Che speranza ha per noi il futuro?
Che
speranza ha per noi il futuro?
Prof
Sinagra: Nuova Lettera
Aperta
a Mattarella.
Conoscenzealconfine.it
– (23 Febbraio 2025) - Prof. Augusto Sinagra – ci dice:
Egregio
Signore, le sue improvvide dichiarazioni espongono a serio pericolo gli
interessi della Nazione e i suoi cittadini.
Le sue
dichiarazioni sembrano difendere gli interessi dell’Unione europea più rivolta
verso un’opzione militare che di pace.
Egregio
Signore, per lungo tempo abbiamo assistito a sue firme di convalida di
decreti-legge o di promulgazione di leggi di dubbia costituzionalità a parere
di molti.
Prescindo
dalle sue conoscenze del diritto costituzionale ma molti hanno pure nutrito il
dubbio in ordine alla sua consapevolezza.
Ora
accade che dopo la gravità delle sue dichiarazioni a Marsiglia lei, pensando di
giustificarsi, ha aggravato la situazione affermando a Cettigne (Montenegro)
che la Russia deve rispettare la Carta dell’ONU e astenersi per il futuro
dall’aggredire altri Stati.
Premesso
che la Russia storicamente non ha mai aggredito nessuno e, viceversa, è stata
sempre aggredita (anche dall’Italia nel 1941) e premesso anche che la veste da
“vecchio saggio” non le si addice quanto alla saggezza, le ricordo che, secondo
la Costituzione, non appartiene alle competenze del Capo dello Stato la
gestione o l’orientamento della politica estera della Nazione, che è
prerogativa del governo e del parlamento.
Conseguentemente
si potrebbe opportunamente riflettere sulla possibilità che la sua condotta
possa configurare, sul piano tecnico-giuridico, l’ipotesi dell’“attentato alla Costituzione della
Repubblica”
che, in caso di stato di messa di accusa, comporterebbe il giudizio dinanzi
alla Corte costituzionale.
Tuttavia,
al di là di ogni considerazione tecnico-giuridica, resta il giudizio politico e
storico che graverà sulla sua persona.
Nel merito lei dovrebbe ben sapere che il
diritto internazionale conosce l’Istituto della “legittima difesa preventiva”.
Come
pure dovrebbe sapere che proprio la Carta dell’ONU da lei evocata consente il
legittimo intervento armato di uno Stato contro altro Stato se ciò appare
veramente finalizzato a porre fine ad una violazione sistematica e massiccia
dei diritti umani fondamentali.
A
cominciare dal diritto alla vita.
È
esattamente ciò che è accaduto nel Donbas, in Ucraina, dal 2014 e fino
all’intervento militare russo del 2022.
Le sue
improvvide dichiarazioni espongono a serio pericolo gli interessi della Nazione
e i suoi cittadini.
Le sue dichiarazioni sembrano difendere gli
interessi dell’Unione europea più rivolta verso un’opzione militare che di
pace;
una
Unione europea ormai in stato di putrescenza morale, politica ed economica,
come ben detto dal Vicepresidente USA Vance, che questa Unione europea ha
“schiaffeggiato” quasi con brutalità, in occasione del Vertice di Monaco sulla
sicurezza.
Ricordo
inoltre che lei era Vicepresidente del Consiglio e Ministro della Difesa nel
governo D’Alema quando l’Italia intraprese un’azione di aggressione bellica
sotto comando USA senza alcuna autorizzazione dell’ONU e senza neanche una
deliberazione della stessa NATO;
aggressione
bellica che vide pesanti bombardamenti della Serbia (nostra storica amica) e
della sua capitale Belgrado.
E ciò
con buona pace dell’art. 11 della Costituzione che consente soltanto la guerra
difensiva.
Dunque,
egregio Signore, non crede che il suo non richiesto ammonimento alla Russia in
Montenegro debba essere rivolto ad altri Stati, a cominciare dalla stessa
Italia?
Da
ultimo, registro che proprio il 20 febbraio, con fasti e onori lei ha ricevuto
il Signor “Isaak Herzog”, Presidente dello Stato di Israele, che ad oggi ha
disatteso ben 73 Risoluzioni dell’ONU e che si è consegnato al vituperio delle
genti per quel che ha fatto e continua a fare nel preordinato e continuato
sterminio del Popolo palestinese.
Lei
non ha nulla da dire allo Stato di Israele in tema di rispetto dello Statuto
delle Nazioni Unite?
Ancora
la invito calorosamente a presentare sue pubbliche scuse al Presidente e al
Popolo russo.
(Articolo
del Prof. Avv. Augusto Sinagra (Giá Ordinario di Diritto dell’Unione Europea
presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Direttore della Rivista
della Cooperazione giuridica internazionale (fascia A) ed avvocato del Foro di
Roma).
(imolaoggi.it/2025/02/20/prof-sinagra-nuova-lettera-aperta-a-mattarella/).
Inizia
lo Smantellamento della NATO.
Conoscenzealconfine.it
– (22 Febbraio 2025) – Gabriele Sannino – ci dice:
La
NATO è sull’orlo del collasso…
Se le
indiscrezioni pubblicate dal quotidiano tedesco” BILD” e un annuncio simile
fatto dal “Financial Times” secondo cui gli Stati Uniti sarebbero pronti a
ritirarsi dagli stati membri della NATO che hanno aderito dopo il 1990 (tra cui
i paesi baltici) fossero vere, la NATO potrebbe essere ufficialmente dichiarata
morta.
La
NATO è stata creata e ha operato con un unico obiettivo: porre fine
all’influenza e alla minaccia dell’Unione Sovietica e, in seguito, della
Russia.
La NATO infatti si espanse gradualmente verso
la Russia, assorbendo un paese dopo l’altro.
Il
conflitto è ormai avvenuto e la Russia ha vinto. Quindi l’esistenza della NATO, che
poggia al 70% sulle spalle degli Stati Uniti, non ha più alcuno scopo, almeno
non per gli USA.
Potrebbe
sopravvivere, ma non come l’abbiamo conosciuta finora: è possibile che si trasformi in
un’organizzazione militare europea.
Inizia
lo Smantellamento…
L’alleanza
dei patrioti Trump-Putin comincia a fare danni devastanti al deep state:
i soldati della NATO potrebbero lasciare 16 paesi.
I
paesi coinvolti: Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia,
Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro,
Macedonia del Nord, Finlandia, Svezia.
È
tutto così veloce che le persone sono disorientate da cambiamenti così furiosi
e repentini.
Ma è
la sorpresa la migliore arma per frastornare il nemico, ormai stordito ed
incapace di schivare tutti i colpi che arrivano in modo puntuale e coordinato.
UE e
NATO hanno un grande futuro in comune: l’estinzione!
(x.com/Megatron_ron/status/1892303451779981718?t=f1kZsZ7Z5m7naqlV1ZrE_g&s=19).
(ilgiornale.it/news/guerra/possibile-ritiro-delle-forze-usa-clausola-dei-negoziati-che-2440549.html).
(ilgiornale.it).
(t.me/gabrielesannino).
La
Caduta di Zelensky.
Conoscenzealconfine.it
– (24 Febbraio 2025) - Aleksandr Dugin – ci dice:
I
negoziati di “Riyadh” rappresentano, inequivocabilmente, una svolta.
Anche
la composizione dei negoziatori, tra i quali, ad esempio, la parte americana
non aveva il piuttosto goffo e duro “Kellogg”, la dice lunga.
Trump
ha inviato ai negoziati le persone più capaci di comprendere e ascoltare la
posizione della Russia, per poi trasmettergliela personalmente.
Sembra
che lo stesso Trump sia molto soddisfatto dei primi risultati dei negoziati. La
parte russa esprime un cauto ottimismo.
Chiaramente, non è stato ancora discusso alcun
piano specifico per risolvere la questione ucraina.
Tuttavia,
sembra che il nostro eccellente gruppo, guidato da “Ushakov” e “Lavrov”, abbia
per la prima volta trasmesso in modo obiettivo, calmo e con argomentazioni
ragionate la posizione russa agli americani.
Questa
è davvero una novità, poiché non c’erano stati negoziati in precedenza e la
posizione della Russia negli Stati Uniti era stata trasmessa in una forma
completamente distorta.
Pertanto, questa non è solo una svolta, ma una
svolta monumentale.
Bisogna
notare che abbiamo a che fare con un’America totalmente differente, con
un’ideologia diametralmente opposta a quella della precedente amministrazione,
così come a Obama, e persino a Bush Jr. e Clinton.
Per la
prima volta da decenni, forse da più tempo, l’America ha intrapreso un percorso
completamente diverso.
È molto importante che queste negoziazioni
abbiano probabilmente chiarito che la Russia e Putin hanno molto in comune con
questa America.
Pertanto,
ritengo che i risultati dei primi negoziati siano molto positivi.
Penso che la parte russa, tra una serie di posizioni,
abbia chiaramente affermato l’inadeguatezza di Zelensky come partecipante ai
negoziati, citando logicamente la sua completa illegittimità e inefficacia.
E
Trump lo ha chiaramente approvato, subito dopo i primi negoziati, affermando
che il sostegno popolare a Zelensky in Ucraina non è superiore al 4%.
Di
conseguenza, la sua partecipazione al processo di negoziazione con la Russia
non può avvenire.
E questo significa che Zelensky è stato
licenziato dagli Stati Uniti e che in Ucraina ci saranno nuove elezioni.
Naturalmente,
Zelensky ha iniziato a farsi prendere dal panico.
Aveva
scommesso sui “democratici”, partecipando di fatto alla campagna di “Kamala
Harris”, e i trumpisti non lo dimenticheranno né lo perdoneranno per questo.
Di
conseguenza, ora si è allineato con i leader europei russofobi più aggressivi,
che ora sono anche loro nel panico perché il loro principale sostegno sotto
forma di globalisti americani è crollato.
Non
sanno cosa fare e oscillano da un estremo all’altro:
o
manderanno truppe in Ucraina per combattere la Russia, come hanno detto
“Starmer” e “Macron”, oppure no, come adesso sta dichiarando Macron.
Di
conseguenza, i globalisti europei stanno ora vivendo una psicosi
maniaco-depressiva, panico e persino senso di agonia.
Si
rendono conto che ora devono combattere su due fronti.
Sia
con noi che con l’America trumpiana, che ha di fatto dichiarato una guerra
ideologica all’Europa:
o
cambiano la loro leadership politica o dovrebbero incolpare sé stessi.
Per
quanto riguarda il loro burattino Zelensky, il cui principale sostegno è stato
messo a tacere, la sua situazione è semplicemente catastrofica.
Non
penso che Zelensky stesso sia mentalmente inadeguato.
Naturalmente, non spetta a me giudicare, qui
sarebbe necessario un esame psichiatrico approfondito.
E quando finirà nelle nostre mani (e senza
dubbio ci finirà) e verrà processato per crimini di guerra contro la Russia e
il popolo ucraino, allora scopriremo se è malato o soffre di una dipendenza.
Come,
ad esempio, si può ora stabilire per “Saakashvili”.
Per
ora, vedo nelle parole e nelle azioni di Zelensky il comportamento abbastanza
logico di una persona che è stata cancellata.
Apparentemente credeva davvero nel suo ruolo
di sovrano e continua fino ad oggi a interpretarlo.
Anche se, naturalmente, non è mai stato
veramente un sovrano.
Ma
questo ruolo è giunto al termine; non può più interpretarlo, come un attore che
è stato licenziato dal cast.
Sì,
cerca di fare qualche gesto drammatico, torcendosi le mani, dicendo che andrà a
Riyadh e si intrometterà lui stesso in queste trattative.
Poi dice: no, qualcosa è andato storto, non mi
faranno entrare.
E
anche se continua a sfruttare la crisi per dei guadagni personali, è già ovvio
a tutti: Zelensky è finito.
Per
quanto riguarda l’Ucraina, è troppo presto per parlare del suo futuro.
I negoziati sono appena iniziati, anche se è
già chiaro che in Ucraina dovranno svolgersi le elezioni.
Il
modo in cui saranno condotte rimane incerto, soprattutto perché aumentare
artificialmente la popolarità di Zelensky oltre l’affermazione di Trump di un
sostegno di solo il 4% potrebbe rivelarsi un affare costoso.
Pertanto,
penso che gli oligarchi e i politici ucraini si siano già precipitati da Trump
chiedendogli di concedere loro un mandato per gestire l’Ucraina a qualsiasi
condizione, promettendogli qualsiasi cosa.
Quindi
il risultato ovvio del primo round di negoziati è la fine del regime di
Zelensky.
Ma
questo, ovviamente, non vuol dire che abbiamo vinto.
Dobbiamo
continuare i nostri sforzi, poiché la vittoria ovviamente non ci verrà regalata
da Trump.
Ma con
Zelensky, a quanto pare, è tutto finito.
(Articolo
di Aleksandr Dugin (Dottore in Sociologia e Scienze politiche, PhD in
Filosofia. Fondatore della scuola geopolitica russa e del Movimento
eurasiatico).
(Traduzione
a cura di Old Hunter).
(arktosjournal.com/p/zelenskys-downfall?source=queue).
(giubberossenews.it/2025/02/23/la-caduta-di-zelensky/).
Facciamo
il Punto…
Conoscenzealconfine.it
– (19 Febbraio 2025) - Stefano Re – ci dice:
La
stragrande maggioranza degli europei non ha alcuna intenzione di proseguire una
guerra con la Russia, ma quattro oligarchi pazzi tentano lo stesso di tenerla
in piedi.
Dunque,
facciamo il punto… Ora gli USA vogliono la pace con la Russia, riconoscono che
la Russia ha reagito perché provocata dalla NATO, e son persino pronti a uscire
dalla NATO.
La
Russia una pace la proponeva da prima ancora di avviare l’operazione speciale, il”
Trattato di Minsk “lo dimostra in pieno, è acclarato che l’amministrazione
Biden ha condotto a questa guerra, mentre oggi Putin comunica con Trump con
serenità e piena disponibilità alla pace.
In
questo scenario, gli oligarchi europei che fanno?
Festeggiano forse che finalmente si arrivi
alla pace?
Festeggiano
che si possano dismettere le sanzioni che stanno strozzando noi con le bollette
(altro che danneggiare la Russia)?
Festeggiano che finisca la mattanza di soldati
e civili in Ucraina?
Festeggiano
che finisca il rischio di un conflitto allargato?
Tutto
il contrario.
Si
radunano a Monaco, a Parigi, e chissà dove altro in seguito, per parlare di
come strizzare ulteriormente le NOSTRE tasche per finanziare una guerra
permanente contro la Russia che nessuno vuole, nessuno desidera e oltretutto
nessuno è in grado di fare!
La mia
domanda è:
ma c’è
qualcuno tra voi che vuole fare guerra alla Russia?
C’è
qualcuno che ha davvero voglia di mandare figli o fratelli o padri o nipoti a
combattere contro i russi?
E per
quale motivo, visto che ormai la favoletta di aggredito/aggressore è stata
sfatata completamente e anche i sassi ricordano il massacro di Odessa?
Perché
se, come credo, la stragrande maggioranza dei popoli europei non ha alcuna
intenzione di proseguire una guerra, e questi quattro oligarchi pazzi tentano
lo stesso di metterla in piedi, allora stiamo parlando di traditori delle loro
patrie.
Eversori
che attentano alla sicurezza delle vite di tutti noi, cercando di trascinarci
in una guerra assurda, che vogliono solo loro.
Se
così fosse, allora sarebbe legittima difesa per noi disconoscere qualsiasi
autorità a questi pericolosi traditori dei loro popoli e rimuoverli dalle
istituzioni che occupano indegnamente, una volta per tutte.
(Articolo
di Stefano Re).
(t.me/Riflette_Re).
Il
futuro del clima, col possibile
collasso
dell’”Amoc”, è “inimmaginabile”.
Ilfegate.it
– (25 febbraio 2025) - Valentina Neri – ci dice:
Ma c’è
un’Europa che vuole reagire.
Quanto
è vicino il collasso dell’”Amoc”, il sistema che comprende la corrente del
Golfo, e cosa comporta?
Ne parla” Lungo la corrente”, “ Lorenzo
Colantoni”.
Ci
sono dei punti fermi, immutabili su come funziona il mondo. E, per questo,
rassicuranti.
Già a
scuola, per esempio, impariamo che la corrente del Golfo nasce nel golfo del
Messico e, con le sue grandi masse di acqua calda, attraversa l’oceano
Atlantico verso nordest rendendo più miti gli inverni dell’Europa occidentale e
settentrionale.
Ma il
riscaldamento globale stravolge anche questa certezza.
E le conseguenze sono “inimmaginabili”.
Il
giornalista Lorenzo Colantoni ha provato a indagarle – e, soprattutto, a
raccontare la reazione delle persone che le dovranno affrontare – viaggiando a
piedi, in treno e in barca a vela in sei paesi europei, dalle “Azzorre” alle “Svalbard”.
Il risultato è “Lungo la corrente”, edito da Laterza.
Alle
Azzorre gli ex-balenieri collaborano con i biologi marini per la ricerca
scientifica.
(Marco Barretta/R!SE).
Cosa
dicono gli studi sul collasso dell’”Amoc”.
Quella
che conosciamo come corrente del Golfo fa parte di un sistema più ampio che gli
addetti ai lavori chiamano” Amoc”, sigla che sta per “Atlantic meridional
overturning circulation” (capovolgimento meridionale della circolazione
atlantica).
Questo
sistema di correnti è già al suo punto più debole degli ultimi 1.600 anni.
A giocare un ruolo fondamentale sono le
emissioni di gas serra che hanno fatto aumentare la temperatura media globale,
causando la fusione dei ghiacci della Groenlandia e del ghiaccio marino artico.
Quest’acqua di fusione, unita a quella delle
precipitazioni in aumento, confluisce nell’Atlantico settentrionale rendendone
le acque più dolci e meno dense.
Finora
l’orientamento della comunità scientifica è stato prudente.
A partire dal “Gruppo intergovernativo di
esperti sui cambiamenti climatici” (Ipccc) che ritiene che manchino ancora
700-1.000 anni a quando l’”Amo”c rischierà di bloccarsi del tutto.
Altri studi, però, fanno ipotizzare che questo
momento sia molto più vicino.
Il primo risale al 2021 e conferma la “quasi completa
perdita di stabilità” dell’Amoc nell’ultimo secolo.
Il
secondo, pubblicato a luglio 2023 dall’università di Copenaghen, stima che – se
le emissioni di CO2 resteranno quelle attuali – l’intero sistema potrà
collassare tra il 2025 e il 2095, con una valutazione intermedia al 2050.
Un orizzonte pressoché immediato.
Un’altra
recentissima pubblicazione che vede come primo autore il climatologo
statunitense “James Hansen” dice chiaramente che le Nazioni Unite stanno
sottovalutando due fenomeni.
Il primo è l’impatto che la riduzione delle
emissioni di zolfo del trasporto marittimo ha sull’albedo terrestre e, dunque, sull’assorbimento del
calore da parte del nostro Pianeta.
Il secondo è, appunto, il collasso dell’Amoc.
Che
potrebbe verificarsi già nell’arco dei prossimi venti o trent’anni e va
considerato come il “punto di non ritorno”.
Nuvole
coprono la Terra, emissioni di zolfo.
C'è un
altro motivo per cui il riscaldamento globale ci è sfuggito di mano.
Cosa
succederebbe se la corrente del Golfo si fermasse.
“Il
problema principale dietro a questa incertezza è che ci mancano i dati.
Le
navi da ricerca possono misurare la velocità attuale delle correnti o anche
quella passata, dragando ed esaminando i sedimenti, ma si tratta sempre di
misure puntuali.
Anche
i satelliti dell’Agenzia spaziale europea cercano di capire la velocità e
l’intensità delle correnti, ma ricavano misure indirette e riescono a vedere
soltanto i primi centimetri dell’acqua”, ci spiega “Lorenzo Colantoni”.
Oltretutto,
continua, “noi pensiamo alla corrente come un flusso unico, una sorta di
freccia che va dall’America centrale all’Europa settentrionale quando invece,
in realtà, è fatta da tante sottocorrenti. Alcune di esse probabilmente sono
già collassate”.
In
sintesi, di fronte a noi abbiamo un ipotetico futuro in cui l’Amoc “si spegne”.
Non
sappiamo se e quando accadrà, ma sappiamo che sarebbe un “tipping point” dalle
conseguenze letteralmente inimmaginabili.
Quando
è successa la stessa cosa in passato, per motivi naturali e dunque molto più
lentamente, le temperature sono variate persino di 10 gradi Celsius.
“È
un’eventualità più remota, ma dovrebbe farci comunque paura.
È una
spada di Damocle che pende sulla nostra testa e noi non sappiamo se a tenerla è
uno spago o una catena”, commenta Colantoni.
A
prescindere da questo grande rischio, stiamo già facendo i conti con il
potenziale collasso dei sottosistemi.
Non è
da escludere che la variazione delle correnti abbia influito su alcuni degli
eventi meteo estremi degli ultimi anni, come la siccità che ha stravolto
l’Amazzonia nella seconda metà del 2023 oppure i violenti uragani che si
abbattono sulle coste degli Stati Uniti.
Ma,
come spesso accade quando si parla di clima, non possiamo ricostruire con
certezza un rapporto univoco di causa-effetto.
L’Artico
si riscalda due volte più velocemente rispetto al resto del Pianeta.
(
Lorenzo Colantoni/R!SE)
La
vita quotidiana in un’Europa già stravolta dalla crisi climatica.
Questo
aggiunge complessità alla complessità.
Per gli studiosi ma anche per chi cerca di
divulgare questi temi, facendoli uscire dalla nicchia degli addetti ai lavori.
“Ci sono tanti elementi da bilanciare.
Bisogna dare voce a una comunità scientifica
che è molto cauta ma, al tempo stesso, trasmettere al grande pubblico l’urgenza
di ciò che sta succedendo.
Tutto
questo mentre la comunicazione anti-climatica non si fa alcun problema a
cavalcare le fake news più becere.
Un
tema come quello della corrente, per giunta, ha un livello di astrazione
incredibile ma un impatto sulla quotidianità straordinario”, continua “Colantoni”.
La
ricetta che propone nelle pagine di “Lungo la corrente” è quella di partire dai
grandi temi per poi calarli nella quotidianità di chi li vive in prima persona.
Come le arzille signore che l’autore incontra
a “Sanday”, una delle isole più sperdute dell’arcipelago delle Orcadi, in
Scozia.
Cinquecento
abitanti, due collegamenti via traghetto al giorno d’estate e due alla
settimana d’inverno.
Mentre
gli offrono tè e fette di torta, le anziane – insieme ai loro mariti –
raccontano di quando vent’anni prima gli abitanti dell’isola hanno messo a
disposizione la terra dove installare le turbine eoliche, acquistando il 10 per
cento dell’impianto.
Da allora ricevono in cambio energia gratis
(“finché c’è vento, chiaro; ma qui c’è sempre vento”) e un congruo compenso per
la vendita di quella in eccesso.
Gli
abitanti delle Orcadi non hanno paura delle tempeste quanto, piuttosto, del
caldo anomalo che fa sciogliere la neve che proteggeva i campi d’inverno e
favorisce la proliferazione di insetti.
Le oche, invece di migrare a sud, svernano nelle isole
e devastano i campi, lasciando gli allevatori senza più foraggio.
Sempre per il caldo, all’estremo nord della
penisola scandinava, in “Lapponia”, la neve scompare e il ghiaccio del
permafrost fonde, spaccando il terreno e rilasciando altra anidride carbonica.
Se c’è
chi guarda con interesse alle opportunità commerciali del passaggio a nordovest
che diventa finalmente praticabile, c’è chi vede avvicinarsi la fine della
propria cultura millenaria.
È il caso dei Sami, gli ultimi indigeni
d’Europa.
Sami
crisi climatica.
La
crisi climatica rischia di porre fine alla millenaria cultura dei Sami,
indigeni allevatori di renne.
(Marco Barretta/R!SE).
“Viviamo
tutti in un unico oceano.”
Mentre
facciamo i conti con un clima estremizzato, abbiamo di fronte a noi la
prospettiva del collasso – totale o parziale – dell’”Amoc”, con le sue
conseguenze ancora tutte da valutare.
In
Gran Bretagna, secondo alcune ricerche, potrebbe far crollare la temperatura di
6 gradi centigradi.
Il
clima sarebbe dunque paragonabile a quello dello “Yukon” o delle “British
Columbia”, in una sorta di deserto freddo in cui coltivare è impossibile senza
irrigazione.
A uno
sguardo superficiale, verrebbe da pensare che l’Italia – non essendo affacciata
sull’Atlantico – ne sia coinvolta in modo marginale.
Ma non è così, ribadisce “Colantoni”, perché
le correnti regolano il ciclo delle piogge, anche nel bacino del Mediterraneo.
“Le
questioni di cui parlo nel mio libro ci stravolgeranno la vita, perché l’Italia
è già un hotspot dei cambiamenti climatici:
un po’ per la sua posizione e conformazione
geografica, un po’ per il dissesto idrogeologico dovuto ad alcune scelte
scellerate fatte in passato”.
“Tra
l’altro, alcuni studi recenti dimostrano come la connessione tra mar
Mediterraneo e oceano Atlantico abbia un impatto sul funzionamento della
corrente, per il contributo di salinità”, spiega Colantoni.
“Al contrario di quanto afferma il
negazionismo climatico, che si lega spesso a una sorta di isolazionismo, la
verità è che viviamo tutti in un unico oceano.
Noi,
come Italia, abbiamo ruolo centrale e un potenziale straordinario, in positivo.
Perché il mio lavoro su “Lungo la corrente” è innanzitutto un lavoro di
speranza, ci tengo a sottolinearlo.
C’è già un movimento grande, serio e convinto
che va alla ricerca di soluzioni per i cambiamenti climatici.
Non sto parlando di pochi eroi isolati, ma di
una nuova generazione che prova a cambiare le cose.
Anche
noi, in Italia, potremmo essere pionieri nelle rinnovabili, nell’adattamento,
nelle” nature-based solutions”.
Dobbiamo
soltanto scegliere su cosa investire, da che parte stare”.
Tornare
alla teoria della speranza
in un tempo che non conosce futuro.
Iltempo.it - Sergio Belardinelli – (01 feb.
2025) – ci dice:
Guerre,
crisi e disastri ambientali sembrano essere diventati il propellente ideale di
una cultura che si rifugia nel torpore della decadenza.
Siamo in una crisi della coscienza storica di
dimensioni gigantesche, ma le soluzioni ci sono.
Il
libro di “Gili” e “Mangone” sulla “Passione del possibile.”
Sappiamo
ancora che cosa dovrebbe essere una cultura liberale?
È la
preghiera che, anche oggi, ci mette al riparo da ogni forma di idolatria.
Nel
suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato per
gli Stati Uniti d’America l’avvento di una nuova “età dell’oro”.
Non so
quanto l’annuncio abbia entusiasmato gli americani, ma di certo non mitigherà
in alcun modo lo sconforto e la sfiducia che attanagliano l’Europa e molte
altre parti del mondo.
Guerre,
crisi economiche, crisi politiche, disastri ambientali sembrano essere
diventati il propellente ideale di una cultura per lo più incapace di
fronteggiare la realtà e che proprio per questo si rifugia nel torpore della
decadenza.
L’anno
giubilare nel quale siamo entrati il 24 dicembre scorso è stato dedicato non a
caso alla speranza:
una
sorta di frustata che Papa Francesco ha voluto dare al nostro tempo per “non
cadere nella tentazione di ritenersi sopraffatti dal male e dalla violenza”.
E
allora ecco la domanda fatidica:
perché
in certe epoche storiche la speranza spinge le persone a guardare
ottimisticamente al futuro e in altre, come accade oggi per noi europei, la
speranza è invece così difficile?
Per
rispondere a questa domanda consiglio la lettura di un libro di” Guido Gili” e “Emiliana
Mangone” da poco uscito nelle librerie:
“
Speranza. Passione del possibile” (Vita e Pensiero).
A dire il vero, gli autori, entrambi
sociologi, non sembrano curarsi troppo del deficit di speranza che
contraddistingue il nostro tempo;
sviluppano
piuttosto un discorso teorico sulla natura della speranza, sulle sue molte
forme, le sue metafore, i suoi soggetti, i sui luoghi, il suo oscillare tra i
mali del vaso di Pandora, diciamo pure, i “lieti inganni” di leopardiana
memoria, e la “necessità ontologica” senza la quale gli uomini non possono
vivere.
Ma
forse proprio per questo il loro discorso è più utile che mai a illuminare il
deficit di speranza nel quale ci dibattiamo.
A tal
proposito trovo assai significativa l’analisi di quelli che vengono definiti i
“tre diversi ordini di condizioni che influenzano il sorgere e il rafforzarsi
della speranza o, al contrario, ne favoriscono il deperimento: “le condizioni
culturali, strutturali e istituzionali”.
È proprio una condizione culturale che ci
consente infatti di comprendere il deperimento della speranza che abbiamo
registrato in questi anni nella nostra vita individuale e sociale:
la trasformazione verificatasi in ordine alla
concezione del tempo e della storia.
Come dicono Gili e Mangone con riferimento a
due importanti antropologi, “Kluckhohn” e “Kroeber”, “ogni cultura è un precipitato storico
che giunge alle nuove generazioni dal passato”.
Se però ci guardiamo intorno, ciò che
culturalmente soprattutto colpisce è proprio la difficoltà che abbiamo a
pensare al passato, a riconoscerci in una tradizione, e quindi a pensare al
futuro.
Con conseguenze piuttosto serie sia per la
vita individuale che per quella sociale. Passato e futuro sono infatti
inscindibili.
Da un
lato, senza la nostra disponibilità ad accettare il peso del passato, non c’è
futuro;
dall’altro,
possiamo sperare nel futuro solo accettando il passato.
Estendendo
alle identità collettive ciò che “MacIntyre” dice per le identità individuali,
potremmo dire che il passato, le tradizioni, diciamo pure la memoria delle
origini sono esattamente ciò che, assicurando continuità, consentono alle
comunità di inoltrarsi nel futuro, senza rimanere prigioniere di chiusure più o
meno tradizionaliste.
Come
ognuno di noi sente di essere un po’ la risultante di una trama, di una storia
significativa, che raccontiamo, non per rimanervi imprigionati, ma perché è
precisamente quella storia che ci consente di guardare al futuro, allo stesso
modo le identità collettive, quando sono vitali, tendono a riconoscere
l’importanza delle proprie radici, perché sanno che è su questo “sfondo” che
esse si proiettano nel futuro.
Del resto è in virtù del futuro che l’essere
umano è in grado di sviluppare le sue caratteristiche essenziali: pensare,
amare, immaginare, agire, promettere. Tutto ciò che è umano, persino l’odio, è
rivolto a costruire qualcosa in una dimensione spostata nel tempo;
implica, per dirla con i nostri autori,
“un’inclinazione insopprimibile a sperare nel futuro”.
Ma che
cosa si può sperare in una società che fatica a pensare sia il passato che il
futuro e tende a chiudersi esclusivamente nel presente?
Siamo
di fronte a una crisi della coscienza storica di dimensioni gigantesche.
L’io moderno e la società moderna, per
fare un esempio, erano ancora contrassegnati da una grande spinta verso il
futuro, si pensi all’idea di progresso, ma l’io e la società odierna no.
Abbiamo
ristretto il nostro orizzonte temporale al presente; al massimo ci facciamo
guidare dal principio del piacere; i nostri desideri vanno soddisfatti
immediatamente; differire una qualsiasi gratificazione può essere oggi soltanto
segno di stupidità.
In questo modo, però, stiamo anche
depotenziando la nostra energia vitale, il nostro slancio verso il futuro, il
desiderio di cambiare la realtà nella quale siamo.
Un po’
come nel monologo di “Macbeth”, che alla notizia della morte della moglie vede
la propria vita svuotarsi di senso, anche noi potremmo dire: “Domani, poi
domani, poi domani” in attesa semplicemente che il nostro tempo finisca.
La
perdita d’interesse per il futuro sfocia così nella percezione del tempo come
un presente reiterato, immobile, privo di senso:
il
tempo tipico di chi non ha speranza, al quale “Gili “e Mangone” hanno il merito
di contrapporre la pazienza delle sentinelle che, in qualsiasi tempo, sanno
aspettare l’aurora.
“Nella
pazienza, la speranza”, appunto.
La
gente e stanca di una vita senza senso.
“Di
una previsione di futuro che lascia senza speranza.”
Francescomacri.wordpress.com
– Blog Riflessioni – Goffredo Bettini – (18-12- 2024) – ci dice:
“La
gente non è stanca della vita, perché la vita è un dono di Dio che continua a
essere motivo di stupore e di gratitudine.
La gente è stanca di una vita senza senso, che
è interpretata come un ineluttabile andare verso la morte.
È
stanca di una previsione di futuro che non lascia speranza.
È stanca di una vita appiattita sulla terra,
tra le cose ridotte a oggetti, nei rapporti ridotti a esperimenti precari.
È stanca perché è stata derubata dell’‘oltre’
che dà senso al presente, sostanza al desiderio, significato al futuro”.
Sono le parole dell’Arcivescovo di Milano, “Mario
Delpini”, in occasione del “Discorso alla Città” del 6 dicembre, alle quali
segue una declinazione dei temi specifici, illuminati da questa ispirazione e
prospettiva.
Interessante
assonanza con gli ultimi pensieri, prima della morte, di “Mario Tronti”, il
filosofo politico che ho amato di più: […]
ci è
rimasto un solo modo di stare in questo mondo e in questa vita: starci da
stranieri, come in esilio, in attiva attesa di altro”.
Di
conserva, mi è capitato di scrivere:
“Immaginare
un ‘oltre’ non come un disegno definito.
Piuttosto
come un impulso incancellabile e insopprimibile alla libertà.
Occorrono
profeti […] come testimoni di un possibile altro luogo, in grado di mettere in
tensione il presente”.
Sono
sprazzi che mettono in discussione gli elementi essenziali della
contemporaneità
. La
velocità massima, l’innovazione permanente per produrre, distribuire, consumare
sempre di più.
Il
vortice malato, che impedisce la peculiarità degli esseri umani: pensare,
riflettere, dialogare, ricordare e progettare.
La
cancellazione dell’“indugio” che allena l’animo a una dimensione non solo
materiale, fisica e corporea, piuttosto al mistero che unisce in noi la terra e
il cielo.
Siamo,
così, travolti da un ritmo insensato che ci rende pezzi morti di una macchina
che non controlliamo.
Ben
più del povero Charlot, in “Tempi moderni”, che subiva tale condizione alla
catena di montaggio della fabbrica fordista.
No.
Qui è tutto il tessuto esistenziale che ci ha conformato a scopi alienati dalla
nostra essenza.
Sembra
che il tema per tutti (a partire dalla politica) sia come adattarsi a tutto
ciò.
Ecco
perché l’invocazione dell’“oltre”, quasi messianica, è un atto in sé di
opposizione, resistenza, ricerca di una via nuova.
La
premessa di ogni autentico cambiamento, qualsiasi dimensione abbia e qualsiasi
ambizione persegua.
Interrompe l’idea falsa di progresso, che
appare sfrecciare nel tempo e nello spazio, ma che in verità è un calpestare la
stessa mattonella della storia, in modo nevrotico e regressivo.
Una coazione a ripetere che, come dice
l’arcivescovo “Delpini”, appare l’attesa nichilista della morte.
“Anzi,
direbbe Freud, un attivo istinto di morte”.
Come
si può attingere a questi pensieri?
Ed è utile farlo? Non ho certezze.
Sicuramente,
tuttavia, quando ci muoviamo nel solco di questa ispirazione, non facciamo
chiacchiere inutili;
non
rimandiamo i problemi concreti per divagare;
non ci
ritiriamo dalla scena del mondo.
Questo
non ha capito la politica di oggi: la speranza, il ricordo e l’immaginazione,
sono forze concrete e materiali, che agiscono in modo straordinariamente
efficace nel presente.
Danno
vita alla vita.
Nel
momento in cui la coscienza ne è coinvolta, cambia qualcosa da subito dentro le
persone.
Le
spinge a dialogare con l’altro per condividere il “sogno” di qualcosa; dà loro
senso, motivazione, gratificazione.
La destra che governa l’Italia è scalcinata e
pericolosa.
Ma la
pericolosità non sta tanto nelle sue bandiere di un tempo, quanto nel suo
gettarsi a capofitto nell’obbedienza alle compatibilità date, ai poteri che
comandano, al senso comune più rozzo e volgare.
Rinuncia alla sua stessa costellazione
valoriale, nefasta per me, ma pur sempre valoriale.
Con l’ansia di una contraddittoria
legittimazione, ricercata tuttavia con i suoi “tic” ineliminabili, la
prepotenza e l’intolleranza illiberale che, pur senza bandiere, le sono rimaste
ben addosso dal passato.
Combatto
da anni per l’unità delle forze progressiste e apprezzo anche su questo la
testardaggine della segretaria del mio partito, Elly Schlein.
Questa
unità va realizzata sui singoli capitoli di un programma, nel rispetto
dell’identità di ciascuno.
Sarebbe,
tuttavia, vana, se non approdasse a un punto di vista sul mondo.
Alla
consapevolezza che si va verso il totalitarismo di una democrazia svuotata, che
sempre più si allontana dall’ancoraggio benefico alla Costituzione italiana.
Oggi
anche gli spiriti più liberali e moderati sono allarmati.
E (al di là dei tentativi legittimi per
resuscitare vecchi contenitori), il pensiero cristiano si interroga sulla
natura del turbocapitalismo.
E la sinistra critica intende chiudere con una
condotta emergenziale più o meno subalterna.
Così,
cristianesimo e sinistra, ormai oltre i rispettivi catechismi, possono essere i
grandi vettori di un nuovo messaggio di salvezza, contro il degrado persino
antropologico che ci coinvolge.
(“il
Fatto Quotidiano).
Montana
Cowboys,
Adam
Smith e Trump.
Theburningplatform.com
- Guest Post di J.B. Shurk – (25 -2 -2025) – ci dice:
Nella
serie western dello scrittore “Taylor Sheridan”, 1923, c'è una grande scena nel
terzo episodio (che parafraserò) quando la famiglia di allevatori di bestiame
del Montana arriva in città e trova un uomo che vende merci futuristiche per
strada.
Cos'è quella cosa pazzesca?
Beh, signora, è una lavatrice. E che?
Un frigorifero per mantenere freddi gli
alimenti.
Oh mio Dio. Come funzionano?
Funzionano con l'elettricità attraverso linee
elettriche direttamente in casa tua. Sono comodità moderne che fanno le tue
faccende per te.
In
mezzo all'euforia generale tra coloro che vedono per la prima volta queste
strane invenzioni, uno dei giovani cowboy sfacciati chiede con discernimento: "Quindi vendi elettricità e poi
affitti tutte le cose che hanno bisogno di elettricità?"
Il venditore accetta con riluttanza, ma insiste che i
nuovi elettrodomestici forniranno tempo per il divertimento e il tempo libero
. «Ma
non è più tranquillo», risponde il giovane cowboy, «perché dobbiamo lavorare di
più per pagare tutta questa roba».
Il
venditore sottolinea rapidamente che ogni casa di New York City avrà presto
tutte queste tecnologie e altro ancora.
Il
cowboy scuote la testa disgustato e dà una bella lezione sulla libertà
economica: "No,
ecco il punto, compriamo tutta questa roba, non lavoriamo più per noi stessi.
Stiamo lavorando per voi".
Vorrei
che ogni americano (soprattutto le generazioni più giovani) guardasse quella
scena un centinaio di volte e pensasse chiaramente alle sue implicazioni.
Cosa
dice del nostro modo di vivere quando la maggior parte di noi paga così tanti
tipi diversi di bollette ricorrenti solo per rimanere nelle proprie case?
Tasse
sulla proprietà, tasse comunali, tasse statali, tasse federali, acqua,
elettricità, gas naturale: tutto solo per iniziare.
Vuoi
comunicare con il mondo esterno o goderti un po' di intrattenimento di base?
Questi servizi richiederanno più canoni di abbonamento che sicuramente
aumenteranno di prezzo senza fine.
È quasi impossibile possedere una casa libera
dalla minaccia di futuri gravami. Anche un remoto abitante di una capanna
dimenticata nei boschi lontani è ancora in debito con il fisco – e il mancato
pagamento significa che qualche agente governativo alla fine busserà alla sua
porta difficile da trovare e sequestrerà quella capanna in nome del governo.
La
propria casa privata non è mai veramente la propria.
Se
quella famiglia di allevatori dell'inizio del ventesimo secolo desse
un'occhiata a come funziona la nostra società oggi, concluderebbe che siamo
"moderni"?
O
deciderebbe che siamo noi quelli che hanno viaggiato indietro nel tempo a
un'epoca di servitù della gleba e servitù a contratto?
I
residenti di New York pagano migliaia di dollari ogni mese in affitto e utenze,
e la maggior parte non possiede mai nulla.
Coloro
che possiedono un appartamento o un condominio pagano fortune per luoghi più
piccoli dei soggiorni di alcune delle case più piccole del Midwest.
Quegli stessi newyorkesi che "possiedono
case" sborsano ancora in perpetuo le spese di condominio e di
manutenzione.
Il
prezzo dell'elettricità delle "grandi città" aumenta piuttosto
precipitosamente e le tariffe di transito aumentano sempre.
Nel momento in cui un "moderno"
lavoratore di New York si iscrive a una porzione mensile di base di
"Netflix e relax", la maggior parte di ciò che una persona guadagna
ogni mese finisce nelle tasche di qualcun altro.
A New
York City e in tante aree metropolitane simili, troppi residenti vivono di
stipendio in stipendio, anche quelli "ricchi".
Un
gran numero di americani è stato condizionato ad accettare questo modo di
vivere come perfettamente normale.
Per
una persona che crede che la vita in città abbia senso, probabilmente ha senso
anche il globalismo.
Quando
l'aspirante tiranno del “World Economic Forum”, “Klaus Schwab”, promette che la
maggior parte del pianeta alla fine "non possederà nulla e sarà
felice", molti abitanti delle città annuiscono in segno di assenso. Non
possiedono già nulla.
Ma
sono davvero felici?
Il
ritorno del presidente Trump sta causando un'enorme costernazione per tutti i
tipi di persone.
Rappresenta una minaccia particolarmente seria,
tuttavia, per i globalisti allineati a “Schwab” e per i loro sogni di un futuro
"utopico" in cui le "élite" possiedono tutto e la
"gente comune" affitta per tutta la vita.
Trump
avrebbe potuto condurre un'intera campagna politica solo su questo tema. Era
impegnato a parlare dei pericoli di una frontiera spalancata, dell'inflazione
indotta dal "new deal verde" e della stupidità delle guerre eterne.
Ma un
unico obiettivo generale affronta tutti questi problemi:
riportare
l'America sulla strada di una società di proprietà.
I
sogni di proprietà hanno indotto i nostri antenati a lasciare il Vecchio Mondo
e costruire un nuovo paese.
Non
volevano lavorare le terre degli altri.
Non
volevano essere tassati dai signori feudali per il resto della loro vita.
Volevano
possedere i frutti del loro lavoro.
Volevano
possedere le loro fattorie.
Volevano
il controllo completo sulle loro fortune economiche, senza essere obbligati a
nessuno.
Inutile
dire che la maggior parte dei loro discendenti ha dimenticato perché la libertà
è impossibile senza la proprietà privata.
Affittare
tutto da una manciata di oligarchi e governi, come sottolinea il cowboy di
Sheridan, significa che finiamo per lavorare interamente per loro e mai per noi
stessi.
Il
presidente Trump ha sorpreso molte persone durante il suo primo mese di ritorno
in carica concentrandosi pesantemente su
(1)
eliminare la spesa pubblica dispendiosa (e fraudolenta),
(2)
tagliare le normative inutili (e quindi dannose) e
(3)
spingere per una revisione del nostro attuale sistema fiscale.
Quello
che sta cercando di realizzare è molto più grande di quanto la maggior parte
delle persone avrebbe potuto immaginare.
Non
solo sta implementando tariffe reciproche come un modo per riportare a casa i
posti di lavoro perduti da tempo nel settore manifatturiero e industriale, ma
sta anche ponendo le basi per ridurre notevolmente gli oneri fiscali
individuali.
Si
impegna a sollevare gli americani dalle tasse sul reddito che disincentivano il
duro lavoro e smorzano gli spiriti imprenditoriali.
Tassare
il lavoro di una persona è sia immorale che dannoso per la ricchezza
complessiva di una nazione.
Anche
l'inflazione è una tassa.
Quando
le banche centrali stampano moneta, svalutano i nostri stipendi e i nostri
risparmi senza mai approvare una legislazione per tasse più alte.
Quella
ricchezza rubata gonfia artificialmente il prezzo di listino delle azioni e di
altri beni.
Le
società quotate a Wall Street vedono aumentare le loro valutazioni denominate
in valuta anche se le loro società non hanno creato nuovo valore reale (in modo
piuttosto fraudolento, le società in fallimento vengono "spremute"
per sembrare "di successo").
Questo
tipo di falsa "crescita" economica crea bolle di mercato e
inevitabili crolli. Chi ne beneficia?
Quelli
che prendono le loro "vincite" di mercato gonfiate prima del crollo –
in generale, gli stessi oligarchi che hanno aperto i rubinetti della stampa di
denaro della banca centrale in primo luogo.
Rubano ai poveri per arricchire ulteriormente
i ricchi oscenamente.
Qual è
il punto?
L'amministrazione
Trump vede i prossimi quattro anni come l'ultima possibilità di salvare il
dollaro.
Gli
americani non dovrebbero investire in un mercato azionario manipolato solo per
avere qualcosa per la pensione.
Un
dollaro infilato sotto il materasso oggi dovrebbe comprare a una persona lo
stesso tra cinquant'anni.
Altrimenti,
un lavoratore non possiede ancora i frutti del suo lavoro.
Rimane
un servo legato ai campi del denaro falso della Federal Reserve.
La
crescita economica reale richiede una moneta sonante.
Una
società che valorizza la proprietà privata è una società che valorizza la
libertà. In una conferenza tenuta più di vent'anni prima della pubblicazione de”
La ricchezza delle nazioni,” Adam Smith descrisse ciò che separa le nazioni
grandi e potenti da quelle deboli e dispotiche:
"Poco
altro è richiesto per portare uno Stato al più alto grado di opulenza dalla più
bassa barbarie, se non la pace, le tasse facili e un'amministrazione della
giustizia tollerabile; tutto il resto è determinato dal corso naturale delle
cose.
Tutti
i governi che ostacolano questo corso naturale, che costringono le cose in un
altro canale, o che cercano di arrestare il progresso della società in un
determinato momento, sono innaturali, e a sostenersi sono obbligati ad essere
oppressivi e tirannici.
La
concisa ricetta di Smith per la grandezza nazionale è in poche parole il
copione MAGA del presidente Trump.
Come
direbbero i cowboy del Montana, è così che torniamo a lavorare per noi stessi.
Aquilone
in un albero.
Theburninghplatform.com
– (25-2-2025) - Guest Post di Jeff Thomas -ci dice:
Quando
ero un ragazzo, il fumettista “Charles Schulz” introdusse un nuovo fumetto
chiamato “Peanuts”.
La sua
premessa centrale era che i bambini avevano gli stessi problemi degli adulti,
ed è stato un successo immediato.
C'erano
diversi temi ricorrenti e, ogni autunno, il fumettista faceva tentare al suo
personaggio principale, “Charlie Brown”, di far volare un aquilone.
All'inizio tutto andava bene, e “Charlie Brown”
costruiva le sue speranze, solo per vederle infrante quando un albero
impigliava il suo aquilone e lo mangiava.
Questo
tema era infinitamente divertente, in quanto rifletteva una sindrome familiare
a tutti gli adulti.
Il
fumettista era attento a fare nuove variazioni sul tema ogni autunno, a causa
del fatto che “Charlie Brown” non ci riusciva mai.
Alla
fine della striscia, l'albero mangiava sempre il suo aquilone.
E così
va spesso nel mondo degli adulti.
“Albert
Einstein” disse: "La definizione di follia è fare la stessa cosa più e più
volte e aspettarsi risultati diversi".
Eppure,
in ogni epoca, possiamo vedere questo strano comportamento manifestarsi, più e
più volte.
La
gente va al casinò, immaginando che, in qualche modo, il casinò perderà e loro
vinceranno.
Comprano
i biglietti della lotteria con probabilità di centinaia di migliaia di dollari
a uno contro di loro.
E,
sorprendentemente, investono nel mercato azionario, non solo male, ma nello
stesso identico modello che storicamente ha dimostrato di garantire
virtualmente la perdita.
Più sorprendentemente, questo non è il
comportamento del perdente occasionale; È l'approccio adottato dalla stragrande
maggioranza degli investitori ed è quello che difendono strenuamente come
"investimento saggio e informato", fino al crollo che li ripulisce.
Allora,
qual è questo schema?
Beh, in genere, un potenziale investitore
contatta il suo broker e gli chiede se c'è qualcosa che può consigliare.
Il broker praticamente dice sempre di sì, che mentre
alcuni titoli non guadagnano la sua approvazione, ce ne sono altri che ritiene
quasi certi di salire.
Se
l'investitore dovesse poi acquistare, può contare sul broker per spingere la
prospettiva di ulteriori investimenti, ogni volta che una delle sue
raccomandazioni è aumentata di valore.
(È meno probabile che si metta in contatto se
le sue raccomandazioni diminuiscono.)
Man
mano che si svolge ogni mercato rialzista, il broker avvisa i suoi clienti che,
se non continuano ad acquistare, "perderanno qualcosa" e
l'opportunità di arricchimento li lascerà sfuggire.
Ogni
investitore che viene coinvolto da questo “spiel “rafforza la previsione del
broker, espandendo il mercato rialzista e attirando sempre più investitori a
entrare in gioco.
Poi,
succede qualcosa di molto interessante.
In un
grande mercato rialzista, quando gli investitori hanno raggiunto il loro
limite, viene consigliato loro che possono acquistare a margine e aumentare la
loro posizione.
Questo
è riconosciuto come rischioso in tempi normali, ma questi non sono tempi
normali.
Questa
è la madre di tutti i mercati rialzisti e "il cielo è il limite".
Gli
investitori si tuffano.
Quando
diventano così a corto di soldi da non poter più acquistare a margine, molti
investitori, credendo di essere sul punto di arricchirsi, prendono in prestito
denaro privatamente per acquistare a margine e, così facendo, diventano
drammaticamente indebitati, ma lo fanno perché il broker promette che il
mercato rialzista sta andando "sulla luna".
Ma,
come tutte le bolle, anche questa alla fine scoppia.
Naturalmente,
Wall Street non vuole un crollo incontrollato del mercato (dopo tutto, desidera
uscirne prima di un crollo), quindi il suo scenario ideale è quello di creare
un crollo controllato.
Una
volta che la scritta è sul muro, loro stessi si vendono, appena prima di un
innesco che farà crollare il mercato.
Nel
1929, questo fu raggiunto attraverso un improvviso aumento dei tassi di
interesse.
Dal
momento che gli investitori erano indebitati fino agli occhi, qualsiasi aumento
dei tassi di interesse significava che sarebbero andati in default sui loro
prestiti.
I broker venderebbero quindi unilateralmente i
portafogli dei loro clienti (come hanno il diritto di fare in una richiesta di
margine).
Loro, ovviamente, sperano di salvare il massimo
importo possibile per sé stessi, quindi fanno del loro meglio per liquidare
tutto da un giorno all'altro.
La
reazione abituale degli investitori è quella di rimanere sbalorditi dal fatto
che si sia verificato un crollo che non avevano previsto e che si siano
svegliati una mattina per scoprire di aver subito una perdita enorme.
All'inizio
degli anni 2000, un piccolo numero di persone (me compreso), aveva previsto un
crollo del mercato azionario.
Ho
stimato che si sarebbe verificato nel 2007, quindi, per essere fuori con largo
anticipo, sono uscito nel 2006. (Come è emerso, sono uscito prima del necessario, cosa di
cui non ho avuto rimpianti.)
Prima
del crollo, avevo avvertito amici e colleghi, che invariabilmente dicevano: "Tutti gli indicatori dicono che
il mercato sta ancora salendo. Se inizia a scivolare verso il basso, allora
potrei vendere".
Ho
ripetutamente ricordato loro che un grande mercato rialzista non finisce mai
con un piagnucolio.
Termina
invariabilmente con un grande picco al rialzo, prima di precipitare
improvvisamente verso il basso.
E
questa non è una coincidenza. Si basa sul comportamento sopra indicato.
Quello
che trovo davvero sorprendente è che la maggior parte degli investitori non
impara mai.
Anche dopo essere stati ripuliti una volta,
trovano semplicemente un altro broker "migliore" e ricominciano tutto
da capo.
Incredibilmente,
l'investitore medio lavorerà sodo nel suo lavoro regolare e farà tutto il
possibile per migliorare, poi, qualsiasi risparmio possa creare quell'anno, lo
affida a qualcun altro per gestirlo.
Fa poco o nessuno sforzo per istruirsi sui modelli dei
mercati rialzisti e ribassisti in modo da poter evitare un altro fallimento.
Tira
fuori ripetutamente il suo aquilone per farlo volare tra gli alberi.
Molti
investitori commettono lo stesso errore più e più volte, nel corso della loro
carriera, lavorando sodo per la loro retribuzione, poi letteralmente buttando
via i loro risparmi.
Oggi
ci stiamo avvicinando alla fine di un importante mercato rialzista.
Questo è particolarmente interessante, in
quanto, dal 2008, siamo stati in una depressione che praticamente nessuno
riconosce.
Quelli
di Wall Street affermano con fiducia che, nonostante l'aumento della
disoccupazione, i produttori che lasciano il paese in massa, la diminuzione del
PIL, le chiusure estese delle imprese, ecc.,
"Questa non può essere una depressione
se il mercato è in rialzo".
Sfortunatamente,
quello a cui stiamo davvero assistendo è il rally di ventose più lungo del
mondo.
Negli
anni '30, una battuta popolare, anche se dal sapore amaro, era che "Quando
ogni lustrascarpe offre consigli sulle azioni, è ora di uscire dal
mercato".
Quel consiglio è arrivato troppo tardi.
Attualmente
siamo di nuovo a quel punto, tranne per il fatto che la professione di
lustrascarpe è scomparsa.
Incredibilmente,
anche i capi delle banche e delle società di Wall Street stanno ora avvertendo
che la fine potrebbe essere vicina.
Forse l'esperto più improbabile di tutti ad
unirsi a questo gruppo è “Lord Jacob Rothschild”, che ora ha detto, in un
rapporto semestrale:
Non
crediamo che questo sia il momento giusto per aumentare il rischio. In molti
casi i corsi azionari sono saliti a livelli senza precedenti in un momento in
cui la crescita economica non è affatto garantita.
Chiaramente,
è stato attento a non impiegare frasi che sarebbero state eccessivamente
allarmanti, ma ha fatto la citazione per spiegare perché ha scaricato enormi
quantità di beni statunitensi (cioè, se ne sta andando prima del crollo).
Nel
frattempo, l'investitore medio, che contribuisce con l'ossigeno a creare tutte
le bolle, sta ancora una volta facendo volare il suo aquilone, convinto che
l'albero non mangerà ancora una volta il suo aquilone.
Nota
dell'editore:
Purtroppo,
la maggior parte degli investitori perderà i propri aquiloni a causa
dell'incombente crisi finanziaria statunitense. E questo è destinato ad essere
molto peggio del 2008.
La
verità è che potrebbe spazzare via i risparmi di milioni di persone e lacerare
il tessuto stesso della società americana.
Ma qui
c'è un lato positivo... L'autore di best-seller del “New York Times” “Doug
Casey” pensa che questa crisi nasconda anche un'opportunità unica per la
costruzione di una fortuna nel secolo.
Clicca
qui per saperne di più.
Il “colpo
di stato neoconservatore” che
ha
controllato gli Stati Uniti per
26
anni sta volgendo al termine.
Theburningplatform.com
- Guest Post di Martin Armstrong – (25-2-2025) – ci dice:
Non
posso rivelare le fonti, o non ne avrò più in seguito.
Non
guadagno da questo blog e non sollecito donazioni né accetta pubblicità.
Ho ZERO conti azionari personali perché non
posso avere il minimo conflitto di interessi perché devo rispettare le leggi in
tutto il mondo, non solo nell'ISA.
Il mio
incentivo è cercare di lasciarmi alle spalle un futuro migliore per i miei
nipoti, e se “Scotty “vuole prendermi in giro, non me ne frega un cazzo.
Quando
il governo ti tortura e cerca di ucciderti, succede qualcosa. Ne ho scritto
quando Trump è stato ucciso. Emergi, perdendo ogni paura della morte. La gente
non capisce.
Trump ora si rende conto che è qui per uno
scopo e sta andando avanti a tutto vapore. Ora conosce il vero Stato Profondo
come me.
Sta
premendo “Cntrl-Alt-Canc “e sta riavviando gli Stati Uniti, che stanno
esponendo la corruzione e stanno preparando il terreno per la riprogettazione
del governo nel 2032.
Anche lui fa parte di questo ciclo, che lo
capisca o meno.
La gente mi chiede sempre perché non sono
amareggiato per quello che mi hanno fatto.
Ero
dotato della forza di resistere.
Quello
era il mio dono divino, come i doni degli dei a Perseo.
Quello
che mi hanno fatto mi ha aperto gli occhi sul fatto di essere cresciuto con gli
avvocati che discutevano sempre della Costituzione, pensavo che il nostro
sistema legale fosse equo. “
Quando
il giudice ha cacciato il mio avvocato, Richard Altman”, le sue ultime parole
sono state:
"Avresti
dovuto scappare".
Ha
aggiunto che avrebbero dovuto mettere su un vero caso per riavermi se fossi
andato a Londra.
(Trenton
no Defaults 9 13 1999.)
Il mio
caso stava coprendo il primo cambio di regime neoconservatore che hanno cercato
di farmi finanziare con 10 miliardi di dollari, e ho rifiutato.
Questo fu l'inizio del colpo di stato
neoconservatore della politica estera americana.
Nessuno dei miei clienti ha sporto denuncia
contro di me.
Tutto
questo è stato iniziato dalla banca, che, alla fine, si è dichiarata colpevole
e ha restituito tutti i soldi rubati con un accordo che non prevedeva alcuna
multa e nessuna pena detentiva per i fornai, come al solito a New York.
Le
rive camminano sull'acqua a New York.
Come
mi ha detto un avvocato perché non vengono mai perseguiti, "Non si caga
dove si mangia!"
Quello
che ho vissuto mi ha cambiato.
Ho
visto la bestia dall'interno verso l'esterno.
Non
vale la pena salvare il sistema giuridico.
Foglio
di registro sigillato 2013.
Il
giudice “Lawrence M. McKenna” stava cercando di proteggermi.
Così, il Dipartimento di Giustizia ha ordinato
al giudice capo di affidare il mio caso a un ex procuratore filogovernativo, “John
F. Kennan”.
Nemmeno
Trump poteva far trasferire il suo caso a un altro giudice in segreto. Ecco il
registro con tutte queste voci sigillate dalla mia vista e dal mondo.
Hanno
chiuso illegalmente l'aula del tribunale e hanno cacciato l'”Associated Press”,
alterando le trascrizioni per nasconderlo.
L'unica
prova che avevo era la loro storia di stampa.
Questo, credo, era tutto per coprire il tentativo di
cambio di regime della Russia ricattando Eltsin, motivo per cui Eltsin si
rivolse a Putin e disse: "Proteggi la Russia".
I
neoconservatori sono implacabili.
Sono
determinati a conquistare la Russia. Questo è il motivo per cui tutti
sostenevano Kamala.
Quello
che sta succedendo con l'Ucraina è che i neoconservatori hanno preso il
controllo della stampa, e tutto ciò che fanno è girare la storia di come la
Russia sia debole e che possiamo prenderli in soli 3 giorni.
È
stato il neoconservatore” Adam Kinzinger”, che “Pelosi” ha scelto per far parte
del” Comitato 6 gennaio”, che stava cercando di impedire a Trump di
ricandidarsi perché sapevano che avrebbe tolto loro il tappeto da sotto i
piedi.
Biden
gli ha concesso la grazia insieme all'altra neocon, “Liz Cheney”, il cui padre
ha appoggiato “Kamala”.
(1
Dick Cheney)
Mi è
stato chiesto di far parte di quell'amministrazione se avessi assunto la
posizione di consigliere economico capo alla Casa Bianca, e ho rifiutato.
Bush
non ha mai scelto nessuno. Hanno messo Cheney, e lui ha lanciato la guerra per
conquistare 7 paesi: Iraq, Iran, Siria, Libano, Sudan, Libia e Somalia.
Voleva
dominare ogni stato che era stato fedele alla Russia.
Durante
il primo mandato di Trump, hanno riempito il suo gabinetto di neoconservatori
dello” Stato Profondo”.
Questo
è il motivo per cui Trump ha scelto il suo gabinetto prima di arrivare a
Washington, e sono persone qualificate che non guardano allo Stato Profondo.
Oggi,
tutto ciò che avete sentito sull'Ucraina è totale propaganda dei
neoconservatori per giustificare la guerra per conquistare la Russia.
Trump sa quello che so io.
Questa è la vera guerra per il cuore e l'anima
degli Stati Uniti, e non sto esagerando.
Così
tanti sciocchi credono alle stronzate che raccontano su Trump e mai come
PERCHÉ?
Quando
ho detto che 100.000 ucraini sono stati uccisi nei primi mesi della guerra di
Zelensky contro la Russia, ho ricevuto e-mail da persone a cui è stato fatto il
lavaggio del cervello che affermavano che stavo diffondendo disinformazione
russa.
Quell'informazione proveniva direttamente
dall'Ucraina e quando Ursula ha dato quel numero, Zelensky glielo ha fatto
togliere e ha affermato che era "classificato" perché stava cercando
di fingere che l'Ucraina stesse vincendo senza vittime.
In ogni governo, ci sono gli idioti
obbedienti, a cui è stato fatto il lavaggio del cervello, che si limitano a
ripetere ciò che il governo e la stampa dicono loro senza pensare a nulla.
A
volte, mi è capitato di fornire informazioni specifiche che anche le banche
centrali vorrebbero condividere, ma i loro commenti sono limitati.
È così
che va.
Non
sono l'unico a vedere attraverso la corruzione e le menzogne.
L'ex
generale “Wesley Clark”, che ha circa cinque anni più di me, è stato il
comandante supremo alleato della NATO in Europa dal 1997 al 2000.
Ascoltate
il suo discorso sul colpo di stato neoconservatore che ha preso il controllo
della politica estera degli Stati Uniti dal 1999.
Fu
allora che mi accusarono, il 13 settembre 1999, perché non volevo giocare a
palla.
Questo
è stato l'inizio del colpo di stato neoconservatore che non è mai stato diretto
dal Congresso e nemmeno da alcun presidente.
Il 30
gennaio 1999, la NATO lanciò l'”Operazione Allied Force” contro la Serbia.
Questa operazione della NATO segnò un significativo intervento militare nella
guerra del Kosovo, segnando un significativo aumento del potere dei
neoconservatori.
Questo
è stato il primo uso offensivo della forza da parte della NATO e NON è stato
sanzionato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Ciò è
stato in violazione del diritto internazionale ed è stato politicamente
un'usurpazione del potere dittatoriale virtuale da parte di un'organizzazione
non eletta.
Hanno
usato la falsa affermazione che era per motivi umanitari, ma era un calcolo
strategico per espandere la loro base di potere contro la Russia.
(Chruščëv Nikta).
Quindi,
la guerra del Kosovo ha rappresentato un'opportunità politica per la NATO di
ridefinire il suo ruolo nell'era post-Guerra Fredda, poiché è stata creata per
proteggere l'Europa dalle minacce di Krusciov di conquistare l'Europa e
sconfiggere il capitalismo.
Con la
dissoluzione dell'Unione Sovietica, lo scopo originario della NATO di difendere
l'Europa occidentale contro l'aggressione sovietica era svanito.
Per paura della dissoluzione, la NATO aveva
bisogno di riconquistare il suo status e il suo potere e di espanderlo.
Economista:
La Russia conquista l'Europa.
I
neoconservatori hanno usurpato la guerra del Kosovo come un modo per
trasformare la NATO in un'organizzazione di sicurezza più proattiva in grado di
gestire minacce più nuove e non tradizionali, compresi i conflitti etnici e le
crisi umanitarie, per le quali non è mai stata istituita in primo luogo.
Questo
è il motivo per cui la NATO afferma costantemente che se l'Ucraina cade, la
Russia riconquisterà tutta l'Europa orientale, cosa che solo uno sciocco
crederebbe – ma abbiamo degli sciocchi che gestiscono il governo e la stampa.
Tutto
quello che fanno è costantemente proiettare la guerra come se il comunismo non
fosse mai caduto.
Sotto
Krusciov si trattava di diffondere il comunismo contro i capitalisti malvagi.
Tali condizioni e ragionamenti non sono più applicabili.
Mappa
geografica della Russia di Putin.
Invece,
si aggrappano a un commento dell'aprile 2005, quando Putin disse alla nazione
che il crollo dell'impero sovietico "è stata la più grande catastrofe
geopolitica del secolo" e aveva favorito movimenti separatisti all'interno
della Russia che vedremo anche negli Stati Uniti e in Europa quando qualsiasi
governo centralizzato diventerà autoritario.
Ma hanno preso le dichiarazioni di Putin fuori
contesto sul fatto che il crollo sovietico sia stato una tragedia per i russi.
Ha detto:
"Prima
di tutto, vale la pena riconoscere che la scomparsa dell'Unione Sovietica è
stata la più grande catastrofe geopolitica del secolo. … Per quanto riguarda il
popolo russo, è diventata una vera tragedia.
Decine
di milioni di nostri concittadini e connazionali si sono trovati oltre i
margini del territorio russo".
Ha anche fatto riferimento al movimento
separatista ceceno che è diventato una "epidemia di collasso che si è
riversata sulla Russia stessa".
Trascurano
il fatto che Putin era particolarmente critico nei confronti di Lenin e disse
che non era uno statista ma solo un bolscevico.
Ha detto che Lenin ha creato "una bomba a
orologeria sotto il nostro stato".
Denunciò
anche Stalin per le massicce purghe che uccisero milioni di persone, ma notò il
suo ruolo nella sconfitta dei nazisti nella seconda guerra mondiale.
Putin
ha anche attaccato i bolscevichi per aver fatto perdere alla Russia la prima
guerra mondiale nella loro ricerca del potere, facendo sì che la Russia subisse
la sconfitta da parte della Germania e cedette grandi porzioni di territorio
pochi mesi prima di perdere la prima guerra mondiale.
"Abbiamo perso contro il partito
perdente, un caso unico nella storia", ha detto Putin.
Putin
ha criticato l'ideologia comunista, osservando che mentre le promesse di una
società equa e giusta nell'ideologia comunista "assomigliavano molto alla
Bibbia", la realtà era diversa.
"Il
nostro paese non assomigliava alla Città del Sole", immaginata dagli
utopisti socialisti, ha detto.
Riguardo
alla tomba di Lenin, Leon Trotsky, Lev Kamenev e Nikolai Bukharin si opposero
notoriamente all'idea dell'imbalsamazione di Lenin, mentre la sua defunta
moglie, Nadezhda Krupskaya, scrisse per il giornale Pravda nell'anno della sua
morte:
"Non
costruite per lui monumenti, castelli in suo nome, (tengono) ricevimenti
opulenti in sua memoria, ecc. A tutto questo ha attribuito così poco
significato nella vita e questo lo ha rattristato molto".
Bolton
John Neocon.
Il
neoconservatore John Bolton, che invaderebbe il Canada per prendere un russo e
non ha problemi a mandare ragazzi americani a morire per le sue farneticazioni,
è stato la principale fonte di diffusione della propaganda secondo cui Putin
vuole resuscitare l'Unione Sovietica.
Bolton
sembra non avere rimorsi per coloro che muoiono in battaglia.
Forse
è solo un ateo come Lenin. Bolton denigra costantemente Trump, che non desidera
creare la Terza Guerra Mondiale, dicendo: "'Fottutissimo idiota' come
Trump può ancora essere l'utile idiota di Putin" Bolton ha anche detto:
"È
chiaro che vuole ristabilire l'egemonia russa nello spazio dell'ex Unione
Sovietica. L'Ucraina è il premio più grande, è quello che cerca. L'occupazione
della Crimea è un passo in questa direzione".
Eppure,
nel novembre 2013,” John Bolton” è apparso in un video in cui parla del diritto
alle armi in Russia per fare pressione sul legislatore russo, spingendo il
diritto di portare armi.
Questa
è stata a lungo una questione di etica e legalità.
È
contro la legge accettare denaro da un governo straniero senza registrarsi come
agente di quel governo.
Questo
è il motivo per cui non posso accettare denaro e questo vale anche per i
regali.
Non
puoi nemmeno accettare che paghino le tue spese come il biglietto aereo e
l'hotel - NIENTE!
Anche
se la Russia ha pagato qualcun altro come intermediario, questo non ti esonera
da un crimine.
Armstrong
sulla guerra non finisce mai.
Parte
della loro strategia è dire che Putin è così malvagio che nessuno dovrebbe
parlargli e tagliare tutti i legami diplomatici.
Biden
lo ha fatto, e così ha fatto l'UE.
Questo
per garantire che non ci sarà alcuna possibilità se non la guerra totale.
MAI hanno considerato che la Terza Guerra
Mondiale questa volta le nostre previsioni informatiche distruggeranno la
cultura occidentale, si rifiutano di considerare che potrebbero perdere anche
se vincessero – una Vittoria Phyric.
Colpo
di stato neoconservatore
Il
vero obiettivo è stato quello di espandere la NATO fino al confine russo, cosa
che hanno promesso di non fare.
Poi, il 12 marzo 1999, la NATO si è espansa
nei paesi dell'Europa orientale, creando la loro “Join Alliance”.
In uno
storico riallineamento geopolitico post-Guerra Fredda, l'Ungheria, la Polonia e
la Repubblica Ceca sono diventate ufficialmente membri della NATO, segnando un
cambiamento significativo nelle dinamiche di sicurezza europee e simboleggiando
il perno strategico di queste nazioni lontano dall'influenza russa. Sono stati
attirati nella NATO con il pretesto, perché è la NATO che cerca di invadere la
Russia, non il contrario.
Perché
la burocrazia
continua
a crescere.
Theburningplatfotm.com
- Murray Rothbard – (25 febbraio 2025) – ci dice:
VUOI
che i nostri confini siano protetti?
Questo
articolo è stato originariamente pubblicato da “Murray Rothbard” presso il
“Mises Institute” e adattato da “Burocrazia e servizio civile negli Stati
Uniti”.
La
burocrazia è necessariamente gerarchica, in primo luogo a causa della Legge
ferrea dell'oligarchia e, in secondo luogo, perché la burocrazia cresce
aggiungendo più livelli subordinati.
Poiché,
in mancanza di un mercato, non esiste un vero e proprio test di
"merito" nel servizio del governo ai consumatori, in una burocrazia
vincolata da regole l'anzianità è spesso adottata allegramente come un
sostituto del merito.
L'aumento
dell'anzianità, quindi, porta alla promozione a ranghi più alti, mentre
l'espansione dei bilanci assume la forma di una moltiplicazione dei livelli di
rango sotto di te e di un'espansione del tuo reddito e potere.
La
crescita burocratica avviene, quindi, moltiplicando i livelli di burocrazia.
La teoria della burocrazia governativa
gerarchica è che le informazioni vengono raccolte nei ranghi più bassi
dell'organizzazione e che a ogni successivo rango superiore, il manager
seleziona le informazioni più importanti dai suoi subordinati, separa il grano
dalla pula e passa le informazioni selezionate più in alto, così che, alla
fine, il Presidente, ad esempio, che si occupa di operazioni di intelligence,
riceve un promemoria di due pagine che distilla le informazioni più importanti
raccolte e selezionate da centinaia di migliaia di agenti dei servizi segreti.
Il
Presidente, quindi, sa più di chiunque altro, ad esempio, di affari esteri.
Un
problema con questo modello roseo, come sottolinea il professor “Gordon
Tullock” nel suo illuminante libro, “ The Politics of Bureaucracy,” è che il modello non chiede se ogni burocrate
abbia o meno l' incentivo a passare il
miglior distillato di verità ai suoi superiori.
Il
problema è che il favore burocratico, soprattutto ai livelli più alti, dipende
dal compiacere i propri superiori, e compiacerli si basa in gran parte sul dire
al Presidente e ai burocrati superiori ciò che vogliono sentirsi dire.
Una
delle grandi verità della storia umana è che si tende a sparare, o almeno a
reagire male, al portatore di cattive notizie.
"Sire,
la vostra politica sta funzionando male in Croazia" non è il tipo di
messaggio che il Presidente, ad esempio, vuole sentire dal suo inviato, e
mentre l'esito in Croazia rimane incerto, il Presidente e i suoi assistenti
vogliono continuare a credere che la loro politica stia funzionando bene.
Quindi, il dissidente viene definito un
piantagrane se non un sovversivo, e la sua carriera nella gerarchia viene
deviata, spesso in modo permanente.
Nel
frattempo, gli inviati o il personale del servizio estero che assicurano al
Presidente "le cose stanno andando molto bene in Croazia" vengono
salutati come persone perspicaci, e le loro carriere avanzano.
E poi,
se anni dopo, il dissidente si dimostrasse corretto e la politica croata fosse
in rovina, è probabile che il presidente o qualsiasi altro governante si
rivolga con calorosa gratitudine all'ex dissidente?
Difficilmente.
Invece, ricorderà ancora il dissidente come un
piantagrane e non darà la colpa ai suoi collaboratori, che, insieme a lui, si
sono dimostrati sbagliati.
Perché,
dopotutto, la grande corrente principale degli esperti non ha commesso lo
stesso errore?
Quanto
è comune un sincero esame di coscienza e il pentimento per gli errori passati
tra presidenti o altri governanti?
Quei
burocrati che sono acuti analisti della natura umana e che capiscono il modo in
cui operano i governanti, se si accorgono che la tanto amata politica del loro
Presidente è gravemente sbagliata, tendono a tenere la bocca chiusa e lasciano
che qualche altro credulone sia il messaggero di cattive notizie e venga
abbattuto.
Ogni
attività e istituzione umana tenderà a premiare coloro che sono più capaci di
adattarsi alla strada migliore per il successo in quell'attività.
Gli
imprenditori di mercato di successo saranno coloro che sapranno meglio
anticipare e soddisfare le richieste dei consumatori.
Il successo nella burocrazia, al contrario,
andrà a coloro che sono più abili a
(a)
impiegare la propaganda per persuadere i loro superiori, i legislatori o il
pubblico dei loro grandi meriti e, quindi,
(b) a
capire che il modo per salire è dire al Presidente e ai burocrati di vertice
ciò che vogliono sentirsi dire.
Quindi,
più alti sono i ranghi della burocrazia, più tenderanno a esserci yes-men e
opportunisti.
Il
Presidente spesso saprà meno di ciò che sta accadendo rispetto a quelli nei
ranghi inferiori.
Da
qui, ad esempio, il fenomeno del presidente Nixon, che pensava di sapere più di
chiunque altro sulla guerra del Vietnam e tuttavia ne sapeva meno dell’acuto
lettore del New York Times.
Per la
“CIA” e altri avvertimenti di intelligence su ciò che stava accadendo,
sviluppati da molti ufficiali di grado inferiore, furono filtrati dai
superiori, perché contrari alla linea preferita dal presidente, vale a dire,
che tutto stava andando bene.
La
spiegazione standard del perché il governo cresce è che, con il passare del
tempo, c'è più lavoro da fare per il governo e che quindi la "domanda di
governo" del pubblico aumenta.
Molto
più accurata è la visione secondo cui c'è un caso di una” legge di Say”
invertita, in cui l'offerta, o meglio i fornitori di "servizi"
governativi, la burocrazia, costituiscono essi stessi la "domanda"
per i propri servizi e che progettano il consenso dei loro superiori, o della
legislatura, per fornire i mezzi sotto forma di una maggiore tassazione.
Si confronti il resoconto esilarante e
satirico, ma fin troppo perspicace, della "legge di Parkinson" della
burocrazia.
Pertanto, il professor “Parkinson” ha
affermato che, in una burocrazia governativa, "deve esserci poca o nessuna
relazione tra il lavoro da svolgere e le dimensioni del personale a cui può
essere assegnato".
Il continuo aumento del totale dei dipendenti
pubblici "sarebbe più o meno lo stesso indipendentemente dal fatto che il
volume del lavoro dovesse aumentare, diminuire o addirittura scomparire".
Parkinson identifica due forze “assiomatiche”
sottostanti responsabili di questa crescita:
(1) “Un funzionario vuole moltiplicare i
subordinati, non i rivali”;
(2) e “I funzionari si creano lavoro a vicenda”.
Parkinson
inizia il suo "modello" con un funzionario che si sente oberato di
lavoro. Il funzionario potrebbe dimettersi, ma ciò è impensabile;
inoltre,
perderebbe i suoi diritti pensionistici.
Chiedere
di dividere il suo lavoro a metà con un nuovo collega al suo stesso livello è
altrettanto impensabile;
perché il suo status verrebbe ridotto e
porterebbe un pericoloso rivale per il lavoro del suo capo quando quest'ultimo
andrà in pensione.
Potrebbe
chiedere un assistente sotto di lui;
ma ciò
sarebbe pericoloso, perché il nuovo uomo potrebbe raggiungere qualcosa di
simile allo status di pari con lui.
No, la sua strada preferita è chiedere due
assistenti, che potrebbero quindi competere tra loro per il suo favore;
molto presto, ognuno di questi nuovi
assistenti si lamenterà del troppo lavoro e ognuno di questi otterrà due
assistenti.
Il burocrate originale ora ha la soddisfazione
di avere sei uomini sotto di lui ed è pronto per una promozione e un aumento
sostanziale di stipendio.
Ma che
dire del lavoro da svolgere?
La
quantità originale di lavoro non sarà divisa in sette parti, e ogni uomo non
sarà ora assurdamente e palesemente inattivo e sotto-lavorato?
No, ed ecco una delle intuizioni scintillanti
di Parkinson sulla teoria della burocrazia, perché un aspetto della legge di
Parkinson è che "il lavoro si espande in modo da riempire il tempo
disponibile per il suo completamento".
O,
come dice anche Parkinson:
"La
cosa da fare aumenta di importanza e complessità in rapporto diretto con il
tempo da dedicare".
Qui entra in gioco il secondo aspetto della
legge di crescita di Parkinson:
che "i funzionari si creano lavoro a
vicenda".
Perché,
dice Parkinson, "questi sette si creano così tanto lavoro a vicenda che
tutti sono completamente occupati", e l'uomo originale "sta
effettivamente lavorando più duramente che mai".
I documenti devono essere inviati a turno a
ogni uomo, ognuno deve commentare il documento e inviare i commenti a tutti gli
altri, tutti devono confrontarsi sul documento e sui vari emendamenti proposti,
e l'uomo originale è ora anche coinvolto in problemi di relazioni
interpersonali tra sé e il suo staff, e di ciascuno dei suoi staff tra gli
altri.
Infine, dopo un lungo processo di interazione,
scrive Parkinson, il funzionario originale produce la stessa risposta al
documento che avrebbe scritto se tutti i suoi subordinati "non fossero mai
nati".
"Molte più persone", conclude
Parkinson, "hanno impiegato molto più tempo per produrre lo stesso
risultato.
Nessuno è stato inattivo. Tutti hanno fatto
del loro meglio".
Parkinson
illustra poi la sua legge con deliziosi esempi tratti dalla” Royal Navy
britannica.”
Dal 1914 al 1928, il numero di navi nella
Marina è sceso del 68 percento;
il numero di ufficiali e marinai è sceso del
32 percento.
E tuttavia, nello stesso periodo, il numero di
funzionari e impiegati dei cantieri navali nella Marina è aumentato del 40
percento, mentre, cosa ancora più scandalosa, il numero di funzionari
dell'Ammiragliato è aumentato di oltre il 78 percento.
Il
tasso annuale di aumento del numero di funzionari dell'Ammiragliato, con poche
variazioni, è stato del 5,6 percento.
Parkinson
prende un altro esempio dal “British Colonial Office”, dal 1935 al 1954. In
quel periodo, l'area e la popolazione dei territori coloniali sono rimaste
pressoché le stesse dal 1935 al 1939, sono diminuite durante la guerra fino al
1943, sono aumentate di nuovo fino al 1947 e poi sono diminuite costantemente
man mano che la Gran Bretagna si liberava del suo Impero.
E
tuttavia, in ognuno di questi due decenni, la burocrazia del “Colonial Office”
è cresciuta costantemente di numero di circa il 5,9 percento all'anno,
indipendentemente da ciò che stava accadendo nell'ambito del presunto lavoro da
svolgere.
Considerando
quindi il tasso di aumento ogni anno nell'Ammiragliato e facendo la media dei
tassi di aumento dei funzionari dell'Ammiragliato e coloniali, che non è, dopo
tutto, più stravagante di molte altre procedure statistiche, Parkinson conclude
trionfalmente che il numero di funzionari aumenterà in media del 5,75 percento
all'anno, "indipendentemente da qualsiasi variazione nella quantità di
lavoro (se presente) da svolgere".
Un'analisi
simile era stata presentata in precedenza, nel 1950, in un libro gravemente
trascurato dall'avvocato e agricoltore del Connecticut “Thomas H. Barber”,
basato su anni di indagini sul governo e sulle sue osservazioni sulla
burocrazia di Washington durante la seconda guerra mondiale.
“Barber
“scrive che "ci sono due requisiti per la promozione di un burocrate, il
primo, la capacità di ottenere e mantenere voti, il secondo, il numero di
subordinati che è in grado di tenere occupati".
Barber continua:
...
nel governo federale la paga di un burocrate esecutivo è proporzionata dalla
legge del servizio civile al numero dei suoi subordinati.
Ciò porta alla rivalità a Washington poiché
ogni capo burocratico cerca di aumentare il suo "impero".
In
genere, per tenere occupati i suoi subordinati, il capo assume un'aria di
grande importanza e finge di essere molto frettoloso e sotto grande pressione.
È
molto puntuale in ufficio e insiste che tutti gli altri lo siano.
Quindi
inizia deliberatamente a moltiplicare la documentazione, chiedendo relazioni su
qualsiasi argomento collegato al suo lavoro.
Emette ordini e promemoria enormemente
complicati per l'organizzazione del suo ufficio, richiedendo che tutti i
documenti siano instradati in modo tale che quasi ogni frammento debba essere
letto da tutti in ufficio e discusso da una serie di comitati interconnessi
prima di essere preso in considerazione.
Richiede che nessun documento venga buttato
via, ma che tutto venga indicizzato e archiviato.
Lui fa
fare a chiunque possa essere taggato, intervistato, un resoconto stenografico
dell'intervista e lo dattilografa (spesso lo fa ciclostilare) e lo fa circolare
per essere letto e siglato.
Con
questi metodi è abbastanza facile prendere una quantità di lavoro che potrebbe
essere fatto facilmente ed efficientemente da tre uomini e due stenografi, e
ingrandirlo in modo che possa tenere da cinquanta a duecento persone
estremamente impegnate, e tuttavia rimanere molto indietro nella sua
esecuzione.
Così il lavoro incompiuto gli fornisce una
scusa apparentemente valida per più impiegati, che aumentano il suo prestigio e
la sua paga.
Barber
poi prosegue raccontando un delizioso esempio di burocrazia in azione che aveva
osservato durante la seconda guerra mondiale. Nota che esisteva un dipartimento
il cui lavoro, "supponendo che valesse la pena di essere fatto, il che è
dubbio", avrebbe potuto essere svolto con competenza da circa venti
persone. Era gestito, come dice lui, "da un uomo con un'anima
burocratica".
Quest'uomo
chiedeva opinioni scritte a tutti su ogni genere di argomento e faceva in modo
che tutti le leggessero e le siglassero:
Lui
stesso era sempre intensamente impegnato, anche di notte; e continuò ad
aumentare costantemente il suo dipartimento fino a portarlo a duecento uomini e
donne.
Ciò lo rese molto importante.
Tutti
i duecento erano così impegnati a portare avanti i suoi regolamenti che erano
costantemente sudavano e si confondevano, non avevano tempo per pensare e il
lavoro essenziale a sostegno dello sforzo bellico, supponendo che fosse
essenziale, ne risentiva terribilmente.
Fu ricompensato e trasferito a un lavoro più
importante.
Il suo
successore, racconta Barber, era un tipo di persona diverso; un vecchio signore
con poca ambizione e poca considerazione per il contribuente, ma il cui
obiettivo era fare il lavoro essenziale e mantenere sé stesso e tutti gli altri
sul posto di lavoro contenti.
Contrariamente
alle dodici ore al giorno trascorse in ufficio dal suo predecessore, quest'uomo
trascorreva solo mezz'ora al lavoro ogni mattina.
Il resto della giornata, camminava per
l'ufficio, parlando e scherzando con i dipendenti, e giocava a golf nel tardo
pomeriggio.
Alla
fine della prima settimana, dice Barber, "licenziava circa cinquanta delle
duecento persone, apparentemente a caso".
Di
conseguenza, "il lavoro si ridusse notevolmente per le rimanenti".
Naturalmente ci fu molta discussione su questa azione e "si decise
generalmente che aveva licenziato le cinquanta che era sicuro non gli
piacessero"
.
"Non è un modo molto scientifico di eliminare l'aiuto in eccesso",
aggiunge Barber, "ma alleggeriva il lavoro".
La
settimana successiva, il nuovo capo licenziò altre cinquanta persone, questa
volta apparentemente licenziando coloro che " pensava non gli
piacessero".
Di
conseguenza, "il lavoro per i rimanenti si alleggerì enormemente, sebbene
parte del lavoro essenziale di coloro che erano stati licenziati fosse
suddiviso silenziosamente da coloro che erano rimasti".
Pochi
giorni dopo, furono licenziate altre cinquanta persone, ovvero le persone che
"non era sicuro di apprezzare".
Barber
nota: "Con tre quarti della forza eliminati, non c'era praticamente più
nulla da fare se non il 'lavoro essenziale', per così dire".
Questo lavoro veniva svolto efficacemente in
circa metà giornata dalle cinquanta persone rimaste, "in modo molto più
efficiente di quanto non fosse stato fatto dalle duecento originali.
Le
cinquanta facevano il loro lavoro e dedicavano il tempo rimanente, circa la
metà, ai propri interessi".
Barber
conclude che "il vecchio signore, essendo ora circondato solo da coloro
che sapeva di apprezzare, sentiva di aver fatto abbastanza".
Era in
ufficio circa un'ora al giorno, e poi evaporava.
"Il
'lavoro' era fatto molto meglio di prima, le persone avevano tempo per pensare
e non si ostacolavano a vicenda".
Barber
aggiunge che il lavoro avrebbe probabilmente potuto essere svolto da un'altra
metà di quelli rimasti, ma che in tal caso la metà avrebbe "dovuto
lavorare duramente quanto avevano lavorato i duecento originali e non ci
sarebbe stato alcun beneficio per nessuno se non per i contribuenti".
Oltre
a questo attento trattamento della burocrazia, “Thomas Barber” è stato forse il
primo a giungere all'essenza di quella che oggi viene chiamata analisi della
"scelta pubblica" nella professione economica.
Barber
nota la "tendenza costante di tutti i governi a crescere sia in termini di
dimensioni che di autorità".
Perché?
Barber risponde:
perché
il vantaggio di un governo grande e potente, dal punto di vista dei burocrati,
è personale, chiaro e sempre presente ai loro occhi;
e
perché il costo di esso, non solo in denaro ma anche in libertà, che si perde
dando autorità ai funzionari, è vago e nebuloso nelle menti dei cittadini la
cui attenzione non è affatto focalizzata sul governo...
Pertanto,
poiché i burocrati sanno esattamente cosa vogliono e stanno lavorando per il
loro interesse immediato, e poiché gli altri cittadini non si rendono conto di
cosa stanno rinunciando e, di fatto, non hanno affatto la loro attenzione sulla
questione, è ovvio quale gruppo prevarrà.
Quale
soggetto pubblico ha espresso meglio la stessa cosa?
Crolla
il Castello di Carte
dell’“Aggressione
Russa all’Ucraina.”
Conoscenzealconfine.it
– (25 Febbraio 2025) - Manlio Dinucci – ci dice:
La
notizia, data dal “New York Times”, è esplosiva: “Gli Stati Uniti si oppongono
a definire la Russia aggressore nella Dichiarazione del G7 sull’invasione”.
“L’opposizione
americana alla bozza di una “Dichiarazione del Gruppo dei 7” nel terzo
anniversario dell’attacco russo all’Ucraina arriva dopo che il Presidente Trump
ha incolpato Kiev di aver iniziato la guerra.
Lo spostamento di Trump verso la Russia di
Putin stravolge generazioni di politica statunitense.
All’apertura
dei colloqui di pace in Arabia Saudita, il Presidente Trump ha chiarito che i
giorni dell’isolamento della Russia sono finiti e ha suggerito che l’Ucraina è
colpevole di essere stata invasa.
Zelensky e Trump si scambiano colpi mentre si
inasprisce la faida sui colloqui di pace.
Il
presidente Trump ha definito Volodymyr Zelensky un dittatore senza elezioni
dopo che il presidente ucraino ha detto che Trump era in una rete di
disinformazione.”
“L’Europa
– scrive il “Wall Street Journal” – è alla ricerca di una risposta dopo che
Trump ha incolpato Kiev per la guerra in Ucraina.
Stupiti
dall’avvicinamento degli Stati Uniti alla Russia sull’Ucraina, i leader europei
cercano di trovare un terreno comune.”
Il
presidente del Consiglio “Giorgia Meloni” ha “riaffermato il sostegno
dell’Italia all’Ucraina”, ma prudentemente non va a Kiev alla commemorazione
del terzo anniversario della guerra.
Il
vicepresidente Matteo Salvini è esplicitamente schierato con Trump auspicando
che “vada assolutamente avanti così”.
La
“sinistra” parlamentare dichiara attraverso Fratoianni “niente in comune con
Trump sull’Ucraina.”
Viene
comunque annunciato che, a Kiev, “la UE riaffermerà la legittimità di Zelensky
come presidente dell’Ucraina”.
Chi
sia Zelensky e quale sia il suo ruolo lo abbiamo documentato su” Grandangolo”
dell’11 agosto 2023.
Ne riportiamo quindi la parte essenziale:
il
docufilm d’inchiesta di Scott Ritter che mostra le società offshore costituite
da Zelensky e soci in paradisi fiscali, attraverso le quali “i suoi burattinai gli hanno fornito
un cuscinetto finanziario” con un primo versamento di 41 milioni di dollari.
Il
docufilm mostra le lussuose ville che Zelensky possiede a Miami (solo questa
vale 34 milioni di dollari), in Israele, in Italia a Forte dei Marmi, a Londra,
in Georgia, in Grecia e anche in Crimea (unico investimento sbagliato perché
ora Zelensky non ne ha più la proprietà).
L’inchiesta
di “Scott Ritter” mostra inoltre come l’Ucraina viene derubata delle sue terre
più fertili, svendute da Zelensky e soci alle multinazionali, ma viene sempre
più indebitata poiché le enormi forniture militari che riceve dagli Stati Uniti
e dalle maggiori potenze europee non vengono regalate ma date a credito.
Tale
debito crescerà ulteriormente con la “ricostruzione” che Zelensky ha messo
nelle mani della statunitense “BlackRock”, la maggiore società di investimenti
del mondo.
(Manlio
Dinucci).
(byoblu.com/2025/02/21/crolla-il-castello-di-carte-dell-aggressione-russa-allucraina-grandangolo-pangea/).
Le
Nuove Squame del Drago.
Conoscenzealconfine.it
– (26 Febbraio 2025) - Saura Plesio - Nessie - ci dice:
Tutti
voi avrete preso atto della nuova mutazione genetica di Mario Draghi.
C’è da
trasecolare nel rimarcare come sia passato velocemente dallo Zenit al Nadir.
L’occasione
gliela ha fornita “D.J. Vance” nel suo discorso sull’Europa, discorso riportato
integralmente su molti siti.
È stata per Draghi, una vera e propria
folgorazione sulla Via di Monaco.
Sembrano
lontani i tempi (non più di tre anni fa) quando in veste di Presidente del
Consiglio, a proposito della guerra in Ucraina disse che lo stop alle forniture
russe “non è oggetto di discussione”.
“Se ci
propongono l’embargo sul gas e se l’Unione europea è uniforme su questo, noi
saremo ben contenti di seguire”.
Poi venne la sua storica frase: “
Ci
chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace.
Di
fronte a queste due cose, cosa preferiamo:
la
pace oppure star tranquilli con l’aria condizionata accesa tutta l’estate?”.
Frase pronunciata durante la conferenza stampa
dopo l’approvazione del DEF.
Ricorreva
due giorni fa il terzo anniversario dell’entrata in guerra a supporto
dell’Ucraina, una guerra che ha avuto oltre mezzo milione di morti lasciati sul
campo, molti milioni spesi per gli armamenti, sacrifici richiesti agli
italiani, per poi sentirci dire quel che già sapevamo dall’inizio: che
l’Ucraina non vincerà mai.
Entrambe
(la cosiddetta “pandemia” e la guerra russo-ucraina) le hanno battezzate
“emergenze”; ed entrambe, per una curiosa coincidenza, presero avvio in
febbraio.
Draghi
in quattro e quattr’otto sciolse de facto, l’ “emergenza pandemica” per
proclamare “l’emergenza bellica”, con delibera del Consiglio dei Ministri del
28 febbraio 2022.
Suona
beffardo che in questi giorni i palazzi delle istituzioni e tutti i monumenti
si tingano di giallo e azzurro, i colori della bandiera ucraina, in supporto ad
una resa fatta con “le vite degli altri”.
A
ciascuno la sua manifestazione di piazza pro Ucraina (destra e sinistra
disunite, ma vicine nei colori da esibire, in una sorta di cromatismo
bipartisan).
E oggi
che ci dice l’ex presidente della BCE?:
“Non
possiamo dire di NO a tutto, altrimenti bisogna essere coerenti, e ammettere di
non essere in grado di mantenere i valori fondamentali per cui questa Unione
europea è stata creata.”
(Italia Oggi).
Insomma,
anche i draghi, quando conviene, indossano il manto d’agnello ad uso gonzi
creduloni.
L’antologia
delle sue frasi proverbiali è rimasta bene impressa nella memoria collettiva
allorché divenne Presidente del Consiglio dei ministri non eletto, ma nominato
da Mattarella il 3 febbraio 2021, durante il delicato periodo della cosiddetta
“pandemia”:
“Non
ti vaccini, ti ammali, muori e fai morire”, fu il suo indimenticabile terrifico
memento mori.
“Il
Green pass è una misura con la quale i cittadini possono continuare a svolgere
attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”, è
un’altra delle sue famose frasi ad effetto, smentita clamorosamente dalla
pratica di vita quotidiana.
Infatti
di gente che girava con green pass e che si contagiò e ri-contagiò ugualmente,
c’era pieno zeppo il mondo smentendo il suo macabro pseudo-scientismo da “circolo
Pickwick” degli eletti possessori di marchio verde – quello che rende
invulnerabili.
Prelevo
ancora dal suo Zibaldone rettiliano:
“È una
misura che dà serenità, non che toglie serenità”.
Come è noto, l’instaurazione del pass, fu la
continuazione della pratica del confinamento giuseppino, con altri mezzi.
Infatti prima, con Conte, gli italiani vennero
chiusi dentro (cioè in casa).
Con lui, vennero chiusi fuori (cioè fuori dal
consorzio civile, dal lavoro, dagli studi, dalle biblioteche, dai negozi, dai
bar, dai ristoranti, dai mezzi pubblici, dalle palestre, dalle piscine).
Sai
che serenità! Roba da togliere il sonno.
Anche
i draghi però si aggiornano e cambiano pelle, pardon, squame, a seconda dello
Spirito dei Tempi, lo Zeitgeist, come direbbero i filosofi tedeschi.
Certamente
il ciclone Trump – comunque la si pensi – deve aver sconvolto non poco i suoi
piani.
“Oggi
Draghi, ex candidato a tutto, è un superconsulente alle strategie Ue per gente
che di strategie non ne ha”
(Francesco Bonazzi).
Ma il
curioso è che lui, l’emblema di questa Europa dirigista e repressiva che ci
tormenta, venga ripescato, riaccreditato e riverniciato a nuovo (si fa per
dire) nei giorni in cui il peso diplomatico della Ue, sprofonda a livelli mai
visti.
E allora quale sarebbe la sua medicina
taumaturgica per contrastare i dazi trumpiani?
Per
tutta risposta, usa un linguaggio calcistico il” Nostro” e chiede di agire a
tutti i membri della Ue “come un sol stato”.
Sbaglio o è sempre la stessa vecchia ricetta
del “ci vuole più Europa?”.
Sì,
perché sembra avere in mente la fine del diritto di veto dei singoli stati e
l’adozione del principio di maggioranza, tutta roba che ci schiaccerebbe seduta
stante, privandoci di ulteriore autonomia.
Tra gli effetti speciali esibiti, ecco che
prevede che saremmo soli a difendere questa Europa e che “il mondo confortevole
è finito”.
Di
grazia, quale sarebbero i comfort di cui abbiamo finora fruito e abusato?
Ce li
elenchi, per favore.
Da
quando siamo entrati in questo catastrofico XXI secolo e con questo, nella
moneta unica e nei parametri di Maastricht, sinceramente non abbiamo mai avuto
un attimo di respiro, di calma, di quiete, di vero benessere.
Poi
passa, nel suo recente discorso all’Europarlamento, a ipotizzare una sorta di
Troika dal volto umano:
“Dobbiamo
abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare, semplificare le
normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato
sull’equity”.
Ci
avete forse capito qualcosa?
E ora, meraviglia delle meraviglie, si mette
pure a parlare di sostegno e di rilancio dell’industria chimica e della
siderurgia.
Ma il Green Deal di gretina & soci, la lotta per
la “sostenibilità” ambientale che fine hanno fatto?
Servirebbero
800 miliardi di investimento l’anno – dice – e personalmente, mi piacerebbe
proprio sapere da dove li preleverebbero.
Non vorrei che si attaccassero “al risparmio
privato” delle solite formiche italiche o al fatto che gli italiani hanno il
vizio assurdo di averci le casette di proprietà e che pertanto occorre uscire
bruscamente dalla “zona comfort”.
Se la
Ue è costretta a ripescare un 77enne che parla ad un parlamento di un’entità
spettrale fatta di uomini-ombra, significa che è messa proprio male.
Ah, dallo Zibaldone di Draghi dimenticavo di
prelevare il suo celebre “Whatever it takes”, osannato per ogni dove manco
fosse un distillato di saggezza economico-filosofica.
Uno
slogan a futura memoria per ricordare il transito terrestre del Drago
multiforme?
L’uomo
che non ebbe bisogno di parlare per ottenere scroscianti applausi dai cronisti
in sala-stampa.
(Articolo
di Saura Plesio -Nessie).
(sauraplesio.blogspot.com/2025/02/le-nuove-squame-del-drago.html).
“Rivoluzione”,
il docufilm che
ribalta
tutta la narrazione sull’Iran.
Comedonchisciotte.org
– Redazione CDC – Agata Iacono – (7-2-2025) – ci dice:
"Rivoluzione",
il docufilm che ribalta tutta la narrazione sull'Iran.
“Abbiamo
il diritto di decidere il nostro il nostro destino”.
“Rivoluzione”
ci parla di quel sentimento universale, di quella scintilla individuale e
collettiva che prima o poi scuote ogni popolo nella sua lotta verso la libertà.
La
nostra esperienza in Iran è nata reportage e nel tempo si è trasformata in un
documentario autofinanziato dagli autori.
“Rivoluzione”,
interamente doppiato in lingua italiana, è frutto del lavoro della redazione di
ComeDonChisciotte.org.
Ringraziamo
la sociologa e antropologa “Agata Iacono” che su l’”Antidiplomatico” ha reso
omaggio al nostro lavoro presentato in anteprima nazionale sabato 22 febbraio.
L’evento è stato possibile per l’instancabile
impegno di tanti volontari che hanno permesso l’organizzazione ed il
raggiungimento del tutto esaurito al “Cinema Teatro Flavio” in Roma.
“Rivoluzione”,
il docufilm che ribalta tutta la narrazione sull’Iran.
Di
Agata Iacono, lantidiplomatico.it.
“Rivoluzione”
è un documentario sull’Iran, la sua storia ed il suo presente.
“Da
colonia dello Straniero a nazione indipendente: oggi epicentro di un nuovo
mondo fatto di persone, culture e civiltà”
Ho
avuto il privilegio di assistere alla Prima nazionale sabato 22 febbraio, a
Roma, in un teatro stracolmo.
Ma
Rivoluzione non è solo questo.
È un
inno all’orgoglio di un popolo millenario, alla sua indipendenza, al suo
anelito alla lotta e alla resistenza contro l’oppressione politica e culturale.
Per sé
e per tutti i popoli oppressi.
C’è
una frase che ha plasmato la mia formazione, fin da poco più che bambina:
” Siate
sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia, commessa
contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo. È la qualità più bella di un
buon rivoluzionario”.
(Ernesto Guevara)
Le
parole di tutti i protagonisti del documentario riprendono incessantemente
questo stesso concetto.
Frutto
di reportage, di interviste, di un anno di lavoro, il docufilm è stato montato
autonomamente dagli stessi autori e prodotto da “ComeDonChisciotte.org –
www.comedonchisciotte.org”.
Rivoluzione
è un viaggio nel tempo, nello spazio e nell’anima, senza mai perdere di vista
l’attualità.
La
storia millenaria del popolo persiano si intreccia con la Storia recente, dalla seconda guerra mondiale al regime
imposto di Mohammad Reza, alla rivoluzione del 79 guidata da Khomeini, fino ai
giorni nostri, ai rapporti geopolitici, alla lotta contro l’Isis, all’omicidio
di Soleimani, allo strano incidente che ha ucciso il presidente Raisi, al
sostegno concreto alla causa palestinese in tutte le sue forme, all’omicidio di
Nasrallah, leader politico e religioso libanese del movimento Hezbollah, ucciso
dall’esercito israeliano a settembre e di cui domenica 23 febbraio si sono
svolti solenni funerali con milioni di persone.
Quando
si intraprende un viaggio nell’ignoto è fisiologico attrezzarsi con un bagaglio
di difesa.
Allacciare
le cinture.
Ed è
proprio quello che non dobbiamo fare, guardando Rivoluzione.
Slacciamo
le cinture, abbandoniamo i nostri soliti occhiali di giudizio e pregiudizio.
Bisogna
essere liberi, disposti a mettere in discussione tutto quello che, fino ad
oggi, ci hanno raccontato, e continuano a narrarci, contro quello che è stato
definito “l’impero del male”, “la giungla” che minaccia il giardino delle
nostre certezze.
Disposti
e liberi, soprattutto, di mettere in discussione noi stessi, i nostri “egemoni
valori occidentali da esportazione”, perché “Rivoluzione” è anche un viaggio
nell’anima, nella spiritualità.
Può
risultare respingente, inizialmente.
È
difficile, per noi figli del positivismo e dell’illuminismo, nonché consumatori
compulsivi e schiavi del neoliberismo, concepire che vi possa essere
sincretismo tra spiritualità e azione politica.
Siamo
stati abituati a guardare all’Iran attraverso stereotipi, costruiti per
fomentare rivoluzioni colorate e regime change.
Noi
occidentali crediamo di essere i detentori della democrazia e della libertà:
siamo cresciuti a nutella, McDonald’s e libertà:
libertà
di arricchirsi sulla pelle degli altri, libertà di sfruttare i più deboli,
libertà di avere successo e arricchirsi, di colonizzare, di imporre la legge
del più forte, di consumare ed elevare il prodotto di consumo a status simbol …
Salvo,
poi, essere anche liberi di perdere il lavoro, di non trovare nessuno disposto
ad aiutarci o almeno a condividere empaticamente la nostra sofferenza, (a
compatire cioè), liberi di fallire, di essere “perdenti”, di suicidarci o
cadere in preda a droghe e depressione, senza assistenza, senza welfare, senza
sanità e istruzione pubbliche.
In
Iran tutto è pubblico, è diritto e dovere di ognuno partecipare alla pari alla
vita politica.
Se
pensiamo all’Iran abbiamo un’immagine stigmatizzata: la donna velata e succube,
ignorante e schiava, uccisa se dal velo esce una ciocca di capelli.
Gli
autori non si sottraggono alla polemica.
Anzi.
Con dovizia di particolari fanno parlare i movimenti di protesta per la
liberazione della donna, parlano diffusamente delle azioni di “Donna, vita,
libertà”, che hanno lanciato in occidente, come gesto simbolico, il taglio di
un ciuffo di capelli a favore delle telecamere.
Il
docufilm preferisce quindi fare parlare le donne iraniane. Donne studiose,
manager, docenti universitarie, ricercatrici, parlamentari.
Rivoluzione
riesce a sfatare tutti i falsi pregiudizi, con delicatezza e paziente
naturalezza, senza mai cadere nel gioco della contrapposizione, del vittimismo
o della arroganza.
Attraverso
interviste, a parlamentari iraniani, (una donna e un cristiano armeno), a guide
spirituali, a docenti scolastici, ad un giornalista di origine ucraina che
dagli Stati Uniti ha ritrovato in Iran la sua dimensione spirituale, gli autori
ci raccontano l’Iran di oggi, estremamente avanzato anche tecnologicamente, ma
che tutela e cura con rispetto le sue tradizioni e valorizza il rapporto umano,
spirituale, filosofico.
“Solei
mani”, ad esempio, non è rappresentato come un super eroe o un semidio: è un
uomo che piange davanti ai martiri soffre, abbraccia i suoi soldati, sa di
dover morire.
“Ma
tutti dobbiamo morire, – dice, – anche quello che abita nel lusso: la vera e
sola scelta che puoi fare è come vivere”.
Dopo
il film è inevitabile chiedersi se il nostro mondo sia davvero l’unico
possibile, se non siamo nati dalla parte sbagliata della storia.
È
inesorabile domandarsi quando e dove abbiamo smarrito la nostra vera anima, la
nostra umanità…e se c’è ancora modo per poter recuperare la nostra spiritualità
e la “cum patior” (soffrire con) per tutti coloro che sono vittime di
ingiustizia.
Ecco
perché l’Iran fa così paura.
Battere
Sisifo sul tempo – Come far ritirare
le forze americane in Europa, senza
far
arretrare la NATO, senza l’Ucraina.
Comedonchisciotte.org
– Markus - John Helmer – (27-2 – 2025) – ci dice:
(johnhelmer.net).
Il 17
dicembre 2021, il Ministero degli Esteri russo aveva proposto due trattati di
non aggressione e di sicurezza reciproca per bloccare le intenzioni bellicose
degli Stati Uniti e dell’alleanza NATO nei confronti della Russia.
Questa
era la bozza del patto con gli Stati Uniti; questa era la bozza del patto con
la NATO.
Ecco
come leggerle.
Quando
le clausole del trattato erano state liquidate senza discussione
dall’amministrazione Biden dell’epoca e dai suoi alleati della NATO,
l’operazione militare speciale russa contro gli Stati Uniti e la NATO in
Ucraina era stata inevitabile.
Era
iniziata sessantanove giorni dopo.
L’articolo
4 della proposta di trattato con la NATO sembrava richiedere all’Alleanza di
ridimensionare la propria estensione territoriale ad est, verso i confini della
Russia, riportandola alle condizioni del 27 maggio 1997.
“La Federazione Russa e tutte le Parti che
erano Stati membri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord al
27 maggio 1997, rispettivamente, non dispiegheranno forze militari e armamenti
sul territorio di qualsiasi altro Stato in Europa in aggiunta alle forze
stazionate su tale territorio al 27 maggio 1997.
Con il consenso di tutte le Parti, tali
dispiegamenti potranno avvenire in casi eccezionali per eliminare una minaccia
alla sicurezza di una o più Parti”.
Ciò
sembrava significare che la Russia insisteva sul ritiro della NATO ai confini
del 27 maggio 1997.
In pratica, a meno che Mosca non fosse
d’accordo su “casi eccezionali”, questo escludeva i membri della NATO entrati
nell’Alleanza in data successiva:
Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania,
Romania, Slovacchia e Slovenia (2004); Albania e Croazia (2009); Montenegro
(2017); e Macedonia del Nord (2020).
L’articolo
6 del patto aggiungeva la clausola che, a partire dalla fine del 2021, “Tutti
gli Stati membri dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico si impegnano
ad astenersi da qualsiasi ulteriore allargamento della NATO, compresa
l’adesione dell’Ucraina e di altri Stati”.
Poi la
Finlandia era entrata nella NATO nel 2022 e la Svezia l’aveva seguita nel 2023.
Le due
bozze di trattato rimangono nella tabella di marcia del Ministero degli Esteri,
dello Stato Maggiore e del Presidente Vladimir Putin per l’accordo di pace con
gli Stati Uniti e la NATO che seguirà l’armistizio successivo alla fine delle
ostilità in Ucraina.
Questo è stato ripetuto più volte.
Lunedì
scorso, il Presidente Donald Trump e il Presidente Emmanuel Macron hanno
discusso un quadro per quella che hanno definito la pace in Europa.
Questo, hanno detto alla stampa, prevede il
“sostegno” militare degli Stati Uniti (termine di Trump) a una “forza di
garanzia” europea (termine di Macron) dispiegata sul territorio ucraino, in
quella che i russi chiamano zona smilitarizzata e gli europei zona di
disimpegno.
“Macron”
ha detto a Trump che il primo ministro britannico” Sir Keir Starmer” avrebbe
confermato il suo appoggio nel suo incontro di giovedì con Trump.
Il “Financial
Times”, un organo di propaganda londinese di proprietà giapponese, ha cercato
di cambiare il significato dell’ovvio.
Ha
riportato le parole di un singolo anonimo “funzionario francese” per dire che
“non c’era ‘nessun accordo definitivo’ sulla natura del sostegno degli Stati
Uniti in Ucraina, dato che le discussioni erano in una fase preliminare”.
Il
giornale ha anche citato un diplomatico francese in pensione per aggiungere che
Macron “ha fatto progressi su questo fronte, anche se Trump è rimasto piuttosto
sfuggente”.
I
funzionari russi hanno ripetutamente rifiutato la presenza in Ucraina delle
truppe dei Paesi che combattono contro la Russia fin dal 2022.
Ma i
russi affermano anche che potrebbe essere negoziabile un compromesso tra la
proposta russa del 17 dicembre 2021 e le attuali posizioni, quelle
dell’esercito russo che avanza verso il fiume Dnieper e quelle degli stati
maggiori americani e della NATO che si ritirano a Lvov e Rzeszów, in Polonia.
Un
saggio di “Yevgeny Krutikov”, pubblicato questa settimana su “Vzglyad”, la
piattaforma di analisi della sicurezza finanziata dal Cremlino, suggerisce che
gli alti funzionari del Consiglio di Sicurezza credono nella possibilità di un
ritiro delle forze combattenti dall’attuale campo di battaglia e di una de-conflittualità
militare con la Russia – senza tentare l’impossibile, lo smantellamento
dell’appartenenza alla NATO fino al cutoff del 1997.
Nella
sua forma più semplice, ciò significherebbe il ritiro delle truppe americane,
dei missili a lungo raggio e degli ordigni nucleari (bombe, testate
missilistiche, sistemi di puntamento) fino ai confini del 1997.
Ciò
lascerebbe in vigore le garanzie di sicurezza della NATO per gli Stati membri
post-1997 e i loro territori, combinate con le garanzie di non aggressione
della Russia.
Alla
traduzione letterale in inglese che segue, sono state aggiunte mappe, link e
didascalie a scopo di chiarimento e illustrazione.
I giornalisti di “Vzglyad” hanno definito la
lingua inglese e chi scrive in tale lingua come ostili nell’attuale stato di
guerra, ad eccezione degli autori autorizzati dai media statali russi.
Le
relazioni degli Stati Uniti con la Russia promettono un ritorno al periodo pre
Gorbaciov.
(Yevgeny Krutikov).
Gli
Stati Uniti si preparano a eliminare la loro presenza militare in Europa,
Polonia, Stati baltici e Kosovo compresi, per normalizzare le relazioni con la
Russia.
In un primo momento, le notizie diffuse dai
media europei sono sembrate false, ma ora sembrano troppo logiche per essere
ignorate.
Si tratta di un bluff o di una reale
prospettiva di “distensione”?
Citando
una fonte di intelligence di un Paese dell’Europa orientale, “Bild” sostiene
che gli Stati Uniti si stanno preparando a ritirare le loro truppe dall’Europa.
Più
precisamente, dalle basi e posizioni successive all’espansione della NATO a
est.
“Secondo
le nostre informazioni, si tratta della richiesta del presidente russo fatta
nel 2021, cioè il ritiro delle truppe americane da tutti i Paesi della NATO che
avevano aderito all’alleanza dopo il 1990”, scrive la rivista tedesca.
E
vuole crederci.
Le
strutture da cui gli americani non stanno discutendo il ritiro sono le basi di
Ramstein, in Germania, e del Regno Unito, che esistevano prima del crollo
dell’URSS.
Ma la più grande base americana in Europa dopo
Ramstein, quella di Bondsteel in Kosovo, sarebbe in fase di preparazione per
essere liquidata, e sarebbe il comando italiano delle forze di pace in Kosovo
(KFOR) ad ereditarne le infrastrutture.
Attualmente, il personale militare americano a
Bondsteel (poco più di 600 persone) non fa parte della KFOR, si tratta di una
base esclusivamente americana.
Nell’articolo
quasi sensazionale della” Bild,” non è tanto il dettaglio che conta quanto il
messaggio.
Si tratta del primo (!) tentativo di collegare
la retorica e i piani del Presidente Trump con la creazione di una nuova
configurazione di sicurezza in Europa che tenga conto degli interessi della
Russia.
Lo
stesso Trump ha sempre parlato di ridurre la presenza militare americana in
Europa – questa è stata una delle sue narrazioni fin dal suo insediamento,
intervallate da richieste agli europei di “difendersi da soli” – ad esempio, di
aumentare le proprie spese militari e di portare i propri eserciti ad uno stato
di prontezza al combattimento.
Per
ora, le minacce di ritirare gli Stati Uniti dalla NATO dovrebbero essere
considerate ingannevoli e frivole.
Tuttavia, gli eventi si stanno sviluppando a
un ritmo tale che tutto sembra possibile.
Ciò
include il ritorno della presenza militare statunitense in Europa alle
“impostazioni di base” del periodo pre-Gorbaciov.
Se la
Casa Bianca è davvero pronta a discuterne con Mosca nell’ambito del processo di
ripristino delle normali relazioni tra Russia e Stati Uniti, si tratterebbe di
un evento davvero rivoluzionario per la politica estera americana.
Alla
luce di questa normalizzazione, qualsiasi altra cosa impallidisce al confronto,
compreso il decreto di Trump secondo cui gli Stati Uniti riconoscono ora solo
due generi – maschile e femminile.
Il
ritiro simultaneo di tutte le truppe americane dall’Europa orientale è uno
“spauracchio” che può essere utilizzato per diversi scopi:
dai
tentativi di influenzare la campagna elettorale in Germania fino ad alimentare
il sentimento anti-russo.
Questa “storia dell’orrore” viene lanciata
sullo sfondo di dichiarazioni di una durezza senza precedenti da parte delle
autorità statunitensi nei confronti dell’Europa, di cui il più memorabile è
stato l’arrogante discorso del vicepresidente J. D. Vance alla Conferenza sulla
sicurezza di Monaco.
In
questo contesto, è facile dar credito alle voci allarmiste secondo cui gli
Stati Uniti starebbero abbandonando l’Europa al suo destino.
Da un
mese gli europei vivono a disagio sotto l'”ombrello americano”.
Ma il
fatto è che i militari italiani in Kosovo stanno effettivamente mostrando
strane attività intorno a Bondsteel.
Fonti
serbe confermano anche il possibile trasferimento della base sotto il controllo
della KFOR, il che significa automaticamente che gli americani se ne andranno.
I
serbi, ovviamente, sono contenti e, visto che sono contenti, anche le
informazioni che provengono da loro dovrebbero essere prese con un ragionevole
scetticismo. In altre parole, qualcosa si sta muovendo in Kosovo, ma non è
ancora chiaro cosa esattamente e in quale contesto più ampio questa idea debba
essere valutata.
È
degno di nota che la fonte della “Bild “abbia fatto riferimento ad una certa
richiesta di Vladimir Putin del 2021.
Molto
probabilmente si riferisce alla famosa dichiarazione del Ministero degli Esteri
russo del dicembre 2021.
Nessuno
ha cancellato o sconfessato quel documento, che, in teoria, potrebbe essere
presente sul tavolo dei negoziati tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti
come posizione diplomatica iniziale di Mosca.
Piazza
Smolenskaya [sede del Ministero degli Esteri russo, paragonabile a Foggy Bottom per
il Dipartimento di Stato americano] sostiene inequivocabilmente che a Riad sono
in corso negoziati non solo sulla questione ucraina, ma anche sulla
normalizzazione o, se si vuole, sulla riformattazione delle relazioni
bilaterali.
Non si
tratta di una “conferenza sull’Ucraina”, ma di colloqui russo-americani
omnicomprensivi.
Nello
specifico, gli accordi di Istanbul potrebbero diventare la base per i negoziati
sull’Ucraina, ma, in un contesto più ampio, dovremmo veramente cercare di
creare una configurazione della sicurezza continentale che tenga conto degli
interessi della Russia.
L’aspetto
principale è prendere in considerazione le minacce poste alla Federazione Russa
dall’attuale organizzazione della sicurezza in Europa, sviluppatasi dopo
l’espansione incontrollata della NATO verso est.
Il
problema non è solo il tentativo di attirare l’Ucraina o la Georgia
nell’alleanza – lo stesso Trump definisce questo “coinvolgimento” un errore che
ha peggiorato la situazione nel continente.
In un contesto più ampio, altri esempi di
espansione della NATO hanno rappresentato una minaccia per la Federazione
Russa.
Gli attuali confini e la configurazione
dell’alleanza non possono essere la base per una pace duratura e pluriennale.
In
poche parole, in questo momento nessuno si sente al sicuro e la fonte di queste
preoccupazioni era e rimane la NATO come sistema obsoleto e in decadenza.
Nella
dichiarazione di “Piazza Smolenskaya” del dicembre 2021, il primo paragrafo
affermava che la Federazione Russa e gli Stati Uniti avrebbero dovuto agire
sulla base dei principi di “sicurezza indivisibile e paritaria, senza
pregiudicare la sicurezza dell’altro”.
Questo
principio di base veniva poi specificato in termini un po’ meno generali, ma si
trattava essenzialmente di una proposta per affrontare le minacce alla
sicurezza della Federazione Russa derivanti dall’espansione della NATO verso
est.
Purtroppo,
è impossibile espellere dalla NATO gli Stati baltici, che avvelenano qualsiasi
dialogo con l’Occidente per il solo fatto di essere presenti.
Sarebbe
tecnicamente possibile sciogliere l’alleanza, ma tale prospettiva non è
realistica, soprattutto perché l’Europa, come risposta, chiederebbe la
creazione di qualche altro schema per garantire i propri interessi.
Deviare
la minaccia immediata dai confini della Russia eliminando la componente
militare americana in Europa orientale sembra però qualcosa di fattibile – e
forse sufficiente.
L’intera
infrastruttura della NATO si basa esclusivamente sugli americani, un loro
possibile ritiro di certo vanificherebbe la minaccia sorta dopo l’espansione
dell’alleanza a est.
Un
battaglione di carri armati tedeschi con le famiglie in Lituania è, ovviamente,
una cosa sgradevole, ma non critica.
Ma la
base americana di “Bondsteel” in Kosovo viola la configurazione di sicurezza
perché minaccia la Serbia, ed è una fonte di tensione, non uno strumento per
ridurla.
Una
storia particolare riguarda la cosiddetta area di postura di difesa
missilistica, avviata sotto il presidente Barack Obama con l’inverosimile
pretesto di “proteggere l’Europa dall’Iran”.
In questo contesto, anche due installazioni
militari americane – in Polonia [Redzikowo] e in Romania [Deveselu] – sono
soggette a ritiro, insieme ai radar e agli HIMARS.
Per
l’analisi degli avvertimenti di Putin sulle basi Aegis-Ashore in Polonia e
Romania, leggete questo pezzo in archivio.
È
molto probabile che le voci su un ritorno alle “impostazioni di base” in Europa
siano solo voci.
Tuttavia,
se ci pensiamo bene, questo è uno scenario auspicabile non solo per la Russia,
ma anche per gli Stati Uniti, poiché riporta la situazione al 1990, elimina le
questioni problematiche della sicurezza globale in Europa e toglie a Washington
un notevole carico di responsabilità.
Certo,
nessuno ha ancora intenzione di togliere le bombe e le testate nucleari dalle
basi nei Paesi Bassi e in Belgio.
Ma,
avendo ottenuto un successo sul primo binario negoziale, è possibile passare ai
quasi dimenticati negoziati sulla limitazione delle armi nucleari.
Così,
la rivista tedesca avrebbe potuto mentire, e potrebbe averlo fatto.
Tuttavia,
in generale, il concetto di ritorno alle “impostazioni di base” della sicurezza
in Europa è molto promettente, soprattutto per il prossimo futuro.
Visto
che tale configurazione aveva funzionato bene durante la Guerra Fredda, perché
non ripristinarla, come avevano fatto “Leonid Brezhnev” e” Richard Nixon”, se
si tratta davvero di una vera e propria “distensione”?
(John
Helmer).
(johnhelmer.net).
(johnhelmer.net/beating-sisyphus-to-the-punch-how-to-roll-back-us-forces-in-europe-without-rolling-back-nato-without-ukraine/#more-91162).
Caso
“ICC” docet:
è la sfida in corso
non è
tra USA, Cina o Russia ma contro
gli imperi vetero-coloniali (sempre europei).
Mittdolcino.com
– Mitt Dolcino – (27 – 2 -2025) – ci dice:
La
fine di 2000 anni di storia, per iniziare un nuovo capitolo, deve passare per
la liquidazione definitiva degli imperi vetero-coloniali e dei loro eredi (Commonwealth
e franco CFA), colonialismo che per definizione è SEMPRE europeo.
Dal 2020 e poi da novembre 2022 è iniziato un
nuovo corso epocale, le stelle ce lo confermano...
In
Europa i paesi che sfruttarono le colonie sono praticamente quasi tutti gli
Stati europei attuali, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda, Belgio, la
stessa Spagna.
Il minimo comune denominatore in tale
approccio fu sempre almeno uno:
la violenza come metodo, sulle colonie e sulle
sue loro popolazioni.
Il
motivo, idem, sempre il solito:
la fame di risorse primarie, risorse quasi
inesistenti nel vecchio continente (tranne per l’Italia affacciata all’Africa).
Anche
la Svezia, odiatissima tra i paesi del nord, era usa invadere i paesi nordici
come fossero colonie.
La Danimarca invece aveva i vichinghi, i
moderni conquistatori della Groenlandia…
La
contro censura dei paesi che sostengono l’“ICC “contro la svolta americana che
l’ha messa sotto accusa per ingerenze di detta Corte nei confronti di paesi
suoi alleati, Israele ed Italia: esiste chi NON firma contro gli USA…
Come
avete notato nella lista di chi si oppone alla censura USA contro l’ICC – Corte
di Giustizia Internazionale – manca l’Italia:
il motivo esiste, infatti la Penisola non è
capace di fare la colonizzatrice, come ripete spesso la mia consorte
(straniera), di un paese che invece…
Quando
L’Italia andò in Libya ad esempio costruì ottime infrastrutture, tanto da far
diventare la terra di Gheddafi il paese più avanzato di tutta l’Africa prima di
essere di essere invasi e distrutto dai franco-inglesi sotto l’ombrello dei
sorrisini EU-Merkel-Sarkozy, con annesso golpe contro Berlusconi.
E che
dire delle gesta italiche in Etiopia e Somalia, paesi invasi dall’Italia per
modo di dire, visto che erano e sono tra i paesi più poveri del mondo, la
risorsa più preziosa – come ci mostrò indicò indirettamente Indro Montanelli –
erano e sono le più belle donne d’Africa…
Chi
invece oggi è contro il colonialismo sono soprattutto i paesi che hanno
rischiato di diventare colonie:
gli
USA in primis, che sfuggirono alla colonizzazione DI TUTTI E TRE i poteri
coloniali maggiori, Gran Bretagna, Francia e Spagna solo per finalmente
vincerli e gettarli a mare a partire dalla “rivolta del the” dalle banchine di
Boston.
Oggi
tra i paesi che han subito la colonizzazione e/o l’invasione per colonizzarla,
ci sono dunque la gran parte dei grandi principali paesi destinati a comandare
il mondo, assieme agli USA:
parlo
di Russia, Cina, India, tutti regolarmente e ripetutamente insidiati dai paesi
colonizzatori europei.
Questo
per farvi capire il quadro generale che stiamo vivendo.
Chiaramente
i paesi vetero-coloniali, soprattutto Francia e Gran Bretagna, senza risorse da
depredare rispetto alle loro immorali ed anacronistiche ambizioni, devono oggi
negare i privilegi alle loro élite di sangue, vediamo infatti nascere in detti
paesi uno spasmodico controllo sociale di tipo orwelliano, non a caso (…).
Peccato
che oggi siamo ai titoli di corda con la colonizzazione sistemica attuata dalle
élite apicali spesso di sangue…
Dunque
per evitare questo detti violenti “poteri vetero coloniali” devono fare l’unica
operazione logica possibile: sostituire le risorse prima provenienti dalle
colonie con valore prelevato da gente vicina a loro, anche la loro stessa
popolazione intendo.
Tale processo sappiate che è in corso.
La
Gran Bretagna deve dunque schiavizzare il proprio popolo, prima di tutto, visto
che è in un piccolo Regno e le possibilità di scansare la gogna ai propri
concittadini causa assenza di bottini dalle colonie esterne è di fatto
impossibile.
I paesi ex coloniali Europei devono invece
sottrarre valore prima ai paesi dentro l’EU più deboli ma ricchi, vedasi
attacchi ripetuti ai “PIIGS”, Italia e Grecia su tutti.
Con
ciò abbiamo dovutamente inquadrato sia l’austerity franco-tedesca di matrice EU
che la necessità di acquisire quanti più paesi possibili dentro l’EU stessa, a
termine andranno infatti depredati per via amministrativa, allargando il
perimetro si creano dunque una sorta di “riserve di caccia” per implementazione
futura.
In
relazione alla Gran Bretagna abbiamo invece inquadrato la deriva orwelliana che
sta svolgendosi negli ultimi due anni per il controllo della popolazione in
loco, tutto finalizzato a depredare la classe media e medio bassa locale per
mantenere i privilegi di quelli che stanno in alto.
Il
caso della contro-censura anti USA della” ICC”.
Ora
arriviamo al caso della “Corte di Giustizia Internazionale”, “ICC,” censurata
dagli USA per aver attaccato due paesi suoi “alleati chiave”:
Israele,
difendendo il Premier B. Netaniahu;
e
Italia, difendendo la Premier G. Meloni nel caso Al Masri.
Censura
USA in teoria rispedita al mittente dalla firma di decine di paesi contrari
alla svolta USA, vedremo di seguito chi ha firmato la petizione a favore della
ICC e chi no.
Spieghiamo
per intanto cosa è successo per causare cotanta levata di scudi USA contro
l’ICC e successiva contro-censura di svariati paesi mondiali, vedremo quali e
di quale estrazione.
Il
caso relativo all’Italia è immediato:
Al
Masri, un plenipotenziario libico con cui l’Italia necessariamente collabora in
quanto la sicurezza energetica italiana dipende dalla Libya da almeno 60 anni
(Gheddafi era di madre italiana), venne qualche settimana in Europa per
turismo, diciamo, si fermò svariati giorni in tour visitando diversi paesi;
ha
visitato città, viaggiando per tutto il vecchio continente.
Poi, appena entrato in Italia, previa un
controllo al confine tedesco della polizia germanica, la “ICC” si è accorta che
doveva essere arrestato.
Dunque
fu immediatamente spiccato un ordine di cattura, appena Al-Masri entrò in
Italia, sembrerebbe fornendo alla polizia italiana tutti i dettagli su dove
scovarlo (l’arresto è avvenuto ad opera della Digos ossia della Polizia di
Stato, NON dei Carabinieri, nota di redazione).
Fu immediatamente presto in custodia, in
Italia;
coi
media europei vicini a Davos a quasi anticipare la sua cattura ed a seguire l’arresto da
vicino (…).
Da
Roma, a difesa di interessi di Stato nazionali, arrivò l’ordine che lo ha
riportato nottetempo in Libya.
Il
risultato è stato che i paesi ex coloniali europei, ossia Davos stessa, stanno da settimane attaccando
ripetutamente l’Italia senza che nessuno su detti grandi media si chieda il
motivo di tale puntualissimo mandato di arresto spiccato solo quando il
“criminale” Al Masri era entrato in Italia, non prima, anzi precisamente all’atto
di entrare in Italia.
SI fa
presente che nel presente caso si sta ripercorrendo quasi specularmente gli
intenti della “tragedia Regeni,” in cui gli stessi poteri che stanno oggi
“pompando” il caso Al Masri continuano da anni a tenere in caldo il caso
Regeni, inviato in Egitto da una università britannica rinomata per aver dato i
natali a moltissimi agenti (doppi o meno) dei servizi segreti di sua Maestà.
E poi puntualmente ucciso in loco, con il fine
nemmeno troppo celato di mettere a repentaglio gli ottimi rapporti esistenti da
sempre tra l’Italia e lo Stato (Egitto) che ospita il giacimento di gas più
grande del mondo, “Zhor”, tra quelli scoperti negli ultimi anni.
Sul
caso Netaniahu la storia è più lunga:
va prima di tutto ricordato che i poteri
vetero coloniali europei sono gli stessi che hanno causato il disastro tra
israeliani e palestinesi, da un secolo circa, con una scellerata gestione della
dissoluzione dell’Impero ottomano, parlo della gestione di Palestina e
Sirya/Libano da parte di rispettivamente Gran Bretagna e Francia.
Oggi
si è arrivati addirittura a voler processare Netaniahu per aver reagito
eccessivamente ai fatti tragici dell’ottobre 2023 (…).
Chiaramente
Israele è alleato di quegli USA che vorrebbero far finire sia la guerra in
medio Oriente che in Ucraina:
se ad
esempio la tensione in Terra Santa dovesse per qualsiasi ragione terminare, i
poteri vetero coloniali europei perderebbero la possibilità di destabilizzare
l’area più ricca di petrolio del pianeta, il Medio Oriente, ben ricordando che
lo scopo di tale destabilizzazione è sempre quello di sperare di metter le mani
sopra al petrolio…
Fatte
queste dovute premesse analizziamo il caso “ICC”, chi ha firmato e chi no la
contro-censura all’atto statunitense anti-ICC.
Semplicemente,
chi ha firmato contro gli USA sono i paesi ex coloniali Europei, tutti.
E i loro paesi satelliti e/o che paesi ex
colonizzati che ancora hanno cacicchi coloniali nelle loro istituzioni oggi/élite
locali.
Chi
non ha firmato la censura anti-USA infatti dice molto di più:
oltre
agli USA, Argentina, Cina, Russia, Italia, Iran, Turchia, Giappone, Egitto,
Marocco, Algeria, Libya, Arabia Saudita/Paesi del Golfo, Israele, Giappone,
Corea, Australia, Nuova Zelanda.
Interessante,
vero?
La
prima considerazione da fare, fattuale, è che i grandissimi paesi mondiali
ricchi di risorse si sono tutti tirati fuori dalla contro censura anti USA,
evidentemente non condividono tale documento.
Mi
chiedo però come sia possibile che un paese come la Cina non firmi…. E l’Iran?
E il Giappone? Stanno con gli USA?
Esiste
solo il caso del Brasile da spiegare, in quanto invece ha firmato tale
documento;
sappiamo
per altro che nel paese del cono Sud Davos ha infiltrato la cuspide del potere
locale, vedasi l’apparentemente davosiano giudice de Moraes e lo stesso “Ignacio
Lula da Silva”, condannato per un enorme crimine fatto di tangenti sistemiche
ma conservato al potere non sappiamo dirvi sulla base di che principi di
giustizia (il
Portogallo è di fatto uscito dai PIIGS proprio per il vitale supporto prestato
in tale infiltrazione brasiliana).
Come
riassunto possiamo affermare che, chi non ha firmato tale documento anti-USA
relativo al caso ICC sono proprio i nemici storici dei poteri coloniali europei
più le loro ex colonie, ricaviamo questo dai fatti.
Dice
qualcosa, ripeto? Sappiate che anche il caso Ucraina è una forma di guerra per
interposta persona, penso ormai lo abbiamo capito tutti ormai…
I
Poteri coloniali – disperati – tentano in ogni modo di difendere i propri
anacronistici privilegi.
È
chiaro che il tentativo di sopravvivere da parte di sistemi paesi disperati
portino ulteriori e grandi disastri a termine, inevitabile.
Quello
su cui vorremmo farvi meditare è però quale sarà il vero fulcro del problema,
che può diventare soluzione (…), negli anni a venire.
Stante
ricordare che l’Italia è l’unico grande paese europeo del G8 che non ha firmato
tale petizione anti-USA;
confermando così che l’Italia fa davvero parte
dei grandi Imperi, un impero culturale in realtà.
Resta
che i due paesi che bisognerà osservare con più attenzione da qui in avanti
saranno Cina e Spagna.
La
Cina deve scegliere se ripercorrere lo stesso solco colonialista di chi l’ha
colonizzata, di cui oggi è alleata.
Va
ricordato che Pechino non ha risorse proprio come gli imperi coloniali europei
storici, dunque sembra destinata a fare gli stessi loro errori: ecco perché
Davos l’ha cooptata, si noti bene.
Infatti
senza risorse è inevitabile cadere in tentazione di usare lo stesso modello
britannico e francese, ossia acquisire materie prime a prezzo basso dalle
colonie per poi vendere alle stesse prodotti finiti a maggior valore aggiunto,
determinando a termine un deficit di bilancia commerciale, da saldare con un
debito contratto nella valuta del colonizzatore, ossia in yuan.
Poi lo yuan ad un certo punto sale e le
colonie falliscono, a tal punto le si acquisisce per un tozzo di pane.
Con la
Sterlina funzionò benissimo, tanto che anche la Cina cadde nel tranello.
Ora Pechino deve capire se vuole comportarsi
nello stesso modo dei suoi aguzzini, 500 anni dopo, diventando esse stessa
colonizzatrice (e comunista, una primizia).
In
tale contesto resta imperdonabile che “Xi” autorizzi ed anzi sostenga il contrabbando di
fentanyl in USA, via Messico, che uccide almeno centomila persone all’anno,
un’arma di distruzione di massa peggio del plutonio, vedasi oltre.
Anche
qui usando gli stessi, identici, precisi metodi dei suoi aguzzini coloniali,
gli inglesi (non gli americani) quando scatenarono la guerra dell’oppio in
Cina.
La
Spagna deve capire se vuole diventare il riferimento cristiano del mondo
moderno.
Madrid
infatti è molto importante per il sud America, dove conserva radici fortissime
fatte di lingua, religione e cultura: l
a sua
lunga manus potrebbe aiutare a forgiare un nuovo mondo, per questo sarebbe
benvenuta nella coalizione che si sta scontrando coi poteri coloniali storici.
DI
più, la Spagna è l’erede ultima dei poteri imperiali romani, avendo dato tre
tra i principali e più lungimiranti imperatori dell’Impero romano, Traiano,
Adriano e Teodosio il Grande, di cui due addirittura adottivi.
Dunque,
unendo i due fattori di cui sopra, oltre a ricordare la profonda cultura
cattolica che la Spagna da un migliaio di anni più di tutti ha gelosamente
conservato tra i paesi Occidentali, Madrid resta la principale candidata ad una
alleanza di intenti con l’Italia filo-USA, alleanza utilissima a dare la base
culturale mediterranea alla nuova coalizione anti-coloniale globale in via di
formazione.
Infatti,
quello che non va dimenticato è che la coalizione dei poteri vetero-coloniali
che hanno firmato contro la censura USA è composta in stragrande maggioranza da
paesi NON cristiani, anzi di paesi che si sono ribellati al cristianesimo,
Francia, Germania ed Inghilterra su tutti.
Includo nel novero anche i paesi nordici, ad
eccezione della Polonia.
Tale
triplice aspetto ha un grande significato.
Resta
che oggi il mondo sta combattendo con i propri demoni, letteralmente, che sono
gli eredi del colonialismo storico che non se ne vuole andare.
Ricordo
che il “caso Steele”, contro Trump; il Russiagate, contro Trump; Zelensky che
si oppose al volere degli USA di Trump durante il suo primo mandato (Zelensky è uomo di Davos, funzionale
al fatto di devastare l’Ucraina per mettere le mani sulle sue risorse primarie
necessarie all’EU per non implodere):
queste sono tutte manifestazioni europee
anti-Trumpiane organizzate dai vari servizi segreti basati in Europa, su tutti
quelli inglese, tedesco, francese.
Anche
il Messico, storicamente intento a creare caos anti-USA, anche durante la WWI
con il caso dello Zimmerman Telegram distraendo il gigante americano per
evitare che gli USA entrassero in guerra in Europa contro i poteri centrali, fa
parte dello stesso solco.
Solco
Messicano che oggi vede la presidente “Shinbaum,” di origine baltico-tedesche,
mettersi contro Trump preferendo difendere i cartelli della droga del suo paese
che fanno soldi contrabbandando “fentanyl” che uccide almeno 100’000 persone
all’anno negli States, un’arma di distruzione di massa che uccide più del
plutonio (avete capito bene, la presidente “Shinbaum” non ferma il flusso di “fentanyl
in USA”, che devasta la società USA con la droga di provenienza cinese: costei
difende i cartelli, ossia tale contrabbando!).
Chiaramente
tutto era stato preparato affinché una persona come Trump MAI raggiungesse il
potere negli USA;
in quanto Trump in rappresentanza del potere
americano di ultima istanza – le sue forze armate, di norma sane – e gli
interessi del 99% della popolazione locale contrapposti ai privilegi della
cuspide transnazionale (spesso di origine europea) presentissima anche al di là
dell’Atlantico, vuole il grande cambiamento anti-coloniale.
Oggi
che Trump è lì e soprattutto persone stimate come il “Lt. Gen. Michal Flynn “sono
a d indirizzarne gli sforzi, la sfida è aperta, mainstream, non più sotto
traccia.
È la
fine della storia, durata 2000 anni.
Non a
caso” Vera Sharav” e “Claudio Ronco” ci avvertirono, spiegandoci a dovere –
anche personalmente – che la radici dell’antisemitismo vanno ricercate in un
virus millenario.
Parimenti veniva candidamente riconosciuto che
i problemi “veri” sono nati quando il nazismo, invece di essere epurato post
WWII, venne risparmiato ed anzi venne trasferito a conforto anti-comunista negli USA
con l’”Operazione Paperclip”:
quello
fu il seme dell’attacco a Trump 80 anni dopo, andate a vedere la faccia del
capo della Gestapo sparito dalla Germania alla caduta di Hitler e confrontatelo
con eminenti esponenti dell’FBI degli ultimi 15 anni che “Kash Patel” deve oggi
risanare o chiudere, salterete dalla sedia…
A
conferma di quanto sopra, non sottovalutate che gli astronomi confermano, ormai
da qualche anno, che davvero siamo dentro ad un periodo astrale completamente
nuovo, dopo 2000 anni di storia si cambia registro.
E i
grandi attori globali, che dalla notte dei tempi guardano al cielo per
propiziare le proprie gesta, lo sanno benissimo anche questa volta.
(Mitt
Dolcino.)
Donald
Trump potrebbe aver fatto un
cattivo
affare minerario con l'Ucraina.
Poliotico.eu
– Giovanna Coi – (26 – 2 -2025) – ci dice:
Le
stime della ricchezza mineraria dell'Ucraina si basano su valutazioni obsolete
e incomplete di siti di difficile accesso.
Il
presidente Trump firma gli ordini esecutivi alla Casa Bianca
Sulla
carta, gli Stati Uniti potrebbero trarre un sacco di profitto dall'accordo.
BRUXELLES
— Il presidente Donald Trump, orgoglioso delle sue capacità negoziali, è sul
punto di concludere un accordo che garantirebbe agli Stati Uniti un accesso
preferenziale alle vaste riserve di materie prime dell'Ucraina.
Ma
Trump potrebbe finire per ottenere meno di quanto pattuito. Le stime della
presunta ricchezza mineraria dell'Ucraina si basano su obsoleti sondaggi
dell'era sovietica che non tenevano conto della fattibilità o del costo del
loro sviluppo.
L'
ultima bozza dell'accordo, citata dal quotidiano ucraino “Economic Pravda,”
vedrebbe Kiev versare il 50 percento dei ricavi dalle sue risorse naturali di
proprietà statale in un fondo che investirebbe in Ucraina.
Non ci
sarebbero garanzie di sicurezza statunitensi in cambio.
Sulla
carta, gli Stati Uniti potrebbero trarre grandi profitti da questo accordo.
Secondo
il Ministero delle risorse naturali e dell'ambiente dell'Ucraina, le rocce del
Paese contengono circa il 5 percento delle materie prime "essenziali"
del mondo, tra cui grafite, litio, titanio, berillio e uranio.
Le
risorse sono essenziali per produrre batterie, sistemi radar e armature,
essenziali per i settori della difesa e della tecnologia, e contribuirebbero in
qualche modo a ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dai minerali cinesi.
In
pratica, l'entità del patrimonio minerario dell'Ucraina è ancora in gran parte
un mistero.
Sebbene
il paese segnali più di 20.000 depositi e siti minerari esaminati, solo circa
8.000 di essi sono stati valutati come vitali.
Di
questi, meno della metà erano sfruttati prima dell'invasione su vasta scala
dell'Ucraina da parte della Russia tre anni fa.
Vecchia
scuola.
Le
stime del valore di questi depositi si basano in gran parte su indagini
dell'era sovietica, condotte principalmente tra gli anni '60 e '80.
Le
informazioni, spesso incomplete, sono sparse in tutto il paese e sono ancora in
fase di digitalizzazione.
Molte
di esse sono state sigillate da quando il presidente Volodymyr Zelenskyy ha
imposto la legge marziale all'inizio della guerra.
Anche
se ulteriori esplorazioni confermassero l'esistenza di preziosi giacimenti
minerari, la loro estrazione richiederebbe molto tempo e una grande spesa in
termini di denaro.
L'”Ukrainian
Geological Survey “(UGS) stima che il costo per lo sfruttamento delle 10
maggiori prospettive minerarie note dell'Ucraina ammonterà a 15 miliardi di
dollari, comprendendo la costruzione di miniere, cave e circa 20 nuovi impianti
di lavorazione.
Una di
queste prospettive è il deposito di “Novopoltasvke”, che l'UGS descrive come
"uno dei più grandi" siti di terre rare al mondo.
Il suo
sviluppo richiederebbe investimenti stimati in 300 milioni di $.
Un
rapporto UGS separato caratterizza il sito come "relativamente
difficile" a causa dei rischi di inondazioni e frane.
Il
giacimento di “Novopoltavske”, scoperto per la prima volta nel 1970, è stato
esplorato negli “anni '80”, ma non vi è stato svolto alcun lavoro di sviluppo
dal 1991.
È uno dei sei giacimenti noti di terre rare
dell'Ucraina, un gruppo di 17 minerali utilizzati per produrre missili, laser,
computer, TV, smartphone e turbine eoliche.
Non
così raro.
Sebbene
le terre rare in realtà non siano così rare, sono molto costose da estrarre e
lavorare, poiché vengono mescolate ad altri minerali in concentrazioni
variabili.
La
Cina, che elabora quasi il 90 percento delle terre rare in tutto il mondo,
detiene un "quasi monopolio" su questa fase della filiera, secondo
il” Center for Strategic and International Studies”.
La
maggior parte dei principali produttori di terre rare, compresi gli Stati
Uniti, non dispone del know-how o dell'infrastruttura nazionale necessari per
raffinare i minerali, il che li costringe a fare affidamento su Pechino.
Sviluppare
infrastrutture in Ucraina per raggiungere questo scopo, anche con gli
investimenti degli Stati Uniti, richiederebbe anni e sarebbe probabilmente meno
efficiente che spedire i minerali in Cina per la lavorazione.
A
questo investimento si aggiungono i miliardi di dollari necessari per
bonificare il territorio da mine ed esplosivi, un'operazione che potrebbe
richiedere più di un decennio, e per ricostruire le infrastrutture essenziali
per sostenere il settore minerario, dalle strade alle centrali elettriche.
Nella
loro ultima valutazione, il governo ucraino, la Banca Mondiale e la Commissione
Europea stimano il costo della ricostruzione dell'Ucraina in 524 miliardi di
dollari nei prossimi 10 anni, più o meno la cifra richiesta da Trump come
risarcimento per il sostegno di Washington a Kiev nella resistenza alla guerra
di aggressione di Mosca.
Il
livello reale di aiuti dagli Stati Uniti dall'inizio della guerra è più vicino
ai 120 miliardi di dollari.
A
causa delle sfide tecniche e dei costi connessi, "l'estrazione dei
giacimenti di terre rare dell'Ucraina potrebbe non essere redditizia", conclude
S&P Global, una società di intelligence di mercato.
Fuori
portata.
C'è un
altro ostacolo che si frappone tra Trump e le ricchezze minerarie dell'Ucraina:
diverse promettenti prospettive si trovano nei territori sotto occupazione
russa.
Due
delle più grandi prospettive note di terre rare, i depositi “Azovske e “Mazurivske”,
si trovano nella regione di Donetsk controllata dai russi.
E il
sito di “Novopoltavske” si trova a “Zaporizhzhia”, che è sotto la minaccia
russa.
In
prima linea ci sono anche alcuni promettenti giacimenti di litio in diverse
fasi di sviluppo, come il giacimento di Shevchenkivske nella regione di Donetsk
e il blocco di Kruta Balka nella regione di Zaporizhia.
Il
vice primo ministro ucraino Yulia Svyrydenko, capo negoziatore per l'accordo
minerario, ha affermato che la Russia ha occupato 350 miliardi di dollari di
riserve critiche di minerali e gas del paese. Altre stime stimano il valore
delle risorse perse in migliaia di miliardi di dollari.
Trump
potrebbe scegliere di aumentare il sostegno all'Ucraina e aiutarla a
riconquistare i territori occupati, oppure accettare l'offerta di Vladimir
Putin di acquistare minerali dalla Russia, compresi quelli estratti nei
territori ucraini occupati.
Per il
presidente degli Stati Uniti, questo potrebbe rivelarsi l'affare del secolo,
oppure potrebbe ritrovarsi con un mucchio di miniere in perdita in cui nessuna
azienda americana vorrà mai investire.
«SALVA
IL PIANETA:
SUICIDATI!»
Inchiostronero.it
- Roberto Pecchioli – (25-2-2025) – ci dice:
L’uomo,
nemico del pianeta: la volontà di potenza come condanna.
Globalizzazione
mondiale.
Per “Cingolani”:
“Il pianeta è stato progettato per 3 miliardi di persone, siamo in troppi,
siamo parassiti.”
SALVA
IL PIANETA: SUICIDATI!
Al
cuore di questa ideologia c’è l’idea che l’essere umano, per sua natura,
distrugga la Terra.
La
nostra esausta civilizzazione celebra in varie maniere il trionfo della morte.
Corre senza fermarsi verso la fine biologica ammantata di nobili fini.
Non
c’è soltanto l’estensione del progetto di eutanasia (approdato in Italia con la
legge sul suicidio assistito della regione Toscana), ufficialmente avviato nel
2000 dal solito George Soros con il suo Progetto Morte.
L’attacco alla vita umana prosegue con la
proclamazione a diritto universale dell’aborto (salute riproduttiva nella
neolingua globalista) e con la promozione del sesso sterile, omosex e non solo.
La
perfetta ideologia antiumana è però quella ecologico-climatica.
Promossa
anch’essa dalle oligarchie mondialiste, maschera il suo disegno di riduzione
della popolazione dietro le parole d’ordine dell’ambientalismo estremo, che
considera l’essere umano il male assoluto.
Gli attivisti più eccitati, seguaci della corrucciata
“Greta,” militanti di gruppi i cui nomi trasudano odio anti umano (Ultima
Generazione, Extinction Rebellion) sarebbero sorpresi di sapere che le loro
parole d’ordine sono state inventate dagli stessi oligarchi miliardari che
detestano.
La Fondazione della famiglia Rockefeller, padrona del
petrolio (!), attiva dal 1913, ha fondato ben 990 associazioni ambientaliste.
Il
nucleo di questa ideologia è che l’essere umano, per volontà di potenza, è
nemico del pianeta Terra, ribattezzato con il nome animistico di “Gaia”.
Perciò la sua presenza va drasticamente
diminuita, in singolare coincidenza di obiettivi con l’agenda malthusiana delle
élite.
I più
radicali propendono per l’estinzione della nostra specie.
Per salvare il pianeta occorre quindi la
scomparsa – possibilmente rapida e volontaria- dell’unico abitatore della Terra
che abbia coscienza di sé.
Il programma, in questa parte di mondo
ossessionata dalla freudiana” todestriebe” (pulsione di morte), funziona
benissimo.
Basta
guardarsi intorno: strade senza bambini, scuole chiuse, altalene vuote. Il
deserto avanza a grande velocità. In dieci anni le nascite sono diminuite di
circa un quarto.
Anziché
lavorare per invertire la tendenza, la cultura dominante (cioè delle classi
dominanti) aumenta la pressione per l’eliminazione di vecchi, malati, depressi,
di tutti coloro cioè che non servono più al sistema produttivo.
“
Margaret Sanger”, fondatrice della più importante organizzazione antinatalista
del mondo, “Planned Parenthood”, scrisse alcuni decenni fa che “la cosa più misericordiosa che una
famiglia numerosa può fare a uno dei suoi figli è ucciderlo”.
Apologia
dell’assassinio.
L’economista francese alla moda “Corinne
Maier”, nel libro “No Kid” (nessun bambino) “Quaranta ragioni per non avere
figli”, lamenta di essere due volte madre.
Ci sono molte ragioni contro la maternità:
il
parto è una tortura, i figli implicano la morte del desiderio, trasformano la
madre in un biberon ambulante, allevarli è un fardello pesante ed è difficile
liberarsene quando diventano grandi.
Inoltre, ecco il “movente green”, affinché il
“pacchetto ideologico sia completo”: “ogni bambino nato in un Paese
sviluppato è un disastro ecologico per l’intero pianeta”.
Confessa che “se l’avessi saputo, non avrei
concepito”.
Il
calcolo economico sconsiglia di avere figli:
le abitazioni costano, le tasse aumentano, ci
vogliono due stipendi per sostentare una famiglia.
Prima
ne bastava uno e le madri educavano i bambini a casa anziché mandarli all’asilo
nido.
La
coppia ideale postmoderna (etero o omo, poco importa) è descritta dall’acronimo
“DINKS” (double income no kids), doppio reddito, nessun figlio.
Più
consumo, più divertimento (qualunque cosa significhi) maggiore “realizzazione”
individuale.
Intanto i poveri del mondo continuano ad avere
figli anche se non possiedono tre automobili per famiglia, una televisione in
ogni stanza e non vanno in vacanza dall’altra parte del globo.
Forse
proprio per questo.
Anche
le mode influiscono, ovviamente:
è più “fashion”
essere professionisti di successo, le relazioni provvisorie senza impegno sono
molto più moderne dell’antiquato matrimonio.
Se proprio abbiamo bisogno di affetto, bastano
i beniamini a quattro zampe. Campano pochi anni, hanno bisogno di meno cure, si
possono tenere sotto controllo.
“Oprah
Winfrey”, stella televisiva americana, influente “icona progressista”, lo ha
riassunto in modo insuperabile:
“Non
avrei potuto avere la vita e la carriera che ho se avessi scelto di avere
figli”.
Lascia
il fastidio delle piccole pesti ai poveri e agli sfigati.
Sincera,
non si rifugia nel moralismo ambientale.
Il
peso dei terrori climatici è sorprendente, divenendo la principale
preoccupazione di coloro che affermano di non voler riprodurre la specie e la
società.
“Verena
Brunschweiger”, scrittrice e attivista femminista tedesca, sostiene che “i
bambini sono la cosa peggiore che si possa fare all’ambiente.
Sono i più grandi killer climatici e quindi
una vita senza figli è l’unica via razionale, etica e moralmente giustificabile
per uscire dalla miseria climatica verso cui il mondo si sta dirigendo”.
Eh sì, perché per ogni bambino che non
mettiamo al mondo “risparmiamo 58,6 tonnellate di CO2 all’anno”.
Una bella soddisfazione.
“Non
avere figli per salvare il pianeta”: le dichiarazioni della filosofa(!) “Verena
Brunschweiger”.
“La
riproduzione è l’imperativo cruciale del patriarcato.
Ci sono tantissimi svantaggi per una donna
quando sceglie di diventare madre, svantaggi che non riguardano invece l’uomo.
Le madri subiscono ogni giorno dei pregiudizi,
da ogni punto di vista, economico, sociale e fisico.
Mi
sono chiesta tante volte perché diventare vittima di tutto questo quando nel
mondo ci sono già miliardi di persone”.
(Verena Brunschweiger)
Non
possono mancare le opinioni del mondo dello spettacolo, tanto importanti per
generazioni non pensanti.
La
cantante britannica” Blythe Pepino”, vegana, che ha deciso di non salire più su
un aereo e di smettere di guidare per raggiungere rifiuti zero, guida il
movimento “Birth Strike for Climate “(sciopero delle nascite per il clima) per
rispondere efficacemente alla “minaccia esistenziale della crisi ecologica”.
Sarà
certo una sostenitrice delle “smart cities”, le città “furbe” in cui non ci si
può spostare se non entro i fatidici quindici minuti prescritti dal “vangelo
green”.
“Miley
Cyrus” ha dichiarato: “Non porterò nessuno in questo mondo finché non avrò la
sensazione che saranno in grado di crescere in un posto dove ci sono ancora
pesci nell’acqua”.
In
attesa dell’evento, anche la pubblicità fa la sua parte.
Nel
video di una marca di profilattici compaiono bambini urlanti e anziani
abbandonati, mentre una voce tra il suadente e l’allarmato così invita
all’acquisto: pensaci due volte prima di avere figli.
Il
filosofo morale (?) australiano “Peter Singer” propende per l’aborto
postnatale, il nome politicamente corretto dell’infanticidio.
Uno dei precursori dell’onda antiumana per motivi
climatici fu il biologo” Paul R. Ehrlich”, autore nel 1968 de” La bomba
demografica”, che profetizzò la morte di fame a causa dell’inquinamento e della
sovrappopolazione di centinaia di milioni di persone nel decennio successivo.
“C’è troppa gente sul pianeta e chiunque abbia
più di due figli dovrebbe essere visto come un pericolo”.
Analogo catastrofismo animò il “Rapporto sullo
Sviluppo” del Club di Roma (1972) fondato da personalità legate ai “Rockefeller”.
Intanto
sorgono, soprattutto negli Stati Uniti, associazioni che promuovono
l’estinzione umana in nome della conservazione della vita sulla Terra.
Il “Movimento Volontario per l’Estinzione
Umana” propone il divieto di riprodursi per raggiungere la graduale estinzione
degli esseri umani, “incompatibili con la biosfera”.
C’era
anche una “Chiesa dell’Eutanasia” fu un’organizzazione provocatoria fondata
negli anni ’90 da “Chris Korda”.
Il suo motto, ‘Salva il pianeta: suicidati’, generò
molte polemiche, ma il gruppo non incitava realmente al suicidio:
Gli
assi della proposta di questi gruppi sono non avere figli, suicidarsi,
abortire, praticare il cannibalismo per non nuocere ad altre specie animali e,
in materia sessuale, compiere solo atti sodomitici per non procreare.
Oggi
il movimento non è più attivo.
Un
altro caso sconcertante di suicidio “climatico” è accaduto in Belgio, dove un
trentenne padre di due figli avrebbe deciso di porre fine alla sua vita dopo
aver avuto conversazioni sul futuro del pianeta con una chatbot di intelligenza
artificiale.
Secondo la vedova, l’uomo era diventato
eco-ansioso e aveva scaricato da una app specializzata l’apparato, chiamato
Eliza, che lo avrebbe incoraggiato a suicidarsi dopo che il poveretto aveva
manifestato l’intenzione di sacrificarsi per salvare il pianeta. Il giovane
conduceva un’esistenza normale sino a quando non venne colto dall’ossessione
per il cambiamento climatico.
Secondo
chi ha esaminato le conversazioni tra l’uomo e la chatbot,” Eliza” alimentava
le sue preoccupazioni, che peggiorarono la sua ansia e si trasformarono in
pensieri suicidi.
La
follia autolesionista avanza in Occidente e nell’Estremo Oriente
occidentalizzato (Giappone, Corea del Sud).
Altrove
la popolazione aumenta, la gente osserva il nostro suicidio e torna a letto
sorridente, lasciando che i morti seppelliscano i morti in nome di “Gaia”.
Il
pianeta che vive, l’uomo che muore.
Una
massima per finire: “I popoli che si amano generano vita. I popoli che si odiano
generano morte. Noi abbiamo scelto la seconda via, e mentre il mondo si popola,
noi scompariamo, cullati dal nostro stesso requiem.
La
Terra ringrazia? No. Lei resta. Siamo noi che ce ne andiamo” (f.d.b.)
(Roberto
PECCHIOLI).
IL
MONDO SI MUOVE, BRUXELLES RESTA
SOTTO
UNA CAPPA DI IMBECILLITÀ.
Inchiostronero.it
- Augusto Grandi – (26 -2 – 2025) – ci dice:
Bruxelles:
un faro che stagna nell’oscurità dell’assurdo tra turbolenze globali e
incertezze politiche.
La
confusione è grande sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente.
Chissà se Trump è consapevole di aver inverato
l’analisi di “Mao”.
Perché non c’è dubbio che dopo il ritorno di
Donald il mondo ha dovuto svegliarsi dal torpore e reagire alle provocazioni di
Washington.
In un
modo o nell’altro, dal Giappone al Cile, dal Congo al Messico.
Con
una sola eccezione: la “banda Ursula”.
Ovviamente
in prima fila c’è la Russia, con “Lavrov “che schizza come una pallina da “Ping
pong”.
Aveva
appena finito il proficuo scambio di opinioni con gli statunitensi ed era già
ad Ankara a discutere con Erdogan.
A
discutere di Mediterraneo, visto che gli ursulati se ne fregano.
A discutere dei rapporti con la Turchia ed
anche di quelli con la Siria, a partire dalla sorte delle due basi russe.
E insieme a Erdogan, che tratta con Zelensky
per conto proprio, i russi hanno chiesto a Trump di rendere inoffensiva la base
americana in Grecia da cui partono i rifornimenti per l’Ucraina.
Un gesto di buona volontà.
Nel
frattempo Trump ha incassato, senza alcuna fatica, la richiesta congolese di
aiuto militare in cambio dello sfruttamento delle ricchissime risorse
minerarie.
Non c’è neppure stato bisogno di chiedere.
Mentre il Niger, che ha scelto la protezione
russa, si avvia allo sfruttamento del rame.
Intanto
Putin riceve la telefonata di” Xi Jinping” che ribadisce la grande amicizia del
popolo cinese.
Tanto
per evitare fughe in avanti del Cremlino verso la Casa Bianca.
Se
proprio si deve fare la pace, insomma, tanto vale che ci sia più ricchezza per
tutti.
Che
non è proprio una cattiva idea.
Condivisa,
peraltro, dal “ministro Pichetto”.
A suo
avviso, infatti, fatta la pace si dovrà tornare ad acquistare il gas russo, che
costa molto meno di quello poco gentilmente offerto dagli alleati e padroni.
Pichetto,
però, pensa ai vantaggi per famiglie e imprese.
Non ai
nobili principi democratici che vietano ai romeni di votare per chi vogliono;
che ignorano la rabbia di un quinto dei tedeschi e della stragrande maggioranza
dei francesi; che ignorano le tangenti elargite a Bruxelles.
Sempre
in nome della democrazia degli oligarchi.
E se
Pichetto ragiona con il buon senso, arrivano subito i paladini della democrazia
ad attaccare Putin ed i russi, per evitare che i rapporti possano migliorare
anche in futuro.
Grande è l’imbecillità sotto il cielo.
E la situazione non è per nulla eccellente.
(Redazione
Electo - Augusto Grandi).
«LA
CARICA DEI GUERRAFONDAI.»
Inchiostronero.it - Redazione Inchiostro nero – (27 – 2
-2025) – ci dice:
Questo
risultato è stato ottenuto grazie a una strenua campagna dell’Ue.
“Il
Simplicissimus”.
L’Unione
Europea ha raggiunto un nuovo traguardo nella sua strategia geopolitica, ma a
quale prezzo?
La
crescente militarizzazione del dibattito pubblico, accompagnata da una retorica
sempre più aggressiva, lascia intravedere scenari inquietanti.
Se da
un lato si rivendica il successo di una linea dura, dall’altro cresce il timore
che la diplomazia stia cedendo il passo a una corsa agli armamenti senza
precedenti.
Il
parlamento ucraino con una maggioranza molto risicata ha di fatto mantenuto Zelensky
al potere bocciando una risoluzione che chiedeva le elezioni.
Questo risultato è stato ottenuto grazie a una
strenua campagna dell’Ue con alla testa la “von der Leyen” che così si è
assicurata la continuazione della guerra, dal momento che una pace non si può
firmare con presidente e parlamento scaduti.
Così
non sorprenderà che al “Consiglio di sicurezza dell’Onu” sia passata una
risoluzione sulla richiesta di pace immediata in Ucraina che ha visto la Russia
e gli Usa votare assieme, mentre gli europei si sono astenuti.
La
cosa sorprendente, come ho scritto anche a qualche interlocutore, è che per
decenni, anzi per oltre settant’anni gli europei hanno fatto tutte le guerre
che l’egemone ha imposto, pur farfugliando di pace.
E per
una volta che gli Usa ne vogliono terminare una, anche per nascondere la
sconfitta che hanno subito, ecco che essi si ribellano a una possibile fine del
conflitto.
Anzi
di più:
la
Merkel ci ha spiegato benissimo come si sia cercato con successo di ingannare
la Russia con i trattati di Minsk, i quali sono serviti per guadagnare tempo e
armare l’Ucraina dove, nel frattempo, si facevano leggi gravemente
discriminatorie nei confronti della popolazione russofona che non avevano nulla
da invidiare a quelle delle leggi fasciste sulla razza.
Non
hanno fatto scandalo perché bisogna dire, per amore della verità, che in alcune
nazioni europee, Germania, Gran Bretagna e Francia in primis, sempre sconfitte
dalla Russia, c’è un radicato pregiudizio antirusso, a volte anche di carattere
razziale (la nota inferiorità degli Slavi predicata nell’area tedesca già a
partire dall’800) il quale, successivamente, si è esteso come pregiudizio anti
comunista e ha continuato a fermentare anche dopo la dissoluzione dell’Unione
sovietica nei ceti medio e alto borghesi.
In Usa
questa confusione è stata massicciamente sfruttata per fare campagne russofobe,
ma anche da noi la censura subito attuata sulla cultura russa, testimonia che
la questione è radicata nel sublime anche le più assurde manifestazioni di odio
vi si accomodano senza obiezioni.
Così
paradossalmente la Ue che si propone, in virtù della sua cultura neoliberista,
come strumento per sostituire la sovranità dei Paesi che ne fanno parte, riesce
ad essere vittima proprio delle peggiori suggestioni ereditate dal nazionalismo
il quale oggi viene riciclato come europeo.
Ma questo di certo non ne cambia la natura.
È pur
vero che la Ue non sopporta di essere esclusa dalle trattative di pace in un
conflitto che ha così diligentemente preparato e al quale ha sacrificato gran
parte della propria economia;
è anche vero che le oligarchie continentali che
burattinano il milieu politico, non si arrendono al fallimento del globalismo che oltretutto mette fortemente a
rischio l’opera di decenni nel costruire un’Unione a loro immagine e
somiglianza, priva di qualunque connotato di emancipazione sociale.
Ma al fondo l’assurdo tentativo di continuare
a tutti i costi la guerra, affonda le sue radici nel passato.
E non a caso l’argomento principale scelto dai
giullari che dovrebbero fare informazione è il pericolo che la Russia voglia
avanzare oltre l’Ucraina.
Chiaramente
si tratta di un assurdo, di una sciocchezza che non ha capo né coda, tuttavia
in filigrana mostra le vecchie paure, i cosacchi che si accampano a Parigi e
cose di questo genere evocate dopo tutte le guerre di aggressione alla Russia,
poi finite in catastrofe.
Qui si
conclude la storia e si entra nel manicomio:
perché
quelli che vogliono la guerra non hanno i mezzi per farlo, né quelli militari,
né quelli economici a meno di non voler far collassare qualunque resto di stato
sociale e si lamentano del fatto che il padrone voglia ritirarsi dal conflitto.
Ci sono persino quelli che, con straordinaria
insensibilità al grottesco dicono che un dialogo tra Russia e Usa sia
destabilizzante a livello planetario.
In realtà vorrebbero dire, ma non possono, che
questo destabilizza solo la Ue e la porta direttamente verso la discarica della
storia come reperto di un mondo che si va chiudendo.
(Redazione
inchiostro nero - Discarica europea).
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