Follia guerrafondaia.
Follia
guerrafondaia.
l Più
Gigantesco Singolo Crimine
di
Tutta la Storia delle Guerre.
Conoscenzealconfine.it
– (25 Aprile 2025) - Piero Buscaroli – ci dice:
La
sera del 13 febbraio del 1945 Dresda era intatta.
Due
incursioni notturne preparavano gli inglesi, e una diurna gli americani:
nell’insieme, una fornace mai vista di esseri umani, palazzi, chiese, opere
d’arte.
Via
via che l’avanzata dell’Armata rossa metteva in fuga le popolazioni orientali
del Reich, la capitale degli Elettori di Sassonia, la “Firenze del Nord”, vide
raddoppiare i suoi 630.000 abitanti.
I profughi erano anziani, donne, bambini,
malati, feriti, forse centomila prigionieri di guerra, per lo più francesi, che
vivevano nelle fattorie, addetti ai lavori agricoli.
La
guerra era alla fine, l’illusione di aver evitato la morte dal cielo li
compensava dell’imminente invasione sovietica.
Ma a loro pensavano due specialisti:
“Arthur
Harris” “il macellaio” per gli inglesi, e “Jimmy Doolitle” per gli americani;
al suo collega “Carl A. Spaatz”, la Wehrmacht aveva appena decretato la “piuma
bianca”, che nelle tradizioni militari inglesi significa viltà e disonestà, per
il bombardamento di Berlino del 3 febbraio.
“Doolitle”
se la conquistò con Dresda. Due incursioni notturne preparavano gli inglesi, e
una diurna gli americani: nell’insieme, una fornace mai vista di esseri umani,
palazzi, chiese, opere d’arte.
Per
nascondere agli equipaggi che obiettivi dell’attacco erano solo civili,
profughi e vecchie case di legno, gli raccontarono diverse bugie:
Dresda era una città “fortificata”, centro di
produzione di armamenti.
Alle
obiezioni di molti piloti contro la distruzione del centro, risposero che
proprio questo ospitava, da alcuni giorni, il quartier generale della
“Wehrmacht” (Forze armate tedesche).
In uno
squarcio di sincerità del loro briefing, gli equipaggi del Gruppo 100 seppero
il vero scopo:
“Uccidere
il più grande numero di profughi rifugiati nella città, per spargere il terrore
dietro il fronte orientale tedesco”.
A
Dresda i soli obiettivi di qualche interesse militare, i ponti sull’Elba e
l’aeroporto, non furono neppure attaccati.
Uccidere
i civili, uccidere i profughi, uccidere e incenerire esseri umani, ecco lo
scopo dell’incursione.
Mai
altrettanti esseri umani furono sterminati in un giorno solo.
Mai
per ragioni altrettanto futili. Mai in modo altrettanto feroce.
Mentre
si è negato all’ultimo furiere della Wehrmacht il diritto di scolparsi con
l’obbedienza agli ordini, per decenni i Marescialli della Raf (Royal Air Force
– fu l’aviazione militare britannica durante la Seconda Guerra Mondiale) si
nascosero dietro il ministero, e il ministero dietro il Gabinetto e il
Gabinetto dietro incogniti “altissimi responsabili”, così salendo fino al primo
ministro che, come ne fosse scottato, respingeva i fantasmi di Dresda sul
ministero, e il ministero di nuovo sui militari.
Con
l’aiuto americano, la “Raf” uccise, in quattordici ore, da cento a duecento
mila civili innocenti.
135.000,
ha calcolato Irving; “ma potrebbero essere anche 275.000”, secondo la Croce
rossa internazionale di Ginevra.
Risultò
impossibile un calcolo esatto per le decine di migliaia di vittime incenerite,
e per la massa di profughi e stranieri non registrata.
La
bomba atomica di Hiroshima uccise 71.000 persone subito, e molte migliaia più
tardi.
All’esordio,
le bombe da quattro e diecimila chili, con la loro immensa onda d’urto,
dovevano frantumare i vetri delle finestre e far saltare i fragili tetti a
punta dell’età di Dürer e Lutero.
Alle case scoperchiate, 650.000 bombe e
spezzoni incendiari e i bidoni di fosforo avrebbero poi appiccato il fuoco;
cascate di scintille, infiltrandosi tra le finestre e i tetti, si sarebbero
mutate in torrenti di fiamme.
Con la
sua coltre di bombe esplosive, la seconda ondata doveva trasformare l’incendio
in rogo, annientare i soccorsi, riempire di gas venefici la città assassinata.
I bombardieri americani avrebbero inferto il
colpo di grazia e i caccia bombardieri che li scortavano sarebbero scesi a
mitragliare quel che ancora vivesse ai margini del macello.
Era il
martedì grasso, e la città festeggiava, alla meglio, il Carnevale.
L’Opera, sacra ai trionfi di Strauss,
rappresentava il “Rosenkavalier”, nel Gran Circo Saresani stava cominciando la
parata finale, i bambini indossavano maschere e costumini colorati, coi quali
addosso scesero a migliaia (da 25.000 a 50.000) nelle fosse comuni, o furono
inceneriti nei cumuli all’aperto. I treni nella stazione, gremiti di gente, erano
così lunghi, che si perdevano nella campagna.
Alle
22:13, guidati dai bengala, 244 quadrimotori “Lancaster” si avventarono sulla
preda.
Città aperta di fatto, Dresda non era difesa
da cannoni o proiettori.
La caccia notturna non poté alzarsi, perché
nel vicino aeroporto le piste dovevano accogliere, quella notte, gli aerei che
lasciavano le basi a oriente, e il comandante dell’aeroporto, interrotte le
linee con Berlino, non osò dare, ai piloti dei Messerschmitt Me.110, già pronti
nelle cabine, l’ordine che aspettavano, mentre Dresda, a sette miglia, moriva:
“Dresda annientata, e noi fermi a guardare. Com’è possibile?”, scrisse un
pilota nel diario: “Povera Patria”.
Gli
incendi arroventavano l’aria che, alleggerendosi, provocava uragani di vento
infuocato a duecento chilometri l’ora e mille gradi, suscitando altri incendi.
Le esplosioni, la temperatura, la mancanza di ossigeno spinsero torme di
dispersi nelle gelide acque dell’Elba, dei canali, dove trovarono i rivoli di
fosforo che colavano dalle strade.
I 529
quadrimotori della seconda ondata giunsero su Dresda all’1:30, guidati
dall’immenso braciere che si scorgeva da 150 chilometri.
Autostrade
e accessi erano affollati di autocarri:
soccorritori
e pompieri correvano da Chemnitz, da Lipsia, da Berlino, a farsi sterminare
nella fatica senza speranza.
Gli
zelanti fecero quel che il macellaio si aspettava da loro, e annientarono
colonne di soccorso, ambulanze, pompieri.
I
corpi fusi nelle strade, appiccicati all’asfalto.
Tutto
ciò accadeva in una delle più nobili città costruite dalla civiltà umana. Par
forse materialista rimpiangere la stupenda Dresda, che fino a quel giorno aveva
conservato il volto dorato che le aveva dipinto Bernardo Bellotto? Lo scempio
di Dresda opera d’arte è un delitto che il passare del tempo non farà
perdonare. Non deve essere perdonato.
Quando
i bombardieri “Lancaster” della seconda ondata si posarono sui loro atterraggi,
decollarono 1.350 “Fortezze volanti” e “Liberators”: 450 per dare il colpo
finale a Dresda, gli altri per devastare Chemnitz e Magdeburgo.
Le
fiamme si vedevano, ora, a 300 chilometri dall’obiettivo. A mezzogiorno e un
quarto, un nuovo uragano di bombe scese a casaccio dentro la nuvola nera che
copriva le rovine di Dresda, e alle 12:23 i P.51 “Mustang” della scorta si
precipitarono a mitragliare i veicoli che uscivano dalla città.
Fuggirono
gli animali dallo zoo e dal circo annichilito, si udivano le scimmie strillare,
si videro i cammelli impazziti aggirarsi tra signore morte in abito da sera e
cadaverini vestiti da Pierrot.
Dresda
bruciò sette giorni e sette notti.
Nella
città antica, la ricerca dei cadaveri durò più di un mese.
Le
fosse comuni non bastavano e immense pire furono erette al centro di quel
ch’era stato il superbo “Altmarkt”, su travi e rotaie incrociate, dove migliaia
di innocenti accatastati bruciarono per settimane al centro della loro città
vigliaccamente assassinata.
Infine
venne l’Armata rossa a ereditare la rovina che gli alleati occidentali avevano
allestito, e così le decine di migliaia di fedi matrimoniali e i preziosi
trovati addosso ai morti, trovarono un padrone.
Trecento
impiegati che lavoravano a identificare le vittime furono licenziati, al
direttore Voigt ne lasciarono tre, con l’ordine di trasferirsi in un ufficio
più piccolo, coi suoi 80.000 documenti e tessere annonarie.
I tentativi di identificare altre vittime
dovettero arrestarsi.
In una
baracca dell’”Abteilung Toten”, dove erano ammassate altre montagne di
documenti trovati sui cadaveri, l’Armata rossa trovò più conveniente sistemare
una sua unità di venti suini vivi, per i suoi comodi alimentari.
Le tessere furono bruciate, dissero, a causa
del loro odore ripugnante.
Il 13
febbraio 1946, le campane che restavano a Dresda e nei dintorni si misero a
suonare, e come un’ondata il suono si propagò, superò le linee di demarcazione,
giunse di città in città, di campagna in campagna, fino al Reno.
La protesta dei vinti si esprimeva con
l’ultima voce che a loro restava.
Dopo
50 anni (80 oggi), la città assassinata e tutte le città assassinate con le
centinaia di migliaia di innocenti che vi morirono arsi e straziati, aspettano
ancora che, oltre le ipocrite cerimonie e l’accensione di candele, il vincitore
di allora riconosca che fu un assassinio.
(Tratto
da “Una Nazione in coma” di Piero Buscaroli, Minerva Edizioni, 2013.)
(A
cura di Valentina Carnielli.)
“facebook.com/rosanna.spatari.1).
L’ipoteca
di Trump sul conclave e
la
battaglia per il futuro della Chiesa.
Lacrunadellago.net
– Cesare Sacchetti – (27/04/2025) – ci dice:
Sabato
26 aprile 2025 si è scritta ufficialmente la parola “fine” sul pontificato di
Jorge Mario Bergoglio, quando si è celebrato il suo funerale in piazza San
Pietro in una tiepida giornata primaverile romana.
C’erano
i leader di tutto il mondo giunti per porgere i loro omaggi al papa che è stato
certamente il pontefice di riferimento dei vari circoli del mondialismo, su
tutti Davos e dintorni, se si pensa che Francesco ha invitato presso il
Vaticano diversi esponenti dello stato profondo americano quali la figlia dei
coniugi Clinton, Chelsea, il dottor Anthony Fauci, il medico preferito dal
cartello farmaceutico, e altri esponenti della finanza internazionale come”
Mario Draghi”, ritornato per l’occasione da New York, la culla di Wall Street,
presso la quale l’uomo del Britannia si era recato lo scorso giovedì.
Soltanto
queste poche righe, da sole, sarebbero più che sufficienti a smontare tutta la
traballante impalcatura della narrazione del “papa degli ultimi” che i mezzi di
comunicazione stanno cercando a tutti i costi di far digerire alle masse, che
però, nonostante la virtualità della TV, non hanno risposto all’appello.
Roma
era in larga parte vuota ieri.
Non c’erano folle o maree umane, e il circolo
di Santa Marta si è anche salvato in parte con un escamotage come quello di far
affluire al funerale i giovani che invece erano giunti per il giubileo
dell’adolescenza, in modo da far credere così che la gioventù fosse tutta dalla
parte di Bergoglio, mentre tra questa si nota un sempre più incoraggiante e
promettente interesse per la “Tradizione”.
Una
volta che la bara è stata definitivamente chiusa e interrata a Santa Maria
Maggiore accolta da trans e carcerati come desiderava il pontefice venuto dalla
fine del mondo, sono stati certamente anche messi i chiodi sulla bara del suo
pontificato, ma gli strascichi, o meglio lo sconquasso, portato dall’ex
arcivescovo di Buenos Aires saranno un pesante fardello per il prossimo
pontefice, chiunque egli sia.
C’è,
ad esempio, da fare i conti con le casse vuote dell’obolo di San Pietro perché
negli ultimi anni le offerte si sono sempre più diradate a causa di un
progressivo disamoramento dei fedeli nei confronti di un papa che aveva sempre
parole per gli immigrati clandestini, nessuna per i cristiani perseguitati, e
incontenibili gesti di affetto per i vari nemici della Chiesa rappresentati dai
soliti abortisti e massoni.
Se
Francesco vedeva di fronte a sé un uomo di questo mondo, non c’era nulla che
riusciva a contenere il suo entusiasmo.
Doveva
e voleva manifestare a tutti il suo affetto e la sua devozione nei riguardi di
questi personaggi in modo che tutti sapessero che il pontefice aveva smesso
definitivamente di difendere il magistero petrino per passare, in via ancora
più manifesta dei suoi non brillanti predecessori, la sua ammirazione per gli ideali
della libera muratoria nella enciclica “Fratelli tutti”, non a caso elogiata
dai vari grembiulini della Gran Loggia d’Italia e del GOI.
Il
prossimo conclave sarà quindi un intricato rebus perché ora si devono fare i
conti con questo cumulo di macerie che non potranno essere ricostruite da un
uomo, a parer nostro, che va alla ricerca spasmodica del dialogo
inter-religioso come fatto dai pontefici post – conciliari, ma da qualcuno che
invece abbia il coraggio, l’autorevolezza e la conoscenza profonda del processo
di apostasia che ha investito la Chiesa negli ultimi 60 anni.
La
guerra dei servizi e i precedenti negli altri conclavi.
La
battaglia per eleggere il successore di Pietro è già iniziata da qualche tempo,
e su questo conclave si combatterà uno scontro feroce non solo ovviamente tra
le varie fazioni vaticane della massoneria ecclesiastica dei cosiddetti
cardinali “conservatori”, ma soprattutto anche sul
piano geopolitico.
C’è
una lunga letteratura su come i servizi dei vari Paesi si siano mossi per
provare a spingere il conclave nella direzione desiderata, e tra i vari esempi
c’è il più recente, ovvero quello che portò all’elezione di Bergoglio nel 2013,
quando il dipartimento di Stato americano si adoperò non poco per favorire la
sostituzione di Ratzinger, giudicato non abbastanza solerte nel seguire le
direttive di Washington, con appunto il papa argentino.
Le
email dell’eminenza grigia di “Hillary Clinton”, “John Podestà”, già coinvolto
in un vasto giro di pedofilia, sono lì a dimostrare che gli ambienti dello
stato profondo americano controllati dagli “esclusivi” circoli del “Bohemian
Grove” e del “Council on Foreign Relations “erano alla ricerca di un pontefice
che desse una spinta definitiva verso l’”agenda del Nuovo Ordine Mondiale”.
John
Podestà.
Attraverso
l’espressione “Nuovo Ordine Mondiale” si intende certamente un progetto di
natura politica che aspira a costruire un “supergoverno mondiale”, o una “repubblica
universale” come la chiamano i massoni, ma esso prim’ancora che un disegno
meramente politico è un piano spirituale che prevede l’instaurazione di una
religione teosofica luciferiana globale che non può non passare
dall’annichilimento della Chiesa Cattolica che è stata indiscutibilmente nei
secoli passati il “katehon” contro l’avanzata della “Bestia”.
Si
spiegano così le feroci battaglie per spostare i conclavi soprattutto negli
ultimi anni, ma pressioni ancora più violente contro la Chiesa furono eseguite
già molti anni prima, e qui si potrebbe ricordare quanto avvenne nel 1958 e nel
1963, nelle due elezioni che portarono sul soglio pontificio due uomini adepti
della massoneria come” Angelo Roncalli” e “Giovanni Montini”.
Anche
in quell’epoca i servizi segreti americani erano attivi nel favorire l’elezione
di un pontefice che fosse espressione di quella corrente modernista che altri
pontefici come San Pio X avevano invece respinto con così tanto vigore e
fermezza.
Nel
1958, la CIA aveva già espresso il suo veto all’elezione del “cardinal Siri”
che fu
costretto a rinunciare dopo esplicite minacce di morte contro la sua persona, per lasciare il posto invece all’uomo
che desiderava sia l’intelligence americana sia l’Unione Sovietica.
A
giocare un ruolo decisivo in quell’occasione fu la fronda dei cardinali
francesi guidati da “Tisserant” che ventilò uno scisma di fronte alla elezione
dell’arcivescovo di Genova, alquanto inviso sia alla massoneria ecclesiastica,
sia agli Stati Uniti e alla Francia di De Gaulle.
Eugene
Tisserant.
Non si
voleva in nessun modo che sul soglio di Pietro salisse un papa che fosse in
continuità con il compianto Pio XII, e le varie forze massoniche si scatenarono
e riuscirono a rovesciare il cardinal Siri, anche grazie a delle pesanti minacce
di morte rivolte contro la sua persona e la sua famiglia.
Se si
legge un recente documento declassificato della CIA, ci si renderà conto che
l’infiltrazione era ancora più profonda di quello che già si pensasse, poiché “Roncalli”
e “Montini” sono stati probabilmente degli informatori privilegiati
dell’agenzia di intelligence con sede a Langley.
Il
papato di Giovanni XXIII durò comunque poco perché quando l’ex patriarca di
Venezia divenne papa aveva già una salute malandata e il suo pontificato era in
realtà “interlocutorio” e serviva ad aprire la strada all’uomo che doveva
definitivamente “modernizzare” la Chiesa.
L’uomo
in questione non era altri che “Giovanni Montini”, e nel conclave del 1963 si
scatenò un’altra guerra per sbarrare la strada a Siri che, ancora una volta,
vide la partecipazione attiva dell’intelligence americana, e in particolar modo della massoneria
ebraica del B’nai B’rith che Paolo VI ricevette, non a caso, dopo la sua
elezione.
Il
contesto geopolitico di quell’epoca era però alquanto diverso da quello
attuale.
Gli
Stati Uniti erano a tutti gli effetti il garante del cosiddetto “ordine
liberale internazionale” e l’impero americano era quella forza che non esitava
ad utilizzare tutta la sua potenza per sovvertire e rovesciare governi sgraditi
che costituissero un qualche intralcio per l’agenda del mondialismo.
La
presidenza Trump ha cambiato completamente la postura di Washington, mutando gli Stati Uniti da potenza al
servizio della governance mondiale a sua principale oppositrice.
Le
tensioni tra Trump e Francesco.
Si
spiegano così le fortissime tensioni tra il pontificato bergogliano e
l’amministrazione Trump, tanto che quando l’imprenditore di New York era in
corsa nel 2016 per le presidenziali, Bergoglio intervenne a gamba tesa contro
di lui apostrofandolo come “non cristiano” per la sua ferma intenzione di
respingere il traffico di esseri umani al confine con il Messico.
Talmente
era la vicinanza di Francesco con i “dem americani” che il papa argentino è
stato il primo a parlare al Congresso americano nel 2015, dopo essere stato
invitato dal presidente Obama sempre in quell’anno.
Papa
Francesco si vede assieme a Obama nel 2015.
Ancora
più clamoroso fu lo strappo tra il Vaticano e Trump, quando il presidente fu
vittima di un attentato lo scorso luglio a Butler dal quale uscì vivo solo per
un miracolo.
Di
fronte al tentativo di uccidere Trump, Francesco scelse di chiudersi in un
ermetico e vergognoso silenzio, a dimostrazione che l’uomo Bergoglio non nascondeva
il suo odio per chi come il presidente americano era contrario alle migrazioni
di massa e, di conseguenza, al “melting pot globale” che invece desiderava
ardentemente il papa.
Trump
sembra però alquanto saturo di questa chiesa bergogliana così poco cattolica e
molto più simile ad una qualsiasi ONG sorosiana improntata alla promozione del
culto dei diritti umani.
Il
viaggio di “Vance a Roma “in particolare non è stato una semplice “gita di
piacere” come qualche organo di stampa ha provato a far credere.
Secondo
fonti vicine all’amministrazione Trump, il vicepresidente americano è venuto in
Italia per fare certamente i soliti incontri di rito, ma assieme a questi ci
sono stati dei colloqui, lontani dalle telecamere, nei quali il” cattolico
Vance” ha fatto trapelare tutta la profonda insoddisfazione della presidenza di
Washington rispetto ad una chiesa così anticattolica.
Vance
viene ricevuto da Parolin.
Non ci
sarebbe stata soltanto da parte di Vance l’esternazione del malcontento di
Trump rispetto al pontificato di Francesco, ma l’inviato dell’amministrazione
presidenziale avrebbe anche ventilato la possibilità di far uscire i diversi e
scabrosi scandali che riguardavano Bergoglio.
Jorge
Mario Bergoglio ha infatti un passato pieno di ombre sul quale i mezzi di
comunicazione si tengono alla larga, come si spiegava nel precedente contributo.
Il
periodo da sacerdote e arcivescovo di Buenos Aires è stato funestato da torbide
vicende che vedevano l’allora cardinal Bergoglio assicurare la sua protezione
ai signori della pedofilia in Argentina, tra i quali c’era anche il fraterno
amico del papa quale “Gustavo Vera,” oggi denunciato da due genitori di una
bambina scomparsa nel giugno del 2024 e ancora oggi non ritrovata.
“Natacha
Jaitt”, una coraggiosa donna che sapeva quello che stava accadendo agli alti
livelli dell’establishment argentino, aveva deciso di denunciare il giro
pedofilo del suo Paese, del quale avrebbe fatto parte lo stesso Bergoglio nelle
vesti di orco che si è approfittato dell’innocenza di alcuni poveri fanciulli.
L’amministrazione
Trump sa quanto accaduto a quel tempo in Argentina e ha le prove dei vari abusi
commessi da Bergoglio e dalla sua cricca.
Sarà
sicuramente un “caso”, ma non appena sono terminati gli incontri tra “Vance” e “Parolin”
e “Bergoglio”, la Santa Sede ha repentinamente annunciato la morte del
pontefice il giorno dopo che il vicepresidente americano aveva lasciato Roma.
L’annuncio
è giunto il giorno del Lunedì dell’Angelo, ma il Vaticano, ad oggi, non ha
saputo nemmeno fornire una chiara ricostruzione dei fatti, tanto da fornire due
versioni contrastanti sulla morte di Bergoglio, quale quella del “dottor
Arcangeli”, al servizio della Santa Sede, e quella del “dottor Alfieri”, medico
del papa.
Arcangeli
nel suo certificato di morte afferma che Francesco sarebbe morto alle 7:35,
dopo essere stato colpito da un ictus cerebrale, uno stato di coma e un
collasso cardiaco, nonostante non risultino essere stati fatti degli esami
strumentali senza i quali è praticamente impossibile stabilire se c’è stato o
meno un ictus.
Alfieri
invece dà una versione differente.
Afferma
di essere giunto alle 5:50 del mattino a Santa Marta, di aver riscontrato uno
stato di coma di Bergoglio e di aver infine costatato “poco dopo” la sua morte,
e questo quindi colloca la morte del pontefice ad un’ora ben precedente delle
7:35 del mattino come sostiene “Arcangeli”.
Appare
ancora più singolare che i due si contraddicano perché, sulla carta, erano
tutti e due nella stanza del pontefice sin dal primo momento, eppure sembrano
avere idee diverse su come si siano svolti i fatti.
Nel
frattempo, nei giorni successivi alla morte di Francesco, risultano esserci
state diverse telefonate tra la Casa Bianca e la Santa Sede dal tenore non
molto amichevole perché il presidente Trump non ha soltanto in mano i vari
scandali commessi da Francesco, ma anche quelli dei suoi fedeli porporati, ed è
chiaro che questa circostanza rappresenta una pesante ipoteca di Trump sul
conclave e un serio problema per la massoneria ecclesiastica che si trova a
dover i conti intanto con le sue beghe interne.
Sembrano
essere già iniziate le varie faide nel “clan modernista”, e la prima della
lista sembra essere quella che riguarda il “cardinal Becciu.”
Secondo
il retroscena pubblicato dalla giornalista “Diane Montagna”, starebbe per
uscire una lettera, senza data, attribuita a Bergoglio che avrebbe deciso di
estromettere il controverso cardinale sardo dal conclave.
Il
retroscena di Diane Montagna.
Mai
tempistica fu più “conveniente” perché fino ad ora Francesco non aveva
manifestato alcuna intenzione di privare Becciu della facoltà di votare per il
prossimo papa, soprattutto perché il porporato sardo è la classica testa di
legno sulla quale è stata scaricata dalla stampa italiana, in particolare “La
Repubblica e L’Espresso”, la responsabilità della sciagurata operazione
dell’acquisto della casa di Londra, a Sloane Avenue, autorizzata invece da
Francesco.
Non si
vuole certo qui difendere Becciu, ma appare chiaro che questa sembra essere una
operazione costruita a tavolino per silurarlo, in quanto il cardinale risulta
particolarmente inviso a Parolin.
Da un
po’ di tempo a questa parte, il segretario di Stato non nasconde le sue
ambizioni a diventare il prossimo papa ma si trova a dover fare i conti con l’altra fazione progressista
rappresentata dal cardinal Zuppi, e negli ambienti vaticani l’acredine tra i due pare
abbastanza nota.
Il
fronte della massoneria ecclesiastica si presenta pertanto così.
Debole,
diviso, sfilacciato e dilaniato da una serie di guerre tra bande che complicano
ancora di più la sua posizione, soprattutto se si pensa che la presidenza
americana è pronta a mettere i bastoni tra le ruote ad altri colpi di mano dei
vari progressisti.
Sbaglia
quindi chi pensa che la partita sia già persa ancor prima di iniziare, quando
in realtà ogni scenario in tale situazione è possibile.
Certamente
sono già partite le varie macchine di dossieraggio dei servizi dei diversi
Paesi che vogliono sbarrare la strada a questo e a quel cardinale, e, tra
questi, il “Mossad” sembra essersi messo all’opera per impedire che” Pizzaballa”
diventi “papa “per via delle sue posizioni giudicate troppo filo-palestinesi.
Non è
chiaro esattamente quale sia la strategia dello stato ebraico, ma non è da
escludersi che voglia o possa intimidire i cardinali che vogliono dare il loro
voto al patriarca di Gerusalemme che gli organi di stampa continuano a definire
come un “progressista”, nonostante le sue posizioni sul dialogo inter-religioso
e sullo pseudo – ambientalismo sembrano ben lontane da quelle di Francesco.
Esiste
l’intervista del cardinal Pizzaballe al festival francescano del 2024.
Ci
sono comunque chiaramente due mondi in totale contrapposizione qui.
Ce n’è
uno che vuole la prosecuzione della falsa chiesa bergogliana e del Vaticano II,
e ce n’è un altro che forse vuole qualcosa di più che un pontefice “moderato”,
ma uno che non abbia paura a denunciare quanto accaduto non solo durante il
pontificato di Bergoglio ma anche durante i decenni passati perché Francesco
non è piovuto su San Pietro da un elicottero, ma è il risultato invece di un
lento e costante processo di infiltrazione.
Se si
guarda al piano geopolitico, se ne deduce che non esistono più gli equilibri
del 2013 e del 1958, quando anzi si ha una vera e propria inedita alleanza tra
Stati Uniti e Russia, entrambe a favore del ritorno degli Stati nazionali sulla
scena mondiale e ostili ai vari prelati modernisti.
Non va
comunque dimenticata la verità più importante di tutte.
La
Chiesa è di Cristo e l’apostasia è stata concessa per un disegno della
Provvidenza.
Se
questa ha deciso che tale situazione deve finire, essa inevitabilmente finirà.
Il
mistero della sorella di Bergoglio partita
e
ritornata in Argentina nel massimo segreto.
Lacrunadellago.net
– Cesare Sacchetti – (25/04/2025) – ci dice:
La
biografia di “Jorge Mario Bergoglio” un giorno forse andrà studiata con più attenzione,
non soltanto per capire come quest’uomo sia riuscito a diventare il pontefice
di Santa Romana Chiesa, ma soprattutto per comprendere di più il suo vissuto
personale, del quale si sa molto poco.
Non è
un mistero che già negli anni’90 sussistevano molti dubbi da parte dei
superiori di Bergoglio non solo sulla opportunità che questi diventasse
vescovo, ma anche sul fatto stesso che restasse nel clero.
Già in
quell’epoca, la personalità del sacerdote Bergoglio veniva descritta da padre “Peter
Hans Kolvenbach,” superiore generale dei Gesuiti, come quella di un “uomo
doppio e fintamente umile” e con una spiccata tendenza al turpiloquio, e di
questo si può chiedere qualcosa ai vari dipendenti vaticani che nel corso degli
anni passati sono stati le vittime e le sfuriate del pontefice venuto dalla
fine del mondo.
La
famiglia di Bergoglio e l’arrivo segreto di “Maria Elena” a Roma.
L’uomo
Bergoglio ha senza dubbio quindi molto di profano e poco di sacro, e a
sollevare perplessità sulla sua figura è anche il fatto che la sua famiglia in
tanti anni del suo papato non abbia mai messo ufficialmente piede a Roma.
Gli
organi di stampa sembrano aver ricevuto delle direttive alquanto precise.
Nessuno
di questi si sta chiedendo come mai il “papa degli ultimi”, secondo la loro
falsa narrazione pauperistica, non sia nemmeno salutato dalla sua famiglia
prima del suo definitivo addio previsto con il funerale di domani.
Nessuno
si chiede poi in particolare perché mai l’ultimo dei suoi fratelli,” Maria
Elena Bergoglio”, domani non sarà presente al funerale.
Maria
Elena Bergoglio.
Sulle
pagine di questo blog si riportò in esclusiva una notizia che riguarda proprio
la 77enne parente del papa che giunse a Roma in gran segreto nei primi giorni
dell’ultima settimana di febbraio.
Erano
i giorni nei quali il “Santo Padre” era ricoverato all’ospedale Gemelli
ufficialmente per una polmonite bilaterale, anche se già negli anni precedenti
era emerso da fonti vaticane che Francesco era affetto da un tumore
intestinale, una circostanza che “Santa Marta” non ha mai voluto rendere nota,
nel timore probabilmente di trasmettere una immagine troppo fragile della
salute di Bergoglio.
In
quel periodo, secondo le fonti addette alla sicurezza dell’aeroporto di
Fiumicino, “Maria Elena Bergoglio” sarebbe stata fatta giungere a Roma in gran
segreto dal Vaticano, probabilmente per via delle condizioni di salute del
fratello in grave peggioramento.
I
rapporti tra Maria Elena e suo fratello però forse non sono mai stati troppo
idilliaci se si pensa che in ben 12 anni di pontificato, la anziana signora
nemmeno una volta ha pensato di venire a trovare il suo illustre parente, e i
mezzi di comunicazione hanno provato a mettere una pezza su questo sorprendente
distacco della donna da suo fratello, adducendo presunti problemi di salute che
le avrebbero impedito di affrontare il viaggio, anche se non c’è mai stata
nessuna conferma ufficiale al riguardo.
In
realtà, la 77enne argentina era eccome in grado di viaggiare tanto che venne
fatta venire a Roma in quei giorni di febbraio nel più stretto riserbo.
Gli
uomini che l’hanno scortata l’hanno fatto uscire da un’uscita secondaria dell’aeroporto
di Fiumicino per evitare che fosse vista dai vari passeggeri e metterla al
riparo così da occhi indiscreti, per poi trasportarla in seguito in un
appartamento del Vaticano, dove sarebbe rimasta soltanto due giorni.
L’unica
visita non ufficiale di” Maria Elena Bergoglio” a Roma sarebbe stata pertanto
una visita lampo, sulla cui natura si sa poco perché il Vaticano ci teneva a
non farlo sapere, e gli organi di stampa, ligi alle indicazioni di Santa Marta,
si sono guardati bene dal riportare tale informazione sulla carta stampata.
Una
volta trascorso il suo brevissimo soggiorno a Roma, la sorella di Bergoglio
risulta aver fatto ritorno, sempre nella massima segretezza, verso l’Argentina,
attraverso un volo privato partito dall’aeroporto di Pratica di Mare che le è
stato prenotato e pagato presumibilmente dal Vaticano.
L’aeroporto
di Pratica di Mare che si trova a Sud di Roma è gestito direttamente dall’aereonautico
militare, ma anche è possibile usufruire del servizio di voli privati che
possono essere prenotati, ad esempio, tramite questo sito.
Non è
noto cosa abbia fatto esattamente Maria Elena nelle sue 48 ore romane, ma forse
per fare luce su questo mistero è necessario ripercorrere per un istante quanto
accadeva in quei giorni.
Il 18
febbraio, il “Gemelli” faceva sapere che il papa versava in condizioni molto
gravi, e il giorno dopo si è assistito ad un completo cambio di narrativa.
Bergoglio
si sarebbe alzato dal letto e avrebbe persino incontrato la Meloni, quasi
mandata a chiamare pur di veicolare l’immagine di un pontefice “lucido” e
“attivo”.
Nei
giorni successivi, i bollettini medici del Gemelli sono una vera e propria
girandola di contraddizioni.
Si
passa in continuazione da un Bergoglio vigile ad uno in grave crisi respiratoria
fino a quando arriva improvvisamente, e in segreto, la sorella del pontefice
nei primi giorni dell’ultima settimana di febbraio.
il
Vaticano ha mandato a chiamare Maria Elena Bergoglio per farle vedere il
fratello, ormai sempre più grave, e risolvere forse qualche spinosa questione
di carattere patrimoniale?
Non è certo, ma quel che appare sicuro è che
Santa Marta non voleva far sapere dell’arrivo del parente più vicino a
Francesco nella capitale.
La
clamorosa assenza dei parenti di Francesco al funerale.
A
Roma, domani, la donna e nemmeno la sua famiglia saranno presenti al funerale
del loro illustre parente, e nessuno si sta chiedendo perché mai i parenti di
Francesco non si spostino per rendere omaggio non solo al loro fratello e zio,
ma anche al capo della Chiesa Cattolica.
Gli
organi di stampa anche in tale occasione hanno provato a correre ai ripari di
nuovo adducendo le presunte precarie condizioni di salute della sorella di
Bergoglio, che però non le hanno impedito di venire in segreto in Italia come
visto, ma anche in questo caso c’è qualcosa che non torna in questa versione di
comodo.
Se
Maria Elena non può spostarsi come asseriscono i mezzi di comunicazione, nulla
però le vieta di essere intervistata, ad esempio, da qualche giornale o dal
fare quantomeno una telefonata con una qualche trasmissione televisiva,
argentina o straniera che sia, per esprimere tutto il suo cordoglio per la
perdita del caro fratello, e invece la donna se ne sta in silenzio e nessuno le
va a chiedere nulla sulla morte di suo fratello papa.
Altrettanto
traballante appare la giustificazione che il governo argentino ha fornito
sull’assenza dei nipoti della sorella di Francesco, Jorge e Josè, per i quali
non si poteva chiamare in causa nessun malanno per giustificare la loro mancata
partecipazione al funerale dello zio.
Nella
presidenza argentina esiste un ufficio dedicato ai rapporti con la Chiesa
Cattolica e le altre religioni, ed è quello della” Secretaría de Culto y
Civilización, presieduta da “Nahuel Sotelo”.
A “Sotelo”
è toccato il compito di spiegare la clamorosa assenza dei figli di Maria Elena
al funerale dello zio, e queste sono state le sue parole al riguardo.
“La
mia prima reazione è stata chiamare José Bergoglio, nipote diretto del papa
Francesco e figlio della sua unica sorella ancora in vita. José mi ha detto che
sia lui che sua madre hanno deciso di seguire l’esempio del Santo Padre e non
hanno mai preso in considerazione l’idea di viaggiare, perché ritengono che sia
questo il miglior modo per onorare la memoria di Francesco”.
Sembra
di leggere un ossimoro, un vero e proprio paradosso. In che modo si può onorare
la scomparsa di un proprio caro, ancora di più così importante come il papa,
attraverso la decisione di disertare le sue esequie funebri?
Gli altri
misteriosi parenti di Francesco.
I
nipoti di Maria Elena non sono poi gli unici parenti in vita di Francesco.
Bergoglio ha anche tre nipoti da un altro suo fratello, “Oscar Adrian”, del
quale non si sa praticamente nulla.
“Oscar
Adrian” risulta essere morto a 59 anni nel 1997, soltanto un anno prima che
Bergoglio diventasse arcivescovo di Buenos Aires, ma non si sa nemmeno con
certezza se ciò sia vero perché non sembrano esistere tracce ufficiali della
sua morte nei registri pubblici argentini.
Esiste
la Foto di Jorge Mario Bergoglio, e a sinistra, di suo fratello Adrian.
Il
misterioso fratello di Francesco avrebbe avuto 3 figli da un matrimonio con una
donna della quale si ignora però l’identità, e nessun organo di stampa si sta
mettendo a caccia di qualche scoop in esclusiva sugli altri nipoti del
pontefice argentino e su sua cognata, presumibilmente ancora in vita.
Nulla
si muove. I vari media mainstream che in passato hanno dimostrato così tanto
appetito per gli aneddoti che riguardano il gossip e altri pettegolezzi su vari
personaggi pubblici improvvisamente qui non hanno alcuna fame di scoprire
qualcosa di più sulla famiglia del papa così tanto amato da loro.
Si ha
quasi l’impressione che quello della famiglia di Bergoglio sia un territorio
proibito per i “grandi” organi di informazione che hanno ricevuto consegne
molto precise su cosa scrivere o non scrivere riguardo al papa preferito dalla
libera muratoria, perché nulla deve trapelare sulla carta stampata che possa
disturbare la causa “santificazione” in corso del vescovo venuto da Buenos
Aires.
Non si
va ad indagare di conseguenza neanche sul rifiuto di papa Francesco di visitare
la sua terra, l’Argentina, nella quale i fedeli non hanno affatto un buon
ricordo di lui.
Le
ombre sull’arcivescovado di Bergoglio negli anni 2000 sono molte, a partire da
quelle che lo
hanno visto impegnato a difendere e coprire i vari preti pedofili della sua
diocesi, come il famigerato” Julio Grassi”, che commetteva abusi su abusi
contro i bambini sin dai primi anni’90, fatti noti all’allora cardinal
Bergoglio che non mosse un dito per mettere fine a quelle orribili violenze.
Nemmeno
dopo la condanna definitiva contro “padre Grassi”, Francesco, nel frattempo
divenuto pontefice, è intervenuto per ridurre allo stato laicale questo
sacerdote pedofilo, protetto per tutta la sua carriera dal pontefice argentino.
A
denunciare che Bergoglio proteggeva la rete della pedofilia in Argentina è
stata una donna, “Natacha Jaitt”, una ex prostituta, che dopo aver appreso i
vari orrori ai quali sono sottoposti i bambini vittime degli orchi, ha deciso
di iniziare a far sapere chi sono i veri signori che governano tale turpe
traffico.
“Natacha
Jaitt” scrisse un tweet un anno prima della sua morte dove annunciava che non
aveva nessuna intenzione di togliersi la vita.
“Natacha”
però non ha fatto in tempo a recarsi in tribunale per rendere la sua
testimonianza.
È
stata trovata morta nel 2019 in una stanza di albergo in circostanze ancora non
chiarite.
Nessun
rigo su di lei nei media italiani ed internazionali, tutti strettamente fedeli
alla consegna del silenzio.
Le
contraddizioni e i misteri sulla morte di Bergoglio.
Stessi
ordini di tacere sembrano esserci riguardo alle circostanze mediche della morte
di Francesco, tutte ancora da chiarire.
Secondo
il bollettino ufficiale del Vaticano firmato dal dottor Arcangeli, papa
Francesco sarebbe morto in seguito ad un ictus cerebrale, ad uno stato di coma
e poi, finalmente, per un collasso cardiaco.
Nemmeno
in tale occasione i media si stanno chiedendo com’è stato possibile che il
dottor Arcangeli sia riuscito a stabilire che il pontefice è stato colpito da
un ictus cerebrale, se non si è nemmeno proceduto a fare una TAC oppure
un’autopsia, senza le quali è praticamente impossibile stabilire se una persona
è stata colpita o meno da un ictus.
Le
stesse linee mediche ufficiali sull’individuazione di un ictus sono piuttosto
inequivocabili.
Gli
esami strumentali sono semplicemente indispensabili.
Anche
l’ora della morte di Francesco resta un altro mistero irrisolto.
Nella
dichiarazione pronunciata dal cardinale camerlengo, “Kevin Farrell,” si afferma
che Bergoglio è morto alle 7:35, mentre nella convocazione del collegio
cardinalizio emessa dal cardinale decano, “Giovanni Battista Re”, si dichiara
che il “Santo Padre” è passato a miglior vita alle 7:45.
Nessuna
spiegazione per questa singolare discrepanza, così come non si spiega perché la Santa Sede ha atteso due ore prima
di dare notizia al mondo intero che papa Francesco era deceduto.
Le
contraddizioni non sono però finite perché negli ultimi giorni ne è emersa una
ancora più clamorosa.
Il “dottor
Alfieri, “il chirurgo del papa attualmente sotto inchiesta per falso, ha
rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, al quale ha dichiarato di
essere giunto a Santa Marta alle 5:50 del mattino, di aver trovato Bergoglio in
uno stato di coma e infine di aver costatato il suo decesso poco dopo.
Eppure
Arcangeli afferma invece che papa Francesco sarebbe morto alle 7:35 del
mattino, e in tal caso i due medici che seguivano Francesco non sono
apparentemente d’accordo nemmeno sull’ora del decesso.
Perciò
le versioni sull’orario della morte del papa sarebbero almeno tre, se si
considera che il “cardinal Re “ha scritto nella sua comunicazione di
convocazione del collegio cardinalizio che Francesco è morto alle 07:45.
Sono
passati dunque 4 giorni dal decesso di Bergoglio, e, ad oggi, ancora non si
nessuna certezza sulle circostanze della sua morte.
La
questione dell’amministrazione dei sacramenti al papa a sua volta è stata
completamente sorvolata dai media.
Si
ricorderà che nel precedente articolo, questo blog aveva riportato che negli
ultimi attimi della sua vita terrena, Bergoglio aveva sdegnosamente rifiutato
l’estrema unzione tanto da vietare persino l’ingresso nella sua stanza al
penitenziere maggiore.
I
sacerdoti presenti in Vaticano che hanno riferito di questa circostanza sanno
bene quindi che anche prima di morire Francesco aveva conservato una qualche
lucidità per esprimere il suo diniego a ricevere i sacramenti.
Alcuni
si sono stracciati le vesti dopo aver appreso questa circostanza, ma allora
sarebbe utile ricordare a taluni ipocriti se negli ultimi 12 anni si siano
accorti che
Bergoglio si prostrava davanti a idoli pagani, apostrofava Dio come uno
“scemo”, e arrivava persino a bestemmiare, una circostanza della quale sono ben
informate le persone che lo hanno frequentato in Vaticano, e che si sono anche
allontanate dalla Santa Sede, sconvolte per la personalità blasfema del “papa
degli ultimi”.
Non
bisogna comunque commettere l’errore di pensare che il papato bergogliano sia
una sorta di variabile impazzita, come si accennava in altre occasioni.
Se si
facesse tale errore, allora sarebbe impossibile comprendere perché la Chiesa in
60 anni di Concilio si sia sempre di più allontanata dai suoi dogmi, su tutti
la salvezza delle anime che passa soltanto dal cattolicesimo, per finire non
solo tra le braccia della “Pachamama” di Francesco, ma anche in quelle del “Buddha”
che “Wojtyla” fece mettere sull’altare della basilica di San Pietro ad Assisi.
È
senza dubbio una crisi senza precedenti nella storia di questa istituzione che
ha certamente avuto anche nei secoli passati dei papi poco degni, ma nessuno
era mai arrivato a mettere in discussione quelle verità di fede che i vari
pontefici del post-concilio hanno invece toccato.
Al
prossimo papa spetta davvero un pesante fardello.
A lui
spetta il compito non solo di fare il bilancio su questi 60 anni di chiesa
post-conciliare e sulle sue derive apostatiche, ma al futuro Santo Padre
spetterà anche il compito di far luce sull’ultimo papato di Bergoglio e su
tutte le inquietanti ombre che lo circondano.
Domani
intanto ci sarà l’addio ufficiale a Jorge Mario Bergoglio, con la preghiera che
mai più la Chiesa debba vedere un uomo come lui sedere sul soglio di Pietro.
L’Italia
e la UE guerrafondaia.
Altrenotizie.org - Fabio Marcelli – (30
-3-2025) – ci dice:
La
scellerata decisione dei “volenterosi”, per i quali Marco Travaglio ha
proposto la ben più opportuna definizione di “pazzi criminali”, di inviare truppe in Ucraina,
segna una nuova inquietante tappa dell’escalation militare europea verso la
Russia e della rovinosa corsa dell’Unione europea verso il proprio suicidio
definitivo.
L’Unione è sempre più chiaramente spaccata tra di
un’ala apertamente guerrafondaia, formata da Francia, Polonia, baltici e
nordici, con riesumazione del Regno Unito alla faccia della Brexit, ed altri
che puntano i piedi anche e soprattutto perché le loro opinioni pubbliche
nazionali sono contrarie al riarmo e alla guerra.
Tra di
essi troviamo Spagna, Grecia, Ungheria, Slovacchia e, nonostante le
pagliacciate di Serra & co., anche l’Italia, con Giorgia intenta ad un
appassionante slalom tra Trump, bellicistici europei e fronda salviniana.
Significativo
il fatto che anche i settori più lucidi e autenticamente patriottici delle
Forze armate italiane siano contrari alla follia (esiste il lucido intervento del generale Bartolini).
Tuttavia,
non c’è da fidarsi di Meloni, Crosetto e Tajani (specie di quest’ultimo che
subisce le pressioni del Partito popolare europeo), e neanche ovviamente del
buon Salvini, uso ad acrobatiche giravolte e specialista mondiale di fuffa.
Tutti
costoro infatti non sono per nulla contrari al riarmo, tanto più che lo chiede
anche il loro nume ispiratore Donald Trump, subendo ovviamente tutto il fascino
del complesso militare-industriale che si candida a protagonista della ripresa
economica italiana ed europea in stile “Armageddon”.
Sullo
sfondo si staglia il possibile fallimento del tentativo di mediazione con Putin
intrapreso da Trump, nonostante siano a tutti ben chiare le condizioni della
pace, già chiaramente delineate nei precedenti negoziati più volte sabotate dai
bellicisti: neutralità dell’Ucraina e autodeterminazione dei territori
occupati, cui ora Putin aggiunge significativamente quella dell’intera Ucraina,
dove da anni vige un regime oppressivo di stampo sostanzialmente fascista che
ha mandato al macello centinaia di migliaia di giovani per ottemperare alle
richieste dell’Occidente.
In
questo quadro hanno destato enormi perplessità le recenti esternazioni del
ministro della Difesa Crosetto, e, soprattutto, dato il suo ruolo
istituzionale, del presidente Mattarella.
Quest’ultimo non è certo nuovo a prese di posizione
sconcertanti:
si
veda l’equiparazione, fortemente offensiva, tra Russia e Terzo Reich, che ha
destato legittime proteste da parte del Paese che ha pagato con decine di
milioni di vittime il prezzo necessario ad impedire che l’Europa finisse sotto
gli stivali hitleriani.
Mattarella
parla oggi di “decisioni non più rinviabili” da assumere a livello europeo
tenendo conto del nuovo contesto internazionale.
Ma
così dicendo prescinde totalmente dal fatto che oggi l’Unione europea è
fortemente divisa nel merito delle decisioni da assumere e assume un volto
impresentabile, caratterizzato dal prevalere delle spinte alla guerra e al
riarmo, motivato da una presunta e in realtà inesistente volontà
espansionistica della Russia, oggi secondo loro aggravata dal fatto che Trump,
prendendo atto del declino statunitense, rifiuta di farsi carico dei costi
dell’apparato bellico e scarica sugli Europei ogni onere, non solo di carattere
economico.
Da un
presidente della Repubblica fedele ed attento al principio pacifista affermato
a chiare lettere dall’art. 11 della nostra Costituzione che impone la ricerca
di una soluzione pacifica del conflitto che oggi è possibile e che implica
l’abbandono di ogni velleità revanscista e proposito di riarmo (esclusivamente
funzionale agli inesauribili appetiti dei mercanti di armi, contro i quali
molti anni fa lo stesso presidente statunitense, già militare di altissimi
livello, Ike Eisenhower, ebbe a pronunciare un monito di impressionante
contenuto profetico) ci saremmo aspettati ben altro.
Italia assolutamente non pervenuta, da tale
punto di vista, anche per la disgraziata circostanza della presenza come
titolare del Ministero degli affari esteri, di una nullità assoluta come
Antonio Tajani, mentre Crosetto si limita a fare la radiocronaca
dell’imbarazzante situazione in cui siamo finiti, affermando che “ci sono Paesi
europei convinti che saranno in guerra nei prossimi 2 o 3 anni, come i Paesi
baltici e la Polonia”.
E
allora?
Nel
frattempo la burocrazia europea promuove l’infiltrazione del tema bellico fin
nei programmi scolastici e personaggi surreali come la “Commissaria Labib”
alimentano il terrorismo psicologico con tragicomiche ed indecenti esibizioni.
Se la follia guerrafondaia dilaga in parti di
quest’Europa sbalestrata, nulla impone che l’Italia debba assecondare tale
follia, tanto più che abbiamo dei punti di riferimento giuridico precisi e
invalicabili, quali per l’appunto l’art. 11 della nostra Costituzione e anche
quelle disposizioni dei Trattati europei che fanno riferimento alla pace come
bene e valore supremo.
Il
fatto è che tali norme sono da tempo inosservate e violate, con l’invio di armi
assassine in ogni parte del mondo compresa Israele governata dal genocida
Netanyahu.
E colpisce a tale ultimo proposito l’ulteriore
riferimento fatto da Crosetto al “fallimento della tregua” a Gaza, dopo che
negli ultimi anni l’Italia non solo non ha fatto nulla per la soluzione
politica di quest’altro conflitto, sostenendo la soluzione dei due Stati col
riconoscimento della Palestina e l’attuazione delle risoluzioni delle Nazioni
Unite (si ricordi la vergognosa astensione su quella dell’Assemblea generale
che a settembre scorso ha chiesto l’attuazione del Parere della Corte
internazionale di giustizia del 19 luglio 2024) ma ha anzi continuato a rendersi
complice del genocidio in atto, comportamento punibile ai sensi dell’art.III
lett. e della Convenzione in materia.
Tale
deplorevole fuga dalle responsabilità istituzionali e costituzionali non deve
tuttavia farci piombare nella disperazione e indurci a deflettere dalle nostre
responsabilità di cittadini fedeli alla pace e alla Costituzione.
Si
annunciano mesi difficili nel corso dei quali dovremo impugnare con sempre
maggiore determinazione questi vessilli, per impedire che la follia dei
guerrafondai coinvolga anche il nostro Paese, contro l’evidente volontà della
stragrande maggioranza del popolo italiano.
L’ultima
follia guerrafondaia del Pentagono:
“Ecco
cosa faremo se l’Ucraina perdesse.”
Radioradio.it
- Diego Fusaro – (07 Marzo 2024) – ci dice:
E ora
il Pentagono fa candidamente sapere che se Kiev dovesse perdere la guerra,
allora la Nato dovrebbe entrare in guerra con la Russia.
La
notizia si trova su tutti i principali e più venduti quotidiani.
Vorrei candidamente invitarvi a riflettere
sulla mortificazione di ogni logica presente nella dichiarazione poco anzi
riportata.
Perché
mai, in effetti, la Nato dovrebbe entrare in guerra con la Russia se il guitto
Zelensky perdesse la guerra con la Russia stessa?
Forse che l’Ucraina è nella Nato o nell’Unione
Europea?
Non ci risulta, salvo errore.
Certo,
Washington e Bruxelles si stanno da tempo adoperando a ciò che Kiev entra nella
NATO e nell’Unione Europea, ma per ora ancora non è accaduto.
Per
fortuna, mi permetto anche di sottolineare.
Dunque,
perché mai la Nato dovrebbe entrare in guerra con la Russia, se Kiev dovesse
perdere?
La sola risposta che ci viene spontanea
fornire è quella che segue.
La Nato dovrebbe entrare in guerra con la Russia
perché in realtà è quello che vuole già da tempo.
Di
più, si tratta di una scelta, per così dire, preordinata.
A tal
punto che sembra per più versi che l’Occidente liberal-atlantista sta cercando
in ogni guisa di trovare il casus belli e di giustificare, presso l’opinione
pubblica millimetricamente manipolata, una guerra con la Russia, forse già
decisa da tempo dalla civiltà dell’hamburger.
Un po’
come il lupo della favola con l’agnello, ricordate?
L’agnello viene accusato dal lupo di rendergli
torbida l’acqua, benché l’agnello sia a valle e il lupo a monte.
Alla
fine il lupo decide comunque di aggredire l’agnello, anche se tutte le ragioni
dispiegate si sono rivelate false e inconsistenti.
Ebbene,
ci raccontano da settimane che la Russia è pronta a invadere i paesi baltici e
la Nato, senza mai fornire, per quel che ne sappiamo e salvo errore, il benché
minimo straccio di prova.
Sembra allora davvero che se le stiano inventando
tutte per indorare la pillola e per preparare l’opinione pubblica a una sorta
di guerra preventiva, presentata come necessità ineludibile al cospetto di una
Russia desiderosa, ci ripetono con zelo, di invadere e di occupare l’Occidente.
A noi
dopo tutto, sembra che le cose stiano in maniera diametralmente opposta.
È la
civiltà dell’hamburger che fin dagli anni 90, venuta meno l’Unione Sovietica,
sogna di ridurre la Russia a sua colonia.
Cosa che peraltro sembrava stesse realmente
accadendo con Gorbaciov prima e con Eltsin dopo.
L’inimicizia
nei riguardi di Putin origina proprio dal fatto che quest’ultimo ha cambiato
rotta rispetto ai suoi dovuti predecessori, e ha preso a difendere le ragioni
di una Russia indipendente e sovrana, indisponibile alla sottomissione alla
civiltà a stelle e strisce del dollaro.
Vedremo
gli sviluppi, mentre la situazione risulta tutto fuorché rassicurante.
E noi dobbiamo sperare, oggi più che mai, in
una Russia e in una Cina forti e sovrane, indipendenti e unite, capaci di
resistere insieme all’imperialismo di Washington e di mantenere dunque viva
l’idea di un mondo multipolare.
Questo
è lo scenario nel quale ci troviamo e se davvero la civiltà del dollaro con le
sue colonie di completamento tra cui l‘Italia dovesse dichiarare guerra alla
Russia, allora sapremmo che si tratta di un rinnovamento della nota favola del
lupo e dell’agnello di cui dicevamo.
Alla
fine, il lupo, dopo aver cercato di argomentare e di giustificare la propria
aggressione premeditata, aggredisce comunque l’agnello, anche senza che si
desse in realtà alcuna ragione per farlo.
Grande
follia collettiva.
L’Europa
vuole diventare una
grande
potenza imperialista.
Transform-italia.it – (26/03/2025) - Luciano Beolchi – ci dice:
La follia più grande in questa repentina follia
collettiva provocata dall’irruzione del presidente Trump sulla scena politica
mondiale, è che in Europa la posizione che viene fatta passare come di sinistra
è – tra gli altri-, quella del “Partito Democratico Italiano”.
La sua segretaria respinge con indignato furore l’idea
di un riarmo à la carte, ogni stato per sé, e contrappone come alternativa
democratica e di sinistra, un riarmo collettivo e coordinato sotto l’unica
bandiera europea.
Con lo
stesso “democratico furore” ci spiega che una grande potenza imperialista è
meglio delle tante piccole potenze imperialiste che sono nelle corde dei
sovranisti – che nessuno vuol chiamare fascisti – che si vanno diffondendo in
Europa a macchia d’olio.
I conservatori, democristiani & C. gli
spianano la strada, sentono nell’aria un’idea di liberi tutti, si svincolano e
già riarmano:
Germania
in testa e poi Polonia, i Baltici e gli Scandinavi.
A
questi guerrafondai à la carte, l’Europa di sinistra oppone una grande potenza
imperialista armata fino ai denti che giochi finalmente nella serie A delle
potenze planetarie, dopo aver trascurato di farlo per settant’anni;
e presto si alzeranno le forche per tutti
coloro che per venale collusione col nemico le hanno impedito di assumere ruolo
e responsabilità che le competono.
Ed
ecco la prima questione imbarazzante.
Perché
una grande potenza imperialista deve avere un destino.
L’America di Trump, ma anche quella di Biden o
di Kennedy prima di lui, ha quello di dominare il mondo intervenendo con le
buone o con le cattive in tutte le situazioni piccole o grandi che possano
disturbare o solo rendere meno redditizi i suoi affari presenti e futuri;
la Cina ha un progetto di ampio respiro per
costruire, non da sola, un’alternativa al dominio imperiale americano.
Non
sarà una coalizione di angeli, ma, almeno fino ad ora, è apparsa meno
minacciosa, bellicista e frenetica del suo storico avversario.
La Russia, come ripete da decenni, vuole che
siano rispettate le garanzie di sicurezza che le erano state promesse a suo
tempo, e che l’Europa per prima non ha rispettato;
e dopo
aver solennemente promesso che non sarebbe andata oltre l’Elba è arrivata alle
soglie di Stalingrado, oggi Volgograd, tremila chilometri più oltre e continua
a recriminare di essere vittima di un’aggressione.
E la
grande potenza imperialista europea che obiettivi ha?
Questa
è un’altra bella questione, perché se vuoi giocare in un campionato dove c’è
uno che pretende di continuare a dominare il mondo e un altro che vuole
cautamente costituire la sua alternativa, la grande potenza imperialista
europea a chi vuole pestare i piedi?
A uno degli avversari?
A
tutti e due o a nessuno?
Il “neo
imperialismo europeo” pretende di cavarsela dicendo che il suo unico avversario
storico (da quando?) è la Russia, ma se ti proclami grande potenza prima o poi
dovrai fare i conti con chi vuole mettere le mani su quell’enorme deposito di
materie prime sotto ghiaccio che è la Groenlandia, con chi vuole sequestrare il
Canale di Panama e con chi sta arraffando a prezzo di sangue e morti le
ricchezze africane.
Dovrà
pensare, senza andare troppo lontano, a esercitare il suo ruolo di grande
potenza nel Mediterraneo in Africa e in Medio Oriente, dove la Russia per ora è
un attore presente ma secondario.
E allora, come la mettiamo con gli attori
principali?
Per
ora, la grande potenza europea si limita a prendere di mira proprio il più
ostico, anche se non il principale, di tutti gli avversari possibili: “la
Russia.”
Perché ingaggiare una competizione anche armata per il
controllo – mettiamo dell’Africa – può comportare l’eventualità di una
sconfitta, ma alla fine tutti i concorrenti restano in piedi senza bisogno di
scatenare una guerra mondiale.
Questo
non succede, e la guerra ucraina lo dimostra, se ciò che si mette in
discussione è la sicurezza e la sopravvivenza della Russia.
E
quindi la “Grande Potenza Imperialista” comincia male:
credendo
di azzannare l’avversario più debole si avvicina a grandi passi verso uno
scontro per la vita e per la morte:
come
fu ai tempi di Napoleone e di Hitler, due storie che la Grande Potenza Europea
non vuole neanche sentir nominare.
La
grande idea di sinistra è che mettere un grande esercito e la politica che lo
dirige in mano all’Unione Europea sarebbe una soluzione più tranquillizzante e
democratica.
Perché?
Un’Europa politica non esiste, tanto meno
un’Europa politico-democratica.
Quella
che abbiamo è un Parlamento che non legifera, una Commissione che prepara i
progetti di legge, ma non li approva ed è “la guardiana dei trattati”, un
Consiglio dei capi di stato e di governo che decide all’unanimità.
E
peggio ancora sarebbe se decidesse a maggioranza semplice o qualificata e,
ciliegina sulla torta, una presidente che non è stata eletta da nessuno – e ha
da ridire sulla democrazia altrui.
Un’Europa
senza costituzione, senza spina dorsale politica è un portone spalancato per il
bonapartismo, per le ambizioni di potere di generali e dittatori.
Resta
senza risposta la domanda più imbarazzante.
Tutto questo che fine, che giustificazione
avrebbe?
Anche
l’imperialismo fascista più cretino, e se ne sono visti tanti, si deve dare uno
scopo, una giustificazione.
Lo
scopo strategico dell’Europa quale sarebbe?
Creare
uno spazio imperiale in cui risorse e prodotti russi affluiscano a prezzi
convenienti in Europa?
Ma
questo già accadeva a condizioni molto vantaggiose in tempi di pace.
Allargare
il proprio “lebensraum” per avere uno spazio immaginariamente vuoto – lo spazio
vitale- dove mandare a svernare i propri anziani?
Rilanciare
l’economia di guerra i cui superprofitti piovano sui più ricchi a costo
dell’assistenza sociale e sanitaria, della sanità dell’istruzione, della difesa
dell’ambiente sottratte ai propri cittadini più poveri?
Creare
un “esercito di negri mercenari” in modo da dare definitiva soluzione al
problema dei migranti e non vederli più girare per le nostre belle strade
bianche e soggiornare gratis nei nostri bei campi di concentramento?
Dimostrare
al mondo che l’Unione Europea non tollera governi totalitari che non siano nel
proprio territorio?
Decapitare
la Chiesa Ortodossa russa – e anche quella ucraina- per esportare la vera unica
e sola religione cattolica apostolica romana integralista, senza purtroppo il
minimo segno di approvazione del papato di Roma?
Fare
un concorso europeo per sceglier tra queste proposte la più idonea a
giustificare qualche decina di milioni di morti?
Insieme
al minaccioso clangore di armi ecco che dalla patria gallica s’avanza uno
strano guerriero che si candida a protezione di tutto questo.
Io ho le armi nucleari, proclama il frustrato
presidente francese reduce da mille sconfitte e prossimo a una disonorevole
cacciata.
Io proteggerò l’Europa contro l’orso russo.
Sei
bombe atomiche contro seimila.
E alla
prima ondata. Addio Francia! Adieu France, “beaux pays de mon enfance”.
Sparita
tutta la Francia. Città, campagne, porti, strade colline, vigne, castelli. E
non è detto che dall’altra parte arrivi neanche una delle deterrenze francesi.
Tra le
molte cose imbecilli che accompagnano ogni guerra c’è quella di convincere la gente che
è arrivato il momento di discutere di alta strategia nei bar, magari con una
cartina planetaria appesa alla parete, con tanto di bandierine.
“Se loro ci prendono Cipro, noi conquisteremo
la Kamchakta”, come si faceva in Italia, e non solo, durante la guerra
mondiale.
Venti
milioni di morti la prima guerra mondiale.
Cinquanta
milioni la seconda.
Duecento
milioni la terza incombente.
A
prometterla sono un “signorino francese” di cui la storia perderà presto
memoria, una “baronessa tedesca” che nella storia medesima resterà ricordata
come
una
delle più insulse figure femminili, una “Giovane Italiana fuori tempo massimo”
e un “anziano signore tedesco “che vuole tornare ai fasti armati di Deutschland
über alles”, dimenticando che ai tempi della Grande Guerra Patriottica lo slogan russo
più ascoltato era “Uccidi un tedesco”.
E ne
uccisero a milioni, di tedeschi e non solo.
Della
grande potenza imperialistica europea abbiamo detto.
Dobbiamo preferire allora un’Europa di piccoli
botoli ringhiosi che si azzannino anzitutto tra di loro?
Quel
tipo di Europa non è garanzia di un bel niente, ha fatto le sue prove negli
ultimi millecinquecento anni e non sono state grandi prove.
Una
sinistra degna di questo nome deve avere come stella cometa l’interesse dei
lavoratori, del proletariato, della povera gente e dei soggetti fragili, dei
popoli vittime dell’imperialismo – in primo luogo quello palestinese, ma anche
quello cubano, venezuelano, congolese e saheliano.
Tutto
questo mentre la mucca di Bersani non è più nel corridoio, ma è già nella stanza con tutta la
sua merda.
(Luciano
Beolchi).
La
follia della guerra rende folli:
elogio
della ragione e della diserzione.
Paqualepugliese.wordpress.com
- Pasquale Pugliese – (gennaio 9, 2025) – ci dice:
Sono i
governi a decidere le guerre, gli stati maggiori degli eserciti a pianificarle,
i media a farne la propaganda, i produttori di armamenti a fornirne gli
strumenti e guadagnarne, ma sono ancora – nonostante i droni killer,
l’intelligenza artificiale, i killer robot – i soldati ad essere mandati sul
terreno a fare il lavoro sporco…
Sono
ancora gli esseri umani, uomini e donne, coloro a cui è chiesto di sospendere
ogni inibizione morale e trasformarsi repentinamente – ma, pro tempore,
s’intende – in spietati assassini e criminali sui campi di battaglia.
Lo
spiegava già “Erasmo da Rotterdam”:
“Se ti
ripugna il brigantaggio, è la guerra che lo insegna; se aborrisci il
fratricidio, è in guerra che lo si impara. (…)
Se giudichi peggior condizione per uno stato
quella in cui i peggiori prevalgono, la guerra è il regno dei più scellerati” (Il lamento della pace, SE, 2014).
Oltre
le tante immagini euforiche di soldati israeliani impegnati nel genocidio di
Gaza postate sui social – come quelle del soldato dell’”Idf” denunciato in
Brasile, dove si trovava in vacanza, per crimini di guerra – molte donne e
uomini che hanno partecipato alla mattanza dei palestinesi non sono
sopravvissuti alla propria coscienza:
migliaia di essi sono in cura per sindrome
post traumatica da stress (1600 già nel gennaio 2024, rivela il Jerusalem post)
e 28 si sono suicidati dal 7 ottobre del 2023 (i suicidi tra i soldati erano
stati 14 nel 2022 e 11 nel 2021, rivela il Time of Israel).
“Lui
ha lasciato Gaza, ma Gaza non ha lasciato lui.
Ed è
morto per questo, a causa del post-trauma”, racconta la madre di uno di loro, “Jenny
Mizrahi”.
Tuttavia,
nonostante il “militarismo ossessivo” assorbito fin dai banchi di scuola, la
trasformazione delle persone in macchine da guerra, voluta dall’esercito
israeliano, non sempre riesce, come dimostrano anche le decine di giovanissimi “refusenik”,
gli obiettori di coscienza che finiscono nelle carceri militari di Netanyahu
sostenuti dall’organizzazione “Mesarvot” (e in Italia dalla Campagna di
Obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento), oppure “Breaking the silence”,
organizzazione pacifista di ex militari che rompe dall’interno il silenzio
sulla realtà dell’occupazione israeliana.
Ma
quando la trasformazione raggiunge il suo obiettivo, chi la subisce rischia di
non potersene più liberare:
“Come infatti si asterrà da uccidere
una sola persona in un momento d’eccitazione chi per un modesto compenso ne
sgozza tante?”
Si domandava ancora “Erasmo da Rotterdam”.
Ciò che sicuramente accomuna gli attentatori
di capodanno di New Orleans e Las Vegas, per esempio, è l’essere stati soldati
ed aver partecipato entrambi all’aggressione militare all’Afghanistan.
E il
loro sommarsi alla lunga lista di attentati commessi da veterani di guerra
negli USA:
sono
oltre 480 i veterani di guerra accusati di crimini a carattere estremista solo
dal 2017 al 2023, tra cui 230 arrestati per aver partecipato all’insurrezione
di Capitol Hill del 6 gennaio 2021.
“Il
principale fattore predittivo per essere classificati come autori di stragi è
avere un passato militare negli Stati Uniti”, dice “Michael Jensen” direttore
del “National Consortium for The Study of Terrorism and Responses to Terrorism”
dell ’Università del Maryland (il Fatto Quotidiano, 3 gennaio 2025).
Mentre
“Mission Roll Call”, organizzazione che fornisce supporto agli ex militari, stima che negli Stati Uniti si
suicidino una media di 17,5 veterani al giorno, ma i dati reali potrebbero
essere molto più alti. Partecipare alla follia della guerra rende folli.
Sono,
dunque, anche segno di salute mentale le “diserzioni a valanga” (il manifesto,
4 dicembre 2024) in corso sui fronti russo e ucraino, che dal lato ucraino –
senza contare le centinaia di migliaia di uomini fuggiti all’estero e gli
arruolamenti forzati con i rapimenti dei renitenti alla leva – conta almeno
200mila disertori dai teatri di guerra.
Mentre
sul fronte russo si moltiplicano le insubordinazioni individuali e di gruppo
contro gli ufficiali, dal lato ucraino si contano a decine di migliaia i
processi contro i disertori, come i 1.700 soldati che hanno abbandonato la
brigata” Anna di Kiev”, voluta dal “presidente Macron” e addestrata in Francia,
come simbolo della cooperazione franco-ucraina (approfondimento di Peacelink), e forse anticipo dell’invio diretto
sul terreno di truppe dei paesi dell’Unione europea, vista ormai la scarsità di
ucraini disposti a farsi carne da cannone.
Gli
uomini pensano di usare la guerra come mezzo per risolvere i conflitti, ma ne
diventano a loro volta mezzi per il suo fine di violenza. Imbracciano il
fucile, ma ne sono imbracciati.
Per queste ragioni “Se per un principe amorevole nulla
dev’essere più importante dell’incolumità dei sudditi, la guerra gli dovrà
riuscire odiosa più di ogni altra cosa”, chiosava “Erasmo da Rotterdam”.
E se
così non è non rimane ai “sudditi” che esercitare la ragione, riprendersi il
proprio potere, disobbedire al tiranno – come suggeriva già “Etienne da la
Boétie,” contemporaneo di Erasmo – e spezzare il fucile.
(Articolo
pubblicato su II blog del Fatto Quotidiano).
La
Guerra Continua Perché
l’Ucraina…
Non Esiste.
Conoscenzealconfine.it
– (28 Aprile 2025) - Il Simplicissimus – ci dice:
Una
pace in Ucraina non è raggiungibile per un semplice motivo: l’Ucraina non
esiste e meno esiste più deve fingere di essere in vita.
A
parte la questione della Crimea che non c’entra nulla, che fu regalata alla
repubblica socialista da Kruscev negli anni ’60, e che ora invece viene
spacciata come suolo sacro, il fatto è che l’apparato statale è composto da
poche migliaia di persone con alla testa Zelensky.
Esse
fanno riferimento, anzi spesso lavorano quasi sotto contratto, con una varietà
di organizzazioni mafiose che, a loro volta, sono possedute e gestite da una
serie di gruppi globalisti che controllano gran parte dell’Ue e sono ancora
forti negli Stati Uniti.
Le
famiglie di queste “fiduciari” sono spesso state evacuate in Occidente, i loro
risparmi sono su conti bancari occidentali e anche i loro altri beni (immobili
e/o investimenti) si trovano in Europa, a Londra oppure nei paradisi “off
shore”.
Invariabilmente
possiedono passaporti occidentali oltre a quelli ucraini.
Hanno
già piani di evacuazione che possono essere attuati con breve preavviso e
dunque per loro ogni giorno di guerra in più non rappresenta un problema, ma un
guadagno:
seguendo
le ricette americane ed europee hanno massacrato il loro Paese e se in Europa
ci sono degli idioti che vogliono ancora macinare morti non si tirano indietro
perché sono ormai un corpo estraneo che sfrutta una popolazione impoverita e
decimata.
Per
anni il loro compito è stato quello di immettere una valanga di armi sul
mercato nero, di fornire ai funzionari occidentali in visita valigie piene di
dollari gentilmente offerti da Biden, da portare a casa nel bagaglio
diplomatico, di radunare quanti più uomini possibile per mandarli al massacro.
Sotto
di loro ci sono alcune decine di migliaia di burocrati che fanno funzionare
questo meccanismo infernale:
sono dirigenti comunali, uomini di agenzie
federali, reclutatori, mediatori di affari occulti.
Anch’essi
hanno sloggiato le loro famiglie, mandandole in Occidente e attendono il
momento di unirsi a loro.
Una delle loro principali funzioni è ormai
quella di accettare tangenti che arrivano anche ai 10 mila dollari per evitare
la coscrizione.
Del
resto le persone rimaste nel Paese sono essenzialmente emarginati, pensionati,
poveri o semi adolescenti che ancora studiano.
Ciò
che va compreso è che questa nube di potere nella quale consiste lo Stato
ucraino non è organizzato in maniera gerarchica, ma fa riferimento a diversi
gruppi oligarchici ognuno dei quali controlla un pezzo di ciò che rimane del
Paese ed è legato a determinati interessi in Europa e in Usa, quindi non deve
stupire la facilità con cui Zelensky cuce e scuce proposte di pace: anche se lo
volesse non ha davvero il controllo della situazione.
Come
ha detto un noto analista, l’Ucraina più che uno Stato è una sorta di “Golem”
animato da zombie e controllato da gruppi oligarchici attaccati a loro volta a
pezzi di potere occidentale.
Per
cui non c’è nessuno che possa davvero negoziare un cessate il fuoco o mettere a
punto trattative di pace, consultazioni o cessioni di risorse che poi nemmeno
esistono:
assistiamo
a una rappresentazione fasulla di cui non cogliamo il senso perché i media
occidentali tentano di farci credere che l’Ucraina sia una vera nazione e che
abbia interessi nazionali.
E che sia anche democratica.
L’unica
speranza che questi clan di potere hanno – al pari dei gruppi di riferimento
occidentali – è quella di estendere la guerra ad altri Paesi, nella ormai
onanistica convinzione di riuscire a logorare la Russia.
O, molto più razionalmente, quello di
guadagnare in maniera scandalosa da un riarmo europeo.
Ecco
perché le trattative di pace rassomigliano sempre di più a un’insensata
pantomima o a un parapiglia di proposte, tanto che ormai Trump sembra deciso a
lasciar perdere l’Ucraina e a lasciare che sia l’Ue a sbrogliarsela.
Ci
sono consistenti vantaggi per gli Usa: si sottraggono a una guerra di fatto già
persa e così anche alla relativa caduta di immagine, potranno vendere armi a
profusione alla Ue corrotta del riarmo e – ultimo, ma non ultimo – continuare a
rifornire di gas ad altissimo prezzo e pessima qualità l’Europa.
Più di
così non potevano sperare.
E noi
più di così non potevamo disperare.
(Il
Simplicissimus).
(ilsimplicissimus2.com/2025/04/25/la-guerra-continua-perche-lucraina-non-esiste/).
Il
quadro Kellogg è un
disastro
per Trump.
Unz.com - Alastair Crooke - (28 aprile 2025) – ci dice:
Tutte
le ipotesi di base di Kellogg mancavano di qualsiasi base nella realtà.
Eppure Trump sembra averli presi sulla
fiducia.
La
guerra politica a Washington è endemica.
Ma il
conteggio dei morti al Pentagono ha iniziato a salire precipitosamente.
Tre
dei principali consiglieri del Segretario alla Difesa” Hegseth” furono messi in
congedo e poi licenziati.
La
guerra continua, con il Segretario ora sulla linea di fuoco.
Il
motivo per cui questo è importante è che il logoramento di “Hegseth” arriva nel
mezzo di feroci dibattiti interni all'amministrazione Trump sulla politica
iranian.
I
falchi vogliono l'eliminazione definitiva di tutte le capacità nucleari e
belliche dell'Iran, mentre molti "frenatori" mettono in guardia
contro l'escalation militare. Secondo quanto riferito, Hegseth era tra coloro
che mettevano in guardia contro un intervento in Iran.
I
recenti licenziamenti del Pentagono sono stati tutti identificati come fattori
di freno.
Uno di
questi ultimi,” Dan Caldwell, ex consigliere di Hegseth e veterano
dell'esercito, ha scritto un post contro gli "Iran Hawks" – e
successivamente è stato licenziato.
In
seguito è stato intervistato da “Tucker Carlson”.
In
particolare, Caldwell descrive in termini feroci le guerre americane in Iraq e
Siria (" criminali ").
Questo
sentimento avverso riguardo alle precedenti guerre americane è un tema in
ascesa, a quanto pare, tra i veterani statunitensi di oggi.
I tre
membri dello staff del Pentagono sono stati essenzialmente licenziati, non come
"leader", ma per aver dissuaso Hegseth dal sostenere la guerra contro
l'Iran, a quanto pare; gli Israeli-Firsters non hanno rinunciato a quella
guerra.
Le
linee di faglia infiammate tra falchi e "repubblicani"
tradizionalisti si ripercuotono sulla questione ucraina, anche se
l'appartenenza alla fazione può cambiare un po'.
I
sostenitori di Israele, e più in generale i falchi degli Stati Uniti, sono
dietro sia la guerra alla Russia che le richieste massimaliste all'Iran.
Il
commentatore conservatore “Fred Bauer “osserva che quando si tratta degli
impulsi bellici di Trump, sono in conflitto:
"Influenzato
dalla guerra del Vietnam della sua giovinezza... Trump sembra profondamente
avverso ai conflitti militari a lungo termine, ma, allo stesso tempo, ammira
una politica di forza e spavalderia.
Ciò significa eliminare i generali iraniani,
lanciare attacchi aerei contro gli Houthi e aumentare il bilancio della difesa
a 1 trilione di dollari".
La
potenziale uscita di scena di Hegseth – se la campagna per la sua rimozione
dovesse avere successo – potrebbe far sì che la lotta si faccia più feroce.
La sua prima vittima è già evidente: la
speranza di Trump di porre rapidamente fine al conflitto in Ucraina è finita.
Questa
settimana, la squadra di Trump (che comprende entrambe le fazioni in guerra, “Rubio”,”
Witkoff” e il generale “Kellogg) è incontrata a Parigi con vari rappresentanti
europei e ucraini.
Durante
l'incontro, la delegazione statunitense ha discusso una proposta per cessare il
fuoco unilaterale russo-ucraino.
Dopo
l'incontro, all'aeroporto, Rubio ha detto chiaramente che il piano di cessate
il fuoco era "un'iniziativa degli Stati Uniti prendere o lasciare".
Le varie parti – la Russia, Kiev e i membri
europei della "coalizione dei volenterosi" – avevano solo pochi
giorni per accettarlo, altrimenti gli Stati Uniti erano "fuori" e si
sarebbero lavati le mani del conflitto.
Il
quadro presentato, come riportato, è quasi (forse il 95%) non adulterato quello
precedentemente proposto dal generale “Kellogg:”
ovvero è il suo piano, andato in onda per la
prima volta nell'aprile 2024.
Sembra
che la "formula Kellogg" sia stata adottata allora come piattaforma
di Trump (Trump
era all'epoca a metà della campagna elettorale, ed è improbabile che abbia
seguito troppo da vicino le complicate minuzie della guerra in Ucraina).
Il
generale Kellogg è anche la probabile fonte dell'ottimismo di Trump sul fatto
che la fine della guerra in Ucraina potrebbe arrivare con uno schiocco di dita
di Trump – attraverso l'applicazione limitata di pressioni e minacce
asimmetriche su entrambi i belligeranti da parte di Trump – e con i tempi
decisi a Washington.
In
breve, il piano rappresentava un consenso della Beltway sul fatto che gli Stati
Uniti avrebbero potuto attuare uno stato finale negoziato con termini allineati
agli interessi degli Stati Uniti e dell'Ucraina.
I
presupposti impliciti di Kellogg erano che la Russia è altamente vulnerabile a
una minaccia di sanzioni (la sua economia percepita come fragile); che aveva
subito perdite insostenibilmente elevate; e che la guerra era in una situazione
di stallo.
Così,
Kellogg ha persuaso Trump che la Russia avrebbe prontamente accettato i termini
del cessate il fuoco proposte, anche se i termini sono stati costruiti attorno
a presupposti di base palesemente errati sulla Russia e sulle sue presunte
debolezze.
L'influenza
e le false premesse di Kellogg sono state fin troppo evidenti quando Trump, a
gennaio, dopo aver dichiarato che la Russia aveva perso un milione di uomini
(nella guerra) ha poi proseguito dicendo che "Putin sta distruggendo la
Russia non facendo un accordo, aggiungendo (apparentemente per inciso), che
Putin potrebbe aver già deciso 'di non fare un accordo".
Ha inoltre affermato che l'economia russa è in
"rovina" e, in particolare, ha detto che avrebbe preso in
considerazione la possibilità di sanzionare o tassare la Russia. In un
successivo post su “Truth Social”, Trump scrive:
"Farò
un grande favore alla Russia – la cui economia sta fallendo – e al presidente
Putin".
Tutte
le ipotesi di base di Kellogg mancavano di qualsiasi base nella realtà.
Eppure
Trump sembra averli presi sulla fiducia.
E nonostante i successivi tre lunghi incontri
personali di Steve Witkoff con il presidente Putin, in cui Putin ha ripetutamente
affermato che non avrebbe accettato alcun cessate il fuoco fino a quando non
fosse stato concordato un quadro politico, il contingente Kellogg ha
continuato a presumere blandamente che la Russia sarebbe stata costretta ad
accettare la distensione di Kellogg a causa delle presunte gravi "battute
d'arresto" che la Russia aveva subito in Ucraina.
Data
questa storia, non sorprende che i termini del quadro del cessate il fuoco
delineati da Rubio questa settimana a Parigi riflettano quelli più adatti a una
parte in punto di capitolazione, piuttosto che a quella di uno Stato che
anticipa il raggiungimento dei suoi obiettivi – con mezzi militari.
In
sostanza, il Piano Kellogg cercava di portare una "vittoria" degli
Stati Uniti a condizioni allineate al desiderio di mantenere aperta l'opzione
di continuare la guerra di logoramento contro la Russia.
Dunque,
cos'è il Piano Kellogg? In sostanza, mira a instaurare un "conflitto
congelato" – congelato lungo la "Linea di Conflitto"; senza un
divieto definitivo di adesione alla NATO per l'Ucraina (ma piuttosto,
prevedendo un'adesione alla NATO che viene rinviata a lungo);
non
pone limiti alle dimensioni di un futuro esercito ucraino né restrizioni al
tipo o alla quantità di armamenti in possesso delle forze ucraine.
(Prevede, al contrario, che dopo il cessate il
fuoco gli Stati Uniti potrebbero riarmare, addestrare e supportare militarmente
una futura forza), ovvero tornare all'era post-Maidan del 2014.
Inoltre,
nessun territorio verrebbe ceduto dall'Ucraina alla Russia, ad eccezione della
Crimea che da sola sarebbe riconosciuta dagli Stati Uniti come russa (l'unico
contentino a Witkoff?), e la Russia "eserciterebbe il controllo" solo
sui quattro Oblast che attualmente rivendica, ma solo fino alla linea del
conflitto;
il
territorio oltre questa linea rimarrebbe sotto il controllo ucraino (vedi qui
per la "mappa Kellogg").
La
centrale nucleare di Zaporoze sarebbe un territorio neutrale che dovrebbe
essere detenuto e gestito dagli Stati Uniti.
Non si
fa menzione delle città di Zaporoze e Kherson che sono state costituzionalmente
incorporate nella Russia, ma si trovano al di fuori della linea di contatto.
A
quanto pare il piano non prevedeva una soluzione politica, che lascia l'Ucraina
libera di decisiva le sue pretese su tutti gli ex territori dell'Ucraina, ad
eccezione della sola Crimea.
Il
territorio ucraino a ovest del fiume Dnepr, tuttavia, sarebbe diviso in tre
zone di responsabilità: zone britanniche, francesi e tedesche (cioè che le
forze della NATO gestirebbero). Infine, non sono state offerte garanzie di
sicurezza americane.
Rubio
ha successivamente passato i dettagli del piano al ministro degli esteri russo
Lavrov, il quale ha affermato con calma che qualsiasi piano di cessate il fuoco
dovrebbe risolvere le cause alla base del conflitto in Ucraina come primo
compito.
Witkoff
vola a Mosca questa settimana per presentare questo piano a Putin, cercando il
suo consenso. Gli europei e gli ucraini si incontreranno mercoledì prossimo a
Londra per dare la loro risposta a Trump.
Qual è
il prossimo passo?
Ovviamente,
il Piano Kellogg non "volerà". La Russia non lo accetterà, e
probabilmente nemmeno Zelensky lo accetterà (anche se gli europei lavoreranno
per convincerlo, sperando di "spiazzare Mosca" presentando la Russia
come il "guastafeste" essenziale). Secondo quanto riferito, Zelensky
ha già respinto la disposizione della Crimea.
Per
gli europei, la mancanza di garanzie di sicurezza o di sostegno da parte degli
Stati Uniti potrebbe rivelarsi un killer per la loro aspirazione a schierare un
dispiegamento di truppe in Ucraina, nel contesto di una cessazione del fuoco.
Trump
ha davvero intenzione di lavarsi le mani dell'Ucraina? Dubita, dato che la
leadership istituzionale neoconservatrice degli Stati Uniti dirà a Trump che
farlo indebolirebbe la narrativa americana della "pace attraverso la
forza". Trump potrebbe adottare una posizione di sostegno all'Ucraina
"a bassa fiamma", dichiarando che "la guerra non è mai stata
sua", mentre cerca una "vittoria" sul fronte degli affari con la
Russia.
La
linea di fondo è che Kellogg non ha servito bene il suo mecenate. Gli Stati
Uniti hanno bisogno di relazioni di lavoro efficaci con la Russia. Il
contingente Kellogg ha contribuito all'eclatante interpretazione errata della
Russia da parte di Trump. Putin è un attore serio, che dice quello che pensa, e
intende quello che dice.
Il
colonnello McGregor lo riassume così:
"Trump
tende a vedere il mondo attraverso la lente del deal making. [Porre fine alla
guerra in Ucraina] non significa fare affari.
Si tratta della vita e della morte delle
nazioni e dei popoli.
Non c'è alcun interesse in una sorta di
accordo a breve termine che eleverà Trump o la sua amministrazione alla
grandezza.
Non ci
sarà alcuna vittoria per Donald Trump personalmente in tutto questo.
Non
sarebbe mai stato così".
Aspettando
Xi.
Unz.com
- Mike Whitney – (27 aprile 2025) – ci dice:
Questo
è uno dei giorni più importanti della storia americana. È la nostra
dichiarazione di indipendenza economica. Posti di lavoro e fabbriche torneranno
a crescere a dismisura nel nostro Paese, e lo vedete già accadere. Daremo una
spinta alla nostra base industriale nazionale.
Il
presidente Donald Trump annuncia tariffe unilaterali su 180 paesi nonostante
gli avvertimenti su inflazione, recessione e interruzioni della catena di approvvigionamento,
2 aprile 2025.
Questa
è probabilmente la peggiore politica economica che abbia mai visto...
Non
c'è modo che questa politica riporti la produzione manifatturiera negli Stati
Uniti e "renda l'America di nuovo ricca"...
semmai,
ci renderà molto più poveri.
Molti
dicono che questa politica tariffaria sia la "fine della
globalizzazione".
Io non
la penso così...
Questa
è la fine della partecipazione dell'America alla globalizzazione...
Lo
scopo della politica tariffaria del Presidente Trump non è quello che lui
stesso afferma.
Se
l'obiettivo dei dazi fosse stato quello di reindustrializzare il Paese e creare
più posti di lavoro nel settore manifatturiero, l'annuncio sarebbe stato
accompagnato da una politica industriale che avrebbe delineato uno sforzo
governativo coordinato per ricostruire le industrie critiche americane.
Avrebbe fornito dettagli su incentivi fiscali,
investimenti infrastrutturali, formazione della forza lavoro, sussidi
governativi e finanziamenti per la ricerca e sviluppo;
il tutto finalizzato al raggiungimento degli
obiettivi dichiarati da Trump.
A fine aprile, Trump avrebbe dovuto fare
numerose apparizioni pubbliche con importanti leader del settore bancario e
imprenditoriale, che avrebbero espresso il loro sostegno a questo ambizioso
progetto di ricostruzione del Paese per trasformarlo in una potenza
manifatturiera.
Trump
avrebbe anche presentato una panoramica dei numerosi accordi pubblico-privati
stipulati con ricchi capitalisti che sostenevano l'idea e desideravano
partecipare alla sua attuazione.
Ma
niente di tutto questo è successo, perché non esiste una politica industriale;
così come non ci si aspetta che l'imposizione di dazi onerosi sulle
importazioni dall'estero "riporti magicamente posti di lavoro in
America".
È
tutta una utopia volta a ingannare l'opinione pubblica.
Quindi,
a cosa serve davvero tutta questa storia dei dazi?
Ecco come il “WSWS” risponde a questa domanda:
Il
vero scopo dei dazi di Trump (secondo il socialista Tom Hall) è "preparare le catene di
approvvigionamento per una guerra mondiale, soprattutto contro la Cina".
(L'amministrazione)
"sta promuovendo una politica che ricorda il periodo più buio del XX
secolo sotto il nazismo, dove la guerra commerciale precedette lo scoppio della
Seconda guerra mondiale nel settembre 1939".
Sito
web del socialismo mondiale.
Troviamo
questa analisi convincente, ma non particolarmente credibile.
È
vero, Trump non è riuscito a supportare i suoi editti tariffari con proposte
concrete per ricostruire la debole base industriale americana.
Ma
questo non significa che si stia preparando per una guerra con la Cina.
Sembra un po' forzato.
Ciononostante,
vale la pena porre la domanda a “Grok” per verificare se l'analogia storica sia
corretta.
Domanda:
Hitler
usò la guerra commerciale per rafforzare le linee di rifornimento alla Germania
prima della guerra?
Grok –
Sì,
Hitler sfruttò la guerra commerciale globale e le turbolenze economiche degli
anni '30 per rafforzare le linee di rifornimento della Germania e prepararsi
alla guerra.
Lo “Smoot-Hawley Tariff Act” e le successive
tariffe di ritorsione da parte di altre nazioni interruppero il commercio
globale, creando opportunità per la Germania di stabilire l'autarchia
(autosufficienza economica) e assicurare risorse strategiche attraverso accordi
bilaterali.
Ecco come:
Il
regime di Hitler mirava a ridurre la dipendenza dalle importazioni aumentando
la produzione interna, in particolare nell'agricoltura e nei materiali
sintetici (ad esempio, carburante, gomma).
Il "Piano quadriennale" nazista
(1936) diede la priorità al riarmo e all'autosufficienza per isolare la
Germania dalle interruzioni del commercio.
Accordi
commerciali bilaterali:
con il
commercio globale ostacolato, la Germania ha negoziato accordi di baratto con nazioni più piccole,
soprattutto nell'Europa orientale e nei Balcani.
Sfruttamento
delle economie indebolite: la guerra commerciale ha indebolito le economie a
livello globale, rendendo i paesi più propensi a commerciare con la Germania a
condizioni favorevoli.
Controllo
delle economie vicine:
l'influenza
economica della Germania su Austria e Cecoslovacchia prima della loro
annessione (1938-1939) garantì l'accesso alle loro risorse e industrie,
rafforzando ulteriormente le linee di rifornimento...
Sebbene
la guerra commerciale non fosse l'unico fattore, creò un'economia globale
frammentata che Hitler manipolò per rafforzare la macchina bellica tedesca.
Nel
1939, questi sforzi fornirono alla Germania una rete di approvvigionamento
solida, sebbene non completa, per le prime fasi della Seconda Guerra Mondiale. (Grok).
Quindi,
si potrebbe sostenere che Trump stia pensando sulla stessa linea di Hitler,
cercando di rendere gli Stati Uniti più autosufficienti in caso di confronto
militare con la Cina.
Questo potrebbe spiegare perché sta riducendo le
relazioni con Putin (in modo da poter spostare la sua attenzione sulla Cina).
Potrebbe
anche spiegare il suo improvviso interesse per la Groenlandia, che avrebbe
fornito agli Stati Uniti un facile accesso ai metalli preziosi, alle terre rare
e alle riserve di petrolio e gas nel caso in cui scoppiasse una guerra
nell'Asia-Pacifico.
Il sequestro de facto del Canale di Panama potrebbe
rientrare in questo stesso paradigma per quanto riguarda il controllo delle
rotte marittime critiche e dei passaggi marittimi.
Queste
sono tutte azioni che ci si aspetterebbe che il governo intraprendesse se
stesse pianificando un conflitto a lungo termine con un concorrente alla pari
situazione dall'altra parte del mondo.
Ma non
siamo ancora convinti che questa sia la prima scarica di fuoco di una guerra
con la Cina.
Pensiamo
che sia la fase "Shock-and-Awe" di una strategia di contenimento
aggressiva che cerca di isolare e accerchiare la Cina senza effettivamente
trasformarsi in una guerra aperta.
Ciononostante, dovrebbe essere ormai abbastanza ovvio
che la stravaganza del “Giorno della Liberazione” era solo un modo per
nascondere il vero motivo di Trump, ovvero quello di lanciare formalmente una
guerra commerciale contro la Cina.
Questo
è ciò che sta realmente accadendo dietro i dazi sparpagliati, indirizzati in
modo casuale ad amici e nemici.
Il
vero bersaglio è la Cina, la più grande minaccia emergente che gli Stati Uniti
abbiano mai affrontato.
L'embargo
sulle merci cinesi suggerisce che Washington sta finalmente facendo il suo
perno definitivo verso l'Asia.
L'Ucraina viene consegnata agli alleati della
NATO, mentre gli Stati Uniti spostano la loro attenzione sull'Estremo Oriente.
L'amministrazione
è già impegnata a rafforzare la sua presenza militare nella regione, a
costruire il sostegno per una coalizione anti-cinese, a incitare incidenti
nello Stretto di Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale e, ora, a imporre un
embargo totale alla Cina senza alcun preavviso e senza la minima provocazione.
Le nuove tariffe si adattano perfettamente
alla più ampia strategia di Washington per contenere l'unica rivale che ha più
probabilità di diventare l'indiscusso egemone regionale.
Ma
qualunque fossero le intenzioni di Trump, non c'è dubbio che il piano sia stato
mal concepito e non stia avendo l'impatto sperato.
Ad
esempio, Trump pensava che i suoi giganteschi dazi avrebbero spinto il premier
cinese” Xi Jinping” a correre al telefono per vedere quali concessioni avrebbe
potuto fare per placare il “dittatore Trump”.
Ma
finora, ciò non è accaduto, e non sembra che accadrà.
Al
contrario, il Ministro degli Esteri cinese ha ripetutamente affermato che
"tutti i dazi unilaterali devono essere rimossi" prima ancora che la
Cina parli con Trump. In breve, la Cina non ha lasciato a Trump un'altra scelta
che capitolare ora o assistere all'arresto cardiaco dell'economia statunitense.
Date
un'occhiata a questa breve lista di previsioni di recessione formulate da alcuni dei più grandi nomi della
finanza:
Goldman
Sachs:
Previsione:
aumentate le probabilità di recessione negli Stati Uniti al 45% entro il
2025... Se i dazi reciproci continueranno, prevedono una recessione, seppur
lieve, simile alla crisi delle dot-com del 2001...
JPMorgan
Chase:
Previsione:
prevede il 60% di possibilità di una recessione globale entro la fine del 2025.
Il CEO Jamie Dimon prevede che i dazi rallenteranno la crescita e aumenteranno
l'inflazione.
TD
Securities:
Previsione:
probabilità di recessione negli Stati Uniti alzate al 50% a causa di dazi
"più drastici del previsto".
Analisi
di Moody's:
Previsione:
Il capo economista Mark Zandi ha aumentato la probabilità di recessione al 40% definendo i dazi "foraggio per
una recessione economica".
Deutsche
Bank:
Previsione: vede un "aumento
significativo del rischio di recessione", ...Darò un aumento
dell'inflazione PCE core di 1-1,5 punti e ridurrò la crescita attraverso costi
più elevati e una minore competitività.
L'incertezza
e le ritorsioni amplificano i rischi di recessione.
Morningstar,
Previsione: Definisce i dazi una
"catastrofe economica auto inflitta", prevedendo una recessione con
una crescita ridotta del PIL per il 2025-2026...
Motivazione:
le tariffe aumentano l'aliquota effettiva al 20-25%, la più alta dallo “Smoot-Hawley
Act” degli anni '30, aumentando l'aumento e riducendo la domanda dei
consumatori.
Le interruzioni della catena di
approvvigionamento e le ritorsioni peggiorano i risultati.
Quindi,
mentre nessuno può prevedere una recessione con una precisione del 100%, c'è un
crescente consenso sul fatto che dazi avranno un impatto sulla spesa, sulla
riduzione e sulla crescita.
I
risultati attesi sono semplicemente "cotti nella torta".
Quindi,
cosa dovrebbe fare Trump?
Ebbene,
i dati sono chiari:
ha
commesso un grave errore che richiede un'azione immediata.
Deve
riconoscere il suo errore e correggere la rotta prima che le interruzioni della
catena di approvvigionamento peggiorino e che la buca che si è scavato si
allarghi ulteriormente.
Deve
rimuovere i dazi, conformarsi alle norme e ai regolamenti dell'OMC e sostituire
i membri del suo team di consulenti economici che hanno concepito questa idea
folle.
Dobbiamo
supporre che non sia stato Trump a pensare che i dazi potessero essere usati
per contrastare le cosiddette "pratiche sleali" della Cina che
"hanno indebolito il settore manifatturiero statunitense".
No, probabilmente sono stati “Robert
Lighthizer” (uno degli architetti chiave della guerra commerciale del primo
mandato di Trump) e “Peter Navarro”, ex consigliere commerciale di Trump,
coautore di "Death by China" (2011) e che ha influenzato la politica
tariffaria di Trump durante il suo primo mandato.
Questi
sono i cervelloni responsabili dell'attuale debacle.
Trump è semplicemente il complice
inconsapevole che attua le visioni distruttive di ideologi folli.
Ci
viene in mente una citazione di “John Maynard Keynes”, nella sua fondamentale
opera” Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta” (1936),
che fece la seguente osservazione sull'influenza degli economisti defunti:
Le
idee degli economisti e dei filosofi politici, sia quando sono giuste che
quando sono sbagliate, sono più potenti di quanto si pensi comunemente.
In effetti, il mondo non è governato da altro.
Gli
uomini pratici, che si credono completamente immuni da qualsiasi influenza
intellettuale, sono solitamente schiavi di qualche economista defunto.
Anche
se né Lighthizer né Navarro sono ancora "defunti", è chiaro che Trump
è nella morsa delle loro idee fuorvianti.
Ecco
un breve schizzo di entrambi gli uomini:
Il
protezionismo di Lighthizer rispecchia l'intento di Smoot-Hawley di proteggere
le industrie statunitensi, ma ignorando come tali misure possano approfondire
il conflitto economico globale. Robert Lighthizer rimarrà un consigliere
informale nel 2025, plasmando la strategia tariffaria di Trump attraverso i
suoi protetti come Jamieson Greer. (Grok)
Poi,
c'è Peter Navarro, che vede la Cina come una potenza economica predatoria, che ruba
posti di lavoro negli Stati Uniti attraverso pratiche commerciali sleali.
Sostiene tariffe aggressive, divieti di esportazione e “reshoring” della
produzione per contrastare il vantaggio commerciale della Cina di 640 miliardi
di dollari.
Le
idee di Navarro rafforzano gli aumenti dei dazi di Trump per il 2025 e gli
obiettivi di disaccoppiamento... L'approccio pesante dei dazi di Navarro
riecheggia il protezionismo di “Smoot-Hawley”, che gli si è ritorto contro
approfondendo la Grande Depressione.
Le
politiche di Navarro sotto Trump potrebbero sconvolgere i mercati globali senza
una solida politica industriale degli Stati Uniti. (Grok)
Infine,
abbiamo “Stephen Miran”, “Presidente del Council of Economic Advisers” (CEA):
Miran
è uno dei principali artefici della strategia tariffaria di Trump, che propone
un "Accordo di Mar-a-Lago" per ristrutturare il commercio globale,
utilizzando i dazi per costringere i paesi a "pagare un tributo" per
il dominio militare e finanziario degli Stati Uniti (Geopolitica Economy
Report, 10 aprile 2025).
In un
discorso del 7 aprile 2025, ha definito la Cina "il nostro più grande
avversario" e ha sostenuto che i dazi potrebbero vincere una guerra commerciale
facendo leva sul potere di mercato dei consumatori statunitensi. Ha difeso le
tariffe come un successo storico, affermando: "La storia economica
americana ha visto periodi di tariffe elevate coincidere con uno straordinario
successo economico"
(Nota:
il Segretario al Tesoro Scott Bessent e Kevin Hassett, direttore del National
Economic Council (NEC) sembrano essere solo attori minori nel fiasco dei dazi).
Questi
sono gli uomini le cui idee stanno guidando l'attuale politica tariffaria.
La
crisi economica in corso può essere fatta risalire a loro e alle loro visioni
illusorie.
Un
"accordo con Trump"?
Destreggiarsi
tra guerra,
'guerra
facile' e negoziare.
Unz.com
- Alastair Crooke – (24 aprile 2025) – ci dice:
La
questione chiave del “MAGA” non è la politica estera, ma come riequilibrare
strutturalmente un paradigma economico in pericolo di estinzione.
Trump
è chiaramente nel bel mezzo di un conflitto esistenziale.
Ha un
obbligo schiacciante.
Ma è
circondato da un risoluto fronte nemico interno sotto forma di una
"preoccupazione industriale" intrisa di ideologia dello Stato
Profondo, incentrata principalmente sul mantenimento del potere globale degli
Stati Uniti (piuttosto che sul risanamento dell'economia).
La
questione chiave del “MAGA”, tuttavia, non è la politica estera, ma come
riequilibrare strutturalmente un paradigma economico in pericolo di estinzione.
Trump è sempre stato chiaro sul fatto che questo costituisce il suo obiettivo
primordiale.
La sua
coalizione di sostenitori è fissata sulla necessità di rilanciare la base
industriale americana, in modo da fornire posti di lavoro ragionevolmente ben
retribuiti al corpo “MAGA”.
Trump
può per ora avere un mandato, ma il pericolo estremo è in agguato, non solo lo “Stato
Profondo” e la “lobby israeliana”.
La
bomba del “debito Yellen” è la minaccia esistenziale più grande.
Minacciare
il sostegno di Trump al Congresso, perché la bomba è destinata a esplodere poco prima delle elezioni
di metà del 2026.
Le nuove entrate tariffarie, i risparmi di
DOGE e persino l'imminente shakedown del Golfo sono tutti incentrati
sull'ottenimento di una sorta di ordine fiscale, in modo che oltre 9 trilioni
di dollari di mandato di debito a breve scadenza – in scadenza imminente –
possano essere raggiungere a lungo termine senza possibilità di tassi di
interesse da capogiro.
È il piccolo filo conduttore della
“Yellen-Democratica” per l'”agenda Trump”.
Fin
qui, il contesto generale sembra abbastanza chiaro.
Eppure,
sulle minuzie di come esattamente riequilibrare l'economia;
come
gestire la "bomba del debito";
e fino
a che punto DOGE dovrebbe spingersi con i suoi tagli, sono presenti divisioni
nella squadra di Trump.
In
effetti, la guerra dei dazi e la lotta con la Cina mettono in discussione una
nuova falange di opposizione: vale a dire coloro (alcuni a Wall Street, gli
oligarchi, ecc.) che hanno prosperato potentemente dall'epoca d'oro della
creazione di moneta a flusso libero, apparentemente illimitato;
coloro
che si sono arricchiti, proprio dalle politiche che hanno reso l'America
asservita all'incombente "campana del debito" americana.
Eppure,
a rendere le cose più complesse, a causa delle componenti chiave della
discussione "ribilanciamento" e della "soluzione" del
debito di Trump non possono essere sussurrate, figuriamoci dette ad alta voce:
una ragione è che si tratta di svalutare
deliberatamente "il dollaro in tasca".
E in secondo luogo, molti più americani
perderanno il lavoro.
Questo
non è esattamente un "vendere" popolare. Che è probabilmente il
motivo per cui il "riequilibrio" non è stato ben spiegato al
pubblico.
Trump
ha lanciato lo "shock tariffario" della” Liberazione”, apparentemente
intenzionato a far decollare una ristrutturazione delle relazioni commerciali
internazionali, come primo passo verso un generale riallineamento dei
principali valori monetari.
La
Cina, tuttavia, non stava comprando la "roba" dei dazi e delle
restrizioni commerciali, e le cose si stanno rapidamente intensificando.
Per un
momento è sembrato che la "coalizione" di Trump potesse incrinarsi
sotto la pressione della concomitante crisi del mercato obbligazionario
statunitense e della rissa tariffaria che ha scosso la fiducia.
La
Coalizione, infatti, tenne;
I
mercati si sono calmati, ma poi la coalizione si è fratturata su una questione
di politica estera:
la
speranza di Trump di normalizzare le relazioni con la Russia, verso un “Grande
Reset Globale”.
Un
filone importante all'interno della coalizione di Trump (a parte i populisti
MAGA) sono i neoconservatori e i sostenitori di Israele.
Una
sorta di patto faustiano favorevole è stata raggiunta da Trump all'inizio
attraverso un accordo che ha visto la sua squadra pesantemente popolata da
zelanti sostenitori di Israele.
In
poche parole, l'ampiezza della coalizione di cui Trump pensava di aver bisogno
per vincere le elezioni e realizzare un riequilibrio economico includeva anche
due pilastri della politica estera:
in primo luogo, il reset con Mosca – il
pilastro con cui porre fine alle "guerre per sempre", che la sua base
populista disprezzava.
E il
secondo pilastro è la castrazione dell'Iran come potenza militare e fonte di
resistenza, su cui insistono sia i sostenitori di Israele che Israele (e con
cui Trump sembra del tutto a suo agio).
Da qui
il patto “faustiano”.
Le
aspirazioni di "pacificatore" di Trump hanno senza dubbio aumentato
il suo appeal elettorale, ma non sono stato il vero motore della sua valanga.
Ciò
che è diventato evidente è che queste diverse agende – estere e interne – sono
interconnesse:
una
battuta d'arresto nell'una o nell'altra agisce come un domino che spinge o
ritarda le altre agende.
In
parole povere:
Trump dipende dalle "vittorie" – le
prime "vittorie" – anche se questo significa precipitarsi verso una
prospettiva di "vittoria facile" senza pensare se possiede una solida
strategia (e capacità) per raggiungerla.
Tutti
e tre gli obiettivi dell'agenda di Trump, a quanto pare, sono più complicati e
divisivi di quanto forse si aspettasse.
Lui e il suo team sembrano affascinati dai
presupposti occidentali come, in primo luogo, che la guerra generalmente
avviene "laggiù";
che la
guerra nell'era successiva alla Guerra Fredda non è in realtà
"guerra" nel senso tradizionale di guerra totale e totale, ma è
piuttosto un'applicazione limitata della schiacciante forza occidentale contro
un nemico incapace di minacciarci in modo simile;
e in terzo luogo, che la portata e la durata
di una guerra sono decise a Washington e il suo "gemello" dello Stato
Profondo a Londra.
Così
coloro che parlano di porre fine alla guerra in Ucraina attraverso un cessate
il fuoco unilaterale imposto (ad esempio, la fazione di Walz, Rubio e Hegseth,
guidata da Kellogg) sembrano presumere allegramente che i termini e i tempi per
porre fine alla guerra possono essere decisi anche a Washington, e imposti a
Mosca attraverso l'applicazione limitata di pressioni e minacce asimmetriche.
Proprio
come la Cina non sta comprando la "roba" dei dazi e delle restrizioni
commerciali, nemmeno Putin sta comprando la "roba" dell'ultimatum:
("Mosca ha settimane, non mesi, per
concordare un cessate il fuoco").
Putin
ha pazientemente cercato di spiegare a “Witkoff”, l'inviato di Trump, che la
presunzione americana che la portata e la durata di qualsiasi guerra nei
confronti dell'Occidente semplicemente non si accorda con la realtà di oggi.
E, in
modalità “companion”, coloro che parlano di bombardare l'Iran (che include
Trump) sembrano anche presumere di poter dettare il corso e il contenuto
essenziale della guerra;
gli
Stati Uniti (e forse Israele) possono semplicemente decidere di bombardare
l'Iran con grandi bombe anti-bunker.
Questo
è tutto! Bella della storia.
Si
presume che questa sia una guerra facile e autogiustificante – e che l'Iran
deve imparare ad accettare che se l'è procurata da solo sostenendo i
palestinesi e altri che rifiutano la normalizzazione israeliana.
“Aurelien”
osserva:
"Quindi
abbiamo a che fare con orizzonti limitati; immaginazione limitata ed esperienza
limitata.
Ma c'è
un altro fattore determinante:
il
sistema statunitense è riconosciuto come tentacolare, conflittuale e, di
conseguenza, in gran parte impermeabile all'influenza esterna e persino alla
realtà.
L'energia burocratica è dedicata quasi
interamente alle lotte interne, che sono portate avanti da coalizioni mutevoli
nell'amministrazione;
al
Congresso; nel Puntland e nei media.
Ma queste lotte riguardano, in generale, il
potere e l'influenza [interna] – e non i meriti intrinseci di una questione, e
[quindi] non richiedono alcuna esperienza o conoscenza effettiva".
"Il
sistema è abbastanza grande e complesso da permetterti di fare carriera come
'esperto di Iran', diciamo, all'interno e all'esterno del governo, senza aver
mai visitato il paese o aver parlato la lingua, semplicemente riciclando la
saggezza standard in un modo che attirerà il patrocinio.
Combatterete
battaglie con altri presunti 'esperti', all'interno di un ambito intellettuale
molto ristretto, dove solo certe conclusioni sono accettabili".
Ciò
che diventa evidente è che questo approccio culturale (il complesso industriale
dei “Think-Tank”) induce una pigrizia e la prevalenza dell'arroganza nel
pensiero occidentale.
Si
presume, secondo quanto riferito, che Trump abbia ipotizzato che “Xi Jinping”
si sarebbe precipitato a incontrarlo, in seguito all'imposizione di dazi – per
chiedere un accordo commerciale – perché la Cina sta soffrendo alcuni venti
contrari economici.
Anche
il contingente Kellogg presume blandamente che la pressione sia la condizione
necessaria e sufficiente per costringere Putin ad accettare un cessate il fuoco
unilaterale – un cessate il fuoco che Putin ha ripetutamente dichiarato che non
avrebbe accettato fino a quando non fosse stato concordato un quadro politico.
Quando
Witkoff riporta il punto di vista di Putin all'interno della discussione della
squadra di Trump, si pone come un contrario al di fuori del "discorso
autorizzato" che insiste sul fatto che la Russia prende sul serio la
distensione con un avversario solo dopo essere stata costretta a farlo da una
sconfitta o da una grave battuta d'arresto.
Anche
l'Iran ha ripetutamente affermato che non sarà privato delle sue difese
convenzionali; i suoi alleati e il suo programma nucleare.
L'Iran ha probabilmente la capacità di
infliggere enormi danni sia alle forze statunitensi nella regione che a
Israele.
Anche
qui la squadra di Trump è divisa sulla strategia – in parole povere: negoziare
o bombardare.
Sembra
che il pendolo abbia oscillato sotto l'intensa pressione di Netanyahu e della
leadership istituzionale ebraica negli Stati Uniti.
Poche
parole possono cambiare tutto. In un dietrofront,
Witkoff
è passato dal dire il giorno prima che Washington si sarebbe accontentata di un
tetto all'arricchimento nucleare iraniano e non avrebbe richiesto lo
smantellamento dei suoi impianti nucleari, al postare sul suo account ufficiale
“X” che qualsiasi accordo richiederebbe all'Iran di " fermare ed eliminare
il suo programma di arricchimento nucleare e di armamento ... Un accordo con
l'Iran sarà completato solo se sarà un accordo con Trump ".
Senza
una chiara inversione di rotta da parte di Trump, siamo sulla strada della
guerra.
È
chiaro che il Team Trump non ha riflettuto sui rischi inerenti ai loro
programmi.
Il loro iniziale "incontro per il cessate
il fuoco" con la Russia a Riyadh, ad esempio, è stato un “teatro della
facile”.
L'incontro si tenne sulla base del facile
presupposto che, dal momento che Washington aveva deciso di avere un cessate il
fuoco anticipato, allora "doveva esserlo".
"Famoso",
“Aurelien” osserva stancamente:
"La
politica dell'amministrazione Clinton in Bosnia è stata il prodotto di furiose
lotte di potere tra le ONG americane rivali e gli ex alunni dei Diritti Umani –
nessuno dei quali sapeva nulla della regione, o ci era mai stato".
Non è
solo che la squadra è incurante nei confronti delle possibili conseguenze della
guerra in Medio Oriente.
Sono
prigionieri di supposizioni manipolate secondo cui “sarà una guerra facile”.
Trump
sposta i bombardieri
"con
capacità nucleare" a
distanza di attacco dall'Iran.
Unz.com - Mike Whitney – (29 marzo 2025) – ci
dice:
Una
guerra con l'Iran sarebbe da 10 a 15 volte peggiore della guerra in Iraq in
termini di vittime e costi...
E
perderemmo. Senza dubbio perderemmo ...
(Colonnello
in pensione- Lawrence Wilkerson).
Si è
molto discusso del trasferimento dei bombardieri B-2 a Diego Garcia in
previsione di un potenziale conflitto con l'Iran...
Tuttavia,
il B-2 eccelle principalmente contro nazioni piccole, poco sofisticate e
povere, dotate di sistemi di difesa aerea obsoleti. ...
In
breve, il B-2 è uno strumento sofisticato per intimidire gli avversari più
deboli, ma è ampiamente inefficace contro i moderni “Sistemi di Difesa Aerea
Integrati” (IADS).
(Mike
Mihajlovic @MihajlovicMike).
Recenti
rapporti e immagini satellitari indicano un significativo accumulo di risorse
militari statunitensi a Diego Garcia, una base strategica nell'Oceano Indiano.
Il Pentagono ha dispiegato sette bombardieri
stealth B-2 Spirit (in grado di trasportare carichi nucleari), numerosi aerei
da trasporto C-17, dieci aerei cisterna KC-135, un sottomarino lanciamissili
balistici classe Ohio e due gruppi di portaerei in luoghi in cui potrebbero
essere utilizzati in un attacco preventivo contro l'Iran.
Questo
accumulo senza precedenti coincide con le recenti minacce del presidente Donald
Trump riguardo al programma di arricchimento nucleare iraniano.
Venerdì,
Trump ha lanciato un altro minaccioso avvertimento all'Iran durante un briefing
alla Casa Bianca.
Ha
affermato:
L'Iran
è in cima alla mia lista di cose da tenere d'occhio... Dovremo parlarne,
altrimenti succederanno cose molto brutte all'Iran...
La mia
grande preferenza è che troviamo una soluzione con l'Iran, ma se non ci
riusciamo, succederanno cose molto brutte all'Iran.
L'aumento
degli allarmi, insieme al dispiegamento dei bombardieri B-2, ha suscitato
scalpore tra gli analisti, molti dei quali ora credono che Trump stia
pianificando di colpire gli impianti nucleari iraniani con bombe nucleari
bunker buster "a bassa potenza,", progettate per penetrare e
distruggere strutture sotterranee e fortificate.
Se
tale azione dovesse aver luogo, l'Iran sarebbe costretto a lanciare massicci
attacchi di rappresaglia contro basi statunitensi e israeliane, risorse navali,
infrastrutture critiche e impianti petroliferi in tutto il Medio Oriente.
E se
tali attacchi fossero in grado di infliggere danni significativi a obiettivi
statunitensi o israeliani, potremmo assistere a una rapida escalation verso una
guerra nucleare, uno scenario che ora sembra più probabile che mai.
Questo è un estratto da un'intervista con l'”ex
ispettore delle armi Scott Ritter”:
...
sette bombardieri B-2 sono stati schierati dalla base aerea di “Whitman”, negli
Stati Uniti, a Diego Garcia.
Si tratta di un dispiegamento senza
precedenti.
E sono
affiancati da 10 aerei cisterna KC-31;
questo
è ciò che serve per lanciare un attacco contro un obiettivo come l'Iran. Questo
è qualcosa che dovrebbe svegliare la gente, perché esiste un reale potenziale
di conflitto...
l
fatto è che ci sono bombardieri B-2, ci sono sottomarini classe Ohio, ci sono
armi nucleari collegate a ciascuno di questi sistemi d'arma;
armi nucleari costruite al solo scopo di
attaccare obiettivi come questi che esistono in Iran. …
Sto
semplicemente affermando che l'amministrazione Trump ha una posizione nucleare
legata a un piano di impiego nucleare che prevede l'uso di armi nucleari in un
conflitto contro l'Iran, e non possiamo fingere che non esista.
(Scott
Ritter).
Vale
la pena notare che l'amministrazione Trump è sul punto di dichiarare guerra a
un Paese che non rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale degli
Stati Uniti, né minaccia gli interessi statunitensi nella regione.
L'unico crimine dell'Iran è quello di occupare
un territorio in una regione in cui Israele è considerato la potenza dominante.
Ciò
significa che la capacità militare dell'Iran deve essere significativamente
ridotta dal pitbull preferito di Israele, gli Stati Uniti.
A tal fine, ricchi sionisti hanno riempito le
casse della campagna elettorale di Trump durante le ultime elezioni
presidenziali, sapendo che la sua vasta popolarità sarebbe stata utile per
promuovere l'agenda israeliana.
L'obiettivo primario di tale agenda è sempre
stato l'annientamento della capacità militare dell'Iran, in modo che Israele
possa emergere come potenza egemone regionale senza opposizione.
Trump
sta semplicemente interpretando il ruolo per il quale è stato scelto.
Ecco altro da “Ritter”:
Scott
Ritter.
Quando
Trump è stato presidente l'ultima volta (2016), ha rivisto la” Nuclear Posture
Review e la Nuclear Employment Guidance”.
E la “Nuclear
Employment Guidance “è il piano di guerra.
Il
piano di guerra è stato riscritto in modo che potesse lanciare attacchi
nucleari contro l'Iran.
Quindi
siamo pronti a lanciare attacchi contro l'Iran oggi, il piano è stato
implementato... abbiamo le armi, abbiamo identificato gli obiettivi...
Domanda:
cosa è stato riscritto?
Scott
Ritter:
Servono
armi specifiche... Ora abbiamo una nuova bomba nucleare "a basso
potenziale" che penetra e distrugge la struttura con ricadute minime
(abbiamo testate nucleari simili sui “sottomarini Trident” nella regione, che
possono essere utilizzate in un attacco di decapitazione contro l'Iran).
Siamo
pronti a dichiarare guerra all'Iran.
Abbiamo
già preso questa decisione; il piano esiste.
Domanda:
Quindi quello che mi stai dicendo è che, se l'Iran sviluppasse un'arma
nucleare...
Scott
Ritter:
Attaccheremo e saranno annientati... Non sapranno mai
cosa li aspetta e non si riprenderanno mai ... Il piano americano non ucciderà
decine di milioni di iraniani, ma ucciderà decine di migliaia di iraniani,
distruggerà l'infrastruttura nucleare e farà regredire l'Iran per sempre.
L'alternativa
per l'Iran è negoziare la rinuncia al suo programma nucleare. (Scott Ritter).
Ecco
perché Ritter è così preoccupato.
Crede
fermamente che Trump stia pianificando un attacco preventivo ai siti nucleari
iraniani, che metterebbe in moto l'effetto domino innescando una guerra
nucleare.
A me
sembra una preoccupazione ragionevole, ma, sorprendentemente, l'analisi di
Ritter ha scatenato una tempesta di fuoco tra diversi suoi sostenitori online,
che (da un giorno all'altro) si sono trasformati in alcuni dei suoi critici più
feroci.
Ecco
un breve estratto da un post di “Sony Thang@nxt888” che è stato ampiamente
diffuso su “X”:
Scott...
Lasciate
che ve lo dica chiaramente: se gli Stati Uniti usano armi nucleari contro
l'Iran – anche "tattiche" – l'incantesimo si spezza. Per sempre.
Il
mito della moderazione occidentale muore allo scoperto.
La
menzogna dell'”ordine basato sulle regole” evapora nella polvere radioattiva.
La
Cina non aspetterà di essere la prossima.
La
Russia rafforzerà la sua alleanza con Teheran.
Il Sud del mondo volterà le spalle per sempre.
E ogni
nazione che non è sotto lo stivale di Washington saprà la verità:
se non
ci si arma, si sarà annientati.
Questa
non è proliferazione. Questa è l'inevitabilità.
Voi
dite: "Solo una nazione se ne va".
No,
Scott.
Nessuno
si sottrae alla guerra nucleare. Non in modo pulito. Non economicamente. Non moralmente.
Ma intratteniamo il tuo scenario.
L'Iran
è spazzato via.
Il
petrolio raggiunge i 500 dollari al barile.
Lo
Stretto di Hormuz è un cimitero.
L'economia
globale implode, non solo l'Europa e l'Asia, ma lo stesso dollaro, perché la fiducia
muore quando l'impero brucia la sua ultima pretesa morale.
Ed
ecco la parte che le vostre fantasie del Pentagono non calcolano mai:
non sono solo le bombe a mettere in ginocchio
le nazioni.
È la legittimità. Una volta persa, mai più
riconquistata.
E gli
Stati Uniti? Già barcollanti per le guerre infinite, non risorgeranno dalle
ceneri di un altro paese carbonizzato. Sprofonderanno in esse.
Affermi
di "valutare il mondo così com'è"?
Poi
guarda di nuovo. L'impero americano non sta crescendo.
È alle
strette. Sta vacillando.
Minaccia
l'annientamento non per forza, ma per paura.
Paura
che il mondo che dominava stia scivolando via.
Paura
che l'Iran si rifiuti di inginocchiarsi.
È
paura che la storia, che un tempo sostenevi avrebbe reso l'America
responsabile, non sia più dalla tua parte.
Quindi,
continuate a elencare i vostri bombardieri, i vostri sottomarini, le vostre
fantasie a basso potenziale. Perché sotto tutto quell'acciaio e quella
strategia si cela un'unica verità:
Hai
già perso la guerra morale.
E
quando questo se ne va? Tutto il resto segue.
(Sony
Thang).
Il
fulcro di queste critiche è una tacita obiezione a qualsiasi tentativo
dell'Iran di scendere a compromessi (o negoziare) con l'amministrazione Trump.
Questo
è generalmente percepito come un "cedimento" all'impero del male (il
che, per molti aspetti, è vero).
Vale
la pena notare che l'Iran non sta attualmente violando il “Trattato di non
proliferazione nucleare” (TNP), né lo ha fatto in passato.
Anzi,
l'Iran ha volontariamente rispettato numerosi protocolli aggiuntivi e misure di
rafforzamento della fiducia (che non sono mai stati imposti a nessun altro
Paese), tutti volti a dissipare i timori che stesse sviluppando segretamente
armi nucleari.
Ma
come hanno confermato di recente “Tulsi Gabbard”, e prima di lei l'ex direttore
della CIA “William Burns,” l'Iran non possiede armi nucleari, non le sta
costruendo e non ha violato gli accordi del TNP.
L'intera questione è una menzogna inventata da
potenti sionisti e dai loro collaboratori mediatici che vogliono distruggere
l'Iran affinché Israele diventi la potenza dominante in Medio Oriente.
Vale
anche la pena notare il modo disonesto in cui questa crisi è stata presentata
al popolo americano.
L'opinione
pubblica è stata indotta a credere che Trump stia cercando di impedire la
proliferazione nucleare, quando, in realtà, l'amministrazione sta chiedendo
all'Iran di abbandonare anche il suo programma missilistico balistico.
Il 23
marzo 2025, a “Face the Nation” , il consigliere di Trump Mike Waltz” ha
dichiarato senza mezzi termini che le richieste di Trump includono lo
smantellamento del "programma missilistico strategico" dell'Iran.
Ma i
missili balistici iraniani non violano alcun diritto internazionale né sono
vietati da alcun obbligo contrattuale.
Trump
sta semplicemente ordinando all'Iran di rinunciare ai mezzi con cui si difende
o di affrontare un'azione militare da parte degli Stati Uniti.
È una richiesta ragionevole?
No, è
un suicidio nazionale.
E, ancora una volta, l'origine di questa
follia è Benjamin Netanyahu, che ha costantemente esortato gli Stati Uniti a
intraprendere azioni più incisive contro le capacità missilistiche dell'Iran.
(Gli agenti israeliani al Congresso hanno
presentato il “MISSILES Act” nel luglio 2023 per codificare le sanzioni
statunitensi sui programmi missilistici e dei droni dell'Iran, citando la
sicurezza di Israele.
Allo stesso tempo, la campagna di
"massima pressione" di Trump ha incluso "entità legate ai
missili"... "attribuita al contributo di Netanyahu").
In
breve, all'Iran viene chiesto di disarmarsi volontariamente affinché Israele
possa fare all'Iran quello che sta facendo attualmente alla Siria e al Libano.
Perché
mai dovrebbero farlo?
Non lo
faranno.
Apriranno
canali di comunicazione riservati con gli inviati di Trump e continueranno a
rispettare gli obblighi del trattato, ma alla fine Trump ordinerà attacchi
aerei su obiettivi nucleari in Iran, segnando l'inizio della guerra.
E questo metterà a confronto l'obsoleto
arsenale bellico americano con i sistemi missilistici balistici all'avanguardia
dell'Iran, il che – come sostiene “Will Schryver” – metterà a nudo la debolezza
americana, non rafforzerà il diffuso mito dell'intoccabile forza americana.
Le
ragioni di ciò sono facili da comprendere.
In
seguito agli attacchi missilistici "tit-for-tat" dello scorso anno
tra Israele e Iran, è emersa una narrazione fantasiosa secondo cui gli attacchi
aerei israeliani contro l'Iran avrebbero avuto successo, mentre gli attacchi
missilistici iraniani contro Israele non avrebbero causato danni significativi.
Ma nulla potrebbe essere più lontano dalla
verità.
La
campagna aerea israeliana è stata nettamente respinta dagli avanzati sistemi di
difesa aerea multistrato dell'Iran, mentre la stragrande maggioranza dei
missili balistici ipersonici a lungo raggio dell'Iran ha sfondato i decantati
sistemi di difesa aerea israeliani colpendo obiettivi senza interferenze.
Come
giungiamo a queste insolite conclusioni?
Controllando
i resoconti documentati di ciò che è realmente accaduto.
Ad
esempio, si considera questo primo resoconto dell'attacco israeliano del 26
ottobre da parte dell'ex ufficiale dei servizi segreti” Alastair Crooke”:
Domanda:
Israele
ha causato danni significativi all'Iran nel suo attacco del 26 ottobre?
Alastair
Crooke:
No, ma
è successo qualcosa di significativo, perché l'attacco avrebbe dovuto iniziare
con la distruzione dei sistemi di difesa aerea... quello che chiamano SEAD
(Soppressione delle Difese Aeree Nemiche).
Gli
aerei avrebbero dovuto distruggere le difese aeree in Iraq, Siria e Iran,
quindi la seconda e la terza ondata sarebbero arrivate con armi convenzionali
per distruggere gli obiettivi che erano stati selezionati per loro.
Ma la
seconda e la terza ondata avrebbero potuto entrare nello spazio aereo iraniano
solo se fosse stato sicuro per loro farlo (se le difese aeree fossero state
adeguatamente soppresse).
Ora,
quello che è successo (anche se non lo sappiamo con precisione) è che quella
seconda e terza ondata non sono mai avvenute.
Siamo
entrati nella prima ondata e gli israeliani hanno detto:
"Ecco,
è finita. È finita. Abbiamo vinto ed è un grande successo".
Ciò
che sembra essere accaduto è che gli aerei israeliani con i loro missili a
lungo raggio per distruggere i sistemi di difesa aerea non si sono mai
avvicinati di più di 70 km all'Iran, troppo lontano perché i loro missili
potessero agganciare le difese aeree, perché avevano bisogno dei segnali per
agganciarsi.
... La cosa fondamentale che hanno detto – e
questo proviene da fonti israeliane – è:
"Abbiamo scoperto un sistema di difesa
aerea sconosciuto sopra la provincia di Teheran".
Quindi, ciò che sembra essere accaduto è che
loro (gli aerei israeliani) erano agganciati da un altro sistema di difesa
aerea, quindi hanno avuto paura di procedere e hanno annullato l'attacco.
Hanno quindi semplicemente rilasciato i loro
missili a lungo raggio (la maggior parte di questi missili è guidata dal GPS e
i russi sono molto abili nel disturbare il GPS).
Mamma...
questo inspiegabile sistema di difesa aerea era probabilmente un sistema di
difesa aerea russo in grado di attaccare caccia stealth come gli F-35. … Se si
dispone di un missile con capacità radar in grado di identificare un caccia
stealth, allora l'intera idea dell'attacco all'Iran sembra essere crollata...
Tutti
i bombardieri convenzionali dotati di armi convenzionali non si sarebbero
avventurati nella zona perché era troppo pericolosa e non era un'area sicura.
Lo spazio aereo era dominato dalla difesa
aerea che minacciava gli stessi caccia stealth.
Questo
avrebbe enormi implicazioni geostrategiche se questo è ciò che è effettivamente
accaduto...
Vedete,
c'era un piano in tre fasi; e quando il piano è stato affossato, lo hanno
semplicemente annunciato come se fosse stato realizzato.
"Ci
siamo riusciti. Abbiamo sorvolato Teheran;
abbiamo
soppresso le loro difese aeree, abbiamo bombardato obiettivi e abbiamo
distrutto la loro capacità missilistica".
È solo
propaganda. Non è vero.
A
giudicare la” libertà”, Alastair Crooke , “YouTube”.
Tieni
presente che il racconto di “Crooke” è solo uno dei tanti resoconti che
trasmettono gli stessi fatti di base e traggono le stesse conclusioni di base.
E queste conclusioni, come abbiamo affermato
in precedenza, sono legate al "sistema avanzato di difesa aerea multistrato dell'Iran
che può contrastare qualsiasi potenziale attacco israeliano alla patria".
In
breve, non ci sono prove che Israele o gli Stati Uniti hanno la capacità di
penetrare efficacemente il sistema di difesa aerea iraniano e distruggere gli
obiettivi che devono annientare per vincere la guerra.
La
cosa più interessante è che Israele ha apparentemente nascosto queste
informazioni a Trump e ai suoi consiglieri, che stanno inciampando ciecamente
in un disastro.
Non ho
visto nulla che mi convincesse che “Hegseth”, “Waltz” o “Rubio” abbiano una
chiara comprensione di ciò che è accaduto negli scontri tra Israele e Iran.
Agiscono sulla base della teoria che Israele
stia dicendo loro la verità.
Al
contrario, l'attacco dell'Iran a Israele è stato un successo travolgente, vale
a dire che i suoi missili balistici all'avanguardia hanno completamente eluso i
sistemi di difesa aerea di Israele, colpendo alcuni degli obiettivi più
pesantemente difesi al mondo.
Questo
è tratto da un post del “Signore della Guerra da Poltrona”:
L'attacco
iraniano agli aeroporti di Nevatim e Tel Nof ... in Israele, martedì, ha
pienamente convalidato la mia analisi di aprile.
Ad
aprile gli iraniani hanno dimostrato di poter sconfiggere a piacimento il
sistema BMD israeliano e colpire obiettivi di precisione: questa volta hanno
inflitto danni.
Il video dell'attacco suggerisce che la
stragrande maggioranza della salva iraniana – probabilmente oltre l'80% – abbia
penetrato e colpito obiettivi in Israele.
Si può
prevedere che gli iraniani abbiano danneggiato aerei, infrastrutture, sistemi
SAM e radar di difesa aerea in entrambi gli aeroporti, oltre a colpire con
minore intensità diversi altri obiettivi in altre parti del paese.
L'efficacia
dell'attacco può essere valutata semplicemente osservando la reazione
israeliana:
anziché un contrattacco immediato, si sono
ritirati per deliberare, con alcuni discorsi su una rappresaglia de-escalation
contro gli Houthi o Hezbollah.
Il motivo è semplice:
gli
iraniani hanno ormai dimostrato la capacità di sopraffare a piacimento il
sistema di difesa aerea israeliano e di colpire con precisione i bersagli, e
con il loro scudo missilistico inefficace, la leadership israeliana sta facendo
i conti con il fatto di gestire un paese piccolo e isolato con una quantità
limitata di infrastrutture critiche.
A
questo punto l'ayatollah può premere un pulsante e spegnere le luci in Israele,
e nessuna somma di denaro americano può impedirlo.
(
Poltrona Warlord@Armchairw)
E,
sebbene i media tradizionali abbiano cercato di indorare la pillola
sull'attacco iraniano del 1° ottobre (e di farlo sembrare una "grande
sciocchezza"), alcune pubblicazioni mainstream hanno documentato
accuratamente quanto accaduto il 1° ottobre.
Questo
è tratto da un articolo del “Guardian” intitolato:
“L'escalation
con l'Iran potrebbe essere rischiosa: Israele è più vulnerabile di quanto
sembri”:
I
filmati satellitari e dei social media hanno mostrato un missile dopo l'altro
colpire la base aerea di “Nevatim” nel deserto del Negev e innescare almeno
alcune esplosioni secondarie, indicando che, nonostante l'efficacia altamente
pubblicizzata delle difese aeree israeliane “Iron Dome e Arrow”, gli attacchi
dell'Iran sono stati più efficaci di quanto fosse stato precedentemente
ammesso.
Gli
esperti che hanno analizzato il filmato hanno rilevato almeno 32 colpi diretti
sulla base aerea.
Nessuno
sembrava aver causato danni gravi, ma alcuni sono atterrati vicino agli hangar
che ospitano gli F-35 israeliani, tra i velivoli militari più preziosi del
Paese...
"Il
fatto fondamentale rimane che l'Iran ha dimostrato di poter colpire duramente
Israele se lo desidera ", scrive “Decker Eveleth”, analista del gruppo di
ricerca e analisi “CNA”, che ha analizzato le immagini satellitari per un post
sul blog.
" Le basi aeree sono obiettivi difficili,
e il tipo di obiettivo che probabilmente non causerà molte vittime.
L'Iran potrebbe scegliere un obiettivo diverso
– ad esempio, una base terrestre delle” IDF “densamente popolata, o un
obiettivo all'interno di un'area civile – e un attacco missilistico in quella
zona causerebbe un gran numero di [vittime]".
Nell'attacco,
ha affermato “Vaez”, l'Iran ha "utilizzato le sue armi più avanzate, e ha
scorte sufficienti per poterlo fare per mesi.
Questo
sarebbe il mondo in cui vivremo a meno che qualcuno non interrompa questo ciclo
di escalation".
Un'escalation
con l'Iran potrebbe essere rischiosa: Israele è più vulnerabile di quanto
sembri,” The Guardian”.
Pensateci
un attimo:
i
missili balistici iraniani hanno centrato 32 obiettivi diretti sulla base aerea
di “Nevatim”, la base aerea più difesa del pianeta.
Gli
iraniani hanno dimostrato di poter puntare i loro missili su qualsiasi
obiettivo in qualsiasi punto di Israele, e Israele non ha modo di fermarli.
Cosa
significa tutto questo?
Ciò
significa che Israele sta trascinando gli Stati Uniti in una guerra che non
potrà vincere e che porterà il secolo americano a una fine catastrofica.
Perché
Trump farà crollare
la
civiltà occidentale.
Unz.com
- Robert Stark – (19 marzo 2025) – ci dice:
I dazi
di Trump sull'Europa e il suo abbandono dell'Ucraina smantelleranno l'ordine
geopolitico euro-americano?
Mentre
molte sciocchezze del “Russia Gate” erano inizialmente sciocchezze o molto
esagerate, ora sembra che Trump e il MAGA siano amichevoli nei confronti della
Russia, il che è stato in parte una reazione contro il “Russia Gate”.
Ad esempio,” Tucker Carlson” è andato oltre la
semplice opposizione agli sforzi bellici per sembrare molto filo-russo e
anti-Ucraina.
Molti tipi MAGA si risentono con gli ucraini
per averli sovvenzionati con i dollari delle tasse statunitensi, ma trascurano
il fatto che l'America ha sfruttato l'Ucraina, sacrificando vite ucraina per
soddisfare l'obiettivo geopolitico di indebolire la Russia.
Sono
assolutamente favorevole a Trump che negozia la fine della guerra, ma la
domanda è se riuscirà a negoziare un accordo equo per l'Ucraina o getterà
l'Ucraina sotto l'autobus per Putin.
Anche
se scettico, darò credito a Trump se riuscirà a concludere un buon affare. Non
sono il più grande fan di Zelenskyj e parte di ciò che Trump gli ha detto era
vero.
Tuttavia,
ho trovato il decoro di Trump e Vance, nel modo in cui hanno cercato di
umiliare Zelensky, grossolano e privo di tatto, soprattutto considerando che
Trump è il leader della nazione più potente del mondo.
(@stillgray
su” X”).
L'argomento
contro l'armamento dell'Ucraina è che ritarda una guerra che non possono
vincere.
Quindi,
in pratica, li danneggiano.
La contro-argomentazione è che se l'Ucraina
non aveva avuto aiuti militari, la Russia li avrebbe schiacciati.
Al
contrario, armare Israele aiuta Israele a spese dei palestinesi perché Israele
è molto più potente dei palestinesi, mentre l'Ucraina è molto più debole della
Russia.
Logisticamente,
l'unico modo in cui l'Ucraina avrebbe potuto vincere è con il coinvolgimento
della NATO, che avrebbe potuto provocare la Terza Guerra Mondiale con la
Russia.
Indipendentemente
da ciò, l'esercito ucraino ha fatto ben oltre il suo peso per le dimensioni
della sua popolazione.
(@mfa_russia
su “X”).
Sebbene
i russi siano di razza europea, il quadro geopolitico di Putin è in contrasto
con l'Occidente.
È
ridicolo per i filo-bianchi sostenere Putin, dato che la Russia ha soppiantato
gli ucraini cristiani bianchi nei territori occupati con ceceni musulmani e
centroasiatici.
Il
terzomondismo russo è un retaggio della Guerra Fredda, sebbene Putin non sia
comunista e si ispiri maggiormente all'Impero russo del XIX secolo.
Non
sono anti-russo, e la popolazione europea globale in generale starebbe meglio
se Russia, Europa e America fossero più amichevoli.
Se
America, Europa e Russia si alleassero, sarebbero abbastanza potenti da
contrastare e contenere la Cina e il mondo islamico.
Tuttavia,
anche se si incolpa l'Occidente di aver provocato Putin, il danno è fatto.
Probabilmente non ci sarà alcuna riconciliazione tra Europa e Russia, finché
Putin sarà al potere.
Trump
sta cercando di ricucire i rapporti con la Russia aggirando l'Europa.
(@NaturalHierarch
su “X”)
Trump
minaccia di tagliare i finanziamenti NATO all'Europa, oltre a imporre dazi sui
prodotti europei.
Sebbene
sia logico che Trump stia imponendo dazi alla Cina, questi potrebbero alienare
gli alleati.
È
anche ironico che Trump stia applicando dazi molto più severi al Canada,
concedendo al contempo un po' di flessibilità al Messico.
L'ICE
di Trump ha trattenuto cittadini provenienti da nazioni occidentali bianche,
stretti alleati, trattandoli allo stesso modo dei migranti provenienti dal
Terzo Mondo.
Ad
esempio, un'attrice canadese è stata trattenuta per 12 giorni e un titolare di
green card tedesco è stato trattenuto e torturato dall'”ICE.”
(@AlexNowrasteh
su “X”).
I
sostenitori del MAGA attaccano gli europei definendoli parassiti pigri, atei,
socialisti e ingrati che approfittano degli Stati Uniti, o affermano che gli
europei sono inferiori agli americani perché hanno una crescita del PIL molto
inferiore e non hanno l'aria condizionata.
La
portavoce di Trump, “Karoline Leavitt”, ha recentemente dichiarato:
"È solo grazie agli Stati Uniti d'America
che i francesi non parlano tedesco in questo momento".
Questo
richiama l'era Bush, quando i conservatori chiamavano i francesi scimmie
mangia-formaggio arrendevoli.
Da
tempo esiste questo accordo per cui l'Europa sta all'America come Atene stava a
Roma, e la consapevolezza che l'America è un'estensione dell'Europa, un
concetto che sia molti americani che europei non rispettano più.
(@cornu__copia
su “X”)
(@real_gtk
su X).
La
grande ironia è che un'ampia fetta della nuova destra americana sostiene i
nazionalisti in Europa, soprattutto rispetto all'era Bush.
L'atteggiamento
dei conservatori dell'era Bush era che i nazionalisti europei fossero
socialisti, razzisti antiamericani o nazisti che non condividevano gli stessi
ideali dell'America, e parte di quel sentimento persiste ancora.
In
ogni caso, vedere” Elon Musk” sostenere l'”AFD” in Germania o “JD Vance
esprimersi contro l'immigrazione di massa in Europa è un cambio di paradigma.
Per non parlare del fatto che “Steve Bannon” fece qualcosa di simile durante il
primo mandato di Trump.
(@disclosetv
su “X”).
Il
MAGA ha questo atteggiamento arrogante che sa cosa è meglio per l'Europa e
vuole che l'Europa diventi più simile all'”America Rossa” piuttosto che
limitarsi a sostenere i nazionalisti europei rispettando la loro agenzia.
Il discorso di “Vance” diretto ai tedeschi è stato
condiscendente nel modo in cui ha svergognato gli europei per suicidarsi mentre
gongolava per quanto grande sta facendo l'America, piuttosto che dire che siamo
in questa situazione insieme. Questo ignora che l'America ha usato le nazioni
europee come stati vassalli e ha fatto pressione sugli europei per far entrare
più immigrati.
La
destra americana sostiene la narrazione secondo cui l'Europa è demograficamente
perduta e si sta convertendo all'islam, quindi ha bisogno degli americani per
essere salvata, come noi nella Seconda Guerra Mondiale.
Questa
era la tesi del libro " America Alone" del neocon “Mark Steyn” ,
pubblicato durante l'era Bush.
In
realtà, l'Europa è molto più forte demograficamente dell'America, con un'etnia
bianca per l'85-90% circa, mentre l'America è scesa al 58%.
Anche
se molti sostenitori del MAGA simpatizzano con i nazionalisti europei, punendo
l'Europa per essere liberale, molti europei simpatizzanti del nazionalismo
interpretano ancora questo come l'imperialismo americano che rovina l'Europa.
Il MAGA che promuove il nazionalismo in Europa
potrebbe anche macchiare il nazionalismo e renderlo meno popolare, associandolo
alla politica di destra americana e a Trump e Musk, che sono impopolari in
Europa.
Persino molti nazionalisti europei non vanno
pazzi per Trump.
Ad
esempio, l'inventore della teoria della “Grande Sostituzione,” “Renaud Camus” ,
si è schierato contro Trump e a favore di Zelensky.
(@RenaudCamus
su” X”).
Sospetto
che la strategia di Trump sia quella di distruggere l'economia europea e poi
sperare che ciò porti a una rivoluzione nazionalista, che potrebbe ritorcersi
contro, sia contro gli Stati Uniti economicamente che contro l'Europa che ha
una rivolta di sinistra anti-americana.
Indipendentemente
da ciò, l'Europa dovrebbe diventare più indipendente dagli Stati Uniti per il
suo bene, in modo che l'America non detti i suoi termini politici. Una
contro-argomentazione a favore di Trump è che potrebbe incoraggiare gli europei
a liberarsi dall'essere vassalli dell'America.
Indipendentemente
da ciò, Trump sta distruggendo le alleanze dell'America con le nazioni
democratiche bianche in Europa, così come con il Canada e l'Australia.
Trump
sta sostituendo questo ordine geopolitico occidentale con un'alleanza
geopolitica più autocratica composta da Israele, Arabia Saudita, India ed El
Salvador, nonché una posizione più morbida nei confronti della Russia.
Trump desidera un'”autocrazia”, che è più in
linea con la destra del Terzo Mondo, il che spiega la vicinanza di Trump a
leader come “Nayib Bukele” di El Salvador e “Mohammed Bin Salman” dell'Arabia
Saudita.
Nonostante l'Europa e il Canada abbiano leggi
sull'incitamento all'odio, l'alleanza tra le nazioni occidentali offre
controlli e contrappesi sulle libertà civili.
(@RichardBSpencer
su “X”).
Trump
e i Repubblicani stanno mettendo a dura prova l'Ucraina, aumentando al contempo
i finanziamenti a Israele.
Questo
perché i Repubblicani considerano Israele sacro quanto la Terra Santa, al di là
delle pressioni dell'AIPAC.
Tuttavia,
Israele è una sorta di ibrido, in quanto per certi versi è occidentale e bianco
e ha una storia di democrazia, ma presenta anche aspetti fortemente
mediorientali e si sta dirigendo verso una direzione autocratica sotto
Netanyahu.
In
ogni caso, questi conservatori non si preoccupano molto della loro patria
ancestrale, l'Europa.
Sebbene
esista un establishment di politica estera filo-ucraino e filo-israeliano, i
sostenitori sionisti di destra di Trump considerano l'Ucraina una distrazione
dall'aiutare Israele a contenere l'Iran.
Al contrario, posso rispettare la costante
posizione anti-guerra, "America First", del deputato “Thomas Massie”,
contro cui Trump si è espresso e che vuole vedere alle primarie.
I
Democratici USA hanno fatto dell'Ucraina una causa importante come” Black Lives
Matter,” cosa che ha irritato i conservatori.
Tuttavia, il sostegno all'Ucraina è diventato
un modo socialmente accettabile e liberal per celebrare la bianchezza e
l'Europa per i bianchi americani.
Tuttavia, i giovani Democratici non bianchi
non si preoccupano così tanto dell'Ucraina perché non hanno alcun legame
ancestrale con l'Europa.
Allo stesso modo, ci sono molti non bianchi
che sono diventati importanti nella politica di destra e non hanno l'affinità
per l'Europa che hanno gli europei americani.
Ad esempio, l'opinionista conservatore
populista indo americano “Saagar Enjeti” ha criticato l'Europa definendola
"sostanzialmente più povera, più razzista, meno dinamica e MOLTO meno
libera degli Stati Uniti".
Man
mano che l'America diventa meno bianca, i legami e gli obblighi dell'America
nei confronti dell'Europa diminuiranno notevolmente.
(@esaagar
su X).
La
nuova élite di destra che sostiene Trump è più denaro nuovo e non ha lo stesso
attaccamento all'Inghilterra e all'Europa della” vecchia élite Wasp”.
Ad
esempio, i tipi di destra della Silicon Valley guardano più all'Asia come al
futuro.
Mi
aspetto anche di vedere il GOP che spinge aggressivamente il "Castizo
Futurism", che i latinos di destra sono i salvatori dell'America.
Ciò si adatta a una strategia geopolitica di “soft
power” nei confronti dell'America Latina, poiché l'America dovrà essere più
impegnata nell'applicazione della Dottrina Monroe per tenere la Cina fuori
dall'America Latina.
(@RichardBSpencer
su X)
La
classe media bianca è il fondamento delle società libere e democratiche
dell'Occidente, quindi sospetto che gli oligarchi che sostengono Trump
considerino gli immigrati del Terzo Mondo più adatti a creare una società
autocratica gestita dagli oligarchi.
Tuttavia,
la domanda è quanto i nazionalisti e i sostenitori delle restrizioni
all'immigrazione che sostengono Trump possano resistere.
Elon
Musk, Vivek Ramaswamy e altri esponenti della destra della Silicon Valley
stanno promuovendo questa cultura del grindset in stile asiatico, antitetica
alla cultura e ai valori americani ed europei.
Ad esempio, Vivek Ramaswamy ha apertamente
definito pigri gli americani bianchi , eppure il MAGA (Make America Greatest
Hits) lo sta promuovendo come prossimo governatore dell'Ohio.
Trump
sta distruggendo il sogno di un'alleanza paneuropea, di unire la popolazione
bianca globale sotto un unico blocco geopolitico.
Questo
spiega perché Richard Spencer si è rivolto duramente contro Trump.
I
bianchi sono fondamentalmente legati all'Occidente come sfera geopolitica, che
comporta il liberalismo e cose come i diritti LGBTQ.
Tuttavia,
la civiltà occidentale significa cose diverse per persone diverse e questa
incoerenza sta portando a molti problemi politici.
La destra si trova in una situazione
imbarazzante, poiché spesso condividono valori più comuni con il Terzo Mondo
rispetto ad altre nazioni bianche.
Dal
momento che i liberali lasciano Trump un suprematista bianco, sarebbe ironico
se fosse lui a smantellare la civiltà occidentale come blocco geopolitico.
Trump
impone dazi del 25% anche
all’UE
e stuzzica la Meloni.
Msn.com
- (27-2-2025) - Storia di Daniele Magliuolo – Investire oggi – ci dice:
Hai
capito cosa ti sta combinando il vecchio Trump?
Dopo
aver praticamente messo fine alla guerra in Ucraina con un paio di post sui
social, ora mazzola ulteriormente l’Unione Europea anche con i dazi commerciali
e chiede palesemente alla Meloni di schierarsi per far capire da che parte sta.
Trump
annuncia nuovi dazi contro l’Europa.
Le
tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea si riaccendono con
l’annuncio del presidente Donald Trump, che ha deciso di imporre un dazio del
25% sulle importazioni di auto e componentistica dall’Europa.
La misura ha subito avuto ripercussioni sui
mercati, alimentando i timori di una nuova guerra commerciale tra le due sponde
dell’Atlantico.
Trump
ha motivato la decisione con il deficit commerciale americano nei confronti
dell’UE, che nel 2024 ha superato i 300 miliardi di dollari.
Secondo
il presidente, i produttori europei beneficiano di politiche di sostegno che
falsano la concorrenza, penalizzando il settore automobilistico statunitense.
L’Unione Europea ha risposto duramente, definendo la mossa “ingiustificata e
dannosa”, lasciando intendere che potrebbe reagire con misure simili.
L’industria
automobilistica è il comparto più colpito dalla decisione di Trump. Marchi come
Volkswagen, BMW e Stellantis rischiano di subire gravi perdite, con un aumento
dei costi di esportazione e una riduzione della competitività sul mercato
americano.
Gli
analisti stimano che l’impatto economico potrebbe tradursi in miliardi di euro
di mancati guadagni e in un rialzo dei prezzi per i consumatori americani.
Dazi
Trump, rischio di una guerra commerciale.
Oltre
all’industria automobilistica, anche altri settori potrebbero subire
conseguenze negative.
Se
l’Unione Europea decidesse di reagire con nuove tariffe su prodotti
statunitensi, potrebbero essere colpiti comparti come l’agroalimentare, la
tecnologia e l’aerospaziale, con aziende come Boeing e Tesla che rischierebbero
perdite significative nelle esportazioni verso il Vecchio Continente.
La
mossa di Trump ricorda la guerra commerciale avviata nel suo primo mandato,
quando furono introdotti dazi su acciaio e alluminio, innescando una serie di
ritorsioni da parte dell’UE e della Cina.
Tuttavia, il contesto attuale è ancora più
delicato: le tensioni geopolitiche, le catene di approvvigionamento fragili e
l’incertezza economica globale rendono il rischio di escalation ancora più
elevato.
Nei
prossimi giorni, l’Unione Europea dovrà decidere se cercare un compromesso
diplomatico o rispondere con misure equivalenti.
Per ora, Bruxelles ha lasciato intendere di
voler aprire un dialogo con Washington, ma le pressioni politiche e industriali
potrebbero rendere difficile una soluzione pacifica.
Se la situazione degenerasse, potremmo
trovarci di fronte a una nuova fase di tensioni economiche tra USA e UE, con
effetti imprevedibili sui mercati globali.
Dazi
Trump, che fa l’Italia?
L’annuncio
del presidente Donald Trump sull’imposizione di dazi del 25% sulle importazioni
di automobili europee ha suscitato immediate preoccupazioni in Italia, data
l’importanza del settore automobilistico per l’economia nazionale.
La
premier Giorgia Meloni ha espresso la sua contrarietà a tali misure,
sottolineando che “uno scontro commerciale non conviene a nessuno” e auspicando
una soluzione diplomatica attraverso il dialogo tra Unione Europea e Stati
Uniti.
Meloni
ha inoltre evidenziato l’importanza di mantenere relazioni transatlantiche
solide e ha dichiarato l’intenzione di assumere un ruolo attivo come mediatrice
per evitare un’escalation delle tensioni commerciali.
Questa posizione riflette la volontà del
governo italiano di proteggere gli interessi nazionali, salvaguardando al
contempo l’unità europea e promuovendo una cooperazione costruttiva con
l’amministrazione statunitense.
I
punti più importanti.
Trump
impone dazi del 25% sulle auto europee, colpendo industrie come Volkswagen, BMW
e Stellantis.
L’Unione
Europea valuta contromisure su settori americani come agroalimentare e
tecnologia, aumentando il rischio di guerra commerciale.
Meloni
chiede dialogo tra UE e USA, cercando di mediare per evitare danni
all’industria italiana.
Commenti
Posta un commento