Il green è molto chic.
Il
green è molto chic.
Non è
tutto “green” quello che luccica:
il
fenomeno del “Greenwashing”.
Rinnovabili.it
– (26 Ottobre 2023) - Furio Truzzi - depositphotos.com – ci dice:
Il
Greenwashing è una tecnica di comunicazione o di marketing che vuole dimostrare
un finto impegno nei confronti dell’ambiente e del pianeta.
Essere
“green” oggi va molto di moda, e come spesso accade quando emerge una novità,
alcune aziende ‘cavalcano l’onda’ attraverso pratiche che però a tutti gli
effetti sono ingannevoli dichiarando, come in questo caso, di essere
eco-friendly quando in realtà di green e di eco non hanno molto.
Parliamo
di” Greenwashing”, una tecnica di comunicazione o di marketing che vuole
dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente e del pianeta con
l’obiettivo di:
mostrare
più “sostenibile” la propria realtà e guadagnare punti in reputazione e
immagine aziendale;
catturare
l’attenzione dei consumatori attenti alla sostenibilità, che oggi rappresentano
una buona fetta di pubblico.
Il
termine nasce da un gioco di parole tra green (verde, simbolo di ambiente ed
ecologia) e washing (lavare) che richiama il “whitewashing”, letteralmente
“dare una mano di bianco” e quindi coprire, nascondere.
Per fare degli esempi concreti, un’azienda che
pratica il “Greenwashing” comunica attraverso un’azione di marketing l’impiego
di prodotti riciclati o processi produttivi sostenibili, quando in realtà non è
così.
A
parlarne per la prima volta fu l’ambientalista statunitense “Jay Westerveld”
che lo utilizzò nel 1986 per stigmatizzare la pratica delle catene alberghiere
che facevano leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria per
invitare gli utenti a ridurre il consumo di asciugamani mentre la motivazione
reale però era legata al risparmio economico.
Ma con
il passare del tempo la “pratica del Greenwashing” si è intensificata e ad oggi
il consumatore deve potersi difendere per non cadere nella trappola.
COME
RICONOSCERE IL GREENWASHING
In
genere nei prodotti che usano questo tipo di strategia di marketing non vi sono
informazioni o dati puntuali che supportino quanto dichiarato.
Esistono
però dei campanelli d’allarme che dovremmo prendere in considerazione per
tutelarci da una informazione fuorviante ed ingannevole.
1°
DATI INFORMATIVI NASCOSTI – quando ad esempio nell’etichetta di un capo d’abbigliamento
dichiarato 100% riciclabile viene evidenziata solo una delle fibre che lo
compongono;
2°
NESSUNA DIMOSTRAZIONE – quando viene dichiarato che il prodotto ha determinate
caratteristiche sostenibili ma non ne vengono forniti ulteriori informazioni o
certificati che ne dimostrano la veridicità;
3°
IMPRECISIONE E VAGHEZZA DELLE INFORMAZIONI – le informazioni sono generiche al
punto da creare confusione nei consumatori;
In
Italia fino al 2014 non esisteva un riferimento legislativo specifico per il
Greenwashing, ma il controllo era affidato all’Antitrust sotto la disciplina
della “pubblicità ingannevole”.
Nel marzo 2014, l’”Istituto Autodisciplina
Pubblicitaria” ha pubblicato la 58° edizione del “Codice di Autodisciplina
della Comunicazione Commerciale”, che propone un primo riferimento all’abuso di
diciture che richiamino la tutela ambientale.
Oggi
il Greenwashing in Italia viene considerato pubblicità ingannevole ed è
controllato dall’”Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato”.
In passato sono state già emesse diverse
sentenze di condanna per alcune aziende che facevano uso del Greenwashing, tra
le acque in plastica come:
Ferrarelle
che pubblicizzava la bottiglia a “impatto zero” promettendo la compensazione
della CO2 emessa con la tutela di nuove foreste:
l’azienda è stata multata perché la definizione di
“impatto zero” lascia intendere che la CO2 venga interamente compensata.
San
Benedetto è stato multato per avere presentato la sua bottiglia di plastica
come “amica dell’ambiente” in diverse pubblicità.
Sant’Anna
è stata multata nel 2012 perché nella pubblicità sull’eco-bottiglia riportava
pregi ambientali superiori alla realtà.
COME
DIFENDERSI?
In
primo luogo è fondamentale leggere bene le etichette, poi il modo migliore per
accertarsi della veridicità della reale sostenibilità delle aziende in tema di
ecosostenibilità sono le certificazioni ambientali (attestati nei quali viene
certificato l’impegno di un’organizzazione per il rispetto dell’ambiente).
Il
Parlamento europeo inoltre, ha approvato nei giorni scorsi una risoluzione
legislativa che introduce un nuovo standard volontario per l’uso dell’etichetta
“european green bond”, il primo del suo genere al mondo che ha come scopo
principale quello di contrastare e combattere il Greenwashing.
Infine,
da uno studio scientifico pubblicato sul tema del “brand della coscienza”, “How
to build a conscientious corporate brand together with business partners di
Oriol Iglesias, Michela Mingione , Nicholas Ind. , Stefan Markovic”, si evince
che non è utopico per un’azienda costituire il concetto di brand con una
coscienza (ossia un brand maggiormente umanizzato ) che non utilizza la
sostenibilità come semplice veste, ma che la integra nella sua strategia e nella
sua mission.
Nello
studio è stato creato un modello scientifico per poter costruire un brand con
una coscienza assieme ai propri business partner al fine di evitare il
Greenwashing e questo attraverso un allineamento basato su un equilibrio tra i
profitti di breve e lungo termine, tra equilibrio di” shareolders” e “stakeholders”
ed infine con la co-creazione di valore delle imprese e di tutti i suoi “stakeholders”.
Un
valore che non viene più creato in modo unilaterale dalle imprese, ma dalle
imprese insieme a tutti coloro che partecipano all’interesse dell’impresa
(consumatori, fornitori, distributori).
Carlo
III, il più chic
dei
radical chic.
Ilfoglio.it - Alberto Mattioli - (10 set.
2022) – ci dice:
Green
ante litteram e violoncellista. Il vizio di dire quel che pensa.
L’apprendistato di un Re intraprendente e con un nome Stuart.
La
regina è morta, lunga vita alla regina.
Come
nuovo re, Carlo III avrà un problema:
è
abituato a pensare quello che dice e, peggio ancora, a dire quello che pensa.
Sua madre aveva forse delle idee, ma di certo
si è sempre ben guardata dal manifestarle.
Come da prassi costituzionale, del resto:
nel Regno Unito, il sovrano è l’arbitro, non
un giocatore.
Di
conseguenza opinioni, gusti e disgusti, antipatie e simpatie li tiene per sé.
Da principe del Galles, Carlo li metteva
invece per iscritto sotto forma di lettere a ministri e parlamentari, pizzini
sui temi a lui cari di cui si biasimava, oltre all’inopportunità
costituzionale, la terribile grafia da zitella vittoriana.
Quanto
alle sue idee, Carlo è sostanzialmente il più chic dei radical chic.
Decisamente in anticipo sui tempi, già negli anni Ottanta imperversava con le
sue crociate per l’agricoltura biologica, l’ecologia, l’ambiente, i concimi
naturali e contro il brutalismo architettonico e urbanistico.
Poiché
è coerente, nella sua tenuta di “Highgrove” produce marmellate e altri prodotti
biologici, che si vendono peraltro benissimo, e ci ha pure scritto un libro,
che si è venduto meno bene.
Quanto alla sua abitudine di conversare con le
piante, poteva essere considerata una deliziosa eccentricità molto inglese e
molto aristocratica, mentre oggi appare piuttosto l’espressione di un animo
doverosamente green.
Anche
sua madre parlava con cani e cavalli, ma per un’altra ragione: non dicono mai
sciocchezze.
Recentemente,
Carlo si è anche appassionato alla sostenibilità dell’abbigliamento, creando
perfino una “Fashion task force” per promuoverla.
Anche
in questo, o forse per la ben nota parsimonia scozzese della famiglia, ha dato
l’esempio:
lo si è visto per anni con lo stesso cappotto
cammello e, in una memorabile occasione, con una toppa sulla giacca.
E non quelle belle toppe di pelle che stanno
così bene sui gomiti delle giacche di tweed, proprio un quadratino di stoffa
cucito sul davanti per celare il buco di una tarma evidentemente repubblicana.
Inutile dire che era elegantissimo anche così.
Il
punto è che, mentre la sua famiglia ha sempre avuto con quei curiosi
parallelepipedi di carta chiamati libri un rapporto fuggevole, considerandoli
per lo più elementi d’arredo, lui li legge.
È
insomma un uomo colto, forse l’unico della famiglia dai tempi del principe
Alberto, che però era anche insopportabilmente pedante e pesante.
Carlo
è anche preparatissimo a regnare, visto che aspetta di farlo da più di
settant’anni e nell’attesa ha accumulato una serie di competenze disparate ma
vastissime che vanno dal saper guidare un elicottero al suonare il violoncello
e, pare, pure decentemente.
Il
modello è il nonno di suo nonno, Edoardo VII, costretto anche lui a
un’interminabile attesa mentre mamma Vittoria restava reclusa, sommersa dalle
gramaglie, nei suoi castelli “iperkitsch” fra i quali, appunto, “Balmoral” (per il giubileo dei sessant’anni di
regno dovettero mandarla in giro quasi a forza, perché molti sudditi erano
convinti che fosse morta).
Anche
Edoardo, nei brevi momenti lasciati liberi dalla sua passione per le attrici e
lo champagne, fu un sovrano piuttosto interventista, anche se principalmente in
politica estera.
Certo,
nell’opinione pubblica pesa ancora su Carlo il matrimonio con Diana, la peggior
minaccia alla monarchia britannica dai tempi di Hitler.
Ma
ormai sono storie vecchie, e Camilla è riuscita a farsi, se non amare, almeno
apprezzare dai sudditi, e anche dalla suocera.
Sarà
un’impeccabile regina consorte.
Quanto
a lui, si aspetta di vederlo all’opera con una certa curiosità.
Ieri è
sceso dalla berlina fuori dal cancello di Buckingham e ha stretto un po’ di
mani dei dolenti per sua madre, cosa che quest’ultima non avrebbe certo fatto.
Si può nutrire qualche apprensione sul fatto
che voglia “modernizzare” la monarchia britannica, che a noi piace invece così
com’è, meravigliosamente rétro. Il banco di prova sarà la sua incoronazione,
che nelle forme tradizionali prevede sei ore di puro medioevo scintillante e
spettacolare (vecchia regola: mettete gli inglesi con i piedi su un palcoscenico o con
il sedere su un cavallo, e faranno faville).
Ma non
si sa se e quando si farà.
In
compenso, oggi dal balcone del “palazzo di Saint James” un araldo in cotta
d’armi proclamerà il suo avvento al trono, e sono sempre bei momenti.
Infine,
l’ha notato nessuno:
interessante
che Carlo abbia deciso di regnare con il suo nome.
Sua
madre, d’accordo, fece lo stesso, ma Edoardo VIII si chiamava in effetti David
e Giorgio VI, Albert.
Perché
Carlo sia stato battezzato così è un mistero, forse l’unico del regno di
Elisabetta:
non è
un nome Hannover poi Sassonia-Coburgo-Gotha e infine (dal 1917) Windsor,
insomma della dinastia regnante, ma di quella scozzese cui scippò il trono, gli
Stuart.
A loro
non portò bene:
fra
Carlo I, decapitato da Cromwell, e Carlo II si perpetrò l’unico periodo
repubblicano della storia britannica, e lasciò pessimi ricordi.
Ma per far sì che il Regno resti Unito, Scozia
compresa, forse prendere un nome scozzese non è una cattiva idea.
Netanyahu
ritira l'idea del cessate
il
fuoco con Hezbollah. Poi la smentita.
Ilfoglio.it - Micol Flammini – (27 set. 2024)
– ci dice:
Ingabbiato
dalla politica in casa, il premier arriva a New York tra le accuse degli Stati
Uniti e dice: in Libano andiamo avanti. Israele colpisce Beirut e uccide il
capo dei droni Mohammed Srur.
[AGGORNAMENTO]
Nella
notte, l'ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha
rilasciato una dichiarazione su” X “in merito ai "resoconti errati"
sull'iniziativa di cessate il fuoco guidata dagli Usa.
"È
importante chiarire che, all'inizio di questa settimana, gli Stati Uniti hanno
informato Israele della loro intenzione di proporre, insieme ad altri partner
internazionali e regionali, una proposta di cessate il fuoco in Libano.
Israele condivide gli obiettivi
dell'iniziativa, volti a consentire alle persone di tornare in sicurezza nelle
proprie case lungo il confine settentrionale e apprezza gli sforzi degli Usa in
questo senso".
La
voglia di tregua di Benjamin Netanyahu è ingabbiata dalla politica litigiosa
del suo governo e gli Stati Uniti hanno deciso, con fonti anonime, di far
sapere che la proposta di un cessate il fuoco di ventuno giorni tra Israele e Libano per negoziare un accordo più ampio era
tutt’altro che un piano esclusivamente americano e francese, ma era stato
discusso e approvato anche dal primo ministro israeliano che dopo il suo arrivo
a New York, e dopo le dichiarazioni degli alleati, avrebbe dovuto dire che sosteneva
la proposta e dava il via libera per negoziare.
Appena atterrato per partecipare all’Assemblea
delle Nazioni Uniti, Netanyahu invece ha detto di non aver mai approvato l’idea
di un cessate il fuoco e Israele continuerà a colpire Hezbollah con tutta la
sua potenza.
Le
parole che il ministro israeliano per gli Affari strategici, “Ron Dermer”,
aveva consegnato ai diplomatici stranieri erano inequivocabili e raccontavano
che Netanyahu non vuole un’invasione di terra.
La
giornata che avrebbe dovuto aprire a nuove soluzioni è stata una ripetizione di
quelle precedenti, con gli stessi pericolosità, mortalità e logorii:
Hezbollah
ha bombardato Israele ha colpito il Libano meridionale e Beirut, in cui è stato
eliminato” Mohammed Srur”, capo del programma dei droni del gruppo. Hezbollah è indebolito, ma ha ancora la forza
di combattere una guerra contro Israele.
Chi si
oppone al cessate il fuoco crede che ventuno giorni sarebbero sufficienti al
gruppo per farsi trasferire armi dall’Iran e anziché essere usati per negoziare
il ritiro dei miliziani dal confine con Israele e la messa in sicurezza della
regione settentrionale dello stato ebraico, verrebbero usati per rafforzarsi e
tornare a combattere con più forza.
Gli
israeliani credono che sia questo il momento di sconfiggere Hezbollah, ma per
farlo, la valutazione dell’esercito è che sia necessario invadere.
Chi si
oppone al cessate il fuoco sono i ministri estremisti, come “Itamar Ben-Gvir “e
“Bezalel Smotrich” che hanno minacciato di far cadere il governo in caso di
accordo, ma anche le opposizioni credono che sia un azzardo lasciare per troppo
tempo Hezbollah libero dai combattimenti.
“Yair Lapid”, il leader del partito di
centrosinistra “Yesh Atid”, ha scritto su “X” che dopo una tregua di una
settimana, se non ci sono passi avanti per la sicurezza di Israele, bisogna
continuare a combattere.
La
condanna dei più accaniti oppositori del cessate il fuoco colpisce direttamente
gli alleati, accusati di voler fermare Israele quando è a un passo dai suoi
obiettivi.
Netanyahu
sapeva tutto e riguardo alla possibilità di una guerra in Libano concorda con
gli Stati Uniti, che hanno svelato il doppio gioco del premier accolto dalle
proteste a New York mentre anche in Israele i suoi concittadini hanno
manifestato:
l’idea
di un cessate il fuoco ha riaperto la speranza in un’intesa con Hamas per
liberare gli ostaggi.
Tanto è stato il pasticcio della politica
israeliana, che Hezbollah non ha dovuto neppure comunicare cosa pensa della
tregua.
Mete
Trendy 2024: i rifugi green-chic,
in
montagna o in Versilia,
dall’eco-design
innovativo!
Neveglam.com - Dario Bragaglia – (February15, 2024) –
ci dice:
Montagne
in Technicolor: si aprono alla vista dalle vetrate ultra panoramiche dell’Hôtel
Chetzeron di Crans-Montana a 2112 metri di altitudine.
Si fa
presto a dire Turismo del Lusso.
Quello
contemporaneo, cerca di adeguarsi alla nuova generazione dei “Green-Chic”, in un
equilibrio difficile da raggiungere, in sintonia con piaceri della vita sempre
più sofisticati ma anche attento a non depauperare le risorse ambientali ed
energetiche del pianeta.
Per i
cultori del filone eco-chic (leggi alla voce turisti responsabili) abbiamo
passato al setaccio diverse ‘locations’, focalizzando, infine, l’attenzione su
appena cinque proposte ‘trendy’ da visitare.
Però
in punta di piedi, magari con le babbucce firmate appena entrati in camera,
dove il rispetto per l’ambiente è molto, molto di più di un semplice titolo da
prima pagina.
Nel
Giura Svizzero, patria dei cucù, spunta il primo” Green-Hôtel” firmato “Audemars
Piguet”: design essenziale e servizio ultra preciso, simile a un cronografo.
“Le
Brassus” nella “Vallée de Joux”, Canton Vaud, è un luogo legato alle tradizioni
dell’orologeria svizzera.
Il confine francese è a soli 6 chilometri,
siamo a un’ora d’auto da Ginevra ma qui prevale l’ambiente naturale tipico del “Giura”
dal fascino un po’ nordico.
Dal
1875 “Le Brassus” è la sede della maison “Audemars Piguet”, orologeria di
lusso, che con l’apertura dell’ “Hôtel des Horlogers” si è lanciata nel mondo
dell’ hôtellerie.
L’approccio
è stato originale:
niente
chalet in legno e richiami all’immaginario tradizionale elvetico, piuttosto una
rigorosa scelta per il cemento e il vetro.
Un serpentone che si dipana su 25 metri di
dislivello di fronte ad un’immensa prateria e alla foresta di” Risoud”.
Un
esempio di stanza ‘total-white’ dell’Hôtel des Horlogers nel Jura Svizzero.
Esempio
di albergo ultra-green (per le rigide normative rispettate) e ‘
anti-pollution’.
Il
progetto porta la firma degli architetti danesi (con sede a New York) di BIG
(Bjarke Ingels Group), mentre per gli interni ci si è affidati a AUM Pierre
Minassian, architetto lionese autore dell’allestimento di ville di lusso in
tutto il mondo.
Sobrie
e chic le 50 camere e suites fanno tutt’uno con la natura circostante:
un’attenzione all’ambiente che ha meritato
all’ “Hôtel des Horlogers il label” Minergie Eco”, uno dei più severi in
assoluto (“zero uso di solventi e colle e prodotti chimici in fase di
costruzione, abolizione della carta nella vita quotidiana dei clienti...”).
Le
suite, un esempio di eco-responsabilità, si aprono al panorama circostante che
invita alla quiete, alla riservatezza e alla moderazione nei consumi.
Idem
per la scelta del partner a cui affidare la Spa:
“Alpeor”,
marca fermamente legata al biologico nel settore cosmetico. Di pari livello
l’offerta gastronomica, supervisionata dallo chef “Emmanuel Renaut” – tre
stelle al Flocons de sel di Megève – assistito sul posto dall’executive chef “Alessandro
Cannata”.
La “Valle
de Joux” è il posto ideale per escursioni con le racchette, passeggiate fra le
foreste di conifere, escursioni sulle montagne del Giura e sulle rive del lago
e, quando la stagione lo consente, splendide uscite in bicicletta o e-bike.
“The
Lonely One”:
la
sensazione di ritrovarsi dispersi tra le montagne ricoperte da manti candidi di
neve come quelli di un ermellino.
Così
l’esperienza di un soggiorno in pieno inverno all’ “Hôtel Chetzeron” (Crans
Montana), raggiungibile solo con motoslitta o sci ai piedi.
Crans-Montana, contemplazione e tentazioni “gourmands”
a oltre 2 mila metri di altezza.
Immaginatevi
una vecchia stazione della cabinovia a 2.112 metri di altitudine trasformata
prima in un ristorante e poi in un design hotel. Siamo nel comprensorio di “Crans-Montana”,
la stazione sciistica del Vallese da cui si possono ammirare molte delle cime
più alte delle Alpi.
Dalle
camere, dalle terrazze e dalla piscina dello “Chetzeron” si scorgono i profili
inconfondibili di Bishorn (4.153 m.), Weisshorn (4.506 m.), Zinalrothorn (4.221
m.), Dent Blanche (4.357 m.) e anche del Cervino (4.478 m.).
Le
stanze dello “Chetzeron “invitano alla contemplazione dello stile rustico
svizzero ma ben proiettato nel futuro….il design è impeccabile e mai
oleografico.
Qui,
materiali poveri come il legno e la pietra trionfano ma in modo sublime.
In
inverno sullo “Chetzero”n si arriva con gli sci o con il gatto delle nevi e la
salita sarà ripagata da un panorama a 360°.
La
ristorazione – una pausa più leggera a pranzo nel corso di una giornata
dedicata allo sci o una cena gourmet – è un fiore all’occhiello della
struttura.
Propone
piatti a base di prodotti locali e di stagione a marchio Slow Food.
Le 16 camere e suites promettono poi un
pernottamento circondanti da un bene prezioso: il silenzio.
Il
cemento abbinato alla pietra e al legno di quercia caratterizzano il recupero
di questo ex edificio di servizio, oggi trasformato in un complesso ricettivo
dove potersi rilassare in un contesto schiettamente alpino.
Nel
patois locale, “Chetzeron” significa “cresta rotonda” e descrive la posizione
dell’hotel che sorge isolato su un promontorio circondato da foreste di larici
e abeti.
Una
palizzata di legni chiari (abete e cirmolo che han fatto la fortuna del
territorio) ricopre la facciata dell’”Hôtel de Len” di Cortina d’Ampezzo, uno
dei più eco-chic d’Italia e forse d’Europa.
A
Cortina un 4 stelle eco-responsabile.
Cortina-Style.
Un
esempio di stanza dell’”Hôtel de Len”:
calma, lusso e voluttà declinate in versione “Green-Chic.
Nel
centro della Perla delle Dolomiti, l’”Hôtel de Len” (di legno, in ladino) fa
riferimento già nel nome all’uso e al riuso di un nobile materiale che in
passato – fin dai tempi della Serenissima – ha fatto la fortuna economica della
conca ampezzana.
Nel restauro di quello che era l’Hotel Impero,
lo studio veneziano “Gris+Dainese” ha valorizzato le qualità estetiche e quelle
legate al benessere (isolamento acustico, protezione dall’inquinamento
atmosferico e elettromagnetico) del legno di abete e di cirmolo.
Questo
4 stelle (“ma con un servizio che si avvicina a quello di un 5 stelle” ndr.)
che dispone di sole 22 fra camere e suite sfoggia uno dei suoi punti di forza
al sesto piano.
Qui è
stata posizionata la” Spa ultra panoramica”, con una vetrata che offre una
vista privilegiata sulla valle. Il concetto di “wellbeing” si applica a tutti i
momenti del soggiorno improntato alla rigenerazione del corpo e dello spirito,
dall’attività fisica alla ristorazione, dalla scoperta del territorio al
contatto con il meraviglioso ambiente dolomitico.
Gli
spazi conviviali dell’”Hôtel de Len”, invitano, dopo un’intensa giornata di
sci, alla riflessione sul tema del “Green Design”, specie se ci si accomoda su
generosi divani verde muschio sullo sfondo di rustici pannelli di legno.
Da
sottolineare che le nutrite proposte gastronomiche dell‘”Hötel de Len” si
avvalgono della supervisione dello chef stellato “Andrea Ribaldone”:
il
cuoco milanese con origini piemontesi (alessandrine per la precisione) è
consulente di alcune delle migliori strutture italiane.
A chi
ama il bello, segnaliamo che la proprietà dell’hôtel (la gestione è affidata al
“Gruppo San Domenico”) ha arredato gli spazi comuni con una collezione di arte
e fotografia contemporanea dove spiccano molti nomi importanti.
L’”Hôtel
de Len” non è che un esempio del rinnovamento dell’offerta ricettiva che la”
Capitale delle Dolomiti” sta mettendo in campo in vista delle Olimpiadi
Invernali di Milano-Cortina in programma fra due anni.
Nascosta
tra i pini marittimi si scorge la facciata imponente dell'”Hôtel Imperiale” di
Forte dei Marmi.
Immersa
nel verde dei pini marittimi della Versilia si scorge la facciata del Grand
Hôtel Imperiale di Forte dei Marmi.
Un
must per chi cerca, in vacanza al mare, quiete, riservatezza e un lusso sobrio
ma sofisticato.
Forte dei Marmi, un rifugio di lusso nel cuore
della Versilia.
A
pochi passi dal celebre Pontile che si allunga nel Mar Tirreno, il “Grand Hotel
Imperiale” è un’oasi circondata da pini marittimi al centro di Forte dei Marmi.
Il
rifugio ideale per concedersi una pausa, anche in inverno, e scoprire quanto è
bello il mare fuori stagione.
La
lunga spiaggia di sabbia, con la cornice delle Alpi Apuane, è lo scenario
ideale per lunghe e rilassanti passeggiate.
L’impeccabile
accoglienza 5 stelle lusso la si scopre già all’arrivo nella hall con la
profusione di marmi pregiati delle vicine cave, già frequentate dal grande
Michelangelo.
Le installazioni di arte contemporanea
aggiungono un” tocco glam” ad un benvenuto sempre cortese e professionale.
L’atmosfera
ricercata e chic aleggia in tutte le stanze.
Ma è
la Royal Suite, con i suoi toni pastello, i doppi bagni rivestiti di marmi e
l’ampia zona living a incantare gli ospiti per il suo tocco davvero
straordinario e principesco.
Il
Golden Bar è un piacevole spazio di incontro dove lo chef barman “Diego
Frediani” propone classici intramontabili e alcuni signature che invitano a
sperimentare cocktail elaborati con creatività e sapiente uso delle materie
prime.
Magari
da sorseggiare in un elegante bicchiere in marmo di Carrara.
Il ristorante” L’Olivo” è il luogo dove lo
chef” Mario Cucchiara” fa incontrare tradizione e contemporaneità:
i pici
fatti in casa, la selezioni di formaggi e prosciutti toscani sono solo alcune
fra le tentazioni proposte dal ristorante.
Le
candide ed eleganti stanze del Grand Hôtel Imperiale hanno un tocco sofisticato
e retro’.
L’accoglienza in Versilia è al top!
Il “Grand
Hotel Imperiale” è anche la base ideale per scoprire la costa e l’entroterra
attraverso un gran numero di esperienze organizzate direttamente dallo staff
della struttura (cave di marmo, volo in mongolfiera, in elicottero, escursioni
in e-bike).
E
tanti altri tour gastronomici o esperienziali, a Firenze, Siena e nelle
località della vicina Riviera ligure e della Maremma.
Un
salto nel passato.
Tra le
antiche e rosate mura del Borro si respira la quintessenza dell’atmosfera
toscana, fatta di ritmi lenti, modi aristo-chic.
A tavola, piatti della tradizione contadina e
conviviale che esaltano le materie prime del territorio, rigorosamente “bio”,
raccolte a mano ogni mattina nella omonima “tenuta dei Ferragamo”, da sempre
‘principi-della-moda’, dello stile e ora dell’accoglienza.
Il “Borro”,
ospitalità nella “tenuta bio” dei Ferragamo.
Un
antico villaggio di origine medievale appartenuto nel corso dei secoli ai Del
Borro, ai Medici-Tornaquinci, agli Hohenlohe-Waldenburg, ai Savoia-Aosta e
infine acquistato, nel 1993, da Ferruccio Ferragamo, grande nome della moda
italiana.
L’obiettivo
era quello di trasformare questa antica rocca e i terreni circostanti, 1.100
ettari posti in posizione strategica nel Valdarno Disopra, vicino ad Arezzo, in
una azienda agricola con ospitalità.
Oggi
Il Borro è condotto da due dei sei figli di Ferruccio:
“Salvatore”
che si occupa della produzione vinicola e della ricettività e “Vittoria” che,
come responsabile della sostenibilità, porta avanti le istanze di rispetto
ambientale molto sentite dal padre fin dall’acquisizione di questi terreni,
ormai più di trent’anni fa.
La
produzione dell’orto biologico comprende, oltre a frutta e verdura, uova,
formaggi, miele e olio di oliva, anche l’allevamento di galline, pecore, vacche
di razza Chianina.
Camera
con vista: sembra uscire dalle pagine del romanzo di” Edward Morgan Forster “questa
stanza che si direbbe perfetta per chi, spirito romantico, ama e riflette sulla
bellezza circostante del paesaggio.
Sul
fronte ricettivo “Il Borro” offre 38 splendide suite e camere nel villaggio
medioevale, oltre a sistemazioni di lusso nella “Dimora Storica”, nella “Villa
Mulino” e nella “Villa Casetta” (fanno parte del circuito Relais &
Châteaux).
Altre
20 suite e camere sono disponibili nelle “Aie del Borro”, tre ex edifici
agricoli risalenti all’epoca del Granducato di Toscana, restaurati in chiave
contemporanea nel 2019.
Chi
predilige un’accoglienza in stile agriturismo può far riferimento a I
Borrigiani, gli appartamenti che si trovano a 1,5 chilometri dal villaggio.
«90
SECONDI ALL’ESTINZIONE
DELL’UOMO
SULLA TERRA».
Inchiostronero.it
- Redazione Inchiostronero – Roberto Galtieri – (27-9-2024) – ci dice:
Lo
indica l’orologio dell’Apocalisse.
Si
lanciano al Mondo intero proclami di minaccia sulla catastrofe globale.
L‘Orologio
dell’Apocalisse è un simbolo creato nel 1947 dagli scienziati del “Bulletin of
the Atomic Scientists” per rappresentare quanto l’umanità sia vicina a una
catastrofe globale.
6/9
agosto 1945. Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Perdite civili: 90
000 – 166 000 vittime a Hiroshima. 60 000 – 80 000 vittime a Nagasaki. Sono
seguite altre vittime ammalatesi negli anni per varie patologie tumorali.
L’orologio
dell’apocalisse è un orologio metaforico che indica quanti minuti mancano
all’estinzione dell’umanità sul nostro pianeta a causa di una guerra nucleare.
Visto il catastrofico risultato delle bombe
atomiche sganciate dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki, ben consci dei
pericoli derivati dalla corsa all’armamento nucleare, nel 1947, un consiglio di
esperti formato anche da scienziati insigniti del premio Nobel fra le 10
università più quotate al mondo (coordinati dalla University of Chicago)
diedero vita al Bulletin del SABS (Atomic Scientists’ Science and Security
Board).
Questo aveva come scopo quello di dare vita,
appunto, ad un metaforico orologio misurante il tempo mancante ad un conflitto
nucleare e con esso l’estinzione dell’umanità.
Da qualche anno gli scienziati hanno aggiunto
al rischio di una guerra nucleare anche il rischio per l’umanità dovuto al
cambiamento climatico ed ogni anno aggiornano le lancette del “Doomsday Clock”,
l’orologio dell’apocalisse, sempre più vicino a mezzanotte.
Il
tempo metaforicamente mancante all’olocausto nucleare fu stabilito dall’inizio
del giorno (00:01 alle 24:00) e ai minuti mancanti alla fine dello stesso:
l’ora fatidica.
Quando
gli scienziati diedero inizio a quest’impresa, all’inizio della guerra fredda
(formalmente il 12 marzo 1947), l’orologio fu impostato alle 23:53,7 minuti
prima della mezzanotte. Da allora e fino ad oggi le lancette dell’orologio sono
state spostate ben 23 volte.
Quando
nel 1991, ad esempio, furono firmati gli accordi START (Strategic Arms
Reduction Treaty, tra Stati Uniti e Unione Sovietica il trattato per la
riduzione delle armi strategiche e la loro revisione nel 2001) l’orologio segnò
la massima distanza da mezzanotte: 17 minuti.
Dallo
scorso anno, invece e fino al momento in cui scrivo gli scienziati hanno
determinato il tempo più vicino all’estinzione: 90 secondi.
Dieci secondi in meno della distanza minima
mai raggiunta di 100 secondi annunciata nel 2020.
Nelle
indicazioni degli scienziati vanno presi in conto due fattori. Le lancette
dell’orologio vengono spostate una volta l’anno, nel corso della seconda metà
di gennaio; quindi non possono essere tenute in conto, per esempio, crisi che
si manifestano successivamente e della durata di un paio di settimane pur
gravissime, anche se in seguito risolte, come quella di Cuba (14-28 ottobre
1962) la quale ci avvicinò alla guerra nucleare.
Secondo
fattore di determinazione della distanza delle lancette dell’orologio alla
mezzanotte è che da qualche anno, oltre la minaccia bellica, gli scienziati di
Chicago considerano quale pericolo di estinzione dell’umanità anche il
cambiamento climatico.
Lo
spostamento delle lancette dipende quindi dall’azione politico-militare degli
stati.
Dagli inizi della guerra fredda, la deterrenza
nucleare delle allora uniche due super potenze nucleari (USA e URSS) era basata
sulla “MAD” (Mutually Assured Destruction).
La base teorica della deterrenza risiedeva
nella comune convinzione che un attacco di una delle due super potenze contro
l’altra avrebbe portato ad una risposta massiccia non determinando nessun
vincitore e dunque l’estinzione dell’umanità a causa del lancio di migliaia di
bombe nucleari.
Nel
2001, in seguito all’attacco alle Torri Gemelle, gli USA modificarono però la
loro N.P.R. (la Nuclear Posture Review) la quale legittima l’utilizzo dell’arma
nucleare a scopo difensivo, anche da armi non nucleari.
Allo
stesso tempo l’Amministrazione degli USA sviluppò una strategia militare
integrata che coniugava l’uso dell’arma convenzionale con quella nucleare nella
convinzione che fosse possibile un uso intelligente dei missili, fossero essi
convenzionali che nucleari.
Teoria
peraltro dimostratasi estremamente fallace in ogni teatro di guerra, per
esempio nella guerra contro la Serbia.
Così operando, però, questa decisione
unilaterale degli Stati Uniti ha obbligato gli altri stati dotati di armi
nucleari ad adottare la medesima dottrina aumentando così il rischio di
conflitto.
Se
consideriamo inoltre i molteplici scenari di guerra in Ucraina e in Medio
Oriente, la crisi nel mar cinese meridionale, l’installazione in Europa (in
Germania e Italia prevalentemente) di missili di crociera USA Tomahawk,
l’instabilità guerreggiante nel nord Africa e nell’Africa sub sahariana questi
scenari faranno avanzare ancora le lancette verso la guerra nucleare il
prossimo gennaio, periodo nel quale appare l’annuale Bulletin indicando
l’avanzamento o la retrocessione delle lancette dell’orologio dell’Apocalisse.
Ammesso
che l’apocalisse non avvenga prima dell’uscita del prossimo Bulletin e la
guerra nucleare non concretizzi l’estinzione dell’umanità, magari, sia in
assenza di scelta che di un errore tecnico.
Poiché la diminuzione della distanza
dall’obiettivo dovuta alla velocità dei nuovi vettori nucleari non fornisce
tempo di reazione umana sufficiente alla risposta e quindi quest’ultima è
sempre più affidata ai computer, di certo non infallibili.
Il
caso più clamoroso e conosciuto di errore dei mezzi tecnici di controllo della
reazione nucleare che avrebbe potuto portare l’umanità alla distruzione da
guerra nucleare avvenne il 26 settembre 1983.
Era
notte: il tenente colonnello dell’Armata Rossa, “Stanislav Evgrafovic Petrov”
era comandante di turno del bunker “Serpukhov 15” incaricato di controllare le
informazioni che i satelliti spia inviavano circa i movimenti dei missili
americani. Sugli schermi dei monitor gli apparve l’informazione per la quale 5
missili intercontinentali erano partiti dalla base statunitense del Montana,
direzione Unione Sovietica.
In
caso di attacco nucleare preventivo proveniente dagli Stati Uniti il protocollo
lo obbligava ad informare i suoi superiori i quali, in qualche decina di
secondi avrebbero dovuto decidere la rappresaglia:
l’invio di missili balistici per distruggere
obiettivi strategici in Europa occidentale e negli Stati Uniti.
Qualcosa,
però, insospettì il colonnello.
Si chiese infatti se ci fosse bisogno di solo
5 missili per distruggere l’URSS e se gli USA avrebbero scatenato la terza ed
ultima guerra mondiale con un numero così ridotto di missili.
In
pochi secondi prese la decisione che salvò l’umanità dall’olocausto nucleare:
interpretò il segnale come un errore del satellite.
Gli storici scrivono che ciò che il satellite
sovietico interpretò come il lancio di cinque missili balistici
intercontinentali dalla base nel Montana era in realtà l’abbaglio del sole
riflesso dalle nuvole.
Oggi i
tempi di reazione ad un attacco nucleare preventivo da qualsiasi parte provenga
sono molto più ridotti che nel passato.
I
missili nucleari sono più veloci e più vicini agli obiettivi.
I vari
colonnelli Petrov non avranno tempo di decidere poiché saranno computer
sofisticatissimi ad analizzare e decidere automaticamente e autonomamente a far
partire la massiccia rappresaglia nucleare.
L’Assemblea
generale dell’ONU ha introdotto lo scorso anno la Giornata Internazionale per
l’eliminazione totale di tutte le armi nucleari;(sì, proprio l’ONU f.d.b.)
giornata che viene celebrata ogni anno il 26 settembre. Chi informerà la
supposta intelligenza artificiale di comportarsi come il colonnello Petrov?
Espansione-NATO-1990-2022.
Negli
anni Ottanta del secolo scorso, nel momento più pericoloso della guerra fredda,
quando i dirigenti dell’URSS erano convinti che gli Stati Uniti fossero pronti
ad un attacco preventivo e che l’installazione degli euromissili in Europa
occidentale fosse il passo strategico definitivo dello scatenarsi della guerra,
in Europa occidentale si palesò un vastissimo movimento per la pace, contro
l’installazione del Tomahawk e Pershing.
Il
movimento europeo per il disarmo nucleare E.N.D. (campaign for European Nuclear
Disarmament) organizzò manifestazioni in tutta l’Europa occidentale per imporre
la non-installazione sia degli euromissili americani che degli SS-20 sovietici.
Le
manifestazioni portarono in piazza, in quei giorni, milioni di cittadini.
L’8
dicembre 1991 i due blocchi firmarono il trattato INF (Intermediate-Range
Nuclear Forces Treaty) a seguito del vertice USA-URSS di Reykjavík (11-12
ottobre 1986).
Nel
2019 però, con decisione unilaterale, l’amministrazione Trump decise il ritiro
dal Trattato creando vieppiù instabilità e probabilità di conflitto nucleare.
Oggi
sembra non ci sia più la consapevolezza dei rischi dello sterminio nucleare
della nostra specie. Eppure l’orologio dell’Apocalisse ci avverte che, hic et
nunc, mancano 90 piccolissimi secondi alla cancellazione di 200.000 anni di presenza
umana sulla terra.
Nel
gennaio 2007 il designer “Michael Beirut” ha ridisegnato l’orologio per
conferirgli un aspetto più moderno.
(Roberto
Galtieri).
POLITICI E CORPI SOCIALI INDIFFERENTI
AL
DECLINO INARRESTABILE PER LA LORO INCAPACITÀ»
Inchiostronero.it
- Augusto Grandi - (27-9-2024) – ci dice:
Volkswagen
è pronta a licenziare migliaia di lavoratori tedeschi.
E, probabilmente, non saranno gli unici
stabilimenti ad essere ristrutturati o chiusi.
In
Italia Stellantis sta facendo un massiccio ricorso alla cassa integrazione
negli ex stabilimenti Fiat.
Ma
Urso è impegnato a cercare un nuovo produttore, magari cinese, che venga a
fabbricare auto in Italia.
Da
vendere a chi?
Questo
non sembra essere rilevante per il ministro meloniano.
E
neppure per i suoi fans che continuano a disinteressarsi della destinazione
delle vetture prodotte.
Troppo
impegnati a fare i reggi coda di Confindustria per trovare il coraggio di dire
che è il sistema a non funzionare, non il modello delle auto.
Un
sistema che ha reso il trasporto privato, basato sul continuo rinnovamento del
parco vetture, insostenibile per gran parte della popolazione non solo italiana
ma anche europea.
Troppo
care le vetture, troppo alto il costo dei carburanti, troppo elevati bollo e
assicurazione.
Però
bisogna produrre di più per riempire i piazzali.
Cosa
non è chiaro, a lorsignori, nel concetto di competitività?
E che un lavoratore in Cina, in Ungheria, in
Tunisia costa meno di un lavoratore italiano, francese, tedesco?
O che
le materie prime, in Europa, non ci sono?
Cosa non è chiaro nel concetto di lavoro
povero?
E che un lavoratore italiano, sottopagato,
costerà comunque di più di un collega asiatico o nordafricano ma non avrà il
potere d’acquisto per comprare i prodotti italiani?
Cosa
non è chiaro, a lorsignori, nei concetti di innovazione, qualità,
professionalità, cambiamento?
Forse
non è chiaro che si tratta di obiettivi raggiungibili solo con personale
qualificato e che deve essere retribuito adeguatamente?
Forse credono davvero che sia sufficiente far
arrivare eserciti di disperati privi di ogni competenza per risolvere i
problemi?
Cosa
non è chiaro, a lorsignori, nel concetto di consumi di prodotti italiani?
Forse
la differenza tra prezzi e retribuzioni?
Forse
non si accorgono che, nei mercati rionali, i banchi di artigianato di qualità
sono deserti mentre ci si affolla ai banchi alimentari?
Eppure
la politica ed i vertici dei corpi intermedi continuano a far finta di nulla.
Le associazioni di categoria continuano a pretendere
denaro pubblico per investimenti che dovrebbero essere privati.
Il
governo continua a far cassa con ceto medio e pensionati, riducendo
ulteriormente la possibilità di consumi per rianimare le produzioni.
Non un dialogo tra sordi, ma un dialogo tra
indifferenti.
Forse
tra idioti, ma sarebbe scortese anche solo pensarlo.
(Augusto
Grandi - Redazione Electo).
L'ombra
dell'ombra.
Theburningplatform.com
- Guest Post di Jim Kunstler – (27
settembre 2024) – ci dice:
"Per
quanto scioccante possa sembrare, l'istituzione stessa dello Stato è il vero
nemico. È tempo di analizzare attentamente il tuo rapporto con esso".
(“Doug
Casey”).
C'è da
chiedersi: c'è mai stato un paese che ha marciato verso la guerra senza un capo
di stato al vertice della sua macchina da guerra?
È
esattamente così brutto nel nostro paese, con uno spaventapasseri animatronico
di Halloween rotto che spunta dentro e fuori dalla Casa Bianca per urlare in
modo incoerente agli eventi della campagna elettorale per un presunto
successore troppo spaventato dalla situazione in cui si trova per pensare
lucidamente.
In realtà, nessuno è al comando – e se
qualcuno degli attori principali della scena lo fosse davvero, la situazione
potrebbe facilmente peggiorare.
Da
qui, il desiderio insensato che si agita nell'”NSC,” nel Dipartimento di Stato
e nei vari consigli ombra dell'intelligence emerita di lanciare missili a lungo
raggio in Russia, apparentemente incuranti di qualsiasi conseguenza.
America,
tu sei un cavaliere senza testa che cavalca alla cieca nel caos.
In
effetti, l'intero Partito Democratico e i suoi partner blob dell'”intelligence
dello Stato Profondo” si sono fusi in una folla disperata di criminali politici
che
cercano freneticamente di eludere la rendicontazione delle loro azioni.
Allora,
dare fuoco al mondo è tutto ciò che gli rimane, un atto di vendetta appropriato
per una fazione ostacolata nella sua folle spinta a distruggere gli Stati Uniti
per il bene della "giustizia sociale" e dell'"equità".
I
Democratici del 2024 hanno commesso esattamente lo stesso errore che i loro
predecessori, i giacobini, commisero in Francia nel 1794:
non
riuscivano a capire quando si erano spinti troppo oltre con i loro insulti
contro l'interesse pubblico e la comune decenza.
I loro insulti derivavano dall'antico impulso
umano di demolire la società a causa dell'ingiustizia della vita, in seguito
codificato nella dottrina marxiana, e poi trasformato in un libro di opere da “Saul
Alinisky” (con
annotazioni di Antonio Gramsci, Richard Cloward e Frances Fox Piven).
Mentre
la Rivoluzione francese andava avanti, nel 1793 i giacobini ottennero il
controllo del “Comitato di Salute Pubblica” che effettivamente attuava la
politica, mentre litigi senza fine occupavano la “Convenzione Nazionale”,
l'allora attuale organo legislativo.
La politica dei giacobini era folle, proprio come la
politica delle frontiere aperte, del “lawfare”, della guerra, della censura,
del terrorismo farmaceutico, del trambusto per il clima e delle “drag queen
“nelle scuole è folle sotto i nostri giacobini moderni, i democratici.
(Si noti la costante invocazione dei
Democratici di "sicurezza" e "spazi sicuri" come un simile
espediente retorico per giustificare le loro azioni e intimidire il pubblico).
Il
“Comitato di Salute Pubblica” cercò di rifare la società francese capovolgendo
le sue norme culturali e uccidendo il maggior numero possibile di oppositori
politici. Così, il “Regno del Terrore “quando, per un anno intero, le teste
rotolavano e rotolavano giù dalla ghigliottina in “Place de Concorde”, di
solito senza il beneficio di un processo.
La
macabra stravaganza del sangue e della morte disgustava coloro che nel paese
non avevano perso la testa.
Una
notte di luglio del 1794, mentre il capo giacobino “Robespierre” saliva per
l'ennesima volta sul podio della Convenzione per denunciare i suoi nemici e
annunciare nuove condanne a morte, i membri della camera cominciarono a
lanciargli del cibo.
Quello
fu il punto di svolta, e la situazione si trasformò in modo così duro e veloce
che la Francia rimase stupita.
Nel giro di quarantotto ore, “Robespierre e
molte delle sue coorti “furono decapitati sotto il "rasoio
nazionale", e quella fu la fine del giacobinismo e di tutte le sue folli
misure per distruggere ciò che restava della società dopo cinque anni di
rivoluzione.
I
giacobini del nostro Partito Democratico sono stati più difficili da
sconfiggere perché il governo di oggi è molto più grande e complesso, e
l'equivalente del “Comitato di Salute Pubblica “è ora un'enorme rete di quadri
che lavorano duramente in decine di agenzie federali e ONG associate finanziate
da quelle agenzie (o dai loro scagnozzi miliardari come George Soros, Bill
Gates, Jeff Bezos e Reid Hoffman).
Pazzi
come sono, molti funzionari pubblici comprendono la loro colpa per i tradimenti
e gli insulti degli ultimi anni.
Vivono nella paura di essere perseguiti e, in
mancanza di questo, di perdere le loro comode sinecure nella colossale
burocrazia che ci sta mandando in bancarotta.
Ci
sono molti nel nostro paese oggi che non sono nemmeno pazzi, proprio come in
Francia nel 1794.
Questo
è in realtà il fascino principale di Trump, anche se spesso lo esprime in modo
goffo, provenendo dal mondo ruvido ed esigente dello sviluppo immobiliare, che
è pieno di persone rozze che si dedicano a rudi mestieri di costruzione usando
un linguaggio volgare.
In
secondo luogo, Trump rappresenta la leadership – la pura idea che una persona
reale dovrebbe essere un dirigente responsabile di un sistema politico
nazionale – e sembra che la maggioranza delle persone in questa terra sia
finalmente stufa di un blob senza volto che governa follemente dall'ombra.
In
terzo luogo, Trump è diventato una figura paterna nazionale, un'offesa titanica
a un partito gestito da donne con problemi di papà e ai loro alleati marxisti
dogmaticamente decisi a distruggere la famiglia (insieme a ogni altra
istituzione). Si dà il caso che i paesi abbiano bisogno di padri, sia reali che
simbolici. Che sorpresa!
Nel
folle tentativo di eludere il giudizio per le loro azioni, i democratici e i
loro quadri blob stanno cercando di uccidere direttamente il signor Trump, o
stanno guardando dall'altra parte mentre altri partiti nefasti tentano il
malvagio affare. Finora, niente sigaro.
Chissà
cosa proveranno dopo: un missile terra-aria contro il suo aereo. un'arma ad
energia diretta. . . un cheeseburger avvelenato...?
Il
candidato stesso sembra un po' tinto in questi giorni della stessa aura di
intrepida rassegnazione che si è vista in “Martin Luther King” e nel primo “Bobby
Kennedy” nel 1968 – che entrambi si sono occupati dei loro affari cercando di
salvare il nostro paese dalla guerra e dalla malvagità nonostante le minacce
contro di loro.
Molte figure intatte, intelligenti e audaci
stanno con e dietro Trump questa volta, persone capaci e disposte a raccogliere
la bandiera nel caso in cui si renda necessario.
Non
temete.
Nel
frattempo, c'è da chiedersi: cosa diavolo ha posseduto i democratici per
manovrare Kamala Harris in questa corsa?
Tutti
nel partito e nel blob devono sapere che non ha una mente agile – al di là di
una certa capacità di recitare slogan parboiled – né molta familiarità con il
funzionamento del mondo, a parte le sue astuzie diminuite nell'amore politico,
e che potrebbe effettivamente avere un problema con l'alcol.
Alla
fine non c'è nessuno che faccia il tifo per lei, se non le arpie di “The View”
e i degenerati della “CNN” e del “New York Times”, che conoscono tutti il punteggio,
ma sono troppo coinvolti in anni di menzogne per tentare di confessare.
Si
dice che l'attesa "sorpresa di ottobre" comporterà le dimissioni di
"Joe Biden" dall'incarico per far posto a “Kamala” che diventerà la
prima donna presidente poco prima del giorno delle elezioni, offrendole,
presumibilmente, un prestigio magistrale nella parte finale della corsa.
Non
scommettere su questo.
Quando
si dimette, "JB" perde il suo potere di grazia.
Se lo esercita alla vigilia delle dimissioni e
lascia che il figlio Hunter, i fratelli James, Frank e altri membri della
famiglia (incluso lui stesso) si tolgano dai guai per le loro imprese globali
di avidità di denaro, non farà altro che infangare la signora Harris per
associazione.
Deve
rimanere in carica fino a dopo il 6 novembre, non importa come andranno le
elezioni, e poi potrà perdonare ciò che resta del suo cervello.
Prima
ancora di arrivare a quel punto, tutto ciò di cui ci si deve preoccupare sono i
“factotum governativi irresponsabili che fanno qualcosa in Russia” e che
faranno desiderare a Putin di trasformare gli Stati Uniti in un posacenere.
Ritorno
alle origini.
Theburningpltaform.com
- Guest post di Robert Gore su Straight Line Logic – “26 settembre 2024” – ci
dice:
I
mercati finanziari sono esercizi di psicologia della folla.
Gli
analisti guadagnano bene analizzando le ultime mosse del mercato e prevedendo
le prossime.
Le analisi di oggi spesso contraddicono quelle
di ieri e le previsioni errate di ieri non impediscono a nessuno di fare
previsioni oggi.
Sarebbe
banalmente facile tenere il punteggio, ma pochi lo fanno;
metterebbe
in pericolo pacchetti retributivi a sei e sette cifre.
Ciò
che la maggior parte di tutti vuole oscurare è l'essenza del gioco:
indovinare dove andrà la folla.
A dare
un grande aiuto a questo progetto oscurante è la gommosità di uno dei metri di
misura: il valore delle valute fiat.
Se
stai tenendo il conto in dollari, il “Dow Jones Industrial Average” è aumentato
di oltre 3,5 volte rispetto al suo massimo del 1999.
Se si tiene il conto in denaro reale – l'oro –
il Dow ha raggiunto il massimo un quarto di secolo fa a poco più di 42 (Dow
diviso per il prezzo in dollari di un'oncia d'oro) ed è sceso di oltre il 60
per cento da allora (ora è a 16 e spiccioli).
Ognuno
ha la possibilità di scegliere il metro di misura:
o un
metallo prezioso che è servito come moneta per secoli e ha costantemente
preservato il suo valore rispetto a beni e servizi reali, o valute fiat che
storicamente non hanno mai conservato il loro valore e sono sostenute solo da
promesse, sempre infrante, di non crearne troppe.
L'industria
della vendita di azioni sceglie quest'ultima.
Misurato
dall'oro, il mercato azionario è stato in un mercato ribassista di un quarto di
secolo.
La psicologia della folla suggerisce che,
anche misurata dalle valute fiat elastiche, sarà presto in un mercato
ribassista profondo e lungo.
La
continua inflazione delle valute fiat e i tassi di interesse soppressi hanno
alimentato una mania azionaria da quando “Alan Greenspan” ha inondato il
sistema finanziario con il credito fiat della banca centrale dopo il crollo del
mercato azionario del 1987.
Questa
manovra è stata ripetuta così spesso che è nota come "Fed Put".
Un'opzione put conferisce al suo possessore il diritto di vendere un asset a un
prezzo particolare, quindi la “Fed Put” si riferisce ai prezzi degli asset
ancorati dalla banca centrale.
“BTFD”
è l'acronimo noto di "Buy the F**king Dip" e questa strategia ha
premiato gli impavidi più e più volte.
"Nessuna paura" caratterizza in
modo appropriato la psicologia dell'”equity crowd”.
Il
leggendario investitore “Warren Buffett” sta vendendo e la sua società,
“Berkshire Hathaway”, ha riserve di liquidità record viene ignorato, così come
le valutazioni eccessive e altri indicatori che potrebbero disturbare la
convinzione di consenso che, tranne che nel brevissimo termine, i prezzi delle
azioni vanno solo in una direzione.
L'intelligenza
artificiale è l'attuale gancio speculativo, proprio come lo era il dot-com,
prima che un feroce mercato ribassista desse il via al nuovo secolo.
Sebbene alcune aziende di "tecnologia
trasformativa" prosperino, le fervide speranze generalmente superano di
gran lunga le prestazioni effettive, anche per tecnologie come Internet che
hanno avuto un impatto enorme.
Nell'estate
del 2020 è iniziato un mercato ribassista delle obbligazioni.
I rendimenti dei titoli del Tesoro
statunitense a 10 anni hanno toccato il fondo, il che significa che i prezzi
hanno raggiunto il massimo.
Da
allora, i rendimenti hanno chiaramente rotto le linee di tendenza al ribasso (i
prezzi hanno rotto le linee di tendenza al rialzo) che risalgono al 1981.
Il nuovo trend rialzista dei rendimenti
corrisponde all'incirca all'inflessione della quantità di debito pubblico degli
Stati Uniti.
L'inflessione, quando un lieve aumento diventa
improvvisamente ripido, è l'inevitabile punto di accelerazione delle funzioni
esponenziali, che il debito degli Stati Uniti è certamente.
I
tassi di interesse tenderanno al rialzo con l'esplosione della quantità di
debito, e l'ascesa potrebbe essere corrispondentemente ripida.
L'aumento del prezzo dell'oro in valuta fiat
sta chiaramente registrando una svalutazione del debito.
L'aumento
dei tassi di interesse produce un circolo vizioso per il Tesoro degli Stati
Uniti.
Aumentano
i costi del servizio del debito, che richiedono al Tesoro di prendere in
prestito di più.
Gli
interessi passivi sono ora la terza voce più importante del bilancio federale e
stanno funzionando a un tasso annualizzato di oltre 1 trilione di dollari
all'anno.
A questa pressione sul mercato obbligazionario
si aggiungono i creditori.
Man
mano che perdono denaro sulle loro partecipazioni esistenti e la psicologia del
mercato ribassista prende piede, vendono per limitare le perdite, esacerbando
il trend ribassista.
I
rendimenti del debito societario, di agenzia, municipale e individuale
aumentano con i rendimenti del debito pubblico.
L'aumento
dei tassi di interesse riduce il valore futuro scontato degli asset, comprese
le azioni e gli immobili, riducendo così i prezzi degli asset.
Con il
deterioramento della solvibilità e l'aumento delle insolvenze e dei fallimenti,
la quantità complessiva di debito inizierà finalmente a ridursi.
Il
debito è il fondamento dell'economia globale e il mezzo di scambio.
Poiché
è il mezzo di scambio, la contrazione del debito – dovuta alla cancellazione di
debiti senza valore e alla riluttanza di un bacino sempre più ristretto di
creditori solvibili a estendere il credito – è intrinsecamente deflazionistica.
Il
mercato ribassista delle obbligazioni raggiungerà il suo punto di svolta, con
il crollo dei prezzi e l'impennata dei rendimenti.
Coloro
che ripongono la loro fiducia nelle banche centrali e speculano di conseguenza
saranno schiacciati.
Le banche centrali non controllano i tassi di
interesse; i mercati lo fanno.
C'è un'industria artigianale ben pagata che
cerca di prevedere ogni mossa delle banche centrali, ma il miglior
"veggente" sono i tassi di interesse a breve termine determinati dal
mercato.
Il “Federal
Open Market Committee” segue piuttosto che fissare i tassi di mercato. La sua
recente riduzione di cinquanta punti base dell'obiettivo del tasso dei fondi
federali non fa che confermare la tendenza del mercato.
Il
tasso dei buoni del tesoro a tre mesi è in calo da giugno, ed è sceso di circa
cinquanta punti base.
A
seguito dei tassi di mercato, la Fed ha ripetutamente abbassato il suo
obiettivo di tasso sui fondi federali e il tasso di sconto durante la crisi
finanziaria del 2007-2009.
Non ha
impedito quella crisi e non ha fatto nulla per fermare l'enorme distruzione
operata dai derivati.
Da
allora il valore nozionale dei derivati è cresciuto e le stime della dimensione
totale di quel mercato vanno da 1 a 3 quadrilioni di dollari, ovvero circa 9-27
volte il PIL globale.
I commercianti di derivati presumibilmente
compensano il rischio dei loro libri di derivati con posizioni corrispondenti:
per ogni acquisto c'è una vendita corrispondente.
Tuttavia,
il mercato dei derivati è così concentrato tra una manciata di grandi banche
che basterebbe il fallimento di una sola per trasformare le posizioni
corrispondenti in esposizioni aperte e far crollare l'intero mercato.
Questo
è essenzialmente ciò che è accaduto quando “Lehman Brothers “è fallita nel
2008.
Gli
asset delle banche centrali globali si aggirano intorno ai 40 trilioni di
dollari, ovvero da 1/25 a 1/75 del mercato dei derivati.
Quando i derivati collasseranno, le banche
centrali estenderanno enormi quantità del loro credito fiat, ma combatteranno
un incendio boschivo con le pistole ad acqua.
Non
c'era un tale debito e un eccesso di derivati durante la” Grande Depressione”,
di conseguenza, l'imminente collasso economico farà impallidire quella
tragedia. La base imponibile si ridurrà, i tassi di interesse saranno ben a due
cifre, le valute fiat inflazionate saranno sopraffatte dalla deflazione del
debito e i governi, come sempre, non produrranno nulla.
La linea di fondo: la maggior parte di loro
sarà completamente al verde, incapace di fare le cose che i nostri attuali
governanti e i loro cittadini pensano che dovrebbero fare.
I
governi occidentali non saranno in grado di finanziare né il loro welfare state
né quello bellico (c'è una sostanziale componente di welfare state nello stato
di guerra).
Questo
non andrà giù alle popolazioni dipendenti, e i disordini civili sono una
certezza virtuale.
I
governi dovranno fare i conti con il caos non organizzato – rivolte e simili –
e probabilmente anche con l'insurrezione organizzata e gli sforzi di
secessione.
Naturalmente,
i governi ricorreranno al totalitarismo centralizzato, ma la sorveglianza,
l'arresto, l'incarcerazione, i campi di concentramento e le esecuzioni di massa
costano denaro e richiedono personale per l'amministrazione. La polizia e
l'esercito (supponendo la legge marziale) eviteranno i pagamenti in termini di
deprezzamento della legge governativa.
Molti
di loro decideranno che la criminalità o l'offerta di "protezione"
dalla criminalità pagano meglio man mano che la cultura dei signori della
guerra prende piede.
Ne
stiamo già avendo un assaggio nel potere de facto che le bande domestiche e di
immigrati esercitano in alcune città e paesi.
Il
governo e i suoi media mainstream non hanno completamente soppresso la verità
su questo fenomeno emergente, che è destinato a peggiorare molto.
Molte
assurdità moderne saranno scartate e le vecchie verità saranno riscoperte. Una
grave contrazione economica è un duro schiaffo sulla faccia della collettività.
Quando la povertà di massa si scatenerà e si scatenerà l'inferno, la scelta del
genere e dei pronomi sarà vista come le bizzarre affettazioni che sono.
Tra le orde di disoccupati, i tinti, i tatuati
e i piercing possono arrivare a rimpiangere quelle alterazioni del loro
aspetto.
Le
aziende saranno esigenti.
I posti di lavoro ambiti andranno a coloro che
possono svolgerli al meglio, non a coloro che spuntano il maggior numero di
caselle “DEI”.
Le
imprese insisteranno sull'energia più economica e affidabile, che di solito non
sarà quella delle energie rinnovabili.
Le
persone avranno preoccupazioni più urgenti del fatto che il clima stia
cambiando o meno, come la possibilità di sopravvivere o meno.
Un
grado o due in più di riscaldamento ridurranno le bollette del riscaldamento.
Il
collasso economico scriverà sicuramente i capitoli finali di “The Decline and
Fall of the American Empire”.
Il
governo fallisce sempre;
Gli
unici che non l'hanno fatto sono quelli che sono nel processo.
Il
crollo finanziario ed economico spingerà molti governi già vacillanti giù dal
precipizio.
Ciò
che emergerà saranno confini geografici e governi diversi da quelli che abbiamo
ora.
Le
nazioni esistenti si frantumeranno in unità più piccole, e i dinosauri
centralizzati e parassiti di oggi saranno una cosa del passato, spinti
all'estinzione dalle forze inarrestabili del decentramento, della bancarotta e
della loro incapacità di produrre.
Sarà
un atterraggio duro per l'economia netta negativa, in particolare per l'”Over class”
che ha beneficiato così tanto degli accordi attuali.
Ci si
renderà conto che ciò che è economicamente positivo, ciò che è produttivo, è il
bene più prezioso.
Migreranno
verso quelle giurisdizioni in cui sono trattati meglio:
tasse
e regolamenti minimi, forte protezione dei diritti contrattuali e di proprietà,
moneta sonante e massima libertà di produrre e commerciare.
La
competenza, l'innovazione, la parsimonia e gli investimenti saranno apprezzati,
e tra i più illuminati di quei sistemi politici che emergono dal caos, ci sarà
un'intensa competizione per attrarre i produttivi.
Questo può sembrare un sogno irrealizzabile,
ma in quale altro modo si ricostruiranno le società decimate con governi
falliti?
Si
tornerà alle origini.
Le
basi di una solida crescita economica e del progresso sono sempre state
semplici da enumerare, ma difficili da realizzare.
Richiedono governi relativamente piccoli e
vincolati, che richiedono un efficace controllo della cupidigia e della brama
di potere di coloro che li gestiscono.
Forse
ci sarà una reazione di repulsione e recriminazione per l'idea moralmente
oscena e completamente screditata di scaricare il debito sulle generazioni
future. Dovrebbe esserci.
Un
governo piccolo e vincolato è un governo accessibile, e l'accessibilità sarà la
caratteristica chiave di quelli che emergeranno.
Per
avere qualche possibilità di sopravvivenza a lungo termine, i governi e i
governanti dovranno essere relegati a un ruolo subordinato alla protezione dei
diritti e delle libertà (nulla che i padri fondatori dell'America non sapessero).
Lo
troveranno sgradevole, ma darà ai veri motori del progresso economico e sociale
– quelli produttivi – la possibilità di ricostruire e prosperare.
Nel
recente dibattito presidenziale, né i candidati né i moderatori hanno
menzionato il debito pubblico.
Invece,
entrambi i candidati si sono impegnati a non tagliare i programmi attuali e a
istituire nuovi programmi e agevolazioni fiscali che li aumenteranno.
Entrambi
giurarono fedeltà alla guerra, allo stato sociale e al mantenimento
dell'impero.
Sembrano ignari del disastro incombente che
sta per distruggere una delle loro presidenze.
Quindi,
il "no fear" caratterizza il mercato obbligazionario così come il
mercato azionario.
La
psicologia delle folle è praticamente unanime e invariabilmente sbagliata nei
grandi punti di svolta
Siamo a un punto di svolta.
C'è
denaro da guadagnare prestando denaro al governo degli Stati Uniti a breve termine,
per un periodo non superiore a sei mesi, quello che è noto come un rotolo di
buoni del Tesoro.
Il
governo tecnicamente non andrà in default;
Può
sempre riscattare il suo debito fiat con più debito fiat.
I
tassi a breve termine aumenteranno con il resto della curva dei rendimenti.
Rinnovando il tuo investimento, puoi essere un beneficiario piuttosto che una
vittima di tassi più elevati.
Qualsiasi
altra esposizione ai mercati obbligazionari o azionari sta giocando sulla
spiaggia poco prima che lo tsunami si abbatta.
Putin
avverte l'Occidente di ritorsioni
nucleari
se l'Ucraina spara missili a
lungo
raggio forniti dall'Occidente
in
territorio russo.
Naturalnews.com – (27/09/2024) - Richard Brown
– ci dice:
Il
presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che il paese potrebbe ricorrere
all'uso di armi nucleari se l'Ucraina lanciasse armi a lungo raggio fornite
dall'Occidente in profondità nel territorio russo.
Putin
ha fatto questi commenti mercoledì 25 settembre, durante una riunione del
Consiglio di sicurezza russo, in cui ha svelato cambiamenti cruciali alla
dottrina nucleare del paese, riflettendo le crescenti preoccupazioni del
Cremlino per le minacce militari percepite dall'Occidente.
Durante
l'incontro, Putin ha dichiarato che la Russia avrebbe preso in considerazione
una rappresaglia nucleare se avesse ricevuto "informazioni
affidabili" su un attacco missilistico o di droni su larga scala contro di
essa.
Ha
sottolineato che l'aggressione militare da parte di qualsiasi stato, in
particolare se sostenuta da nazioni dotate di armi nucleari, potrebbe portare a
una risposta nucleare.
"Ci
riserviamo il diritto di usare armi nucleari in caso di aggressione contro la
Russia e la Bielorussia", ha dichiarato, sottolineando la serietà della
dottrina aggiornata.
Queste
dichiarazioni segnano l'avvertimento più recente della Russia alle nazioni
occidentali in merito alla ritrovata capacità dell'Ucraina di lanciare attacchi
in profondità nel territorio russo utilizzando armi a lungo raggio fornite da
Stati Uniti, Regno Unito e altri alleati.
Il
presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto di ottenere il permesso di
utilizzare tali munizioni avanzate, tra cui i missili da crociera
franco-britannici “Storm Shadow” e i missili balistici tattici “ATACMS” di
fabbricazione statunitense, per colpire installazioni militari in profondità in
Russia, in particolare le basi aeree.
Putin
sostiene che il cambiamento nella politica nucleare è una risposta alle minacce
della NATO.
La
risposta di Putin riflette la determinazione a scoraggiare tali azioni,
suggerendo che l'uso di queste armi equivarrebbe a coinvolgere direttamente
l'”Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico” (NATO) nel conflitto.
Putin
ha affermato che qualsiasi attacco alle infrastrutture critiche russe – come
sistemi aerospaziali, aerei strategici o tattici, missili da crociera e droni –
sarebbe anche visto come motivo di ritorsione nucleare.
"Queste
minacce militari emergenti richiedono aggiustamenti alla nostra politica
nucleare", ha affermato.
Questa
posizione è in linea con la sua opinione di lunga data secondo cui il
coinvolgimento della NATO in Ucraina rappresenta una sfida diretta agli
interessi di sicurezza russi.
Inoltre,
le osservazioni di Putin evidenziano una crescente preoccupazione per il
coinvolgimento militare della NATO e degli Stati Uniti nella regione.
Ha
avvertito che se all'Ucraina fosse permesso di colpire il territorio russo con
armi a lungo raggio, ciò significherebbe un cambiamento nella natura del
conflitto.
"Se tale permesso venisse concesso,
significherebbe che la NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei sono in guerra
con la Russia", ha avvertito.
In questo scenario, ha promesso che la Russia
risponderà in modo appropriato, anche se non ha specificato cosa
comporterebbero tali misure.
La
dottrina nucleare aggiornata arriva nel contesto delle crescenti tensioni e
delle discussioni in corso tra gli esperti militari occidentali sul potenziale
uso di armi nucleari a basso rendimento.
Arriva
anche dopo che influenti falchi della politica estera in Russia hanno trascorso
settimane a esortare Putin ad adottare una posizione nucleare più assertiva,
suggerendo che l'abbassamento della soglia per l'uso di armi nucleari potrebbe
fungere da deterrente efficace contro il continuo sostegno occidentale
all'aggressione ucraina.
Questo
cambiamento di politica segna un allontanamento dalla retorica precedente, in
cui Putin sembrava moderare il suo linguaggio riguardo alle minacce nucleari.
Il
capo di gabinetto di Zelensky, “Andriy Yermak,” ha respinto la dottrina
nucleare rivista di Putin, affermando:
"La
Russia non ha più strumenti per intimidire il mondo a parte il ricatto
nucleare. Questi strumenti non funzioneranno".
I suoi
commenti suggeriscono la convinzione che la comunità internazionale non si farà
influenzare dalle minacce della Russia, evidenziando il potenziale di
un'ulteriore escalation.
Poiché
le tensioni tra Russia e NATO continuano ad aumentare, le implicazioni di
questi sviluppi potrebbero alterare significativamente il calcolo strategico
nella regione.
Il
potenziale di errore di calcolo è alto, con le forze della NATO e russe
attivamente impegnate in operazioni militari in tutta l'Europa orientale.
Esiste
una clip del presidente Vladimir Putin che afferma che la Russia si riserva il
diritto di usare armi nucleari quando minacciata.
Blinken
ha sepolto i rapporti che indicavano che Israele bloccava gli aiuti a Gaza in
modo che gli Stati Uniti continuassero a inviare loro armi.
Natutalnews.com – (27/09/2024) - Cassie B.- ci
dice:
Il
segretario di Stato americano “Antony Blinken” ha ricevuto una valutazione da
un paio di importanti autorità sull'assistenza umanitaria che mostra che
Israele ha intenzionalmente bloccato le consegne di cibo e medicine a Gaza, ma
ha respinto la scoperta in modo che gli Stati Uniti potessero continuare a
inviare armi a Israele.
Il
rapporto dell'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) è
giunto a questa conclusione inquietante, ed è stato corroborato da un rapporto
separato dell'Ufficio per la popolazione, i rifugiati e la migrazione del
Dipartimento di Stato.
Quest'ultimo ha anche stabilito che il “Foreign
Assistance Act” doveva essere promulgato per congelare più di 800 milioni di
dollari dei contribuenti che erano stati accantonati per armi e bombe per
Israele.
Tuttavia,
“Blinken” e l'amministrazione “Biden” hanno respinto le conclusioni di entrambe
le autorità.
Poco
dopo, “Blinken” ha ritenuto opportuno dire al Congresso:
"Al
momento non valutiamo che il governo israeliano stia vietando o limitando in
altro modo il trasporto o la consegna di assistenza umanitaria statunitense".
È una
posizione scioccante da prendere se si considera il fatto che il memo di 17
pagine dell'”USAID” descriveva in dettaglio alcuni degli esempi più evidenti di
interferenza israeliana con gli sforzi di aiuto, come bombardare ospedali e
ambulanze, respingere camion pieni di medicine e cibo, radere al suolo
strutture agricole, sedersi su depositi di rifornimenti e, cosa più spaventosa,
uccidere gli operatori umanitari.
Il
memo osserva che mentre la popolazione di Gaza è alle prese con la carestia e
innumerevoli bambini muoiono di fame, il cibo che avrebbe potuto potenzialmente
salvare la vita delle persone è stato immagazzinato a pochi chilometri oltre il
confine in un porto in Israele, dove si ritiene che ci fosse abbastanza farina
a disposizione per sfamare 1,5 milioni di palestinesi per un arco di cinque
mesi.
Il
governo israeliano non ha permesso che la farina fosse trasferita perché
sosteneva che il ramo palestinese dell'ONU a cui era destinata aveva legami con
“Hamas”.
La
legge degli Stati Uniti richiede al governo di fermare la spedizione di armi ai
paesi che sono stati trovati a impedire la consegna di aiuti umanitari
sostenuti dagli Stati Uniti, e i funzionari dell'USAID hanno detto che
l'America dovrebbe smettere di vendere armi a Israele.
Hanno affermato che la carestia a Gaza è stata
causata dalla "negazione, restrizione e impedimento arbitrario
dell'assistenza umanitaria degli Stati Uniti" da parte di Israele e
l'hanno definita "una delle peggiori catastrofi umanitarie del
mondo".
La
situazione era così grave che un alto funzionario del Dipartimento di Stato si
è dimesso.
“Stacy
Gilbert”, un alto consigliere civile militare per l'Ufficio per la popolazione,
i rifugiati e la migrazione, sostiene che il Dipartimento di Stato ha
falsificato il suo rapporto.
La
veterana del Dipartimento di Stato, da 20 anni, ha detto che quando il rapporto
è stato pubblicato, non riusciva a crederci quando ha visto la sua conclusione
che Israele non stava bloccando l'assistenza umanitaria, dato che gli esperti
che lo hanno scritto erano giunti alla conclusione opposta.
Israele
è stato aperto sul suo desiderio di bloccare gli aiuti a Gaza.
Israele
non ha mai fatto mistero della sua intenzione di tagliare fuori la Striscia di
Gaza dagli aiuti e da tutto il resto, con il ministro della Difesa israeliano “Yoav
Gallant” che ha annunciato nei primi giorni della guerra di aver ordinato un
"assedio completo" alla Striscia, che includeva il taglio di acqua,
cibo, carburante, elettricità e tutto il resto, avvertendo minacciosamente:
"Stiamo
combattendo gli animali umani e agiamo di conseguenza".
Tuttavia,
l'amministrazione Biden, e “Blinken” in particolare, sembrano contenti di
seppellire la scomoda verità sulle azioni di Israele perché volevano continuare
a fornirgli le armi da cui dipendevano così tanto nella loro lotta contro “Hamas”.
Sebbene
il Dipartimento di Stato affermi di aver fatto pressioni su Israele per
aumentare il flusso di aiuti, non sembra che stia facendo molto per portarlo a
termine, dato che la popolazione continua a soffrire e il livello di aiuti che
raggiungono i palestinesi a Gaza rimane completamente inadeguato.
Il
direttore associato di “Oxfam”, Scott Paul, ha dichiarato:
"L'implicazione che la situazione
umanitaria sia notevolmente migliorata a Gaza è una farsa".
La
roccaforte ucraina di” Vuhledar” sta per cadere in mano alla Russia mentre
Zelensky implora più denaro dei contribuenti statunitensi a Washington come
parte del "piano di vittoria."
Naturalnews.com – (27/09/2024) - Ethan Huff –
ci dice:
L'ex
manifestante dell'orgoglio LGBT e presidente ucraino Volodymyr Zelensky è
tornato a Washington a mendicare i soldi dei contribuenti statunitensi come
parte del suo "piano di vittoria" per Kiev.
Anche
se Mosca è sul punto di prendere il controllo di “Vuhledar”, una roccaforte
ucraina chiave nell'Europa orientale, Zelensky sta ordinando a Joe Biden e
Kamala Harris di incanalarlo più denaro e armi in modo che possa raggiungere i
suoi obiettivi.
"Penso
che siamo più vicini alla pace di quanto pensiamo", ha detto Zelensky ad
ABC News in un'intervista, chiarendo che la pace può arrivare solo se l'Ucraina
è in grado di ottenere una "posizione forte" con l'aiuto del denaro e
delle armi da guerra occidentali.
Zelensky
dice di non avere intenzione di negoziare con la Russia, ma sta piuttosto
guardando a un piano di vittoria che creerà "un ponte verso una via
d'uscita diplomatica, per fermare la guerra".
"Dobbiamo
solo essere molto, molto forti", ha detto Zelensky, affermando che lui e
il suo regime dipendono in gran parte dalle "decisioni rapide".
Zelensky
afferma anche che Washington deve essere "audace" nel sostenere il
desiderio di Kiev di utilizzare armi a lungo raggio di fabbricazione
occidentale in profondità nel territorio russo.
"Tutti
guardano a [Biden] e ne abbiamo bisogno per difenderci", si è lamentato
Zelensky ad “ABC News” su quanto abbia disperatamente bisogno di un'altra
elemosina per mantenere il suo regime "al potere".
(In
Medio Oriente, dove infuria un'altra guerra, il Libano avverte del "giorno
del giudizio" per l'Occidente, l'Asia e l'Europa se Israele continua la
sua aggressione.)
L'Ucraina
chiede l'ingresso nella NATO.
Oltre
a chiedere più controlli sul welfare a Washington e ad altri sostenitori
occidentali, Zelensky vuole anche che la NATO accetti l'Ucraina come membro.
Questo,
dice, rafforzerà l’Ucraina e consentirà al regime di Zelensky di “spingere
Putin a fermare la guerra, in modo diplomatico”.
“Ecco
perché lo chiediamo al nostro amico”, ha continuato Zelensky, giocando la carta
dell’amicizia come se l’Ucraina avesse mai fatto qualcosa da parte sua, se non
prendere costantemente contanti e armi per mostrare amicizia verso i suoi
sponsor.
“Reuters”,
nel frattempo, riferisce che la Russia sta avanzando anche su Donetsk, un'altra
roccaforte chiave per l'Ucraina che sta per cadere.
A
quanto pare, l'Ucraina sta perdendo la guerra e Zelensky, a quanto pare, sta
arraffando fino all'ultimo centesimo che può prima di uscire di scena.
"Le
forze russe hanno iniziato a prendere d'assalto la città ucraina orientale di “Vuhledar”,
una roccaforte che ha resistito all'attacco russo dall'inizio della guerra del
2022, secondo i blogger di guerra russi e i media statali", ha riferito”
Reuters”.
"Le
forze russe nell'Ucraina orientale sono avanzate al ritmo più veloce degli
ultimi due anni ad agosto, secondo diverse mappe open source, anche se
un'incursione ucraina nella regione russa di Kursk ha cercato di costringere
Mosca a dirottare le truppe".
“Leonid
Ragozin”, ex membro della “BBC”, ha commentato che le cose si stanno mettendo
davvero male per l'Ucraina.
"La
situazione in prima linea non potrebbe essere peggiore per il vertice
Zelensky-Biden", ha scritto “Ragozin” su Twitter / “X”.
Nei
commenti, qualcuno ha scherzato sul fatto che Zelensky, un “pervertito
tossicodipendente”, ha piani di "vittoria" molto diversi da quelli
che lascia intendere.
"Il
piano di vittoria di Zelensky prevede una palla da 8 di coca e sesso gay nella
sua villa svizzera", ha detto questa persona in modo crudo.
"Come
ci si deve sentire in una di quelle trincee che non realizzano altro che la
completa desolazione della propria anima e della propria sanità mentale... ma
sapendo che siete letteralmente carne da cannone per le elezioni presidenziali
degli Stati Uniti?" ha chiesto un altro a proposito delle truppe che
stanno combattendo la guerra tra Zelensky e Putin.
(Altre
notizie correlate sulla guerra Ucraina-Russia sono disponibili su “Chaos.news”).
Wow:
l'ex capo del CDC Robert Redfield
appoggia
Trump, dice che lui e
RFK
Jr. "hanno fatto tutto bene."
Naturalnews.com - ( 27/09/2024) - Ethan Huff –
ci dice:
Donald
Trump ha appena ricevuto un altro brillante endorsement, questa volta dall'ex
direttore dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle
malattie (CDC) “Robert Redfield”.
“Redfield”,
che ha prestato servizio sotto Trump durante il primo mandato dell'ex
presidente, ha detto ai media che sia Trump che Robert F. Kennedy Jr. hanno
"fatto tutto bene", motivo per cui “Redfield” prevede di votare per
loro questo novembre.
Secondo
quanto riferito,” Kennedy” fu sorpreso e "sconvolto" nello scoprire
che “Redfield” appoggiava anche lui, visto come Kennedy aveva criticato
“Redfield” in passato.
Anche così, “Redfield” preferirebbe avere
“Trump e J.D. Vance” alla Casa Bianca piuttosto che “Kamala Harris e Tim Walz”.
"Robert
Redfield”, che seguo davvero nel mio libro su Fauci, ha scritto oggi un
editoriale sulla rivista “Newsweek “dicendo che stava appoggiando il presidente
Trump perché il presidente Trump stava per ripristinare la salute americana",
ha detto Kennedy.
Sembra,
in base a quanto ha scritto nell'editoriale, che “Redfield” sostenga Trump
proprio a causa del suo allineamento con “Kennedy”.
"[Trump]
ha scelto esattamente l'unica persona che può farlo: Robert F. Kennedy
Jr.", ha scritto Redfield su come Trump e Kennedy siano gli unici ragazzi
in grado di ripristinare la salute americana.
"Questo
è stato mozzafiato per me perché questo è il ragazzo che è il capo del CDC che
ho criticato per anni, e poi questo pomeriggio è venuto a pranzo con me",
ha continuato Kennedy in una dichiarazione.
"E
la prima cosa che mi ha detto è stata: 'Hai fatto tutto bene'".
(Chi sapeva che all'inizio di
quest'anno, “Redfield” ha diffuso la paura di un'imminente epidemia di
influenza aviaria che in realtà non si è mai materializzata?)
Trump
e Kennedy salveranno la salute americana?
Mentre
Trump ha ripetutamente propagandato sé stesso, e solo sé stesso, come l'unica
opzione che gli americani hanno, punto, per ripulire il pasticcio in cui si
trova ora il paese, “Collin Rugg “ha chiarito su Twitter / “X” che Trump è
semplicemente la scelta migliore rispetto a Kamala.
Anche “Redfield”,
intendiamoci, non ha sempre approvato Trump. Tra le azioni di Trump e le
dichiarazioni di Kennedy, è davvero scioccante, almeno in superficie, che “Redfield”
sostenga Trump e Kennedy come lo è.
"È
pazzesco come gli 'esperti' che una volta erano parte del problema si stiano
finalmente svegliando", ha twittato qualcuno in risposta alla notizia.
"Forse
la gente si renderà conto che Trump aveva ragione fin dall'inizio".
"Questa
è una svolta sbalorditiva", ha scritto un altro. "RFK ha inseguito
questo ragazzo senza sosta negli ultimi anni. Per quest'uomo voltarsi e
ammettere di aver sbagliato e scusarsi con RFK è pazzesco".
Secondo
“Cash Loren”, quello a cui il mondo sta assistendo in questo momento è "un
movimento politico che capita una volta in una generazione" e che molti si
aspettano si tradurrà in seri cambiamenti in tutto il panorama americano.
"Trump
sta unendo gli americani in un modo che molti pensavano non fosse
possibile", ha detto “Loren”.
"Le
cose che “Redfield” può rivelare sono enormi", ha detto un altro.
"Scommetto che Fauci è svenuto".
Altri
hanno espresso un po' più di scetticismo sull'improvviso sostegno di “Redfield”.
Potrebbe essere che” Redfield” sappia cosa sta per succedere e stia cercando
disperatamente di mettersi dalla parte che vince?
"Vede
la scritta sul muro di ciò che sta arrivando e vuole mettersi dalla parte
giusta della storia mentre può ancora redimersi", ha detto uno a questo
proposito.
"Redfield”
vede la scritta sul muro e vuole strisciare di nuovo nelle grazie delle persone
che saranno al potere", ha detto un altro.
(Le
ultime notizie sulle elezioni presidenziali del 2024 sono disponibili su “BigGovernment.news.”)
Zelensky
visibilmente agitato mentre
Trump
domina la riunione, citando
"ottimi
rapporti" con Putin.
Zerohedge.com
- Tyler Durden – (27 settembre 2024) – ci dice:
Aggiornamento
(1145ET): Le tensioni sono state certamente in mostra prima e durante
l'incontro Trump-Zelensky alla Trump Tower di New York.
All'inizio
dell'incontro, entrambi gli uomini sembravano severi, con Trump che faceva una
serie di osservazioni casuali che sembravano volte a sminuire gentilmente il
leader ucraino e metterlo al suo posto.
Questo arriva pochi giorni dopo che Zelensky
ha attaccato J.D. Vance ed è arrivato vicino a criticare direttamente lo stesso
Trump per aver chiesto il cessate il fuoco e i colloqui con Mosca.
"Abbiamo
un ottimo rapporto, e anch'io ho un ottimo rapporto, come sapete, con il
Presidente Putin. E penso che se vinciamo, penso che risolveremo la questione
molto rapidamente", ha detto Trump nei commenti fatti prima della stampa
prima dell'incontro.
Ma questo ha fatto sì che un agitato Zelensky
rispondesse:
"Spero
che avremo più buoni rapporti", Zelensky è intervenuto.
"Oh,
capisco", ha risposto Trump. "Ma ci vogliono due per ballare il
tango, sai, e io avremo un buon incontro oggi. E penso che il fatto che oggi
siamo insieme sia un ottimo segno".
Come
risultato di questo scambio imbarazzante, i media mainstream e forse la stessa
Casa Bianca si avventeranno all'attacco.
Trump sarà ancora una volta dipinto come un
leader repubblicano che esegue gli ordini di Putin.
Ma è
confortante sentire un leader politico che potrebbe essere il prossimo
presidente chiedere così spudoratamente una solida diplomazia e che comprende
l'urgenza di avviare negoziati per il cessate il fuoco che pongano fine alle
innumerevoli morti e sofferenze in Ucraina.
Durante
l'incontro, Trump è sembrato essere il solito sé disinvolto, in controllo e a
ruota libera, il che ha chiaramente messo in allarme Zelensky e la delegazione
ucraina.
In un
altro momento, proprio all'inizio dell'incontro, sembrava che Trump nel suo
modo poco sottile stesse chiarendo chi è il capo...
L'ex
presidente a un certo punto ha persino chiacchierato con la stampa,
individuando un cameraman che ha catturato l'iconica inquadratura del
proiettile dell'assassino che sfrecciava vicino all'orecchio di Trump in
Pennsylvania.
Durante
l'incontro con Zelensky, Donald Trump ha individuato “Doug Mill”s, il fotografo
dietro l'immagine del proiettile che ha sfiorato la testa dell'ex presidente
nel luglio.
Trump
all'indomani dell'incontro con Zelensky ha detto di aver "imparato
molto" e ha detto che alla fine "entrambi vogliamo vedere un accordo
equo".
Non è
ancora chiaro cosa pensi il candidato presidenziale repubblicano del
"piano di vittoria" di Zelensky, che è stato presumibilmente
presentato nella riunione di venerdì in tarda mattinata.
Il “NY
Times” ha nel frattempo riassunto la settimana di visite di Zelensky a
Washington e a New York, sottolineando che il suo "potere stellare"
sta svanendo rapidamente, anche perché le forze ucraine sono in ritirata
nell'est del Paese. La situazione sembra desolante per Kiev e le speranze di
Zelensky, anzi...
Il
candidato presidenziale repubblicano Donald Trump e il presidente Volodymyr
Zelensky dovrebbero incontrarsi venerdì alla “Trump Tower di New York” tra la
rabbia dei repubblicani che lo accusano di aver difeso “Kamala Harris” a spese
dei contribuenti americani.
L'incontro
arriva anche due giorni dopo che l'ex presidente Trump ha criticato Zelensky
per non aver raggiunto un accordo di pace con la Russia.
Ha anche cestinato Zelensky come il "più
grande venditore della terra", proprio come Biden ha autorizzato altri 8
miliardi di dollari in aiuti alla difesa per l'Ucraina.
"Quelle
città ucraine non ci sono più. Se ne sono andati, e continuiamo a dare miliardi
di dollari a un uomo che si è rifiutato di fare un accordo, Zelensky. Non c'era
nessun accordo che avrebbe potuto fare che non sarebbe stato migliore della
situazione che avete in questo momento", aveva detto Trump a un comizio
elettorale in North Carolina.
In
seguito, l'ex presidente ha accusato Zelensky di aver fatto "piccole,
cattive calunnie" nei suoi confronti. "È un peccato quello che sta
succedendo in Ucraina, così tanti morti, così tanta distruzione. È una cosa
orribile", ha detto Trump.
All'inizio
della settimana, e dopo che Zelensky aveva criticato pubblicamente” J.D. Vance”
in un'intervista al “New Yorker”, la campagna di Trump aveva affermato che un
incontro Trump-Zelensky era altamente improbabile.
Ma
alla fine di giovedì le cose sono cambiate e Trump ha rivelato un messaggio
personale e un po' disperato che Zelensky gli ha inviato, chiedendo
urgentemente un incontro.
Trump ha pubblicato il messaggio per intero
sul suo account” Truth Social”.
Il
messaggio sottolineava che Zelensky parla sempre "con grande
rispetto" di Trump e che i due "devono sforzarsi di capirsi e
rimanere in stretto contatto".
È stato passato a Trump da “Denys Sienik”, il
vice capo della missione dell'ambasciata ucraina negli Stati Uniti.
Esiste
il messaggio di Zelensky a Trump pubblicato su “Truth Social”.
"Tutti
noi in Ucraina vogliamo porre fine a questa guerra con una pace giusta",
ha scritto Zelensky
E sappiamo che senza l'America questo è
impossibile da raggiungere.
Ecco
perché dobbiamo sforzarci di capirci e rimanere in stretto contatto".
"Giorni
fa, abbiamo chiesto un incontro con voi, e voglio davvero sentire i vostri
pensieri direttamente e di prima mano", ha continuato.
"Sai
che parlo sempre con grande rispetto di tutto ciò che ti riguarda, ed è così
che dovrebbe essere".
La
visita di Zelensky alla Casa Bianca di ieri ha provocato continue critiche da
parte dei circoli conservatori secondo cui Zelensky sta fondamentalmente agendo
come un sostegno per la campagna di Harris, in modo da essere vista con un
aspetto "presidenziale".
Ma
finora la Casa Bianca non ha accolto la richiesta principale che Zelensky sta
cercando:
la
revoca di tutte le restrizioni relative all'uso di missili a lungo raggio
forniti dall'Occidente per colpire la Russia.
Trump
ha detto dell'incontro di venerdì in tarda mattinata con Zelensky:
"Non
vedo l'ora di vederlo".
Ha
descritto: "Vedremo – credo di non essere d'accordo con lui – beh, non mi
conosce.
Non
sono d'accordo, ma dirò questo:
credo che sarò in grado di fare un accordo tra
il presidente Putin e il presidente Zelensky abbastanza rapidamente".
Zelensky
ha spinto il suo "piano di vittoria" a Washington e ci si aspetta che
cerchi di convincere Trump a mantenere la rotta del forte sostegno all'Ucraina
se riprenderà la Casa Bianca dopo le elezioni di novembre.
Dagli
accaparratori di terre ai cowboy
del
carbonio: decolla una nuova
corsa
per le terre comunitarie.
Globalresearch.ca – (27 settembre 2024) –
Redazione – ci dice:
In una
recente intervista con il “New York Times”, al filantropo miliardario Bill
Gates è stato chiesto se ci fossero tipi di progetti in cui non avrebbe
investito per compensare le sue emissioni di gas serra.
"Non
pianto alberi", ha risposto, aggiungendo che piantare alberi per
affrontare la crisi climatica è una totale assurdità.
"Voglio
dire, siamo noi gli scienziati, o siamo noi gli idioti? Chi vogliamo
essere?"
Microsoft,
l'azienda su cui ha costruito la sua fortuna e, secondo gli addetti ai lavori,
la vede ancora attivamente, la vede diversamente.
Nel
giugno 2024, il gigante della tecnologia ha acquistato 8 milioni di crediti di
carbonio dal “Timberland Investment Group” (TIG), un fondo di proprietà del
prestatore agroalimentare brasiliano “BTG Pactual”.
“TIG” sta raccogliendo 1 miliardo di dollari
per acquistare e convertire i pascoli in piantagioni di eucalipto su larga
scala in tutto il Cono Sud dell'America Latina.
Man
mano che questi alberi crescono, assorbono carbonio dall'atmosfera e lo
immagazzinano nelle loro radici, tronchi e rami.
“TIG”
stimerà la quantità di carbonio rimossa e poi la venderà come crediti di
carbonio a Microsoft e ad altre società.
Ogni
credito di carbonio che Microsoft acquista da TIG dovrebbe compensare una
tonnellata delle emissioni generate da Microsoft bruciando combustibili
fossili. Questo è uno dei modi principali in cui Microsoft e molte altre
aziende stanno pianificando di arrivare a emissioni "nette zero", pur
continuando a bruciare combustibili fossili.
L'accordo
di Microsoft con TIG, secondo quanto riferito la più grande "transazione
di credito per la rimozione dell'anidride carbonica" nella storia, è solo
uno dei tanti investimenti che Microsoft sta facendo nelle piantagioni di
alberi come un modo per compensare le sue emissioni.
L'istituto
di credito olandese per l'agroalimentare “Rabobank” è un'altra fonte di crediti
di carbonio per l'azienda tecnologica.
Anch'essa
sta acquisendo terreni in Brasile per piantagioni di alberi, in questo caso con
una famiglia di imprenditori agricoli locali con precedenti di deforestazione
illegale e frodi.
Ma la maggior parte dei crediti di carbonio
che “Rabobank” vende a Microsoft provengono dal suo programma per piantare
alberi sulle terre di piccoli coltivatori di caffè e cacao in America Latina,
Africa e Asia.
Questo
programma, chiamato “Acorn”, utilizza satelliti e una piattaforma digitale
Microsoft per misurare il numero e le dimensioni degli alberi da ombra che i
piccoli agricoltori piantano nelle loro fattorie e quindi calcolare il carbonio
che hanno rimosso dall'atmosfera.
Poi vende il carbonio a Microsoft come
"crediti di carbonio" per circa 38 dollari al pezzo, prendendo una
percentuale del 20% per sé e per il suo partner locale e pagando agli
agricoltori ciò che resta dei proventi.
Un
grosso problema con il programma di “Rabobank”, identificato in un'indagine sul
suo progetto con i coltivatori di cacao in Costa d'Avorio, è che sta
sovrastimando di gran lunga il carbonio rimosso – in questo caso del 600%!
Inoltre,
il governo della Costa d'Avorio afferma che “Rabobank” sta probabilmente
facendo un doppio passo avanti poiché il suo progetto si sovrappone a un
programma finanziato dalla “Banca Mondiale” che ha già generato e venduto
crediti di carbonio da alberi piantati in piccole piantagioni di cacao nella
stessa area.
Tutte
queste "sciocchezze", come le chiama “Gates”, non hanno impedito a un
numero crescente di aziende, governi e miliardari – per non parlare di una
nuova industria di consulenti climatici e broker di carbonio – di promuovere
l'idea che le emissioni da combustibili fossili possono e devono essere compensate
piantando alberi o altre colture che sequestrano il carbonio.
Tali
progetti hanno una storia a scacchi che risale al “Protocollo di Kyoto del 1997”,
ma in realtà sono decollati solo dopo l'”Accordo sul clima di Parigi del 2016”,
quando i governi hanno approvato la nozione di compensazioni e mercati del
carbonio come mezzo efficace per convincere le aziende a ridurre le loro
emissioni.
Oggi,
la maggior parte dei progetti di compensazione si trova nel cosiddetto
"mercato volontario", in cui le aziende private del Nord del mondo
gestiscono la certificazione e la vendita di crediti di carbonio alle aziende
che vogliono dimostrare che stanno agendo per affrontare il cambiamento
climatico.
I progetti, in gran parte nel Sud del mondo,
possono riguardare qualsiasi cosa, dalla distribuzione di fornelli puliti in
Malawi alla conservazione delle foreste pluviali in Indonesia.
La premessa è che il progetto prevenga le
emissioni che si sarebbero verificate senza di esso, o che porti alla rimozione
di anidride carbonica (CO2) dall'atmosfera.
I
fornelli e la conservazione della foresta pluviale sono esempi di riduzione
delle emissioni.
Piantare
alberi, d'altra parte, è la forma più popolare di rimozione.
In uno
studio del 2024, il “World Rainforest Movement” (WRM) afferma che il numero di
progetti di piantumazione di alberi per crediti di carbonio è triplicato negli
ultimi tre anni.
“WRM”
afferma che l'impennata è in parte guidata dal gran numero di scandali di alto
profilo nei programmi di prevenzione delle emissioni, noti come
"REDD+".
Numerosi
progetti per preservare le foreste sono stati ritirati o sospesi dai mercati
del carbonio dopo che le indagini hanno dimostrato che si basavano su storie
non plausibili sulla minaccia della deforestazione o che causavano violazioni
dei diritti umani e altri danni alle comunità locali.
Di
conseguenza, “WRM” afferma che le aziende stanno rivolgendo la loro attenzione
alla piantumazione di alberi come fonte di crediti di carbonio "ad alta
integrità".
Questo sta generando una folle corsa per
assicurarsi le terre dove piantare alberi.
L'accaparramento
del carbonio dei terreni agricoli.
Attivisti
e scienziati hanno avvertito per anni che i piani per compensare le emissioni
di carbonio piantando alberi o altre colture porterebbero a un'impennata
dell'accaparramento delle terre, soprattutto nel Sud del mondo. Questi avvertimenti si stanno ora dimostrando
veri.
“GRAIN”
ha setacciato i vari registri dei progetti di compensazione del carbonio per
cercare di avere un'idea migliore di questo nuovo accaparramento di terra e di
come si sta svolgendo.
Abbiamo
identificato 279 progetti di piantagione di alberi e colture su larga scala per
crediti di carbonio che le aziende hanno avviato dal 2016 nel Sud del mondo. C
oprono
oltre 9,1 milioni di ettari di terra, un'area grande all'incirca quanto il
Portogallo.
(Esiste un Report che dice Cosa è
incluso e cosa non è incluso nell'insieme di dati sull'accordo fondiario).
Gli
accordi (esiste il set di dati) si sommano a una nuova massiccia forma di
accaparramento di terre che non farà altro che aumentare i conflitti e le
pressioni sulla terra che stanno ancora ribollendo dall'ultima follia globale
di accaparramento di terre scoppiata nel 2007-8 sulla scia delle crisi
alimentari e finanziarie globali.
Significano
anche che nuove fonti di denaro stanno ora affluendo nelle casse delle aziende
specializzate nel prendere terre dalle comunità del Sud per arricchire e
servire le corporazioni, soprattutto al Nord.
Cosa è
incluso e cosa non è incluso nel set di dati sull'accordo fondiario.
Cosa
c'è dentro?
I
nostri dati coprono i progetti provenienti da tutti i principali registri
volontari dei progetti di compensazione.
Questi
sono:
American Carbon Registry (ACR), Climate Action Reserve
(CAR), Gold Standard (GS), Verra (VCS), BioCarbono (BC), Cercarbono (CV) e Plan
Vivo (PV).
Include
anche i casi presenti sul sito” web farmlandgrab.org” che non sono ancora
presenti nei registri.
I
progetti nel nostro set di dati sono limitati ai progetti che:
– possono
comportare la piantumazione su larga scala di colture e/o specie arboree su una
superficie complessiva di oltre 100 ettari ai fini della produzione di crediti
di carbonio;
– sono
guidate da aziende esterne alle comunità;
– sono
stati avviati a partire dal 2016 e fino al 31 marzo 2024 (all'incirca dopo
l'Accordo di Parigi); e
– si
trovano nel Sud del mondo.
I
progetti riguardano
1) la creazione di piantagioni su larga scala
o
2) la
produzione a contratto con piccoli agricoltori. Ma tutti i progetti vincolano
l'uso del terreno ai termini del progetto per 20 anni o più.
Cosa
non c'è?
I
progetti REDD+, che mirano a evitare la deforestazione, non sono inclusi.
Non
sono inclusi nemmeno alcuni tipi di progetti che producono crediti di carbonio
attraverso la piantumazione di alberi o l'agricoltura su vaste aree di terreno.
Questi
sono:
–
progetti di gestione dei pascoli, che incidono sull'accesso ai terreni e sulle
pratiche tradizionali dei pastori;
–
progetti di ripristino o creazione di mangrovie, in cui vaste aree di costa
sono occupate per la piantumazione di alberi di mangrovie; e
–
progetti che generano crediti di carbonio iscrivendo gli agricoltori
all'attuazione di pratiche agricole che si dice accumulino carbonio nei suoli,
spesso chiamate "carbon farming".
Questi
progetti sono estremamente importanti e possono avere impatti altrettanto gravi
sulle comunità, incluso l'accaparramento delle terre, ma non sono trattati qui
per mantenere il set di dati gestibile.
I
nostri dati non coprono nemmeno i progetti situati nel Nord del mondo, come in
Nuova Zelanda, Scozia e Australia, dove i programmi nazionali che approvano la
piantumazione di alberi per la compensazione delle emissioni di carbonio hanno
portato a uno spostamento della produzione alimentare e minato l'accesso degli
agricoltori alla terra.
Ad
oggi, 52 paesi del Sud del mondo sono stati presi di mira da questi progetti.
La
metà dei progetti si trova in soli quattro paesi: Cina, India, Brasile e
Colombia, che stanno sviluppando le proprie industrie di sviluppatori di
progetti sul carbonio. Ma i progetti in questi paesi rappresentano meno di un
terzo della superficie totale coinvolta.
La
regione più colpita, in termini di superficie, è l'Africa, con progetti che
coprono oltre 5,2 milioni di ettari.
Molti
dei progetti riguardano accordi di terreni per creare piantagioni giganti di
eucalipto, acacia o bambù.
In genere, si tratta di pascoli o savane che
fino ad ora venivano utilizzati dalle comunità locali per il pascolo del
bestiame o per la coltivazione di cibo.
Un
numero ancora maggiore di progetti viene attuato nelle piccole aziende
agricole.
In
genere, in questi casi, gli agricoltori devono dimostrare di avere il titolo
sui terreni e viene chiesto loro di firmare contratti in cui si impegnano a
piantare e mantenere un certo numero di alberi su una parte del loro terreno.
In base a questi contratti, gli agricoltori
trasferiscono i diritti sul carbonio negli alberi e nel suolo ai proponenti del
progetto.
Sebbene
questi accordi non spostino gli agricoltori dalle loro terre, sono una forma di
produzione a contratto.
Gli agricoltori stanno di fatto cedendo il
controllo su una parte delle loro terre a una società esterna per decenni.
Non
possono più fare quello che vogliono sulla terraferma.
I
progetti possono anche incoraggiare, e in alcuni casi facilitare direttamente,
il passaggio da forme collettive di gestione fondiaria alla privatizzazione
della proprietà individuale. (Colonialismo del carbonio).
Il
denaro che gli investitori intendono catturare da queste operazioni è immenso.
I progetti che abbiamo estratto dai registri “Verra”
e “Gold Standard “genereranno 2,5 miliardi di crediti di carbonio (1 credito =
1 tonnellata di CO2 rimossa) nel corso della loro vita.
Con un
prezzo medio di circa 10 dollari per credito, ciò si aggiunge a una potenziale
ricompensa di 25 miliardi di dollari.
Ecco
che arrivano gli "idioti."
Mentre
questi progetti sono realizzati esclusivamente in aree rurali con emissioni pro
capite estremamente basse, è esattamente il contrario quando si tratta delle
aziende che li orchestrano.
Con
l'eccezione di ciò che sta accadendo in India e Cina, la maggior parte dei
progetti di carbonio sono guidati da aziende straniere in paesi ricchi con
record di emissioni atroci, come Paesi Bassi, Stati Uniti, Singapore, Svizzera,
Regno Unito, Francia, Germania ed Emirati Arabi Uniti.
C'è una chiara dinamica coloniale all'opera,
con le aziende e le grandi ONG del Nord che ancora una volta usano le terre
delle comunità del Sud del mondo per i loro programmi e per i loro benefici.
(GRAIN
e UChicago Data Science Institute.)
Un
buon numero di attori che guidano questa nuova ondata di accaparramento di
terre sono in realtà recidivi dell'accaparramento globale di terreni agricoli
che è decollato un decennio e mezzo fa.
Questo
è particolarmente vero in Africa. ( Gli accaparratori di terre in Africa sono
tornati in attività). Ci sono anche diverse aziende del settore forestale con
storie di accaparramento di terre e conflitti con le comunità locali.
Gran parte delle vaste piantagioni di
eucalipto del gigante brasiliano della carta “Suzano”, ad esempio, che è
coinvolto in tre progetti di piantagioni di carbonio su larga scala, sono state
prese dalle popolazioni indigene e tradizionali del Brasile.
E un numero non trascurabile di sviluppatori
di progetti ha precedenti di affari illegali e scandali finanziari.
Essi includono:
Ricardo
Stoppe Jr, il "re del carbonio" del Brasile, arrestato nel giugno
2024 per aver gestito uno schema illegale di vendita di crediti di carbonio e
accaparramento di terreni;
Martin
Vorderwulbecke, un uomo d'affari tedesco con un progetto di carbonio per
l'albero di “neem” in Paraguay, accusato di aver frodato la compagnia aerea
nazionale slovena di milioni di dollari;
Alexis
Ludwig Leroy, un commerciante di carbonio franco-svizzero che sviluppa progetti
di piantumazione di alberi in Costa d'Avorio e nella Repubblica Democratica del
Congo, che secondo quanto riferito è sotto inchiesta per riciclaggio di denaro
e legami finanziari con la "regina della cocaina" della Colombia;
Vittorio
Medioli, un uomo d'affari e politico italo/brasiliano con una piantagione di
alberi da carbonio in Brasile, che è stato condannato dai tribunali brasiliani
per evasione valutaria e citato in giudizio per cartello e formazione di bande
nel settore dei trasporti; e,
Lo
sceicco Ahmed Dalmook al Maktoum, un membro della famiglia reale degli Emirati
Arabi Uniti che cerca decine di milioni di ettari in Africa per progetti di
compensazione delle emissioni di carbonio, accusato di aver sovraccaricato il
Ghana sulla fornitura di vaccini Covid di fabbricazione russa e che è stato
consigliato sui suoi accordi sul carbonio africano da un uomo d'affari italiano
condannato per una frode fallimentare che ha affondato una delle più grandi
società di telecomunicazioni italiane.
Il
denaro che viene sperperato da questi cowboy del carbonio proviene
principalmente dalle multinazionali più inquinanti del mondo, che sono
interessate all'acquisto di crediti di carbonio per il greenwashing delle loro
emissioni.
In
cima alla lista degli acquirenti di crediti ci sono le società di combustibili
fossili (Piantumazione di alberi per il pompaggio del petrolio).
Ma ci
sono anche giganti della tecnologia come “Meta” e” Apple”, aziende alimentari
come “Danone” e “Coca-Cola” e catene di supermercati come “Mercado Libre” e “Carrefour”.
Anche Amazon
e le braccia filantropiche del suo proprietario miliardario, Jeff Bezos, sono
fortemente coinvolte.
Bezos acquista crediti e finanzia le ONG e le
aziende che gestiscono le piantagioni, attraverso iniziative come il fondo “AFR100”,
che mira a piantare alberi su 100 milioni di ettari in Africa.
Lo
stesso vale per le banche di sviluppo, come “FMO” dei Paesi Bassi, la “International
Development Finance Corporation” degli Stati Uniti o la “International Finance
Corporation della Banca Mondiale”, che forniscono prestiti a basso costo,
assicurazioni contro i rischi politici e persino investimenti azionari a molte
società di piantagioni di carbonio.
Colonialismo
del carbonio.
Il 15
aprile 2022, un gruppo di circa 150 agricoltori si è riunito fuori dalle
operazioni del supermercato belga” Colruyt”.
In
piedi dietro carriole di terra, gli agricoltori hanno accusato l'azienda di
"rubare terreni" acquistando centinaia di ettari di scarsi terreni
agricoli del paese, ironicamente come parte di una campagna per l'acquisto di
prodotti locali.
"Ogni
pezzo di terra che “Colruyt” compra è un pezzo di terra sottratto alle fattorie
familiari belghe", hanno detto.
Lontano,
nella Repubblica Democratica del Congo, anche la catena di supermercati sta
acquisendo terreni, ma per motivi decisamente non "locali".
Nel
2021,” Colruyt” ha ottenuto una concessione di 25 anni e 10.656 ettari nella
provincia di “Kwango”, circa 50 volte la dimensione dei suoi terreni agricoli
belgi.
Prevede
di stabilire piantagioni di alberi per compensare le sue emissioni su queste
terre, che sono attualmente utilizzate dalla popolazione locale per le colture
alimentari, e di assumere guardie di sicurezza per proteggere gli alberi dagli
abitanti dei villaggi e dalla loro agricoltura "taglia e brucia".
Nella
vicina Uganda, anche la catena svedese di hamburger” Max” sta acquistando
crediti da un progetto di piantagione di carbonio, ma con un approccio diverso.
Piuttosto che spostare gli agricoltori locali,
li spinge a piantare alberi sulle loro terre.
Gli
agricoltori partecipanti firmano un contratto in cui affermano che pianteranno
e manterranno alberi, riceveranno piantine e un po' di formazione e si
sottoporranno a controlli periodici.
In cambio, ricevono pagamenti per i crediti di
carbonio acquistati da “Max” per compensare i suoi hamburger.
Ma
quando un team di giornalisti del sito di media svedese” Aftonbladet” ha
visitato gli agricoltori all'inizio del 2024, ha trovato uno spettacolo
dell'orrore.
Gli
agricoltori hanno detto di aver piantato gli alberi come era stato detto loro,
non sapendo che questi alberi stavano compensando l'inquinamento di una
società.
Le cose sono iniziate bene, ma gli alberi
crescono rapidamente e hanno iniziato rapidamente a prendere il sopravvento sui
loro campi, risucchiando tutta la luce solare, le sostanze nutritive e l'acqua.
I 100 dollari all'anno di pagamenti dai
crediti di carbonio non coprivano la perdita di cibo e di reddito dai loro
raccolti.
Otto anni dopo l'inizio del progetto, la
troupe dei media svedesi ha scoperto che gli agricoltori morivano di fame e
alcuni stavano abbattendo gli alberi nonostante le minacce di carcere per
violazione del contratto da parte del proponente del progetto.
"Un
tempo ero un agricoltore modello", dice “Samuel Byarugaba”, uno degli
agricoltori.
"La
gente veniva da me per conoscere l'agricoltura ed ero orgoglioso di mostrare la
nostra fattoria. Avevamo abbastanza cibo per sfamarci e potevamo vendere il
surplus. Ora è tutto scomparso".
Anche
le società del settore finanziario stanno iniziando a essere coinvolte, un
segnale preoccupante che potrebbe essere mobilitato molto più denaro.
“
Rabobank” e “BTG Pactual” sono i principali esempi di operatori finanziari che
istituiscono fondi specializzati per investire in piantagioni di carbonio per
conto di fondi pensione, miliardari, fondi sovrani, dotazioni universitarie,
banche di sviluppo e altri investitori istituzionali.
I loro investimenti nelle piantagioni di
carbonio si incastrano con le proprietà terriere che molti di questi attori
hanno già accumulato attraverso investimenti in legname e terreni agricoli.
Il”
Renewable Resources Group”, ad esempio, è una società di private equity
statunitense i cui investitori includono” Goldman Sachs” e la dotazione
dell'Università di Harvard.
È
specializzata nella "monetizzazione" dell'acqua acquistando terreni
in parti del mondo dove può ottenere l'accesso a un'irrigazione a basso costo
per produrre colture di alto valore per l'esportazione, come uva e bacche.
Ha già acquisito oltre 100.000 ettari di
terreni agricoli in alcune parti del Messico, degli Stati Uniti, del Cile e
dell'Argentina, dove ci sono problemi di scarsità d'acqua.
Recentemente ha istituito una divisione
"nature-based solutions" attraverso la quale ha acquisito il fondo di
private equity tedesco “12Tree”.
Dal
2017, 12Tree ha acquisito 20.000 ettari in America Latina e Africa per creare
aziende agricole "rigenerative" dove pianta alberi e genera crediti
di carbonio.
Truffe
Certificate.
Una
grande differenza tra i precedenti accaparramenti di terre per la produzione
alimentare e l'odierno accaparramento di terre per le compensazioni di carbonio
è che gli accordi sul carbonio sono "certificati".
“
Verra” e” Gold Standard”, due dei principali certificatori, ricevono ingenti
somme di denaro per garantire che i progetti di compensazione siano realizzati
in consultazione con le comunità locali, evitare di spostarle e persino fornire
loro alcuni benefici.
È il
tipo di sistema che agenzie come l'”Organizzazione delle Nazioni Unite per
l'Alimentazione e l'Agricoltura” e la “Banca Mondiale” sostengono da tempo che
risolverebbe i mali dell'accaparramento globale dei terreni agricoli.
Tuttavia,
il nostro set di dati e il numero crescente di indagini da parte di accademici,
media e società civile su progetti certificati da queste aziende smentiscono
tali affermazioni.
Come
ci si può aspettare che un mercato basato sull'acquisizione di terre dalle
comunità rurali e indigene del Sud globale, a beneficio delle società del Nord
globale, possa equivalere a qualcosa di diverso da un massiccio furto di terre?
Nessun
meccanismo di condivisione dei benefici, spesso inserito in questi accordi sul
carbonio, altera questo risultato.
Gli
accaparratori di terre in Africa sono tornati in attività.
La
corsa alla terra che ha seguito la crisi alimentare e finanziaria del 2007-8 ha
colpito duramente l'Africa.
Centinaia
di comunità sono state sfollate dalle loro terre per far posto a fattorie
industriali su larga scala.
Eppure,
anche se molte di queste fattorie sono fallite malamente, le comunità stanno
ancora lottando per riavere le loro terre.
Alcuni colpevoli di quella corsa alla terra (e
cugini prossimi) stanno ora cercando di ottenere terreni per piantagioni di
carbonio.
Di
seguito sono riportati alcuni esempi.
“Gagan
Gupta”:
In
qualità di presidente del gigante dell'agroalimentare “Olam International”,
questo uomo d'affari di Singapore ha supervisionato l'affare di 300.000 ettari
di terreno dell'azienda in Gabon nel 2011 per costruire la più grande
piantagione di palma da olio dell'Africa.
Da allora l'operazione è stata impantanata in
conflitti con le comunità.
Ora “Gupta”
gestisce una società di piantagioni di alberi con sede negli Emirati Arabi
Uniti, “Sequoia Plantation”, che è in procinto di garantire 200.000 ettari in
Togo, Gabon e Repubblica del Congo per piantagioni di alberi su larga scala con
componenti di compensazione del carbonio, nonostante le proteste delle comunità
colpite.
“Kevin
Godlington”:
Questo
uomo d'affari britannico ha orchestrato diversi affari fondiari falliti su
larga scala in “Sierra Leone”.
Una
era una piantagione di palma da olio nel distretto di “Port Loko” che ha
disboscato la foresta e sfollato le persone dalle loro terre prima che andasse
in bancarotta.
Imperterrita,”
Godlington” sta ora inseguendo le stesse terre con una nuova impresa quotata
alla “Borsa di Toronto” che sostiene di avere diritti di locazione su 57.000
ettari per piantare alberi per crediti di carbonio, alcuni dei quali sono già
stati acquistati dalla “British Petroleum”.
Come
per il primo round di accordi sui terreni, non importa come andranno le cose, “Godlington”
ha già intascato milioni di dollari dal piano.
“Carter
Coleman”:
Questo
uomo d'affari britannico ha costruito la famigerata fattoria di riso “Kilombero
Plantation Limited” su 5.818 ettari di terreni comunitari contesi nel cuore del
“Corridoio di Crescita Agricola Meridionale” della “Tanzania”. Nonostante il
forte sostegno delle banche di sviluppo e degli investitori stranieri, è
fallita nel 2019.
“Coleman”
è ora tornato con una nuova società chiamata “Udzungwa Corridor Limited “che
genererà crediti di carbonio piantando "rari legni duri tropicali" su
un tratto di terra di 7.500 ettari affittato da agricoltori locali lungo la “Riserva
Naturale di Kilombero”.
“Andrea
Tozzi”:
Questo
imprenditore italiano, amministratore delegato dell'azienda di famiglia “Tozzi
Green”, ha acquistato 11.000 ettari di terreno in tre comuni nella regione di “Ihorombe”
in Madagascar nel 2012 e nel 2018 per coltivare la “coltura per biocarburanti” “jatropha”.
Quel
progetto fallì e l'azienda passò alla coltivazione di mais per l'alimentazione
animale e le colture di oli essenziali.
Nel
frattempo le comunità hanno lottato per riavere le loro terre, di cui dicono di
aver bisogno per far pascolare il loro bestiame e coltivare cibo per le loro
famiglie.
Tozzi
sta ora cercando di salvare il suo progetto sostituendo il mais con piantagioni
di acacia ed eucalipto per ottenere crediti di carbonio – a cui le comunità, in
particolare quelle di “Ambatolahy”, stanno ancora resistendo fermamente.
“Karl
Kirchmayer”:
questo
uomo d'affari austriaco, che ha passato anni ad acquistare 147.000 ettari di
terreni agricoli nell'Europa dell'Est, ora ha un'impresa africana di
accaparramento di terreni,” ASC Impact”.
Sta
collaborando con un” Senior Advisor del Presidente dell'Uganda” e un uomo
d'affari di “Dubai vicino alla famiglia reale” per vendere 60 milioni di
tonnellate di crediti di carbonio alle aziende degli Emirati Arabi Uniti
provenienti da progetti di piantagioni di mangrovie e alberi, principalmente in
Africa.
“ASC
Impact” sta attualmente negoziando per 27.000 ettari in Etiopia, 25.000 in
Angola e 270.000 nella Repubblica del Congo!
“Frank
Timis”:
questo
uomo d'affari rumeno-svizzero è il fondatore e azionista di maggioranza di “African
Agriculture Holdings Inc”, una società statunitense quotata alla borsa “Nasdaq”,
che ha rilevato oltre 25.000 ettari di terreni da un'azienda italiana fallita
che le comunità locali in Senegal stanno lottando per riavere da oltre un
decennio.
La sua
azienda è anche responsabile del più grande affare di terreni nel nostro
database:
una
ridicola coppia di contratti di locazione di 49 anni che coprono 2,2 milioni di
ettari in Niger, dove l'azienda produrrà crediti di carbonio piantando pini.
“Shell,
BP e Easyjet”:
i
grandi inquinatori che progettano le regole per le compensazioni volontarie di
carbonio.
E
mentre nove milioni di ettari sono già troppi, le cose potrebbero andare molto
peggio.
I
negoziati sul clima delle Nazioni Unite si stanno muovendo verso l'istituzione
di un meccanismo internazionale di scambio del carbonio che consentirebbe ai
governi dei paesi fortemente inquinanti e alle loro aziende di compensare le
emissioni nazionali attraverso accordi per progetti di carbonio in altri paesi,
principalmente nel Sud del mondo.
Se e
quando ciò accadrà, il valore dei crediti di carbonio potrebbe aumentare,
generando una domanda ancora più elevata di terreni per piantare alberi.
La pressione proviene anche dagli sforzi per
stabilire mercati per le compensazioni della biodiversità, che innescheranno
una frenesia alimentare tra gli investitori desiderosi di fare soldi dai
territori dei piccoli agricoltori, delle popolazioni indigene e dei pastori.
L'idea
che piantare alberi o altri mezzi per generare crediti di carbonio possa
compensare le emissioni di combustibili fossili è una distrazione pericolosa,
incompatibile con i tagli reali alle emissioni necessari per affrontare la
crisi climatica.
Si
consideri, ad esempio, che anche se le dubbie stime di rimozione delle
emissioni dei 279 progetti nel nostro set di dati fossero vere, ammonterebbero
solo a 55 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, non sufficienti nemmeno
lontanamente a coprire l'aumento di 90 milioni di tonnellate dello scorso anno
delle emissioni globali di CO2 da combustibili fossili.
I
movimenti e le organizzazioni sociali devono essere implacabili nel denunciare
queste contraddizioni, danni e frodi.
Dobbiamo
anche fornire maggiori informazioni alle comunità sul campo.
Sono
spesso confusi da ciò che i proponenti del progetto dicono loro e non esposti a
ciò che altre comunità hanno vissuto.
Non
sono quasi mai informati su come i progetti siano progettati per consentire
alle grandi aziende di continuare a inquinare e su come questo inquinamento sia
collegato ai terribili impatti che stanno subendo a causa del cambiamento
climatico.
Il
clamore sui soldi da guadagnare, sotto il termine improprio di condivisione dei
benefici, può creare divisioni all'interno delle comunità e spingere alcune
famiglie a firmare contratti di cui potrebbero presto pentirsi.
Poiché
tutti questi progetti di carbonio si basano sulla proprietà formale della
terra, possono anche minare i sistemi comunitari di gestione della terra.
Ci
sono già casi in cui le comunità hanno subito violenze e intimidazioni per aver
resistito ai progetti di compensazione delle emissioni di carbonio e la
situazione è destinata a intensificarsi.
Sta quindi diventando sempre più urgente
condividere informazioni ed esperienze sull'accaparramento del carbonio – a
livello locale, nazionale, regionale e internazionale – in modo da potervi
porre fine.
La doppia minaccia per le comunità – sia dal
cambiamento climatico stesso che da queste soluzioni criminali ad esso – non
dovrebbe essere permessa.
Piantumazione
di alberi per il pompaggio del petrolio.
Nel
settembre 2023, la compagnia petrolifera “Shell” ha scioccato i mercati del
carbonio quando ha bruscamente cancellato i piani per piantare alberi su 12
milioni di ettari di terreno entro il 2030, un'area tre volte più grande del
suo paese d'origine, i Paesi Bassi.
Non
c'era molto da festeggiare, tuttavia, poiché la società ha anche scartato i
piani per ridurre la produzione di petrolio.
Non è
chiaro se “Shell” si stesse ritirando completamente dall'industria della
compensazione delle emissioni di carbonio.
“Shell” possiede ancora una
partecipazione di controllo in una società olandese di biodiesel che cerca di
generare crediti di carbonio piantando pongamia su 120.000 ettari in Paraguay.
Le
coorti europee di “Shell” non hanno ancora perso il loro entusiasmo per le
piantagioni di carbonio.
L'italiana
“Eni” ha avviato un'impresa nel settore dei biocarburanti per ottenere crediti
di carbonio in Kenya, contrattando gli agricoltori per coltivare piante di
croton su una superficie iniziale di 40.000 ettari.
All'inizio di quest'anno,” British Petroleum “(BP)
ha pagato alla canadese “Carbon Done Right” 2,5 milioni di dollari per i
crediti di carbonio derivanti da un progetto di piantagione di alberi di 57.000
ettari che l'azienda sta portando avanti in Sierra Leone.
E la compagnia petrolifera francese “Total Energies”
ha un enorme progetto di piantagione di acacia di 38.000 ettari per compensare
le sue emissioni nella Repubblica del Congo.
Le indagini su tutti e tre i progetti indicano
gravi impatti sugli agricoltori locali.
Due
delle principali aziende energetiche giapponesi sono anche impegnate nelle
piantagioni di compensazione del carbonio.
“Marubeni” ha un progetto di piantagione di
pini ed eucalipti di 31.000 ettari in “Angola” con un uomo d'affari argentino. “Mitsui”,
attraverso la sua filiale australiana “New Forests”, sta erigendo piantagioni
di alberi per crediti di carbonio su terreni agricoli in affitto nel nord della
Tasmania e, attraverso la sua “African Forestry Impact Platform”, ha
recentemente acquisito “Green Resources AS”, "una società norvegese di
silvicoltura e crediti di carbonio nota per la sua storia di accaparramento di
terre, violazioni dei diritti umani e distruzione ambientale in tutta l'Uganda,
Mozambico e Tanzania".
Chi
vuole uccidere e morire
per
l'impero americano?
Globalresarch.ca
- Nicolas J. S. Davies – (05 settembre 2024) – ci dice:
L'Associated
Press riferisce che molte delle reclute arruolate in base alla nuova legge
sulla coscrizione dell'Ucraina non hanno la motivazione e l'indottrinamento
militare necessari per puntare le armi e sparare ai soldati russi.
"Alcune
persone non vogliono sparare. Vedono il nemico in posizione di tiro nelle
trincee, ma non aprono il fuoco. … Ecco perché i nostri uomini stanno
morendo", ha detto frustrato un frustrato comandante di battaglione della
47a brigata ucraina. "Quando non usano l'arma, sono inefficaci".
Questo
è un territorio familiare a chiunque abbia studiato il lavoro del generale di
brigata Samuel "Slam" Marshall, un veterano della Prima Guerra
Mondiale e il principale storico del combattimento dell'esercito degli Stati
Uniti nella Seconda Guerra Mondiale.
“Marshall
“ha condotto centinaia di sessioni post-combattimento in piccoli gruppi con le
truppe statunitensi nel Pacifico e in Europa, e ha documentato le sue scoperte
nel suo libro,” Uomini contro il fuoco”: il problema del comando di battaglia.
Una
delle scoperte più sorprendenti e controverse di “Slam Marshall” fu che solo
circa il 15% delle truppe statunitensi in combattimento sparò effettivamente
con le loro armi contro il nemico.
In
nessun caso questa percentuale è mai salita oltre il 25%, anche quando il
mancato fuoco ha messo in pericolo la vita dei soldati.
“Marshall”
concluse che la maggior parte degli esseri umani ha un'avversione naturale per
l'uccisione di altri esseri umani, spesso rafforzata dalla nostra educazione e
dalle nostre convinzioni religiose, e che trasformare i civili in efficaci
soldati da combattimento richiede quindi addestramento e indottrinamento
espressamente progettati per ignorare il nostro naturale rispetto per la vita
umana.
Questa
dicotomia tra la natura umana e l'uccisione in guerra è ora compresa come alla
radice di gran parte del disturbo da stress post-traumatico sofferto dai
veterani di combattimento.
Le
conclusioni di “Marshall” furono incorporate nell'addestramento militare degli
Stati Uniti, con l'introduzione di bersagli a poligono di tiro che sembravano
soldati nemici e l'indottrinamento deliberato per disumanizzare il nemico nelle
menti dei soldati.
Quando
condusse ricerche simili nella guerra di Corea, “Marshall” scoprì che i
cambiamenti nell'addestramento della fanteria basati sul suo lavoro nella
seconda guerra mondiale avevano già portato a rapporti di fuoco più elevati.
Questa
tendenza è continuata in Vietnam e nelle più recenti guerre degli Stati Uniti.
Parte
della scioccante brutalità dell'ostile occupazione militare statunitense
dell'Iraq derivava direttamente dall'indottrinamento disumanizzante delle forze
di occupazione statunitensi, che includeva il falso collegamento tra l'Iraq e i
crimini terroristici dell'11 settembre negli Stati Uniti e l'etichettatura come
"terroristi" degli iracheni che hanno resistito all'invasione e
all'occupazione statunitense del loro paese.
Un
sondaggio di “Zogby” sulle forze statunitensi in Iraq nel febbraio 2006 ha
rilevato che l'85% delle truppe statunitensi credeva che la loro missione fosse
quella di "vendicarsi per il ruolo di Saddam negli attacchi dell'11
settembre" e il 77% credeva che la ragione principale della guerra fosse
quella di "impedire a Saddam di proteggere Al Qaeda in Iraq".
Era
tutta pura finzione, tagliata di sana pianta dai propagandisti di Washington,
eppure, a tre anni dall'inizio dell'occupazione statunitense, il Pentagono
stava ancora ingannando le truppe statunitensi per collegare falsamente l'Iraq
con l'11 settembre.
L'impatto
di questa disumanizzazione è stato confermato anche dalle testimonianze della
corte marziale nei rari casi in cui le truppe statunitensi sono state
perseguite per aver ucciso civili iracheni.
In una corte marziale a “Camp Pendleton in
California” nel luglio 2007, un caporale che ha testimoniato per la difesa ha
detto alla corte che non vedeva l'uccisione a sangue freddo di un civile
innocente come un'esecuzione sommaria. "Lo vedo come uccidere il
nemico", ha detto alla corte, aggiungendo: "I marines considerano
tutti gli uomini iracheni parte dell'insurrezione".
I
morti in combattimento degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan (6.257 uccisi)
sono stati solo una frazione del bilancio delle vittime in combattimento degli
Stati Uniti in Vietnam (47.434) o in Corea (33.686), e una frazione ancora più
piccola dei quasi 300.000 americani uccisi nella seconda guerra mondiale.
In ogni caso, altri paesi hanno subito un
bilancio delle vittime molto più pesante.
Eppure,
le vittime statunitensi in Iraq e in Afghanistan hanno provocato ondate di
contraccolpi politici negli Stati Uniti, portando a problemi di reclutamento
militare che persistono ancora oggi.
Il
governo degli Stati Uniti rispose passando dalle guerre che coinvolgevano
grandi dispiegamenti di truppe di terra statunitensi a una maggiore dipendenza
dalle guerre per procura e dai bombardamenti aerei.
Dopo
la fine della Guerra Fredda, il complesso militare-industriale e la classe
politica degli Stati Uniti pensavano di aver "dato un calcio alla sindrome
del Vietnam" e che, liberati dal pericolo di provocare la Terza Guerra
Mondiale con l'Unione Sovietica, potevano ora usare la forza militare senza
ritegno per consolidare ed espandere il potere globale degli Stati Uniti.
Queste
ambizioni hanno attraversato le linee di partito, dai
"neoconservatori" repubblicani ai falchi democratici come Madeleine
Albright, Hillary Clinton e Joe Biden.
Dare
alla guerra troppe possibilità.
In un
discorso al “Council on Foreign Relations “(CFR) nell'ottobre 2000, un mese
prima di vincere un seggio al Senato degli Stati Uniti, “Hillary Clinton” fece
eco al famigerato rifiuto della sua mentore “Madeleine Albright” della
"Dottrina Powell" della guerra limitata.
"C'è
un ritornello...", dichiarò Clinton, "che dovremmo intervenire con la
forza solo quando affrontiamo splendide piccole guerre che sicuramente possiamo
vincere, preferibilmente con la forza schiacciante in un periodo di tempo
relativamente breve.
A coloro che credono che dovremmo essere
coinvolti solo se è facile da fare, penso che dobbiamo dire che l'America non
ha mai e non dovrebbe mai sottrarsi al difficile compito se è quello
giusto".
Durante
la sessione di domande e risposte, un dirigente bancario tra il pubblico ha
sfidato la Clinton su questa affermazione.
"Mi chiedo se pensate che ogni paese
straniero – la maggior parte dei paesi – accoglierebbe con favore questa nuova
assertività, compreso il miliardo di musulmani che ci sono là fuori", ha
chiesto, "e se non c'è o meno un grave rischio per gli Stati Uniti in
questo... cosa direi, non un nuovo internazionalismo, ma un nuovo
imperialismo?"
Quando
la politica di guerra aggressiva promossa dai neoconservatori e dai falchi
democratici si è schiantata e bruciata in Iraq e in Afghanistan, questo avrebbe
dovuto indurre a riconsiderare seriamente le loro ipotesi sbagliate
sull'impatto dell'uso aggressivo e illegale della forza militare statunitense.
Invece,
la risposta della classe politica statunitense al contraccolpo delle sue
catastrofiche guerre in Iraq e in Afghanistan è stata semplicemente quella di
evitare grandi dispiegamenti di forze di terra statunitensi o "stivali sul
terreno".
Hanno
invece abbracciato l'uso di devastanti bombardamenti e campagne di artiglieria
in Afghanistan, Mosul in Iraq e Raqqa in Siria, e le guerre combattute per
procura, con il pieno sostegno "corazzato" degli Stati Uniti, in
Libia, Siria, Iraq, Yemen e ora Ucraina e Palestina.
L'assenza
di un gran numero di vittime statunitensi in queste guerre li ha tenuti lontani
dalle prime pagine in patria ed ha evitato il tipo di contraccolpo politico
generato dalle guerre in Vietnam e in Iraq.
La
mancanza di copertura mediatica e di dibattito pubblico ha fatto sì che la
maggior parte degli americani sapesse molto poco di queste guerre più recenti,
fino a quando la scioccante atrocità del genocidio a Gaza ha finalmente
iniziato a incrinare il muro del silenzio e dell'indifferenza.
I
risultati di queste guerre per procura degli Stati Uniti sono, prevedibilmente,
non meno catastrofici delle guerre in Iraq e in Afghanistan.
Gli
impatti politici interni degli Stati Uniti sono stati mitigati, ma gli impatti
del mondo reale nei paesi e nelle regioni coinvolte sono mortali, distruttivi e
destabilizzanti come sempre, minando il "soft power" degli Stati
Uniti e le pretese di leadership globale agli occhi di gran parte del mondo.
In
realtà, queste politiche hanno allargato l'abisso tra la visione del mondo
degli americani male informati che si aggrappano alla visione del loro paese
come un paese in pace e una forza per il bene nel mondo, e le persone in altri
paesi, specialmente nel Sud del mondo, che sono sempre più indignati dalla
violenza, dal caos e dalla povertà causati dalla proiezione aggressiva del
potere militare ed economico degli Stati Uniti. E sia che si tratti di guerre
statunitensi, guerre per procura, campagne di bombardamenti, colpi di stato o
sanzioni economiche.
Ora le
guerre sostenute dagli Stati Uniti in Palestina e Ucraina stanno provocando un
crescente dissenso pubblico tra i partner dell'America in queste guerre.
Il recupero da parte di Israele di altri sei
ostaggi morti a Rafah ha portato i sindacati israeliani a indire scioperi
diffusi, insistendo sul fatto che il governo Netanyahu deve dare la priorità
alla vita degli ostaggi israeliani rispetto al suo desiderio di continuare a
uccidere palestinesi e distruggere Gaza.
In
Ucraina, una leva militare allargata non è riuscita a superare la realtà che la
maggior parte dei giovani ucraini non vuole uccidere e morire in una guerra
senza fine e impossibile da vincere.
I veterani incalliti vedono le nuove reclute
proprio come “Siegfried Sassoon” ha descritto i coscritti britannici che stava
addestrando nel novembre 2016 nelle Memorie di un ufficiale di fanteria:
"La
materia prima da formare stava peggiorando costantemente. La maggior parte di
coloro che arrivavano ora si erano arruolati nell'esercito contro la loro
volontà, e non c'era motivo per cui dovessero trovare tollerabile il servizio
militare".
Diversi
mesi dopo, con l'aiuto di “Bertrand Russell,” “Sassoon” scrisse “Finish With
War: a Soldier's Declaration,” una lettera aperta che accusava i leader
politici che avevano il potere di porre fine alla guerra di averla
deliberatamente prolungata. La lettera è stata pubblicata sui giornali e letta
ad alta voce in Parlamento. Terminava:
"A
nome di coloro che stanno soffrendo ora, faccio questa protesta contro l'inganno
che viene praticato su di loro; credo anche che possa aiutare a distruggere
l'insensibile compiacimento con cui la maggior parte di coloro che sono a casa
considerano la continuazione di agonie che non condividono e che non hanno
abbastanza immaginazione per realizzare".
Mentre
i leader israeliani e ucraini vedono sgretolarsi il loro sostegno politico,
Netanyahu e Zelenskyy corrono rischi sempre più disperati, insistendo nel
frattempo sul fatto che gli Stati Uniti devono venire in loro soccorso.
"Guidando da dietro", i nostri
leader hanno ceduto l'iniziativa a questi leader stranieri, che continueranno a
spingere gli Stati Uniti a mantenere le loro promesse di sostegno
incondizionato, che prima o poi includeranno l'invio di giovani soldati
americani a uccidere e morire insieme ai loro.
La
guerra per procura non è riuscita a risolvere il problema che era destinata a
risolvere.
Invece
di agire come alternativa alle guerre di terra che coinvolgono le forze
statunitensi, le guerre per procura degli Stati Uniti hanno generato crisi
sempre crescenti che ora stanno rendendo sempre più probabili le guerre degli
Stati Uniti con l'Iran e la Russia.
Né i
cambiamenti all'addestramento militare degli Stati Uniti dopo la seconda guerra
mondiale, né l'attuale strategia statunitense di guerra per procura hanno
risolto l'antica contraddizione che” Slam Marshall” ha descritto in “Men
Against Fire”, tra le uccisioni in guerra e il nostro naturale rispetto per la
vita umana.
Abbiamo
chiuso il cerchio, siamo tornati a questo stesso crocevia storico, dove
dobbiamo ancora una volta fare la scelta fatidica e inequivocabile tra la via
della guerra e la via della pace.
Se
scegliamo la guerra, o permettiamo ai nostri leader e ai loro amici stranieri
di sceglierla per noi, dobbiamo essere pronti, come ci dicono gli esperti
militari, a mandare ancora una volta decine di migliaia di giovani americani a
morire, rischiando anche un'escalation in una guerra nucleare che ci
ucciderebbe tutti.
Se
scegliamo veramente la pace, dobbiamo resistere attivamente ai piani dei nostri
leader politici per manipolarci ripetutamente in guerra.
Dobbiamo
rifiutarci di offrire volontariamente i nostri corpi e quelli dei nostri figli
e nipoti come carne da cannone, o permettere loro di scaricare quel destino sui
nostri vicini, amici e "alleati" in altri paesi.
Dobbiamo
insistere affinché i nostri leader sbagliati si impegnino invece nuovamente
nella diplomazia, nel negoziato e in altri mezzi pacifici per risolvere le
controversie con altri paesi, come la Carta delle Nazioni Unite, il vero
"ordine basato sulle regole", di fatto richiede.
(Nicolas
J. S. Davies è un giornalista indipendente, ricercatore per CODEPINK e autore
di Blood on Our Hands: The American Invasion and Destruction of Iraq, and War
in Ukraine: Making Sense of a Senseless Conflict, scritto insieme a Medea
Benjamin.)
Il
nuovo pantano di Israele:
un’invasione
di terra del Libano.
Comedonchisciotte.org
– redazione CDC - Mohamad Hasan Sweidan, thecradle.co – (28 settembre 2024) –
ci dice:
L'esercito
di occupazione è stato espulso due volte dal Libano da Hezbollah. A distanza di
due decenni, sta progettando un'altra invasione di terra del suo vicino
settentrionale, questa volta contro un avversario molto più sofisticato.
Il 26
settembre, l’esercito israeliano ha annunciato la conclusione di
un’esercitazione di brigata che simulava un’operazione di terra in Libano, a
diversi chilometri dal confine comune.
Negli
ultimi due giorni, diversi ufficiali militari israeliani, tra cui il Capo di
Stato Maggiore “Herzi Halevy “e il Comandante del Nord “Uri Gordin”, hanno
parlato della disponibilità dell’esercito di occupazione a eseguire operazioni
di terra in Libano.
Ma
come può Tel Aviv concepire realisticamente di lanciare truppe di terra in un
Paese che non una, ma due volte, è riuscito a espellere le forze di
occupazione, per ingaggiare un combattimento contro un avversario – il gruppo
di resistenza libanese Hezbollah – che è molto meglio armato e organizzato
rispetto agli anni passati?
Caratteristiche
della strategia israeliana finora.
Dall’inizio
della sua recente escalation con il Libano, Israele sembra condurre la sua
guerra su cinque binari simultanei.
In
primo luogo, cerca di colpire il sistema di comando e controllo di Hezbollah,
principalmente attraverso omicidi mirati contro i principali leader militari
della resistenza, il cui obiettivo più recente è il comandante dell’unità di
droni “Abu Saleh Sorour”.
Il
secondo obiettivo è colpire direttamente le capacità militari di Hezbollah,
sulla base di una serie di obiettivi già stabiliti da Tel Aviv:
lunedì
scorso, gli israeliani hanno annunciato di aver colpito con successo 1.600
obiettivi militari della resistenza, tra cui depositi di armi, depositi di
missili e piattaforme di lancio.
In particolare, hanno rivendicato lo stesso
tipo di successi nella guerra del luglio 2006, che si sono rivelati
grossolanamente imprecisi.
In
terzo luogo, Israele mira ad esercitare una pressione interna libanese su
Hezbollah, danneggiando i suoi elettori, sostenitori e persino detrattori.
Nelle
ultime due settimane Tel Aviv ha intensificato i suoi sanguinosi attacchi alle
popolazioni e alle aree civili, uccidendo oltre 728 civili, ferendone migliaia
e sfollando quasi 390.000 persone, secondo i dati ufficiali del governo
libanese.
Il
quarto è il tentativo di influenzare l’ambiente libanese in generale a
rivoltarsi contro la resistenza attraverso campagne mediatiche sistematiche –
in collaborazione con i media libanesi e con personalità che ripetono a
pappagallo le narrazioni intimidatorie di Israele al fine di addomesticare e
frenare le azioni di Hezbollah.
La quinta e ultima pista, ad oggi, è la
crescente minaccia e preparazione di un’invasione israeliana di terra del
Libano – anche se limitata – con l’obiettivo di confermare la superiorità
israeliana sul campo controllando le aree libanesi, anche per brevi periodi.
Le
reazioni di Hezbollah?
Naturalmente,
la resistenza intende ostacolare le strategie di Israele attraverso una serie
di passi interconnessi.
Dopo
ogni assassinio, Hezbollah conferma che il suo sistema di comando e controllo
non è stato intaccato, quindi lancia un’escalation controllata per confermare
la sua prontezza di fronte agli shock nemici.
Ciò è
stato evidente il 24 settembre, quando Hezbollah ha lanciato un attacco con
oltre 300 missili il giorno dopo la campagna aerea di Israele, essenzialmente
per confermare che le sue capacità missilistiche erano pronte e cariche, pronte
a esplodere.
Come
nei passati confronti israeliani con Hezbollah, la base di sostegno di
quest’ultimo rimane in gran parte coerente e favorevole ai piani di escalation
della resistenza.
Separare Hezbollah dal suo ambiente di
incubazione è una strategia israeliana che ha ripetutamente fallito,
soprattutto perché i ranghi della resistenza provengono proprio da questa
stessa realtà.
Infine,
l’obiettivo di Israele di mettere l’opinione pubblica libanese contro la
resistenza non è avanzato, fino ad oggi.
Piuttosto,
le aggressioni israeliane hanno aumentato la coesione nazionale, in particolare
dopo l’attacco terroristico via cercapersone da parte dello Stato occupante,
tranne in alcuni casi limitati.
La
quinta pista: invasione di terra del Libano.
Negli
ultimi giorni, le discussioni sulla possibilità di un’incursione di terra
israeliana in Libano sono aumentate notevolmente.
Il
Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è vantato che le operazioni
militari contro il Libano continueranno “a pieno regime per garantire che
Hezbollah sia ‘significativamente indebolito’” e ha respinto gli appelli
internazionali per un cessate il fuoco immediato.
Il
capo di stato maggiore dell’esercito ha anche dato istruzioni alle forze
israeliane di prepararsi a un possibile attacco di terra allo scopo di
stabilire una zona cuscinetto israeliana nel sud del Libano.
Dal
punto di vista operativo, l’esercito di occupazione si sta preparando a questa
eventualità eseguendo esercitazioni e convocando due brigate di riserva sul
fronte settentrionale.
Secondo
fonti occidentali e israeliane, esistono diversi scenari per un’eventuale
invasione di terra israeliana del Libano, ognuno dei quali offre obiettivi
strategici e rischi diversi:
Il
primo è un’azione di terra limitata all’interno del territorio libanese con
l’obiettivo di colpire obiettivi specifici di Hezbollah vicino al confine, come
i siti di lancio dei missili, o di liberare un’area per impedire alla
resistenza di compiere attacchi contro Israele.
Si
tratterebbe di un’azione a breve termine, utilizzata per fare pressione sulla
controparte nei negoziati per il cessate il fuoco.
A
questo punto, se Tel Aviv sceglierà l’opzione dell’azione di terra, questo sarà
lo scenario più probabile.
La
seconda è un’incursione di terra limitata per spingere le forze di resistenza a
ritirarsi dal confine, in particolare per ridurre la portata dei missili
guidati anticarro che Hezbollah possiede.
I
comandanti militari israeliani hanno indicato che questa opzione servirebbe a
creare una “zona di sicurezza” che si estende da 8 a 10 chilometri all’interno
del territorio libanese.
In
particolare, questo scenario aumenta la probabilità di combattimenti prolungati
e di maggiori perdite umane e militari per Israele.
Terzo,
un’invasione completa del Libano – lo scenario più estremo – con l’obiettivo di
distruggere le capacità di Hezbollah.
Attualmente,
questo scenario rimane altamente improbabile a causa del suo profilo
estremamente rischioso – e dato che l’obiettivo a breve termine di Tel Aviv non
è quello di distruggere Hezbollah, ma piuttosto di cambiare gli ostacoli alla
sicurezza sul suo confine con il Libano.
Attaccare
dove?
Un
attacco di terra israeliano – limitato o esteso – dovrebbe concentrarsi su
specifiche aree geografiche del Libano, principalmente il sud, dove Tel Aviv
vuole la sua zona cuscinetto libera da Hezbollah, o la regione della Bekaa che
fiancheggia il confine siriano.
Israele
prevede uno scenario simile allo status quo del Libano meridionale negli anni
’90, in cui ha mantenuto una zona di sicurezza per limitare l’accesso di
Hezbollah al confine – prima di essere epurato dai commando della resistenza
nel 2000.
Al
contrario, un’azione di terra israeliana limitata nella “Bekaa” avrebbe lo
scopo di colpire e stringere le rotte logistiche e di rifornimento di armi di
Hezbollah dalla Siria, sia tagliando le rotte terrestri tra il Libano e la
Siria, sia tagliando le linee di rifornimento tra la “Bekaa” e il sud.
La base di questo processo sarà la
continuazione degli attacchi aerei israeliani nella “Bekaa”, che hanno preso di
mira quattro principali valichi di frontiera con la Siria: Al-Arrayedh,
Mutariba, Saleh e Qabsh.
La
maggior parte degli analisti occidentali non è ottimista sul fatto che
l’esercito israeliano riesca a eseguire operazioni di terra in Libano, date le
capacità potenziate e sofisticate di Hezbollah di affrontare un’azione del
genere.
In un
articolo del “Washington Post”, lo scrittore “Max Boot” afferma che questa
opzione selvaggia “sarebbe un altro pantano per Israele”.
Dal punto di vista di Tel Aviv, lo scenario
migliore sarebbe che la sua campagna aerea riuscisse a fermare il fronte
libanese di sostegno a Gaza e consentisse ai coloni israeliani sfollati di
tornare alle loro case nella parte settentrionale di Israele.
Ma non
essendo probabile una risoluzione imminente del conflitto con il Libano – dato
il rifiuto di Netanyahu di prendere in considerazione un cessate il fuoco nel
nord, per non parlare di quello a Gaza – la possibilità di un’azione di terra
israeliana in Libano aumenta, nonostante gli straordinari rischi per l’esercito
di occupazione.
Dalla sua recente storia di battaglie con la
resistenza libanese, in cui Israele ha perso la faccia, Tel Aviv sa bene che la
sua superiorità aerea è eguagliata solo dal vantaggio terrestre di Hezbollah.
(Mohamad
Hasan Sweidan, thecradle.co)
L'emergenza
suolo in Europa.
Politico.eu
- Alessandro Ford – (27-settembre – 2024) – ci dice:
Tra
siccità e inondazioni, la mancata azione volta a ripristinare la salute del
suolo sta lasciando sempre più terreni agricoli inzuppati d'acqua e screpolati
dal calore.
BRUXELLES
— Il meteo
estremo ha reso il 2024 un anno rovinoso per gli agricoltori europei.
Caricato dal cambiamento climatico, un ciclo
selvaggio di siccità e inondazioni, ondate di calore invernali e gelate tardive
ha devastato le aree agricole.
Negli
ultimi mesi, le mucche sono morte di sete in Sicilia, i campi di grano sono
diventati paludosi in Francia e l'uva da vino è appassita in Germania.
I
danni causati dalle inondazioni di settembre in Polonia, Repubblica Ceca e
Ungheria non sono ancora stati calcolati, ma la Commissione europea la scorsa
settimana ha impegnato 10 miliardi di euro in fondi di coesione per aiutare il
ripristino.
I
paesi stanno attingendo alla riserva di emergenza da 450 milioni di euro della
Politica agricola comune (PAC) e il Fondo di solidarietà dell'Unione europea
(EUSF) sta lavorando straordinariamente per aiutare le riparazioni.
Sorprendentemente,
però, quasi nessuno parla del degrado del suolo, sia come obiettivo di
ripristino che come fattore di facilitazione della crisi, ha affermato
“Benedikt Bösel”, economista agricolo e agricoltore tedesco dello stato di
Brandeburgo.
"Abbiamo
avuto questo numero folle di inondazioni che è strettamente correlato al fatto
di non tenere conto del fatto che il suolo è in realtà qualcosa che assorbe e
immagazzina acqua", ha detto “Bosel, mentre il suo grano, mais, segale e
farro soffocavano nel recente caldo fuori stagione.
Se
"produci in un modo che ignora quella capacità, allora è quello che
ottieni", ha sostenuto.
L'
omertà attorno alla terra è in parte comprensibile.
Un centimetro di terreno superficiale impiega
decenni per riformarsi, rendendolo un oggetto poco pratico per l'assistenza
post-crisi.
Imporre
misure per consolidare il terreno, come un minor uso di agrochimici e più
strisce anti-insetti, siepi e colture di copertura, è politicamente tossico (si
pensi alle proteste dei trattori), mentre i decisori politici sono riluttanti
ad aumentare gli incentivi.
Nel
frattempo, l'UE sta ancora cercando di approvare la sua prima legge sul suolo.
Declassata
da regolamento sulla salute del suolo, la “Direttiva sul monitoraggio e la
resilienza del suolo “è nata debole l'anno scorso ed è diventata ancora più
debole mentre si fa strada attraverso la pipeline legislativa, perdendo pelle a
quasi ogni fase.
Quindi, cosa sta succedendo ai suoli europei?
E stiamo facendo abbastanza?
Scienza
rivoluzionaria.
Sotto
la sottile striscia ai nostri piedi giace il fragile futuro dell'agricoltura
europea.
Circa
il 60 percento del suolo europeo è in condizioni malsane, minacciato da una
serie di processi degradanti tra cui erosione, compattazione, salinizzazione,
inquinamento, perdita di biodiversità e sigillatura, secondo la strategia per
il suolo dell'UE.
"Ha
un impatto diretto, ovviamente, sulla produttività agricola e, di conseguenza,
anche sul sistema alimentare e sulla sicurezza alimentare", ha affermato
un esperto della Commissione europea che lavora sulla strategia per il suolo, a
cui è stato concesso l'anonimato in quanto non autorizzato a rilasciare
dichiarazioni ufficiali.
"L'erosione
idrica è uno dei peggiori processi di degradazione [per i quali] abbiamo tassi
molto elevati".
"Quindi
si tratta in realtà di rimuovere lo strato superficiale del terreno, che è
davvero il più ricco di materia organica, che gioca un ruolo chiave nei cicli
dei nutrienti e dell'acqua", hanno detto a POLITICO.
"Inoltre, la biodiversità del suolo ha un
ruolo importante nel ciclo dei nutrienti e nella disponibilità per le colture
[mentre] la compattazione del suolo limita, ad esempio, la crescita delle
radici e l'infiltrazione dell'acqua".
In
breve, i terreni sani sono la chiave per buoni raccolti.
Ciò è stato in parte dimostrato dalle rese
dolorosamente basse di quest'anno, in particolare in Francia.
Lì, il
terreno erboso inzuppato, combinato con temperature volatili, ha trascinato la
produzione di grano al minimo degli ultimi 40 anni, estromettendo Parigi dalla
lista dei primi cinque esportatori di cereali al mondo e cedendo quote di
mercato alla Russia una superpotenza dei
cereali.
"Abbiamo
avuto questo numero folle di inondazioni che è strettamente correlato al fatto
che non si tiene conto del fatto che il suolo è in realtà qualcosa che assorbe
e immagazzina acqua".
A
livello globale, il degrado del suolo costa più di 5,5 trilioni di euro
all'anno, oltre l'8 percento del prodotto interno lordo (PIL) mondiale, anche
se il ripristino può fruttare da 6 a 27 euro per ogni euro investito, secondo
un nuovo rapporto pubblicato dal movimento “Save Soil.”
All'interno dell'UE, i costi annuali
risultanti ammontano a decine di miliardi di euro, sei volte di più del prezzo
dell'azione.
A
marzo, l'Agenzia europea per l'ambiente ha identificato la salute del suolo
come un rischio "sostanziale" con un'urgenza "critica"
nella sua prima valutazione del rischio climatico.
L'agenzia
ha previsto un'alta probabilità di peggioramento dell'erosione e dell'aridità
nei prossimi 15 anni, ma anche una media probabilità di un degrado diffuso del
suolo che causa "impatti a cascata significativi sulla produzione
alimentare, l'approvvigionamento idrico e la biodiversità" entro il 2100.
Secondo
“Basel”, l'agricoltore tedesco, è chiaro che l'attuale politica agroalimentare
non fa che peggiorare la situazione. "Non c'è futuro in cui possiamo
continuare come siamo."
Dipendenza
agricola
La
direttiva sul monitoraggio del suolo è un caso di aspettative gestite.
La Commissione avrebbe dovuto proporre una
legge UE sulla salute del suolo durante l'ultimo mandato, il suo secondo
tentativo dopo che il Commissario per l'ambiente sloveno “Janez Potočnik” ci
aveva provato e fallito dal 2009 al 2014. Tuttavia, una crescente reazione
negativa al” Green Deal “ha fatto sì che il “Berlaymont” presentasse un disegno
di legge timido.
"Sia
il Parlamento europeo che il Consiglio hanno indebolito significativamente
molti elementi della proposta della Commissione" da allora, ha affermato “Caroline
Heinzel,” responsabile politica associata per il suolo presso l'”European
Environmental Bureau”, una ONG.
"Nessuna
delle istituzioni è riuscita a trasformare questa legge in [uno] strumento
robusto ... con obiettivi giuridicamente vincolanti e piani nazionali
obbligatori per la salute del suolo".
Detto
questo, “Heinzel” è cauto nel non criticare troppo la legge, poiché è ancora
pioniera nella creazione del primo sistema di osservazione per i suoli a
livello di blocco.
Data l'aspra polarizzazione della politica
agroalimentare dell'UE, i piccoli passi sono probabilmente la cosa migliore, ha
sostenuto “Praveena Sridhar”, responsabile scientifico del movimento “Save Soil”.
"Serve
un ecosistema di supporto agli agricoltori molto forte" e "bisogna
avere interventi semplificati e facili da adottare", ha detto.
Far
passare gli agricoltori a pratiche rispettose del suolo è necessariamente
lento: "è quasi come svezzare qualcuno da una certa dipendenza", ha
ridacchiato.
In
questo senso, la mediocrità della direttiva aiuta.
I
sindacati agricoli sono stati costruttivamente critici nei suoi confronti,
rispetto alla rabbia sfrenata che hanno dimostrato verso altre leggi del “Green
Deal”, come la controversa “Nature Restoration Law” , la direttiva sulle
emissioni industriali rivista e il regolamento sulla riduzione dei pesticidi ,
quest'ultimo brutalmente eliminato.
Cosa
vuole l'industria?
"Supporto, supporto, supporto", ha
affermato “Niall Curley”, consulente politico senior per i suoli presso la
lobby degli agricoltori “Copa-Cogeca”.
"Ciò
significa maggiori supporti educativi, maggiori supporti finanziari e maggiore
accesso agli strumenti che consentono una migliore gestione".
Gli agricoltori sanno meglio di chiunque altro
come ripristinare la propria terra e dovrebbero possedere i dati raccolti, ha
spiegato.
È un
dibattito delicato ma, con negoziati a tre attesi già a ottobre, la presidenza
ungherese del Consiglio dell'UE ha reso la direttiva una priorità politica,
cercando di guadagnare qualche punto verde senza sconvolgere troppo lo status
quo agricolo.
Non è necessariamente una cosa negativa.
Da un
lato, la velocità ha dei vantaggi ambientali, ha riflettuto “Sridhar”.
Ma
d’altro canto, ha detto, l’esperienza dimostra che un cambiamento duraturo
comporta più spesso “una svolta di 1 grado piuttosto che una svolta di 180
gradi”.
Un
viaggio attraverso l'Europa in
auto
elettrica, una carica alla volta.
Politico.eu
– (19 settembre 2024) - Jordyn Dahl – ci dice:
Molti
paesi dell'UE vogliono incentivare la proprietà di veicoli elettrici, ma le
infrastrutture di ricarica variano notevolmente da un paese all'altro.
Questo
articolo fa parte di “The New Commute” , uno speciale rapporto sulla mobilità
urbana in Europa del “Global Policy Lab” di POLITICO: Living Cities.
Ci
siamo fermati accanto al caricabatterie per discutere del corretto ordine delle
cose: si carica la carta di pagamento e poi si collega il cavo?
O si inserisce prima il cavo?
Io e i
miei nuovi amici, o meglio, una coppia così gentile da aiutarmi, facevamo
fatica a far funzionare un caricabatterie elettrico nel bel mezzo del nulla
della Repubblica Ceca.
Ero al
quarto giorno del mio viaggio in auto da Bruxelles a Budapest e questo è stato
il primo caricabatterie rotto che ho incontrato.
Accanto
alla mia “Polestar 2” a noleggio, la” Tesla Model Y “della coppia si stava
ricaricando senza problemi.
"Puoi
usarlo dopo di noi", disse “Daniel Janina” timidamente.
“Janina”,
31 anni, e la sua compagna” Kristina Pokryvkova”, 30 anni, hanno acquistato la
Tesla un anno fa, sfruttando gli incentivi in Slovenia, dove gli acquirenti
di veicoli elettrici potevano ottenere un sussidio fino a 6.500 € .
La
coppia è originaria della Slovacchia, ma quel paese non offre sussidi per i
veicoli elettrici.
Eravamo
gli unici conducenti di veicoli elettrici all'area di sosta per camion a 21
chilometri da Brno.
Sebbene
avesse due caricabatterie, l'area di sosta era stata progettata pensando ai
motori a combustione interna e ai camionisti.
C'era un hotel per chi cercava una notte in un
vero letto e un ristorante, insieme a uno snack bar e un sacco di distributori
di benzina.
La
coppia era all'ultima tappa del loro viaggio su strada verso casa dopo essere
andata in Danimarca in vacanza.
Hanno
fatto molti viaggi del genere da quando hanno acquistato l'EV e non si guardano
indietro.
Come
parte del suo lancio sul mercato, Tesla sta installando una rete di
caricabatterie ultraveloci con una potenza fino a 350 kilowatt, i cosiddetti
super charger, che secondo “Pokryvkova” hanno reso queste avventure divertenti
anziché un peso.
"In
ogni caso devi fermarti per andare in bagno o per mangiare qualcosa, quindi è
abbastanza semplice collegare la macchina e andare a fare quello che
vuoi", ha detto.
Ha
anche fatto risparmiare loro denaro:
“
Janina” stima che la Renault che possedevano prima costasse circa 10 € per 100
chilometri.
Mentre
lui usa i super charger più costosi per i viaggi più lunghi, ha detto che
ricaricare in ufficio per il suo tragitto casa-lavoro regolare ha abbassato
quel prezzo a 3 € per 100 chilometri.
Li ho
salutati, ho preso uno spuntino e ho aspettato che l'auto si ricaricasse dopo
aver scaricato la batteria al 9 percento.
Quasi due ore dopo, la batteria ha finalmente
raggiunto il 100 percento.
Non si
trattava di uno dei sofisticati super charger della Tesla, ma di uno da 33
kilowatt gestito da una delle tante aziende che si stanno lanciando nel settore
della ricarica.
A
quasi ogni fermata, ho dovuto registrarmi per un nuovo servizio, scaricare
un'app o scansionare un altro codice “QR” per accedere alla potenza. (Uno dei punti lungo il percorso
non accettava numeri belgi per la registrazione di un account.)
Nonostante
la percezione della mancanza di infrastrutture di ricarica per i veicoli
elettrici sia al centro delle discussioni, il più grande ostacolo lungo il
percorso è stato il tempo impiegato per la ricarica, non la disponibilità di
punti di ricarica veri e propri.
I
caricabatterie ultraveloci, chiamati anche caricabatterie DC, sono meno
ampiamente disponibili nel blocco.
Un'analisi della lobby automobilistica ACEA ha
scoperto che solo 1 caricabatterie su 8 nell'UE è un caricabatterie DC.
"Se
vogliamo convincere gli europei a passare ai veicoli elettrici, la ricarica
dovrebbe essere semplice come lo è oggi il rifornimento di carburante", ha
affermato “Sigrid de Vries”, direttore generale dell'ACEA, in un comunicato
stampa.
Riempire
un serbatoio di benzina richiede dai cinque ai 10 minuti.
Ricaricare una batteria EV può richiedere dai
20 minuti alle quattro ore, tutto dipende dal tipo di caricabatterie e da
quanta potenza passa.
Tali
impegni di tempo potrebbero non avere importanza durante un tranquillo viaggio
in auto, ma possono causare stress o ritardi se si sta cercando di presentarsi
a un incontro di lavoro.
Si è
parlato molto anche del divario tra Occidente e Oriente in termini di
disponibilità di caricabatterie e infrastrutture; c'è del vero in questo.
Durante
un viaggio da Budapest a Debrecen e ritorno il quinto giorno, ho esaurito la
batteria a metà strada tra le due città.
Dopo
aver trovato un caricabatterie nelle vicinanze su una mappa di percorso, mi
sono fermato in un quartiere tranquillo, al confine con un enorme campo di
mais. Accanto all'ultima casa, con vista sulle distese di mais, c'era un
caricabatterie per veicoli elettrici.
Era
rotto.
La
Germania aveva l'infrastruttura di ricarica più solida, tanto che l'aveva
addirittura integrata nella segnaletica lungo le autostrade, con un'icona di
ricarica accanto alla tradizionale pompa di benzina.
Il
settimo giorno ho trovato la mecca delle stazioni di ricarica: situata lungo
l'autostrada tra Monaco e Stoccarda, l'area di sosta era interamente pensata
per i trasporti elettrici: autobus, automobili e camion.
Oltre
a un ristorante, bagni nuovi di zecca e WiFi gratuito, la fermata aveva 12
super charger Tesla, quasi due dozzine di caricabatterie da 33 kilowatt e sei
punti più grandi per autobus, che erogavano 300 kilowatt di potenza.
L'azienda
di trasporto pubblico tedesca AVV aveva uno dei suoi autobus elettrici in
carica a pochi metri dalla mia Polestar.
Un
caffè e tre quarti d'ora dopo ero di nuovo in viaggio, diretto verso casa dopo
aver percorso più di 3.800 chilometri, incluse 18 soste per la ricarica.
La
crescente epidemia di criminalità
in
Svezia allarma i suoi vicini.
Politica.eu
– (27 settembre 2024) - Charlie Duxbury – ci dice:
Le
sparatorie compiute dai membri di gang svedesi in altri paesi aumentano la
pressione sul governo di Stoccolma.
La
criminalità organizzata è la sfida politica più grande che il governo svedese
deve affrontare oggi.
MOSS,
Norvegia — Una
notte dell'inverno scorso, “Christer Nersund “si trovava nella sua casa in riva
al lago, ai margini della cittadina norvegese di “Moss”, quando ha sentito gli
spari.
“Nersund”,
un manager pubblicitario di 38 anni, all'inizio pensò che si trattasse di un
incidente stradale.
Ma
quando vide i veicoli di emergenza sfrecciare verso una vicina palestra e un
parco, capì che si trattava di qualcosa di più serio.
Secondo
quanto riportato dai rapporti della polizia, dall'altra parte dell'oceano,
alcuni gangster svedesi avevano rintracciato un rivale e avevano tentato di
ucciderlo.
Mentre
i bambini si allenavano a pallamano a pochi metri di distanza, l'uomo è stato
lasciato a dissanguarsi nella neve.
È stato trasportato in elicottero in un
ospedale e alla fine è sopravvissuto.
Da
allora, tre uomini sono stati arrestati in Svezia in relazione all'attacco e
sono stati estradati in Norvegia, dove sono ancora in custodia.
"Non
mi spavento facilmente", ha detto “Nersund”. "Ma quello che è
successo quella notte ha scosso la gente qui".
La
criminalità organizzata è la sfida politica più grande che il governo svedese
deve affrontare oggi.
Circa 195 sparatorie e 72 attentati hanno
causato 30 vittime solo quest'anno e hanno minato il senso di sicurezza dei
cittadini svedesi in tutto il paese.
La sparatoria a Moss è stato un segnale
precoce che la crisi interna della Svezia si sta riversando negli stati
confinanti.
In
Norvegia, l’ex ministro della Giustizia “Sylvi Listhaug “ha invitato il suo
Paese a essere vigile contro una deriva verso quelle che ha definito
“condizioni svedesi”.
Costernazione
nordica.
La
polizia norvegese sospetta che un attentato nella vicina città di Drøbak sia
stato opera di membri di gang svedesi.
Ritengono
che le gang svedesi di narcotrafficanti siano ora operative in tutti i 12
distretti di polizia della Norvegia dopo aver recentemente ampliato le
operazioni.
Nel
frattempo, le autorità danesi hanno segnalato un crescente afflusso di
criminali svedesi nella vicina Danimarca, sottolineando che molte delle reclute
sono molto giovani.
A
inizio settembre, la polizia danese ha accusato due adolescenti svedesi di
tentato omicidio, affermando che erano stati assoldati da bande criminali
organizzate svedesi e danesi che collaboravano tra loro.
La polizia ha affermato di stare attualmente
lavorando su circa 25 casi simili.
Solo
quest'anno in Svezia, circa 195 sparatorie e 72 attentati hanno causato 30
vittime.
"I
bambini soldato vengono reclutati dalle gang per attaccarsi a vicenda", ha
detto di recente ai giornalisti il ministro della Giustizia danese “Peter
Hummelgaard”. "Cosa sta succedendo dall'altra parte dell'Øresund?",
ha detto, riferendosi allo stretto che separa Danimarca e Svezia.
Essere
chiamati in causa dai vicini scandinavi è uno sviluppo scioccante e umiliante
per la Svezia, un paese da tempo considerato un baluardo europeo di stabilità
sociale.
La situazione della sicurezza in Svezia
rischia di minare la reputazione del paese in patria e all'estero, affermano
gli osservatori.
"Questo
è imbarazzante per la Svezia e sembra terribile", ha affermato “Fredrik
Furtenbach” , un commentatore politico della radio nazionale svedese SR, solo
lo scorso agosto.
A fine
agosto, il ministro danese “Hummelgaard” ha convocato a Copenaghen il ministro
della Giustizia svedese” Gunnar Strömmer” per colloqui d'urgenza sulla
questione.
Dopo
l'incontro, “Strömmer” ha riconosciuto la fondatezza delle preoccupazioni circa
la criminalità organizzata in Svezia che colpisce i paesi vicini, sottolineando
inoltre come la Svezia debba fare di più per fermare il problema alla fonte.
Il
governo di centro-destra svedese, salito al potere nel 2022 con il sostegno dei
Democratici Svedesi di estrema destra, ha promesso di attuare quello che ha
definito un "cambiamento di paradigma" nel modo in cui affronta la
criminalità.
Ha
aumentato le condanne per i reati legati alle armi e sta valutando di abbassare
l'età in cui i criminali possono essere ritenuti responsabili delle loro
azioni.
Ha
anche introdotto un nuovo sistema di zone di “stop-and-search”.
Ma la
repressione non ha ancora avuto effetti seri e le sparatorie e gli attentati
con bombe contro i membri delle gang e le loro famiglie continuano sia in
Svezia che all'estero.
Negli
ultimi mesi, alcuni “gangster svedesi” sono stati uccisi a colpi d'arma da
fuoco dai loro rivali in Bosnia, Turchia e Iraq .
In un
discorso pronunciato all'inizio di settembre, la leader dell'opposizione
socialdemocratica svedese “Magdalena Andersson” ha affermato che il governo
"non ha un piano" per impedire alle gang di reclutare nuovi membri.
Sangue
nella neve.
La
polizia sospetta che l'attacco del 28 novembre a Moss abbia avuto inizio con un
messaggio di testo poche ore prima della sparatoria, contenente un orario (le
17:00) e un luogo di ritrovo (la palestra cittadina, Mossehallen), inviato dai
sospettati svedesi alla vittima, un uomo svedese sui 30 anni residente nella
cittadina, secondo quanto riportato dai rapporti della polizia citati
dall'emittente nazionale norvegese NRK.
Gli
indagati hanno anche inviato tramite SMS il tipo di auto con cui sarebbero
arrivati: una Peugeot 208.
Una
simile catena di eventi è conforme a un metodo regolarmente utilizzato dai
gangster svedesi, che adescano il bersaglio fingendo di proporre un affare o di
trasmettere un messaggio da un contatto.
La
criminalità organizzata è la sfida politica più grande che il governo svedese
deve affrontare oggi.
Mentre
la vittima si avvicinava all'auto, parcheggiata vicino all'ingresso di
Mossehallen, risuonò una raffica di colpi.
Il
suono di nove colpi di pistola fu catturato da una registrazione CCTV alle
16:52.
Mentre
la polizia si precipitava sul posto, i sospettati sono fuggiti su un'autostrada
vicina e si sono diretti a sud, oltre il confine, in Svezia.
Nelle
settimane successive, la polizia svedese e norvegese ha esaminato attentamente
le telecamere di sorveglianza e altri documenti per rintracciare la Peugeot e
ricondurla a un'agenzia di autonoleggio nella cittadina di “Vetlanda”, in
Svezia.
A fine
dicembre dell'anno scorso, due uomini sono stati arrestati nella città svedese
di “Goteborg” in relazione al caso.
Si
ritiene che uno abbia noleggiato l'auto.
Un
terzo uomo è stato arrestato a Stoccolma dopo che la polizia ha perquisito il
suo telefono in relazione a un altro presunto crimine e ha trovato collegamenti
con l'attacco di Moss, ha riferito NRK.
I
cittadini di Moss ricordano chiaramente la sparatoria.
"Abbiamo
dei criminali qui, non è che siamo angeli", ha detto uno studente
sedicenne della città, a cui è stato concesso l'anonimato per motivi di
sicurezza, che di recente stava camminando vicino al luogo della sparatoria.
"Ma questo tipo di violenza è qualcosa
che non abbiamo davvero, e non vogliamo", ha detto.
Visitato
in un recente giorno feriale, “Mossehallen “sembrava un posto improbabile per
un tentato omicidio.
Gruppi
di scolari sono arrivati in autobus con l'attrezzatura per le lezioni di
sport. Altri hanno completato gli esercizi scolastici nel parco adiacente dove
una scultura di due sedie a sdraio giganti era stata graffitata con le parole
"amore" e "fede".
Mentre
portava a spasso il cane davanti al corridoio, “Nersund”, il residente locale,
ha detto che era scioccante che la brutale violenza delle gang svedesi si fosse
diffusa nel suo tranquillo quartiere.
Ha aggiunto che i norvegesi avevano osservato
per anni con preoccupazione la criminalità delle gang in Svezia diffondersi in
tutto il paese e diventare più violenta.
Non si
aspettava soluzioni rapide.
"I problemi in Svezia hanno impiegato molto tempo per raggiungere il livello attuale e probabilmente ci vorrà altrettanto tempo per risolverli", ha affermato “Nersund”.
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