Il mondo è nelle mani dei signori della guerra.

 

Il mondo è nelle mani dei signori della guerra.

 

 

«Quello stro*** verdastro…», Medvedev

 furioso per la frase di Zelensky

sulla parata a Mosca:

«Così Kiev non sopravvivrà un giorno».

Open.online.it – (03 Maggio 2025) - Giovanni Ruggiero – ci dice:

 

Dmitry Medvedev e Volodymyr Zelensky.

Il fedelissimo di Vladimir Putin perde le staffe dopo le dichiarazioni del presidente ucraino sulla parata a Mosca del 9 maggio.

La «provocazione» da Kiev che scatena la raffica di insulti del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo.

A Dmitry Medvedev sono letteralmente saltati i nervi, dopo aver letto l’ultima dichiarazione del presidente ucraino a proposito delle celebrazioni russe per il 9 maggio.

 In quel giorno a Mosca tradizionalmente si svolge una parata militare.

 È la commemorazione per la vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale, che quest’anno tocca l’ottantesimo anniversario.

 Una giornata di grande orgoglio nazionale per la Russia, in cui sarebbero attesi diversi leader internazionali, tra cui il presidente cinese “Xi Jinping”.

E proprio per quei giorni, Vladimir Putin avrebbe proposto una tregua temporanea di circa tre giorni.

 

La provocazione del presidente ucraino sulla tregua

Parlando con un gruppo ristretto di giornalisti a Kiev, Volodymyr Zelensky ha fatto una dichiarazione rimasta palesemente ambigua, rivolgendosi ai leader che quel giorno saranno a Mosca:

«Non possiamo assumerci la responsabilità di ciò che accadrà in Russia. Saranno loro a garantire la vostra sicurezza».

Una frase che anche a Medvedev è suonata come una «provocazione verbale».

Da cui quasi certamente Zelensky si aspettava una reazione russa, che è arrivata puntuale dallo stretto collaboratore di Putin.

 

Lo sfogo di Medvedv contro Zelensky.

Medvedev su “Telegram” parte al solito all’attacco di Zelensky, che ormai insulta in quasi tutti i post:

 «Quello stronzo verdastro con la barba lunga dice di rifiutare la proposta di Putin di un cessate il fuoco di 3 giorni per commemorare il 9 maggio e di non poter garantire la sicurezza dei leader mondiali a Mosca.

 Chi gli chiedeva garanzie?

 Questa non è altro che una provocazione verbale».

 E poi passa alle minacce:

«Quel pidocchio sa che, se ci sarà una vera provocazione il Giorno della Vittoria, nessuno potrà garantire che Kiev vivrà fino al 10 maggio».

 

 

 

Carlo Rovelli: “Ragazze, ragazzi,

il mondo non è dei signori della

guerra. Il mondo è vostro.”

Rivistaeco.it – (4 Maggio 2023) – Redazione – Carlo Rovelli – ci dice:

 

L’intervento integrale del celebre e pluripremiato fisico al concertone romano del Primo Maggio:

spendiamo 2 trilioni e mezzo di euro all’anno in spese militari invece di usare le nostre risorse per fare ospedali, scuole, musica, lavoro, le cose buone del mondo. Bisogna costruire un mondo dove lavorare insieme a risolvere i problemi comuni.

(Riprendiamo volentieri dalla pagina Facebook di Carlo Rovelli il testo integrale del suo intervento al concerto sindacale per il Primo Maggio.)

 

Che notte di sogno. Che emozione essere su questo palco in mezzo a voi.

Non temete, non è una lezione di scienza che voglio fare, anche se ogni volta che provo a dire qualcosa di politica, qualcosa che riguarda l’interesse di tutti noi, c’è qualcuno subito che mi grida: “taci Rovelli, occupati della tua scienza, lascia perdere la politica!”

Ma proprio di questo voglio parlarvi.

Vedete… il mondo è meraviglioso. Questa piazza è meravigliosa, la musica è meravigliosa, innamorarsi è meraviglioso.

Ma non è tutto meraviglioso. Ci sono conche problemi gravi, e se c’è qualcuno che può affrontarli, siete voi, insieme.

Una catastrofe ecologica sta arrivando.

C’è una catastrofe ecologica che sta arrivando —ormai lo sappiamo tutti. Rischia di rovinare le vostre vite. Non facciamo il necessario, … perché fare qualcosa dà fastidio a qualcuno.

 Grettezza, o miopia.

La ricchezza si è concentrata nelle mani di un numero piccolissimo di persone e di grandi imprese, e la disuguaglianza economica continua a crescere.

 La paghiamo tutti.

 

Ma soprattutto, vedete, … e questa è la cosa più importante che voglio dirvi, sta crescendo la guerra.

Stiamo andando dritti verso la terza guerra mondiale.

E questo è il rischio più grave per la vostra vita.

 

Invece di collaborare, cercare soluzioni, i paesi si aizzano uno contro l’altro, si provocano, si sfidano come galletti in un pollaio.

Invadono paesi, soffiano sul fuoco della guerra, mandano portaerei a sfidarsi.

 La tensione internazionale non è stata così alta da molto tempo.

Si può essere più stupidi di così?

Spendiamo 2 trilioni e mezzo di euro all’anno in spese militari, una cifra inimmaginabile. Più del doppio di quindici anni fa. Impennate di spese militari così preludono alla guerra.

 

Invece di usare le nostre risorse per fare ospedali, scuole, musica lavoro, le cose buone del mondo, le usiamo per fare armi per ammazzarci l’un l’altro. Si può essere più stupidi di così?

E perché?

Per quella che “Ligabue”, su questo palco, poco fa ha chiamato la” smania del potere”.

 Invece di dialogare, cercare soluzioni, i potenti del mondo vogliono essere i più potenti di tutti.

Magari predicano la democrazia, ma poi vogliono comandare su tutti, alla faccia della democrazia.

Oppure, come da noi in Italia, cercano di essere fedeli vassalli dei padroni del mondo, sperando in qualche beneficio a corto termine.

Ancora miopia.

 

Costruire armi, un affare lucroso.

Ma la guerra si fa anche per motivi più banali… perché costruire armi è un affare terribilmente lucroso. E nel fiume di denaro che producono le industrie di armi, le industrie della morte, ci sguazza la politica.

È ragionevole che in Italia il ministro della difesa sia stato per anni legato a una delle più grandi fabbriche di armi del mondo, la Leonardo?

 E sia stato Presidente della Federazione dei costruttori di armi (l’AIAD). Il ministero della difesa serve per difenderci dalla guerra, o per aiutare i piazzisti di strumenti di morte?

 

Tutti dicono “pace”, ma poi molti aggiungono che prima bisogna vincere.

Volere la pace, ma dopo la vittoria, significa volere la guerra, ovviamente.

 

Bombe nucleari pronte a esplodere.

Vediamo orrori commessi del nemico, veri.

 E gli orrori che fanno le nostre armi?

 Le migliaia di bombe che noi produciamo e mandiamo sui diversi teatri di guerra, devastano e ammazzano come le altre.

 Creano dolore come le altre.

 

Ci sono decine di migliaia di bombe nucleari pronte a esplodere, puntate sulle teste di tutti, da una parte e dall’altra e non siamo mai stati così vicino ad una catastrofe nucleare come adesso.

È follia.

E in questa situazione il governo italiano cosa fa?

Sta decidendo ora di mandare una portaerei italiana con una intera flotta nel mare della Cina.

Per fare i galletti contro la Cina, al seguito degli Americani.

Il pianeta si può cambiare, insieme.

Articolo 11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra: disatteso.

Queste sono scelte che rischiano di distruggere le vostre vite, ragazzi. Non è questo il mondo che ci piace.

Ma il mondo, ragazze, ragazzi, non è dei signori della guerra. Il mondo è vostro. Voi siete il mondo futuro, non i signori della guerra. Perché voi siete tanti, tantissimi. Qui, a Roma, come a Pechino, San Francisco, Berlino, Rio o a Islamabad.

Il pianeta è vostro.

 

E il pianeta voi potete cambiarlo. Non da soli, ma insieme si.

Voi potete fermare la distruzione del pianeta. Ribaltare la disparità economica. Fermare i signori della guerra.

Costruire un mondo dove lavoriamo insieme a risolvere i problemi comuni, invece di essere uno contro l’altro.

Cambiare il mondo è la più bella delle avventure.

Le cose del nostro mondo che amiamo sono state costruite nel passato da giovani che hanno saputo sognare un mondo migliore.

Anche a costo di rovesciare tutto qualche volta.

Attaccare la Bastiglia, bruciare il Palazzo d’Inverno.

Se qualcuno vi dice — come dicono a me — non occuparti di politica, pensa solo a te stesso:

è grettezza, o miopia.

 

Allora, questo vorrei dirvi, non vivete di insoddisfazione, di sogni irrealizzati, di lamento, di inquietudine per un futuro che dipende da altri.

Prendetelo in mano il vostro futuro, ma insieme, non uno contro l’altro.

Cambiare il mondo è la più bella delle avventure.

 

Prendete il futuro nelle vostre mani

La vita è bella quando splende e brucia. (E niente splende se non brucia — è il titolo delle note che suonavano quando ho iniziato a parlare.)

Chi sa parlare parli, chi sa suonare suoni, chi ha idee le dica, chi sa scrivere scriva, chi sa organizzare organizzi, chi sa fare di più, faccia di più.

E… ultima cosa, i signori della guerra non hanno paura ad ammazzare migliaia di esseri umani.

Voi non abbiate paura a imbrattare i muri.

L’Italia l’ha fatta Garibaldi che tutti i benpensanti chiamava “terrorista”, poi gli hanno fatto le statue.

Prendete il futuro nelle vostre mani.

Non lascatelo ai signori della guerra.

 Cambiatelo, questo mondo di guerra, ragazzi.

Buon Primo Maggio.

 

 

 

 

I Difensori del Sistema.

Conoscenzealconfine.it – (4 Maggio 2025) - Jac Doson – ci dice:

 

“Matrix” li ha addestrati e indottrinati fin dall’infanzia a proteggere l’illusione e il Sistema.

Nel film “Matrix”, l’agente “Smith” non aveva bisogno di essere ovunque, perché chiunque poteva diventare lui.

Bastava una minaccia al sistema, e il volto conosciuto che avevi davanti si trasformava nel volto del controllo.

Questa dinamica non appartiene solo al “mondo di Neo”, ma anche al nostro.

Quante volte ti è capitato di conversare liberamente con qualcuno, finché non tocchi un argomento che scalfisce le fondamenta della realtà costruita?

 

All’improvviso, non riconosci più chi hai di fronte:

il tono cambia, la mente si chiude, e senza che se ne renda conto, quella persona diventa il “difensore del Sistema”.

 

Non servono armi, non servono uniformi:

Matrix li ha addestrati fin dall’infanzia.

Indottrinati a proteggere l’illusione, pronti a respingere tutto ciò che possa risvegliare anche solo un pensiero libero.

È così che la finzione sopravvive: non grazie ai padroni, ma grazie agli schiavi che la difendono.

(Jac Doson).

(t.me/antonellawerner).

 

 

 

Basta con i signori della guerra.

C’è un altro modo.

Invictapalestina.org - Orly Noy –(23 ottobre 2023) – Redazione – ci dice:

Il militarismo israeliano che crea dipendenza ci ha convinti che la prossima dose del farmaco sarà quella che risolverà le cose per sempre.

Ma esiste una strada alternativa.

 

(La fanteria riservista dell’IDF e i soldati dei carri armati “Merkava” si addestrano in un’esercitazione militare sulle alture del Golan, 23 ottobre 2023).

Dopo il massacro compiuto da Hamas nelle comunità israeliane attorno alla Striscia di Gaza il 7 ottobre, Israele è stato preso da uno spaventoso desiderio di vendetta.

 Ministri del governo, funzionari dell’esercito ed esponenti pubblici, compresi molti che si identificano con il campo di sinistra, chiedono apertamente la cancellazione di Gaza e pretendono un prezzo senza precedenti dai suoi oltre 2 milioni di abitanti.

 Ogni volta che qualcuno obietta, risponde subito con aria di sfida: “Che altra scelta abbiamo?”.

Questa non è solo una domanda legittima, ma la questione più importante all’ordine del giorno.

Vorrei proporre un piano d’azione molto concreto, anche se so che nell’umore pubblico di oggi è un debole e azzardato tentativo.

Questa proposta d’azione si basa su due presupposti fondamentali.

Il primo è che tutte le vite umane hanno lo stesso valore.

 Il sangue di nessuno è più rosso di quello di un altro, e tutti gli abitanti della terra tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo hanno uguale diritto alla giustizia, alla libertà e alla sicurezza.

Non affrettatevi ad annuire: l’esperienza ha dimostrato che questa ovvia affermazione è lungi dall’essere ampiamente accettata.

 Coloro che sono pronti ad accettare, senza “se” e senza “ma”, loro, e solo loro, sono i miei alleati politici, palestinesi e israeliani allo stesso modo.

 

Il secondo presupposto è che la continuazione della guerra e la sua espansione attraverso un’invasione di terra di Gaza potrebbero portare a un disastro che farebbe impallidire quello che stiamo già vivendo.

Le tensioni al Nord con Libano e Siria;

le decine di migliaia di persone che scendono in piazza nei Paesi arabi, inclusa la vicina Giordania;

gli appelli degli attivisti del “Movimento del Tempio” affinché masse di ebrei salgano sul Monte del Tempio/Haram al-Sharif;

e l’approfondimento di una mentalità genocida tra l’opinione pubblica israeliana: tutti questi sono una ricetta per un disastro su una scala che non abbiamo mai visto prima, e da cui potrebbe non esserci più resurrezione.

(Il “sistema Iron Dome” lancia missili di intercettazione contro i razzi che vengono lanciati dalla Striscia di Gaza verso Israele).

E c’è un altro presupposto:

 ripetere la stessa politica che Israele porta avanti da decenni e aspettarsi che dia un risultato diverso è stupidità dissoluta.

È questa politica che ci sta trascinando nel baratro.

Dobbiamo cambiarla completamente.

 

Un percorso alternativo.

Il primo imperativo che scaturisce da questi presupposti è un cessate il fuoco immediato e lo scambio di prigionieri e ostaggi da entrambe le parti.

 Non dovrebbe essere difficile ammettere che il massacro che Israele sta attualmente scatenando a Gaza non ha nulla a che fare con la nostra sicurezza. Infatti, per ogni alto membro di Hamas di cui sentiamo il nome quando l’esercito si vanta di un assassinio riuscito, altri cento palestinesi innocenti vengono massacrati.

Se a qualcuno questa uccisione di massa di innocenti sembra un prezzo legittimo da pagare per l’eliminazione dei membri di Hamas, l’onestà intellettuale richiederebbe anche essere d’accordo con la distruzione di interi quartieri da parte di Hamas attorno al quartier generale dell’IDF a Tel Aviv, situato nel cuore delle zone più città altamente popolata in Israele.

Se le vite di tutti gli esseri umani sono uguali e accettiamo l’uccisione di innocenti a Gaza come parte della “guerra contro Hamas”, allora lo stesso deve valere viceversa, cosa che, ovviamente, non è.

Non c’è e non può esserci nulla di più urgente dal punto di vista di Israele del ritorno delle oltre 200 persone attualmente tenute in ostaggio a Gaza.

A queste persone, che sono state criminalmente trascurate da un Paese che ha inviato la maggior parte delle forze che avrebbero dovuto proteggerle ad affiancare i coloni in Cisgiordania, almeno questo è dovuto.

 

Sì, richiederà anche il rilascio dei prigionieri palestinesi, compresi quelli con le mani sporche di sangue, insieme a centinaia di prigionieri che non sono mai stati condannati o addirittura processati.

L’abbiamo già fatto prima. Era la cosa giusta da fare allora, e lo è ancora di più adesso.

Allo stesso tempo, Israele dovrebbe impegnarsi a revocare l’assedio di lunga data su Gaza, in base al quale tiene più di 2 milioni di persone in un recinto le cui condizioni sono state definite anni fa dalle Nazioni Unite come invivibili per gli esseri umani.

 Il blocco criminale non ha mai avuto uno scopo di sicurezza; serve solo come forma di punizione collettiva inflitta a ogni singolo residente della Striscia per il crimine di “aver scelto” Hamas, quasi 18 anni fa.

Il compito di proteggere i confini del Paese deve essere svolto dall’interno dei confini del Paese.

(Bambini palestinesi giocano in un campo dell’UNRWA a Khan Yunis, nel Sud della Striscia di Gaza, il 23 ottobre 2023).

Israele deve anche cooperare con la comunità internazionale, compresi i Paesi arabi, per l’attuazione immediata di un vero piano di resurrezione per Gaza.

Il diritto che ci siamo arrogati nel corso degli anni di imprigionare masse di persone e di tenerle sulla soglia tra la vita e la morte, fino al punto di contare le calorie giornaliere che ogni residente può consumare, è un crimine atroce che non ha ottenuto nulla se non l’aggravarsi della sofferenza, della disperazione e dell’odio.

È ora di affrontarlo.

La revoca del blocco di Gaza dovrebbe coincidere con l’abbandono della politica di isolamento della Striscia dal caso palestinese nel suo complesso.

 Gaza non è un universo parallelo.

 Non ci sarà pace con Gaza o a Gaza finché Israele continuerà a opprimere i palestinesi in Cisgiordania, a Gerusalemme Est e nei territori israeliani del 1948. Pertanto, parallelamente alla revoca del blocco su Gaza, Israele deve presentare un piano immediato per il ritiro da tutta la Cisgiordania.

Ma ancor prima di farlo, Israele deve smantellare le roccaforti del terrore ebraico in Cisgiordania, fermare la collusione tra le forze militari e i coloni, che sono già molto difficili da distinguere, e fornire piena protezione ai residenti palestinesi fino al ritiro dell’esercito dai Territori.

E infine, allo stesso tempo, l’ingerenza da parte di Israele nella sfera politica palestinese deve essere fermata per consentire vere elezioni democratiche, da cui nascerà una dirigenza indipendente che non funge più da subappaltatore per l’Occupazione israeliana.

Elezioni realmente democratiche e un vero processo per porre fine all’Occupazione sono il modo più efficace per disarmare Hamas sia militarmente che politicamente, certamente più di tutte le sanguinose “operazioni” in cui l’esercito ha promesso di “eliminare Hamas”, fino alla prossima.

Non più lo stesso.

Proprio in questi giorni, e sotto gli auspici della guerra, la strisciante “Pulizia Etnica” che da anni avviene in Cisgiordania sta guadagnando uno slancio allarmante e viene attuata con la piena collaborazione dell’esercito e dei coloni.

Intere comunità sono fuggite, molte altre comunità hanno bisogno della presenza ininterrotta di attivisti israeliani per mediare, non sempre con successo, tra i loro residenti e le armi mortali dei coloni e dell’esercito.

Coloro che rifiutano di comprendere la realtà attuale nel suo intero contesto e insistono a guardarne un frammento non saranno preparati ad affrontarne le conseguenze.

(Gli averi e i resti delle case delle famiglie palestinesi a Ein Samia, Cisgiordania).

L’intero contesto di questa realtà include anche la persecuzione sfrenata che viene ora condotta contro i cittadini palestinesi di Israele.

Anche questa prepotenza non può essere separata dal familiare concetto israeliano di controllo attraverso l’oppressione.

 La vergognosa minaccia del commissario di polizia di mandare a Gaza qualsiasi cittadino arabo che manifestasse contro l’assalto israeliano alla Striscia assediata avrebbe dovuto portare in piazza ogni cittadino in cerca di democrazia.

Le dimissioni del pubblico all’ordine, “Silenzio, è guerra!” e la repressione istituzionalizzata dei cittadini palestinesi non solo sputa in faccia all’idea di democrazia, per la quale solo recentemente milioni di persone sono scese in piazza, ma rappresenta una rottura civile dalla quale sarà molto difficile, se non del tutto, riprendersi.

Si tratta di un’eliminazione mirata del nostro partenariato con coloro senza i quali qualsiasi discorso sulla democrazia è fondamentalmente sterile.

Questa persecuzione deve essere fermata. Il capo della polizia deve essere rimosso dal suo incarico.

Immediatamente.

Non sono così ingenua da credere che anche una sola parola di queste richieste troverà ascolto adesso, nell’impeto della guerra e della vendetta.

 È molto probabile che agli occhi del “Ministro delle Comunicazioni” rientrino nella categoria del “danni al morale nazionale”, che, secondo le norme che sta formulando, è punibile con la reclusione.

 Ma il mio morale nazionale e quello di molti altri sono stati sepolti insieme alle vittime del massacro nel Sud di Israele.

È tenuto prigioniero insieme agli ostaggi a Gaza.

 L’autoinganno non lo riporterà indietro e non è più un privilegio che possiamo permetterci.

 

Insisto nel dire che l’attuale logica d’azione di Israele è esattamente la stessa che ha portato tutti noi, palestinesi e israeliani, a rigirarci nel sangue.

 Pertanto la mia prima risposta alla domanda: “Allora cosa si dovrebbe fare adesso?” è: niente più come prima.

Dobbiamo abbandonare questo comportamento di dipendenza, che ci ha convinto che la prossima dose del farmaco sarà quella che sistemerà le cose per sempre.

 

A coloro che vedono queste parole come un invito a una dichiarazione di sconfitta israeliana, dico: così sia.

 L’idea che possiamo continuare a mantenere questo sanguinoso conflitto, con tutta la sua intrinseca oppressione, senza pagarne il prezzo, è stata certamente confutata.

Le vostre vittorie non ci hanno portato altro che lutto e morte, sia per gli israeliani che per i palestinesi.

 Non ho alcun interesse per la vittoria che mi offrono, perché so che l’unico modo perché si concretizzi sarà sotto forma delle prossime sepolture che dovremo scavare.

Se la sconfitta significa finalmente rendersi conto che la promessa di vivere per sempre soggiogando è una promessa criminale e malata, sono pronta ad ammettere subito la sconfitta.

Perché siamo già stati sconfitti: a Be’Eri e Gaza, a Sderot e Khan Younis, ad Ashkelon e nel campo profughi di Jenin.

Questa insensata campagna di vendetta non riporterà indietro nessuno.

Le fiamme dell’odio che infuriano ora ci bruceranno tutti se non le spegneremo.

Guardatevi intorno e guardate come gli appelli alla vita vengono messi a tacere uno ad uno e come il loro posto viene preso dagli appelli alla morte.

 Questi appelli stanno ora raggiungendo molti esponenti della sinistra sotto forma di attacchi fisici, come quelli contro il giornalista” Israel Frey”, insieme a un livello di incitamento all’odio e minacce che io e molti dei miei compagni non abbiamo mai affrontato prima.

Se la sconfitta significa profondo disprezzo per la politica militarista di Israele, che continua a venderci le bugie della “sicurezza”, “dell’eliminazione di Hamas”, o il diavolo sa cosa, a costo della vita degli ostaggi e di molti altri che saranno sacrificati sull’altare del potere, dell’arroganza e della vendetta, allora alzo bandiera bianca.

 In ogni momento la preferirei alla bandiera nera di quei signori della guerra, che non ci hanno portato altro che sofferenza, odio e morte.

(“Orly Noy” è una redattrice di” Local Cal”, attivista politica e traduttrice di poesia e prosa farsi.)

 

 

 

 

Il genocidio è tornato: la difesa israeliana

(IDF) sostenuta da Trump diventa

estremamente brutale.

  Unz.com - Ilana Mercer – (23 aprile 2025) – ci dice:

 

Se noi occidentali siamo il popolo più propagandato al mondo, i cittadini di Gaza sono quelli meno propagandati. Apparentemente prigionieri, i cittadini di Gaza sono liberati dalla propaganda politica illiberale che attanaglia l'Occidente.

COSA ha fatto Israele dal 18 marzo 2025, quando l' " entità genocida " ha formalmente violato l' accordo di cessate il fuoco nominale a Gaza ?

 In questo caso, ogni intuizione oracolare è superflua.

Israele ha calpestato tutto ciò che è buono e decoroso.

 

Il genocidio è tornato.

Questa volta con il presidente Trump in un servile assenso, che si atteggia a ruffiano e magnaccia per lo Stato israeliano e sottopone l'ingrato Bibi Netanyahu a un brusco strattone al guinzaglio:

durante una conferenza stampa con il presidente degli Stati Uniti, il 7 aprile 2025, il volto del primo ministro israeliano si è tuttavia oscurato come un temporale alla menzione di una possibile diplomazia con l'Iran.

 

In circostanze così favorevoli, gli israeliani sono sempre più rumorosi e orgogliosi di uccidere e distruggere con diligenza monomaniacale.

Con indifferenza, e per la prima volta, Israele ha ammesso apertamente di aver preso di mira il giornalista “Hussam Shabat” per "eliminarlo", nel dicembre del 2024, e di averlo giustiziato il 24 marzo.

Il sadico serial killer ha inseguito la sua preda, poi si è avventato.

Finora il predatore ha individuato e assassinato altri 232 giornalisti palestinesi.

“Shabat” sapeva quindi, come disse lui stesso, che " il giornalismo significava che Israele lo avrebbe ucciso".

 A soli 23 anni, così pieno di promesse, “Shabat “scrisse il suo epitaffio prima di morire.

Diceva :

Se state leggendo questo, significa che sono stato ucciso – molto probabilmente preso di mira – dalle forze di occupazione israeliane. …

Negli ultimi 18 mesi, ho dedicato ogni istante della mia vita al mio popolo.

Ho documentato gli orrori nel nord di Gaza minuto per minuto, determinato a mostrare al mondo la verità che hanno cercato di nascondere.

 

Ho dormito sui marciapiedi, nelle scuole, in tenda, ovunque mi fosse possibile. Ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza. Ho sofferto la fame per mesi, eppure non ho mai lasciato la mia gente.

Per Dio, ho compiuto il mio dovere di giornalista. Ho rischiato tutto per dire la verità e ora, finalmente, ho trovato pace, qualcosa che non conoscevo da 18 mesi. L'ho fatto perché credo nella causa palestinese, nel nostro diritto a questa terra.

 Il più grande onore della mia vita è stato morire difendendola e servendo il suo popolo.

Vi chiedo ora: non smettete di parlare di Gaza.

Non lasciate che il mondo distolga lo sguardo. Continuate a lottare, continuate a raccontare le nostre storie, finché la Palestina non sarà libera.

 

Per l'ultima volta, “Hussam Shabat”, dal nord di “Gaza."

 

Calpestare tutto ciò che è decente e buono:

“Fatma Hassona” doveva essere il soggetto di un documentario di prossima uscita, "Put Your Soul on Your Hand and Walk", che debutterà al Festival di Cannes. Israele non poteva permetterlo.

Così, l'”Air Force Genocide” ha bombardato la venticinquenne fotoreporter palestinese, uccidendo anche nove membri della sua famiglia.

 

Dopo una breve, relativa pausa, diciotto mesi dopo l'inizio del genocidio dei palestinesi di Gaza, Israele ha ripreso a massacrare civili a un ritmo medio di 103 anime al giorno, con 223 individui che hanno riportato ferite mortali, sempre al giorno.

Dal 18 marzo, riporta “Ha'aretz”, Israele ha ucciso 1.652 persone e ne ha ferite 4.391 negli attacchi su Gaza. (Newsletter "Israel News" di Ha'aretz, mercoledì 16.04.2025.) Il numero delle vittime si avvicina ora a 2.000.

 

Con 62.000 palestinesi dispersi, oltre 52.000 morti confermati e morti indirette che vanno da tre a quindici volte il numero di morti dirette, secondo il “Lancet “, i media falsi e fossilizzati dovrebbero essere obbligati a riportare il numero ufficiale di palestinesi morti per mano di Israele, oltre 100.000. Anche questo è un conteggio ampiamente sottostimato.

La mente è affollata.

I palestinesi assassinati si fondono in un montaggio di volti.

Eppure, dobbiamo ricordare uomini come “Rifaat Radwan.”

 Radwan era tra i quindici operatori sanitari e umanitari giustiziati sommariamente a bruciapelo, il 23 marzo, dal regime israeliano a Gaza.

 

Il mondo sotterraneo delle “IDF” (Forze di Difesa Israeliane) – il mondo abitato da criminali e trasgressori della legge – si basa sulla menzogna. Ormai conoscete le battute del Bugiardo, mentre sgancia le " bombe terremoto " americane sui bambini nelle mense comunitarie:

 

"Hamas. Terrorismo. Se i palestinesi muoiono, bisogna ucciderli."

Ma i non “sequitur” di Satana non possono nascondere la verità, né mettere a tacere le profonde preghiere dei giusti.

Mentre le SS IDF lo sovrastavano, crivellando i suoi colleghi e se stesso con migliaia di proiettili,” Radwan,” medico della “Mezzaluna Rossa Palestinese”, non implorò gli agenti di ucciderlo.

Invece, registrò il loro crimine per i posteri mentre recitava con rettitudine le sue ultime preghiere.

Queste sono di una bellezza struggente:

 

"Oh Signore, accettaci. O Signore, accettami come martire. Madre, perdonami. Questa è la strada che ho scelto... che aiuto le persone. ...." Fino a quando non è cessato.

 

All'alba di lunedì 7 aprile, un mondo truccato con il Wi-Fi assisteva a una pira funebre di palestinesi, tranne per il fatto che le persone che Israele ha illuminato erano vive.

L'IDF ha incenerito "una tenda che ospitava giornalisti palestinesi a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza".

Alla fine dell'anno scorso, quando l'adolescente “Shaban al-Dalou “covava vivo, i media prostituti hanno fatto quello che fanno sempre:

falsificare la lingua inglese al servizio di Israele.

 Per sostenere questo oppressivo regime straniero, i media utilizzano eufemismi e la forma passiva; espedienti sintattici che mascherano la morte straziante di un ragazzo gentile, bello e intelligente, guidato dalla devozione per i parenti e la comunità.

 

" Ucciso in un incendio", hanno scritto i media a proposito dell'omicidio di “Shaban”.

La stessa sorte è toccata ora a “Helmi Al-Faqaawi,” "corrispondente dell'agenzia di stampa “Palestine Today”, e a “Youssef Al-Khazandar”, un civile che assisteva il gruppo di giornalisti".

Il fotoreporter “Ahmed Mansour”, immortalato nelle immagini avvolte dalle fiamme, sta lottando tra la vita e la morte a Gaza.

 

Mansour ha qualche possibilità di sopravvivere, visto che l'ultimo ospedale a malapena funzionante della Striscia è stato raso al suolo da Israele?

La mattina della “Domenica delle Palme£, i demoni dell'IDF hanno raso al suolo l'”Ospedale Battista Arabo “Al-Ahli”, in piedi dal 1882.

"Bruciare vivo un giornalista a Gaza", ha esclamato “Lima Bustami” , direttore del dipartimento legale di “Euro-Med Monitor”, "non ha lo scopo di mettere a tacere la verità.

Israele fa già affidamento su una forza ben più grande: l'indifferenza del mondo verso la verità".

Con un mondo di indifferenza sullo sfondo, Israele ha dato alle fiamme ancora più civili nelle tende il 17 aprile.

 (E ancora di più il 21 aprile .)

 Diciassette civili palestinesi, tra cui nove bambini, sono stati uccisi, a quanto pare, da "ondate di [qualche tipo]". Sì, persino Al Jazeera è stata contagiata dal virus dell'inglese raffazzonato, scrivendo che, il 18 aprile, " un'ondata di attacchi aerei israeliani " li ha uccisi.

 

Un altro luogo comune dei media maltrattati è quello di qualificare la carneficina quotidiana a Gaza con la clausola "per lo più donne e bambini".

 Oppure "Comprese molte donne e bambini". Come se gli uomini palestinesi fossero un gioco da ragazzi.

Questa clausola di esclusione del genocidio è pronunciata tra il numero sempre più piccolo di influencer conservatori che hanno registrato la loro obiezione ai crimini di Israele.

 Per carità cristiana, questi influencer ammettono che gli assassinati siano "donne e bambini", per la maggior parte.

Oppure, che tra gli assassinati ci siano cristiani.

Questo da parte di conservatori di fede che altrimenti difendono la centralità degli uomini e la virilità nella società.

Questo da parte degli stessi conservatori che devono sicuramente sapere che “Gesù Cristo” non si è battuto per il favoritismo settario, ma per il valore universale di tutti gli esseri umani.

" Incontra gli uomini palestinesi di cui i media non vogliono che tu sappia l'esistenza ", racconta “Lara Elborno”, figlia di un palestinese, avvocato e attivista per i diritti umani.

Questa è una donna che sa parlare degli uomini palestinesi con tono toccante e autorevolezza.

Ormai, lo possiamo fare anche noi.

E sono gli uomini palestinesi che abbiamo visto sui nostri schermi per primi sulle scene del massacro.

 Scavano, trasportano, evacuano, confortano, celebrano riti religiosi di sepoltura e piangono quando la calma lo permette.

Il contrasto tra gli uomini palestinesi e le “IDF” è evidente come il sangue su un “Kaffan” , il tradizionale sudario palestinese.

In fondo, l'esercito più codardo che si conosca nella storia militare non si impegna in battaglie.

 L'IDF è un'aeronautica militare: mitraglia i civili dall'alto.

Da quando ha violato il cessate il fuoco, Israele ha compiuto massacri quotidiani con attacchi aerei, bombardamenti e attacchi con droni, riferisce “Jon Elmer”, analista militare per “Electronic Intifada”.

 Ben oltre 1000 di questi attacchi aerei – cinquanta al giorno – hanno fatto a pezzi quasi 600 bambini e neonati.

 

Con ogni via di ingresso e di uscita sigillata dagli israeliani nelle ultime sei settimane, il carburante per alimentare i macchinari di movimento terra non è disponibile.

 Così, quando il 10 aprile, trentacinque civili sono stati uccisi e cinquanta feriti da aerei da guerra che mitragliavano un "isolato residenziale densamente popolato" in un quartiere di “Shuja'iyya”, squadre di protezione civile palestinesi erano sul posto.

Lo sono sempre. Come facciano nessuno lo sa.

Attualmente usano reti a strascico, vanghe, unghie e fede per raggiungere le persone intrappolate.

 

Il brutto e il malvagio cercano di sradicare i loro opposti.

Per riflesso, le società sfacciate, tecnocratiche, atomistiche e irreligiose dell'Occidente mirano a sradicare comunità diverse dalla loro. Gaza, decadentemente sveglia e crudelmente impersonale, non lo è.

Gaza, attesta “Zahad Rahman”, un'infermiera americana che fa volontariato in ciò che resta dell'enclave, è una società incentrata sulla comunità e sulla gentilezza. “Rahman non è un palestinese”.

 Israele ha assassinato più di 1.000 persone come lui – "membri delle squadre mediche, di difesa e di soccorso a Gaza", conferma “B'Tselem” (un'organizzazione israeliana per i diritti umani).

Nonostante il rischio, come tanti volontari medici che vanno a Gaza, “Rahman” si è ritrovato attratto da persone che ti darebbero la loro maglietta anche con il gelo.

 

Nella tradizione del “Ramadan” di " coltivare l'empatia ", tra le rovine , gli abitanti di Gaza hanno quindi imbandito le tavole per festeggiare .

L'”Eid al-Fitr”, in particolare, spiega l'Imam “Dr. Omar Suleiman”, studioso e teologo, "ha lo scopo di perpetuare quell'empatia nelle nostre celebrazioni.

 La mattina dell'Eid “, ogni musulmano è tenuto a pagare la “Zakat al-Fitr” , una forma di carità pensata per garantire che nessuno venga escluso dalla festa.

È una pratica meravigliosa:

un modo per dire che la gioia è completa solo quando condivisa, che la nostra celebrazione non ha senso se gli altri muoiono di fame".

 

Inevitabilmente, la spiritualità dell'”Eid al-Fitr” venne distrutta dalla barbarie israeliana.

Mentre 100 bambini palestinesi vengono " uccisi o feriti a Gaza ogni giorno ", da quando [il genocidio] è ripreso, gli israeliani hanno imposto una classificazione di disabilità a " oltre 20.000" dei loro figli sani e salvi.

 Vittime del terrore, affermano gli esperti di salute mentale dello Stato israeliano.

 

Il “Manuale Psichiatrico Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” ( DSM ) è un manuale in continua evoluzione, giunto ormai alla sua quinta edizione.

 I criteri per la creazione di una malattia secondo il DSM, o manuali simili sviluppati dall'industria, sono malleabili.

Nella vita reale, senza bisogno di un manuale psichiatrico, decine di migliaia di bambini palestinesi vengono terrorizzati, sono in realtà morti, mutilati, segnati mentalmente a vita, orfani senza un'anima al mondo.

 

Eppure, si può ben capire perché i loro avversari israeliani – predatori che si presentano come prede– vorrebbero etichettare anche il bambino palestinese come un irrimediabile terrorista in divenire.

Come molte delle loro figure formative, i bambini palestinesi sono formidabili, feroci.

In mezzo alla preoccupazione e allo sfinimento di trovare cibo e rimanere in vita, un lapsus di una ragazza compone e recitala poesia della resistenza:

"Sono palestinese e ne sono orgoglioso."

"Sono orgogliosa perché sono una ragazza forte e coraggiosa, la figlia degli eroi."

"La figlia di Gaza, la terra dei liberi..."

 

E così procede in un arabo modulato e melodico.

 Qui un'altra giovane ragazza palestinese ferma il suo idolo, il defunto signor “Shabat”, di cui sopra, per esprimergli la sua ammirazione. Da grande, vuole diventare una giornalista coraggiosa come il suo eroe, da allora martirizzato. Sono bambine molto equilibrate.

 

Se noi occidentali siamo il popolo più propagandato al mondo, i cittadini di Gaza sono quelli meno propagandati. Apparentemente prigionieri, i cittadini di Gaza sono liberati dalla propaganda politica illiberale che attanaglia l'Occidente.

E “Gabi Siboni” lo sa.

Ex colonnello delle IDF, ora membro irriflessivo dei think tank israeliani, riflette il discorso pubblico e politico ebraico-israeliano.

Per i cittadini di Gaza, Siboni esprime disprezzo e intenti genocidi, ma anche una comprensione distorta della ferocia dei gazawi nel liberare la loro patria ancestrale.

Ha detto Siboni:

 

"Hamas non è il problema di Gaza. Hamas è il sintomo di un problema più grande. La popolazione di Gaza è una 'folla barbarica'.

Se non vogliamo dissanguare i nostri soldati per decenni – perché a Gaza ci saranno Hamas B e C – l'unica soluzione è la 'visione' di Trump".

Sidoni è molto più onesto, e solo un po' meno sottile, dell'oleoso “Bernie Sanders”, un sionista liberale non riconciliato.

 

Gaza non c'è più a causa di una campagna concertata per spazzarla via; a causa dello sterminio e dello spopolamento; non a causa dell'"autodifesa israeliana", che è quando uno stato sovrano respinge gli eserciti di altri stati-nazione sovrani. Eppure, "nell'anno 2025", ii comizi di massa di Sanders sono decorati con la frase "Israele ha il diritto di difendersi".

I sofismi di Bernie Sanders dovrebbero far esplodere il cervello come un deposito di munizioni!

 

Il genocidio è la prova del fuoco.

L'insistenza di Sanders, ben oltre il genocidio, sul fatto che "Israele ha il diritto di difendersi può essere interpretata solo come una palese apologia del genocidio", propone “Caitlin Johnstone”.

Chiaramente un esperto di falsità, Sanders, che ha super visionato la rimozione dai suoi raduni dei manifestanti e della loro bandiera di Palestina Libera, si è ulteriormente dimostrato come un astuto agente dell'establishment, che cerca di catturare i democratici ingenui e politicamente senzatetto.

 

Torniamo al maleodorante calderone di morte e decadenza che sono le Forze di Difesa Israeliane.

(O forse le feci della difesa israeliana?)

 

Un nuovo carico di dolore è arrivato, a marzo, agli abitanti del campo profughi di “al-Faraa,” ai piedi della “Valle del Giordano”, nella Cisgiordania settentrionale occupata.

 I soldati israeliani, sciatti, hanno un marchio familiare. Lasciano escrementi umani nelle case che distruggono:

 

"Feci, urina e preservativi usati: sono solo alcune delle cose che i soldati israeliani hanno lasciato nelle case palestinesi durante il loro assalto durato 11 giorni [a marzo]", riporta “Electronic Intifada”.

Il fatto che le IDF abbiano una documentata "tradizione" di defecare e urinare nelle case della Cisgiordania e di Gaza che occupano e vandalizzano è confermato da un articolo del 2014 sul “Guardian”:

"I palestinesi che tornano a casa trovano le truppe israeliane che hanno lasciato feci e graffiti velenosi".

 

Qualcuno dovrebbe mettere le IDF nei loro stessi guai per dar loro una lezione, una volta per tutte.

 Nessuno l'ha fatto.

Sì, Israele fa sembrare le atrocità passate e presenti un gioco di società.

 Eppure, questo recente resoconto di preservativi usati lasciati dalle IDF in queste case della Cisgiordania lascia perplesso persino me.

 Perché perplesso?

Sappiamo che, nonostante la rassicurante designazione ufficiale di alcune donne israeliane come soldatesse combattenti, le poche donne in ruoli di combattimento " non vengono esplicitamente impiegate in situazioni di combattimento ".

Durante queste apparenti incursioni "militari", le IDF operano, credo, come una forza "combattente" composta esclusivamente da uomini.

 

Allora, perché i preservativi lasciati nelle case palestinesi vandalizzate, nel corso dei “baccanali dionisiaci dell'IDF” in Cisgiordania?

 Di chi sono, esattamente?

“Ha'aretz”, ho notato, annacqua la dissolutezza, ma non perché nasconda la verità per la "Patria".

Dicono la verità ma la inquadrano in modo diverso.

Così, la dissolutezza dell'IDF in uniforme non sembra essere un grosso problema nello Stato di Israele.

Israele non sembra condividere la sensibilità americana, almeno così sembra a me, che ho osservato da vicino questa società in ebraico, per diciotto brutti mesi.

 

La cultura americana è piuttosto pudica;

 L'estetica espressa da Israele è più pornografica.

 Un esempio sono le immagini familiari dell'IDF che indossa o rovista nella lingerie sexy di donne palestinesi morte o espropriate.

Tu ed io considereremmo queste esibizioni di travestimento tra uomini in uniforme come inappropriate, perverse.

 

Non “Haaretz”.

Atti perversi di codardia e sadismo – invadere case palestinesi, saccheggiare, vandalizzare e maltrattare effetti personali – un giornalista di Haaretz è solito etichettarli come "machismo":

"Il machismo militare dei soldati israeliani a Gaza mostrerà la sua orribile faccia in patria ", titolava un articolo di Haaretz del gennaio 2025.

 

Sono un abbonato.

Leggo abbastanza di Ha'aretz da avere la sensazione che Israele abbia un'estetica diversa, non americana.

 Prendete questa rappresentazione del “Purim” , che un tempo veniva celebrato principalmente come una festa per bambini.

A " una breve storia del Purim, l'Halloween delle feste ebraiche ", Ha'aretz ha aggiunto un'immagine erotica di uomini che flirtano e si baciano profondamente. Ha'aretz sembra considerare quest'immagine appropriata per Halloween/Purim, sana.

L'unico giornale ragionevole e di qualità in Israele, “Ha'aretz”, sforna anche un sacco di “bafflegab”.

 L'IDF ha invaso vaste aree della Siria, sta bombardando il luogo, annettendo chilometri per una cosiddetta zona cuscinetto, e facendo apertura a certe comunità siriane intimidite in modo da dividere e governare ulteriormente quel paese.

 

Anche gli opposti assoluti sono i palestinesi. Se i palestinesi sono uniti nello yen per la libertà; I circuiti israeliani sono cablati per la crudeltà.

 

Il ministro della Difesa “Israel Katz” ha minacciato duramente tutti i civili di Gaza il 19 marzo 2025.

 Come dice un adagio su Twitter , "Tradurre un tweet israeliano dall'ebraico è come ritrovare una pagina perduta del Mein Kampf ".

Ascoltate il " suono dell'impunità " e, a dire il vero, non credete mai a una traduzione ebraico-inglese che vi arrivi tramite le autorità israeliane.

 

Queste sono le parole precise di “Katz” tradotte dall' ebraico:

"Residenti di Gaza, questo è l'ultimo avvertimento.

 Il primo “Sinwar” distrusse Gaza.

 Il secondo “Sinwar” la rovinerà completamente.

L'assalto dell'aviazione contro i terroristi di Hamas è solo il primo passo.

Il resto sarà molte volte più difficile e pagherai il prezzo intero.

Presto inizieranno le evacuazioni dalle aree.

Se tutti gli ostaggi israeliani non saranno rilasciati, e Hamas non sarà espulso da Gaza, Israele agirà con il tipo di forza a voi sconosciuto “Accettate l'offerta del presidente degli Stati Uniti”: restituite gli ostaggi ed espellete "Hamas", e altre opzioni si apriranno davanti a voi, compresa la migrazione in altri luoghi in tutto il mondo, per chiunque lo desideri.

 

Il Ministro della Difesa “Katz” ha ribadito, il 16 aprile, la sua politica di "bloccare l'ingresso di aiuti umanitari a Gaza".

"La politica dello Stato di Israele è chiara.

Nessun aiuto umanitario entrerà a Gaza, poiché questa è una delle nostre principali tattiche di pressione" con Hamas.

Nella realtà attuale, nessuno intende discostarsi da questa politica, ha sbraitato Katz.

In un istante, il Ministro Katz aveva pacificato il "Forum Ostaggi e Famiglie Scomparse".

Pur "sottolineando che il rilascio degli ostaggi e la continuazione della guerra non possono avvenire simultaneamente", il gruppo aveva comunque condannato il governo israeliano per "essersi preparato silenziosamente a ripristinare gli aiuti umanitari".

(Newsletter "Israel News" di Ha'aretz, mercoledì 16.04.2025)

 

Nel complesso, è stato ampiamente accertato che, dal custode al generale, dai soldati ai giudici della “Corte Suprema”, a parole e nei fatti, la società israeliana condivide generalmente la mentalità genocida.

 Le eccezioni sono pochi gruppi arabo-ebraici, fortemente proibiti e minuscoli ("circa 300 israeliani vengono a mostrare le foto dei bambini di Gaza"), pro-pace. In definitiva, gli israeliani parlano dei palestinesi come se fossero subumani, intoccabili, innominabili, privi di voce in capitolo su come vivono o muoiono.

 

Quando ho scritto, inoltre, che "la criminalità è codificata nel diritto israeliano; che il genocidio, i film snuff, gli omicidi extragiudiziali e lo stupro dei palestinesi sono di fatto legali in Israele ", non stavo esagerando.

La criminalità sistemica e sociale è regolarmente codificata dalla corte suprema di quel Paese.

A fine marzo è arrivata una sentenza della “Corte Suprema israeliana” , "che legittimava esplicitamente e direttamente l'illegale blocco israeliano della Striscia di Gaza".

Tanto stupida quanto depravata, la corte suprema israeliana ha utilizzato, a sostegno della sua autorevole sentenza a favore della fame, "l'argomento secondo cui lo Stato di Israele è esente dagli obblighi di occupazione belligerante secondo il diritto internazionale in tutti i casi riguardanti la Striscia di Gaza".

 

Certo, si può supporre nella logica, come fa comunicare la corte suprema israeliana, che non si è obbligati ad aiutare gli esseri umani morenti.

 Ma non si può sostenere in modo convincente e razionale il proprio diritto di impedire agli altri di nutrire e guarire gli esseri umani morenti.

Ciò mostra un difetto nella facoltà di ragionare, così come un difetto di carattere. Per impostazione predefinita, l'esito della sentenza dell'Alta Corte israeliana è la morte della popolazione affamata: il processo di omicidio di massa si svolgerà fino alla sua conclusione legislativa.

 

La colpa dell'inazione è ora tutta di coloro che non agiranno per salvare gli abitanti di Gaza:

gli Stati Uniti, i paesi dell'Europa occidentale e dell'Europa orientale, i governi dell'Asia orientale e occidentale.

Le emanazioni provenienti dalle menti della “Corte Suprema israeliana” sono di una rozzezza e di una banalità che stordiscono la mente.

Ciò che più conta ai nostri fini è che Israele non gode di una magistratura indipendente.

Eppure Israele sfrutta regolarmente il principio di complementarietà del diritto internazionale, secondo il quale la “Corte Penale Internazionale” (CPI) condivide la giurisdizione legale con lo “Stato nazionale democratico” sotto inchiesta, a condizione che quest'ultimo disponga di una magistratura indipendente.

 

Attenzione! Con una rapidità camaleontica, Israele di solito si affretta a "indagare" su sé stesso e a sfruttare il principio di complementarietà, quando il mondo sembra averne abbastanza.

Le indagini legali condotte da Israele sui propri crimini fanno parte della sovrastruttura israeliana dell'inganno.

 I procedimenti penali nominali, o indagini surrogate, da parte dell'Israele genocida per i suoi crimini contro gli arabi devono essere trattati come parte della meta-imbroglio di “Hasbara” , volta a nascondere le tendenze palesemente dispotiche dello Stato israeliano.

 

Nel frattempo, Donald Trump, come Joe Biden prima di lui, ha reso gli americani complici dei crimini di Israele.

Una nefasta congiunzione di eventi orchestrata da Trump ha ulteriormente spinto la leadership israeliana a perseguire il suo obiettivo genocida, mentre i suoi rappresentanti e influenzatori negli Stati Uniti ci zittiscono con successo e violano le tutele della “nostra Carta dei Diritti”, incluso il diritto di pensare e parlare liberamente sancito dal Primo Emendamento.

 

Il livello di "cattura dello Stato" da parte di Israele, un piccolo e oppressivo regime straniero, è senza precedenti, inveisce “Craig Mokhiber “, attivista e studioso di diritto internazionale umanitario.

Questa è una "cattura dello Stato" a ogni livello: estero e nazionale, federale, statale, provinciale e comunale.

Per Israele, le forze dell'ordine, sotto questo e il precedente governo, sono disposte a mettere a tacere e a far sparire gli attivisti contro il genocidio per aver esercitato le nostre libertà americane.

Assurdo, certo, ma gli agenti dell'”Immigration and Customs Enforcement di Trump” avevano twittato che il loro compito è fermare le idee illegali al confine con gli Stati Uniti:

"Persone, denaro, prodotti, idee. Se attraversano illegalmente il confine con gli Stati Uniti, il nostro compito è fermarli ".

 

(Ilana Mercer , autrice, saggista e teorica paleolibertaria, dal 1998 scrive di una campagna contro la guerra e il woke, a partire dal Canada. ILANA è descritta come " una creatrice di sistemi ".)

 

Il destino dell’Ucraina:

"Putin e Zelensky si odiano".

Trump: la pace è difficile.

Msn.com – Quotidiano.net – Marta Ottaviani – Redazione – (04-05-2025) - ci dice:

 

Il presidente Trump si è improvvisamente reso conto che forse la pace fra Ucraina e Russia è impossibile:

"C’è un odio tremendo fra Putin e Zelensky. La pace forse è impossibile".

 E a tre giorni dall’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale (che in Russia chiamano Grande guerra patriottica), Mosca ha bombardato nuovamente Kiev, per fortuna senza morti.

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non crede che la tregua unilaterale annunciata dal Cremlino, dall’8 al 10 maggio, verrà rispettata e nello stesso tempo ha dichiarato di non poter garantire la sicurezza della parata sulla Piazza Rossa il 9 maggio, alla quale parteciperà anche il presidente Xi Jinping e che rappresenta l’apoteosi della propaganda putiniana.

A Washington il senso di impotenza è palpabile, complicato dal fatto che, essendosi aggiudicata lo sfruttamento di minerali strategici per almeno 10 anni, dovrà intervenire almeno per garantire la sicurezza di quelle zone, che però si trovano quasi tutte vicino alla linea del fronte.

Oltre ad aver palesemente fallito il proposito di far finire la guerra entro 24 ore, come promesso in campagna elettorale, con tutto il danno reputazionale che ne consegue.

 Certo, l’ipotesi di portare la Russia dalla sua parte sembra lontana anni luce.

Non solo “Xi Jinping” parteciperà alla parata dell’8 maggio, starà nel Paese per ben quattro giorni, segno che la sinergia fra Mosca e Pechino è più forte che mai. Proprio Putin, ha dichiarato che l’amicizia con Pechino è destinata a rafforzare l’ordine globale e che prima o poi "sarà inevitabile riconciliarsi con l’Ucraina".

Salvo aggiungere: "Ma io posso vincere anche senza atomica".

Il presidente Zelensky, dal canto suo, ha bollato il numero uno del Cremlino come "cinico" e torna in pressing sull’Europa.

Ieri, durante una visita ufficiale a Praga con la moglie Olena, ha ringraziato per il sostegno ricevuto, ma ha anche lanciato una frecciatina.

 "Ci sono Paesi – ha detto – che frenano l’ingresso di Kiev nella Ue".

Un riferimento, nemmeno troppo velato all’Ungheria di Viktor Orban e alla Slovacchia di Robert Fico.

Proprio il numero uno di Budapest, ieri nella mattina, aveva dichiarato che il Paese non aveva alcuna intenzione di dare la luce verde a Kiev.

Sul “New York Times”, intanto, è comparsa la notizia che gli Stati Uniti hanno spostato una batteria di missili da difesa Patriot da Israele verso l’Ucraina.

 Una seconda batteria potrebbe arrivare dalla Germania e dalla Grecia.

Segno che fra Stati Uniti ed Europa, comunque, si dialoga e che, se proprio non la si vuole o non la si può aiutare a contrattaccare, almeno si stanno mettendo insieme le forze per continuare a difenderla.

La guerra inizia a diventare un peso anche per la Russia sotto più aspetti.

 La speranza è che il logoramento prima o poi aggioga anche Mosca e che rinunci a una parte di territori conquistati.

(Marta Ottaviani).

 

Marco Rubio: “in Germania

Tirannia Mascherata.”

Conoscenzeaconfine.it – (4 Maggio 2025) - Redazione – Imola Oggi – ci dice:

 

In Germania, il partito” Afd” è stato dichiarato un “pericolo per la democrazia”.

La decisione è stata presa dei servizi segreti che hanno citato come causa le posizioni del partito di destra contro l’immigrazione selvaggia, ritenute discriminatorie verso interi segmenti della popolazione.

 Ora il parlamento potrebbe chiedere lo scioglimento del secondo partito del paese.

Il segretario di Stato Usa ha commentato molto duramente la decisione:

“La Germania ha appena conferito alla sua agenzia di spionaggio nuovi poteri per sorvegliare l’opposizione. Questa non è democrazia, è tirannia mascherata.

Ciò che è veramente estremista non è il popolare “AfD”, arrivato secondo alle recenti elezioni, bensì le letali politiche di immigrazione aperta alle frontiere dell’establishment, a cui l’”AfD “si oppone.”

 

Il vicepresidente “JD Vance” ha rincarato la dose:

“AfD è il partito più popolare in Germania e di gran lunga il più rappresentativo della Germania Est.

Ora i burocrati cercano di distruggerlo.

 L’Occidente ha abbattuto il Muro di Berlino insieme.

E questo è stato ricostruito, non dai sovietici o dai russi, ma dall’establishment tedesco.”

(imolaoggi.it/2025/05/03/rubio-in-germania-tirannia-mascherata/).

 

 

 

 

 

I signori della guerra.

Messaggerosantantonio.it – (09 Aprile 2025) - Ugo Lucio Borga – ci dice:

 

Da decenni nella Repubblica Democratica del Congo si combatte una guerra di cui la popolazione civile sta pagando il prezzo più alto.

Alla base del conflitto, il controllo di una delle regioni più ricche del pianeta in termini di risorse del sottosuolo.

Arrivano alla spicciolata, gli uomini di “Ruthsuru”.

 Imbustati nei loro abiti migliori, lo sguardo fisso sulle scarpe gelosamente conservate per le funzioni domenicali, s’incamminano, incerti, tra i miliziani tutsi disposti lungo la strada del villaggio, in un cordone bellicoso e carnevalesco da cui esala un forte odore di alcol a buon mercato e una manifesta propensione alla violenza indiscriminata.

All’altezza della stazione radio del villaggio, distrutta pochi giorni prima, gli uomini si incolonnano in attesa di essere identificati.

Poi, uno alla volta, in silenzio, svaniscono nella penombra dell’aula della scuola in cui sono stati convocati per la seduta di rieducazione politica, e prendono posto su banchi ridicolmente piccoli, destinati ai bambini.

 Alle loro spalle, appoggiati ai muri, i miliziani tutsi imbracciano i kalashnikov.

 

Il generale rinnegato “Laurent Nkunda”, tutsi, psicologo, sedicente pastore della “Chiesa avventista del settimo giorno”, leader del C.N.D.P, cammina nervosamente nella stanza, circondato dal suo stato maggiore.

Poi si ferma.

Appoggia le mani sulla scrivania.

Si guarda intorno, lentamente, indugiando sui volti.

«Un albero può morire – dice –. E restare in piedi.

Può marcire. E restare in piedi.

Ma anche un popolo può morire, e marcire, e restare in piedi.

Sono qui per informarvi, signori, che anche voi siete morti, e state già marcendo».

 

Nell’aula, il silenzio è spettrale.

 Il signore della guerra cita la Bibbia. Interi passi a memoria.

Azzarda parallelismi audaci tra il popolo ebraico e il popolo tutsi, sostenendo il suo diritto di difendersi.

 Si sofferma su Ezechiele: «Le colpe dei padri – ricorda – ricadono sui figli. Gli hutu sono colpevoli di genocidio fino alla settima generazione».

Sulla mimetica porta una spilla: «Rebel for Christ», ribelle per Cristo.

 

Pochi giorni prima, il 7 e 8 novembre 2008, le sue milizie hanno massacrato 150 civili nella vicina cittadina di “Kiwanja”, sede di un’importante base della Monuc (Missione ONU Congo).

L’eccidio è durato per ore.

 I caschi blu hanno osservato la strage, frementi di rabbia, in attesa di ordini che non sono mai arrivati.

 I cancelli sono rimasti chiusi.

Da quando il generale ribelle dell’esercito congolese “Laurent Nkunda” ha fondato il movimento politico militare” C.N.D.P”. – Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo – composto perlopiù da combattenti ruandesi, e preso il controllo di alcune località del “Massisi” e del “Nord Kivu”, minacciando di conquistare “Goma”, centinaia di migliaia di disperati si sono raccolti nei pressi di “Kibati”, alle porte della capitale.

Manca tutto: cibo, acqua, medicine.

 

Lo scopo dichiarato del generale “Nkunda” – lo stesso scopo dichiarato oggi dai ribelli dell’”M23” – è quello di difendere i tutsi congolesi, i “Banyamulenge”, dalle violenze – ipotetiche – delle “milizie hutu ruandesi”, riunite nelle” Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda” (FDLR).

 Di fatto, è un’operazione di “war making”:

agendo sulla leva etnica, che rimanda al genocidio ruandese, si può riaccendere il conflitto con la stessa facilità con cui si preme un interruttore, e inserire così una guerra di rapina in una cornice di legittimità.

Tra il 2006 e il 2009 il CNDP prende il controllo di una delle regioni più ricche del pianeta in termini di risorse del sottosuolo, in particolare oro, diamanti, cobalto, rame e soprattutto coltan, a tutto vantaggio dei finanziatori della ribellione.

Tra i quali figura, oggi come allora, il “vicino Ruanda”:

stando a un recente rapporto delle Nazioni Unite, che ne hanno bloccato temporaneamente le importazioni, il coltan esportato dal Ruanda proviene da “Rubaya”, una località congolese occupata, nell’aprile 2024, dall’M23, movimento ribelle nato dalle ceneri del CNDP del generale Nkunda.

 

Dal “CNDP” all’”M23”.

Il signore della guerra “Laurent Nkunda”, divenuto eccessivamente scomodo a causa delle accuse mosse, nei suoi confronti, dalla” Corte penale internazionale”, viene arrestato nel gennaio del 2009 durante una operazione militare congiunta degli eserciti della “RDC” e del “Ruanda”.

Paese dove ancora risiede, agli arresti domiciliari, nonostante “Kinshasa” ne abbia chiesto più volte l’estradizione.

 

Il 23 marzo 2009 il C.N.D.P firma un patto con Kinshasa, che prevede l’integrazione dei combattenti nelle file dell’esercito congolese.

 Tra il 2009 e il 2012, l’esercito congolese (FARDC- Forze Armate Repubblica Democratica del Congo) organizza varie spedizioni militari nel Nord Kivu e nel Massisi, nel tentativo di annientare le forze del Fronte democratico di liberazione del Ruanda, alleate con diversi gruppi di May May (gruppi di autodifesa), alle quali partecipano, spesso, ufficiali tutsi ruandesi.

Gli stupri di massa e le violenze, commessi con lo scopo di forzare la popolazione ad abbandonare aree ricche di risorse minerarie, raggiungono livelli mai conosciuti prima.

Nel 2012 gli ex militari tutsi del CNDP si ribellano nuovamente, dichiarando che i patti stretti con il Governo non sono stati rispettati.

 Nasce così il “movimento M23”, che converge nell’”Alleanza del Fiume Congo”, un’organizzazione politico-militare che si oppone al presidente congolese “Félix Tshisekedi”.

 

“Corneille Nagaa”, ex presidente della commissione elettorale ed ex sostenitore dello stesso “Tshisekedi”, è oggi il capo politico del movimento, mentre il comandante militare dell’M23 è “Sultani Makenga”, combattente di lungo corso, strettamente legato a “Laurent Nkunda”, con cui ha combattuto tra le fila dell’Rpf guidato dal presidente ruandese Paul Kagame, e il suo luogotenente “Bosco Ntaganda”, condannato a trent’anni di carcere dalla Corte penale internazionale per stupri di massa e vari crimini, tra cui l’arruolamento forzato di bambini soldato.

 

La conquista di “Goma” e “Bukavu”.

Mentre gli scontri continuano nella provincia mineraria del Nord Kivu, aggravando una crisi che in un decennio ha causato milioni di morti e sfollati, il 27 gennaio 2025 l’M23 marcia sulla capitale del Nord Kivu, Goma, e la conquista.

 Il problema è che non è in grado di controllarla.

«Siamo scappati di notte, e ci siamo rifugiati in Uganda - racconta C.M. -.

Abbiamo visto molti cadaveri lungo la strada, ma identificare gli autori dei massacri è difficile, tutti indossano le stesse divise, imbracciano le stesse armi, parlano la stessa lingua.

Ancora oggi la città è molto insicura:

ci sono formate sacche di resistenza nei sobborghi della capitale, composte perlopiù da soldati sbandati delle “FARDC “(Forze Armate Repubblica Democratica del Congo),” wazalendo” (in swahili: patrioti) e banditi comuni che stuprano, razziano, attaccano i civili.

Qui, in questo campo, non abbiamo nulla.

Una bottiglia di acqua sporca, raccolta a terra, costa 1 dollaro e mezzo.

 Io e la mia famiglia ci siamo costruiti un riparo con dei mattoni di fango e dei teli di plastica.

Ma le condizioni sono disumane».

 

Le pressioni internazionali e soprattutto l’iniziativa della Conferenza episcopale nazionale del Congo, i cui inviati hanno raggiunto Goma il 12 febbraio, accompagnati dai delegati protestanti della Chiesa di Cristo in Congo, hanno ottenuto un fragile «cessate il fuoco», che da subito è apparso più simile a una pausa tattica utile a riorganizzare le truppe.

Il 26 febbraio l’M23 ha preso il controllo di Bukavu, capitale del Sud Kivu.

Non c’è certezza sui numeri, ma il bilancio sembra essere compreso tra i 3mila (ONU) e i 6mila morti (fonti locali).

 

 

 

 

I signori della guerra, l’azzardo

occidentale e la lezione dello Zar.

Ariannaeditrice.it – Il fatto quotidiano - Fabio Mini – (25/06/2023) – ci dice:

 

Le aspettative e le illusioni di avere il privilegio di assistere da una comoda poltrona all’ennesima guerra europea finalmente in chiave moderna, anzi post-moderna, futuribile perché tecnologica, razionale, limitata, lontana e per “conto terzi”, sono state disattese.

 La guerra in Ucraina si è rivelata il solito tritacarne straripante di cinismo e ideologia.

I pochi vecchi sopravvissuti della Guerra mondiale ci hanno rivisto le brutture già sofferte.

 I veterani della Guerra fredda hanno rinverdito i ricordi e le tecniche di analisi dei conflitti contando i tank e le brigate corazzate con il latente terrore che potesse succedere una catastrofe.

Questa guerra ci ha dimostrato una volta di più che dalla storia s’impara poco e dalla guerra quasi nulla.

Ma come se non bastasse un salto all’indietro di un secolo, in questi giorni la guerra ci offre l’opportunità di un salto di 7-8 secoli:

 il ritorno dei mercenari, delle compagnie di ventura, anche se i capitani di oggi non brillano per intelligenza e coraggio come alcuni del passato.

 Il mercenariato era quasi scomparso dai campi di battaglia con l’avvento della guerra di popolo, con la costituzione di eserciti nazionali e con lo scontro fra Stati e non tra religioni o casate.

Rimanevano alcune organizzazioni di soldati di ventura che in realtà erano formazioni paramilitari per compiti che i governi non potevano assolvere apertamente.

 Con la professionalizzazione delle forze armate in quasi tutto il mondo si è anche avviata la privatizzazione della guerra e la costituzione delle compagnie private militari o di sicurezza.

Gli eserciti professionali hanno bisogno di una componente operativa giovane e le compagnie private sono diventate il serbatoio legale dove inserire i congedati.

 La “sistemazione” dopo il servizio volontario per 3, 6 o 12 anni è stata vista come un ammortizzatore sociale per le forze regolari e come un contributo statale alle imprese private che così hanno a disposizione personale addestrato.

 L’esercito inglese ha istituzionalizzato tale passaggio mentre tutti gli altri paesi mantengono i rapporti con le compagnie private sia con contratti miliardari sia fornendo personale specializzato sia inserendo ufficiali e generali nei loro vertici.

La logica di questo mercenariato è quindi il mutuo profitto, ma l’impiego dei mercenari da sempre pone dei problemi non soltanto etici, ma di affidabilità.

Ci sono mercenari che hanno un limite contrattuale in relazione ai compiti e ai rischi.

Quello di morire per un contratto deve esser remunerato molto bene, ma ci sono mercenari che pur di ammazzare pagherebbero loro.

In Ucraina i mercenari isolati e quelli dipendenti da compagnie private sono stati inseriti in unità controllate dal ministero dell’Interno e della Difesa, che tuttavia garantiscono l’impunità per eventuali crimini.

I fondi per mantenere questi combattenti internazionali sono gli stessi dati all’Ucraina perché “si difenda”.

In Russia il gruppo Wagner è nato nel 2014 esattamente come gli altri statunitensi e inglesi:

assolvere compiti pubblicamente non affidabili alle forze armate, costituire sbocco “occupazionale” per i congedati e arricchire i vertici.

 Durante la guerra in Ucraina, Wagner è intervenuto su mandato di Putin con la garanzia che le forze armate regolari lo avrebbero sostenuto.

Questo non è stato molto gradito dai vertici militari, che hanno anche assistito sul campo ai soprusi dei mercenari e soprattutto hanno visto affluire nelle loro file anche personale non scelto e perfino criminali.

 Il capo di Wagner, Prigozhin, ha aperto quasi subito un forte contrasto con l’esercito e manifestato velleità politiche non in linea con le intenzioni di Mosca. Nel braccio di ferro sulla questione di “Bakhmut”, lo stesso Putin ha mostrato diffidenza nei riguardi del gruppo che sempre di più si presentava disponibile “al miglior offerente”.

Prigozhin di fatto si qualificava come un signore della guerra autonomo con una milizia privata numerosa che aveva mire di potere su tutto il Donbass.

 Gli stessi capi delle due repubbliche Lugansk e Donetsk temevano più i progetti di Prigozhin che quelli di Zelensky.

La rivolta di questi giorni e l’accenno di marcia su Mosca sono gli sviluppi “naturali” di bande e signori della guerra fuori controllo.

 

Tuttavia la Russia ha una minaccia interna armata – anche se con scarsi rifornimenti – ben più grave dell’offensiva ucraina.

Non si tratta solo di un “traditore” a capo di 25mila uomini che si ribellano, ma di quanti all’interno delle strutture di potere e dall’esterno del Paese lo sostengono e appoggiano una dimostrazione di forza per scardinare l’intero sistema.

Nonostante l’evolversi della situazione, restano i presupposti perché quanto anticipato da Stati Uniti e Gran Bretagna nei riguardi del piano di eliminazione del potere di Putin si avveri nonostante le incognite che tale piano comporta.

Non sarebbe peregrino, ma nemmeno razionale che un tale piano fosse stato affidato a un inaffidabile contestatore e alla sua banda armata.

Ma non sarebbe una novità.

I mujaheddin afghani e gli stessi Talebani ricevettero l’aiuto di Usa e Pakistan contro il governo filosovietico.

Ci sono i presupposti perché l’Ucraina e i suoi sponsor occidentali approfittino della crisi interna russa per una spallata.

Ma la reazione russa potrebbe non essere simmetrica o proporzionale.

Di certo ci sono preoccupanti segnali che gli ultimi gravi eventi non siano casuali o indipendenti.

L’offensiva ucraina che parte nelle stesse ore della distruzione della diga;

Wagner che dopo aver lasciato il campo di “Bakhmut “alle truppe regolari con tanto di cerimonie le attacca;

l’offensiva che perde e macina tutti i migliori armamenti occidentali e gli Stati Uniti che non chiedono agli alleati d’inviare armi, ma promettono altri miliardi di dollari.

Quale è il piano di Prigozhin oltre all’ovvia mira politica?

Vuole una parte di “quei” miliardi o altri miliardi di rubli?

Vuole la testa dei generali o quella di Putin?

 E a chi vuole esibire le teste mozzate?

Al popolo russo o agli ucraini e alla Nato?

Di certo si rende conto che la sua minaccia è anche la sua condanna, ma quali promesse e garanzie ha ricevuto per un cambio di bandiera e da chi?

 In questo momento si può misurare quanto Putin e i suoi contino e quali siano le prospettive.

Se si trattasse di un tentativo di golpe interno, ci sarebbe poi l’incognita della successione e della possibile guerra civile.

Prigozhin o simile al posto di Putin non è un sogno per nessuno.

Se si trattasse di un tentativo colpo di Stato eterodiretto, la folla di leader occidentali guerrafondai una volta festeggiata la riuscita dovrebbe occuparsi dell’incubo per l’Europa nelle loro mani di una Russia sconfitta, ma non debellata.

Se invece il putsch non riuscisse, come pare, lo sviluppo più probabile sarebbe la ripetizione di qualcosa già accaduto in Russia.

Nel 1698 ai reggimenti di truppe scelte degli “streltsy” che da Mosca erano stati mandati a combattere contro i turchi ai confini con la Crimea furono promessi soldi, terreni e il rientro alle proprie case.

 Furono invece trasferiti a 500 chilometri dalla Capitale e nessuna garanzia per il futuro.

Mentre lo zar era in missione in Europa, quattro reggimenti (4000 uomini) durante il trasferimento da Azov deviarono su Mosca con l’intenzione di eliminare i boiardi e mettere sul trono la ex-reggente Sofia.

La rivolta fu domata dal generale scozzese “Patrick Gordon”, già tutore di “Pietro”, e dopo le prime indagini 57 ufficiali “streltsy” furono condannati a morte mentre il resto fu mandato in esilio.

Al suo rientro a Mosca, “Pietro” non si accontentò dei provvedimenti e avviò un’altra indagine sui responsabili e sui mandanti.

Gli “streltsy ribelli” e quelli di stanza a Mosca furono torturati, messi in graticola, ridotti a brandelli, ebbero gli arti spappolati, furono accecati, messi alla ruota e sepolti vivi.

Furono costretti a confessare anche il falso e la punizione fu feroce.

Furono giustiziati 1182 soldati.

Altri 601 furono marchiati a fuoco e mutilati.

 Nel 1699 il corpo degli “streltsy” fu sciolto.

Un anno dopo Pietro revocò il provvedimento e li mandò a combattere nella campagna nordica dove si distinsero per disciplina e coraggio.

Se Pietro avesse scoperto che i mandanti della rivolta e i loro complici erano esterni, la sua spietata punizione si sarebbe rivolta anche all’Europa.

Si dice che Putin abbia come modello proprio lo “zar Pietro”, che rese grande la Russia e sé stesso con le riforme e i negoziati e non grazie ai suoi oltre due metri d’altezza o alle guerre.

Ma nel mondo non ci sono più gli zar di una volta.

(Ucraina: Il mondo al bivio).

 

 

 

 

Una lettera aperta ai liberali.

 Unz.com - David Skrbina – (1° maggio 2025) – ci dice:

 

Miei cari amici,

È un momento difficile per essere un liberale. Lo so, perché lo ero io.

O meglio, lo sono ancora, ma un vero liberale, a differenza dei molti falsi liberali là fuori.

Permettetemi di spiegare.

Molto tempo fa, quando ero uno studente universitario idealista, apprezzavo i miei alti principi morali, la mia fede nella vaga nozione di uguaglianza umana, la mia fiducia nelle autorità e la mia apertura mentale.

Credevo che la maggior parte delle persone in posizioni di potere fossero ben intenzionate, anche se un po' fuorviate, e che le situazioni politiche ed economiche si trovassero in difficoltà soprattutto a causa della sfortuna o di occasionali cattivi attori.

Credo che le persone dovessero essere giudicate come individui e che qualsiasi valutazione di interi gruppi costituisse una generalizzazione radicale o una caricatura priva di merito.

 Credo che tutte le persone e tutte le razze possano vivere insieme;

 credevo che dovessimo qualcosa ai meno fortunati della società, non importa chi fossero.

Credevo che, in linea di massima, il sistema americano funzionasse e che i migliori sarebbero saliti nella società e avrebbero prosperato.

 E credevo che quasi tutti condividessero queste opinioni.

 

Ma in seguito ho scoperto che mi sbagliavo su quasi tutti i fronti.

Anni di riflessione, ricerca, discussione, esperienza personale e vita quotidiana attenta hanno dimostrato la mancanza delle mie precedenti opinioni;

 Uno dopo l'altro, si sono erosi.

Ho scoperto che le caratteristiche del gruppo sono reali e oggettive, e che sono indicative di ampie tendenze sociali, anche se esistono molte eccezioni individuali.

Ho visto azioni sistemiche nel mondo accademico, nei media, nel governo e nelle imprese per promuovere determinati valori, per denigrare altri valori e per promuovere una certa visione del mondo o mentalità a beneficio di persone specifiche.

Mi sono reso conto che la corruzione nelle istituzioni sociali era molto più profonda e radicata di quanto osassi credere.

Mi resi conto che la religione – e in particolare il cristianesimo – era una forza malevola nella società, che serviva a beneficio di un certo gruppo di persone a spese di molti altri.

 Sono arrivato a capire che gran parte della storia è stata distorta, travisata o addirittura falsificata.

Pensavo di vivere in un mondo in gran parte di mentalità aperta e liberale, ma ho scoperto, con mio sgomento, che vivevo in un mondo controllato e manipolato.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, per me, è stata la consapevolezza che molte persone in posizioni di autorità sapevano anche molte di queste cose, ma che non hanno detto nulla, le hanno coperte o vi hanno partecipato attivamente.

In breve, mi sono reso conto che mi avevano mentito o ingannato su larga scala, per anni, da persone praticamente a tutti i livelli della società, persone di cui mi fidavo e che rispettavo.

 

Non so voi, miei amici liberali, ma se c'è una cosa che odio in questo mondo, è essere ingannato da persone che detengono l'autorità.

Posso perdonare l'ignoranza e posso perdonare l'ingenuità, ma l'inganno intenzionale è imperdonabile.

"Tu lo sapevi meglio", dissi (in senso figurato) alle persone al potere;

" Sapevi che era sbagliato, sapevi cosa stava succedendo, ma non hai detto nulla ". Peggio: "L'hai sostenuto e ne hai tratto profitto ".

Questo ha definitivamente distrutto il mio liberalismo ingenuo.

 

Permettetemi di offrire qualche dettaglio specifico, a partire dalla questione razziale.

Da bambino non ho avuto praticamente alcun contatto con i neri, almeno fino alla fine del liceo.

 Lo consideravo vagamente un bene, dato che la mia limitata conoscenza della cultura nera si basava su quella di chi viveva nel nostro quartiere periferico, un posto decisamente sgradevole in cui vivere.

Ma loro avevano la loro sfera di vita, noi la nostra, niente di che.

Poi, quando ho dovuto fare domanda per l'università, mi sono imbattuto nella questione delle azioni positive, che stava appena prendendo forma in quel periodo;

 le quote razziali erano state dichiarate illegali, ma la razza poteva ancora essere utilizzata come fattore di ammissione all'università.

Sono stato ammesso senza problemi, ma altri compagni di classe non sono stati ammessi, e non è chiaro quanti abbiano perso posti a favore di neri o altre minoranze altrimenti meno qualificati.

 

La giustificazione ufficiale per le azioni positive nelle ammissioni universitarie è sempre stata "porre rimedio alle discriminazioni passate e presenti";

ma che relazione c'è tra questo e il nero meno qualificato che è stato ammesso?

 È stata la discriminazione a renderlo meno qualificato in primo luogo?

 E perché penalizzare il mio amico diciottenne che non ha mai discriminato nessuno?

 I figli stanno forse pagando per le colpe dei padri?

(Quanto è tipico dell'Antico Testamento!)

 

E si aiutavano davvero i neri meno qualificati, lasciandoli entrare, solo per vederli lottare e fallire a tassi sproporzionatamente alti?

 Secondo dati recenti, il 68% dei bianchi si laurea entro sei anni dal termine degli studi universitari, contro solo il 45% dei neri.

Perché? Può trattarsi di "razzismo sistemico"?

Comunque sia, l'azione affermativa potrebbe essere tollerabile se ci fosse un piano concreto con obiettivi concreti.

Ma non c'era; non c'è mai, con i nostri amministratori progressisti.

Se avessero detto:

 "Guardate, abbiamo bisogno di azioni affermative per interrompere il ciclo delle famiglie nere senza laurea.

Quindi, dobbiamo farlo per 20 anni, per crescere un'intera generazione di neri laureati.

Poi, tutto sarà in pareggio e potremo tornare alle ammissioni normali, basate sul merito".

Se avessero detto questo, e fornito dati a supporto, avrei potuto essere d'accordo. Ma ovviamente non hanno detto nulla del genere.

Ovviamente, c'è forse una persona sana di mente che pensi che dopo 20 anni di trattamento preferenziale, i neri otterrebbero prestazioni pari a quelle dei bianchi? Certo che no!

Trent'anni? Cinquant'anni? Certo che no.

La realtà è che i nostri supervisori progressisti vogliono l'azione affermativa per sempre.

 

Questa è un'ammissione di fallimento.

 È un'ammissione che i neri sono congenitamente incapaci di esibirsi a livelli uguali ai bianchi, e che i bianchi americani devono pagare per i "peccati" della schiavitù per sempre.

 In breve, non c'è soluzione al "problema nero" in America.

A meno di liberarci dei neri, dobbiamo pagarne il prezzo per sempre.

O questo è lo stato di cose liberali.

E poi c'era la storia.

 Ero sempre stato un appassionato della Seconda Guerra Mondiale, e sono sempre stato affascinato dalla storia tedesca, dalla vita di Hitler e dal dramma e dalla grandiosità dell'intero evento.

Quindi mi ci è voluto un po' per rendermi conto che la Seconda Guerra Mondiale è molto presente nel discorso popolare – in realtà, molto più di quanto ci si possa ragionevolmente aspettare da un evento che si è verificato diversi decenni fa e si è svolto in gran parte in altri continenti.

E naturalmente, la copertura mediatica era così sistematicamente distorta che, per molto tempo, non me ne sono mai accorto.

Mi ci sono voluti anni per pormi domande molto basilari: perché ogni aspetto della Germania di Hitler viene trattato negativamente?

Perché Hitler è il metro universale del male?

Perché "nazista" è sinonimo di "cattivo"?

Perché sentiamo parlare così tanto dell'Olocausto?

 

Più o meno nello stesso periodo, mentre progredivo nella mia educazione "liberale", ho iniziato a riflettere di più sulla situazione ebraica.

Crescendo, non avevo mai conosciuto nessun ebreo, o almeno nessuno che fosse pubblico.

Una volta al college, ho incontrato un bel po' di ragazzi nelle residenze che erano, diciamo, maleducati;

li chiamavamo "i ragazzi di New York".

Erano rumorosi, invadenti, odiosi. ... Vabbè, mi sono detto, la gente è gente.

 Basta che non si intrometta.

E non fare programmi per visitare New York!

Solo più avanti negli anni della mia formazione scolastica mi resi conto che "i ragazzi di New York" erano tutti, fino all'ultimo, ebrei, e che questo fatto poteva essere significativo.

 Scoprii poi che il mio campus era composto per circa il 15% da ebrei, in uno stato che ne era forse l'1%.

Aspetta, come è possibile?

Poi mi resi conto che il rettore della mia università era ebreo, che quasi metà del “Consiglio di Reggenza” era ebreo e che una buona parte dei miei professori di materie umanistiche erano ebrei – aspetta un attimo, come funziona?

Il buon senso e i valori liberali fondamentali impongono che se l'1% della popolazione del mio stato è ebraica, circa uno su cento tra i miei compagni di studio e insegnanti dovrebbe essere ebreo, che uno su cento amministratori universitari dovrebbe essere ebreo, e così via.

Se così non fosse – e chiaramente non lo era, per un fattore 10 o più – allora ciò potrebbe essere dovuto solo a una sorta di "razzismo sistemico" a favore degli ebrei.

 È giusto?

Tutti quegli edifici che prendono il nome da ricchi donatori ebrei potrebbero avere qualcosa a che fare con questo?

No, mai, mi sono detto da uomo liberale.

 

Proseguendo negli studi universitari, conseguendo un dottorato di ricerca in filosofia e diventando docente presso la mia “alma mater,” sono venuto a conoscenza del movimento "BDS" – gli sforzi universitari per boicottare, disinvestire e sanzionare Israele per le sue azioni nei territori occupati.

Oggettivamente, il caso era chiaro:

Israele violava il diritto internazionale, violava le risoluzioni ONU da decenni, era coinvolto in periodici episodi di abusi e torture ai danni dei palestinesi, infliggeva punizioni collettive e commetteva omicidi, crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

 Era un caso lampante; naturalmente, qualsiasi persona riflessiva ed etica avrebbe dovuto ammettere che Israele era in torto – criminalmente – e che qualsiasi istituzione morale avrebbe voluto dissociarsi, quantomeno, da tale malvagità. Questo era il minimo indispensabile.

 

Allora perché praticamente tutte le “azioni BDS” sono state guidate dagli studenti? O almeno questo è ciò che mi chiedevo.

Non sono anche i docenti etici?

Non si dichiarano anch'essi progressisti?

Molti di loro non avevano alle spalle una storia personale di proteste contro la guerra del Vietnam?

Perché non erano attivi nel BDS?

E lo stesso vale per gli amministratori, i "leader" nominali dell'università.

Non dovrebbero aprire la strada, spingendo per il BDS su tutti i fronti?

Non sarebbe questo il messaggio migliore di tutti, da un'istituzione progressista al suo corpo studentesco progressista:

che ci rifiutiamo di investire e trarre profitto dalla crudeltà e dall'ingiustizia?

Non sarebbe una vera lezione per gli studenti?

 

Oh no! I docenti, a parte me e una manciata di individui coraggiosi, erano invisibili sull'argomento;

"Non vogliamo entrare in politica", hanno detto.

E l'amministrazione universitaria era peggio: si opponeva attivamente al BDS. Hanno iniziato ad imputare cattivi motivi ai leader degli studenti e dei docenti sul BDS;

Hanno iniziato a far rispettare rigidamente le regole di "sicurezza del campus" che nessuno aveva mai visto prima;

hanno lavorato per emarginare il sostegno del campus;

e si sono assicurati che non si spargesse alcuna voce di pubblicità su eventuali azioni BDS.

(Se c'è una cosa che le università odiano, è la cattiva pubblicità.)

Quando sono stati pressati per avere spiegazioni sulla loro resistenza, gli amministratori hanno regolarmente battuto su come i loro investimenti "non fossero politici" e su come "i donatori danno soldi per ragioni specifiche" e quindi, in qualche modo, l'università non poteva disinvestire da Israele, anche se anni prima aveva fatto proprio questo con l'apartheid sudafricano.

E i boicottaggi puramente accademici contro gli studiosi o le istituzioni israeliane non hanno mai ottenuto nemmeno una sola parola di sostegno.

 

E questo, miei amici liberali, è stato 20 anni fa!

È stato anche trascorrendo del tempo con i nostri studenti arabi che ho sentito mormorii sul "cosiddetto Olocausto".

 Ehi, cosa succede?

 Ho fatto qualche ricerca e mi sono subito reso conto di quanto poco sapessi, e anche di quanto fosse difficile trovare risposte dirette a domande apparentemente semplici, domande che apparentemente nessun altro considerava importanti.

Tipo: quando e come hanno stabilito che 6 milioni di ebrei sono morti?

 Dove sono stati uccisi? Con quali mezzi?

Come funzionavano quelle famigerate camere a gas? E dove sono oggi i resti mortali?

Sono rimasto francamente scioccato nello scoprire quanto poche informazioni chiare fossero disponibili su questo importantissimo evento storico.

Mentre facevo ricerche sull'argomento, è diventato subito ovvio che gran parte della storia attuale era sbagliata.

 I numerosi falsi testimoni, le contraddizioni interne, le "confessioni" parziali e forzate, le impossibilità tecniche e le assurdità pratiche – per non parlare del fatto sorprendente che le affermazioni sui "6 milioni di ebrei sofferenti" erano state al centro dell'attenzione per anni, decenni, prima della Seconda Guerra Mondiale; tutto ciò, a mio parere, è stato altamente condannabile per la storia convenzionale.

 

Da progressista ormai in declino, davo per scontato che anche altri sarebbero stati curiosi al riguardo.

Ma quando ho iniziato a parlarne con i miei amici progressisti, mi hanno risposto cose come: "Beh, questo non importa", oppure: "Tutti sanno che la storia dei 6 milioni è falsa".

Davvero? Tutti?

 Ma facciamo tutti finta che sia vera? Perché?

Per placare chi?

E se non importa, perché ce la sbattevano in faccia così spesso?

 Perché i libri sull'Olocausto sono obbligatori nelle nostre scuole?

 Perché un film su tre sembra avere qualche riferimento a Hitler, ai nazisti o all'Olocausto?

Perché porre semplicemente domande sull'argomento è proibito dalla legge in 19 paesi? Perché?

 I miei amici progressisti non avevano buone risposte.

 

Dopo ulteriori approfondimenti da parte mia, sono emerse altre domande inquietanti.

 Perché gli Stati Uniti erogano annualmente a Israele dai 3 ai 6 miliardi di dollari come "aiuti esteri"?

 Perché votiamo così spesso da soli, o con una manciata di nazioni clienti, con Israele alle Nazioni Unite?

Perché forniamo loro copertura diplomatica?

 Perché così tanti dei loro nemici sono anche nostri nemici?

Perché così tanti dei nostri recenti impegni militari sono mirati contro i nemici di Israele?

 

Così mi sono imbattuto direttamente nella “lobby israeliana”, altrimenti nota come lobby sionista o lobby ebraica.

Mi resi subito conto che la maggior parte dei principali attori della lobby israeliana erano “ebrei sionisti”, che la maggior parte degli ebrei americani erano sionisti, e che c'era quasi unanimità sul fatto che gli interessi ebraici dovevano essere protetti in patria e gli interessi israeliani protetti all'estero.

Questa unanimità viene trasferita al Congresso, dove, a seconda del contesto, tra il 90% e il 100% dei rappresentanti e dei senatori vota regolarmente a favore degli interessi ebraici/israeliani.

Questa non è speculazione; è una questione di dominio pubblico.

Perché? Soldi.

Ho imparato presto che almeno il 25% dei soldi dei Repubblicani, e almeno il 50% di quelli dei Democratici, proviene da fonti ebraiche.

 Questo, per me, è stato davvero sorprendente.

Secondo “Open Secrets “, ci sono circa 13.800 organizzazioni di lobbying a Washington.

Eppure, di tutte queste, un gruppo dona tra il 25% e il 50% di tutti i fondi della campagna elettorale.

 Immagina di vivere delle donazioni regolari di 13.000 amici facoltosi; e che uno di loro ti doni regolarmente metà di tutti i tuoi soldi ogni anno, e che l'altra metà venga divisa tra gli altri 12.999 amici.

Quale amico sarebbe il tuo migliore amico? Chi ascolteresti di più?

Chi ti piacerebbe di più accontentare? Nessuna sorpresa.

 

In un'intervista con “Tucker Carlson” dell'anno scorso (20 giugno 2024), il deputato statunitense “Thomas Massie “ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni sulla componente principale della lobby ebraica, l'”AIPAC”.

Ogni membro del Congresso, ha affermato, ha un "assistente sociale" o "babysitter" dell'AIPAC, che ti sorveglia, tiene traccia di ciò che fai e si assicura che tu faccia "la cosa giusta".

 E se non fai "la cosa giusta", ti calunnieranno sulla stampa e finanzieranno un avversario filo-israeliano alle tue prossime elezioni.

Nessun'altra lobby fa nulla di simile.

Forse dovreste guardare questa intervista, miei amici progressisti, ma no! Voi odiate Tucker Carlson! Né lui né i suoi ospiti possono avere qualcosa di utile da dire!

Dobbiamo capire cosa significa.

Significa che abbiamo una lobby che lavora per conto degli ebrei americani, che costituiscono forse il 2% della popolazione statunitense, e che i loro interessi prevalgono totalmente su quelli di tutti gli altri: anziani, studenti, altre minoranze, bisognosi, disabili, ambientalisti.

E intendo dire, prevalgono totalmente;

a meno che i vostri interessi non siano allineati con quelli degli ebrei americani, non avete quasi nessuna possibilità di ottenere un'udienza equa.

Significa anche che abbiamo una lobby americana che lavora, a livello globale, per conto degli ebrei israeliani, che costituiscono circa lo 0,19% della popolazione mondiale, a scapito del restante 99,8% dell'umanità.

Cosa succede, miei amici progressisti?

Siete soddisfatti di questa situazione? È giusta?

È giusta? No? Cosa state facendo al riguardo?

 

Forse siete stati un po' troppo ingannati dai nostri media americani e occidentali, media che operano uniformemente per conto degli interessi ebraici e israeliani. Dubitate di me?

Perché non sono ammessi punti di vista o opinioni anti-israeliane o anti-ebraiche in nessuna branca dei media mainstream?

 Perché è così, almeno da decenni? Avete bisogno di prove?

 Perché tutti e cinque i principali conglomerati mediatici americani – ABC/Disney, Warner Discovery, NBC/Universal, Fox Corp e Paramount – sono posseduti o gestiti da ebrei o sionisti?

 (Controlliamo i nomi? Oh, no, mai!)

Perché i cinque principali studi cinematografici di Hollywood – Disney, Universal, Sony Pictures, Paramount e Warner Bros. – sono gestiti da ebrei o sionisti?

 In un mondo giusto e imparziale, solo il 2% di queste aziende sarebbe di proprietà ebraica, il che significa, con ogni probabilità, nessuna di esse;

ma in realtà, sono tutti di proprietà ebraica.

Perché, miei cari amici progressisti? Non ve ne importa?

Non credi nell'equità e nella giustizia?

 

Amici miei: torniamo ai giorni nostri.

È chiaro e indiscutibile che gli ebrei in America e in Europa hanno un monopolio virtuale sulla stampa, sul mondo accademico e sui nostri cosiddetti governi democratici.

Qualsiasi monopolio è pericoloso, ma un monopolio ebraico è profondamente e profondamente pericoloso, come il mondo può vedere a Gaza.

Ad oggi, ufficialmente oltre 50.000 persone, per lo più donne e bambini, sono state uccise.

Probabilmente i numeri effettivi sono il doppio o il triplo.

Alcuni potrebbero essere stati combattenti armati, ma sicuramente il 95% erano civili disarmati.

Eppure l'America, e il mondo, non fa nulla, non dice nulla.

Omicidi di massa e genocidio sotto i nostri occhi, e... niente.

 Peggio di niente: l'America fornisce armi e denaro agli assassini, e copertura politica all'ONU, e il mondo non fa... niente.

Cosa stanno facendo i singoli ebrei?

 Peggio di niente: sostengono l'azione.

 Secondo i sondaggi dell'anno scorso, circa l'80% degli ebrei americani e forse il 90% degli ebrei israeliani sostengono lo sforzo bellico in corso.

Sì, vogliono indietro i loro (ora) 59 ostaggi, ma non pensano ai 50 o 100 abitanti di Gaza uccisi in media ogni giorno nel corso del massacro durato un anno e mezzo. "Cessate il fuoco per gli ostaggi!" urlano;

ma non vogliono né vera pace né vera giustizia.

 Se e quando riusciranno a catturare i loro ostaggi, allora il massacro etnico proseguirà sicuramente senza ostacoli.

È la vendetta dell'Antico Testamento nel XXI secolo.

 

E che cosa state facendo riguardo a tutto questo, miei amici liberali?

Torcersi le mani? Ti senti maschio?

Condannarlo silenziosamente? Come funziona?

E cosa state dicendo o facendo a coloro che stanno intraprendendo azioni serie e dirette contro il monopolio ebraico che ha una presa soffocante su America ed Europa?

State aiutando queste persone? Le state elogiando?

 No! Le state condannando!

 Li chiamate "cattivi", "nazisti" ed "estremisti di estrema destra"!

 Li chiamate "odiatori", "intolleranti" e, soprattutto, "suprematisti bianchi"! Perché la lobby ebraica non potrebbe fare di meglio nemmeno se ci provasse!

E voi lì, a fare il loro lavoro per loro, ad attaccare coloro che potrebbero denunciare il pericolo.

Perché? Gli ebrei vi minacciano?

 Vi puntano una pistola alla testa? No?

Allora perché vi impegnate così tanto per loro, miei amici "liberali"?

 

Ecco come la vedo io: lo stato delle cose nel mondo oggi è come una grande sabbiera.

 E i poteri forti hanno bisogno di contenere il tuo pensiero e la tua indignazione, e quindi li dirigono lontano dalla causa reale – loro stessi – e verso altre cose.

In questo modo, ti confinano in metà della sabbiera.

Gli ebrei liberali e di sinistra che donano e gestiscono il Partito Democratico, e che monopolizzano i media mainstream, vogliono che tu veda i Repubblicani, o Trump, o i conservatori, o gli uomini bianchi, come il nemico.

Fanno tutto ciò che è in loro potere per demonizzare questi gruppi.

Basta dare un'occhiata alla CNN, o alla MSNBC, o al New York Times , o al Washington Post , per capire che questo è vero.

 Da parte loro, i media "di destra" (Fox) e i Repubblicani sono altrettanto ansiosi di demonizzare i Democratici di sinistra;

ancora una volta, guarda qualsiasi episodio dei programmi di commento serale di Fox.

 

Ma stranamente, entrambi i partiti, che si odiano con tanta veemenza, sono d'accordo solo su una questione specifica:

gli interessi ebraici e israeliani, per i quali entrambi si prodigano.

Ricordate un qualsiasi dibattito presidenziale degli ultimi decenni:

 tutti i candidati e tutti i partiti affermano con enfasi di essere i soli "veri amici di Israele" e che solo loro possono affrontare al meglio "il male dell'antisemitismo".

E voi, spettatori, vi trovate a dover scegliere tra un "amico di Israele" di sinistra e un "amico di Israele" di destra.

Una bella scelta, no?

 

In questo modo, ti intrappolano in metà della “sandbox”:

 vedi solo il nemico di loro scelta: "la destra" o "la sinistra".

Ma mai "la lobby ebraica".

Questa è la metà che ti manca.

In effetti, non ti è nemmeno permesso di sapere che quella metà esiste.

Chiunque si avventuri lì è, per definizione, un "estremista di estrema destra" e "un odiatore";

E poiché sia la sinistra che la destra sono d'accordo su questo, sembra una decisione unanime.

 Intelligente, non è vero?

 

Ma la guerra di Gaza è una vera rivelazione, non è vero, miei amici liberali?

I vostri compagni liberali sono stati cresciuti fin dalla nascita per essere ipersensibili ai bisogni di tutti, alle preoccupazioni di tutti, ai sentimenti di tutti.

 La schiavitù era sbagliata (ovviamente);

la colonizzazione era sbagliata (sì);

 e sono i bianchi del mondo a infliggere il "razzismo sistemico" a tutte le persone di colore (sbagliato).

Ogni oppressione di una "persona di colore", ogni attacco a una minoranza vulnerabile, era considerata il più grave dei mali sociali, fino alla Palestina.

Poi, tutto è cambiato.

Lì, le "persone di colore" sono ora terroristi, o simpatizzanti del terrorismo, o sostenitori del terrorismo, e quindi devono essere fucilati, bombardati, bruciati e in altro modo distrutti dai giusti ebrei israeliani.

I 2,4 milioni di abitanti di Gaza devono ora essere ritenuti collettivamente responsabili delle azioni di pochi combattenti della resistenza.

Saranno trasferiti qui, trasferiti lì e infine rimossi, mentre gli ebrei israeliani completano la loro pulizia etnica.

E lo faranno con il sostegno dell'80% degli ebrei americani e del 90% degli ebrei israeliani.

 

E se vi opponeste a questi crimini di stato, miei cari progressisti?

 Oh, mi dispiace, siete nei guai.

Se sceglieste di unirvi a un accampamento nel vostro campus locale, la polizia universitaria vi porterebbe in prigione, forse vi espellerebbe dalla scuola e forse vi farebbe licenziare – come è successo a una giovane ragazza araba proprio la settimana scorsa, nella mia stimata” alma mater”.

 Inoltre, gli studenti ebrei dell'”Hillel” vi fotograferebbero, vi identificherebbero e pubblicherebbero le vostre informazioni personali online, solo per rendervi più difficile trovare un lavoro, entrare in un gruppo sociale o essere attivi in qualsiasi modo.

E se foste studenti stranieri, o stranieri di qualsiasi tipo, rischiereste di essere arrestati ed espulsi – dal nostro presidente Trump, amico degli ebrei.

Tutto per aver protestato contro un genocidio!

 

Dunque: dove ci porta tutto questo, miei amici liberali?

O forse non vi definite più "liberali"?

 Una mossa saggia, amici miei! Ma ora siete conservatori?

 Oh no, certo che no, un'altra mossa saggia.

State imparando che termini semplicistici, dualistici e manichei come "liberale", "conservatore", "sinistra" e "destra" sono ormai quasi privi di significato, tanto è distorto il loro significato.

 Forse state imparando che le strutture di potere dell'America e dell'Occidente hanno un orientamento giudaico così marcato che questo fatto da solo diventa decisivo nel pensare ai dilemmi e ai conflitti sociali.

Forse state imparando che quei "liberali" nel mondo accademico e in politica sono veramente liberali solo quando serve ai loro interessi; altrimenti, diventano decisamente autoritari.

Forse state imparando che la brutalità israeliana a Gaza non è la conseguenza di un cattivo leader, ma piuttosto il riflesso della mentalità di un intero popolo.

Forse stai imparando che "estrema destra" è un sinonimo funzionale di "oppositore della lobby ebraica".

E forse stai imparando che molti esponenti dell'"estrema destra" sono almeno in parte giustificati nella loro giusta indignazione per la situazione nazionale e globale.

 

Da parte mia, chiamatemi un vero liberale: dalla radice “liber”, "libero".

 Preferisco vivere libero, pensare libero, parlare libero e agire libero.

Ma non posso farlo nell'America odierna, né nell'Europa odierna, altrimenti i poteri forti di ispirazione ebraica si scaglieranno su di me con una vendetta da Antico Testamento.

Questo è un fatto.

 Pertanto,

(1) dichiariamo apertamente questo fatto,

(2) dichiariamo apertamente la nostra obiezione a questo fatto e

(3) lavoriamo per creare una società e un mondo in cui questo non sia un fatto. Cosa potrebbe esserci di più importante di questo, miei amici liberali?

(David Skrbina, PhD, è un ex docente di filosofia presso l'Università del Michigan. È autore o curatore di diversi libri, tra cui "La metafisica della tecnologia" (2015) e, più recentemente, "La bufala di Gesù" -seconda edizione , 2024).

 

 

 

 

 

Trump, in una nuova intervista, dice che

 non sa se sostiene i diritti del giusto processo.

 

Huffpost.com – Aamer Madhar – (4-5-2025) – ci dice:

 

Trump, in una nuova intervista, è cauto riguardo ai suoi doveri di sostenere i diritti del giusto processo sanciti dalla Costituzione.

Il presidente Donald Trump arriva per tenere un discorso di laurea all'Università dell'Alabama, giovedì 1 maggio 2025, a Tuscaloosa, in Alabama.

Il presidente Donald Trump è cauto riguardo ai suoi doveri di sostenere i diritti del giusto processo stabiliti dalla Costituzione, affermando in una nuova intervista che non sa se i cittadini statunitensi e i non cittadini meritino tale garanzia.

Ha anche detto che non pensa che la forza militare sarà necessaria per rendere il Canada il "51° stato" e ha minimizzato la possibilità che cercherà di candidarsi per un terzo mandato alla Casa Bianca.

I commenti in un'intervista ad ampio raggio, e a tratti combattiva, con "Meet the Press" della NBC sono arrivati mentre gli sforzi del presidente repubblicano per attuare rapidamente la sua agenda affrontano venti contrari più forti con gli americani proprio mentre la sua seconda amministrazione ha superato il traguardo dei 100 giorni, secondo un recente sondaggio dell'”Associated Press-NORC Center for Public Affairs Research”.

Trump, tuttavia, ha chiarito che non si sta tirando indietro da una lista di cose da fare che, insiste, l'elettorato americano ha ampiamente sostenuto quando lo hanno eletto a novembre.

Ecco alcuni dei punti salienti dell'intervista con “Kristen Welker” della NBC£ che è stata registrata venerdì nella sua proprietà di Mar-a-Lago in Florida e andata in onda domenica.

Trump non si impegna a rispettare un giusto processo.

I critici di sinistra hanno cercato di sostenere che Trump stia intaccando il giusto processo negli Stati Uniti.

 In particolare, citano il caso di “Kilmar Abrego Garcia”, un salvadoregno che viveva nel Maryland quando è stato erroneamente deportato in El Salvador e imprigionato senza comunicazione.

Trump dice che “Abrego Garcia” fa parte di una violenta banda transnazionale.

 Il presidente repubblicano ha cercato di trasformare la deportazione in un banco di prova per la sua campagna contro l'immigrazione illegale, nonostante un'ordinanza della Corte Suprema che afferma che l'amministrazione deve lavorare per riportare” Abrego Garcia” negli Stati Uniti.

Alla domanda nell'intervista se i cittadini statunitensi e i non cittadini meritino entrambi un giusto processo, come stabilito dal “Quinto Emendamento della Costituzione” Trump non si è impegnato.

"Non lo so. Non sono, non sono un avvocato. Non lo so", ha detto Trump quando è stato pressato da “Welker”.

 

Il Quinto Emendamento prevede un "giusto processo di legge", il che significa che una persona ha determinati diritti quando si tratta di essere perseguita per un crimine.

Inoltre, il 14° emendamento afferma che nessuno Stato può "negare a qualsiasi persona all'interno della sua giurisdizione l'uguale protezione delle leggi".

Trump ha detto di avere "avvocati brillanti ... e ovviamente seguiranno ciò che ha detto la Corte Suprema".

Ha detto che stava spingendo per deportare "alcune delle persone peggiori e più pericolose della Terra", ma che i tribunali si stanno mettendo sulla sua strada.

"Sono stato eletto per farli uscire da qui, e i tribunali mi stanno impedendo di farlo", ha detto Trump.

 

Un'azione militare contro il Canada è "altamente improbabile."

Il presidente ha ripetutamente minacciato che intende fare del Canada il "51° stato".

Prima del suo incontro alla Casa Bianca di martedì con il neoeletto primo ministro canadese “Mark Carney,” Trump non si sta tirando indietro dalla retorica che ha fatto arrabbiare i canadesi.

Trump, tuttavia, ha detto alla NBC che è "altamente improbabile" che gli Stati Uniti abbiano bisogno di usare la forza militare per rendere il Canada il 51° stato.

Ha offerto meno certezze sul fatto che i suoi ripetuti appelli agli Stati Uniti per prendere il controllo della” Groenlandia” dalla Danimarca, alleata della NATO, possano essere realizzati senza un'azione militare.

"Potrebbe succedere qualcosa con la Groenlandia", ha detto Trump.

 "Sarò onesto, ne abbiamo bisogno per la sicurezza nazionale e internazionale. ... Non lo vedo con il Canada.

Semplicemente non lo vedo, devo essere onesto con te".

Il presidente si irrita per le previsioni di recessione.

Trump ha detto che l'economia degli Stati Uniti è in un "periodo di transizione", ma si aspetta che vada "in modo fantastico" nonostante le turbolenze economiche scatenate dai suoi dazi.

 

Ha offerto una forte reazione quando “Welker” ha notato che alcuni analisti di Wall Street ora dicono che le possibilità di una recessione stanno aumentando.

"Beh, sai, dici, lo dicono alcune persone a Wall Street", ha detto Trump.

"Beh, ti dico un'altra cosa. Alcune persone a Wall Street dicono che avremo la più grande economia della storia".

 

Ha anche deviato la colpa per il calo dello 0,3% dell'economia statunitense nel primo trimestre.

Ha detto di non esserne responsabile.

 

"Penso che le parti buone siano l'economia di Trump e le parti cattive siano l'economia di Biden perché ha fatto un lavoro terribile", riferendosi al suo predecessore democratico, Joe Biden.

Trump ha ribadito i suoi recenti commenti in una riunione di gabinetto secondo cui i bambini potrebbero dover avere due bambole invece di 30, negando che si riconosca che le sue tariffe porteranno a carenze di approvvigionamento.

"Sto solo dicendo che non hanno bisogno di avere 30 bambole. Possono averne tre. Non hanno bisogno di avere 250 matite. Possono averne cinque".

Trump minimizza i discorsi sul terzo mandato.

Il presidente ha ripetutamente suggerito che potrebbe cercare un terzo mandato alla Casa Bianca, anche se il 22° emendamento della Costituzione dice che "Nessuno può essere eletto alla carica di presidente più di due volte".

Trump ha detto alla NBC che c'è un notevole sostegno per lui per un terzo mandato.

"Ma questo non è qualcosa che sto cercando di fare", ha detto Trump. "Sto cercando di avere quattro grandi anni e di consegnarli a qualcuno, idealmente un grande repubblicano, un grande repubblicano per portarlo avanti".

I precedenti commenti di Trump su un terzo mandato a volte sembrano più che altro provocare indignazione nella sinistra politica.

La “Trump Organization” sta persino vendendo berretti rossi con la scritta "Trump 2028".

Ma in alcuni momenti, ha lasciato intendere che stava seriamente valutando un terzo mandato.

 In un'intervista telefonica di fine marzo con la NBC, Trump ha detto:

"Non sto scherzando. Ci sono metodi per farlo".

Quindi JD Vance nel 2028? Marco Rubio? Non così in fretta.

Trump ha detto nell'intervista che il vicepresidente JD Vance sta facendo un "lavoro fantastico" ed è "brillante".

Il segretario di Stato Marco Rubio, che Trump la scorsa settimana ha incaricato di fungere contemporaneamente da consigliere per la sicurezza nazionale, è "fantastico", ha detto il presidente.

 

Ma Trump ha detto che è "troppo presto" per iniziare a parlare del suo potenziale successore.

È fiducioso che il suo movimento "Make America Great Again" fiorirà oltre il suo periodo alla Casa Bianca.

 

"Guardi Marco, guardi JD Vance, che è fantastico", ha detto Trump.

 "Potrei nominare 10, 15, 20 persone in questo momento semplicemente sedute qui

 No, penso che abbiamo una festa straordinaria.

 E sai cosa non so nominare? Non posso nominare un democratico".

 

“Hegseth” è "totalmente al sicuro".

Il Segretario alla Difesa Pete Hegseth è stato criticato per la sua partecipazione a diverse catene di messaggi di “Signal” in cui sono state condivise informazioni sensibili sulla pianificazione militare.

Ma Trump ha detto che non sta cercando di sostituire il suo capo del Pentagono.

«No. Nemmeno un po'. No. Pete sarà fantastico", ha detto Trump.

Il lavoro di Hegseth è "totalmente sicuro".

 

Il presidente ha anche detto che la sua decisione di nominare il consigliere per la sicurezza nazionale “Mike Waltz “come ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite non è stata una punizione per aver avviato una delle catene di messaggi di “Signal” a cui Waltz ha inavvertitamente aggiunto un giornalista.

«No. Penso solo che farà un buon lavoro nella nuova posizione", ha detto Trump. Ha detto che la sua decisione di far assumere a “Rubio” le funzioni di “Waltz” sarà probabilmente temporanea.

"Marco è molto impegnato a fare altre cose, quindi non ha intenzione di continuare a farlo a lungo termine.

 Metteremo qualcun altro", ha detto Trump, aggiungendo che sarebbe comunque possibile fare entrambi i lavori a tempo indeterminato.

"Sai, c'è una teoria. Henry Kissinger ha fatto entrambe le cose.

C'è una teoria secondo cui non c'è bisogno di due persone.

Ma penso di avere delle persone davvero fantastiche che potrebbero fare un buon lavoro".

Una persona che ha detto che non sta prendendo in considerazione per il posto? L'assistente politico “Stephen Miller”.

"Beh, mi piacerebbe avere “Stephen” lì, ma sarebbe un declassamento", ha detto.

"Stephen è molto più in alto sul totem di così, secondo me".

Non ci tireremo indietro.

La Cina fa un passo avanti nella

corsa globale all'intelligenza artificiale.

 Unz.com - Pepe Escobar – (29 aprile 2025) – ci dice:

 

Alla fine del mese prossimo, Huawei testerà il suo nuovo potente processore AI, l'Ascend 910 D, anche se all'inizio di maggio il precedente 910C inizierà ad essere consegnato in serie a decine di aziende tecnologiche cinesi.

Queste importanti scoperte sono il prossimo capitolo della spinta di Huawei per contrastare il monopolio globale di Nvidia nelle GPU. L'Ascend 910D dovrebbe essere più potente del popolarissimo H100 di Nvidia.

Huawei non sta tirando pugni nella sua corsa alla produzione di una nuova generazione di processori.

 Huawei ha collaborato con SMIC – la più grande fonderia di semiconduttori della Cina – per applicare la litografia ultravioletta profonda (DUV) su ciò che in precedenza era possibile solo con la tecnologia EUV (Extreme Ultra-Violet).

Ancora una volta, Huawei e SMIC hanno sfidato i proverbiali "esperti" americani con soluzioni ingegneristiche creative.

Huawei è arrivata a fabbricare un chip a 5 nm con DUV anche se il processore è più costoso rispetto a EUV.

 Se Huawei avesse accesso all'EUV, starebbe già producendo chip a 2-3 nm. Ciò avverrà, in breve tempo, poiché sia la Cina che la Russia, sotto il blocco permanente dell'alta tecnologia degli Stati Uniti, devono con tutti i mezzi sviluppare la propria tecnologia EUV.

Gli smanettoni di Shanghai sono convinti che Huawei attiverà le reti 6G prima della fine del decennio.

La loro attuale spinta senza fiato non è rivolta solo al fronte degli smartphone, dove Huawei è impareggiabile;

il nuovo Huawei Mate 70 Pro+ è di gran lunga il miglior smartphone in assoluto al mondo, con sistema operativo Harmony.

Huawei sta guardando al cloud computing, all'intelligenza artificiale e ai server aziendali e a diventare nientemeno che l'attore principale nella corsa all'infrastruttura AI.

Abbandonare qualsiasi dipendenza dalla tecnologia americana.

 

All'inizio di questo mese, Huawei ha introdotto “CloudMatrix 384”, un sistema che collega il chip 384 Ascend 910C.

La parola chiave a Shanghai è che questa configurazione, in determinate condizioni, e ovviamente consumando molta più energia, supera già il sistema rack di punta di Nvidia, che è alimentato da 72 chip Blackwell.

 

Nel frattempo, il chip” Kirin X “di Huawei si rivolge al mercato dei PC, offrendo una forte concorrenza ad Apple, AMD, Intel e Qualcom, mentre “Harmony OS plus “elimina la necessità di utilizzare software statunitensi come Microsoft e Android.

 

I fanatici di Shanghai giurano che la Cina essenzialmente non ha bisogno di battere Nvidia o altri sviluppatori di chip statunitensi.

Dopotutto, la Cina ha già il più grande mercato di consumo al mondo, in termini di volume e valore.

Se un universo tecnologico parallelo è il probabile risultato della Trump Tariff Tizzy (TTT), così sia.

La Cina controlla già oltre il 60% del mercato globale dei gadget.

 

“Kirin X” potrebbe non essere ancora all'altezza della potenza delle GPU H100 di Nvidia.

 Ma i chip Huawei sono già il vero affare per ogni azienda cinese che sta seguendo la nuova direzione definita da Pechino per ridurre qualsiasi dipendenza dalla tecnologia americana.

Tutto quanto sopra ci porta naturalmente all'enorme elefante dell'intelligenza artificiale nella stanza (digitale): “Nvidia”.

 

Un recente libro,” The Thinking Machine: Jensen Huang, Nvidia, and The World's Most Coveted Microchip” , è molto utile per tracciare non solo la storia personale della superstar del” CEO Huang,” un taiwanese che ha giocato fino in fondo il sogno americano ed è diventato un multimiliardario tecnologico, ma anche gli invidiabili risultati tecnologici di Nvidia.

 

Huang non interpreta l'IA come una superintelligenza artificiale emergente e respinge fermamente qualsiasi analogia diretta con la biologia.

Per questo pragmatico a tutto tondo, l'intelligenza artificiale è solo un software, che funziona su hardware che la sua azienda vende per una fortuna.

Tuttavia, Nvidia si è avventurata in un territorio vergine ben oltre il Valhalla biz-tech americano, con tanto di protezione delle azioni più preziose del pianeta: probabilmente, quando si tratta di intelligenza artificiale, Nvidia ha svelato una nuova fase di evoluzione.

È fondamentale capire come “Huang” vede la Cina.

Si tratta infatti di un mercato chiave per i suoi chip AI e vuole continuare a venderli in massa.

 I dazi di Trump, però, fanno in modo che ciò non accada.

 

Ed è questo che ha spinto “Huang” ad abbandonare le sue proverbiali giacche di pelle e indossare un abito da lavoro fresco per una visita strategica a Pechino, dove ha affermato l'importanza sacra del mercato cinese, qualunque siano i nuovi espedienti dettati da Trump.

Entro il 2022, il mercato cinese rappresentava il 26% del business di Nvidia; Quest'anno è sceso al 13%, a causa di eufemistici "controlli sulle esportazioni di tecnologia".

Il problema è che il governo degli Stati Uniti, già nel 2022, sotto la precedente amministrazione della penna automatica, aveva bloccato le vendite in Cina dei chip avanzati A100 e H100.

Nvidia ha iniziato a vendere versioni modificate e, anche dopo il blocco, i chip hanno continuato ad arrivare in Cina.

A giugno 2023, era facile trovare A100 al doppio del loro prezzo nel mercato nero di “Shenzhen”.

“Huang” è convinto che "nessuna intelligenza artificiale dovrebbe essere in grado di apprendere senza un essere umano nel ciclo", anche se ha ammesso, due anni fa, che "la capacità di ragionamento è fuori di due o tre anni".

 Traduzione: secondo Huang l'intelligenza artificiale inizierà a pensare da sola nei prossimi mesi.

 

Anche se Nvidia si prepara a investire miliardi di dollari per costruire supercomputer di intelligenza artificiale in Texas, i cinesi essenzialmente non stanno perdendo il sonno sul "pensare l'intelligenza artificiale":

il loro obiettivo è estremamente pratico, per conquistare non solo il mercato cinese ma anche le catene di approvvigionamento della maggior parte dell'Eurasia.

Il “Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti” ha concluso che è troppo pericoloso per la Cina acquistare i chip di fascia alta di Nvidia, anche l'H20, progettato per il mercato cinese.

Huawei, comunque, produce già chip in qualche modo paragonabili all'H20.

Huang sta perdendo il sonno perché, essenzialmente, Nvidia sta perdendo l'immenso mercato cinese a favore di Huawei, con il contributo diretto di Trump.

Nvidia ha decine di migliaia di H20 appositamente progettati per la Cina che semplicemente non possono vendere.

Ogni costa tra $ 12.000 e $ 20.000.

 

Come la Cina sta aprendo un "vaso di Pandora" digitale.

 

La nuova spinta di Huawei è l'ennesimo esempio della volontà cinese in grado di affrontare qualsiasi sfida, basata sul talento indigeno, sull'esperienza tecnologica e sull'orgoglio nazionale.

I dati, anche prima delle sanzioni di “Trump 1.0,” mostrano che Huawei si mangia enormi battaglie in salita a colazione.

In effetti, “Ascend “per molti aspetti era più avanti di Nvidia già nel 2019, ed è per questo che due diverse amministrazioni statunitensi l'hanno vietata.

La Cina è già anni luce avanti rispetto agli Stati Uniti sulla ricerca sui chip.

Le università cinesi lavorano la maggior parte dei posti nella “Top Ten globale” per gli articoli pubblicati sui semiconduttori e sulle citazioni, una distinzione condivisa, tra gli altri, dall'”Accademia cinese delle scienze” (numero uno), dall'”Università Tsinghua” (una delle prime due università cinesi), dall'Università di scienze e tecnologie elettroniche della Cina” (numero quattro) e dalle università di Nanchino, Zhejiang e Pechino.

 

Due settimane fa a Shanghai ho sentito per la prima volta che Huawei avrebbe raggiunto i giganti statunitensi dei semiconduttori nel massimo due anni.

Ora, dopo l'annuncio dell'”Ascend 910D”, l'entusiasmo si è spostato a un solo anno per la Cina per superare Nvidia e sviluppare macchine litografiche migliori di quelle attualmente prodotte da ASML.

E il dibattito si sta rapidamente spostando su quanto Huawei sarà in grado di spingersi entro i prossimi 2 o 3 anni.

Per diversi aspetti, siamo già nelle prime fasi di un disaccoppiamento tecnologico tra Stati Uniti e Cina.

 Per anni Nvidia ha dominato lo spazio hardware dell'intelligenza artificiale.

 Le loro GPU sono il cervello dietro la maggior parte dell'intelligenza artificiale avanzata contemporanea.

Il chip H100 è lo standard oro/platino per l'infrastruttura di intelligenza artificiale in tutto il mondo.

I chip di Nvidia hanno avuto un'enorme domanda da parte dei giganti tecnologici cinesi: Alibaba, Tencent, Baidu, Bytedance.

 

Presto potrebbe non essere più così, e questo va ben oltre la perdita certificata di quote di mercato di Nvidia in Cina.

La Cina è ora concentrata sulla costruzione di un ecosistema hardware AI di successo e autosufficiente.

Il colpo di grazia sarà quello da limitare l'esportazione di tutti i minerali delle terre rare negli Stati Uniti.

Huawei quindi si rialzerà in pochissimo tempo.

 

Tutti ricordano come “DeepSeek R1” abbia spazzato via oltre 1 trilione di dollari da Wall Street solo tre mesi fa.

“DeepSeek R2” sarà rilasciato a breve; la formazione è stata di ben il 97% più economica di OpenAI.

E l'addestramento è avvenuto su “Ascend di Huawei”. Niente Nvidia.

 

“Quantum Bird”, un fisico di livello mondiale che ha lavorato per il CERN di Ginevra, mette tutto in un contesto di cui c'è molto bisogno. Sottolinea come lo sviluppo di chip indigeni da parte della Cina – e in un prossimo futuro, della Russia e probabilmente dell'India – sia "sfaccettato;

ciò che stiamo osservando sono le fasi iniziali di una ridefinizione della nozione di riconoscimento dei modelli e dell'apprendimento automatico, tecnologie che sono popolarmente indicate come 'AI' dai media".

 

I chip Nvidia, osserva “Qantum Bird”, sono davvero "bestie computazionali", ma funzionano meglio intorno a "modelli di elaborazione e carichi di lavoro tipici dei modelli di 'IA' sviluppati dagli scienziati occidentali".

Lo sviluppo di “DeepSeek”, d'altra parte, ha mostrato una trasgressione dei modelli consolidati:

"Le possibilità aperte per i salti di prestazioni sono enormi, anche utilizzando hardware relativamente modesto, con approcci alternativi basati su matematica avanzata e diversi flussi di calcolo".

 

In poche parole: "Questo è il vaso di Pandora che Nvidia ora teme che i cinesi possano aver aperto".

E questo si collega totalmente all'allarme rosso di “Huang”, che ha spinto la sua visita a Pechino.

 

Potremmo davvero andare verso un serio “disaccoppiamento tecnologico”.

O come lo definisce “Quantum Bird:”

"Una divergenza tecnologica e scientifica a medio e lungo termine.

 Se le architetture che emergono da questi sviluppi sono incompatibili quando si tratta del loro utilizzo su specifici modelli di 'AI', Nvidia perderà il suo monopolio globale e diventerà solo un'azienda ridotta a una nicchia occidentale/aziendale/scientifica".

Anche se Huawei, dalla sua base privilegiata nel mercato cinese, continuerà a conquistare la maggior parte dei mercati della maggioranza globale, dai BRICS alla BRI.

 

Tajani: "Referendum? Votare è una scelta".

E scoppia la polemica.

Ilgiornale.it - Francesco Corridori – (5 Maggio 2025) – ci dice:

 

Antonio Tajani: "Illiberale chi vuole obbligare ad andare a votare".

E la sinistra alza il polverone.

"Andare a votare ai referendum è una scelta libera. È una scelta non andare a votare".

Queste parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani, pronunciate a margine degli “Stati generali dello sport organizzati da Forza Italia, hanno scatenato le ire delle opposizioni.

"Se la legge prevede che ci deve essere un quorum vuol dire che i cittadini devono conoscere l'importanza dei quesiti.

Noi non condividiamo quindi non andare a votare è una scelta politica, non è una scelta di disinteresse nei confronti degli argomenti", ha aggiunto il vice premier e segretario di Forza Italia ricordando che "non c'è nessun obbligo di andare a votare" e che "è illiberale chi vuole obbligare ad andare a farlo".

Tajani ha poi concluso: "Un conto è per le politiche, un altro per i referendum.

Se i referendum uno considera che non sia giusto, è giusto che non raggiunga il quorum".

 

Dichiarazioni contro cui si è scagliato il segretario di “Più Europa”, “Riccardo Magi” che ha definito "una vergogna" l'invito di Tajani a disertare le urne per i referendum dell'8 e 9 giugno.

 "È uno scandalo illiberale che va contro le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ci aveva invitati a fare fronte comune contro l'astensione", ha detto Magi, promotore del referendum sulla cittadinanza.

Che, poi, ha attaccato ancor di più il titolare della Farnesina:

"Pensiamo che Tajani - ha concluso il segretario di +Europa - a forza di frequentare gli illiberali alla Orban nelle sedi europee, sia diventato illiberale anche lui.

L'unico modo per cambiare la legge sulla cittadinanza è andare a votare l'8 e il 9 giugno, ma il governo ha paura della voce degli italiani e la stanno silenziando in tutti i modi".

Il segretario della Cgil “Maurizio Landini”, promotore dei referendum sul lavoro, a margine dell'assemblea allo stabilimento “Stellantis” di Pomigliano d'Arco, riferendosi ad alcune indiscrezioni giornalistiche, si è detto "molto sorpreso che il partito di maggioranza del Governo, che è anche il partito del presidente del Consiglio, dia indicazione di non andare a votare" e ha aggiunto:

 "Credo che questa sia una cosa grave e pericolosa".

 

Landini ha, infine, ricordato che Mattarella in occasione della festa del 25 aprile aveva descritto la lotta all'astensionismo come " una lotta per affermare la democrazia nel nostro Paese".

La segretaria del Pd Elly Schlein, invece, si è limitata a dire:

"Il Partito Democratico è impegnato a far salire la partecipazione verso l'8 e il 9 giugno, un appuntamento che non si può mancare.

Chiediamo davvero a tutti e tutte di andare a votare.

 I cittadini e le cittadine hanno un'occasione di far valere la dignità e la sicurezza del lavoro".

Schlein, dopo aver ricordato che il primo articolo della Costituzione " dice che siamo un Paese fondato sul lavoro", ha sentenziato: "Non possiamo accettare di essere un Paese fondato sul lavoro povero, sul lavoro insicuro, sul lavoro precario"

Marco Sarracino, membro della segreteria nazionale del Pd, non ha dubbi:

"La destra getta la maschera invitando a disertare i referendum dell’8 e 9 giugno. È noto che su lavoro e cittadinanza questo governo ha scelto di puntare su modelli di sviluppo e integrazione ingiusti e sbagliati, ma allora si abbia il coraggio di criticare nel merito i quesiti referendari anziché affossarli con la mancata partecipazione".

E ancora:

"La loro assenza non è neutralità: è complicità. Complicità con lo sfruttamento, con le discriminazioni, con un modello di società che esclude invece di includere. Noi invece ci saremo.

Con coraggio e con chiarezza.

Per difendere i diritti, per dare voce a chi non ce l’ha, per costruire un’Italia più giusta e per difendere ancora una volta la democrazia".

 

Sulla stessa lunghezza d'onda si collocano anche le parole di “Nicola Fratoianni”: "Non hanno il coraggio di dire apertamente che vogliono che si continuino a sfruttare o ad essere precarie a vita le persone sul lavoro.

Appello agli elettori centrodestra, non ascoltateli considero la principale malattia della democrazia nel nostro Paese l'astensionismo, disaffezione dallo strumento del voto.

 Dovrebbe essere la principale preoccupazione di ogni forza politica con un po’ di senso di responsabilità sulle spalle.

E invece Meloni e Tajani, per un cinico giochetto tattico, invitano a non andare a votare".

 Anche il capogruppo di “Avs” al Senato, “Peppe De Cristofaro”, ha attaccato: "Come fece Craxi tanti anni fa anche Fratelli d'Italia e Forza Italia scelgono la strada del boicottaggio del voto.

In Italia l'astensione alle ultime elezioni ha superato il 50% e l'invito dei partiti di governo a non votare non è un bene per la democrazia.

Votare, partecipare, esprimere un parere anche quando non si è d'accordo è sempre importante.

Si può votare sì, si può votare no, ci si può astenere, ma non partecipare al voto è un grave attacco alla democrazia".

Chi, invece, difende l'astensione è il capogruppo dei senatori azzurri Maurizio Gasparri che attacca i promotori del Referendum:

"È vergognoso poter attivare un referendum con firme elettroniche con un numero di presentatori che è rimasto come quello dell'epoca dell'esclusività del cartaceo. In questo modo è facilissimo promuovere referendum in maniera perfino pretestuosa.

Siccome è legittimo attivare la procedura referendaria per abrogare questa o quella norma, è altrettanto legittimo difendere le norme esistenti, se le si condividono, anche utilizzando lo strumento del quorum".

Secondo Gasparri "è vergognoso l'argomentare patetico di alcuni che moltiplicando questo genere di iniziative finiscono per svilirne l'importanza".

Per il senatore azzurro "in ogni caso, nel merito, sia la proposta sulla cittadinanza che quelle sul lavoro sono sbagliate e regressive quindi vanno democraticamente contrastate con gli strumenti che la legge offre".

 Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Forza Italia, ospite su Rai Radio Uno a 'Il Rosso e il Nero', ha spiegato che questa consultazione referendaria "non è uno strumento per risolvere i problemi, ma un modo per creare spaccature ideologiche, soprattutto dentro la stessa sinistra, dove la Cgil sta tentando di egemonizzare il dibattito".

E ha aggiunto:

"Di fronte a questa strumentalizzazione, ribadiamo la nostra posizione: non partecipare al voto è una scelta consapevole, un atto politico contro un uso distorto del referendum.

Serve responsabilità.

Se ci sono aspetti da rivedere, lo si faccia in Parlamento, con competenza e confronto, non con slogan ideologici che rischiano solo di creare vuoti normativi dannosi per tutti".

 

 

 

 

La fine del bipartitismo inglese.

Corrierenazionale.net – Redazione - Raffaele Gaggioli – (5 Maggio 2025) - ci dice:

 

Da più di 80 anni, la politica inglese è stata dominata solo da due forze politiche:

il Partito Laborista (Labour) e il Partito Conservatore (Tories).

Sin dalla prima vittoria dei laboristi nel 1945, i due partiti si sono alternati alla guida della Gran Bretagna senza lasciare alcuno spazio ad altre forze politiche.

Questo bipartitismo aveva però mostrato segni di cedimento già durante le elezioni generali del 2024.

Anche se i Laboristi riuscirono a conquistare oltre 410 seggi nel Parlamento britannico, nuove forze politiche riuscirono ad ottenere risultati significativi.

La prima era il” Reform UK,” partito di estrema destra fondato dall’architetto della Brexit “Nigel Farage”.

Usando la lotta all’immigrazione clandestina come cavallo di battaglia, “Reform” divenne il terzo partito più votato in Inghilterra con il 15% dei voti, facendo entrare cinque suoi membri in Parlamento.

Anche i Verdi e i Liberal Democratici aumentarono in maniera decisiva il numero di voti ricevuti.

 I Verdi, partito ecologista di sinistra, aumentarono a quattro il numero totale dei loro rappresentanti nel Parlamento.

I Liberal-Democratici, partito centrista libertario, vinsero quasi il 13% del voto e 61 seggi (a differenza di Farage, il partito presentò i suoi candidati solo in alcune regioni anziché nell’intera Inghilterra).

 

I veri sconfitti furono i “Tories”.

 A causa della cattiva situazione economica e dei vari scandali politici, i Conservatori persero più di duecento seggi, mentre molti elettori abituali li abbandonavano in favore di” Reform” o dei “Liberal-Democratici”.

A quasi un anno di distanza, la situazione sembra essersi complicata ancora di più dato che gli elettori sembrano pronti ad abbandonare anche i Laboristi.

 Durante le elezioni amministrative della scorsa settimana, sia i Laboristi, sia i Conservatori hanno ottenuto risultati ben al di sotto delle aspettative, mentre l’influenza politica di Farage e degli altri partiti è notevolmente cresciuta.

 

“Reform UK” è riuscito a vincere le elezioni municipali in tre diverse città e ha conquistato centinaia di seggi in altri consigli comunali.

 Il partito di Farage è riuscito inoltre a far eleggere un altro suo membro nella Camera dei Comuni a “Runcorn”, città dove l’anno scorso i laboristi avevano ottenuto oltre il 50% dei voti.

 

Secondo Farage e diversi media inglesi,” Reform” è oramai il vero partito d’opposizione ai Laboristi anziché i Tories.

 A dimostrazione di questo, Farage ha sottolineato che molti membri di Reform sono ex Tories delusi dalle politiche troppo moderate dei Conservatori.

Per questo motivo, molti analisti conservatori temono che l’ascesa di Farage spingerà altri membri del partito ad abbandonare i Tories a favore di “Reform”.

 

Anche i Verdi e i Liberal-Democratici hanno ottenuto risultati significativi, seppure non allo stesso livello di” Reform”.

 I liberaldemocratici sono riusciti a far eleggere oltre 370 consiglieri comunali, prendendo così il controllo di tre consigli di contea e sono ora il partito più numeroso in altri quattro.

I Verdi hanno invece guadagnato 43 seggi, portando il loro bilancio a 859 seggi in 181 consigli comunali.

 Anche se non sono riusciti ad eleggere alcun sindaco, la loro influenza è notevolmente cresciuta in tutta l’Inghilterra.

 

Se queste tre forze politiche stanno celebrando questi risultati come dimostrazione della loro crescente importanza, né i Laboristi, né i Conservatori hanno alcun motivo di celebrare.

I primi hanno perso oltre 600 seggi, mentre i secondi 187.

In entrambi i casi, molti dei precedenti sostenitori li hanno abbandonati in favore di “Reform”, dei “Verdi” o dei “Liberal-Democratici”.

La crisi dei due principali partiti inglesi ha molteplici motivi.

 Per cominciare, il “Partito Conservatore” viene ancora incolpato da molti lettori per le cattive condizioni dell’economia e l’instabilità politica degli ultimi anni.

 

Nonostante le promesse della nuova leader conservatrice “Kemi Badenoch”, il partito sembra inoltre incapace di adottare nuove idee politiche che non alienino inevitabilmente una parte degli elettori di destra.

Se i Tories adottano posizioni più radicali, gli elettori moderati potrebbero passare ai Liberal Democratici.

Se al contrario il partito si spostasse più al centro, gli elettori più di destra potrebbero passare a Farage.

 

In maniera simile, la decisione del primo ministro” Keir Starmer” di spostare politicamente il Partito Laborista a destra sembra aver alienato molti elettori.

 Nel corso dell’ultimo anno, “Starmer” ha annunciato numerosi tagli al sistema pensionistico, ai benefit per le persone affette da disabilità e ad altri servizi sociali nel tentativo di risanare l’economia pubblica.

 

Sotto la sua guida, il Partito Laborista ha inoltre abbandonato il suo precedente supporto alla comunità transessuale della Gran Bretagna.

“ Starmer “ha infatti espresso piena approvazione per la recente sentenza della Corte Suprema Inglese che riconosce l’esistenza di solo due sessi biologici (uomo e donna).

I critici hanno però sottolineato che la corte non ha consultato alcun esperto e che la sentenza di fatto legalizza la discriminazione contro le persone trans.

Questi fattori hanno portato all’inaspettata crescita dei Verdi e, in misura minore, dei Liberal-Democratici per mano di ex-elettori laboristi alla ricerca di alternative più liberali dal punto di vista economico e sociale rispetto a “Starmer.

 

È impossibile prevedere come questi cambiamenti influenzeranno le elezioni parlamentari del 2029, ma ora un governo non controllato dai Tories o dai Laboristi non è più una possibilità remota.

(Raffaele Gaggioli).

 

 

 

 

La battaglia di Dunkerque per non diventare

 la nuova Taranto: Arcelor-Mittal annuncia

licenziamenti, operai in piazza.

 Ilfattoquotidiano.it - Luana De Micco – (2 maggio 2025) – ci dice:

 

Primo maggio di lotta in Francia: il colosso dell'acciaio annuncia tagli a sette stabilimenti.

 Sindacati e partiti di centrosinistra avviano una stagione di lotta, ma il governo esclude la nazionalizzazione.

È stato il primo maggio di Dunkerque.

 Su appello dei sindacati, i lavoratori del settore siderurgico sono scesi ieri nelle strade della città del nord – simbolo di una delle più importanti battaglie della Seconda Guerra Mondiale, quando le truppe alleate, circondate dai nazisti sulla spiaggia, riuscirono comunque a evacuare 380.000 soldati – per protestare contro il massiccio taglio di posti lavoro annunciato in settimana dal gigante dell’acciaio ArcelorMittal: 1.400 posti in tutta Europa, di cui esattamente 636 solo in Francia.

 

 I tagli riguardano i sette stabilimenti ArcelorMittal di Florange, Basse-Indre, Mardyck, Mouzon, Desvres, Montataire e appunto Dunkerque, tra tutti il sito più colpito: qui sono minacciati 295 posti (su 3.200).

 A sostegno dei dipendenti dell’azienda che rischiano di perdere il lavoro, hanno raggiunto la marcia di ieri diverse figure della sinistra, tra cui “Olivier Faure”, il segretario generale del partito socialista, e l’ecologista “Marine Tondelier”.

Nelle ultime ore, la pressione è cresciuta sul governo francese, accusato dai sindacati di non essersi mobilitato subito per evitare i licenziamenti.

Stamattina, il deputato ecologista “Benjamin Lucas”, che appena lo scorso marzo aveva creato una commissione d’inchiesta parlamentare “per fare luce sulle mancanze delle autorità pubbliche di fronte al crescente numero di piani di ristrutturazione delle aziende”, ha annunciato la convocazione “entro due o tre settimane al massimo” della direzione di “ArcelorMittal”, “che dovrà rispondere sotto giuramento alle domande su questa decisione di licenziamento di massa, che non ha alcuna giustificazione economica”.

 

Dunkerque dunque dopo Taranto?

Nella città del nord, la battaglia sindacale è appena iniziata.

 Ma la mobilitazione di ieri, che ha riunito 1.500 lavoratori, secondo il sindacato CGT, in prima linea, è già considerata “storica”.

Ma un’“altra Ilva” in Francia c’era già stata.

Qui gli eventi delle ultime ore rinviano al trauma del 2012 di Florange, in Mosella, regione simbolo della deindustrializzazione della Francia:

all’epoca sempre “ArcelorMittal” decise di fermare i due altiforni che producevano acciaio grezzo, scatenando uno dei più lunghi conflitti sociali in Francia degli ultimi decenni per salvare centinaia di posti di lavoro.

In piena campagna presidenziale, il candidato socialista “François Hollande”, che vinse le elezioni, si recò sul posto, al fianco degli operai, garantendo la sopravvivenza degli altiforni.

 Il suo governo poi firmò un accordo con il colosso dell’acciaio che si impegnò a non effettuare licenziamenti e a investire per rilanciare il sito.

Nel 2018 i due altiforni furono definitivamente chiusi.

Ora lo stabilimento di Florange potrebbe perdere 194 posti di lavoro.

Per giustificare la sua decisione, il gruppo siderurgico, numero uno in Europa e numero due nel mondo, ha puntato il dito contro la “crisi dell’acciaio in Europa”, su cui pesa la concorrenza dell’acciaio cinese.

“ArcelorMittal” ha indicato un “calo del 20% della domanda in cinque anni e il forte aumento delle importazioni, che ora rappresentano il 30% del mercato”.

L’azienda spiega di “prendere in considerazione misure di riorganizzazione per adattare la sua attività al nuovo contesto di mercato”.

Da parte loro, i sindacati accusano “ArcelorMittal” di aver investito sempre meno nei suoi siti francesi, malgrado l’ottima salute finanziaria del gruppo, che nel 2024 ha realizzato un fatturato di 62,4 miliardi di dollari (55 miliardi di euro), con un utile netto di 1,34 miliardi

. In settimana, il gruppo ha anche annunciato un utile netto di 805 milioni di dollari per il primo trimestre 2025.

Nel 2023, “ArcelorMittal “aveva annunciato un vasto “programma di decarbonizzazione” del sito di Dunkerque (che genera il 3% circa delle emissioni di CO2 della Francia), con un investimento di 1,8 miliardi di euro entro il 2023 e un sostegno dello Stato pari a 850 milioni.

Ma poi, alla fine del 2024, il programma è stato sospeso perché giudicato dall’azienda “economicamente non redditizio”.

 

Per gli abitanti di Dunkerque, lo stabilimento “ArcelorMittal “rappresenta il “polmone” dell’economia locale.

“Se ArcelorMittal cade, è tutta la regione che sarà minacciata.

Si creerà un effetto domino per l’economia e i nostri servizi”, ha detto ieri “Gaëtan Lecocq, segretario “CGT ArcelorMittal Dunkerque”.

In un comunicato comune, socialisti e ecologisti hanno chiesto un “intervento immediato” del governo, proponendo di mettere ArcelorMittal “sotto la tutela dello Stato”.

Boris Vallaud, presidente del gruppo Ps in Assemblea, presenterà un progetto di legge che obblighi l’azienda “a continuare la sua attività e a mantenere l’occupazione, anche in perdita, per un determinato periodo”, al fine di “trovare un acquirente”, “investitori’ o per “attuare una nazionalizzazione parziale”.

Il partito della sinistra radicale “La France Insoumise”, così come la “CGT”, ha chiesto senza mezzi termini al governo di “nazionalizzare” ArcelorMittal:

“Hanno approfittato del nostro Paese con la complicità di chi ha continuato a elargire denaro pubblico a questa azienda.

Non permetteremo che queste fabbriche vengano vendute o chiuse”, ha detto “Jean-Luc Mélenchon”, il leader LFI.

Agire in fretta, dunque, come ha fatto il governo britannico ad aprile prendendo il controllo di “British Steel.”

 Ma il ministro dell’Industria, Marc Ferracci, ha già risposto picche:

la nazionalizzazione “non è la risposta giusta” alla crisi, ha detto.

Intanto, il capo della CGT di Dunkerque, “Gaëtan Lecocq”, ha lanciato un appello a continuare la mobilitazione, invitando tutto il settore della siderurgia in Francia a raggiungere Parigi il 13 maggio:

 “Questa non è una battaglia, ma una guerra. E sappiamo che durerà mesi e mesi”.

 

 

 

 

“Troppo sole”: per gli esperti il blackout

 in Spagna è stato causato dalle

 centrali rinnovabili in tilt.

     Secoloditalia.it - Cronaca - Laura Ferrari – (29 Aprile 2025) – ci dice:

 

La dipendenza dall’energia solare e eolica ha reso Spagna e Portogallo vulnerabili al blackout di massa che lunedì ha colpito la penisola iberica, lasciando decine di milioni di persone senza elettricità.

È quanto affermano diversi esperti del settore energetico citati dal quotidiano britannico “The Telegraph”, secondo cui l’assenza di meccanismi di inerzia tradizionali nelle fonti rinnovabili ha aggravato il crollo della rete.

Il blackout, definito il più grave mai registrato in Europa, ha bloccato voli, treni, reti mobili e servizi essenziali in numerose città.

 In Spagna è stato dichiarato lo stato di emergenza, mentre in Portogallo la compagnia idrica “Epal” ha avvertito di possibili interruzioni dell’acqua.

I residenti hanno fatto scorte di generatori, batterie e lampade a gas. “Red Electrica”, il gestore della rete spagnola, ha stimato un ripristino dell’energia tra sei e dieci ore in molte zone, mentre “Ren” in Portogallo ha indicato tempistiche molto più lunghe, sino a una settimana.

 Interi ospedali sono passati ai generatori di emergenza, e a Madrid sono state effettuate 286 operazioni di salvataggio per persone intrappolate negli ascensori.

Alcuni servizi ferroviari sotterranei sono stati evacuati manualmente.

 

Blackout energetico:

la luce torna in Spagna, ma cala il buio mediatico sull'integralismo ecologista di Bruxelles.

Malafede a sinistra:

 tace sul socialista Sanchez in Cina in piena guerra dei dazi, ma sbraita su Meloni ricevuta da Washington.

La Spagna all’avanguardia nelle energie green:

64%, una dipendenza non gestibile in caso di blackout.

Secondo i dati ufficiali, poco prima del blackout, l’energia solare rappresentava circa il 53 per cento della produzione elettrica spagnola, mentre l’eolico circa l’11 per cento.

 Il gas copriva solo il 6 per cento.

Gli esperti hanno sottolineato che le fonti rinnovabili, a causa della loro variabilità e dell’assenza di inerzia fisica, rendono più difficile mantenere la stabilità della rete in caso di shock.

 “Se si verifica un guasto significativo, i gestori hanno meno tempo per reagire”, ha spiegato l’analista “Kathryn Porter”.

 “In assenza di inerzia, si rischiano guasti a cascata”, ha aggiunto. “Richard Tice”, vice leader del partito populista britannico” Reform Uk”, ha parlato di “monito” per il Regno Unito e ha invitato il governo a considerare i rischi legati alla corsa verso le emissioni nette zero.

 

L’incidente domina le aperture dei media anche nel Regno Unito, Paese legato da un massiccio flusso turistico verso la Penisola iberica, dove tra l’altro vivono molti britannici residenti, soprattutto pensionati.

 Il “Telegraph” sottolinea come l’innesco sia ancora oggetto di investigazioni, in assenza “di qualunque indicazione su un cyber attacco”.

Dà tuttavia credito al parere di “esperti di energia che puntano il dito sulla pesante dipendenza della Spagna dal solare e dall’eolico”.

Dipendenza che, a loro dire, “espone la rete elettrica regionale a essere vulnerabile di fronte a una crisi” come quella di ieri.

 

Intanto, l’operatore della rete elettrica britannica sta indagando su guasti inspiegabili alle centrali elettriche che hanno colpito il sistema del Regno Unito ore prima che la Spagna e il Portogallo precipitassero in blackout.

Ma il fatto che non vi sia tale dipendenza dalle energie rinnovabili ha evitato un analogo blackout.

L’esperto spagnolo: sovraccarico di energie rinnovabili.

In un’intervista a una tv iberica, “Carlos Cagigal,” esperto nel settore dell’energia, delle energie rinnovabili e del gas, lancia l’allarme:

“Non è un caso isolato”.

Il motivo è che l’infrastruttura energetica spagnola oggi non è preparata a immagazzinare tutta l’energia prodotta.

Pertanto, non si può garantire che non si ripeterà.

 La piena capacità di ripristino e stoccaggio non sarà istantanea:

“Ci vorranno dai 12 ai 24 mesi prima che tale capacità esista”. Per l’esperto spagnolo, “la generazione di energie rinnovabili ha superato il 100% della domanda”.

 

La causa del blackout?

 “Una sovraccapacità di produzione di elettricità”.

Ha fatto quindi una similitudine per capire la situazione con qualcosa che può accadere in qualsiasi casa:

“È come quando hai un picco di consumo in casa tua e i fusibili saltano”. Sottolinea ancora: “Questo non è un caso isolato. La Spagna sarà informata di futuri massicci blackout nelle prossime settimane”.

 

Parigi: improbabile che accada in Francia, abbiamo un mix col nucleare.

E’ molto improbabile” che in Francia si verifichi un mega blackout come quello che ieri ha colpito la penisola iberica.

 Parola del ministro dell’Industria francese, “Marc Ferracci”, che ha parlato di un sistema con “meccanismi” che consentono di superare “questo tipo di problemi”.

 

In caso di “difficoltà molto grandi” nelle reti, il sistema consente che le ripercussioni interessino solo “una parte” della popolazione, ha affermato in dichiarazioni ai microfoni di “Rtl”.

“Abbiamo fenomeni e meccanismi che ci consentono di essere protetti”, ha detto il Ministro, confermando di aver parlato stamani con i responsabili dell’operatore francese “Rte”, che hanno escluso difficoltà sulla rete francese.

Un sistema, ha rimarcato, “ha bisogno di margini di manovra” per rispondere a potenziali rischi, e anche di poter produrre di più in caso di picchi di consumo.

Per questo – ha aggiunto – in Francia abbiamo un mix energetico che si basa su nucleare, che è gestibile, e anche rinnovabili”.

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