scozzese della famiglia, ha dato l’esempio:

 lo si è visto per anni con lo stesso cappotto cammello e, in una memorabile occasione, con una toppa sulla giacca.

 E non quelle belle toppe di pelle che stanno così bene sui gomiti delle giacche di tweed, proprio un quadratino di stoffa cucito sul davanti per celare il buco di una tarma evidentemente repubblicana.

 Inutile dire che era elegantissimo anche così.

Il punto è che, mentre la sua famiglia ha sempre avuto con quei curiosi parallelepipedi di carta chiamati libri un rapporto fuggevole, considerandoli per lo più elementi d’arredo, lui li legge.

È insomma un uomo colto, forse l’unico della famiglia dai tempi del principe Alberto, che però era anche insopportabilmente pedante e pesante.

Carlo è anche preparatissimo a regnare, visto che aspetta di farlo da più di settant’anni e nell’attesa ha accumulato una serie di competenze disparate ma vastissime che vanno dal saper guidare un elicottero al suonare il violoncello e, pare, pure decentemente.

Il modello è il nonno di suo nonno, Edoardo VII, costretto anche lui a un’interminabile attesa mentre mamma Vittoria restava reclusa, sommersa dalle gramaglie, nei suoi castelli “iperkitsch” fra i quali, appunto, “Balmoral” (per il giubileo dei sessant’anni di regno dovettero mandarla in giro quasi a forza, perché molti sudditi erano convinti che fosse morta).

Anche Edoardo, nei brevi momenti lasciati liberi dalla sua passione per le attrici e lo champagne, fu un sovrano piuttosto interventista, anche se principalmente in politica estera.

Certo, nell’opinione pubblica pesa ancora su Carlo il matrimonio con Diana, la peggior minaccia alla monarchia britannica dai tempi di Hitler.

Ma ormai sono storie vecchie, e Camilla è riuscita a farsi, se non amare, almeno apprezzare dai sudditi, e anche dalla suocera.

Sarà un’impeccabile regina consorte.

Quanto a lui, si aspetta di vederlo all’opera con una certa curiosità.

Ieri è sceso dalla berlina fuori dal cancello di Buckingham e ha stretto un po’ di mani dei dolenti per sua madre, cosa che quest’ultima non avrebbe certo fatto.

 Si può nutrire qualche apprensione sul fatto che voglia “modernizzare” la monarchia britannica, che a noi piace invece così com’è, meravigliosamente rétro. Il banco di prova sarà la sua incoronazione, che nelle forme tradizionali prevede sei ore di puro medioevo scintillante e spettacolare (vecchia regola: mettete gli inglesi con i piedi su un palcoscenico o con il sedere su un cavallo, e faranno faville).

Ma non si sa se e quando si farà.

In compenso, oggi dal balcone del “palazzo di Saint James” un araldo in cotta d’armi proclamerà il suo avvento al trono, e sono sempre bei momenti.

Infine, l’ha notato nessuno:

interessante che Carlo abbia deciso di regnare con il suo nome.

Sua madre, d’accordo, fece lo stesso, ma Edoardo VIII si chiamava in effetti David e Giorgio VI, Albert.

Perché Carlo sia stato battezzato così è un mistero, forse l’unico del regno di Elisabetta:

non è un nome Hannover poi Sassonia-Coburgo-Gotha e infine (dal 1917) Windsor, insomma della dinastia regnante, ma di quella scozzese cui scippò il trono, gli Stuart.

A loro non portò bene:

fra Carlo I, decapitato da Cromwell, e Carlo II si perpetrò l’unico periodo repubblicano della storia britannica, e lasciò pessimi ricordi.

 Ma per far sì che il Regno resti Unito, Scozia compresa, forse prendere un nome scozzese non è una cattiva idea.

 

 

 

 

Netanyahu ritira l'idea del cessate

il fuoco con Hezbollah. Poi la smentita.

 Ilfoglio.it - Micol Flammini – (27 set. 2024) – ci dice:

    

Ingabbiato dalla politica in casa, il premier arriva a New York tra le accuse degli Stati Uniti e dice: in Libano andiamo avanti. Israele colpisce Beirut e uccide il capo dei droni Mohammed Srur.

[AGGORNAMENTO] Nella notte, l'ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha rilasciato una dichiarazione su” X “in merito ai "resoconti errati" sull'iniziativa di cessate il fuoco guidata dagli Usa.

"È importante chiarire che, all'inizio di questa settimana, gli Stati Uniti hanno informato Israele della loro intenzione di proporre, insieme ad altri partner internazionali e regionali, una proposta di cessate il fuoco in Libano.

 Israele condivide gli obiettivi dell'iniziativa, volti a consentire alle persone di tornare in sicurezza nelle proprie case lungo il confine settentrionale e apprezza gli sforzi degli Usa in questo senso".

La voglia di tregua di Benjamin Netanyahu è ingabbiata dalla politica litigiosa del suo governo e gli Stati Uniti hanno deciso, con fonti anonime, di far sapere che la proposta di un cessate il fuoco di ventuno giorni tra Israele e  Libano per negoziare un accordo più ampio era tutt’altro che un piano esclusivamente americano e francese, ma era stato discusso e approvato anche dal primo ministro israeliano che dopo il suo arrivo a New York, e dopo le dichiarazioni degli alleati, avrebbe dovuto dire che sosteneva la proposta e dava il via libera per negoziare.

 Appena atterrato per partecipare all’Assemblea delle Nazioni Uniti, Netanyahu invece ha detto di non aver mai approvato l’idea di un cessate il fuoco e Israele continuerà a colpire Hezbollah con tutta la sua potenza. 

Le parole che il ministro israeliano per gli Affari strategici, “Ron Dermer”, aveva consegnato ai diplomatici stranieri erano inequivocabili e raccontavano che Netanyahu non vuole un’invasione di terra.

La giornata che avrebbe dovuto aprire a nuove soluzioni è stata una ripetizione di quelle precedenti, con gli stessi pericolosità, mortalità e logorii:

Hezbollah ha bombardato Israele ha colpito il Libano meridionale e Beirut, in cui è stato eliminato” Mohammed Srur”, capo del programma dei droni del gruppo.  Hezbollah è indebolito, ma ha ancora la forza di combattere una guerra contro Israele.

Chi si oppone al cessate il fuoco crede che ventuno giorni sarebbero sufficienti al gruppo per farsi trasferire armi dall’Iran e anziché essere usati per negoziare il ritiro dei miliziani dal confine con Israele e la messa in sicurezza della regione settentrionale dello stato ebraico, verrebbero usati per rafforzarsi e tornare a combattere con più forza.

Gli israeliani credono che sia questo il momento di sconfiggere Hezbollah, ma per farlo, la valutazione dell’esercito è che sia necessario invadere.

Chi si oppone al cessate il fuoco sono i ministri estremisti, come “Itamar Ben-Gvir “e “Bezalel Smotrich” che hanno minacciato di far cadere il governo in caso di accordo, ma anche le opposizioni credono che sia un azzardo lasciare per troppo tempo Hezbollah libero dai combattimenti.

 “Yair Lapid”, il leader del partito di centrosinistra “Yesh Atid”, ha scritto su “X” che dopo una tregua di una settimana, se non ci sono passi avanti per la sicurezza di Israele, bisogna continuare a combattere.

La condanna dei più accaniti oppositori del cessate il fuoco colpisce direttamente gli alleati, accusati di voler fermare Israele quando è a un passo dai suoi obiettivi.

Netanyahu sapeva tutto e riguardo alla possibilità di una guerra in Libano concorda con gli Stati Uniti, che hanno svelato il doppio gioco del premier accolto dalle proteste a New York mentre anche in Israele i suoi concittadini hanno manifestato:

l’idea di un cessate il fuoco ha riaperto la speranza in un’intesa con Hamas per liberare gli ostaggi.

 Tanto è stato il pasticcio della politica israeliana, che Hezbollah non ha dovuto neppure comunicare cosa pensa della tregua.

 

 

Mete Trendy 2024: i rifugi green-chic,

in montagna o in Versilia,

dall’eco-design innovativo!

 Neveglam.com - Dario Bragaglia – (February15, 2024) – ci dice:

 

Montagne in Technicolor: si aprono alla vista dalle vetrate ultra panoramiche dell’Hôtel Chetzeron di Crans-Montana a 2112 metri di altitudine.

Si fa presto a dire Turismo del Lusso.

Quello contemporaneo, cerca di adeguarsi alla nuova generazione dei “Green-Chic”,  in  un equilibrio difficile da raggiungere, in sintonia con piaceri della vita sempre più sofisticati ma anche attento a non depauperare le risorse ambientali ed energetiche del pianeta.

Per i cultori del filone eco-chic (leggi alla voce turisti responsabili) abbiamo passato al setaccio diverse ‘locations’, focalizzando, infine, l’attenzione su appena cinque proposte ‘trendy’ da visitare.

Però in punta di piedi, magari con le babbucce firmate appena entrati in camera, dove il rispetto per l’ambiente è molto, molto di più di un semplice titolo da prima pagina.

Nel Giura Svizzero, patria dei cucù, spunta il primo” Green-Hôtel” firmato “Audemars Piguet”: design essenziale e servizio ultra preciso, simile a un cronografo.

“Le Brassus” nella “Vallée de Joux”, Canton Vaud, è un luogo legato alle tradizioni dell’orologeria svizzera.

 Il confine francese è a soli 6 chilometri, siamo a un’ora d’auto da Ginevra ma qui prevale l’ambiente naturale tipico del “Giura” dal fascino un po’ nordico.

Dal 1875 “Le Brassus” è la sede della maison “Audemars Piguet”, orologeria di lusso, che con l’apertura dell’ “Hôtel des Horlogers” si è lanciata nel mondo dell’ hôtellerie.

L’approccio è stato originale:

niente chalet in legno e richiami all’immaginario tradizionale elvetico, piuttosto una rigorosa scelta per il cemento e il vetro.

 Un serpentone che si dipana su 25 metri di dislivello di fronte ad un’immensa prateria e alla foresta di” Risoud”.

Un esempio di stanza ‘total-white’ dell’Hôtel des Horlogers nel Jura Svizzero.

Esempio di albergo ultra-green (per le rigide normative rispettate) e ‘ anti-pollution’.

Il progetto porta la firma degli architetti danesi (con sede a New York) di BIG (Bjarke Ingels Group), mentre per gli interni ci si è affidati a AUM Pierre Minassian, architetto lionese autore dell’allestimento di ville di lusso in tutto il mondo.

Sobrie e chic le 50 camere e suites fanno tutt’uno con la natura circostante:

 un’attenzione all’ambiente che ha meritato all’ “Hôtel des Horlogers il label” Minergie Eco”, uno dei più severi in assoluto (“zero uso di solventi e colle e prodotti chimici in fase di costruzione, abolizione della carta nella vita quotidiana dei clienti...”).

 

Le suite, un esempio di eco-responsabilità, si aprono al panorama circostante che invita alla quiete, alla riservatezza e alla moderazione nei consumi.

Idem per la scelta del partner a cui affidare la Spa:

“Alpeor”, marca fermamente legata al biologico nel settore cosmetico. Di pari livello l’offerta gastronomica, supervisionata dallo chef “Emmanuel Renaut” – tre stelle al Flocons de sel di Megève – assistito sul posto dall’executive chef “Alessandro Cannata”.

La “Valle de Joux” è il posto ideale per escursioni con le racchette, passeggiate fra le foreste di conifere, escursioni sulle montagne del Giura e sulle rive del lago e, quando la stagione lo consente, splendide uscite in bicicletta o e-bike.

“The Lonely One”:

la sensazione di ritrovarsi dispersi tra le montagne ricoperte da manti candidi di neve come quelli di un ermellino.

Così l’esperienza di un soggiorno in pieno inverno all’ “Hôtel Chetzeron” (Crans Montana), raggiungibile solo con motoslitta o sci ai piedi.

 Crans-Montana, contemplazione e tentazioni “gourmands” a oltre 2 mila metri di altezza.

Immaginatevi una vecchia stazione della cabinovia a 2.112 metri di altitudine trasformata prima in un ristorante e poi in un design hotel. Siamo nel comprensorio di “Crans-Montana”, la stazione sciistica del Vallese da cui si possono ammirare molte delle cime più alte delle Alpi.

Dalle camere, dalle terrazze e dalla piscina dello “Chetzeron” si scorgono i profili inconfondibili di Bishorn (4.153 m.), Weisshorn (4.506 m.), Zinalrothorn (4.221 m.), Dent Blanche (4.357 m.) e anche del Cervino (4.478 m.).

Le stanze dello “Chetzeron “invitano alla contemplazione dello stile rustico svizzero ma ben proiettato nel futuro….il design è impeccabile e mai oleografico.

Qui, materiali poveri come il legno e la pietra trionfano ma in modo sublime.

In inverno sullo “Chetzero”n si arriva con gli sci o con il gatto delle nevi e la salita sarà ripagata da un panorama a 360°.

La ristorazione – una pausa più leggera a pranzo nel corso di una giornata dedicata allo sci o una cena gourmet – è un fiore all’occhiello della struttura.

Propone piatti a base di prodotti locali e di stagione a marchio Slow Food.

 Le 16 camere e suites promettono poi un pernottamento circondanti da un bene prezioso: il silenzio.

Il cemento abbinato alla pietra e al legno di quercia caratterizzano il recupero di questo ex edificio di servizio, oggi trasformato in un complesso ricettivo dove potersi rilassare in un contesto schiettamente alpino.

Nel patois locale, “Chetzeron” significa “cresta rotonda” e descrive la posizione dell’hotel che sorge isolato su un promontorio circondato da foreste di larici e abeti.

Una palizzata di legni chiari (abete e cirmolo che han fatto la fortuna del territorio) ricopre la facciata dell’”Hôtel de Len” di Cortina d’Ampezzo, uno dei più eco-chic d’Italia e forse d’Europa.

A Cortina un 4 stelle eco-responsabile.

Cortina-Style.

Un esempio di stanza dell’”Hôtel de Len”:  calma, lusso e voluttà declinate in versione “Green-Chic.

Nel centro della Perla delle Dolomiti, l’”Hôtel de Len” (di legno, in ladino) fa riferimento già nel nome all’uso e al riuso di un nobile materiale che in passato – fin dai tempi della Serenissima – ha fatto la fortuna economica della conca ampezzana.

 Nel restauro di quello che era l’Hotel Impero, lo studio veneziano “Gris+Dainese” ha valorizzato le qualità estetiche e quelle legate al benessere (isolamento acustico, protezione dall’inquinamento atmosferico e elettromagnetico) del legno di abete e di cirmolo.

Questo 4 stelle (“ma con un servizio che si avvicina a quello di un 5 stelle” ndr.) che dispone di sole 22 fra camere e suite sfoggia uno dei suoi punti di forza al sesto piano.

Qui è stata posizionata la” Spa ultra panoramica”, con una vetrata che offre una vista privilegiata sulla valle. Il concetto di “wellbeing” si applica a tutti i momenti del soggiorno improntato alla rigenerazione del corpo e dello spirito, dall’attività fisica alla ristorazione, dalla scoperta del territorio al contatto con il meraviglioso ambiente dolomitico.

Gli spazi conviviali dell’”Hôtel de Len”, invitano, dopo un’intensa giornata di sci, alla riflessione sul tema del “Green Design”, specie se ci si accomoda su generosi divani verde muschio sullo sfondo di rustici pannelli di legno.

Da sottolineare che le nutrite proposte gastronomiche dell‘”Hötel de Len” si avvalgono della supervisione dello chef stellato “Andrea Ribaldone”:

il cuoco milanese con origini piemontesi (alessandrine per la precisione) è consulente di alcune delle migliori strutture italiane.

A chi ama il bello, segnaliamo che la proprietà dell’hôtel (la gestione è affidata al “Gruppo San Domenico”) ha arredato gli spazi comuni con una collezione di arte e fotografia contemporanea dove spiccano molti nomi importanti.

L’”Hôtel de Len” non è che un esempio del rinnovamento dell’offerta ricettiva che la” Capitale delle Dolomiti” sta mettendo in campo in vista delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina in programma fra due anni.

Nascosta tra i pini marittimi si scorge la facciata imponente dell'”Hôtel Imperiale” di Forte dei Marmi.

Immersa nel verde dei pini marittimi della Versilia si scorge la facciata del Grand Hôtel Imperiale di Forte dei Marmi.

Un must per chi cerca, in vacanza al mare, quiete, riservatezza e un lusso sobrio ma sofisticato.

 Forte dei Marmi, un rifugio di lusso nel cuore della Versilia.

A pochi passi dal celebre Pontile che si allunga nel Mar Tirreno, il “Grand Hotel Imperiale” è un’oasi circondata da pini marittimi al centro di Forte dei Marmi.

Il rifugio ideale per concedersi una pausa, anche in inverno, e scoprire quanto è bello il mare fuori stagione.

La lunga spiaggia di sabbia, con la cornice delle Alpi Apuane, è lo scenario ideale per lunghe e rilassanti passeggiate.

L’impeccabile accoglienza 5 stelle lusso la si scopre già all’arrivo nella hall con la profusione di marmi pregiati delle vicine cave, già frequentate dal grande Michelangelo.

 Le installazioni di arte contemporanea aggiungono un” tocco glam” ad un benvenuto sempre cortese e professionale.

L’atmosfera ricercata e chic aleggia in tutte le stanze.

Ma è la Royal Suite, con i suoi toni pastello, i doppi bagni rivestiti di marmi e l’ampia zona living a incantare gli ospiti per il suo tocco davvero straordinario e principesco.

Il Golden Bar è un piacevole spazio di incontro dove lo chef barman “Diego Frediani” propone classici intramontabili e alcuni signature che invitano a sperimentare cocktail elaborati con creatività e sapiente uso delle materie prime.

Magari da sorseggiare in un elegante bicchiere in marmo di Carrara.

 Il ristorante” L’Olivo” è il luogo dove lo chef” Mario Cucchiara” fa incontrare tradizione e contemporaneità:

i pici fatti in casa, la selezioni di formaggi e prosciutti toscani sono solo alcune fra le tentazioni proposte dal ristorante.

Le candide ed eleganti stanze del Grand Hôtel Imperiale hanno un tocco sofisticato e retro’.

 L’accoglienza in Versilia è al top!

Il “Grand Hotel Imperiale” è anche la base ideale per scoprire la costa e l’entroterra attraverso un gran numero di esperienze organizzate direttamente dallo staff della struttura (cave di marmo, volo in mongolfiera, in elicottero, escursioni in e-bike).

E tanti altri tour gastronomici o esperienziali, a Firenze, Siena e nelle località della vicina Riviera ligure e della Maremma.

Un salto nel passato.

Tra le antiche e rosate mura del Borro si respira la quintessenza dell’atmosfera toscana, fatta di ritmi lenti, modi aristo-chic.

 A tavola, piatti della tradizione contadina e conviviale che esaltano le materie prime del territorio, rigorosamente “bio”, raccolte a mano ogni mattina nella omonima “tenuta dei Ferragamo”, da sempre ‘principi-della-moda’, dello stile e ora dell’accoglienza.

Il “Borro”, ospitalità nella “tenuta bio” dei Ferragamo.

 

Un antico villaggio di origine medievale appartenuto nel corso dei secoli ai Del Borro, ai Medici-Tornaquinci, agli Hohenlohe-Waldenburg, ai Savoia-Aosta e infine acquistato, nel 1993, da Ferruccio Ferragamo, grande nome della moda italiana.

L’obiettivo era quello di trasformare questa antica rocca e i terreni circostanti, 1.100 ettari posti in posizione strategica nel Valdarno Disopra, vicino ad Arezzo, in una azienda agricola con ospitalità.

Oggi Il Borro è condotto da due dei sei figli di Ferruccio:

“Salvatore” che si occupa della produzione vinicola e della ricettività e “Vittoria” che, come responsabile della sostenibilità, porta avanti le istanze di rispetto ambientale molto sentite dal padre fin dall’acquisizione di questi terreni, ormai più di trent’anni fa.

La produzione dell’orto biologico comprende, oltre a frutta e verdura, uova, formaggi, miele e olio di oliva, anche l’allevamento di galline, pecore, vacche di razza Chianina.

Camera con vista: sembra uscire dalle pagine del romanzo di” Edward Morgan Forster “questa stanza che si direbbe perfetta per chi, spirito romantico, ama e riflette sulla bellezza circostante del paesaggio.

Sul fronte ricettivo “Il Borro” offre 38 splendide suite e camere nel villaggio medioevale, oltre a sistemazioni di lusso nella “Dimora Storica”, nella “Villa Mulino” e nella “Villa Casetta” (fanno parte del circuito Relais & Châteaux).

Altre 20 suite e camere sono disponibili nelle “Aie del Borro”, tre ex edifici agricoli risalenti all’epoca del Granducato di Toscana, restaurati in chiave contemporanea nel 2019.

Chi predilige un’accoglienza in stile agriturismo può far riferimento a I Borrigiani, gli appartamenti che si trovano a 1,5 chilometri dal villaggio.

 

 

 

«90 SECONDI ALL’ESTINZIONE

DELL’UOMO SULLA TERRA».

 

Inchiostronero.it - Redazione Inchiostronero – Roberto Galtieri – (27-9-2024) – ci dice:

Lo indica l’orologio dell’Apocalisse.

Si lanciano al Mondo intero proclami di minaccia sulla catastrofe globale.

L‘Orologio dell’Apocalisse è un simbolo creato nel 1947 dagli scienziati del “Bulletin of the Atomic Scientists” per rappresentare quanto l’umanità sia vicina a una catastrofe globale.

6/9 agosto 1945. Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Perdite civili: 90 000 – 166 000 vittime a Hiroshima. 60 000 – 80 000 vittime a Nagasaki. Sono seguite altre vittime ammalatesi negli anni per varie patologie tumorali.

L’orologio dell’apocalisse è un orologio metaforico che indica quanti minuti mancano all’estinzione dell’umanità sul nostro pianeta a causa di una guerra nucleare.

 Visto il catastrofico risultato delle bombe atomiche sganciate dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki, ben consci dei pericoli derivati dalla corsa all’armamento nucleare, nel 1947, un consiglio di esperti formato anche da scienziati insigniti del premio Nobel fra le 10 università più quotate al mondo (coordinati dalla University of Chicago) diedero vita al Bulletin del SABS (Atomic Scientists’ Science and Security Board).

 Questo aveva come scopo quello di dare vita, appunto, ad un metaforico orologio misurante il tempo mancante ad un conflitto nucleare e con esso l’estinzione dell’umanità.

 Da qualche anno gli scienziati hanno aggiunto al rischio di una guerra nucleare anche il rischio per l’umanità dovuto al cambiamento climatico ed ogni anno aggiornano le lancette del “Doomsday Clock”, l’orologio dell’apocalisse, sempre più vicino a mezzanotte.

Il tempo metaforicamente mancante all’olocausto nucleare fu stabilito dall’inizio del giorno (00:01 alle 24:00) e ai minuti mancanti alla fine dello stesso: l’ora fatidica.

Quando gli scienziati diedero inizio a quest’impresa, all’inizio della guerra fredda (formalmente il 12 marzo 1947), l’orologio fu impostato alle 23:53,7 minuti prima della mezzanotte. Da allora e fino ad oggi le lancette dell’orologio sono state spostate ben 23 volte.

Quando nel 1991, ad esempio, furono firmati gli accordi START (Strategic Arms Reduction Treaty, tra Stati Uniti e Unione Sovietica il trattato per la riduzione delle armi strategiche e la loro revisione nel 2001) l’orologio segnò la massima distanza da mezzanotte: 17 minuti.

Dallo scorso anno, invece e fino al momento in cui scrivo gli scienziati hanno determinato il tempo più vicino all’estinzione: 90 secondi.

 Dieci secondi in meno della distanza minima mai raggiunta di 100 secondi annunciata nel 2020.

Nelle indicazioni degli scienziati vanno presi in conto due fattori. Le lancette dell’orologio vengono spostate una volta l’anno, nel corso della seconda metà di gennaio; quindi non possono essere tenute in conto, per esempio, crisi che si manifestano successivamente e della durata di un paio di settimane pur gravissime, anche se in seguito risolte, come quella di Cuba (14-28 ottobre 1962) la quale ci avvicinò alla guerra nucleare.

Secondo fattore di determinazione della distanza delle lancette dell’orologio alla mezzanotte è che da qualche anno, oltre la minaccia bellica, gli scienziati di Chicago considerano quale pericolo di estinzione dell’umanità anche il cambiamento climatico.

Lo spostamento delle lancette dipende quindi dall’azione politico-militare degli stati.

 Dagli inizi della guerra fredda, la deterrenza nucleare delle allora uniche due super potenze nucleari (USA e URSS) era basata sulla “MAD” (Mutually Assured Destruction).

 La base teorica della deterrenza risiedeva nella comune convinzione che un attacco di una delle due super potenze contro l’altra avrebbe portato ad una risposta massiccia non determinando nessun vincitore e dunque l’estinzione dell’umanità a causa del lancio di migliaia di bombe nucleari.

Nel 2001, in seguito all’attacco alle Torri Gemelle, gli USA modificarono però la loro N.P.R. (la Nuclear Posture Review) la quale legittima l’utilizzo dell’arma nucleare a scopo difensivo, anche da armi non nucleari.

Allo stesso tempo l’Amministrazione degli USA sviluppò una strategia militare integrata che coniugava l’uso dell’arma convenzionale con quella nucleare nella convinzione che fosse possibile un uso intelligente dei missili, fossero essi convenzionali che nucleari.

Teoria peraltro dimostratasi estremamente fallace in ogni teatro di guerra, per esempio nella guerra contro la Serbia.

 Così operando, però, questa decisione unilaterale degli Stati Uniti ha obbligato gli altri stati dotati di armi nucleari ad adottare la medesima dottrina aumentando così il rischio di conflitto.

Se consideriamo inoltre i molteplici scenari di guerra in Ucraina e in Medio Oriente, la crisi nel mar cinese meridionale, l’installazione in Europa (in Germania e Italia prevalentemente) di missili di crociera USA Tomahawk, l’instabilità guerreggiante nel nord Africa e nell’Africa sub sahariana questi scenari faranno avanzare ancora le lancette verso la guerra nucleare il prossimo gennaio, periodo nel quale appare l’annuale Bulletin indicando l’avanzamento o la retrocessione delle lancette dell’orologio dell’Apocalisse.

Ammesso che l’apocalisse non avvenga prima dell’uscita del prossimo Bulletin e la guerra nucleare non concretizzi l’estinzione dell’umanità, magari, sia in assenza di scelta che di un errore tecnico.

 Poiché la diminuzione della distanza dall’obiettivo dovuta alla velocità dei nuovi vettori nucleari non fornisce tempo di reazione umana sufficiente alla risposta e quindi quest’ultima è sempre più affidata ai computer, di certo non infallibili.

 

Il caso più clamoroso e conosciuto di errore dei mezzi tecnici di controllo della reazione nucleare che avrebbe potuto portare l’umanità alla distruzione da guerra nucleare avvenne il 26 settembre 1983.

Era notte: il tenente colonnello dell’Armata Rossa, “Stanislav Evgrafovic Petrov” era comandante di turno del bunker “Serpukhov 15” incaricato di controllare le informazioni che i satelliti spia inviavano circa i movimenti dei missili americani. Sugli schermi dei monitor gli apparve l’informazione per la quale 5 missili intercontinentali erano partiti dalla base statunitense del Montana, direzione Unione Sovietica.

In caso di attacco nucleare preventivo proveniente dagli Stati Uniti il protocollo lo obbligava ad informare i suoi superiori i quali, in qualche decina di secondi avrebbero dovuto decidere la rappresaglia:

 l’invio di missili balistici per distruggere obiettivi strategici in Europa occidentale e negli Stati Uniti.

Qualcosa, però, insospettì il colonnello.

 Si chiese infatti se ci fosse bisogno di solo 5 missili per distruggere l’URSS e se gli USA avrebbero scatenato la terza ed ultima guerra mondiale con un numero così ridotto di missili.

In pochi secondi prese la decisione che salvò l’umanità dall’olocausto nucleare: interpretò il segnale come un errore del satellite.

 Gli storici scrivono che ciò che il satellite sovietico interpretò come il lancio di cinque missili balistici intercontinentali dalla base nel Montana era in realtà l’abbaglio del sole riflesso dalle nuvole.

Oggi i tempi di reazione ad un attacco nucleare preventivo da qualsiasi parte provenga sono molto più ridotti che nel passato.

I missili nucleari sono più veloci e più vicini agli obiettivi.

I vari colonnelli Petrov non avranno tempo di decidere poiché saranno computer sofisticatissimi ad analizzare e decidere automaticamente e autonomamente a far partire la massiccia rappresaglia nucleare.

L’Assemblea generale dell’ONU ha introdotto lo scorso anno la Giornata Internazionale per l’eliminazione totale di tutte le armi nucleari;(sì, proprio l’ONU f.d.b.) giornata che viene celebrata ogni anno il 26 settembre. Chi informerà la supposta intelligenza artificiale di comportarsi come il colonnello Petrov?

Espansione-NATO-1990-2022.

Negli anni Ottanta del secolo scorso, nel momento più pericoloso della guerra fredda, quando i dirigenti dell’URSS erano convinti che gli Stati Uniti fossero pronti ad un attacco preventivo e che l’installazione degli euromissili in Europa occidentale fosse il passo strategico definitivo dello scatenarsi della guerra, in Europa occidentale si palesò un vastissimo movimento per la pace, contro l’installazione del Tomahawk e Pershing.

 

Il movimento europeo per il disarmo nucleare E.N.D. (campaign for European Nuclear Disarmament) organizzò manifestazioni in tutta l’Europa occidentale per imporre la non-installazione sia degli euromissili americani che degli SS-20 sovietici.

Le manifestazioni portarono in piazza, in quei giorni, milioni di cittadini.

L’8 dicembre 1991 i due blocchi firmarono il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) a seguito del vertice USA-URSS di Reykjavík (11-12 ottobre 1986).

Nel 2019 però, con decisione unilaterale, l’amministrazione Trump decise il ritiro dal Trattato creando vieppiù instabilità e probabilità di conflitto nucleare.

Oggi sembra non ci sia più la consapevolezza dei rischi dello sterminio nucleare della nostra specie. Eppure l’orologio dell’Apocalisse ci avverte che, hic et nunc, mancano 90 piccolissimi secondi alla cancellazione di 200.000 anni di presenza umana sulla terra.

Nel gennaio 2007 il designer “Michael Beirut” ha ridisegnato l’orologio per conferirgli un aspetto più moderno.

(Roberto Galtieri).

 

 

 

 

 POLITICI E CORPI SOCIALI INDIFFERENTI

AL DECLINO INARRESTABILE PER LA LORO INCAPACITÀ»

Inchiostronero.it - Augusto Grandi - (27-9-2024) – ci dice:

 

Volkswagen è pronta a licenziare migliaia di lavoratori tedeschi.

 E, probabilmente, non saranno gli unici stabilimenti ad essere ristrutturati o chiusi.

In Italia Stellantis sta facendo un massiccio ricorso alla cassa integrazione negli ex stabilimenti Fiat.

Ma Urso è impegnato a cercare un nuovo produttore, magari cinese, che venga a fabbricare auto in Italia.

Da vendere a chi?

Questo non sembra essere rilevante per il ministro meloniano.

E neppure per i suoi fans che continuano a disinteressarsi della destinazione delle vetture prodotte.

Troppo impegnati a fare i reggi coda di Confindustria per trovare il coraggio di dire che è il sistema a non funzionare, non il modello delle auto.

Un sistema che ha reso il trasporto privato, basato sul continuo rinnovamento del parco vetture, insostenibile per gran parte della popolazione non solo italiana ma anche europea.

Troppo care le vetture, troppo alto il costo dei carburanti, troppo elevati bollo e assicurazione.

Però bisogna produrre di più per riempire i piazzali.

 

Cosa non è chiaro, a lorsignori, nel concetto di competitività?

 E che un lavoratore in Cina, in Ungheria, in Tunisia costa meno di un lavoratore italiano, francese, tedesco?

O che le materie prime, in Europa, non ci sono?

 Cosa non è chiaro nel concetto di lavoro povero?

 E che un lavoratore italiano, sottopagato, costerà comunque di più di un collega asiatico o nordafricano ma non avrà il potere d’acquisto per comprare i prodotti italiani?

Cosa non è chiaro, a lorsignori, nei concetti di innovazione, qualità, professionalità, cambiamento?

Forse non è chiaro che si tratta di obiettivi raggiungibili solo con personale qualificato e che deve essere retribuito adeguatamente?

 Forse credono davvero che sia sufficiente far arrivare eserciti di disperati privi di ogni competenza per risolvere i problemi?

Cosa non è chiaro, a lorsignori, nel concetto di consumi di prodotti italiani?

Forse la differenza tra prezzi e retribuzioni?

Forse non si accorgono che, nei mercati rionali, i banchi di artigianato di qualità sono deserti mentre ci si affolla ai banchi alimentari?

Eppure la politica ed i vertici dei corpi intermedi continuano a far finta di nulla.

 Le associazioni di categoria continuano a pretendere denaro pubblico per investimenti che dovrebbero essere privati.

Il governo continua a far cassa con ceto medio e pensionati, riducendo ulteriormente la possibilità di consumi per rianimare le produzioni.

 Non un dialogo tra sordi, ma un dialogo tra indifferenti.

Forse tra idioti, ma sarebbe scortese anche solo pensarlo.

(Augusto Grandi - Redazione Electo).

 

 

 

 

 

L'ombra dell'ombra.

Theburningplatform.com - Guest Post di Jim Kunstler – (27 settembre 2024) – ci dice:

"Per quanto scioccante possa sembrare, l'istituzione stessa dello Stato è il vero nemico. È tempo di analizzare attentamente il tuo rapporto con esso".

(“Doug Casey”).

C'è da chiedersi: c'è mai stato un paese che ha marciato verso la guerra senza un capo di stato al vertice della sua macchina da guerra?

È esattamente così brutto nel nostro paese, con uno spaventapasseri animatronico di Halloween rotto che spunta dentro e fuori dalla Casa Bianca per urlare in modo incoerente agli eventi della campagna elettorale per un presunto successore troppo spaventato dalla situazione in cui si trova per pensare lucidamente.

 In realtà, nessuno è al comando – e se qualcuno degli attori principali della scena lo fosse davvero, la situazione potrebbe facilmente peggiorare.

Da qui, il desiderio insensato che si agita nell'”NSC,” nel Dipartimento di Stato e nei vari consigli ombra dell'intelligence emerita di lanciare missili a lungo raggio in Russia, apparentemente incuranti di qualsiasi conseguenza.

America, tu sei un cavaliere senza testa che cavalca alla cieca nel caos.

In effetti, l'intero Partito Democratico e i suoi partner blob dell'”intelligence dello Stato Profondo” si sono fusi in una folla disperata di criminali politici che cercano freneticamente di eludere la rendicontazione delle loro azioni.

Allora, dare fuoco al mondo è tutto ciò che gli rimane, un atto di vendetta appropriato per una fazione ostacolata nella sua folle spinta a distruggere gli Stati Uniti per il bene della "giustizia sociale" e dell'"equità".

 

I Democratici del 2024 hanno commesso esattamente lo stesso errore che i loro predecessori, i giacobini, commisero in Francia nel 1794:

non riuscivano a capire quando si erano spinti troppo oltre con i loro insulti contro l'interesse pubblico e la comune decenza.

 I loro insulti derivavano dall'antico impulso umano di demolire la società a causa dell'ingiustizia della vita, in seguito codificato nella dottrina marxiana, e poi trasformato in un libro di opere da “Saul Alinisky” (con annotazioni di Antonio Gramsci, Richard Cloward e Frances Fox Piven).

 

Mentre la Rivoluzione francese andava avanti, nel 1793 i giacobini ottennero il controllo del “Comitato di Salute Pubblica” che effettivamente attuava la politica, mentre litigi senza fine occupavano la “Convenzione Nazionale”, l'allora attuale organo legislativo.

 La politica dei giacobini era folle, proprio come la politica delle frontiere aperte, del “lawfare”, della guerra, della censura, del terrorismo farmaceutico, del trambusto per il clima e delle “drag queen “nelle scuole è folle sotto i nostri giacobini moderni, i democratici.

 (Si noti la costante invocazione dei Democratici di "sicurezza" e "spazi sicuri" come un simile espediente retorico per giustificare le loro azioni e intimidire il pubblico).

 

Il “Comitato di Salute Pubblica” cercò di rifare la società francese capovolgendo le sue norme culturali e uccidendo il maggior numero possibile di oppositori politici. Così, il “Regno del Terrore “quando, per un anno intero, le teste rotolavano e rotolavano giù dalla ghigliottina in “Place de Concorde”, di solito senza il beneficio di un processo.

La macabra stravaganza del sangue e della morte disgustava coloro che nel paese non avevano perso la testa.

Una notte di luglio del 1794, mentre il capo giacobino “Robespierre” saliva per l'ennesima volta sul podio della Convenzione per denunciare i suoi nemici e annunciare nuove condanne a morte, i membri della camera cominciarono a lanciargli del cibo.

Quello fu il punto di svolta, e la situazione si trasformò in modo così duro e veloce che la Francia rimase stupita.

 Nel giro di quarantotto ore, “Robespierre e molte delle sue coorti “furono decapitati sotto il "rasoio nazionale", e quella fu la fine del giacobinismo e di tutte le sue folli misure per distruggere ciò che restava della società dopo cinque anni di rivoluzione.

 

I giacobini del nostro Partito Democratico sono stati più difficili da sconfiggere perché il governo di oggi è molto più grande e complesso, e l'equivalente del “Comitato di Salute Pubblica “è ora un'enorme rete di quadri che lavorano duramente in decine di agenzie federali e ONG associate finanziate da quelle agenzie (o dai loro scagnozzi miliardari come George Soros, Bill Gates, Jeff Bezos e Reid Hoffman).

Pazzi come sono, molti funzionari pubblici comprendono la loro colpa per i tradimenti e gli insulti degli ultimi anni.

 Vivono nella paura di essere perseguiti e, in mancanza di questo, di perdere le loro comode sinecure nella colossale burocrazia che ci sta mandando in bancarotta.

Ci sono molti nel nostro paese oggi che non sono nemmeno pazzi, proprio come in Francia nel 1794.

Questo è in realtà il fascino principale di Trump, anche se spesso lo esprime in modo goffo, provenendo dal mondo ruvido ed esigente dello sviluppo immobiliare, che è pieno di persone rozze che si dedicano a rudi mestieri di costruzione usando un linguaggio volgare.

In secondo luogo, Trump rappresenta la leadership – la pura idea che una persona reale dovrebbe essere un dirigente responsabile di un sistema politico nazionale – e sembra che la maggioranza delle persone in questa terra sia finalmente stufa di un blob senza volto che governa follemente dall'ombra.

In terzo luogo, Trump è diventato una figura paterna nazionale, un'offesa titanica a un partito gestito da donne con problemi di papà e ai loro alleati marxisti dogmaticamente decisi a distruggere la famiglia (insieme a ogni altra istituzione). Si dà il caso che i paesi abbiano bisogno di padri, sia reali che simbolici. Che sorpresa!

 

Nel folle tentativo di eludere il giudizio per le loro azioni, i democratici e i loro quadri blob stanno cercando di uccidere direttamente il signor Trump, o stanno guardando dall'altra parte mentre altri partiti nefasti tentano il malvagio affare. Finora, niente sigaro.

Chissà cosa proveranno dopo: un missile terra-aria contro il suo aereo. un'arma ad energia diretta. . . un cheeseburger avvelenato...?

 

Il candidato stesso sembra un po' tinto in questi giorni della stessa aura di intrepida rassegnazione che si è vista in “Martin Luther King” e nel primo “Bobby Kennedy” nel 1968 – che entrambi si sono occupati dei loro affari cercando di salvare il nostro paese dalla guerra e dalla malvagità nonostante le minacce contro di loro.

 Molte figure intatte, intelligenti e audaci stanno con e dietro Trump questa volta, persone capaci e disposte a raccogliere la bandiera nel caso in cui si renda necessario.

Non temete.

Nel frattempo, c'è da chiedersi: cosa diavolo ha posseduto i democratici per manovrare Kamala Harris in questa corsa?

Tutti nel partito e nel blob devono sapere che non ha una mente agile – al di là di una certa capacità di recitare slogan parboiled – né molta familiarità con il funzionamento del mondo, a parte le sue astuzie diminuite nell'amore politico, e che potrebbe effettivamente avere un problema con l'alcol.

Alla fine non c'è nessuno che faccia il tifo per lei, se non le arpie di “The View” e i degenerati della “CNN” e del “New York Times”, che conoscono tutti il punteggio, ma sono troppo coinvolti in anni di menzogne per tentare di confessare.

Si dice che l'attesa "sorpresa di ottobre" comporterà le dimissioni di "Joe Biden" dall'incarico per far posto a “Kamala” che diventerà la prima donna presidente poco prima del giorno delle elezioni, offrendole, presumibilmente, un prestigio magistrale nella parte finale della corsa.

Non scommettere su questo.

Quando si dimette, "JB" perde il suo potere di grazia.

 Se lo esercita alla vigilia delle dimissioni e lascia che il figlio Hunter, i fratelli James, Frank e altri membri della famiglia (incluso lui stesso) si tolgano dai guai per le loro imprese globali di avidità di denaro, non farà altro che infangare la signora Harris per associazione.

Deve rimanere in carica fino a dopo il 6 novembre, non importa come andranno le elezioni, e poi potrà perdonare ciò che resta del suo cervello.

Prima ancora di arrivare a quel punto, tutto ciò di cui ci si deve preoccupare sono i “factotum governativi irresponsabili che fanno qualcosa in Russia” e che faranno desiderare a Putin di trasformare gli Stati Uniti in un posacenere.

 

 

 

 

Ritorno alle origini.

Theburningpltaform.com - Guest post di Robert Gore su Straight Line Logic – “26 settembre 2024” – ci dice:

 

I mercati finanziari sono esercizi di psicologia della folla.

Gli analisti guadagnano bene analizzando le ultime mosse del mercato e prevedendo le prossime.

 Le analisi di oggi spesso contraddicono quelle di ieri e le previsioni errate di ieri non impediscono a nessuno di fare previsioni oggi.

Sarebbe banalmente facile tenere il punteggio, ma pochi lo fanno;

metterebbe in pericolo pacchetti retributivi a sei e sette cifre.

Ciò che la maggior parte di tutti vuole oscurare è l'essenza del gioco:

 indovinare dove andrà la folla.

A dare un grande aiuto a questo progetto oscurante è la gommosità di uno dei metri di misura: il valore delle valute fiat.

Se stai tenendo il conto in dollari, il “Dow Jones Industrial Average” è aumentato di oltre 3,5 volte rispetto al suo massimo del 1999.

 Se si tiene il conto in denaro reale – l'oro – il Dow ha raggiunto il massimo un quarto di secolo fa a poco più di 42 (Dow diviso per il prezzo in dollari di un'oncia d'oro) ed è sceso di oltre il 60 per cento da allora (ora è a 16 e spiccioli).

Ognuno ha la possibilità di scegliere il metro di misura:

o un metallo prezioso che è servito come moneta per secoli e ha costantemente preservato il suo valore rispetto a beni e servizi reali, o valute fiat che storicamente non hanno mai conservato il loro valore e sono sostenute solo da promesse, sempre infrante, di non crearne troppe.

L'industria della vendita di azioni sceglie quest'ultima.

Misurato dall'oro, il mercato azionario è stato in un mercato ribassista di un quarto di secolo.

 La psicologia della folla suggerisce che, anche misurata dalle valute fiat elastiche, sarà presto in un mercato ribassista profondo e lungo.

La continua inflazione delle valute fiat e i tassi di interesse soppressi hanno alimentato una mania azionaria da quando “Alan Greenspan” ha inondato il sistema finanziario con il credito fiat della banca centrale dopo il crollo del mercato azionario del 1987.

Questa manovra è stata ripetuta così spesso che è nota come "Fed Put". Un'opzione put conferisce al suo possessore il diritto di vendere un asset a un prezzo particolare, quindi la “Fed Put” si riferisce ai prezzi degli asset ancorati dalla banca centrale.

“BTFD” è l'acronimo noto di "Buy the F**king Dip" e questa strategia ha premiato gli impavidi più e più volte.

 

"Nessuna paura" caratterizza in modo appropriato la psicologia dell'”equity crowd”.

Il leggendario investitore “Warren Buffett” sta vendendo e la sua società, “Berkshire Hathaway”, ha riserve di liquidità record viene ignorato, così come le valutazioni eccessive e altri indicatori che potrebbero disturbare la convinzione di consenso che, tranne che nel brevissimo termine, i prezzi delle azioni vanno solo in una direzione.

L'intelligenza artificiale è l'attuale gancio speculativo, proprio come lo era il dot-com, prima che un feroce mercato ribassista desse il via al nuovo secolo.

 Sebbene alcune aziende di "tecnologia trasformativa" prosperino, le fervide speranze generalmente superano di gran lunga le prestazioni effettive, anche per tecnologie come Internet che hanno avuto un impatto enorme.

 

Nell'estate del 2020 è iniziato un mercato ribassista delle obbligazioni.

 I rendimenti dei titoli del Tesoro statunitense a 10 anni hanno toccato il fondo, il che significa che i prezzi hanno raggiunto il massimo.

Da allora, i rendimenti hanno chiaramente rotto le linee di tendenza al ribasso (i prezzi hanno rotto le linee di tendenza al rialzo) che risalgono al 1981.

 Il nuovo trend rialzista dei rendimenti corrisponde all'incirca all'inflessione della quantità di debito pubblico degli Stati Uniti.

 L'inflessione, quando un lieve aumento diventa improvvisamente ripido, è l'inevitabile punto di accelerazione delle funzioni esponenziali, che il debito degli Stati Uniti è certamente.

I tassi di interesse tenderanno al rialzo con l'esplosione della quantità di debito, e l'ascesa potrebbe essere corrispondentemente ripida.

 L'aumento del prezzo dell'oro in valuta fiat sta chiaramente registrando una svalutazione del debito.

L'aumento dei tassi di interesse produce un circolo vizioso per il Tesoro degli Stati Uniti.

Aumentano i costi del servizio del debito, che richiedono al Tesoro di prendere in prestito di più.

Gli interessi passivi sono ora la terza voce più importante del bilancio federale e stanno funzionando a un tasso annualizzato di oltre 1 trilione di dollari all'anno.

 A questa pressione sul mercato obbligazionario si aggiungono i creditori.

Man mano che perdono denaro sulle loro partecipazioni esistenti e la psicologia del mercato ribassista prende piede, vendono per limitare le perdite, esacerbando il trend ribassista.

I rendimenti del debito societario, di agenzia, municipale e individuale aumentano con i rendimenti del debito pubblico.

L'aumento dei tassi di interesse riduce il valore futuro scontato degli asset, comprese le azioni e gli immobili, riducendo così i prezzi degli asset.

Con il deterioramento della solvibilità e l'aumento delle insolvenze e dei fallimenti, la quantità complessiva di debito inizierà finalmente a ridursi.

Il debito è il fondamento dell'economia globale e il mezzo di scambio.

Poiché è il mezzo di scambio, la contrazione del debito – dovuta alla cancellazione di debiti senza valore e alla riluttanza di un bacino sempre più ristretto di creditori solvibili a estendere il credito – è intrinsecamente deflazionistica.

Il mercato ribassista delle obbligazioni raggiungerà il suo punto di svolta, con il crollo dei prezzi e l'impennata dei rendimenti.

Coloro che ripongono la loro fiducia nelle banche centrali e speculano di conseguenza saranno schiacciati.

 Le banche centrali non controllano i tassi di interesse; i mercati lo fanno.

 C'è un'industria artigianale ben pagata che cerca di prevedere ogni mossa delle banche centrali, ma il miglior "veggente" sono i tassi di interesse a breve termine determinati dal mercato.

 

Il “Federal Open Market Committee” segue piuttosto che fissare i tassi di mercato. La sua recente riduzione di cinquanta punti base dell'obiettivo del tasso dei fondi federali non fa che confermare la tendenza del mercato.

Il tasso dei buoni del tesoro a tre mesi è in calo da giugno, ed è sceso di circa cinquanta punti base.

A seguito dei tassi di mercato, la Fed ha ripetutamente abbassato il suo obiettivo di tasso sui fondi federali e il tasso di sconto durante la crisi finanziaria del 2007-2009.

Non ha impedito quella crisi e non ha fatto nulla per fermare l'enorme distruzione operata dai derivati.

Da allora il valore nozionale dei derivati è cresciuto e le stime della dimensione totale di quel mercato vanno da 1 a 3 quadrilioni di dollari, ovvero circa 9-27 volte il PIL globale.

 I commercianti di derivati presumibilmente compensano il rischio dei loro libri di derivati con posizioni corrispondenti: per ogni acquisto c'è una vendita corrispondente.

Tuttavia, il mercato dei derivati è così concentrato tra una manciata di grandi banche che basterebbe il fallimento di una sola per trasformare le posizioni corrispondenti in esposizioni aperte e far crollare l'intero mercato.

Questo è essenzialmente ciò che è accaduto quando “Lehman Brothers “è fallita nel 2008.

Gli asset delle banche centrali globali si aggirano intorno ai 40 trilioni di dollari, ovvero da 1/25 a 1/75 del mercato dei derivati.

 Quando i derivati collasseranno, le banche centrali estenderanno enormi quantità del loro credito fiat, ma combatteranno un incendio boschivo con le pistole ad acqua.

 

Non c'era un tale debito e un eccesso di derivati durante la” Grande Depressione”, di conseguenza, l'imminente collasso economico farà impallidire quella tragedia. La base imponibile si ridurrà, i tassi di interesse saranno ben a due cifre, le valute fiat inflazionate saranno sopraffatte dalla deflazione del debito e i governi, come sempre, non produrranno nulla.

 La linea di fondo: la maggior parte di loro sarà completamente al verde, incapace di fare le cose che i nostri attuali governanti e i loro cittadini pensano che dovrebbero fare.

I governi occidentali non saranno in grado di finanziare né il loro welfare state né quello bellico (c'è una sostanziale componente di welfare state nello stato di guerra).

Questo non andrà giù alle popolazioni dipendenti, e i disordini civili sono una certezza virtuale.

I governi dovranno fare i conti con il caos non organizzato – rivolte e simili – e probabilmente anche con l'insurrezione organizzata e gli sforzi di secessione.

 

Naturalmente, i governi ricorreranno al totalitarismo centralizzato, ma la sorveglianza, l'arresto, l'incarcerazione, i campi di concentramento e le esecuzioni di massa costano denaro e richiedono personale per l'amministrazione. La polizia e l'esercito (supponendo la legge marziale) eviteranno i pagamenti in termini di deprezzamento della legge governativa.

Molti di loro decideranno che la criminalità o l'offerta di "protezione" dalla criminalità pagano meglio man mano che la cultura dei signori della guerra prende piede.

Ne stiamo già avendo un assaggio nel potere de facto che le bande domestiche e di immigrati esercitano in alcune città e paesi.

Il governo e i suoi media mainstream non hanno completamente soppresso la verità su questo fenomeno emergente, che è destinato a peggiorare molto.

Molte assurdità moderne saranno scartate e le vecchie verità saranno riscoperte. Una grave contrazione economica è un duro schiaffo sulla faccia della collettività. Quando la povertà di massa si scatenerà e si scatenerà l'inferno, la scelta del genere e dei pronomi sarà vista come le bizzarre affettazioni che sono.

 Tra le orde di disoccupati, i tinti, i tatuati e i piercing possono arrivare a rimpiangere quelle alterazioni del loro aspetto.

Le aziende saranno esigenti.

 I posti di lavoro ambiti andranno a coloro che possono svolgerli al meglio, non a coloro che spuntano il maggior numero di caselle “DEI”.

Le imprese insisteranno sull'energia più economica e affidabile, che di solito non sarà quella delle energie rinnovabili.

Le persone avranno preoccupazioni più urgenti del fatto che il clima stia cambiando o meno, come la possibilità di sopravvivere o meno.

Un grado o due in più di riscaldamento ridurranno le bollette del riscaldamento.

Il collasso economico scriverà sicuramente i capitoli finali di “The Decline and Fall of the American Empire”.

Il governo fallisce sempre;

Gli unici che non l'hanno fatto sono quelli che sono nel processo.

Il crollo finanziario ed economico spingerà molti governi già vacillanti giù dal precipizio.

Ciò che emergerà saranno confini geografici e governi diversi da quelli che abbiamo ora.

Le nazioni esistenti si frantumeranno in unità più piccole, e i dinosauri centralizzati e parassiti di oggi saranno una cosa del passato, spinti all'estinzione dalle forze inarrestabili del decentramento, della bancarotta e della loro incapacità di produrre.

Sarà un atterraggio duro per l'economia netta negativa, in particolare per l'”Over class” che ha beneficiato così tanto degli accordi attuali.

Ci si renderà conto che ciò che è economicamente positivo, ciò che è produttivo, è il bene più prezioso.

Migreranno verso quelle giurisdizioni in cui sono trattati meglio:

tasse e regolamenti minimi, forte protezione dei diritti contrattuali e di proprietà, moneta sonante e massima libertà di produrre e commerciare.

La competenza, l'innovazione, la parsimonia e gli investimenti saranno apprezzati, e tra i più illuminati di quei sistemi politici che emergono dal caos, ci sarà un'intensa competizione per attrarre i produttivi.

 Questo può sembrare un sogno irrealizzabile, ma in quale altro modo si ricostruiranno le società decimate con governi falliti?

Si tornerà alle origini.

Le basi di una solida crescita economica e del progresso sono sempre state semplici da enumerare, ma difficili da realizzare.

 Richiedono governi relativamente piccoli e vincolati, che richiedono un efficace controllo della cupidigia e della brama di potere di coloro che li gestiscono.

Forse ci sarà una reazione di repulsione e recriminazione per l'idea moralmente oscena e completamente screditata di scaricare il debito sulle generazioni future. Dovrebbe esserci.

 

Un governo piccolo e vincolato è un governo accessibile, e l'accessibilità sarà la caratteristica chiave di quelli che emergeranno.

Per avere qualche possibilità di sopravvivenza a lungo termine, i governi e i governanti dovranno essere relegati a un ruolo subordinato alla protezione dei diritti e delle libertà (nulla che i padri fondatori dell'America non sapessero).

Lo troveranno sgradevole, ma darà ai veri motori del progresso economico e sociale – quelli produttivi – la possibilità di ricostruire e prosperare.

Nel recente dibattito presidenziale, né i candidati né i moderatori hanno menzionato il debito pubblico.

Invece, entrambi i candidati si sono impegnati a non tagliare i programmi attuali e a istituire nuovi programmi e agevolazioni fiscali che li aumenteranno.

Entrambi giurarono fedeltà alla guerra, allo stato sociale e al mantenimento dell'impero.

 Sembrano ignari del disastro incombente che sta per distruggere una delle loro presidenze.

 

Quindi, il "no fear" caratterizza il mercato obbligazionario così come il mercato azionario.

La psicologia delle folle è praticamente unanime e invariabilmente sbagliata nei grandi punti di svolta

 Siamo a un punto di svolta.

C'è denaro da guadagnare prestando denaro al governo degli Stati Uniti a breve termine, per un periodo non superiore a sei mesi, quello che è noto come un rotolo di buoni del Tesoro.

Il governo tecnicamente non andrà in default;

Può sempre riscattare il suo debito fiat con più debito fiat.

I tassi a breve termine aumenteranno con il resto della curva dei rendimenti. Rinnovando il tuo investimento, puoi essere un beneficiario piuttosto che una vittima di tassi più elevati.

Qualsiasi altra esposizione ai mercati obbligazionari o azionari sta giocando sulla spiaggia poco prima che lo tsunami si abbatta.

 

 

 

 

Putin avverte l'Occidente di ritorsioni

nucleari se l'Ucraina spara missili a

lungo raggio forniti dall'Occidente

in territorio russo.

 Naturalnews.com – (27/09/2024) - Richard Brown – ci dice:

Il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che il paese potrebbe ricorrere all'uso di armi nucleari se l'Ucraina lanciasse armi a lungo raggio fornite dall'Occidente in profondità nel territorio russo.

Putin ha fatto questi commenti mercoledì 25 settembre, durante una riunione del Consiglio di sicurezza russo, in cui ha svelato cambiamenti cruciali alla dottrina nucleare del paese, riflettendo le crescenti preoccupazioni del Cremlino per le minacce militari percepite dall'Occidente.

Durante l'incontro, Putin ha dichiarato che la Russia avrebbe preso in considerazione una rappresaglia nucleare se avesse ricevuto "informazioni affidabili" su un attacco missilistico o di droni su larga scala contro di essa.

Ha sottolineato che l'aggressione militare da parte di qualsiasi stato, in particolare se sostenuta da nazioni dotate di armi nucleari, potrebbe portare a una risposta nucleare.

"Ci riserviamo il diritto di usare armi nucleari in caso di aggressione contro la Russia e la Bielorussia", ha dichiarato, sottolineando la serietà della dottrina aggiornata.

Queste dichiarazioni segnano l'avvertimento più recente della Russia alle nazioni occidentali in merito alla ritrovata capacità dell'Ucraina di lanciare attacchi in profondità nel territorio russo utilizzando armi a lungo raggio fornite da Stati Uniti, Regno Unito e altri alleati.

 

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto di ottenere il permesso di utilizzare tali munizioni avanzate, tra cui i missili da crociera franco-britannici “Storm Shadow” e i missili balistici tattici “ATACMS” di fabbricazione statunitense, per colpire installazioni militari in profondità in Russia, in particolare le basi aeree.

Putin sostiene che il cambiamento nella politica nucleare è una risposta alle minacce della NATO.

La risposta di Putin riflette la determinazione a scoraggiare tali azioni, suggerendo che l'uso di queste armi equivarrebbe a coinvolgere direttamente l'”Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico” (NATO) nel conflitto.

Putin ha affermato che qualsiasi attacco alle infrastrutture critiche russe – come sistemi aerospaziali, aerei strategici o tattici, missili da crociera e droni – sarebbe anche visto come motivo di ritorsione nucleare.

"Queste minacce militari emergenti richiedono aggiustamenti alla nostra politica nucleare", ha affermato.

Questa posizione è in linea con la sua opinione di lunga data secondo cui il coinvolgimento della NATO in Ucraina rappresenta una sfida diretta agli interessi di sicurezza russi.

Inoltre, le osservazioni di Putin evidenziano una crescente preoccupazione per il coinvolgimento militare della NATO e degli Stati Uniti nella regione.

Ha avvertito che se all'Ucraina fosse permesso di colpire il territorio russo con armi a lungo raggio, ciò significherebbe un cambiamento nella natura del conflitto.

"Se tale permesso venisse concesso, significherebbe che la NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei sono in guerra con la Russia", ha avvertito.

 In questo scenario, ha promesso che la Russia risponderà in modo appropriato, anche se non ha specificato cosa comporterebbero tali misure.

La dottrina nucleare aggiornata arriva nel contesto delle crescenti tensioni e delle discussioni in corso tra gli esperti militari occidentali sul potenziale uso di armi nucleari a basso rendimento.

 

Arriva anche dopo che influenti falchi della politica estera in Russia hanno trascorso settimane a esortare Putin ad adottare una posizione nucleare più assertiva, suggerendo che l'abbassamento della soglia per l'uso di armi nucleari potrebbe fungere da deterrente efficace contro il continuo sostegno occidentale all'aggressione ucraina.

Questo cambiamento di politica segna un allontanamento dalla retorica precedente, in cui Putin sembrava moderare il suo linguaggio riguardo alle minacce nucleari.

 

Il capo di gabinetto di Zelensky, “Andriy Yermak,” ha respinto la dottrina nucleare rivista di Putin, affermando:

"La Russia non ha più strumenti per intimidire il mondo a parte il ricatto nucleare. Questi strumenti non funzioneranno".

I suoi commenti suggeriscono la convinzione che la comunità internazionale non si farà influenzare dalle minacce della Russia, evidenziando il potenziale di un'ulteriore escalation.

Poiché le tensioni tra Russia e NATO continuano ad aumentare, le implicazioni di questi sviluppi potrebbero alterare significativamente il calcolo strategico nella regione.

Il potenziale di errore di calcolo è alto, con le forze della NATO e russe attivamente impegnate in operazioni militari in tutta l'Europa orientale.

Esiste una clip del presidente Vladimir Putin che afferma che la Russia si riserva il diritto di usare armi nucleari quando minacciata.

 

 

Blinken ha sepolto i rapporti che indicavano che Israele bloccava gli aiuti a Gaza in modo che gli Stati Uniti continuassero a inviare loro armi.

 Natutalnews.com – (27/09/2024) - Cassie B.- ci dice:

Il segretario di Stato americano “Antony Blinken” ha ricevuto una valutazione da un paio di importanti autorità sull'assistenza umanitaria che mostra che Israele ha intenzionalmente bloccato le consegne di cibo e medicine a Gaza, ma ha respinto la scoperta in modo che gli Stati Uniti potessero continuare a inviare armi a Israele.

Il rapporto dell'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) è giunto a questa conclusione inquietante, ed è stato corroborato da un rapporto separato dell'Ufficio per la popolazione, i rifugiati e la migrazione del Dipartimento di Stato.

 Quest'ultimo ha anche stabilito che il “Foreign Assistance Act” doveva essere promulgato per congelare più di 800 milioni di dollari dei contribuenti che erano stati accantonati per armi e bombe per Israele.

Tuttavia, “Blinken” e l'amministrazione “Biden” hanno respinto le conclusioni di entrambe le autorità.

Poco dopo, “Blinken” ha ritenuto opportuno dire al Congresso:

"Al momento non valutiamo che il governo israeliano stia vietando o limitando in altro modo il trasporto o la consegna di assistenza umanitaria statunitense".

È una posizione scioccante da prendere se si considera il fatto che il memo di 17 pagine dell'”USAID” descriveva in dettaglio alcuni degli esempi più evidenti di interferenza israeliana con gli sforzi di aiuto, come bombardare ospedali e ambulanze, respingere camion pieni di medicine e cibo, radere al suolo strutture agricole, sedersi su depositi di rifornimenti e, cosa più spaventosa, uccidere gli operatori umanitari.

Il memo osserva che mentre la popolazione di Gaza è alle prese con la carestia e innumerevoli bambini muoiono di fame, il cibo che avrebbe potuto potenzialmente salvare la vita delle persone è stato immagazzinato a pochi chilometri oltre il confine in un porto in Israele, dove si ritiene che ci fosse abbastanza farina a disposizione per sfamare 1,5 milioni di palestinesi per un arco di cinque mesi.

Il governo israeliano non ha permesso che la farina fosse trasferita perché sosteneva che il ramo palestinese dell'ONU a cui era destinata aveva legami con “Hamas”.

La legge degli Stati Uniti richiede al governo di fermare la spedizione di armi ai paesi che sono stati trovati a impedire la consegna di aiuti umanitari sostenuti dagli Stati Uniti, e i funzionari dell'USAID hanno detto che l'America dovrebbe smettere di vendere armi a Israele.

 Hanno affermato che la carestia a Gaza è stata causata dalla "negazione, restrizione e impedimento arbitrario dell'assistenza umanitaria degli Stati Uniti" da parte di Israele e l'hanno definita "una delle peggiori catastrofi umanitarie del mondo".

La situazione era così grave che un alto funzionario del Dipartimento di Stato si è dimesso.

“Stacy Gilbert”, un alto consigliere civile militare per l'Ufficio per la popolazione, i rifugiati e la migrazione, sostiene che il Dipartimento di Stato ha falsificato il suo rapporto.

La veterana del Dipartimento di Stato, da 20 anni, ha detto che quando il rapporto è stato pubblicato, non riusciva a crederci quando ha visto la sua conclusione che Israele non stava bloccando l'assistenza umanitaria, dato che gli esperti che lo hanno scritto erano giunti alla conclusione opposta.

Israele è stato aperto sul suo desiderio di bloccare gli aiuti a Gaza.

Israele non ha mai fatto mistero della sua intenzione di tagliare fuori la Striscia di Gaza dagli aiuti e da tutto il resto, con il ministro della Difesa israeliano “Yoav Gallant” che ha annunciato nei primi giorni della guerra di aver ordinato un "assedio completo" alla Striscia, che includeva il taglio di acqua, cibo, carburante, elettricità e tutto il resto, avvertendo minacciosamente:

"Stiamo combattendo gli animali umani e agiamo di conseguenza".

Tuttavia, l'amministrazione Biden, e “Blinken” in particolare, sembrano contenti di seppellire la scomoda verità sulle azioni di Israele perché volevano continuare a fornirgli le armi da cui dipendevano così tanto nella loro lotta contro “Hamas”.

Sebbene il Dipartimento di Stato affermi di aver fatto pressioni su Israele per aumentare il flusso di aiuti, non sembra che stia facendo molto per portarlo a termine, dato che la popolazione continua a soffrire e il livello di aiuti che raggiungono i palestinesi a Gaza rimane completamente inadeguato.

Il direttore associato di “Oxfam”, Scott Paul, ha dichiarato:

 "L'implicazione che la situazione umanitaria sia notevolmente migliorata a Gaza è una farsa".

 

 

 

 

 

La roccaforte ucraina di” Vuhledar” sta per cadere in mano alla Russia mentre Zelensky implora più denaro dei contribuenti statunitensi a Washington come parte del "piano di vittoria."

 Naturalnews.com – (27/09/2024) - Ethan Huff – ci dice:

L'ex manifestante dell'orgoglio LGBT e presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a Washington a mendicare i soldi dei contribuenti statunitensi come parte del suo "piano di vittoria" per Kiev.

Anche se Mosca è sul punto di prendere il controllo di “Vuhledar”, una roccaforte ucraina chiave nell'Europa orientale, Zelensky sta ordinando a Joe Biden e Kamala Harris di incanalarlo più denaro e armi in modo che possa raggiungere i suoi obiettivi.

"Penso che siamo più vicini alla pace di quanto pensiamo", ha detto Zelensky ad ABC News in un'intervista, chiarendo che la pace può arrivare solo se l'Ucraina è in grado di ottenere una "posizione forte" con l'aiuto del denaro e delle armi da guerra occidentali.

Zelensky dice di non avere intenzione di negoziare con la Russia, ma sta piuttosto guardando a un piano di vittoria che creerà "un ponte verso una via d'uscita diplomatica, per fermare la guerra".

"Dobbiamo solo essere molto, molto forti", ha detto Zelensky, affermando che lui e il suo regime dipendono in gran parte dalle "decisioni rapide".

Zelensky afferma anche che Washington deve essere "audace" nel sostenere il desiderio di Kiev di utilizzare armi a lungo raggio di fabbricazione occidentale in profondità nel territorio russo.

"Tutti guardano a [Biden] e ne abbiamo bisogno per difenderci", si è lamentato Zelensky ad “ABC News” su quanto abbia disperatamente bisogno di un'altra elemosina per mantenere il suo regime "al potere".

(In Medio Oriente, dove infuria un'altra guerra, il Libano avverte del "giorno del giudizio" per l'Occidente, l'Asia e l'Europa se Israele continua la sua aggressione.)

 

L'Ucraina chiede l'ingresso nella NATO.

Oltre a chiedere più controlli sul welfare a Washington e ad altri sostenitori occidentali, Zelensky vuole anche che la NATO accetti l'Ucraina come membro.

Questo, dice, rafforzerà l’Ucraina e consentirà al regime di Zelensky di “spingere Putin a fermare la guerra, in modo diplomatico”.

“Ecco perché lo chiediamo al nostro amico”, ha continuato Zelensky, giocando la carta dell’amicizia come se l’Ucraina avesse mai fatto qualcosa da parte sua, se non prendere costantemente contanti e armi per mostrare amicizia verso i suoi sponsor.

“Reuters”, nel frattempo, riferisce che la Russia sta avanzando anche su Donetsk, un'altra roccaforte chiave per l'Ucraina che sta per cadere.

A quanto pare, l'Ucraina sta perdendo la guerra e Zelensky, a quanto pare, sta arraffando fino all'ultimo centesimo che può prima di uscire di scena.

"Le forze russe hanno iniziato a prendere d'assalto la città ucraina orientale di “Vuhledar”, una roccaforte che ha resistito all'attacco russo dall'inizio della guerra del 2022, secondo i blogger di guerra russi e i media statali", ha riferito” Reuters”.

"Le forze russe nell'Ucraina orientale sono avanzate al ritmo più veloce degli ultimi due anni ad agosto, secondo diverse mappe open source, anche se un'incursione ucraina nella regione russa di Kursk ha cercato di costringere Mosca a dirottare le truppe".

“Leonid Ragozin”, ex membro della “BBC”, ha commentato che le cose si stanno mettendo davvero male per l'Ucraina.

"La situazione in prima linea non potrebbe essere peggiore per il vertice Zelensky-Biden", ha scritto “Ragozin” su Twitter / “X”.

Nei commenti, qualcuno ha scherzato sul fatto che Zelensky, un “pervertito tossicodipendente”, ha piani di "vittoria" molto diversi da quelli che lascia intendere.

"Il piano di vittoria di Zelensky prevede una palla da 8 di coca e sesso gay nella sua villa svizzera", ha detto questa persona in modo crudo.

"Come ci si deve sentire in una di quelle trincee che non realizzano altro che la completa desolazione della propria anima e della propria sanità mentale... ma sapendo che siete letteralmente carne da cannone per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti?" ha chiesto un altro a proposito delle truppe che stanno combattendo la guerra tra Zelensky e Putin.

(Altre notizie correlate sulla guerra Ucraina-Russia sono disponibili su “Chaos.news”).

 

 

 

 

 

Wow: l'ex capo del CDC Robert Redfield

appoggia Trump, dice che lui e

RFK Jr. "hanno fatto tutto bene."

 Naturalnews.com - ( 27/09/2024) - Ethan Huff – ci dice:

 

Donald Trump ha appena ricevuto un altro brillante endorsement, questa volta dall'ex direttore dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) “Robert Redfield”.

“Redfield”, che ha prestato servizio sotto Trump durante il primo mandato dell'ex presidente, ha detto ai media che sia Trump che Robert F. Kennedy Jr. hanno "fatto tutto bene", motivo per cui “Redfield” prevede di votare per loro questo novembre.

Secondo quanto riferito,” Kennedy” fu sorpreso e "sconvolto" nello scoprire che “Redfield” appoggiava anche lui, visto come Kennedy aveva criticato “Redfield” in passato.

 Anche così, “Redfield” preferirebbe avere “Trump e J.D. Vance” alla Casa Bianca piuttosto che “Kamala Harris e Tim Walz”.

"Robert Redfield”, che seguo davvero nel mio libro su Fauci, ha scritto oggi un editoriale sulla rivista “Newsweek “dicendo che stava appoggiando il presidente Trump perché il presidente Trump stava per ripristinare la salute americana", ha detto Kennedy.

Sembra, in base a quanto ha scritto nell'editoriale, che “Redfield” sostenga Trump proprio a causa del suo allineamento con “Kennedy”.

"[Trump] ha scelto esattamente l'unica persona che può farlo: Robert F. Kennedy Jr.", ha scritto Redfield su come Trump e Kennedy siano gli unici ragazzi in grado di ripristinare la salute americana.

"Questo è stato mozzafiato per me perché questo è il ragazzo che è il capo del CDC che ho criticato per anni, e poi questo pomeriggio è venuto a pranzo con me", ha continuato Kennedy in una dichiarazione.

"E la prima cosa che mi ha detto è stata: 'Hai fatto tutto bene'".

(Chi sapeva che all'inizio di quest'anno, “Redfield” ha diffuso la paura di un'imminente epidemia di influenza aviaria che in realtà non si è mai materializzata?)

 

Trump e Kennedy salveranno la salute americana?

Mentre Trump ha ripetutamente propagandato sé stesso, e solo sé stesso, come l'unica opzione che gli americani hanno, punto, per ripulire il pasticcio in cui si trova ora il paese, “Collin Rugg “ha chiarito su Twitter / “X” che Trump è semplicemente la scelta migliore rispetto a Kamala.

Anche “Redfield”, intendiamoci, non ha sempre approvato Trump. Tra le azioni di Trump e le dichiarazioni di Kennedy, è davvero scioccante, almeno in superficie, che “Redfield” sostenga Trump e Kennedy come lo è.

"È pazzesco come gli 'esperti' che una volta erano parte del problema si stiano finalmente svegliando", ha twittato qualcuno in risposta alla notizia.

"Forse la gente si renderà conto che Trump aveva ragione fin dall'inizio".

"Questa è una svolta sbalorditiva", ha scritto un altro. "RFK ha inseguito questo ragazzo senza sosta negli ultimi anni. Per quest'uomo voltarsi e ammettere di aver sbagliato e scusarsi con RFK è pazzesco".

Secondo “Cash Loren”, quello a cui il mondo sta assistendo in questo momento è "un movimento politico che capita una volta in una generazione" e che molti si aspettano si tradurrà in seri cambiamenti in tutto il panorama americano.

"Trump sta unendo gli americani in un modo che molti pensavano non fosse possibile", ha detto “Loren”.

"Le cose che “Redfield” può rivelare sono enormi", ha detto un altro. "Scommetto che Fauci è svenuto".

Altri hanno espresso un po' più di scetticismo sull'improvviso sostegno di “Redfield”. Potrebbe essere che” Redfield” sappia cosa sta per succedere e stia cercando disperatamente di mettersi dalla parte che vince?

"Vede la scritta sul muro di ciò che sta arrivando e vuole mettersi dalla parte giusta della storia mentre può ancora redimersi", ha detto uno a questo proposito.

"Redfield” vede la scritta sul muro e vuole strisciare di nuovo nelle grazie delle persone che saranno al potere", ha detto un altro.

(Le ultime notizie sulle elezioni presidenziali del 2024 sono disponibili su “BigGovernment.news.”)

 

 

Zelensky visibilmente agitato mentre

Trump domina la riunione, citando

"ottimi rapporti" con Putin.

Zerohedge.com - Tyler Durden – (27 settembre 2024) – ci dice:

 

Aggiornamento (1145ET): Le tensioni sono state certamente in mostra prima e durante l'incontro Trump-Zelensky alla Trump Tower di New York.

All'inizio dell'incontro, entrambi gli uomini sembravano severi, con Trump che faceva una serie di osservazioni casuali che sembravano volte a sminuire gentilmente il leader ucraino e metterlo al suo posto.

 Questo arriva pochi giorni dopo che Zelensky ha attaccato J.D. Vance ed è arrivato vicino a criticare direttamente lo stesso Trump per aver chiesto il cessate il fuoco e i colloqui con Mosca.

"Abbiamo un ottimo rapporto, e anch'io ho un ottimo rapporto, come sapete, con il Presidente Putin. E penso che se vinciamo, penso che risolveremo la questione molto rapidamente", ha detto Trump nei commenti fatti prima della stampa prima dell'incontro.

 Ma questo ha fatto sì che un agitato Zelensky rispondesse:

"Spero che avremo più buoni rapporti", Zelensky è intervenuto.

"Oh, capisco", ha risposto Trump. "Ma ci vogliono due per ballare il tango, sai, e io avremo un buon incontro oggi. E penso che il fatto che oggi siamo insieme sia un ottimo segno".

Come risultato di questo scambio imbarazzante, i media mainstream e forse la stessa Casa Bianca si avventeranno all'attacco.

 Trump sarà ancora una volta dipinto come un leader repubblicano che esegue gli ordini di Putin.

Ma è confortante sentire un leader politico che potrebbe essere il prossimo presidente chiedere così spudoratamente una solida diplomazia e che comprende l'urgenza di avviare negoziati per il cessate il fuoco che pongano fine alle innumerevoli morti e sofferenze in Ucraina.

Durante l'incontro, Trump è sembrato essere il solito sé disinvolto, in controllo e a ruota libera, il che ha chiaramente messo in allarme Zelensky e la delegazione ucraina.

In un altro momento, proprio all'inizio dell'incontro, sembrava che Trump nel suo modo poco sottile stesse chiarendo chi è il capo...

L'ex presidente a un certo punto ha persino chiacchierato con la stampa, individuando un cameraman che ha catturato l'iconica inquadratura del proiettile dell'assassino che sfrecciava vicino all'orecchio di Trump in Pennsylvania.

Durante l'incontro con Zelensky, Donald Trump ha individuato “Doug Mill”s, il fotografo dietro l'immagine del proiettile che ha sfiorato la testa dell'ex presidente nel luglio.

Trump all'indomani dell'incontro con Zelensky ha detto di aver "imparato molto" e ha detto che alla fine "entrambi vogliamo vedere un accordo equo".

Non è ancora chiaro cosa pensi il candidato presidenziale repubblicano del "piano di vittoria" di Zelensky, che è stato presumibilmente presentato nella riunione di venerdì in tarda mattinata.

Il “NY Times” ha nel frattempo riassunto la settimana di visite di Zelensky a Washington e a New York, sottolineando che il suo "potere stellare" sta svanendo rapidamente, anche perché le forze ucraine sono in ritirata nell'est del Paese. La situazione sembra desolante per Kiev e le speranze di Zelensky, anzi...

Il candidato presidenziale repubblicano Donald Trump e il presidente Volodymyr Zelensky dovrebbero incontrarsi venerdì alla “Trump Tower di New York” tra la rabbia dei repubblicani che lo accusano di aver difeso “Kamala Harris” a spese dei contribuenti americani.

L'incontro arriva anche due giorni dopo che l'ex presidente Trump ha criticato Zelensky per non aver raggiunto un accordo di pace con la Russia.

 Ha anche cestinato Zelensky come il "più grande venditore della terra", proprio come Biden ha autorizzato altri 8 miliardi di dollari in aiuti alla difesa per l'Ucraina.

"Quelle città ucraine non ci sono più. Se ne sono andati, e continuiamo a dare miliardi di dollari a un uomo che si è rifiutato di fare un accordo, Zelensky. Non c'era nessun accordo che avrebbe potuto fare che non sarebbe stato migliore della situazione che avete in questo momento", aveva detto Trump a un comizio elettorale in North Carolina.

In seguito, l'ex presidente ha accusato Zelensky di aver fatto "piccole, cattive calunnie" nei suoi confronti. "È un peccato quello che sta succedendo in Ucraina, così tanti morti, così tanta distruzione. È una cosa orribile", ha detto Trump.

All'inizio della settimana, e dopo che Zelensky aveva criticato pubblicamente” J.D. Vance” in un'intervista al “New Yorker”, la campagna di Trump aveva affermato che un incontro Trump-Zelensky era altamente improbabile.

Ma alla fine di giovedì le cose sono cambiate e Trump ha rivelato un messaggio personale e un po' disperato che Zelensky gli ha inviato, chiedendo urgentemente un incontro.

 Trump ha pubblicato il messaggio per intero sul suo account” Truth Social”.

Il messaggio sottolineava che Zelensky parla sempre "con grande rispetto" di Trump e che i due "devono sforzarsi di capirsi e rimanere in stretto contatto".

 È stato passato a Trump da “Denys Sienik”, il vice capo della missione dell'ambasciata ucraina negli Stati Uniti.

Esiste il messaggio di Zelensky a Trump pubblicato su “Truth Social”.

"Tutti noi in Ucraina vogliamo porre fine a questa guerra con una pace giusta", ha scritto Zelensky

 E sappiamo che senza l'America questo è impossibile da raggiungere.

Ecco perché dobbiamo sforzarci di capirci e rimanere in stretto contatto".

"Giorni fa, abbiamo chiesto un incontro con voi, e voglio davvero sentire i vostri pensieri direttamente e di prima mano", ha continuato.

"Sai che parlo sempre con grande rispetto di tutto ciò che ti riguarda, ed è così che dovrebbe essere".

La visita di Zelensky alla Casa Bianca di ieri ha provocato continue critiche da parte dei circoli conservatori secondo cui Zelensky sta fondamentalmente agendo come un sostegno per la campagna di Harris, in modo da essere vista con un aspetto "presidenziale".

Ma finora la Casa Bianca non ha accolto la richiesta principale che Zelensky sta cercando:

la revoca di tutte le restrizioni relative all'uso di missili a lungo raggio forniti dall'Occidente per colpire la Russia.

Trump ha detto dell'incontro di venerdì in tarda mattinata con Zelensky:

"Non vedo l'ora di vederlo".

Ha descritto: "Vedremo – credo di non essere d'accordo con lui – beh, non mi conosce.

Non sono d'accordo, ma dirò questo:

 credo che sarò in grado di fare un accordo tra il presidente Putin e il presidente Zelensky abbastanza rapidamente".

Zelensky ha spinto il suo "piano di vittoria" a Washington e ci si aspetta che cerchi di convincere Trump a mantenere la rotta del forte sostegno all'Ucraina se riprenderà la Casa Bianca dopo le elezioni di novembre.

 

 

 

 

Dagli accaparratori di terre ai cowboy

del carbonio: decolla una nuova

corsa per le terre comunitarie.

 Globalresearch.ca – (27 settembre 2024) – Redazione – ci dice:

In una recente intervista con il “New York Times”, al filantropo miliardario Bill Gates è stato chiesto se ci fossero tipi di progetti in cui non avrebbe investito per compensare le sue emissioni di gas serra.

"Non pianto alberi", ha risposto, aggiungendo che piantare alberi per affrontare la crisi climatica è una totale assurdità.

"Voglio dire, siamo noi gli scienziati, o siamo noi gli idioti? Chi vogliamo essere?"

Microsoft, l'azienda su cui ha costruito la sua fortuna e, secondo gli addetti ai lavori, la vede ancora attivamente, la vede diversamente.

Nel giugno 2024, il gigante della tecnologia ha acquistato 8 milioni di crediti di carbonio dal “Timberland Investment Group” (TIG), un fondo di proprietà del prestatore agroalimentare brasiliano “BTG Pactual”.

 “TIG” sta raccogliendo 1 miliardo di dollari per acquistare e convertire i pascoli in piantagioni di eucalipto su larga scala in tutto il Cono Sud dell'America Latina. 

Man mano che questi alberi crescono, assorbono carbonio dall'atmosfera e lo immagazzinano nelle loro radici, tronchi e rami.

“TIG” stimerà la quantità di carbonio rimossa e poi la venderà come crediti di carbonio a Microsoft e ad altre società.

 

Ogni credito di carbonio che Microsoft acquista da TIG dovrebbe compensare una tonnellata delle emissioni generate da Microsoft bruciando combustibili fossili. Questo è uno dei modi principali in cui Microsoft e molte altre aziende stanno pianificando di arrivare a emissioni "nette zero", pur continuando a bruciare combustibili fossili.

L'accordo di Microsoft con TIG, secondo quanto riferito la più grande "transazione di credito per la rimozione dell'anidride carbonica" nella storia, è solo uno dei tanti investimenti che Microsoft sta facendo nelle piantagioni di alberi come un modo per compensare le sue emissioni.

L'istituto di credito olandese per l'agroalimentare “Rabobank” è un'altra fonte di crediti di carbonio per l'azienda tecnologica.

Anch'essa sta acquisendo terreni in Brasile per piantagioni di alberi, in questo caso con una famiglia di imprenditori agricoli locali con precedenti di deforestazione illegale e frodi.

 Ma la maggior parte dei crediti di carbonio che “Rabobank” vende a Microsoft provengono dal suo programma per piantare alberi sulle terre di piccoli coltivatori di caffè e cacao in America Latina, Africa e Asia.

Questo programma, chiamato “Acorn”, utilizza satelliti e una piattaforma digitale Microsoft per misurare il numero e le dimensioni degli alberi da ombra che i piccoli agricoltori piantano nelle loro fattorie e quindi calcolare il carbonio che hanno rimosso dall'atmosfera.

 Poi vende il carbonio a Microsoft come "crediti di carbonio" per circa 38 dollari al pezzo, prendendo una percentuale del 20% per sé e per il suo partner locale e pagando agli agricoltori ciò che resta dei proventi.

 

Un grosso problema con il programma di “Rabobank”, identificato in un'indagine sul suo progetto con i coltivatori di cacao in Costa d'Avorio, è che sta sovrastimando di gran lunga il carbonio rimosso – in questo caso del 600%! 

Inoltre, il governo della Costa d'Avorio afferma che “Rabobank” sta probabilmente facendo un doppio passo avanti poiché il suo progetto si sovrappone a un programma finanziato dalla “Banca Mondiale” che ha già generato e venduto crediti di carbonio da alberi piantati in piccole piantagioni di cacao nella stessa area.

 

Tutte queste "sciocchezze", come le chiama “Gates”, non hanno impedito a un numero crescente di aziende, governi e miliardari – per non parlare di una nuova industria di consulenti climatici e broker di carbonio – di promuovere l'idea che le emissioni da combustibili fossili possono e devono essere compensate piantando alberi o altre colture che sequestrano il carbonio.

Tali progetti hanno una storia a scacchi che risale al “Protocollo di Kyoto del 1997”, ma in realtà sono decollati solo dopo l'”Accordo sul clima di Parigi del 2016”, quando i governi hanno approvato la nozione di compensazioni e mercati del carbonio come mezzo efficace per convincere le aziende a ridurre le loro emissioni.

Oggi, la maggior parte dei progetti di compensazione si trova nel cosiddetto "mercato volontario", in cui le aziende private del Nord del mondo gestiscono la certificazione e la vendita di crediti di carbonio alle aziende che vogliono dimostrare che stanno agendo per affrontare il cambiamento climatico.

 I progetti, in gran parte nel Sud del mondo, possono riguardare qualsiasi cosa, dalla distribuzione di fornelli puliti in Malawi alla conservazione delle foreste pluviali in Indonesia.

 La premessa è che il progetto prevenga le emissioni che si sarebbero verificate senza di esso, o che porti alla rimozione di anidride carbonica (CO2) dall'atmosfera.

I fornelli e la conservazione della foresta pluviale sono esempi di riduzione delle emissioni.

Piantare alberi, d'altra parte, è la forma più popolare di rimozione.

In uno studio del 2024, il “World Rainforest Movement” (WRM) afferma che il numero di progetti di piantumazione di alberi per crediti di carbonio è triplicato negli ultimi tre anni.

“WRM” afferma che l'impennata è in parte guidata dal gran numero di scandali di alto profilo nei programmi di prevenzione delle emissioni, noti come "REDD+". 

Numerosi progetti per preservare le foreste sono stati ritirati o sospesi dai mercati del carbonio dopo che le indagini hanno dimostrato che si basavano su storie non plausibili sulla minaccia della deforestazione o che causavano violazioni dei diritti umani e altri danni alle comunità locali.

Di conseguenza, “WRM” afferma che le aziende stanno rivolgendo la loro attenzione alla piantumazione di alberi come fonte di crediti di carbonio "ad alta integrità".

 Questo sta generando una folle corsa per assicurarsi le terre dove piantare alberi.

L'accaparramento del carbonio dei terreni agricoli.

Attivisti e scienziati hanno avvertito per anni che i piani per compensare le emissioni di carbonio piantando alberi o altre colture porterebbero a un'impennata dell'accaparramento delle terre, soprattutto nel Sud del mondo.  Questi avvertimenti si stanno ora dimostrando veri.

“GRAIN” ha setacciato i vari registri dei progetti di compensazione del carbonio per cercare di avere un'idea migliore di questo nuovo accaparramento di terra e di come si sta svolgendo.

Abbiamo identificato 279 progetti di piantagione di alberi e colture su larga scala per crediti di carbonio che le aziende hanno avviato dal 2016 nel Sud del mondo. C

oprono oltre 9,1 milioni di ettari di terra, un'area grande all'incirca quanto il Portogallo.

(Esiste un Report che dice Cosa è incluso e cosa non è incluso nell'insieme di dati sull'accordo fondiario).

Gli accordi (esiste il set di dati) si sommano a una nuova massiccia forma di accaparramento di terre che non farà altro che aumentare i conflitti e le pressioni sulla terra che stanno ancora ribollendo dall'ultima follia globale di accaparramento di terre scoppiata nel 2007-8 sulla scia delle crisi alimentari e finanziarie globali.

Significano anche che nuove fonti di denaro stanno ora affluendo nelle casse delle aziende specializzate nel prendere terre dalle comunità del Sud per arricchire e servire le corporazioni, soprattutto al Nord.

 

Cosa è incluso e cosa non è incluso nel set di dati sull'accordo fondiario.

Cosa c'è dentro?

I nostri dati coprono i progetti provenienti da tutti i principali registri volontari dei progetti di compensazione.

Questi sono:

 American Carbon Registry (ACR), Climate Action Reserve (CAR), Gold Standard (GS), Verra (VCS), BioCarbono (BC), Cercarbono (CV) e Plan Vivo (PV).

Include anche i casi presenti sul sito” web farmlandgrab.org” che non sono ancora presenti nei registri.

I progetti nel nostro set di dati sono limitati ai progetti che:

– possono comportare la piantumazione su larga scala di colture e/o specie arboree su una superficie complessiva di oltre 100 ettari ai fini della produzione di crediti di carbonio;

– sono guidate da aziende esterne alle comunità;

– sono stati avviati a partire dal 2016 e fino al 31 marzo 2024 (all'incirca dopo l'Accordo di Parigi); e

– si trovano nel Sud del mondo.

I progetti riguardano

 1) la creazione di piantagioni su larga scala o

2) la produzione a contratto con piccoli agricoltori. Ma tutti i progetti vincolano l'uso del terreno ai termini del progetto per 20 anni o più.

Cosa non c'è?

I progetti REDD+, che mirano a evitare la deforestazione, non sono inclusi.

Non sono inclusi nemmeno alcuni tipi di progetti che producono crediti di carbonio attraverso la piantumazione di alberi o l'agricoltura su vaste aree di terreno.

Questi sono:

– progetti di gestione dei pascoli, che incidono sull'accesso ai terreni e sulle pratiche tradizionali dei pastori;

– progetti di ripristino o creazione di mangrovie, in cui vaste aree di costa sono occupate per la piantumazione di alberi di mangrovie; e

– progetti che generano crediti di carbonio iscrivendo gli agricoltori all'attuazione di pratiche agricole che si dice accumulino carbonio nei suoli, spesso chiamate "carbon farming".

Questi progetti sono estremamente importanti e possono avere impatti altrettanto gravi sulle comunità, incluso l'accaparramento delle terre, ma non sono trattati qui per mantenere il set di dati gestibile. 

I nostri dati non coprono nemmeno i progetti situati nel Nord del mondo, come in Nuova Zelanda, Scozia e Australia, dove i programmi nazionali che approvano la piantumazione di alberi per la compensazione delle emissioni di carbonio hanno portato a uno spostamento della produzione alimentare e minato l'accesso degli agricoltori alla terra.

Ad oggi, 52 paesi del Sud del mondo sono stati presi di mira da questi progetti.

La metà dei progetti si trova in soli quattro paesi: Cina, India, Brasile e Colombia, che stanno sviluppando le proprie industrie di sviluppatori di progetti sul carbonio. Ma i progetti in questi paesi rappresentano meno di un terzo della superficie totale coinvolta.

La regione più colpita, in termini di superficie, è l'Africa, con progetti che coprono oltre 5,2 milioni di ettari.

Molti dei progetti riguardano accordi di terreni per creare piantagioni giganti di eucalipto, acacia o bambù.

 In genere, si tratta di pascoli o savane che fino ad ora venivano utilizzati dalle comunità locali per il pascolo del bestiame o per la coltivazione di cibo.

 

Un numero ancora maggiore di progetti viene attuato nelle piccole aziende agricole.

In genere, in questi casi, gli agricoltori devono dimostrare di avere il titolo sui terreni e viene chiesto loro di firmare contratti in cui si impegnano a piantare e mantenere un certo numero di alberi su una parte del loro terreno.

 In base a questi contratti, gli agricoltori trasferiscono i diritti sul carbonio negli alberi e nel suolo ai proponenti del progetto.

Sebbene questi accordi non spostino gli agricoltori dalle loro terre, sono una forma di produzione a contratto.

 Gli agricoltori stanno di fatto cedendo il controllo su una parte delle loro terre a una società esterna per decenni.

Non possono più fare quello che vogliono sulla terraferma.

I progetti possono anche incoraggiare, e in alcuni casi facilitare direttamente, il passaggio da forme collettive di gestione fondiaria alla privatizzazione della proprietà individuale. (Colonialismo del carbonio).

Il denaro che gli investitori intendono catturare da queste operazioni è immenso.

 I progetti che abbiamo estratto dai registri “Verra” e “Gold Standard “genereranno 2,5 miliardi di crediti di carbonio (1 credito = 1 tonnellata di CO2 rimossa) nel corso della loro vita.

Con un prezzo medio di circa 10 dollari per credito, ciò si aggiunge a una potenziale ricompensa di 25 miliardi di dollari.

Ecco che arrivano gli "idioti."

Mentre questi progetti sono realizzati esclusivamente in aree rurali con emissioni pro capite estremamente basse, è esattamente il contrario quando si tratta delle aziende che li orchestrano.

Con l'eccezione di ciò che sta accadendo in India e Cina, la maggior parte dei progetti di carbonio sono guidati da aziende straniere in paesi ricchi con record di emissioni atroci, come Paesi Bassi, Stati Uniti, Singapore, Svizzera, Regno Unito, Francia, Germania ed Emirati Arabi Uniti.

 C'è una chiara dinamica coloniale all'opera, con le aziende e le grandi ONG del Nord che ancora una volta usano le terre delle comunità del Sud del mondo per i loro programmi e per i loro benefici.

(GRAIN e UChicago Data Science Institute.)

Un buon numero di attori che guidano questa nuova ondata di accaparramento di terre sono in realtà recidivi dell'accaparramento globale di terreni agricoli che è decollato un decennio e mezzo fa.

Questo è particolarmente vero in Africa. ( Gli accaparratori di terre in Africa sono tornati in attività). Ci sono anche diverse aziende del settore forestale con storie di accaparramento di terre e conflitti con le comunità locali.

 Gran parte delle vaste piantagioni di eucalipto del gigante brasiliano della carta “Suzano”, ad esempio, che è coinvolto in tre progetti di piantagioni di carbonio su larga scala, sono state prese dalle popolazioni indigene e tradizionali del Brasile.

 E un numero non trascurabile di sviluppatori di progetti ha precedenti di affari illegali e scandali finanziari.

 Essi includono:

Ricardo Stoppe Jr, il "re del carbonio" del Brasile, arrestato nel giugno 2024 per aver gestito uno schema illegale di vendita di crediti di carbonio e accaparramento di terreni;

Martin Vorderwulbecke, un uomo d'affari tedesco con un progetto di carbonio per l'albero di “neem” in Paraguay, accusato di aver frodato la compagnia aerea nazionale slovena di milioni di dollari;

Alexis Ludwig Leroy, un commerciante di carbonio franco-svizzero che sviluppa progetti di piantumazione di alberi in Costa d'Avorio e nella Repubblica Democratica del Congo, che secondo quanto riferito è sotto inchiesta per riciclaggio di denaro e legami finanziari con la "regina della cocaina" della Colombia;

Vittorio Medioli, un uomo d'affari e politico italo/brasiliano con una piantagione di alberi da carbonio in Brasile, che è stato condannato dai tribunali brasiliani per evasione valutaria e citato in giudizio per cartello e formazione di bande nel settore dei trasporti;  e,

Lo sceicco Ahmed Dalmook al Maktoum, un membro della famiglia reale degli Emirati Arabi Uniti che cerca decine di milioni di ettari in Africa per progetti di compensazione delle emissioni di carbonio, accusato di aver sovraccaricato il Ghana sulla fornitura di vaccini Covid di fabbricazione russa e che è stato consigliato sui suoi accordi sul carbonio africano da un uomo d'affari italiano condannato per una frode fallimentare che ha affondato una delle più grandi società di telecomunicazioni italiane.

Il denaro che viene sperperato da questi cowboy del carbonio proviene principalmente dalle multinazionali più inquinanti del mondo, che sono interessate all'acquisto di crediti di carbonio per il greenwashing delle loro emissioni.

In cima alla lista degli acquirenti di crediti ci sono le società di combustibili fossili (Piantumazione di alberi per il pompaggio del petrolio).

Ma ci sono anche giganti della tecnologia come “Meta” e” Apple”, aziende alimentari come “Danone” e “Coca-Cola” e catene di supermercati come “Mercado Libre” e “Carrefour”.

Anche Amazon e le braccia filantropiche del suo proprietario miliardario, Jeff Bezos, sono fortemente coinvolte.

 Bezos acquista crediti e finanzia le ONG e le aziende che gestiscono le piantagioni, attraverso iniziative come il fondo “AFR100”, che mira a piantare alberi su 100 milioni di ettari in Africa. 

Lo stesso vale per le banche di sviluppo, come “FMO” dei Paesi Bassi, la “International Development Finance Corporation” degli Stati Uniti o la “International Finance Corporation della Banca Mondiale”, che forniscono prestiti a basso costo, assicurazioni contro i rischi politici e persino investimenti azionari a molte società di piantagioni di carbonio.

Colonialismo del carbonio.

 

Il 15 aprile 2022, un gruppo di circa 150 agricoltori si è riunito fuori dalle operazioni del supermercato belga” Colruyt”.

In piedi dietro carriole di terra, gli agricoltori hanno accusato l'azienda di "rubare terreni" acquistando centinaia di ettari di scarsi terreni agricoli del paese, ironicamente come parte di una campagna per l'acquisto di prodotti locali.

"Ogni pezzo di terra che “Colruyt” compra è un pezzo di terra sottratto alle fattorie familiari belghe", hanno detto.

Lontano, nella Repubblica Democratica del Congo, anche la catena di supermercati sta acquisendo terreni, ma per motivi decisamente non "locali".

Nel 2021,” Colruyt” ha ottenuto una concessione di 25 anni e 10.656 ettari nella provincia di “Kwango”, circa 50 volte la dimensione dei suoi terreni agricoli belgi.

Prevede di stabilire piantagioni di alberi per compensare le sue emissioni su queste terre, che sono attualmente utilizzate dalla popolazione locale per le colture alimentari, e di assumere guardie di sicurezza per proteggere gli alberi dagli abitanti dei villaggi e dalla loro agricoltura "taglia e brucia".

Nella vicina Uganda, anche la catena svedese di hamburger” Max” sta acquistando crediti da un progetto di piantagione di carbonio, ma con un approccio diverso.

 Piuttosto che spostare gli agricoltori locali, li spinge a piantare alberi sulle loro terre.

Gli agricoltori partecipanti firmano un contratto in cui affermano che pianteranno e manterranno alberi, riceveranno piantine e un po' di formazione e si sottoporranno a controlli periodici.

 In cambio, ricevono pagamenti per i crediti di carbonio acquistati da “Max” per compensare i suoi hamburger.

Ma quando un team di giornalisti del sito di media svedese” Aftonbladet” ha visitato gli agricoltori all'inizio del 2024, ha trovato uno spettacolo dell'orrore.

Gli agricoltori hanno detto di aver piantato gli alberi come era stato detto loro, non sapendo che questi alberi stavano compensando l'inquinamento di una società.

 Le cose sono iniziate bene, ma gli alberi crescono rapidamente e hanno iniziato rapidamente a prendere il sopravvento sui loro campi, risucchiando tutta la luce solare, le sostanze nutritive e l'acqua.

 I 100 dollari all'anno di pagamenti dai crediti di carbonio non coprivano la perdita di cibo e di reddito dai loro raccolti.

 Otto anni dopo l'inizio del progetto, la troupe dei media svedesi ha scoperto che gli agricoltori morivano di fame e alcuni stavano abbattendo gli alberi nonostante le minacce di carcere per violazione del contratto da parte del proponente del progetto.

"Un tempo ero un agricoltore modello", dice “Samuel Byarugaba”, uno degli agricoltori.

"La gente veniva da me per conoscere l'agricoltura ed ero orgoglioso di mostrare la nostra fattoria. Avevamo abbastanza cibo per sfamarci e potevamo vendere il surplus. Ora è tutto scomparso".

Anche le società del settore finanziario stanno iniziando a essere coinvolte, un segnale preoccupante che potrebbe essere mobilitato molto più denaro.

“ Rabobank” e “BTG Pactual” sono i principali esempi di operatori finanziari che istituiscono fondi specializzati per investire in piantagioni di carbonio per conto di fondi pensione, miliardari, fondi sovrani, dotazioni universitarie, banche di sviluppo e altri investitori istituzionali.

 I loro investimenti nelle piantagioni di carbonio si incastrano con le proprietà terriere che molti di questi attori hanno già accumulato attraverso investimenti in legname e terreni agricoli.

Il” Renewable Resources Group”, ad esempio, è una società di private equity statunitense i cui investitori includono” Goldman Sachs” e la dotazione dell'Università di Harvard.

È specializzata nella "monetizzazione" dell'acqua acquistando terreni in parti del mondo dove può ottenere l'accesso a un'irrigazione a basso costo per produrre colture di alto valore per l'esportazione, come uva e bacche.

 Ha già acquisito oltre 100.000 ettari di terreni agricoli in alcune parti del Messico, degli Stati Uniti, del Cile e dell'Argentina, dove ci sono problemi di scarsità d'acqua.

 Recentemente ha istituito una divisione "nature-based solutions" attraverso la quale ha acquisito il fondo di private equity tedesco “12Tree”.

Dal 2017, 12Tree ha acquisito 20.000 ettari in America Latina e Africa per creare aziende agricole "rigenerative" dove pianta alberi e genera crediti di carbonio.

 

Truffe Certificate.

Una grande differenza tra i precedenti accaparramenti di terre per la produzione alimentare e l'odierno accaparramento di terre per le compensazioni di carbonio è che gli accordi sul carbonio sono "certificati".

“ Verra” e” Gold Standard”, due dei principali certificatori, ricevono ingenti somme di denaro per garantire che i progetti di compensazione siano realizzati in consultazione con le comunità locali, evitare di spostarle e persino fornire loro alcuni benefici.

È il tipo di sistema che agenzie come l'”Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura” e la “Banca Mondiale” sostengono da tempo che risolverebbe i mali dell'accaparramento globale dei terreni agricoli.

Tuttavia, il nostro set di dati e il numero crescente di indagini da parte di accademici, media e società civile su progetti certificati da queste aziende smentiscono tali affermazioni. 

Come ci si può aspettare che un mercato basato sull'acquisizione di terre dalle comunità rurali e indigene del Sud globale, a beneficio delle società del Nord globale, possa equivalere a qualcosa di diverso da un massiccio furto di terre?

Nessun meccanismo di condivisione dei benefici, spesso inserito in questi accordi sul carbonio, altera questo risultato.

 

Gli accaparratori di terre in Africa sono tornati in attività.

 

La corsa alla terra che ha seguito la crisi alimentare e finanziaria del 2007-8 ha colpito duramente l'Africa.

Centinaia di comunità sono state sfollate dalle loro terre per far posto a fattorie industriali su larga scala.

Eppure, anche se molte di queste fattorie sono fallite malamente, le comunità stanno ancora lottando per riavere le loro terre.

 Alcuni colpevoli di quella corsa alla terra (e cugini prossimi) stanno ora cercando di ottenere terreni per piantagioni di carbonio.

Di seguito sono riportati alcuni esempi.

 

“Gagan Gupta”:

In qualità di presidente del gigante dell'agroalimentare “Olam International”, questo uomo d'affari di Singapore ha supervisionato l'affare di 300.000 ettari di terreno dell'azienda in Gabon nel 2011 per costruire la più grande piantagione di palma da olio dell'Africa.

 Da allora l'operazione è stata impantanata in conflitti con le comunità.

Ora “Gupta” gestisce una società di piantagioni di alberi con sede negli Emirati Arabi Uniti, “Sequoia Plantation”, che è in procinto di garantire 200.000 ettari in Togo, Gabon e Repubblica del Congo per piantagioni di alberi su larga scala con componenti di compensazione del carbonio, nonostante le proteste delle comunità colpite.

 

“Kevin Godlington”:

Questo uomo d'affari britannico ha orchestrato diversi affari fondiari falliti su larga scala in “Sierra Leone”.

Una era una piantagione di palma da olio nel distretto di “Port Loko” che ha disboscato la foresta e sfollato le persone dalle loro terre prima che andasse in bancarotta.

Imperterrita,” Godlington” sta ora inseguendo le stesse terre con una nuova impresa quotata alla “Borsa di Toronto” che sostiene di avere diritti di locazione su 57.000 ettari per piantare alberi per crediti di carbonio, alcuni dei quali sono già stati acquistati dalla “British Petroleum”.

Come per il primo round di accordi sui terreni, non importa come andranno le cose, “Godlington” ha già intascato milioni di dollari dal piano.

 

“Carter Coleman”:

Questo uomo d'affari britannico ha costruito la famigerata fattoria di riso “Kilombero Plantation Limited” su 5.818 ettari di terreni comunitari contesi nel cuore del “Corridoio di Crescita Agricola Meridionale” della “Tanzania”. Nonostante il forte sostegno delle banche di sviluppo e degli investitori stranieri, è fallita nel 2019.

“Coleman” è ora tornato con una nuova società chiamata “Udzungwa Corridor Limited “che genererà crediti di carbonio piantando "rari legni duri tropicali" su un tratto di terra di 7.500 ettari affittato da agricoltori locali lungo la “Riserva Naturale di Kilombero”.

 

“Andrea Tozzi”:

Questo imprenditore italiano, amministratore delegato dell'azienda di famiglia “Tozzi Green”, ha acquistato 11.000 ettari di terreno in tre comuni nella regione di “Ihorombe” in Madagascar nel 2012 e nel 2018 per coltivare la “coltura per biocarburanti” “jatropha”.

Quel progetto fallì e l'azienda passò alla coltivazione di mais per l'alimentazione animale e le colture di oli essenziali.

Nel frattempo le comunità hanno lottato per riavere le loro terre, di cui dicono di aver bisogno per far pascolare il loro bestiame e coltivare cibo per le loro famiglie.

Tozzi sta ora cercando di salvare il suo progetto sostituendo il mais con piantagioni di acacia ed eucalipto per ottenere crediti di carbonio – a cui le comunità, in particolare quelle di “Ambatolahy”, stanno ancora resistendo fermamente.

 

“Karl Kirchmayer”:

questo uomo d'affari austriaco, che ha passato anni ad acquistare 147.000 ettari di terreni agricoli nell'Europa dell'Est, ora ha un'impresa africana di accaparramento di terreni,” ASC Impact”.

Sta collaborando con un” Senior Advisor del Presidente dell'Uganda” e un uomo d'affari di “Dubai vicino alla famiglia reale” per vendere 60 milioni di tonnellate di crediti di carbonio alle aziende degli Emirati Arabi Uniti provenienti da progetti di piantagioni di mangrovie e alberi, principalmente in Africa.

“ASC Impact” sta attualmente negoziando per 27.000 ettari in Etiopia, 25.000 in Angola e 270.000 nella Repubblica del Congo!

 

“Frank Timis”:

questo uomo d'affari rumeno-svizzero è il fondatore e azionista di maggioranza di “African Agriculture Holdings Inc”, una società statunitense quotata alla borsa “Nasdaq”, che ha rilevato oltre 25.000 ettari di terreni da un'azienda italiana fallita che le comunità locali in Senegal stanno lottando per riavere da oltre un decennio.

La sua azienda è anche responsabile del più grande affare di terreni nel nostro database:

una ridicola coppia di contratti di locazione di 49 anni che coprono 2,2 milioni di ettari in Niger, dove l'azienda produrrà crediti di carbonio piantando pini.

 

“Shell, BP e Easyjet”:

i grandi inquinatori che progettano le regole per le compensazioni volontarie di carbonio.

E mentre nove milioni di ettari sono già troppi, le cose potrebbero andare molto peggio.

I negoziati sul clima delle Nazioni Unite si stanno muovendo verso l'istituzione di un meccanismo internazionale di scambio del carbonio che consentirebbe ai governi dei paesi fortemente inquinanti e alle loro aziende di compensare le emissioni nazionali attraverso accordi per progetti di carbonio in altri paesi, principalmente nel Sud del mondo.

Se e quando ciò accadrà, il valore dei crediti di carbonio potrebbe aumentare, generando una domanda ancora più elevata di terreni per piantare alberi.

 La pressione proviene anche dagli sforzi per stabilire mercati per le compensazioni della biodiversità, che innescheranno una frenesia alimentare tra gli investitori desiderosi di fare soldi dai territori dei piccoli agricoltori, delle popolazioni indigene e dei pastori.

L'idea che piantare alberi o altri mezzi per generare crediti di carbonio possa compensare le emissioni di combustibili fossili è una distrazione pericolosa, incompatibile con i tagli reali alle emissioni necessari per affrontare la crisi climatica

Si consideri, ad esempio, che anche se le dubbie stime di rimozione delle emissioni dei 279 progetti nel nostro set di dati fossero vere, ammonterebbero solo a 55 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, non sufficienti nemmeno lontanamente a coprire l'aumento di 90 milioni di tonnellate dello scorso anno delle emissioni globali di CO2 da combustibili fossili.

I movimenti e le organizzazioni sociali devono essere implacabili nel denunciare queste contraddizioni, danni e frodi.

Dobbiamo anche fornire maggiori informazioni alle comunità sul campo.

Sono spesso confusi da ciò che i proponenti del progetto dicono loro e non esposti a ciò che altre comunità hanno vissuto.

Non sono quasi mai informati su come i progetti siano progettati per consentire alle grandi aziende di continuare a inquinare e su come questo inquinamento sia collegato ai terribili impatti che stanno subendo a causa del cambiamento climatico.

Il clamore sui soldi da guadagnare, sotto il termine improprio di condivisione dei benefici, può creare divisioni all'interno delle comunità e spingere alcune famiglie a firmare contratti di cui potrebbero presto pentirsi.

Poiché tutti questi progetti di carbonio si basano sulla proprietà formale della terra, possono anche minare i sistemi comunitari di gestione della terra.

Ci sono già casi in cui le comunità hanno subito violenze e intimidazioni per aver resistito ai progetti di compensazione delle emissioni di carbonio e la situazione è destinata a intensificarsi.

 Sta quindi diventando sempre più urgente condividere informazioni ed esperienze sull'accaparramento del carbonio – a livello locale, nazionale, regionale e internazionale – in modo da potervi porre fine.

 La doppia minaccia per le comunità – sia dal cambiamento climatico stesso che da queste soluzioni criminali ad esso – non dovrebbe essere permessa.

 

Piantumazione di alberi per il pompaggio del petrolio.

Nel settembre 2023, la compagnia petrolifera “Shell” ha scioccato i mercati del carbonio quando ha bruscamente cancellato i piani per piantare alberi su 12 milioni di ettari di terreno entro il 2030, un'area tre volte più grande del suo paese d'origine, i Paesi Bassi.

Non c'era molto da festeggiare, tuttavia, poiché la società ha anche scartato i piani per ridurre la produzione di petrolio.

Non è chiaro se “Shell” si stesse ritirando completamente dall'industria della compensazione delle emissioni di carbonio.

Shell” possiede ancora una partecipazione di controllo in una società olandese di biodiesel che cerca di generare crediti di carbonio piantando pongamia su 120.000 ettari in Paraguay.

 

Le coorti europee di “Shell” non hanno ancora perso il loro entusiasmo per le piantagioni di carbonio.

L'italiana “Eni” ha avviato un'impresa nel settore dei biocarburanti per ottenere crediti di carbonio in Kenya, contrattando gli agricoltori per coltivare piante di croton su una superficie iniziale di 40.000 ettari.

 All'inizio di quest'anno,” British Petroleum “(BP) ha pagato alla canadese “Carbon Done Right” 2,5 milioni di dollari per i crediti di carbonio derivanti da un progetto di piantagione di alberi di 57.000 ettari che l'azienda sta portando avanti in Sierra Leone.

 E la compagnia petrolifera francese “Total Energies” ha un enorme progetto di piantagione di acacia di 38.000 ettari per compensare le sue emissioni nella Repubblica del Congo.

 Le indagini su tutti e tre i progetti indicano gravi impatti sugli agricoltori locali.

 

Due delle principali aziende energetiche giapponesi sono anche impegnate nelle piantagioni di compensazione del carbonio.

 “Marubeni” ha un progetto di piantagione di pini ed eucalipti di 31.000 ettari in “Angola” con un uomo d'affari argentino. “Mitsui”, attraverso la sua filiale australiana “New Forests”, sta erigendo piantagioni di alberi per crediti di carbonio su terreni agricoli in affitto nel nord della Tasmania e, attraverso la sua “African Forestry Impact Platform”, ha recentemente acquisito “Green Resources AS”, "una società norvegese di silvicoltura e crediti di carbonio nota per la sua storia di accaparramento di terre, violazioni dei diritti umani e distruzione ambientale in tutta l'Uganda, Mozambico e Tanzania".

 

 

 

 

 

Chi vuole uccidere e morire

per l'impero americano?

Globalresarch.ca - Nicolas J. S. Davies – (05 settembre 2024) – ci dice:

 

L'Associated Press riferisce che molte delle reclute arruolate in base alla nuova legge sulla coscrizione dell'Ucraina non hanno la motivazione e l'indottrinamento militare necessari per puntare le armi e sparare ai soldati russi.

"Alcune persone non vogliono sparare. Vedono il nemico in posizione di tiro nelle trincee, ma non aprono il fuoco. … Ecco perché i nostri uomini stanno morendo", ha detto frustrato un frustrato comandante di battaglione della 47a brigata ucraina. "Quando non usano l'arma, sono inefficaci".

Questo è un territorio familiare a chiunque abbia studiato il lavoro del generale di brigata Samuel "Slam" Marshall, un veterano della Prima Guerra Mondiale e il principale storico del combattimento dell'esercito degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale.

“Marshall “ha condotto centinaia di sessioni post-combattimento in piccoli gruppi con le truppe statunitensi nel Pacifico e in Europa, e ha documentato le sue scoperte nel suo libro,” Uomini contro il fuoco”: il problema del comando di battaglia.

Una delle scoperte più sorprendenti e controverse di “Slam Marshall” fu che solo circa il 15% delle truppe statunitensi in combattimento sparò effettivamente con le loro armi contro il nemico.

In nessun caso questa percentuale è mai salita oltre il 25%, anche quando il mancato fuoco ha messo in pericolo la vita dei soldati.

“Marshall” concluse che la maggior parte degli esseri umani ha un'avversione naturale per l'uccisione di altri esseri umani, spesso rafforzata dalla nostra educazione e dalle nostre convinzioni religiose, e che trasformare i civili in efficaci soldati da combattimento richiede quindi addestramento e indottrinamento espressamente progettati per ignorare il nostro naturale rispetto per la vita umana.

Questa dicotomia tra la natura umana e l'uccisione in guerra è ora compresa come alla radice di gran parte del disturbo da stress post-traumatico sofferto dai veterani di combattimento.

 

Le conclusioni di “Marshall” furono incorporate nell'addestramento militare degli Stati Uniti, con l'introduzione di bersagli a poligono di tiro che sembravano soldati nemici e l'indottrinamento deliberato per disumanizzare il nemico nelle menti dei soldati.

Quando condusse ricerche simili nella guerra di Corea, “Marshall” scoprì che i cambiamenti nell'addestramento della fanteria basati sul suo lavoro nella seconda guerra mondiale avevano già portato a rapporti di fuoco più elevati.

Questa tendenza è continuata in Vietnam e nelle più recenti guerre degli Stati Uniti.

Parte della scioccante brutalità dell'ostile occupazione militare statunitense dell'Iraq derivava direttamente dall'indottrinamento disumanizzante delle forze di occupazione statunitensi, che includeva il falso collegamento tra l'Iraq e i crimini terroristici dell'11 settembre negli Stati Uniti e l'etichettatura come "terroristi" degli iracheni che hanno resistito all'invasione e all'occupazione statunitense del loro paese.

Un sondaggio di “Zogby” sulle forze statunitensi in Iraq nel febbraio 2006 ha rilevato che l'85% delle truppe statunitensi credeva che la loro missione fosse quella di "vendicarsi per il ruolo di Saddam negli attacchi dell'11 settembre" e il 77% credeva che la ragione principale della guerra fosse quella di "impedire a Saddam di proteggere Al Qaeda in Iraq".

Era tutta pura finzione, tagliata di sana pianta dai propagandisti di Washington, eppure, a tre anni dall'inizio dell'occupazione statunitense, il Pentagono stava ancora ingannando le truppe statunitensi per collegare falsamente l'Iraq con l'11 settembre.

L'impatto di questa disumanizzazione è stato confermato anche dalle testimonianze della corte marziale nei rari casi in cui le truppe statunitensi sono state perseguite per aver ucciso civili iracheni.

 In una corte marziale a “Camp Pendleton in California” nel luglio 2007, un caporale che ha testimoniato per la difesa ha detto alla corte che non vedeva l'uccisione a sangue freddo di un civile innocente come un'esecuzione sommaria. "Lo vedo come uccidere il nemico", ha detto alla corte, aggiungendo: "I marines considerano tutti gli uomini iracheni parte dell'insurrezione".

 

I morti in combattimento degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan (6.257 uccisi) sono stati solo una frazione del bilancio delle vittime in combattimento degli Stati Uniti in Vietnam (47.434) o in Corea (33.686), e una frazione ancora più piccola dei quasi 300.000 americani uccisi nella seconda guerra mondiale.

 In ogni caso, altri paesi hanno subito un bilancio delle vittime molto più pesante.

Eppure, le vittime statunitensi in Iraq e in Afghanistan hanno provocato ondate di contraccolpi politici negli Stati Uniti, portando a problemi di reclutamento militare che persistono ancora oggi.

Il governo degli Stati Uniti rispose passando dalle guerre che coinvolgevano grandi dispiegamenti di truppe di terra statunitensi a una maggiore dipendenza dalle guerre per procura e dai bombardamenti aerei.

Dopo la fine della Guerra Fredda, il complesso militare-industriale e la classe politica degli Stati Uniti pensavano di aver "dato un calcio alla sindrome del Vietnam" e che, liberati dal pericolo di provocare la Terza Guerra Mondiale con l'Unione Sovietica, potevano ora usare la forza militare senza ritegno per consolidare ed espandere il potere globale degli Stati Uniti.

Queste ambizioni hanno attraversato le linee di partito, dai "neoconservatori" repubblicani ai falchi democratici come Madeleine Albright, Hillary Clinton e Joe Biden.

 

Dare alla guerra troppe possibilità.

In un discorso al “Council on Foreign Relations “(CFR) nell'ottobre 2000, un mese prima di vincere un seggio al Senato degli Stati Uniti, “Hillary Clinton” fece eco al famigerato rifiuto della sua mentore “Madeleine Albright” della "Dottrina Powell" della guerra limitata.

 

"C'è un ritornello...", dichiarò Clinton, "che dovremmo intervenire con la forza solo quando affrontiamo splendide piccole guerre che sicuramente possiamo vincere, preferibilmente con la forza schiacciante in un periodo di tempo relativamente breve.

 A coloro che credono che dovremmo essere coinvolti solo se è facile da fare, penso che dobbiamo dire che l'America non ha mai e non dovrebbe mai sottrarsi al difficile compito se è quello giusto".

Durante la sessione di domande e risposte, un dirigente bancario tra il pubblico ha sfidato la Clinton su questa affermazione.

 "Mi chiedo se pensate che ogni paese straniero – la maggior parte dei paesi – accoglierebbe con favore questa nuova assertività, compreso il miliardo di musulmani che ci sono là fuori", ha chiesto, "e se non c'è o meno un grave rischio per gli Stati Uniti in questo... cosa direi, non un nuovo internazionalismo, ma un nuovo imperialismo?"

 

Quando la politica di guerra aggressiva promossa dai neoconservatori e dai falchi democratici si è schiantata e bruciata in Iraq e in Afghanistan, questo avrebbe dovuto indurre a riconsiderare seriamente le loro ipotesi sbagliate sull'impatto dell'uso aggressivo e illegale della forza militare statunitense.

 

Invece, la risposta della classe politica statunitense al contraccolpo delle sue catastrofiche guerre in Iraq e in Afghanistan è stata semplicemente quella di evitare grandi dispiegamenti di forze di terra statunitensi o "stivali sul terreno".

Hanno invece abbracciato l'uso di devastanti bombardamenti e campagne di artiglieria in Afghanistan, Mosul in Iraq e Raqqa in Siria, e le guerre combattute per procura, con il pieno sostegno "corazzato" degli Stati Uniti, in Libia, Siria, Iraq, Yemen e ora Ucraina e Palestina.

L'assenza di un gran numero di vittime statunitensi in queste guerre li ha tenuti lontani dalle prime pagine in patria ed ha evitato il tipo di contraccolpo politico generato dalle guerre in Vietnam e in Iraq.

La mancanza di copertura mediatica e di dibattito pubblico ha fatto sì che la maggior parte degli americani sapesse molto poco di queste guerre più recenti, fino a quando la scioccante atrocità del genocidio a Gaza ha finalmente iniziato a incrinare il muro del silenzio e dell'indifferenza.

I risultati di queste guerre per procura degli Stati Uniti sono, prevedibilmente, non meno catastrofici delle guerre in Iraq e in Afghanistan.

Gli impatti politici interni degli Stati Uniti sono stati mitigati, ma gli impatti del mondo reale nei paesi e nelle regioni coinvolte sono mortali, distruttivi e destabilizzanti come sempre, minando il "soft power" degli Stati Uniti e le pretese di leadership globale agli occhi di gran parte del mondo.

 

In realtà, queste politiche hanno allargato l'abisso tra la visione del mondo degli americani male informati che si aggrappano alla visione del loro paese come un paese in pace e una forza per il bene nel mondo, e le persone in altri paesi, specialmente nel Sud del mondo, che sono sempre più indignati dalla violenza, dal caos e dalla povertà causati dalla proiezione aggressiva del potere militare ed economico degli Stati Uniti. E sia che si tratti di guerre statunitensi, guerre per procura, campagne di bombardamenti, colpi di stato o sanzioni economiche.

 

Ora le guerre sostenute dagli Stati Uniti in Palestina e Ucraina stanno provocando un crescente dissenso pubblico tra i partner dell'America in queste guerre.

 Il recupero da parte di Israele di altri sei ostaggi morti a Rafah ha portato i sindacati israeliani a indire scioperi diffusi, insistendo sul fatto che il governo Netanyahu deve dare la priorità alla vita degli ostaggi israeliani rispetto al suo desiderio di continuare a uccidere palestinesi e distruggere Gaza.

In Ucraina, una leva militare allargata non è riuscita a superare la realtà che la maggior parte dei giovani ucraini non vuole uccidere e morire in una guerra senza fine e impossibile da vincere.

 I veterani incalliti vedono le nuove reclute proprio come “Siegfried Sassoon” ha descritto i coscritti britannici che stava addestrando nel novembre 2016 nelle Memorie di un ufficiale di fanteria:

"La materia prima da formare stava peggiorando costantemente. La maggior parte di coloro che arrivavano ora si erano arruolati nell'esercito contro la loro volontà, e non c'era motivo per cui dovessero trovare tollerabile il servizio militare".

Diversi mesi dopo, con l'aiuto di “Bertrand Russell,” “Sassoon” scrisse “Finish With War: a Soldier's Declaration,” una lettera aperta che accusava i leader politici che avevano il potere di porre fine alla guerra di averla deliberatamente prolungata. La lettera è stata pubblicata sui giornali e letta ad alta voce in Parlamento. Terminava:

"A nome di coloro che stanno soffrendo ora, faccio questa protesta contro l'inganno che viene praticato su di loro; credo anche che possa aiutare a distruggere l'insensibile compiacimento con cui la maggior parte di coloro che sono a casa considerano la continuazione di agonie che non condividono e che non hanno abbastanza immaginazione per realizzare".

Mentre i leader israeliani e ucraini vedono sgretolarsi il loro sostegno politico, Netanyahu e Zelenskyy corrono rischi sempre più disperati, insistendo nel frattempo sul fatto che gli Stati Uniti devono venire in loro soccorso.

 "Guidando da dietro", i nostri leader hanno ceduto l'iniziativa a questi leader stranieri, che continueranno a spingere gli Stati Uniti a mantenere le loro promesse di sostegno incondizionato, che prima o poi includeranno l'invio di giovani soldati americani a uccidere e morire insieme ai loro.

La guerra per procura non è riuscita a risolvere il problema che era destinata a risolvere.

Invece di agire come alternativa alle guerre di terra che coinvolgono le forze statunitensi, le guerre per procura degli Stati Uniti hanno generato crisi sempre crescenti che ora stanno rendendo sempre più probabili le guerre degli Stati Uniti con l'Iran e la Russia.

Né i cambiamenti all'addestramento militare degli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, né l'attuale strategia statunitense di guerra per procura hanno risolto l'antica contraddizione che” Slam Marshall” ha descritto in “Men Against Fire”, tra le uccisioni in guerra e il nostro naturale rispetto per la vita umana.

Abbiamo chiuso il cerchio, siamo tornati a questo stesso crocevia storico, dove dobbiamo ancora una volta fare la scelta fatidica e inequivocabile tra la via della guerra e la via della pace.

 

Se scegliamo la guerra, o permettiamo ai nostri leader e ai loro amici stranieri di sceglierla per noi, dobbiamo essere pronti, come ci dicono gli esperti militari, a mandare ancora una volta decine di migliaia di giovani americani a morire, rischiando anche un'escalation in una guerra nucleare che ci ucciderebbe tutti.

Se scegliamo veramente la pace, dobbiamo resistere attivamente ai piani dei nostri leader politici per manipolarci ripetutamente in guerra.

Dobbiamo rifiutarci di offrire volontariamente i nostri corpi e quelli dei nostri figli e nipoti come carne da cannone, o permettere loro di scaricare quel destino sui nostri vicini, amici e "alleati" in altri paesi.

Dobbiamo insistere affinché i nostri leader sbagliati si impegnino invece nuovamente nella diplomazia, nel negoziato e in altri mezzi pacifici per risolvere le controversie con altri paesi, come la Carta delle Nazioni Unite, il vero "ordine basato sulle regole", di fatto richiede.

(Nicolas J. S. Davies è un giornalista indipendente, ricercatore per CODEPINK e autore di Blood on Our Hands: The American Invasion and Destruction of Iraq, and War in Ukraine: Making Sense of a Senseless Conflict, scritto insieme a Medea Benjamin.)

 

 

 

 

Il nuovo pantano di Israele:

un’invasione di terra del Libano.

 

Comedonchisciotte.org – redazione CDC - Mohamad Hasan Sweidan, thecradle.co – (28 settembre 2024) – ci dice:

L'esercito di occupazione è stato espulso due volte dal Libano da Hezbollah. A distanza di due decenni, sta progettando un'altra invasione di terra del suo vicino settentrionale, questa volta contro un avversario molto più sofisticato.

Il 26 settembre, l’esercito israeliano ha annunciato la conclusione di un’esercitazione di brigata che simulava un’operazione di terra in Libano, a diversi chilometri dal confine comune.

Negli ultimi due giorni, diversi ufficiali militari israeliani, tra cui il Capo di Stato Maggiore “Herzi Halevy “e il Comandante del Nord “Uri Gordin”, hanno parlato della disponibilità dell’esercito di occupazione a eseguire operazioni di terra in Libano.

Ma come può Tel Aviv concepire realisticamente di lanciare truppe di terra in un Paese che non una, ma due volte, è riuscito a espellere le forze di occupazione, per ingaggiare un combattimento contro un avversario – il gruppo di resistenza libanese Hezbollah – che è molto meglio armato e organizzato rispetto agli anni passati?

Caratteristiche della strategia israeliana finora.

Dall’inizio della sua recente escalation con il Libano, Israele sembra condurre la sua guerra su cinque binari simultanei.

In primo luogo, cerca di colpire il sistema di comando e controllo di Hezbollah, principalmente attraverso omicidi mirati contro i principali leader militari della resistenza, il cui obiettivo più recente è il comandante dell’unità di droni “Abu Saleh Sorour”.

Il secondo obiettivo è colpire direttamente le capacità militari di Hezbollah, sulla base di una serie di obiettivi già stabiliti da Tel Aviv:

lunedì scorso, gli israeliani hanno annunciato di aver colpito con successo 1.600 obiettivi militari della resistenza, tra cui depositi di armi, depositi di missili e piattaforme di lancio.

 In particolare, hanno rivendicato lo stesso tipo di successi nella guerra del luglio 2006, che si sono rivelati grossolanamente imprecisi.

In terzo luogo, Israele mira ad esercitare una pressione interna libanese su Hezbollah, danneggiando i suoi elettori, sostenitori e persino detrattori.

Nelle ultime due settimane Tel Aviv ha intensificato i suoi sanguinosi attacchi alle popolazioni e alle aree civili, uccidendo oltre 728 civili, ferendone migliaia e sfollando quasi 390.000 persone, secondo i dati ufficiali del governo libanese.

Il quarto è il tentativo di influenzare l’ambiente libanese in generale a rivoltarsi contro la resistenza attraverso campagne mediatiche sistematiche – in collaborazione con i media libanesi e con personalità che ripetono a pappagallo le narrazioni intimidatorie di Israele al fine di addomesticare e frenare le azioni di Hezbollah.

 La quinta e ultima pista, ad oggi, è la crescente minaccia e preparazione di un’invasione israeliana di terra del Libano – anche se limitata – con l’obiettivo di confermare la superiorità israeliana sul campo controllando le aree libanesi, anche per brevi periodi.

Le reazioni di Hezbollah?

Naturalmente, la resistenza intende ostacolare le strategie di Israele attraverso una serie di passi interconnessi.

Dopo ogni assassinio, Hezbollah conferma che il suo sistema di comando e controllo non è stato intaccato, quindi lancia un’escalation controllata per confermare la sua prontezza di fronte agli shock nemici.

Ciò è stato evidente il 24 settembre, quando Hezbollah ha lanciato un attacco con oltre 300 missili il giorno dopo la campagna aerea di Israele, essenzialmente per confermare che le sue capacità missilistiche erano pronte e cariche, pronte a esplodere.

Come nei passati confronti israeliani con Hezbollah, la base di sostegno di quest’ultimo rimane in gran parte coerente e favorevole ai piani di escalation della resistenza.

 Separare Hezbollah dal suo ambiente di incubazione è una strategia israeliana che ha ripetutamente fallito, soprattutto perché i ranghi della resistenza provengono proprio da questa stessa realtà.

Infine, l’obiettivo di Israele di mettere l’opinione pubblica libanese contro la resistenza non è avanzato, fino ad oggi.

Piuttosto, le aggressioni israeliane hanno aumentato la coesione nazionale, in particolare dopo l’attacco terroristico via cercapersone da parte dello Stato occupante, tranne in alcuni casi limitati.

La quinta pista: invasione di terra del Libano.

Negli ultimi giorni, le discussioni sulla possibilità di un’incursione di terra israeliana in Libano sono aumentate notevolmente.

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è vantato che le operazioni militari contro il Libano continueranno “a pieno regime per garantire che Hezbollah sia ‘significativamente indebolito’” e ha respinto gli appelli internazionali per un cessate il fuoco immediato.

 

Il capo di stato maggiore dell’esercito ha anche dato istruzioni alle forze israeliane di prepararsi a un possibile attacco di terra allo scopo di stabilire una zona cuscinetto israeliana nel sud del Libano.

Dal punto di vista operativo, l’esercito di occupazione si sta preparando a questa eventualità eseguendo esercitazioni e convocando due brigate di riserva sul fronte settentrionale.

Secondo fonti occidentali e israeliane, esistono diversi scenari per un’eventuale invasione di terra israeliana del Libano, ognuno dei quali offre obiettivi strategici e rischi diversi:

 

Il primo è un’azione di terra limitata all’interno del territorio libanese con l’obiettivo di colpire obiettivi specifici di Hezbollah vicino al confine, come i siti di lancio dei missili, o di liberare un’area per impedire alla resistenza di compiere attacchi contro Israele.

Si tratterebbe di un’azione a breve termine, utilizzata per fare pressione sulla controparte nei negoziati per il cessate il fuoco.

A questo punto, se Tel Aviv sceglierà l’opzione dell’azione di terra, questo sarà lo scenario più probabile.

La seconda è un’incursione di terra limitata per spingere le forze di resistenza a ritirarsi dal confine, in particolare per ridurre la portata dei missili guidati anticarro che Hezbollah possiede.

I comandanti militari israeliani hanno indicato che questa opzione servirebbe a creare una “zona di sicurezza” che si estende da 8 a 10 chilometri all’interno del territorio libanese.

In particolare, questo scenario aumenta la probabilità di combattimenti prolungati e di maggiori perdite umane e militari per Israele.

Terzo, un’invasione completa del Libano – lo scenario più estremo – con l’obiettivo di distruggere le capacità di Hezbollah.

Attualmente, questo scenario rimane altamente improbabile a causa del suo profilo estremamente rischioso – e dato che l’obiettivo a breve termine di Tel Aviv non è quello di distruggere Hezbollah, ma piuttosto di cambiare gli ostacoli alla sicurezza sul suo confine con il Libano.

Attaccare dove?

Un attacco di terra israeliano – limitato o esteso – dovrebbe concentrarsi su specifiche aree geografiche del Libano, principalmente il sud, dove Tel Aviv vuole la sua zona cuscinetto libera da Hezbollah, o la regione della Bekaa che fiancheggia il confine siriano.

Israele prevede uno scenario simile allo status quo del Libano meridionale negli anni ’90, in cui ha mantenuto una zona di sicurezza per limitare l’accesso di Hezbollah al confine – prima di essere epurato dai commando della resistenza nel 2000.

Al contrario, un’azione di terra israeliana limitata nella “Bekaa” avrebbe lo scopo di colpire e stringere le rotte logistiche e di rifornimento di armi di Hezbollah dalla Siria, sia tagliando le rotte terrestri tra il Libano e la Siria, sia tagliando le linee di rifornimento tra la “Bekaa” e il sud.

 La base di questo processo sarà la continuazione degli attacchi aerei israeliani nella “Bekaa”, che hanno preso di mira quattro principali valichi di frontiera con la Siria: Al-Arrayedh, Mutariba, Saleh e Qabsh.

 

La maggior parte degli analisti occidentali non è ottimista sul fatto che l’esercito israeliano riesca a eseguire operazioni di terra in Libano, date le capacità potenziate e sofisticate di Hezbollah di affrontare un’azione del genere.

In un articolo del “Washington Post”, lo scrittore “Max Boot” afferma che questa opzione selvaggia “sarebbe un altro pantano per Israele”.

 Dal punto di vista di Tel Aviv, lo scenario migliore sarebbe che la sua campagna aerea riuscisse a fermare il fronte libanese di sostegno a Gaza e consentisse ai coloni israeliani sfollati di tornare alle loro case nella parte settentrionale di Israele.

Ma non essendo probabile una risoluzione imminente del conflitto con il Libano – dato il rifiuto di Netanyahu di prendere in considerazione un cessate il fuoco nel nord, per non parlare di quello a Gaza – la possibilità di un’azione di terra israeliana in Libano aumenta, nonostante gli straordinari rischi per l’esercito di occupazione.

 Dalla sua recente storia di battaglie con la resistenza libanese, in cui Israele ha perso la faccia, Tel Aviv sa bene che la sua superiorità aerea è eguagliata solo dal vantaggio terrestre di Hezbollah.

(Mohamad Hasan Sweidan, thecradle.co)

 

 

L'emergenza suolo in Europa.

Politico.eu - Alessandro Ford – (27-settembre – 2024) – ci dice:

 

Tra siccità e inondazioni, la mancata azione volta a ripristinare la salute del suolo sta lasciando sempre più terreni agricoli inzuppati d'acqua e screpolati dal calore.

 

BRUXELLES — Il meteo estremo ha reso il 2024 un anno rovinoso per gli agricoltori europei.

 Caricato dal cambiamento climatico, un ciclo selvaggio di siccità e inondazioni, ondate di calore invernali e gelate tardive ha devastato le aree agricole.

Negli ultimi mesi, le mucche sono morte di sete in Sicilia, i campi di grano sono diventati paludosi in Francia e l'uva da vino è appassita in Germania.

I danni causati dalle inondazioni di settembre in Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria non sono ancora stati calcolati, ma la Commissione europea la scorsa settimana ha impegnato 10 miliardi di euro in fondi di coesione per aiutare il ripristino.

I paesi stanno attingendo alla riserva di emergenza da 450 milioni di euro della Politica agricola comune (PAC) e il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (EUSF) sta lavorando straordinariamente per aiutare le riparazioni.

Sorprendentemente, però, quasi nessuno parla del degrado del suolo, sia come obiettivo di ripristino che come fattore di facilitazione della crisi, ha affermato “Benedikt Bösel”, economista agricolo e agricoltore tedesco dello stato di Brandeburgo.

"Abbiamo avuto questo numero folle di inondazioni che è strettamente correlato al fatto di non tenere conto del fatto che il suolo è in realtà qualcosa che assorbe e immagazzina acqua", ha detto “Bosel, mentre il suo grano, mais, segale e farro soffocavano nel recente caldo fuori stagione.

Se "produci in un modo che ignora quella capacità, allora è quello che ottieni", ha sostenuto.

 

L' omertà attorno alla terra è in parte comprensibile.

 Un centimetro di terreno superficiale impiega decenni per riformarsi, rendendolo un oggetto poco pratico per l'assistenza post-crisi.

Imporre misure per consolidare il terreno, come un minor uso di agrochimici e più strisce anti-insetti, siepi e colture di copertura, è politicamente tossico (si pensi alle proteste dei trattori), mentre i decisori politici sono riluttanti ad aumentare gli incentivi.

Nel frattempo, l'UE sta ancora cercando di approvare la sua prima legge sul suolo.

Declassata da regolamento sulla salute del suolo, la “Direttiva sul monitoraggio e la resilienza del suolo “è nata debole l'anno scorso ed è diventata ancora più debole mentre si fa strada attraverso la pipeline legislativa, perdendo pelle a quasi ogni fase.

 Quindi, cosa sta succedendo ai suoli europei?

 E stiamo facendo abbastanza?

 

Scienza rivoluzionaria.

Sotto la sottile striscia ai nostri piedi giace il fragile futuro dell'agricoltura europea.

Circa il 60 percento del suolo europeo è in condizioni malsane, minacciato da una serie di processi degradanti tra cui erosione, compattazione, salinizzazione, inquinamento, perdita di biodiversità e sigillatura, secondo la strategia per il suolo dell'UE.

"Ha un impatto diretto, ovviamente, sulla produttività agricola e, di conseguenza, anche sul sistema alimentare e sulla sicurezza alimentare", ha affermato un esperto della Commissione europea che lavora sulla strategia per il suolo, a cui è stato concesso l'anonimato in quanto non autorizzato a rilasciare dichiarazioni ufficiali.

"L'erosione idrica è uno dei peggiori processi di degradazione [per i quali] abbiamo tassi molto elevati".

 

"Quindi si tratta in realtà di rimuovere lo strato superficiale del terreno, che è davvero il più ricco di materia organica, che gioca un ruolo chiave nei cicli dei nutrienti e dell'acqua", hanno detto a POLITICO.

 "Inoltre, la biodiversità del suolo ha un ruolo importante nel ciclo dei nutrienti e nella disponibilità per le colture [mentre] la compattazione del suolo limita, ad esempio, la crescita delle radici e l'infiltrazione dell'acqua".

In breve, i terreni sani sono la chiave per buoni raccolti.

 Ciò è stato in parte dimostrato dalle rese dolorosamente basse di quest'anno, in particolare in Francia.

Lì, il terreno erboso inzuppato, combinato con temperature volatili, ha trascinato la produzione di grano al minimo degli ultimi 40 anni, estromettendo Parigi dalla lista dei primi cinque esportatori di cereali al mondo e cedendo quote di mercato alla Russia  una superpotenza dei cereali.

"Abbiamo avuto questo numero folle di inondazioni che è strettamente correlato al fatto che non si tiene conto del fatto che il suolo è in realtà qualcosa che assorbe e immagazzina acqua".

A livello globale, il degrado del suolo costa più di 5,5 trilioni di euro all'anno, oltre l'8 percento del prodotto interno lordo (PIL) mondiale, anche se il ripristino può fruttare da 6 a 27 euro per ogni euro investito, secondo un nuovo rapporto pubblicato dal movimento “Save Soil.”

 All'interno dell'UE, i costi annuali risultanti ammontano a decine di miliardi di euro, sei volte di più del prezzo dell'azione.

 

A marzo, l'Agenzia europea per l'ambiente ha identificato la salute del suolo come un rischio "sostanziale" con un'urgenza "critica" nella sua prima valutazione del rischio climatico.

L'agenzia ha previsto un'alta probabilità di peggioramento dell'erosione e dell'aridità nei prossimi 15 anni, ma anche una media probabilità di un degrado diffuso del suolo che causa "impatti a cascata significativi sulla produzione alimentare, l'approvvigionamento idrico e la biodiversità" entro il 2100.

Secondo “Basel”, l'agricoltore tedesco, è chiaro che l'attuale politica agroalimentare non fa che peggiorare la situazione. "Non c'è futuro in cui possiamo continuare come siamo."

Dipendenza agricola 

La direttiva sul monitoraggio del suolo è un caso di aspettative gestite.

 La Commissione avrebbe dovuto proporre una legge UE sulla salute del suolo durante l'ultimo mandato, il suo secondo tentativo dopo che il Commissario per l'ambiente sloveno “Janez Potočnik” ci aveva provato e fallito dal 2009 al 2014. Tuttavia, una crescente reazione negativa al” Green Deal “ha fatto sì che il “Berlaymont” presentasse un disegno di legge timido.

"Sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno indebolito significativamente molti elementi della proposta della Commissione" da allora, ha affermato “Caroline Heinzel,” responsabile politica associata per il suolo presso l'”European Environmental Bureau”, una ONG.

"Nessuna delle istituzioni è riuscita a trasformare questa legge in [uno] strumento robusto ... con obiettivi giuridicamente vincolanti e piani nazionali obbligatori per la salute del suolo".

Detto questo, “Heinzel” è cauto nel non criticare troppo la legge, poiché è ancora pioniera nella creazione del primo sistema di osservazione per i suoli a livello di blocco.

 Data l'aspra polarizzazione della politica agroalimentare dell'UE, i piccoli passi sono probabilmente la cosa migliore, ha sostenuto “Praveena Sridhar”, responsabile scientifico del movimento “Save Soil”.

 

"Serve un ecosistema di supporto agli agricoltori molto forte" e "bisogna avere interventi semplificati e facili da adottare", ha detto.

Far passare gli agricoltori a pratiche rispettose del suolo è necessariamente lento: "è quasi come svezzare qualcuno da una certa dipendenza", ha ridacchiato.

In questo senso, la mediocrità della direttiva aiuta.

I sindacati agricoli sono stati costruttivamente critici nei suoi confronti, rispetto alla rabbia sfrenata che hanno dimostrato verso altre leggi del “Green Deal”, come la controversa “Nature Restoration Law” , la direttiva sulle emissioni industriali rivista e il regolamento sulla riduzione dei pesticidi , quest'ultimo brutalmente eliminato.

Cosa vuole l'industria?

 "Supporto, supporto, supporto", ha affermato “Niall Curley”, consulente politico senior per i suoli presso la lobby degli agricoltori “Copa-Cogeca”.

"Ciò significa maggiori supporti educativi, maggiori supporti finanziari e maggiore accesso agli strumenti che consentono una migliore gestione".

 Gli agricoltori sanno meglio di chiunque altro come ripristinare la propria terra e dovrebbero possedere i dati raccolti, ha spiegato.

È un dibattito delicato ma, con negoziati a tre attesi già a ottobre, la presidenza ungherese del Consiglio dell'UE ha reso la direttiva una priorità politica, cercando di guadagnare qualche punto verde senza sconvolgere troppo lo status quo agricolo.

 Non è necessariamente una cosa negativa.

Da un lato, la velocità ha dei vantaggi ambientali, ha riflettuto “Sridhar”.

Ma d’altro canto, ha detto, l’esperienza dimostra che un cambiamento duraturo comporta più spesso “una svolta di 1 grado piuttosto che una svolta di 180 gradi”.

 

 

 

 

 

Un viaggio attraverso l'Europa in

auto elettrica, una carica alla volta.

 

Politico.eu – (19 settembre 2024) - Jordyn Dahl – ci dice:

 

 

Molti paesi dell'UE vogliono incentivare la proprietà di veicoli elettrici, ma le infrastrutture di ricarica variano notevolmente da un paese all'altro.

Questo articolo fa parte di “The New Commute” , uno speciale rapporto sulla mobilità urbana in Europa del “Global Policy Lab” di POLITICO: Living Cities.

Ci siamo fermati accanto al caricabatterie per discutere del corretto ordine delle cose: si carica la carta di pagamento e poi si collega il cavo?

 O si inserisce prima il cavo?

Io e i miei nuovi amici, o meglio, una coppia così gentile da aiutarmi, facevamo fatica a far funzionare un caricabatterie elettrico nel bel mezzo del nulla della Repubblica Ceca.

Ero al quarto giorno del mio viaggio in auto da Bruxelles a Budapest e questo è stato il primo caricabatterie rotto che ho incontrato.

Accanto alla mia “Polestar 2” a noleggio, la” Tesla Model Y “della coppia si stava ricaricando senza problemi.

 

"Puoi usarlo dopo di noi", disse “Daniel Janina” timidamente.

 

“Janina”, 31 anni, e la sua compagna” Kristina Pokryvkova”, 30 anni, hanno acquistato la Tesla un anno fa, sfruttando gli incentivi in ​​Slovenia, dove gli acquirenti di veicoli elettrici potevano ottenere un sussidio fino a 6.500 € .

La coppia è originaria della Slovacchia, ma quel paese non offre sussidi per i veicoli elettrici.

Eravamo gli unici conducenti di veicoli elettrici all'area di sosta per camion a 21 chilometri da Brno.

Sebbene avesse due caricabatterie, l'area di sosta era stata progettata pensando ai motori a combustione interna e ai camionisti.

 C'era un hotel per chi cercava una notte in un vero letto e un ristorante, insieme a uno snack bar e un sacco di distributori di benzina.

La coppia era all'ultima tappa del loro viaggio su strada verso casa dopo essere andata in Danimarca in vacanza.

Hanno fatto molti viaggi del genere da quando hanno acquistato l'EV e non si guardano indietro.

Come parte del suo lancio sul mercato, Tesla sta installando una rete di caricabatterie ultraveloci con una potenza fino a 350 kilowatt, i cosiddetti super charger, che secondo “Pokryvkova” hanno reso queste avventure divertenti anziché un peso.

"In ogni caso devi fermarti per andare in bagno o per mangiare qualcosa, quindi è abbastanza semplice collegare la macchina e andare a fare quello che vuoi", ha detto.

Ha anche fatto risparmiare loro denaro:

“ Janina” stima che la Renault che possedevano prima costasse circa 10 € per 100 chilometri.

Mentre lui usa i super charger più costosi per i viaggi più lunghi, ha detto che ricaricare in ufficio per il suo tragitto casa-lavoro regolare ha abbassato quel prezzo a 3 € per 100 chilometri.

Li ho salutati, ho preso uno spuntino e ho aspettato che l'auto si ricaricasse dopo aver scaricato la batteria al 9 percento.

 Quasi due ore dopo, la batteria ha finalmente raggiunto il 100 percento.

Non si trattava di uno dei sofisticati super charger della Tesla, ma di uno da 33 kilowatt gestito da una delle tante aziende che si stanno lanciando nel settore della ricarica.

A quasi ogni fermata, ho dovuto registrarmi per un nuovo servizio, scaricare un'app o scansionare un altro codice “QR” per accedere alla potenza. (Uno dei punti lungo il percorso non accettava numeri belgi per la registrazione di un account.)

Nonostante la percezione della mancanza di infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici sia al centro delle discussioni, il più grande ostacolo lungo il percorso è stato il tempo impiegato per la ricarica, non la disponibilità di punti di ricarica veri e propri.

 

I caricabatterie ultraveloci, chiamati anche caricabatterie DC, sono meno ampiamente disponibili nel blocco.

 Un'analisi della lobby automobilistica ACEA ha scoperto che solo 1 caricabatterie su 8 nell'UE è un caricabatterie DC.

 

"Se vogliamo convincere gli europei a passare ai veicoli elettrici, la ricarica dovrebbe essere semplice come lo è oggi il rifornimento di carburante", ha affermato “Sigrid de Vries”, direttore generale dell'ACEA, in un comunicato stampa.

Riempire un serbatoio di benzina richiede dai cinque ai 10 minuti.

 Ricaricare una batteria EV può richiedere dai 20 minuti alle quattro ore, tutto dipende dal tipo di caricabatterie e da quanta potenza passa.

Tali impegni di tempo potrebbero non avere importanza durante un tranquillo viaggio in auto, ma possono causare stress o ritardi se si sta cercando di presentarsi a un incontro di lavoro.

Si è parlato molto anche del divario tra Occidente e Oriente in termini di disponibilità di caricabatterie e infrastrutture; c'è del vero in questo.

Durante un viaggio da Budapest a Debrecen e ritorno il quinto giorno, ho esaurito la batteria a metà strada tra le due città.

Dopo aver trovato un caricabatterie nelle vicinanze su una mappa di percorso, mi sono fermato in un quartiere tranquillo, al confine con un enorme campo di mais. Accanto all'ultima casa, con vista sulle distese di mais, c'era un caricabatterie per veicoli elettrici.

Era rotto.

La Germania aveva l'infrastruttura di ricarica più solida, tanto che l'aveva addirittura integrata nella segnaletica lungo le autostrade, con un'icona di ricarica accanto alla tradizionale pompa di benzina.

Il settimo giorno ho trovato la mecca delle stazioni di ricarica: situata lungo l'autostrada tra Monaco e Stoccarda, l'area di sosta era interamente pensata per i trasporti elettrici: autobus, automobili e camion.

Oltre a un ristorante, bagni nuovi di zecca e WiFi gratuito, la fermata aveva 12 super charger Tesla, quasi due dozzine di caricabatterie da 33 kilowatt e sei punti più grandi per autobus, che erogavano 300 kilowatt di potenza.

L'azienda di trasporto pubblico tedesca AVV aveva uno dei suoi autobus elettrici in carica a pochi metri dalla mia Polestar.

Un caffè e tre quarti d'ora dopo ero di nuovo in viaggio, diretto verso casa dopo aver percorso più di 3.800 chilometri, incluse 18 soste per la ricarica.

 

 

 

La crescente epidemia di criminalità

in Svezia allarma i suoi vicini.

 

Politica.eu – (27 settembre 2024) - Charlie Duxbury – ci dice:

Le sparatorie compiute dai membri di gang svedesi in altri paesi aumentano la pressione sul governo di Stoccolma.

La criminalità organizzata è la sfida politica più grande che il governo svedese deve affrontare oggi.

MOSS, Norvegia — Una notte dell'inverno scorso, “Christer Nersund “si trovava nella sua casa in riva al lago, ai margini della cittadina norvegese di “Moss”, quando ha sentito gli spari.

“Nersund”, un manager pubblicitario di 38 anni, all'inizio pensò che si trattasse di un incidente stradale.

Ma quando vide i veicoli di emergenza sfrecciare verso una vicina palestra e un parco, capì che si trattava di qualcosa di più serio.

Secondo quanto riportato dai rapporti della polizia, dall'altra parte dell'oceano, alcuni gangster svedesi avevano rintracciato un rivale e avevano tentato di ucciderlo.

Mentre i bambini si allenavano a pallamano a pochi metri di distanza, l'uomo è stato lasciato a dissanguarsi nella neve.

 È stato trasportato in elicottero in un ospedale e alla fine è sopravvissuto.

Da allora, tre uomini sono stati arrestati in Svezia in relazione all'attacco e sono stati estradati in Norvegia, dove sono ancora in custodia.

"Non mi spavento facilmente", ha detto “Nersund”. "Ma quello che è successo quella notte ha scosso la gente qui".

La criminalità organizzata è la sfida politica più grande che il governo svedese deve affrontare oggi.

 Circa 195 sparatorie e 72 attentati hanno causato 30 vittime solo quest'anno e hanno minato il senso di sicurezza dei cittadini svedesi in tutto il paese.

 La sparatoria a Moss è stato un segnale precoce che la crisi interna della Svezia si sta riversando negli stati confinanti.

In Norvegia, l’ex ministro della Giustizia “Sylvi Listhaug “ha invitato il suo Paese a essere vigile contro una deriva verso quelle che ha definito “condizioni svedesi”.

Costernazione nordica.

La polizia norvegese sospetta che un attentato nella vicina città di Drøbak sia stato opera di membri di gang svedesi.

Ritengono che le gang svedesi di narcotrafficanti siano ora operative in tutti i 12 distretti di polizia della Norvegia dopo aver recentemente ampliato le operazioni.

Nel frattempo, le autorità danesi hanno segnalato un crescente afflusso di criminali svedesi nella vicina Danimarca, sottolineando che molte delle reclute sono molto giovani.

A inizio settembre, la polizia danese ha accusato due adolescenti svedesi di tentato omicidio, affermando che erano stati assoldati da bande criminali organizzate svedesi e danesi che collaboravano tra loro.

 La polizia ha affermato di stare attualmente lavorando su circa 25 casi simili.

Solo quest'anno in Svezia, circa 195 sparatorie e 72 attentati hanno causato 30 vittime.

"I bambini soldato vengono reclutati dalle gang per attaccarsi a vicenda", ha detto di recente ai giornalisti il ​​ministro della Giustizia danese “Peter Hummelgaard”. "Cosa sta succedendo dall'altra parte dell'Øresund?", ha detto, riferendosi allo stretto che separa Danimarca e Svezia.

Essere chiamati in causa dai vicini scandinavi è uno sviluppo scioccante e umiliante per la Svezia, un paese da tempo considerato un baluardo europeo di stabilità sociale.

 La situazione della sicurezza in Svezia rischia di minare la reputazione del paese in patria e all'estero, affermano gli osservatori.

"Questo è imbarazzante per la Svezia e sembra terribile", ha affermato “Fredrik Furtenbach” , un commentatore politico della radio nazionale svedese SR, solo lo scorso agosto.

A fine agosto, il ministro danese “Hummelgaard” ha convocato a Copenaghen il ministro della Giustizia svedese” Gunnar Strömmer” per colloqui d'urgenza sulla questione.

Dopo l'incontro, “Strömmer” ha riconosciuto la fondatezza delle preoccupazioni circa la criminalità organizzata in Svezia che colpisce i paesi vicini, sottolineando inoltre come la Svezia debba fare di più per fermare il problema alla fonte.

Il governo di centro-destra svedese, salito al potere nel 2022 con il sostegno dei Democratici Svedesi di estrema destra, ha promesso di attuare quello che ha definito un "cambiamento di paradigma" nel modo in cui affronta la criminalità.

Ha aumentato le condanne per i reati legati alle armi e sta valutando di abbassare l'età in cui i criminali possono essere ritenuti responsabili delle loro azioni.

Ha anche introdotto un nuovo sistema di zone di “stop-and-search”.

Ma la repressione non ha ancora avuto effetti seri e le sparatorie e gli attentati con bombe contro i membri delle gang e le loro famiglie continuano sia in Svezia che all'estero. 

Negli ultimi mesi, alcuni “gangster svedesi” sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco dai loro rivali in Bosnia, Turchia e Iraq .

In un discorso pronunciato all'inizio di settembre, la leader dell'opposizione socialdemocratica svedese “Magdalena Andersson” ha affermato che il governo "non ha un piano" per impedire alle gang di reclutare nuovi membri.

 

Sangue nella neve.

La polizia sospetta che l'attacco del 28 novembre a Moss abbia avuto inizio con un messaggio di testo poche ore prima della sparatoria, contenente un orario (le 17:00) e un luogo di ritrovo (la palestra cittadina, Mossehallen), inviato dai sospettati svedesi alla vittima, un uomo svedese sui 30 anni residente nella cittadina, secondo quanto riportato dai rapporti della polizia citati dall'emittente nazionale norvegese NRK.

Gli indagati hanno anche inviato tramite SMS il tipo di auto con cui sarebbero arrivati: una Peugeot 208.

Una simile catena di eventi è conforme a un metodo regolarmente utilizzato dai gangster svedesi, che adescano il bersaglio fingendo di proporre un affare o di trasmettere un messaggio da un contatto.

La criminalità organizzata è la sfida politica più grande che il governo svedese deve affrontare oggi.

Mentre la vittima si avvicinava all'auto, parcheggiata vicino all'ingresso di Mossehallen, risuonò una raffica di colpi.

Il suono di nove colpi di pistola fu catturato da una registrazione CCTV alle 16:52.

Mentre la polizia si precipitava sul posto, i sospettati sono fuggiti su un'autostrada vicina e si sono diretti a sud, oltre il confine, in Svezia.

Nelle settimane successive, la polizia svedese e norvegese ha esaminato attentamente le telecamere di sorveglianza e altri documenti per rintracciare la Peugeot e ricondurla a un'agenzia di autonoleggio nella cittadina di “Vetlanda”, in Svezia.

A fine dicembre dell'anno scorso, due uomini sono stati arrestati nella città svedese di “Goteborg” in relazione al caso.

Si ritiene che uno abbia noleggiato l'auto.

Un terzo uomo è stato arrestato a Stoccolma dopo che la polizia ha perquisito il suo telefono in relazione a un altro presunto crimine e ha trovato collegamenti con l'attacco di Moss, ha riferito NRK.

I cittadini di Moss ricordano chiaramente la sparatoria.

"Abbiamo dei criminali qui, non è che siamo angeli", ha detto uno studente sedicenne della città, a cui è stato concesso l'anonimato per motivi di sicurezza, che di recente stava camminando vicino al luogo della sparatoria.

 "Ma questo tipo di violenza è qualcosa che non abbiamo davvero, e non vogliamo", ha detto.

Visitato in un recente giorno feriale, “Mossehallen “sembrava un posto improbabile per un tentato omicidio.

Gruppi di scolari sono arrivati ​​in autobus con l'attrezzatura per le lezioni di sport. Altri hanno completato gli esercizi scolastici nel parco adiacente dove una scultura di due sedie a sdraio giganti era stata graffitata con le parole "amore" e "fede".

Mentre portava a spasso il cane davanti al corridoio, “Nersund”, il residente locale, ha detto che era scioccante che la brutale violenza delle gang svedesi si fosse diffusa nel suo tranquillo quartiere.

 Ha aggiunto che i norvegesi avevano osservato per anni con preoccupazione la criminalità delle gang in Svezia diffondersi in tutto il paese e diventare più violenta.

Non si aspettava soluzioni rapide.

"I problemi in Svezia hanno impiegato molto tempo per raggiungere il livello attuale e probabilmente ci vorrà altrettanto tempo per risolverli", ha affermato “Nersund”. 

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