L’ideologia diventa pregiudizio.
L’ideologia
diventa pregiudizio.
Atlantisti
antiamericani.
Ariannaeditrice.it - Marco Travaglio -
20/02/2025 – ci dice:
(Il
Fatto Quotidiano)
In
questi tre anni, l’Ue aveva due opzioni: vincere la guerra o preparare la pace.
Invece la guerra l’ha persa e la pace non l’ha preparata.
E ora dà la colpa a Trump,
arrivato
a cose fatte a gestire la sconfitta di chi c’era prima, come già nel 2017 in
Afghanistan, cercando di convincere chi la guerra la sta vincendo a fermarsi
prima che la stravinca.
Ma
Zelensky, che aveva alzato bandiera bianca dando per perse le quattro regioni
perse e implorando Putin di sedersi al tavolo, ha di nuovo cambiato idea (o
qualcuno gliel’ha fatta cambiare) ed è tornato in modalità “piano per la
vittoria”: non cederà nulla di ciò che ha perso, anzi detta condizioni a chi ha
vinto.
Certo, era meglio un negoziato paritario
Russia-Ucraina con un arbitro imparziale. Ma quel treno passò a Istanbul nel
marzo-aprile 2022 chez Erdogan, mezzo milione di morti fa, e lui ne scese a un
passo dall’intesa su amorevole consiglio di Johnson &C.:
peggio
per lui, anzi per il suo popolo, che ora subirà condizioni molto più pesanti.
Lui dice giustamente che non si fa la pace Russia-Ucraina senza Ucraina:
peccato che l’estate scorsa lui e la Nato avessero apparecchiato in Svizzera un
negoziato Russia-Ucraina senza Russia: logica conseguenza del suo decreto
dell’ottobre 2022 che gli vieta di trattare con Putin (a proposito: quando lo
abolisce?).
L’Ue gli ha sempre tenuto bordone e ora fa la
faccia da funerale perché si rischia la pace. I leader – ma solo i più falliti
– si riuniscono a Parigi come gli alcolisti anonimi per decidere le truppe da
inviare a Kiev nel dopoguerra che Trump prepara senza e contro di loro: come se
Mosca potesse accettare truppe Nato nell’Ucraina fuori dalla Nato.
Fortuna
che, nel caos generale, la Schlein ha le idee chiare:
“Meloni
dica se sta con l’Ue o con Trump”.
Quindi almeno lei ha capito dove sta l’Ue:
però s’è scordata di dircelo, e soprattutto di
dirlo all’Ue.
Le
ultime volontà dell’Ue sono scolpite nella risoluzione di un mese fa, quella
che equipara il nazismo e il comunismo: “Piena vittoria militare dell’Ucraina”
e “cambiamento democratico in Russia e in altri paesi autoritari come la
Bielorussia”.
Se questo è il contributo realistico che vuol
dare al negoziato di pace, si capisce perché non sia stata invitata.
Ma, a
illuminare ancor meglio lo scenario, c’è Mario Draghi, che “sferza”, anzi
“striglia”, anzi “sveglia”, anzi “scuote” l’Ue: “Non si può dire no a tutto,
fate qualcosa”.
No a
tutto cosa? E qualcosa cosa? Ah saperlo.
Era quasi meglio “Volete la pace o i
condizionatori accesi?”.
Anche
perché le persone normodotate hanno scelto sia la pace sia i condizionatori
accesi.
Però
non disperiamo: con tutti questi atlantisti diventati antiamericani dalla sera
alla mattina, non resta che dichiarare guerra non solo alla Russia, ma pure
all’America.
Pregiudizio
e stereotipi:
cosa
sono
e da
dove nascono.
Serena.it
– (13 - 02 – 2025) – Dott.ssa Martina Migliore – ci dice:
Il
pregiudizio è un atteggiamento basato su opinioni e stereotipi anziché su
fatti. Coinvolge sentimenti negativi, credenze stereotipate e tendenza alla
discriminazione contro un gruppo.
Può essere un istinto, insegnato o rafforzato
dalla società, ma può anche essere disimparato attraverso l'educazione e la
consapevolezza.
Cos'è
il pregiudizio
Il
pregiudizio è un atteggiamento discriminatorio che si basa principalmente su
opinioni e stereotipi piuttosto che su fatti e prove. Anche se il pregiudizio è
un sostantivo e non un verbo, il comportamento pregiudizievole è spesso
influenzato dal pregiudizio. Una volta che si passa dal
"pensiero/sentimento" alla "azione", la discriminazione è
avvenuta. Gli esperti di definizioni di psicologia sostengono che il
pregiudizio coinvolge tre cose principali:
sentimenti
negativi;
credenze
stereotipate;
una
tendenza a discriminare contro un gruppo stereotipato.
La
ricerca scientifica ha determinato che il pregiudizio può essere un istinto (ci
arriveremo dopo). Può anche essere insegnato e rafforzato da altri nella
società. Fortunatamente, può anche essere "disimparato".
C'è
chi discrimina e c'è chi aiuta.
Parla
della tua situazione con uno psicologo: ti aiuterà a venirne fuori.
La
parola pregiudizio è di origine latina. Il prefisso "pre" significa
"prima", mentre "giudizio" deriva dalla stessa radice di
"giudicato". Anche se di solito colleghiamo il pregiudizio con
sentimenti negativi come il bigottismo o il razzismo, ci sono molti altri tipi
di pregiudizi sociali, tra cui:
sessismo:
stereotipi basati sul genere;
pregiudizio
religioso: antipatia per una persona/gruppo solo in base al suo credo
religioso;
ageismo:
pregiudizio basato sull'età;
classismo:
pregiudizio contro quelli di una certa classe sociale;
omofobia:
stereotipi sulle persone in base all'orientamento sessuale;
transfobia:
pregiudizio basato sull'identità di genere di una persona;
xenofobia:
pregiudizio contro coloro che provengono da altri paesi.
A
volte il pregiudizio è esplicito, altre volte, è più sottile.
Definizione
di stereotipo.
Quando
si manifesta il pregiudizio, le persone tendono a dipingere tutti in un gruppo
con lo stesso pennello. In altre parole, tutti quelli che rientrano in una specifica
categoria sono considerati uguali. Anche se usiamo i termini in modo
intercambiabile, c'è una sottile differenza tra la definizione di psicologia
del pregiudizio e quella di stereotipo.
Gli
stereotipi sono esagerazioni che non sono sempre vere, ma hanno qualche merito
basato sull'esperienza. Gli stereotipi possono essere positivi (per esempio, la
maggior parte delle persone assume che tutti gli asiatici sono bravi in
matematica). I pregiudizi, invece, sono quasi sempre negativi e non sono basati
sulla ragione o sull'esperienza. Spesso sono sostenuti dalla convinzione che
certe persone o gruppi abbiano un valore o abilità inferiori.
Esempi
di stereotipo e pregiudizio.
Perdonateci
per aver inserito queste frasi, ma sono degli esempi basati - tristemente -
sulla realtà:
perché
Ben è ebreo, è avido di soldi;
Lee
dovrebbe essere messo nella squadra di matematica al posto di Darius perché gli
asiatici sono più intelligenti;
Hosea
è probabilmente qui illegalmente; dovrebbe essere rimandato da dove è venuto;
perché
Latonya è nera, può giocare a basket ma non sa nuotare;
Donna
è troppo vecchia per essere assunta come barista; non farebbe tante vendite
come le donne più giovani;
Abdul
viene dall'Africa, quindi probabilmente è cresciuto in una zona povera e
remota;
poiché
il signor Jones è gay, non dovrebbe avere il permesso di insegnare ai bambini
piccoli.
Il
problema con le affermazioni prevenute e stereotipate come quelle elencate
sopra è che quasi sempre portano alla discriminazione.
Per
esempio, un insegnante che crede che i bambini asiatici siano sempre bravi in
matematica potrebbe non notare uno studente cinese in difficoltà nella sua
classe.
Un
allenatore che ha il pregiudizio che le persone nere non sappiano nuotare,
potrebbe non reclutare bambini afroamericani perché presume che non vogliano
gareggiare.
Un responsabile delle assunzioni che cerca di
trovare ottimi supplenti per una scuola potrebbe lasciarsi sfuggire un
fantastico dipendente, presumendo erroneamente che essere omosessuale sia
associato all'essere un pedofilo.
Poiché
il pregiudizio di solito si trasforma in azione, è imperativo che
identifichiamo la fonte e lavoriamo per liberarcene quando possibile.
Da
dove nasce il pregiudizio?
Sono
state fatte molte ricerche sul pregiudizio e sul perché certe persone sono
inclini a questo tipo di pensiero negativo. Di seguito discuteremo diverse
teorie e ricerche che spiegano cosa potrebbe succedere quando i pensieri
prevenuti sono all'opera. Troverete che, sebbene siano tutte diverse, molte
hanno dei pezzi che si sovrappongono.
La
teoria naturale.
Anche
se è facile classificare coloro che esprimono pregiudizi come
"cattivi", questo giudizio non è giusto secondo la psicologia del
pregiudizio. Definizione a parte, esperti come Gordon Allport attribuiscono il
pregiudizio e gli stereotipi al normale pensiero umano.
Nel
suo lavoro, "The Nature of Prejudice", Allport spiega che già a
cinque anni ci rendiamo conto che facciamo parte di certi gruppi. Questi gruppi
(cioè, sesso, etnia, religione, classe) non sono di nostra scelta a questo
punto, ma ci vengono assegnati. Diamo anche per scontato che siano buoni. Dopo
tutto, siamo una parte di loro.
Fino a
quando non saremo un po' più grandi (nove anni o giù di lì), non saremo in
grado di confrontarci con altri gruppi a livello cosciente, ma a quel punto
avremo già sviluppato la lealtà verso le nostre categorie. Abbiamo anche
giudicato gli altri e li abbiamo messi in scatole. Questo è il modo in cui il
nostro cervello dà un senso alle cose.
Calore
e competenza: uno studio di Fiske.
Un
altro studio di ricerca sulla psicologia del pregiudizio mostra che le emozioni
delle persone che sono legate al pregiudizio e alla discriminazione e non
necessariamente agli stereotipi.
L'American
Psychological Association (APA) ha coperto uno di questi studi condotto da
Susan Fiske, dell'Università di Princeton:
"I
suoi colleghi hanno anche trovato prove che i pregiudizi emotivi di pietà,
invidia, disgusto e orgoglio esistono attraverso le culture e, attraverso studi
di neuroimaging, che queste quattro emozioni possono attivare parti distinte
del cervello".
Pregiudizio
e personalità.
Alcuni
esperti di psicologia credono che la personalità abbia molto a che fare con i
pregiudizi e i sentimenti negativi verso gli altri che consideriamo pregiudizi.
Gli esperti di definizione e ricerca in psicologia dicono che quelli con tipi
di personalità autoritari sono più propensi a lottare con il pregiudizio
rispetto agli altri. I tratti comuni degli autoritari includono:
sforzo
per la conformità, specialmente in una società;
credenze
rigide/valori tradizionali;
totale/estremo
rispetto dell'autorità;
non
tollerano la debolezza in se stessi/gli altri;
ammira
le persone affini/non si fida degli estranei;
distruttivo/cinico;
tende
a incolpare e a fare da capro espiatorio agli altri.
Questi
tratti di personalità, se sommati insieme, rendono una persona molto più
propensa ad avere pregiudizi e a discriminare coloro che sono diversi da loro
senza una ragione basata sui fatti.
Il
pregiudizio è appreso.
Anche
se tutti i fattori e le teorie di cui sopra giocano sicuramente un ruolo negli
atteggiamenti prevenuti, la maggior parte delle credenze prevenute sono
attivamente diffuse nella società.
Ricordate
Gordon Allport, il guru delle definizioni psicologiche, di cui abbiamo parlato
prima? Le sue scoperte supportavano anche la teoria "appresa",
citando che i bambini imparano il pregiudizio in uno dei due modi:
adottando
il pregiudizio dei loro genitori/membri della famiglia;
crescendo
in un ambiente che li rende sospettosi o timorosi. (Più tardi, queste paure
vengono proiettate sui gruppi minoritari).
Questo
non è un processo semplice.
La
ricerca ha scoperto che ci vuole tutto il periodo dell'infanzia per
"padroneggiare" il pregiudizio e solidificare queste opinioni
negative e dannose.
Questo
significa che c'è qualche speranza per i bambini che vengono cresciuti in
ambienti con pregiudizi, ma solo se vengono offerti punti di vista alternativi
prima che questi pregiudizi prendano piede.
Gli
effetti del pregiudizio sulla società.
Sia
gli stereotipi che i pregiudizi sono dannosi. Queste credenze e opinioni
ignorano che ogni persona, indipendentemente dalle "categorie" in cui
rientra, ha capacità, punti di forza, debolezze e obiettivi che hanno poco a
che fare con chiunque altro.
Il
pregiudizio e la discriminazione corrodono la nostra società, facendo sentire
svalutati e indifesi coloro che sono ingiustamente presi di mira. Potrebbero
anche provare vergogna e tristezza come risultato dell'essere stati
maltrattati. Molte persone che cercano salute da un professionista della salute
mentale lo fanno a causa di pregiudizi ingiusti detenuti da altri che li
colpiscono personalmente.
Ridurre
il pregiudizio: Definizione di psicologia in azione:
persone
che parlano in ufficio.
Non è
certo che riusciremo mai a sradicare il pregiudizio dal mondo, specialmente se
Allport ha ragione e alcune credenze "interne" sono naturali.
Tuttavia, possiamo lavorare per fermare la discriminazione:
guardando
i nostri pregiudizi interni e combattendoli con fatti concreti;
educando
gli altri sulla definizione di psicologia del pregiudizio qui discussa,
specialmente le giovani generazioni in cui le radici non sono ancora
"profonde";
fare
leggi che sostengano l'uguaglianza dei diritti e punire coloro che discriminano
o danneggiano gli altri a causa del pregiudizio.
Infine,
possiamo incoraggiare coloro che sono stati profondamente colpiti dal
pregiudizio sociale a cercare servizi di aiuto mentale. A volte tutto ciò di
cui una persona ha bisogno è qualcun altro che stia al suo fianco e dica
"ti sostengo".
Se
credete che il pregiudizio stia influenzando la vostra vita in un modo o
nell'altro, può essere utile cercare aiuto da un professionista della salute
mentale.
Se i terapeuti non sono facilmente disponibili
nella vostra zona, non dovete preoccuparvi.
La terapia è ora più accessibile che mai con
la psicoterapia online.
Scoprirete che gli psicologi hanno già
sviluppato una ricca base di conoscenza accademica che coinvolge sia coloro che
sperimentano il pregiudizio sia coloro che lo manifestano. Il trattamento è
disponibile online in entrambi i casi.
I ricercatori stanno scoprendo sempre più che
la terapia online replica il successo e la soddisfazione del trattamento di
persona.
Forse
avete sperimentato un pregiudizio dannoso nella vostra comunità. O forse sei
diventato recentemente consapevole dei tuoi pregiudizi e vuoi correggerli. In
entrambi i casi, un terapeuta online di Serenis può aiutarti ad affrontare le
tue preoccupazioni. I professionisti di Serenis sono disponibili a mettersi in
contatto e a somministrare il trattamento quando è conveniente per te. Puoi
accedere a questo supporto dalla comodità della tua casa.
Cosa
significa il pregiudizio in parole semplici?
Una
semplice definizione di pregiudizio è: dare giudizi negativi su qualcuno basati
solo su ciò che si pensa di un gruppo di cui fa parte. Questi giudizi non sono
basati su fatti o esperienze reali con quella persona. Un'altra semplice
definizione di pregiudizio è "un sentimento ingiusto di antipatia per una
persona o un gruppo a causa dell'etnia, del sesso, della religione, ecc.”
Qual è
la migliore definizione di pregiudizio?
Ci
sono molte definizioni di pregiudizio. La parola deriva dal latino
praejudicium, che significa giudizio in anticipo. Più tardi, la parola è stata
usata in francese antico e, infine, come "pregiudizio" in inglese
medio. Per quanto riguarda una definizione attuale, il dizionario inglese
Merriam-Webster ne ha due. Una definizione di pregiudizio è che è un'opinione
sfavorevole formata senza motivi o prima di avere abbastanza conoscenze per
sostenere la conclusione. Il pregiudizio può anche essere un'ostilità
irrazionale diretta a qualcuno di un'altra etnia o gruppo.
Cos'è
il pregiudizio ed esempi?
Un'altra
definizione di pregiudizio è giudicare qualcuno duramente prima di conoscerlo.
Ecco alcuni esempi di quando potresti provare pregiudizio verso qualcuno.
Sei
chiamato a far parte di una giuria. Non appena vedi che l'imputato è un nero,
assumi immediatamente che sia colpevole di un comportamento criminale.
Voti
per Ezekiel come tesoriere del tuo club invece di Jose solo perché pensi che un
ebreo sia più bravo con i soldi.
Hai
paura quando Ahmed e la sua famiglia si trasferiscono qui accanto perché associ
i musulmani al terrorismo.
Ti
preoccupi che tuo figlio non impari la matematica perché il suo insegnante di
matematica è una donna e tu pensi che gli uomini siano più bravi con i numeri.
Quali
sono i quattro tipi di pregiudizio?
Anche
se ci sono molti tipi diversi di pregiudizio, i quattro più comuni sono:
razzismo;
sessismo;
ageismo;
omofobia.
Un
altro tipo di pregiudizio è basato sulla religione.
Qualcuno
potrebbe anche avere dei pregiudizi nei confronti di qualcuno che ha una
disabilità o che viene da un paese diverso.
Cosa
causa il pregiudizio?
Molte
cose possono lavorare insieme per causare il pregiudizio.
Quando
si pensa alla definizione di pregiudizio come "un giudizio ingiusto su
qualcuno fatto prima di conoscerlo", ci si potrebbe chiedere perché
formiamo queste opinioni senza sapere chi è la persona come individuo. Ci sono
diverse ragioni.
Fin
dall'infanzia, ci rendiamo conto che facciamo parte di certi gruppi, e
sviluppiamo la lealtà verso questi gruppi. Diventiamo anche diffidenti delle
persone che fanno parte di gruppi diversi.
I
genitori, gli insegnanti e altre persone nella nostra vita possono mostrare
pregiudizi verso gli altri, e noi impariamo da loro a fare lo stesso. Impariamo
che, all'interno del nostro gruppo, è accettabile e persino incoraggiato
pensare in un certo modo agli altri gruppi.
Se
viviamo in un ambiente pericoloso o instabile, possiamo cercare un capro
espiatorio nelle persone che sono diverse da noi.
Possiamo
ottenere sostegno sociale avendo pregiudizi contro le stesse persone contro cui
hanno pregiudizi i nostri amici o la nostra famiglia.
Tendiamo
a valutare gli altri in base alle nostre norme culturali, che potrebbero non
essere le stesse per un altro gruppo.
Come
usiamo i pregiudizi?
Usiamo
il pregiudizio come una scorciatoia per orientarci nella vita. Possiamo trovare
meno impegnativo esprimere semplicemente un giudizio immediato su qualcuno
piuttosto che impiegare il tempo e lo sforzo di conoscerlo come individuo. Come
molte scorciatoie, il pregiudizio tralascia passi essenziali che potrebbero
aiutarci a raggiungere risultati migliori.
Quali
sono gli effetti del pregiudizio?
Il
pregiudizio è dannoso. È dannoso per la persona contro cui abbiamo dei
pregiudizi, per noi stessi e per la società nel suo complesso.
Il
pregiudizio può ferire la persona a cui è diretto abbassando la sua autostima e
danneggiando la sua salute mentale.
Il
pregiudizio può essere la causa principale della perdita di opportunità da
parte di qualcuno: è il caso ad esempio della discriminazione di genere sul
lavoro.
Le
persone che hanno a che fare con il pregiudizio degli altri intorno a loro
possono diventare depresse o ansiose. Possono iniziare a credere a ciò che gli
altri dicono di loro.
Il
pregiudizio fa male anche alla società. Quando alcune persone sono sempre
guardate dall'alto in basso a causa del gruppo di cui fanno parte, è più
difficile per loro avere le risorse per contribuire alla società. Le tensioni
derivanti dal pregiudizio possono impedire a una comunità di raggiungere
obiettivi comuni.
Cos'è
il concetto di pregiudizio?
Per
capire il concetto di pregiudizio, bisogna iniziare con la definizione di
pregiudizio.
Andare oltre implica guardare ogni parte della
definizione di pregiudizio. Considerate la definizione di pregiudizio che
descrive il termine come "un giudizio ingiusto su qualcuno basato su un
gruppo di cui fa parte".
Pensate prima alla parola 'giudizio'. Questa è
una parola che significa formarsi un'opinione su qualcosa o qualcuno.
Poi,
pensate alla parola "ingiusto". Ingiusto implica qualcosa che non è
meritato. Ora, passa alla parola 'gruppo'.
Ci
sono molti tipi diversi di gruppi contro cui si possono avere pregiudizi,
compresi quelli basati su etnie, generi, preferenze sessuali, religioni,
nazionalità, gruppi di età e abilità.
Mettendo insieme il concetto di questa
definizione di pregiudizio, vi rendete conto che state prendendo decisioni su
qualcun altro basandovi esclusivamente sul suo gruppo senza considerare chi è
come individuo.
La tua
valutazione non può essere accurata quando non hai abbastanza conoscenza di un
altro. È ingiusto e dannoso per loro.
Il
pregiudizio è una buona cosa?
Quando
sentite o esprimete un pregiudizio verso qualcun altro, potete pensare che sia
una cosa "buona".
Dopo
tutto, non devi sentirti male con te stesso o con il tuo gruppo quando puoi
dare la colpa dei tuoi problemi a qualcun altro.
Si può pensare che la vita sia più facile da
capire quando si può rapidamente distinguere chi disprezzare e di chi
diffidare.
Il
problema è che quando si formano opinioni senza conoscere i fatti, si è in
realtà più vulnerabili. Perdi anche delle relazioni che potrebbero beneficiare
sia te che l'altra persona.
Quali
sono gli effetti negativi del pregiudizio?
Se
qualcuno esprime pregiudizi nei tuoi confronti, può danneggiare la tua
autostima. Inoltre, può impedirti di raggiungere i tuoi obiettivi nella vita.
Affrontare il pregiudizio ogni giorno può portare a depressione, ansia e altri
problemi di salute mentale.
Alcuni
effetti che possono derivare dal pregiudizio includono:
bullismo;
violenza
domestica;
crimine;
morte;
perdita
di produttività;
perdita
di proprietà;
perdita
di opportunità;
danni
alle relazioni personali.
Come
possiamo evitare il pregiudizio?
Ci
sono molti modi diversi per evitare il pregiudizio. Eccone alcuni da considerare.
Viaggia
in un posto dove non sei mai stato. Quando vai, pensa alla definizione di
pregiudizio come un giudizio negativo anticipato. Poi, sii aperto a conoscere
una nuova cultura che stai sperimentando per la prima volta.
Educati
sul pregiudizio. Segui un corso sull'argomento presso il tuo college locale
oppure online.
Cerca
i punti in comune tra persone di gruppi diversi. Invece di concentrarti su ciò
che rende qualcuno diverso da te, pensa a ciò che lo rende simile.
Unisciti
a un'organizzazione di volontariato dove persone di diversi gruppi si uniscono
per migliorare il mondo.
Quando
sei interessato a conoscere persone di un altro gruppo, aspettati che anche
loro vogliano conoscerti. Spesso non ci proviamo perché presumiamo che non
vogliano avere niente a che fare con noi.
Non
dare per scontato che i tuoi pregiudizi inconsci siano più validi dei pensieri
coscienti non pregiudiziali che scegli.
Conosci
gente nuova.
Il
pregiudizio può essere positivo o negativo?
Mentre
gli effetti del pregiudizio sono quasi sempre dannosi, c'è un altro senso della
definizione di pregiudizio che può essere visto come positivo.
Cioè, si può avere il pregiudizio che qualcuno
sia "buono" in base al gruppo di cui fa parte.
Ci si
può sentire bene con sé stessi perché si presume che tutti i membri di un
gruppo siano intelligenti.
Tuttavia,
anche se il pregiudizio riguarda una qualità positiva, può comunque avere
effetti dannosi.
Giudicare
qualcuno ingiustamente senza prove sufficienti può indurti a favorire qualcuno
che non si è guadagnato un favore extra.
Potrebbe
anche rendervi ciechi di fronte al bisogno di aiuto di qualcuno. Tutto sommato,
la politica migliore è quella di evitare i pregiudizi il più possibile.
Se
stai pensando di rivolgerti a uno psicologo online, potresti farlo con noi:
siamo un centro medico autorizzato.
Dittatura
costituzionale?
Shtfplan.com
- Thomas J. Di Lorenzo – (21 febbraio 2025) – ci dice:
(Questo
articolo è stato originariamente pubblicato da Thomas J. Di Lorenzo presso il
Mises Institute.)
Quando
il presidente Trump ha iniziato di recente a chiamare dittatore il dittatore
ucraino, elementi sia di sinistra che di destra nell'establishment di
Washington si sono indignati parecchio. Dopotutto, è il loro testimonial per il
loro amato "aiuto estero".
La
costituzione ucraina consente la sospensione delle elezioni in tempo di guerra,
ha gridato "The Grate One", Mark Levin di FOX News. Levin ha poi dato
al dittatore ucraino il suo pieno sostegno, poiché, dopotutto, un pezzo di
carta scritto dal suo governo gli conferisce tali poteri dittatoriali, ha
affermato l'autoproclamato studioso della costituzione.
Le
denunce del presidente Trump da parte della sinistra per aver sottolineato
questo fatto ovvio sembrano essere infinite. Naturalmente, le stesse persone
denuncerebbero anche il presidente se dicesse che Zelenskyy è un campione della
democrazia.
Ma ci
sono costituzioni e poi ci sono costituzioni. Solo perché la costituzione di un
governo consente la dittatura, non significa che il dittatore sia legittimo,
morale o persino necessario e che
obbiamo obbedire a quella
Costituzione, come direbbe Levin, lo "studioso della costituzione".
Ma
considera questo: l'Unione Sovietica aveva una costituzione dal suono raffinato
che sosteneva di difendere la libertà di parola, di religione e di stampa.
Leggila su Marxist.com.
Era
tutta una farsa. Persino l'eroe di Levin, Abraham Lincoln, non sospese le
elezioni durante la Guerra per impedire l'indipendenza del sud. Interferì e le
truccò e chiuse la maggior parte della stampa di opposizione, ma le elezioni si
tennero.
Lincoln
era, per certi versi, il rovescio della medaglia del dittatore ucraino. Si
comportò come un dittatore, nonostante la Costituzione degli Stati Uniti non conceda
tale potere al ramo esecutivo.
Generazioni di storici di corte hanno elogiato
Lincoln (e altri presidenti) per aver esercitato poteri incostituzionali e
dittatoriali.
Nel suo libro “Constitutional Dictatorship,” lo storico della Cornell University W”Clinton
Rossiter” scrisse che "la dittatura ha svolto un ruolo decisivo nel
tentativo riuscito del Nord di mantenere l'Unione con la forza delle armi... un
uomo era il governo degli Stati Uniti... Lincoln era un grande dittatore".
Quanto
è interessante che uno storico di spicco abbia elogiato pubblicamente il fatto
che Lincoln abbia distrutto l'unione
volontaria dei padri fondatori e l'abbia sostituita con una mantenuta "con
la forza delle armi", proprio come, diciamo, l' Unione Sovietica .
Lo
storico “James Ford Rhodes” scrisse di Lincoln: "Mai il potere di un
dittatore era caduto in mani più sicure e nobili".
La
gente degli stati del Sud durante e dopo la guerra non sarebbe stata d'accordo.
“James G. Randall,” il preminente studioso di Lincoln dell'ultima generazione,
scrisse:
"Se Lincoln era un dittatore, bisogna
ammettere che era un dittatore benevolo". Le lodi generose di Levin per la
dittatura di Zelenskyy ricordano tale “agitprop”.
Se “Marc
Levin” fosse stato un vero difensore della libertà costituzionale in stile
americano, avrebbe denunciato il sudicio saccheggiatore ucraino dei
contribuenti americani invece di difenderlo e lodarlo.
Avrebbe
invece citato il famoso caso della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1866 di “Ex
Parte Milligan “ che rimproverò la dittatura di Lincoln e la sua sospensione
arbitraria e illegale di così tanta parte della Costituzione.
I giudici hanno affermato che:
La
Costituzione degli Stati Uniti è una legge per i governanti e il popolo,
egualmente in guerra e in pace, e copre con il suo scudo di protezione tutte le
classi di uomini, in ogni momento e in ogni circostanza.
Nessuna dottrina che comporti conseguenze più
perniciose è mai stata inventata dall'ingegno degli uomini, che una qualsiasi
delle sue grandi disposizioni possa essere sospesa durante una qualsiasi delle
grandi esigenze del governo.
In
altre parole, la Corte Suprema ha affermato che è proprio in tempo di guerra
che le libertà civili devono essere difese con particolare vigore.
Altrimenti,
i governi saranno incentivati a creare costantemente crisi, reali e
immaginarie, come mezzo per accaparrarsi più potere e rubare più ricchezza e
libertà alle persone.
La
difesa di “Levin” della dittatura di Zelenskyy — e della costituzione ucraina
stessa — è più in sintonia con la vecchia costituzione sovietica che con la
tradizione costituzionale americana.
E come i sinistrorsi in generale, in questo
caso, sembra credere che il fine giustifichi i mezzi.
Eutanasia,
meno
leggi
più buonsenso.
Ariannaeditrice.it - Marcello Veneziani – (21/02/2025)
– ci dice:
L’eutanasia
alla fiorentina.
Arriva
a spizzichi e bocconi, per via regionale e rateale, la legge sul suicidio
medicalmente assistito, attraverso l’auto- somministrazione di un farmaco
letale.
Ad
approvarla è stata la Regione Toscana guidata dalla sinistra che l’ha votata
insieme ai rappresentanti del Movimento Cinque Stelle, mentre hanno votato
contro le opposizioni di centro-destra.
Esulta
l’associazione Luca Coscioni che ha promosso il testo, si rammaricano i vescovi
toscani per una legge che gli oppositori ritengono disumana e
anticostituzionale.
E si annunciano altre regioni pronte a seguire
la linea toscana, incluso il Veneto guidato da Zaia e dal centro-destra.
Con la
pressione conseguente sul governo Meloni per colmare il vuoto legislativo e
produrre una legge nazionale sul tema.
Lasciamo
da parte i toni perentori delle crociate con i relativi anatemi,
Cosa c’è che non va nella legge che liberalizza il
“fine vita”?
congediamo
le certezze assolute e i manicheismi applicati a un tema così delicato e
cruciale come la vita al cospetto della morte. Poniamo invece due questioni
pratiche, di buon senso
La
prima di ordine generale riguarda l’assurda situazione che in una stessa
nazione, in uno stesso stato, questioni così importanti come il diritto alla
vita o all’eutanasia, possano variare da regione a regione.
Mi
aspetterei che per ritorsione le regioni a guida cattolica limitino la
possibilità di abortire interpretando diversamente la legge sull’interruzione
di gravidanza.
È uno
degli effetti perversi di quell’infame modifica al titolo V della Costituzione
che dette alle Regioni sovranità in materia di sanità, sicurezza e istruzione;
questioni che invece dovrebbero essere trattate allo stesso modo su tutto il
territorio nazionale, senza diseguaglianze.
Una
follia, che l’autonomia differenziata vorrebbe ulteriormente acuire.
Questa
è l’eutanasia della Nazione, con la vivisezione regionale della salute degli
italiani tra regioni libero mortiste e anti mortiste.
Col
paradosso di far nascere un’altra possibile migrazione sanitaria
transregionale: se vuoi curarti e salvarti la vita vai in Lombardia, se vuoi
invece morire con un regolare suicidio assistito vai in Toscana.
Non
trovate aberrante questo nomadismo sanitario, questo relativismo regionale
della salute?
Ma c’è
un’altra questione più importante per le persone.
Il tema vero in gioco che tocca l’umanità dei
malati e la loro dignità, è l’accanimento terapeutico.
Ha
senso accanirsi a mantenere in vita, tra sofferenze perduranti, malati
terminali che non hanno alcuna possibilità di sopravvivere, anche al minimo
delle loro condizioni?
Ha senso mantenere in vita malati in stato
vegetativo di cui è certa l’irreversibilità del male?
In un
articolo in favore della legge toscana sul fine vita, Luigi Manconi cita
l’esempio di Michele Brambilla, un giornalista cattolico, che dopo aver
criticato l’eutanasia a proposito del caso Englaro nel nome della difesa della
vita, si è trovato poi a scegliere per sua madre tra un intervento chirurgico
estremamente rischioso e la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione
artificiale, e ha optato per la seconda ipotesi.
L’esempio
citato da Manconi doveva servire a sostenere la bontà della legge sul fine
vita. Invece dimostra esattamente il contrario:
non
c’è bisogno di una legge per stabilire una scelta di questo tipo, succede già,
basta il buon senso, la pietà dei propri cari, l’umanità e la coscienza dei
medici per adottare sul piano pratico una decisione del genere
È possibile dunque evitare l’accanimento
terapeutico senza mobilitare norme e procedure complesse, senza il supporto di
leggi in favore del suicidio assistito.
Qual è
il rischio o il sottinteso ideologico della legge?
Quello
di stabilire la norma del suicidio assistito, e il principio che ciascuno è
padrone della sua vita e della sua morte e può dunque liberamente decidere di
farla finita. Il diritto alla vita che diventa diritto alla morte.
Si
comincia partendo dai casi pietosi, malati in stato vegetativo e in coma
irreversibile da anni, e poi si arriva come già accade in alcuni paesi del nord
Europa a estendere il diritto di suicidarsi anche a coloro che sono in stato
depressivo e decidono, magari in giovane età, di farla finita.
Peraltro,
nella legge varata dalla regione Toscana, si legge sui giornali, si parla di
“autosomministrazione” del farmaco letale.
Ma se
è autosomministrazione non c’è bisogno di nessuna legge che ne dia il permesso,
dal momento che il diretto interessato non è più perseguibile in quanto è
morto.
È evidente che il discorso si sposta su chi lo
aiuta – medico, infermiere o famigliare; ma questo già succede di fatto;
non c’è bisogno di una legge per decidere
qualcosa che la pietà, il buon senso, l’umanità, la coscienza di famigliari e
sanitari risolvono direttamente.
E un
giudice illuminato e pietoso, comprende la situazione, non infierisce.
Certo,
non sempre tutto va secondo il verso giusto, non tutti hanno la stessa
sensibilità e responsabilità;
ma
ancor peggio vanno le cose sui temi sensibili e cruciali quando si pretende di
sostituire agli affetti, al buon senso, alla responsabilità e alla coscienza
professionale, gli articoli di legge, le algide procedure e la decisione dei
tribunali.
Il tema vero è di sottrarre il più possibile
questi temi così delicati al freddo e indifferente rigore della legge (rigor
mortis, si direbbe).
Lasciamo
che siano le leggi non scritte, quelle che della vita, dell’esperienza, del
cuore, a prevalere.
Stati
Uniti e Russia concordano di
normalizzare
i legami e
cercare
la pace in Ucraina.
Shtfplan.com - Cassie B. - (21 febbraio 2025)
– ci dice:
(Cassie
B. su Natural News.)
Do you
WANT our borders secured?
Funzionari
americani e russi si sono incontrati a Riad per 4 ore e mezza per discutere
della normalizzazione delle relazioni e del conflitto in Ucraina.
Entrambe
le parti hanno concordato di ripristinare le missioni diplomatiche e di
nominare ambasciatori.
Team
di alto livello esploreranno un percorso per risolvere il conflitto in Ucraina,
puntando a una pace sostenibile.
Si è
discusso anche della cooperazione economica, compreso il potenziale ritorno
delle aziende americane.
I
colloqui sono considerati un passo positivo, anche se la strada per una
soluzione è ancora lunga.
In una
significativa svolta diplomatica, funzionari americani e russi si sono
incontrati martedì a Riyadh, in Arabia Saudita, per discutere della
normalizzazione delle relazioni bilaterali e della possibilità di porre fine al
conflitto in Ucraina. L'incontro, durato quasi 4,5 ore, ha segnato i primi
colloqui di alto livello tra le due nazioni dall'inizio della guerra in
Ucraina.
La delegazione
russa, guidata dal ministro degli Esteri Sergey Lavrov e dall'assistente
presidenziale Yury Ushakov, ha incontrato un team statunitense guidato dal
Segretario di Stato Marco Rubio e dal Consigliere per la sicurezza nazionale
Mike Waltz.
Entrambe le parti hanno espresso la volontà di
andare avanti su diverse questioni chiave, tra cui il ripristino delle missioni
diplomatiche, la nomina di ambasciatori e la creazione di un quadro per i
colloqui di pace in Ucraina.
Ripristino
dei rapporti diplomatici.
Uno
dei principali risultati dell'incontro è stato l'accordo per ripristinare il
normale funzionamento delle missioni diplomatiche.
Secondo
Lavrov, entrambi i paesi lavoreranno per rimuovere le "barriere
artificiali" che hanno ostacolato le loro relazioni diplomatiche, tra cui
la nomina di ambasciatori e l'affrontare questioni come il sequestro di
proprietà russe negli Stati Uniti e le restrizioni sui trasferimenti
bancari".
Progressi
nei colloqui di pace con l'Ucraina.
Anche
gli Stati Uniti e la Russia hanno concordato di formare team di alto livello
per esplorare un percorso per risolvere il conflitto in Ucraina.
Sebbene
le parti non abbiano ancora raggiunto un consenso su termini specifici, hanno
espresso l'impegno a trovare un accordo di pace sostenibile che sia accettabile
per tutte le parti coinvolte.
Lavrov
ha sottolineato che la posizione russa rimane ferma sulle aspirazioni NATO
dell'Ucraina, affermando che l'assorbimento dell'Ucraina nell'alleanza
rappresenterebbe una minaccia diretta alla sicurezza della Russia.
Tuttavia, ha osservato che gli Stati Uniti
hanno iniziato a comprendere meglio le preoccupazioni della Russia, il che ha
descritto come un passo positivo.
Il
Segretario di Stato americano “Marco Rubio” ha riconosciuto la necessità di un
approccio globale per porre fine al conflitto.
Ha
osservato che i termini della fine del conflitto devono essere accettabili per
tutte le parti, comprese Ucraina e Russia, nonché l'Europa.
Cooperazione
economica e di sicurezza.
I
colloqui hanno anche toccato le potenziali opportunità economiche e di
investimento che potrebbero sorgere dalla fine della guerra in Ucraina.
“
Kirill Dmitriev”, capo del “Russian Direct Investment Fund”, ha suggerito che
le aziende americane potrebbero tornare in Russia, evidenziando i reciproci
vantaggi della cooperazione.
"Le
grandi compagnie petrolifere statunitensi hanno avuto molto successo in Russia
e crediamo che prima o poi torneranno", ha detto Dmitriev.
Mentre
l'incontro a Riyadh viene salutato come un passo nella giusta direzione,
entrambe le parti riconoscono che la strada da percorrere è lunga e
impegnativa. Waltz ha sottolineato la necessità di una fine definitiva della
guerra, affermando: "Questa deve essere una fine definitiva della guerra e
non una fine temporanea come abbiamo visto in passato".
I
colloqui diplomatici a Riyadh rappresentano un cambiamento significativo nei
rapporti tra Stati Uniti e Russia, offrendo un barlume di speranza per una
risoluzione del conflitto in Ucraina.
Mentre
molti dettagli devono ancora essere elaborati, la volontà di entrambe le parti
di impegnarsi nel dialogo ed esplorare interessi reciproci è un segnale
promettente.
Mentre
i team di alto livello iniziano il loro lavoro, c'è un crescente ottimismo che
questa guerra, che ha richiesto un pesante tributo a tutti i soggetti
coinvolti, possa finalmente giungere al termine, consentendo agli Stati Uniti
di reindirizzare le proprie risorse e attenzione ad altre urgenti questioni
globali.
I
leader dell'UE pianificano un pacchetto
di aiuti da 20 miliardi di euro per l'Ucraina
mentre Trump si rivolta contro Zelenskyy.
Politico.eu
– (21-02-2025) - Nicholas Vinocur , Jamie Dettmer e Laura Kayali – ci dicono :
Mentre
gli Stati Uniti voltano le spalle, l'Europa si affretta a farsi avanti.
L'ammontare
degli aiuti europei, che includerebbero hardware militare come proiettili di
artiglieria e missili, nonché denaro contante, potrebbe aumentare ulteriormente
mentre i diplomatici continuano le intense consultazioni in vista di un
incontro dei ministri degli esteri a Bruxelles lunedì.
I
leader europei stanno lavorando a un pacchetto di aiuti militari per l'Ucraina,
del valore di almeno 20 miliardi di euro, per rafforzare Kiev, mentre gli Stati
Uniti si allineano sempre di più con Mosca, hanno detto a POLITICO tre
diplomatici dell'UE.
Il
pacchetto pianificato arriva dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald
Trump ha incolpato la sua controparte ucraina, Volodymyr Zelenskyy, per la
guerra in Ucraina, definendolo un "dittatore" che aveva ingannato gli
Stati Uniti facendogli spendere miliardi di dollari in aiuti militari.
Il
presidente repubblicano della Camera dei rappresentanti ha anche affermato
giovedì che a Washington "non c'era alcun appetito" per inviare
ulteriori aiuti a Kiev.
L'ammontare
degli aiuti europei, che includerebbero hardware militare come proiettili di
artiglieria e missili, oltre a denaro contante, potrebbe aumentare
ulteriormente mentre i diplomatici continuano le consultazioni intensive prima
di un incontro dei ministri degli esteri a Bruxelles lunedì.
POLITICO ha riferito all'inizio di questa
settimana che il valore previsto del pacchetto era di 6-10 miliardi di euro, ma
tale importo è cambiato durante i colloqui e potrebbe ancora evolversi.
La
spinta per rifornire l'Ucraina di armi è coordinata dal diplomatico di punta
del blocco, l'ex Primo Ministro estone “Kaja Kallas”£, e mira a superare i
precedenti impegni europei di aiuti militari.
I diplomatici hanno sottolineato che gli
aiuti, che sono ancora in fase di negoziazione, probabilmente arriveranno sotto
forma di contributi congiunti da singoli stati membri piuttosto che di un
pacchetto ufficiale dell'UE, data l'opposizione di alcuni stati, in particolare
l'Ungheria.
La
spinta per rifornire l'Ucraina di armi è coordinata dal massimo diplomatico del
blocco, l'ex primo ministro estone “Kaja Kallas”.
La
corsa all'azione arriva mentre i funzionari e i leader dell'UE si preparano per
una spedizione di gruppo a Kiev lunedì, nel terzo anniversario dell'invasione
su vasta scala dell'Ucraina da parte della Russia.
Mentre
i responsabili delle principali istituzioni dell'UE e i leader della Spagna,
dei paesi nordici e baltici, tra gli altri, si preparano a recarsi a Kiev,
saranno in stretto contatto con il presidente francese Emmanuel Macron e il
primo ministro britannico “Keir Starmer”, che si recheranno a Washington per
incontrare Trump.
Il
viaggio di Macron sarà per lui l'occasione di condividere i risultati di una
settimana di consultazioni con gli altri alleati dell'Ucraina e di cercare di
comprendere meglio la posizione dell'amministrazione Trump.
I tre
pregiudizi della ideologia del progresso.
Ariannaeditrice.it
- Riccardo Paccosi – (05/12/2023) – ci dice:
I TRE
DISPOSITIVI IDEOLOGICI CHE FANNO ACCETTARE, FAVOREVOLMENTE E PREGIUDIZIALMENTE,
QUALSIASI TRASFORMAZIONE TECNOLOGICA CHE VENGA PROMOSSA DALL'ALTO.
La
tendenza ad accogliere con favore incondizionato tutte le trasformazioni
sociali e soprattutto antropologico-culturali determinate dalla tecnologia, non
è questione riguardante soltanto le elite sovranazionali e le caste politica e
giornalistica ai loro servizi: l'approccio pregiudizialmente favorevole alle
tecno-strategie è, per il momento, anche maggioritario presso l'opinione
pubblica.
Come
già nel recente passato, in circostanze di dibattito pubblico molto recenti ho
potuto trarre conferma di come quest'egemonia non sia tanto collegata a una
dottrina politica, quanto e soprattutto alla filosofia.
Più
precisamente, i dispositivi che rendono egemone e per ora maggioritaria
l'ideologia dell'accettazione pregiudiziale di ogni cambiamento tecnologico
promosso dai vertici della struttura socio-economica, sono tre e tutti
filosofici.
1) Il
determinismo di matrice positivista-idealista, erige un Credo secondo il quale
la storia volgerebbe inevitabilmente verso il progresso e, quindi, ogni
trasformazione sarebbe in quanto tale un'evoluzione.
Quest'assioma
viene assunto senza considerazione alcuna per le conseguenze sociali ed
economiche di suddette trasformazioni e, meno che meno, per quelle
antropologiche relative alla messa in liquidazione di ogni paradigma che sia
stato fino a oggi definibile come "umano".
2) Da
questa assiomatica determinista, discende altresì un'etica politica secondo la
quale la dialettica fra visioni del mondo è oggi composta da un punto di vista
progressista che accoglie le trasformazioni e che coincide con il Bene, a cui
si contrappone un punto di vista conservatore che le trasformazioni invece le
teme o le avversa e che, naturalmente, coincide con il Male.
A
nulla vale ricordare che tanto il fascismo quanto il nazismo, un secolo fa,
incentrarono la loro ricerca del consenso di massa sul fatto di essere fenomeno
nuovo che andava a sostituire un mondo vecchio e superato: per i sostenitori
del determinismo storico, il nuovo coincide sempre e comunque - in quanto tale,
a prescindere da qualsivoglia qualificazione - con un valore morale assoluto.
3) Al
di là dei principi di evoluzione e di Bene in senso morale, la visione
determinista chiama in causa - come prima e al contempo ultimativa
argomentazione in favore delle trasformazioni tecnologiche - un senso
d'ineluttabilità che ingloba il divenire storico e la sua percezione:
globalizzazione, digitalizzazione, robotica e cibernetica sono, secondo tale
argomentazione, fenomeni da accogliere in primo luogo perché ineluttabili.
A
nulla vale ricordare che l'avversione riguarda non già l'innovazione
tecnologica in quanto tale bensì la sua proprietà, gli interessi specifici di
cui essa si fa veicolo, nonché la modalità di attuazione.
E a
nulla vale, altresì, il fare presente che la concezione di ineluttabilità del
divenire storico pertiene a una dimensione premoderna, specificamente del
medioevo e dell'evo antico, secondo la quale l'ordinamento sociale sarebbe
automatico rispecchiamento d'un ordine metafisico.
Determinismo,
attribuzione di valore morale alla novità, principio d'ineluttabilità: com'è
dunque possibile che tre approcci filosofici così palesemente intrisi di
irrazionalità e di superstizione, risultino tanto diffusi quanto inscalfibili?
I
motivi sono numerosi ma, decisamente, una strategia di contrattacco filosofico
deve disporre di due prerequisiti:
a) una visione del futuro alternativa, che sia
nitida e strutturata;
b) un'argomentazione in favore dell'autonomia
che l'uomo - come singolo e come popolo - deve perseguire; un'autonomia
rispetto alle vicende della storia facente sì che la reazione umana alle
strategie di trasformazione tecnologica, possa essere tanto di pedissequo
accoglimento quanto di antagonistico rifiuto.
Il
gioco dei tre bussolotti.
Ariannaeditrice.it
- Andrea Zhok – (20/02/2025) – ci dice:
(Andrea
Zhok)
Per
quanto meno frequentemente di un tempo, si possono ancora trovare ogni tanto,
nelle stazioni o in altri luoghi affollati, alcuni prestidigitatori di strada
che invitano il pubblico al gioco dei tre bussolotti.
Si
inserisce una biglia sotto uno dei tre recipienti opachi (bicchieri, coppette,
ecc.) presenti sul tavolo e poi si invitano gli astanti a indovinare alla fine
di una serie di manipolazioni rapide, dove si trova la biglia.
Ecco,
questa è la condizione in cui si trovano oggi, e da tempo, i cittadini italiani
(europei, ma soprattutto italiani) quando si tratta di valutare la politica
nazionale.
Noi ci
possiamo affaticare a discutere di crisi finanziarie, di pandemie letali, di
invasioni militari, di diritti umani, degli eterni valori della libertà e della
giustizia, di 73 generi, di un sacco di cose appassionanti, e questo è il moto
vorticoso dei bicchieri sulla tavola.
Ma la
difficoltà sta tutta nel mantenere l’occhio sulla posizione della pallina,
perché quando la perdi di vista, il banco vince inesorabilmente.
E qual’
è la pallina?
Qual è
il minimo comune denominatore di tutti gli scoppiettanti caleidoscopici eventi
che ci vengono fatti balenare sotto gli occhi?
Se c’è
una crisi finanziaria come la crisi subprime, scopriamo che ci sono sistemi
bancari troppo grandi per fallire e che, sciaguratamente, dobbiamo ripianare i
loro debiti con i vostri soldi – dopo tutto a commettere investimenti azzardati
sono state alcune mele marce.
Se
però ci sono aiuti di stato ad una compagnia aerea, allora per vietarli si
attiva l’autorità che garantisce la concorrenza e l’antitrust, perché non
vorrete mica che ci siano oligopoli o, Dio non voglia, monopoli di stato, che
il mercato non può punire?
Poi
capita che la popolazione di un paese come la Grecia sia alla canna del gas per
i misfatti della loro classe politica, allora d’un tratto scopriamo che non è
proprio moralmente possibile aiutare quella popolazione con soldi pubblici, con
debito pubblico comune, o simili.
Abbiamo
una responsabilità sui debiti nazionali, vivaddio, sul denaro delle famiglie;
e poi
erogare aiuti a perdere incentiverebbe il “moral hazard”:
il
mercato deve poter punire gli errori, perché altrimenti dove andremo a finire
signora mia. (E alla fine a gestire la bancarotta restano gli stessi partiti
che l’hanno causata.)
Intanto,
comunque, le crisi finanziarie, causate dai vertici della catena alimentare,
producono i loro effetti alla base della catena alimentare.
Scopriamo così tutti di aver vissuto
maledettamente al di sopra delle nostre possibilità, e che è giunto il momento
di stringere la cinghia.
Lo
facciamo per le generazioni future, ça va sans dire.
E
così, siamo costretti obtorto collo, a smantellare servizi pubblici, ad
abbattere le prestazioni sanitarie, ecc.
L’austerità è buona, è santa, è morale, lo
facciamo per i nostri figli.
Poi
capita che un terribilissimo morbo prodotto da copule cinesi contronatura di
pangolini e pipistrelli invada il mondo, e di colpo scopriamo che il sistema
sanitario non è minimamente in grado di reggere il colpo.
Non resta che bloccare tutto, restare in casa
e poi obbligare tutti ad assumere prodotti farmaceutici sperimentali (ma sotto
brevetto).
Lo facciamo per salvare i nonni, per salvare
il Natale, per salvare l’economia, per salvare il paese.
Non c’è un minuto da perdere, non possiamo
stare a cincischiare: chi obietta è un provocatore e i contratti di fornitura
di qualunque cosa, dai respiratori ai vaccini, si fanno con procedura d’urgenza
o contratti centralizzati via sms (che poi, com’è come non è, vanno perduti).
E chi lo poteva prevedere?
Ora
non resta che rimboccarci tutti le maniche e saldare i debiti, i soldi erogati
per affrontare l’emergenza e quelli perduti per aver bloccato l’economia.
Curiosamente, in questa catastrofe mondiale gli oligopoli finanziari,
farmaceutici e telematici (e-commerce, ecc.) ne escono assai più ricchi di
prima.
Poi un
autocrate orientale invade l’Ucraina e ottiene il Nobel per la Medicina: dal
giorno successivo il terribile virus che continuava a campeggiare come
emergenza da tenere sotto strettissimo controllo, scompare.
È giunto il momento di difendere a testa bassa
la libertà, la democrazia, l’autodeterminazione dei popoli e soprattutto gli
ucraini.
A
costo di ammazzarli tutti.
E per
fare questo bisogna tassativamente spendere di più in armi, rigettare ogni
barlume di proposta di pace, e fargliela vedere a Putin in una lotta fino
all’ultimo ucraino e fino all’ultimo residuo di magazzino militare.
Nel
frattempo il patto di stabilità, allentato per le spese selettive con relativa
partita di giro agli oligopoli, era ritornato in auge con tutta la sua aura di
inflessibilità.
Bisogna
stringere la cinghia.
La
vecchia sanità pubblica non è più sostenibile. Le pensioni non sono più
sostenibili. Dobbiamo fare tutti uno sforzo, ma lo facciamo per il futuro, per
i giovani, per i nostri figli.
E a
forza di stringere la garrota e a chiudere le prospettive, la demografia ha
continuato ad andare a picco e il concetto del “i nostri figli” ha cominciato a
presentarsi sempre di più con i tratti di una figura mitologica.
Nessun
problema, al posto dei “i nostri figli” e de “le generazioni future” cominciamo
ad appellarci a qualcosa di più nobile e universale, tipo “Dobbiamo salvare il
pianeta”.
Dai, a
ben pensare, siamo troppi, siamo sporchi, siamo brutte persone, dobbiamo
auspicare un futuro in cui il pianeta sia salvo, e se noi nel frattempo ci
siamo tolti di mezzo, in parte o del tutto, sarà stato solo un atto di
generosità cosmica.
E
così, mentre prodotti di sintesi entrano quotidianamente nell’ambiente senza
controllo, mentre nano plastiche galleggiano in placente gravide, mentre
l’elettrosmog urbano esplode esponenzialmente, il tutto nel silenzio degli
studi e degli allarmi pubblici, rimane in campo un unico tema, l’unico
all’altezza di salvare il Pianeta: il riscaldamento climatico.
E
rimane un’unica soluzione a questo unico problema: l’agenda Green di
elettrificazione universale.
Anche
qui chi obietta è un irresponsabile, che non comprende l’urgenza, la gravità,
l’inderogabilità: “Non c’è un minuto da perdere!”
Poi
capita che ti ritrovi senza gas, senza petrolio, con le bollette che devastano
produzione e consumi.
La
“transizione ecologica” diviene meno impellente.
Anche
l’austerità diviene meno impellente.
Anche
gli aiuti di stato diventano accettabili.
Anche
il patto di stabilità diviene più trattabile.
Ma questo perché è giunto il momento,
finalmente, di armarci come si deve, di prepararci alla difesa strenua dei
valori di libertà e democrazia che ci contraddistinguono e su cui non
transigiamo (come ben sanno i palestinesi). Dunque i soldi che non c’erano per
gli ospedali, non c’erano per le scuole, non c’erano per le pensioni,
magicamente ricompaiono per acquistare una valanga di armi da USA e Israele.
Perché
Putin è alle porte, e chi non lo capisce è un sabotatore: “Non c’è un minuto da
perdere!”
Ecco
il gioco dei bussolotti può procedere all’infinito;
quel che conta è che alla fine di ogni
passaggio chi deteneva più capitali ne detenga ancora di più e chi tirava a
campare pieghi la schiena un po’ di più.
Quel
che ci mettete in mezzo sono chiacchiere e bussolotti.
Il
ruggito del Coniglio.
Ariannaeditrice.it
- Umberto Bianchi – (20/02/2025) – ci dice:
(Umberto
Bianchi)
Le
tristi prospettive dell’Europa.
Come
d’improvviso, al pari di un fulmine a ciel sereno, lo scenario della politica
internazionale,
sembra aver preso una inaspettata svolta, in direzione di una Pax
Americana
che, sinora, con la democraticissima e iper buonista presidenza Biden,
sembrava
obiettivo quanto mai lontano e quasi irraggiungibile.
In special modo, il quadrante est del Vecchio
Continente, per quel che riguarda il conflitto russo-ucraino, è tra le priorità
del neoeletto Presidente Trump che, in un modo o nell’altro, vuole arrivare ad
una definitiva soluzione e fine del conflitto, per poter dedicare le proprie forze
al confronto con la Cina.
Di fronte al rinnovato attivismo
dell’Amministrazione Usa ed al fermento in direzione della pace, che si
registra nelle cancellerie dei paesi coinvolti nelle trattative per la pace
(Turchia inclusa…), l’Europa è rimasta
totalmente
spiazzata.
I suoi
piccoli politici, nel ruolo di burocrati scalda poltrone, proni ai diktat del
padrone di turno, ora non sanno più che pesci prendere.
In preda al più totale disorientamento, nonostante
il nuovo scenario, tanto per riconfermare il proprio ruolo di asserviti alle linee
guida delle più sfrenate politiche globaliste, al termine del vertice-burletta
di Parigi, hanno deciso di riconfermare un nuovo pacchetto di sanzioni contro
la Federazione Russa non senza, però, caldeggiare la propria presenza al tavolo
delle trattative di pace.
Tutto
questo, quasi in contemporanea con le infelici uscite della nostra massima
autorità istituzionale che, impropriamente, paragonava la Federazione Russa al
Terzo Reich, gettando in tal modo, benzina sul fuoco, delle già critiche relazioni
con il grande paese.
Ora, è comprensibile che la Federazione Russa,
per voce dei propri esponenti, non voglia avere al tavolo delle trattative
l’Europetta di Bruxelles. Invece no. La banda di Bruxelles, come abbiamo visto,
continua imperterrita sulla sua strada.
Anzi.
In preda a quello che sembra un vero e proprio pericoloso delirio di onnipotenza,
oltre a dichiarare invalide le ultime consultazioni elettorali in Romania, poiché
a vincere era stata una formazione euroscettica, per bocca di uno dei suoi blasonati
mister-nessuno, minaccia di ripetere lo stesso numero con la Germania, se dovesse
vincere la formazione populista “Alternative fur Deutschland”. Non solo.
È di poco
tempo fa, la notizia dell’avvenuto blocco del conto bancario di una casa
editrice italiana, diretta da un esponente di una delle nostrane formazioni di
opposizione euro scettiche, colpevole di aver pubblicato un libro sul
presidente russo V. Putin e per questo frettolosamente giudicata filo- russa e
messa all’indice da questo vergognoso provvedimento, caldeggiato, a quanto
sembra, da un esponente di area piddì della commissione europea.
E questo, non è il primo caso di cui si senta
parlare in tal senso, poiché sembra che altri odiosi casi del genere si siano
già verificati in ambito nord- europeo.
La
qual cosa ci pone di fronte ad una, più che dovuta, riflessione. Sembra che gli
europei tutti, dagli eventi del passato, non abbiano tratto nessun tipo di
insegnamento.
Abbiamo
avuto guerre napoleoniche, risorgimenti nazionali di tutti i tipi, due guerre mondiali,
lo scioglimento del Patto di Varsavia, accompagnato da un nugolo di guerre e
guerrette inter etniche...
Il
tutto, finalizzato a riconfermare un teorema geopolitico, (a suo tempo già
enunciato da H.Mc Kinder, sic!), secondo il quale nessuna potenza può prevalere
sul continente europeo.
E
invece, come per una strana nemesi storica, gli europei altro non sono riusciti
a fare, che ricreare una vera e propria Cacania,
stavolta
situata a Bruxelles, espropriando i vari stati della propria sovranità, demandata
a Banche Centrali ed organismi sovranazionali di vario genere e tipo,
dietro
i quali stavolta, non stanno più le famiglie delle decrepite aristocrazie
europee, ma gli oscuri rappresentanti delle élite finanziarie globali che,
momentaneamente, hanno stabilito la propria principale base operativa negli Usa
e nella City londinese…
Praticamente,
gli europei si sono nuovamente ficcati in una vera e propria gabbia, dalle
parvenze democratiche e buoniste.
Tutto
questo, sta portando ad una vera e propria involuzione ed a tutta una serie di
restrizioni, sia per quanto riguarda il benessere economico delle popolazioni
europee, che per quanto riguarda il progressivo restringersi delle libertà
individuali.
Se da
una parte, le spese per il conflitto in Ucraina, hanno inciso in modo più che
rilevante sulle varie economie (e sul benessere…) del Vecchio Continente,
dall’altra nell’Occidente intero, oramai, la politica va assumendo la
connotazione di una vera e propria forma di ricatto giudiziario e di
intimidatorio pressing, dai molteplici aspetti.
L’elezione di D. Trump
alla Casa Bianca ha acceso in molti le speranze per un decisivo cambio di rotta
negli assetti internazionali ed europei. Ma, a ben sentire il messaggio mandato
a chiare note anche dal “Vice Presidente Usa J.D.Vance,”l’Europa dovrà sempre
più cavarsela da sola.
Il che
significa che, accanto ad una totale inettitudine ed insignificanza politica,
il Vecchio Continente potrebbe continuare a rimanere la zoppicante base,
l’ideale “pied a terre”, della fazione globalista, di matrice
liberal-progressista, per ora uscita sconfitta dal confronto elettorale negli
Usa.
Arrivati
a questo punto, è solo attraverso una “chiamata alle armi”, intesa quale
generale presa di coscienza dei popoli europei, attraverso un continuo ripeter
certi concetti, a livello individuale, come di pubblica opinione, che ci potrà
salvare dallo scivolamento dell’intero continente, verso una forma di sottile e
micidiale, autoritarismo neo paternalista.
Cos’è l’”ideologia woke” e quali sono
le soluzioni per arginare la “cancel culture”.
Buonenotizie.it – (9 Dicembre 2022) - Florinda
Ambrogio – ci dice:
Il
termine woke, ancora poco conosciuto in Italia perché sostituito dai termini “politically
correct” e “cancel culture”, è un aggettivo della lingua inglese, che significa
‘stare svegli’, ‘stare all’erta’ nei confronti di ingiustizie razziali o
sociali.
L’ideologia
woke è nata negli Stati Uniti negli anni Sessanta del XX secolo con un
atteggiamento consapevole dei soprusi sociali rappresentati dal razzismo e
dalla disuguaglianza economica e sociale, solidarizzando e impegnandosi per
aiutare coloro che le subivano.
In
quegli anni, durante le manifestazioni, si elaboravano pensieri e proposte per
appianare le differenze e affermare i diritti, ma non a danno di altri.
Oggi
la situazione è decisamente cambiata e la “cancel culture” ha preso il posto
dell’idea di inclusività, di quel desiderio di estendere alle minoranze il
godimento di un diritto e la piena partecipazione a un sistema.
Rivendicare
la storia nella sua autenticità.
Partendo
da Mahatma Gandhi e Nelson Mandela, arrivando fino ai giorni nostri con
l’Onorevole Liliana Segre – testimone attiva della Shoah italiana – tutti ci
insegnano che la Storia, seppur nella sua più atroce versione, non deve essere
cancellata.
È
fondamentale ricordare per non commettere nuovamente gli errori del passato. È
importante che le nuove generazioni, impegnate attivamente a rivendicare per
tutti gli stessi diritti, siano informate su quello che è stato per poter
mettere basi solide, plausibili e coerenti per le loro battaglie.
La
tendenza a condannare il passato sulla base della sensibilità contemporanea
demolendo statue, abolendo testi scolastici o cancellando autori del passato e
venerati personaggi storici, si allontana non di poco dall’idea di inclusività
che ha come obiettivo eliminare qualunque forma di discriminazione all’interno
di una società, ma sempre nel rispetto della diversità.
Riconoscere
universalmente i diritti che spettano a ogni essere umano non significa
precludere o azzerare eventi che la storia ci ha raccontato. Se questo dovesse
succedere, ci ritroveremmo sempre al punto di partenza e ci sarebbe sempre
qualcuno che la storia, a volte spietata e disumana, la replicherebbe.
L’ideologia
woke e la sua trasformazione.
L’evoluzione
di una società porta con sé inevitabili cambiamenti. Quella che in origine era
una ferma volontà di uguaglianza di diritti, rischia di diventare una vera e
propria guerra culturale.
“Stay woke”, stare svegli, è oggi percepito
come l’invito ad epurare la società di tutto ciò che è impuro con
un’aggressività e una ferocia senza mezzi termini.
Il
reale problema della trasformazione dell”’ideologia woke” non è certamente
l’insieme dei valori legittimi e in gran parte condivisibili che porta con sé.
La preoccupazione sorge quando i metodi per
ottenere ciò che legittimamente spetta in termini morali e umani finisce con il
tradire la maggior parte degli stessi valori che si professano.
Togliere agli altri, quelli considerati
privilegiati, è un enorme passo indietro. Affermare o esigere il riconoscimento
di rispetto o meriti ingiustamente negati, censurando o proibendo tutto quello
che può ferire la sensibilità degli offesi, non è probabilmente la strada
giusta da percorrere, non fosse altro perché nella nostra Costituzione l’articolo
21 sancisce:
“tutti
hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Come
si può migliorare.
In
questo periodo si è parecchio accentuato il dibattito sugli effetti delle
evoluzioni di fenomeni come il “pensiero woke “e la” cancel culture”.
Che
siano bianchi o neri, ricchi o poveri, eterosessuali o omosessuali, quando
viene negata la libertà di espressione chiunque si sente stretto in una morsa
e, il più delle volte, legittimato a utilizzare l’aggressività.
A tal
proposito, l’”Università di Cambridge “propone agli studenti un corso di “free
speech”, letteralmente parole in libertà, per combattere il tentativo di
boicottare un gruppo o un individuo togliendogli la possibilità di potersi
esprimere liberamente.
Insegnare
alle nuove generazioni a tollerare le opinioni altrui non significa
necessariamente insegnare a condividerle.
Vuol dire avere la possibilità di elaborare un
pensiero critico attraverso l’ascolto e di interagire, se contrari, attraverso
proposte alternative cooperando, discutendo, confrontandosi per trovare il
giusto equilibrio.
“Arif
Ahmed”, professore di filosofia del “Gonville & Caius College” a questo
proposito afferma:
“Qualsiasi
cosa stiate studiando, una parte essenziale dell’istruzione universitaria sta
nel comprendere la necessità di tollerare un’ampia gamma di punti di vista,
anche quelli che trovi scioccanti o offensivi. Ecco perché un’educazione ai
principi base della libertà di parola vi sarà utile”.
Invertendo
la rotta, si può evitare di ritrovarsi su un terreno molto rischioso che ha già
dei precedenti, così come la storia ci insegna.
Rivendicare i diritti con dinamiche istintive
e di pancia provoca rabbia e aggressività nella parte offesa e, come
conseguenza, si ottiene l’inevitabile chiusura a qualsiasi tipo di dialogo
costruttivo.
Le
opinioni legittime, così come la storia, non devono essere soffocate o
cancellate, ma devono essere aperte al libero dibattito.
L'Europa
malata di coazione a ripetere.
Ariannaeditrice.it - Marcello Veneziani – (20/02/2025)
– ci dice:
(Marcello
Veneziani)
La
malattia del Vecchio Mondo e dei suoi dignitari si può riassumere in
un’espressione che è poi il segno della sua patologia senile: coazione a
ripetere.
Non
riescono a uscire da quello schema fisso e datato, da quella recita teatrale, e
continuano a ripetere il copione anche se il mondo è cambiato e quello
precedente era clamorosamente fallito in tema di pace, equilibri e dissuasione.
La
coazione a ripetere si è palesata nel vertice insensato e inconcludente da
Macron, nell’insistenza cronica e ostile di Mattarella in funzione anti-pace
trumpiana-putiniana, nel coro di prefiche in loro lode e supporto, e
naturalmente nell’evocazione continua del nazismo che sbuca da ogni parte, a
est, a ovest, dell’interno e dall’esterno, dalla Russia, dall’America di Trump
e di Musk, dal cuore antico dell’Europa, dalle elezioni in Germania.
La
coazione a ripetere è la malattia di un mondo che sragiona sulla base degli
errori precedenti, come se non fosse stato smentito vistosamente dalla realtà e
dai nuovi assetti; coazione a ripetere è l’incapacità corale di produrre
soluzioni, preferendo rimanere attaccati alla permanenza dei problemi.
Il
film è ai titoli di coda e alle soluzioni diplomatiche, ma i coatti della
ripetizione sono ancora alla fine del primo tempo, e pensano ancora di far la
guerra a Putin, di mandare truppe, di farsi guidare da quella stella della
sciagura che è Zelenskij.
E se la linea bellicosa sull’Ucraina,
combinatasi agli effetti del Covid, ha prodotto morti, distruzioni, disastri
economici e sociali e danni incalcolabili all’Europa, per i coatti a ripetere
del Vecchio Mondo non resta che insistere sui propri errori, continuare a farsi
del male, seguire la linea “old America” di Biden e del Vecchio Pentagono.
Non
era un solo leader, dunque, che aveva perso il ben dell’intelletto.
Inutile
continuare a dire dell’Europa che non c’è, dell’Occidente che non c’è; lo
diciamo tutti da anni, ma la cosa assurda e maligna dei nostri giorni è che
quest’assenza vistosa e penosa dell’Europa, questo farsi trainare dai partner e
dalla storia, che succede ormai da anni, da decenni, per certi versi dalla
nascita dell’Unione, viene ora attribuita all’arrivo di Trump alla Casa Bianca
appena un mese fa.
Il sottinteso di questi deliri è: stavamo così
bene, eravamo così compatti e decisi, noi europei, gliela stavamo facendo
vedere a Putin e al mondo; poi è arrivato Trump e non si capisce più niente.
No,
signori, l’Europa è una caricatura di sé stessa già da prima di Trump, e il
modo con cui c’imbarcammo spinti da Biden e Zelenskij in quell’avventura senza
uscita, lo comprovava.
Poi, non è solo arrivato Trump: ma la Russia
stava vincendo, e lo stesso Zelenskij ha ipotizzato soluzioni e cedimenti
territoriali che se fossero stati oggetto di negoziato dall’inizio, avrebbero
con ogni probabilità risparmiato la guerra, l’aggressione, il martirio del
popolo ucraino, la morte di centinaia di migliaia di soldati russi e ucraini,
la distruzione di città e strutture vitali.
Sin da
allora non ci voleva molto a capire che se l’Ucraina fosse rimasta territorio
neutrale tra i due blocchi, zona libera senza pretesa di diventare una grande
base Nato puntata sulla Russia, e se avesse restituito la Crimea alla Russia
(fu “affidata” all’Ucraina solo dal presidente dell’Urss, l’ucraino Kruscev),
trattando magari sul Donbass, e sulla volontà di autodeterminazione del suo
popolo, si sarebbe arrivati a una soluzione, molti anni fa, evitando il
conflitto e l’invasione.
Invece no, fu rifiutato ogni negoziato, dagli
Stati Uniti e dal loro ometto a Kiev, e si denunciò l’invasione ancor prima che
fosse avvenuta, quasi a sollecitarla per poi suonare le trombe della guerra.
E noi europei al seguito, come ausiliari del
traffico mondiale o peggio come ascari, truppe coloniali di supporto.
Ci
siamo bevuti pure in questi anni, l’idea che la Russia volesse prendersi
l’Europa e che l’Ucraina fosse solo l’aperitivo, ignorando che per i russi
l’Ucraina da tre secoli era Russia, e che all’invasione dell’Europa non ci
avevano pensato nemmeno ai tempi del comunismo.
Bastava
la spartizione di Yalta, che quest’anno ha compiuto ottant’anni, che permetteva
loro di asservire, soggiogare, invadere stati e popoli veramente europei, come
l’Ungheria, la Polonia, la Cecoslovacchia, finiti nella loro orbita, che
osavano ribellarsi al Blocco Sovietico e noi, quelli del mondo libero e
democratico, dei diritti umani, zitti e mosca.
Per
decenni abbiamo patito nel nome della realpolitik quei soprusi, e d’un tratto,
a comunismo finito e mondo mutato, abbiamo ripudiato la realpolitik e ci siamo
messi a fare i nazionalisti filo-ucraini per non dire gli imperialisti
filo-americani.
Ora
dobbiamo sorbirci pure i sermoni di chi rimpiange la guerra russo-ucraina e non
vuole arrivare a una pace, e passa per grande testimone della pace e della
verità.
Ma
finitela con questa ipocrisia parruccona, con questa menzogna di Stato che
capovolge la realtà dei fatti.
Insopportabile che un ceto servile di
maggiordomi per antica indole e mestiere che capeggiano l’Europa e molti suoi
stati, debba oggi denunciare il “servilismo” verso Trump e fingersi al servizio
della libertà e della sovranità dei popoli…
La
realtà cambia, ma i personaggi di cui sopra, consapevoli del resto di aver
fabbricato le loro carriere all’ombra dell’establishment precedente, si
ostinano a reiterare all’infinito la loro posizione, incuranti delle “dure
repliche della realtà”. Da qui la coazione a ripetere di un ceto che annuncia
solo sciagure, e per prevenire sciagure altrui preferisce procurarsele di
proprie, non prevedendo che le une non elimineranno le altre, ma vi si
accumuleranno.
Ora io
vorrei però sapere una
cosa
dai ‟sinceri democratici.”
Ariannaeditrice.it - Francesco Dall'Aglio – (20/02/2025)
– ci dice:
Ora io
vorrei però sapere una cosa, dai ‟sinceri democratici” che adesso odiano Trump
più di Putin, o almeno uguale, e sono indecisi su chi di loro sia più Hitler
dell’altro, e dicono e scrivono e augurano ad altri cose con una violenza
verbale raccapricciante che non ritrovo, per dire, nemmeno nei forum dei
militari ucraini che pure qualche giustificazione ce l’avrebbero eccome.
Da un
lato mi fa piacere che finalmente stiano venendo a patti con l’idea che gli USA
non sono in automatico i salvatori (bianchi e ricchi) dell’umanità, e
addirittura (orrore!) che possano aver messo su la NATO per scopi non del tutto
nobilissimi e non del tutto scevri da interessi di bottega, ovviamente la loro.
E sarei felice se questa rabbia e questo ritorno a ragionamenti prelogici
(‟brutto!”, ‟cattivo!”) fossero semplicemente l’espressione di una santa
indignazione davanti a un'ingiustizia troppo forte per poter essere contenuta e
razionalizzata, e per alcuni di loro è certamente così (per altri, conoscendo
chi sono e cosa hanno scritto e detto e fatto in passato, mi permetto di
dubitarne).
E
vorrei appunto chiedere loro, posto che il progetto di spartizione del
territorio ucraino e/o delle sue risorse è orribile e bieco, quale soluzione
propongono perché non sia così e si giunga alla pace "giusta" che
affermano di voler vedere realizzata - non quale sia il loro desiderio, o cosa
secondo loro sia giusto, perché questo è abbastanza chiaro, ma in che modo
agire concretamente perché il desiderio si realizzi nella realtà, non
nell'immaginazione.
Perché
se rifiutiamo l'accordo delle grandi potenze (e dovere ammettere che l'orda
degli orchi russi È una grande potenza è, per alcuni di loro, una delle cause
del loro stridore di denti, e non la più piccola), e lo rifiutiamo sia
eticamente che politicamente, abbiamo da proporre, io penso, solo due strade.
La
prima è disinteressarci delle decisioni che le suddette grandi potenze
prenderanno e, preso atto che la leadership ucraina intende continuare a
resistere, continuare come Europa a rifornirli di armi e finanziamenti.
Questa
posizione, che pare essere quella che, almeno a parole, ha intenzione di
seguire la leadership europea, ha però un grosso inconveniente: non è
sufficiente a far sì che l'Ucraina riprenda possesso di tutto il suo
territorio, o almeno di quello che ritiene sensato poter riprendere, ed espone
il paese alla prospettiva di ulteriori, e maggiori, perdite e devastazioni. In
questi tre anni l'apporto combinato degli aiuti USA/Europa non è stato
sufficiente, anzi ha peggiorato la situazione, e non si vede come aiuti solo
europei, quindi fatalmente molto inferiori, possano migliorarla (no, ipotizzare
che tirandola abbastanza in lungo la Russia crolli per cause interne non ha a
che fare con la realtà ma con il desiderio. Crollerà prima l'Ucraina, e lo
sappiamo tutti).
La
prima soluzione, in sintesi, prevede di continuare a sentirci eticamente
soddisfatti aumentando il numero di morti ucraini finché l'Ucraina non
collasserà e sarà costretta a condizioni ancora più pesanti delle attuali (che
sono peggiori di quelle del 2022, del 2021, del 2014).
La
seconda posizione è quella che, paradossalmente, mi vedrebbe più d'accordo
(eticamente, non praticamente):
intervenire
direttamente nel conflitto, in modo che non muoiano solo gli ucraini né che
solo l'Ucraina venga devastata, ma anche i nostri e casa nostra.
Solo i nostri e solo casa nostra, perché gli
USA hanno espresso chiaramente, e per bocca del Segretario della Difesa, che
non intendono averci niente a che fare.
Questa
cosa, ipotizzando si possa mantenerla nell'ambito del convenzionale (e già qui
in tutta probabilità torniamo nel desiderio e non nella realtà) sarebbe
certamente vantaggiosa per l'Ucraina, ma al di là del fatto che rischieremmo
grosso anche noi direttamente (ripeto: eticamente mi pare il caso, se riteniamo
necessario il sostegno) non è detto che il conflitto possa essere riportato a
posizioni più "giuste".
È
stato del resto il CEO di” Rheinmetall”, non “Peskov”, a dire due giorni fa che
gli arsenali europei sono vuoti.
Quindi
torneremmo alla conclusione del punto 1, con in più danni e morti distribuiti
anche da noi, ma appunto con la decenza di aver pagato in prima persona e non
fatto solo pagare ad altri.
Non mi
pare di vedere altre soluzioni.
È
certamente possibile che ci siano e che io non sia in grado di vederle, nel
qual caso vorrei, se il ribrezzo che faccio loro non è eccessivo, che me le
spiegassero, perché il momento è grave e non c'è più molto tempo.
Persa
la guerra, adesso il
conto
lo paga l’Europa.
Ariannaeditrice.it - Francesco Sylos Labini – (20/02/2025)
– ci dice:
(Il
Fatto Quotidiano)
Il
Segretario della Difesa degli Usa, “Pete Hegseth”, ha delineato con estrema
chiarezza le tre condizioni concrete concordate da Donald Trump e Vladimir
Putin per avviare i negoziati sulla fine della guerra in Ucraina:
nessuna
adesione dell’Ucraina alla Nato, una richiesta avanzata dalla Russia sin dalla
Conferenza di Monaco del 2007, quando Putin dichiarò esplicitamente che questa
sarebbe stata una linea rossa invalicabile.
Nessuna
presenza di truppe americane in Ucraina.
Nessuna
applicazione dell’articolo 5 Nato e nessuna missione di pace di quest’ultima in
Ucraina.
Le
ultime due condizioni appaiono scontate, considerando che la guerra è scoppiata
proprio per impedire la presenza di forze Nato in territorio ucraino.
Tuttavia,
l’elemento più significativo del discorso di “Hegseth” è stato il
riconoscimento che “la posizione americana riflette la dura realtà della
situazione sul campo di battaglia”.
In
altre parole, gli Usa e con essi la Nato, hanno perso la guerra per procura
contro la Russia.
Non si
tratta di un “tradimento”, ma di un dato di fatto: la guerra è persa, e gli
Stati Uniti stanno prendendo atto delle conseguenze.
A giudicare dal dibattito italiano, a partire
dall’infelice discorso del presidente Mattarella, che ha paragonato Putin a
Hitler, si continua invece a credere che la guerra possa essere vinta
deformando la realtà attraverso una narrazione di comodo:
il
bene contro il male, la democrazia contro l’autocrazia ecc.
Ma se
la verità è la prima vittima della guerra, alla fine riemerge e presenta il
conto.
E
questa volta, quel conto sarà particolarmente salato per l’Europa.
La
guerra è ancora in corso e si concluderà solo quando Stati Uniti e Russia
raggiungeranno un accordo soddisfacente per entrambi.
Attualmente,
la Russia gode di un notevole vantaggio militare, mentre gli Usa possono far
leva su un’intesa vantaggiosa per Mosca, legata alla nuova architettura di
sicurezza europea, volta a prevenire future tensioni già visibili
all’orizzonte: dall’Artico al Baltico, fino al Mar Nero.
Se l’Ucraina è stata devastata e ha subito una
distruzione impietosa, è però l’Europa a trovarsi nella posizione più fragile:
politicamente sconfitta, nemmeno considerata un interlocutore rilevante al
tavolo delle trattative.
D’altronde,
i leader europei continuano a fare l’unica cosa che hanno dimostrato di saper
fare negli ultimi tre anni: sabotare ogni tentativo diplomatico.
Per
questo irrilevanti e dannosi, e un eventuale accordo di pace non potrà che
essere deciso sopra le loro teste.
Il
conto di questa guerra, tuttavia, non riguarda solo l’Europa, ma l’intero
Occidente.
L’immagine degli Stati Uniti è cambiata per
sempre: da liberatore a grande disgregatore.
Tuttavia,
la debolezza dei paesi occidentali è ancora più profonda.
Come ha dichiarato il Segretario generale
della Nato, “Mark Rutte”:
“La
Russia ora produce in tre mesi le munizioni che l’intera Nato, nonostante sia
venti volte più grande della Russia in termini economici, produce in un anno”.
E questo nonostante il fatto che la spesa
militare russa ammonti a circa 130 miliardi di dollari all’anno, ovvero dieci
volte inferiore rispetto alla spesa complessiva di tutti i paesi Nato messi
insieme.
Se questi 1.300 miliardi di dollari annui
destinati alla difesa dovranno essere ridotti, come afferma lo stesso Trump, è
evidente che la débâcle industriale e organizzativa dei paesi della Nato
diventerà un tema centrale del dibattito pubblico, una volta che verrà
riconosciuta la sconfitta.
La
soluzione, tuttavia, non potrà limitarsi a un semplice aumento dei
finanziamenti all’industria bellica.
Sarà necessario un cambiamento strutturale del sistema
tecnologico, con un rinnovato investimento nella formazione e nella ricerca.
Senza filiere intellettuali e produttive
solide, e senza un radicale ripensamento del ruolo dello Stato nell’economia,
sarà impossibile invertire la rotta e rispondere in modo efficace alle sfide
future.
Nell’immediato,
a causa di un’inadeguata classe dirigente, l’Europa si avvia verso un periodo
di marginalità politica, che si spera non segni l’inizio di un “secolo della
grande umiliazione”.
L’ultima a morire è la speranza: quella che
l’opinione pubblica europea, anestetizzata da una stampa che ha finito per
credere alla propria stessa propaganda, inizi finalmente a prendere coscienza
della quantità di bugie che l’hanno investita.
L’unica
via percorribile è riconoscere la verità sulle cause e conseguenze della guerra
e, partendo da questa consapevolezza, ridefinire il proprio ruolo nel nuovo
mondo multipolare.
Salva
il pianeta, suicidati!
Ariannaeditrice.it
- Roberto Pecchioli – (21/02/2025) -ci dice:
(EreticaMente)
La
nostra esausta civilizzazione celebra in varie maniere il trionfo della morte.
Corre senza fermarsi verso la fine biologica ammantata di nobili fini.
Non
c’è soltanto l’estensione del progetto di eutanasia (approdato in Italia con la
legge sul suicidio assistito della regione Toscana), ufficialmente avviato nel
2000 dal solito George Soros con il suo Progetto Morte.
L’attacco
alla vita umana prosegue con la proclamazione a diritto universale dell’aborto
(salute riproduttiva nella neolingua globalista) e con la promozione del sesso
sterile, omosex e non solo.
La
perfetta ideologia antiumana è però quella ecologico-climatica.
Promossa
anch’essa dalle oligarchie mondialiste, maschera il suo disegno di riduzione
della popolazione dietro le parole d’ordine dell’ambientalismo estremo, che
considera l’essere umano il male assoluto.
Gli
attivisti più eccitati, seguaci della corrucciata “Greta”, militanti di gruppi
i cui nomi trasudano odio anti umano (Ultima Generazione, Extinction Rebellion)
sarebbero sorpresi di sapere che le loro parole d’ordine sono state inventate
dagli stessi oligarchi miliardari che detestano.
La
Fondazione della famiglia Rockefeller, padrona del petrolio (!!), attiva dal
1913, ha fondato ben 990 associazioni ambientaliste.
Il
nucleo di questa ideologia è che l’essere umano, per volontà di potenza, è
nemico del pianeta Terra, ribattezzato con il nome animistico di Gaia.
Perciò la sua presenza va drasticamente
diminuita, in singolare coincidenza di obiettivi con l’agenda malthusiana delle
élite.
I più
radicali propendono per l’estinzione della nostra specie.
Per
salvare il pianeta occorre quindi la scomparsa – possibilmente rapida e
volontaria – dell’unico abitatore della Terra che abbia coscienza di sé.
Il programma, in questa parte di mondo
ossessionata dalla freudiana todestriebe (pulsione di morte), funziona
benissimo.
Basta
guardarsi intorno: strade senza bambini, scuole chiuse, altalene vuote. Il
deserto avanza a grande velocità.
In dieci anni le nascite sono diminuite di
circa un quarto.
Anziché
lavorare per invertire la tendenza, la cultura dominante (cioè delle classi
dominanti) aumenta la pressione per l’eliminazione di vecchi, malati, depressi,
di tutti coloro cioè che non servono più al sistema produttivo.
“Margaret
Sanger,” fondatrice della più importante organizzazione antinatalista del
mondo, “Planned Parenthood”, scrisse alcuni decenni fa che “la cosa più
misericordiosa che una famiglia numerosa può fare a uno dei suoi figli è
ucciderlo”.
Apologia
dell’assassinio.
L’
economista francese alla moda Corinne Maier, nel libro “No Kid” (nessun
bambino) “Quaranta ragioni per non avere figli” , lamenta di essere due volte
madre.
Ci sono molte ragioni contro la maternità: il
parto è una tortura, i figli implicano la morte del desiderio, trasformano la
madre in un biberon ambulante, allevarli è un fardello pesante ed è difficile
liberarsene quando diventano grandi.
Inoltre, ecco il “movente green”, affinché il
pacchetto ideologico sia completo: “ogni bambino nato in un Paese sviluppato è
un disastro ecologico per l’intero pianeta”.
Confessa che “se l’avessi saputo, non avrei
concepito”.
Il
calcolo economico sconsiglia di avere figli:
le
abitazioni costano, le tasse aumentano, ci vogliono due stipendi per sostentare
una famiglia.
Prima
ne bastava uno e le madri educavano i bambini a casa anziché mandarli all’asilo
nido.
La coppia ideale postmoderna (etero o omo,
poco importa) è descritta dall’acronimo “DINKS” (double income no kids), doppio
reddito, nessun figlio.
Più consumo, più divertimento (qualunque cosa
significhi) maggiore “realizzazione” individuale.
Intanto
i poveri del mondo continuano ad avere figli anche se non possiedono tre
automobili per famiglia, una televisione in ogni stanza e non vanno in vacanza
dall’altra parte del globo.
Forse proprio per questo.
Anche
le mode influiscono, ovviamente:
è più
fashion essere professionisti di successo, le relazioni provvisorie senza
impegno sono molto più moderne dell’antiquato matrimonio.
Se proprio abbiamo bisogno di affetto, bastano
i beniamini a quattro zampe. Campano pochi anni, hanno bisogno di meno cure, si
possono tenere sotto controllo.
“Oprah Winfrey”, stella televisiva
americana, influente icona progressista, lo ha riassunto in modo insuperabile:
“Non avrei potuto avere la vita e la carriera
che ho se avessi scelto di avere figli”.
Lascia
il fastidio delle piccole pesti ai poveri e agli sfigati.
Sincera,
non si rifugia nel moralismo ambientale.
Il
peso dei terrori climatici è sorprendente, divenendo la principale
preoccupazione di coloro che affermano di non voler riprodurre la specie e la
società.
“Verena
Brunschweiger,” scrittrice e attivista femminista tedesca, sostiene che “i
bambini sono la cosa peggiore che si possa fare all’ambiente.
Sono i
più grandi killer climatici e quindi una vita senza figli è l’unica via
razionale, etica e moralmente giustificabile per uscire dalla miseria climatica
verso cui il mondo si sta dirigendo”.
Eh sì, perché per ogni bambino che non
mettiamo al mondo “risparmiamo 58,6 tonnellate di CO2 all’anno”.
Una
bella soddisfazione.
Non
possono mancare le opinioni del mondo dello spettacolo, tanto importanti per
generazioni non pensanti.
La cantante britannica” Blythe Pepino”,
vegana, che ha deciso di non salire più su un aereo e di smettere di guidare
per raggiungere rifiuti zero, guida il movimento “Birth Strike for Climate”
(sciopero delle nascite per il clima) per rispondere efficacemente alla
“minaccia esistenziale della crisi ecologica”.
Sarà
certo una sostenitrice delle smart cities, le città “furbe” in cui non ci si
può spostare se non entro i fatidici quindici minuti prescritti dal vangelo
green.
Miley Cyrus ha dichiarato: “Non porterò nessuno in questo mondo
finché non avrò la sensazione che saranno in grado di crescere in un posto dove
ci sono ancora pesci nell’acqua”.
In
attesa dell’evento, anche la pubblicità fa la sua parte.
Nel
video di una marca di profilattici compaiono bambini urlanti e anziani
abbandonati, mentre una voce tra il suadente e l’allarmato così invita
all’acquisto: pensaci due volte prima di avere figli.
Il
filosofo morale (??) australiano Peter Singer propende per l’aborto postnatale,
il nome politicamente corretto dell’infanticidio.
Uno
dei precursori dell’onda antiumana per motivi climatici fu il biologo “Paul R.
Ehrlich”, autore nel 1968 de” La bomba demografica”, che profetizzò la morte di
fame a causa dell’inquinamento e della sovrappopolazione di centinaia di
milioni di persone nel decennio successivo.
”C’è
troppa gente sul pianeta e chiunque abbia più di due figli dovrebbe essere
visto come un pericolo”.
Analogo
catastrofismo animò il “Rapporto sullo Sviluppo del Club di Rom”a (1972)
fondato da personalità legate ai Rockefeller.
Intanto
sorgono, soprattutto negli Stati Uniti, associazioni che promuovono
l’estinzione umana in nome della conservazione della vita sulla Terra.
Il
Movimento Volontario per l’Estinzione Umana propone il divieto di riprodursi
per raggiungere la graduale estinzione degli esseri umani, “incompatibili con
la biosfera”.
C’è
anche una Chiesa dell’Eutanasia, il cui motto recita “salva il pianeta:
suicidati”.
Gli
assi della proposta di questi gruppi sono non avere figli, suicidarsi,
abortire, praticare il cannibalismo per non nuocere ad altre specie animali e,
in materia sessuale, compiere solo atti sodomitici per non procreare.
Fanatici,
certo, ma in linea con l’agenda di lorsignori.
Le istruzioni su come uccidersi per asfissia con
l’elio furono rimosse dopo che una donna le aveva seguite per suicidarsi.
Un
altro caso sconcertante di suicidio “climatico” è accaduto in Belgio, dove un
trentenne padre di due figli avrebbe deciso di porre fine alla sua vita dopo
aver avuto conversazioni sul futuro del pianeta con un” chatbot” di
intelligenza artificiale.
Secondo
la vedova, l’uomo era diventato eco-ansioso e aveva scaricato da un’app
specializzata l’apparato, chiamato “Eliza”, che lo avrebbe incoraggiato a
suicidarsi dopo che il poveretto aveva manifestato l’intenzione di sacrificarsi
per salvare il pianeta.
Il
giovane conduceva un’esistenza normale sino a quando non venne colto
dall’ossessione per il cambiamento climatico.
Secondo chi ha esaminato le conversazioni tra
l’uomo e il chatbot, “Eliza “alimentava le sue preoccupazioni, che peggiorarono
la sua ansia e si trasformarono in pensieri suicidi.
La
follia autolesionista avanza in Occidente e nell’Estremo Oriente
occidentalizzato (Giappone, Corea del Sud).
Altrove
la popolazione aumenta, la gente osserva il nostro suicidio e torna a letto
sorridente, lasciando che i morti seppelliscano i morti in nome di Gaia.
Il
pianeta che vive, l’uomo che muore.
Si
tratta di aiuti esteri
o di
azioni segrete?
Unz.com - Filippo Giraldi – (21 febbraio 2025)
– ci dice:
Trump
continua a tagliare i programmi multiuso all'estero.
Ci
sono state notevoli polemiche intorno alla decisione dell'amministrazione Trump
di tagliare le agenzie governative che sono apparentemente impegnate in
attività di beneficenza, educative e altre attività di costruzione della
nazione sia all'estero che negli Stati Uniti.
Questa spesa, che ammonta a decine di miliardi
di dollari, ha contribuito a produrre deficit di bilancio che sono aumentati
vertiginosamente nel ventunesimo secolo, in gran parte a causa dell'aumento
delle attività all'estero che si è verificato dopo il trauma dell'11 settembre,
quando i suprematisti ebrei hanno deciso che gli Stati Uniti avrebbero dovuto
fungere da poliziotto di Israele in Medio Oriente per consentire l'espansione
dello Stato ebraico con la scusa di creazione "sicuro".
Mentre
gli Stati Uniti sono ora sull'orlo della bancarotta a causa dei loro debiti
insostenibili, la seconda incarnazione dell'amministrazione Trump si è
concentrata sul taglio dei bilanci nelle aree che considera occupate dal
nemico, spesso il che significa "woke" o istituzionalmente alleate
dei Democratici.
I programmi sociali e la spesa gonfiata del
Dipartimento della Difesa sono stati considerati obiettivi adeguati, quindi a
partire dalla prima settimana di febbraio, la Casa Bianca ha abbattuto il
martello quando ha attaccato un certo numero di agenzie governative, tra
l'altro chiedendo enormi tagli alla spesa del Pentagono e la completa
eliminazione del Dipartimento dell'Istruzione.
La
Casa Bianca ha anche chiuso l'”Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo
Internazionale” (USAID), licenziando quasi tutti i suoi 10.000 dipendenti,
lasciando solo poco più di 600 dipendenti sul posto per assistere alla chiusura
o al ridimensionamento delle strutture negli Stati Uniti e in paesi stranieri.
Inoltre, secondo quanto riferito, circa 800
premi e contratti amministrati attraverso USAID sono stati cancellati.
Secondo
quanto riferito, ci sono stati alcuni ritardi giudiziari nei licenziamenti a
causa della complessità della rimozione di migliaia di dipendenti e famiglie
dagli uffici e dagli alloggi all'estero, anche se è probabile che la pausa sia
solo temporanea.
I
dollari delle tasse sono tradizionalmente usati in modo corrotto per finanziare
progetti e politiche care al cuore dei politici, motivo per cui “Ron Paul” e
altri hanno chiesto controlli approfonditi, anche del sistema della “Federal
Reserve” e del “Pentagono” in particolare.
Questa
spesa nascosta è particolarmente difficile da identificare se il programma è in
qualche modo collegato alla politica estera e/o alla sicurezza nazionale, che
sono state tradizionalmente protette dal controllo negando quasi tutto
l'accesso pubblico alle informazioni sensibili sulla base del principio della
"necessità di sapere" per salvaguardare le fonti e le attività
vulnerabili.
USAID
è stata fondata nel 1961 durante l'amministrazione di John F. Kennedy per unire
diverse organizzazioni e programmi di assistenza estera sotto un'unica agenzia.
Inizialmente
era seriamente intesa come un meccanismo per gli Stati Uniti per aiutare in
materia di salute, soccorso in caso di calamità, sviluppo socioeconomico,
protezione ambientale, governance democratica ed educazione.
Tuttavia,
il suo obiettivo alla fine è diventato quello di guidare lo sviluppo in parti
del mondo che soffrivano di ciò che erano considerati governi e istituzioni
disfunzionali in termini di interessi americani. USAID è sempre stata
finanziata dal governo federale e il suo management superiore ha lavorato a
stretto contatto con il Dipartimento di Stato, a cui è tecnicamente
responsabile, e in particolare con le agenzie di intelligence.
Il suo bilancio nel 2023 era di 43 miliardi di
dollari.
La
riduzione di forza (RIF) di USAID da parte di Trump è stata accompagnata da un
rimpasto nella sua gestione, le sue responsabilità rimanenti sono ora nelle
mani del “Segretario di Stato Marco Rubio”, che ha una notevole esperienza
nella gestione di agenzie speciali dopo aver prestato servizio nel “Consiglio
della componente sussidiaria repubblicana” del “National Endowment for
Democracy” (NED), l'”Istituto Repubblicano Internazionale “(IRI).
Anche la NED, che opera ampiamente all'estero,
è stata privata dei finanziamenti da Trump.
Lo
smantellamento dell'USAID non significa necessariamente che l'organizzazione
scomparirà del tutto, sarà solo molto ridotta e sotto una nuova gestione.
Probabilmente
avrà una nuova missione, anche se nessuno sa ancora cosa significherà.
E
l'USAID e la NED non sono le sole, poiché il promemoria presidenziale ha
chiesto di interrompere i finanziamenti di tutte le componenti governative che
dipendono dai fondi generati dai contribuenti per fornire ciò che forse viene
eufemisticamente definito "aiuti esteri".
L'USAID
e la NED hanno progetti umanitari, ad esempio sfamare gli affamati, ma sono
principalmente motivati dalla politica.
La
componente “NED IRI” la mette così sul suo sito web "La nostra missione
all'IRI, promuovere la democrazia in tutto il mondo, è una battaglia su molti
fronti.
Sono
orgoglioso di dire che l'IRI sostiene ogni sforzo che porterà la libertà a più
persone.
Abbiamo
fatto progressi nella nostra missione dando speranza a coloro che desiderano
protestare in una strada cittadina, candidarsi per una carica o votare".
Quindi
le organizzazioni umanitarie hanno palesemente un ruolo politico, ma come si
traduce in pratica e si estende a fare favoritismi con i media e i partiti
politici statunitensi?
Trump
l'ha messa in un altro modo, dichiarando che i leader dell'USAID erano
"lunatici della sinistra radicale".
Ecco cosa afferma sul suo sito web Truth
Social :
"SEMBRA
CHE MILIARDI DI DOLLARI SIANO STATI RUBATI ALL'USAID E AD ALTRE AGENZIE, MOLTI
DEI QUALI SONO ANDATI AI MEDIA FALSI COME "COMPENSA" PER AVER CREATO
BUONE STORIE SUI DEMOCRATICI.
IL "RAG" DI SINISTRA, CONOSCIUTO
COME "POLITICO", SEMBRA AVER RICEVUTO 8.000.000 DI DOLLARI.
Il New
York Times ha ricevuto soldi??? Chi altro li ha ricevuti??? QUESTO POTREBBE
ESSERE LO SCANDALO PIÙ GRANDE DI TUTTI, FORSE IL PIÙ GRANDE DELLA STORIA! I
DEMOCRATICI NON POSSONO NASCONDERSI DA QUESTO. TROPPO GRANDE, TROPPO
SPORCO!"
Ci
sono, infatti, rapporti credibili secondo cui l'impeachment di Trump del 2019 è
stato guidato dalle azioni e dalla disinformazione proveniente da agenti della
CIA, dell'FBI e dell'USAID, quindi è plausibile presumere che Trump stia ora
regolando i conti.
Oltre
a ciò, USAID e NED sono entrambi noti per il loro ruolo nel sostenere
segretamente i partiti politici di opposizione in tutto il mondo e
nell'assistere al cambio di regime.
Il filantropo miliardario George Soros,
attraverso la sua rete di organizzazioni, ha ricevuto 260 milioni di dollari dall'USAID
per incanalare fondi a organizzazioni non governative (ONG) collegate alla”
Open Society Foundations” di Soros, note per sostenere politiche radicali e
cambiamenti di regime a livello globale.
Soros
è anche uno dei favoriti del Partito Democratico e uno dei principali
raccoglitori di fondi, avendo recentemente ricevuto in una cerimonia alla Casa
Bianca presentato l'onore della Medaglia presidenziale della l”Libertà in
contumacia a suo figlio Alex dal presidente uscente Joe Biden.
Di
conseguenza, sia USAID che NED sono state bandite dai paesi stranieri, tra cui
la Russia, a causa della loro ingerenza nella politica locale.
Il primo ministro ungherese Viktor Orban, che
è stato spesso un bersaglio delle attività di USAID, ha immediatamente
ringraziato Trump per la sua decisione di annullare USAID.
Sia
USAID che NED erano profondamente coinvolte nell'Europa orientale.
L'ex
vicesegretario di Stato ad interim “Victoria Nuland” ha rivelato che le agenzie
di aiuti erano profondamente impegnate nell'investimento pluriennale da 5
miliardi di dollari da più fonti degli Stati Uniti in Ucraina che è culminato
nel cambio di regime nel 2013 e ha portato all'attuale guerra con la Russia.
Nei
circoli governativi è stato spesso affermato che USAID, NED e altre
organizzazioni simili ora fanno ciò che la CIA faceva di routine in termini di
cambio di regime tra la sua fondazione e gli anni '90.
Si
potrebbe suggerire che i recenti governi degli Stati Uniti, operando attraverso
le loro varie sussidiarie come USAID e NED, abbiano finanziato praticamente
tutto per controllare una comunità mondiale in linea con gli interessi
americani.
I media mainstream in tutto il mondo che sono
finanziati direttamente o indirettamente includono giornalisti, organi di
informazione e ONG e siti di attivisti, e questo solo tramite USAID.
Ciò
sembrerebbe includere Reuters, Associated Press, BBC, The Guardian, NBC, CNN,
NPR, NYT, Politico, PBS, The Financial Times, The Atlantic, The Daily
Telegraph, così come molti altri media nei paesi in via di sviluppo.
L'"ecosistema" mediatico
dell'isteria anti-Cina attualmente dipende dai finanziamenti del governo degli
Stati Uniti e si lamenta già dell'imminente chiusura del supporto USAID.
Per
citare solo un esempio di come è confezionato, il servizio di notizie “Reuters”
ha ricevuto milioni di finanziamenti dal governo degli Stati Uniti
specificamente per "ingegneria sociale attiva".
I
sindacati sono finanziati anche dall'USAID, che è anche dietro i recenti
disordini politici in Slovacchia. Ha anche pagato per molteplici tentativi di
colpo di stato in Venezuela, ha finanziato viaggi di alto profilo dall'ucraino
Volodymyr Zelensky per migliorare la sua immagine e popolarità, e ha finanziato
gruppi legati ad al-Qaeda in Siria per rovesciare con successo il governo di
Damasco.
Tornando
al primo mandato di Trump, è interessante osservare che la maggior parte degli
"aiuti" ai partiti di opposizione per rovesciare Nicolas Maduro in
Venezuela sono stati forniti nel 2019, quindi Trump, guidato dagli
intransigenti John Bolton e Mike Pompeo, non era timido in quel momento
riguardo al cambio di regime. In effetti, Voice Of America (VOA), che spesso
fungeva da portavoce della CIA, ha persino riferito che Trump aveva triplicato
gli aiuti all'esponente dell'opposizione Juan Guaido a 56 milioni di dollari.
Coloro che si chiedono perché Trump abbia
deciso di "opporsi" all'agenzia semi-segreta che ha usato anche per
il cambio di regime hanno ragione, ma potrebbe essere appropriato vedere la
scossa come un avvertimento contro l'informazione governativa, le forze
dell'ordine e le agenzie di intelligence che tornano a diventare strumenti dei
politici del Partito Democratico.
I
difensori dell'USAID sostengono che l'agenzia è stata calunniata, che oltre al
suo profilo politico è fortemente impegnata nella promozione della salute e del
benessere in tutto il mondo.
Il capo dell'USAID sotto Joe Biden era la
controversa e molto "risvegliata" “Samantha Power”, che afferma in
modo un po' disonesto che il budget dell'agenzia di 38 miliardi di dollari nel
2023 includeva qualcosa come 20 miliardi di dollari di spesa che dovrebbe
essere appropriatamente descritta come umanitaria.
Coloro
che sono i destinatari dei programmi, per lo più nel terzo mondo, soffriranno
di conseguenza del defunding degli aiuti.
Se è effettivamente così, forse avrebbe senso
inserire tali programmi in un meccanismo che non sarebbe legato al cambio di
regime e alla corruzione dei governi e dei media locali.
C'è
qualche dubbio anche al Congresso sul fatto che ci sarà una nuova agenzia di
aiuti centralizzata e su come si chiamerà o farà ora che è stata ridotta di
dimensioni e avrà probabilmente un budget esiguo rispetto a quello di cui
godeva una volta.
È
ancora presto e la risposta a questa domanda emergerà probabilmente prima che
passi troppo tempo, ma va osservato che in nessun momento Rubio o chiunque
altro nell'amministrazione Trump ha effettivamente condannato l'aggressivo
impegno degli Stati Uniti all'estero o ha affermato che lo porrà fine.
Il
Dipartimento di Stato ha persino affermato ufficialmente che l'unico obiettivo
è garantire che le cose buone che USAID ha fatto continueranno
"promuovendo gli interessi americani all'estero".
Date
alcune delle recenti posizioni aggressive assunte dall'amministrazione Trump su
Gaza, Panama, Canada, Messico, Iran e Groenlandia, nonché la tendenza da parte
dei suoi alti funzionari ad aumentare la pressione sui presunti avversari,
potrebbe essere che gli Stati Uniti non stiano affatto cambiando rotta.
Potrebbero
plausibilmente raddoppiare e organizzazioni come USAID e NED, anche se i loro
nomi, ruoli e leadership cambiano, saranno probabilmente parte integrante di
quel processo.
(Philip
M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del Council for the National Interest,
una fondazione educativa deducibile dalle tasse 501(c)3).
Trump
non allontanerà la Russia
dalla
Cina, ma l'Europa dall'America.
Ariannaeditrice.it - Arnaud Bertrand – (20/02/2025)
– ci dice:
(Giubbe
rosse)
Vedo
molte persone commentare che gli Stati Uniti stanno cercando di imitare il
Kissinger al contrario, allontanando la Russia dalla Cina, ignorando
completamente la verità ovvia che hanno sotto gli occhi: se una frattura
esiste, è quella tra Europa e Stati Uniti.
Questo
è un difetto comune della natura umana: spesso siamo incapaci di concepire che
lo status quo con cui abbiamo vissuto per tutta la vita sia cambiato
radicalmente.
Guardiamo ai modelli del passato, cerchiamo di
combattere di nuovo la guerra precedente; è molto più facile e confortante
credere di essere ancora nella scatola anche quando la scatola è scomparsa.
La
Russia non si separerà di nuovo dalla Cina:
non
c’è la minima possibilità al mondo, ha imparato questa lezione a sue spese.
Putin, da studioso della storia notoriamente attento studioso, capisce quanti
danni ciò abbia causato.
E perché dovrebbe?
Quale
beneficio ne trarrebbe la Russia?
Il
mondo è cambiato: come abbiamo visto durante la guerra in Ucraina, l’Occidente
ha scatenato tutto il suo arsenale economico contro la Russia, solo per
dimostrare la propria impotenza.
L’anno
scorso la Russia è stata l’economia in più rapida crescita in Europa, anche
quando è stata completamente tagliata fuori dai mercati occidentali.
Quindi, se la pressione massima dell’Occidente
ammonta a così poca cosa, la sua amicizia massima non vale molto di più.
È del
tutto illusorio pensare che i due tedofori del Sud del mondo si possano
dividere proprio mentre l’emergere dell’ordine multipolare a lungo ricercato
sta finalmente diventando realtà, tutto in cambio del ritorno del commercio
occidentale, che ora sanno essere superfluo, e della fine delle sanzioni, che
ora sanno non fare poi così male.
Inoltre,
un gentile promemoria: Kissinger non ha realmente diviso Russia e Cina, se mai
ha sfruttato una divisione già esistente.
Geopoliticamente
parlando, è incredibilmente difficile dividere le potenze, specialmente le
grandi potenze, ma è molto più facile sfruttare una divisione esistente
E, guardando il panorama, quelli che sono già
divisi, o meglio, in via di divisione, non sono Russia e Cina, ma molto di più
gli Stati Uniti e l’Europa.
Una
spaccatura tra Europa e USA era destinata a verificarsi prima o poi, poiché il
costo dell’alleanza superava sempre di più i benefici da entrambe le parti.
Soprattutto
con l’ascesa del Sud del mondo, in particolare della Cina, che ha dato inizio a
una profonda crisi di identità:
all’improvviso, i paesi “non come noi” avevano
molto più successo, assumendo un primato insormontabile nella produzione e,
sempre di più, nella scienza e nella tecnologia.
A un
certo punto hai davanti a te tre scelte:
unirti
a loro, batterli o isolarti da loro e decadere lentamente nell’irrilevanza.
L’Occidente
ha provato l’approccio “batterli” per la maggior parte degli ultimi 10 anni e
ne abbiamo visto i risultati:
una
serie sempre più disperata di strategie fallite, che hanno solo accelerato il
declino occidentale rafforzando proprio i poteri che intendevano indebolire.
Ha
anche provato l’approccio “isolarli” con i vari piani di “friend-shoring”,
“de-risking”, “piccolo cortile, recinzione alta”, ecc.
Non ha avuto molto più successo e l’Occidente
senza dubbio vede la scritta sul muro: più ti isoli da un’economia più
dinamica, più resti indietro.
Questo
ci lascia con “unirsi a loro”, e qui il calcolo di Trump sembra essere che, se
gli USA lo fanno per primi, possono senza dubbio negoziare condizioni molto
migliori per gli USA, proprio come fece la Cina con Kissinger alla fine degli
anni ’70, quando si unì a quello che all’epoca era ancora l’ordine
internazionale guidato dagli USA.
Con l’Europa, come l’Unione Sovietica
all’epoca, lasciata senza altra scelta che accettare le briciole rimaste.
La
situazione, naturalmente, non è esattamente identica.
Siamo fuori dagli schemi, ricordate… Per prima
cosa, gli Stati Uniti non sono lontanamente nelle stesse condizioni della Cina
di allora e, a differenza dell’Unione Sovietica, l’Europa non ha né la potenza
militare per resistere a questo nuovo accordo né l’autonomia economica per
tracciare la propria rotta.
Il che
significa che per molti versi, geopoliticamente parlando, gli Stati Uniti sono
in condizioni migliori e con più influenza di quanta ne avesse la Cina (e
quindi in grado di ottenere un accordo migliore), mentre l’UE è in condizioni
peggiori dei sovietici.
Tuttavia,
la realtà fondamentale rimane che Trump, nonostante tutti i suoi difetti,
sembra aver capito prima degli europei che il mondo è cambiato e che è meglio
essere il primo ad adattarsi.
Ciò è stato chiaro fin dalla prima intervista
importante di “Rubio” nel suo nuovo ruolo di Segretario di Stato, quando ha
dichiarato che ormai viviamo in un mondo multipolare con “multi-grandi potenze
in diverse parti del pianeta”.
Da
europeo, però, non posso che disperarmi per l’incompetenza e l’ingenuità dei
nostri leader, che non hanno visto arrivare tutto questo e non si sono adattati
per primi, nonostante tutte le opportunità e gli incentivi per farlo.
Hanno
stupidamente preferito aggrapparsi al loro ruolo di partner minore
dell’America, anche se quella partnership andava sempre più contro i loro
interessi, qualcosa su cui ho personalmente messo in guardia per anni.
Si
scopre, stranamente, che gli europei erano in realtà per molti versi più
arroganti e più intrappolati nelle illusioni della supremazia occidentale
rispetto agli americani. Il prezzo di questa arroganza sarà molto alto, perché
invece di modellare proattivamente il loro ruolo nell’ordine multipolare
emergente, ora dovranno accettare qualsiasi termine venga deciso per loro.
Un
ennesimo Afghanistan.
Ariannaeditrice.it
- Daniele Dell'orco – (20/02/2025) – ci dice:
(Daniele
Dell'orco).
Molti,
in Occidente, fanno corrispondere l'inizio del domino ucraino nel 2022 con la
fuga americana da Kabul del 2021 (ordinata da Joe Biden).
Ebbene,
costoro sbagliano perché sappiamo bene che la catena causale del conflitto in
Ucraina risale a molto prima.
Tuttavia,
quella "scelta diplomatica" ha giocato certamente un ruolo
importante.
Ora,
nel 2025, l'Ucraina è esattamente nella stessa posizione delle ex forze governative
afgane e la sua leadership politica sarà costretta a togliersi di mezzo con la
forza.
Volodymyr
Zelensky è stato delegittimato ufficialmente dal suo primo (ex)alleato, e
Russia e Stati Uniti hanno di fatto concordato l'avvio di una nuova offensiva
militare russa per dare il colpo di grazia a “Bankova”.
Ieri,
i russi hanno imbastito un piano di penetrazione nella regione ucraina di “Sumy”
per interrompere le linee di rifornimento verso “Sudhza” e l'exclave
conquistata nel Kursk.
Stanotte,
invece, così come la notte precedente, dopo molto tempo l'aviazione russa ha
lanciato un attacco congiunto su ben nove regioni dell'Ucraina.
A
Odessa sono stati presi di mira porti, sottostazioni, magazzini e centri di
stoccaggio di componenti per l'assemblaggio di droni d'attacco e proiettili da
155 mm (pensate, quelli forniti dalla stessa Nato e dagli stessi americani con
gravoso sforzo economico-politico); a Kharkiv è stato attaccato un impianto di
produzione di gas.
E così
via in altre regioni compresa Kiev.
Nel
frattempo nel Donbass i russi consolidano le posizioni nei settori di “Toretsk”
e “Pokrovsk”.
Così
facendo, al tavolo negoziale la Russia si prepara a chiedere:
- il
controllo dell'intero Donbass senza doversi dissanguare ancora per la conquista
di Slovyansk e Kramatorsk;
- la
creazione di "zone cuscinetto" demilitarizzate al confine con le
regioni di Kharkiv e Sumy;
- il
logico cambio di leadership politica a Kiev;
- il
divieto dell'ingresso dell'Ucraina nella Nato ammesso che esisterà ancora e
comunque il divieto del dislocamento di militari Usa sul territorio ucraino.
Nel
caso di concessione dell'ingresso di truppe Ue dopo gli accordi di cessate il
fuoco (visto che l'Ucraina, sì, entrerà nell'Ue con conseguente salasso per
tutti noi), Mosca chiederà che se proprio dovranno garantire loro la pace
allora l'esercito ucraino dovrà essere depotenziato o comunque limitato nella
capacità di offesa del territorio russo.
I
russi, in questo modo, potranno dichiarare vittoria totale.
La
partita si sposterà allora sul piano diplomatico quando ci sarà da
"gestire" la nuova leadership ucraina, e a quel punto la palla
passerà agli statunitensi che stanno difatti iniziando a mostrare le cambiali a
Zelensky per far capire loro che chiunque siederà a” Bankova “dovrà comunque
risarcirli e per chissà quanto tempo.
Russi
e americani, in buona sostanza, gestiranno almeno per il prossimo futuro
l'Ucraina insieme.
Stendendo
un velo pietoso sul ruolo dell'Europa che sarà in sostanza confinata al ruolo
di appaltatrice della ricostruzione, la mossa di Trump dal punto di vista della
convenienza è ottima, dal punto di vista geopolitico chissà.
Perché
ora la lista degli alleati sedotti e abbandonati dagli Usa sta aumentando a
dismisura, e ciò servirà da monitorare (forse) anche ad altri attori regionali
che ci penseranno due volte prima di fidarsi di nuovo di Washington: penso
all'Armenia.
Il
fatto che piani decennali/ventennali di presunta assistenza possano essere
completamente spazzati via da una singola elezione rende, di nuovo, un pessimo
servizio alle democrazie liberali agli occhi del resto del mondo, e
contribuisce a considerare più "stabili" e "affidabili" gli
"autocrati".
Questo
è esattamente il motivo per cui l'Europa si sta stracciando le vesti.
Non
perché teme davvero l'avanzata dell'esercito russo nel Vecchio Continente, ma
perché sta vedendo l'unico vero caposaldo politico in grado di giustificare la
propria esistenza messo in ridicolo di fronte al mondo.
UN
FARO DI PACE: l'amministrazione Trump
segnala
l'allentamento delle sanzioni
per la
Russia nei colloqui sull'Ucraina.
Naturalnews.com
– (22/02/2025) - Willow Tohi – ci dice:
L'amministrazione
Trump ha indicato che la Russia potrebbe ricevere un alleggerimento delle
sanzioni se dimostrasse un impegno nei negoziati di pace in Ucraina.
Ciò segna un cambiamento significativo
rispetto alla posizione dura della precedente amministrazione.
Mentre
l'economia russa ha mostrato segni di rinnovato ottimismo, il governo ucraino è
scettico.
Le
critiche del presidente Trump al presidente ucraino Zelensky e la spinta per
nuove elezioni hanno reso tese le relazioni.
Gli
alleati europei stanno lottando per reagire al cambiamento della politica
statunitense, il che porta a disaccordi all'interno del G7.
La
strategia statunitense prevede il rafforzamento dei legami economici con
l'Ucraina prima di negoziare con la Russia.
Il
percorso verso la pace è complicato dalle tensioni tra Stati Uniti e Ucraina,
nonché dalle preoccupazioni circa l'impatto che i negoziati avranno sul più
ampio panorama geopolitico.
Nonostante
le sfide, la possibilità di un allentamento delle sanzioni e di negoziati di
pace offre speranza per la fine del conflitto triennale in Ucraina.
L'esito dipenderà dagli sforzi cooperativi
degli attori chiave.
In un
cambiamento significativo che potrebbe segnare una svolta nel conflitto in
corso in Ucraina, l'amministrazione Trump ha segnalato che la Russia potrebbe
ricevere un alleggerimento delle sanzioni se dimostrasse un impegno genuino nei
negoziati di pace.
Questo sviluppo è stato accolto sia con
speranza che con scetticismo, evidenziando le complessità della diplomazia
internazionale e il crescente desiderio di porre fine alla guerra triennale.
All'orizzonte
l'allentamento delle sanzioni.
Il
segretario al Tesoro degli Stati Uniti “Scott Bessent”, in un'intervista a “Bloomberg”,
ha chiarito che gli Stati Uniti sono pronti ad adeguare la loro politica di
sanzioni sulla base della cooperazione della Russia per porre fine al conflitto.
"La Russia potrebbe ottenere un po' di
sollievo dalle sanzioni statunitensi in base alla sua volontà di negoziare la
fine della sua guerra in Ucraina", ha dichiarato Bessent.
Ha
sottolineato che l'amministrazione è impegnata in una rapida risoluzione del
conflitto, aggiungendo: "Il presidente è impegnato a porre fine a questo
conflitto molto rapidamente".
La
possibilità di un alleggerimento delle sanzioni è un cambiamento sismico
rispetto alla linea dura della precedente amministrazione, che ha visto
l'imposizione di alcune delle sanzioni più dure al settore petrolifero russo.
Il cambiamento di tono ha già avuto un impatto
positivo sull'economia russa, con il rublo che giovedì ha toccato un massimo di
sei mesi, riflettendo il rinnovato ottimismo a Mosca.
Tensioni
con Kiev.
Tuttavia,
il cammino verso la pace è irto di tensioni, in particolare con il governo
ucraino.
Il presidente Donald Trump è stato sempre più
esplicito nelle sue critiche al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha
etichettato come un "dittatore" per la sua gestione della guerra.
Trump
ha accusato Zelensky di essersi rifiutato di incontrare alti funzionari
americani e di aver rifiutato una proposta di accordo sui minerali che avrebbe
visto gli Stati Uniti acquisire il 50% dei minerali delle terre rare
dell'Ucraina.
Il
conflitto ha raggiunto un punto di ebollizione, con le osservazioni di Trump e
la spinta dell'amministrazione per nuove elezioni in Ucraina.
Il vicepresidente J.D. Vance ha avvertito che
le critiche pubbliche di Zelensky a Trump danneggeranno solo gli interessi
dell'Ucraina.
"L'idea
che Zelensky stia per far cambiare idea al presidente parlandone male sui media
pubblici, tutti coloro che conoscono il presidente vi diranno che è un modo
atroce di trattare con questa amministrazione", ha detto Vance.
Il
tenente generale degli Stati Uniti in pensione “Keith Kellogg”, inviato
speciale di Trump in Ucraina e Russia, ha incontrato Zelensky a Kiev giovedì,
ma la conferenza stampa programmata dopo l'incontro è stata inaspettatamente
annullata.
Il motivo della cancellazione rimane poco
chiaro, ma sottolinea le relazioni tese tra i due paesi.
Reazione
europea e implicazioni globali.
Il
cambiamento nella politica degli Stati Uniti ha lasciato gli alleati europei in
difficoltà per rispondere.
Le nazioni del Gruppo dei Sette (G7) stanno
lottando per concordare una bozza di comunicato per celebrare il terzo
anniversario dell'invasione della Russia, con una bozza iniziale
significativamente annacquata.
I
leader europei, pur simpatizzando con l'Ucraina, sono anche diffidenti nei
confronti del potenziale contraccolpo di Washington e delle più ampie
implicazioni geopolitiche di un accordo Trump-Putin.
Il
segretario al Tesoro “Bessent “ha delineato la strategia dell'amministrazione,
che prevede il rafforzamento dei legami economici tra Stati Uniti e Ucraina per
costruire il sostegno pubblico e l'influenza nei negoziati con la Russia.
"La sequenza di ciò che stava per
accadere era: avvicinare gli ucraini agli Stati Uniti attraverso legami
economici, convincere il popolo americano, il pubblico americano, portarli
dalla loro parte", ha spiegato.
E poi
dite ai russi, andate al tavolo dei negoziati con un messaggio molto chiaro che
se necessario, prenderemo le sanzioni".
Gli
Stati Uniti, con un maggiore interesse economico in Ucraina, forniscono uno
scudo di sicurezza, ha aggiunto Bessent, sottolineando l'impegno
dell'amministrazione per un approccio multilaterale che includa sia il bastone
che la carota.
Conclusione.
Mentre
il mondo guarda con il fiato sospeso, la prospettiva di un alleggerimento delle
sanzioni per la Russia e di una potenziale fine della guerra in Ucraina offre
un barlume di speranza.
Tuttavia,
il percorso verso la pace è irto di sfide e le azioni degli attori chiave, in
particolare il presidente Zelensky e la sua amministrazione, saranno cruciali
nel determinare l'esito.
La volontà dell'amministrazione Trump di
impegnarsi in un approccio più flessibile alle sanzioni potrebbe essere il
catalizzatore per una pace duratura, ma richiederà una risposta cooperativa e
costruttiva da parte di tutte le parti coinvolte.
In un
momento di instabilità globale, la possibilità di una risoluzione pacifica in
Ucraina si pone come un faro di speranza per un mondo stanco dei conflitti.
Mentre i negoziati continuano, gli occhi della comunità internazionale
rimangono puntati su Washington, Kiev e Mosca, sperando in una svolta che possa
porre fine ad anni di sofferenze e conflitti.
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