L’ideologia diventa pregiudizio.

 

L’ideologia diventa pregiudizio.

 

Atlantisti antiamericani.

 Ariannaeditrice.it - Marco Travaglio - 20/02/2025 – ci dice:

(Il Fatto Quotidiano)

 

In questi tre anni, l’Ue aveva due opzioni: vincere la guerra o preparare la pace. Invece la guerra l’ha persa e la pace non l’ha preparata.

 E ora dà la colpa a Trump,

arrivato a cose fatte a gestire la sconfitta di chi c’era prima, come già nel 2017 in Afghanistan, cercando di convincere chi la guerra la sta vincendo a fermarsi prima che la stravinca.

Ma Zelensky, che aveva alzato bandiera bianca dando per perse le quattro regioni perse e implorando Putin di sedersi al tavolo, ha di nuovo cambiato idea (o qualcuno gliel’ha fatta cambiare) ed è tornato in modalità “piano per la vittoria”: non cederà nulla di ciò che ha perso, anzi detta condizioni a chi ha vinto.

 Certo, era meglio un negoziato paritario Russia-Ucraina con un arbitro imparziale. Ma quel treno passò a Istanbul nel marzo-aprile 2022 chez Erdogan, mezzo milione di morti fa, e lui ne scese a un passo dall’intesa su amorevole consiglio di Johnson &C.:

peggio per lui, anzi per il suo popolo, che ora subirà condizioni molto più pesanti. Lui dice giustamente che non si fa la pace Russia-Ucraina senza Ucraina: peccato che l’estate scorsa lui e la Nato avessero apparecchiato in Svizzera un negoziato Russia-Ucraina senza Russia: logica conseguenza del suo decreto dell’ottobre 2022 che gli vieta di trattare con Putin (a proposito: quando lo abolisce?).

 L’Ue gli ha sempre tenuto bordone e ora fa la faccia da funerale perché si rischia la pace. I leader – ma solo i più falliti – si riuniscono a Parigi come gli alcolisti anonimi per decidere le truppe da inviare a Kiev nel dopoguerra che Trump prepara senza e contro di loro: come se Mosca potesse accettare truppe Nato nell’Ucraina fuori dalla Nato.

Fortuna che, nel caos generale, la Schlein ha le idee chiare:

“Meloni dica se sta con l’Ue o con Trump”.

 Quindi almeno lei ha capito dove sta l’Ue:

 però s’è scordata di dircelo, e soprattutto di dirlo all’Ue.

Le ultime volontà dell’Ue sono scolpite nella risoluzione di un mese fa, quella che equipara il nazismo e il comunismo: “Piena vittoria militare dell’Ucraina” e “cambiamento democratico in Russia e in altri paesi autoritari come la Bielorussia”.

 Se questo è il contributo realistico che vuol dare al negoziato di pace, si capisce perché non sia stata invitata.

Ma, a illuminare ancor meglio lo scenario, c’è Mario Draghi, che “sferza”, anzi “striglia”, anzi “sveglia”, anzi “scuote” l’Ue: “Non si può dire no a tutto, fate qualcosa”.

No a tutto cosa? E qualcosa cosa? Ah saperlo.

 Era quasi meglio “Volete la pace o i condizionatori accesi?”.

Anche perché le persone normodotate hanno scelto sia la pace sia i condizionatori accesi.

Però non disperiamo: con tutti questi atlantisti diventati antiamericani dalla sera alla mattina, non resta che dichiarare guerra non solo alla Russia, ma pure all’America.

 

 

Pregiudizio e stereotipi:

cosa sono

e da dove nascono.

Serena.it – (13 - 02 – 2025) – Dott.ssa Martina Migliore ci dice:

Il pregiudizio è un atteggiamento basato su opinioni e stereotipi anziché su fatti. Coinvolge sentimenti negativi, credenze stereotipate e tendenza alla discriminazione contro un gruppo.

 Può essere un istinto, insegnato o rafforzato dalla società, ma può anche essere disimparato attraverso l'educazione e la consapevolezza.

Cos'è il pregiudizio

Il pregiudizio è un atteggiamento discriminatorio che si basa principalmente su opinioni e stereotipi piuttosto che su fatti e prove. Anche se il pregiudizio è un sostantivo e non un verbo, il comportamento pregiudizievole è spesso influenzato dal pregiudizio. Una volta che si passa dal "pensiero/sentimento" alla "azione", la discriminazione è avvenuta. Gli esperti di definizioni di psicologia sostengono che il pregiudizio coinvolge tre cose principali:

sentimenti negativi;

credenze stereotipate;

una tendenza a discriminare contro un gruppo stereotipato.

La ricerca scientifica ha determinato che il pregiudizio può essere un istinto (ci arriveremo dopo). Può anche essere insegnato e rafforzato da altri nella società. Fortunatamente, può anche essere "disimparato".

C'è chi discrimina e c'è chi aiuta.

Parla della tua situazione con uno psicologo: ti aiuterà a venirne fuori.

La parola pregiudizio è di origine latina. Il prefisso "pre" significa "prima", mentre "giudizio" deriva dalla stessa radice di "giudicato". Anche se di solito colleghiamo il pregiudizio con sentimenti negativi come il bigottismo o il razzismo, ci sono molti altri tipi di pregiudizi sociali, tra cui:

sessismo: stereotipi basati sul genere;

pregiudizio religioso: antipatia per una persona/gruppo solo in base al suo credo religioso;

ageismo: pregiudizio basato sull'età;

classismo: pregiudizio contro quelli di una certa classe sociale;

omofobia: stereotipi sulle persone in base all'orientamento sessuale;

transfobia: pregiudizio basato sull'identità di genere di una persona;

xenofobia: pregiudizio contro coloro che provengono da altri paesi.

A volte il pregiudizio è esplicito, altre volte, è più sottile.

 

Definizione di stereotipo.

Quando si manifesta il pregiudizio, le persone tendono a dipingere tutti in un gruppo con lo stesso pennello. In altre parole, tutti quelli che rientrano in una specifica categoria sono considerati uguali. Anche se usiamo i termini in modo intercambiabile, c'è una sottile differenza tra la definizione di psicologia del pregiudizio e quella di stereotipo.

 

Gli stereotipi sono esagerazioni che non sono sempre vere, ma hanno qualche merito basato sull'esperienza. Gli stereotipi possono essere positivi (per esempio, la maggior parte delle persone assume che tutti gli asiatici sono bravi in matematica). I pregiudizi, invece, sono quasi sempre negativi e non sono basati sulla ragione o sull'esperienza. Spesso sono sostenuti dalla convinzione che certe persone o gruppi abbiano un valore o abilità inferiori.

 

Esempi di stereotipo e pregiudizio.

Perdonateci per aver inserito queste frasi, ma sono degli esempi basati - tristemente - sulla realtà:

perché Ben è ebreo, è avido di soldi;

Lee dovrebbe essere messo nella squadra di matematica al posto di Darius perché gli asiatici sono più intelligenti;

Hosea è probabilmente qui illegalmente; dovrebbe essere rimandato da dove è venuto;

perché Latonya è nera, può giocare a basket ma non sa nuotare;

Donna è troppo vecchia per essere assunta come barista; non farebbe tante vendite come le donne più giovani;

Abdul viene dall'Africa, quindi probabilmente è cresciuto in una zona povera e remota;

poiché il signor Jones è gay, non dovrebbe avere il permesso di insegnare ai bambini piccoli.

Il problema con le affermazioni prevenute e stereotipate come quelle elencate sopra è che quasi sempre portano alla discriminazione.

 

Per esempio, un insegnante che crede che i bambini asiatici siano sempre bravi in matematica potrebbe non notare uno studente cinese in difficoltà nella sua classe.

Un allenatore che ha il pregiudizio che le persone nere non sappiano nuotare, potrebbe non reclutare bambini afroamericani perché presume che non vogliano gareggiare.

 Un responsabile delle assunzioni che cerca di trovare ottimi supplenti per una scuola potrebbe lasciarsi sfuggire un fantastico dipendente, presumendo erroneamente che essere omosessuale sia associato all'essere un pedofilo.

Poiché il pregiudizio di solito si trasforma in azione, è imperativo che identifichiamo la fonte e lavoriamo per liberarcene quando possibile.

 

Da dove nasce il pregiudizio?

Sono state fatte molte ricerche sul pregiudizio e sul perché certe persone sono inclini a questo tipo di pensiero negativo. Di seguito discuteremo diverse teorie e ricerche che spiegano cosa potrebbe succedere quando i pensieri prevenuti sono all'opera. Troverete che, sebbene siano tutte diverse, molte hanno dei pezzi che si sovrappongono.

La teoria naturale.

Anche se è facile classificare coloro che esprimono pregiudizi come "cattivi", questo giudizio non è giusto secondo la psicologia del pregiudizio. Definizione a parte, esperti come Gordon Allport attribuiscono il pregiudizio e gli stereotipi al normale pensiero umano.

Nel suo lavoro, "The Nature of Prejudice", Allport spiega che già a cinque anni ci rendiamo conto che facciamo parte di certi gruppi. Questi gruppi (cioè, sesso, etnia, religione, classe) non sono di nostra scelta a questo punto, ma ci vengono assegnati. Diamo anche per scontato che siano buoni. Dopo tutto, siamo una parte di loro.

Fino a quando non saremo un po' più grandi (nove anni o giù di lì), non saremo in grado di confrontarci con altri gruppi a livello cosciente, ma a quel punto avremo già sviluppato la lealtà verso le nostre categorie. Abbiamo anche giudicato gli altri e li abbiamo messi in scatole. Questo è il modo in cui il nostro cervello dà un senso alle cose.

Calore e competenza: uno studio di Fiske.

Un altro studio di ricerca sulla psicologia del pregiudizio mostra che le emozioni delle persone che sono legate al pregiudizio e alla discriminazione e non necessariamente agli stereotipi.

 

L'American Psychological Association (APA) ha coperto uno di questi studi condotto da Susan Fiske, dell'Università di Princeton:

"I suoi colleghi hanno anche trovato prove che i pregiudizi emotivi di pietà, invidia, disgusto e orgoglio esistono attraverso le culture e, attraverso studi di neuroimaging, che queste quattro emozioni possono attivare parti distinte del cervello".

Pregiudizio e personalità.

Alcuni esperti di psicologia credono che la personalità abbia molto a che fare con i pregiudizi e i sentimenti negativi verso gli altri che consideriamo pregiudizi. Gli esperti di definizione e ricerca in psicologia dicono che quelli con tipi di personalità autoritari sono più propensi a lottare con il pregiudizio rispetto agli altri. I tratti comuni degli autoritari includono:

sforzo per la conformità, specialmente in una società;

credenze rigide/valori tradizionali;

totale/estremo rispetto dell'autorità;

non tollerano la debolezza in se stessi/gli altri;

ammira le persone affini/non si fida degli estranei;

distruttivo/cinico;

tende a incolpare e a fare da capro espiatorio agli altri.

Questi tratti di personalità, se sommati insieme, rendono una persona molto più propensa ad avere pregiudizi e a discriminare coloro che sono diversi da loro senza una ragione basata sui fatti.

Il pregiudizio è appreso.

Anche se tutti i fattori e le teorie di cui sopra giocano sicuramente un ruolo negli atteggiamenti prevenuti, la maggior parte delle credenze prevenute sono attivamente diffuse nella società.

Ricordate Gordon Allport, il guru delle definizioni psicologiche, di cui abbiamo parlato prima? Le sue scoperte supportavano anche la teoria "appresa", citando che i bambini imparano il pregiudizio in uno dei due modi:

adottando il pregiudizio dei loro genitori/membri della famiglia;

crescendo in un ambiente che li rende sospettosi o timorosi. (Più tardi, queste paure vengono proiettate sui gruppi minoritari).

Questo non è un processo semplice.

La ricerca ha scoperto che ci vuole tutto il periodo dell'infanzia per "padroneggiare" il pregiudizio e solidificare queste opinioni negative e dannose.

Questo significa che c'è qualche speranza per i bambini che vengono cresciuti in ambienti con pregiudizi, ma solo se vengono offerti punti di vista alternativi prima che questi pregiudizi prendano piede.

 

Gli effetti del pregiudizio sulla società.

Sia gli stereotipi che i pregiudizi sono dannosi. Queste credenze e opinioni ignorano che ogni persona, indipendentemente dalle "categorie" in cui rientra, ha capacità, punti di forza, debolezze e obiettivi che hanno poco a che fare con chiunque altro.

Il pregiudizio e la discriminazione corrodono la nostra società, facendo sentire svalutati e indifesi coloro che sono ingiustamente presi di mira. Potrebbero anche provare vergogna e tristezza come risultato dell'essere stati maltrattati. Molte persone che cercano salute da un professionista della salute mentale lo fanno a causa di pregiudizi ingiusti detenuti da altri che li colpiscono personalmente.

Ridurre il pregiudizio: Definizione di psicologia in azione:

persone che parlano in ufficio.

Non è certo che riusciremo mai a sradicare il pregiudizio dal mondo, specialmente se Allport ha ragione e alcune credenze "interne" sono naturali. Tuttavia, possiamo lavorare per fermare la discriminazione:

guardando i nostri pregiudizi interni e combattendoli con fatti concreti;

educando gli altri sulla definizione di psicologia del pregiudizio qui discussa, specialmente le giovani generazioni in cui le radici non sono ancora "profonde";

fare leggi che sostengano l'uguaglianza dei diritti e punire coloro che discriminano o danneggiano gli altri a causa del pregiudizio.

Infine, possiamo incoraggiare coloro che sono stati profondamente colpiti dal pregiudizio sociale a cercare servizi di aiuto mentale. A volte tutto ciò di cui una persona ha bisogno è qualcun altro che stia al suo fianco e dica "ti sostengo".

 

Se credete che il pregiudizio stia influenzando la vostra vita in un modo o nell'altro, può essere utile cercare aiuto da un professionista della salute mentale.

 Se i terapeuti non sono facilmente disponibili nella vostra zona, non dovete preoccuparvi.

 La terapia è ora più accessibile che mai con la psicoterapia online.

 Scoprirete che gli psicologi hanno già sviluppato una ricca base di conoscenza accademica che coinvolge sia coloro che sperimentano il pregiudizio sia coloro che lo manifestano. Il trattamento è disponibile online in entrambi i casi.

 I ricercatori stanno scoprendo sempre più che la terapia online replica il successo e la soddisfazione del trattamento di persona.

 

Forse avete sperimentato un pregiudizio dannoso nella vostra comunità. O forse sei diventato recentemente consapevole dei tuoi pregiudizi e vuoi correggerli. In entrambi i casi, un terapeuta online di Serenis può aiutarti ad affrontare le tue preoccupazioni. I professionisti di Serenis sono disponibili a mettersi in contatto e a somministrare il trattamento quando è conveniente per te. Puoi accedere a questo supporto dalla comodità della tua casa.

Cosa significa il pregiudizio in parole semplici?

Una semplice definizione di pregiudizio è: dare giudizi negativi su qualcuno basati solo su ciò che si pensa di un gruppo di cui fa parte. Questi giudizi non sono basati su fatti o esperienze reali con quella persona. Un'altra semplice definizione di pregiudizio è "un sentimento ingiusto di antipatia per una persona o un gruppo a causa dell'etnia, del sesso, della religione, ecc.”

Qual è la migliore definizione di pregiudizio?

Ci sono molte definizioni di pregiudizio. La parola deriva dal latino praejudicium, che significa giudizio in anticipo. Più tardi, la parola è stata usata in francese antico e, infine, come "pregiudizio" in inglese medio. Per quanto riguarda una definizione attuale, il dizionario inglese Merriam-Webster ne ha due. Una definizione di pregiudizio è che è un'opinione sfavorevole formata senza motivi o prima di avere abbastanza conoscenze per sostenere la conclusione. Il pregiudizio può anche essere un'ostilità irrazionale diretta a qualcuno di un'altra etnia o gruppo.

Cos'è il pregiudizio ed esempi?

Un'altra definizione di pregiudizio è giudicare qualcuno duramente prima di conoscerlo. Ecco alcuni esempi di quando potresti provare pregiudizio verso qualcuno.

Sei chiamato a far parte di una giuria. Non appena vedi che l'imputato è un nero, assumi immediatamente che sia colpevole di un comportamento criminale.

Voti per Ezekiel come tesoriere del tuo club invece di Jose solo perché pensi che un ebreo sia più bravo con i soldi.

Hai paura quando Ahmed e la sua famiglia si trasferiscono qui accanto perché associ i musulmani al terrorismo.

Ti preoccupi che tuo figlio non impari la matematica perché il suo insegnante di matematica è una donna e tu pensi che gli uomini siano più bravi con i numeri.

Quali sono i quattro tipi di pregiudizio?

Anche se ci sono molti tipi diversi di pregiudizio, i quattro più comuni sono:

razzismo;

sessismo;

ageismo;

omofobia.

Un altro tipo di pregiudizio è basato sulla religione.

Qualcuno potrebbe anche avere dei pregiudizi nei confronti di qualcuno che ha una disabilità o che viene da un paese diverso.

Cosa causa il pregiudizio?

Molte cose possono lavorare insieme per causare il pregiudizio.

Quando si pensa alla definizione di pregiudizio come "un giudizio ingiusto su qualcuno fatto prima di conoscerlo", ci si potrebbe chiedere perché formiamo queste opinioni senza sapere chi è la persona come individuo. Ci sono diverse ragioni.

Fin dall'infanzia, ci rendiamo conto che facciamo parte di certi gruppi, e sviluppiamo la lealtà verso questi gruppi. Diventiamo anche diffidenti delle persone che fanno parte di gruppi diversi.

I genitori, gli insegnanti e altre persone nella nostra vita possono mostrare pregiudizi verso gli altri, e noi impariamo da loro a fare lo stesso. Impariamo che, all'interno del nostro gruppo, è accettabile e persino incoraggiato pensare in un certo modo agli altri gruppi.

Se viviamo in un ambiente pericoloso o instabile, possiamo cercare un capro espiatorio nelle persone che sono diverse da noi.

Possiamo ottenere sostegno sociale avendo pregiudizi contro le stesse persone contro cui hanno pregiudizi i nostri amici o la nostra famiglia.

Tendiamo a valutare gli altri in base alle nostre norme culturali, che potrebbero non essere le stesse per un altro gruppo.

Come usiamo i pregiudizi?

Usiamo il pregiudizio come una scorciatoia per orientarci nella vita. Possiamo trovare meno impegnativo esprimere semplicemente un giudizio immediato su qualcuno piuttosto che impiegare il tempo e lo sforzo di conoscerlo come individuo. Come molte scorciatoie, il pregiudizio tralascia passi essenziali che potrebbero aiutarci a raggiungere risultati migliori.

Quali sono gli effetti del pregiudizio?

Il pregiudizio è dannoso. È dannoso per la persona contro cui abbiamo dei pregiudizi, per noi stessi e per la società nel suo complesso.

Il pregiudizio può ferire la persona a cui è diretto abbassando la sua autostima e danneggiando la sua salute mentale.

Il pregiudizio può essere la causa principale della perdita di opportunità da parte di qualcuno: è il caso ad esempio della discriminazione di genere sul lavoro.

Le persone che hanno a che fare con il pregiudizio degli altri intorno a loro possono diventare depresse o ansiose. Possono iniziare a credere a ciò che gli altri dicono di loro.

Il pregiudizio fa male anche alla società. Quando alcune persone sono sempre guardate dall'alto in basso a causa del gruppo di cui fanno parte, è più difficile per loro avere le risorse per contribuire alla società. Le tensioni derivanti dal pregiudizio possono impedire a una comunità di raggiungere obiettivi comuni.

Cos'è il concetto di pregiudizio?

Per capire il concetto di pregiudizio, bisogna iniziare con la definizione di pregiudizio.

 Andare oltre implica guardare ogni parte della definizione di pregiudizio. Considerate la definizione di pregiudizio che descrive il termine come "un giudizio ingiusto su qualcuno basato su un gruppo di cui fa parte".

 Pensate prima alla parola 'giudizio'. Questa è una parola che significa formarsi un'opinione su qualcosa o qualcuno.

Poi, pensate alla parola "ingiusto". Ingiusto implica qualcosa che non è meritato. Ora, passa alla parola 'gruppo'.

Ci sono molti tipi diversi di gruppi contro cui si possono avere pregiudizi, compresi quelli basati su etnie, generi, preferenze sessuali, religioni, nazionalità, gruppi di età e abilità.

 Mettendo insieme il concetto di questa definizione di pregiudizio, vi rendete conto che state prendendo decisioni su qualcun altro basandovi esclusivamente sul suo gruppo senza considerare chi è come individuo.

La tua valutazione non può essere accurata quando non hai abbastanza conoscenza di un altro. È ingiusto e dannoso per loro.

Il pregiudizio è una buona cosa?

Quando sentite o esprimete un pregiudizio verso qualcun altro, potete pensare che sia una cosa "buona".

Dopo tutto, non devi sentirti male con te stesso o con il tuo gruppo quando puoi dare la colpa dei tuoi problemi a qualcun altro.

 Si può pensare che la vita sia più facile da capire quando si può rapidamente distinguere chi disprezzare e di chi diffidare.

Il problema è che quando si formano opinioni senza conoscere i fatti, si è in realtà più vulnerabili. Perdi anche delle relazioni che potrebbero beneficiare sia te che l'altra persona.

Quali sono gli effetti negativi del pregiudizio?

Se qualcuno esprime pregiudizi nei tuoi confronti, può danneggiare la tua autostima. Inoltre, può impedirti di raggiungere i tuoi obiettivi nella vita. Affrontare il pregiudizio ogni giorno può portare a depressione, ansia e altri problemi di salute mentale.

Alcuni effetti che possono derivare dal pregiudizio includono:

bullismo;

violenza domestica;

crimine;

morte;

perdita di produttività;

perdita di proprietà;

perdita di opportunità;

danni alle relazioni personali.

Come possiamo evitare il pregiudizio?

Ci sono molti modi diversi per evitare il pregiudizio. Eccone alcuni da considerare.

 

Viaggia in un posto dove non sei mai stato. Quando vai, pensa alla definizione di pregiudizio come un giudizio negativo anticipato. Poi, sii aperto a conoscere una nuova cultura che stai sperimentando per la prima volta.

Educati sul pregiudizio. Segui un corso sull'argomento presso il tuo college locale oppure online.

Cerca i punti in comune tra persone di gruppi diversi. Invece di concentrarti su ciò che rende qualcuno diverso da te, pensa a ciò che lo rende simile.

Unisciti a un'organizzazione di volontariato dove persone di diversi gruppi si uniscono per migliorare il mondo.

Quando sei interessato a conoscere persone di un altro gruppo, aspettati che anche loro vogliano conoscerti. Spesso non ci proviamo perché presumiamo che non vogliano avere niente a che fare con noi.

Non dare per scontato che i tuoi pregiudizi inconsci siano più validi dei pensieri coscienti non pregiudiziali che scegli.

Conosci gente nuova.

Il pregiudizio può essere positivo o negativo?

Mentre gli effetti del pregiudizio sono quasi sempre dannosi, c'è un altro senso della definizione di pregiudizio che può essere visto come positivo.

 Cioè, si può avere il pregiudizio che qualcuno sia "buono" in base al gruppo di cui fa parte.

Ci si può sentire bene con sé stessi perché si presume che tutti i membri di un gruppo siano intelligenti.

Tuttavia, anche se il pregiudizio riguarda una qualità positiva, può comunque avere effetti dannosi.

Giudicare qualcuno ingiustamente senza prove sufficienti può indurti a favorire qualcuno che non si è guadagnato un favore extra.

Potrebbe anche rendervi ciechi di fronte al bisogno di aiuto di qualcuno. Tutto sommato, la politica migliore è quella di evitare i pregiudizi il più possibile.

Se stai pensando di rivolgerti a uno psicologo online, potresti farlo con noi: siamo un centro medico autorizzato.

 

 

 

Dittatura costituzionale?

Shtfplan.com - Thomas J. Di Lorenzo – (21 febbraio 2025) – ci dice:

 

 

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Thomas J. Di Lorenzo presso il Mises Institute.)

 

Quando il presidente Trump ha iniziato di recente a chiamare dittatore il dittatore ucraino, elementi sia di sinistra che di destra nell'establishment di Washington si sono indignati parecchio. Dopotutto, è il loro testimonial per il loro amato "aiuto estero".

La costituzione ucraina consente la sospensione delle elezioni in tempo di guerra, ha gridato "The Grate One", Mark Levin di FOX News. Levin ha poi dato al dittatore ucraino il suo pieno sostegno, poiché, dopotutto, un pezzo di carta scritto dal suo governo gli conferisce tali poteri dittatoriali, ha affermato l'autoproclamato studioso della costituzione.

Le denunce del presidente Trump da parte della sinistra per aver sottolineato questo fatto ovvio sembrano essere infinite. Naturalmente, le stesse persone denuncerebbero anche il presidente se dicesse che Zelenskyy è un campione della democrazia.

Ma ci sono costituzioni e poi ci sono costituzioni. Solo perché la costituzione di un governo consente la dittatura, non significa che il dittatore sia legittimo, morale o persino necessario e che  obbiamo  obbedire a quella Costituzione, come direbbe Levin, lo "studioso della costituzione".

Ma considera questo: l'Unione Sovietica aveva una costituzione dal suono raffinato che sosteneva di difendere la libertà di parola, di religione e di stampa. Leggila su Marxist.com.

Era tutta una farsa. Persino l'eroe di Levin, Abraham Lincoln, non sospese le elezioni durante la Guerra per impedire l'indipendenza del sud. Interferì e le truccò e chiuse la maggior parte della stampa di opposizione, ma le elezioni si tennero.

 

Lincoln era, per certi versi, il rovescio della medaglia del dittatore ucraino. Si comportò come un dittatore, nonostante la Costituzione degli Stati Uniti non conceda tale potere al ramo esecutivo.

 Generazioni di storici di corte hanno elogiato Lincoln (e altri presidenti) per aver esercitato poteri incostituzionali e dittatoriali.

 Nel suo libro “Constitutional Dictatorship,”  lo storico della Cornell University W”Clinton Rossiter” scrisse che "la dittatura ha svolto un ruolo decisivo nel tentativo riuscito del Nord di mantenere l'Unione con la forza delle armi... un uomo era il governo degli Stati Uniti... Lincoln era un grande dittatore".

Quanto è interessante che uno storico di spicco abbia elogiato pubblicamente il fatto che Lincoln abbia distrutto  l'unione volontaria dei padri fondatori e l'abbia sostituita con una mantenuta "con la forza delle armi", proprio come, diciamo, l'  Unione Sovietica  .

Lo storico “James Ford Rhodes” scrisse di Lincoln: "Mai il potere di un dittatore era caduto in mani più sicure e nobili".

La gente degli stati del Sud durante e dopo la guerra non sarebbe stata d'accordo. “James G. Randall,” il preminente studioso di Lincoln dell'ultima generazione, scrisse:

 "Se Lincoln era un dittatore, bisogna ammettere che era un dittatore benevolo". Le lodi generose di Levin per la dittatura di Zelenskyy ricordano tale “agitprop”.

Se “Marc Levin” fosse stato un vero difensore della libertà costituzionale in stile americano, avrebbe denunciato il sudicio saccheggiatore ucraino dei contribuenti americani invece di difenderlo e lodarlo.

Avrebbe invece citato il famoso caso della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1866 di “Ex Parte Milligan “ che rimproverò la dittatura di Lincoln e la sua sospensione arbitraria e illegale di così tanta parte della Costituzione.

 I giudici hanno affermato che:

La Costituzione degli Stati Uniti è una legge per i governanti e il popolo, egualmente in guerra e in pace, e copre con il suo scudo di protezione tutte le classi di uomini, in ogni momento e in ogni circostanza.

 Nessuna dottrina che comporti conseguenze più perniciose è mai stata inventata dall'ingegno degli uomini, che una qualsiasi delle sue grandi disposizioni possa essere sospesa durante una qualsiasi delle grandi esigenze del governo.

In altre parole, la Corte Suprema ha affermato che è proprio in tempo di guerra che le libertà civili devono essere difese con particolare vigore.

Altrimenti, i governi saranno incentivati ​​a creare costantemente crisi, reali e immaginarie, come mezzo per accaparrarsi più potere e rubare più ricchezza e libertà alle persone.

La difesa di “Levin” della dittatura di Zelenskyy — e della costituzione ucraina stessa — è più in sintonia con la vecchia costituzione sovietica che con la tradizione costituzionale americana.

 E come i sinistrorsi in generale, in questo caso, sembra credere che il fine giustifichi i mezzi.

 

 

 

Eutanasia, meno

leggi più buonsenso.

 Ariannaeditrice.it - Marcello Veneziani – (21/02/2025) – ci dice:

 

L’eutanasia alla fiorentina.

Arriva a spizzichi e bocconi, per via regionale e rateale, la legge sul suicidio medicalmente assistito, attraverso l’auto- somministrazione di un farmaco letale.

Ad approvarla è stata la Regione Toscana guidata dalla sinistra che l’ha votata insieme ai rappresentanti del Movimento Cinque Stelle, mentre hanno votato contro le opposizioni di centro-destra.

Esulta l’associazione Luca Coscioni che ha promosso il testo, si rammaricano i vescovi toscani per una legge che gli oppositori ritengono disumana e anticostituzionale.

 E si annunciano altre regioni pronte a seguire la linea toscana, incluso il Veneto guidato da Zaia e dal centro-destra.

Con la pressione conseguente sul governo Meloni per colmare il vuoto legislativo e produrre una legge nazionale sul tema.

Lasciamo da parte i toni perentori delle crociate con i relativi anatemi,

 Cosa c’è che non va nella legge che liberalizza il “fine vita”?

congediamo le certezze assolute e i manicheismi applicati a un tema così delicato e cruciale come la vita al cospetto della morte. Poniamo invece due questioni pratiche, di buon senso

La prima di ordine generale riguarda l’assurda situazione che in una stessa nazione, in uno stesso stato, questioni così importanti come il diritto alla vita o all’eutanasia, possano variare da regione a regione.

Mi aspetterei che per ritorsione le regioni a guida cattolica limitino la possibilità di abortire interpretando diversamente la legge sull’interruzione di gravidanza.

È uno degli effetti perversi di quell’infame modifica al titolo V della Costituzione che dette alle Regioni sovranità in materia di sanità, sicurezza e istruzione; questioni che invece dovrebbero essere trattate allo stesso modo su tutto il territorio nazionale, senza diseguaglianze.

Una follia, che l’autonomia differenziata vorrebbe ulteriormente acuire.

Questa è l’eutanasia della Nazione, con la vivisezione regionale della salute degli italiani tra regioni libero mortiste e anti mortiste.

Col paradosso di far nascere un’altra possibile migrazione sanitaria transregionale: se vuoi curarti e salvarti la vita vai in Lombardia, se vuoi invece morire con un regolare suicidio assistito vai in Toscana.

Non trovate aberrante questo nomadismo sanitario, questo relativismo regionale della salute?

Ma c’è un’altra questione più importante per le persone.

 Il tema vero in gioco che tocca l’umanità dei malati e la loro dignità, è l’accanimento terapeutico.

Ha senso accanirsi a mantenere in vita, tra sofferenze perduranti, malati terminali che non hanno alcuna possibilità di sopravvivere, anche al minimo delle loro condizioni?

 Ha senso mantenere in vita malati in stato vegetativo di cui è certa l’irreversibilità del male?

In un articolo in favore della legge toscana sul fine vita, Luigi Manconi cita l’esempio di Michele Brambilla, un giornalista cattolico, che dopo aver criticato l’eutanasia a proposito del caso Englaro nel nome della difesa della vita, si è trovato poi a scegliere per sua madre tra un intervento chirurgico estremamente rischioso e la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale, e ha optato per la seconda ipotesi.

L’esempio citato da Manconi doveva servire a sostenere la bontà della legge sul fine vita. Invece dimostra esattamente il contrario:

non c’è bisogno di una legge per stabilire una scelta di questo tipo, succede già, basta il buon senso, la pietà dei propri cari, l’umanità e la coscienza dei medici per adottare sul piano pratico una decisione del genere

 È possibile dunque evitare l’accanimento terapeutico senza mobilitare norme e procedure complesse, senza il supporto di leggi in favore del suicidio assistito.

Qual è il rischio o il sottinteso ideologico della legge?

Quello di stabilire la norma del suicidio assistito, e il principio che ciascuno è padrone della sua vita e della sua morte e può dunque liberamente decidere di farla finita. Il diritto alla vita che diventa diritto alla morte.

Si comincia partendo dai casi pietosi, malati in stato vegetativo e in coma irreversibile da anni, e poi si arriva come già accade in alcuni paesi del nord Europa a estendere il diritto di suicidarsi anche a coloro che sono in stato depressivo e decidono, magari in giovane età, di farla finita.

Peraltro, nella legge varata dalla regione Toscana, si legge sui giornali, si parla di “autosomministrazione” del farmaco letale.

Ma se è autosomministrazione non c’è bisogno di nessuna legge che ne dia il permesso, dal momento che il diretto interessato non è più perseguibile in quanto è morto.

 È evidente che il discorso si sposta su chi lo aiuta – medico, infermiere o famigliare; ma questo già succede di fatto;

 non c’è bisogno di una legge per decidere qualcosa che la pietà, il buon senso, l’umanità, la coscienza di famigliari e sanitari risolvono direttamente.

E un giudice illuminato e pietoso, comprende la situazione, non infierisce.

Certo, non sempre tutto va secondo il verso giusto, non tutti hanno la stessa sensibilità e responsabilità;

ma ancor peggio vanno le cose sui temi sensibili e cruciali quando si pretende di sostituire agli affetti, al buon senso, alla responsabilità e alla coscienza professionale, gli articoli di legge, le algide procedure e la decisione dei tribunali.

 Il tema vero è di sottrarre il più possibile questi temi così delicati al freddo e indifferente rigore della legge (rigor mortis, si direbbe).

Lasciamo che siano le leggi non scritte, quelle che della vita, dell’esperienza, del cuore, a prevalere.

 

 

 

Stati Uniti e Russia concordano di

normalizzare i legami e

cercare la pace in Ucraina.

  Shtfplan.com - Cassie B. - (21 febbraio 2025) – ci dice:

(Cassie B. su Natural News.)

 

 

 

Do you WANT our borders secured?

Funzionari americani e russi si sono incontrati a Riad per 4 ore e mezza per discutere della normalizzazione delle relazioni e del conflitto in Ucraina.

Entrambe le parti hanno concordato di ripristinare le missioni diplomatiche e di nominare ambasciatori.

Team di alto livello esploreranno un percorso per risolvere il conflitto in Ucraina, puntando a una pace sostenibile.

Si è discusso anche della cooperazione economica, compreso il potenziale ritorno delle aziende americane.

I colloqui sono considerati un passo positivo, anche se la strada per una soluzione è ancora lunga.

In una significativa svolta diplomatica, funzionari americani e russi si sono incontrati martedì a Riyadh, in Arabia Saudita, per discutere della normalizzazione delle relazioni bilaterali e della possibilità di porre fine al conflitto in Ucraina. L'incontro, durato quasi 4,5 ore, ha segnato i primi colloqui di alto livello tra le due nazioni dall'inizio della guerra in Ucraina.

La delegazione russa, guidata dal ministro degli Esteri Sergey Lavrov e dall'assistente presidenziale Yury Ushakov, ha incontrato un team statunitense guidato dal Segretario di Stato Marco Rubio e dal Consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz.

 Entrambe le parti hanno espresso la volontà di andare avanti su diverse questioni chiave, tra cui il ripristino delle missioni diplomatiche, la nomina di ambasciatori e la creazione di un quadro per i colloqui di pace in Ucraina.

 

Ripristino dei rapporti diplomatici.

Uno dei principali risultati dell'incontro è stato l'accordo per ripristinare il normale funzionamento delle missioni diplomatiche.

Secondo Lavrov, entrambi i paesi lavoreranno per rimuovere le "barriere artificiali" che hanno ostacolato le loro relazioni diplomatiche, tra cui la nomina di ambasciatori e l'affrontare questioni come il sequestro di proprietà russe negli Stati Uniti e le restrizioni sui trasferimenti bancari".

Progressi nei colloqui di pace con l'Ucraina.

Anche gli Stati Uniti e la Russia hanno concordato di formare team di alto livello per esplorare un percorso per risolvere il conflitto in Ucraina.

Sebbene le parti non abbiano ancora raggiunto un consenso su termini specifici, hanno espresso l'impegno a trovare un accordo di pace sostenibile che sia accettabile per tutte le parti coinvolte.

Lavrov ha sottolineato che la posizione russa rimane ferma sulle aspirazioni NATO dell'Ucraina, affermando che l'assorbimento dell'Ucraina nell'alleanza rappresenterebbe una minaccia diretta alla sicurezza della Russia.

 Tuttavia, ha osservato che gli Stati Uniti hanno iniziato a comprendere meglio le preoccupazioni della Russia, il che ha descritto come un passo positivo.

 

Il Segretario di Stato americano “Marco Rubio” ha riconosciuto la necessità di un approccio globale per porre fine al conflitto.

Ha osservato che i termini della fine del conflitto devono essere accettabili per tutte le parti, comprese Ucraina e Russia, nonché l'Europa.

Cooperazione economica e di sicurezza.

I colloqui hanno anche toccato le potenziali opportunità economiche e di investimento che potrebbero sorgere dalla fine della guerra in Ucraina.

“ Kirill Dmitriev”, capo del “Russian Direct Investment Fund”, ha suggerito che le aziende americane potrebbero tornare in Russia, evidenziando i reciproci vantaggi della cooperazione.

"Le grandi compagnie petrolifere statunitensi hanno avuto molto successo in Russia e crediamo che prima o poi torneranno", ha detto Dmitriev.

Mentre l'incontro a Riyadh viene salutato come un passo nella giusta direzione, entrambe le parti riconoscono che la strada da percorrere è lunga e impegnativa. Waltz ha sottolineato la necessità di una fine definitiva della guerra, affermando: "Questa deve essere una fine definitiva della guerra e non una fine temporanea come abbiamo visto in passato".

I colloqui diplomatici a Riyadh rappresentano un cambiamento significativo nei rapporti tra Stati Uniti e Russia, offrendo un barlume di speranza per una risoluzione del conflitto in Ucraina.

Mentre molti dettagli devono ancora essere elaborati, la volontà di entrambe le parti di impegnarsi nel dialogo ed esplorare interessi reciproci è un segnale promettente.

Mentre i team di alto livello iniziano il loro lavoro, c'è un crescente ottimismo che questa guerra, che ha richiesto un pesante tributo a tutti i soggetti coinvolti, possa finalmente giungere al termine, consentendo agli Stati Uniti di reindirizzare le proprie risorse e attenzione ad altre urgenti questioni globali.

 

 

 

I leader dell'UE pianificano un pacchetto

 di aiuti da 20 miliardi di euro per l'Ucraina

 mentre Trump si rivolta contro Zelenskyy.

Politico.eu – (21-02-2025) - Nicholas Vinocur , Jamie Dettmer e Laura Kayali – ci dicono  :

 

Mentre gli Stati Uniti voltano le spalle, l'Europa si affretta a farsi avanti.

L'ammontare degli aiuti europei, che includerebbero hardware militare come proiettili di artiglieria e missili, nonché denaro contante, potrebbe aumentare ulteriormente mentre i diplomatici continuano le intense consultazioni in vista di un incontro dei ministri degli esteri a Bruxelles lunedì.

I leader europei stanno lavorando a un pacchetto di aiuti militari per l'Ucraina, del valore di almeno 20 miliardi di euro, per rafforzare Kiev, mentre gli Stati Uniti si allineano sempre di più con Mosca, hanno detto a POLITICO tre diplomatici dell'UE.

Il pacchetto pianificato arriva dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha incolpato la sua controparte ucraina, Volodymyr Zelenskyy, per la guerra in Ucraina, definendolo un "dittatore" che aveva ingannato gli Stati Uniti facendogli spendere miliardi di dollari in aiuti militari.

Il presidente repubblicano della Camera dei rappresentanti ha anche affermato giovedì che a Washington "non c'era alcun appetito" per inviare ulteriori aiuti a Kiev.

L'ammontare degli aiuti europei, che includerebbero hardware militare come proiettili di artiglieria e missili, oltre a denaro contante, potrebbe aumentare ulteriormente mentre i diplomatici continuano le consultazioni intensive prima di un incontro dei ministri degli esteri a Bruxelles lunedì.

 POLITICO ha riferito all'inizio di questa settimana che il valore previsto del pacchetto era di 6-10 miliardi di euro, ma tale importo è cambiato durante i colloqui e potrebbe ancora evolversi.

 

La spinta per rifornire l'Ucraina di armi è coordinata dal diplomatico di punta del blocco, l'ex Primo Ministro estone “Kaja Kallas”£, e mira a superare i precedenti impegni europei di aiuti militari.

 I diplomatici hanno sottolineato che gli aiuti, che sono ancora in fase di negoziazione, probabilmente arriveranno sotto forma di contributi congiunti da singoli stati membri piuttosto che di un pacchetto ufficiale dell'UE, data l'opposizione di alcuni stati, in particolare l'Ungheria.

La spinta per rifornire l'Ucraina di armi è coordinata dal massimo diplomatico del blocco, l'ex primo ministro estone “Kaja Kallas”.

La corsa all'azione arriva mentre i funzionari e i leader dell'UE si preparano per una spedizione di gruppo a Kiev lunedì, nel terzo anniversario dell'invasione su vasta scala dell'Ucraina da parte della Russia.

 

Mentre i responsabili delle principali istituzioni dell'UE e i leader della Spagna, dei paesi nordici e baltici, tra gli altri, si preparano a recarsi a Kiev, saranno in stretto contatto con il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico “Keir Starmer”, che si recheranno a Washington per incontrare Trump.

Il viaggio di Macron sarà per lui l'occasione di condividere i risultati di una settimana di consultazioni con gli altri alleati dell'Ucraina e di cercare di comprendere meglio la posizione dell'amministrazione Trump.

 

 

 

 

I tre pregiudizi della ideologia del progresso.

Ariannaeditrice.it - Riccardo Paccosi – (05/12/2023) – ci dice:

 

I TRE DISPOSITIVI IDEOLOGICI CHE FANNO ACCETTARE, FAVOREVOLMENTE E PREGIUDIZIALMENTE, QUALSIASI TRASFORMAZIONE TECNOLOGICA CHE VENGA PROMOSSA DALL'ALTO.

La tendenza ad accogliere con favore incondizionato tutte le trasformazioni sociali e soprattutto antropologico-culturali determinate dalla tecnologia, non è questione riguardante soltanto le elite sovranazionali e le caste politica e giornalistica ai loro servizi: l'approccio pregiudizialmente favorevole alle tecno-strategie è, per il momento, anche maggioritario presso l'opinione pubblica.

Come già nel recente passato, in circostanze di dibattito pubblico molto recenti ho potuto trarre conferma di come quest'egemonia non sia tanto collegata a una dottrina politica, quanto e soprattutto alla filosofia.

Più precisamente, i dispositivi che rendono egemone e per ora maggioritaria l'ideologia dell'accettazione pregiudiziale di ogni cambiamento tecnologico promosso dai vertici della struttura socio-economica, sono tre e tutti filosofici.

1) Il determinismo di matrice positivista-idealista, erige un Credo secondo il quale la storia volgerebbe inevitabilmente verso il progresso e, quindi, ogni trasformazione sarebbe in quanto tale un'evoluzione.

Quest'assioma viene assunto senza considerazione alcuna per le conseguenze sociali ed economiche di suddette trasformazioni e, meno che meno, per quelle antropologiche relative alla messa in liquidazione di ogni paradigma che sia stato fino a oggi definibile come "umano".

2) Da questa assiomatica determinista, discende altresì un'etica politica secondo la quale la dialettica fra visioni del mondo è oggi composta da un punto di vista progressista che accoglie le trasformazioni e che coincide con il Bene, a cui si contrappone un punto di vista conservatore che le trasformazioni invece le teme o le avversa e che, naturalmente, coincide con il Male.

A nulla vale ricordare che tanto il fascismo quanto il nazismo, un secolo fa, incentrarono la loro ricerca del consenso di massa sul fatto di essere fenomeno nuovo che andava a sostituire un mondo vecchio e superato: per i sostenitori del determinismo storico, il nuovo coincide sempre e comunque - in quanto tale, a prescindere da qualsivoglia qualificazione - con un valore morale assoluto.

3) Al di là dei principi di evoluzione e di Bene in senso morale, la visione determinista chiama in causa - come prima e al contempo ultimativa argomentazione in favore delle trasformazioni tecnologiche - un senso d'ineluttabilità che ingloba il divenire storico e la sua percezione: globalizzazione, digitalizzazione, robotica e cibernetica sono, secondo tale argomentazione, fenomeni da accogliere in primo luogo perché ineluttabili.

A nulla vale ricordare che l'avversione riguarda non già l'innovazione tecnologica in quanto tale bensì la sua proprietà, gli interessi specifici di cui essa si fa veicolo, nonché la modalità di attuazione.

E a nulla vale, altresì, il fare presente che la concezione di ineluttabilità del divenire storico pertiene a una dimensione premoderna, specificamente del medioevo e dell'evo antico, secondo la quale l'ordinamento sociale sarebbe automatico rispecchiamento d'un ordine metafisico. 

Determinismo, attribuzione di valore morale alla novità, principio d'ineluttabilità: com'è dunque possibile che tre approcci filosofici così palesemente intrisi di irrazionalità e di superstizione, risultino tanto diffusi quanto inscalfibili?

I motivi sono numerosi ma, decisamente, una strategia di contrattacco filosofico deve disporre di due prerequisiti:

 a) una visione del futuro alternativa, che sia nitida e strutturata;

 b) un'argomentazione in favore dell'autonomia che l'uomo - come singolo e come popolo - deve perseguire; un'autonomia rispetto alle vicende della storia facente sì che la reazione umana alle strategie di trasformazione tecnologica, possa essere tanto di pedissequo accoglimento quanto di antagonistico rifiuto.

 

 

 

Il gioco dei tre bussolotti.

Ariannaeditrice.it - Andrea Zhok – (20/02/2025) – ci dice:

(Andrea Zhok)

 

Per quanto meno frequentemente di un tempo, si possono ancora trovare ogni tanto, nelle stazioni o in altri luoghi affollati, alcuni prestidigitatori di strada che invitano il pubblico al gioco dei tre bussolotti.

Si inserisce una biglia sotto uno dei tre recipienti opachi (bicchieri, coppette, ecc.) presenti sul tavolo e poi si invitano gli astanti a indovinare alla fine di una serie di manipolazioni rapide, dove si trova la biglia.

Ecco, questa è la condizione in cui si trovano oggi, e da tempo, i cittadini italiani (europei, ma soprattutto italiani) quando si tratta di valutare la politica nazionale.

Noi ci possiamo affaticare a discutere di crisi finanziarie, di pandemie letali, di invasioni militari, di diritti umani, degli eterni valori della libertà e della giustizia, di 73 generi, di un sacco di cose appassionanti, e questo è il moto vorticoso dei bicchieri sulla tavola.

Ma la difficoltà sta tutta nel mantenere l’occhio sulla posizione della pallina, perché quando la perdi di vista, il banco vince inesorabilmente.

E qual’ è la pallina?

Qual è il minimo comune denominatore di tutti gli scoppiettanti caleidoscopici eventi che ci vengono fatti balenare sotto gli occhi?

Se c’è una crisi finanziaria come la crisi subprime, scopriamo che ci sono sistemi bancari troppo grandi per fallire e che, sciaguratamente, dobbiamo ripianare i loro debiti con i vostri soldi – dopo tutto a commettere investimenti azzardati sono state alcune mele marce.

Se però ci sono aiuti di stato ad una compagnia aerea, allora per vietarli si attiva l’autorità che garantisce la concorrenza e l’antitrust, perché non vorrete mica che ci siano oligopoli o, Dio non voglia, monopoli di stato, che il mercato non può punire?

Poi capita che la popolazione di un paese come la Grecia sia alla canna del gas per i misfatti della loro classe politica, allora d’un tratto scopriamo che non è proprio moralmente possibile aiutare quella popolazione con soldi pubblici, con debito pubblico comune, o simili.

Abbiamo una responsabilità sui debiti nazionali, vivaddio, sul denaro delle famiglie;

e poi erogare aiuti a perdere incentiverebbe il “moral hazard”:

il mercato deve poter punire gli errori, perché altrimenti dove andremo a finire signora mia. (E alla fine a gestire la bancarotta restano gli stessi partiti che l’hanno causata.)

Intanto, comunque, le crisi finanziarie, causate dai vertici della catena alimentare, producono i loro effetti alla base della catena alimentare.

 Scopriamo così tutti di aver vissuto maledettamente al di sopra delle nostre possibilità, e che è giunto il momento di stringere la cinghia.

Lo facciamo per le generazioni future, ça va sans dire.

E così, siamo costretti obtorto collo, a smantellare servizi pubblici, ad abbattere le prestazioni sanitarie, ecc.

 L’austerità è buona, è santa, è morale, lo facciamo per i nostri figli.

Poi capita che un terribilissimo morbo prodotto da copule cinesi contronatura di pangolini e pipistrelli invada il mondo, e di colpo scopriamo che il sistema sanitario non è minimamente in grado di reggere il colpo.

 Non resta che bloccare tutto, restare in casa e poi obbligare tutti ad assumere prodotti farmaceutici sperimentali (ma sotto brevetto).

 Lo facciamo per salvare i nonni, per salvare il Natale, per salvare l’economia, per salvare il paese.

 Non c’è un minuto da perdere, non possiamo stare a cincischiare: chi obietta è un provocatore e i contratti di fornitura di qualunque cosa, dai respiratori ai vaccini, si fanno con procedura d’urgenza o contratti centralizzati via sms (che poi, com’è come non è, vanno perduti).

 E chi lo poteva prevedere?

Ora non resta che rimboccarci tutti le maniche e saldare i debiti, i soldi erogati per affrontare l’emergenza e quelli perduti per aver bloccato l’economia. Curiosamente, in questa catastrofe mondiale gli oligopoli finanziari, farmaceutici e telematici (e-commerce, ecc.) ne escono assai più ricchi di prima.

Poi un autocrate orientale invade l’Ucraina e ottiene il Nobel per la Medicina: dal giorno successivo il terribile virus che continuava a campeggiare come emergenza da tenere sotto strettissimo controllo, scompare.

 È giunto il momento di difendere a testa bassa la libertà, la democrazia, l’autodeterminazione dei popoli e soprattutto gli ucraini.

A costo di ammazzarli tutti.

E per fare questo bisogna tassativamente spendere di più in armi, rigettare ogni barlume di proposta di pace, e fargliela vedere a Putin in una lotta fino all’ultimo ucraino e fino all’ultimo residuo di magazzino militare.

Nel frattempo il patto di stabilità, allentato per le spese selettive con relativa partita di giro agli oligopoli, era ritornato in auge con tutta la sua aura di inflessibilità.

Bisogna stringere la cinghia.

La vecchia sanità pubblica non è più sostenibile. Le pensioni non sono più sostenibili. Dobbiamo fare tutti uno sforzo, ma lo facciamo per il futuro, per i giovani, per i nostri figli.

E a forza di stringere la garrota e a chiudere le prospettive, la demografia ha continuato ad andare a picco e il concetto del “i nostri figli” ha cominciato a presentarsi sempre di più con i tratti di una figura mitologica.

Nessun problema, al posto dei “i nostri figli” e de “le generazioni future” cominciamo ad appellarci a qualcosa di più nobile e universale, tipo “Dobbiamo salvare il pianeta”.

Dai, a ben pensare, siamo troppi, siamo sporchi, siamo brutte persone, dobbiamo auspicare un futuro in cui il pianeta sia salvo, e se noi nel frattempo ci siamo tolti di mezzo, in parte o del tutto, sarà stato solo un atto di generosità cosmica.

E così, mentre prodotti di sintesi entrano quotidianamente nell’ambiente senza controllo, mentre nano plastiche galleggiano in placente gravide, mentre l’elettrosmog urbano esplode esponenzialmente, il tutto nel silenzio degli studi e degli allarmi pubblici, rimane in campo un unico tema, l’unico all’altezza di salvare il Pianeta: il riscaldamento climatico.

E rimane un’unica soluzione a questo unico problema: l’agenda Green di elettrificazione universale.

Anche qui chi obietta è un irresponsabile, che non comprende l’urgenza, la gravità, l’inderogabilità: “Non c’è un minuto da perdere!”

Poi capita che ti ritrovi senza gas, senza petrolio, con le bollette che devastano produzione e consumi.

La “transizione ecologica” diviene meno impellente.

Anche l’austerità diviene meno impellente.

Anche gli aiuti di stato diventano accettabili.

Anche il patto di stabilità diviene più trattabile.

 Ma questo perché è giunto il momento, finalmente, di armarci come si deve, di prepararci alla difesa strenua dei valori di libertà e democrazia che ci contraddistinguono e su cui non transigiamo (come ben sanno i palestinesi). Dunque i soldi che non c’erano per gli ospedali, non c’erano per le scuole, non c’erano per le pensioni, magicamente ricompaiono per acquistare una valanga di armi da USA e Israele.

Perché Putin è alle porte, e chi non lo capisce è un sabotatore: “Non c’è un minuto da perdere!”

Ecco il gioco dei bussolotti può procedere all’infinito;

 quel che conta è che alla fine di ogni passaggio chi deteneva più capitali ne detenga ancora di più e chi tirava a campare pieghi la schiena un po’ di più.

Quel che ci mettete in mezzo sono chiacchiere e bussolotti.

 

 

 

 

Il ruggito del Coniglio.

Ariannaeditrice.it - Umberto Bianchi – (20/02/2025) – ci dice:

(Umberto Bianchi)

 

Le tristi prospettive dell’Europa.

Come d’improvviso, al pari di un fulmine a ciel sereno, lo scenario della politica

internazionale, sembra aver preso una inaspettata svolta, in direzione di una Pax

Americana che, sinora, con la democraticissima e iper buonista presidenza Biden,

sembrava obiettivo quanto mai lontano e quasi irraggiungibile.

 In special modo, il quadrante est del Vecchio Continente, per quel che riguarda il conflitto russo-ucraino, è tra le priorità del neoeletto Presidente Trump che, in un modo o nell’altro, vuole arrivare ad una definitiva soluzione e fine del conflitto, per poter dedicare le proprie forze al confronto con la Cina.

 Di fronte al rinnovato attivismo dell’Amministrazione Usa ed al fermento in direzione della pace, che si registra nelle cancellerie dei paesi coinvolti nelle trattative per la pace (Turchia inclusa…), l’Europa è rimasta

totalmente spiazzata.

I suoi piccoli politici, nel ruolo di burocrati scalda poltrone, proni ai diktat del padrone di turno, ora non sanno più che pesci prendere.

 In preda al più totale disorientamento, nonostante il nuovo scenario, tanto per riconfermare il proprio ruolo di asserviti alle linee guida delle più sfrenate politiche globaliste, al termine del vertice-burletta di Parigi, hanno deciso di riconfermare un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Federazione Russa non senza, però, caldeggiare la propria presenza al tavolo delle trattative di pace.

Tutto questo, quasi in contemporanea con le infelici uscite della nostra massima autorità istituzionale che, impropriamente, paragonava la Federazione Russa al Terzo Reich, gettando in tal modo, benzina sul fuoco, delle già critiche relazioni con il grande paese.

 Ora, è comprensibile che la Federazione Russa, per voce dei propri esponenti, non voglia avere al tavolo delle trattative l’Europetta di Bruxelles. Invece no. La banda di Bruxelles, come abbiamo visto, continua imperterrita sulla sua strada.

Anzi. In preda a quello che sembra un vero e proprio pericoloso delirio di onnipotenza, oltre a dichiarare invalide le ultime consultazioni elettorali in Romania, poiché a vincere era stata una formazione euroscettica, per bocca di uno dei suoi blasonati mister-nessuno, minaccia di ripetere lo stesso numero con la Germania, se dovesse vincere la formazione populista “Alternative fur Deutschland”. Non solo.

È di poco tempo fa, la notizia dell’avvenuto blocco del conto bancario di una casa editrice italiana, diretta da un esponente di una delle nostrane formazioni di opposizione euro scettiche, colpevole di aver pubblicato un libro sul presidente russo V. Putin e per questo frettolosamente giudicata filo- russa e messa all’indice da questo vergognoso provvedimento, caldeggiato, a quanto sembra, da un esponente di area piddì della commissione europea.

 E questo, non è il primo caso di cui si senta parlare in tal senso, poiché sembra che altri odiosi casi del genere si siano già verificati in ambito nord- europeo.

La qual cosa ci pone di fronte ad una, più che dovuta, riflessione. Sembra che gli europei tutti, dagli eventi del passato, non abbiano tratto nessun tipo di insegnamento.

Abbiamo avuto guerre napoleoniche, risorgimenti nazionali di tutti i tipi, due guerre mondiali, lo scioglimento del Patto di Varsavia, accompagnato da un nugolo di guerre e guerrette inter etniche...

Il tutto, finalizzato a riconfermare un teorema geopolitico, (a suo tempo già enunciato da H.Mc Kinder, sic!), secondo il quale nessuna potenza può prevalere sul continente europeo.

E invece, come per una strana nemesi storica, gli europei altro non sono riusciti a fare, che ricreare una vera e propria Cacania,          

stavolta situata a Bruxelles, espropriando i vari stati della propria sovranità, demandata a Banche Centrali ed organismi sovranazionali di vario genere e tipo,

dietro i quali stavolta, non stanno più le famiglie delle decrepite aristocrazie europee, ma gli oscuri rappresentanti delle élite finanziarie globali che, momentaneamente, hanno stabilito la propria principale base operativa negli Usa e nella City londinese…

Praticamente, gli europei si sono nuovamente ficcati in una vera e propria gabbia, dalle parvenze democratiche e buoniste.

Tutto questo, sta portando ad una vera e propria involuzione ed a tutta una serie di restrizioni, sia per quanto riguarda il benessere economico delle popolazioni europee, che per quanto riguarda il progressivo restringersi delle libertà individuali.

Se da una parte, le spese per il conflitto in Ucraina, hanno inciso in modo più che rilevante sulle varie economie (e sul benessere…) del Vecchio Continente, dall’altra nell’Occidente intero, oramai, la politica va assumendo la connotazione di una vera e propria forma di ricatto giudiziario e di intimidatorio pressing, dai molteplici aspetti.

 L’elezione di D. Trump alla Casa Bianca ha acceso in molti le speranze per un decisivo cambio di rotta negli assetti internazionali ed europei. Ma, a ben sentire il messaggio mandato a chiare note anche dal “Vice Presidente Usa J.D.Vance,”l’Europa dovrà sempre più cavarsela da sola.

Il che significa che, accanto ad una totale inettitudine ed insignificanza politica, il Vecchio Continente potrebbe continuare a rimanere la zoppicante base, l’ideale “pied a terre”, della fazione globalista, di matrice liberal-progressista, per ora uscita sconfitta dal confronto elettorale negli Usa.

Arrivati a questo punto, è solo attraverso una “chiamata alle armi”, intesa quale generale presa di coscienza dei popoli europei, attraverso un continuo ripeter certi concetti, a livello individuale, come di pubblica opinione, che ci potrà salvare dallo scivolamento dell’intero continente, verso una forma di sottile e micidiale, autoritarismo neo paternalista.

 

 

 

 Cos’è l’”ideologia woke” e quali sono

 le soluzioni per arginare la “cancel culture”.

  Buonenotizie.it – (9 Dicembre 2022) - Florinda Ambrogio – ci dice:

 

Il termine woke, ancora poco conosciuto in Italia perché sostituito dai termini “politically correct” e “cancel culture”, è un aggettivo della lingua inglese, che significa ‘stare svegli’, ‘stare all’erta’ nei confronti di ingiustizie razziali o sociali.

L’ideologia woke è nata negli Stati Uniti negli anni Sessanta del XX secolo con un atteggiamento consapevole dei soprusi sociali rappresentati dal razzismo e dalla disuguaglianza economica e sociale, solidarizzando e impegnandosi per aiutare coloro che le subivano.

In quegli anni, durante le manifestazioni, si elaboravano pensieri e proposte per appianare le differenze e affermare i diritti, ma non a danno di altri.

Oggi la situazione è decisamente cambiata e la “cancel culture” ha preso il posto dell’idea di inclusività, di quel desiderio di estendere alle minoranze il godimento di un diritto e la piena partecipazione a un sistema.

Rivendicare la storia nella sua autenticità.

Partendo da Mahatma Gandhi e Nelson Mandela, arrivando fino ai giorni nostri con l’Onorevole Liliana Segre – testimone attiva della Shoah italiana – tutti ci insegnano che la Storia, seppur nella sua più atroce versione, non deve essere cancellata.

È fondamentale ricordare per non commettere nuovamente gli errori del passato. È importante che le nuove generazioni, impegnate attivamente a rivendicare per tutti gli stessi diritti, siano informate su quello che è stato per poter mettere basi solide, plausibili e coerenti per le loro battaglie.

La tendenza a condannare il passato sulla base della sensibilità contemporanea demolendo statue, abolendo testi scolastici o cancellando autori del passato e venerati personaggi storici, si allontana non di poco dall’idea di inclusività che ha come obiettivo eliminare qualunque forma di discriminazione all’interno di una società, ma sempre nel rispetto della diversità.

Riconoscere universalmente i diritti che spettano a ogni essere umano non significa precludere o azzerare eventi che la storia ci ha raccontato. Se questo dovesse succedere, ci ritroveremmo sempre al punto di partenza e ci sarebbe sempre qualcuno che la storia, a volte spietata e disumana, la replicherebbe.

L’ideologia woke e la sua trasformazione.

L’evoluzione di una società porta con sé inevitabili cambiamenti. Quella che in origine era una ferma volontà di uguaglianza di diritti, rischia di diventare una vera e propria guerra culturale.

 “Stay woke”, stare svegli, è oggi percepito come l’invito ad epurare la società di tutto ciò che è impuro con un’aggressività e una ferocia senza mezzi termini.

Il reale problema della trasformazione dell”’ideologia woke” non è certamente l’insieme dei valori legittimi e in gran parte condivisibili che porta con sé.

  La preoccupazione sorge quando i metodi per ottenere ciò che legittimamente spetta in termini morali e umani finisce con il tradire la maggior parte degli stessi valori che si professano.

 Togliere agli altri, quelli considerati privilegiati, è un enorme passo indietro. Affermare o esigere il riconoscimento di rispetto o meriti ingiustamente negati, censurando o proibendo tutto quello che può ferire la sensibilità degli offesi, non è probabilmente la strada giusta da percorrere, non fosse altro perché nella nostra Costituzione l’articolo 21 sancisce:

“tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Come si può migliorare.

In questo periodo si è parecchio accentuato il dibattito sugli effetti delle evoluzioni di fenomeni come il “pensiero woke “e la” cancel culture”.

Che siano bianchi o neri, ricchi o poveri, eterosessuali o omosessuali, quando viene negata la libertà di espressione chiunque si sente stretto in una morsa e, il più delle volte, legittimato a utilizzare l’aggressività.

A tal proposito, l’”Università di Cambridge “propone agli studenti un corso di “free speech”, letteralmente parole in libertà, per combattere il tentativo di boicottare un gruppo o un individuo togliendogli la possibilità di potersi esprimere liberamente.

Insegnare alle nuove generazioni a tollerare le opinioni altrui non significa necessariamente insegnare a condividerle.

 Vuol dire avere la possibilità di elaborare un pensiero critico attraverso l’ascolto e di interagire, se contrari, attraverso proposte alternative cooperando, discutendo, confrontandosi per trovare il giusto equilibrio.

“Arif Ahmed”, professore di filosofia del “Gonville & Caius College” a questo proposito afferma:

“Qualsiasi cosa stiate studiando, una parte essenziale dell’istruzione universitaria sta nel comprendere la necessità di tollerare un’ampia gamma di punti di vista, anche quelli che trovi scioccanti o offensivi. Ecco perché un’educazione ai principi base della libertà di parola vi sarà utile”.

Invertendo la rotta, si può evitare di ritrovarsi su un terreno molto rischioso che ha già dei precedenti, così come la storia ci insegna.

 Rivendicare i diritti con dinamiche istintive e di pancia provoca rabbia e aggressività nella parte offesa e, come conseguenza, si ottiene l’inevitabile chiusura a qualsiasi tipo di dialogo costruttivo.

Le opinioni legittime, così come la storia, non devono essere soffocate o cancellate, ma devono essere aperte al libero dibattito.

 

 

 

 

L'Europa malata di coazione a ripetere.

 Ariannaeditrice.it - Marcello Veneziani – (20/02/2025) – ci dice:

(Marcello Veneziani)

 

La malattia del Vecchio Mondo e dei suoi dignitari si può riassumere in un’espressione che è poi il segno della sua patologia senile: coazione a ripetere.

Non riescono a uscire da quello schema fisso e datato, da quella recita teatrale, e continuano a ripetere il copione anche se il mondo è cambiato e quello precedente era clamorosamente fallito in tema di pace, equilibri e dissuasione.

La coazione a ripetere si è palesata nel vertice insensato e inconcludente da Macron, nell’insistenza cronica e ostile di Mattarella in funzione anti-pace trumpiana-putiniana, nel coro di prefiche in loro lode e supporto, e naturalmente nell’evocazione continua del nazismo che sbuca da ogni parte, a est, a ovest, dell’interno e dall’esterno, dalla Russia, dall’America di Trump e di Musk, dal cuore antico dell’Europa, dalle elezioni in Germania.

La coazione a ripetere è la malattia di un mondo che sragiona sulla base degli errori precedenti, come se non fosse stato smentito vistosamente dalla realtà e dai nuovi assetti; coazione a ripetere è l’incapacità corale di produrre soluzioni, preferendo rimanere attaccati alla permanenza dei problemi.

Il film è ai titoli di coda e alle soluzioni diplomatiche, ma i coatti della ripetizione sono ancora alla fine del primo tempo, e pensano ancora di far la guerra a Putin, di mandare truppe, di farsi guidare da quella stella della sciagura che è Zelenskij.

 E se la linea bellicosa sull’Ucraina, combinatasi agli effetti del Covid, ha prodotto morti, distruzioni, disastri economici e sociali e danni incalcolabili all’Europa, per i coatti a ripetere del Vecchio Mondo non resta che insistere sui propri errori, continuare a farsi del male, seguire la linea “old America” di Biden e del Vecchio Pentagono.

Non era un solo leader, dunque, che aveva perso il ben dell’intelletto.

Inutile continuare a dire dell’Europa che non c’è, dell’Occidente che non c’è; lo diciamo tutti da anni, ma la cosa assurda e maligna dei nostri giorni è che quest’assenza vistosa e penosa dell’Europa, questo farsi trainare dai partner e dalla storia, che succede ormai da anni, da decenni, per certi versi dalla nascita dell’Unione, viene ora attribuita all’arrivo di Trump alla Casa Bianca appena un mese fa.

 Il sottinteso di questi deliri è: stavamo così bene, eravamo così compatti e decisi, noi europei, gliela stavamo facendo vedere a Putin e al mondo; poi è arrivato Trump e non si capisce più niente.

No, signori, l’Europa è una caricatura di sé stessa già da prima di Trump, e il modo con cui c’imbarcammo spinti da Biden e Zelenskij in quell’avventura senza uscita, lo comprovava.

 Poi, non è solo arrivato Trump: ma la Russia stava vincendo, e lo stesso Zelenskij ha ipotizzato soluzioni e cedimenti territoriali che se fossero stati oggetto di negoziato dall’inizio, avrebbero con ogni probabilità risparmiato la guerra, l’aggressione, il martirio del popolo ucraino, la morte di centinaia di migliaia di soldati russi e ucraini, la distruzione di città e strutture vitali.

Sin da allora non ci voleva molto a capire che se l’Ucraina fosse rimasta territorio neutrale tra i due blocchi, zona libera senza pretesa di diventare una grande base Nato puntata sulla Russia, e se avesse restituito la Crimea alla Russia (fu “affidata” all’Ucraina solo dal presidente dell’Urss, l’ucraino Kruscev), trattando magari sul Donbass, e sulla volontà di autodeterminazione del suo popolo, si sarebbe arrivati a una soluzione, molti anni fa, evitando il conflitto e l’invasione.

 Invece no, fu rifiutato ogni negoziato, dagli Stati Uniti e dal loro ometto a Kiev, e si denunciò l’invasione ancor prima che fosse avvenuta, quasi a sollecitarla per poi suonare le trombe della guerra.

 E noi europei al seguito, come ausiliari del traffico mondiale o peggio come ascari, truppe coloniali di supporto.

Ci siamo bevuti pure in questi anni, l’idea che la Russia volesse prendersi l’Europa e che l’Ucraina fosse solo l’aperitivo, ignorando che per i russi l’Ucraina da tre secoli era Russia, e che all’invasione dell’Europa non ci avevano pensato nemmeno ai tempi del comunismo.

Bastava la spartizione di Yalta, che quest’anno ha compiuto ottant’anni, che permetteva loro di asservire, soggiogare, invadere stati e popoli veramente europei, come l’Ungheria, la Polonia, la Cecoslovacchia, finiti nella loro orbita, che osavano ribellarsi al Blocco Sovietico e noi, quelli del mondo libero e democratico, dei diritti umani, zitti e mosca.

Per decenni abbiamo patito nel nome della realpolitik quei soprusi, e d’un tratto, a comunismo finito e mondo mutato, abbiamo ripudiato la realpolitik e ci siamo messi a fare i nazionalisti filo-ucraini per non dire gli imperialisti filo-americani.

Ora dobbiamo sorbirci pure i sermoni di chi rimpiange la guerra russo-ucraina e non vuole arrivare a una pace, e passa per grande testimone della pace e della verità.

Ma finitela con questa ipocrisia parruccona, con questa menzogna di Stato che capovolge la realtà dei fatti.

 Insopportabile che un ceto servile di maggiordomi per antica indole e mestiere che capeggiano l’Europa e molti suoi stati, debba oggi denunciare il “servilismo” verso Trump e fingersi al servizio della libertà e della sovranità dei popoli…

La realtà cambia, ma i personaggi di cui sopra, consapevoli del resto di aver fabbricato le loro carriere all’ombra dell’establishment precedente, si ostinano a reiterare all’infinito la loro posizione, incuranti delle “dure repliche della realtà”. Da qui la coazione a ripetere di un ceto che annuncia solo sciagure, e per prevenire sciagure altrui preferisce procurarsele di proprie, non prevedendo che le une non elimineranno le altre, ma vi si accumuleranno.

 

 

 

 

Ora io vorrei però sapere una

cosa dai ‟sinceri democratici.”

  Ariannaeditrice.it - Francesco Dall'Aglio – (20/02/2025) – ci dice:

 

Ora io vorrei però sapere una cosa, dai ‟sinceri democratici” che adesso odiano Trump più di Putin, o almeno uguale, e sono indecisi su chi di loro sia più Hitler dell’altro, e dicono e scrivono e augurano ad altri cose con una violenza verbale raccapricciante che non ritrovo, per dire, nemmeno nei forum dei militari ucraini che pure qualche giustificazione ce l’avrebbero eccome.

Da un lato mi fa piacere che finalmente stiano venendo a patti con l’idea che gli USA non sono in automatico i salvatori (bianchi e ricchi) dell’umanità, e addirittura (orrore!) che possano aver messo su la NATO per scopi non del tutto nobilissimi e non del tutto scevri da interessi di bottega, ovviamente la loro. E sarei felice se questa rabbia e questo ritorno a ragionamenti prelogici (‟brutto!”, ‟cattivo!”) fossero semplicemente l’espressione di una santa indignazione davanti a un'ingiustizia troppo forte per poter essere contenuta e razionalizzata, e per alcuni di loro è certamente così (per altri, conoscendo chi sono e cosa hanno scritto e detto e fatto in passato, mi permetto di dubitarne).

E vorrei appunto chiedere loro, posto che il progetto di spartizione del territorio ucraino e/o delle sue risorse è orribile e bieco, quale soluzione propongono perché non sia così e si giunga alla pace "giusta" che affermano di voler vedere realizzata - non quale sia il loro desiderio, o cosa secondo loro sia giusto, perché questo è abbastanza chiaro, ma in che modo agire concretamente perché il desiderio si realizzi nella realtà, non nell'immaginazione.

Perché se rifiutiamo l'accordo delle grandi potenze (e dovere ammettere che l'orda degli orchi russi È una grande potenza è, per alcuni di loro, una delle cause del loro stridore di denti, e non la più piccola), e lo rifiutiamo sia eticamente che politicamente, abbiamo da proporre, io penso, solo due strade.

La prima è disinteressarci delle decisioni che le suddette grandi potenze prenderanno e, preso atto che la leadership ucraina intende continuare a resistere, continuare come Europa a rifornirli di armi e finanziamenti.

Questa posizione, che pare essere quella che, almeno a parole, ha intenzione di seguire la leadership europea, ha però un grosso inconveniente: non è sufficiente a far sì che l'Ucraina riprenda possesso di tutto il suo territorio, o almeno di quello che ritiene sensato poter riprendere, ed espone il paese alla prospettiva di ulteriori, e maggiori, perdite e devastazioni. In questi tre anni l'apporto combinato degli aiuti USA/Europa non è stato sufficiente, anzi ha peggiorato la situazione, e non si vede come aiuti solo europei, quindi fatalmente molto inferiori, possano migliorarla (no, ipotizzare che tirandola abbastanza in lungo la Russia crolli per cause interne non ha a che fare con la realtà ma con il desiderio. Crollerà prima l'Ucraina, e lo sappiamo tutti).

La prima soluzione, in sintesi, prevede di continuare a sentirci eticamente soddisfatti aumentando il numero di morti ucraini finché l'Ucraina non collasserà e sarà costretta a condizioni ancora più pesanti delle attuali (che sono peggiori di quelle del 2022, del 2021, del 2014).

La seconda posizione è quella che, paradossalmente, mi vedrebbe più d'accordo (eticamente, non praticamente):

intervenire direttamente nel conflitto, in modo che non muoiano solo gli ucraini né che solo l'Ucraina venga devastata, ma anche i nostri e casa nostra.

 Solo i nostri e solo casa nostra, perché gli USA hanno espresso chiaramente, e per bocca del Segretario della Difesa, che non intendono averci niente a che fare.

Questa cosa, ipotizzando si possa mantenerla nell'ambito del convenzionale (e già qui in tutta probabilità torniamo nel desiderio e non nella realtà) sarebbe certamente vantaggiosa per l'Ucraina, ma al di là del fatto che rischieremmo grosso anche noi direttamente (ripeto: eticamente mi pare il caso, se riteniamo necessario il sostegno) non è detto che il conflitto possa essere riportato a posizioni più "giuste".

È stato del resto il CEO di” Rheinmetall”, non “Peskov”, a dire due giorni fa che gli arsenali europei sono vuoti.

Quindi torneremmo alla conclusione del punto 1, con in più danni e morti distribuiti anche da noi, ma appunto con la decenza di aver pagato in prima persona e non fatto solo pagare ad altri.

Non mi pare di vedere altre soluzioni.

È certamente possibile che ci siano e che io non sia in grado di vederle, nel qual caso vorrei, se il ribrezzo che faccio loro non è eccessivo, che me le spiegassero, perché il momento è grave e non c'è più molto tempo.

 

 

 

 

Persa la guerra, adesso il

conto lo paga l’Europa.

 Ariannaeditrice.it - Francesco Sylos Labini – (20/02/2025) – ci dice:

(Il Fatto Quotidiano)

Il Segretario della Difesa degli Usa, “Pete Hegseth”, ha delineato con estrema chiarezza le tre condizioni concrete concordate da Donald Trump e Vladimir Putin per avviare i negoziati sulla fine della guerra in Ucraina:

nessuna adesione dell’Ucraina alla Nato, una richiesta avanzata dalla Russia sin dalla Conferenza di Monaco del 2007, quando Putin dichiarò esplicitamente che questa sarebbe stata una linea rossa invalicabile.

Nessuna presenza di truppe americane in Ucraina.

Nessuna applicazione dell’articolo 5 Nato e nessuna missione di pace di quest’ultima in Ucraina.

Le ultime due condizioni appaiono scontate, considerando che la guerra è scoppiata proprio per impedire la presenza di forze Nato in territorio ucraino.

Tuttavia, l’elemento più significativo del discorso di “Hegseth” è stato il riconoscimento che “la posizione americana riflette la dura realtà della situazione sul campo di battaglia”.

In altre parole, gli Usa e con essi la Nato, hanno perso la guerra per procura contro la Russia.

Non si tratta di un “tradimento”, ma di un dato di fatto: la guerra è persa, e gli Stati Uniti stanno prendendo atto delle conseguenze.

 A giudicare dal dibattito italiano, a partire dall’infelice discorso del presidente Mattarella, che ha paragonato Putin a Hitler, si continua invece a credere che la guerra possa essere vinta deformando la realtà attraverso una narrazione di comodo:

il bene contro il male, la democrazia contro l’autocrazia ecc.

Ma se la verità è la prima vittima della guerra, alla fine riemerge e presenta il conto.

E questa volta, quel conto sarà particolarmente salato per l’Europa.

La guerra è ancora in corso e si concluderà solo quando Stati Uniti e Russia raggiungeranno un accordo soddisfacente per entrambi.

Attualmente, la Russia gode di un notevole vantaggio militare, mentre gli Usa possono far leva su un’intesa vantaggiosa per Mosca, legata alla nuova architettura di sicurezza europea, volta a prevenire future tensioni già visibili all’orizzonte: dall’Artico al Baltico, fino al Mar Nero.

 Se l’Ucraina è stata devastata e ha subito una distruzione impietosa, è però l’Europa a trovarsi nella posizione più fragile: politicamente sconfitta, nemmeno considerata un interlocutore rilevante al tavolo delle trattative.

D’altronde, i leader europei continuano a fare l’unica cosa che hanno dimostrato di saper fare negli ultimi tre anni: sabotare ogni tentativo diplomatico.

Per questo irrilevanti e dannosi, e un eventuale accordo di pace non potrà che essere deciso sopra le loro teste.

Il conto di questa guerra, tuttavia, non riguarda solo l’Europa, ma l’intero Occidente.

 L’immagine degli Stati Uniti è cambiata per sempre: da liberatore a grande disgregatore.

Tuttavia, la debolezza dei paesi occidentali è ancora più profonda.

 Come ha dichiarato il Segretario generale della Nato, “Mark Rutte”:

“La Russia ora produce in tre mesi le munizioni che l’intera Nato, nonostante sia venti volte più grande della Russia in termini economici, produce in un anno”.

 E questo nonostante il fatto che la spesa militare russa ammonti a circa 130 miliardi di dollari all’anno, ovvero dieci volte inferiore rispetto alla spesa complessiva di tutti i paesi Nato messi insieme.

 Se questi 1.300 miliardi di dollari annui destinati alla difesa dovranno essere ridotti, come afferma lo stesso Trump, è evidente che la débâcle industriale e organizzativa dei paesi della Nato diventerà un tema centrale del dibattito pubblico, una volta che verrà riconosciuta la sconfitta.

La soluzione, tuttavia, non potrà limitarsi a un semplice aumento dei finanziamenti all’industria bellica.

 Sarà necessario un cambiamento strutturale del sistema tecnologico, con un rinnovato investimento nella formazione e nella ricerca.

 Senza filiere intellettuali e produttive solide, e senza un radicale ripensamento del ruolo dello Stato nell’economia, sarà impossibile invertire la rotta e rispondere in modo efficace alle sfide future.

Nell’immediato, a causa di un’inadeguata classe dirigente, l’Europa si avvia verso un periodo di marginalità politica, che si spera non segni l’inizio di un “secolo della grande umiliazione”.

 L’ultima a morire è la speranza: quella che l’opinione pubblica europea, anestetizzata da una stampa che ha finito per credere alla propria stessa propaganda, inizi finalmente a prendere coscienza della quantità di bugie che l’hanno investita.

L’unica via percorribile è riconoscere la verità sulle cause e conseguenze della guerra e, partendo da questa consapevolezza, ridefinire il proprio ruolo nel nuovo mondo multipolare.

 

 

 

 

Salva il pianeta, suicidati!

Ariannaeditrice.it - Roberto Pecchioli – (21/02/2025) -ci dice: 

(EreticaMente)

La nostra esausta civilizzazione celebra in varie maniere il trionfo della morte. Corre senza fermarsi verso la fine biologica ammantata di nobili fini.

Non c’è soltanto l’estensione del progetto di eutanasia (approdato in Italia con la legge sul suicidio assistito della regione Toscana), ufficialmente avviato nel 2000 dal solito George Soros con il suo Progetto Morte.

L’attacco alla vita umana prosegue con la proclamazione a diritto universale dell’aborto (salute riproduttiva nella neolingua globalista) e con la promozione del sesso sterile, omosex e non solo.

La perfetta ideologia antiumana è però quella ecologico-climatica.

Promossa anch’essa dalle oligarchie mondialiste, maschera il suo disegno di riduzione della popolazione dietro le parole d’ordine dell’ambientalismo estremo, che considera l’essere umano il male assoluto.

Gli attivisti più eccitati, seguaci della corrucciata “Greta”, militanti di gruppi i cui nomi trasudano odio anti umano (Ultima Generazione, Extinction Rebellion) sarebbero sorpresi di sapere che le loro parole d’ordine sono state inventate dagli stessi oligarchi miliardari che detestano.

La Fondazione della famiglia Rockefeller, padrona del petrolio (!!), attiva dal 1913, ha fondato ben 990 associazioni ambientaliste.

Il nucleo di questa ideologia è che l’essere umano, per volontà di potenza, è nemico del pianeta Terra, ribattezzato con il nome animistico di Gaia.

 Perciò la sua presenza va drasticamente diminuita, in singolare coincidenza di obiettivi con l’agenda malthusiana delle élite.

I più radicali propendono per l’estinzione della nostra specie.

Per salvare il pianeta occorre quindi la scomparsa – possibilmente rapida e volontaria – dell’unico abitatore della Terra che abbia coscienza di sé.

 Il programma, in questa parte di mondo ossessionata dalla freudiana todestriebe (pulsione di morte), funziona benissimo.

Basta guardarsi intorno: strade senza bambini, scuole chiuse, altalene vuote. Il deserto avanza a grande velocità.

 In dieci anni le nascite sono diminuite di circa un quarto.

Anziché lavorare per invertire la tendenza, la cultura dominante (cioè delle classi dominanti) aumenta la pressione per l’eliminazione di vecchi, malati, depressi, di tutti coloro cioè che non servono più al sistema produttivo.

“Margaret Sanger,” fondatrice della più importante organizzazione antinatalista del mondo, “Planned Parenthood”, scrisse alcuni decenni fa che “la cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa può fare a uno dei suoi figli è ucciderlo”.

Apologia dell’assassinio.

L’ economista francese alla moda Corinne Maier, nel libro “No Kid” (nessun bambino) “Quaranta ragioni per non avere figli” , lamenta di essere due volte madre.

 Ci sono molte ragioni contro la maternità: il parto è una tortura, i figli implicano la morte del desiderio, trasformano la madre in un biberon ambulante, allevarli è un fardello pesante ed è difficile liberarsene quando diventano grandi.

 Inoltre, ecco il “movente green”, affinché il pacchetto ideologico sia completo: “ogni bambino nato in un Paese sviluppato è un disastro ecologico per l’intero pianeta”.

 Confessa che “se l’avessi saputo, non avrei concepito”.

Il calcolo economico sconsiglia di avere figli:

le abitazioni costano, le tasse aumentano, ci vogliono due stipendi per sostentare una famiglia.

Prima ne bastava uno e le madri educavano i bambini a casa anziché mandarli all’asilo nido.

 La coppia ideale postmoderna (etero o omo, poco importa) è descritta dall’acronimo “DINKS” (double income no kids), doppio reddito, nessun figlio.

 Più consumo, più divertimento (qualunque cosa significhi) maggiore “realizzazione” individuale.

Intanto i poveri del mondo continuano ad avere figli anche se non possiedono tre automobili per famiglia, una televisione in ogni stanza e non vanno in vacanza dall’altra parte del globo.

 Forse proprio per questo.

Anche le mode influiscono, ovviamente:

è più fashion essere professionisti di successo, le relazioni provvisorie senza impegno sono molto più moderne dell’antiquato matrimonio.

 Se proprio abbiamo bisogno di affetto, bastano i beniamini a quattro zampe. Campano pochi anni, hanno bisogno di meno cure, si possono tenere sotto controllo.

Oprah Winfrey”, stella televisiva americana, influente icona progressista, lo ha riassunto in modo insuperabile:

 “Non avrei potuto avere la vita e la carriera che ho se avessi scelto di avere figli”.

Lascia il fastidio delle piccole pesti ai poveri e agli sfigati.

Sincera, non si rifugia nel moralismo ambientale.

Il peso dei terrori climatici è sorprendente, divenendo la principale preoccupazione di coloro che affermano di non voler riprodurre la specie e la società.

“Verena Brunschweiger,” scrittrice e attivista femminista tedesca, sostiene che “i bambini sono la cosa peggiore che si possa fare all’ambiente.

Sono i più grandi killer climatici e quindi una vita senza figli è l’unica via razionale, etica e moralmente giustificabile per uscire dalla miseria climatica verso cui il mondo si sta dirigendo”.

 Eh sì, perché per ogni bambino che non mettiamo al mondo “risparmiamo 58,6 tonnellate di CO2 all’anno”.

Una bella soddisfazione.

Non possono mancare le opinioni del mondo dello spettacolo, tanto importanti per generazioni non pensanti.

 La cantante britannica” Blythe Pepino”, vegana, che ha deciso di non salire più su un aereo e di smettere di guidare per raggiungere rifiuti zero, guida il movimento “Birth Strike for Climate” (sciopero delle nascite per il clima) per rispondere efficacemente alla “minaccia esistenziale della crisi ecologica”.

Sarà certo una sostenitrice delle smart cities, le città “furbe” in cui non ci si può spostare se non entro i fatidici quindici minuti prescritti dal vangelo green.

 Miley Cyrus ha dichiarato: “Non porterò nessuno in questo mondo finché non avrò la sensazione che saranno in grado di crescere in un posto dove ci sono ancora pesci nell’acqua”.

In attesa dell’evento, anche la pubblicità fa la sua parte.

Nel video di una marca di profilattici compaiono bambini urlanti e anziani abbandonati, mentre una voce tra il suadente e l’allarmato così invita all’acquisto: pensaci due volte prima di avere figli.

Il filosofo morale (??) australiano Peter Singer propende per l’aborto postnatale, il nome politicamente corretto dell’infanticidio.

Uno dei precursori dell’onda antiumana per motivi climatici fu il biologo “Paul R. Ehrlich”, autore nel 1968 de” La bomba demografica”, che profetizzò la morte di fame a causa dell’inquinamento e della sovrappopolazione di centinaia di milioni di persone nel decennio successivo.

”C’è troppa gente sul pianeta e chiunque abbia più di due figli dovrebbe essere visto come un pericolo”.

Analogo catastrofismo animò il “Rapporto sullo Sviluppo del Club di Rom”a (1972) fondato da personalità legate ai Rockefeller.

Intanto sorgono, soprattutto negli Stati Uniti, associazioni che promuovono l’estinzione umana in nome della conservazione della vita sulla Terra.

Il Movimento Volontario per l’Estinzione Umana propone il divieto di riprodursi per raggiungere la graduale estinzione degli esseri umani, “incompatibili con la biosfera”.

C’è anche una Chiesa dell’Eutanasia, il cui motto recita “salva il pianeta: suicidati”.

Gli assi della proposta di questi gruppi sono non avere figli, suicidarsi, abortire, praticare il cannibalismo per non nuocere ad altre specie animali e, in materia sessuale, compiere solo atti sodomitici per non procreare.

Fanatici, certo, ma in linea con l’agenda di lorsignori.

 Le istruzioni su come uccidersi per asfissia con l’elio furono rimosse dopo che una donna le aveva seguite per suicidarsi.

Un altro caso sconcertante di suicidio “climatico” è accaduto in Belgio, dove un trentenne padre di due figli avrebbe deciso di porre fine alla sua vita dopo aver avuto conversazioni sul futuro del pianeta con un” chatbot” di intelligenza artificiale.

Secondo la vedova, l’uomo era diventato eco-ansioso e aveva scaricato da un’app specializzata l’apparato, chiamato “Eliza”, che lo avrebbe incoraggiato a suicidarsi dopo che il poveretto aveva manifestato l’intenzione di sacrificarsi per salvare il pianeta.

Il giovane conduceva un’esistenza normale sino a quando non venne colto dall’ossessione per il cambiamento climatico.

 Secondo chi ha esaminato le conversazioni tra l’uomo e il chatbot, “Eliza “alimentava le sue preoccupazioni, che peggiorarono la sua ansia e si trasformarono in pensieri suicidi.

La follia autolesionista avanza in Occidente e nell’Estremo Oriente occidentalizzato (Giappone, Corea del Sud).

Altrove la popolazione aumenta, la gente osserva il nostro suicidio e torna a letto sorridente, lasciando che i morti seppelliscano i morti in nome di Gaia.

Il pianeta che vive, l’uomo che muore.

 

 

 

 

Si tratta di aiuti esteri

o di azioni segrete?

  Unz.com - Filippo Giraldi – (21 febbraio 2025) – ci dice:

 

Trump continua a tagliare i programmi multiuso all'estero.

Ci sono state notevoli polemiche intorno alla decisione dell'amministrazione Trump di tagliare le agenzie governative che sono apparentemente impegnate in attività di beneficenza, educative e altre attività di costruzione della nazione sia all'estero che negli Stati Uniti.

 Questa spesa, che ammonta a decine di miliardi di dollari, ha contribuito a produrre deficit di bilancio che sono aumentati vertiginosamente nel ventunesimo secolo, in gran parte a causa dell'aumento delle attività all'estero che si è verificato dopo il trauma dell'11 settembre, quando i suprematisti ebrei hanno deciso che gli Stati Uniti avrebbero dovuto fungere da poliziotto di Israele in Medio Oriente per consentire l'espansione dello Stato ebraico con la scusa di creazione "sicuro".

Mentre gli Stati Uniti sono ora sull'orlo della bancarotta a causa dei loro debiti insostenibili, la seconda incarnazione dell'amministrazione Trump si è concentrata sul taglio dei bilanci nelle aree che considera occupate dal nemico, spesso il che significa "woke" o istituzionalmente alleate dei Democratici.

 I programmi sociali e la spesa gonfiata del Dipartimento della Difesa sono stati considerati obiettivi adeguati, quindi a partire dalla prima settimana di febbraio, la Casa Bianca ha abbattuto il martello quando ha attaccato un certo numero di agenzie governative, tra l'altro chiedendo enormi tagli alla spesa del Pentagono e la completa eliminazione del Dipartimento dell'Istruzione.

 

La Casa Bianca ha anche chiuso l'”Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale” (USAID), licenziando quasi tutti i suoi 10.000 dipendenti, lasciando solo poco più di 600 dipendenti sul posto per assistere alla chiusura o al ridimensionamento delle strutture negli Stati Uniti e in paesi stranieri.

 Inoltre, secondo quanto riferito, circa 800 premi e contratti amministrati attraverso USAID sono stati cancellati.

Secondo quanto riferito, ci sono stati alcuni ritardi giudiziari nei licenziamenti a causa della complessità della rimozione di migliaia di dipendenti e famiglie dagli uffici e dagli alloggi all'estero, anche se è probabile che la pausa sia solo temporanea.

 

I dollari delle tasse sono tradizionalmente usati in modo corrotto per finanziare progetti e politiche care al cuore dei politici, motivo per cui “Ron Paul” e altri hanno chiesto controlli approfonditi, anche del sistema della “Federal Reserve” e del “Pentagono” in particolare.

Questa spesa nascosta è particolarmente difficile da identificare se il programma è in qualche modo collegato alla politica estera e/o alla sicurezza nazionale, che sono state tradizionalmente protette dal controllo negando quasi tutto l'accesso pubblico alle informazioni sensibili sulla base del principio della "necessità di sapere" per salvaguardare le fonti e le attività vulnerabili.

USAID è stata fondata nel 1961 durante l'amministrazione di John F. Kennedy per unire diverse organizzazioni e programmi di assistenza estera sotto un'unica agenzia.

Inizialmente era seriamente intesa come un meccanismo per gli Stati Uniti per aiutare in materia di salute, soccorso in caso di calamità, sviluppo socioeconomico, protezione ambientale, governance democratica ed educazione.

Tuttavia, il suo obiettivo alla fine è diventato quello di guidare lo sviluppo in parti del mondo che soffrivano di ciò che erano considerati governi e istituzioni disfunzionali in termini di interessi americani. USAID è sempre stata finanziata dal governo federale e il suo management superiore ha lavorato a stretto contatto con il Dipartimento di Stato, a cui è tecnicamente responsabile, e in particolare con le agenzie di intelligence.

 Il suo bilancio nel 2023 era di 43 miliardi di dollari.

La riduzione di forza (RIF) di USAID da parte di Trump è stata accompagnata da un rimpasto nella sua gestione, le sue responsabilità rimanenti sono ora nelle mani del “Segretario di Stato Marco Rubio”, che ha una notevole esperienza nella gestione di agenzie speciali dopo aver prestato servizio nel “Consiglio della componente sussidiaria repubblicana” del “National Endowment for Democracy” (NED), l'”Istituto Repubblicano Internazionale “(IRI).

 Anche la NED, che opera ampiamente all'estero, è stata privata dei finanziamenti da Trump.

 

Lo smantellamento dell'USAID non significa necessariamente che l'organizzazione scomparirà del tutto, sarà solo molto ridotta e sotto una nuova gestione.

 

Probabilmente avrà una nuova missione, anche se nessuno sa ancora cosa significherà.

E l'USAID e la NED non sono le sole, poiché il promemoria presidenziale ha chiesto di interrompere i finanziamenti di tutte le componenti governative che dipendono dai fondi generati dai contribuenti per fornire ciò che forse viene eufemisticamente definito "aiuti esteri".

L'USAID e la NED hanno progetti umanitari, ad esempio sfamare gli affamati, ma sono principalmente motivati dalla politica.

La componente “NED IRI” la mette così sul suo sito web "La nostra missione all'IRI, promuovere la democrazia in tutto il mondo, è una battaglia su molti fronti.

Sono orgoglioso di dire che l'IRI sostiene ogni sforzo che porterà la libertà a più persone.

Abbiamo fatto progressi nella nostra missione dando speranza a coloro che desiderano protestare in una strada cittadina, candidarsi per una carica o votare".

Quindi le organizzazioni umanitarie hanno palesemente un ruolo politico, ma come si traduce in pratica e si estende a fare favoritismi con i media e i partiti politici statunitensi?

Trump l'ha messa in un altro modo, dichiarando che i leader dell'USAID erano "lunatici della sinistra radicale".

 Ecco cosa afferma sul suo sito web Truth Social :

"SEMBRA CHE MILIARDI DI DOLLARI SIANO STATI RUBATI ALL'USAID E AD ALTRE AGENZIE, MOLTI DEI QUALI SONO ANDATI AI MEDIA FALSI COME "COMPENSA" PER AVER CREATO BUONE STORIE SUI DEMOCRATICI.

 IL "RAG" DI SINISTRA, CONOSCIUTO COME "POLITICO", SEMBRA AVER RICEVUTO 8.000.000 DI DOLLARI.

Il New York Times ha ricevuto soldi??? Chi altro li ha ricevuti??? QUESTO POTREBBE ESSERE LO SCANDALO PIÙ GRANDE DI TUTTI, FORSE IL PIÙ GRANDE DELLA STORIA! I DEMOCRATICI NON POSSONO NASCONDERSI DA QUESTO. TROPPO GRANDE, TROPPO SPORCO!"

 

Ci sono, infatti, rapporti credibili secondo cui l'impeachment di Trump del 2019 è stato guidato dalle azioni e dalla disinformazione proveniente da agenti della CIA, dell'FBI e dell'USAID, quindi è plausibile presumere che Trump stia ora regolando i conti.

Oltre a ciò, USAID e NED sono entrambi noti per il loro ruolo nel sostenere segretamente i partiti politici di opposizione in tutto il mondo e nell'assistere al cambio di regime.

 Il filantropo miliardario George Soros, attraverso la sua rete di organizzazioni, ha ricevuto 260 milioni di dollari dall'USAID per incanalare fondi a organizzazioni non governative (ONG) collegate alla” Open Society Foundations” di Soros, note per sostenere politiche radicali e cambiamenti di regime a livello globale.

Soros è anche uno dei favoriti del Partito Democratico e uno dei principali raccoglitori di fondi, avendo recentemente ricevuto in una cerimonia alla Casa Bianca presentato l'onore della Medaglia presidenziale della l”Libertà in contumacia a suo figlio Alex dal presidente uscente Joe Biden.

 

Di conseguenza, sia USAID che NED sono state bandite dai paesi stranieri, tra cui la Russia, a causa della loro ingerenza nella politica locale.

 Il primo ministro ungherese Viktor Orban, che è stato spesso un bersaglio delle attività di USAID, ha immediatamente ringraziato Trump per la sua decisione di annullare USAID.

Sia USAID che NED erano profondamente coinvolte nell'Europa orientale.

L'ex vicesegretario di Stato ad interim “Victoria Nuland” ha rivelato che le agenzie di aiuti erano profondamente impegnate nell'investimento pluriennale da 5 miliardi di dollari da più fonti degli Stati Uniti in Ucraina che è culminato nel cambio di regime nel 2013 e ha portato all'attuale guerra con la Russia.

Nei circoli governativi è stato spesso affermato che USAID, NED e altre organizzazioni simili ora fanno ciò che la CIA faceva di routine in termini di cambio di regime tra la sua fondazione e gli anni '90.

Si potrebbe suggerire che i recenti governi degli Stati Uniti, operando attraverso le loro varie sussidiarie come USAID e NED, abbiano finanziato praticamente tutto per controllare una comunità mondiale in linea con gli interessi americani.

 I media mainstream in tutto il mondo che sono finanziati direttamente o indirettamente includono giornalisti, organi di informazione e ONG e siti di attivisti, e questo solo tramite USAID.

Ciò sembrerebbe includere Reuters, Associated Press, BBC, The Guardian, NBC, CNN, NPR, NYT, Politico, PBS, The Financial Times, The Atlantic, The Daily Telegraph, così come molti altri media nei paesi in via di sviluppo.

 L'"ecosistema" mediatico dell'isteria anti-Cina attualmente dipende dai finanziamenti del governo degli Stati Uniti e si lamenta già dell'imminente chiusura del supporto USAID.

Per citare solo un esempio di come è confezionato, il servizio di notizie “Reuters” ha ricevuto milioni di finanziamenti dal governo degli Stati Uniti specificamente per "ingegneria sociale attiva".

 

I sindacati sono finanziati anche dall'USAID, che è anche dietro i recenti disordini politici in Slovacchia. Ha anche pagato per molteplici tentativi di colpo di stato in Venezuela, ha finanziato viaggi di alto profilo dall'ucraino Volodymyr Zelensky per migliorare la sua immagine e popolarità, e ha finanziato gruppi legati ad al-Qaeda in Siria per rovesciare con successo il governo di Damasco.

Tornando al primo mandato di Trump, è interessante osservare che la maggior parte degli "aiuti" ai partiti di opposizione per rovesciare Nicolas Maduro in Venezuela sono stati forniti nel 2019, quindi Trump, guidato dagli intransigenti John Bolton e Mike Pompeo, non era timido in quel momento riguardo al cambio di regime. In effetti, Voice Of America (VOA), che spesso fungeva da portavoce della CIA, ha persino riferito che Trump aveva triplicato gli aiuti all'esponente dell'opposizione Juan Guaido a 56 milioni di dollari.

 Coloro che si chiedono perché Trump abbia deciso di "opporsi" all'agenzia semi-segreta che ha usato anche per il cambio di regime hanno ragione, ma potrebbe essere appropriato vedere la scossa come un avvertimento contro l'informazione governativa, le forze dell'ordine e le agenzie di intelligence che tornano a diventare strumenti dei politici del Partito Democratico.

 

I difensori dell'USAID sostengono che l'agenzia è stata calunniata, che oltre al suo profilo politico è fortemente impegnata nella promozione della salute e del benessere in tutto il mondo.

 Il capo dell'USAID sotto Joe Biden era la controversa e molto "risvegliata" “Samantha Power”, che afferma in modo un po' disonesto che il budget dell'agenzia di 38 miliardi di dollari nel 2023 includeva qualcosa come 20 miliardi di dollari di spesa che dovrebbe essere appropriatamente descritta come umanitaria.

Coloro che sono i destinatari dei programmi, per lo più nel terzo mondo, soffriranno di conseguenza del defunding degli aiuti.

 Se è effettivamente così, forse avrebbe senso inserire tali programmi in un meccanismo che non sarebbe legato al cambio di regime e alla corruzione dei governi e dei media locali.

 

C'è qualche dubbio anche al Congresso sul fatto che ci sarà una nuova agenzia di aiuti centralizzata e su come si chiamerà o farà ora che è stata ridotta di dimensioni e avrà probabilmente un budget esiguo rispetto a quello di cui godeva una volta.

È ancora presto e la risposta a questa domanda emergerà probabilmente prima che passi troppo tempo, ma va osservato che in nessun momento Rubio o chiunque altro nell'amministrazione Trump ha effettivamente condannato l'aggressivo impegno degli Stati Uniti all'estero o ha affermato che lo porrà fine.

Il Dipartimento di Stato ha persino affermato ufficialmente che l'unico obiettivo è garantire che le cose buone che USAID ha fatto continueranno "promuovendo gli interessi americani all'estero".

Date alcune delle recenti posizioni aggressive assunte dall'amministrazione Trump su Gaza, Panama, Canada, Messico, Iran e Groenlandia, nonché la tendenza da parte dei suoi alti funzionari ad aumentare la pressione sui presunti avversari, potrebbe essere che gli Stati Uniti non stiano affatto cambiando rotta.

Potrebbero plausibilmente raddoppiare e organizzazioni come USAID e NED, anche se i loro nomi, ruoli e leadership cambiano, saranno probabilmente parte integrante di quel processo.

(Philip M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del Council for the National Interest, una fondazione educativa deducibile dalle tasse 501(c)3).

 

 

 

 

 

Trump non allontanerà la Russia

dalla Cina, ma l'Europa dall'America.

 Ariannaeditrice.it - Arnaud Bertrand – (20/02/2025) – ci dice:

(Giubbe rosse)

Vedo molte persone commentare che gli Stati Uniti stanno cercando di imitare il Kissinger al contrario, allontanando la Russia dalla Cina, ignorando completamente la verità ovvia che hanno sotto gli occhi: se una frattura esiste, è quella tra Europa e Stati Uniti.

Questo è un difetto comune della natura umana: spesso siamo incapaci di concepire che lo status quo con cui abbiamo vissuto per tutta la vita sia cambiato radicalmente.

 Guardiamo ai modelli del passato, cerchiamo di combattere di nuovo la guerra precedente; è molto più facile e confortante credere di essere ancora nella scatola anche quando la scatola è scomparsa.

La Russia non si separerà di nuovo dalla Cina:

non c’è la minima possibilità al mondo, ha imparato questa lezione a sue spese. Putin, da studioso della storia notoriamente attento studioso, capisce quanti danni ciò abbia causato.

 E perché dovrebbe?

Quale beneficio ne trarrebbe la Russia?

Il mondo è cambiato: come abbiamo visto durante la guerra in Ucraina, l’Occidente ha scatenato tutto il suo arsenale economico contro la Russia, solo per dimostrare la propria impotenza.

L’anno scorso la Russia è stata l’economia in più rapida crescita in Europa, anche quando è stata completamente tagliata fuori dai mercati occidentali.

 Quindi, se la pressione massima dell’Occidente ammonta a così poca cosa, la sua amicizia massima non vale molto di più.

È del tutto illusorio pensare che i due tedofori del Sud del mondo si possano dividere proprio mentre l’emergere dell’ordine multipolare a lungo ricercato sta finalmente diventando realtà, tutto in cambio del ritorno del commercio occidentale, che ora sanno essere superfluo, e della fine delle sanzioni, che ora sanno non fare poi così male.

Inoltre, un gentile promemoria: Kissinger non ha realmente diviso Russia e Cina, se mai ha sfruttato una divisione già esistente.

Geopoliticamente parlando, è incredibilmente difficile dividere le potenze, specialmente le grandi potenze, ma è molto più facile sfruttare una divisione esistente

 E, guardando il panorama, quelli che sono già divisi, o meglio, in via di divisione, non sono Russia e Cina, ma molto di più gli Stati Uniti e l’Europa.

Una spaccatura tra Europa e USA era destinata a verificarsi prima o poi, poiché il costo dell’alleanza superava sempre di più i benefici da entrambe le parti.

Soprattutto con l’ascesa del Sud del mondo, in particolare della Cina, che ha dato inizio a una profonda crisi di identità:

 all’improvviso, i paesi “non come noi” avevano molto più successo, assumendo un primato insormontabile nella produzione e, sempre di più, nella scienza e nella tecnologia.

A un certo punto hai davanti a te tre scelte:

unirti a loro, batterli o isolarti da loro e decadere lentamente nell’irrilevanza.

L’Occidente ha provato l’approccio “batterli” per la maggior parte degli ultimi 10 anni e ne abbiamo visto i risultati:

una serie sempre più disperata di strategie fallite, che hanno solo accelerato il declino occidentale rafforzando proprio i poteri che intendevano indebolire.

Ha anche provato l’approccio “isolarli” con i vari piani di “friend-shoring”, “de-risking”, “piccolo cortile, recinzione alta”, ecc.

 Non ha avuto molto più successo e l’Occidente senza dubbio vede la scritta sul muro: più ti isoli da un’economia più dinamica, più resti indietro.

Questo ci lascia con “unirsi a loro”, e qui il calcolo di Trump sembra essere che, se gli USA lo fanno per primi, possono senza dubbio negoziare condizioni molto migliori per gli USA, proprio come fece la Cina con Kissinger alla fine degli anni ’70, quando si unì a quello che all’epoca era ancora l’ordine internazionale guidato dagli USA.

 Con l’Europa, come l’Unione Sovietica all’epoca, lasciata senza altra scelta che accettare le briciole rimaste.

La situazione, naturalmente, non è esattamente identica.

 

 Siamo fuori dagli schemi, ricordate… Per prima cosa, gli Stati Uniti non sono lontanamente nelle stesse condizioni della Cina di allora e, a differenza dell’Unione Sovietica, l’Europa non ha né la potenza militare per resistere a questo nuovo accordo né l’autonomia economica per tracciare la propria rotta.

Il che significa che per molti versi, geopoliticamente parlando, gli Stati Uniti sono in condizioni migliori e con più influenza di quanta ne avesse la Cina (e quindi in grado di ottenere un accordo migliore), mentre l’UE è in condizioni peggiori dei sovietici.

 

Tuttavia, la realtà fondamentale rimane che Trump, nonostante tutti i suoi difetti, sembra aver capito prima degli europei che il mondo è cambiato e che è meglio essere il primo ad adattarsi.

 Ciò è stato chiaro fin dalla prima intervista importante di “Rubio” nel suo nuovo ruolo di Segretario di Stato, quando ha dichiarato che ormai viviamo in un mondo multipolare con “multi-grandi potenze in diverse parti del pianeta”.

Da europeo, però, non posso che disperarmi per l’incompetenza e l’ingenuità dei nostri leader, che non hanno visto arrivare tutto questo e non si sono adattati per primi, nonostante tutte le opportunità e gli incentivi per farlo.

Hanno stupidamente preferito aggrapparsi al loro ruolo di partner minore dell’America, anche se quella partnership andava sempre più contro i loro interessi, qualcosa su cui ho personalmente messo in guardia per anni.

Si scopre, stranamente, che gli europei erano in realtà per molti versi più arroganti e più intrappolati nelle illusioni della supremazia occidentale rispetto agli americani. Il prezzo di questa arroganza sarà molto alto, perché invece di modellare proattivamente il loro ruolo nell’ordine multipolare emergente, ora dovranno accettare qualsiasi termine venga deciso per loro.

Un ennesimo Afghanistan.

Ariannaeditrice.it - Daniele Dell'orco – (20/02/2025) – ci dice:

(Daniele Dell'orco).

 

Molti, in Occidente, fanno corrispondere l'inizio del domino ucraino nel 2022 con la fuga americana da Kabul del 2021 (ordinata da Joe Biden).

Ebbene, costoro sbagliano perché sappiamo bene che la catena causale del conflitto in Ucraina risale a molto prima.

Tuttavia, quella "scelta diplomatica" ha giocato certamente un ruolo importante.

Ora, nel 2025, l'Ucraina è esattamente nella stessa posizione delle ex forze governative afgane e la sua leadership politica sarà costretta a togliersi di mezzo con la forza.

Volodymyr Zelensky è stato delegittimato ufficialmente dal suo primo (ex)alleato, e Russia e Stati Uniti hanno di fatto concordato l'avvio di una nuova offensiva militare russa per dare il colpo di grazia a “Bankova”.

Ieri, i russi hanno imbastito un piano di penetrazione nella regione ucraina di “Sumy” per interrompere le linee di rifornimento verso “Sudhza” e l'exclave conquistata nel Kursk.

Stanotte, invece, così come la notte precedente, dopo molto tempo l'aviazione russa ha lanciato un attacco congiunto su ben nove regioni dell'Ucraina.

A Odessa sono stati presi di mira porti, sottostazioni, magazzini e centri di stoccaggio di componenti per l'assemblaggio di droni d'attacco e proiettili da 155 mm (pensate, quelli forniti dalla stessa Nato e dagli stessi americani con gravoso sforzo economico-politico); a Kharkiv è stato attaccato un impianto di produzione di gas.

E così via in altre regioni compresa Kiev.

Nel frattempo nel Donbass i russi consolidano le posizioni nei settori di “Toretsk” e “Pokrovsk”.

Così facendo, al tavolo negoziale la Russia si prepara a chiedere:

- il controllo dell'intero Donbass senza doversi dissanguare ancora per la conquista di Slovyansk e Kramatorsk;

- la creazione di "zone cuscinetto" demilitarizzate al confine con le regioni di Kharkiv e Sumy;

- il logico cambio di leadership politica a Kiev;

- il divieto dell'ingresso dell'Ucraina nella Nato ammesso che esisterà ancora e comunque il divieto del dislocamento di militari Usa sul territorio ucraino.

Nel caso di concessione dell'ingresso di truppe Ue dopo gli accordi di cessate il fuoco (visto che l'Ucraina, sì, entrerà nell'Ue con conseguente salasso per tutti noi), Mosca chiederà che se proprio dovranno garantire loro la pace allora l'esercito ucraino dovrà essere depotenziato o comunque limitato nella capacità di offesa del territorio russo.

I russi, in questo modo, potranno dichiarare vittoria totale.

La partita si sposterà allora sul piano diplomatico quando ci sarà da "gestire" la nuova leadership ucraina, e a quel punto la palla passerà agli statunitensi che stanno difatti iniziando a mostrare le cambiali a Zelensky per far capire loro che chiunque siederà a” Bankova “dovrà comunque risarcirli e per chissà quanto tempo.

Russi e americani, in buona sostanza, gestiranno almeno per il prossimo futuro l'Ucraina insieme.

Stendendo un velo pietoso sul ruolo dell'Europa che sarà in sostanza confinata al ruolo di appaltatrice della ricostruzione, la mossa di Trump dal punto di vista della convenienza è ottima, dal punto di vista geopolitico chissà.

Perché ora la lista degli alleati sedotti e abbandonati dagli Usa sta aumentando a dismisura, e ciò servirà da monitorare (forse) anche ad altri attori regionali che ci penseranno due volte prima di fidarsi di nuovo di Washington: penso all'Armenia.

Il fatto che piani decennali/ventennali di presunta assistenza possano essere completamente spazzati via da una singola elezione rende, di nuovo, un pessimo servizio alle democrazie liberali agli occhi del resto del mondo, e contribuisce a considerare più "stabili" e "affidabili" gli "autocrati".

Questo è esattamente il motivo per cui l'Europa si sta stracciando le vesti.

Non perché teme davvero l'avanzata dell'esercito russo nel Vecchio Continente, ma perché sta vedendo l'unico vero caposaldo politico in grado di giustificare la propria esistenza messo in ridicolo di fronte al mondo.

 

 

 

UN FARO DI PACE: l'amministrazione Trump

segnala l'allentamento delle sanzioni

per la Russia nei colloqui sull'Ucraina.

Naturalnews.com – (22/02/2025) - Willow Tohi – ci dice:

L'amministrazione Trump ha indicato che la Russia potrebbe ricevere un alleggerimento delle sanzioni se dimostrasse un impegno nei negoziati di pace in Ucraina.

 Ciò segna un cambiamento significativo rispetto alla posizione dura della precedente amministrazione.

Mentre l'economia russa ha mostrato segni di rinnovato ottimismo, il governo ucraino è scettico.

Le critiche del presidente Trump al presidente ucraino Zelensky e la spinta per nuove elezioni hanno reso tese le relazioni.

Gli alleati europei stanno lottando per reagire al cambiamento della politica statunitense, il che porta a disaccordi all'interno del G7.

La strategia statunitense prevede il rafforzamento dei legami economici con l'Ucraina prima di negoziare con la Russia.

Il percorso verso la pace è complicato dalle tensioni tra Stati Uniti e Ucraina, nonché dalle preoccupazioni circa l'impatto che i negoziati avranno sul più ampio panorama geopolitico.

Nonostante le sfide, la possibilità di un allentamento delle sanzioni e di negoziati di pace offre speranza per la fine del conflitto triennale in Ucraina.

 L'esito dipenderà dagli sforzi cooperativi degli attori chiave.

In un cambiamento significativo che potrebbe segnare una svolta nel conflitto in corso in Ucraina, l'amministrazione Trump ha segnalato che la Russia potrebbe ricevere un alleggerimento delle sanzioni se dimostrasse un impegno genuino nei negoziati di pace.

 Questo sviluppo è stato accolto sia con speranza che con scetticismo, evidenziando le complessità della diplomazia internazionale e il crescente desiderio di porre fine alla guerra triennale.

All'orizzonte l'allentamento delle sanzioni.

Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti “Scott Bessent”, in un'intervista a “Bloomberg”, ha chiarito che gli Stati Uniti sono pronti ad adeguare la loro politica di sanzioni sulla base della cooperazione della Russia per porre fine al conflitto.

 "La Russia potrebbe ottenere un po' di sollievo dalle sanzioni statunitensi in base alla sua volontà di negoziare la fine della sua guerra in Ucraina", ha dichiarato Bessent.

Ha sottolineato che l'amministrazione è impegnata in una rapida risoluzione del conflitto, aggiungendo: "Il presidente è impegnato a porre fine a questo conflitto molto rapidamente".

La possibilità di un alleggerimento delle sanzioni è un cambiamento sismico rispetto alla linea dura della precedente amministrazione, che ha visto l'imposizione di alcune delle sanzioni più dure al settore petrolifero russo.

 Il cambiamento di tono ha già avuto un impatto positivo sull'economia russa, con il rublo che giovedì ha toccato un massimo di sei mesi, riflettendo il rinnovato ottimismo a Mosca.

Tensioni con Kiev.

Tuttavia, il cammino verso la pace è irto di tensioni, in particolare con il governo ucraino.

 Il presidente Donald Trump è stato sempre più esplicito nelle sue critiche al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha etichettato come un "dittatore" per la sua gestione della guerra.

Trump ha accusato Zelensky di essersi rifiutato di incontrare alti funzionari americani e di aver rifiutato una proposta di accordo sui minerali che avrebbe visto gli Stati Uniti acquisire il 50% dei minerali delle terre rare dell'Ucraina.

Il conflitto ha raggiunto un punto di ebollizione, con le osservazioni di Trump e la spinta dell'amministrazione per nuove elezioni in Ucraina.

 Il vicepresidente J.D. Vance ha avvertito che le critiche pubbliche di Zelensky a Trump danneggeranno solo gli interessi dell'Ucraina.

"L'idea che Zelensky stia per far cambiare idea al presidente parlandone male sui media pubblici, tutti coloro che conoscono il presidente vi diranno che è un modo atroce di trattare con questa amministrazione", ha detto Vance.

Il tenente generale degli Stati Uniti in pensione “Keith Kellogg”, inviato speciale di Trump in Ucraina e Russia, ha incontrato Zelensky a Kiev giovedì, ma la conferenza stampa programmata dopo l'incontro è stata inaspettatamente annullata.

 Il motivo della cancellazione rimane poco chiaro, ma sottolinea le relazioni tese tra i due paesi.

Reazione europea e implicazioni globali.

Il cambiamento nella politica degli Stati Uniti ha lasciato gli alleati europei in difficoltà per rispondere.

 Le nazioni del Gruppo dei Sette (G7) stanno lottando per concordare una bozza di comunicato per celebrare il terzo anniversario dell'invasione della Russia, con una bozza iniziale significativamente annacquata.

I leader europei, pur simpatizzando con l'Ucraina, sono anche diffidenti nei confronti del potenziale contraccolpo di Washington e delle più ampie implicazioni geopolitiche di un accordo Trump-Putin.

Il segretario al Tesoro “Bessent “ha delineato la strategia dell'amministrazione, che prevede il rafforzamento dei legami economici tra Stati Uniti e Ucraina per costruire il sostegno pubblico e l'influenza nei negoziati con la Russia.

 "La sequenza di ciò che stava per accadere era: avvicinare gli ucraini agli Stati Uniti attraverso legami economici, convincere il popolo americano, il pubblico americano, portarli dalla loro parte", ha spiegato.

E poi dite ai russi, andate al tavolo dei negoziati con un messaggio molto chiaro che se necessario, prenderemo le sanzioni".

Gli Stati Uniti, con un maggiore interesse economico in Ucraina, forniscono uno scudo di sicurezza, ha aggiunto Bessent, sottolineando l'impegno dell'amministrazione per un approccio multilaterale che includa sia il bastone che la carota.

Conclusione.

Mentre il mondo guarda con il fiato sospeso, la prospettiva di un alleggerimento delle sanzioni per la Russia e di una potenziale fine della guerra in Ucraina offre un barlume di speranza.

Tuttavia, il percorso verso la pace è irto di sfide e le azioni degli attori chiave, in particolare il presidente Zelensky e la sua amministrazione, saranno cruciali nel determinare l'esito.

 La volontà dell'amministrazione Trump di impegnarsi in un approccio più flessibile alle sanzioni potrebbe essere il catalizzatore per una pace duratura, ma richiederà una risposta cooperativa e costruttiva da parte di tutte le parti coinvolte.

 

In un momento di instabilità globale, la possibilità di una risoluzione pacifica in Ucraina si pone come un faro di speranza per un mondo stanco dei conflitti. Mentre i negoziati continuano, gli occhi della comunità internazionale rimangono puntati su Washington, Kiev e Mosca, sperando in una svolta che possa porre fine ad anni di sofferenze e conflitti.

 

 

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