Libro bianco sulla difesa.
Libro
bianco sulla difesa.
Unione
europea, le opzioni per sbloccare
fino a 800 miliardi di euro per
il piano di riarmo e difesa.
It.euronews.com-
Paula Soler – (05/03/2025) – ci dice:
Il
presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen presenta il pacchetto
difesa a Bruxelles.
La
Commissione Ue ha presentato un piano per prendere in prestito 150 miliardi di
euro per finanziare la spinta al riarmo.
Questa
proposta si presenta sotto forma di prestiti piuttosto che di sovvenzioni,
un'idea già respinta dai cosiddetti Paesi "frugali" come Germania e
Paesi Bassi.
L'Unione
europea è ufficialmente entrata nella sua "era del riarmo" ed è ora
pronta a intensificare gli sforzi per sostenere l'Ucraina nel breve termine e
garantire la sua autonomia strategica per difendersi nel lungo termine.
Giovedì,
durante una riunione speciale dei leader dell'Ue a Bruxelles, i 27 capi di
Stato e di governo discuteranno il piano di risposta in cinque punti,
denominato "Rearm Europe", proposto martedì dalla Commissione Ue.
In
cosa consiste il piano per riarmare l'Europa.
Il
piano mira a mobilitare circa 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni,
la maggior parte dei quali proverrà dagli Stati membri che aumenteranno la
spesa nazionale per la difesa e la sicurezza.
"Se
gli Stati membri aumentassero la loro spesa per la difesa in media dell'1,5 per
cento del Pil (che è il tetto stabilito dalla Commissione per la spesa
aggiuntiva per la difesa all'anno), si potrebbe creare uno spazio fiscale di
quasi 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni", ha dichiarato
martedì la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ai
giornalisti.
I
restanti 150 miliardi di euro proverrebbero da un nuovo strumento per la
difesa, che consentirebbe alla Commissione di prendere in prestito dai mercati
dei capitali per emettere obbligazioni e concedere prestiti agli Stati membri.
Questo
piano rispecchia il modo in cui l'Ue ha raccolto fondi per la ripresa dopo il
Covid-19 con lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi
di disoccupazione in caso di emergenza (Sure), anche se questa volta i fondi
verrebbero distribuiti sotto forma di prestiti piuttosto che di sovvenzioni,
sulla base dei piani nazionali di approvvigionamento di prodotti per la difesa
nel corso del decennio.
"Stiamo
parlando di (finanziare) domini di capacità paneuropee come, ad esempio, la
difesa aerea e missilistica, i sistemi di artiglieria, i missili e le
munizioni, i droni e i sistemi anti-drone, ma anche di rispondere ad altre
esigenze, dalla cibernetica alla mobilità militare", ha dichiarato la
presidente della Commissione.
L'Ue
vuole concedere agli Stati membri più margine di manovra fiscale per aumentare
la spesa per la difesa.
Il
nuovo strumento sarà uno strumento fuori bilancio, il che implica un prestito
congiunto che alla fine dovrà essere rimborsato.
"Nel
breve termine, non credo che ci sia un'alternativa al finanziamento del debito.
Dovremo avere il finanziamento del debito per assicurare che ci sia un
livellamento delle tasse, che ci sia un livellamento della spesa e per ottenere
effettivamente delle maggioranze politiche", ha dichiarato a Euronews “Guntram
Wolff”, del think-tank economico” Bruegel”.
"Ma
dovrebbe essere chiaro che non può essere una soluzione permanente", ha
aggiunto Wolff.
Un
pilastro fondamentale del piano di riarmo di von der Leyen è la concessione
agli Stati membri di un maggiore margine di manovra fiscale per aumentare la
spesa per la difesa, attivando la cosiddetta clausola di fuga nazionale del
Patto di stabilità e crescita, come annunciato alla Conferenza sulla sicurezza
di Monaco il mese scorso.
Il
patto, adottato l'anno scorso, impone rigide regole fiscali che richiedono agli
Stati membri di mantenere il debito al di sotto del 60 per cento del Pil e il
deficit al di sotto del tre per cento.
Paesi
come la Polonia e gli Stati baltici hanno a lungo spinto per ottenere regole
meno rigide che permettessero di aumentare le spese per la difesa senza
incorrere in sanzioni.
La clausola di salvaguardia può essere
attivata in circostanze eccezionali che "comportano un forte impatto sulle
finanze pubbliche", anche se la Von der Leyen non ha specificato in che
modo la spesa di Paesi altamente indebitati come Francia e Spagna verrebbe
controllata.
La
spesa aggiuntiva per la difesa fino all'1,5 per cento del Pil sarà esentata dai
limiti di spesa dell'Ue per quattro anni, ma oltre questo periodo l'aumento
della spesa per la difesa dovrà rientrare nei bilanci nazionali.
"Abbiamo
bisogno di vedere gli sforzi europei al di là dell'Ue.
Se l'Ue compie questo passo insieme al Regno
Unito e alla Norvegia, avremo una maggiore influenza negli acquisti per la
difesa e nel sostegno all'Ucraina", ha dichiarato a Euronews “Maria
Martisiut”e, analista politico presso l'”European Policy Centre”.
Più
capitale privato, un mandato Bei e un bilancio Ue flessibili per aumentare la
spesa per la difesa.
La
Commissione ha proposto anche tre misure aggiuntive:
mobilitare più capitale privato, adattare il
mandato della Banca europea per gli investimenti (Bei) e incentivare gli
investimenti per la difesa nel bilancio dell'Ue.
A
breve termine, l'Ue sta incoraggiando gli Stati membri a reindirizzare i fondi
dai programmi della politica di coesione, che mirano a colmare le disparità
economiche tra le regioni dell'Ue, alla difesa e alla sicurezza.
Anche
sbloccare il pieno potenziale dell'Unione dei mercati dei capitali sarà
"indispensabile" per il piano di Von der Leyen.
"Dobbiamo
garantire che i miliardi di risparmi degli europei siano investiti nei mercati
interni all'Ue", ha detto la presidente della Commissione Ue agli Stati
membri in una lettera inviata martedì mattina.
Il
blocco non è a corto di capitali:
Le
famiglie europee risparmiano 1,4 trilioni di euro all'anno, rispetto agli 800
miliardi di euro degli Stati Uniti, ma ogni anno 300 miliardi di euro dei
risparmi degli europei confluiscono in mercati esterni all'Ue.
Per
affrontare questo problema, la Commissione presenterà entro il 19 marzo una
comunicazione su un'Unione europea del risparmio e degli investimenti per
incentivare il capitale di rischio e promuovere flussi di capitale senza
soluzione di continuità in tutta l'Ue.
L'ultimo
pilastro del piano è l'ampliamento del mandato della Banca europea per gli
investimenti (Bei).
La Bei
ha già modificato la sua politica di finanziamento delle imprese a duplice uso,
cioè quelle che hanno meno del 50 per cento dei loro ricavi provenienti da
attività legate alla difesa, e sta attualmente esaminando come estendere il suo
ambito di finanziamento salvaguardando la sua capacità di prestito.
"In
un periodo di aumento delle spese per la difesa, questo è un vincolo non
indifferente, perché molte imprese a duplice uso non possono essere finanziate
dalla Bei (...), quindi penso che ci sia la possibilità di cambiare il mandato
della Bei e di utilizzarla come veicolo per finanziare le imprese che hanno un
grave deficit di finanziamento da parte delle banche private e dei mercati dei
capitali", ha detto “Wolff”.
Le
altre proposte per migliorare le capacità di difesa dell'Europa.
Le
proposte della Commissione rispondono a un'Europa che si trova ad affrontare
"un pericolo chiaro e presente su una scala che nessuno di noi ha mai
visto nel corso della propria vita adulta".
Tuttavia, altre opzioni a lungo termine
potrebbero includere l'aumento della spesa per la difesa nel prossimo bilancio
dell'Ue o la creazione di una "banca del riarmo".
L'attuale
quadro finanziario pluriennale (2021-2027) ha stanziato solo 15 miliardi di
euro (l'1,2 per cento del Quadro finanziario pluriennale o Qfp) per la
sicurezza e la difesa.
Le
iniziative finanziate dall'Ue comprendono l'Atto a sostegno della produzione di
munizioni (Asap), il Fondo europeo per la difesa (Fes) e l'Edirpa.
La Commissione ha anche proposto il “Programma
europeo per l'industria della difesa” (Edip) per il periodo successivo al 2025,
per migliorare le capacità.
Tuttavia,
l'organo di vigilanza finanziaria dell'Ue ha avvertito che l'Edip non ha il
budget necessario per raggiungere i suoi obiettivi.
Nel
prossimo decennio saranno necessari almeno 500 miliardi di euro per colmare le
principali lacune in termini di capacità.
Il
commissario “Andrius Kubilius” ha proposto di stanziare quasi cento miliardi di
euro per gli investimenti nella difesa nel prossimo quadro finanziario
pluriennale (2028-2034).
I negoziati sul prossimo “Qfp” inizieranno
quest'estate, ma questi fondi non saranno disponibili a breve termine.
Nel
frattempo, l'Ue sta discutendo con Paesi terzi come gli Stati Uniti e il Regno
Unito per istituire una "banca del riarmo" per incrementare in modo
significativo la spesa per la difesa.
Questa
nuova banca non inciderebbe sulla capacità di prestito nazionale, in quanto
emetterebbe obbligazioni a tripla A sostenute dalle nazioni azioniste.
Ciò
consentirebbe di investire rapidamente negli acquisti e nella tecnologia per la
difesa senza aumentare il debito pubblico.
Difesa
Ue: piano da 800 miliardi,
finanziato
anche con l’emissione
di
bond da 150 miliardi.
Ilsole24ore.com
– (4 marzo 2025) – Redazione – ci dice:
Von
der Leyen: «È l’era del riarmo».
L’Europa
“è pronta” a fare quello che serve per difendersi, dice la presidente della
Commissione Ue.
Il
piano per riarmare l’Europa consentirà di mobilitare per la difesa Ue circa 800
miliardi di euro.
Lo sostiene la presidente della Commissione
Europea Ursula von der Leyen, presentando a Bruxelles il piano in cinque punti
elaborato in vista del summit straordinario di dopodomani.
Oltre
alla clausola nazionale di salvaguardia del patto di stabilità e ad un nuovo
strumento da 150 miliardi, “il terzo punto - afferma - è utilizzare il potere
del bilancio dell’Ue e c’è molto che possiamo fare in questo ambito nel breve
termine per indirizzare più fondi verso investimenti legati alla difesa”.
Saranno
emessi bond fino a 150 miliardi di euro sulla base della garanzia del bilancio
Ue per finanziare il nuovo strumento comunitario:
l’obiettivo
è fornire prestiti agli Stati che lo richiederanno.
Ciò,
indica von der Leyen nella lettera ai Ventisette leader, servirà a «un rapido e
significativo aumento degli investimenti in capacità di difesa adesso e durante
il decennio».
A questo strumento, che segue il modello
sperimentato con “Sure” sotto pandemia per finanziare le «casse integrazioni»
degli Stati, si affianca la flessibilità sui conti pubblici per investimenti
«addizionali» per difesa e sicurezza. Ancora non è chiaro da quando si
calcolerà tale spesa addizionale.
La
presidente prosegue: «Proporremo ulteriori possibilità e incentivi affinché gli
Stati membri decidano se utilizzare i programmi della politica di coesione per
aumentare la spesa per la difesa.
Gli ultimi due ambiti di azione mirano a
mobilitare il capitale privato accelerando l’Unione del risparmio e degli
investimenti e, ovviamente, attraverso la Banca europea per gli investimenti».
«Per
concludere, l’Europa è pronta ad assumersi le proprie responsabilità. L’Europa
potrebbe mobilitare quasi 800 miliardi di euro di spese per la difesa per
un’Europa sicura e resiliente.
Naturalmente
continueremo a lavorare a stretto contatto con i nostri partner nella Nato»,
conclude.
Questa
è “un’era di riarmo” e l’Europa “è pronta” a fare quello che serve per
difendersi, dice von der Leyen, presentando a Bruxelles, senza consentire
domande alla stampa, il piano “Rearm Europe».
«Viviamo - afferma - in tempi molto pericolosi.
Non
serve che descriva la grave natura delle minacce che affrontiamo.
O le conseguenze devastanti che dovremo
sopportare se quelle minacce si realizzassero».
Perché,
continua, “la questione non è più se la sicurezza dell’Europa sia minacciata in
modo reale.
O se l’Europa debba assumersi una maggiore
responsabilità per la propria sicurezza.
In
verità, conosciamo da tempo le risposte a queste domande.
La
vera domanda che abbiamo di fronte è se l’Europa è disposta ad agire con la
decisione che la situazione richiede.
E se
l’Europa è pronta e in grado di agire con la rapidità e l’ambizione
necessarie”. “Nei vari incontri delle ultime settimane - prosegue - l’ultimo
due giorni fa a Londra, la risposta delle capitali europee è stata tanto
clamorosa quanto chiara. Siamo in un’era di riarmo.
E l’Europa è pronta ad aumentare
massicciamente la spesa per la difesa.
Sia
per rispondere all’urgenza di agire a breve termine e per sostenere l’Ucraina,
ma anche per affrontare la necessità a lungo termine di assumersi molte più
responsabilità per la nostra sicurezza europea”.
“Noi
in Europa siamo molto riconoscenti per il sostegno degli Stati Uniti e per il
ruolo che hanno svolto nella sicurezza europea per decenni.
Come
presidente della Commissione, uno dei miei obiettivi principali è quello di
avere relazioni solide con gli Stati Uniti, sia a livello bilaterale che
tramite il G7.
Ma il
contesto in cui operiamo sta cambiando drasticamente e drammaticamente.
Le
fondamenta su cui è stato costruito l’intero ordine politico ed economico
europeo del dopoguerra stanno venendo scosse nel profondo.
E
quando l’ordine europeo viene scosso, la storia ci insegna che l’intero sistema
internazionale può essere destabilizzato”, scrive von der Leyen, nella lettera
indirizzata ai leader europei in vista del Consiglio europeo di giovedì.
“Abbiamo
due possibili percorsi davanti a noi.
Il
primo - spiega - è quello di cavarcela in questo periodo attuale in modo
manageriale, per dare risposte frammentarie o incrementali alla situazione sul
campo in Ucraina o altrove.
Il
secondo è quello di cogliere il momento.
Mobilitare
le immense risorse dell’Europa.
Evocare
il nostro spirito collettivo per difendere la democrazia.
Credo
che la seconda opzione sia la nostra unica scelta.
È,
dopotutto, il nostro vero scopo.
Per
far sì che ciò accada, dobbiamo scatenare il nostro potere industriale e
produttivo e indirizzarlo verso l’obiettivo della sicurezza.
Perché
è la sicurezza da cui dipendono la nostra prosperità e la nostra libertà.
Ma per
questo, dobbiamo ripristinare la deterrenza contro coloro che cercano di farci
del male”.
I file
di Kennedy e il tentativo della CIA
di insabbiare il ruolo di Israele
nel
colpo di Stato del’63.
Lacrunadellago.net – (19/03/2025) – Cesare
Sacchetti – ci dice:
È una
enorme mole di documenti quella che sta uscendo in queste ore sull’omicidio del
presidente americano John Fitzgerald Kennedy.
Ancora
si è soltanto alle prime scoperte e conferme su quello che si può definire un
colpo di Stato in piena regola, e tra tali scoperte e conferme c’è quella che
la CIA non voleva rendere pubblico un documento che praticamente confermava
come l’intelligence americana fosse eterodiretta da quella israeliana tramite
il controllo di uomini più fedeli a Israele che agli Stati Uniti d’America,
come l’ex capo del controspionaggio della CIA, “James Angleton”.
Esiste
il documento declassificato nel quale la CIA chiede di non citare Israele.
“Angleton”
era uno di quegli uomini che veniva istruito dagli israeliani su quello che
doveva e non doveva dire, e non è difficile immaginarsi quindi che dalla CIA
venisse fuori disinformazione concepita e scritta dagli uomini del Mossad a Tel
Aviv.
Appare
quindi ancora una volta impossibile comprendere le dinamiche che hanno portato
alla morte di JFK, senza prendere in esame ogni singolo elemento di tale storia
che riconduce, puntualmente, allo stato ebraico.
I fili
della cospirazione sionista contro JFK e la storia dei Kennedy.
E per
farlo si può partire per ricostruire il filo della cospirazione contro il
presidente dal recente audio trapelato tra l’imprenditore americano” Billie Sol
Estes”, già condannato per frode, e “Clifton Carter”, il braccio destro dell’ex
vicepresidente e presidente,” Lyndon Johnson”.
“Carter
“non ha peli sulla lingua in tale conversazione.
Afferma
chiaramente che a ordinargli di uccidere il presidente degli Stati Uniti, JFK,
è stato il suo vicepresidente, “Lyndon Johnson”, che nutriva un profondo
disprezzo e una profonda avversione verso Kennedy e la sua famiglia, giudicati
troppo ostili a certi interessi delle potenti lobby di Washington.
Esiste
la foto di “Billie Sol Estes”.
L’audio
è stato tenuto nel cassetto dal nipote di Billie Sol Estes, come per tenersi
una polizza assicurativa attraverso la quale preservare la propria vita oppure
per poter ricattare il riscattabilissimo Lyndon Johnson.
I
Kennedy si erano messi contro troppi personaggi potenti a Washington, e soprattutto avevano osato sfidare
la furia del vero potere sionista che ha controllato gli Stati Uniti per tutto il XX
secolo e per i primi anni del secolo presente.
La
famiglia Kennedy era alquanto detestata dal mondo sionista ed ebraico non solo
per il fatto di essere membri della religione cattolica, vero e proprio
spauracchio dell’universo talmudico, ma per essere intenzionata a mettere fine
al potere che tale potentissima lobby esercitava sull’America.
La
guerra tra i Kennedy e gli ebrei era già iniziata anni addietro, ai tempi del
proibizionismo, quando le strade delle città americane e di Chicago erano
insanguinate dalle bande non solo di Al Capone, ma soprattutto dei membri della
mafia ebraica come “Meyer Lanksy” e” Micky Cohen”, mai ricordati dalla
filmografia hollywoodiana, che ci tiene a far credere che la malavita sia un
fenomeno italiano, quando in realtà esso ha ben altre origini.
“Joe
Kennedy” è il capostipite di questa famiglia di emigrati irlandesi che si fa
largo in quel mondo del sottobosco malavitoso americano grazie ai rapporti con
questi personaggi, con i quali collabora e con i quali inizia a importare
illegalmente liquori dal Canada e dall’Europa.
I
rapporti sembrano essere proficui fino a quando “Joe” rompe definitivamente con
i malavitosi del calibro di “Cohen” e le due parti iniziano a farsi una guerra
feroce.
“Joe
Kennedy “negli anni’30 diventa intanto un imprenditore rispettabile e inizia
persino il suo cammino nel mondo della diplomazia tanto da guadagnare il
prestigioso incarico di ambasciatore degli Stati Uniti a Londra, una delle
posizioni più importanti in questo ambiente.
Kennedy
in quegli anni stringe stretti rapporti con l’allora primo ministro, e massone
di alto rango, “Winston Churchill”, ma ciò non gli impedisce di capire che gli
ambienti della finanza che contano avevano messo in moto una potente macchina
che voleva trascinare gli Stati Uniti a tutti i costi nel secondo conflitto
mondiale.
Lo
aveva intuito anche il celebre e leggendario aviatore di origini svedesi,”
Charles, Lindbergh”, che aveva espressamente chiamato in causa le macchinazioni
della lobby sionista e della Gran Bretagna per far entrare gli Stati Uniti in
una guerra che avrebbe giovato soltanto a chi voleva costruire un determinato ordine dal
caos, per
utilizzare una espressione molto in voga nelle logge.
L’ordine
era quello di costruire un impero americano che avesse come principale scopo
quello di proteggere e assicurare gli interessi di chi, come Churchill, voleva
costruire un governo mondiale e di chi voleva costruire uno stato ebraico che
sarebbe diventato la nazione più influente del XX secolo.
I
presidenti americani sono stati un mero strumento di tale potere.
Sono
stati esecutori di volontà già scritte altrove con largo anticipo, e “Joe,”
nonostante il suo passato opaco, aveva perfettamente capito chi comandava
veramente in America e voleva che tale conoscenza fosse trasmessa ai suoi figli
per avere quelle armi che lui non era riuscito ad avere per contrastare tale
potere.
John
Kennedy e la questione sionista.
Il
sogno di “Joe” si realizza quando arriva alla Casa Bianca suo figlio, John Fitzgerald, già senatore dal
dopoguerra in poi, e che aveva già intuito la radice del problema sionista
negli Stati Uniti.
A
renderlo edotto era stato un uomo come “Benjamin Freedman”, imprenditore di
origini ebraiche, la cui storia non viene mai studiata abbastanza perché troppo
“irritante” per taluni che vogliono mettere a tacere quello che hanno da dire
alcuni ebrei convertiti al cattolicesimo.
“Freedman”
era stato un sionista della prima d’ora, uno che sapeva alla perfezione quali
erano i veri fini di questo potente mondo che avrebbe trasformato gli Stati
Uniti nella sua longa manus economica e militare se non si fosse fatto qualcosa
per impedirlo.
Inizia
così la divulgazione dell’imprenditore divenuto attivista cattolico che riuscì
ad avvicinare Kennedy per informarlo della minaccia che rappresentava il
sionismo per gli Stati Uniti d’America e per il mondo intero.
Il
giovane senatore ascolta, impara ancora di più di quello che aveva già imparato
da suo padre, e arriva alla Casa Bianca, avendo le idee molto chiare su qual
era la vera forza che aveva il controllo del suo Paese.
La
guerra con il sionismo inizia sin da subito.
All’ epoca, a Tel Aviv, c’era un uomo come il
primo ministro “Ben Gurion”, considerato uno dei padri fondatori di Israele, e con un passato da terrorista dell’ Haganah”
che aveva partecipato a diversi massacri di civili.
Israele
voleva diventare una potenza nucleare. Aspirava a costruirsi l’atomica non
certo per proteggersi dagli attacchi, ma per avere quella devastante arma in
grado di mettere sotto scacco tutto il mondo arabo e coloro che non volessero
sottomettersi alle volontà espansionistiche dello stato ebraico.
Inizia
un durissimo scontro tra Kennedy e Ben Gurion.
Esiste
la foto di Kennedy e Ben Gurion.
Il
primo ministro israeliano apostrofa Kennedy come una sorta di giovincello alle
prime armi non in grado di parlare con lui, mentre il presidente americano è
perfettamente informato che gli israeliani gli stanno mentendo sul programma
nucleare iniziato a “Dimona”, nel deserto israeliano.
Nei
mesi prima della sua morte, il presidente americano era fermamente intenzionato
a considerare l’”AIPAC”, la potentissima lobby israeliana, come un agente
straniero e a impedire ad ogni costo che Israele diventasse una potenza
nucleare.
Kennedy
era entrato nella zona proibita.
Era
entrato nel “sancta sanctorum”, per così dire, del vero potere che comanda
l’America e andava eliminato ad ogni costo.
Complotto
a Dallas.
Il
presidente viene invitato a Dallas nel novembre del 1963 proprio dal presidente
della comunità ebraica locale, “Julius Schepps”, che lo porta nella città
laddove avviene l’intrigo.
“Oswald”,
il capro espiatorio già designato dai suoi vecchi burattinai della CIA, non era
nemmeno laddove la commissione Warren poi lo posizionerà, ovvero al quinto
piano del deposito dei libri.
Lee
Harvey Oswald.
Era
fuori, in strada, come mostrato persino dalle immagini dell’Associated Press.
Sull’arma
utilizzata per sparare non c’erano nemmeno le sue impronte, comparse soltanto più di una
settimana dopo che gli esami scientifici avevano già stabilito che “Lee Harwey
Oswald” non aveva preso in mano quel fucile Carcano.
I
colpi di pistola poi non sono partiti da dietro come afferma la commissione
Warren.
Sono
partiti da davanti, come si può chiaramente vedere dal filmato di Zapruder.
A
sparare a Kennedy era stato qualcuno che si trovava davanti e non dietro il
presidente, e “Bill Cooper, ex militare della Marina americana, aveva già
rivelato alla fine degli anni’80 di aver visionato documenti classificati che
riferivano che a sparare a Kennedy fosse stato il suo autista,” William Greer”.
Nel
filmato restaurato di quei drammatici attimi, si può vedere “Greer “che tiene un
oggetto nella sua mano sinistra che viene puntato contro Kennedy, da non confondersi con il riflesso
del sole sulla testa del governatore “Connally “a fianco dell’autista del
servizio segreto.
La
testa di Kennedy esplode, e “Jacqueline”, la sua consorte, prova a scappare
perché ha visto chiaramente la scena.
La
storia cambia corso. Il presidente che voleva opporsi allo stato ebraico viene
eliminato soltanto grazie alla massiccia collaborazione della sicurezza che
invece di proteggerlo ha partecipato al suo omicidio.
“Lyndon Johnson”: il golpista complice
dell’omicidio del presidente.
In
tempo record, Lyndon Johnson diventa subito presidente degli Stati Uniti,
quando in una qualsiasi inchiesta giudiziaria proprio il vicepresidente
americano avrebbe dovuto finire sulla lista dei sospettati, in quanto primo
beneficiario di quella morte.
Johnson
aveva già confessato il giorno prima alla sua amante, “Madeleine Brown”, che
tutto era pronto per uccidere il presidente Kennedy.
Il
vicepresidente era tutto quello che Kennedy non era.
Era
saldamente intenzionato a mettere gli Stati Uniti al servizio di Israele, e
sotto la sua amministrazione non solo l’”AIPAC “aumenterà il suo potere, ma
Israele costruirà la sua arma nucleare che ancora oggi segretamente e
illegalmente detiene.
Israele
ricorda ancora oggi “Johnson” come uno dei presidenti più vicini allo stato
ebraico della storia americana, e non sorprende che dica ciò.
Johnson
è il presidente che lascia attaccare agli israeliani la nave americana USS
Liberty, un evento che portò alla morte di 34 marinai americani, nel tentativo
di far entrare in guerra gli Stati Uniti contro l’Egitto.
Israele
uccide militari americani e invece di essere punita, viene ricompensata da
presidenti come Johnson.
Il
presidente che sostituì Kennedy in una cospirazione vastamente organizzata,
secondo diverse fonti israeliani, aveva anche origini ebraiche e questo
aiuterebbe a capire ancora meglio tutta la sua devozione alla causa israeliana.
Nell’omicidio
di Kennedy, la presenza sionista è ovunque.
Lo è
in “Jack Ruby”, il mafioso di origini ebraiche, vero nome “Jacob Rubenstein”, mandato ad uccidere Oswald per
evitare un processo troppo scomodo.
Ruby
disse apertamente che lo aveva fatto per salvare gli ebrei da un probabile
pogrom qualora si fosse saputa la verità.
Lo è
anche nella commissione Warren, dove lo stesso “Earl Warren” era di origini
ebraiche così come lo erano 10 dei 22 membri di quell’organismo che voleva fare
di tutto per accusare Oswald e lasciare fuori tutte le prove che smentivano il
teorema dell’assassino solitario e della sola pallottola che fa sette giri nell’aria
prima di colpire Kennedy alla testa.
Una
teoria che andrebbe bene per una pallina da flipper forse, ma che
incredibilmente è la bufala che questa commissione ha propinato agli americani.
La
macchina che ha portato alla morte di JFK è quella che controlla lo “stato
profondo di Washington”, quella che controlla la CIA, e quella che ha scritto
la politica estera di ogni presidente americano dal dopoguerra in poi fino
all’arrivo di Trump.
Il
testimone di Kennedy passato a Trump.
Il
presidente che ha interrotto tale continuità è stato senza dubbio Donald Trump,
che a differenza del suo predecessore, ha scelto una strategia molto più
sottile e più abile.
Non ha
scelto la via dello scontro frontale e aperto contro lo stato ebraico, ma ha
sempre dichiarato di essere suo “amico” per poi intraprendere una geopolitica
chiaramente antitetica a quella desiderata da Tel Aviv, iniziata tramite il
ritiro delle truppe in Medio Oriente e proseguita con la fine delle guerre per
procura che Washington scatenava per conto della lobby sionista.
È un
tema questo alquanto dibattuto ed è uno dei principali cavalli di battaglia
della falsa controinformazione che nel loro forsennato tentativo di associare
Trump a Israele, non dicono che Trump è stato il primo presidente a mettere
fine alle infinite guerre in Medio Oriente e non dicono nemmeno che Trump è
stato infinito oggetto di una sequela di attentati alla sua vita, tutti
organizzati dagli stessi poteri sionisti che uccisero Kennedy 62 anni prima.
Non si
rischia di essere ucciso più volte se non si sono provocate le ire di ambienti
come l’”AIPAC”, dei vari neocon, e di tutti quei fondi della finanza ebraica
che il giorno prima dell’attentato a Butler, in Pennsylvania, scommettevano
sulla sua morte perché chiaramente sapevano, cosi come sapevano i vari fondi
che prima dell’11 settembre piazzavano le loro scommesse al ribasso contro le
compagnie degli aerei coinvolti nell’11 settembre.
Trump
era destinato per questi poteri a prendersi una pallottola in testa,
esattamente come il presidente Kennedy, ma la Provvidenza, nel giorno della
terza apparizione di Fatima, ha voluto che la sua vita gli fosse risparmiata
perché c’era e c’è evidentemente un disegno ben più grande dietro il cammino di
quest’uomo, che è quello di mettere fine al dispotismo di questi poteri che
volevano erigere una tirannia globale, come visto ai tempi della farsa
pandemica.
Trump è
sanguinante all’orecchio dopo essere stato colpito da “Thomas Crooks”.
Trump
è riuscito ad arrivare in quel terreno dove purtroppo non riuscì JFK, ovvero
l’indipendenza degli Stati Uniti da lobby straniere, e l’esautorazione dal
potere finanziario della FED.
Kennedy
non aveva soltanto suscitato le ire del sionismo, ma anche del suo braccio
finanziario della “Federal Reserve”, fondato da famiglie come i Warburg, i
Vanderbilt, i Rockefeller e i Morgan, i vari fiduciari della famiglia
Rothschild negli Stati Uniti.
Il
presidente Kennedy aveva infatti firmato l’ordine esecutivo “11110” per consentire al Tesoro di stampare
la sua moneta senza passare dalla FED nelle mani dei banchieri privati.
Trump
sembra aver aperto la via anche per la fine del potere della FED attraverso i
provvedimenti degli ultimi anni, grazie ai quali ha di fatto obbligato la banca centrale americana a
stampare moneta per aiutare le piccole e medie imprese, a differenza di quello che facevano
invece i suoi predecessori che lasciavano che i computer che stampavano banconote
funzionassero soltanto per istituzioni bancarie come Goldman Sachs e JP Morgan.
Il
cambio di paradigma è stato chiaro e netto, tanto che ora i vari banchieri
dell’alta finanza temono che possa finire più di un secolo di potere della FED
sugli Stati Uniti.
Appare
più che mai evidente e solido il filo storico che lega i due presidenti
americani, Kennedy e Trump.
Trump
ha raccolto in pieno l’eredità del suo successore ed è riuscito a portarla a
termine.
L’America
sta finalmente entrando in un’era nella quale non è più sottoposta al dominio
della finanza askenazita e del movimento sionista mondiale.
Il
sogno di Kennedy oggi sta diventando realtà e a renderlo possibile è stato
Donald J. Trump.
La
Telefonata Putin-Trump e…
le
Bombe su Gaza.
Conoscenzealconfine.it
– (20 Marzo 2025) - Davide Malacaria – ci dice:
Israele
riprende i bombardamenti su Gaza nel giorno della telefonata tra Putin e Trump.
Tempistica non casuale.
Netanyahu
rilancia e il genocidio di Gaza ricomincia:
400 i morti in un attacco che supera per
brutalità molti di quelli che hanno preceduto la tregua.
Non solo si voleva riprendere l’aggressione,
ma si volevano scioccare i palestinesi e il mondo, tale la spiegazione
dell’intensità degli attacchi.
Netanyahu
ha motivato l’azione come dettata dalla necessità di forzare Hamas a rilasciare
gli ostaggi.
Sa
perfettamente, ma non gli importa, che invece sta facendo l’esatto contrario,
mettendoli ulteriormente a rischio, come ha dichiarato “Hamas” e come hanno
urlato, disperati, i parenti degli ostaggi medesimi.
Ma
l’importanza dell’attacco risiede in altro, cioè nella tempistica. Quando le
bombe hanno squassato Gaza, uccidendo per lo più persone e bambini indifesi già
stretti dalla fame e dalla sete a causa del blocco della Striscia, il mondo era in attesa della
telefonata tra Putin e Trump per avviare un serio processo di pace per
l’Ucraina.
Questioni
di Tempistica.
Tempistica
non casuale:
bombardando
Gaza si voleva porre criticità alla conversazione tra i due presidenti e al
processo di distensione; se possibile, anche se la possibilità era remota, farla
saltare.
Putin,
infatti, che sostiene le ragioni dell’Iran e della Palestina e dei loro alleati
regionali, è stato messo in imbarazzo, costretto ad accordarsi con la persona a
cui è attribuita la ripresa del genocidio dei palestinesi, avendo i media
riferito che l’America ha dato luce verde alle bombe.
Placet
vero o asserito che sia (probabile che si sia ripetuto quanto accaduto nel caso
dell’omicidio del generale “Qassem Soleimani”, che Trump ha subito e non
ordinato, vedi “Piccole note”) resta alla cronaca che la luce verde è arrivata
da Washington:
se da
altri della sua amministrazione, che non può smentire, o dal presidente perché
piegato da indebite pressioni ha poca importanza per quanto riguarda i fatti
(nella nota di ieri, peraltro, segnalavamo il rinnovato attivismo dei falchi
pro-Israele).
Non si
tratta di trovare giustificazioni a Trump, che non ne ha, solo portare alla
luce le dinamiche che stanno dietro il teatrino del mondo.
Peraltro,
al di là che la telefonata fosse saltata o meno – e Putin non poteva permettersi di
farla saltare perché si sarebbero aperte le porte della terza guerra mondiale – i bombardamenti hanno ottenuto lo
stesso il loro scopo:
sia
ponendo criticità nei rapporti tra Putin e i suoi alleati mediorientali, che si
vedono in tal modo più isolati rispetto alla brutalità di Tel Aviv e Washington
(e suoi alleati europei), sia soprattutto scatenando nuove spinte
destabilizzanti nel mondo.
Infatti,
e più in generale, in apparenza la guerra che Tel Aviv ha scatenato per
realizzare la “Grande Israele” (Gaza, Hezbollah etc.) non sembra aver nulla a
che fare con la guerra ucraina, ma così non è.
Il
partito della guerra globale preme sia per l’una che per l’altra, anzi perché
l’una e l’altra si dilatino sia nel tempo che nello spazio.
Tale
la cornice generale che sottende e sovrasta le tante differenze, che pure
stanno, tra i due conflitti.
Il
fatto che le élite imperiali – e loro pendant nelle colonie europee – che
sostengono le ragioni di entrambe le guerre coincidano non è certo casuale.
Neocon
come l’ex consigliere per la sicurezza nazionale “John Bolton”, per dirne uno,
e liberal come il potente senatore democratico “Chuck Schumer”, per dirne un
altro, e i loro tanti e potenti sodali hanno spinto sia per la prosecuzione ad
oltranza del conflitto ucraino che per dar seguito al genocidio palestinese e
all’espansionismo israeliano (Netanyahu, va ricordato, ha un filo diretto con gli ambiti
neocon, con i filo comunisti Dem).
Così
nel giorno in cui la telefonata tra Putin e Trump poteva segnare una svolta,
ponendo le basi per chiudere un capitolo delle guerre senza fine e portando un
po’ di stabilità nel mondo, il partito delle guerre infinite ha rilanciato la sua
sanguinaria sfida nel modo più scioccante possibile, alimentando alla sua
maniera il caos globale.
(Davide
Malacaria).
(piccolenote.it/mondo/telefonata-putin-trump-e-le-bombe-su-gaza).
VERSO
LA GIORNATA PER LA VITA.
Come
la sinistra ha creato
il
dogma abortista.
Lanuovabq.it – (6-2- 2021) -Eugenio
Capozzi – ci dice:
Il
legame tra socialismo e la difesa della famiglia si spezza per la torsione
totalitaria inflitta al socialismo dal leninismo e dalla dittatura comunista
sovietica.
Da
allora nelle società “opulente” occidentali l'ossessione, propria delle
ideologie totalitarie, di ridisegnare completamente la natura umana si è
ripresentata sotto la veste di un relativismo culturale sfociato nella
reinterpretazione della libertà come assoluto soggettivismo.
Un'ideologia
che ha portato a una para-realtà che non ha più nulla a che fare con i diritti
soggettivi.
Domanda
non retorica: cosa c'entra la cultura politica della sinistra in tutte le sue forme, dal socialismo al progressismo
liberale, con l'idea che l'aborto volontario sia un diritto, al quale non si
possa contrapporre alcun diritto alla vita del bambino non ancora nato?
Ormai
siamo abituati a considerare questa corrispondenza come un fatto scontato, ma
non lo è assolutamente:
né sul
piano filosofico, né su quello storico.
In realtà la rivendicazione del “diritto
all'aborto” è un fatto relativamente recente, e ha due radici ideologiche, di
cui la seconda è in parte dipendente dalla prima:
i
totalitarismi del primo Novecento e il relativismo radicale del secondo Novecento.
La
concezione liberale dei diritti deriva innanzitutto dal giusnaturalismo, cioè
dall'idea che esista una legge di natura su cui l'etica, la politica e il
diritto devono fondarsi
È sulla concezione giusnaturalista che si
fondano le prime enunciazioni dei diritti inalienabili dell'essere umano:
quella
di” John Locke” nel Secondo Trattato sul governo (1689) e quella contenuta nel
preambolo alla “Dichiarazione d'indipendenza delle colonie americane “(1776),
da essa chiaramente ispirato.
E le
origini di esse risalgono al razionalismo cristiano medioevale:
in
particolare, al pensiero di San Tommaso d'Aquino, secondo cui il potere
politico deve arrestarsi davanti all'intangibilità dell'essere umano creato da
Dio a propria immagine e somiglianza e da Lui dotato di razionalità e libertà
morale.
Una
concezione tradotta nella cultura inglese moderna dal teologo anglicano “Thomas
Hooker”, nel “Trattato sulle leggi di politica ecclesiastica” (1594), che è il
maggiore ispiratore di Locke.
Ora,
il primo tra i diritti inalienabili dell'uomo sia per Locke che per i
rivoluzionari americani è quello alla vita, unitamente con quelli alla libertà
e alla proprietà, o alla “ricerca della felicità”.
La creazione divina rende ogni essere umano
unico e sacro.
Quindi
la tradizione costituzionale occidentale, dagli esordi fino alla “Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo” dell'Onu, è incompatibile con qualsiasi
legittimazione della soppressione di una vita umana innocente (altra questione
è la pena di morte come autodifesa sociale contro la violenza, ma anche la
liceità di essa viene messa sempre più in questione) in nome di qualsiasi
esigenza individuale o collettiva.
Ciò implica il rifiuto tanto dell'aborto
quanto dell'eutanasia.
Che
invece cominciano a venir giustificati in un'ottica eugenetica dalla cultura
positivistica ottocentesca, per divenire poi nel XX secolo cardini del totalitarismo
nazista.
Dall'altra
parte il socialismo, mosso fin dalle origini da preoccupazioni umanitarie per
le concrete condizioni di vita dei ceti operai a partire dalla rivoluzione industriale,
trova con Karl Marx la sua classe sociale di riferimento proprio nel
“proletariato”, ossia in chi non possedeva niente tranne i propri figli.
Sussiste
nella storia del socialismo, nelle sue varie diramazioni, un legame costante
tra l'obiettivo della liberazione dell'uomo dall'alienazione e dallo
sfruttamento economico e la difesa della famiglia come forma elementare di
organizzazione della vita di chi non possiede niente, e conseguentemente
l'esigenza della tutela della maternità e dell'infanzia.
Un
legame che verrà infranto soltanto dalla torsione totalitaria inflitta al
socialismo dal leninismo e dalla dittatura comunista sovietica:
tanto che l'Urss sarà il primo stato al mondo
a rendere legale l'aborto nel 1920, come parte di un progetto di uguaglianza
totale tra uomini e donne, di loro totale “mobilitazione” all'interno di una
società in cui anche gli aspetti privati della vita sarebbero stati
regolamentati rigidamente dal regime.
Nella
cultura europea e occidentale, insomma, l'aborto, come l'eutanasia, viene
legittimato solo dall'avvento dei totalitarismi, opposti tra loro ma
contrapposti entrambi all'umanitarismo cristiano, con la sua visione della
sacralità di ogni vita che si era sedimentata sia nel liberalismo che nel primo
socialismo.
Non a
caso, alla fine della seconda guerra mondiale le democrazie liberali ottengono
che all'inizio della “Dichiarazione dell'Onu” venga ancora ripresa la proclamazione del diritto
inalienabile alla vita.
E
dopo? Cosa è successo?
E' successo che nel secondo dopoguerra nelle
società “opulente” occidentali l'ossessione, propria delle ideologie
totalitarie, di ridisegnare completamente la natura umana si è ripresentata sotto la veste di
un relativismo culturale avverso a tutti i fondamenti della “mentalità” e della
tradizione occidentale, sfociato nella reinterpretazione della libertà come
assoluto soggettivismo, coincidenza tra diritti e desideri, magnificazione
della volontà, istituzionalizzazione di qualsiasi “stile di vita”.
Questa
nuova ondata dottrinaria, in cui si coniugavano e venivano condotte all'estremo
istanze individualistiche e collettivistiche, ha avuto quindi come principale
terreno della sua affermazione la “biopolitica”, il legame tra politica e vita,
e la sua principale espressione nella rivoluzione sessuale, parte integrante
della quale è stato il femminismo di “seconda generazione”, imperniato sulla “politicizzazione”
del corpo femminile in opposizione ad una società in cui sussisteva una
complementarità dei ruoli tra uomini e donne, per negarla in favore di una
assoluta potenzialità da parte delle donne di realizzare ogni propria
aspirazione, e di assumere ruoli di preminenza nella società, nel lavoro, nella politica.
Nell'ottica
della dittatura soggettivistica si è pretesa la cancellazione di ogni limite
biologico, e dunque giuridico e politico, all'autodeterminazione, contestando
alla radice l'etica universalistica millenaria che aveva nutrito l'umanesimo
cristiano e la concezione moderna dei diritti.
E
pretendendo, nella stessa ottica, la “decostruzione” integrale della famiglia
naturale in nome dell'assenza di ogni dovere connaturato all'essere sociale.
Tanto
la cultura liberale quanto quella socialista hanno in un primo tempo opposto
resistenza a questo cambiamento radicale di paradigma, ma ben presto ogni
argine filosofico e politico al loro interno è caduto, ed esse sono state quasi
del tutto “colonizzate” dalla nuova “religione” dell'autodeterminazione:
portatrice,
nel suo “relativismo assolutista”, di una nuova gerarchia in cui i gruppi in
grado di accreditarsi come “discriminati” hanno posto le proprie aspirazioni
come pietra di paragone, subordinando ad esse quelle degli altri soggetti.
Ma se
all'interno del mondo liberale è rimasta pur viva una componente conservatrice
e di ispirazione religiosa in grando quanto meno di contestare il “pensiero
unico” iper-soggettivista, nelle sinistre il crollo dell'ideologia socialista
alla fine del Novecento ha creato un vuoto pneumatico in cui l'ideologia
progressista/relativista si è imposta come canone incontrastato, spacciandosi
abilmente, per il suo individualismo, come erede dell'ideale liberale.
È
questo il motivo per cui nel milieu della sinistra occidentale persino il tema
di un bilanciamento tra il diritto della donna alla sessualità libera e alla
maternità come scelta e quello del bambino alla tutela della propria vita ha
cominciato ad essere considerato alla stregua di una bestemmia, e avversato con
reazioni di inaudita violenza ed intolleranza.
In base a un concetto totalmente unilaterale
di libertà si è potuto affermare, contro ogni logica razionale, che l'aborto è
il frutto di una libera decisione di una donna sul “proprio” corpo, quando è
evidente che fin dalla fecondazione l'embrione, e poi il feto, è altro rispetto
al corpo della madre, e si distingue come un essere dotato di propri caratteri
genetici.
Si è
potuto affermare, con analoga illogicità, che quell'essere non è una persona,
laddove è chiaro a chiunque non sia ottenebrato dall'ideologia che quel “grumo
di cellule” è un individuo unico e irripetibile, dotato di organi e sensibilità
fin dai primissimi stadi della gestazione, e destinato a diventare un individuo
razionale e autonomo se non lo si sopprime.
Si è
persino negata, come in Italia, l'evidenza che la legge che pure rende lecito a
determinate condizioni l'aborto si fonda sul riconoscimento del “valore sociale
della maternità” e si prefigge innanzitutto come obiettivo la tutela della
“vita umana dal suo inizio”, non considerando dunque l'aborto come un diritto
inalienabile, ma subordinandolo all'esperimento di tutti i tentativi possibili
per superare le cause che portano all'interruzione di gravidanza.
E si continua ostinatamente a considerare come
un'offesa ai diritti della donna, in Italia e altrove, persino la possibilità
di assicurare l'affidamento del figlio indesiderato in adozione come
alternativa alla sua soppressione.
Si
tratta di una ostinazione cieca, rancorosa, che non ha più nulla a che fare non
soltanto con qualsiasi concezione universalistica dei diritti soggettivi, come
abbiamo visto, ma nemmeno con la possibilità di una razionalità pragmatica
condivisa che possa mediare tra visioni del mondo differenti.
Essa è
soltanto il risultato inevitabile dell'ossessione ideologica, che crea una
para-realtà alienata, fittizia, senza più connessione con i fatti, e con le
basi comuni della natura umana.
Ricostruire
la sinistra comunista.
Linterferenza.info - Salvatore A. Bravo – (2
Febbraio 2025 – ci dice:
L’urgenza
di ricostituire la sinistra comunista non è più rimandabile.
Le oligarchie transnazionali con la fine della
globalizzazione mostrano la verità del dominio.
Sono in lotta ad Oriente come ad Occidente.
Con la lotta fra le plutocrazie si aprono
spazi di intervento e di verità.
Le
guerre plutocratiche si moltiplicheranno e i diritti sociali e individuali
gradualmente scompariranno dall’orizzonte politico.
Il loro posto è, e ancor più, sarà occupato da
slogan e dalle parole ambivalenti della società dello spettacolo.
L’articolo 31 del DDL sicurezza prepara l’Italia ad
una lunga guerra.
Sarà
possibile per le università, se fosse approvato, collaborare spontaneamente con
i Servizi segreti.
La
guerra tra le oligarchie non può che causare un clima di timore.
La paura è “arma” per neutralizzare i
dissenzienti e per sollecitare il sospetto e il controllo.
L’inquietudine è il mezzo con cui il
capitalismo cerca di strappare la sua tranquillità, poiché è esso stesso
inquieto a causa delle ingovernabili contraddizioni che lo corrodono.
Il
declino del capitalismo nelle sue formule plurali è inevitabile.
I
sintomi della decadenza sono ormai evidenti.
La
sovrapproduzione e la scarsità di risorse da estrarre e da sfruttare sono ormai
la tagliola sanguinante del capitalismo.
Il
saccheggio è anche e specialmente spirituale, nella fase attuale il capitalismo
rapina “la capacità di significare”, in tal modo i sudditi non sono che orci
bucati in cui tutto fluisce, fino al punto che l’orcio assume la forma dei
contenuti.
Il
sangue degli ultimi ha macchiato la storia dei capitalismi, pertanto la sua
storia non potrà che terminare nel sangue e nel sudore degli infelici che già
ora non vivono ma sopravvivono.
Rileggere
Marx è oggi fondamentale per risemantizzare per il presente.
Il
comunismo che verrà non sarà la riproposizione del passato, ma esso necessita
della tradizione comunista e delle sue categorie per pensare il presente e
progettare il futuro.
Marx
ha riportato l’essere umano nella storia e ha svelato le religioni di sistema
nella loro realtà ideologica.
La
religione con le sue fughe dorate da un mondo reificante è stata la complice
del dominio, ha sparso i “fiori sulle catene”, è stata l’oppiaceo che ha
consentito di “sopportare l’insopportabile”.
Il
dominio capitalistico nel nostro tempo ha prodotto nuove “forme di religiosità
perversa” con cui aggiogare i sudditi.
L’offerta
mercantile degli oppiacei oggi è innumerevole, essi hanno tutti il medesimo
scopo:
derealizzare,
ovvero astrarre il soggetto dalla realtà storica vissuta per spingerlo in un
mondo psicotico e irrazionale in cui è il desiderio indotto a regnare.
Edonismo, turismo acefalo, fanatismo del
lavoro e dell’accumulo, narcisismo e nuove dipendenze (tecnologie, social, rete
ecc.) producono il suddito addomesticato e conforme al sistema che si muove in
una realtà spettrale.
La funzione che la religione tradizionale aveva al
tempo di Marx, oggi è sostituita da nuove forme mondane di dipendenza.
Leggere
Marx significa dunque attualizzarlo:
“Il
fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione, e non la
religione l’uomo.
Infatti,
la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha
ancora conquistato o ha già di nuovo perduto sé stesso.
Ma
l’uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L’uomo è il mondo
dell’uomo, Stato, società.
Questo
Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del
mondo, poiché essi sono un mondo capovolto.
La religione è la teoria generale di questo
mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo
point d’Honour spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il
suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di
giustificazione.
Essa è la realizzazione fantastica
dell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede una realtà vera.
La
lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del
quale la religione è l’aroma spirituale.
La miseria religiosa è insieme l’espressione
della miseria reale e la protesta contro la miseria reale.
La
religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza
cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito.
Essa è
l’oppio del popolo.
Eliminare la religione in quanto illusoria
felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale.
L’esigenza
di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare
una condizione che ha bisogno di illusioni.
La critica della religione, dunque, è, in
germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola”.
La
sinistra comunista non può e non potrà che essere radicale nella critica del
presente storico.
Essa
dovrà conservare la sorgente radicale e critica già viva in Marx.
Smascherare le religioni del nostro tempo e
mostrarle nella loro verità è il compito difficile della sinistra comunista.
Per
bucare l’acquiescenza e la passività dei subalterni è necessario individuare i
linguaggi adeguati da far scorrere negli innumerevoli mezzi mediatici che
potrebbero essere usati nella controinformazione dello smascheramento
ideologico.
Nel
nostro tempo le catene continuano ad essere coperte dai fiori immaginari delle
fantasie e delle false speranze.
Mostrare
la verità in modo a- dialettico può comportare una reazione di rifiuto da parte
di molti.
Il
momento dello svelamento è dunque delicato, poiché squarcia il velo di Maya
delle menzogne da cui le moltitudini sono avvolte.
La
verità necessita di essere rivelata con modalità politiche aggreganti e con
gradualità.
Molti
non potrebbero che fuggire dinanzi al “crudo vero”.
Il
problema dev’essere posto, poiché chi è abituato al conformismo e
all’informazione omologata non può che respingere la verità con il suo aspetto
meduseo, tanto più che si vive
normalmente rimuovendo il dolore e la sofferenza:
“La
critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti
la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga
i fiori vivi.
La critica della religione disinganna l’uomo
affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e
giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a sé stesso e perciò,
intorno al suo sole reale.
La
religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all’uomo, fino a
che questi non si muove intorno a sé stesso”.
“Bisogna
rendere l’oppressione più oppressiva”.
La
verità pensata e condivisa ha lo scopo di rendere l’oppressione ancora più
insopportabile, giacché essa riporta il suddito nella storia e gli dona uno
sguardo nuovo con cui vivere e pensare la realtà strutturale e
sovrastrutturale.
Il
passaggio dalla menzogna ideologica alla verità è doloroso.
La nuova sinistra comunista non può non
valutare tale passaggio dialettico che dev’essere sostenuto con la speranza e
con la progettualità.
La
verità metafisica e storica del nuovo comunismo dovrà definire l’essere umano
nella sua storicità per poter progettare “il comunismo del futuro”.
L’innaturalità del capitalismo dovrà essere
palesata con la fondazione metafisica del comunismo, in tal modo la politica
non sarà scissa dalla filosofia.
Il fondamento metafisico consente di
trascendere le barriere sociali e i particolarismi e di comunicare ad un numero
ampio e diversificato di compagini sociali e culturali la perversione operata
dal capitalismo della natura umana.
Marx
ci rammenta che le divisioni e i particolarismi “mummificano” e ipostatizzano
le divisioni fino a naturalizzarle:
“Quale
spettacolo!
Una società divisa all’infinito nelle razze
più svariate, le quali si contrastano con piccole antipatie, cattiva coscienza
e brutale mediocrità, e che appunto per la reciproca posizione ambigua e
sospetta chiedono di essere trattate tutte senza distinzione, se pur con
differenti formalità, dai loro signori come esistenze consentite.
E lo
stesso fatto di essere dominate, governate, possedute, esse devono riconoscerlo
e professarlo come una concessione dal cielo!
Dall’altra
parte stanno quegli stessi signori, la cui grandezza sta in rapporto inverso al
loro numero!
La
critica che si cimenta con questo contenuto è la critica che sta in mezzo alla
mischia, e nella mischia non si tratta di sapere se l’avversario è nobile, di
pari condizione, se è un avversario interessante, si tratta di colpirlo.
Si
tratta di non concedere ai tedeschi un solo attimo di illusione su di sé e di
rassegnazione.
Bisogna
rendere ancor più oppressiva l’oppressione reale con l’aggiungervi la
consapevolezza dell’oppressione, ancor più vergognosa la vergogna, dandole
pubblicità.
Si
deve raffigurare ciascuna sfera della società tedesca come la “parti contese”
della società tedesca, bisogna far ballare questi rapporti mummificati cantando
loro la loro propria musica!
Bisogna
insegnare al popolo a spaventarsi di sé stesso, per fargli coraggio.
Si soddisfa con ciò un imprescindibile bisogno
del popolo tedesco, e i bisogni dei popoli sono di per se stessi i motivi
ultimi del loro appagamento”.
Il
dominio si eternizza con l’astrattezza.
Si
astrae dall’uomo concreto per rimuovere la reale condizione di ogni strato
sociale e di ogni individuo.
L’astratto camuffa il concreto e lo rende
opaco e ciò facilita la conservazione.
Si
entra nel mondo dell’astrazione, in modo da negare ai subalterni le categorie
con cui ricostruire la tragica verità in cui si è implicati e invischiati.
Nessuna
tragedia è eterna.
La concretezza riporta fatti, dati e strutture
alla loro genesi e li emancipa dalle tempeste dell’astratto.
Marx
lottò per la concretezza, tale è il materialismo storico, e a tale categoria
oggettiva nessun comunismo dovrà rinunciare:
“La
critica della filosofia tedesca dello Stato e del diritto, che con Hegel ha
ricevuto la sua ultima forma più conseguente e più ricca, è l’una e l’altra
cosa, sia l’analisi critica dello Stato moderno e della realtà ad essa
connessa, sia la decisa negazione di tutto il modo precedente della coscienza
politica e giuridica tedesca, la cui espressione più eminente, più universale,
elevata a scienza, è appunto la filosofia speculativa del diritto.
Se solo in Germania è stata possibile la
filosofia speculativa del diritto, questo astratto ed esaltato pensamento dello
Stato moderno, la cui realtà rimane un aldilà, questo aldilà può risiedere
anche soltanto al di là del Reno:
inversamente,
la concezione tedesca dello Stato moderno, che astrae dall’uomo reale, fu
possibile a sua volta soltanto e in quanto lo Stato moderno stesso astrae
dall’uomo reale, ovvero soddisfa in modo soltanto immaginario l’uomo totale.
I tedeschi nella politica hanno pensato ciò
che gli altri popoli hanno fatto.
La
Germania fu la loro coscienza teorica.
L’astrattezza
e la presunzione del suo pensiero andarono sempre di pari passo con la
unilateralità e inferiorità della loro realtà.
Se
dunque lo status quo del sistema statale tedesco esprime il compimento dell’”ancien
regime”, questa spina nella carne dello Stato moderno, lo status quo della
scienza statale tedesca esprime l’incompiutezza dello Stato moderno, la piaga
della sua stessa carne”.
L’imperativo
categorico del comunismo del futuro sarà finalizzato, come già fu, a rovesciare
i rapporti di sussunzione nei quali l’essere umano è solo un mezzo. L’errore da
non ripetere è nell’individuare una classe specifica che ha la missione di
infrangere le catene.
Non vi
sono classi già pronte per la missione o destinate dalla provvidenza storica.
Vi sono potenzialità maggiormente presenti nei subalterni, ma senza il lungo
lavoro dello spirito nulla sarà possibile.
Nessuna
classe ha il suo “recondito segreto”; alla prassi si giunge non in modo
necessario ma attraverso un lungo e tenace lavoro sostenuto, in cui variabili
oggettive e storiche si incontrano. La rivoluzione è una scommessa, ma senza
abili scommettitori ad essa non si giunge:
“Dov’è
dunque la possibilità positiva della emancipazione tedesca?
Risposta:
nella formazione di una classe con catene radicali, di una classe della società
civile la quale non sia una classe della società civile, di uno stato che sia
la dissoluzione di tutti gli stati, di una sfera che per i suoi dolori
universali possieda un carattere universale e non rivendichi alcun diritto
particolare, poiché contro di essa viene esercitato non una ingiustizia
particolare bensì l’ingiustizia senz’altro, la quale può fare appello non più
ad un titolo storico ma al titolo umano, che non si trova in contrasto
unilaterale verso le conseguenze, ma in contrasto universale contro tutte le
premesse del sistema politico tedesco, di una sfera, infine, che non può
emancipare se stessa senza emanciparsi da tutte le rimanenti sfere della
società e con ciò stesso emancipare tutte le rimanenti sfere della società, la
quale, in una parola, è la perdita completa dell’uomo, e può dunque guadagnare
nuovamente se stessa soltanto attraverso il completo riacquisto dell’uomo.
Questa dissoluzione della società in quanto stato particolare è il
proletariato.
Il proletariato comincia per la Germania a
diventar tale soltanto con l’irrompente movimento industriale, poiché non la
povertà sorta naturalmente bensì la povertà prodotta artificialmente, non la
massa di uomini meccanicamente oppressa dal peso della società ma la massa di
uomini che proviene dalla sua acuta dissoluzione, anzi dalla dissoluzione del
ceto medio, costituisce il proletariato, sebbene gradualmente entrino nelle sue
file, com’è naturale, anche la povertà naturale e la cristiano-germanica schiavitù
della gleba.
Se il
proletariato annunzia la dissoluzione dell’ordinamento tradizionale del mondo,
esso esprime soltanto il segreto della sua propria esistenza, poiché esso è la
dissoluzione effettiva di questo ordinamento del mondo.
Se il proletariato richiede la negazione della
proprietà privata, esso eleva a principio della società solo ciò che la società ha elevato
a suo principio, ciò che in esso è già impersonato senza suo apporto, in quanto
risultato negativo della società.
Il proletariato quindi rispetto al mondo in
divenire si trova nello stesso diritto in cui il re tedesco si trova rispetto
al mondo già divenuto, quando egli chiama suo popolo il popolo, così come
chiama suo cavallo il cavallo.
Il re dichiarando il popolo sua proprietà
privata, esprime soltanto il fatto che il proprietario privato è re”.
Ciascuno
di noi può contribuire alla svolta, ma ad essa si giunge con il lavoro perenne
che solo la passione può donare.
La
passione non è una forza cieca, ma essa emerge dalla consapevolezza dolorosa
della verità storica e dalla capacità di usare le “categorie concrete” che ci
restituiscono la realtà/verità senza filtri e facili illusioni.
Per rifondare il comunismo dobbiamo andare
“oltre Marx” ma senza congedarci dal “suo cantiere”, anzi sta a noi continuare
l’opera.
Il
Feticcio di “Ventotene”: Ma Qualcuno
l’Ha Letto Veramente il Manifesto?
Conoscenzeaonfine.it
– (21 Marzo 2025) - Ferdinando Pastore – ci dice:
Il
“Manifesto di Ventotene” (1941) nasce in piena Operazione Barbarossa, con
un’idea di federalismo europeo ostile al socialismo di stato sovietico.
Contrasta l’impianto della Costituzione italiana e
rivela l’anticomunismo di Spinelli.
Oggi è
un feticcio scollegato dalla realtà politica.
Quale
Manifesto? Il Feticcio di “Ventotene”.
Quando
si fa riferimento a un avvenimento passato occorrerebbe collocarlo
storicamente, partendo magari dalle date.
Il
Manifesto di Ventotene viene redatto, sotto la regia di Altiero Spinelli (un
comunista pentito) ed Ernesto Rossi (un liberale allievo di Luigi Einaudi), nel
1941. In piena Operazione Barbarossa i nostri eroi concepiscono un federalismo
europeo con venature libertarie in chiaro contrasto con l’impianto del
socialismo di stato sovietico.
In
politica le fasi hanno la loro importanza, per cui partorire quel documento in
piena Seconda guerra mondiale, con la Germania nel suo momento più aggressivo,
prima dell’intervento statunitense, non voleva di certo essere un punto
d’appoggio per la causa del popolo russo impegnato nella resistenza
all’aggressione nazifascista.
Prendendo
spunto da alcuni articoli di Einaudi non solo si criticava il socialismo di
stato, ma anche la natura della sovranità statale.
Motivo
per cui il Manifesto si poneva in netto contrasto con tutta la riflessione
politico-culturale che portò alla nascita della Costituzione italiana, con il
suo impianto lavorista, sociale e di partecipazione pubblica tramite la
promozione di libertà positive, ritenuto questo il vero tratto distintivo del
nuovo stato democratico e autenticamente antifascista.
Pietro
Nenni, uomo di estrema profondità politica, comprese benissimo il sotterfugio
contenuto tra le righe del Manifesto e costrinse Sandro Pertini, politico meno
lungimirante di lui, al ritiro della firma.
Tanto
che quel testo prospettava anche l’ideazione di una forza politica esterna ai
partiti, a
quei partiti poi protagonisti della Liberazione, perché ritenuti troppo
nazionalisti.
Una
volta pubblicata postuma la sua memorialistica, emerse uno Spinelli obnubilato
dall’anticomunismo e dalla cieca volontà di sconfiggere militarmente l’Unione
Sovietica, come avrebbe potuto professare, in quegli anni, qualsiasi
reazionario appassionato alla lettura de “Il giornale d’Italia”.
Alla
luce di tutto ciò sorge spontanea una considerazione.
I progressisti sembrano sempre procedere per
astrazioni impolitiche: “il sogno europeo”, “i padri fondatori”, “lo spirito
del Manifesto di Ventotene”.
Queste
astrazioni concettuali, salmodiate fino allo sfinimento, diventano dei veri e propri dogmi,
totalmente sconnessi dalla realtà.
Realtà
che, a quel punto, non hanno alcun interesse a conoscere.
Senza
contare che il Manifesto di Ventotene è un vero e proprio feticcio, celebrato
indifferentemente dai più biechi reazionari e dai più illusi liberal, del tutto
estraneo al processo di formazione dell’Europa Unita, sia nella sua versione
embrionale che in quella totalitaristica di Maastricht.
(Ferdinando
Pastore).
(kulturjam.it/in-evidenza/il-feticcio-di-ventotene-ma-qualcuno-lha-letto-veramente-il-manifesto/).
Cari
progressisti, ripensiamo cultura
e valori in modo più aperto e dinamico.
Libertaeguale.it – Prof.ssa Claudia Mancina - (9
Dicembre 2024) -ci dice:
Mi è
accaduto varie volte di chiedermi come sarebbe stata la storia italiana se ci
fosse stato un rapporto inverso dal punto di vista quantitativo tra Partito
Socialista e Partito Comunista, cioè se il Partito Socialista fosse stato più
grande e il Partito Comunista più piccolo.
Sarebbe
stata sicuramente una storia molto diversa, forse una storia più simile a
quella degli altri Paesi europei.
L’anomalia italiana sarebbe stata sicuramente
o inesistente o comunque molto meno pronunciata, perché l’anomalia italiana
consisteva, come” Ceccanti “ha spiegato molto bene, nella presenza di questo “forte
Partito Comunista”.
Tuttavia
forse ci dovremmo chiedere come mai è successo che il Partito Socialista dal
1946 ha immediatamente perso la sua preponderanza mentre il Partito Comunista è
cresciuto in modo estremamente significativo e ha continuato a crescere, a
parte qualche ovvio momento di frenata.
Ora io non pretendo di rispondere a questa
domanda, è una domanda che tocca più agli storici, però la mia impressione è
che all’uscita dalla guerra, in una atmosfera caratterizzata dalle difficoltà
ma anche dall’entusiasmo della ricostruzione, il Partito Comunista apparisse –
ai giovani soprattutto – come qualcosa di più nuovo, di più fresco, di più
seriamente organizzato.
L’organizzazione
del Partito Comunista, che è stata più tardi considerata quasi un difetto, era
allora invece vista come un elemento di grande valore, di grande stima.
E un elemento di concretezza.
Credo
anche che il Partito Socialista, nella fase precedente al fascismo, all’inizio
del Novecento, si fosse esposto a un giudizio negativo, con le sue contorsioni
interne, con la frattura violenta tra riformisti e rivoluzionari, essendo poi –
dopo la nascita del Partito comunista – altrettanto rivoluzionario dei
comunisti.
Mi pare cioè che il Partito socialista non
rappresentasse in quella fase, e anche nell’immediato dopoguerra, un’opzione
realmente socialdemocratica, ma qualcosa di non molto diverso dai comunisti.
Comunque la storia è andata così; per quanto
la storia controfattuale sia utile, non è il caso di interrogarsi oltre un
certo limite su una possibile storia diversa.
Sul
partito nuovo e il ruolo di Togliatti è stato detto molto.
Io
vorrei ricordare un episodio, un piccolo episodio, perché è stata citata, come
segno della vocazione insurrezionale del PCI, l’occupazione della Prefettura di
Milano nel 1947.
Bisognerebbe
citare però anche la risposta – ben nota – che Togliatti dette a Pajetta che
gli telefonava tutto orgoglioso:
“abbiamo
preso la Prefettura di Milano”;
la
risposta fu: “bravi, adesso che ve ne fate?”
Che
non è una cosa da poco, ma mostra chiaramente che il PCI di allora non aveva
affatto una prospettiva di tipo insurrezionale.
Certamente in seguito a una scelta di Stalin e
agli accordi di Jalta, come ha ricordato Amato;
ma
anche come effetto di un filone di pensiero sviluppato da Gramsci in carcere e
dallo stesso Togliatti nell’esilio sovietico.
Se non
fosse così non comprenderemmo passaggi fondamentali della storia italiana, come
la partecipazione alla Costituente anche dopo l’esclusione dal governo;
o il
modo in cui si comportò il Partito Comunista durante il rapimento di Moro.
Non
potremmo neppure comprendere Berlinguer e il suo avvicinamento al governo negli
anni Settanta.
È vero
però, e questo credo che debba essere sottolineato, che ci fu una sottile vena
insurrezionale in parte dentro il Pci ma soprattutto fuori e accanto ad esso
(penso al tema del cosiddetto “tradimento della Resistenza”), che rimase viva
molto sottotraccia e molto minoritaria, e che riemerse poi in collegamento con
il terrorismo (l’album di famiglia della Rossanda non era una stupidaggine).
Però non era quello il PCI, non era quella la
linea del PCI, che d’altra parte, anche questo va detto e sottolineato con
forza, non ruppe mai i suoi rapporti con Mosca: la “doppiezza”, che significava
stare sì dentro la democrazia, ma non dentro l’Occidente.
Vorrei
dire qualcosa sugli altri temi che ha sollevato “Amato” rispetto all’oggi e al
domani e cioè le questioni che riguardano le prospettive della nostra
democrazia. A proposito delle” lucciole” di Pasolini, io per esempio non sono
tanto d’ accordo. Ricordo un passo di “Miriam Mafa”i, che scriveva (nei
colloqui con Reichlin e Foa) “le lucciole sono tornate”, cioè non c’è solo il
regresso, a volte ci sono anche momenti di progresso.
Le lucciole sono tornate perché è diminuito
l’impatto dei pesticidi, non è scomparso completamente ma è diminuito. Il declino non è ineluttabile, come
pensava Pasolini, e le lucciole possono tornare.
Questo
per dire che ho qualche perplessità sull’atteggiamento totalmente
anticonsumistico che si incarna nella figura di Pasolini, più che nelle figure
di Habermas e Ratzinger nel loro dibattito del 2004.
Devo
dire soprattutto Ratzinger interessantissimo, più ancora di Habermas.
Ma
tornando alla questione del consumismo, non sono così convinta che sia
possibile essere totalmente negativi su questo punto, perché una tendenza al
consumo e al godimento del consumo anche materiale è insita nell’essere umano
ed è strettamente connessa alla innovazione tecnologica che è la principale
caratteristica dell’homo sapiens.
Cos’erano
le fiere medievali, diffuse in tutta Europa, se non appunto il tentativo di
avvicinarsi a oggetti di consumo, naturalmente in condizioni di risorse – di
offerta e di domanda – completamente diverse da quella in cui viviamo noi?
Però
poi il consumismo, per usare questa parola standard, che è uno slogan, è stato
uno degli elementi fondamentali della caduta del comunismo.
I cittadini dei Paesi comunisti si sono
trovati di fronte a una organizzazione statale e sociale che predicava
l’uguaglianza, nella quale invece c’era una assoluta disuguaglianza, come fu
denunciato già negli anni Sessanta nel celebre libro di “Milovan Gilas “sulla
nuova classe:
la
classe dei burocrati, che godeva di condizioni di grande privilegio sfruttando
i cittadini lavoratori.
La percezione ormai generalizzata della
disuguaglianza, l’assenza di libertà e l’arretratezza tecnologica:
sono
questi gli elementi sui quali è caduto il comunismo.
Il
desiderio di consumi migliori e più facili sintetizza questi tre elementi.
E non
è un caso che, quando i tedeschi dell’Est si sono riversati nelle strade di
Berlino ovest, dove sono andati? Sono andati nei grandi magazzini, cosa che i
comunisti, anche noi comunisti italiani, abbiamo guardato con grande disprezzo.
Allora
era solo un problema di consumismo?
O si trattava di avere una vita migliore, come
avevamo in Occidente e come in quei Paesi non avevano proprio, neanche nella
Germania Est che pure era il paese più avanzato, più coccolato e più ricco?
(E
oggi, per un terribile paradosso della storia, quello in cui si sviluppano i
partiti neonazisti.)
L’ultimo
punto che vorrei toccare è questo: il presentismo della politica.
Certo, è verissimo che siamo in una fase in
cui la politica non riesce a guardare neanche all’anno dopo, figurarsi allo
sviluppo decennale di questioni come quella climatica o quella, ad essa
collegata, della riconversione industriale.
Io però credo che questo sia fondamentalmente
un problema della politica; sull’opinione pubblica sono meno pessimista e mi
chiedo se non possiamo guardare con un po’ più di fiducia all’evoluzione della
nostra società.
È vero che ci sono gli attacchi ai medici,
agli insegnanti, che c’è un aumento dell’egoismo sociale, dovuto anche alla
pessima influenza dei social media, ma credo che la responsabilità maggiore sia
di una politica che non è in grado di rispondere ai bisogni della società, non
è in grado di indicare prospettive di sviluppo al paese, e tanto meno di
indicare dei valori.
Io non
credo di avere soluzioni, per carità.
Un punto che però mi sentirei di sottolineare
è quello dei valori conservatori di cui pure ha parlato Giuliano Amato”.
Io
credo che la sinistra debba avere la capacità e l’umiltà di assumere, sia pure
trasformandoli, almeno alcuni valori che appaiono a uno sguardo pigro
conservatori.
Credo
che questo sia il punto vero che abbiamo di fronte.
Io non
chiedo alla religione di svolgere questo ruolo, anche perché il discorso sulla
religione oggi è più complicato che mai: la nostra società è inevitabilmente
multireligiosa e multiculturale, in tutti i paesi democratici, e questo rende
ancora più difficile attribuire alla religione (quale religione?) il ruolo di
“deposito di valori” evocato da “Habermas”.
Credo
che la politica progressista possa e debba elaborare da sé il deposito di
valori che è necessario per ricostruire una società libera e solidale.
Faccio
un esempio.
La
politica progressista, una politica che guardi avanti, deve essere in grado di
porsi seriamente, e non soltanto in termini ideologici o moralistici, il
problema dell’immigrazione.
Non
basta l’idea di accoglienza, bisogna porsi il problema di come concretamente
strutturare l’ingresso di migliaia e migliaia di persone nei nostri Paesi,
delle quali peraltro abbiamo bisogno.
Non è
solo per generosità che li dobbiamo fare entrare, è anche perché ne abbiamo
bisogno, come ci ripetono tutti i giorni gli industriali e gli economisti.
Però
bisogna pensare a modi concreti di inserire queste persone nel nostro tessuto
sociale, rispettando la loro cultura e la loro religione, (sono convinta che
l’assimilazione nel vecchio senso francese sia fallita e non sia più un
modello), però nello stesso tempo richiedendo una adesione a quelli che sono i
valori fondamentali della nostra società democratica e anche, non dobbiamo
temere di dirlo, della nostra tradizione culturale.
La
differenza tra la sinistra e la destra non dovrebbe essere sulla negazione o
affermazione della tradizione culturale, ma sul modo di concepirla:
come
qualcosa di statico o come qualcosa che è in continua evoluzione, oggi come
ieri e come domani.
Così
come penso che sarebbe giusto anche recuperare un concetto progressivo di
nazione, e non lasciare questo concetto esclusivamente alla destra.
Non
credo che sia un concetto di destra:
è nato
come concetto democratico (non c’è bisogno di citare Mazzini, John Stuart Mill,
Renan), ma anche oggi è un concetto che ha e deve avere un senso democratico e
progressivo.
Mi
fermo qui perché non voglio fare un elenco.
Voglio però dire, come atteggiamento generale,
che credo che la parte progressiva, quella che è erede del Partito Socialista e
anche in buona parte del Partito Comunista e naturalmente del Partito Popolare
e della Democrazia Cristiana, dovrebbe avere la capacità di ripensare in
termini un po’ più aperti, un po’ più dinamici, il proprio patrimonio
politico-culturale.
Il
nostro patrimonio di idee mi pare un po’ troppo – come dire – adagiato su sé
stesso;
non
guarda sufficientemente ai mutamenti che sono in atto nella società.
Per
guardare a questi mutamenti, per cercare soluzioni nuove, temo che non basti
rivolgersi alla religione;
bisogna
ripensare, rinnovare coraggiosamente tutto il nostro patrimonio, quello del
mondo cattolico così come quello del mondo della sinistra.
Il
Libro Bianco sulla Difesa in italiano.
Eunews.it
– Redazione – X eunewsit – (29 -03 – 2025) – ci dice:
Il
testo presentato congiuntamente il 19 marzo dalla Commissione europea e
dall'alta rappresentante per la politica Estera e di Difesa dell'Unione.
Difesa
Ue.
Bruxelles
– Pubblichiamo qui di seguito, e con i link ai testi in PDF, il Libro Bianco
sulla Difesa europea, presentato congiuntamente il 19 marzo dalla Commissione
europea e dall’alta rappresentante per la politica Estera e di Difesa
dell’Unione. Il testo in italiano è stato curato dal” Servizio Traduzioni di
Withub”.
1. INTRODUZIONE
L’Europa
si trova ad affrontare una minaccia acuta e crescente. L’unico modo per
garantire la pace è avere la prontezza di dissuadere chi vuole farci del male.
Abbiamo molte basi solide, come il nostro potenziale di liberare vaste risorse
e la potenza tecnologica e industriale latente. Ma partiamo anche da una posizione in
cui la nostra prontezza di difesa è stata indebolita da decenni di investimenti
insufficienti.
Il
nostro continente è attualmente colpito dalla guerra, da aggressioni e altri
atti ostili. L’Unione europea ha un’immensa ricchezza e potenza produttiva e una
profonda fede nell’importanza dei valori democratici condivisi da tutti gli
Stati membri. Ma è costretta da attori esterni che stanno mobilitando le loro risorse e
utilizzando la tecnologia in modo più efficace per raggiungere i loro
obiettivi.
Essi
minacciano direttamente il nostro stile di vita e la nostra capacità di
scegliere il nostro futuro attraverso processi democratici.
Ritengono
che non siamo politicamente in grado dare una risposta significativa e
strategicamente duratura.
L’ordine
internazionale sta subendo cambiamenti di portata mai vista dal 1945. Questi
cambiamenti sono particolarmente profondi in Europa, a causa del suo ruolo
centrale nelle principali sfide geopolitiche del secolo scorso.
L’equilibrio
politico emerso dalla fine della Seconda guerra mondiale e poi dalla
conclusione della Guerra fredda è stato gravemente compromesso.
Per quanto possiamo rimpiangere questa vecchia
era, dobbiamo accettare che questa non tornerà.
Il
mantenimento dell’”ordine internazionale basato sulle regole” rimarrà di
estrema importanza, sia nel nostro interesse che come espressione dei nostri
valori.
Ma un
nuovo ordine internazionale si formerà nella seconda metà di questo decennio e
oltre.
Se non
diamo forma a questo ordine – sia nella nostra regione sia al di fuori di essa
– saremo destinatari passivi dell’esito di questo periodo di competizione
interstatale, con tutte le conseguenze negative che ne potrebbero derivare,
compresa la reale prospettiva di una guerra su larga scala.
La
storia non ci perdonerà l’inazione.
In
questo contesto, l’Europa si trova di fronte a una scelta fondamentale per il
suo futuro.
Vuole affrontare gli anni a venire in modo confuso, cercando di adattarsi alle
nuove sfide in modo incrementale e cauto? Oppure vuole decidere il proprio
futuro, libero da coercizioni e aggressioni, assicurando che i cittadini
europei possano vivere in sicurezza, pace, democrazia e prosperità?
Se rispondiamo a questo momento con
determinazione, azione collettiva e una strategia chiara, rafforzeremo il
nostro posto nel mondo e rinnoveremo le nostre alleanze internazionali su una
base più sostenibile.
Consentiremo
un rinnovamento del progetto europeo e miglioreremo la sicurezza, la prosperità
e il benessere dei nostri cittadini.
Se
continuiamo sulla stessa strada, invece, finiremo per essere sminuiti, divisi e
vulnerabili.
La
nostra sicurezza ha tratto immensi benefici sia dalla NATO che dall’Unione
Europea.
Negli ultimi anni, abbiamo lavorato sempre più
a stretto contatto per rispondere alle minacce che dobbiamo affrontare.
Ma
questo non sarà sufficiente per i prossimi anni.
L’Europa deve fare molto di più se vuole
ripristinare una deterrenza credibile e garantire la sicurezza da cui dipende
la nostra prosperità.
Ciò
richiede che tutti gli Stati membri agiscano in modo solidale e investano nella
nostra difesa collettiva.
Il
futuro dell’Ucraina è fondamentale per il futuro dell’intera Europa.
Dal 2022, abbiamo assistito a una guerra ad
alta intensità su larga scala ai confini dell’Unione europea, con centinaia di
migliaia di vittime, spostamenti di massa della popolazione, costi economici
enormi e distruzione deliberata di sistemi energetici vitali e del patrimonio
culturale. L’esito
di questa guerra sarà un fattore determinante per il nostro futuro collettivo
nei decenni a venire.
L’Europa
deve affrontare altre crescenti minacce e sfide alla sicurezza, nella sua
regione e oltre. La competizione strategica è in aumento nel nostro più ampio vicinato,
dall’Artico al Baltico, dal Medio Oriente al Nord Africa. Le sfide transnazionali, come la
rapida evoluzione tecnologica, le migrazioni e i cambiamenti climatici,
potrebbero mettere a dura prova il nostro sistema politico ed economico.
Stati
autoritari come la Cina cercano sempre più di affermare la propria autorità e
il proprio controllo sulla nostra economia e società. Anche gli alleati e i partner
tradizionali, come gli Stati Uniti, stanno spostando la loro attenzione
dall’Europa ad altre regioni del mondo. Si tratta di un fenomeno di cui siamo
stati avvertiti più volte, ma che ora sta avvenendo più rapidamente di quanto
molti avessero previsto.
È
giunto il momento per l’Europa di riarmarsi. Per sviluppare le capacità e la
prontezza militare necessarie a scoraggiare in modo credibile le aggressioni
armate e a garantire il futuro, è necessario un massiccio aumento della spesa
europea per la difesa.
Questa
deve essere coordinata e diretta in modo più efficace che mai tra gli Stati
membri, riflettendo i nostri punti di forza collettivi e affrontando le
debolezze derivanti da un’azione non coordinata.
Abbiamo
bisogno di una base industriale più forte e più resiliente. Abbiamo bisogno di
un ecosistema di innovazione tecnologica per le nostre industrie della difesa
per tenere il passo con i cambiamenti nel carattere della guerra.
Dobbiamo
trarne le lezioni ed estrapolarle per un eventuale conflitto su larga scala nel
prossimo futuro.
Abbiamo bisogno di approvvigionamenti più
rapidi ed efficienti. Dobbiamo trovare nuovi modi di lavorare con alleati e
partner che condividono gli stessi obiettivi.
La
ricostruzione della difesa europea richiede, come punto di partenza, un
investimento massiccio per un periodo prolungato. Insieme dobbiamo accelerare i
lavori su tutti i fronti per aumentare urgentemente la prontezza della difesa
europea e
garantire che l’Europa abbia una postura di difesa europea forte e sufficiente
al più tardi entro il 2030, aumentando così anche il nostro contributo alla sicurezza
transatlantica.
Il
presente “Libro bianco” fornisce un quadro di riferimento per il “piano ReArm
Europe”, definendo le ragioni di un aumento degli investimenti europei nel
settore della difesa che si verifica una volta per generazione.
Esso definisce i passi necessari per
ricostruire la difesa europea, sostenere l’Ucraina, affrontare le carenze di
capacità critiche e creare una base industriale della difesa forte e
competitiva.
Per il
breve termine, il presente “Libro bianco” presenta opzioni concrete per la
collaborazione tra gli Stati membri al fine di rifornire urgentemente le loro
scorte di munizioni, armi ed equipaggiamenti militari. Ciò è essenziale anche per mantenere
e rafforzare il sostegno militare all’Ucraina. Come si evince dal Libro bianco, il
sostegno all’Ucraina è il compito immediato e più urgente per la difesa europea. L’Ucraina ne è attualmente la prima
linea, che resiste a una guerra di aggressione guidata dalla più grande
minaccia alla nostra sicurezza comune.
Per il
medio-lungo termine, indica diverse aree critiche di capacità, in cui le lacune
sono già state identificate dagli Stati membri nelle iniziative di priorità di
capacità dell’UE e della NATO.
Propone
che gli Stati membri uniscano urgentemente i loro sforzi per colmare queste
lacune, anche attraverso una serie di progetti di difesa di comune interesse
europeo, che saranno definiti dagli Stati membri e che beneficeranno degli
incentivi dell’UE.
Il
sostegno dell’Unione allo sviluppo collaborativo delle capacità faciliterà così
gli Stati membri nell’Alleanza Atlantica a raggiungere i loro obiettivi di
capacità in modo più rapido ed economico e con una maggiore interoperabilità
fin dall’inizio. Infine, il Libro bianco suggerisce indicazioni per rafforzare la base
tecnologica e industriale della difesa europea, stimolando la ricerca e creando
un mercato europeo per le attrezzature di difesa.
2. UN CONTESTO STRATEGICO IN RAPIDO DETERIORAMENTO.
Le
minacce alla sicurezza europea stanno proliferando in modo tale da costituire
una minaccia acuta per il nostro stile vita.
Anche prima dell’invasione dell’Ucraina da
parte della Russia nel 2022, c’era una crescente consapevolezza della
pericolosità dell’ambiente in cui operiamo.
Questo,
a sua volta, ha influenzato il nostro sistema politico e ha avuto un impatto
negativo sulla crescita economica, poiché i cittadini temono le conseguenze di
una rottura dell’ordine internazionale dovuta al comportamento di attori ostili.
In
primo luogo, la geografia e la storia dell’Unione europea la rendono
vulnerabile a certi tipi di sfide nel più ampio vicinato europeo. La vicinanza al Nord Africa e al
Medio Oriente rende l’Europa vulnerabile allo sconfinamento dei conflitti,
delle migrazioni e degli effetti del cambiamento climatico che hanno colpito
queste regioni. A nord, l’Artico sta diventando una nuova arena di competizione
geopolitica. Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti, tradizionalmente un
alleato forte, sono convinti di essere troppo impegnati in Europa e di doversi
riequilibrare, riducendo il loro ruolo storico di garante primario della
sicurezza.
In
secondo luogo, esiste un’ampia gamma di diversi tipi di minacce alla sicurezza,
sempre più interconnesse e sempre più diffuse. Si tratta di casi di terrorismo ed
estremismo violento, attacchi ibridi, azioni di gruppi internazionali di
criminalità organizzata e reti di criminali informatici. Le prove delle connessioni tra questi
gruppi e gli attori statali ostili sono in aumento, a causa delle nuove tecnologie che
trascendono facilmente i confini.
In
terzo luogo, uno dei fattori distintivi di questa nuova era è la misura in cui
queste sfide alla sicurezza sono di natura strategica, e richiedono quindi una
risposta strategica.
Ad
esempio, la Russia rappresenta una grande minaccia strategica sul campo di
battaglia. Ha costretto l’Europa e i nostri partner a confrontarsi con la
realtà di una grande guerra meccanizzata ad alta intensità sul continente
europeo, su una scala mai vista dal 1945. La Russia – che era già per
distacco lo Stato europeo più pesantemente armato – ha ora un’economia di guerra,
focalizzata in modo preponderante sul perseguimento dei suoi obiettivi bellici,
basata sulla mobilitazione industriale e sull’innovazione tecnologica.
Nel
frattempo, le implicazioni per la sicurezza dell’ascesa della Cina sono di
natura altrettanto strategica. La sfida posta da Pechino è sistematica in quanto si basa su
un sistema di governo completamente diverso – autoritario e non democratico –
da quello dell’UE. È inoltre sistematica in quanto legata all’approccio della Cina al
commercio, agli investimenti e alla tecnologia, con cui cerca di ottenere il
primato e in alcuni casi la supremazia.
In
un’epoca in cui le minacce proliferano e la concorrenza sistemica aumenta,
l’Europa deve rispondere in modo strategico. Ciò richiede di sfruttare i punti
di forza dell’Unione europea, ma anche di affrontare le aree di debolezza
comparativa, come la nostra capacità di stabilire una chiara direzione di
marcia centrale. Altrimenti, l’Europa sarà sempre meno in grado di decidere del proprio
futuro e sempre più spinta da grandi blocchi economici, tecnologici e militari
che cercano di ottenere un vantaggio su di noi.
Nel
breve termine, il futuro dell’Europa è determinato dal conflitto in Ucraina. Nel medio-lungo termine, con
l’attuale traiettoria, alcune delle sfide che dobbiamo affrontare non potranno
che acuirsi. Il resto del mondo è impegnato in una corsa alla modernizzazione militare
e al vantaggio tecnologico ed economico. Questa corsa si sta intensificando
e l’Europa deve ancora trovare una risposta pienamente coerente per far fronte
alla gravità del momento attuale.
La
Russia continuerà a incrementare la sua economia di guerra, sostenuta da
Bielorussia, Corea del Nord e Iran. Mosca sta espandendo massicciamente la sua capacità
di produzione militare-industriale, con una spesa stimata nel 2024 pari al 40%
del budget federale e fino al 9% del PIL (dal 6% nel 2023) per la difesa. Nel 2025, si prevede che la Russia
supererà la spesa per la difesa degli Stati membri in termini di parità di
potere d’acquisto. Inoltre, Mosca ha chiarito che, secondo la sua concezione, rimane in
guerra con l’Occidente. Se si permette alla Russia di raggiungere i suoi obiettivi in
Ucraina, le sue ambizioni territoriali si estenderanno oltre.
La
Russia rimarrà una minaccia fondamentale per la sicurezza dell’Europa nel
prossimo futuro, anche per la sua posizione nucleare più aggressiva e il
posizionamento di armi nucleari in Bielorussia. Mosca sta sfruttando una rete di
instabilità sistemica, anche attraverso una stretta collaborazione con altre
potenze autoritarie. Continua ad alimentare le tensioni e l’instabilità nei
Paesi vicini all’Europa, che si tratti di Balcani occidentali, Georgia,
Moldavia o Armenia, e ha una crescente influenza destabilizzante in Africa.
Se da
un lato la Cina è un partner commerciale fondamentale per l’UE, dall’altro sta
aumentando le spese per la difesa, con una mancanza di trasparenza sul suo
sviluppo militare. Oggi la Cina è il secondo Paese al mondo per spesa militare, superando
tutti gli altri Paesi dell’Asia orientale messi insieme. Sta espandendo rapidamente le proprie
capacità militari, comprese quelle nucleari, spaziali e informatiche. Questo cambiamento sta alterando in
modo significativo l’equilibrio strategico nell’Indo-Pacifico. La modernizzazione militare e
industriale della difesa cinese è sia quantitativa che qualitativa. Pechino sta intensificando le
misure politiche, economiche, militari, informatiche e cognitive per
costringere Taiwan, pur rimanendo al di sotto della soglia del confronto
diretto. Il cambiamento dello status quo di Taiwan solleva il rischio di una
grave perturbazione che avrebbe profonde conseguenze economiche e strategiche
per l’Europa. Inoltre, le azioni della Cina nel Mar Cinese Orientale e Meridionale stanno
destabilizzando la regione, mentre la sua crescente proiezione militare nel
Pacifico Meridionale e nell’Oceano Indiano sta sollevando preoccupazioni tra i
partner europei.
Le
rivalità geopolitiche alimentano l’instabilità in diverse parti del mondo. Questo non solo influisce sulla
sicurezza europea, ma mette anche a rischio la nostra economia. In Medio Oriente, sia il cessate il
fuoco a Gaza che la caduta del regime di Assad in Siria offrono l’opportunità
di ridurre le tensioni regionali e di porre fine alle sofferenze umane. Ciò
potrebbe anche ridurre l’insicurezza economica ed evitare ricadute, anche
intorno al Mar Rosso. Il legame diretto dell’Iran con la Russia, le sue ambizioni
militari, il suo sostegno alle forze per procura e il suo ruolo nella
destabilizzazione della regione continuano a rappresentare una seria
preoccupazione per la sicurezza europea. La fragile situazione in
Israele/Palestina, Siria e Libano dovrà essere attentamente monitorata per
evitare nuove tensioni.
I
conflitti, l’instabilità e il crescente estremismo violento in tutta l’Africa,
compresi il Sahel, la Libia e il Sudan, hanno implicazioni dirette per la
sicurezza e l’economia dell’Europa e continueranno a generare instabilità.
Le
crescenti minacce ibride includono attacchi informatici, sabotaggi,
interferenze elettroniche nei sistemi globali di navigazione e satellitari,
campagne di disinformazione e spionaggio politico e industriale, nonché
l’armamento della migrazione. Le attività di sabotaggio nel Mar Baltico e nel
Mar Nero sono in aumento. Le attività marittime, il relativo traffico e le
infrastrutture critiche sottomarine sono minacciati. Anche la libertà d’azione
dell’Europa nell’aria e nello spazio è sempre più minacciata.
Le
rivalità geopolitiche non solo hanno portato a una nuova corsa agli armamenti,
ma hanno anche provocato una corsa alla tecnologia globale. La tecnologia sarà la principale
caratteristica della competizione nel nuovo ambiente geopolitico. Alcune tecnologie critiche e
fondamentali come l’IA, la quantistica, le biotecnologie, la robotica e
l’ipersonico sono fattori chiave per la crescita economica a lungo termine e
per la preminenza militare. Per questo è fondamentale promuovere l’innovazione. Pertanto, la diffusione della
tecnologia a fini commerciali deve essere conciliata con ecosistemi tecnologici
più rigidi per promuovere gli obiettivi di sicurezza nazionale. I concorrenti
strategici dell’UE stanno investendo molto in questo settore.
Lo
stesso vale per la sicurezza dell’approvvigionamento di materie prime critiche,
fondamentali per la nostra produzione economica e industriale, per le capacità
di difesa e per la competitività. Queste sono sempre più spesso causa di competizione e
conflitti e fanno parte della politica di potenza, in quanto le dipendenze
eccessive possono essere sfruttate. Ad esempio, un’escalation delle
tensioni nello Stretto di Taiwan potrebbe precludere all’UE l’accesso a
materiali, tecnologie e componenti fondamentali.
In un
mondo più duro, caratterizzato da una geopolitica iper-competitiva e
transazionale, che si estende su diversi teatri, l’UE deve essere in grado di
contrastare efficacemente qualsiasi sfida ed essere pronta, anche per le
contingenze militari più estreme, come l’aggressione armata.
3. PRONTEZZA EUROPEA 2030.
Visti
i cambiamenti nell’ambiente strategico, è importante che l’Europa costruisca
una capacità di deterrenza sufficiente a prevenire una potenziale guerra di
aggressione.
Gli
Stati membri manterranno sempre la responsabilità delle proprie truppe, dalla
dottrina allo schieramento, e delle esigenze di definizione delle proprie forze
armate.
Inoltre, l’UE agirà sempre in modo da non
pregiudicare il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di
specifici Stati membri, tenendo conto degli interessi di sicurezza e di difesa
di tutti.
Tuttavia,
l’Unione può fare molto per sostenere e coordinare gli sforzi degli Stati
membri per rafforzare la base industriale della difesa e la prontezza
complessiva in materia di difesa, compresi i contributi europei alla deterrenza
e alla difesa collettiva della NATO.
Creando
le condizioni necessarie per anticipare massicciamente gli investimenti nel
settore della difesa, fornendo la necessaria prevedibilità all’industria e
riducendo la burocrazia, l’UE sosterrà gli Stati membri per raggiungere la
piena prontezza nel 2030.
L’Unione
integra e moltiplica gli sforzi individuali degli Stati membri.
Indipendentemente dal formato scelto da questi ultimi, la realizzazione di
progetti di collaborazione migliorerà il coordinamento, generando economie di
scala e migliorando i tempi di consegna. A sua volta, questo aumenterà la
capacità produttiva dell’industria europea della difesa.
L’UE
sta apportando valore aggiunto:
facilitando
una maggiore collaborazione e una scala efficiente per l’industria europea
della difesa nello sviluppo, nella produzione e nella commercializzazione di
sistemi d’arma,
facilitando
l’efficienza, l’intercambiabilità e l’interoperabilità, riducendo i costi
evitando acquisti competitivi e migliorando il potere d’acquisto degli Stati
membri, contribuendo allo stesso tempo a generare stabilità e prevedibilità con
la domanda industriale pluriennale,
sostenendo
infrastrutture a duplice uso per la mobilità e comunicazioni satellitari per la
navigazione e l’osservazione
permettendo
partenariati.
Il
Libro bianco sarà seguito dalla Strategia dell’Unione per la preparazione, che
definirà un approccio integrato a tutti i rischi per la preparazione a
conflitti e crisi, e dalla Strategia di sicurezza interna dell’UE, che fornirà un quadro completo e
unificato per prevenire, individuare e rispondere efficacemente alle minacce
alla sicurezza.
4. COLMARE LE LACUNE.
Per
dissuadere in modo credibile le aggressioni armate straniere e affrontare le
conseguenze dell’instabilità e dei conflitti, gli Stati membri dell’UE devono
disporre delle capacità necessarie per portare avanti l’intero spettro degli
incarichi militari. Oggi gli Stati membri soffrono di carenze critiche di
capacità che influiscono sull’esecuzione di operazioni militari complesse per
un periodo prolungato. Dato il rapido deterioramento del contesto geopolitico e le
crescenti tensioni, l’Europa deve acquisire i mezzi necessari in tempi
ragionevolmente brevi.
La
ricostruzione della difesa europea richiede di agire su diverse dimensioni, in
stretto coordinamento con la NATO.
Sono
necessari interventi e investimenti urgenti per ricostituire le scorte di
attrezzature ed equipaggiamenti militari degli Stati membri.
Lo
sviluppo di una cooperazione paneuropea su larga scala per colmare le lacune di
capacità critiche in aree prioritarie è destinato a diventare una necessità
strategica che richiederà diversi anni per essere realizzata. Ecco perché è
necessario intensificare gli sforzi adesso.
Lacune
di competenza
Per
colmare le lacune in termini di competenza occorre:
1) un’intesa condivisa tra gli Stati membri
sulle priorità più urgenti di investimento nelle capacità, alla luce delle
recenti indicazioni del Consiglio europeo;
2) un impegno stabile e a lungo termine per
affrontarle;
3) un
accordo chiaro tra gli Stati membri sul quadro di governance per ogni tipo di
competenza, che può variare da uno all’altro;
4) finanziamenti e incentivi dell’UE per
aiutare gli Stati membri a mobilitare le risorse di bilancio necessarie e a
spenderle nel modo più efficiente e mirato.
L’Unione
europea è già in grado di farlo, in quanto:
aiuta
gli Stati membri a individuare le carenze e le priorità di capacità a livello
europeo,
sostiene
gli Stati membri nell’avvio di nuovi progetti, a partire dall’armonizzazione
dei requisiti. La “multi-ruolo” flotta di navi cisterna per il trasporto ne è
un esempio,
sostiene
l’aggregazione della domanda attraverso l’acquisto collaborativo, aprendo la
strada alla fase industriale e intraprendendo acquisti congiunti per conto
degli Stati membri e su loro richiesta (ad esempio, munizioni da 155 mm per
l’Ucraina),
rafforza
la cooperazione attraverso la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) per
implementare la competenza e i progetti operativi di difesa.
Domini
di competenza difensiva.
Sulla
base delle carenze di competenze difensive già individuate dagli Stati membri,
il presente Libro bianco definisce sette aree prioritarie fondamentali per
costruire una solida difesa europea. Le aree di competenza prioritarie sono le
seguenti:
Difesa
aerea e missilistica: una difesa aerea e missilistica integrata, a più livelli,
che protegge da un intero spettro di minacce aeree (missili da crociera,
missili balistici e ipersonici, aerei e UAS).
Sistemi
di artiglieria: sistemi di fuoco avanzati che includono artiglieria moderna e
sistemi missilistici a lungo raggio progettati per sferrare attacchi precisi e
a lungo raggio contro obiettivi terrestri (deep precision strike).
Munizioni
e missili: sulla base dell’iniziativa del Servizio europeo per l’azione esterna
“Piano munizioni 2.0”, una scorta strategica di munizioni, missili e componenti
e una capacità di produzione industriale della difesa sufficiente a garantire
un rifornimento tempestivo.
Droni
e sistemi di contro-droni: sistemi senza pilota, compresi veicoli aerei,
terrestri, di superficie e subacquei che possono essere controllati a distanza
o operare autonomamente utilizzando software e sensori avanzati e migliorare le
capacità consentite da questa tecnologia (ad esempio, consapevolezza della
situazione, sorveglianza, …).
Mobilità
militare: una rete europea di corridoi terrestri, aeroporti, porti marittimi ed
elementi e servizi di supporto, che facilita il trasporto rapido e senza
soluzione di continuità di truppe ed equipaggiamenti militari nell’UE e nei
Paesi partner.
AI,
Quantum, Cyber & Electronic Warfare: applicazioni di difesa che
utilizzano l’AI militare e l’informatica quantistica; sistemi elettronici
avanzati a livello europeo progettati per
a)
proteggere e garantire l’uso senza ostacoli dello spettro elettromagnetico per
le forze e le operazioni terrestri, aeree, spaziali e navali;
b)
sopprimere, interrompere e negare l’uso dello spettro elettromagnetico da parte
di un avversario;
c)
proteggere la libertà di operare nel cyberspazio e garantire un accesso senza
ostacoli alle capacità informatiche.
Per
garantire la protezione e la libertà di manovra nel cyberspazio sono necessarie
capacità cibernetiche sia difensive che offensive. È necessario sviluppare
insieme agli Stati membri un sistema di sostegno volontario di competenze
informatiche offensive come deterrente credibile.
Abilitatori
strategici e protezione delle infrastrutture critiche: compresi, ma non solo, i
velivoli per il trasporto aereo strategico e il rifornimento aria-aria,
l’intelligence e la sorveglianza, il dominio marittimo, l’uso e la protezione
dello spazio e di altri mezzi di comunicazione sicuri e l’infrastruttura
militare per il carburante.
Raccogliere
il “dividendo collaborativo.”
È
assolutamente necessario colmare queste lacune di capacità e competenze in modo
collaborativo.
Sia il
Rapporto Niinistö che il Rapporto Draghi evidenziano come la mancanza di
collaborazione abbia portato a inefficienze nello sviluppo delle capacità di
difesa imponendo costi aggiuntivi a tutti gli Stati membri.
Di
conseguenza, si è persa l’opportunità di sfruttare le economie di scala europee
per ridurre i costi unitari.
La spesa – scarsa e frammentata – degli Stati
membri destinata all’innovazione nel settore della difesa ha un impatto
negativo sulle tecnologie emergenti, fondamentali per le future capacità di
difesa.
I gap
di competenza possono essere colmati attraverso l’acquisizione di competenze
belliche ad alta intensità, in linea con i processi di capacità dell’UE e della
NATO.
La
portata, il costo e la complessità della maggior parte dei progetti in questi
settori vanno oltre le capacità individuali degli Stati membri.
Pertanto,
un’azione coordinata che benefici del sostegno dell’intero pacchetto di
strumenti dell’UE faciliterebbe l’approvvigionamento economicamente vantaggioso
e favorirebbe l’aumento della capacità industriale europea di difesa,
rafforzando la nostra base tecnologica, compresa l’innovazione tecnologica nel
campo della difesa.
L’approvvigionamento
collaborativo è il mezzo più efficiente per procurarsi un gran numero di
“materiali di consumo” come munizioni, missili e droni. Gli acquisti
collaborativi, tuttavia, sono fondamentali anche per realizzare progetti più
complessi, poiché l’aggregazione della domanda limita i costi, invia segnali
più chiari agli operatori di mercato, accorcia i tempi di consegna e garantisce
l’interoperabilità e l’intercambiabilità.
Dal 2007, nell’ambito dell’Agenzia europea per la
difesa (EDA),
Gli
Stati membri hanno concordato un obiettivo comune del 35% sul totale degli
acquisti di attrezzature per la difesa da effettuare in collaborazione. Questo
obiettivo si riflette negli impegni della PESCO, lanciata nel 2017.
Gli
Stati membri hanno a disposizione diversi formati e strutture di
collaborazione. Queste forme includono, ma non si limitano a:
la
cooperazione multinazionale ad hoc, come per esempio una struttura a “nazione
guida”;
l’Agenzia
europea per la difesa, l’Agenzia di supporto e approvvigionamento della NATO o
l’Organizzazione per la cooperazione congiunta in materia di armamenti (OCCAR).
Su
richiesta degli Stati membri, la Commissione potrebbe anche agire come centrale
di acquisto per conto degli Stati membri.
Mobilità
militare e infrastrutture.
La
mobilità militare è un fattore essenziale per la sicurezza e la difesa europee
e per il nostro sostegno all’Ucraina. Essa rafforza la capacità delle forze
armate degli Stati membri e degli alleati di spostare rapidamente truppe ed
equipaggiamenti in tutta l’UE in caso di conflitto o di intensificazione della
guerra ibrida. Dimostra la nostra prontezza e deterrenza. Il rafforzamento
della logistica delle forze armate si sposa anche con la necessità di rendere
la nostra economia più connessa e competitiva: un binomio perfetto in termini
di duplice utilizzo. Sebbene negli ultimi anni siano stati compiuti progressi
significativi, permangono notevoli ostacoli allo spostamento di truppe ed
equipaggiamenti senza ostacoli attraverso l’UE.
La
mobilità militare è ostacolata dalla burocrazia, che spesso richiede
un’autorizzazione diplomatica specifica per i trasporti militari e anche il
rispetto delle normali norme e procedure amministrative. Le attuali procedure
non armonizzate, comprese quelle doganali, causano spesso gravi ritardi nel
rilascio dei permessi transfrontalieri. Per accelerare la deterrenza
indipendente dell’Europa e il nostro sostegno all’Ucraina, l’UE e gli Stati
membri devono semplificare e snellire immediatamente i regolamenti e le
procedure e garantire alle forze armate un accesso prioritario alle strutture,
alle reti e ai mezzi di trasporto, anche nel contesto della sicurezza
marittima.
Per i
loro spostamenti, le forze armate hanno bisogno di accedere a infrastrutture di
trasporto critiche, adatte a un duplice utilizzo. Hanno bisogno della
disponibilità di tutte le modalità di trasporto e anche di percorsi multipli
all’interno dell’Unione Europea, oltre che di collegamenti con i Paesi partner.
Per questo motivo, l’UE ha individuato quattro corridoi multimodali prioritari
(ferroviario, stradale, marittimo e aereo) per la mobilità militare per i
movimenti di truppe ed equipaggiamenti a breve termine e su larga scala. Questi
corridoi necessitano di investimenti sostanziali e urgenti per facilitare il
movimento di truppe ed equipaggiamenti militari. All’interno di questi quattro
corridoi prioritari, sono già stati stanziati 500 progetti hot-spot che devono
essere migliorati con urgenza (come l’ampliamento dei tunnel ferroviari, il
rafforzamento dei ponti stradali e ferroviari, l’espansione dei terminal
portuali e aeroportuali). Occorre inoltre garantirne la sicurezza, la
manutenzione e la riparazione. L’UE e gli Stati membri devono identificare le
possibili strozzature immediate e future nell’approvvigionamento energetico
insieme ai partner interessati, in particolare la NATO.
La
mobilità militare può essere ulteriormente rafforzata da una maggiore
disponibilità di mezzi di trasporto specializzati e a duplice uso in tutte le
modalità di trasporto. L’UE può portare valore aggiunto agevolando
l’approvvigionamento congiunto, la pre-contrattazione dei beni e l’utilizzo di
standard di progettazione uniformi per le capacità a duplice utilizzo e per
quelle di difesa e sicurezza. Una cooperazione rafforzata tra le industrie
dell’UE consentirebbe di aumentare la fornitura di beni critici e di mantenere
la posizione di leader di mercato delle aziende europee che offrono tecnologie
a duplice utilizzo.
La
Commissione, in consultazione con l’Alto Rappresentante, riesaminerà tutta la
legislazione UE esistente che incide sulla mobilità militare – comprese regole
più severe in merito alla proprietà e al controllo delle infrastrutture di
trasporto critiche – mapperà e aggiornerà le necessarie infrastrutture a
duplice utilizzo e le infrastrutture di trasporto critiche e prenderà in
considerazione azioni appropriate per rimuovere gli ostacoli persistenti e
garantire l’accesso dei militari ai mezzi di trasporto specializzati. I
progetti infrastrutturali a lungo termine a duplice utilizzo beneficerebbero
anche di una maggiore prevedibilità finanziaria.
Quest’anno,
l’UE adotterà una comunicazione congiunta sulla mobilità militare, portando
avanti le necessarie proposte legislative.
Protezione
delle frontiere.
La
difesa di tutti i confini terrestri, aerei e marittimi dell’UE è importante, in
particolare per quanto riguarda il confine orientale dell’UE. Il progetto di
uno scudo per il confine orientale è un’iniziativa degna di nota intrapresa da
alcuni Stati membri per affrontare le crescenti sfide in questa regione. Il
progetto prevede l’istituzione di un sistema integrato di gestione delle
frontiere terrestri, volto a rafforzare il confine terrestre esterno dell’UE
con la Russia e la Bielorussia contro le minacce militari e ibride. Ciò
includerebbe una combinazione completa di barriere fisiche, sviluppo di
infrastrutture e moderni sistemi di sorveglianza.
Omnibus
della difesa
La
semplificazione e l’armonizzazione normativa devono concentrarsi sia sulle
norme e le procedure specifiche del settore della difesa, sia sull’impatto
sull’industria della difesa delle politiche e dei regolamenti dell’UE che non
sono specifici per la difesa, ma che impediscono alla base tecnologica e
industriale della difesa europea (EDTIB) di rispondere con la massima agilità
alle attuali, accresciute, esigenze.
La
Commissione avvierà immediatamente un dialogo strategico con l’industria della
difesa per discutere le possibili misure in questi settori, individuare gli
ostacoli normativi e affrontare le sfide dell’industria della difesa. In questo
contesto, la Commissione inviterà l’EDA e lo Stato Maggiore dell’UE a
condividere le proprie competenze, se necessario. Sulla base dei risultati di
questo dialogo, la Commissione presenterà una proposta di semplificazione
omnibus per la difesa entro giugno 2025. Tale proposta sarà finalizzata in
particolare a:
aumentare
la certificazione incrociata dei prodotti per la difesa e facilitare il
riconoscimento reciproco della certificazione, ove opportuno;
consentire
il rapido rilascio delle autorizzazioni edilizie e ambientali per i progetti
industriali di difesa come questione di interesse pubblico prioritario;
garantire
la disponibilità e l’utilizzabilità tempestiva e legale di tutti i materiali e
gli altri fattori produttivi necessari nella catena di approvvigionamento
dell’EDTIB, in particolare per gli usi essenziali per i quali non sono
disponibili sostituti adeguati;
rimuovere
gli ostacoli che impediscono la disponibilità del personale militare nei tempi
e nei luoghi opportuni
rimuovere
gli ostacoli legati all’accesso ai finanziamenti, compresi gli investimenti
ESG;
facilitare
lo scambio di informazioni riservate e sensibili in condizioni che garantiscano
la semplicità e la sicurezza del trattamento;
la
razionalizzazione dei programmi industriali di difesa dell’UE per ridurre i
tempi di consegna, semplificare la gestione dei progetti finanziati dall’UE e
semplificare il trattamento dei cofinanziamenti degli Stati membri.
In
questo contesto, anche le direttive dell’UE sugli appalti per la difesa e la
sicurezza sensibile e sui trasferimenti intra-UE di prodotti per la difesa
saranno oggetto di semplificazione e armonizzazione normativa. Sulla base della
sua revisione intermedia, l’obiettivo dovrebbe essere anche quello di
semplificare e le regole e le procedure del Fondo europeo per la difesa.
Scorte
strategiche e pool di preparazione.
L’UE,
insieme agli Stati membri, può sostenere la creazione di scorte strategiche e
di pool di pronto intervento industriale per la difesa. Il Programma europeo
per l’industria della difesa (EDIP) sosterrà tali sforzi secondo tre linee
d’azione. In primo luogo, supportando azioni industriali per lo sviluppo di
partenariati industriali transfrontalieri per coordinare le riserve di prodotti
per la difesa, componenti e relative materie prime. In secondo luogo,
sostenendo azioni di approvvigionamento per creare riserve strategiche di
componenti e materie prime rilevanti. In terzo luogo, sostenendo la creazione
di riserve strategiche (o pool di preparazione industriale per la difesa) di
prodotti per la difesa fabbricati nell’UE.
5. INCREMENTO DEL SOSTEGNO MILITARE ALL’UCRAINA
(“Strategia Porcospino”)
Dal
febbraio 2022, l’UE e gli Stati membri hanno fornito circa 50 miliardi di euro
di sostegno militare all’Ucraina, anche attraverso il Fondo europeo per la
pace. Questo sostegno è stato fondamentale per sostenere lo sforzo bellico
dell’Ucraina. La resistenza dell’Ucraina di fronte alla guerra di aggressione
della Russia è stata notevole. Le esigenze di difesa dell’Ucraina continueranno
a essere elevate ben oltre qualsiasi cessate il fuoco o accordo di pace a breve
termine. L’Ucraina rimarrà in prima linea nella difesa e nella sicurezza
europea ed è il teatro chiave per definire il nuovo ordine internazionale, con
la propria sicurezza interconnessa a quella dell’Unione europea. L’UE e i suoi
Stati membri dovranno potenziare la capacità di difesa e di sicurezza
dell’Ucraina attraverso una “Strategia porcospino”, che sia in grado di
scoraggiare eventuali ulteriori attacchi e di garantire una pace duratura. È
quindi indispensabile che l’UE e i suoi Stati membri aumentino con urgenza
l’assistenza militare all’Ucraina.
La
guerra di aggressione ha messo in luce anche l’industria della difesa ucraina,
altamente innovativa e fiorente, con competenze significative in settori come
l’intelligenza artificiale e i droni, nonché competenze inutilizzate in settori
chiave. L’attitudine al fare e lo spirito imprenditoriale delle giovani e
dinamiche aziende ucraine possono fornire importanti impulsi alla competitività
dell’Europa e allo sviluppo di maggiori capacità di difesa europee.
Il
sostegno militare dell’UE all’Ucraina dovrebbe concentrarsi su due priorità che
si rafforzano a vicenda:
a.
Aumentare l’assistenza – militare e di altro tipo – dell’UE all’Ucraina.
Nell’ambito
delle garanzie di sicurezza a lungo termine e in linea con l’iniziativa
dell’Alto Rappresentante sul rafforzamento del sostegno militare all’Ucraina,
l’UE e i suoi Stati membri dovrebbero provvedere a quanto segue:
La
fornitura di munizioni di artiglieria di grosso calibro con un obiettivo minimo
di 2 milioni di proiettili all’anno. È urgente finanziare completamente in
tempi brevi le forniture di munizioni all’Ucraina per tutto il 2025, anche
attraverso donazioni incentivate dalle scorte e dagli approvvigionamenti è
urgente. Per garantire forniture stabili è necessario impegnarsi
finanziariamente fin da ora.
La
fornitura di sistemi di difesa aerea, missili (compreso l’attacco di
precisione) e droni sono priorità condivise dall’Ucraina e dagli Stati membri.
Sulla base della Lettera d’intenti del novembre 2024, in cui 18 Stati membri
hanno affermato la loro volontà di colmare collettivamente le urgenti carenze
di capacità nel breve termine, acquistando sistemi di difesa aerea terrestri e
sistemi aerei senza pilota, dovrebbe essere avviata con l’Ucraina una
“Iniziativa di difesa aerea” su due binari, che comprenda l’approvvigionamento
collettivo e il sostegno finanziario all’Ucraina per la produzione accelerata
di intercettori per i sistemi di difesa aerea a corto e medio raggio.
I
droni sono uno strumento indispensabile per correggere l’asimmetria delle
risorse militari sul campo. L’UE e i suoi Stati membri dovrebbero continuare a
sostenere l’acquisto di droni da parte dell’Ucraina e sostenere ulteriormente
lo sviluppo della sua capacità produttiva, anche attraverso joint venture tra
industrie europee e ucraine.
Gli
sforzi dell’UE e degli Stati membri per addestrare ed equipaggiare le brigate
ucraine e sostenere attivamente la rigenerazione dei battaglioni devono
consolidarsi e continuare a svilupparsi ulteriormente, diventando un elemento
essenziale del futuro sviluppo delle capacità militari dell’Ucraina dopo
qualsiasi cessate il fuoco. L’EUMAM Ucraina continuerà a fornire formazione
oltre i 75.000 beneficiari attuali. È necessario fornire pezzi di ricambio e un
supporto dedicato il più possibile parallelamente alle operazioni, per la
manutenzione, la riparazione e la revisione delle attrezzature danneggiate in
battaglia, adattando nel modo migliore le attrezzature militari inviate in
Ucraina alle necessità sul campo. Allo stesso modo, le truppe europee potranno
trarre notevoli benefici dall’esperienza in prima linea delle forze ucraine.
Il
sostegno diretto all’industria della difesa ucraina è il modo più efficace ed
efficiente in termini di costi per sostenere gli sforzi militari dell’Ucraina,
in particolare attraverso gli ordini di approvvigionamento diretto
dell’industria della difesa da parte degli Stati membri per la donazione
all’Ucraina. La capacità produttiva stimata dell’industria ucraina della difesa
raggiungerà circa 35 miliardi di euro nel 2025. A tale scopo, l’Ucraina
potrebbe utilizzare il prestito dell’UE che fa parte dell’iniziativa di
accelerazione straordinaria delle entrate (ERA) guidata dal G7. La Commissione
adotterà tutte le misure necessarie per anticipare il finanziamento attraverso
questo strumento, così come nell’ambito dello Strumento per l’Ucraina, per
massimizzare il margine di manovra macroeconomico dell’Ucraina. La
prealimentazione del SER consentirà all’Ucraina di incrementare la spesa per il
fabbisogno militare e di dare priorità agli acquisti nelle industrie della
difesa ucraine ed europee. Inoltre, il nuovo strumento SAFE (Security Action
for Europe) consentirebbe all’industria della difesa ucraina di partecipare ad
appalti collaborativi al pari dell’industria dell’UE.
È
necessaria una maggiore mobilità militare per garantire una più agevole
assistenza militare. I corridoi di mobilità militare dell’UE dovrebbero
estendersi all’Ucraina, migliorando l’interoperabilità e fungendo da ulteriore
garanzia di sicurezza per scoraggiare future aggressioni.
Un
maggiore accesso ai beni e ai servizi spaziali dell’UE potrebbe essere un
fattore chiave per migliorare le capacità di difesa dell’Ucraina. L’UE dovrebbe
dare seguito alla richiesta dell’Ucraina di partecipare al programma spaziale
dell’UE, compreso l’accesso ai servizi governativi basati sullo spazio nel
campo del posizionamento, della navigazione e del cronometraggio, delle
comunicazioni e dell’osservazione della Terra. L’UE dovrebbe inoltre finanziare
l’accesso dell’Ucraina ai servizi che di fornitori commerciali con sede
nell’UE, comprese le start-up e le scale-up, a sostegno e su richiesta delle
Forze armate ucraine. Ciò aiuterà l’Ucraina a migliorare la propria resilienza
diversificando le fonti di servizi spaziali. Inoltre, l’UE e i suoi Stati membri
dovrebbero cooperare strettamente con l’Ucraina per proteggere gli asset
strategici (come, per esempio, le minacce informatiche che colpiscono
l’Ucraina) ) e invitare l’Ucraina a partecipare al Centro di analisi di
informazioni di sicurezza nel settore spaziale. (ISAC) dell’UE.
La “EU
Military Staff Clearing House Cell” (Cellula di compensazione dello Stato
Maggiore dell’UE)
contribuisce
già al coordinamento del sostegno militare degli Stati membri all’Ucraina, in
collaborazione con il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina e con
l’assistenza e l’addestramento alla sicurezza della NATO per l’Ucraina. Per
rafforzare questo lavoro e potenziarlo con una maggiore cooperazione
industriale tra l’EDTIB (base industriale e tecnologica di difesa europea) e
l’industria ucraina della difesa, l’UE proporrà all’Ucraina di istituire una
Task Force trasversale.
b.
Associare l’Ucraina alle iniziative dell’UE per lo sviluppo delle capacità di
difesa e l’integrazione delle rispettive industrie della difesa.
Gli
ultimi tre anni hanno stimolato l’Ucraina a sviluppare rapidamente la propria
capacità militare. Oggi l’Ucraina utilizza l’esperienza acquisita in prima
linea per adattare e aggiornare continuamente gli equipaggiamenti, al punto da
diventare il principale laboratorio mondiale di innovazione tecnologica e di
difesa. Una più stretta cooperazione tra le industrie della difesa ucraine ed
europee consentirà un trasferimento di conoscenze di prima mano su come
utilizzare al meglio l’innovazione per raggiungere la superiorità militare sul
campo di battaglia, anche per quanto riguarda il rapido aumento della
produzione e l’aggiornamento delle capacità esistenti.
L’EDTIB
rimane comunque all’avanguardia nello sviluppo di sistemi e tecnologie di
difesa su larga scala più avanzati. L’integrazione dell’industria ucraina della
difesa nell’EDTIB la aiuterà a crescere, a modernizzarsi, a consolidarsi e a
fornire prodotti di difesa efficienti dal punto di vista dei costi al mercato
globale.
La
rapida adozione del progetto di regolamento EDIP è quindi una priorità
assoluta. Una volta approvato, aprirà la strada all’integrazione dell’Ucraina
nel mercato europeo delle attrezzature per la difesa attraverso un apposito
strumento di sostegno all’Ucraina (USI) e aprendo le attività del programma
alla partecipazione dell’Ucraina – coerentemente con quanto ora proposto per
SAFE, secondo le diverse modalità di tale strumento. In questo contesto,
l’Ufficio per l’innovazione della difesa dell’UE a Kiev potrebbe essere
potenziato per espandere la collaborazione industriale nel settore della
difesa, consentendo all’UE di sostenere e trarre profitto dall’esperienza
bellica dell’Ucraina e di incentivare ulteriormente gli investimenti diretti
delle imprese dell’UE nel mercato industriale della difesa ucraino. Inoltre, la
Commissione e l’Alto rappresentante raccomandano agli Stati membri di
incaricare l’EDA di espandere la partecipazione dell’Ucraina alle sue attività,
compreso l’Hub per l’innovazione della difesa dell’UE. Dovrebbe essere
incoraggiata anche la partecipazione ucraina ai progetti PESCO e alle
opportunità di collaborazione derivanti dalla Coordinated Annual Review on
Defence (CARD).
L’interazione
e la cooperazione tra UE, Stati membri e Ucraina che ne deriverebbe,
consentirebbe all’Ucraina di trasferire all’UE alcune delle sue esperienze di
guerra ad alta intensità. Gli insegnamenti tratti potrebbero a loro volta
informare e sostenere l’identificazione delle future esigenze di difesa degli
Stati membri.
6. UN’INDUSTRIA DELLA DIFESA FORTE E INNOVATIVA
IN EUROPA
Il
settore industriale europeo della difesa è un prerequisito indispensabile per
la messa a punto di una difesa e deterrenza credibile. Diverse aziende europee
del settore sono competitive a livello globale, ma la base industriale della
difesa dell’UE presenta ancora debolezze strutturali. Attualmente, l’industria
europea della difesa non è in grado di produrre sistemi ed equipaggiamenti di
difesa nelle quantità e con la velocità necessarie agli stati membri. Il
settore rimane troppo frammentato, con operatori nazionali dominanti che si
rivolgono per lo più ai mercati nazionali. Inoltre, ha sofferto di una carenza
di investimenti ed è dunque necessario aumentare gli investimenti e
l’approvvigionamento provenienti dal settore industriale dell’UE. Per aiutare
l’industria della difesa a superare queste debolezze, il processo di revisione
della direttiva UE sugli appalti per la difesa e la sicurezza sensibile,
previsto per il 2026, terrà conto della raccomandazione del Competitiveness
Compass di introdurre una preferenza europea.
Investire
nella prontezza della difesa europea non solo ci garantisce la pace di domani,
in più favorisce la nostra ambizione a rendere il settore manifatturiero
europeo competitivo. Le catene del valore o le capacità produttive esistenti
nelle nostre industrie tradizionali (automobilistica, siderurgica,
dell’alluminio o chimica) possono trovare nuove opportunità nel reimpiego e
nell’approvvigionamento di una crescente industriale della difesa, mentre i
nuovi ecosistemi e le catene del valore per le tecnologie d’avanguardia – come
l’IA o l’elettronica avanzata – possono alimentare applicazioni sia civili che
militari.
Attraverso
politiche mirate, l’UE dovrebbe sostenere l’industria europea della difesa in
sei direzioni strategiche: a) sostenere, rafforzare e promuovere le capacità
industriali in tutta l’UE; b) garantire l’approvvigionamento di elementi
critici per l’industria e ridurre le dipendenze; c) costruire un vero e proprio
mercato europeo delle attrezzature per la difesa; d) semplificare le norme
esistenti e ridurre la burocrazia; e) potenziare la ricerca e lo sviluppo per
promuovere l’innovazione; e f) mantenere, attrarre e sviluppare i talenti,
migliorando le capacità e le competenze nel settore della difesa.
La
domanda aggregata per incrementare la capacità di produzione industriale della
difesa
Un
massiccio aumento della capacità produttiva dell’industria europea della difesa
è un prerequisito per consentire agli Stati membri di acquisire le capacità
critiche che attualmente mancano. Oltre a risolvere i problemi della catena di
approvvigionamento e i colli di bottiglia logistici, l’aumento delle capacità
produttive dipende dal fatto che le aziende abbiano un flusso costante di
ordini solidi e pluriennali per orientare gli investimenti in linee di
produzione aggiuntive.
Gli
ordini a lungo termine sono il modo migliore per aumentare la prevedibilità
dell’andamento dell’industria europea della difesa e fornire i necessari
segnali di investimento a lungo termine, come dimostrato dal programma EDIRPA
(European defence industry reinforcement through common procurement act). Per
sostenere questa esigenza, l’UE può, da un lato, promuovere un’aggregazione più
sistematica della domanda degli Stati membri, nel quadro dell’EDA, per
preparare e strutturare appalti congiunti su larga scala e basati su contratti
pluriennali sostenuti da strumenti UE. Dall’altro lato, la Commissione e l’EDA
possono, in collaborazione con gli Stati membri, rafforzare il dialogo con
l’industria per fornire loro prevedibilità e anticipare meglio le loro esigenze
aggregate, il che consentirebbe a ciascun attore industriale di impegnarsi
nella pianificazione della produzione che contribuirebbe a soddisfare tali
esigenze complessive. Questa condivisione dinamica delle informazioni sulla
domanda futura e sull’aumento della produzione consentirebbe all’UE di adattare
meglio le misure di sostegno, per incentivare gli acquisti collaborativi e
l’aumento della produzione industriale.
Inoltre,
la disponibilità di equipaggiamenti di difesa europei in tempo e in quantità è
il prerequisito per una maggiore sicurezza, una maggiore autonomia e
competitività della base industriale della difesa europea. In linea con la
proposta EDIP, l’UE intende lanciare un progetto pilota per istituire
gradualmente un meccanismo europeo di vendita militare al fine di aumentare la
disponibilità e i tempi di consegna dei prodotti per la difesa provenienti
dall’Europa.
Ridurre
le dipendenze e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento
Anche
il rafforzamento della resilienza delle catene di valore della difesa dell’UE è
fondamentale per la prontezza nella difesa. La Commissione ha istituito
l’Osservatorio delle tecnologie fondamentali per lo spazio e per le catene di
valore della difesa per acquisire la conoscenza delle rispettive criticità e
monitorarle sistematicamente, nonché per sviluppare le relative road map
tecnologiche.
Nel
settore della difesa, l’accesso dell’industria ai fattori di produzione più
rilevanti è un fattore chiave. Quando il mercato europeo si basa solo su uno o
pochi fornitori di beni, servizi o altri input fondamentali, le politiche e gli
investimenti dell’UE dovrebbero rafforzare la sicurezza economica europea
riducendo al minimo il potenziale di coercizione economica e di
militarizzazione delle dipendenze. Pertanto, attraverso il dialogo strategico
con l’industria europea della difesa, la Commissione, sostenuta dall’EDA,
mirerà a identificare chiaramente le materie prime e i componenti chiave (come
per esempio i chip) più critici e le possibili misure per garantire una
diversificazione delle fonti di approvvigionamento con il sostegno dell’UE.
Parallelamente,
la prevista creazione di una piattaforma per l’acquisto congiunto di materie
prime fondamentali contribuirà a garantire forniture sicure ed efficienti in
termini di costi. L’UE sosterrà inoltre lo sviluppo di alternative nazionali
per le tecnologie, i componenti e i processi che ha bisogno di controllare (per
esempio, attraverso progetti EDF o quadri a duplice uso). Se necessario,
potrebbe cercare di attuare e promuovere trasferimenti di tecnologia, al fine
di trarre vantaggio da tecnologie all’avanguardia e dalla ricerca più avanzata,
e avviare uno sforzo a lungo termine per affrontare la questione delle
restrizioni imposte alle tecnologie dei Paesi terzi.
Creare
un vero e proprio mercato europeo delle attrezzature per la difesa,
semplificando e armonizzando le norme
Come
dimostrato dalla relazione Letta, la necessità di un mercato europeo di
equipaggiamenti per la difesa si è fatta molto più forte e urgente. Rispetto a
un decennio fa, gli Stati membri acquistano fino a quattro volte più
equipaggiamenti, spesso da fornitori extra-UE. Tuttavia, nessun mercato
nazionale europeo della difesa ha le dimensioni necessarie per aumentare
sufficientemente l’industria europea della difesa.
Gli
Stati membri devono poter fare pieno affidamento sull’EDTIB e sulle catene di
approvvigionamento della difesa europea, soprattutto in tempi di crisi e di
conflitto. Ciò significa garantire l’accesso ai prodotti per la difesa, ai
componenti e ai pezzi di ricambio attraverso un completo regime di sicurezza
degli approvvigionamenti .
Un
mercato delle attrezzature per la difesa veramente funzionante a livello
europeo sarebbe uno dei più grandi mercati nazionali della difesa al mondo.
Tale mercato contribuirebbe a raggiungere obiettivi chiave quali la
competitività globale, la prontezza e una maggiore dimensione industriale. Le
imprese EDTIB potrebbero avere un’impronta industriale più ampia nel settore
della difesa in tutta l’UE, anche negli Stati membri più vicini alle minacce
più pressanti per la sicurezza. Inoltre, aumenterebbe le opportunità di mercato
tra gli Stati membri attraverso collaborazioni industriali transfrontaliere,
fusioni e acquisizioni o start-up, stimolando così un maggior numero di
prodotti per la difesa realizzati nell’UE.
La
semplificazione e l’armonizzazione normativa devono concentrarsi sulle norme e
le procedure per gli appalti della difesa, i trasferimenti intra-UE di prodotti
per la difesa, il riconoscimento reciproco delle autorizzazioni nazionali di
certificazione e la concessione di permessi. Inoltre, è necessario rivedere
l’impatto delle politiche e dei regolamenti dell’UE, non specifici per la
difesa, sull’industria della difesa.
Trasformare
la difesa attraverso un’innovazione dirompente
Il
potenziale di alcune tecnologie ideate per una superiorità difensiva
rappresenta una leva importante che deve essere urgentemente rafforzata a
livello europeo. Le nuove tecnologie stanno cambiando radicalmente la natura
della guerra in diversi settori. L’intelligenza artificiale, il cloud computing
e il quantum computing, la connettività avanzata e sicura, i sistemi autonomi e
le fonti energetiche alternative hanno infatti la capacità di sconvolgere e
trasformare gli approcci tradizionali alla guerra. Le innovazioni nella
tecnologia dei droni stanno già decidendo i prossimi campi di battaglia e il
ruolo della robotica è destinato a crescere, con i veicoli terrestri autonomi
che assumono un ruolo di primo piano nelle prime operazioni di combattimento.
Queste macchine, capaci di ricognizione, assalti diretti e supporto logistico,
stanno già avendo un impatto. I robot militari dotati di intelligenza
artificiale sono ancora nelle prime fasi di sviluppo e l’Europa ha ampie
possibilità di eccellere nelle armi robotiche e nel software necessario per
alimentarle. Tuttavia, la finestra di opportunità è molto ristretta, poiché i
concorrenti e i rivali strategici stanno investendo pesantemente in questi
settori, così come in nuovi segmenti tecnologicamente complessi come i missili
ipersonici, le armi a energia diretta, la guerra nei fondali marini e nello
spazio.
Gli
Stati membri hanno bisogno che l’industria europea della difesa sia in grado di
progettare, sviluppare, produrre e fornire questi prodotti e tecnologie più
velocemente e su scala. Nel contesto di un sostanziale aumento della spesa per
la difesa, è necessario investire una quota maggiore nella ricerca e nello
sviluppo e nella tecnologia della difesa, concentrando gli sforzi e le risorse
su progetti europei comuni. L’UE dovrebbe sostenere lo sviluppo di processi
industriali nuovi e innovativi, come la progettazione e la produzione
distribuita, la produzione additiva e l’uso dell’intelligenza artificiale. A
tal fine, si potrebbe sfruttare il programma di innovazione della difesa
dell’UE (EUDIS) e l’Hub for European Defence Innovation (HEDI). Ad esempio, EUDIS,
sviluppato nell’ambito del FES con un budget di 2 miliardi di euro, propone
servizi di supporto all’innovazione per singole entità, anche attraverso
l’incontro con investitori, partner e utenti finali, e sostiene la
sperimentazione e la validazione di prodotti e tecnologie innovative. Con
maggiori finanziamenti, l’EDA potrebbe utilizzare HEDI per condurre campagne di
sperimentazione simultanee per promuovere rapidamente le soluzioni più
innovative e integrarle nelle capacità esistenti o nuove attraverso cicli di
sviluppo accelerati. Parallelamente, la Commissione finanzia il Defence Equity
Facility del FEI, che sostiene fondi di venture capital e private equity che
investono in aziende europee che sviluppano tecnologie di difesa innovative con
potenziale di doppio utilizzo.
Nel
regno della deep tech, la distinzione tra civile e difesa è sfumata. Di
conseguenza, le startup civili innovative e i risultati della R&I possono
svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo di soluzioni all’avanguardia che
possono potenziare in modo significativo le capacità militari e migliorare la
prontezza operativa. Sebbene l’Europa sia una potenza tecnologica, ciò non si
traduce ancora nella capacità di sfruttare appieno il potenziale della
tecnologia per ottenere una superiorità militare. È quindi urgente che l’UE
mobiliti la sua capacità di innovazione complessiva e indirizzi investimenti
significativi per recuperare il vantaggio ed evitare la dipendenza tecnologica.
L’UE
presenterà una tabella di marcia tecnologica europea per gli armamenti, facendo
leva sugli investimenti in capacità tecnologiche avanzate a doppio uso a
livello UE, nazionale e privato. In una prima fase l’UE si concentrerà sull’IA
e sulla quantistica. La Commissione garantirà inoltre che il Consiglio europeo
per l’innovazione e il previsto fondo TechEU Scale-up investano in tecnologie a
duplice uso.
Le PMI
svolgono un ruolo sempre più importante come fornitori agili di tecnologie e
innovazioni dirompenti nella comunità della difesa. La Commissione si è quindi
attivata per sostenere un contributo più attivo delle PMI alla R&I dell’UE
nel settore della difesa, in particolare fornendo bandi FES dedicati alle PMI e
incoraggiando la loro partecipazione a tutti gli altri progetti. La
cooperazione transfrontaliera che coinvolge le PMI è uno dei criteri di
assegnazione del programma FES e si applicano bonus finanziari in base al
livello di coinvolgimento delle PMI nelle azioni di sviluppo. Negli inviti a
presentare proposte del FES 2023, la partecipazione delle PMI ha rappresentato
circa il 50% del numero totale di entità, richiedendo il 30% dell’importo
totale delle sovvenzioni richieste. Per il periodo 2023-2027 si stima che il
FES dovrebbe finanziare le PMI con un massimo di 840 milioni di euro. Inoltre,
l’EDIP prevede creazione di un Fondo per l’accelerazione della trasformazione della
catena di approvvigionamento della difesa (FAST). Questo nuovo strumento
finanziario potrebbe generare un multiplo del budget assegnato all’iniziativa
da EDIP in prestiti o investimenti azionari.
L’UE
deve mobilitare la sua capacità di innovazione complessiva e indirizzare
investimenti significativi per riguadagnare il suo vantaggio, evitare di
diventare sempre più tecnologicamente dipendente e raccogliere i benefici delle
ricadute in altri settori dell’economia. L’Europa è già sede di alcuni nuovi
attori tecnologici innovativi nel settore della difesa. Per accelerare
l’emergere di operatori europei nel settore della tecnologia della difesa, il
contesto normativo deve essere più favorevole all’assunzione di rischi. La
Commissione intensificherà il dialogo con i nuovi operatori della difesa e con
gli investitori privati per proporre misure di semplificazione normativa e una
maggiore disponibilità di capitale di rischio e di opportunità commerciali.
Competenze
e talenti per innovare
Per
colmare le lacune di competenza è necessario coprire l’intero ciclo di sviluppo
delle capacità nel settore della difesa, dalla ricerca all’acquisizione, al
funzionamento e alla manutenzione. Il successo di questo approccio si basa
sulla disponibilità di competenze tecnologiche e di talenti innovativi
all’interno dell’industria della difesa, compresi gli attori della catena di
fornitura, dalle PMI alle imprese capocommessa. Sebbene il settore europeo
della difesa disponga di personale qualificato e specializzato, un’espansione
industriale della difesa su larga scala richiederà all’industria di attrarre,
formare, impiegare, aggiornare e riqualificare un numero molto maggiore di
talenti, dai tecnici agli ingegneri e agli esperti specializzati. L’Unione delle
competenze prevede una garanzia di competenze per i lavoratori dei settori in
fase di ristrutturazione o a rischio di disoccupazione, affinché abbiano
l’opportunità di sviluppare le loro carriere in altri settori, compreso quello
della difesa. Le competenze STEM (Science, Technology, Engineering and
Mathematics) avanzate sono essenziali per sviluppare le capacità di prossima
generazione, come sottolineato anche dall’Unione delle competenze, in
particolare nel settore della sicurezza e della difesa.
La
rapida e complessa evoluzione delle tecnologie sta creando opportunità per
nuovi tipi di lavoro e richiede un rinnovamento delle competenze. I dipendenti
dell’industria della difesa dovranno elaborare, sfruttare e diffondere
efficacemente i dati e sfruttare le nuove tecnologie in nuove aree di capacità
come i sistemi autonomi, i sistemi di sicurezza informatica, i sistemi
informativi intelligenti o i sistemi informatici ad alte prestazioni.
L’industria europea della difesa dovrà competere con altri settori per ottenere
competenze simili e, allo stesso tempo, la sua espansione creerà opportunità di
riqualificazione/aumento delle competenze per i posti di lavoro in esubero di
altri settori industriali.
7. AUMENTO DELLA SPESA PER LA DIFESA
La
spesa per la difesa degli Stati membri è cresciuta di oltre il 31% dal 2021,
raggiungendo l’1,9% del PIL complessivo dell’UE o 326 miliardi di euro nel
2024. In particolare, gli investimenti per la difesa hanno raggiunto la cifra
senza precedenti di 102 miliardi di euro nel 2024, quasi raddoppiando l’importo
speso nel 2021. Tuttavia, a livello aggregato, la spesa europea per la difesa
rimane di gran lunga inferiore a quella degli Stati Uniti e, cosa ancora più
preoccupante, a quella della Russia o della Cina. La ricostruzione della difesa
europea richiederà investimenti massicci
– pubblici e privati – per un periodo prolungato.
Con il
piano ReArm Europe, la Commissione ha individuato cinque pilastri per
incrementare in modo urgente e significativo la spesa europea per la difesa.
I 5 pilastri
contribuiranno ad affrontare i bisogni più immediati e a mitigare le
conseguenze dei mancati investimenti del passato.
1. Un
nuovo strumento finanziario dedicato per sostenere gli investimenti degli Stati
membri nel settore della difesa
Data
l’urgenza, la Commissione propone un nuovo regolamento UE ai sensi
dell’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per
fornire agli Stati membri prestiti sostenuti dal bilancio comunitario. Con un
importo massimo di 150 miliardi di euro, lo strumento Sicurezza e azione per
l’Europa (SAFE) sosterrà con forza un aumento significativo degli investimenti
degli Stati membri nelle capacità di difesa dell’Europa, ora e nel corso di
questo decennio.
SAFE
sosterrà l’industria europea della difesa attraverso appalti comuni che
coinvolgeranno almeno due Paesi, di cui uno sarà uno Stato membro che riceve
assistenza finanziaria SAFE e l’altro potrà essere un altro Stato membro, uno
Stato EFTA, un membro del SEE o l’Ucraina. Questi appalti comuni riguarderanno
le capacità e i fattori abilitanti prioritari individuati dal Consiglio europeo
straordinario del 6 marzo 2025. Le capacità più semplici e urgenti, come le
munizioni o la mobilità militare, sarebbero soggette a condizioni di
ammissibilità simili a quelle del programma EDIRPA. I sistemi più complessi e
ad alta tecnologia, come l’intelligenza artificiale o la difesa aerea,
sarebbero soggetti a condizioni più severe, ispirate alle discussioni
legislative sull’EDIP, alla luce dei maggiori requisiti di autonomia
strategica.
Gli
stanziamenti sono disponibili per tutti gli Stati membri. Saranno basati sulla
domanda e sui piani industriali di difesa nazionali. Una volta approvati i
rispettivi piani e firmato l’accordo di prestito, sarà disponibile il
prefinanziamento.
Lo
strumento include disposizioni per incentivare e facilitare ulteriormente gli
appalti comuni, come la possibilità di aprire gli accordi quadro e i contratti
esistenti a nuovi partner e l’esenzione dall’IVA per gli acquisti finanziati da
SAFE. Promuove inoltre l’uso di standard comuni.
Le
entità e i prodotti di altri Paesi partner possono essere ammessi agli appalti
comuni previo accordo con l’Unione sulle condizioni finanziarie e sulla
sicurezza dell’approvvigionamento.
2.
L’attivazione coordinata della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di
stabilità e crescita
La
comunicazione della Commissione intitolata “Accogliere l’aumento della spesa
per la difesa nell’ambito del Patto di stabilità e crescita” propone
l’attivazione coordinata della clausola di salvaguardia nazionale da parte di
tutti gli Stati membri per sbloccare una maggiore flessibilità per l’aumento
della spesa per la difesa.
La
flessibilità consentirà una deviazione dal percorso di spesa concordato
equivalente all’aumento della spesa per la difesa (compresi gli investimenti e
la spesa corrente) dal 2021. Si considera un periodo di quattro anni
(prorogabile). Grazie a questa flessibilità, gli Stati membri potrebbero
mobilitare spese aggiuntive per la difesa fino all’1,5% del PIL. Sulla base
delle proiezioni di un’adozione graduale, gli investimenti per la difesa
potrebbero raggiungere almeno 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni,
comprese le spese finanziate dai 150 miliardi di euro del SAFE, che saranno
automaticamente ammissibili in base alle clausole di salvaguardia nazionali.
3.
Rendere più flessibili gli strumenti UE esistenti per consentire maggiori
investimenti nel settore della difesa
Nel
breve periodo, l’UE può fare di più con il proprio bilancio per sostenere
l’urgente necessità di aumentare gli investimenti europei nella difesa.
La
politica di coesione contribuisce già alle capacità di difesa e sicurezza.
Finanzia investimenti del settore a che contribuiscono allo sviluppo regionale,
in quanto le industrie della difesa spesso creano ecosistemi industriali e di
ricerca e sviluppo a beneficio delle regioni e delle comunità locali.
Le
autorità nazionali, regionali e locali possono volontariamente utilizzare la
revisione intermedia delle politiche di coesione per destinare i fondi dei loro
programmi attuali alle priorità emergenti, compreso il rafforzamento delle
capacità di difesa e sicurezza.
Nel
contesto della revisione intermedia dei programmi 2021-2027, la Commissione
proporrà la prossima settimana un pacchetto di misure per fornire flessibilità
e incentivi in tal senso.
Lo
sviluppo di un’industria europea della difesa forte e resistente sosterrà la
competitività europea e promuoverà lo sviluppo regionale e la crescita
economica.
4.
Contributi della Banca europea per gli investimenti
La
Banca europea per gli investimenti ha un ruolo chiaro e decisivo da svolgere
nel finanziamento della difesa europea. Il Piano d’azione per la sicurezza e la
difesa del Gruppo BEI è stato un primo passo importante e la sua attuazione
dovrebbe essere accelerata.
Inoltre,
essa intende introdurre modifiche per ampliare ulteriormente la portata dei
suoi finanziamenti nel settore della difesa. Raddoppierà gli investimenti
annuali, portandoli a 2 miliardi di euro, per finanziare progetti come droni,
spazio, sicurezza informatica, tecnologie quantistiche, strutture militari e
protezione civile. Propone un ulteriore adeguamento dei criteri di
ammissibilità del Gruppo, per garantire che le attività escluse siano definite
con maggiore precisione e abbiano una portata il più possibile limitata, al
fine di allinearsi alle nuove priorità politiche dell’UE. Infine, proporrà una
revisione del suo quadro operativo e sostituirà l’iniziativa strategica di
sicurezza europea ad hoc con un obiettivo di politica pubblica trasversale dedicato
a contribuire alla pace e alla sicurezza dell’Europa, con una dotazione
finanziaria e di capitale ambiziosa. Si tratta di ulteriori passi nella giusta
direzione.
5.
Mobilitazione di capitale privato
L’aumento
degli investimenti pubblici nella difesa è indispensabile, ma non sarà
sufficiente. Le aziende europee, comprese le Piccole e Medie Imprese e le
Mid-Cap, devono avere un migliore accesso al capitale, compresi gli strumenti
di garanzia per la riduzione del rischio degli investimenti, per portare le
loro soluzioni su scala industriale e per guidare la crescita industriale di
cui l’Europa ha bisogno.
Il
settore finanziario mostra un crescente interesse per il settore. Tuttavia,
esso rimane un mercato poco servito a causa dei limiti delle politiche di
investimento delle istituzioni finanziarie pubbliche e private. L’accesso ai
finanziamenti rimane una delle principali preoccupazioni per il 44% delle PMI
della difesa, una percentuale molto più alta rispetto a quella delle PMI
civili. Esse hanno meno opportunità rispetto agli Stati Uniti o al Regno Unito,
e gli investitori statunitensi rappresentano il 60% del totale.
L’Unione
del Risparmio e degli Investimenti dovrebbe contribuire a convogliare ulteriori
investimenti privati verso le priorità dell’UE, compreso il settore della
difesa. Da sola potrebbe attirare centinaia di miliardi di investimenti
aggiuntivi all’anno nell’economia europea, rafforzandone la competitività. A
tal fine, la Commissione sta presentando una comunicazione sull’Unione del
risparmio e degli investimenti.
Il
regolamento dell’UE sulle comunicazioni in materia di finanza sostenibile
(SFDR) non impedisce il finanziamento del settore della difesa. Tuttavia, sia
quest’ultimo che il settore finanziario che quello potrebbero trarre beneficio
da ulteriori chiarimenti sull’applicazione del SFDR. La Commissione fornirà i
chiarimenti necessari nel contesto della sua revisione, riguardo al rapporto
tra la difesa e gli obiettivi di investimento del quadro di sostenibilità.
6.
Prevedibilità finanziaria
La
Commissione continuerà a esplorare ulteriori fonti di finanziamento per la
difesa a livello UE e ulteriori elementi e opzioni per incrementarlo in modo
sostanziale e rafforzare l’EDTIB.
Se la
domanda da parte degli Stati membri di finanziamenti basati su prestiti
sostenuti dal bilancio dell’UE nell’ambito di SAFE dovesse essere superiore
all’offerta, la Commissione continuerà a esplorare strumenti innovativi, ad
esempio legati al Meccanismo europeo di stabilità (MES).
Data
l’urgenza e la priorità per l’Europa di ricostruire la propria difesa,
sostenuta da una base industriale competitiva, il prossimo QFP dovrebbe fornire
un quadro completo e solido in suo sostegno.
Dovrebbe
sostenere maggiori e migliori investimenti collaborativi, dalla ricerca allo
sviluppo di sistemi complessi, passando per la commercializzazione e gli
appalti, al fine di aumentare la sovranità tecnologica dell’Europa.
8. MAGGIORE SICUREZZA ATTRAVERSO LE PARTNERSHIP
Le
sfide alla sicurezza hanno spesso implicazioni globali e richiedono una
cooperazione internazionale. La guerra su larga scala della Russia contro
l’Ucraina ha un impatto su vasta scala oltre l’Europa. Le minacce ibride e gli
attacchi informatici non conoscono confini. E nemmeno la sicurezza nello spazio
o in mare. L’UE deve quindi collaborare strettamente con le organizzazioni
internazionali e i Paesi partner per affrontare efficacemente queste minacce.
La
cooperazione con i partner è fondamentale anche per affrontare le sfide della
difesa europea e della sua industria, anche per diversificare i fornitori e
ridurre le dipendenze. Gli ampi partenariati dell’UE in materia di pace,
sicurezza e difesa sono una fonte fondamentale di forza e resilienza. L’Unione
rimane pienamente impegnata a promuovere la cooperazione internazionale e a
rafforzare un multilateralismo efficace a tutti i livelli. Espanderemo e
perfezioneremo ulteriormente i nostri partenariati su misura con partner
bilaterali, regionali e multilaterali in tutto il mondo, in modo reciprocamente
vantaggioso, per affrontare un’ampia gamma di sfide di sicurezza, anche nel
campo dello sviluppo delle capacità e dell’innovazione.
L’UE
promuoverà un’architettura aperta combinata con una geometria variabile che
consenta la partecipazione di partner che condividono le stesse idee a progetti
e iniziative di cooperazione nel settore della difesa, come i progetti PESCO,
che saranno incoraggiati caso per caso. Ciò contribuirà a ridurre l’eccessiva
dipendenza dovuta al fatto di affidarsi solo a uno o pochi fornitori di beni,
servizi o altri input fondamentali, a rafforzare la sicurezza economica europea
e a sviluppare e promuovere le capacità di difesa europee e la competitività
del mercato UE delle attrezzature di difesa.
La
NATO rimane la pietra miliare della difesa collettiva dei suoi membri in
Europa. La cooperazione UE-NATO è un pilastro indispensabile per lo sviluppo
della dimensione di sicurezza e difesa dell’Unione. Gli strumenti unici di
potere normativo e finanziario dell’UE aiutano i 23 Stati membri dell’Alleanza
Atlantica a raggiungere i loro obiettivi di capacità.
Un
forte legame transatlantico rimane fondamentale per la difesa dell’Europa. Gli
Stati Uniti chiedono che l’Europa si assuma maggiori responsabilità per la
propria difesa. Questi sforzi devono continuare a basarsi sulla profonda ed
estesa catena di approvvigionamento transatlantica, che dovrebbe essere
reciprocamente vantaggiosa. Il dialogo bilaterale sulla sicurezza e la difesa possono
essere potenziati per rafforzare ulteriormente la cooperazione in settori quali
la cibernetica, la sicurezza marittima e lo spazio, discutere le questioni
relative agli appalti e affrontare qualsiasi altra questione di interesse
reciproco.
Il Regno
Unito è un alleato europeo essenziale con il quale la cooperazione in materia
di sicurezza e difesa dovrebbe essere rafforzata nel reciproco interesse, a
partire da un potenziale partenariato in materia di sicurezza e difesa.
Partendo dalla serie di solidi accordi esistenti, la cooperazione bilaterale in
materia di sicurezza e difesa può espandersi, spaziando dalla gestione delle
crisi esterne alle politiche industriali di difesa.
La
Norvegia è un partner a pieno titolo nei programmi di difesa dell’UE attraverso
il suo contributo al bilancio dell’Unione. Il partenariato per la sicurezza e
la difesa, lanciato di recente, fornisce un quadro politico completo e
strutturato per rafforzare ulteriormente il dialogo e la cooperazione.
La
nostra cooperazione con il Canada si è intensificata e dovrebbe essere
ulteriormente migliorata, anche per rafforzare la sicurezza transatlantica. Il
dialogo bilaterale in materia di sicurezza e difesa e l’imminente partenariato
in materia di sicurezza e difesa costituiscono la base per una maggiore
cooperazione in materia di sicurezza e difesa, anche per quanto riguarda le
rispettive iniziative volte a promuovere la produzione dell’industria del
settore.
L’UE
dovrebbe continuare a impegnarsi e a cooperare in modo reciprocamente
vantaggioso nel campo della sicurezza e della difesa con tutti i Paesi europei,
dell’allargamento e limitrofi che la pensano allo stesso modo (tra cui Albania,
Islanda, Montenegro, Moldavia, Macedonia del Nord e Svizzera) per promuovere la
pace, la sicurezza e la stabilità nel nostro continente e oltre.
La
Turchia è un Paese candidato all’adesione all’UE e un partner di lunga data nel
campo della politica di sicurezza e di difesa comune. L’Unione continuerà a
impegnarsi in modo costruttivo per sviluppare un partenariato reciprocamente
vantaggioso in tutti i settori di interesse comune, sulla base di un impegno
paritario da parte della Turchia ad avanzare su un percorso di cooperazione su
tutte le questioni importanti per l’UE, in linea con le conclusioni del
Consiglio europeo dell’aprile 2024.
L’Unione
dovrebbe inoltre esplorare le opportunità di cooperazione industriale nel
settore della difesa con i partner dell’Indo-Pacifico, in particolare con il
Giappone e la Repubblica di Corea, con cui sono stati conclusi partenariati di
sicurezza e difesa lo scorso novembre, nonché con l’Australia e la Nuova
Zelanda.
La
cooperazione in materia di sicurezza e difesa con l’India si è sviluppata negli
ultimi anni, anche attraverso regolari consultazioni in materia di sicurezza e
difesa. L’UE e l’India esploreranno ulteriormente un partenariato sul tema.
L’Ue mantiene il suo impegno a sostenere la pace e la sicurezza nella regione
dell’Indo-Pacifico, compresa la sicurezza marittima, affrontando le minacce
alla sicurezza tradizionali e non tradizionali, salvaguardando le vie di
comunicazione marittime e sostenendo la libertà di navigazione.
9. LA VIA DA SEGUIRE PER LA DIFESA EUROPEA
Il
contesto geopolitico e il panorama delle minacce in Europa stanno cambiando
radicalmente e a una velocità senza precedenti. Dal Vertice di Versailles del
marzo 2022, gli Stati membri hanno concordato sulla necessità di assumersi una
maggiore responsabilità in materia di difesa. Sono già stati compiuti diversi
passi verso una più intensa cooperazione nel settore. Tuttavia, l’aggravarsi
delle minacce incombenti sull’Europa richiede che l’UE sia ferma, unita e
agisca con decisione, ambizione e rapidità.
Il
presente Libro bianco definisce un piano completo per riarmare l’Europa e costruire
la sua difesa per affrontare queste minacce, con azioni immediate:
Gli
Stati membri sono invitati a richiedere l’attivazione della clausola di
salvaguardia nazionale entro la fine di aprile.
Il
Consiglio è invitato ad adottare con urgenza la proposta di regolamento sulla
sicurezza e l’azione per l’Europa (SAFE).
I
colegislatori sono invitati ad adottare il Programma industriale europeo per la
difesa (EDIP) prima dell’estate, compreso lo Strumento di sostegno all’Ucraina
(USI).
I
colegislatori sono invitati a considerare con priorità le modifiche al Fondo
europeo di sviluppo regionale che saranno proposte entro la fine di marzo 2025.
A seguito della revisione intermedia delle politiche di coesione, le autorità
nazionali, regionali e locali potranno stanziare volontariamente fondi
nell’ambito dei loro programmi attuali per le priorità emergenti, tra cui il
rafforzamento delle capacità di difesa e sicurezza.
Gli
Stati membri sono invitati a intensificare rapidamente gli acquisti
collaborativi nel settore della difesa, in linea con l’obiettivo di almeno il
40% proposto dalla Strategia europea per l’industria della difesa (EDIS), anche
sotto l’egida dello strumento SAFE.
Gli
Stati membri sono invitati a concordare rapidamente una nuova ambiziosa
iniziativa di sostegno militare all’Ucraina, che comprenda munizioni per
l’artiglieria, difesa aerea e “addestramento ed equipaggiamento”.
La
Commissione promuoverà l’integrazione dell’industria ucraina della difesa nel
mercato unico, sosterrà l’estensione dei corridoi di mobilità militare in
Ucraina e studierà l’accesso dell’Ucraina ai servizi governativi spaziali
dell’UE.
La
Commissione invita il Consiglio dei governatori della Banca europea per gli
investimenti a rafforzare con urgenza il sostegno all’industria europea della
difesa, in particolare restringendo ulteriormente l’elenco delle attività
escluse e aumentando il volume dei finanziamenti disponibili.
La
Commissione avvierà immediatamente un dialogo strategico con l’industria della
difesa, ricorrendo anche all’esperienza dell’EDA o dello Stato Maggiore
dell’UE, a seconda dei casi.
La
Commissione presenterà, entro giugno 2025, una proposta di semplificazione
Omnibus della Difesa.
Nel
2025 l’UE presenterà una tabella di marcia europea per gli investimenti in
capacità tecnologiche avanzate a duplice uso.
La
Commissione e l’AR adotteranno, entro la fine del 2025, una comunicazione
congiunta sulla mobilità militare, accompagnata dalle necessarie proposte
legislative.
L’UE è
e rimane un progetto di pace. Deve essere in grado di proteggere i suoi
cittadini, di difendere i suoi interessi e i valori che rappresenta. L’Ucraina
merita un sostegno militare continuo per difendersi dall’aggressione militari e
per garantire che possa difendersi in futuro. Un aumento degli investimenti
nella difesa avrebbe effetti positivi in tutta l’economia, contribuendo alla
competitività, alla creazione di posti di lavoro e all’innovazione in molti
settori, dall’aeronautica alla costruzione navale, dall’acciaio allo spazio,
dai trasporti all’intelligenza artificiale. Se sfruttato correttamente, questo
potrebbe portare a un importante salto di qualità nella resilienza europea in
un mondo in cui le minacce proliferano.
L’Europa
deve fare scelte coraggiose e costruire un’Unione di Difesa che garantisca la
pace nel nostro continente attraverso l’unità e la forza. Lo deve agli alleati
della NATO, all’Ucraina e soprattutto a se stessa, ai cittadini europei e ai
valori che rappresenta. L’UE e i suoi Stati membri devono essere all’altezza di
questa sfida storica.
Di
questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma
nell’evento della serie “Connact” “Difesa comune europea: finanziamenti e
integrazione industriale “.
Nel
Libro Bianco Ue sulla difesa
acquisto
di armi al 65%
Made
in Europe.
Ilsole24ore.com
– (20 marzo 2025) – Beda Romano – ci dice:
Saranno
esclusi dagli appalti Paesi terzi che non siano candidati o associati alla Ue o
ancora legati all’Unione da accordi di sicurezza, come (almeno per ora) Regno
Unito e Stati Uniti. È inoltre essenziale che i Paesi membri abbiano il
controllo totale dello strumento.
BRUXELLES
– La Commissione europea ha presentato ufficialmente un atteso Libro Bianco
dedicato alla difesa e fondato più sulle misure per facilitare il riarmo
europeo che sulla sfida del coordinamento militare.
Il desiderio dell’esecutivo comunitario è
doppio: promuovere l’acquisto di armi e rafforzare l’industria della difesa, in
particolare europea. Il tema della pianificazione militare è lasciato alla
collaborazione tra i paesi membri, dentro o fuori l’ambito della Nato.
«L’ordine
mondiale sta subendo cambiamenti di portata mai vista dal 1945», ha detto alla
stampa l’Alta Rappresentante “Kaja Kallas”, riferendosi al disimpegno americano
dal continente europeo e alla perdurante guerra in Ucraina.
Ha
aggiunto il commissario alla difesa “Andrius Kubelius”: «450 milioni di
cittadini europei non dovrebbero dipendere da 340 milioni di americani per
difendersi da 140 milioni di russi, che non possono sconfiggere 38 milioni di
ucraini».
La
Commissione intende promuovere appalti in comune per l’acquisto di armi la cui
origine è almeno per il 65% di origine europea.
Nel caso le armi provenissero in parte da
Paesi terzi, ha precisato un funzionario comunitario, è essenziale che i Paesi
membri abbiano il controllo totale dello strumento.
Agli
appalti potranno partecipare Paesi terzi che siano candidati o associati alla
Ue o ancora legati ad essa con accordi di sicurezza (per ora sono esclusi gli
Stati Uniti e il Regno Unito).
In
alcuni Paesi, come la Germania e l’Italia, preoccupano i limiti all’acquisto di
armi non europee, tenuto conto dei numerosi contratti di collaborazione con il
Regno Unito o gli Stati Uniti.
Il
commissario “Kubilius” ha voluto essere rassicurante: «Nessuno è escluso. C’è
bisogno però di un accordo bilaterale». L’Alta Rappresentante Kallas ha
annunciato che una intesa con Londra è attualmente oggetto di negoziato e
potrebbe essere finalizzata in maggio.
Sul
fronte finanziario, Bruxelles conferma la proposta (nota con l’acronimo SAFE)
di nuovo debito europeo per 150 miliardi di euro da distribuire ai paesi che lo
vorranno sotto forma di prestiti (con una maturità di 45 anni).
Il
denaro dovrà essere utilizzato per finanziare l’acquisto di particolari armi,
quelle più sofisticate.
Nuovi
margini giungeranno dalla “Banca europea degli investimenti”, che potrà aiutare
lo sviluppo di beni a doppio uso, civile e militare.
A
questo si aggiunge la possibilità per i Paesi membri di deviare dai piani di
deficit pubblico per un ammontare annuo dell’1,5% del PIL (incluso l’eventuale
prestito SAFE).
La spesa dovrà essere dedicata agli
investimenti in difesa, ha spiegato il commissario agli affari economici”
Valdis Dombrovskis”.
Verrà utilizzata una definizione di difesa
relativamente ampia, che comprende anche la spesa in personale o la costruzione
di fabbriche per la produzione di munizioni.
Ha
precisato l’ex premier lettone, parlando ad alcuni giornali europei, tra cui Il
Sole 24 Ore:
«Suggeriamo
ai Paesi di adottare questa possibilità in modo coordinato, anche per evitare
stigma».
Bruxelles
si rende conto che la misura potrebbe creare nuove divergenze tra i Ventisette,
tanto più che stima un possibile esborso totale di 650 miliardi di euro.
«Monitoreremo
la spesa secondo le regole esistenti», ha aggiunto il commissario, notando che
la possibilità dello sforamento sarà limitata a quattro anni.
A
proposito di ulteriori opzioni di finanziamento, nel Libro Bianco si legge: «Se la domanda (…) di finanziamenti
basati sui prestiti sostenuti dal bilancio europeo nell’ambito di SAFE dovesse
essere superiore all’offerta, la Commissione continuerà a esplorare strumenti
innovativi, ad esempio in relazione al Meccanismo europeo di stabilità». C’è di più: la Commissione
europea, sempre secondo la relazione, «potrebbe anche agire come centrale
d’acquisto per conto degli Stati membri».
Concludendo,
e tralasciando per un attimo i dubbi sulla strategia del riarmo, il Libro
Bianco identifica le carenze e suggerisce i percorsi per rafforzare la difesa
europea.
L’uso del programma SAFE prevede la
presentazione di piani militari e un prefinanziamento pari al 15% del prestito.
Ma
Bruxelles non interviene né sull’acquisto del tipo di materiale né tanto meno
sulla pianificazione militare.
In
questo senso, per ora, la nuova dottrina di difesa presentata ieri rimane
monca.
“Essere
pronti al peggio”: l’Ue approva
il suo libro bianco per la difesa.
Eunews.it
– Emanuele Bonini – (19 marzo 2025) – ci dice:
Il
collegio dei commissari licenzia la versione definitiva del documento,
accompagnato dalla comunicazione che chiarisce come usare il patto di stabilità
per favorire il settore.
Bruxelles
– L’impianto di base non cambia, così come invariate sono anche le soluzioni
finanziarie.
Soprattutto,
resta immutato il senso di urgenza ed “essere pronti al peggio”.
Il
libro bianco per il futuro della difesa, nella sua versione definitiva che sarà
discusso dai capi di Stato e di governo nell’Ue nel vertice di questa settimana
(20-21 marzo) mantiene l’impianto originario e apre alla possibilità di
lavorare assieme ai partner non Ue, il che si traduce nella possibilità di
appalti congiunti con la Norvegia e più cooperazione con Regno Unito, Canada,
Giappone, India e Corea del sud.
“Ora si tratta di attuare, attuare e
attuare, perché non fermeremo [il presidente russo] Putin leggendo questo libro
bianco”, sottolinea il commissario per la Difesa, “Andrius Kubilius”, il quale
tiene a sottolineare che “non si tratta solo di forza militare, ma della nostra
prontezza, autonomia strategica e del futuro dell’Europa come attore globale “.
Però
c’è una volontà di potenza mista a paura a guidare l’azione a dodici stelle.
Si teme che la Russia di Putin “potrebbe
testare la nostra capacità di risposta militare da qui a cinque anni”,
ammettono in Commissione, ed è per questo che come Ue “dobbiamo ripristinare
deterrente credibile”.
Il
libro bianco per la difesa risponde a questo.
L’Alta
rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, “Kaja Kallas”,
invita ad attenersi al piano messo a punto dal collegio dei commissari perché,
sottolinea, “dobbiamo essere preparati al peggio “, e perché “siamo sempre più
forti insieme”, anche “nel difendere un mondo in cui la forza non fa il
diritto”.
A
proposito:
Kubilius
e Kallas, lituano il primo ed estone la seconda, rappresentano Paesi Ue che
annunciano l’intenzione – assieme a Lettonia e Polonia – di fare carta straccia
del trattato che proibisce l’utilizzo di mine anti-uomo.
Sempre
in nome della sicurezza e della difesa anti-russa.
È l’Ue
dei valori non assoluti ma piegabili alle logiche dell’era storica. Del resto,
come ripetuto dalla presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der
Leyen, l’Ue “deve prepararsi alla guerra”.
Il libro bianco della difesa è inteso anche a questo.
L’Alto
rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, e il
commissario per la Difesa, Andrius Kubilius sono decisi.
Munizioni,
droni, intelligenza artificiale: dove comprare.
Nel
libro bianco sul futuro della difesa, che la Commissione presenta assieme alla
versione consolidata del piano ‘RearmEU’, si conferma la lista delle carenze su
cui lavorare con senso di urgenza e priorità.
Progetti
comuni su cui si ravvede la necessità di lavorare includono sistemi di difesa
aerea e missilistica, droni e sistemi anti-droni, sistemi avanzati di
artiglieria (inclusi missili ad alta precisione e a lungo raggio), munizioni,
sistemi informativi e intelligenza artificiale, capacità di combattimento
terrestre, marittimo e aereo. E’ in tutto questo che gli Stati membri
dovrebbero darsi da fare, con la Commissione che si offre per agire da cabina
di regia.
Obiettivo
industriale: comprare europeo.
In
questo lavorio il principio di base è la “preferenza europea”, un modo per dire
che bisogna puntare su produzione e acquisto di apparecchiature, prodotti e
tecnologie ‘made in Ue’.
Un
modo di fare che si dovrebbe basare su tre principi: cercare una soluzione
europea; negoziare con produttori e fornitori europei riduzione di prezzi e
tempi di consegna, “possibilmente con il sostegno Ue”; qualora una soluzione
europea non fosse disponibile ai prezzi o alle tempistiche richiesti, gli Stati
membri dovrebbero rivolgersi insieme a fornitori di Paesi terzi chiedendo pieno
controllo del processo.
Sostegno
Ue tramite bilancio comune e semplificazione normativa.
A
livello finanziario il libro bianco della Commissione non contiene novità
rispetto alle impostazioni manifestate fin qui. Resta fermo l‘impegno a fornire
prestiti agli Stati membri per 150 miliardi di euro attraverso fondi da
reperire sui mercati e garantiti dal bilancio dell’Unione europea.
A questo si aggiungono otto miliardi per le
attività di ricerca e sviluppo attraverso il Fondo europeo per la difesa, e i
300 milioni di euro messi a disposizioni dal programma” Edirpa” per gli appalti
congiunti, con cui mobilitare fino a 11 miliardi di euro in investimenti
aggiuntivi.
È solo
l’inizio di un processo che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der
Leyen, intende portare avanti sin da subito.
Annuncia
nel libro bianco l’intenzione di avviare “immediatamente” un dialogo strategico
con l’industria del settore della difesa, e di produrre per il comparto una
proposta di semplificazione normativa “entro giugno 2025” attraverso un nuovo
pacchetto omnibus.
Ancora, “azioni correttive appropriate”
verranno prese per risolvere il problema della mobilità militare e rimuovere
così “gli ostacoli allo spostamento di truppe ed equipaggiamento” che ancora
permangono.
Conti
pubblici, i limiti al patto di stabilità.
Resta
ferma l’intenzione di sospendere per quattro anni il patto di stabilità
interno, non il patto Ue, per permettere agli Stati membri di accrescere gli
investimenti nel settore della difesa. La comunicazione in materia specifica
non solo la durata massima, a partire dal 2025 e quindi ammissibile fino a
tutto il 2028, ma anche quanta flessibilità viene data. Si prende come
riferimento il 2021, anno in cui la spesa militare dei singoli Stati era più
bassa degli ultimi anni. Da quel valore di riferimento a ogni Paesi membri
verrà concesso di spendere fino all’1,5 per cento di Pil in più all’anno e
sforare il tetto del 3 per cento nel tetto deficit/Pil senza che la Commissione
proponga l’avvio per deficit eccessivo. Se si spende di più si applicheranno
invece le regole senza alcuna eccezione. Ciò al fine di garantire che i
disavanzi restino comunque sotto controllo e sostenibili.
La
strategia dell’Ue “stimolerà anche la crescita economica, guiderà l’innovazione
e creerà posti di lavoro, garantendo al contempo la sostenibilità fiscale”,
evidenzia il commissario per l’Economia, Valdis Dombrovskis. Anche se,
ammettono a Bruxelles, al momento non è possibile parlare di ritorni economici.
“Non abbiamo stime sull’impatto di crescita dagli investimenti per la difesa”,
ammettono fonti. Si può solo dire che “da ogni euro speso genereremo molti più
euro”. Quanti, si capirà in seguito.
Integrazione
industriale dell’Ucraina e sostegno militare.
Resta
fermo l’obiettivo strategico per il futuro della difesa riguarda l’integrazione
dell’Ucraina all’Ue dal punto di vista industriale. Viene sottolinea la
necessità di fare entrare il Paese candidato nel mercato settoriale a dodici
stelle, “favorire investimenti diretti nell’industria della difesa ucraina”,
garantendo al contempo “accesso ai servizi satellitari”, a partire da quelli
forniti da Isac, il centro di condivisione dati e informazioni.
Oltre
a questi si rinnova l’invito a fornire sostegno militare immediato per le
necessità di breve periodo. Qui si insiste sulla necessità di fornire difesa
aerea (missili ad alta precisione e droni), e si corregge al rialzo l’impegno
per la fornitura di proiettili di largo calibro nel corso del 2025, adesso
fissato a due milioni di pezzi anziché 1,5 milioni. Inoltre, si insiste sulle
missioni di addestramento delle forze armate ucraine.
Di
questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma
nell’evento della serie Connact “Difesa comune europea: finanziamenti e
integrazione industriale “.
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