Con Trump la pace è possibile.
Con
Trump la pace è possibile.
Ucraina,
la 'pace di Zelensky':
così
vuole convincere Trump
e riavere gli aiuti.
Adnkrons.com
– (11-3-2025) - Redazione Adnkronos – ci dice:
Oggi
in Arabia Saudita i colloqui tra le delegazioni ucraina e americana. Kiev
sarebbe pronta a proporre un "cessate il fuoco parziale"
Crescono
le aspettative per gli annunciati colloqui di oggi in Arabia Saudita tra
delegazioni di Stati Uniti e Ucraina per trovare una soluzione alla guerra tra
Kiev e la Russia.
Ieri il presidente ucraino, Volodymyr
Zelensky, è arrivato a Gedda dove ha incontrato il principe saudita” Mohammed
bin Salman”, impegnato a mediare nella crisi fra Kiev e Washington dopo lo
scontro del 28 febbraio nello Studio Ovale.
Secondo
notizie raccolte dal “Financial Times,” Kiev sarebbe pronta a proporre un
"cessate il fuoco parziale" con la Russia che riguarderebbe
"attacchi a lungo raggio con droni e missili" e "operazioni di
combattimento nel Mar Nero".
"Abbiamo una proposta per un cessate il
fuoco nei cieli e in mare, perché queste sono le opzioni di cessate il fuoco
facili da attuare e monitorare ed è possibile iniziare da qui", ha
spiegato all'agenzia Afp un funzionario ucraino.
"L'Ucraina
ha cercato la pace fin dal primo istante della guerra e abbiamo sempre detto
che è la Russia l'unica ragione per cui va avanti il conflitto", ha
scritto su Telegram Zelensky alla vigilia dei colloqui.
Kiev
in difficoltà.
Kiev,
scrive il “Ft”, cercherà di portare gli Stati Uniti a riprendere la
condivisione di informazioni di intelligence e gli aiuti militari convincendo
Trump che Zelensky vuole una fine rapida del conflitto con la Russia.
Anche perché, evidenzia il “New York Times”,
se analisti militari occidentali e ufficiali Usa ritengono possano passare mesi
prima di un impatto significativo sul fronte della decisione di Trump di
bloccare gli aiuti militari a Kiev, lo stop alla condivisione di informazioni
di intelligence sta invece già avendo ripercussioni sulla capacità degli
ucraini di colpire centri di comando russi e truppe ammassate dietro alla prima
linea.
Soldati
ucraini, riporta il giornale americano, parlano di 'problemi' in particolare
nel Kursk, la regione russa teatro dell'offensiva ucraina dello scorso agosto
dove nell'ultimo periodo sono avanzati con rapidità soldati russi e truppe
nordcoreane inviate da Kim Jong-un a sostegno delle forze di Vladimir Putin.
Un ufficiale americano ha spiegato al
quotidiano come la pausa nella condivisione di notizie di intelligence abbia
ridotto l'abilità degli ucraini di intercettare e attaccare forze russe nel
Kursk e colpire obiettivi di alto livello.
E,
dice anche un ufficiale ucraino all'agenzia “Afp,” la Russia potrebbe avere un
"vantaggio significativo" sul terreno se gli Stati Uniti non
riprendessero la condivisione di notizie di intelligence con Kiev.
Il
punto, insistono gli osservatori, è quanto andrà avanti l'annunciato stop.
Ai
colloqui in Arabia Saudita - i primi di alto livello in presenza dalle
'scintille' nello Studio Ovale - l'Ucraina sarà rappresentata dal capo
dell'ufficio di Zelensky, “Andriy Yermak”, e dai ministri di Esteri e Difesa,”
Andriy Sybiha” e “Rustem Umerov”.
Il
segretario di Stato Usa, “Marco Rubio”, resterà a Gedda fino a mercoledì.
Presente anche il segretario di Stato il
Consigliere per la sicurezza nazionale, “Mike Walz”.
Ieri
Rubio ha aperto alla proposta per un cessate il fuoco parziale in Ucraina.
"Non
sto dicendo che da sola è sufficiente ma è il tipo di concessioni di cui c'è
bisogno per porre fine al conflitto", ha affermato. "
Penso
che la nozione della sospensione degli aiuti, in modo generale, sia una
questione che auspichiamo di poter risolvere.
Evidentemente,
quello che accadrà domani sarà determinante al riguardo", ha precisato “Rubio”.
Secondo
un funzionario ucraino citato dal “Financial Times”, nel breve periodo Kiev
vuole dare la priorità ai rapporti con gli Usa, mentre due funzionari europei
affermano che l'Ucraina considera progressi nei colloqui per un cessate il
fuoco una contropartita per la ripresa gli aiuti Usa dopo lo scontro andato in
scena nello Studio Ovale.
La
posizione di Trump.
Trump,
per il quale il conflitto in Ucraina è "una guerra senza senso" che
"riusciremo a fermare", ha detto di aspettarsi "molti
progressi".
Parlando
nelle scorse ore con i giornalisti, alla domanda se stesse valutando la
possibilità di fare marcia indietro sulla pausa nella condivisione di dati di
intelligence con Kiev, il Presidente degli Stati Uniti ha riposto: "Ci
siamo quasi, ci siamo proprio".
Le
pressioni Usa su Kiev hanno costretto l'amministrazione Zelensky a cambiare la
sua posizione dopo lo scontro nello Studio Ovale, osserva il quotidiano
britannico a cui fonti europee hanno detto di essere convinte che Kiev non
abbia abbandonato la speranza che gli Usa possano avere un ruolo
nell'attuazione di un eventuale cessate il fuoco.
"Le
tattiche sono cambiate - dice “Volodymyr Fesenko”, analista politico a Kiev.
Ora la cosa più importante è la normalizzazione delle relazioni con gli Usa e
se prima il piano prevedeva di ottenere inizialmente garanzie di sicurezza e
poi spingere per il cessate il fuoco, ora è ovvio che non accadrà in questo
ordine".
È in
questo contesto che nelle scorse ore la “Nbc “citava funzionari Usa secondo i
quali Trump avrebbe chiarito in privato che un accordo sui minerali non sarebbe
abbastanza per dare l'ok alla ripresa dell'assistenza a Kiev, sia a livello di
aiuti che di notizie di intelligence.
Secondo le fonti, il Presidente Usa vuole
vedere un cambiamento nell'approccio di Zelensky, anche una volontà di fare
concessioni, come cedere territori alla Russia, segnali che vadano nella
direzione dell'organizzazione di elezioni in Ucraina.
O persino delle dimissioni di Zelensky.
Lo
scontro. Trump sferza Zelensky:
«Non
vuole la pace, stop alle armi».
Avvenire.it - Luca Miele - (lunedì - 3 marzo
2025) – ci dice:
La
Casa Bianca minaccia di ritirare il sostegno a Kiev. Il presidente ucraino
prima alza i toni («La guerra durerà») poi usa parole più concilianti.
«O fai l’accordo oppure ci tiriamo fuori»,
aveva detto nell’infuocato faccia a faccia con il presidente ucraino Volodymyr
Zelensky nello Studio Ovale, Donald Trump dopo il “match” di venerdì scorso,
durato 45 minuti.
L’accordo era quello, poi restato fantasma,
sulle terre rare e il ritiro ventilato di qualcosa che potrebbe essere esiziale
per Kiev: la fine del sostegno Usa.
I toni non si sono affatto abbassati,
tutt’altro.
E la minaccia è a un passo dal diventare
realtà.
Il
disimpegno americano dallo scenario ucraino vuol dire, in concreto, una cosa
sola: chiudere il rubinetto, interrompere il fiume di armi e aiuti militari con
i quali, in tre anni di conflitto, gli Stati Uniti hanno sostenuto Kiev sul
campo.
Lo ha anticipato il “New York Times” ieri:
il
presidente ha riunito la sua squadra.
Le
opzioni sul tavolo? In realtà molto ristrette:
la
sospensione o l'annullamento degli aiuti militari americani all'Ucraina,
comprese le spedizioni finali di munizioni ed equipaggiamento autorizzate e
pagate durante l'amministrazione Biden.
Poi,
però, a sera una doppia precisazione che sembra un voler rilanciare la
trattativa: «Non credo che l’accordo sui minerali sia morto, ne parlerò» oggi,
nel discorso sullo Stato dell’Unione.
E poi:
non ho «ancora parlato» di interrompere gli aiuti all’Ucraina, ha aggiunto il
presidente.
Una
partita molto importante.
Stando ai dati del Pentagono, restano ancora
circa 3,85 miliardi di dollari di armi della somma che il Congresso ha
autorizzato a prelevare dalle scorte del dipartimento della Difesa.
Una
cifra che, nei piani di Joe Biden, avrebbe coperto Kiev per altri sei mesi.
Secondo l’Ap, gli Usa hanno garantito a Kiev aiuti militari per 180 miliardi di
dollari dall’inizio della guerra.
L’insofferenza
nelle stanze che contano dell’Amministrazione Trump, comunque, è sempre più
palese.
Un
crescendo, dopo lo scontro alla Casa Bianca a la mancata firma all’accordo
sulle terre rare, sorta di “risarcimento” preteso da Trump e cardine
dell’intera “partita” negoziale che gli Usa intendono portare avanti con la
Russia.
«L’ostilità di Zelensky è incomprensibile», ha
detto anche ieri il consigliere per la sicurezza nazionale americana “Mike
Waltz”.
Ma a
che punto è l’accordo sulle terre rare?
Le interpretazioni divergono. Zelensky,
secondo quanto riferito dalla Bbc, si è detto «pronto a firmare».
Il
Segretario al Tesoro statunitense, “Scott Bessent” ha però tagliato corto:
al
momento – ha fatto sapere – la questione non è sul tavolo. Affermazione poi
però smentita dallo stesso Trump.
Resta
il punto più controverso. Quanto è “sacrificabile”, agli occhi di Trump,
l’attuale leadership ucraina?
Il
presidente – che oggi terrà il suo primo discorso al Congresso –, come al
solito, non ha usato giri di parole né velato le sue reali intenzioni su
Zelensky:
«L’America non sopporterà ancora a lungo», ha
ripetuto ieri, riferendosi ai “tentennamenti” della leadership di Kiev sul
cessate il fuoco con Mosca.
«Questo tizio non vuole che ci sia la pace
finché avrà il sostegno dell’America e l’Europa», ha rincarato la dose il
presidente statunitense.
In un post su Truth Social che ha condiviso un
articolo dell’Ap che citava Zelensky dicendo che la fine della guerra è «molto,
molto lontana», Trump è stato lapidario: «Questa è la peggiore affermazione
che il presidente ucraino avrebbe potuto fare».
Lo
stesso “Waltz” non ha mancato di alludere alla (possibile) defenestrazione del
presidente ucraino, peraltro investito da Trump con attestazioni di disistima
(«un dittatore senza elezioni» e «comico modesto»).
Gli Stati Uniti hanno «bisogno di un leader
che possa trattare con noi, trattare con i russi quando sarà il momento e porre
fine a questa guerra.
Se diventa evidente che il presidente ucraino
Zelensky, che sia per motivazioni personali e politici, diverge dalla volontà
di porre fine ai combattimenti nel suo Paese, avremo un problema serio».
Il
leader ucraino si difende come può.
Si aggrappa agli europei, smaniosi di
ritagliarsi un ruolo. E rilancia.
A
tutto campo.
«Solo
gli ucraini possono decidere. Gli americani scelgono il loro presidente, gli
europei scelgono i loro presidenti, gli ucraini scelgono il loro».
E
ancora: «Ho già detto che sono disponibile a dimettermi per l'adesione
dell'Ucraina nella Nato, allora significa che ho adempiuto alla mia missione.
Nato significa che ho adempiuto alla mia missione».
«Per
cambiarmi, non sarà facile perché non basta semplicemente tenere le elezioni.
Dovreste impedirmi di partecipare. E sarà un po' più difficile».
Poi
usa toni più concilianti:
«Stiamo
lavorando insieme all'America e ai nostri partner europei e speriamo molto nel
sostegno degli Stati Uniti nel cammino verso la pace.
La
pace è necessaria il prima possibile».
E la
Russia?
Il Cremlino non risparmia gli strali
all’indirizzo del presidente ucraino.
«Qualcuno
deve costringere Zelensky a cambiare idea. Lui non vuole la pace. Qualcuno deve
costringerlo a volere la pace», ha dichiarato il portavoce “Dmitrij Peskov”.
«Se lo
fanno gli europei, onore e gloria a loro», ha aggiunto, riferendosi al vertice
degli alleati europei di Kiev tenutosi domenica a Londra.
«Quello
che è successo venerdì alla Casa Bianca ha dimostrato quanto sia difficile
trovare una soluzione in Ucraina», ha aggiunto Peskov, secondo cui «Zelensky ha
dimostrato una totale mancanza di diplomazia».
«In
questa situazione, solo gli sforzi degli Stati Uniti e la buona volontà di
Mosca non saranno sufficienti per porre fine al conflitto in Ucraina», ha
concluso.
Usa e
Ucraina allo stesso tavolo dopo
la lite Trump-Zelensky, Rubio:
"Kiev
dovrà cedere territori in
qualsiasi accordo di pace."
Today.it
– (11-3-2025) – Redazione – ci dice:
Il
primo faccia a faccia tra Usa e Ucraina dopo il disastroso incontro tra i due
presidenti. La trattativa non è delle più facili: le condizioni delle due parti
e cosa può accadere.
Rubio
e Zelensky.
Il
presidente ucraino Zelensky prova a convincere gli Usa per riavere il supporto
militare e dell'intelligence.
Lo fa
con una proposta di tregua, nei cieli e nel mare, come primo passo verso un
accordo più ampio con la Russia.
Sarà
presentata dalla delegazione ucraina all'incontro con gli americani a Gedda. Si
tratta del primo vertice dopo il disastroso faccia a faccia tra presidenti
nello Studio Ovale.
L'accoglienza
di Washington alla proposta di Kiev è stata tiepida. Viene usato il termine "promettente",
che significa tutto e niente.
Il
presidente Usa ha già detto di aspettarsi "buoni risultati" dai
colloqui, ma ha ribadito che l'Ucraina deve mostrarsi "seria" nelle
trattative di pace perché "non ha le carte".
Frase
già detta proprio nello Studio Ovale.
"L'Ucraina
ha cercato la pace fin dal primo secondo della guerra.
E
abbiamo sempre detto che l'unica ragione per cui la guerra continua è la
Russia", ha assicurato Zelensky sui social.
Interrompere gli attacchi aerei e nel Mar Nero
è "l'opzione più facile da attuare e monitorare ed è possibile cominciare
da questo", ha spiegato un alto responsabile ucraino all'Afp.
Attorno
allo stesso tavolo siederanno il segretario di Stato “Marco Rubio” e il
consigliere per la sicurezza nazionale “Mike Waltz” per gli americani; il capo
dell'ufficio presidenziale “Andriy Yermak,” i ministri degli Esteri e della
Difesa, “Andriy Sybiga” e”Rustem Umerov”, per la parte ucraina.
Anche
Rubio ha ribadito che l'obiettivo dell'incontro è "stabilire chiaramente
le intenzioni dell'Ucraina" sulla pace e avere la certezza che Kiev
"sia pronta a fare cose difficili, come faranno i russi".
Ha
auspicato di poter "risolvere" la questione del taglio degli aiuti,
giudicando peraltro "promettente" la proposta ucraina di un cessate
il fuoco parziale.
Rubio,
secondo quanto riportato dal “New York Times”, ha messo in chiaro che l'Ucraina
dovrà fare concessioni sui territori che la Russia ha preso dal 2014 "come
parte di qualsiasi accordo per porre fine alla guerra".
Sul
tavolo resta inoltre l'accordo sui minerali ucraini, naufragato nello scontro
dello Studio Ovale:
i
segnali sono "positivi" e l'intesa potrebbe essere raggiunta questa
settimana,
ha
detto a Fox l'inviato di Trump “Steve Witkoff”, forse già a Riad secondo fonti
ucraine.
Il braccio destro di Zelensky: "Mai
cessate il fuoco così vicino."
"Mentre
arrivo a Gedda, in Arabia Saudita, il cessate il fuoco nella guerra che la
Federazione Russa ha scatenato contro il mio Paese, durata tre anni, non mi è
mai sembrato più vicino", scrive in un intervento sul Guardian il capo
negoziatore ucraino nei colloqui di Gedda, “Andriy Yermak”.
"Un cessate il fuoco in Ucraina non
avverrà solo attraverso gesti diplomatici.
Una
serie di condizioni è cruciale in anticipo per garantire che la pace, quando
arriverà, sia duratura.
Ciò
include esercitare pressioni politiche e finanziarie sulla Russia per aumentare
il costo di un conflitto rinnovato.
Un'Europa
più forte, più sicura e resiliente, militarmente, politicamente ed
economicamente, è il nostro obiettivo comune", aggiunge “Yermak”, uno dei
principali collaboratori del presidente ucraino” Volodymyr Zelensky”.
L'avvertimento
della Russia all'Ucraina.
Certo,
quanto accade sul campo rischia di minare le trattative di pace.
Lo dice chiaramente il Cremlino, secondo cui
il massiccio raid di droni ucraini della notte scorsa su Mosca e sulla regione
di Mosca potrebbe compromettere i contatti con l'Ucraina.
Per il
portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov "Non ci sono ancora trattative in
corso, ma il fatto che la tendenza emergente possa essere notevolmente rovinata
è vero."
Tajani:
"Ucraina dovrà fare sacrifici, ma anche la Russia."
"Non
so cosa deciderà l'Ucraina, a quanto potrà rinunciare", però "anche
l'Europa dovrà essere protagonista al tavolo delle trattative, perché ha
inflitto sanzioni economiche abbastanza severe alla federazione russa e sul
tavolo della trattativa ci sarà anche la questione delle sanzioni",
interviene Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri.
Intervistato da Bruno Vespa all'inaugurazione
di Let Expo a Veronafiere, Tajani spiega:
"Giusto che l'Ucraina faccia qualche
sacrificio, giusto che lo faccia anche la Russia. Una pace non deve essere
mortificante per nessuno, noi lavoriamo per costruire la pace sapendo bene che
abbiamo sempre lavorato per garantire la sicurezza dell'Ucraina, insieme agli
Stati Uniti, e in futuro di tutta l'Unione europea".
Guerra
in Ucraina, oggi il vertice Usa-Ucraina. Rubio: "Kiev dovrà cedere
territori in qualsiasi accordo di pace"
(today.it/mondo/ucraina-usa-vertice-oggi.html).
Zelensky
è pronto a firmare l'accordo
con
gli Usa sui minerali. Trump:
"Sia
serio sulla pace, non ha le carte."
Today.it
– ( 8-10- 2025) – Redazione – ci dice:
Il
presidente ucraino sarà in Arabia Saudita per l'incontro con il principe Bin
Salman.
Sullo
sfondo la trattativa sulle terre rare.
Il
presidente ucraino Volodymyr Zelensky e quello statunitense Donald Trump.
(Foto)
"L'Ucraina
sia seria sulla pace perché non ha le carte".
Il monito del presidente degli Stati Uniti
Donald Trump accompagnerà il suo omologo Volodymyr Zelensky nel suo viaggio in
Arabia Saudita.
Il
leader ucraino oggi, 10 marzo, sarà infatti a “Jeddah” dove incontrerà il
principe ereditario della dinastia saudita “Moḥammad bin Salmān”.
Un
bilaterale che anticipa i colloqui con l'alleato statunitense dell'11 marzo.
Sullo
sfondo c'è la firma dell'accordo per le terre rare ucraine.
Il primo appuntamento con la Casa Bianca dopo
il disastroso incontro-scontro di due settimane fa.
Il
bilaterale in Arabia Saudita.
Il
presidente ucraino ha dichiarato che il suo Paese è "pienamente impegnato
in un dialogo costruttivo", ma vuole che i suoi interessi siano
"tenuti in considerazione nel modo giusto".
Quale
sarà il punto di caduta tra questi due principi saranno i negoziati di Jeddah a
rivelarlo.
L'Ucraina non vuole però alzare un altro muro
agli alleati statunitensi, che hanno già sospeso gli ultimi aiuti promessi da
Joe Biden e bloccato la cooperazione fra intelligence.
Anche se su quest'ultimo punto ci sarebbe ora
un'apertura.
Kiev
sarebbe disposta a sottoscrivere l'accordo sui minerali ucraini che fanno tanto
gola a Trump.
Trump:
"Si farà tutto in due-tre giorni."
Che le
aspettative americane convergano in tal senso, lo rende chiaro Trump con alcune
dichiarazioni fatte ai giornalisti nella notte italiana:
"Faremo
molti progressi credo questa settimana.
Vedremo se riusciremo a fare qualcosa.
Molte persone sono morte questa settimana in
Ucraina, non solo ucraini ma anche russi.
Perciò penso che tutti vogliono vedere che si
faccia qualcosa".
Il
presidente statunitense ha infine aggiunto facendo riferimento all'accordo
sulle terre rare:
"Penso
che lo faranno e che sarà chiaro nei prossimi due-tre giorni".
Sarà
il segretario di Stato Marco Rubio il capo della delegazione americana a
Jeddah.
Al
bilaterale tra ucraini e statunitensi ci sarà anche l'inviato speciale per il
Medio Oriente “Steve Witkoff” che ha detto che Washington vuole "mettere a
punto un quadro per un accordo di pace e anche un cessate il fuoco
iniziale".
Sull'intelligence:
"Quasi riaperta la condivisione con l'Ucraina."
Primi
segnali di apertura nel dialogo tra Usa e Ucraina sono stati lanciati da Trump.
Il presidente ha infatti risposto ai
giornalisti che le autorità statunitensi "hanno quasi" ripreso la
condivisione di intelligence con Kiev:
"Beh,
abbiamo quasi (superato la pausa nella condivisione di intelligence, ndr.).
Voglio dire, abbiamo davvero quasi ripreso.
E
vogliamo fare tutto il possibile per far sì che l'Ucraina faccia sul serio nel
fare qualcosa".
Corsa
alla Luna, la sfida arriva da
Mosca e Pechino. L’Intelligence
fa il
punto sullo spazio.
Formiche.net – (6 -3-2025) - Marco Battaglia – ci
dice:
Lo
spazio non è più solo un orizzonte scientifico, ma un pilastro della crescita
economica e della sicurezza globale.
La
Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza traccia un
quadro dettagliato della competizione orbitale, tra investimenti miliardari,
sfide geopolitiche e l’ascesa di nuovi attori.
Dal
programma” Artemis” statunitense ai progetti cinesi e russi, fino alla
crescente influenza di attori privati come” SpaceX”, la nuova corsa allo Spazio
è in pieno svolgimento
La
competizione spaziale è sempre più intensa e strategica, e nonostante sia il
settore privato a guidare l’innovazione, il ruolo dei governi resta
fondamentale per garantire sicurezza, regolamentazione e investimenti.
È il
quadro che emerge dalla “Relazione annuale 2024” sulla politica
dell’informazione per la sicurezza che il comparto Intelligence del nostro
Paese ha presentato al Parlamento.
Un’intera sezione, con tanto di
approfondimenti grafici, è stata dedicata proprio a quanto sta accadendo oltre
l’atmosfera, definendola una vera e propria “nuova corsa allo spazio”.
La Relazione, in particolare, evidenzia come
oggi lo spazio non sia solo in terreno di competizione tra Superpotenze, come
lo fu nell’era della Guerra fredda, ma è ormai diventato un pilastro della
crescita economica globale.
Con un
mercato in espansione, che abbraccia i segmenti dello spazio tradizionale, dai
lanciatori all’esplorazione, passando per difesa e telecomunicazioni, la “Space
economy” ormai caratterizza anche comparti che mai si sarebbe immaginato avere
a che fare con le orbite:
le
tecnologie spaziali stanno ridefinendo le catene di fornitura e i trasporti,
che passeranno da 88 miliardi nel 2023 a oltre 412 miliardi nel 2035, grazie ai
servizi di navigazione e sincronizzazione.
Nel
settore “food and beverage”, la crescita sarà trainata dalla logistica e dal
delivery, raggiungendo i 334 miliardi.
Anche
la difesa beneficerà delle tecnologie spaziali, con investimenti in sistemi di
Intelligence e comunicazione che supereranno i 250 miliardi entro il 2035.
Secondo
i dati della Relazione, nel 2023, il settore spaziale ha raggiunto un valore di
570 miliardi di dollari, con una crescita del 7,4% rispetto all’anno
precedente.
I ricavi commerciali da prodotti/servizi e per
infrastrutture e supporto hanno superato i 445 miliardi di dollari, mentre la
spesa pubblica ha raggiunto i 124,2 miliardi, con gli Stati Uniti a guidare la
classifica con 73 miliardi.
Entro
il 2035, le previsioni indicano un valore di mercato vicino ai 1.800 miliardi
di dollari.
In
questo quadro, l’Europa è ben rappresentata, con oltre ottocento imprese che
sono nate nell’ultimo decennio proprio per partecipare a questa nuova età
dell’oro spaziale.
Con
63mila occupati nel settore, il comparto è in grado di generare nel Vecchio
continente undici euro per ogni euro investito.
Naturalmente, protagonista del settore è anche
l’Italia.
Nel
nostro Paese operano circa quattrocento imprese, di cui più della metà
strettamente legate ad attività spaziale.
Un ecosistema fatto a stragrande maggioranza
da Pmi e start up, a dimostrazione di un comparto in forte evoluzione e
trainato dall’innovazione.
Un
business che vale circa tre miliardi di euro, con investimenti stimati in 7,3
miliardi entro il 2026.
A
livello globale, la Relazione registra ancora una volta il primato assoluto
degli Stati Uniti secondo praticamente tutti gli indici.
Nel 2023 gli Usa si confermano il Paese che
spende di più per lo spazio, con 73 miliardi di dollari.
Segue
la Cina, con una spesa di 14 miliardi.
Da
segnalare la caduta della Russia nel corso degli anni, arrivata ormai al quinto
posto, superata da Giappone e Francia e tallonata da Paesi come Germania e
Italia.
Attore interessante è l’India, che cresce con
una spesa a oltre un miliardo e mezzo.
Queste
classifiche si registrano anche per numero di lanci, 144 per gli Usa, 68 per la
Cina, entrambe in crescita rispetto agli anni precedenti.
Crescono
anche il Giappone e l’India, ma non solo.
Oltre
alle grandi potenze spaziali della top 6, il numero di lanci a livello globale
è cresciuto fino a 19 nel 2024.
Cala la Russia e, per la verità, anche
l’Europa, che l’anno scorso è riuscita a eseguire solo tre lanci.
I dati sui lanci sono interessanti anche per
quanto riguarda il tipo di mezzo. Accanto ai lanciatori tradizionali, dagli “Ariane”
ai “Vega” europei, al “Long March” cinese, il primato va al “Falcon 9 “di Space
X, che lascia indietro tutti gli altri messi insieme con ben 134 lanci nel
2024.
L’importante
presenza dei privati si evidenzia bene anche dalle costellazioni satellitari
che si moltiplicano oltre l’atmosfera.
Anche
qui, è la “Starlink di SpaceX” a guidare la classifica.
L’infrastruttura
di Elon Musk per la connessione Internet a banda larga dalla bassa orbita
terrestre conta ormai quasi settemila satelliti.
La seconda in classifica, la costellazione “One
web” di” Eutelsat” (sempre per la connessione Internet a banda larga in orbita
Leo) ha “solo” 652 satelliti.
Da
segnalare la “cinese Beidou”, parte del sistema di navigazione satellitare di
Pechino, con 58 satelliti.
Questa
crescita intensa dei satelliti in orbita non è esente da criticità, in
particolare per quanto riguarda la produzione dei detriti spaziali, i
cosiddetti” space debris”. Attualmente sono più di 36mila gli oggetti in orbita
tracciati, di cui diecimila sono Payload attivi.
Ma non
tutti i “debris sono identificabili”.
Si
stima che ci siano circa 40mila detriti il cui diametro supera i dieci
centimetri, a cui si aggiungono un milione di debris di circa un centimento e
130 milioni di dimensioni inferiori.
Una
vera e propria nuvola di detriti la cui crescita potrebbe rappresentare un
pericolo per gli oggetti in orbita.
Ma la
nuova era allo Spazio si caratterizza anche per un’altra partita strategica, la
corsa per la Luna. Anche qui, la coalizione di Paesi, guidati dagli Stati
Uniti, del programma Artemis guida il viaggio verso il nostro satellite.
Dopo
il successo di Artemis I del 16 novembre 2022, i prossimi obiettivi vedono il
flyby lunare con equipaggio di Artemis II per l’aprile 2026, con l’allunaggio
al Polo Sud lunare previsto per il 2027 (Artemsi III). Seguiranno altre
missioni per la realizzazione della stazione in orbita cislunare (Gateway) e
per l’avvio delle attività umana sulla superficie, fino al completamento delle
stazioni lunari in orbita e sulla superficie.
Ma a
questi obiettivi si contrappone “l’altra Artemis”, ovvero l’iniziativa
congiunta di Russia e Cina Ilrs (International lunar research station).
L’obiettivo,
realizzare una rete di infrastrutture nell’orbita e sulla superficie della Luna
per la sua esplorazione scientifica multi-disciplinare, con la prospettiva di
garantire una presenza umana stabile. Si inizierà nel 2026 con la missione
Chanh’e 7 che punterà all’esplorazione robotica del Polo Sud per studiare
ambiente e risorse.
L’allunaggio
di cosmonauti e taikonauti è previsto per il 2030, con la costruzione di una
base sulla superficie entro il 2035.
Il
traguardo è settato al 2050, quando il network lunare sarà considerato
completo, con una stazione orbitante cislunare e delle stazioni sulla
superficie per missioni di lunga durata.
“Rubio”
taglia l'83% dei programmi USAID,
espone lo Stato Profondo e
il fondo nero globalista.
Naturalnews.com – (11 -3 – 2025) - Lance D.
Johnson – ci dice:
Il
Segretario di Stato Marco Rubio, con il sostegno del Department of Government
Efficiency (DOGE) di Elon Musk, smantella la burocrazia gonfia dell'USAID,
ponendo fine a decenni di corruzione finanziata dai contribuenti e agende
globaliste di sinistra.
•
L'83% dei programmi USAID è stato cancellato, per un totale di 5.200 contratti
per un valore di decine di miliardi di dollari.
• Il
restante 18% dei programmi sarà supervisionato dal Dipartimento di Stato,
garantendo la responsabilità e l'allineamento con gli interessi degli Stati
Uniti.
L'USAID
si è presentata come un fondo nero dello Stato Profondo, che incanala i dollari
dei contribuenti verso le ONG radicali, destabilizzando gli alleati e minando i
valori americani.
• Il
DOGE di Elon Musk è stato salutato come determinante nello scoprire le spese
inutili e gli abusi di parte dell'USAID.
“Rubio”
e “Musk” affrontano la corruzione gargantuesca.
Con
una mossa storica che ha provocato onde d'urto a Washington, il Segretario di
Stato Marco Rubio ha annunciato la cancellazione dell'83% dei programmi
dell'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID),
smantellando di fatto uno degli strumenti più eclatanti dello Stato Profondo
per portare avanti un'agenda globalista di estrema sinistra.
Dopo una revisione di sei settimane condotta
in collaborazione con il Department of Government Efficiency (DOGE) di Elon
Musk, Rubio ha rivelato che 5.200 contratti, per un valore di decine di
miliardi di dollari dei contribuenti, sono stati risolti per non aver servito,
e in alcuni casi danneggiato attivamente, gli interessi nazionali degli Stati
Uniti.
"I
5.200 contratti che ora sono stati annullati hanno speso decine di miliardi di
dollari in modi che non hanno servito, e in alcuni casi hanno persino
danneggiato, gli interessi nazionali fondamentali degli Stati Uniti", ha
dichiarato Rubio in un post su X.
Ha
aggiunto che il restante 18% dei programmi, circa 1.000, sarà ora amministrato
"in modo più efficace sotto il Dipartimento di Stato".
Questa
riforma radicale segna la fine di un'era in cui l'USAID operava come un oscuro
fondo nero per le ONG progressiste, i media di sinistra e persino i gruppi
estremisti.
Per decenni, l'agenzia ha incanalato miliardi di
dollari dei contribuenti in progetti che hanno minato i valori americani,
destabilizzato gli alleati e promosso ideologie radicali in tutto il mondo.
La
corruzione dell'USAID non è una nuova rivelazione, ma la portata dei suoi abusi
è venuta alla luce solo di recente.
Con il pretesto di "aiuti
umanitari", l'agenzia è diventata un braccio finanziato dai contribuenti
dello Stato Profondo, portando avanti un'agenda di estrema sinistra che spesso
andava contro gli interessi degli Stati Uniti.
Dal
finanziamento di gruppi ambientalisti radicali al sostegno ai media di
sinistra, i tentacoli dell'USAID hanno raggiunto ogni angolo del globo,
seminando caos e divisione.
Uno
degli esempi più eclatanti di illeciti dell'USAID è stata la sua interferenza
nelle elezioni straniere, spesso destabilizzando gli alleati che non erano
sufficientemente allineati con le ideologie progressiste.
L'agenzia
ha anche incanalato denaro verso le ONG che si opponevano alla libertà di
parola, al capitalismo e ai valori tradizionali, utilizzando efficacemente i
dollari dei contribuenti americani per dichiarare guerra ai principi stessi che
definiscono gli Stati Uniti.
DOGE
di Elon Musk: il cane da guardia di cui l'America aveva bisogno
Lo
smantellamento di USAID non sarebbe stato possibile senza gli sforzi
instancabili del Dipartimento per l'Efficienza Governativa (DOGE) di Elon Musk.
Istituito per sradicare sprechi, frodi e abusi nelle agenzie federali, DOGE è
emerso come un alleato fondamentale nella lotta contro lo Stato Profondo.
"Difficile,
ma necessario. Buon lavoro con te", ha twittato Musk in risposta
all'annuncio di Rubio.
L'imprenditore miliardario è stato a lungo un
critico vocale degli sprechi e dell'inefficienza del governo, e il ruolo del
suo dipartimento nell'esporre la corruzione dell'USAID ha cementato la sua
reputazione come forza di responsabilità.
L'indagine
di DOGE ha rivelato che la burocrazia gonfia dell'USAID non era solo
inefficiente, ma era attivamente dannosa.
Decine di miliardi di dollari sono stati
sprecati in progetti che non hanno fatto nulla per promuovere gli interessi
degli Stati Uniti, mentre i programmi critici sono stati trascurati.
Portando
alla luce questi abusi, DOGE ha aperto la strada alle riforme di cui c'è tanto
bisogno.
Per
decenni, i contribuenti americani sono stati costretti a pagare il conto per
l'agenda globalista dell'USAID, guardando impotenti mentre i loro sudati
dollari venivano incanalati in progetti che minavano i loro valori e interessi.
La cancellazione dell'83% dei suoi programmi
da parte dell'agenzia rappresenta una resa dei conti attesa da tempo, che farà
risparmiare ai contribuenti decine di miliardi di dollari, garantendo al
contempo che i restanti programmi di aiuto siano allineati con le priorità
degli Stati Uniti.
(Zerohedge.com).
“Trump
è un dittatore", dice il Partito dell'Odio che uccide i bambini il giorno
della nascita, censura la libertà di parola, vaccina forzatamente la
popolazione e usa il lawfare per incarcerare gli oppositori politici
Naturalnews.com
– (11-03 -2025) - S.D. Wells – ci dice:
Barrack
Hussein Obama è stato l'ultimo dittatore in America, che ha servito per tre
mandati, incluso l'ultimo in cui ha sostenuto un vecchio senile come il falso
POTUS e ha usato l'”auto pen” per firmare tutti gli ordini tirannici che hanno
quasi distrutto l'intera Repubblica.
Obama
ha governato questo paese per 12 degli ultimi 16 anni, parlando nell'auricolare
di Biden, scrivendo la sceneggiatura del gobbo e usando il copione comunista
per distruggere le infrastrutture americane attraverso la paralisi della catena
di approvvigionamento, una pandemia decimante, la propaganda di notizie false,
le frontiere aperte e qualsiasi cosa perversa potesse usare per distrarre le
masse da qualsiasi cosa che conta davvero.
Obama
il dittatore ha tutti i suoi seguaci pecore che chiamano Trump un dittatore.
Questo
è il motivo per cui il Partito Democratico proietta il suo odio e la sua
identità di dittatore su Trump, come una storia di copertura in modo che la sua
base insensata non si renda conto che Obama è stato un dittatore spietato e ha
governato il paese anche quando la sua coorte senile è stata sostenuta.
Dicono
che Trump è un fascista, ma Obama è il fascista, che ha inviato miliardi di
dollari alle organizzazioni terroristiche sotto la falsa facciata
"umanitaria" dell'USAID.
I
Democratici e i Liberali definiscono Trump un dittatore fascista e razzista, ma
è Obama che ha guidato la carica per dividere l'America in gruppi razziali e
gruppi di "genere" e mettere tutti l'uno contro l'altro mentre ci ha
tolto le nostre libertà personali e mediche proprio sotto il nostro naso.
I “Democratici
e i Liberali Dem” definiscono Trump un dittatore fascista e razzista, ma è
Obama che ha aperto i nostri confini e ha usato George Soros per finanziare
l'invasione di massa dell'immigrazione illegale in America per cercare di
renderla una nazione a partito unico governata dalla tirannia e dal comunismo
(travestito da socialismo).
Obama
l'accaparratore di armi. Obama l'uomo sposato con un altro uomo.
Obama
lo straniero. Obama il comunista. Obama la cellula dormiente.
Obama
il terrorista interno.
I
“Libtards “chiamano Trump un dittatore, ma sono i democratici che hanno usato
illegalmente il Dipartimento di Giustizia per creare accuse inventate contro
Trump in modo che non potesse candidarsi per il POTUS, essere sulle schede
elettorali, il tutto mentre cercavano di metterlo in prigione, ucciderlo due
volte e infangare il suo nome ogni giorno per 8 anni su ogni media di notizie
false che esiste (ma non per molto tempo).
Il
regime di Biden aveva il dittatore invisibile che gestiva lo spettacolo.
Il diavolo “Brandon oscuro” dietro le quinte.
Obama
ha dettato come uccidere i bambini durante il terzo trimestre della madre, come
trasformare i bambini e gli adolescenti in pervertiti del pensiero sessuale
mutilati dai genitali, come trafficare milioni di bambini e adolescenti in
schiavitù sessuale attraverso confini aperti e guerre costanti, e come
distruggere il nostro sistema educativo con DEI, CRT e Drag Queen Story Hour.
Obama
era il dittatore malvagio, non Trump.
Obama ha armato la FDA, il CDC, la CIA, l'FBI,
il DOJ, l'USDA, l'EPA e ogni altra agenzia governativa per distruggere vite,
rovinare l'economia, imprigionare conservatori innocenti e imbrogliare per il
seggio del POTUS.
L'America non ha mai avuto un dittatore più
vizioso, vile e pervertito dello stesso Obama.
Segui
la palla pervertita che rimbalza.
Sintonizza
il tuo quadrante dell'apocalisse su “preparedness.news “per aggiornamenti su
notizie reali su come sopravvivere all'aggressione del governo guidato dai
democratici, alle bugie e alla propaganda che ci viene addosso ogni giorno.
(#ObamaTheDictator).
(Censurato.news).
“Democratici
e Liberali Dem “sono indignati dal fatto che un impiegato governativo non
eletto, Elon Musk, stia prendendo decisioni sui mezzi di sussistenza delle
persone – che ironia.
Naturalnews.com
– (10/03/2025) - S.D. Wells – ci dice:
Divertente
come funziona.
Tutti i “Dimostranti e i Lib-nuts” che
soffrono per la “TDS” sono infuriati e lanciano attacchi sibilanti ogni giorno
mentre un impiegato governativo non eletto scopre tutti i loro sprechi,
perversioni, frodi e appropriazioni indebite al fine di ripristinare l'ordine e
la sicurezza finanziaria della nostra nazione.
Quanto
velocemente dimenticano che il loro dipendente governativo non eletto, un
famigerato Anthony "Gain of Function" Fauci, ha ordinato a ogni
americano di ripararsi sul posto per la pandemia, indossare maschere per
l'allevamento di batteri 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni all'anno,
mantenere la distanza sociale a 6 piedi, chiudere tutte le attività "non
essenziali" (qualsiasi cosa non aziendale gestita da Big Food e Big
Pharma) e obbedire a tutti i mandati di vaccinazione mortali o subirne le conseguenze
(essere licenziato e condannato dalla società).
Il
truffaldino re Fauci non è stato eletto per governare il paese, ma ha gestito
il copione pandemico come un feroce dittatore responsabile di tutto ciò che è
"scientifico" e "medico."
Vuoi
che la tua piccola impresa chiuda e fallisca?
Allora
è meglio che obbediate a Re Fauci.
I cosiddetti "mandati" durante la
pandemia COVID sono stati applicati come le leggi federali e chiunque li abbia
violati è stato trattato come lebbrosi, criminali e una piaga per la società.
Fauci
si è assicurato che tutti i diritti degli americani alla privacy, alla scelta
medica e al diritto al lavoro fossero violati e decimati fino al midollo.
Poi, quando le telecamere non giravano (o
almeno quando pensava che non lo fossero), la sua maschera si è tolta
immediatamente e ha riso con le sue coorti di tutti i peoni che erano stati
costretti a obbedire alle sue orribili regole di medicina sporca e protocolli
ospedalieri mortali.
Ora
che DOGE ed Elon Musk stanno indagando su altre frodi e caos democratici, tutti
i “democratici e i liberali dem” in America, in particolare i criminali, stanno
gridando al blues e urlando in segno di sfida che un funzionario non eletto sta
indagando su frodi e cercando di salvare l'America.
Che
ironia.
L'ipocrisia
della sinistra è assordante, ma ora le fake news sono affondate, rovinate,
distrutte e tutto per opera loro.
Mai
più una pandemia getterà fumo negli occhi e nella bocca dei patrioti.
Per le
persone ancora vive e che non soffrono della sindrome da colpo di coagulo, è
stata in realtà tutta una benedizione sotto mentite spoglie, perché di certo
non ci cascheremo di nuovo (non che l'abbiamo fatto tutti, ma abbiamo sofferto
tutti).
Ora è
il momento per i predatori di diventare la preda.
I
fanatici dei vaccini e il culto del vax soffrono della sindrome della proteina
spike, e la maggior parte di loro un giorno capirà esattamente perché.
I
malversatori di massa stanno correndo ai ripari mentre DOGE e Trump indagano su
di loro con un vero Dipartimento di Giustizia.
I
ladri stanno per essere arrestati e non hanno una gamba su cui stare in piedi.
Niente più potere per la propaganda delle fake news.
Niente
più funzionari corrotti a capo del CDC, FDA, FBI, CIA e così via.
Prosciuga
le creature della palude e mettile in prigione per i loro crimini.
L'ironia
è come guardare una sit-com mentre i criminali piangono e i patrioti diventano
i vincitori.
Prendi
dei popcorn e tira su una sedia, lo spettacolo è appena iniziato.
Sintonizza
il tuo quadrante apocalittico su” Preparedness.news “per aggiornamenti su
notizie reali su come sopravvivere all'aggressione governativa guidata dai
democratici, alle bugie e alla propaganda che ci viene addosso ogni giorno.
(Censurato.news).
Il
leader yemenita degli Houthi
lancia
un ultimatum di quattro giorni
a
Israele sul blocco degli aiuti a Gaza.
Naturalnews.com
– (10/3/2025) - Cassie B. – ci dice:
Il
leader yemenita di Ansarallah, “Abdul Malik al-Houthi”, lancia un ultimatum di
quattro giorni a Israele, chiedendogli di revocare il blocco degli aiuti a Gaza
e di riprendere i colloqui per il cessate il fuoco.
Lo
Yemen minaccia di reimporre un blocco navale contro le navi legate a Israele
nelle principali regioni marittime se Israele non si conformerà.
Gli
Houthi accusano Israele di ritardare gli obblighi di cessate il fuoco e di aver
precedentemente interrotto le spedizioni globali in solidarietà con Gaza.
La
crisi umanitaria di Gaza peggiora mentre Israele reimpone un blocco totale degli
aiuti, con oltre 48.000 palestinesi uccisi e 111.000 feriti.
L'ultimatum
degli Houthi rischia un'ulteriore destabilizzazione regionale e interruzioni
del commercio globale, attirando la condanna internazionale e il sostegno di
Hamas.
Il
leader yemenita di Ansarallah, “Abdul Malik al-Houthi,” ha lanciato un
ultimatum di quattro giorni a Israele, chiedendogli di revocare il blocco sugli
aiuti umanitari a Gaza e di riprendere i colloqui per il cessate il fuoco.
Se
Israele non si conformerà, lo Yemen ha minacciato di reimporre un blocco navale
contro le navi legate a Israele nel Mar Rosso, nell'Oceano Indiano e nel
Mediterraneo.
L'annuncio,
fatto il 7 marzo, sottolinea le crescenti ricadute regionali del conflitto in
corso a Gaza e il crescente coinvolgimento del movimento yemenita Houthi nella
crisi.
Le
forze armate yemenite (YAF), guidate da “Ansarallah,” avevano precedentemente
sospeso le operazioni militari a seguito di un cessate il fuoco mediato dagli
Stati Uniti a Gaza all'inizio di quest'anno.
Tuttavia,
al-Houthi ha accusato Israele di "procrastinare" l'adempimento degli
obblighi derivanti dall'accordo di cessate il fuoco, in particolare per quanto
riguarda la consegna di aiuti umanitari.
"Affrontiamo
l'assedio con un assedio", ha dichiarato al-Houthi, sottolineando che lo
Yemen "non può stare a guardare l'approccio aggressivo del nemico
israeliano nel far morire di fame il popolo palestinese a Gaza".
Dal
novembre 2023, la YAF ha preso di mira navi commerciali e navi da guerra
collegate a Stati Uniti, Regno Unito e Israele nelle principali regioni
marittime, tra cui il Mar Rosso e il Mediterraneo.
Queste
operazioni, che hanno interrotto il trasporto marittimo globale e costretto le
navi a percorrere rotte più lunghe e costose intorno all'Africa, sono state
condotte in solidarietà con i palestinesi di Gaza.
Gli
Houthi hanno anche rivendicato la responsabilità dell'abbattimento di 15 droni
MQ-9 Reaper statunitensi e del fuoco su un jet F-16 statunitense, dimostrando
le loro crescenti capacità militari nonostante abbiano affrontato centinaia di
attacchi aerei da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito.
Le
azioni del gruppo hanno attirato la condanna internazionale, con gli Stati
Uniti che hanno ri-designato gli Houthi come organizzazione terroristica
all'inizio di quest'anno.
Tuttavia,
l'ex inviato speciale degli Stati Uniti per lo Yemen “Timothy Lenderking” ha
riconosciuto che "non esiste una soluzione militare" al conflitto,
sottolineando la complessità della situazione.
Cessate
il fuoco, stallo e crisi umanitaria.
L'ultimatum
degli Houthi arriva nel mezzo di una situazione di stallo nei negoziati per il
cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
Israele
ha recentemente reimposto un blocco totale sugli aiuti umanitari a Gaza,
chiedendo un'estensione della prima fase dell'accordo di cessate il fuoco.
Hamas ha respinto questa proposta, insistendo
sul rigoroso rispetto dei termini originali e chiedendo una pressione
internazionale su Israele.
Il
blocco ha esacerbato una già terribile crisi umanitaria a Gaza, dove oltre
48.000 palestinesi sono stati uccisi e più di 111.000 feriti dall'inizio della
guerra.
Le Nazioni Unite e le organizzazioni per i
diritti umani hanno avvertito che le azioni di Israele possono costituire
crimini di guerra, citando l'uso della fame come arma di guerra.
"In
qualità di potenza occupante, Israele ha l'obbligo legale di garantire la
fornitura delle necessità di vita per i palestinesi che vivono sotto il suo
controllo", ha dichiarato l'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti
Umani (OHCHR). "Qualsiasi negazione dell'ingresso alle necessità della
vita per i civili può equivalere a una punizione collettiva".
Implicazioni
regionali e globali.
La
minaccia degli Houthi di riprendere le operazioni navali potrebbe
destabilizzare ulteriormente la regione e interrompere le rotte commerciali
globali.
La
capacità del gruppo di puntare le navi su vie d'acqua strategiche ha già
costretto le principali compagnie di navigazione a dirottare le navi,
aumentando i costi e i tempi di consegna.
Se gli
Houthi daranno seguito al loro avvertimento, le conseguenze economiche e
geopolitiche potrebbero essere significative.
Hamas
ha accolto con favore l'annuncio degli Houthi, definendolo una "decisione
coraggiosa" che riflette il continuo sostegno del gruppo ai palestinesi
mentre Israele porta avanti la sua campagna genocida a Gaza.
Nel
frattempo, Israele non ha ancora risposto all'ultimatum, lasciando la comunità
internazionale a guardare da vicino mentre si avvicina la scadenza dei quattro
giorni.
(TheCradle.co
--AlJazeera.com--Reuters.com).
Trump
tiene le redini di Musk:
un
bisturi, non un'accetta,
per
l'efficienza del governo.
Naturalnews.com
– (09/03/2025) - Willow Tohi – ci dice:
Il
presidente Donald Trump ha deciso di limitare l'autorità di Elon Musk
all'interno del Department of Government Efficiency (DOGE), sottolineando che i
segretari di gabinetto, non Musk, dovrebbero supervisionare i loro
dipartimenti.
Questa mossa mira a ridurre il caos e le sfide
legali derivanti dalle aggressive misure di riduzione dei costi di DOGE.
Le
azioni di DOGE hanno affrontato sfide legali significative, con i giudici
federali che hanno messo in dubbio la legalità dei licenziamenti di massa e
l'incapacità dell'amministrazione di chiarire chi è in carica.
La
confusione è stata evidenziata quando Trump ha contraddetto le precedenti
dichiarazioni del tribunale dichiarando Musk come capo di DOGE.
La
direttiva di Trump segna uno spostamento verso un approccio più preciso e
misurato alla riforma del governo.
L'amministrazione darà la priorità al
mantenimento delle "persone migliori e più produttive" e si affiderà
ai capi delle agenzie per prendere decisioni informate sul personale e sulla
politica.
Sebbene
il nuovo approccio miri a bilanciare la riduzione dei costi con il mantenimento
dei servizi essenziali, presenta sfide per i segretari di gabinetto che devono
navigare in questo delicato equilibrio. L'amministrazione riconosce che il
mancato taglio dei costi potrebbe comportare l'intervento di Musk per
effettuare i tagli.
La
battaglia per l'efficienza del governo è una questione di vecchia data, con i
tentativi di riforma del passato che spesso hanno portato a conseguenze
indesiderate.
Gli
sforzi dell'amministrazione Trump, se avranno successo, potrebbero portare a un
governo federale più snello ed efficace, ma il percorso da seguire è irto di
sfide legali e politiche.
In un
cambiamento drammatico che sottolinea la crescente tensione tra efficienza e
sconfinamento, il presidente Donald Trump si è mosso per limitare l'autorità di
Elon Musk all'interno del Dipartimento per l'efficienza del governo (DOGE).
La
decisione, annunciata giovedì durante una riunione di gabinetto ad alto
rischio, segna un momento cruciale nella battaglia in corso
dell'amministrazione per snellire la burocrazia federale evitando le insidie
del potere incontrollato.
La
mossa arriva dopo settimane di caos e sfide legali derivanti dalle aggressive
misure di riduzione dei costi di DOGE, che hanno lasciato migliaia di
lavoratori federali in un limbo e suscitato indignazione in tutto lo spettro
politico.
Mentre
l'obiettivo di eliminare gli sprechi del governo è lodevole, l'esecuzione è
stata tutt'altro che precisa, fino ad ora.
L'incontro
che ha cambiato tutto.
Il
presidente Trump ha convocato il suo gabinetto di persona per trasmettere un
messaggio chiaro:
"Sei
tu a capo dei tuoi dipartimenti, non Elon Musk".
Secondo
i funzionari dell'amministrazione, Trump ha sottolineato che Musk e DOGE
dovrebbero svolgere un ruolo consultivo, formulando raccomandazioni piuttosto
che emettere decisioni unilaterali sul personale e sulla politica.
Musk,
che era presente all'incontro, avrebbe riconosciuto che DOGE aveva fatto
"passi falsi" nel suo approccio.
La
direttiva di Trump rappresenta una significativa ricalibrazione del potere
all'interno dell'amministrazione.
"Man mano che i segretari imparano a
conoscere e capiscono le persone che lavorano per i vari dipartimenti, possono
essere molto precisi su chi rimarrà e chi se ne andrà", ha scritto Trump
su “Truth Social” dopo l'incontro.
"Diciamo
'bisturi' piuttosto che 'accetta'".
Questo
cambiamento non è solo una questione di burocrazia;
È una
correzione di rotta necessaria.
L'approccio iniziale dell'amministrazione –
licenziamenti di massa e licenziamenti a tappeto – ha incontrato una forte
resistenza nei tribunali federali.
I
giudici hanno ripetutamente messo in dubbio la legalità delle azioni di DOGE,
con alcune sentenze che suggeriscono che i licenziamenti violano le leggi sul
pubblico impiego.
Il
pantano legale.
Le
sfide legali che DOGE deve affrontare stanno aumentando e la decisione di Trump
di tenere a freno Musk potrebbe riguardare tanto la protezione
dell'amministrazione dalla responsabilità quanto il miglioramento della
governance.
Nelle
ultime settimane, i giudici federali hanno espresso frustrazione per
l'incapacità dell'amministrazione di chiarire chi sia veramente responsabile
dei tagli radicali del DOGE.
La
confusione ha raggiunto il punto di ebollizione durante il discorso di Trump al
Congresso la scorsa settimana, quando ha dichiarato che DOGE è "guidato da
Elon Musk".
Questa
dichiarazione contraddice direttamente le precedenti affermazioni
dell'amministrazione in tribunale secondo cui Musk non aveva un'autorità
indipendente per prendere decisioni politiche.
La contraddizione ha lasciato i giudici
scettici, con un giudice federale, “Theodore Chuang”, che ha osservato che
l'incapacità dell'amministrazione di identificare la leadership di DOGE prima
di nominare “Amy Gleason” come amministratore era "altamente
sospetta".
La
posta in gioco è alta.
Sono
pendenti diverse cause legali, con i querelanti che sostengono che Musk abbia
esercitato un grado di potere incostituzionale.
Questi
casi potrebbero avere implicazioni di vasta portata, portando potenzialmente al
reintegro dei lavoratori licenziati o addirittura allo smantellamento del DOGE
stesso.
Un
nuovo modello per l'efficienza della pubblica amministrazione.
La
decisione di Trump di conferire potere ai segretari di gabinetto al posto di
Musk segnala un passaggio verso un approccio più misurato alla riforma del
governo.
Mentre il presidente rimane impegnato a ridurre gli
sprechi, ha chiarito che l'obiettivo è quello di trattenere "le persone
migliori e più produttive".
Questo
nuovo modello, che privilegia la precisione rispetto ai tagli indiscriminati,
potrebbe rivelarsi un punto di svolta negli sforzi dell'amministrazione per
modernizzare il governo federale.
Affidandosi
ai capi delle agenzie, che sono meglio attrezzati per valutare le prestazioni e
le necessità del loro personale, l'amministrazione può evitare le insidie del
suo precedente approccio maldestro.
Tuttavia,
la strada da percorrere è irta di sfide.
I segretari di gabinetto devono ora navigare
nel delicato equilibrio tra il taglio dei costi e il mantenimento dei servizi
essenziali.
Come ha osservato Trump, "Se possono tagliare, è
meglio. E se non tagliano, allora sarà Elon a tagliare".
Perché
è importante.
La
battaglia sull'efficienza del governo non è nuova.
Per decenni, i conservatori si sono scagliati
contro la burocrazia federale, additando lo spreco, la ridondanza e
l'inefficienza come prova di un fallimento sistemico.
Gli
sforzi dell'amministrazione Trump per affrontare questi problemi sono attesi da
tempo, ma l'esecuzione è stata tutt'altro che perfetta.
Le
lezioni della storia sono chiare:
le riforme radicali, per quanto ben
intenzionate, spesso portano a conseguenze non intenzionali.
I tentativi dell'amministrazione” Reagan” di
ridimensionare il governo negli anni '80, ad esempio, sono stati accolti con
risultati contrastanti, poiché alcune agenzie hanno lottato per mantenere
funzioni critiche dopo profondi tagli.
Oggi
la posta in gioco è ancora più alta.
Con
una forza lavoro federale che è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi
decenni, la necessità di una riforma è innegabile.
Ma
come l'amministrazione ha imparato, la chiave del successo risiede nella
precisione, non nella forza bruta.
Conclusione.
La
decisione del presidente Trump di tenere a freno Elon Musk e di dare potere ai
segretari di gabinetto è un passo necessario verso il raggiungimento di una
riforma governativa significativa.
Sostituendo l'ascia con un bisturi,
l'amministrazione può ridurre gli sprechi senza sacrificare l'efficienza o
violare lo stato di diritto.
La
strada da percorrere non sarà facile. Le sfide legali continueranno e le
ricadute politiche dei licenziamenti di massa persisteranno.
Ma se
l'amministrazione riuscirà a trovare il giusto equilibrio, potrebbe ancora
ottenere ciò che molti hanno cercato di fare e non sono riusciti a fare:
un governo federale più snello ed efficace.
Come
ha detto lo stesso Trump, "la combinazione di loro, Elon, DOGE e altre
grandi persone sarà in grado di fare le cose a livello storico".
(TheNationalPulse.com
--Politico.com).
È così
che muore l'Occidente.
Unz.com
- Jared Taylor – (7 marzo 2025) – ci dice:
Bianchi
paralizzati incapaci di difendere ciò che è loro.
Dal 10
dicembre – cioè per 87 giorni – centinaia di africani immigrati clandestini
hanno occupato questo bellissimo edificio del XIX secolo nel cuore di Parigi.
Si
chiama teatro Gaîté Lyrique.
La
scorsa settimana, dopo 79 giorni di occupazione, la direzione del teatro ha
alzato le mani e ha abbandonato l'edificio, che è di proprietà della città di
Parigi. Con i "giovani" ovunque, tutti gli spettacoli erano stati
cancellati, le entrate erano crollate a zero e, adducendo la forza maggiore, la
direzione ha detto che non poteva più adempiere al contratto per gestire il
posto.
Nel
frattempo, ci sono state manifestazioni davanti al teatro, con i neri che
chiedono legalizzazione, alloggio, cibo e cure mediche.
Un
giudice ha ordinato alla città di Parigi di risolvere il problema entro il 14
marzo, ma finora non è stato fatto nulla.
Questo
è il modo in cui la civiltà occidentale potrebbe morire: bianchi paralizzati
incapaci di prendere le misure più ovvie per proteggere ciò che è loro.
Si tratta di un “Campo dei Santi” in
miniatura. Gli alieni invadono e i bianchi non oppongono resistenza.
Come
ci siamo arrivati?
In
primo luogo, con la stupidità mancina della gestione del teatro.
L'allegria
lirica, per dirla con il suo nome in inglese, era solita mettere in scena
l'opera, ma è caduta nelle mani di degenerati che sembrano non amare il lirismo
o l'allegria.
Ecco i
"prossimi concerti" che hanno dovuto essere cancellati o spostati
altrove.
“Theodora” è una rapper congolese che
"rappresenta una diversità, musicale e ideologica, un cocktail
esplosivo".
“Canblaster”
è un
artista di sintetizzatori "unanimemente rispettato e ammirato".
Un brano
è tratto dal suo ultimo album “LIBEROSIS”.
E
così, non è stata una sorpresa che quando il teatro ha organizzato una
conferenza chiamata "Benvenuti rifugiati in Francia", abbia fatto
entrare gratuitamente 200 barboni neri di strada.
Ma”
Lyric Gaiety “è stata superata da un'organizzazione ancora più follemente di
sinistra chiamata” Collective of the Youth of Parc de Belleville”, che ha
rastrellato gli africani.
Il
compito del collettivo è quello di creare una peste infernale di sé stesso.
Le sue
truppe, la scorsa primavera, che si occupano di un centro culturale, chiedendo
alloggi, cibo, istruzione e cure mediche per i neri illegali.
Ed eccoli
fuori, a minacciare di chiudere le Olimpiadi di Parigi se gli africani non
devono vincere ciò che vogliono.
Il
collettivo è gestito da bianchi, ma non ha problemi a montare” flash mob.”
Di
solito vengono cacciati abbastanza in fretta, ma questa volta hanno fatto
centro. Quando gli africani si sono rifiutati di andarsene, questo manager ha
ammesso che si trattava di un'occupazione illegale, ma ha simpatizzato con i
poveri cari, che di certo non potevano essere messi fuori al freddo di dicembre.
E per
79 giorni, il personale ha giocato a fare l'assistente sociale, il netturbino e
la guardia di sicurezza, mentre organizzazioni no-profit come “Samu Social,”
insieme a” Medici Senza Frontiere”, si sono assicurate che gli africani fossero
nutriti e curati.
Nel
frattempo, il collettivo di flash-mob era in piena attività lanciando appelli.
A
sinistra:
Chiedere donazioni di cibo, sacchi della spazzatura e prodotti per la pulizia.
Al
centro:
"Governo razzista, ufficio del sindaco. Siamo stufi.
Si può’
vedere africani che urlano nei megafoni e sventolano manifesti che dicono:
"Uguaglianza significa legalizzazione, alloggio, istruzione e assistenza
sanitaria per tutti".
O che
dicono "Solidarietà, disobbedienza, resistenza, lotta. Il razzismo di
stato apre la strada al fascismo".
Altri
striscioni chiedono aiuto ai sindacati di sinistra.
Come sempre, questo tipo di follia ha
sostenitori bianchi idioti.
Tutto
questo alla fine è diventato troppo per il personale del teatro – basta guardare
quei bianchi seri.
Hanno
scritto una lettera aperta al sindaco di Parigi.
Non
hanno detto: "Portate fuori questi porci, per amor di Dio".
Hanno
detto che il teatro si è trovato di fronte a una "situazione
esplosiva", con "violenza di crescente frequenza e gravità", che
c'era già stato un incendio pericoloso, che all'ultimo conteggio c'erano 446
occupanti abusivi sotto i piedi – per i quali hanno implorato le autorità di
"trovare riparo".
E con
ciò, il primo marzo, se ne sono andati. Secondo quanto riferito, la città ha
preso il sopravvento, ma il posto è ancora piuttosto spettrale.
Un
giornale sostenuto da “Soros”, chiamato “Street Press”, aveva utilizzato uffici
gratuiti nel teatro.
“Street
Press” è orgogliosa di proclamare di essere: antirazzista, contro la destra
radicale, femminista, contro la violenza della polizia, dalla parte dei
rifugiati, ecologista e dalla parte dei poveri.
Ma
cinque giorni dopo che la direzione del teatro si è ritirata, “Mathieu Molard”
di “Street Press” – si può guardare la sua bella illustrazione della “X” – ha
rilasciato una dichiarazione.
Ha
detto che il personale ha dovuto andarsene "improvvisamente" per la
propria sicurezza.
Ha
detto che, soprattutto di notte, c'è "tensione" nell'edificio.
Ha espresso una continua
"solidarietà" con gli africani, naturalmente, e ha incolpato i loro
problemi di "reazionari" e "propaganda razzista".
Ma ha implorato i donatori per "migliaia
di euro" per pagare la fuga del personale.
E
questo, onorevoli colleghi, è lo stato attuale della venerabile “Gaîté Lyrique”.
I media francesi sono sorprendentemente
silenziosi.
Forse
stanno aspettando un'esplosione.
Concluderò
con una scena tratta dalla produzione del 1985 dell'opera di Jacques Offenbach,
Viaggio sulla Luna, che debuttò alla “Gaîté Lyrique” nel 1875.
Penso
che se Offenbach dovesse vedere cosa sta succedendo oggi nel suo teatro,
preferirebbe rimanere bloccato sulla luna.
Le
follie di Epstein.
Unz.com - Patrick Lawrence – (10 marzo 2025)
ci dice:
Esiste
una Foto segnaletica di Jeffrey Epstein, 2013.
(Stato
della Florida/Wikimedia Commons).
Undici
giorni fa, il procuratore generale degli Stati Uniti “Pam Bondi” ha
pubblicizzato l'imminente rilascio da parte del suo ufficio di file relativi
all'apparentemente tentacolare impero del vizio che “Jeffrey Epstein” ha
gestito per molti anni – uno scandalo che è filtrato a livello o appena al di
sotto della consapevolezza pubblica per oltre un decennio.
Ciò
che seguì il considerevole rullo di tamburi di” Bondi “furono 200 pagine di
nulla di nuovo.
In
mezzo al suo crescente imbarazzo quando il rilascio del suo documento è
fallito, Bondi ha citato un informatore dell'FBI per affermare di essere stata
ingannata dall'ufficio di New York dell'agenzia.
L'informatore
ha affermato che l'ufficio di New York le aveva tenuto nascoste migliaia di
altri documenti relativi a Epstein.
“Bondi”
giurò quindi di ottenere il nascondiglio nascosto e di licenziare coloro che li
avevano trattenuti sfidando il suo ordine.
Ora
c'è di più.
Lunedì,
“Bondi” ha annunciato trionfalmente su” Fox News” che migliaia di documenti
inediti e altre forme di prove pertinenti all'affare Epstein sono stati
finalmente consegnati al suo ufficio al Dipartimento di Giustizia.
Allo
stesso tempo, ha ammesso che questi nuovi file saranno redatti prima di essere
resi pubblici, per ragioni che includono, ha detto un po' minacciosamente,
ragioni di "sicurezza nazionale".
Cosa
succede qui?
È
importante considerare questa bizzarra svolta degli eventi come qualcosa di più
di una guerra burocratica intestinale.
Potremmo essere di fronte a un tentativo
onesto da parte dell'amministrazione Trump di portare alla luce il “caso
Epstein” come parte della sua pulizia dell'FBI profondamente corrotto.
Ma
molti invece guardano ai limiti dell'impegno del regime di Trump per la
divulgazione e la trasparenza.
“Bondi”
si è buttato a capofitto nello “Stato Profondo,” ancora resistente, immutato
nella sua determinazione a ostacolare Trump e il suo popolo proprio come ha
fatto durante il suo primo mandato?
Il presidente Trump è ora a conoscenza –
insieme al resto di noi – che gli stessi organi di potere segreto che hanno
lanciato il “Russiagate” contro Trump tanti anni fa ora resisteranno,
contrastando ogni ordine emesso da Trump o dai suoi alti funzionari?
Così
sembra.
Ma ciò che emerge da questi recenti eventi è un quadro
sfocato. Sembra che ci siano buone probabilità che Trump e la sua gente abbiano
concluso che c'è una linea sottile tra l'attacco allo Stato Profondo e
l'assecondarlo.
Per
trasformare questa faccenda disordinata in un altro modo, è stata tutta questa
una trovata pubblicitaria andata male a causa dell'incompetenza ai vertici del “Dipartimento
di Giustizia”, salvata all'ultimo momento da un informatore?
Se “Bondi” sapeva che il primo giro di
documenti era “un nulla di 200 pagine”, perché ha pubblicizzato la loro
divulgazione durante uno spot televisivo nazionale la sera prima della loro
pubblicazione?
Perché
non lamentarsi che le erano stati dati degli scarti, preparando il pubblico a
ciò che stava per accadere?
Non
sapeva ancora abbastanza del caso Epstein per rendersi conto che questi
documenti erano pubblici da anni?
O è
stata intenzionalmente ingannevole per qualche altro motivo?
Un
sacco di potere?
È
possibile che Trump e la sua cerchia stiano usando l'affare Epstein per
strappare il “controllo dalle viscere delle istituzioni “che un tempo gli si
opponevano, non per motivi di giustizia o trasparenza, ma semplicemente per
esercitare un'autorità amministrativa e burocratica.
Il
riconoscimento di Bondi ad “Hannity” che qualsiasi documento relativo a Epstein
giudicato come compromesso per la "sicurezza nazionale" sarà
sterilizzato è una luce gialla lampeggiante del tipo che dovrebbe lampeggiare
ogni volta che sentiamo invocare la "sicurezza nazionale".
Potrebbe
risultare che Trump e il suo gabinetto siano impegnati, dopo tutto, a
proteggere – ironia dell'ironia – la reputazione dell'apparato di intelligence,
insieme a una vasta schiera di plutocrati, e il più grande alleato dell'America,
secondo Trump,” Bondi” e il resto del gabinetto:” Israele”.
Consideriamo:
quali domande di "sicurezza nazionale" richiederebbero l'oscuramento
nei confronti di un trafficante di sesso deceduto o delle sue vittime
minorenni, a meno che il nostro governo o i nostri stretti alleati non fossero
stati coinvolti in tale giro di traffico sessuale?
(Sean
Hannity).
A
questo punto devo dire che non mi piace l'odore di tutto questo.
L'annuncio
di Bondi di lunedì sera di aver ottenuto nuove prove ha coinciso con le
dimissioni di “James Dennehy”, capo dell'avamposto dell'FBI di New York.
La
lettera di dimissioni di “Dennehy” indicava che era stato costretto a
dimettersi, ma ovviamente non includeva alcun suggerimento che ciò fosse
correlato a una copertura di pertinenti file di Epstein.
È comunque difficile non notare le apparenti
implicazioni della tempistica di “Dennehy”.
Epstein
è morto in custodia presso il “Metropolitan Correctional Center” di New York
City nell'agosto 2019, un mese dopo essere stato arrestato per accuse federali
di traffico sessuale di minori.
La sua
compagna-magnaccia, “Ghislaine Maxwell”, è stata in seguito condannata per
traffico sessuale di minori e alla fine condannata a vent'anni di prigione.
Prima
del suo arresto,” Epstein “aveva ricevuto un patteggiamento molto indulgente e
altamente discutibile nel 2008 per precedenti accuse di aver procurato un
bambino per la prostituzione.
L'accordo
del 2008 era così incredibilmente soft che “Alexander Acosta”, l'ex procuratore
degli Stati Uniti a Miami che lo offrì a “Epstein”, dovette in seguito
difendersi mentre veniva confermato come segretario del lavoro di Trump.
“Acosta” ha detto del caso: "Mi è stato
detto che Epstein 'apparteneva all'intelligence' e di lasciar perdere".
Bisogna
anche tenere presente che non c'è ancora alcuna discussione da parte di Bondi, “Hannity”
o chiunque altro nell'amministrazione Trump in merito alle azioni penali per i
clienti o gli associati di Epstein, a parte Maxwell, già condannato.
È
interessante notare che Bondi ha affermato nell'intervista ad” Hannity” che il
Dipartimento di Giustizia stava trattando il rilascio dei file dell'assassinio
di Kennedy (John F.) e Martin Luther King, Jr. con la stessa dedizione alla
trasparenza.
Gli
americani "hanno il diritto di sapere", ha insistito (non originariamente).
Nel
contesto in cui lo abbiamo, dobbiamo chiederci cosa fa presagire.
E a questo stesso proposito, Bondi non ha
fatto menzione dei file dell'FBI sull'omicidio di “Seth Rich”, il tecnico
informatico del” Partito Democratico Usa” assassinato poco dopo il furto della
posta del partito nel 2016.
L'agenzia
sta ancora trattenendo quei file, con una scadenza per un ordine del tribunale
per rilasciarli in arrivo lunedì.
“Bondi”,
“Patel” e l'amministrazione Trump pretendono di fare ogni sforzo per fare
pulizia alla Giustizia e all'FBI.
Questi
sviluppi nel caso Epstein suggeriscono – e non più a questo punto – che
potrebbe essere diversamente.
Sembra
che ci siano poche possibilità, per dirla in altro modo, che quegli elettori
interessati a mantenere il caso Epstein ben sepolto semplicemente si tirino
indietro.
Fuori
discussione, un mio avviso.
Chi o
cosa stiamo proteggendo?
Se
dovessimo assistere alla pubblicazione di un'enorme quantità di prove e
documenti su Epstein, cosa potremmo scoprire?
Supponendo
che gran parte di quella documentazione non sia stata distrutta o resa
inaccessibile in altro modo, e che non sia stata curata in modo disonesto prima
di essere resa pubblica, esiste un ampio spettro di individui, organizzazioni
ed enti statali in diversi paesi che potrebbero essere implicati nel traffico
sessuale di bambini, in ultima analisi a scopo di ricatto.
Potrebbero
esserci anche rivelazioni riguardanti i loschi affari finanziari di Epstein.
Conosciamo
già i nomi di molti dei presunti autori degli abusi di Epstein, grazie alla
pubblicazione da parte di “Nick Bryant” del "libro nero" di Epstein e
dei numerosi registri di volo dell'aereo di Epstein (il cosiddetto "Lolita
Express"), insieme a numerosi documenti giudiziari riguardanti Epstein e
le sue presunte vittime.
“Bryant”
ha affermato:
"In
una causa per diffamazione contro Ghislaine Maxwell, “Virginia Giuffre” ha
accusato i seguenti uomini di essere tra i suoi perpetratori:
Alan Dershowitz, il principe Andrea, l'ex
governatore del New Mexico Bill Richardson, il miliardario Glenn Dubin, l'ex
senatore degli Stati Uniti George Mitchell, lo scienziato Marvin Minsky,
l'agente di modello Jean Luc Brunel, Les Wexner e anche l'ex primo ministro israeliano Ehud
Barak".
In
altre parole, una pubblicazione vera e completa delle prove potrebbe riscrivere
la storia degli apparati di intelligence statunitensi e israeliani e di alcune
delle nostre istituzioni più rispettate.
Sebbene
il presidente Trump si posizioni in opposizione allo “Stato Profondo”, in
particolare a quelle agenzie responsabili di aver sovvertito la sua prima
amministrazione attraverso la bufala del “Russiagate”, lui e la sua cerchia
sono stati a lungo ardenti sostenitori di Israele con le loro attestazioni e
azioni, e Israele ha legami con lo scandalo Epstein.
Come
ha sottolineato “Elizabeth Vos” in un articolo pubblicato sabato su “Consortium
News”, Trump ha anche sostenuto l'apparato di sicurezza nazionale in alcune
occasioni, in particolare durante il processo al fondatore di” Wiki Leaks” “Julian
Assange”.
La
CIA, durante il primo mandato di Trump, ha preso in considerazione le
operazioni per rapire o assassinare Assange, non dimentichiamolo.
In altre parole, sembra che Trump usi lo Stato
Profondo quando lo ritiene opportuno, e si opponga ad esso quando lo incrocia.
Come
rivelano i registri di volo a lungo pubblici, è documentato che lo stesso Trump
ha volato sull'aereo di Epstein almeno sette volte.
Anche
i file rilasciati da Bondi contengono il nome di Trump sui registri di volo.
Tuttavia,
ad oggi non è stato accusato di attività illegali in relazione al giro di
traffico sessuale di Epstein.
Anche l'ex presidente Bill Clinton ha volato
sul cosiddetto Lolita Express almeno 26 volte, con i suoi servizi segreti
assenti su almeno cinque voli.
Dato
l'ardente sostegno di Israele e della causa sionista che Trump e l'intero
governo esprimono regolarmente, ne consegue che non ci si aspetterebbe che
Trump o i membri della sua amministrazione smascherino completamente il legame
tra Israele o l'intelligence statunitense e un'operazione di ricatto e traffico
sessuale di minori ad alto livello.
Ne
consegue che è anche improbabile che agenti speciali corrotti in una sede
distaccata dell'FBI spieghino completamente il fiasco della divulgazione di un
documento, e perché non possiamo aspettarci vera trasparenza o giustizia per le
vittime di Epstein nel prossimo futuro.
Quando
le migliaia di nuovi documenti di Bondi saranno finalmente pubblicate, molto
probabilmente saranno stati ripuliti da qualsiasi elemento che implichi il
coinvolgimento del governo degli Stati Uniti o del nostro "più grande
alleato".
Nella
mia lettura, il primo grande cambiamento di Bondi come “AG” di Trump riflette
uno sforzo ampio ma sommerso a “favore del Deep State” e dei suoi tentacoli per
proteggersi.
In
questo momento iniziale, sembra che non ci sia molto di più.
Rachel
Corrie e la dura
lotta
per la libertà.
Unz.com
- Wyatt Peterson – (9 marzo 2025) – ci dice:
Gli
osservatori obiettivi della scena politica stanno cominciando a notare che la
politica estera americana è, in larga misura, formata e diretta da influenti
gruppi ebraici la cui prima fedeltà è allo stato di Israele.
Poche
ore prima del discorso di Trump a una sessione congiunta del Congresso il 4
marzo, l'”Istituto ebraico per la sicurezza nazionale d'America” (JINSA) ha
emesso una lettera che chiedeva un maggiore sostegno americano all'agenda di
guerra di Israele in Medio Oriente.
Firmata
da 77 ex generali statunitensi che concordano sul fatto che è "tempo di
lasciare che Israele finisca il lavoro contro l'asse iraniano", la lettera
chiede al governo americano di massimizzare il sostegno a Israele in qualsiasi
prossima operazione contro lo” stato persiano”.
Rapporti “FoxNews.com”:
"I
generali e gli ammiragli in pensione chiedono agli Stati Uniti di fornire a
Israele munizioni, sistemi d'arma e 'il supporto necessario per garantire
l'efficacia delle sue operazioni contro questa minaccia comune'.
Affermano
che sostenendo Israele nella sua lotta contro un Iran nucleare, gli Stati Uniti
proteggerebbero la propria influenza nella regione.
Il regime iraniano è stato anche recentemente
accusato di aver complottato per assassinare Trump, cosa che il presidente ha
detto avrebbe portato alla 'cancellazione' della Repubblica islamica".
“JINSA”
è un think-tank di politica estera estremamente aggressivo dedicato a forgiare
legami inseparabili tra Israele e l'establishment della difesa americana.
Precedentemente
noto come” Jewish Institute for National Security Affairs”, il gruppo è stato
fondato, secondo “Jason Vest” di “The Nation”, da "neoconservatori
preoccupati che gli Stati Uniti potrebbero non essere in grado di fornire a
Israele adeguate forniture militari in caso di un'altra guerra
arabo-israeliana".
Membri
influenti della” JINSA”, come “Douglas Feith” e “Richard Perle”, hanno svolto
un ruolo significativo nel fomentare la catastrofica invasione dell'Iraq nel
2003, fabbricando la stravagante disinformazione sulle armi di distruzione di
massa usata come giustificazione per il dispiegamento delle truppe americane.
Ventidue
anni dopo, lo stesso gruppo è di nuovo al lavoro, esercitando la massima
pressione su un “Donald Trump “ovviamente compromesso nella speranza che attivi
l'esercito americano per un'altra serie di costose guerre in Medio Oriente.
Non è
un caso che l'esercito degli Stati Uniti abbia recentemente riportato il numero
di reclutamenti più alti degli ultimi 15 anni, arruolando 10.727 nuovi soldati
soli nel dicembre 2024!
Esistono
sorprendenti somiglianze tra la retorica del 2003 e quella odierna.
Ricordando
“Rachel Corrie”.
Con i
tamburi di guerra che battono sempre più forte con il passare dei giorni,
l'amministrazione Trump sta lavorando diligentemente per garantire che
qualsiasi opposizione organizzata a Israele venga presto vietata.
Il 29
gennaio, Trump ha firmato un ordine esecutivo "per combattere
vigorosamente l'antisemitismo, utilizzando tutti gli strumenti legali
disponibili e appropriati, per perseguire, rimuovere o altrimenti ritenere
responsabili gli autori di molestie e violenze antisemite illegali".
L'ordine
"riafferma" l'ordine esecutivo 13899, firmato da Trump nel dicembre
2019, che ha ampliato il Titolo VI del “Civil Rights Act” del 1964 per colpire
specificamente il movimento non violento di boicottaggio, disinvestimento e
sanzioni (BDS) nei campus universitari, istruendo coloro che sono incaricati di
far rispettare il Titolo VI a considerare la definizione operativa di antisemitismo
dell'IHRA, che per caso include le critiche a Israele.
Per
dimostrare che non sta bluffando, Trump ha organizzato una task force per
combattere l'antisemitismo, guidata da Leo "Uncle Tom" Terrell, che
ha già avviato indagini su quasi una dozzina di college statunitensi.
In una
mossa che i gruppi per i diritti civili affermano essere "senza
precedenti" e "incostituzionale", il “Dipartimento
dell'istruzione” ha annunciato questa settimana di aver annullato 400 milioni
di dollari di finanziamenti federali alla “Columbia University”, citando
"violenza implacabile, intimidazione e molestie antisemite" nel
campus, pur affermando che "sono previste ulteriori cancellazioni".
Fin
dagli anni '60, i campus universitari americani sono stati un focolaio di
attivismo anti-guerra.
Nonostante tutti gli altri difetti, i giovani
americani energici di “orientamento liberale Dem” sono spesso dotati di un
intenso spirito umanitario che è naturalmente avverso al genocidio e alla
guerra.
Non è
raro che queste persone, e non gli “yahoo MAGA” che sventolano la bandiera,
siano le più disposte a opporsi alle ingiustizie percepite, anche a costo della
propria vita.
Una di
queste persone era “Rachel Corrie”, che, ventidue anni fa questo mese, è stata
uccisa a sangue freddo dall'esercito israeliano mentre protestava contro la
distruzione delle case palestinesi a Gaza.
Rachel
è cresciuta a Olympia, Washington.
Mentre
frequentava l'”Evergreen State College” nei primi anni 2000, ha scoperto il
conflitto Israele/Palestina tramite un'amica di origine palestinese che aveva
incontrato a scuola.
Poco
dopo è diventata, secondo le sue stesse parole, una "attivista impegnata
per la pace", determinata a fare qualcosa per la grave ingiustizia che
percepiva giustamente come un disastro umanitario.
Rachel
si è inizialmente unita a un gruppo chiamato "Olympians for Peace and
Solidarity", organizzando eventi di pace per aiutare a sensibilizzare
sulla difficile situazione dei palestinesi, prima di unirsi all'”International
Solidarity Movement” (ISM).
L'ISM
è un'organizzazione pro-Palestina fondata nel 2001 da attivisti palestinesi,
americani e israeliani in seguito al rifiuto di una proposta delle Nazioni
Unite da parte di Stati Uniti e Israele che cercava di collocare osservatori
internazionali dei diritti umani nei territori palestinesi occupati.
Sin
dalla sua nascita, la missione dell'ISM è stata quella di sostenere la causa
palestinese attraverso iniziative di azione diretta non violenta, come le
proteste contro l'esercito israeliano nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
Nel
gennaio 2003, Rachel e altri membri dell'ISM si recarono in Cisgiordania per
quella che descrissero come una campagna di solidarietà.
Il
gruppo si fermò prima in una città a est di Betlemme chiamata “Beit Sahour,”
prima di dirigersi a Rafah nella Striscia di Gaza meridionale.
Arrivarono
a Gaza in un momento in cui l'esercito israeliano era impegnato in una campagna
su larga scala di distruzione delle case palestinesi, spesso utilizzando
bulldozer corazzati Caterpillar D9 pagati dai contribuenti americani come arma
preferita.
Un
rapporto del 2004 pubblicato dalle Nazioni Unite ha stabilito che tra settembre
2000 e maggio 2004, 17.594 palestinesi avevano le loro case distrutte
dall'esercito israeliano.
Mentre
era a Rafah, Rachel è rimasta con un certo numero di famiglie, tra cui un
medico di nome “Samir Nasrallah” che viveva in una modesta casa a due piani
vicino al confine israeliano con sua moglie ei loro tre figli.
In un'intervista condotta poco prima della sua
morte, Rachel ha parlato di alcuni degli orrori a cui ha assistito durante la
sua permanenza a Rafah:
"Da
quando sono qui, i bambini sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco. Il 30
gennaio, l'esercito israeliano ha demolito i due più grandi pozzi d'acqua,
distruggendo oltre la metà delle riserve idriche di Rafah.
Ogni pochi giorni, se non tutti i giorni, qui
vengono demolite case.
La gente è economicamente devastata a causa
della chiusura del confine con l'Egitto e dell'estremo controllo dell'economia
di Gaza da parte di Israele...
Mi
sento come se quello a cui sto assistendo qui sia una distruzione molto
sistematica della capacità di un popolo di sopravvivere.
E questo è incredibilmente orribile".
Il 16
marzo 2003, appena quattro giorni prima dell'invasione americana dell'Iraq,
Rachel ricevette una chiamata da un'attivista che la informava che le IDF si
stavano preparando a radere al suolo la casa del dottor Nasrallah.
"Gli
israeliani sono tornati", disse la persona che chiamava, "Venite
subito qui.
Penso
che si stiano dirigendo verso la casa del dottor Samir".
In
effetti, i bulldozer di fabbricazione americana avevano messo la casa del
dottor Nasrallah nel mirino, dopo aver già distrutto le strutture circostanti.
"Quasi tutte le altre strutture nella
zona erano state abbattute negli ultimi mesi; la dimora di Nasrallah ora era
isolata in un mare di sabbia e detriti". [Fonte].
Rachel
arrivò sul posto e incontrò un gruppo di sette attivisti ISM britannici e
americani che portavano megafoni e indossavano giubbotti fluorescenti arancioni
per la massima visibilità.
Un
articolo su “NPR.org” descriveva cosa accadde quando affrontò il bulldozer
azionato da due membri dell'IDF:
"Corrie,
che indossava un giubbotto fluorescente arancione e parlava attraverso un
megafono, era determinata a fermarli.
In
piedi da sola su un cumulo di terra sul percorso del veicolo blindato, si
aspettava che il bulldozer israeliano che si avvicinava a lei si fermasse, come
avevano fatto altri bulldozer quando si erano trovati di fronte a manifestanti
internazionali.
Ma continuò ad andare e, mentre i suoi
compagni attivisti urlavano e cercavano di fermarlo, la studentessa
universitaria di 23 anni di Olympia, Washington, fu schiacciata a morte.
I figli della famiglia Nasrallah guardavano
inorriditi attraverso una crepa nel muro del loro giardino."
Uno
dei testimoni oculari, un uomo di nome “Joe Carr”, ha dato il seguente resoconto:
"Indossando
ancora la sua giacca fluorescente, si è inginocchiata ad almeno 15 metri
davanti al bulldozer, e ha iniziato ad agitare le braccia e a gridare, proprio
come gli attivisti avevano fatto con successo dozzine di volte quel giorno...
Quando
si è avvicinato così tanto da muovere la terra sotto di lei, si è arrampicata
sul mucchio di macerie spinto dal bulldozer...
La sua
testa e la parte superiore del busto erano sopra la lama del bulldozer.
e l'operatore del bulldozer e il collaboratore
poteva vederla chiaramente. Nonostante ciò, l'operatore ha proseguito in
avanti, il che l'ha fatta cadere all'indietro, fuori dalla vista del
conducente.
Lui ha
continuato in avanti e lei ha cercato di tornare indietro, ma è stata
rapidamente trascinata sotto il bulldozer.
Rachel
Corrie giace a terra, in attesa di assistenza medica, dopo essere stata
schiacciata sotto un bulldozer israeliano a Rafah, Gaza, il 16 marzo 2003.
(Esiste
una Foto).
Nonostante
la promessa del Primo Ministro israeliano Ariel Sharon di avviare un'indagine
"approfondita, credibile e trasparente", l'inchiesta militare ha
completamente assolto l'IDF da ogni illecito e ha stabilito che la morte di
Rachel è stata un incidente di cui lei stessa era responsabile.
Una testimone intervistata dall'esercito israeliano,
un'infermiera britannica di nome “Alice Coy”, ha testimoniato sotto giuramento
che il soldato che l'ha interrogata sull'omicidio di Rachel si è rifiutato
persino di registrare la sua dichiarazione in cui affermava di credere che i
bulldozer stessero pianificando di distruggere le case dei civili.
La sentenza è stata criticata dai gruppi per i
diritti umani Amnesty International, Human Rights Watch e B'Tselem, così come
dal colonnello Lawrence Wilkerson, che ha detto ai genitori di Rachel che non
considerava legittima l'indagine.
Sentimenti
simili sono stati espressi dall'ambasciatore statunitense in Israele, Dan
Shapiro, che ha detto alla famiglia di Rachel che il governo statunitense non
credeva che l'indagine israeliana fosse stata "approfondita, credibile e
trasparente".
Nonostante
le critiche, il deputato Brian Baird, che rappresentava la città natale di
Rachel, Olympia, Washington, fu uno dei pochi politici americani disposti a
richiamare l'attenzione sul suo omicidio.
Nel
marzo 2003, Baird presentò una risoluzione al Congresso degli Stati Uniti che
chiedeva al governo degli Stati Uniti di "intraprendere un'indagine
completa, equa e rapida" sulla morte di Rachel.
Non
sorprende che non sia mai stata intrapresa alcuna azione.
Nel
2005 i genitori di Rachel hanno intentato una causa civile presso il tribunale
distrettuale di Haifa, accusando lo stato israeliano di non aver condotto
un'indagine credibile e di essere ritenuto responsabile della morte di Rachel.
La famiglia ha intentato una causa per un simbolico dollaro, non per ottenere
un guadagno finanziario, ma piuttosto per ottenere la responsabilità della
morte della persona amata.
Nell'agosto 2012, un tribunale israeliano ha
confermato il verdetto dell'indagine militare, invocando un'eccezione per
"attività di combattimento" che afferma che il personale militare non
può essere ritenuto responsabile per alcun danno fisico o economico arrecato ai
civili in un'area designata come "zona di guerra".
Nel
suo verdetto, il giudice Oded Gershon ha descritto l'indagine di Israele come
"appropriata" e ha accusato Rachel e altri nell'ISM di
"proteggere i terroristi", sebbene si potesse difficilmente dire che
il dottor Nasrallah e la sua famiglia corrispondessero a tale descrizione.
Gershon
ha aggiunto che la morte di Rachel era "il risultato di un incidente che
si era procurata da sola".
Dopo
il processo, la famiglia di Corrie ha affermato che importanti prove erano
state nascoste come parte di un insabbiamento in corso. Come riportato dal “Jerusalem
Post”:
Subito
dopo la fine del processo a luglio, la famiglia di Corrie ha affermato che si
rivela importante – tra cui diversi nastri di sorveglianza che mostrano filmati
a colori di eventi prima e dopo la morte dell'attivista – sono stati trattenuti
come parte di un insabbiamento sulle circostanze della sua morte.
Il
filmato a colori è stato utilizzato in un documentario di Channel 2, ma l'IDF
ha negato che esista, sostenendo la famiglia.
Sulla
base di queste prove nascoste, il signor e la signora Corrie hanno presentato
ricorso contro la sentenza nel maggio 2014, che è stata infine respinta dalla
Corte Suprema israeliana l'anno successivo.
Oggi, “Craig” e “Cindy Corrie” continuano a
lottare per i diritti dei palestinesi, fondando la “Rachel Corrie Foundation
for Peace and Justice” nel 2003 per "sostenere gli sforzi di base per la
pace e la giustizia a livello globale".
(“Steven Plaut”, ex editorialista del quotidiano
newyorkese “The Jewish Press , una volta ha descritto il signor e la signora
Corrie come una "squadra SWAT di propaganda anti-Israele composta da due
persone").
La
vera lotta che gli americani affrontano non è quella tra democratici e
repubblicani, indipendentemente da ciò che gli Alex Jones del mondo potrebbero
sostenere.
Quando la coscienza umana viene catturata dai
partiti politici, come è successo in larga misura dal 2016, le persone si
troveranno spesso a difendere i loro peggiori avversari a causa dei dettami del
"partito".
Molti americani immaginano Donald Trump come
una specie di super eroe impegnato in una coraggiosa lotta per salvare
l'America e il mondo occidentale da una cabala globalista senza nome e senza
volto.
In realtà, Trump è un goffo belligerante che
sembra determinato a piantare l'ultimo chiodo nella bara dell'America essendo
un doveroso “Step-and-Fetch” per “Netanyahu” e lo stato di Israele.
In un
paese pieno di “Neanderthal MAGA” che si battono il petto, abbiamo bisogno di
più persone con l'integrità di “Rachel Corrie”.
Solo con una convinzione e una determinazione
simili, possiamo sperare di vedere il giorno in cui la sovranità americana sarà
ripristinata e la nostra nazione sarà di nuovo percepita come una luce per il
mondo.
Che Dio benedica la sua memoria!
L'Europa
affronta un "vibe-shift" MAGA
mentre Trump si muove verso il suo
obiettivo
primordiale: il reset globale.
Unz.com - Alastair Crooke – (11 marzo 2025) –
ci dice:
Se
l'Europa finge di sostituire gli Stati Uniti, sarà estremamente costoso, molto
costoso politicamente, e fallirà.
Il
presidente Trump vuole che l'Ucraina sia sistemata, punto e basta.
Questo in modo che possa andare avanti rapidamente,
per normalizzare i rapporti con la Russia e iniziare il progetto del
"quadro generale" di stabilire un nuovo ordine mondiale, che ponga
fine alle guerre e faciliti i legami commerciali.
Il
punto qui – che l'Europa finge di non capire – è che la fine del conflitto in
Ucraina è semplicemente la "porta d'accesso" di Trump all'intera
logica e piattaforma su cui si è basata: il “Grande Reset del panorama
geopolitico”.
L'Ucraina,
in parole povere, è l'ostacolo al perseguimento da parte di Trump del suo
obiettivo primordiale: “il Global Reset”.
“Starmer”,
“Macron” e l'ala orientale delle euro-élite sono ciechi di fronte alla portata
del cambiamento di atmosfera globale verso la politica e l'etica
tradizionalista degli Stati Uniti.
Mancano anche la furia a malapena celata nel
mondo di Trump che esiste dietro questa rivoluzione nascente.
" La destra Maga non ha nessuna delle
inibizioni dei suoi predecessori.
Sta progettando di sfruttare il potere di uno
stato riconquistato per annientare i suoi nemici", scrive “Allister
Heath”.
La
classe dominante europea è in guai disperati e sempre più isolata, in un mondo
che si sposta "a destra" a una velocità vertiginosa.
"
Gli Stati Uniti sono ora il nemico dell'Occidente", proclama il “Financial
Times”.
I leader europei non capiranno affatto.
La
realtà è che gli Stati Uniti sono ora impegnati a rilanciare la politica estera
dell'Europa.
E sta per iniziare a esportare i valori
repubblicani tradizionali degli Stati Uniti per risolvere il sistema di
credenze wockist europeo.
Gli strati dominanti europei – ben lontani
dalla loro base – non sono riusciti a cogliere la minaccia ai propri interessi.
L'amministrazione
Trump sta cercando di ricostruire la Repubblica in difficoltà, e gli americani
in questa nuova era non si preoccupano dell'ossessione europea per le antiche
faide e le guerre che ne derivano.
Secondo
quanto riferito, Trump vede con totale disprezzo il Regno Unito e l'Europa che
se gli Stati Uniti non lo fanno, allora lo farà l'Europa.
La classe di Bruxelles sostiene di essere ancora in
grado – dopo tre anni di sconfitte in Ucraina – di essere in grado di
infliggere una sconfitta umiliante al presidente Putin.
Più
profondamente, tuttavia, il “Team Trump” – impegnato nel compito di abbattere
lo Stato Profondo americano come il "nemico inesorabile" – percepisce
(giustamente) lo Stato di sicurezza britannico come co-congiunto con le loro
controparti americane, come parte della sua meta-struttura globale.
E la
sua componente più antica e profonda è sempre stata la distruzione della Russia
e il suo smembramento.
Così,
quando Macron, in un discorso alla nazione questa settimana, ha respinto un
cessate il fuoco in Ucraina e ha dichiarato che "la pace in Europa è
possibile solo con una Russia indebolita ", definendo il paese una
minaccia diretta alla Francia e al continente, molti nel "mondo di
Trump" interpreteranno questa dichiarazione di sfida (che "l'Ucraina
che sconfiggere la Russia è preferibile alla 'pace'") non è altro che
Macron e Starmer che ventriloquiano gli obiettivi del “Meta Deep State”.
Questa
nozione è data sostanza dall'improvvisa pletora di articoli che appaiono nei
media mainstream europei (gestiti) secondo cui l'economia russa è molto più
debole di quanto sembri e potrebbe crollare nel prossimo anno.
Naturalmente è un'assurdità.
Si
tratta di far credere all'opinione pubblica europea che continuare la guerra in
Ucraina sia una "buona idea".
L'assurdità
della posizione europea è stata forse meglio catturata, come osserva “Wolfgang
Münchau”, nella sua piena arroganza l'anno scorso dalla storica e scrittrice “Anne
Applebaum” quando ha vinto un prestigioso premio tedesco per la pace.
Durante il suo discorso di accettazione, ha
sostenuto che la vittoria è più importante della pace, affermando che
l'obiettivo finale dell'Occidente dovrebbe essere il cambio di regime in
Russia:
" Dobbiamo aiutare gli ucraini a
raggiungere la vittoria, e non solo per il bene dell'Ucraina", ha detto.
Zelensky
e i suoi sostenitori europei vogliono "negoziare", anche se più
tardi, piuttosto che prima (forse tra un anno, come avrebbe detto in privato un ministro
degli Esteri europeo a “Marco Rubio”).
"
Questo ", scrive” Münchau”, " è ciò su cui verteva il disaccordo
pubblico nello Studio Ovale [la scorsa settimana].
La pace attraverso la vittoria senza ostacoli
– essenzialmente il modello della Seconda Guerra Mondiale – come la lente
attraverso la quale praticamente tutti i leader europei e la maggior parte dei
commentatori vedono il conflitto Russia-Ucraina".
L'America
vede le cose in modo diverso:
ritiene quasi certamente che lo “Stato
Profondo europeo” stia mettendo i bastoni tra le ruote della
"normalizzazione con la Russia" di Trump – una normalizzazione a cui
si si oppone visceralmente.
O, per
lo meno, come gli europei che seguono un " miraggio che non esiste
più", aumentando ostinatamente 'tasse e spese', mentre raddoppiano
l'immigrazione di massa e l'energia troppo preziosa, ignari delle luci rosse
lampeggianti nei [mercati finanziari] mentre i rendimenti del debito pubblico
schizzano ai livelli più alti dal 1998 ", come sottolinea “Allister Heath”.
In
altre parole, l'ipotesi è che “Friedrich Merz”, “Macron” e “Starmer” stiano
parlando di come trasformare i loro paesi – attraverso una massiccia infusione
di debito – in superstati della difesa.
Eppure, a un certo livello di coscienza,
devono rendersi conto che non è fattibile, quindi si accontentano invece di
presentarsi come "leader mondiali sulla scena internazionale".
Le
élite europee sono "leader" profondamente instabili che stanno
mettendo a rischio la prosperità e la stabilità del continente. È chiaro che
questi paesi non hanno la capacità militare per intervenire in modo concertato.
Più di
ogni altra cosa, è l'economia europea che gira intorno allo scarico che è la
realtà alle porte.
Zelensky
è complice dell'insistenza europea sul fatto che sconfiggere la Russia abbia la
priorità sul raggiungimento della pace in Ucraina, nonostante la mancanza di
qualsiasi logica strategica su come possa essere raggiunta dopo tre anni di
peggioramento della situazione militare.
Entrambi
i piani, schiacciare l'economia russa con sanzioni e logoramento dell'esercito
russo fino al punto del collasso, sono falliti.
Perché allora Zelensky si oppone alle proposte
di pace di Trump?
In superficie, non ha senso.
La
spiegazione risale probabilmente all'era post-Maidan, quando lo "Stato di
Meta-Sicurezza" occidentale (principalmente, britannici e americani)
trincerò i Banderiti della linea dura (all'epoca una piccola minoranza) nello
Stato di Polizia, Intelligence e Sicurezza ucraino.
Sono ancora oggi la forza di controllo.
Anche
se questa fazione riconoscesse che la loro guerra non può essere vinta,
capiscono cosa succederebbe se perdessero:
La
Russia non avrà a che fare con loro.
Li considera estremisti (se non criminali di
guerra) che non sono in alcun modo "capaci di accordi" e devono
essere sostituiti da una leadership che sia effettivamente capace di
compromessi.
La
Russia probabilmente perseguiterà e porterà a processo questi uomini.
Zelensky deve essere spaventato da ciò che i
Banderiti potrebbero fargli (nonostante il suo team di guardie del corpo
britanniche).
Ebbene,
Trump non sta intrattenendo questi "giochi" europei:
sta
dando uno schiaffo a Zelensky e ai leader europei, forse mettendo Zelensky in
riga;
o
forse no... Il Team Trump, riporta Politico, ha ora avviato colloqui diretti
con l'opposizione ucraina per tenere le elezioni anticipate per spodestare
Zelenskyj, che sta per essere rimosso, dicono i membri del “Team Trump”.
Zelenskyj
potrebbe essere finito, ma è interessante notare che anche Zaluzhniy non è
stato discusso.
È stato allevato dagli inglesi come sostituto
– sembra che gli americani prenderanno questa decisione indipendentemente dagli
inglesi.
Il
presidente Trump ha ordinato l'interruzione della condivisione
dell'intelligence con l'Ucraina.
Quello
che tecnicamente ha fatto è stato smettere di consentire all'Ucraina di
utilizzare i sistemi di puntamento esclusivi degli Stati Uniti controllati
dall'intelligence degli Stati Uniti, dalla CIA, dal National Reconnaissance
Office e dalla National Geospatial Intelligence Agency degli Stati Uniti.
Ciò che è stato sospeso è lo scambio dei
cosiddetti dati "letali", comprese le informazioni per il targeting
HIMARS.
Tuttavia,
le informazioni difensive necessarie per la protezione vengono ancora fornite
all'Ucraina.
"L'entità
del blocco della condivisione di informazioni, che sembra essere stato imposto
insieme allo stop degli aiuti militari annunciato lunedì dal signor Trump,
inizialmente sembrava essere piuttosto limitata...
Ma
mercoledì pomeriggio è diventato chiaro che l'amministrazione Trump, ignorando
le aperture del signor Zelensky la sera prima, era andata molto oltre. Un
ufficiale dell'intelligence militare a Kiev ha detto al Telegraph che il blocco
equivaleva a "più o meno un blackout totale"".
Per
dirla senza mezzi termini, il precedente congelamento delle munizioni
influenzerà senza dubbio le capacità militari dell'Ucraina nel tempo, tuttavia
l'impatto potrebbe non essere avvertito per alcune settimane.
La
perdita di informazioni vitali, tuttavia, lascerà il segno immediatamente.
In parole povere, renderà cieca l'Ucraina.
Nei
posti di comando ucraini, il monitoraggio delle battaglie e i feed satellitari
online su tablet e schermi TV sono stati effettivamente disconnessi.
Ciò
che ha fatto lo schiaffo di Trump è stato smascherare la finzione che l'Ucraina
sia in grado di difendersi con un piccolo sostituto del sostegno europeo.
Questa è sempre stata una spavalderia senza
senso.
La NATO, la CIA e la comunità di intelligence
globale hanno avuto il controllo della guerra in corso fin dall'inizio.
E questo, per ora, è stato spento.
Quindi,
l'Europa vuole accollarsi il peso degli USA?
“Bloomberg”
riferisce che i mercati obbligazionari europei sono in crisi.
Se l'Europa finge di sostituire gli USA, sarà
estremamente costoso, molto costoso politicamente, e fallirà.
La
deterrenza nucleare
fallirà
in Medio Oriente?
Unz.com - Mark H. Gaffney – (11 marzo 2025) –
ci dice:
Una
settimana fa, il professore dell'”Università di Chicago” “John Mearsheimer” ha
tenuto una lezione eccezionale su un argomento attuale: il programma di armi
nucleari di Israele.
Mearsheimer
ha brevemente ripercorso la storia, dall'inizio del programma a metà degli anni
'50 al primo dispiegamento di armi nucleari da parte di Israele nel 1966-67.
Ha
anche discusso di un problema correlato:
il trattato nucleare dell'ex presidente Obama
con l'Iran (il JCPOA) che Benjamin Netanyahu ha lavorato così duramente per
affossare e che Donald Trump ha proposto nel 2017 quando ha ritirato
unilateralmente gli Stati Uniti dall'accordo.
E
Mearsheimer ha anche parlato (con un po' di evidente trepidazione) della logica
della deterrenza nucleare e del suo perfetto record di successi, fino ad oggi,
nell'evitare una guerra importante tra i membri del club nucleare.
Di
solito sono d'accordo con il realista “Mearsheimer”, che è uno studioso di
prim'ordine.
Tuttavia,
mentre ascoltavo, non ho potuto fare a meno di chiedermi, data la guerra in
Ucraina e il fragile cessate il fuoco appeso a un filo a Gaza, se il successo
della deterrenza sia stato illusorio.
L'orologio
dell'apocalisse sta per scadere sulla nostra compiacenza?
Se la
deterrenza fallisce nel prossimo futuro, il punto di infiammabilità più
probabile è il Medio Oriente.
Israele
ha sviluppato la Bomba segretamente per acquisire un'arma di ultima istanza,
quella che “Seymour Hersh” ha chiamato "l'opzione Sansone".
E, per un certo numero di anni, la deterrenza
nucleare di Israele ha effettivamente servito (o sembrava servire) in quella
capacità.
Ma era tutto un miraggio?
Nei
primi anni Novanta, c'era qualche ragione di sperare che Israele potesse
accettare uno storico accordo di pace con i palestinesi.
Sfortunatamente, l'assassinio di “Yitzhak
Rabin” nel 1995 ha infranto quelle speranze e ha preparato il terreno per
l'ascesa di “Benjamin Netanyahu” e dell'estrema destra.
Da
allora, le prospettive sono solo peggiorate.
Oggi, Israele si trova in una situazione
sempre più insostenibile, in gran parte creata da lui stesso.
Alla fine di questo articolo tornerò sulla
questione dei risultati. Ma prima, devo rivedere alcuni fatti pertinenti sul
programma nucleare di Israele.
Verso
la fine del 1981, mentre il ministro della difesa israeliano “Ariel Sharon” si
preparava a invadere il Libano per distruggere l'OLP, un informatore israeliano
si rivolse ai funzionari del governo statunitense con nuove prove sul progetto
nucleare di Israele.
Nel suo libro “Seymour Hersh” non nomina
l'individuo, ma evidentemente era uno scienziato o un tecnico che aveva
lavorato al “complesso nucleare di Dimona”.
L'uomo
affermò che l'arsenale israeliano contava più di cento testate nucleari e
documentò l'affermazione con numerose foto scattate all'interno di un deposito
di armi israeliano.
Le
foto mostravano testate allineate in celle frigorifere.
Gli
esperti statunitensi rimasero scioccati e stupiti perché le foto, ovviamente
autentiche, significavano che il programma israeliano era notevolmente più
avanzato di quanto gli esperti di intelligence avessero immaginato.
Le
armi erano chiaramente testate termonucleari.
(Seymour Hersh, L'opzione Sansone, 1991, p.
288-291).
Cinque
anni dopo, un altro informatore di nome “Mordechai Vanunu “ha confermato quanto
sopra e ha anche fornito molti altri dettagli.
Per
otto anni “Vanunu”, un ebreo sefardita, ha lavorato come tecnico in una delle
strutture più sensibili in Israele, “Machon 2,” un impianto di separazione del
plutonio sepolto a ottanta piedi sottoterra nel complesso di Dimona.
L'impianto
è un impianto di riprocessamento chimico in cui il plutonio viene estratto da
barre altamente radioattive di combustibile di uranio esaurito dal vicino
reattore di Dimona.
Le
barre sono così "calde" che devono prima essere raffreddate per
settimane in serbatoi pieni d'acqua.
Anche
dopo il raffreddamento, le barre sono ancora così pericolose che l'estrazione
deve essere condotta utilizzando robot telecomandati dietro una pesante
schermatura di piombo.
Vanunu
era un controllore del turno di notte a “Machon 2”, ma perse il lavoro
nell'ottobre 1985 a causa del suo esplicito sostegno a un accordo a due stati.
All'inizio
di quell'anno Vanunu aveva partecipato a una manifestazione filo-araba all”'Università
David Ben Gurion” di Beersheba, dove aveva chiesto la creazione di uno Stato
palestinese.
Questo
alla fine ha portato al suo licenziamento.
Tuttavia,
prima di essere licenziato, “Vanunu” introdusse di nascosto una macchina
fotografica nello stabilimento e scattò cinquantasette foto che in seguito si
rivelarono fondamentali per stabilire la sua credibilità.
Dopo
essere stato licenziato, “Vanunu” lasciò Israele e viaggiò da solo attraverso
l'Asia, stabilendosi infine a Sydney, in Australia.
Lì, un
giorno, mentre vagava per le strade di Kings Cross, un quartiere malfamato
dell'intrattenimento, si ritrovò sulla soglia di una caffetteria associata alla
parrocchia di St John.
Qualcuno lo invitò a entrare e attaccò
bottone.
Qualcosa,
forse l'atmosfera amichevole del posto, attirò “Vanunu” e presto divenne un
cliente abituale della caffetteria dove la gente si riuniva per discutere di
questioni sociali e politiche.
In uno
di questi incontri informali, Vanunu iniziò a parlare del suo lavoro a Dimona,
dove aiutava a realizzare armi nucleari dal plutonio.
In seguito, tenne una presentazione su Dimona
che includeva una presentazione di diapositive delle foto che aveva scattato.
Una
cosa tira l'altra. Fu tramite i suoi contatti nella comunità della chiesa di St
John che Vanunu venne presentato a “Peter Hounam”, un noto reporter del “London
Sunday Times.”
Il 5
ottobre 1986, il Times trasmise una splendida denuncia di tre pagine basate
sulla testimonianza di Vanunu, completa di foto all'interno dello stabilimento
di Dimona.
Ma
intanto, sorprendentemente, l'informatore era scomparso!
Vanunu è rimasto una persona scomparsa per più
di un mese.
Cinque
giorni prima che la storia andasse in stampa, un'attraente agente del Mossad di
nome “Cheryl Bentov” aveva attirato “Vanunu” a viaggiare con lei in Italia.
Al
loro arrivo a Roma, il Mossad saltò addosso a Vanunu, gli fece un'iniezione
forzata e lo riportò in Israele in catene, dove fu trascinato davanti a un
giudice e incriminato per tradimento e spionaggio.
In
seguito, Vanunu è stato condannato in un processo truccato e condannato a
diciotto anni in un carcere di massima sicurezza.
Ha trascorso la sua pena nel carcere di “Ashkelon”,
dove ha subito un destino peggiore della morte:
undici
anni e mezzo di isolamento, aggravati da molestie psicologiche quasi
ininterrotte.
In
qualche modo “Mordechai” sopravvisse alla prova, merito della sua tenacia, ma
non senza cicatrici.
Dopo
aver scontato la sua condanna nel 2004, “Vanunu” è stato rilasciato, ma ancora
oggi rimane agli arresti domiciliari in Israele.
Copie
delle foto di Vanunu e dei suoi appunti inediti sono stati resi disponibili
agli esperti di armi nucleari statunitensi presso i laboratori nazionali di Los
Alamos e Lawrence Livermore.
Dopo
aver studiato le prove, gli esperti hanno concluso che Israele ha il know-how
per realizzare bombe al neutrone a bassa resa.
Sviluppata
per la prima volta dagli Stati Uniti negli anni '50, la bomba al neutrone è uno
dei tipi più sofisticati di armi nucleari.
Il design massimizza la produzione di
radiazioni intense e di breve durata per uccidere gli esseri umani, riducendo
al minimo gli effetti dell'esplosione e le ricadute a lungo termine.
Sulla base della testimonianza di Vanunu
sull'Unità 93, una struttura a Dimona che ha iniziato a funzionare nel 1984,
dedicata alla produzione su larga scala di “trizio”, gli esperti hanno ritenuto
che Israele abbia avviato la produzione su vasta scala di bombe al neutrone a
metà degli anni '80. (L'opzione Sansone, p. 200).
Cosa
significa tutto questo?
Per cominciare, significa che il familiare
riferimento al “biblico Sansone” che distrusse il tempio filisteo abbattendone
le colonne era già obsoleto quando “Hersh” pubblicò “The Samson Option” nel
1991.
Le
bombe al neutrone non sono armi di ultima istanza.
Sono armi tattiche destinate alla guerra,
progettate per uccidere in modo efficiente gli esseri umani risparmiando il
vicinato.
Originariamente
destinate all'impiego in Germania per fermare un'ipotetica invasione sovietica
dell'Europa occidentale, il presidente “Jimmy Carter” ne rinviò la produzione
nell'aprile 1978 dopo che la questione divenne altamente controversa in Europa
e negli Stati Uniti.
Uno
degli argomenti principali contro le armi al neutrone è che abbassano la soglia
per una guerra nucleare generale. (Richard Burt, "La controversia sulla bomba al
neutrone ha teso l'alleanza e ha causato divisioni nell'amministrazione",
The New York Times, 9 aprile 1978).
“Carter”
trovò la bomba al neutrone moralmente sgradevole e voleva annullarla del tutto.
Ma era convinto che l'arma avesse ancora una
certa utilità come merce di scambio con i sovietici.
Il suo successore “Ronald Reagan” riprese la
produzione ma non dispiegò mai bombe al neutrone in Europa.
La
produzione fu infine interrotta dal presidente “H. W. Bush” nel 1992 a seguito
del “Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio” (INF) con la Russia.
Grazie
al trattato INF, gli Stati Uniti distrussero le loro scorte. (John T Correll, "La bomba al
neutrone", 30 ottobre 2017).
I
leader israeliani erano ovviamente a conoscenza della conversazione sulla bomba
al neutrone e della controversia.
Sapevano sicuramente cosa stavano facendo negli anni
'80 quando presero la decisione consapevole di costruirla.
Ma gli
argomenti contrari che alla fine portarono alla cancellazione del programma
statunitense non ebbero alcun peso in Israele.
Lo stesso insieme di fatti che Carter trovò
ripugnanti rese la bomba al neutrone particolarmente attraente per gli
israeliani.
Dopotutto,
si trattava di un'arma fatta su misura per essere usata contro i nemici di
Israele.
Le questioni morali non vennero registrate
perché gli ebrei israeliani non considerano i gentili come esseri umani, ma
piuttosto come subumani.
Quindi non provano alcun rimorso morale
nell'ucciderli in gran numero.
Pensate a degli insetti su un marciapiede.
Dati tali valori (o la loro mancanza), è
comprensibile e non sorprende che i sionisti abbraccino un'arma del genere.
Due
settimane fa, il traditore americano (ed ex spia nucleare israeliana) “Jonathan
Pollard” ha avvertito durante un podcast su Youtube che Israele potrebbe
ritrovarsi in un'altra guerra con l'Egitto nel prossimo futuro.
“Pollard”
ha aggiunto che in caso di una guerra del genere Israele potrebbe dover usare
bombe al neutrone contro l'esercito egiziano, attualmente schierato in forze
con mezzi corazzati pesanti appena a sud del corridoio di Philadelphia.
Secondo
una stima, la forza egiziana lì conta 50.000 uomini, secondo un altro resoconto
70.000.
Le
truppe egiziane sono state schierate per impedire all'IDF di cacciare due
milioni di palestinesi da Gaza e di portarli in Egitto.
Dal 7
ottobre, il presidente egiziano” al-Sisi” è stato sottoposto a forti pressioni
da parte degli Stati Uniti e di Israele per ammettere un milione o più di
palestinesi in Egitto.
“Sisi”,
ovviamente, ha rifiutato.
Teme
che se si inchina a Trump e alla richiesta di Israele sarà rovesciato dai “Fratelli
Musulmani”.
Re
Abdullah di Giordania si trova di fronte a un dilemma simile.
Anche lui è stato sottoposto a forti pressioni
per ammettere i palestinesi in Giordania dalla Cisgiordania.
Anche lui ha rifiutato, e per le stesse
ragioni.
La tesa situazione di stallo sul confine
meridionale di Israele è in corso, ed è probabilmente insostenibile.
Se il
cessate il fuoco finisce o scoppia, può succedere di tutto...
In
conclusione, sarebbe difficile immaginare una serie di circostanze più
terribili di quelle attualmente esistenti sul confine meridionale di Israele.
Per quanto grave sia stata la distruzione
indiscriminata di Gaza e del Libano, il genocidio potrebbe essere tutt'altro
che finito.
Il
presidente Trump probabilmente non lo sa, ma facendo pressione sull'Egitto per
far entrare i palestinesi da Gaza ha acceso la miccia per un conflitto più
ampio.
Se nei prossimi giorni il nostro presidente
non prenderà decisioni sagge e coraggiose, una situazione già apocalittica
probabilmente peggiorerà MOLTO.
La
guerra tra Israele ed Egitto è l'ultima cosa di cui gli Stati Uniti, Israele e
il Medio Oriente hanno bisogno.
Trump
deve far capire agli israeliani che non esiste una possibile soluzione militare
al conflitto in corso con Hamas.
Il presidente deve fare pressione su Israele
affinché estenda il cessate il fuoco, si ritiri da Gaza e inizi immediatamente
i negoziati faccia a faccia con i palestinesi (ovvero: Hamas), senza
precondizioni.
Dovrebbe
annunciare che, d'ora in poi, gli aiuti militari degli Stati Uniti a Israele
saranno subordinati alla loro” PIENA conformità,” senza accordi collaterali e
senza riserve private.
Tutto
questo sarà una pillola amara per “Benjamin Netanyahu” e il suo gabinetto
estremista, ma è una pillola che devono essere costretti a ingoiare per il loro
bene.
Se
Trump fallisce in questo, se non riesce a tenere a freno gli israeliani, la
ripresa della violenza probabilmente degenererà in una guerra regionale con il
potenziale di bruciare la sua presidenza.
Qual è
il nocciolo della lotta
per il”
potere” tra Russia e Stati Uniti?
Unz.com
- Andrew Anglin – (11 marzo 2025) – ci dice:
Il
giornalista “Lee Fang” è stato ospite dello spettacolo “System Update di Glenn
Greenwald” su Rumble la scorsa settimana.
“Glenn” ha bisogno di andare in molte vacanze,
sono sicuro che sperimenterà cultura e così via.
Sono sicuro che questa è la sua priorità
principale in tutte queste vacanze che fanno costantemente.
“Lee”
è uno degli ultimi veri giornalisti.
Almeno
all'“Intercept” stava facendo un lavoro che andava davvero oltre quello che
fanno la maggior parte dei giornalisti.
Sta
bene nei podcast, anche se ha quella cosa simile all'autismo cinese che ha il
90% dei cinesi.
Non è gay, tra l'altro.
Con
gli eleganti asiatici dell'est a volte è un po' ambiguo, soprattutto quando
hanno il suo senso dell'“interior design”.
Ma è
sposato e credo abbia figli.
Come
presentatore dello show, aveva davvero problemi a fare monologhi, ma credo che
fosse soprattutto nervoso e si affidasse a un gobbo.
Non
credo che abbia mai presentato uno show video da solo come quello, quindi non
giudicherò, ma gli show erano un po' noiosi.
Ho
ascoltato la maggior parte dei programmi che ha fatto.
Venerdì
ha fatto un commento che volevo commentare.
Parlando del conflitto tra Russia e America,
ha notato che la propaganda mediatica russa riguarda tutta il modo in cui
stanno difendendo i valori cristiani tradizionali contro l'Occidente satanico,
mentre la propaganda americana riguarda tutta il modo in cui stanno proteggendo
la democrazia (che è fondamentalmente una parola in codice per
"satanismo" a questo punto, anche se Lee non lo ha menzionato).
La sua
analisi è che entrambe queste narrazioni sono solo propaganda e questa è in
realtà solo una lotta di potere tra due grandi stati.
Questa è un po' troppo ovvia e letterale per
essere un'analisi effettivamente utile. È come affermare che una sparatoria
riguarda in realtà proiettili che volano in direzioni diverse spinti dalla
rapida espansione dei gas generati quando la polvere da sparo all'interno della
cartuccia viene accesa dall'innesco.
La vera domanda di interesse quando si
analizza una sparatoria è perché le due parti coinvolte si stanno sparando a
vicenda, non la balistica.
Quando
consideriamo il motivo per cui gli Stati Uniti e la Russia sono coinvolti in
questa lotta, la propaganda dei due stati è fondamentalmente la spiegazione più
semplice.
Ci sono delle sfumature, perché la Russia non
è davvero uno stato cristiano ideale (anche se penso che sta cercando di
esserlo, mettendo la quantità standard di sforzi russi nel progetto), e la
democrazia in stile americano non è in realtà "libertà", ma piuttosto
il contrario.
Ma la
narrazione di base secondo cui si tratta di un conflitto radicato nelle
differenze nei principi fondamentali è fondamentalmente vera e dovrebbe essere
ovvia.
Molti
o la maggior parte degli ex Stati comunisti, compresi gli ex Stati russi, sono
stati integrati in tutto o in parte nel sistema occidentale.
Nessuno di questi paesi era neanche
lontanamente potente come la Russia, ma la Russia ha trascorso il primo
decennio e mezzo dopo la caduta del comunismo a fare apertura all'Occidente,
spingendo per legami di collaborazione, e ha avuto successo in questo sforzo
con il suo rapporto energetico con l'Europa.
Ma gli
Stati Uniti erano intenzionati a dominare la Russia.
Ma
cosa comporta questa dominazione?
Si
tratta interamente di costringere la Russia ad accettare i "valori della
democrazia occidentale", il che significherebbe abbandonare i valori
tradizionali che la Russia si sta sforzando di mantenere.
Quando
gli Stati Uniti affermano che i paesi democratici non fanno battaglia tra loro,
questo è vero.
La ragione è che l'ideologia democratica è
fondamentalmente internazionale e multiculturale, ed è sempre dominata dagli
Stati Uniti attraverso la manipolazione culturale in cui gli Stati Uniti sono
così bravi.
Se si permette la democrazia, significa che si
permette l'establishment dei media occidentali (che etichettano in modo
caricaturale come "stampa libera"), che induce la popolazione ad
adottare il sistema di valori americano del materialismo, del consumismo,
dell'ateismo e della distruzione della famiglia attraverso la normalizzazione
di norme sessuali decadenti e devianti.
Nel frattempo, il sistema elettorale della
democrazia assicura che la struttura di potere, controllata dagli Stati Uniti,
non possa mai essere effettivamente messa in discussione.
Anche se si seguono le regole, le regole
possono essere cambiate arbitrariamente, come ha recentemente scoperto il
rumeno “Calin Georgescu” quando, in qualità di favorito alle elezioni, è stato
escluso dalla candidatura alle elezioni presidenziali. Se sei una democrazia,
sei sotto un blocco totale da parte del sistema internazionalista che opera
fuori dagli Stati Uniti, quindi non ci possono essere conflitti.
Proprio
così, la propaganda dei mass media russi è assolutamente corretta sul fatto che
gli Stati Uniti stanno cercando di imporre questi valori alla Russia.
Attraverso il “National Endowment for Democracy”, l'USAID, una pletora di ONG
sostenute da Soros, l'intero apparato dei social media e molti altri media, gli
Stati Uniti hanno diffuso attivamente valori anticristiani in Russia, prima che
queste organizzazioni fossero tutte bandite dal Cremlino dopo lo scoppio della
guerra.
Quindi,
mentre la propaganda potrebbe essere una semplificazione eccessiva, come lo è
necessariamente tutta la propaganda di massa, questo è un argomento pedante.
Definirla come una lotta di potere tra Stati è
tecnicamente vero, ma non significa nulla.
La questione importante è perché esiste la
lotta per il potere, e se la Russia fosse una democrazia in stile occidentale,
non ci sarebbe alcuna lotta per il potere.
Una
nota importante è che l'élite russa non ha più ricchezza o potere perché lo
stato russo sta resistendo al sistema occidentale.
Sebbene
Putin personalmente avrebbe un problema se la democrazia occidentale dovesse
trionfare in Russia, i ricchi della Russia finirebbero con più soldi e non
dovrebbero rinunciare a nessun potere.
Quando
la Romania è entrata nella democrazia, “Nicolae Ceaușescu “non ha fatto bene,
ma l'élite se l'è cavata come i banditi, poiché il sistema democratico
occidentale ha permesso saccheggi molto più aggressivi di quelli del precedente
sistema comunista.
È
stata l'élite politica della Romania a vendere Ceaușescu lungo il fiume, poiché
avevano stretto accordi con l'Occidente che avrebbero permesso loro di
privatizzare i beni statali.
Si
potrebbe sostenere che è eccessivamente romantico ritrarre Vladimir Putin come
un crociato che combatte in difesa della cristianità storica contro le orde
occidentali di pervertiti satanici, ma anche l'analisi più cinica dovrebbe
inquadrare Putin come un combattente per un'eredità personale come un grande
uomo della storia, e quell'eredità di grandezza può essere basata solo sulla
difesa dell'identità tradizionale russa.
(Nessuno
ricorderà Mikhail Gorbaciov o Boris Eltsin come grandi uomini della storia.)
Pertanto,
le interpretazioni romantiche e ciniche delle motivazioni personali di Putin e
della sua cerchia ristretta significano la stessa cosa, e quindi qualsiasi bonificazione
delle sue motivazioni personali è una distrazione inutile.
L'America
è un'entità satanica interamente controllata dagli ebrei che odiano Gesù Cristo
e tutta la normalità umana.
Come
ha detto San Paolo, gli ebrei sono i nemici di tutta l'umanità.
Questo
è il nocciolo della lotta tra l'America e i suoi nemici, e quindi, le
narrazioni semplicistiche degli apparati mediatici sia dell'America che della
Russia raggiungono una verità fondamentale che la teoria del potere mearsheimeriana
non riesce completamente ad affrontare.
Dazi,
l’Ontario minaccia taglio di elettricità
agli
Usa. In Cina colpiti prodotti
Usa al
10 e al 15%.
Ilsole24ore.com
– (10 marzo 2025) – Redazione – ci dice:
Le
tariffe non si applicheranno alle merci partite prima del 10 marzo, purché
arrivino in Cina entro il 12 aprile.
Secondo gli analisti, la ritorsione è
progettata per colpire la base elettorale del presidente Donald Trump.
I dazi
di Pechino del 10-15% a carico di alcuni prodotti agricoli americani entrano
oggi in vigore, ultima rappresaglia contro la mossa Usa che ha appena doppiato
al 20% le tariffe su tutto l’import verso gli Stati Uniti di beni made in China
in base all’incapacità del Dragone di fermare i flussi del fentanyl, la droga
sintetica che è responsabile di circa 100mila morti all’anno in America.
I
prodotti colpiti.
Nel
mirino della Repubblica popolare sono finiti soia, sorgo, carne di maiale e
manzo, prodotti ittici, frutta, verdura e prodotti lattiero-caseari tutti
colpiti al 10%, mentre pollame, grano, cotone e mais sono nel gruppo di
aliquota al 15%.
Le
tariffe, inoltre, non si applicheranno alle merci partite prima del 10 marzo,
purché arrivino in Cina entro il 12 aprile.
Secondo
gli analisti, la ritorsione di Pechino è progettata come un utile strumento
volto a colpire la base elettorale del presidente americano Donald Trump, pur
rimanendo tanto contenuta da consentire di elaborare un eventuale negoziato ed
accordo commerciale.
La
Cina, peraltro, ha risposto anche alle misure adottate dal Canada, con dazi
annunciati su olio di colza e carne di maiale dal prossimo 20 marzo.
Dragone
attento all’export.
Una
lezione imparata dalla Cina dalla guerra commerciale durante il primo mandato
del tycoon è che il Dragone ha più da perdere in una risposta proporzionale ai
dazi Usa, essendo le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti molto più
corpose.
Inoltre,
i crescenti venti commerciali contrari si aggiungono alle difficoltà affrontate
dai leader cinesi che attualmente cercano di stabilizzare l’economia incerta,
tra deflazione, deboli consumi e crisi del mercato immobiliare.
Le
esportazioni di conseguenza, che nel 2024 hanno raggiunto livelli record,
potrebbero non fornire quest’anno la stessa ancora di salvezza economica per
Pechino nel mezzo dell’inasprimento della guerra commerciale con Washington.
L’Ontario
(Canada) minaccia il taglio di elettricità
agli Usa.
Salgono
i toni dello scontro commerciale fra Canada e Stati Uniti.
Il
premier dell’Ontario, “Doug Ford,” ha minacciato di tagliare completamente
l’elettricità ai tre stati americani confinanti, ovvero “New York”, “Minnesota”
e “Michigan”.
Confermando
dazi del 25% sulle esportazioni di elettricità, “Ford” nel corso di una
conferenza stampa ha assicurato che in caso di escalation non esiterà a
tagliare del tutto le forniture.
“Credetemi
quando vi dico che non voglio farlo. Sto male per gli americani perché non sono
loro ad aver iniziato questa guerra commerciale. Solo una persona è
responsabile ed è Donald Trump”, ha detto.
Australia
chiede esenzione da dazi Usa su acciaio e alluminio.
Il
ministro al Commercio australiano, “Don Farrell,” si è detto pronto a recarsi
subito a Washington, se questo può aiutare ad assicurare un’esenzione dalle
tariffe sull’esportazione di acciaio e alluminio appena annunciate dal
presidente Usa Donald Trump.
Ha
tuttavia riconosciuto che il governo di Canberra dovrà continuare a premere per
uno speciale accordo nei prossimi mesi, se il tentativo fallirà.
«Gli Usa godono di un sostanziale surplus
commerciale con l’Australia, e noi investiamo molto nell’industria Usa della
difesa attraverso “Aukus”, l’alleanza tra Australia, Regno Unito e Usa».
“Farrell”
ha aggiunto di aver chiesto un colloquio con la sua controparte, il segretario
Usa al Commercio” Howard Lutnick” “appena possibile”.
«Faremo tutto il necessario per risolvere la
questione.
Non
vogliamo conflittualità, vogliamo discussione, così come avviene con la Cina»,
ha detto.
“Kevin
Hassett”, che presiede il Consiglio economico nazionale della Casa Bianca, ha
dichiarato che le tariffe del 25% sull’importazione dei due metalli, che
entrerebbero in vigore il 12 marzo, sono intese a potenziare industrie chiave
per la difesa nazionale.
«Il presidente Trump ritiene che avere una
forte industria dell’acciaio sia questione di sicurezza e vuole che rimanga
negli Usa», ha detto.
Trump tuttavia aveva promesso di dare “grande
considerazione” a un’esenzione per l’Australia dopo un colloquio con il primo
ministro,” Anthony Albanese”, il giorno dopo aver annunciato le tariffe su
acciaio e alluminio.
Tajani,
inviata delegazione negli Usa per parlare di dazi.
«Intanto
vediamo cosa succederà: proprio oggi c’è una delegazione che ho inviato a
Washington per parlare con i responsabili americani della situazione dazi, che
sta lavorando in sintonia con la Commissione Ue che ha la competenza esclusiva
sugli accordi commerciali».
Lo ha
detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine di un convegno a
Ravenna, rispetto alla prospettiva di dazi verso l’Ue.
«Il governo ha in testa un progetto per
cercare di far sì che il nostro export possa continuare ad andare avanti:
intanto credo si debba rafforzare la nostra presenza su altri mercati e trovare
il modo di dialogare con gli Usa».
Cina
volatile, partono i dazi al 25%
su
acciaio e alluminio. Trump è costretto
a rassicurare i top manager che va tutto bene.
Milanofinanza.it - Elena Dal Maso – (12
marzo 2025) – ci dice:
È una
cronaca fitta di annunci, passi indietro, toni alti: partono mercoledì i dazi
al 25% su acciaio e alluminio importati negli Usa, cancellati quelli al 50% sul
Canada.
L’Ue
risponde con tariffe per 26 miliardi di euro contro gli Stati Uniti.
Il
riarmo in Ue e l’unione dei capitali finanziati con i risparmi dei privati e
bonus fiscali.
L’Asia
regge l’urto della guerra dei dazi, complice l’intervento del presidente Donald
Trump ad una tavola rotonda in cui cerca di rassicurare i presenti che gli Usa
non andranno in recessione.
Alle ore 7:00 di mercoledì 12 marzo, il Nikkei
sale dello 0,3%, Hong Kong è sotto la parità e Shanghai guadagna lo 0,25%.
I
futures sul Nasdaq, nel frattempo, sono tornati positivi (+0,35%).
Che
cosa ha detto Trump ai top manager Usa.
Durante
un meeting della “Business Round table”, Trump ha spiegato ai top manager
presenti di voler accelerare le procedure di approvazione, in particolare per
le normative ambientali, e ha anticipato l’imminente annuncio di un importante
progetto nel settore elettrico.
Ha poi ribadito il progetto di una riduzione
delle imposte societarie per le aziende che producono i beni negli Stati Uniti.
Intanto,
gli analisti di “Goldman Sachs” hanno rivisto al ribasso il target sull’S&P
500 per preoccupazioni sulla crescita economica e il calo dei titoli
tecnologici del cosiddetto gruppo dei Magnifici 7.
Cina,
afflussi record sul tech di Hong Kong.
Trump
invece spaventa il Nasdaq che perde 1,1 trilioni in una seduta.
Entrano
in vigore i dazi del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio. Stop al
50%.
I dazi
del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio imposti dal presidente degli
Stati Uniti, Donald Trump, sono entrati in vigore mercoledì, nonostante i
timori che possano spingere gli Usa verso la recessione.
La Casa Bianca ha confermato l’entrata in
vigore delle tariffe martedì sera specificando tuttavia che Trump ha rinunciato
all’ipotesi di un raddoppio al 50% dei dazi sui metalli provenienti dal Canada.
Si
tratta dell’ultimo sviluppo in una guerra commerciale caratterizzata da annunci
di imposte, seguiti da ripensamenti e rinvii da parte dell’amministrazione Usa.
Mercoledì,
l’Unione Europea ha dichiarato che, a partire da aprile, introdurrà dazi di
ritorsione su beni statunitensi per un valore di 26 miliardi di euro in
risposta alle misure protezionistiche su acciaio e alluminio.
Anche
il premier australiano, “Anthony Albanese”, ha definito la decisione di Trump
«del tutto ingiustificata. È contraria allo spirito di amicizia che lega le
nostre due nazioni ed è in netto contrasto con i benefici che la nostra
partnership economica ha garantito per oltre 70 anni».
Lo
scorso mese, Trump aveva valutato l’ipotesi di esentare le esportazioni
australiane di acciaio e alluminio dai nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti.
Albanese
ha inoltre confermato che l’Australia non risponderà con misure tariffarie sui
prodotti statunitensi, ritenendo che tali provvedimenti finirebbero solo per
aumentare i costi a carico dei consumatori locali.
L’Unione
Europea introduce contro dazi per 26 miliardi.
Mercoledì,
l’Unione Europea ha annunciato l’introduzione di contromisure in risposta ai
nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti su acciaio e alluminio, prevedendo
l’applicazione di tariffe su beni americani per un valore di 26 miliardi di
euro a partire da aprile.
La Commissione Europea ha dichiarato in un
comunicato che procederà con misure «rapide e proporzionate» per contrastare le
restrizioni commerciali statunitensi.
L’annuncio è arrivato poche ore dopo l’entrata
in vigore dei dazi del 25% imposti dall’amministrazione Usa sulle importazioni
di acciaio e alluminio, segnando una significativa escalation della guerra
commerciale tra due ormai ex storici alleati.
Per
l’Europa, le nuove tariffe rappresentano un impatto quasi quattro volte
superiore rispetto ai dazi introdotti durante il primo mandato di Trump, quando
gli Stati Uniti avevano colpito le esportazioni di metalli dell’Ue per circa 7
miliardi di dollari, giustificandoli con motivi di sicurezza nazionale.
Trump
ha poi annunciato l’introduzione di ulteriori dazi reciproci a partire da
aprile in risposta a politiche dei partner commerciali considerate ostacoli per
il commercio statunitense, tra cui l’imposta sul valore aggiunto (Iva) europea.
Le nuove misure colpiranno settori specifici,
tra cui l’industria automobilistica.
Il
responsabile del commercio dell’Ue, Maros Sefcovic, si è recato a Washington il
mese scorso per cercare una soluzione negoziata con i vertici
dell’amministrazione Trump, tra cui il Segretario al Commercio Howard Lutnick.
L’Ue offrì
concessioni, tra cui la riduzione dei dazi sui beni industriali – incluse le
automobili, una delle richieste di Trump – e l’aumento delle importazioni di
gas naturale liquefatto e prodotti per la difesa dagli Stati Uniti.
«Tuttavia,
l’amministrazione statunitense non sembra intenzionata a raggiungere un
accordo», ha dichiarato Sefcovic lunedì.
«Così come gli Stati Uniti difendono i propri
interessi, lo stesso fa l’Ue», ha aggiunto, sottolineando che l’Unione
«proteggerà sempre le imprese, i lavoratori e i consumatori europei da tariffe
ingiustificate, perché sappiamo che da noi si aspettano esattamente questo».
Dazi
della Cina contro gli Usa,
inizia
la guerra commerciale globale:
nel mirino anche moda e Big tech.
Corriere.it - Redazione Economia – (10-03
-2025) – Ci dice:
Le
sanzioni commerciali contro le imprese americane colpiranno prodotti agricoli e
alimentari, marchi come Calvin Klein e Tommy Hilfiger e i giganti tecnologici
come Google.
Le
tensioni commerciali tra le due principali economie mondiali - Stati Uniti e
Cina - sono destinate a intensificarsi: da lunedì 10 marzo Pechino ha iniziato
a imporre tariffe su alcuni prodotti agricoli statunitensi come ritorsione
contro l'ultimo aumento del presidente Donald Trump sulle importazioni cinesi.
Dopo
aver imposto un dazio generale del 10% su tutti i prodotti cinesi all'inizio di
febbraio, nei giorni scorsi il presidente americano ha aumentato l'aliquota al
20%. Pechino ha reagito rapidamente, con il suo ministero delle finanze che ha
accusato Washington di «minare» il sistema commerciale multilaterale
annunciando nuove misure.
Tasse
sull’agricoltura.
Le
nuove sovrattasse imposte di risposta dalla Cina agli Usa riguardano nuovi dazi
del 10 e 15% imposti su diversi prodotti agricoli statunitensi.
Pollame, grano, mais e cotone provenienti
dagli Stati Uniti saranno ora soggetti a tariffe doganali più elevate (15%),
mentre restano più contenuti i dazi su soia, sorgo, carne suina, bovina,
prodotti ittici, frutta, verdura e latticini (10%).
Gli
analisti sostengono che i dazi di ritorsione di Pechino sono stati concepiti
per colpire la base elettorale di Trump, pur rimanendo sufficientemente
contenuti da lasciare spazio alla negoziazione di un accordo commerciale.
Oltre
al carburante, a febbraio la Cina ha imposto una tariffa del 10% su macchine
agricole, pick-up e alcune auto di grossa cilindrata.
Ma la
Cina non è un grande importatore di pick-up statunitensi e acquista la maggior
parte delle sue auto in Europa e Giappone, quindi una tariffa del 10% su un
numero già ridotto di importazioni non colpirebbe troppo duramente i
consumatori.
Negli
ultimi anni, la Cina ha aumentato gli investimenti in macchine agricole per
aumentare la produzione e ridurre la dipendenza dalle importazioni, nonché per
rafforzare la propria sicurezza alimentare.
Quindi
l'introduzione di tariffe sulle macchine agricole potrebbe essere soprattutto
un'altra mossa per cercare di rilanciare l'industria nazionale.
Indagine
sui «monopoli»: nel mirino le Big tech americane.
Le
autorità cinesi hanno annunciato anche alcune misure non tariffarie, una delle
quali è un'indagine antimonopolio sul gigante tecnologico statunitense Google.
Non è
chiaro in cosa consisterà l'indagine, ma per il momento i servizi di ricerca di
Google sono bloccati in Cina dal 2010.
A febbraio, inoltre, la Cina ha aggiunto alla
lista delle cosiddette «entità inaffidabili» la “Pvh”, l'azienda americana
proprietaria dei marchi di stilisti Calvin Klein e Tommy Hilfiger, accusandola
di «misure discriminatorie contro le imprese cinesi».
La
lista, che comprende altre aziende statunitensi, è stata creata nel 2020 da
Pechino in un momento di forte tensione commerciale.
Per Calvin Klein e Tommy Hilfiger, essere
nella lista della Cina renderà più difficile fare affari nel paese.
Potrebbero
andare incontro a sanzioni, incluse multe, e alla revoca dei visti di lavoro
dei loro dipendenti stranieri.
Pesanti
rallentamenti.
I
primi effetti dell'offensiva commerciale di Trump si stanno già facendo sentire
visto che le esportazioni cinesi sono cresciute del 2,3% su base annua nei
primi due mesi dell'anno molto meno delle stime e rallentando
significativamente rispetto alla crescita del 10,7% registrata a dicembre.
Trump
accusa la Cina di non aver «misure adeguate ad alleviare la crisi delle droghe
illecite» delle spedizioni di “Fentanyl” negli Stati Uniti.
Secondo
Pechino invece «la causa principale di questo problema risiede negli stessi
Stati Uniti» e ha accusato gli Stati Uniti di «ricattare la Cina imponendo
dazi».
Non è
la prima volta che Pechino impone una controffensiva:
ha già
inserito 15 aziende statunitensi nella sua “Export Control List”, che vieta
alle aziende cinesi di fornire tecnologie a duplice uso alle aziende americane.
Tra le
contromisure della Cina rientra anche l'annuncio di tasse di importazione
proprie sul carbone e sul gas naturale liquefatto (Gnl) statunitensi del 15% e
un'imposta del 10% sul petrolio greggio.
La
Cina è il più grande importatore mondiale di carbone, ma lo riceve
principalmente dall'Indonesia, anche se Russia, Australia e Mongolia sono tra i
suoi fornitori.
Per
quanto riguarda gli Stati Uniti, la Cina ha aumentato le importazioni di Gnl
dal paese, con volumi quasi raddoppiati rispetto ai livelli del 2018 ma il suo
commercio complessivo di combustibili fossili è modesto, con le importazioni
statunitensi che rappresentano solo l'1,7% del totale del petrolio greggio
acquistato dalla Cina dall'estero nel 2023.
Ciò
suggerisce che la Cina non dipende dagli Stati Uniti e quindi l'impatto dei
dazi sulla sua economia potrebbe essere minimo.
Satelliti,
strategie e guerra:
l’ambigua
realtà di Starlink.
Lacittafutura.it
- Orazio Di Mauro – (17/01/2025) – ci dice:
Starlink,
la rete satellitare di SpaceX, promette Internet globale ad alta velocità, ma
il suo legame con il governo americano e il Pentagono solleva interrogativi.
Sebbene
commercializzata come infrastruttura civile, mostra evidenti implicazioni
militari e vulnerabilità strategiche, esponendo i paesi “vassalli” a rischi
geopolitici nascosti.
Starlink
è un'impresa di “SpaceX”, l'azienda fondata da Elon Musk, che ha come obiettivo
commerciale fornire Internet ad alta velocità su scala globale, con particolare
attenzione alle aree remote o difficilmente raggiungibili attraverso le
infrastrutture via cavo.
Questo
sistema si basa su una costellazione di piccoli satelliti che orbitano a
un'altezza compresa tra i 340 e i 1.200 km dalla Terra, molto più vicini
rispetto ai satelliti geostazionari, posizionati a circa 35.000 km. Grazie a
questa vicinanza, si riesce a ridurre significativamente la latenza del
segnale, migliorando le prestazioni per molteplici usi.
Ogni
satellite può comunicare con le stazioni di terra e con altri satelliti,
creando una rete globale per la trasmissione dei dati.
Gli
utenti terrestri utilizzano terminali dotati di piccole antenne paraboliche,
chiamate comunemente “dish”, per connettersi alla rete. Tuttavia, l'alta
velocità spesso enfatizzata nel marketing non è sempre garantita.
Le prestazioni effettive dipendono dal
traffico di rete e dalle priorità assegnate ai diversi pacchetti dati.
Ad
esempio, un utente istituzionale, come uno Stato o un'organizzazione, potrebbe
godere di un trattamento preferenziale rispetto a un utente privato.
Questa
gerarchia funziona come un'autostrada: se tutti possono accedervi, nel caso in
cui passi un convoglio statale, gli altri devono aspettare.
Ciò
riflette una logica che non è governata esclusivamente dal mercato, ma da
esigenze statali e militari.
La
rete Starlink in Ucraina e il suo utilizzo militare.
Starlink
è diventata di dominio pubblico durante la guerra in Ucraina tra il 2022 e il
2023.
Gli
ucraini si sono affidati a questa rete satellitare poiché le infrastrutture
terrestri erano state devastate dai bombardamenti russi. Grazie a Starlink,
molti operatori hanno potuto mantenere connessioni vitali.
Questo
ha permesso alla rete di mostrarsi per quello che è: un'infrastruttura strategica.
Attualmente si stima che circa 6.000-7.000
satelliti siano operativi su orbite basse.
Contrariamente
a quanto si possa pensare, il “ruolo di Starlink” non si è limitato all'uso
civile.
Gli ucraini l'hanno utilizzata principalmente
per scopi militari.
Non tanto per colpire in profondità il
territorio russo — operazioni che coinvolgono il Pentagono per autorizzazioni
più complesse —, ma per operazioni più tattiche come il coordinamento dei droni
sul campo di battaglia.
Paradossalmente,
anche i russi, in alcune occasioni, hanno fatto uso della rete Starlink tramite
contratti di noleggio specifici.
Un
punto di crisi mediatico si è verificato quando Elon Musk ha minacciato di
interrompere il servizio in Ucraina a causa del mancato pagamento.
Questo
gesto ha sollevato polemiche, ma riflette una realtà commerciale:
un
fornitore può sospendere i propri servizi se non vengono pagati.
Alla
fine, sotto la spinta degli Stati Uniti, anche i Paesi europei hanno
contribuito economicamente per sostenere le spese dell’utilizzo della rete in
Ucraina e delle centinaia di migliaia di terminali installati, garantendone la
continuità.
In altre parole noi cittadini italiani da
tempo paghiamo perché i militari ucraini possano usare Starlink senza vederselo
spegnere all'improvviso per morosità.
Starlink:
privata o sotto il controllo governativo?
Contrariamente
all'immagine di iniziativa privata, Starlink ha legami profondi con il governo
degli Stati Uniti.
“
SpaceX”, l'azienda che gestisce il progetto, collabora regolarmente con il “Dipartimento
della Difesa” (DoD) e opera sotto regolamenti spaziali che richiedono sempre la
supervisione della “NASA”.
Ma
allora perché è nato Starlink e cosa ha spinto il governo americano a
sponsorizzare il progetto di Elon Musk?
Il vero motivo che ha portato la nascita di
Starlink è da ricercare nella superiorità che la Russia detiene da lungo tempo
nei satelliti geostazionari, anche servendosi delle stazioni spaziali che hanno
formalmente a scopo civile, ma pensare che non abbiano un uso militare è da
ingenui.
Questo dimostra come l'utilizzo dello spazio da parte
di aziende americane sia subordinato a interessi strategici nazionali.
Poiché la NASA ha priorizzato altri obiettivi,
come il ritorno sulla Luna, è stata delegata a” SpaceX” la realizzazione di una
rete satellitare resiliente.
La
creazione di una costellazione composta da migliaia di satelliti è pensata per
garantire la sopravvivenza della rete anche in caso di attacchi.
Se i russi riuscissero a distruggere parte
della rete, i satelliti rimanenti continuerebbero comunque a garantire il
servizio.
Le
debolezze strategiche: il ruolo del sistema “Tobol-1”
Nonostante
la sua diffusione capillare, Starlink non è priva di vulnerabilità.
Il
sistema russo Tobol-1 rappresenta una minaccia significativa:
nato come strumento per proteggere i satelliti
russi, può essere utilizzato per disturbare o neutralizzare intere porzioni
della costellazione Starlink.
Questo
sistema, sfruttando tecnologie avanzate come laser e interferenze
elettromagnetiche, è capace di accecare non solo singoli satelliti ma interi
gruppi orbitanti nella stessa area.
Alcune
evidenze suggeriscono che il “Tobol-1” sia stato impiegato in Ucraina per
neutralizzare temporaneamente collegamenti satellitari strategici.
Questa
vulnerabilità evidenzia come, nonostante la sua innovazione, Starlink non possa
essere considerato invincibile.
Un
conflitto diretto con potenze militari avanzate, come la Russia, potrebbe
evidenziare criticità significative nella rete, limitandone l'efficacia e la
resilienza.
Facendo
un parallelo con altre armi americane impiegate in Ucraina che hanno dato
cattiva prova di sé ci sono per esempio i “carri Abrams”, che sono stati
distrutti in grande quantità dai militari russi e pare che siano stati ritirati
dal fronte.
L’approccio
di Trump, come affarista americano, punta a trasformare il fallimento del
Pentagono nella creazione di una rete militare autonoma in un vantaggio
commerciale per il suo sodale Elon Musk, promuovendo Starlink come servizio da
affittare a quanti più stati possibile per usi diversificati, Italia in primis.
Ciò
significa che se facessimo un contratto di utilizzo come stato italiano della
rete Starlink non faremmo forse una cattiva scelta di carattere commerciale ma
faremmo una disastrosa mossa di carattere militare.
Questo
aspetto, purtroppo, viene omesso nel dibattito pubblico, che devia l'attenzione
su narrative semplificate e prive di fondamento logico.
Starlink
è un progetto ambizioso, che combina innovazione tecnologica e strategie
geopolitiche.
Sebbene
si presenti come un'azienda privata, essa è fortemente influenzata dal governo
americano e dagli interessi del Pentagono.
La sua vulnerabilità di fronte a sistemi come “Tobol-1”
e il suo utilizzo per scopi militari sollevano questioni che vanno ben oltre le
semplici applicazioni civili.
L’adozione
della rete da parte di stati vassalli, come l'Italia, deve essere valutata
attentamente, poiché potrebbe rappresentare un rischio più che un'opportunità
strategica.
Il
dibattito pubblico raramente affronta questi temi con la dovuta trasparenza,
concentrandosi invece su narrazioni semplicistiche che tendono a enfatizzare i
benefici commerciali, ignorando le complessità geopolitiche e militari che
Starlink comporta.
l
consigliere del governo Meloni:
“Non
abbiamo alternative a Starlink,
soluzioni Ue oggi non competitive.”
Fanpage.it
– (11 – 3 - 2025) – Marco Billeci – ci dice:
Il
professor Mariano Bizzarri è una delle voci più ascoltate dal governo Meloni in
materia di aerospazio, nel suo ruolo di coordinatore del “Comint”, il comitato
interministeriale per le politiche relative allo spazio, istituito sotto la
presidenza del Consiglio.
Parlando
con Fanpage.it, Bizzarri dice che l’Italia non ha alternative a siglare un
accordo, per affidare ai satelliti di Starlink di Elon Musk le comunicazioni
sensibili, tra cui quelle dei nostri sistemi di Difesa.
Bizzarri
stronca le ipotesi alternative emerse negli ultimi giorni, come quella di
un’intesa con Eutelsat:
“Sono
voci messe in giro solo per far crescere il titolo dell’azienda francese in
Borsa.”
(A
cura di Marco Billeci).
A
inizio 2025, la firma di un accordo da parte del governo Meloni per l'adozione
dei satelliti Starlink sembrava quasi cosa fatta.
Negli
ultimi giorni, invece diverse indiscrezioni di media italiani e stranieri hanno
adombrato dubbi e incertezze nell'esecutivo, sull'affidamento di comunicazioni
sensibili – a partire da quelle della Difesa – al sistema di proprietà di Elon
Musk.
Nello
stesso tempo, sono state avanzate ipotesi alternative, come quella di un'intesa
con l'azienda francese “Eutelsat”.
Fanpage.it
ha chiesto una ricognizione sullo stato dell'arte al professor Mariano
Bizzarri, una delle voci più ascoltate nel governo sull'argomento.
Bizzarri
infatti è coordinatore del tavolo tecnico-scientifico del “Comint” (Comitato
interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca
aerospaziale), il più importante organo tecnico di consulenza della presidenza
del Consiglio in materia di aerospazio.
Il
giudizio del professor Bizzarri sulle voci delle ultime ore è nettissimo: "Eutelsat non è competitivo con
Starlink. Quello che sta accadendo in questi giorni è tecnicamente aggiotaggio,
hanno partorito delle notizie false per far salire il titolo in borsa".
Il professore precisa di parlare da un punto
di vista tecnico e non politico, ma il suo giudizio ha senza dubbio un peso.
Anche
perché il” Comint “da lui coordinato ha incaricato l'Agenzia Spaziale Italiana
(Asi) di effettuare una ricognizione, per individuare la miglior soluzione
satellitare per l'Italia.
"L'Asi
che peraltro conosce molto bene la situazione di “Eutelsat” – spiega Bizzarri a
Fanpage.it – sta studiando Starlink, perché piaccia o no non c'è
un'alternativa concreta nel breve periodo".
La
minaccia di Musk: "Se spengo Starlink crolla l'Ucraina". Schlein:
"Meloni gli consegna la nostra sicurezza?"
La
strada verso Starlink per l'Italia quindi è segnata?
Ovviamente
la rassegna è a 360 gradi, ma come diceva Togliatti "chi ha più filo
tesserà", chi è più forte arriva.
Benissimo
studiare alternative valide, ma alternative vere, non le fesserie.
Formalmente,
per dire, sul tavolo ci sarebbe anche la proposta dei cinesi, che stanno
sviluppando una costellazione simile a quella di Musk. Ma lì ovviamente ci sono
obiezioni di carattere geopolitico e strategico.
Perché
a suo giudizio il sistema di proprietà di Elon Musk è la soluzione migliore?
Nel
mondo occidentale Starlink ha delle peculiarità uniche.
La
prima è che permette il dialogo anche orizzontale tra satellite e satellite via
laser, senza che il messaggio trasmesso debba tornare a terra.
Ciò
permette una comunicazione molto più rapida, immediata. Nel sistema di”
Eutelsat invece” c'è una centrale a terra, con un'antenna che riceve il segnale
dal satellite e poi lo reinvia, quindi c'è un doppio passaggio.
Non è
un caso se anche Air France per le comunicazioni via cellulare durante i viaggi
in aereo usi i satelliti di Starlink, non quelli di Eutelsat!
Altri
vantaggi?
Starlink
ha satelliti piccoli e tra l'altro ripetitori a terra di dimensione molto
ridotta, che uno potrebbe montare in macchina.
Eutelsat
invece usa antenne molto grandi che difficilmente potrebbero essere installate
anche ad esempio su una nave.
Tra l'altro questo rende il sistema
estremamente vulnerabile: basta che salti una struttura, perché si oscuri mezzo
cielo.
Un
altro aspetto è che i satelliti di Musk sono posti su orbite molto più basse
rispetto a quelli francesi (400-500 km) e ciò permette una qualità e rapidità
di trasmissione di gran lunga superiore.
Terzo
punto, per avere una buona connessione, si deve realizzare una copertura estesa
su tutto il globo e per fare ciò serve una rete di almeno 40mila satelliti, che
solo Starlink può raggiungere.
Eutelsat
al momento ha messo in orbita 40 satelliti (ma ne gestisce 650 dopo la fusione
con la britannica OneWeb, ndr.)
Una
rete così ampia è necessaria anche per un Paese relativamente piccolo come
l'Italia?
Certo,
perché non sarebbe molto utile una rete che copre solo il nostro Paese.
Se parliamo di difesa, abbiamo bisogno di
avere un sistema che arriva ovunque nel mondo.
E poi c'è un tema di competitività: Starlink
costa 20-30 volte di meno rispetto a Eutelsat.
L'idea
di affidarsi a Musk però suscita diversi interrogativi. C'è il timore di esporsi a fughe di
dati sensibili.
Questa
è un'obiezione ipocrita.
Il
problema della tutela dei dati si pone qualsiasi soluzione noi usiamo: per
quale motivo con un satellite francese dovrei sentirmi più sicuro?
Qualunque
sia il gestore io devo avere un criptaggio efficiente.
D'altra
parte già oggi abbiamo dei sistemi satellitari condivisi con i francesi e anche
lì abbiamo dei meccanismi di criptaggio.
Semmai
la questione qui è più vasta:
l'Europa è così tanto esposta agli attacchi
degli hacker di mezzo mondo, perché sul tema della sicurezza informatica ha
fatto molto poco.
Noi
dobbiamo a tutti i costi sviluppare tecniche di tutela dell'informazione, da
qualsiasi tipo di minaccia.
Su
questo c'è una carenza di ricerca di base che va urgentemente colmata.
Ma se
ci mettiamo in mano a Musk, diamo a un tycoon straniero, peraltro noto per i
suoi cambi d'umore, il potere di spegnere i nostri sistemi di
comunicazione in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo.
Ma gli
accordi non si fanno con il signor Musk, questa è un'altra stupidaggine.
Se si parla di difesa, noi possiamo accedere a
Starlink tramite la Nato. In altri settori si passa sempre da accordi
intergovernativi, in cui sono coinvolti esclusivamente soggetti istituzionali.
Solo
un'idiota può pensare che l'intesa si faccia con un privato.
Il contratto è negoziato da dipartimenti
pubblici che ragionano secondo una logica istituzionale, non politica.
E però
è proprio il proprietario di Space X che in queste ore ha minacciato di
lasciare al buio l'Ucraina.
Uno
pensa al dottor Stranamore, ma le cose non stanno così. Anche sull'Ucraina
quella di Musk è una boutade a effetto, ma c'è un accordo con il sistema della
Nato, mediato dalla Polonia.
Pure gli Usa prendono in affitto il sistema da
Musk, ma secondo lei se un domani cambiasse presidente, lui potrebbe spegnere
tutto da un momento all'altro?
Perché
sul tema delle comunicazioni via satellite l'Europa è così indietro?
L'Europa
è partita tardi, in modo disorganizzato e inefficiente. Prendiamo “Iris2” (il
progetto per una costellazione satellitare europea). Quando è nato, è successo
qualcosa di strano:
in teoria avrebbe dovuto essere gestito
dall'Esa, l'Agenzia spaziale europea.
E
invece è stato messo in capo all'Unione europea. Perché?
Nessuno
si è chiesto il motivo di questa anomalia?
E
secondo lei, qual è?
Mi
viene da pensare che in “Esa” sarebbe valso il principio del giusto ritorno,
per cui le commesse per realizzare i manufatti sarebbero andate
proporzionalmente ai Paesi in base al capitale investito.
Questo principio invece ora con” Iris2 “non
vale e il rischio è che il ritorno economico per le nostre aziende sia minimo.
Inoltre, guarda caso, la governance del progetto è in
mano ai francesi.
Ma a
che punto è Iris2 e quali sono le prospettive?
È un
progetto che va a rilento e accusa un forte ritardo rispetto alla tabella di
marcia.
Per il
2030-35 dovremmo avere 290 satelliti, ma al momento sono numeri teorici.
Vedremo.
Ciò
non vuol dire che non si debba lavorare ad un piano europeo che sia serio e
realistico.
Ma
questo richiede importanti investimenti, tempi di realizzazione adeguati e
credibili, e contemporaneamente una crescita tecnologica capace di renderci
davvero competitivi.
Anche
nella migliore delle ipotesi, per i prossimi cinque o sei anni non avremo
granché.
E si
torna da dove siamo partiti, per lei ora non c'è alternativa a Starlink?
Se c'è
un'emergenza bellica, oggi, senza Starlink la guerra non si fa, come si è
capito bene in Ucraina.
Musk
d'altra parte si può permettere anche di avere due o tre lanci di razzi
sbagliati durante i dodici mesi, perché ne fa tre a settimana.
Noi
europei ne facciamo tre all'anno.
Insomma oggi siamo costretti a prendere
Starlink, in attesa che “Iris2” o un altro sistema sia nella reale
disponibilità dell’Europa.
Dire
che abbiamo già alternative disponibili ora è una menzogna.
Poi in futuro magari non sarà così.
Io tifo per l'Europa, ma l'Europa si deve dar
da fare.
Lei
ritiene davvero possibile colmare il distacco o è troppo tardi?
A
inizio anni '60 gli Usa stavano perdendo la corsa allo spazio con l'Unione
Sovietica.
Kennedy
decise che le cose non potevano andare così e prima della fine del decennio gli
Usa arrivarono sulla luna.
Come
hanno fatto?
Hanno
messo il 6 percento del budget nazionale sulla Nasa, hanno reclutato migliaia
di ricercatori, hanno fatto di tutto e alla fine ci sono riusciti.
Quindi anche per l'Europa vincere la sfida
oggi è possibile?
Certo,
fra qualche tempo potrebbe avere anche qualcosa che funziona meglio di
Starlink, ma dipende dall'impegno e dalle risorse che ci metterà nei prossimi
anni.
(fanpage.it/politica/il-consigliere-del-governo-meloni-italia-non-ha-alternative-a-starlink-soluzioni-europee-oggi-non-sono-competitive/).
(fanpage.it/).
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