Il mondo è nelle mani dei signori della guerra.
Il
mondo è nelle mani dei signori della guerra.
«Quello
stro*** verdastro…», Medvedev
furioso per la frase di Zelensky
sulla
parata a Mosca:
«Così
Kiev non sopravvivrà un giorno».
Open.online.it
– (03 Maggio 2025) - Giovanni Ruggiero – ci dice:
Dmitry
Medvedev e Volodymyr Zelensky.
Il
fedelissimo di Vladimir Putin perde le staffe dopo le dichiarazioni del
presidente ucraino sulla parata a Mosca del 9 maggio.
La
«provocazione» da Kiev che scatena la raffica di insulti del vicepresidente del
Consiglio di sicurezza russo.
A
Dmitry Medvedev sono letteralmente saltati i nervi, dopo aver letto l’ultima
dichiarazione del presidente ucraino a proposito delle celebrazioni russe per
il 9 maggio.
In quel giorno a Mosca tradizionalmente si
svolge una parata militare.
È la commemorazione per la vittoria sovietica
nella Seconda guerra mondiale, che quest’anno tocca l’ottantesimo anniversario.
Una giornata di grande orgoglio nazionale per
la Russia, in cui sarebbero attesi diversi leader internazionali, tra cui il
presidente cinese “Xi Jinping”.
E
proprio per quei giorni, Vladimir Putin avrebbe proposto una tregua temporanea
di circa tre giorni.
La
provocazione del presidente ucraino sulla tregua
Parlando
con un gruppo ristretto di giornalisti a Kiev, Volodymyr Zelensky ha fatto una
dichiarazione rimasta palesemente ambigua, rivolgendosi ai leader che quel
giorno saranno a Mosca:
«Non
possiamo assumerci la responsabilità di ciò che accadrà in Russia. Saranno loro
a garantire la vostra sicurezza».
Una
frase che anche a Medvedev è suonata come una «provocazione verbale».
Da cui
quasi certamente Zelensky si aspettava una reazione russa, che è arrivata
puntuale dallo stretto collaboratore di Putin.
Lo
sfogo di Medvedv contro Zelensky.
Medvedev
su “Telegram” parte al solito all’attacco di Zelensky, che ormai insulta in
quasi tutti i post:
«Quello stronzo verdastro con la barba lunga
dice di rifiutare la proposta di Putin di un cessate il fuoco di 3 giorni per
commemorare il 9 maggio e di non poter garantire la sicurezza dei leader
mondiali a Mosca.
Chi gli chiedeva garanzie?
Questa non è altro che una provocazione
verbale».
E poi passa alle minacce:
«Quel
pidocchio sa che, se ci sarà una vera provocazione il Giorno della Vittoria,
nessuno potrà garantire che Kiev vivrà fino al 10 maggio».
Carlo
Rovelli: “Ragazze, ragazzi,
il
mondo non è dei signori della
guerra.
Il mondo è vostro.”
Rivistaeco.it
– (4 Maggio 2023) – Redazione – Carlo Rovelli – ci dice:
L’intervento
integrale del celebre e pluripremiato fisico al concertone romano del Primo
Maggio:
spendiamo
2 trilioni e mezzo di euro all’anno in spese militari invece di usare le nostre
risorse per fare ospedali, scuole, musica, lavoro, le cose buone del mondo.
Bisogna costruire un mondo dove lavorare insieme a risolvere i problemi comuni.
(Riprendiamo
volentieri dalla pagina Facebook di Carlo Rovelli il testo integrale del suo
intervento al concerto sindacale per il Primo Maggio.)
Che
notte di sogno. Che emozione essere su questo palco in mezzo a voi.
Non
temete, non è una lezione di scienza che voglio fare, anche se ogni volta che
provo a dire qualcosa di politica, qualcosa che riguarda l’interesse di tutti
noi, c’è qualcuno subito che mi grida: “taci Rovelli, occupati della tua
scienza, lascia perdere la politica!”
Ma
proprio di questo voglio parlarvi.
Vedete…
il mondo è meraviglioso. Questa piazza è meravigliosa, la musica è
meravigliosa, innamorarsi è meraviglioso.
Ma non
è tutto meraviglioso. Ci sono conche problemi gravi, e se c’è qualcuno che può
affrontarli, siete voi, insieme.
Una
catastrofe ecologica sta arrivando.
C’è
una catastrofe ecologica che sta arrivando —ormai lo sappiamo tutti. Rischia di
rovinare le vostre vite. Non facciamo il necessario, … perché fare qualcosa dà
fastidio a qualcuno.
Grettezza, o miopia.
La
ricchezza si è concentrata nelle mani di un numero piccolissimo di persone e di
grandi imprese, e la disuguaglianza economica continua a crescere.
La paghiamo tutti.
Ma
soprattutto, vedete, … e questa è la cosa più importante che voglio dirvi, sta
crescendo la guerra.
Stiamo
andando dritti verso la terza guerra mondiale.
E
questo è il rischio più grave per la vostra vita.
Invece
di collaborare, cercare soluzioni, i paesi si aizzano uno contro l’altro, si
provocano, si sfidano come galletti in un pollaio.
Invadono
paesi, soffiano sul fuoco della guerra, mandano portaerei a sfidarsi.
La tensione internazionale non è stata così
alta da molto tempo.
Si può
essere più stupidi di così?
Spendiamo
2 trilioni e mezzo di euro all’anno in spese militari, una cifra
inimmaginabile. Più del doppio di quindici anni fa. Impennate di spese militari
così preludono alla guerra.
Invece
di usare le nostre risorse per fare ospedali, scuole, musica lavoro, le cose
buone del mondo, le usiamo per fare armi per ammazzarci l’un l’altro. Si può
essere più stupidi di così?
E
perché?
Per
quella che “Ligabue”, su questo palco, poco fa ha chiamato la” smania del
potere”.
Invece di dialogare, cercare soluzioni, i
potenti del mondo vogliono essere i più potenti di tutti.
Magari
predicano la democrazia, ma poi vogliono comandare su tutti, alla faccia della
democrazia.
Oppure,
come da noi in Italia, cercano di essere fedeli vassalli dei padroni del mondo,
sperando in qualche beneficio a corto termine.
Ancora
miopia.
Costruire
armi, un affare lucroso.
Ma la
guerra si fa anche per motivi più banali… perché costruire armi è un affare
terribilmente lucroso. E nel fiume di denaro che producono le industrie di
armi, le industrie della morte, ci sguazza la politica.
È
ragionevole che in Italia il ministro della difesa sia stato per anni legato a
una delle più grandi fabbriche di armi del mondo, la Leonardo?
E sia stato Presidente della Federazione dei
costruttori di armi (l’AIAD). Il ministero della difesa serve per difenderci
dalla guerra, o per aiutare i piazzisti di strumenti di morte?
Tutti
dicono “pace”, ma poi molti aggiungono che prima bisogna vincere.
Volere
la pace, ma dopo la vittoria, significa volere la guerra, ovviamente.
Bombe
nucleari pronte a esplodere.
Vediamo
orrori commessi del nemico, veri.
E gli orrori che fanno le nostre armi?
Le migliaia di bombe che noi produciamo e
mandiamo sui diversi teatri di guerra, devastano e ammazzano come le altre.
Creano dolore come le altre.
Ci
sono decine di migliaia di bombe nucleari pronte a esplodere, puntate sulle
teste di tutti, da una parte e dall’altra e non siamo mai stati così vicino ad
una catastrofe nucleare come adesso.
È
follia.
E in
questa situazione il governo italiano cosa fa?
Sta
decidendo ora di mandare una portaerei italiana con una intera flotta nel mare
della Cina.
Per
fare i galletti contro la Cina, al seguito degli Americani.
Il
pianeta si può cambiare, insieme.
Articolo
11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra: disatteso.
Queste
sono scelte che rischiano di distruggere le vostre vite, ragazzi. Non è questo
il mondo che ci piace.
Ma il
mondo, ragazze, ragazzi, non è dei signori della guerra. Il mondo è vostro. Voi
siete il mondo futuro, non i signori della guerra. Perché voi siete tanti,
tantissimi. Qui, a Roma, come a Pechino, San Francisco, Berlino, Rio o a Islamabad.
Il
pianeta è vostro.
E il
pianeta voi potete cambiarlo. Non da soli, ma insieme si.
Voi
potete fermare la distruzione del pianeta. Ribaltare la disparità economica.
Fermare i signori della guerra.
Costruire
un mondo dove lavoriamo insieme a risolvere i problemi comuni, invece di essere
uno contro l’altro.
Cambiare
il mondo è la più bella delle avventure.
Le
cose del nostro mondo che amiamo sono state costruite nel passato da giovani
che hanno saputo sognare un mondo migliore.
Anche
a costo di rovesciare tutto qualche volta.
Attaccare
la Bastiglia, bruciare il Palazzo d’Inverno.
Se
qualcuno vi dice — come dicono a me — non occuparti di politica, pensa solo a
te stesso:
è
grettezza, o miopia.
Allora,
questo vorrei dirvi, non vivete di insoddisfazione, di sogni irrealizzati, di
lamento, di inquietudine per un futuro che dipende da altri.
Prendetelo
in mano il vostro futuro, ma insieme, non uno contro l’altro.
Cambiare
il mondo è la più bella delle avventure.
Prendete
il futuro nelle vostre mani
La
vita è bella quando splende e brucia. (E niente splende se non brucia — è
il titolo delle note che suonavano quando ho iniziato a parlare.)
Chi sa
parlare parli, chi sa suonare suoni, chi ha idee le dica, chi sa scrivere
scriva, chi sa organizzare organizzi, chi sa fare di più, faccia di più.
E…
ultima cosa, i signori della guerra non hanno paura ad ammazzare migliaia di
esseri umani.
Voi
non abbiate paura a imbrattare i muri.
L’Italia
l’ha fatta Garibaldi che tutti i benpensanti chiamava “terrorista”, poi gli
hanno fatto le statue.
Prendete
il futuro nelle vostre mani.
Non
lascatelo ai signori della guerra.
Cambiatelo, questo mondo di guerra, ragazzi.
Buon
Primo Maggio.
I
Difensori del Sistema.
Conoscenzealconfine.it
– (4 Maggio 2025) - Jac Doson – ci dice:
“Matrix”
li ha addestrati e indottrinati fin dall’infanzia a proteggere l’illusione e il
Sistema.
Nel
film “Matrix”, l’agente “Smith” non aveva bisogno di essere ovunque, perché
chiunque poteva diventare lui.
Bastava
una minaccia al sistema, e il volto conosciuto che avevi davanti si trasformava
nel volto del controllo.
Questa
dinamica non appartiene solo al “mondo di Neo”, ma anche al nostro.
Quante
volte ti è capitato di conversare liberamente con qualcuno, finché non tocchi
un argomento che scalfisce le fondamenta della realtà costruita?
All’improvviso,
non riconosci più chi hai di fronte:
il
tono cambia, la mente si chiude, e senza che se ne renda conto, quella persona
diventa il “difensore del Sistema”.
Non
servono armi, non servono uniformi:
Matrix
li ha addestrati fin dall’infanzia.
Indottrinati
a proteggere l’illusione, pronti a respingere tutto ciò che possa risvegliare
anche solo un pensiero libero.
È così
che la finzione sopravvive: non grazie ai padroni, ma grazie agli schiavi che
la difendono.
(Jac
Doson).
(t.me/antonellawerner).
Basta
con i signori della guerra.
C’è un
altro modo.
Invictapalestina.org
- Orly Noy –(23 ottobre 2023) – Redazione
– ci dice:
Il
militarismo israeliano che crea dipendenza ci ha convinti che la prossima dose
del farmaco sarà quella che risolverà le cose per sempre.
Ma
esiste una strada alternativa.
(La
fanteria riservista dell’IDF e i soldati dei carri armati “Merkava” si
addestrano in un’esercitazione militare sulle alture del Golan, 23 ottobre 2023).
Dopo
il massacro compiuto da Hamas nelle comunità israeliane attorno alla Striscia
di Gaza il 7 ottobre, Israele è stato preso da uno spaventoso desiderio di
vendetta.
Ministri del governo, funzionari dell’esercito
ed esponenti pubblici, compresi molti che si identificano con il campo di
sinistra, chiedono apertamente la cancellazione di Gaza e pretendono un prezzo
senza precedenti dai suoi oltre 2 milioni di abitanti.
Ogni volta che qualcuno obietta, risponde
subito con aria di sfida: “Che altra scelta abbiamo?”.
Questa
non è solo una domanda legittima, ma la questione più importante all’ordine del
giorno.
Vorrei
proporre un piano d’azione molto concreto, anche se so che nell’umore pubblico
di oggi è un debole e azzardato tentativo.
Questa
proposta d’azione si basa su due presupposti fondamentali.
Il
primo è che tutte le vite umane hanno lo stesso valore.
Il sangue di nessuno è più rosso di quello di
un altro, e tutti gli abitanti della terra tra il fiume Giordano e il Mar
Mediterraneo hanno uguale diritto alla giustizia, alla libertà e alla
sicurezza.
Non
affrettatevi ad annuire: l’esperienza ha dimostrato che questa ovvia
affermazione è lungi dall’essere ampiamente accettata.
Coloro che sono pronti ad accettare, senza
“se” e senza “ma”, loro, e solo loro, sono i miei alleati politici, palestinesi
e israeliani allo stesso modo.
Il
secondo presupposto è che la continuazione della guerra e la sua espansione
attraverso un’invasione di terra di Gaza potrebbero portare a un disastro che
farebbe impallidire quello che stiamo già vivendo.
Le
tensioni al Nord con Libano e Siria;
le
decine di migliaia di persone che scendono in piazza nei Paesi arabi, inclusa
la vicina Giordania;
gli
appelli degli attivisti del “Movimento del Tempio” affinché masse di ebrei
salgano sul Monte del Tempio/Haram al-Sharif;
e
l’approfondimento di una mentalità genocida tra l’opinione pubblica israeliana:
tutti questi sono una ricetta per un disastro su una scala che non abbiamo mai
visto prima, e da cui potrebbe non esserci più resurrezione.
(Il
“sistema Iron Dome” lancia missili di intercettazione contro i razzi che
vengono lanciati dalla Striscia di Gaza verso Israele).
E c’è
un altro presupposto:
ripetere la stessa politica che Israele porta
avanti da decenni e aspettarsi che dia un risultato diverso è stupidità
dissoluta.
È
questa politica che ci sta trascinando nel baratro.
Dobbiamo
cambiarla completamente.
Un
percorso alternativo.
Il
primo imperativo che scaturisce da questi presupposti è un cessate il fuoco
immediato e lo scambio di prigionieri e ostaggi da entrambe le parti.
Non dovrebbe essere difficile ammettere che il
massacro che Israele sta attualmente scatenando a Gaza non ha nulla a che fare
con la nostra sicurezza. Infatti, per ogni alto membro di Hamas di cui sentiamo
il nome quando l’esercito si vanta di un assassinio riuscito, altri cento
palestinesi innocenti vengono massacrati.
Se a
qualcuno questa uccisione di massa di innocenti sembra un prezzo legittimo da
pagare per l’eliminazione dei membri di Hamas, l’onestà intellettuale
richiederebbe anche essere d’accordo con la distruzione di interi quartieri da
parte di Hamas attorno al quartier generale dell’IDF a Tel Aviv, situato nel
cuore delle zone più città altamente popolata in Israele.
Se le
vite di tutti gli esseri umani sono uguali e accettiamo l’uccisione di innocenti
a Gaza come parte della “guerra contro Hamas”, allora lo stesso deve valere
viceversa, cosa che, ovviamente, non è.
Non
c’è e non può esserci nulla di più urgente dal punto di vista di Israele del
ritorno delle oltre 200 persone attualmente tenute in ostaggio a Gaza.
A
queste persone, che sono state criminalmente trascurate da un Paese che ha
inviato la maggior parte delle forze che avrebbero dovuto proteggerle ad
affiancare i coloni in Cisgiordania, almeno questo è dovuto.
Sì,
richiederà anche il rilascio dei prigionieri palestinesi, compresi quelli con
le mani sporche di sangue, insieme a centinaia di prigionieri che non sono mai
stati condannati o addirittura processati.
L’abbiamo
già fatto prima. Era la cosa giusta da fare allora, e lo è ancora di più
adesso.
Allo
stesso tempo, Israele dovrebbe impegnarsi a revocare l’assedio di lunga data su
Gaza, in base al quale tiene più di 2 milioni di persone in un recinto le cui
condizioni sono state definite anni fa dalle Nazioni Unite come invivibili per
gli esseri umani.
Il blocco criminale non ha mai avuto uno scopo
di sicurezza; serve solo come forma di punizione collettiva inflitta a ogni
singolo residente della Striscia per il crimine di “aver scelto” Hamas, quasi
18 anni fa.
Il
compito di proteggere i confini del Paese deve essere svolto dall’interno dei
confini del Paese.
(Bambini
palestinesi giocano in un campo dell’UNRWA a Khan Yunis, nel Sud della Striscia
di Gaza, il 23 ottobre 2023).
Israele
deve anche cooperare con la comunità internazionale, compresi i Paesi arabi,
per l’attuazione immediata di un vero piano di resurrezione per Gaza.
Il
diritto che ci siamo arrogati nel corso degli anni di imprigionare masse di
persone e di tenerle sulla soglia tra la vita e la morte, fino al punto di
contare le calorie giornaliere che ogni residente può consumare, è un crimine
atroce che non ha ottenuto nulla se non l’aggravarsi della sofferenza, della
disperazione e dell’odio.
È ora
di affrontarlo.
La
revoca del blocco di Gaza dovrebbe coincidere con l’abbandono della politica di
isolamento della Striscia dal caso palestinese nel suo complesso.
Gaza non è un universo parallelo.
Non ci sarà pace con Gaza o a Gaza finché
Israele continuerà a opprimere i palestinesi in Cisgiordania, a Gerusalemme Est
e nei territori israeliani del 1948. Pertanto, parallelamente alla revoca del
blocco su Gaza, Israele deve presentare un piano immediato per il ritiro da
tutta la Cisgiordania.
Ma
ancor prima di farlo, Israele deve smantellare le roccaforti del terrore
ebraico in Cisgiordania, fermare la collusione tra le forze militari e i
coloni, che sono già molto difficili da distinguere, e fornire piena protezione
ai residenti palestinesi fino al ritiro dell’esercito dai Territori.
E
infine, allo stesso tempo, l’ingerenza da parte di Israele nella sfera politica
palestinese deve essere fermata per consentire vere elezioni democratiche, da
cui nascerà una dirigenza indipendente che non funge più da subappaltatore per
l’Occupazione israeliana.
Elezioni
realmente democratiche e un vero processo per porre fine all’Occupazione sono
il modo più efficace per disarmare Hamas sia militarmente che politicamente,
certamente più di tutte le sanguinose “operazioni” in cui l’esercito ha
promesso di “eliminare Hamas”, fino alla prossima.
Non
più lo stesso.
Proprio
in questi giorni, e sotto gli auspici della guerra, la strisciante “Pulizia
Etnica” che da anni avviene in Cisgiordania sta guadagnando uno slancio
allarmante e viene attuata con la piena collaborazione dell’esercito e dei
coloni.
Intere
comunità sono fuggite, molte altre comunità hanno bisogno della presenza
ininterrotta di attivisti israeliani per mediare, non sempre con successo, tra
i loro residenti e le armi mortali dei coloni e dell’esercito.
Coloro
che rifiutano di comprendere la realtà attuale nel suo intero contesto e
insistono a guardarne un frammento non saranno preparati ad affrontarne le
conseguenze.
(Gli
averi e i resti delle case delle famiglie palestinesi a Ein Samia, Cisgiordania).
L’intero
contesto di questa realtà include anche la persecuzione sfrenata che viene ora
condotta contro i cittadini palestinesi di Israele.
Anche
questa prepotenza non può essere separata dal familiare concetto israeliano di
controllo attraverso l’oppressione.
La vergognosa minaccia del commissario di
polizia di mandare a Gaza qualsiasi cittadino arabo che manifestasse contro
l’assalto israeliano alla Striscia assediata avrebbe dovuto portare in piazza
ogni cittadino in cerca di democrazia.
Le
dimissioni del pubblico all’ordine, “Silenzio, è guerra!” e la repressione
istituzionalizzata dei cittadini palestinesi non solo sputa in faccia all’idea
di democrazia, per la quale solo recentemente milioni di persone sono scese in
piazza, ma rappresenta una rottura civile dalla quale sarà molto difficile, se
non del tutto, riprendersi.
Si
tratta di un’eliminazione mirata del nostro partenariato con coloro senza i
quali qualsiasi discorso sulla democrazia è fondamentalmente sterile.
Questa
persecuzione deve essere fermata. Il capo della polizia deve essere rimosso dal
suo incarico.
Immediatamente.
Non
sono così ingenua da credere che anche una sola parola di queste richieste
troverà ascolto adesso, nell’impeto della guerra e della vendetta.
È molto probabile che agli occhi del “Ministro
delle Comunicazioni” rientrino nella categoria del “danni al morale nazionale”,
che, secondo le norme che sta formulando, è punibile con la reclusione.
Ma il mio morale nazionale e quello di molti
altri sono stati sepolti insieme alle vittime del massacro nel Sud di Israele.
È
tenuto prigioniero insieme agli ostaggi a Gaza.
L’autoinganno non lo riporterà indietro e non
è più un privilegio che possiamo permetterci.
Insisto
nel dire che l’attuale logica d’azione di Israele è esattamente la stessa che
ha portato tutti noi, palestinesi e israeliani, a rigirarci nel sangue.
Pertanto la mia prima risposta alla domanda:
“Allora cosa si dovrebbe fare adesso?” è: niente più come prima.
Dobbiamo
abbandonare questo comportamento di dipendenza, che ci ha convinto che la
prossima dose del farmaco sarà quella che sistemerà le cose per sempre.
A
coloro che vedono queste parole come un invito a una dichiarazione di sconfitta
israeliana, dico: così sia.
L’idea che possiamo continuare a mantenere
questo sanguinoso conflitto, con tutta la sua intrinseca oppressione, senza
pagarne il prezzo, è stata certamente confutata.
Le
vostre vittorie non ci hanno portato altro che lutto e morte, sia per gli
israeliani che per i palestinesi.
Non ho alcun interesse per la vittoria che mi
offrono, perché so che l’unico modo perché si concretizzi sarà sotto forma
delle prossime sepolture che dovremo scavare.
Se la
sconfitta significa finalmente rendersi conto che la promessa di vivere per
sempre soggiogando è una promessa criminale e malata, sono pronta ad ammettere
subito la sconfitta.
Perché
siamo già stati sconfitti: a Be’Eri e Gaza, a Sderot e Khan Younis, ad Ashkelon
e nel campo profughi di Jenin.
Questa
insensata campagna di vendetta non riporterà indietro nessuno.
Le
fiamme dell’odio che infuriano ora ci bruceranno tutti se non le spegneremo.
Guardatevi
intorno e guardate come gli appelli alla vita vengono messi a tacere uno ad uno
e come il loro posto viene preso dagli appelli alla morte.
Questi appelli stanno ora raggiungendo molti
esponenti della sinistra sotto forma di attacchi fisici, come quelli contro il
giornalista” Israel Frey”, insieme a un livello di incitamento all’odio e
minacce che io e molti dei miei compagni non abbiamo mai affrontato prima.
Se la
sconfitta significa profondo disprezzo per la politica militarista di Israele,
che continua a venderci le bugie della “sicurezza”, “dell’eliminazione di
Hamas”, o il diavolo sa cosa, a costo della vita degli ostaggi e di molti altri
che saranno sacrificati sull’altare del potere, dell’arroganza e della
vendetta, allora alzo bandiera bianca.
In ogni momento la preferirei alla bandiera
nera di quei signori della guerra, che non ci hanno portato altro che
sofferenza, odio e morte.
(“Orly
Noy” è una redattrice di” Local Cal”, attivista politica e traduttrice di
poesia e prosa farsi.)
Il
genocidio è tornato: la difesa israeliana
(IDF)
sostenuta da Trump diventa
estremamente
brutale.
Unz.com - Ilana Mercer – (23 aprile 2025) –
ci dice:
Se noi
occidentali siamo il popolo più propagandato al mondo, i cittadini di Gaza sono
quelli meno propagandati. Apparentemente prigionieri, i cittadini di Gaza sono
liberati dalla propaganda politica illiberale che attanaglia l'Occidente.
COSA
ha fatto Israele dal 18 marzo 2025, quando l' " entità genocida " ha
formalmente violato l' accordo di cessate il fuoco nominale a Gaza ?
In questo caso, ogni intuizione oracolare è
superflua.
Israele
ha calpestato tutto ciò che è buono e decoroso.
Il
genocidio è tornato.
Questa
volta con il presidente Trump in un servile assenso, che si atteggia a ruffiano
e magnaccia per lo Stato israeliano e sottopone l'ingrato Bibi Netanyahu a un
brusco strattone al guinzaglio:
durante
una conferenza stampa con il presidente degli Stati Uniti, il 7 aprile 2025, il
volto del primo ministro israeliano si è tuttavia oscurato come un temporale
alla menzione di una possibile diplomazia con l'Iran.
In
circostanze così favorevoli, gli israeliani sono sempre più rumorosi e
orgogliosi di uccidere e distruggere con diligenza monomaniacale.
Con
indifferenza, e per la prima volta, Israele ha ammesso apertamente di aver
preso di mira il giornalista “Hussam Shabat” per "eliminarlo", nel
dicembre del 2024, e di averlo giustiziato il 24 marzo.
Il
sadico serial killer ha inseguito la sua preda, poi si è avventato.
Finora
il predatore ha individuato e assassinato altri 232 giornalisti palestinesi.
“Shabat”
sapeva quindi, come disse lui stesso, che " il giornalismo significava che
Israele lo avrebbe ucciso".
A soli 23 anni, così pieno di promesse,
“Shabat “scrisse il suo epitaffio prima di morire.
Diceva
:
Se
state leggendo questo, significa che sono stato ucciso – molto probabilmente
preso di mira – dalle forze di occupazione israeliane. …
Negli
ultimi 18 mesi, ho dedicato ogni istante della mia vita al mio popolo.
Ho
documentato gli orrori nel nord di Gaza minuto per minuto, determinato a
mostrare al mondo la verità che hanno cercato di nascondere.
Ho
dormito sui marciapiedi, nelle scuole, in tenda, ovunque mi fosse possibile.
Ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza. Ho sofferto la fame per mesi,
eppure non ho mai lasciato la mia gente.
Per
Dio, ho compiuto il mio dovere di giornalista. Ho rischiato tutto per dire la
verità e ora, finalmente, ho trovato pace, qualcosa che non conoscevo da 18
mesi. L'ho fatto perché credo nella causa palestinese, nel nostro diritto a
questa terra.
Il più grande onore della mia vita è stato
morire difendendola e servendo il suo popolo.
Vi
chiedo ora: non smettete di parlare di Gaza.
Non
lasciate che il mondo distolga lo sguardo. Continuate a lottare, continuate a
raccontare le nostre storie, finché la Palestina non sarà libera.
Per
l'ultima volta, “Hussam Shabat”, dal nord di “Gaza."
Calpestare
tutto ciò che è decente e buono:
“Fatma
Hassona” doveva essere il soggetto di un documentario di prossima uscita,
"Put Your Soul on Your Hand and Walk", che debutterà al Festival di
Cannes. Israele non poteva permetterlo.
Così,
l'”Air Force Genocide” ha bombardato la venticinquenne fotoreporter
palestinese, uccidendo anche nove membri della sua famiglia.
Dopo
una breve, relativa pausa, diciotto mesi dopo l'inizio del genocidio dei
palestinesi di Gaza, Israele ha ripreso a massacrare civili a un ritmo medio di
103 anime al giorno, con 223 individui che hanno riportato ferite mortali,
sempre al giorno.
Dal 18
marzo, riporta “Ha'aretz”, Israele ha ucciso 1.652 persone e ne ha ferite 4.391
negli attacchi su Gaza. (Newsletter "Israel News" di Ha'aretz, mercoledì
16.04.2025.)
Il numero
delle vittime si avvicina ora a 2.000.
Con
62.000 palestinesi dispersi, oltre 52.000 morti confermati e morti indirette
che vanno da tre a quindici volte il numero di morti dirette, secondo il “Lancet
“, i media falsi e fossilizzati dovrebbero essere obbligati a riportare il
numero ufficiale di palestinesi morti per mano di Israele, oltre 100.000. Anche
questo è un conteggio ampiamente sottostimato.
La
mente è affollata.
I
palestinesi assassinati si fondono in un montaggio di volti.
Eppure,
dobbiamo ricordare uomini come “Rifaat Radwan.”
Radwan era tra i quindici operatori sanitari e
umanitari giustiziati sommariamente a bruciapelo, il 23 marzo, dal regime
israeliano a Gaza.
Il
mondo sotterraneo delle “IDF” (Forze di Difesa Israeliane) – il mondo abitato
da criminali e trasgressori della legge – si basa sulla menzogna. Ormai
conoscete le battute del Bugiardo, mentre sgancia le " bombe terremoto
" americane sui bambini nelle mense comunitarie:
"Hamas.
Terrorismo. Se i palestinesi muoiono, bisogna ucciderli."
Ma i
non “sequitur” di Satana non possono nascondere la verità, né mettere a tacere
le profonde preghiere dei giusti.
Mentre
le SS IDF lo sovrastavano, crivellando i suoi colleghi e se stesso con migliaia
di proiettili,” Radwan,” medico della “Mezzaluna Rossa Palestinese”, non
implorò gli agenti di ucciderlo.
Invece,
registrò il loro crimine per i posteri mentre recitava con rettitudine le sue
ultime preghiere.
Queste
sono di una bellezza struggente:
"Oh
Signore, accettaci. O Signore, accettami come martire. Madre, perdonami. Questa
è la strada che ho scelto... che aiuto le persone. ...." Fino a quando non
è cessato.
All'alba
di lunedì 7 aprile, un mondo truccato con il Wi-Fi assisteva a una pira funebre
di palestinesi, tranne per il fatto che le persone che Israele ha illuminato
erano vive.
L'IDF
ha incenerito "una tenda che ospitava giornalisti palestinesi a Khan
Younis, nel sud della Striscia di Gaza".
Alla
fine dell'anno scorso, quando l'adolescente “Shaban al-Dalou “covava vivo, i
media prostituti hanno fatto quello che fanno sempre:
falsificare
la lingua inglese al servizio di Israele.
Per sostenere questo oppressivo regime
straniero, i media utilizzano eufemismi e la forma passiva; espedienti
sintattici che mascherano la morte straziante di un ragazzo gentile, bello e
intelligente, guidato dalla devozione per i parenti e la comunità.
"
Ucciso in un incendio", hanno scritto i media a proposito dell'omicidio di
“Shaban”.
La
stessa sorte è toccata ora a “Helmi Al-Faqaawi,” "corrispondente
dell'agenzia di stampa “Palestine Today”, e a “Youssef Al-Khazandar”, un civile
che assisteva il gruppo di giornalisti".
Il
fotoreporter “Ahmed Mansour”, immortalato nelle immagini avvolte dalle fiamme,
sta lottando tra la vita e la morte a Gaza.
Mansour
ha qualche possibilità di sopravvivere, visto che l'ultimo ospedale a malapena
funzionante della Striscia è stato raso al suolo da Israele?
La
mattina della “Domenica delle Palme£, i demoni dell'IDF hanno raso al suolo l'”Ospedale
Battista Arabo “Al-Ahli”, in piedi dal 1882.
"Bruciare
vivo un giornalista a Gaza", ha esclamato “Lima Bustami” , direttore del
dipartimento legale di “Euro-Med Monitor”, "non ha lo scopo di mettere a
tacere la verità.
Israele
fa già affidamento su una forza ben più grande: l'indifferenza del mondo verso
la verità".
Con un
mondo di indifferenza sullo sfondo, Israele ha dato alle fiamme ancora più
civili nelle tende il 17 aprile.
(E ancora di più il 21 aprile .)
Diciassette civili palestinesi, tra cui nove
bambini, sono stati uccisi, a quanto pare, da "ondate di [qualche
tipo]". Sì, persino Al Jazeera è stata contagiata dal virus dell'inglese
raffazzonato, scrivendo che, il 18 aprile, " un'ondata di attacchi aerei
israeliani " li ha uccisi.
Un
altro luogo comune dei media maltrattati è quello di qualificare la carneficina
quotidiana a Gaza con la clausola "per lo più donne e bambini".
Oppure "Comprese molte donne e
bambini". Come se gli uomini palestinesi fossero un gioco da ragazzi.
Questa
clausola di esclusione del genocidio è pronunciata tra il numero sempre più
piccolo di influencer conservatori che hanno registrato la loro obiezione ai
crimini di Israele.
Per carità cristiana, questi influencer
ammettono che gli assassinati siano "donne e bambini", per la maggior
parte.
Oppure,
che tra gli assassinati ci siano cristiani.
Questo
da parte di conservatori di fede che altrimenti difendono la centralità degli
uomini e la virilità nella società.
Questo
da parte degli stessi conservatori che devono sicuramente sapere che “Gesù
Cristo” non si è battuto per il favoritismo settario, ma per il valore
universale di tutti gli esseri umani.
"
Incontra gli uomini palestinesi di cui i media non vogliono che tu sappia
l'esistenza ", racconta “Lara Elborno”, figlia di un palestinese, avvocato
e attivista per i diritti umani.
Questa
è una donna che sa parlare degli uomini palestinesi con tono toccante e
autorevolezza.
Ormai,
lo possiamo fare anche noi.
E sono
gli uomini palestinesi che abbiamo visto sui nostri schermi per primi sulle
scene del massacro.
Scavano, trasportano, evacuano, confortano,
celebrano riti religiosi di sepoltura e piangono quando la calma lo permette.
Il
contrasto tra gli uomini palestinesi e le “IDF” è evidente come il sangue su un
“Kaffan” , il tradizionale sudario palestinese.
In
fondo, l'esercito più codardo che si conosca nella storia militare non si
impegna in battaglie.
L'IDF è un'aeronautica militare: mitraglia i
civili dall'alto.
Da
quando ha violato il cessate il fuoco, Israele ha compiuto massacri quotidiani
con attacchi aerei, bombardamenti e attacchi con droni, riferisce “Jon Elmer”,
analista militare per “Electronic Intifada”.
Ben oltre 1000 di questi attacchi aerei –
cinquanta al giorno – hanno fatto a pezzi quasi 600 bambini e neonati.
Con
ogni via di ingresso e di uscita sigillata dagli israeliani nelle ultime sei
settimane, il carburante per alimentare i macchinari di movimento terra non è
disponibile.
Così, quando il 10 aprile, trentacinque civili
sono stati uccisi e cinquanta feriti da aerei da guerra che mitragliavano un
"isolato residenziale densamente popolato" in un quartiere di “Shuja'iyya”,
squadre di protezione civile palestinesi erano sul posto.
Lo
sono sempre. Come facciano nessuno lo sa.
Attualmente
usano reti a strascico, vanghe, unghie e fede per raggiungere le persone
intrappolate.
Il
brutto e il malvagio cercano di sradicare i loro opposti.
Per
riflesso, le società sfacciate, tecnocratiche, atomistiche e irreligiose
dell'Occidente mirano a sradicare comunità diverse dalla loro. Gaza,
decadentemente sveglia e crudelmente impersonale, non lo è.
Gaza,
attesta “Zahad Rahman”, un'infermiera americana che fa volontariato in ciò che
resta dell'enclave, è una società incentrata sulla comunità e sulla gentilezza.
“Rahman non è un palestinese”.
Israele ha assassinato più di 1.000 persone
come lui – "membri delle squadre mediche, di difesa e di soccorso a
Gaza", conferma “B'Tselem” (un'organizzazione israeliana per i diritti
umani).
Nonostante
il rischio, come tanti volontari medici che vanno a Gaza, “Rahman” si è
ritrovato attratto da persone che ti darebbero la loro maglietta anche con il
gelo.
Nella
tradizione del “Ramadan” di " coltivare l'empatia ", tra le rovine ,
gli abitanti di Gaza hanno quindi imbandito le tavole per festeggiare .
L'”Eid
al-Fitr”, in particolare, spiega l'Imam “Dr. Omar Suleiman”, studioso e
teologo, "ha lo scopo di perpetuare quell'empatia nelle nostre
celebrazioni.
La mattina dell'Eid “, ogni musulmano è tenuto
a pagare la “Zakat al-Fitr” , una forma di carità pensata per garantire che
nessuno venga escluso dalla festa.
È una
pratica meravigliosa:
un
modo per dire che la gioia è completa solo quando condivisa, che la nostra
celebrazione non ha senso se gli altri muoiono di fame".
Inevitabilmente,
la spiritualità dell'”Eid al-Fitr” venne distrutta dalla barbarie israeliana.
Mentre
100 bambini palestinesi vengono " uccisi o feriti a Gaza ogni giorno
", da quando [il genocidio] è ripreso, gli israeliani hanno imposto una
classificazione di disabilità a " oltre 20.000" dei loro figli sani e
salvi.
Vittime del terrore, affermano gli esperti di
salute mentale dello Stato israeliano.
Il “Manuale
Psichiatrico Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” ( DSM ) è un
manuale in continua evoluzione, giunto ormai alla sua quinta edizione.
I criteri per la creazione di una malattia
secondo il DSM, o manuali simili sviluppati dall'industria, sono malleabili.
Nella
vita reale, senza bisogno di un manuale psichiatrico, decine di migliaia di
bambini palestinesi vengono terrorizzati, sono in realtà morti, mutilati,
segnati mentalmente a vita, orfani senza un'anima al mondo.
Eppure,
si può ben capire perché i loro avversari israeliani – predatori che si
presentano come prede– vorrebbero etichettare anche il bambino palestinese come
un irrimediabile terrorista in divenire.
Come
molte delle loro figure formative, i bambini palestinesi sono formidabili,
feroci.
In
mezzo alla preoccupazione e allo sfinimento di trovare cibo e rimanere in vita,
un lapsus di una ragazza compone e recitala poesia della resistenza:
"Sono
palestinese e ne sono orgoglioso."
"Sono
orgogliosa perché sono una ragazza forte e coraggiosa, la figlia degli
eroi."
"La
figlia di Gaza, la terra dei liberi..."
E così
procede in un arabo modulato e melodico.
Qui un'altra giovane ragazza palestinese ferma
il suo idolo, il defunto signor “Shabat”, di cui sopra, per esprimergli la sua
ammirazione. Da grande, vuole diventare una giornalista coraggiosa come il suo eroe,
da allora martirizzato. Sono bambine molto equilibrate.
Se noi
occidentali siamo il popolo più propagandato al mondo, i cittadini di Gaza sono
quelli meno propagandati. Apparentemente prigionieri, i cittadini di Gaza sono
liberati dalla propaganda politica illiberale che attanaglia l'Occidente.
E “Gabi
Siboni” lo sa.
Ex
colonnello delle IDF, ora membro irriflessivo dei think tank israeliani,
riflette il discorso pubblico e politico ebraico-israeliano.
Per i
cittadini di Gaza, Siboni esprime disprezzo e intenti genocidi, ma anche una
comprensione distorta della ferocia dei gazawi nel liberare la loro patria
ancestrale.
Ha
detto Siboni:
"Hamas
non è il problema di Gaza. Hamas è il sintomo di un problema più grande. La
popolazione di Gaza è una 'folla barbarica'.
Se non
vogliamo dissanguare i nostri soldati per decenni – perché a Gaza ci saranno
Hamas B e C – l'unica soluzione è la 'visione' di Trump".
Sidoni
è molto più onesto, e solo un po' meno sottile, dell'oleoso “Bernie Sanders”,
un sionista liberale non riconciliato.
Gaza
non c'è più a causa di una campagna concertata per spazzarla via; a causa dello
sterminio e dello spopolamento; non a causa dell'"autodifesa
israeliana", che è quando uno stato sovrano respinge gli eserciti di altri
stati-nazione sovrani. Eppure, "nell'anno 2025", ii comizi di massa
di Sanders sono decorati con la frase "Israele ha il diritto di
difendersi".
I
sofismi di Bernie Sanders dovrebbero far esplodere il cervello come un deposito
di munizioni!
Il
genocidio è la prova del fuoco.
L'insistenza
di Sanders, ben oltre il genocidio, sul fatto che "Israele ha il diritto
di difendersi può essere interpretata solo come una palese apologia del
genocidio", propone “Caitlin Johnstone”.
Chiaramente
un esperto di falsità, Sanders, che ha super visionato la rimozione dai suoi
raduni dei manifestanti e della loro bandiera di Palestina Libera, si è
ulteriormente dimostrato come un astuto agente dell'establishment, che cerca di
catturare i democratici ingenui e politicamente senzatetto.
Torniamo
al maleodorante calderone di morte e decadenza che sono le Forze di Difesa
Israeliane.
(O
forse le feci della difesa israeliana?)
Un
nuovo carico di dolore è arrivato, a marzo, agli abitanti del campo profughi di
“al-Faraa,” ai piedi della “Valle del Giordano”, nella Cisgiordania
settentrionale occupata.
I soldati israeliani, sciatti, hanno un
marchio familiare. Lasciano escrementi umani nelle case che distruggono:
"Feci,
urina e preservativi usati: sono solo alcune delle cose che i soldati
israeliani hanno lasciato nelle case palestinesi durante il loro assalto durato
11 giorni [a marzo]", riporta “Electronic Intifada”.
Il
fatto che le IDF abbiano una documentata "tradizione" di defecare e
urinare nelle case della Cisgiordania e di Gaza che occupano e vandalizzano è
confermato da un articolo del 2014 sul “Guardian”:
"I
palestinesi che tornano a casa trovano le truppe israeliane che hanno lasciato
feci e graffiti velenosi".
Qualcuno
dovrebbe mettere le IDF nei loro stessi guai per dar loro una lezione, una
volta per tutte.
Nessuno l'ha fatto.
Sì,
Israele fa sembrare le atrocità passate e presenti un gioco di società.
Eppure, questo recente resoconto di
preservativi usati lasciati dalle IDF in queste case della Cisgiordania lascia
perplesso persino me.
Perché perplesso?
Sappiamo
che, nonostante la rassicurante designazione ufficiale di alcune donne
israeliane come soldatesse combattenti, le poche donne in ruoli di
combattimento " non vengono esplicitamente impiegate in situazioni di
combattimento ".
Durante
queste apparenti incursioni "militari", le IDF operano, credo, come
una forza "combattente" composta esclusivamente da uomini.
Allora,
perché i preservativi lasciati nelle case palestinesi vandalizzate, nel corso
dei “baccanali dionisiaci dell'IDF” in Cisgiordania?
Di chi sono, esattamente?
“Ha'aretz”,
ho notato, annacqua la dissolutezza, ma non perché nasconda la verità per la
"Patria".
Dicono
la verità ma la inquadrano in modo diverso.
Così,
la dissolutezza dell'IDF in uniforme non sembra essere un grosso problema nello
Stato di Israele.
Israele
non sembra condividere la sensibilità americana, almeno così sembra a me, che
ho osservato da vicino questa società in ebraico, per diciotto brutti mesi.
La
cultura americana è piuttosto pudica;
L'estetica espressa da Israele è più
pornografica.
Un esempio sono le immagini familiari dell'IDF
che indossa o rovista nella lingerie sexy di donne palestinesi morte o
espropriate.
Tu ed
io considereremmo queste esibizioni di travestimento tra uomini in uniforme
come inappropriate, perverse.
Non “Haaretz”.
Atti
perversi di codardia e sadismo – invadere case palestinesi, saccheggiare,
vandalizzare e maltrattare effetti personali – un giornalista di Haaretz è
solito etichettarli come "machismo":
"Il
machismo militare dei soldati israeliani a Gaza mostrerà la sua orribile faccia
in patria ", titolava un articolo di Haaretz del gennaio 2025.
Sono
un abbonato.
Leggo
abbastanza di Ha'aretz da avere la sensazione che Israele abbia un'estetica
diversa, non americana.
Prendete questa rappresentazione del “Purim” ,
che un tempo veniva celebrato principalmente come una festa per bambini.
A
" una breve storia del Purim, l'Halloween delle feste ebraiche ",
Ha'aretz ha aggiunto un'immagine erotica di uomini che flirtano e si baciano
profondamente. Ha'aretz sembra considerare quest'immagine appropriata per
Halloween/Purim, sana.
L'unico
giornale ragionevole e di qualità in Israele, “Ha'aretz”, sforna anche un sacco
di “bafflegab”.
L'IDF ha invaso vaste aree della Siria, sta
bombardando il luogo, annettendo chilometri per una cosiddetta zona cuscinetto,
e facendo apertura a certe comunità siriane intimidite in modo da dividere e
governare ulteriormente quel paese.
Anche
gli opposti assoluti sono i palestinesi. Se i palestinesi sono uniti nello yen
per la libertà; I circuiti israeliani sono cablati per la crudeltà.
Il
ministro della Difesa “Israel Katz” ha minacciato duramente tutti i civili di
Gaza il 19 marzo 2025.
Come dice un adagio su Twitter ,
"Tradurre un tweet israeliano dall'ebraico è come ritrovare una pagina
perduta del Mein Kampf ".
Ascoltate
il " suono dell'impunità " e, a dire il vero, non credete mai a una
traduzione ebraico-inglese che vi arrivi tramite le autorità israeliane.
Queste
sono le parole precise di “Katz” tradotte dall' ebraico:
"Residenti
di Gaza, questo è l'ultimo avvertimento.
Il primo “Sinwar” distrusse Gaza.
Il secondo “Sinwar” la rovinerà completamente.
L'assalto
dell'aviazione contro i terroristi di Hamas è solo il primo passo.
Il
resto sarà molte volte più difficile e pagherai il prezzo intero.
Presto
inizieranno le evacuazioni dalle aree.
Se
tutti gli ostaggi israeliani non saranno rilasciati, e Hamas non sarà espulso
da Gaza, Israele agirà con il tipo di forza a voi sconosciuto “Accettate
l'offerta del presidente degli Stati Uniti”: restituite gli ostaggi ed
espellete "Hamas", e altre opzioni si apriranno davanti a voi,
compresa la migrazione in altri luoghi in tutto il mondo, per chiunque lo
desideri.
Il
Ministro della Difesa “Katz” ha ribadito, il 16 aprile, la sua politica di
"bloccare l'ingresso di aiuti umanitari a Gaza".
"La
politica dello Stato di Israele è chiara.
Nessun
aiuto umanitario entrerà a Gaza, poiché questa è una delle nostre principali
tattiche di pressione" con Hamas.
Nella
realtà attuale, nessuno intende discostarsi da questa politica, ha sbraitato
Katz.
In un
istante, il Ministro Katz aveva pacificato il "Forum Ostaggi e Famiglie
Scomparse".
Pur
"sottolineando che il rilascio degli ostaggi e la continuazione della
guerra non possono avvenire simultaneamente", il gruppo aveva comunque
condannato il governo israeliano per "essersi preparato silenziosamente a
ripristinare gli aiuti umanitari".
(Newsletter
"Israel News" di Ha'aretz, mercoledì 16.04.2025)
Nel
complesso, è stato ampiamente accertato che, dal custode al generale, dai
soldati ai giudici della “Corte Suprema”, a parole e nei fatti, la società
israeliana condivide generalmente la mentalità genocida.
Le eccezioni sono pochi gruppi arabo-ebraici,
fortemente proibiti e minuscoli ("circa 300 israeliani vengono a mostrare
le foto dei bambini di Gaza"), pro-pace. In definitiva, gli israeliani
parlano dei palestinesi come se fossero subumani, intoccabili, innominabili,
privi di voce in capitolo su come vivono o muoiono.
Quando
ho scritto, inoltre, che "la criminalità è codificata nel diritto
israeliano; che il genocidio, i film snuff, gli omicidi extragiudiziali e lo
stupro dei palestinesi sono di fatto legali in Israele ", non stavo
esagerando.
La
criminalità sistemica e sociale è regolarmente codificata dalla corte suprema
di quel Paese.
A fine
marzo è arrivata una sentenza della “Corte Suprema israeliana” , "che
legittimava esplicitamente e direttamente l'illegale blocco israeliano della
Striscia di Gaza".
Tanto
stupida quanto depravata, la corte suprema israeliana ha utilizzato, a sostegno
della sua autorevole sentenza a favore della fame, "l'argomento secondo
cui lo Stato di Israele è esente dagli obblighi di occupazione belligerante
secondo il diritto internazionale in tutti i casi riguardanti la Striscia di
Gaza".
Certo,
si può supporre nella logica, come fa comunicare la corte suprema israeliana,
che non si è obbligati ad aiutare gli esseri umani morenti.
Ma non si può sostenere in modo convincente e
razionale il proprio diritto di impedire agli altri di nutrire e guarire gli
esseri umani morenti.
Ciò
mostra un difetto nella facoltà di ragionare, così come un difetto di
carattere. Per impostazione predefinita, l'esito della sentenza dell'Alta Corte
israeliana è la morte della popolazione affamata: il processo di omicidio di
massa si svolgerà fino alla sua conclusione legislativa.
La
colpa dell'inazione è ora tutta di coloro che non agiranno per salvare gli
abitanti di Gaza:
gli
Stati Uniti, i paesi dell'Europa occidentale e dell'Europa orientale, i governi
dell'Asia orientale e occidentale.
Le
emanazioni provenienti dalle menti della “Corte Suprema israeliana” sono di una
rozzezza e di una banalità che stordiscono la mente.
Ciò
che più conta ai nostri fini è che Israele non gode di una magistratura
indipendente.
Eppure
Israele sfrutta regolarmente il principio di complementarietà del diritto
internazionale, secondo il quale la “Corte Penale Internazionale” (CPI)
condivide la giurisdizione legale con lo “Stato nazionale democratico” sotto
inchiesta, a condizione che quest'ultimo disponga di una magistratura
indipendente.
Attenzione!
Con una rapidità camaleontica, Israele di solito si affretta a
"indagare" su sé stesso e a sfruttare il principio di
complementarietà, quando il mondo sembra averne abbastanza.
Le
indagini legali condotte da Israele sui propri crimini fanno parte della
sovrastruttura israeliana dell'inganno.
I procedimenti penali nominali, o indagini
surrogate, da parte dell'Israele genocida per i suoi crimini contro gli arabi
devono essere trattati come parte della meta-imbroglio di “Hasbara” , volta a
nascondere le tendenze palesemente dispotiche dello Stato israeliano.
Nel
frattempo, Donald Trump, come Joe Biden prima di lui, ha reso gli americani
complici dei crimini di Israele.
Una
nefasta congiunzione di eventi orchestrata da Trump ha ulteriormente spinto la
leadership israeliana a perseguire il suo obiettivo genocida, mentre i suoi
rappresentanti e influenzatori negli Stati Uniti ci zittiscono con successo e
violano le tutele della “nostra Carta dei Diritti”, incluso il diritto di
pensare e parlare liberamente sancito dal Primo Emendamento.
Il
livello di "cattura dello Stato" da parte di Israele, un piccolo e
oppressivo regime straniero, è senza precedenti, inveisce “Craig Mokhiber “,
attivista e studioso di diritto internazionale umanitario.
Questa
è una "cattura dello Stato" a ogni livello: estero e nazionale,
federale, statale, provinciale e comunale.
Per
Israele, le forze dell'ordine, sotto questo e il precedente governo, sono
disposte a mettere a tacere e a far sparire gli attivisti contro il genocidio
per aver esercitato le nostre libertà americane.
Assurdo,
certo, ma gli agenti dell'”Immigration and Customs Enforcement di Trump”
avevano twittato che il loro compito è fermare le idee illegali al confine con
gli Stati Uniti:
"Persone,
denaro, prodotti, idee. Se attraversano illegalmente il confine con gli Stati
Uniti, il nostro compito è fermarli ".
(Ilana
Mercer , autrice, saggista e teorica paleolibertaria, dal 1998 scrive di una
campagna contro la guerra e il woke, a partire dal Canada. ILANA è descritta
come " una creatrice di sistemi ".)
Il
destino dell’Ucraina:
"Putin
e Zelensky si odiano".
Trump:
la pace è difficile.
Msn.com
– Quotidiano.net – Marta Ottaviani – Redazione – (04-05-2025) - ci dice:
Il
presidente Trump si è improvvisamente reso conto che forse la pace fra Ucraina
e Russia è impossibile:
"C’è
un odio tremendo fra Putin e Zelensky. La pace forse è impossibile".
E a tre giorni dall’ottantesimo anniversario
della fine della Seconda guerra mondiale (che in Russia chiamano Grande guerra
patriottica), Mosca ha bombardato nuovamente Kiev, per fortuna senza morti.
Il
presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non crede che la tregua unilaterale
annunciata dal Cremlino, dall’8 al 10 maggio, verrà rispettata e nello stesso
tempo ha dichiarato di non poter garantire la sicurezza della parata sulla
Piazza Rossa il 9 maggio, alla quale parteciperà anche il presidente Xi Jinping
e che rappresenta l’apoteosi della propaganda putiniana.
A
Washington il senso di impotenza è palpabile, complicato dal fatto che,
essendosi aggiudicata lo sfruttamento di minerali strategici per almeno 10
anni, dovrà intervenire almeno per garantire la sicurezza di quelle zone, che
però si trovano quasi tutte vicino alla linea del fronte.
Oltre
ad aver palesemente fallito il proposito di far finire la guerra entro 24 ore,
come promesso in campagna elettorale, con tutto il danno reputazionale che ne
consegue.
Certo, l’ipotesi di portare la Russia dalla
sua parte sembra lontana anni luce.
Non
solo “Xi Jinping” parteciperà alla parata dell’8 maggio, starà nel Paese per
ben quattro giorni, segno che la sinergia fra Mosca e Pechino è più forte che
mai. Proprio Putin, ha dichiarato che l’amicizia con Pechino è destinata a
rafforzare l’ordine globale e che prima o poi "sarà inevitabile
riconciliarsi con l’Ucraina".
Salvo
aggiungere: "Ma io posso vincere anche senza atomica".
Il
presidente Zelensky, dal canto suo, ha bollato il numero uno del Cremlino come
"cinico" e torna in pressing sull’Europa.
Ieri,
durante una visita ufficiale a Praga con la moglie Olena, ha ringraziato per il
sostegno ricevuto, ma ha anche lanciato una frecciatina.
"Ci sono Paesi – ha detto – che frenano
l’ingresso di Kiev nella Ue".
Un
riferimento, nemmeno troppo velato all’Ungheria di Viktor Orban e alla
Slovacchia di Robert Fico.
Proprio
il numero uno di Budapest, ieri nella mattina, aveva dichiarato che il Paese
non aveva alcuna intenzione di dare la luce verde a Kiev.
Sul
“New York Times”, intanto, è comparsa la notizia che gli Stati Uniti hanno
spostato una batteria di missili da difesa Patriot da Israele verso l’Ucraina.
Una seconda batteria potrebbe arrivare dalla
Germania e dalla Grecia.
Segno
che fra Stati Uniti ed Europa, comunque, si dialoga e che, se proprio non la si
vuole o non la si può aiutare a contrattaccare, almeno si stanno mettendo
insieme le forze per continuare a difenderla.
La
guerra inizia a diventare un peso anche per la Russia sotto più aspetti.
La speranza è che il logoramento prima o poi
aggioga anche Mosca e che rinunci a una parte di territori conquistati.
(Marta
Ottaviani).
Marco
Rubio: “in Germania
Tirannia
Mascherata.”
Conoscenzeaconfine.it
– (4 Maggio 2025) - Redazione – Imola Oggi – ci dice:
In
Germania, il partito” Afd” è stato dichiarato un “pericolo per la democrazia”.
La
decisione è stata presa dei servizi segreti che hanno citato come causa le
posizioni del partito di destra contro l’immigrazione selvaggia, ritenute
discriminatorie verso interi segmenti della popolazione.
Ora il parlamento potrebbe chiedere lo
scioglimento del secondo partito del paese.
Il
segretario di Stato Usa ha commentato molto duramente la decisione:
“La
Germania ha appena conferito alla sua agenzia di spionaggio nuovi poteri per
sorvegliare l’opposizione. Questa non è democrazia, è tirannia mascherata.
Ciò
che è veramente estremista non è il popolare “AfD”, arrivato secondo alle
recenti elezioni, bensì le letali politiche di immigrazione aperta alle
frontiere dell’establishment, a cui l’”AfD “si oppone.”
Il
vicepresidente “JD Vance” ha rincarato la dose:
“AfD è
il partito più popolare in Germania e di gran lunga il più rappresentativo
della Germania Est.
Ora i
burocrati cercano di distruggerlo.
L’Occidente ha abbattuto il Muro di Berlino
insieme.
E
questo è stato ricostruito, non dai sovietici o dai russi, ma
dall’establishment tedesco.”
(imolaoggi.it/2025/05/03/rubio-in-germania-tirannia-mascherata/).
I
signori della guerra.
Messaggerosantantonio.it
– (09 Aprile 2025) - Ugo Lucio Borga – ci dice:
Da
decenni nella Repubblica Democratica del Congo si combatte una guerra di cui la
popolazione civile sta pagando il prezzo più alto.
Alla
base del conflitto, il controllo di una delle regioni più ricche del pianeta in
termini di risorse del sottosuolo.
Arrivano
alla spicciolata, gli uomini di “Ruthsuru”.
Imbustati nei loro abiti migliori, lo sguardo
fisso sulle scarpe gelosamente conservate per le funzioni domenicali,
s’incamminano, incerti, tra i miliziani tutsi disposti lungo la strada del
villaggio, in un cordone bellicoso e carnevalesco da cui esala un forte odore
di alcol a buon mercato e una manifesta propensione alla violenza
indiscriminata.
All’altezza
della stazione radio del villaggio, distrutta pochi giorni prima, gli uomini si
incolonnano in attesa di essere identificati.
Poi,
uno alla volta, in silenzio, svaniscono nella penombra dell’aula della scuola
in cui sono stati convocati per la seduta di rieducazione politica, e prendono
posto su banchi ridicolmente piccoli, destinati ai bambini.
Alle loro spalle, appoggiati ai muri, i
miliziani tutsi imbracciano i kalashnikov.
Il
generale rinnegato “Laurent Nkunda”, tutsi, psicologo, sedicente pastore della
“Chiesa avventista del settimo giorno”, leader del C.N.D.P, cammina
nervosamente nella stanza, circondato dal suo stato maggiore.
Poi si
ferma.
Appoggia
le mani sulla scrivania.
Si
guarda intorno, lentamente, indugiando sui volti.
«Un
albero può morire – dice –. E restare in piedi.
Può
marcire. E restare in piedi.
Ma
anche un popolo può morire, e marcire, e restare in piedi.
Sono
qui per informarvi, signori, che anche voi siete morti, e state già marcendo».
Nell’aula,
il silenzio è spettrale.
Il signore della guerra cita la Bibbia. Interi
passi a memoria.
Azzarda
parallelismi audaci tra il popolo ebraico e il popolo tutsi, sostenendo il suo
diritto di difendersi.
Si sofferma su Ezechiele: «Le colpe dei padri
– ricorda – ricadono sui figli. Gli hutu sono colpevoli di genocidio fino alla
settima generazione».
Sulla
mimetica porta una spilla: «Rebel for Christ», ribelle per Cristo.
Pochi
giorni prima, il 7 e 8 novembre 2008, le sue milizie hanno massacrato 150
civili nella vicina cittadina di “Kiwanja”, sede di un’importante base della
Monuc (Missione ONU Congo).
L’eccidio
è durato per ore.
I caschi blu hanno osservato la strage,
frementi di rabbia, in attesa di ordini che non sono mai arrivati.
I cancelli sono rimasti chiusi.
Da
quando il generale ribelle dell’esercito congolese “Laurent Nkunda” ha fondato
il movimento politico militare” C.N.D.P”. – Congresso Nazionale per la Difesa
del Popolo – composto perlopiù da combattenti ruandesi, e preso il controllo di
alcune località del “Massisi” e del “Nord Kivu”, minacciando di conquistare
“Goma”, centinaia di migliaia di disperati si sono raccolti nei pressi di
“Kibati”, alle porte della capitale.
Manca
tutto: cibo, acqua, medicine.
Lo
scopo dichiarato del generale “Nkunda” – lo stesso scopo dichiarato oggi dai
ribelli dell’”M23” – è quello di difendere i tutsi congolesi, i “Banyamulenge”,
dalle violenze – ipotetiche – delle “milizie hutu ruandesi”, riunite nelle”
Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda” (FDLR).
Di fatto, è un’operazione di “war making”:
agendo
sulla leva etnica, che rimanda al genocidio ruandese, si può riaccendere il
conflitto con la stessa facilità con cui si preme un interruttore, e inserire
così una guerra di rapina in una cornice di legittimità.
Tra il
2006 e il 2009 il CNDP prende il controllo di una delle regioni più ricche del
pianeta in termini di risorse del sottosuolo, in particolare oro, diamanti,
cobalto, rame e soprattutto coltan, a tutto vantaggio dei finanziatori della
ribellione.
Tra i
quali figura, oggi come allora, il “vicino Ruanda”:
stando
a un recente rapporto delle Nazioni Unite, che ne hanno bloccato
temporaneamente le importazioni, il coltan esportato dal Ruanda proviene da
“Rubaya”, una località congolese occupata, nell’aprile 2024, dall’M23,
movimento ribelle nato dalle ceneri del CNDP del generale Nkunda.
Dal “CNDP”
all’”M23”.
Il
signore della guerra “Laurent Nkunda”, divenuto eccessivamente scomodo a causa
delle accuse mosse, nei suoi confronti, dalla” Corte penale internazionale”,
viene arrestato nel gennaio del 2009 durante una operazione militare congiunta
degli eserciti della “RDC” e del “Ruanda”.
Paese
dove ancora risiede, agli arresti domiciliari, nonostante “Kinshasa” ne abbia
chiesto più volte l’estradizione.
Il 23
marzo 2009 il C.N.D.P firma un patto con Kinshasa, che prevede l’integrazione
dei combattenti nelle file dell’esercito congolese.
Tra il 2009 e il 2012, l’esercito congolese
(FARDC- Forze Armate Repubblica Democratica del Congo) organizza varie
spedizioni militari nel Nord Kivu e nel Massisi, nel tentativo di annientare le
forze del Fronte democratico di liberazione del Ruanda, alleate con diversi
gruppi di May May (gruppi di autodifesa), alle quali partecipano, spesso,
ufficiali tutsi ruandesi.
Gli
stupri di massa e le violenze, commessi con lo scopo di forzare la popolazione
ad abbandonare aree ricche di risorse minerarie, raggiungono livelli mai
conosciuti prima.
Nel
2012 gli ex militari tutsi del CNDP si ribellano nuovamente, dichiarando che i
patti stretti con il Governo non sono stati rispettati.
Nasce così il “movimento M23”, che converge
nell’”Alleanza del Fiume Congo”, un’organizzazione politico-militare che si
oppone al presidente congolese “Félix Tshisekedi”.
“Corneille
Nagaa”, ex presidente della commissione elettorale ed ex sostenitore dello
stesso “Tshisekedi”, è oggi il capo politico del movimento, mentre il
comandante militare dell’M23 è “Sultani Makenga”, combattente di lungo corso,
strettamente legato a “Laurent Nkunda”, con cui ha combattuto tra le fila
dell’Rpf guidato dal presidente ruandese Paul Kagame, e il suo luogotenente “Bosco
Ntaganda”, condannato a trent’anni di carcere dalla Corte penale internazionale
per stupri di massa e vari crimini, tra cui l’arruolamento forzato di bambini
soldato.
La
conquista di “Goma” e “Bukavu”.
Mentre
gli scontri continuano nella provincia mineraria del Nord Kivu, aggravando una
crisi che in un decennio ha causato milioni di morti e sfollati, il 27 gennaio
2025 l’M23 marcia sulla capitale del Nord Kivu, Goma, e la conquista.
Il problema è che non è in grado di
controllarla.
«Siamo
scappati di notte, e ci siamo rifugiati in Uganda - racconta C.M. -.
Abbiamo
visto molti cadaveri lungo la strada, ma identificare gli autori dei massacri è
difficile, tutti indossano le stesse divise, imbracciano le stesse armi,
parlano la stessa lingua.
Ancora
oggi la città è molto insicura:
ci
sono formate sacche di resistenza nei sobborghi della capitale, composte
perlopiù da soldati sbandati delle “FARDC “(Forze Armate Repubblica Democratica
del Congo),” wazalendo” (in swahili: patrioti) e banditi comuni che stuprano,
razziano, attaccano i civili.
Qui,
in questo campo, non abbiamo nulla.
Una
bottiglia di acqua sporca, raccolta a terra, costa 1 dollaro e mezzo.
Io e la mia famiglia ci siamo costruiti un
riparo con dei mattoni di fango e dei teli di plastica.
Ma le
condizioni sono disumane».
Le
pressioni internazionali e soprattutto l’iniziativa della Conferenza episcopale
nazionale del Congo, i cui inviati hanno raggiunto Goma il 12 febbraio,
accompagnati dai delegati protestanti della Chiesa di Cristo in Congo, hanno
ottenuto un fragile «cessate il fuoco», che da subito è apparso più simile a
una pausa tattica utile a riorganizzare le truppe.
Il 26
febbraio l’M23 ha preso il controllo di Bukavu, capitale del Sud Kivu.
Non
c’è certezza sui numeri, ma il bilancio sembra essere compreso tra i 3mila
(ONU) e i 6mila morti (fonti locali).
I
signori della guerra, l’azzardo
occidentale
e la lezione dello Zar.
Ariannaeditrice.it
– Il fatto quotidiano - Fabio Mini – (25/06/2023) – ci dice:
Le
aspettative e le illusioni di avere il privilegio di assistere da una comoda
poltrona all’ennesima guerra europea finalmente in chiave moderna, anzi
post-moderna, futuribile perché tecnologica, razionale, limitata, lontana e per
“conto terzi”, sono state disattese.
La guerra in Ucraina si è rivelata il solito
tritacarne straripante di cinismo e ideologia.
I
pochi vecchi sopravvissuti della Guerra mondiale ci hanno rivisto le brutture
già sofferte.
I veterani della Guerra fredda hanno
rinverdito i ricordi e le tecniche di analisi dei conflitti contando i tank e
le brigate corazzate con il latente terrore che potesse succedere una
catastrofe.
Questa
guerra ci ha dimostrato una volta di più che dalla storia s’impara poco e dalla
guerra quasi nulla.
Ma
come se non bastasse un salto all’indietro di un secolo, in questi giorni la
guerra ci offre l’opportunità di un salto di 7-8 secoli:
il ritorno dei mercenari, delle compagnie di
ventura, anche se i capitani di oggi non brillano per intelligenza e coraggio
come alcuni del passato.
Il mercenariato era quasi scomparso dai campi
di battaglia con l’avvento della guerra di popolo, con la costituzione di
eserciti nazionali e con lo scontro fra Stati e non tra religioni o casate.
Rimanevano
alcune organizzazioni di soldati di ventura che in realtà erano formazioni
paramilitari per compiti che i governi non potevano assolvere apertamente.
Con la professionalizzazione delle forze
armate in quasi tutto il mondo si è anche avviata la privatizzazione della
guerra e la costituzione delle compagnie private militari o di sicurezza.
Gli
eserciti professionali hanno bisogno di una componente operativa giovane e le
compagnie private sono diventate il serbatoio legale dove inserire i congedati.
La “sistemazione” dopo il servizio volontario
per 3, 6 o 12 anni è stata vista come un ammortizzatore sociale per le forze
regolari e come un contributo statale alle imprese private che così hanno a
disposizione personale addestrato.
L’esercito inglese ha istituzionalizzato tale
passaggio mentre tutti gli altri paesi mantengono i rapporti con le compagnie
private sia con contratti miliardari sia fornendo personale specializzato sia
inserendo ufficiali e generali nei loro vertici.
La
logica di questo mercenariato è quindi il mutuo profitto, ma l’impiego dei
mercenari da sempre pone dei problemi non soltanto etici, ma di affidabilità.
Ci
sono mercenari che hanno un limite contrattuale in relazione ai compiti e ai
rischi.
Quello
di morire per un contratto deve esser remunerato molto bene, ma ci sono
mercenari che pur di ammazzare pagherebbero loro.
In
Ucraina i mercenari isolati e quelli dipendenti da compagnie private sono stati
inseriti in unità controllate dal ministero dell’Interno e della Difesa, che
tuttavia garantiscono l’impunità per eventuali crimini.
I
fondi per mantenere questi combattenti internazionali sono gli stessi dati
all’Ucraina perché “si difenda”.
In
Russia il gruppo Wagner è nato nel 2014 esattamente come gli altri statunitensi
e inglesi:
assolvere
compiti pubblicamente non affidabili alle forze armate, costituire sbocco
“occupazionale” per i congedati e arricchire i vertici.
Durante la guerra in Ucraina, Wagner è
intervenuto su mandato di Putin con la garanzia che le forze armate regolari lo
avrebbero sostenuto.
Questo
non è stato molto gradito dai vertici militari, che hanno anche assistito sul
campo ai soprusi dei mercenari e soprattutto hanno visto affluire nelle loro
file anche personale non scelto e perfino criminali.
Il capo di Wagner, Prigozhin, ha aperto quasi
subito un forte contrasto con l’esercito e manifestato velleità politiche non
in linea con le intenzioni di Mosca. Nel braccio di ferro sulla questione di “Bakhmut”,
lo stesso Putin ha mostrato diffidenza nei riguardi del gruppo che sempre di
più si presentava disponibile “al miglior offerente”.
Prigozhin
di fatto si qualificava come un signore della guerra autonomo con una milizia
privata numerosa che aveva mire di potere su tutto il Donbass.
Gli stessi capi delle due repubbliche Lugansk
e Donetsk temevano più i progetti di Prigozhin che quelli di Zelensky.
La
rivolta di questi giorni e l’accenno di marcia su Mosca sono gli sviluppi
“naturali” di bande e signori della guerra fuori controllo.
Tuttavia
la Russia ha una minaccia interna armata – anche se con scarsi rifornimenti –
ben più grave dell’offensiva ucraina.
Non si
tratta solo di un “traditore” a capo di 25mila uomini che si ribellano, ma di
quanti all’interno delle strutture di potere e dall’esterno del Paese lo
sostengono e appoggiano una dimostrazione di forza per scardinare l’intero
sistema.
Nonostante
l’evolversi della situazione, restano i presupposti perché quanto anticipato da
Stati Uniti e Gran Bretagna nei riguardi del piano di eliminazione del potere
di Putin si avveri nonostante le incognite che tale piano comporta.
Non
sarebbe peregrino, ma nemmeno razionale che un tale piano fosse stato affidato
a un inaffidabile contestatore e alla sua banda armata.
Ma non
sarebbe una novità.
I
mujaheddin afghani e gli stessi Talebani ricevettero l’aiuto di Usa e Pakistan
contro il governo filosovietico.
Ci
sono i presupposti perché l’Ucraina e i suoi sponsor occidentali approfittino
della crisi interna russa per una spallata.
Ma la
reazione russa potrebbe non essere simmetrica o proporzionale.
Di
certo ci sono preoccupanti segnali che gli ultimi gravi eventi non siano
casuali o indipendenti.
L’offensiva
ucraina che parte nelle stesse ore della distruzione della diga;
Wagner
che dopo aver lasciato il campo di “Bakhmut “alle truppe regolari con tanto di
cerimonie le attacca;
l’offensiva
che perde e macina tutti i migliori armamenti occidentali e gli Stati Uniti che
non chiedono agli alleati d’inviare armi, ma promettono altri miliardi di
dollari.
Quale
è il piano di Prigozhin oltre all’ovvia mira politica?
Vuole
una parte di “quei” miliardi o altri miliardi di rubli?
Vuole
la testa dei generali o quella di Putin?
E a chi vuole esibire le teste mozzate?
Al
popolo russo o agli ucraini e alla Nato?
Di
certo si rende conto che la sua minaccia è anche la sua condanna, ma quali
promesse e garanzie ha ricevuto per un cambio di bandiera e da chi?
In questo momento si può misurare quanto Putin
e i suoi contino e quali siano le prospettive.
Se si
trattasse di un tentativo di golpe interno, ci sarebbe poi l’incognita della
successione e della possibile guerra civile.
Prigozhin
o simile al posto di Putin non è un sogno per nessuno.
Se si
trattasse di un tentativo colpo di Stato eterodiretto, la folla di leader
occidentali guerrafondai una volta festeggiata la riuscita dovrebbe occuparsi
dell’incubo per l’Europa nelle loro mani di una Russia sconfitta, ma non
debellata.
Se
invece il putsch non riuscisse, come pare, lo sviluppo più probabile sarebbe la
ripetizione di qualcosa già accaduto in Russia.
Nel
1698 ai reggimenti di truppe scelte degli “streltsy” che da Mosca erano stati
mandati a combattere contro i turchi ai confini con la Crimea furono promessi
soldi, terreni e il rientro alle proprie case.
Furono invece trasferiti a 500 chilometri
dalla Capitale e nessuna garanzia per il futuro.
Mentre
lo zar era in missione in Europa, quattro reggimenti (4000 uomini) durante il
trasferimento da Azov deviarono su Mosca con l’intenzione di eliminare i
boiardi e mettere sul trono la ex-reggente Sofia.
La
rivolta fu domata dal generale scozzese “Patrick Gordon”, già tutore di “Pietro”,
e dopo le prime indagini 57 ufficiali “streltsy” furono condannati a morte
mentre il resto fu mandato in esilio.
Al suo
rientro a Mosca, “Pietro” non si accontentò dei provvedimenti e avviò un’altra
indagine sui responsabili e sui mandanti.
Gli “streltsy
ribelli” e quelli di stanza a Mosca furono torturati, messi in graticola,
ridotti a brandelli, ebbero gli arti spappolati, furono accecati, messi alla
ruota e sepolti vivi.
Furono
costretti a confessare anche il falso e la punizione fu feroce.
Furono
giustiziati 1182 soldati.
Altri
601 furono marchiati a fuoco e mutilati.
Nel 1699 il corpo degli “streltsy” fu sciolto.
Un
anno dopo Pietro revocò il provvedimento e li mandò a combattere nella campagna
nordica dove si distinsero per disciplina e coraggio.
Se
Pietro avesse scoperto che i mandanti della rivolta e i loro complici erano
esterni, la sua spietata punizione si sarebbe rivolta anche all’Europa.
Si
dice che Putin abbia come modello proprio lo “zar Pietro”, che rese grande la
Russia e sé stesso con le riforme e i negoziati e non grazie ai suoi oltre due
metri d’altezza o alle guerre.
Ma nel
mondo non ci sono più gli zar di una volta.
(Ucraina:
Il mondo al bivio).
Una
lettera aperta ai liberali.
Unz.com - David Skrbina – (1° maggio 2025) –
ci dice:
Miei
cari amici,
È un
momento difficile per essere un liberale. Lo so, perché lo ero io.
O
meglio, lo sono ancora, ma un vero liberale, a differenza dei molti falsi
liberali là fuori.
Permettetemi
di spiegare.
Molto
tempo fa, quando ero uno studente universitario idealista, apprezzavo i miei
alti principi morali, la mia fede nella vaga nozione di uguaglianza umana, la
mia fiducia nelle autorità e la mia apertura mentale.
Credevo
che la maggior parte delle persone in posizioni di potere fossero ben
intenzionate, anche se un po' fuorviate, e che le situazioni politiche ed
economiche si trovassero in difficoltà soprattutto a causa della sfortuna o di
occasionali cattivi attori.
Credo
che le persone dovessero essere giudicate come individui e che qualsiasi
valutazione di interi gruppi costituisse una generalizzazione radicale o una
caricatura priva di merito.
Credo che tutte le persone e tutte le razze
possano vivere insieme;
credevo che dovessimo qualcosa ai meno
fortunati della società, non importa chi fossero.
Credevo
che, in linea di massima, il sistema americano funzionasse e che i migliori
sarebbero saliti nella società e avrebbero prosperato.
E credevo che quasi tutti condividessero
queste opinioni.
Ma in
seguito ho scoperto che mi sbagliavo su quasi tutti i fronti.
Anni
di riflessione, ricerca, discussione, esperienza personale e vita quotidiana
attenta hanno dimostrato la mancanza delle mie precedenti opinioni;
Uno dopo l'altro, si sono erosi.
Ho
scoperto che le caratteristiche del gruppo sono reali e oggettive, e che sono
indicative di ampie tendenze sociali, anche se esistono molte eccezioni
individuali.
Ho
visto azioni sistemiche nel mondo accademico, nei media, nel governo e nelle
imprese per promuovere determinati valori, per denigrare altri valori e per
promuovere una certa visione del mondo o mentalità a beneficio di persone
specifiche.
Mi
sono reso conto che la corruzione nelle istituzioni sociali era molto più
profonda e radicata di quanto osassi credere.
Mi
resi conto che la religione – e in particolare il cristianesimo – era una forza
malevola nella società, che serviva a beneficio di un certo gruppo di persone a
spese di molti altri.
Sono arrivato a capire che gran parte della
storia è stata distorta, travisata o addirittura falsificata.
Pensavo
di vivere in un mondo in gran parte di mentalità aperta e liberale, ma ho
scoperto, con mio sgomento, che vivevo in un mondo controllato e manipolato.
La
goccia che ha fatto traboccare il vaso, per me, è stata la consapevolezza che
molte persone in posizioni di autorità sapevano anche molte di queste cose, ma
che non hanno detto nulla, le hanno coperte o vi hanno partecipato attivamente.
In
breve, mi sono reso conto che mi avevano mentito o ingannato su larga scala,
per anni, da persone praticamente a tutti i livelli della società, persone di
cui mi fidavo e che rispettavo.
Non so
voi, miei amici liberali, ma se c'è una cosa che odio in questo mondo, è essere
ingannato da persone che detengono l'autorità.
Posso
perdonare l'ignoranza e posso perdonare l'ingenuità, ma l'inganno intenzionale
è imperdonabile.
"Tu
lo sapevi meglio", dissi (in senso figurato) alle persone al potere;
"
Sapevi che era sbagliato, sapevi cosa stava succedendo, ma non hai detto nulla
". Peggio: "L'hai sostenuto e ne hai tratto profitto ".
Questo
ha definitivamente distrutto il mio liberalismo ingenuo.
Permettetemi
di offrire qualche dettaglio specifico, a partire dalla questione razziale.
Da
bambino non ho avuto praticamente alcun contatto con i neri, almeno fino alla
fine del liceo.
Lo consideravo vagamente un bene, dato che la
mia limitata conoscenza della cultura nera si basava su quella di chi viveva
nel nostro quartiere periferico, un posto decisamente sgradevole in cui vivere.
Ma
loro avevano la loro sfera di vita, noi la nostra, niente di che.
Poi,
quando ho dovuto fare domanda per l'università, mi sono imbattuto nella
questione delle azioni positive, che stava appena prendendo forma in quel
periodo;
le quote razziali erano state dichiarate
illegali, ma la razza poteva ancora essere utilizzata come fattore di
ammissione all'università.
Sono
stato ammesso senza problemi, ma altri compagni di classe non sono stati
ammessi, e non è chiaro quanti abbiano perso posti a favore di neri o altre
minoranze altrimenti meno qualificati.
La
giustificazione ufficiale per le azioni positive nelle ammissioni universitarie
è sempre stata "porre rimedio alle discriminazioni passate e
presenti";
ma che
relazione c'è tra questo e il nero meno qualificato che è stato ammesso?
È stata la discriminazione a renderlo meno
qualificato in primo luogo?
E perché penalizzare il mio amico diciottenne
che non ha mai discriminato nessuno?
I figli stanno forse pagando per le colpe dei
padri?
(Quanto
è tipico dell'Antico Testamento!)
E si
aiutavano davvero i neri meno qualificati, lasciandoli entrare, solo per
vederli lottare e fallire a tassi sproporzionatamente alti?
Secondo dati recenti, il 68% dei bianchi si
laurea entro sei anni dal termine degli studi universitari, contro solo il 45%
dei neri.
Perché?
Può trattarsi di "razzismo sistemico"?
Comunque
sia, l'azione affermativa potrebbe essere tollerabile se ci fosse un piano
concreto con obiettivi concreti.
Ma non
c'era; non c'è mai, con i nostri amministratori progressisti.
Se
avessero detto:
"Guardate, abbiamo bisogno di azioni
affermative per interrompere il ciclo delle famiglie nere senza laurea.
Quindi,
dobbiamo farlo per 20 anni, per crescere un'intera generazione di neri
laureati.
Poi,
tutto sarà in pareggio e potremo tornare alle ammissioni normali, basate sul
merito".
Se
avessero detto questo, e fornito dati a supporto, avrei potuto essere
d'accordo. Ma ovviamente non hanno detto nulla del genere.
Ovviamente,
c'è forse una persona sana di mente che pensi che dopo 20 anni di trattamento
preferenziale, i neri otterrebbero prestazioni pari a quelle dei bianchi? Certo
che no!
Trent'anni?
Cinquant'anni? Certo che no.
La
realtà è che i nostri supervisori progressisti vogliono l'azione affermativa
per sempre.
Questa
è un'ammissione di fallimento.
È un'ammissione che i neri sono congenitamente
incapaci di esibirsi a livelli uguali ai bianchi, e che i bianchi americani
devono pagare per i "peccati" della schiavitù per sempre.
In breve, non c'è soluzione al "problema
nero" in America.
A meno
di liberarci dei neri, dobbiamo pagarne il prezzo per sempre.
O
questo è lo stato di cose liberali.
E poi
c'era la storia.
Ero sempre stato un appassionato della Seconda Guerra
Mondiale, e sono sempre stato affascinato dalla storia tedesca, dalla vita di
Hitler e dal dramma e dalla grandiosità dell'intero evento.
Quindi
mi ci è voluto un po' per rendermi conto che la Seconda Guerra Mondiale è molto
presente nel discorso popolare – in realtà, molto più di quanto ci si possa
ragionevolmente aspettare da un evento che si è verificato diversi decenni fa e
si è svolto in gran parte in altri continenti.
E
naturalmente, la copertura mediatica era così sistematicamente distorta che,
per molto tempo, non me ne sono mai accorto.
Mi ci
sono voluti anni per pormi domande molto basilari: perché ogni aspetto della
Germania di Hitler viene trattato negativamente?
Perché
Hitler è il metro universale del male?
Perché
"nazista" è sinonimo di "cattivo"?
Perché
sentiamo parlare così tanto dell'Olocausto?
Più o
meno nello stesso periodo, mentre progredivo nella mia educazione
"liberale", ho iniziato a riflettere di più sulla situazione ebraica.
Crescendo,
non avevo mai conosciuto nessun ebreo, o almeno nessuno che fosse pubblico.
Una
volta al college, ho incontrato un bel po' di ragazzi nelle residenze che
erano, diciamo, maleducati;
li
chiamavamo "i ragazzi di New York".
Erano
rumorosi, invadenti, odiosi. ... Vabbè, mi sono detto, la gente è gente.
Basta che non si intrometta.
E non
fare programmi per visitare New York!
Solo
più avanti negli anni della mia formazione scolastica mi resi conto che "i
ragazzi di New York" erano tutti, fino all'ultimo, ebrei, e che questo
fatto poteva essere significativo.
Scoprii poi che il mio campus era composto per
circa il 15% da ebrei, in uno stato che ne era forse l'1%.
Aspetta,
come è possibile?
Poi mi
resi conto che il rettore della mia università era ebreo, che quasi metà del “Consiglio
di Reggenza” era ebreo e che una buona parte dei miei professori di materie
umanistiche erano ebrei – aspetta un attimo, come funziona?
Il
buon senso e i valori liberali fondamentali impongono che se l'1% della
popolazione del mio stato è ebraica, circa uno su cento tra i miei compagni di
studio e insegnanti dovrebbe essere ebreo, che uno su cento amministratori
universitari dovrebbe essere ebreo, e così via.
Se
così non fosse – e chiaramente non lo era, per un fattore 10 o più – allora ciò
potrebbe essere dovuto solo a una sorta di "razzismo sistemico" a
favore degli ebrei.
È giusto?
Tutti
quegli edifici che prendono il nome da ricchi donatori ebrei potrebbero avere
qualcosa a che fare con questo?
No,
mai, mi sono detto da uomo liberale.
Proseguendo
negli studi universitari, conseguendo un dottorato di ricerca in filosofia e
diventando docente presso la mia “alma mater,” sono venuto a conoscenza del
movimento "BDS" – gli sforzi universitari per boicottare,
disinvestire e sanzionare Israele per le sue azioni nei territori occupati.
Oggettivamente,
il caso era chiaro:
Israele
violava il diritto internazionale, violava le risoluzioni ONU da decenni, era
coinvolto in periodici episodi di abusi e torture ai danni dei palestinesi,
infliggeva punizioni collettive e commetteva omicidi, crimini di guerra e
crimini contro l'umanità.
Era un caso lampante; naturalmente, qualsiasi
persona riflessiva ed etica avrebbe dovuto ammettere che Israele era in torto –
criminalmente – e che qualsiasi istituzione morale avrebbe voluto dissociarsi,
quantomeno, da tale malvagità. Questo era il minimo indispensabile.
Allora
perché praticamente tutte le “azioni BDS” sono state guidate dagli studenti? O
almeno questo è ciò che mi chiedevo.
Non
sono anche i docenti etici?
Non si
dichiarano anch'essi progressisti?
Molti
di loro non avevano alle spalle una storia personale di proteste contro la
guerra del Vietnam?
Perché
non erano attivi nel BDS?
E lo
stesso vale per gli amministratori, i "leader" nominali
dell'università.
Non
dovrebbero aprire la strada, spingendo per il BDS su tutti i fronti?
Non
sarebbe questo il messaggio migliore di tutti, da un'istituzione progressista
al suo corpo studentesco progressista:
che ci
rifiutiamo di investire e trarre profitto dalla crudeltà e dall'ingiustizia?
Non
sarebbe una vera lezione per gli studenti?
Oh no!
I docenti, a parte me e una manciata di individui coraggiosi, erano invisibili
sull'argomento;
"Non
vogliamo entrare in politica", hanno detto.
E
l'amministrazione universitaria era peggio: si opponeva attivamente al BDS.
Hanno iniziato ad imputare cattivi motivi ai leader degli studenti e dei
docenti sul BDS;
Hanno
iniziato a far rispettare rigidamente le regole di "sicurezza del
campus" che nessuno aveva mai visto prima;
hanno
lavorato per emarginare il sostegno del campus;
e si
sono assicurati che non si spargesse alcuna voce di pubblicità su eventuali
azioni BDS.
(Se
c'è una cosa che le università odiano, è la cattiva pubblicità.)
Quando
sono stati pressati per avere spiegazioni sulla loro resistenza, gli
amministratori hanno regolarmente battuto su come i loro investimenti "non
fossero politici" e su come "i donatori danno soldi per ragioni
specifiche" e quindi, in qualche modo, l'università non poteva
disinvestire da Israele, anche se anni prima aveva fatto proprio questo con
l'apartheid sudafricano.
E i
boicottaggi puramente accademici contro gli studiosi o le istituzioni
israeliane non hanno mai ottenuto nemmeno una sola parola di sostegno.
E
questo, miei amici liberali, è stato 20 anni fa!
È
stato anche trascorrendo del tempo con i nostri studenti arabi che ho sentito
mormorii sul "cosiddetto Olocausto".
Ehi, cosa succede?
Ho fatto qualche ricerca e mi sono subito reso
conto di quanto poco sapessi, e anche di quanto fosse difficile trovare
risposte dirette a domande apparentemente semplici, domande che apparentemente
nessun altro considerava importanti.
Tipo:
quando e come hanno stabilito che 6 milioni di ebrei sono morti?
Dove sono stati uccisi? Con quali mezzi?
Come
funzionavano quelle famigerate camere a gas? E dove sono oggi i resti mortali?
Sono
rimasto francamente scioccato nello scoprire quanto poche informazioni chiare
fossero disponibili su questo importantissimo evento storico.
Mentre
facevo ricerche sull'argomento, è diventato subito ovvio che gran parte della storia
attuale era sbagliata.
I numerosi falsi testimoni, le contraddizioni
interne, le "confessioni" parziali e forzate, le impossibilità
tecniche e le assurdità pratiche – per non parlare del fatto sorprendente che
le affermazioni sui "6 milioni di ebrei sofferenti" erano state al
centro dell'attenzione per anni, decenni, prima della Seconda Guerra Mondiale;
tutto ciò, a mio parere, è stato altamente condannabile per la storia
convenzionale.
Da
progressista ormai in declino, davo per scontato che anche altri sarebbero
stati curiosi al riguardo.
Ma
quando ho iniziato a parlarne con i miei amici progressisti, mi hanno risposto
cose come: "Beh, questo non importa", oppure: "Tutti sanno che
la storia dei 6 milioni è falsa".
Davvero?
Tutti?
Ma facciamo tutti finta che sia vera? Perché?
Per
placare chi?
E se
non importa, perché ce la sbattevano in faccia così spesso?
Perché i libri sull'Olocausto sono obbligatori
nelle nostre scuole?
Perché un film su tre sembra avere qualche
riferimento a Hitler, ai nazisti o all'Olocausto?
Perché
porre semplicemente domande sull'argomento è proibito dalla legge in 19 paesi?
Perché?
I miei amici progressisti non avevano buone
risposte.
Dopo
ulteriori approfondimenti da parte mia, sono emerse altre domande inquietanti.
Perché gli Stati Uniti erogano annualmente a
Israele dai 3 ai 6 miliardi di dollari come "aiuti esteri"?
Perché votiamo così spesso da soli, o con una
manciata di nazioni clienti, con Israele alle Nazioni Unite?
Perché
forniamo loro copertura diplomatica?
Perché così tanti dei loro nemici sono anche
nostri nemici?
Perché
così tanti dei nostri recenti impegni militari sono mirati contro i nemici di
Israele?
Così
mi sono imbattuto direttamente nella “lobby israeliana”, altrimenti nota come
lobby sionista o lobby ebraica.
Mi
resi subito conto che la maggior parte dei principali attori della lobby
israeliana erano “ebrei sionisti”, che la maggior parte degli ebrei americani
erano sionisti, e che c'era quasi unanimità sul fatto che gli interessi ebraici
dovevano essere protetti in patria e gli interessi israeliani protetti
all'estero.
Questa
unanimità viene trasferita al Congresso, dove, a seconda del contesto, tra il
90% e il 100% dei rappresentanti e dei senatori vota regolarmente a favore
degli interessi ebraici/israeliani.
Questa
non è speculazione; è una questione di dominio pubblico.
Perché?
Soldi.
Ho
imparato presto che almeno il 25% dei soldi dei Repubblicani, e almeno il 50%
di quelli dei Democratici, proviene da fonti ebraiche.
Questo, per me, è stato davvero sorprendente.
Secondo
“Open Secrets “, ci sono circa 13.800 organizzazioni di lobbying a Washington.
Eppure,
di tutte queste, un gruppo dona tra il 25% e il 50% di tutti i fondi della
campagna elettorale.
Immagina di vivere delle donazioni regolari di
13.000 amici facoltosi; e che uno di loro ti doni regolarmente metà di tutti i
tuoi soldi ogni anno, e che l'altra metà venga divisa tra gli altri 12.999
amici.
Quale
amico sarebbe il tuo migliore amico? Chi ascolteresti di più?
Chi ti
piacerebbe di più accontentare? Nessuna sorpresa.
In
un'intervista con “Tucker Carlson” dell'anno scorso (20 giugno 2024), il
deputato statunitense “Thomas Massie “ha rilasciato alcune interessanti
dichiarazioni sulla componente principale della lobby ebraica, l'”AIPAC”.
Ogni
membro del Congresso, ha affermato, ha un "assistente sociale" o
"babysitter" dell'AIPAC, che ti sorveglia, tiene traccia di ciò che
fai e si assicura che tu faccia "la cosa giusta".
E se non fai "la cosa giusta", ti
calunnieranno sulla stampa e finanzieranno un avversario filo-israeliano alle
tue prossime elezioni.
Nessun'altra
lobby fa nulla di simile.
Forse
dovreste guardare questa intervista, miei amici progressisti, ma no! Voi odiate
Tucker Carlson! Né lui né i suoi ospiti possono avere qualcosa di utile da
dire!
Dobbiamo
capire cosa significa.
Significa
che abbiamo una lobby che lavora per conto degli ebrei americani, che
costituiscono forse il 2% della popolazione statunitense, e che i loro
interessi prevalgono totalmente su quelli di tutti gli altri: anziani,
studenti, altre minoranze, bisognosi, disabili, ambientalisti.
E
intendo dire, prevalgono totalmente;
a meno
che i vostri interessi non siano allineati con quelli degli ebrei americani,
non avete quasi nessuna possibilità di ottenere un'udienza equa.
Significa
anche che abbiamo una lobby americana che lavora, a livello globale, per conto
degli ebrei israeliani, che costituiscono circa lo 0,19% della popolazione
mondiale, a scapito del restante 99,8% dell'umanità.
Cosa
succede, miei amici progressisti?
Siete
soddisfatti di questa situazione? È giusta?
È
giusta? No? Cosa state facendo al riguardo?
Forse
siete stati un po' troppo ingannati dai nostri media americani e occidentali,
media che operano uniformemente per conto degli interessi ebraici e israeliani.
Dubitate di me?
Perché
non sono ammessi punti di vista o opinioni anti-israeliane o anti-ebraiche in
nessuna branca dei media mainstream?
Perché è così, almeno da decenni? Avete
bisogno di prove?
Perché tutti e cinque i principali
conglomerati mediatici americani – ABC/Disney, Warner Discovery, NBC/Universal,
Fox Corp e Paramount – sono posseduti o gestiti da ebrei o sionisti?
(Controlliamo i nomi? Oh, no, mai!)
Perché
i cinque principali studi cinematografici di Hollywood – Disney, Universal,
Sony Pictures, Paramount e Warner Bros. – sono gestiti da ebrei o sionisti?
In un mondo giusto e imparziale, solo il 2% di
queste aziende sarebbe di proprietà ebraica, il che significa, con ogni
probabilità, nessuna di esse;
ma in
realtà, sono tutti di proprietà ebraica.
Perché,
miei cari amici progressisti? Non ve ne importa?
Non
credi nell'equità e nella giustizia?
Amici
miei: torniamo ai giorni nostri.
È
chiaro e indiscutibile che gli ebrei in America e in Europa hanno un monopolio
virtuale sulla stampa, sul mondo accademico e sui nostri cosiddetti governi
democratici.
Qualsiasi
monopolio è pericoloso, ma un monopolio ebraico è profondamente e profondamente
pericoloso, come il mondo può vedere a Gaza.
Ad
oggi, ufficialmente oltre 50.000 persone, per lo più donne e bambini, sono
state uccise.
Probabilmente
i numeri effettivi sono il doppio o il triplo.
Alcuni
potrebbero essere stati combattenti armati, ma sicuramente il 95% erano civili
disarmati.
Eppure
l'America, e il mondo, non fa nulla, non dice nulla.
Omicidi
di massa e genocidio sotto i nostri occhi, e... niente.
Peggio di niente: l'America fornisce armi e
denaro agli assassini, e copertura politica all'ONU, e il mondo non fa...
niente.
Cosa
stanno facendo i singoli ebrei?
Peggio di niente: sostengono l'azione.
Secondo i sondaggi dell'anno scorso, circa
l'80% degli ebrei americani e forse il 90% degli ebrei israeliani sostengono lo
sforzo bellico in corso.
Sì,
vogliono indietro i loro (ora) 59 ostaggi, ma non pensano ai 50 o 100 abitanti
di Gaza uccisi in media ogni giorno nel corso del massacro durato un anno e
mezzo. "Cessate il fuoco per gli ostaggi!" urlano;
ma non
vogliono né vera pace né vera giustizia.
Se e quando riusciranno a catturare i loro
ostaggi, allora il massacro etnico proseguirà sicuramente senza ostacoli.
È la
vendetta dell'Antico Testamento nel XXI secolo.
E che cosa
state facendo riguardo a tutto questo, miei amici liberali?
Torcersi
le mani? Ti senti maschio?
Condannarlo
silenziosamente? Come funziona?
E cosa
state dicendo o facendo a coloro che stanno intraprendendo azioni serie e
dirette contro il monopolio ebraico che ha una presa soffocante su America ed
Europa?
State
aiutando queste persone? Le state elogiando?
No! Le state condannando!
Li chiamate "cattivi",
"nazisti" ed "estremisti di estrema destra"!
Li chiamate "odiatori",
"intolleranti" e, soprattutto, "suprematisti bianchi"!
Perché la lobby ebraica non potrebbe fare di meglio nemmeno se ci provasse!
E voi
lì, a fare il loro lavoro per loro, ad attaccare coloro che potrebbero
denunciare il pericolo.
Perché?
Gli ebrei vi minacciano?
Vi puntano una pistola alla testa? No?
Allora
perché vi impegnate così tanto per loro, miei amici "liberali"?
Ecco
come la vedo io: lo stato delle cose nel mondo oggi è come una grande sabbiera.
E i poteri forti hanno bisogno di contenere il
tuo pensiero e la tua indignazione, e quindi li dirigono lontano dalla causa
reale – loro stessi – e verso altre cose.
In
questo modo, ti confinano in metà della sabbiera.
Gli
ebrei liberali e di sinistra che donano e gestiscono il Partito Democratico, e
che monopolizzano i media mainstream, vogliono che tu veda i Repubblicani, o
Trump, o i conservatori, o gli uomini bianchi, come il nemico.
Fanno
tutto ciò che è in loro potere per demonizzare questi gruppi.
Basta
dare un'occhiata alla CNN, o alla MSNBC, o al New York Times , o al Washington
Post , per capire che questo è vero.
Da parte loro, i media "di destra"
(Fox) e i Repubblicani sono altrettanto ansiosi di demonizzare i Democratici di
sinistra;
ancora
una volta, guarda qualsiasi episodio dei programmi di commento serale di Fox.
Ma
stranamente, entrambi i partiti, che si odiano con tanta veemenza, sono
d'accordo solo su una questione specifica:
gli
interessi ebraici e israeliani, per i quali entrambi si prodigano.
Ricordate
un qualsiasi dibattito presidenziale degli ultimi decenni:
tutti i candidati e tutti i partiti affermano
con enfasi di essere i soli "veri amici di Israele" e che solo loro
possono affrontare al meglio "il male dell'antisemitismo".
E voi,
spettatori, vi trovate a dover scegliere tra un "amico di Israele" di
sinistra e un "amico di Israele" di destra.
Una
bella scelta, no?
In
questo modo, ti intrappolano in metà della “sandbox”:
vedi solo il nemico di loro scelta: "la
destra" o "la sinistra".
Ma mai
"la lobby ebraica".
Questa
è la metà che ti manca.
In
effetti, non ti è nemmeno permesso di sapere che quella metà esiste.
Chiunque
si avventuri lì è, per definizione, un "estremista di estrema destra"
e "un odiatore";
E
poiché sia la sinistra che la destra sono d'accordo su questo, sembra una
decisione unanime.
Intelligente, non è vero?
Ma la
guerra di Gaza è una vera rivelazione, non è vero, miei amici liberali?
I
vostri compagni liberali sono stati cresciuti fin dalla nascita per essere
ipersensibili ai bisogni di tutti, alle preoccupazioni di tutti, ai sentimenti
di tutti.
La schiavitù era sbagliata (ovviamente);
la
colonizzazione era sbagliata (sì);
e sono i bianchi del mondo a infliggere il
"razzismo sistemico" a tutte le persone di colore (sbagliato).
Ogni
oppressione di una "persona di colore", ogni attacco a una minoranza
vulnerabile, era considerata il più grave dei mali sociali, fino alla
Palestina.
Poi,
tutto è cambiato.
Lì, le
"persone di colore" sono ora terroristi, o simpatizzanti del
terrorismo, o sostenitori del terrorismo, e quindi devono essere fucilati,
bombardati, bruciati e in altro modo distrutti dai giusti ebrei israeliani.
I 2,4
milioni di abitanti di Gaza devono ora essere ritenuti collettivamente
responsabili delle azioni di pochi combattenti della resistenza.
Saranno
trasferiti qui, trasferiti lì e infine rimossi, mentre gli ebrei israeliani
completano la loro pulizia etnica.
E lo
faranno con il sostegno dell'80% degli ebrei americani e del 90% degli ebrei
israeliani.
E se
vi opponeste a questi crimini di stato, miei cari progressisti?
Oh, mi dispiace, siete nei guai.
Se
sceglieste di unirvi a un accampamento nel vostro campus locale, la polizia
universitaria vi porterebbe in prigione, forse vi espellerebbe dalla scuola e
forse vi farebbe licenziare – come è successo a una giovane ragazza araba
proprio la settimana scorsa, nella mia stimata” alma mater”.
Inoltre, gli studenti ebrei dell'”Hillel” vi
fotograferebbero, vi identificherebbero e pubblicherebbero le vostre
informazioni personali online, solo per rendervi più difficile trovare un
lavoro, entrare in un gruppo sociale o essere attivi in qualsiasi modo.
E se
foste studenti stranieri, o stranieri di qualsiasi tipo, rischiereste di essere
arrestati ed espulsi – dal nostro presidente Trump, amico degli ebrei.
Tutto
per aver protestato contro un genocidio!
Dunque:
dove ci porta tutto questo, miei amici liberali?
O
forse non vi definite più "liberali"?
Una mossa saggia, amici miei! Ma ora siete
conservatori?
Oh no, certo che no, un'altra mossa saggia.
State
imparando che termini semplicistici, dualistici e manichei come
"liberale", "conservatore", "sinistra" e
"destra" sono ormai quasi privi di significato, tanto è distorto il
loro significato.
Forse state imparando che le strutture di
potere dell'America e dell'Occidente hanno un orientamento giudaico così
marcato che questo fatto da solo diventa decisivo nel pensare ai dilemmi e ai
conflitti sociali.
Forse
state imparando che quei "liberali" nel mondo accademico e in
politica sono veramente liberali solo quando serve ai loro interessi;
altrimenti, diventano decisamente autoritari.
Forse
state imparando che la brutalità israeliana a Gaza non è la conseguenza di un
cattivo leader, ma piuttosto il riflesso della mentalità di un intero popolo.
Forse
stai imparando che "estrema destra" è un sinonimo funzionale di
"oppositore della lobby ebraica".
E
forse stai imparando che molti esponenti dell'"estrema destra" sono
almeno in parte giustificati nella loro giusta indignazione per la situazione
nazionale e globale.
Da
parte mia, chiamatemi un vero liberale: dalla radice “liber”,
"libero".
Preferisco vivere libero, pensare libero,
parlare libero e agire libero.
Ma non
posso farlo nell'America odierna, né nell'Europa odierna, altrimenti i poteri
forti di ispirazione ebraica si scaglieranno su di me con una vendetta da
Antico Testamento.
Questo
è un fatto.
Pertanto,
(1)
dichiariamo apertamente questo fatto,
(2)
dichiariamo apertamente la nostra obiezione a questo fatto e
(3)
lavoriamo per creare una società e un mondo in cui questo non sia un fatto.
Cosa potrebbe esserci di più importante di questo, miei amici liberali?
(David
Skrbina, PhD, è un ex docente di filosofia presso l'Università del Michigan. È
autore o curatore di diversi libri, tra cui "La metafisica della
tecnologia" (2015) e, più recentemente, "La bufala di Gesù" -seconda
edizione , 2024).
Trump,
in una nuova intervista, dice che
non sa se sostiene i diritti del giusto
processo.
Huffpost.com
– Aamer Madhar – (4-5-2025) – ci dice:
Trump,
in una nuova intervista, è cauto riguardo ai suoi doveri di sostenere i diritti
del giusto processo sanciti dalla Costituzione.
Il
presidente Donald Trump arriva per tenere un discorso di laurea all'Università
dell'Alabama, giovedì 1 maggio 2025, a Tuscaloosa, in Alabama.
Il
presidente Donald Trump è cauto riguardo ai suoi doveri di sostenere i diritti
del giusto processo stabiliti dalla Costituzione, affermando in una nuova
intervista che non sa se i cittadini statunitensi e i non cittadini meritino
tale garanzia.
Ha
anche detto che non pensa che la forza militare sarà necessaria per rendere il
Canada il "51° stato" e ha minimizzato la possibilità che cercherà di
candidarsi per un terzo mandato alla Casa Bianca.
I
commenti in un'intervista ad ampio raggio, e a tratti combattiva, con
"Meet the Press" della NBC sono arrivati mentre gli sforzi del
presidente repubblicano per attuare rapidamente la sua agenda affrontano venti
contrari più forti con gli americani proprio mentre la sua seconda
amministrazione ha superato il traguardo dei 100 giorni, secondo un recente
sondaggio dell'”Associated Press-NORC Center for Public Affairs Research”.
Trump,
tuttavia, ha chiarito che non si sta tirando indietro da una lista di cose da
fare che, insiste, l'elettorato americano ha ampiamente sostenuto quando lo
hanno eletto a novembre.
Ecco
alcuni dei punti salienti dell'intervista con “Kristen Welker” della NBC£ che è
stata registrata venerdì nella sua proprietà di Mar-a-Lago in Florida e andata
in onda domenica.
Trump
non si impegna a rispettare un giusto processo.
I
critici di sinistra hanno cercato di sostenere che Trump stia intaccando il
giusto processo negli Stati Uniti.
In particolare, citano il caso di “Kilmar
Abrego Garcia”, un salvadoregno che viveva nel Maryland quando è stato
erroneamente deportato in El Salvador e imprigionato senza comunicazione.
Trump
dice che “Abrego Garcia” fa parte di una violenta banda transnazionale.
Il presidente repubblicano ha cercato di
trasformare la deportazione in un banco di prova per la sua campagna contro
l'immigrazione illegale, nonostante un'ordinanza della Corte Suprema che
afferma che l'amministrazione deve lavorare per riportare” Abrego Garcia” negli
Stati Uniti.
Alla
domanda nell'intervista se i cittadini statunitensi e i non cittadini meritino
entrambi un giusto processo, come stabilito dal “Quinto Emendamento della
Costituzione” Trump non si è impegnato.
"Non
lo so. Non sono, non sono un avvocato. Non lo so", ha detto Trump quando è
stato pressato da “Welker”.
Il
Quinto Emendamento prevede un "giusto processo di legge", il che
significa che una persona ha determinati diritti quando si tratta di essere
perseguita per un crimine.
Inoltre,
il 14° emendamento afferma che nessuno Stato può "negare a qualsiasi
persona all'interno della sua giurisdizione l'uguale protezione delle
leggi".
Trump
ha detto di avere "avvocati brillanti ... e ovviamente seguiranno ciò che
ha detto la Corte Suprema".
Ha
detto che stava spingendo per deportare "alcune delle persone peggiori e
più pericolose della Terra", ma che i tribunali si stanno mettendo sulla
sua strada.
"Sono
stato eletto per farli uscire da qui, e i tribunali mi stanno impedendo di
farlo", ha detto Trump.
Un'azione
militare contro il Canada è "altamente improbabile."
Il
presidente ha ripetutamente minacciato che intende fare del Canada il "51°
stato".
Prima
del suo incontro alla Casa Bianca di martedì con il neoeletto primo ministro
canadese “Mark Carney,” Trump non si sta tirando indietro dalla retorica che ha
fatto arrabbiare i canadesi.
Trump,
tuttavia, ha detto alla NBC che è "altamente improbabile" che gli
Stati Uniti abbiano bisogno di usare la forza militare per rendere il Canada il
51° stato.
Ha
offerto meno certezze sul fatto che i suoi ripetuti appelli agli Stati Uniti
per prendere il controllo della” Groenlandia” dalla Danimarca, alleata della
NATO, possano essere realizzati senza un'azione militare.
"Potrebbe
succedere qualcosa con la Groenlandia", ha detto Trump.
"Sarò onesto, ne abbiamo bisogno per la
sicurezza nazionale e internazionale. ... Non lo vedo con il Canada.
Semplicemente
non lo vedo, devo essere onesto con te".
Il
presidente si irrita per le previsioni di recessione.
Trump
ha detto che l'economia degli Stati Uniti è in un "periodo di
transizione", ma si aspetta che vada "in modo fantastico"
nonostante le turbolenze economiche scatenate dai suoi dazi.
Ha
offerto una forte reazione quando “Welker” ha notato che alcuni analisti di
Wall Street ora dicono che le possibilità di una recessione stanno aumentando.
"Beh,
sai, dici, lo dicono alcune persone a Wall Street", ha detto Trump.
"Beh,
ti dico un'altra cosa. Alcune persone a Wall Street dicono che avremo la più
grande economia della storia".
Ha
anche deviato la colpa per il calo dello 0,3% dell'economia statunitense nel
primo trimestre.
Ha
detto di non esserne responsabile.
"Penso
che le parti buone siano l'economia di Trump e le parti cattive siano
l'economia di Biden perché ha fatto un lavoro terribile", riferendosi al
suo predecessore democratico, Joe Biden.
Trump
ha ribadito i suoi recenti commenti in una riunione di gabinetto secondo cui i
bambini potrebbero dover avere due bambole invece di 30, negando che si
riconosca che le sue tariffe porteranno a carenze di approvvigionamento.
"Sto
solo dicendo che non hanno bisogno di avere 30 bambole. Possono averne tre. Non
hanno bisogno di avere 250 matite. Possono averne cinque".
Trump
minimizza i discorsi sul terzo mandato.
Il
presidente ha ripetutamente suggerito che potrebbe cercare un terzo mandato
alla Casa Bianca, anche se il 22° emendamento della Costituzione dice che
"Nessuno può essere eletto alla carica di presidente più di due
volte".
Trump
ha detto alla NBC che c'è un notevole sostegno per lui per un terzo mandato.
"Ma
questo non è qualcosa che sto cercando di fare", ha detto Trump. "Sto
cercando di avere quattro grandi anni e di consegnarli a qualcuno, idealmente
un grande repubblicano, un grande repubblicano per portarlo avanti".
I
precedenti commenti di Trump su un terzo mandato a volte sembrano più che altro
provocare indignazione nella sinistra politica.
La “Trump
Organization” sta persino vendendo berretti rossi con la scritta "Trump
2028".
Ma in
alcuni momenti, ha lasciato intendere che stava seriamente valutando un terzo
mandato.
In un'intervista telefonica di fine marzo con
la NBC, Trump ha detto:
"Non
sto scherzando. Ci sono metodi per farlo".
Quindi
JD Vance nel 2028? Marco Rubio? Non così in fretta.
Trump
ha detto nell'intervista che il vicepresidente JD Vance sta facendo un
"lavoro fantastico" ed è "brillante".
Il
segretario di Stato Marco Rubio, che Trump la scorsa settimana ha incaricato di
fungere contemporaneamente da consigliere per la sicurezza nazionale, è
"fantastico", ha detto il presidente.
Ma
Trump ha detto che è "troppo presto" per iniziare a parlare del suo
potenziale successore.
È
fiducioso che il suo movimento "Make America Great Again" fiorirà
oltre il suo periodo alla Casa Bianca.
"Guardi
Marco, guardi JD Vance, che è fantastico", ha detto Trump.
"Potrei nominare 10, 15, 20 persone in
questo momento semplicemente sedute qui
No, penso che abbiamo una festa straordinaria.
E sai cosa non so nominare? Non posso nominare
un democratico".
“Hegseth”
è "totalmente al sicuro".
Il
Segretario alla Difesa Pete Hegseth è stato criticato per la sua partecipazione
a diverse catene di messaggi di “Signal” in cui sono state condivise
informazioni sensibili sulla pianificazione militare.
Ma
Trump ha detto che non sta cercando di sostituire il suo capo del Pentagono.
«No. Nemmeno un po'. No. Pete sarà
fantastico", ha detto Trump.
Il
lavoro di Hegseth è "totalmente sicuro".
Il
presidente ha anche detto che la sua decisione di nominare il consigliere per
la sicurezza nazionale “Mike Waltz “come ambasciatore degli Stati Uniti alle
Nazioni Unite non è stata una punizione per aver avviato una delle catene di
messaggi di “Signal” a cui Waltz ha inavvertitamente aggiunto un giornalista.
«No.
Penso solo che farà un buon lavoro nella nuova posizione", ha detto Trump.
Ha detto che la sua decisione di far assumere a “Rubio” le funzioni di “Waltz”
sarà probabilmente temporanea.
"Marco è molto impegnato a fare altre
cose, quindi non ha intenzione di continuare a farlo a lungo termine.
Metteremo qualcun altro", ha detto Trump,
aggiungendo che sarebbe comunque possibile fare entrambi i lavori a tempo
indeterminato.
"Sai,
c'è una teoria. Henry Kissinger ha fatto entrambe le cose.
C'è
una teoria secondo cui non c'è bisogno di due persone.
Ma
penso di avere delle persone davvero fantastiche che potrebbero fare un buon
lavoro".
Una
persona che ha detto che non sta prendendo in considerazione per il posto? L'assistente politico “Stephen Miller”.
"Beh,
mi piacerebbe avere “Stephen” lì, ma sarebbe un declassamento", ha detto.
"Stephen
è molto più in alto sul totem di così, secondo me".
Non ci
tireremo indietro.
La
Cina fa un passo avanti nella
corsa
globale all'intelligenza artificiale.
Unz.com - Pepe Escobar – (29 aprile 2025) – ci
dice:
Alla
fine del mese prossimo, Huawei testerà il suo nuovo potente processore AI, l'Ascend
910 D, anche se all'inizio di maggio il precedente 910C inizierà ad essere
consegnato in serie a decine di aziende tecnologiche cinesi.
Queste
importanti scoperte sono il prossimo capitolo della spinta di Huawei per
contrastare il monopolio globale di Nvidia nelle GPU. L'Ascend 910D dovrebbe
essere più potente del popolarissimo H100 di Nvidia.
Huawei
non sta tirando pugni nella sua corsa alla produzione di una nuova generazione
di processori.
Huawei ha collaborato con SMIC – la più grande
fonderia di semiconduttori della Cina – per applicare la litografia
ultravioletta profonda (DUV) su ciò che in precedenza era possibile solo con la
tecnologia EUV (Extreme Ultra-Violet).
Ancora
una volta, Huawei e SMIC hanno sfidato i proverbiali "esperti"
americani con soluzioni ingegneristiche creative.
Huawei
è arrivata a fabbricare un chip a 5 nm con DUV anche se il processore è più
costoso rispetto a EUV.
Se Huawei avesse accesso all'EUV, starebbe già
producendo chip a 2-3 nm. Ciò avverrà, in breve tempo, poiché sia la Cina che
la Russia, sotto il blocco permanente dell'alta tecnologia degli Stati Uniti,
devono con tutti i mezzi sviluppare la propria tecnologia EUV.
Gli
smanettoni di Shanghai sono convinti che Huawei attiverà le reti 6G prima della
fine del decennio.
La
loro attuale spinta senza fiato non è rivolta solo al fronte degli smartphone,
dove Huawei è impareggiabile;
il
nuovo Huawei Mate 70 Pro+ è di gran lunga il miglior smartphone in assoluto al
mondo, con sistema operativo Harmony.
Huawei
sta guardando al cloud computing, all'intelligenza artificiale e ai server
aziendali e a diventare nientemeno che l'attore principale nella corsa
all'infrastruttura AI.
Abbandonare
qualsiasi dipendenza dalla tecnologia americana.
All'inizio
di questo mese, Huawei ha introdotto “CloudMatrix 384”, un sistema che collega
il chip 384 Ascend 910C.
La
parola chiave a Shanghai è che questa configurazione, in determinate
condizioni, e ovviamente consumando molta più energia, supera già il sistema
rack di punta di Nvidia, che è alimentato da 72 chip Blackwell.
Nel
frattempo, il chip” Kirin X “di Huawei si rivolge al mercato dei PC, offrendo
una forte concorrenza ad Apple, AMD, Intel e Qualcom, mentre “Harmony OS plus “elimina
la necessità di utilizzare software statunitensi come Microsoft e Android.
I
fanatici di Shanghai giurano che la Cina essenzialmente non ha bisogno di
battere Nvidia o altri sviluppatori di chip statunitensi.
Dopotutto,
la Cina ha già il più grande mercato di consumo al mondo, in termini di volume
e valore.
Se un
universo tecnologico parallelo è il probabile risultato della Trump Tariff
Tizzy (TTT), così sia.
La
Cina controlla già oltre il 60% del mercato globale dei gadget.
“Kirin
X” potrebbe non essere ancora all'altezza della potenza delle GPU H100 di
Nvidia.
Ma i chip Huawei sono già il vero affare per
ogni azienda cinese che sta seguendo la nuova direzione definita da Pechino per
ridurre qualsiasi dipendenza dalla tecnologia americana.
Tutto
quanto sopra ci porta naturalmente all'enorme elefante dell'intelligenza
artificiale nella stanza (digitale): “Nvidia”.
Un
recente libro,” The Thinking Machine: Jensen Huang, Nvidia, and The World's
Most Coveted Microchip” , è molto utile per tracciare non solo la storia
personale della superstar del” CEO Huang,” un taiwanese che ha giocato fino in
fondo il sogno americano ed è diventato un multimiliardario tecnologico, ma
anche gli invidiabili risultati tecnologici di Nvidia.
Huang
non interpreta l'IA come una superintelligenza artificiale emergente e respinge
fermamente qualsiasi analogia diretta con la biologia.
Per
questo pragmatico a tutto tondo, l'intelligenza artificiale è solo un software,
che funziona su hardware che la sua azienda vende per una fortuna.
Tuttavia,
Nvidia si è avventurata in un territorio vergine ben oltre il Valhalla biz-tech
americano, con tanto di protezione delle azioni più preziose del pianeta:
probabilmente, quando si tratta di intelligenza artificiale, Nvidia ha svelato
una nuova fase di evoluzione.
È
fondamentale capire come “Huang” vede la Cina.
Si
tratta infatti di un mercato chiave per i suoi chip AI e vuole continuare a
venderli in massa.
I dazi di Trump, però, fanno in modo che ciò
non accada.
Ed è
questo che ha spinto “Huang” ad abbandonare le sue proverbiali giacche di pelle
e indossare un abito da lavoro fresco per una visita strategica a Pechino, dove
ha affermato l'importanza sacra del mercato cinese, qualunque siano i nuovi
espedienti dettati da Trump.
Entro
il 2022, il mercato cinese rappresentava il 26% del business di Nvidia;
Quest'anno è sceso al 13%, a causa di eufemistici "controlli sulle
esportazioni di tecnologia".
Il
problema è che il governo degli Stati Uniti, già nel 2022, sotto la precedente
amministrazione della penna automatica, aveva bloccato le vendite in Cina dei
chip avanzati A100 e H100.
Nvidia
ha iniziato a vendere versioni modificate e, anche dopo il blocco, i chip hanno
continuato ad arrivare in Cina.
A
giugno 2023, era facile trovare A100 al doppio del loro prezzo nel mercato nero
di “Shenzhen”.
“Huang”
è convinto che "nessuna intelligenza artificiale dovrebbe essere in grado
di apprendere senza un essere umano nel ciclo", anche se ha ammesso, due
anni fa, che "la capacità di ragionamento è fuori di due o tre anni".
Traduzione: secondo Huang l'intelligenza
artificiale inizierà a pensare da sola nei prossimi mesi.
Anche
se Nvidia si prepara a investire miliardi di dollari per costruire
supercomputer di intelligenza artificiale in Texas, i cinesi essenzialmente non
stanno perdendo il sonno sul "pensare l'intelligenza artificiale":
il
loro obiettivo è estremamente pratico, per conquistare non solo il mercato
cinese ma anche le catene di approvvigionamento della maggior parte
dell'Eurasia.
Il “Consiglio
di sicurezza nazionale degli Stati Uniti” ha concluso che è troppo pericoloso
per la Cina acquistare i chip di fascia alta di Nvidia, anche l'H20, progettato
per il mercato cinese.
Huawei,
comunque, produce già chip in qualche modo paragonabili all'H20.
Huang
sta perdendo il sonno perché, essenzialmente, Nvidia sta perdendo l'immenso
mercato cinese a favore di Huawei, con il contributo diretto di Trump.
Nvidia
ha decine di migliaia di H20 appositamente progettati per la Cina che
semplicemente non possono vendere.
Ogni
costa tra $ 12.000 e $ 20.000.
Come la
Cina sta aprendo un "vaso di Pandora" digitale.
La
nuova spinta di Huawei è l'ennesimo esempio della volontà cinese in grado di
affrontare qualsiasi sfida, basata sul talento indigeno, sull'esperienza
tecnologica e sull'orgoglio nazionale.
I
dati, anche prima delle sanzioni di “Trump 1.0,” mostrano che Huawei si mangia
enormi battaglie in salita a colazione.
In
effetti, “Ascend “per molti aspetti era più avanti di Nvidia già nel 2019, ed è
per questo che due diverse amministrazioni statunitensi l'hanno vietata.
La
Cina è già anni luce avanti rispetto agli Stati Uniti sulla ricerca sui chip.
Le
università cinesi lavorano la maggior parte dei posti nella “Top Ten globale”
per gli articoli pubblicati sui semiconduttori e sulle citazioni, una
distinzione condivisa, tra gli altri, dall'”Accademia cinese delle scienze”
(numero uno), dall'”Università Tsinghua” (una delle prime due università
cinesi), dall'Università di scienze e tecnologie elettroniche della Cina”
(numero quattro) e dalle università di Nanchino, Zhejiang e Pechino.
Due
settimane fa a Shanghai ho sentito per la prima volta che Huawei avrebbe
raggiunto i giganti statunitensi dei semiconduttori nel massimo due anni.
Ora,
dopo l'annuncio dell'”Ascend 910D”, l'entusiasmo si è spostato a un solo anno
per la Cina per superare Nvidia e sviluppare macchine litografiche migliori di
quelle attualmente prodotte da ASML.
E il
dibattito si sta rapidamente spostando su quanto Huawei sarà in grado di
spingersi entro i prossimi 2 o 3 anni.
Per
diversi aspetti, siamo già nelle prime fasi di un disaccoppiamento tecnologico
tra Stati Uniti e Cina.
Per anni Nvidia ha dominato lo spazio hardware
dell'intelligenza artificiale.
Le loro GPU sono il cervello dietro la maggior
parte dell'intelligenza artificiale avanzata contemporanea.
Il
chip H100 è lo standard oro/platino per l'infrastruttura di intelligenza
artificiale in tutto il mondo.
I chip
di Nvidia hanno avuto un'enorme domanda da parte dei giganti tecnologici
cinesi: Alibaba,
Tencent, Baidu, Bytedance.
Presto
potrebbe non essere più così, e questo va ben oltre la perdita certificata di
quote di mercato di Nvidia in Cina.
La
Cina è ora concentrata sulla costruzione di un ecosistema hardware AI di
successo e autosufficiente.
Il
colpo di grazia sarà quello da limitare l'esportazione di tutti i minerali
delle terre rare negli Stati Uniti.
Huawei
quindi si rialzerà in pochissimo tempo.
Tutti
ricordano come “DeepSeek R1” abbia spazzato via oltre 1 trilione di dollari da
Wall Street solo tre mesi fa.
“DeepSeek
R2” sarà rilasciato a breve; la formazione è stata di ben il 97% più economica
di OpenAI.
E
l'addestramento è avvenuto su “Ascend di Huawei”. Niente Nvidia.
“Quantum
Bird”, un fisico di livello mondiale che ha lavorato per il CERN di Ginevra,
mette tutto in un contesto di cui c'è molto bisogno. Sottolinea come lo
sviluppo di chip indigeni da parte della Cina – e in un prossimo futuro, della
Russia e probabilmente dell'India – sia "sfaccettato;
ciò
che stiamo osservando sono le fasi iniziali di una ridefinizione della nozione
di riconoscimento dei modelli e dell'apprendimento automatico, tecnologie che
sono popolarmente indicate come 'AI' dai media".
I chip
Nvidia, osserva “Qantum Bird”, sono davvero "bestie computazionali",
ma funzionano meglio intorno a "modelli di elaborazione e carichi di
lavoro tipici dei modelli di 'IA' sviluppati dagli scienziati
occidentali".
Lo
sviluppo di “DeepSeek”, d'altra parte, ha mostrato una trasgressione dei
modelli consolidati:
"Le
possibilità aperte per i salti di prestazioni sono enormi, anche utilizzando
hardware relativamente modesto, con approcci alternativi basati su matematica
avanzata e diversi flussi di calcolo".
In
poche parole: "Questo è il vaso di Pandora che Nvidia ora teme che i cinesi
possano aver aperto".
E
questo si collega totalmente all'allarme rosso di “Huang”, che ha spinto la sua
visita a Pechino.
Potremmo
davvero andare verso un serio “disaccoppiamento tecnologico”.
O come
lo definisce “Quantum Bird:”
"Una divergenza tecnologica e
scientifica a medio e lungo termine.
Se le architetture che emergono da questi
sviluppi sono incompatibili quando si tratta del loro utilizzo su specifici
modelli di 'AI', Nvidia perderà il suo monopolio globale e diventerà solo
un'azienda ridotta a una nicchia occidentale/aziendale/scientifica".
Anche
se Huawei, dalla sua base privilegiata nel mercato cinese, continuerà a
conquistare la maggior parte dei mercati della maggioranza globale, dai BRICS
alla BRI.
Tajani:
"Referendum? Votare è una scelta".
E
scoppia la polemica.
Ilgiornale.it
- Francesco Corridori – (5 Maggio 2025) – ci dice:
Antonio
Tajani: "Illiberale chi vuole obbligare ad andare a votare".
E la
sinistra alza il polverone.
"Andare
a votare ai referendum è una scelta libera. È una scelta non andare a
votare".
Queste
parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani, pronunciate a margine degli “Stati
generali dello sport organizzati da Forza Italia, hanno scatenato le ire delle
opposizioni.
"Se
la legge prevede che ci deve essere un quorum vuol dire che i cittadini devono
conoscere l'importanza dei quesiti.
Noi
non condividiamo quindi non andare a votare è una scelta politica, non è una
scelta di disinteresse nei confronti degli argomenti", ha aggiunto il vice
premier e segretario di Forza Italia ricordando che "non c'è nessun
obbligo di andare a votare" e che "è illiberale chi vuole obbligare
ad andare a farlo".
Tajani
ha poi concluso: "Un conto è per le politiche, un altro per i referendum.
Se i
referendum uno considera che non sia giusto, è giusto che non raggiunga il
quorum".
Dichiarazioni
contro cui si è scagliato il segretario di “Più Europa”, “Riccardo Magi” che ha
definito "una vergogna" l'invito di Tajani a disertare le urne per i
referendum dell'8 e 9 giugno.
"È uno scandalo illiberale che va contro
le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ci aveva
invitati a fare fronte comune contro l'astensione", ha detto Magi,
promotore del referendum sulla cittadinanza.
Che,
poi, ha attaccato ancor di più il titolare della Farnesina:
"Pensiamo
che Tajani - ha concluso il segretario di +Europa - a forza di frequentare gli
illiberali alla Orban nelle sedi europee, sia diventato illiberale anche lui.
L'unico
modo per cambiare la legge sulla cittadinanza è andare a votare l'8 e il 9
giugno, ma il governo ha paura della voce degli italiani e la stanno
silenziando in tutti i modi".
Il
segretario della Cgil “Maurizio Landini”, promotore dei referendum sul lavoro,
a margine dell'assemblea allo stabilimento “Stellantis” di Pomigliano d'Arco,
riferendosi ad alcune indiscrezioni giornalistiche, si è detto "molto
sorpreso che il partito di maggioranza del Governo, che è anche il partito del
presidente del Consiglio, dia indicazione di non andare a votare" e ha
aggiunto:
"Credo che questa sia una cosa grave e
pericolosa".
Landini
ha, infine, ricordato che Mattarella in occasione della festa del 25 aprile
aveva descritto la lotta all'astensionismo come " una lotta per affermare
la democrazia nel nostro Paese".
La
segretaria del Pd Elly Schlein, invece, si è limitata a dire:
"Il
Partito Democratico è impegnato a far salire la partecipazione verso l'8 e il 9
giugno, un appuntamento che non si può mancare.
Chiediamo
davvero a tutti e tutte di andare a votare.
I cittadini e le cittadine hanno un'occasione
di far valere la dignità e la sicurezza del lavoro".
Schlein,
dopo aver ricordato che il primo articolo della Costituzione " dice che
siamo un Paese fondato sul lavoro", ha sentenziato: "Non possiamo
accettare di essere un Paese fondato sul lavoro povero, sul lavoro insicuro,
sul lavoro precario"
Marco
Sarracino, membro della segreteria nazionale del Pd, non ha dubbi:
"La
destra getta la maschera invitando a disertare i referendum dell’8 e 9 giugno.
È noto che su lavoro e cittadinanza questo governo ha scelto di puntare su
modelli di sviluppo e integrazione ingiusti e sbagliati, ma allora si abbia il
coraggio di criticare nel merito i quesiti referendari anziché affossarli con
la mancata partecipazione".
E
ancora:
"La
loro assenza non è neutralità: è complicità. Complicità con lo sfruttamento,
con le discriminazioni, con un modello di società che esclude invece di
includere. Noi invece ci saremo.
Con
coraggio e con chiarezza.
Per
difendere i diritti, per dare voce a chi non ce l’ha, per costruire un’Italia
più giusta e per difendere ancora una volta la democrazia".
Sulla
stessa lunghezza d'onda si collocano anche le parole di “Nicola Fratoianni”:
"Non hanno il coraggio di dire apertamente che vogliono che si continuino
a sfruttare o ad essere precarie a vita le persone sul lavoro.
Appello
agli elettori centrodestra, non ascoltateli considero la principale malattia
della democrazia nel nostro Paese l'astensionismo, disaffezione dallo strumento
del voto.
Dovrebbe essere la principale preoccupazione
di ogni forza politica con un po’ di senso di responsabilità sulle spalle.
E
invece Meloni e Tajani, per un cinico giochetto tattico, invitano a non andare
a votare".
Anche il capogruppo di “Avs” al Senato, “Peppe
De Cristofaro”, ha attaccato: "Come fece Craxi tanti anni fa anche
Fratelli d'Italia e Forza Italia scelgono la strada del boicottaggio del voto.
In
Italia l'astensione alle ultime elezioni ha superato il 50% e l'invito dei
partiti di governo a non votare non è un bene per la democrazia.
Votare,
partecipare, esprimere un parere anche quando non si è d'accordo è sempre
importante.
Si può
votare sì, si può votare no, ci si può astenere, ma non partecipare al voto è un
grave attacco alla democrazia".
Chi,
invece, difende l'astensione è il capogruppo dei senatori azzurri Maurizio
Gasparri che attacca i promotori del Referendum:
"È
vergognoso poter attivare un referendum con firme elettroniche con un numero di
presentatori che è rimasto come quello dell'epoca dell'esclusività del
cartaceo. In questo modo è facilissimo promuovere referendum in maniera perfino
pretestuosa.
Siccome
è legittimo attivare la procedura referendaria per abrogare questa o quella
norma, è altrettanto legittimo difendere le norme esistenti, se le si
condividono, anche utilizzando lo strumento del quorum".
Secondo
Gasparri "è vergognoso l'argomentare patetico di alcuni che moltiplicando
questo genere di iniziative finiscono per svilirne l'importanza".
Per il
senatore azzurro "in ogni caso, nel merito, sia la proposta sulla
cittadinanza che quelle sul lavoro sono sbagliate e regressive quindi vanno
democraticamente contrastate con gli strumenti che la legge offre".
Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Forza
Italia, ospite su Rai Radio Uno a 'Il Rosso e il Nero', ha spiegato che questa
consultazione referendaria "non è uno strumento per risolvere i problemi,
ma un modo per creare spaccature ideologiche, soprattutto dentro la stessa
sinistra, dove la Cgil sta tentando di egemonizzare il dibattito".
E ha
aggiunto:
"Di
fronte a questa strumentalizzazione, ribadiamo la nostra posizione: non
partecipare al voto è una scelta consapevole, un atto politico contro un uso
distorto del referendum.
Serve
responsabilità.
Se ci
sono aspetti da rivedere, lo si faccia in Parlamento, con competenza e
confronto, non con slogan ideologici che rischiano solo di creare vuoti
normativi dannosi per tutti".
La
fine del bipartitismo inglese.
Corrierenazionale.net
– Redazione - Raffaele Gaggioli – (5 Maggio 2025) - ci dice:
Da più
di 80 anni, la politica inglese è stata dominata solo da due forze politiche:
il
Partito Laborista (Labour) e il Partito Conservatore (Tories).
Sin
dalla prima vittoria dei laboristi nel 1945, i due partiti si sono alternati
alla guida della Gran Bretagna senza lasciare alcuno spazio ad altre forze
politiche.
Questo
bipartitismo aveva però mostrato segni di cedimento già durante le elezioni
generali del 2024.
Anche
se i Laboristi riuscirono a conquistare oltre 410 seggi nel Parlamento
britannico, nuove forze politiche riuscirono ad ottenere risultati
significativi.
La
prima era il” Reform UK,” partito di estrema destra fondato dall’architetto
della Brexit “Nigel Farage”.
Usando
la lotta all’immigrazione clandestina come cavallo di battaglia, “Reform”
divenne il terzo partito più votato in Inghilterra con il 15% dei voti, facendo
entrare cinque suoi membri in Parlamento.
Anche
i Verdi e i Liberal Democratici aumentarono in maniera decisiva il numero di
voti ricevuti.
I Verdi, partito ecologista di sinistra,
aumentarono a quattro il numero totale dei loro rappresentanti nel Parlamento.
I
Liberal-Democratici, partito centrista libertario, vinsero quasi il 13% del
voto e 61 seggi (a differenza di Farage, il partito presentò i suoi candidati solo in
alcune regioni anziché nell’intera Inghilterra).
I veri
sconfitti furono i “Tories”.
A causa della cattiva situazione economica e
dei vari scandali politici, i Conservatori persero più di duecento seggi,
mentre molti elettori abituali li abbandonavano in favore di” Reform” o dei “Liberal-Democratici”.
A
quasi un anno di distanza, la situazione sembra essersi complicata ancora di
più dato che gli elettori sembrano pronti ad abbandonare anche i Laboristi.
Durante le elezioni amministrative della
scorsa settimana, sia i Laboristi, sia i Conservatori hanno ottenuto risultati
ben al di sotto delle aspettative, mentre l’influenza politica di Farage e
degli altri partiti è notevolmente cresciuta.
“Reform
UK” è riuscito a vincere le elezioni municipali in tre diverse città e ha
conquistato centinaia di seggi in altri consigli comunali.
Il partito di Farage è riuscito inoltre a far
eleggere un altro suo membro nella Camera dei Comuni a “Runcorn”, città dove
l’anno scorso i laboristi avevano ottenuto oltre il 50% dei voti.
Secondo
Farage e diversi media inglesi,” Reform” è oramai il vero partito d’opposizione
ai Laboristi anziché i Tories.
A dimostrazione di questo, Farage ha
sottolineato che molti membri di Reform sono ex Tories delusi dalle politiche
troppo moderate dei Conservatori.
Per
questo motivo, molti analisti conservatori temono che l’ascesa di Farage
spingerà altri membri del partito ad abbandonare i Tories a favore di “Reform”.
Anche
i Verdi e i Liberal-Democratici hanno ottenuto risultati significativi, seppure
non allo
stesso livello di” Reform”.
I liberaldemocratici sono riusciti a far
eleggere oltre 370 consiglieri comunali, prendendo così il controllo di tre
consigli di contea e sono ora il partito più numeroso in altri quattro.
I
Verdi hanno invece guadagnato 43 seggi, portando il loro bilancio a 859 seggi
in 181 consigli comunali.
Anche se non sono riusciti ad eleggere alcun
sindaco, la loro influenza è notevolmente cresciuta in tutta l’Inghilterra.
Se
queste tre forze politiche stanno celebrando questi risultati come
dimostrazione della loro crescente importanza, né i Laboristi, né i
Conservatori hanno alcun motivo di celebrare.
I
primi hanno perso oltre 600 seggi, mentre i secondi 187.
In
entrambi i casi, molti dei precedenti sostenitori li hanno abbandonati in
favore di “Reform”, dei “Verdi” o dei “Liberal-Democratici”.
La
crisi dei due principali partiti inglesi ha molteplici motivi.
Per cominciare, il “Partito Conservatore”
viene ancora incolpato da molti lettori per le cattive condizioni dell’economia
e l’instabilità politica degli ultimi anni.
Nonostante
le promesse della nuova leader conservatrice “Kemi Badenoch”, il partito sembra
inoltre incapace di adottare nuove idee politiche che non alienino
inevitabilmente una parte degli elettori di destra.
Se i
Tories adottano posizioni più radicali, gli elettori moderati potrebbero
passare ai Liberal Democratici.
Se al
contrario il partito si spostasse più al centro, gli elettori più di destra
potrebbero passare a Farage.
In
maniera simile, la decisione del primo ministro” Keir Starmer” di spostare
politicamente il Partito Laborista a destra sembra aver alienato molti
elettori.
Nel corso dell’ultimo anno, “Starmer” ha
annunciato numerosi tagli al sistema pensionistico, ai benefit per le persone
affette da disabilità e ad altri servizi sociali nel tentativo di risanare
l’economia pubblica.
Sotto
la sua guida, il Partito Laborista ha inoltre abbandonato il suo precedente
supporto alla comunità transessuale della Gran Bretagna.
“
Starmer “ha infatti espresso piena approvazione per la recente sentenza della
Corte Suprema Inglese che riconosce l’esistenza di solo due sessi biologici
(uomo e donna).
I
critici hanno però sottolineato che la corte non ha consultato alcun esperto e
che la sentenza di fatto legalizza la discriminazione contro le persone trans.
Questi
fattori hanno portato all’inaspettata crescita dei Verdi e, in misura minore,
dei Liberal-Democratici per mano di ex-elettori laboristi alla ricerca di
alternative più liberali dal punto di vista economico e sociale rispetto a “Starmer.”
È
impossibile prevedere come questi cambiamenti influenzeranno le elezioni
parlamentari del 2029, ma ora un governo non controllato dai Tories o dai
Laboristi non è più una possibilità remota.
(Raffaele
Gaggioli).
La
battaglia di Dunkerque per non diventare
la nuova Taranto: Arcelor-Mittal annuncia
licenziamenti,
operai in piazza.
Ilfattoquotidiano.it - Luana De Micco – (2
maggio 2025) – ci dice:
Primo
maggio di lotta in Francia: il colosso dell'acciaio annuncia tagli a sette stabilimenti.
Sindacati e partiti di centrosinistra avviano
una stagione di lotta, ma il governo esclude la nazionalizzazione.
È
stato il primo maggio di Dunkerque.
Su appello dei sindacati, i lavoratori del
settore siderurgico sono scesi ieri nelle strade della città del nord – simbolo
di una delle più importanti battaglie della Seconda Guerra Mondiale, quando le
truppe alleate, circondate dai nazisti sulla spiaggia, riuscirono comunque a
evacuare 380.000 soldati – per protestare contro il massiccio taglio di posti
lavoro annunciato in settimana dal gigante dell’acciaio ArcelorMittal: 1.400
posti in tutta Europa, di cui esattamente 636 solo in Francia.
I tagli riguardano i sette stabilimenti ArcelorMittal
di Florange, Basse-Indre, Mardyck, Mouzon, Desvres, Montataire e appunto
Dunkerque, tra tutti il sito più colpito: qui sono minacciati 295 posti (su
3.200).
A sostegno dei dipendenti dell’azienda che rischiano
di perdere il lavoro, hanno raggiunto la marcia di ieri diverse figure della
sinistra, tra cui “Olivier Faure”, il segretario generale del partito
socialista, e l’ecologista “Marine Tondelier”.
Nelle
ultime ore, la pressione è cresciuta sul governo francese, accusato dai
sindacati di non essersi mobilitato subito per evitare i licenziamenti.
Stamattina,
il deputato ecologista “Benjamin Lucas”, che appena lo scorso marzo aveva
creato una commissione d’inchiesta parlamentare “per fare luce sulle mancanze
delle autorità pubbliche di fronte al crescente numero di piani di
ristrutturazione delle aziende”, ha annunciato la convocazione “entro due o tre
settimane al massimo” della direzione di “ArcelorMittal”, “che dovrà rispondere
sotto giuramento alle domande su questa decisione di licenziamento di massa,
che non ha alcuna giustificazione economica”.
Dunkerque
dunque dopo Taranto?
Nella
città del nord, la battaglia sindacale è appena iniziata.
Ma la mobilitazione di ieri, che ha riunito
1.500 lavoratori, secondo il sindacato CGT, in prima linea, è già considerata
“storica”.
Ma
un’“altra Ilva” in Francia c’era già stata.
Qui
gli eventi delle ultime ore rinviano al trauma del 2012 di Florange, in
Mosella, regione simbolo della deindustrializzazione della Francia:
all’epoca
sempre “ArcelorMittal” decise di fermare i due altiforni che producevano
acciaio grezzo, scatenando uno dei più lunghi conflitti sociali in Francia
degli ultimi decenni per salvare centinaia di posti di lavoro.
In
piena campagna presidenziale, il candidato socialista “François Hollande”, che
vinse le elezioni, si recò sul posto, al fianco degli operai, garantendo la
sopravvivenza degli altiforni.
Il suo governo poi firmò un accordo con il
colosso dell’acciaio che si impegnò a non effettuare licenziamenti e a
investire per rilanciare il sito.
Nel
2018 i due altiforni furono definitivamente chiusi.
Ora lo
stabilimento di Florange potrebbe perdere 194 posti di lavoro.
Per giustificare
la sua decisione, il gruppo siderurgico, numero uno in Europa e numero due nel
mondo, ha puntato il dito contro la “crisi dell’acciaio in Europa”, su cui pesa
la concorrenza dell’acciaio cinese.
“ArcelorMittal”
ha indicato un “calo del 20% della domanda in cinque anni e il forte aumento
delle importazioni, che ora rappresentano il 30% del mercato”.
L’azienda
spiega di “prendere in considerazione misure di riorganizzazione per adattare
la sua attività al nuovo contesto di mercato”.
Da
parte loro, i sindacati accusano “ArcelorMittal” di aver investito sempre meno
nei suoi siti francesi, malgrado l’ottima salute finanziaria del gruppo, che
nel 2024 ha realizzato un fatturato di 62,4 miliardi di dollari (55 miliardi di
euro), con un utile netto di 1,34 miliardi
. In
settimana, il gruppo ha anche annunciato un utile netto di 805 milioni di
dollari per il primo trimestre 2025.
Nel
2023, “ArcelorMittal “aveva annunciato un vasto “programma di decarbonizzazione”
del sito di Dunkerque (che genera il 3% circa delle emissioni di CO2 della
Francia), con un investimento di 1,8 miliardi di euro entro il 2023 e un
sostegno dello Stato pari a 850 milioni.
Ma
poi, alla fine del 2024, il programma è stato sospeso perché giudicato
dall’azienda “economicamente non redditizio”.
Per
gli abitanti di Dunkerque, lo stabilimento “ArcelorMittal “rappresenta il
“polmone” dell’economia locale.
“Se
ArcelorMittal cade, è tutta la regione che sarà minacciata.
Si
creerà un effetto domino per l’economia e i nostri servizi”, ha detto ieri “Gaëtan
Lecocq, segretario “CGT ArcelorMittal Dunkerque”.
In un
comunicato comune, socialisti e ecologisti hanno chiesto un “intervento
immediato” del governo, proponendo di mettere ArcelorMittal “sotto la tutela
dello Stato”.
Boris
Vallaud, presidente del gruppo Ps in Assemblea, presenterà un progetto di legge
che obblighi l’azienda “a continuare la sua attività e a mantenere
l’occupazione, anche in perdita, per un determinato periodo”, al fine di
“trovare un acquirente”, “investitori’ o per “attuare una nazionalizzazione
parziale”.
Il
partito della sinistra radicale “La France Insoumise”, così come la “CGT”, ha
chiesto senza mezzi termini al governo di “nazionalizzare” ArcelorMittal:
“Hanno
approfittato del nostro Paese con la complicità di chi ha continuato a elargire
denaro pubblico a questa azienda.
Non
permetteremo che queste fabbriche vengano vendute o chiuse”, ha detto “Jean-Luc
Mélenchon”, il leader LFI.
Agire
in fretta, dunque, come ha fatto il governo britannico ad aprile prendendo il
controllo di “British Steel.”
Ma il ministro dell’Industria, Marc Ferracci,
ha già risposto picche:
la
nazionalizzazione “non è la risposta giusta” alla crisi, ha detto.
Intanto,
il capo della CGT di Dunkerque, “Gaëtan Lecocq”, ha lanciato un appello a
continuare la mobilitazione, invitando tutto il settore della siderurgia in
Francia a raggiungere Parigi il 13 maggio:
“Questa non è una battaglia, ma una guerra. E sappiamo
che durerà mesi e mesi”.
“Troppo
sole”: per gli esperti il blackout
in Spagna è stato causato dalle
centrali rinnovabili in tilt.
Secoloditalia.it - Cronaca - Laura Ferrari
– (29 Aprile 2025) – ci dice:
La
dipendenza dall’energia solare e eolica ha reso Spagna e Portogallo vulnerabili
al blackout di massa che lunedì ha colpito la penisola iberica, lasciando
decine di milioni di persone senza elettricità.
È
quanto affermano diversi esperti del settore energetico citati dal quotidiano
britannico “The Telegraph”, secondo cui l’assenza di meccanismi di inerzia
tradizionali nelle fonti rinnovabili ha aggravato il crollo della rete.
Il
blackout, definito il più grave mai registrato in Europa, ha bloccato voli,
treni, reti mobili e servizi essenziali in numerose città.
In Spagna è stato dichiarato lo stato di
emergenza, mentre in Portogallo la compagnia idrica “Epal” ha avvertito di
possibili interruzioni dell’acqua.
I
residenti hanno fatto scorte di generatori, batterie e lampade a gas. “Red
Electrica”, il gestore della rete spagnola, ha stimato un ripristino
dell’energia tra sei e dieci ore in molte zone, mentre “Ren” in Portogallo ha
indicato tempistiche molto più lunghe, sino a una settimana.
Interi ospedali sono passati ai generatori di
emergenza, e a Madrid sono state effettuate 286 operazioni di salvataggio per
persone intrappolate negli ascensori.
Alcuni
servizi ferroviari sotterranei sono stati evacuati manualmente.
Blackout
energetico:
la
luce torna in Spagna, ma cala il buio mediatico sull'integralismo ecologista di
Bruxelles.
Malafede
a sinistra:
tace sul socialista Sanchez in Cina in piena
guerra dei dazi, ma sbraita su Meloni ricevuta da Washington.
La
Spagna all’avanguardia nelle energie green:
64%,
una dipendenza non gestibile in caso di blackout.
Secondo
i dati ufficiali, poco prima del blackout, l’energia solare rappresentava circa
il 53 per cento della produzione elettrica spagnola, mentre l’eolico circa l’11
per cento.
Il gas copriva solo il 6 per cento.
Gli
esperti hanno sottolineato che le fonti rinnovabili, a causa della loro
variabilità e dell’assenza di inerzia fisica, rendono più difficile mantenere
la stabilità della rete in caso di shock.
“Se si verifica un guasto significativo, i
gestori hanno meno tempo per reagire”, ha spiegato l’analista “Kathryn Porter”.
“In assenza di inerzia, si rischiano guasti a
cascata”, ha aggiunto. “Richard Tice”, vice leader del partito populista
britannico” Reform Uk”, ha parlato di “monito” per il Regno Unito e ha invitato
il governo a considerare i rischi legati alla corsa verso le emissioni nette
zero.
L’incidente
domina le aperture dei media anche nel Regno Unito, Paese legato da un
massiccio flusso turistico verso la Penisola iberica, dove tra l’altro vivono
molti britannici residenti, soprattutto pensionati.
Il “Telegraph” sottolinea come l’innesco sia
ancora oggetto di investigazioni, in assenza “di qualunque indicazione su un
cyber attacco”.
Dà
tuttavia credito al parere di “esperti di energia che puntano il dito sulla
pesante dipendenza della Spagna dal solare e dall’eolico”.
Dipendenza
che, a loro dire, “espone la rete elettrica regionale a essere vulnerabile di
fronte a una crisi” come quella di ieri.
Intanto,
l’operatore della rete elettrica britannica sta indagando su guasti
inspiegabili alle centrali elettriche che hanno colpito il sistema del Regno
Unito ore prima che la Spagna e il Portogallo precipitassero in blackout.
Ma il
fatto che non vi sia tale dipendenza dalle energie rinnovabili ha evitato un
analogo blackout.
L’esperto
spagnolo: sovraccarico di energie rinnovabili.
In
un’intervista a una tv iberica, “Carlos Cagigal,” esperto nel settore dell’energia,
delle energie rinnovabili e del gas, lancia l’allarme:
“Non è
un caso isolato”.
Il
motivo è che l’infrastruttura energetica spagnola oggi non è preparata a
immagazzinare tutta l’energia prodotta.
Pertanto,
non si può garantire che non si ripeterà.
La piena capacità di ripristino e stoccaggio
non sarà istantanea:
“Ci
vorranno dai 12 ai 24 mesi prima che tale capacità esista”. Per l’esperto
spagnolo, “la generazione di energie rinnovabili ha superato il 100% della
domanda”.
La
causa del blackout?
“Una sovraccapacità di produzione di
elettricità”.
Ha
fatto quindi una similitudine per capire la situazione con qualcosa che può
accadere in qualsiasi casa:
“È
come quando hai un picco di consumo in casa tua e i fusibili saltano”.
Sottolinea ancora: “Questo non è un caso isolato. La Spagna sarà informata di
futuri massicci blackout nelle prossime settimane”.
Parigi:
improbabile che accada in Francia, abbiamo un mix col nucleare.
“E’ molto improbabile” che in Francia
si verifichi un mega blackout come quello che ieri ha colpito la penisola
iberica.
Parola del ministro dell’Industria francese, “Marc
Ferracci”, che ha parlato di un sistema con “meccanismi” che consentono di
superare “questo tipo di problemi”.
In
caso di “difficoltà molto grandi” nelle reti, il sistema consente che le
ripercussioni interessino solo “una parte” della popolazione, ha affermato in
dichiarazioni ai microfoni di “Rtl”.
“Abbiamo
fenomeni e meccanismi che ci consentono di essere protetti”, ha detto il
Ministro, confermando di aver parlato stamani con i responsabili dell’operatore
francese “Rte”, che hanno escluso difficoltà sulla rete francese.
Un
sistema, ha rimarcato, “ha bisogno di margini di manovra” per rispondere a
potenziali rischi, e anche di poter produrre di più in caso di picchi di
consumo.
“Per questo – ha aggiunto – in Francia
abbiamo un mix energetico che si basa su nucleare, che è gestibile, e anche
rinnovabili”.
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