Terre rare.
Terre
rare.
L’accordo
tra Stati Uniti e Ucraina
sulle
terre rare, e l’assenza di
vere
garanzie di sicurezza.
Linkiesta.it
- (2-5-2025) - Alessandro Cappelli – ci dice:
Il
nuovo documento istituisce un fondo di investimento per la ricostruzione dopo
settimane di negoziati tesi, ma non menziona mai il punto più importante per
Kyjiv: un modo per scoraggiare future aggressioni della Russia in caso di
negoziati di pace.
Stati
Uniti e Ucraina hanno finalmente firmato l’accordo sulle terre rare. Dopo mesi
di negoziati tentati, falliti, ritentati e rifalliti, principalmente a causa di
pretese e proposte irricevibili dell’amministrazione Trump, i due Paesi hanno
trovato una quadra.
Il
cavillo decisivo che ha permesso di mettere tutto nero su bianco è
un’importante concessione ottenuta da “Kyjiv” durante le ultime trattative:
la
vicepremier” Yulia Svyrydenko”, arrivata a Washington per chiudere l’accordo
con il Segretario al Tesoro “Scott Bessent”, ha avuto garanzie sulla fornitura
di aiuti militari da parte degli americani.
In
particolare, è venuta meno la richiesta americana di un risarcimento
retroattivo per oltre cento miliardi di dollari di sostegno militare
all’Ucraina.
Quella
era una delle linee rosse invalicabili per “Kyjiv”.
Con
questo nuovo patto, il cui testo di nove pagine è stato pubblicato ieri dal
governo ucraino, Stati Uniti e Ucraina creano un fondo di investimento che
aiuterà a ricostruire l’Ucraina, in cambio di un accesso privilegiato per
Washington ai nuovi progetti di sviluppo delle risorse naturali dell’Ucraina,
come petrolio e gas, litio, grafite e diverse terre rare.
I due Paesi, inoltre, si legge nel documento,
«cercheranno di creare le condizioni necessarie per, tra gli altri obiettivi,
aumentare gli investimenti nel settore minerario, energetico e nelle tecnologie
correlate in Ucraina».
Ma
secondo alcuni osservatori si tratta solo di un primo passo.
“George
Popov”, analista di ricerca dell’”Associazione Nazionale dell’Industria
Estrattiva Ucraina “ha detto al “Kyiv Independent” che «la firma è solo il
primo passo di un lungo processo che porterà all’attuazione dell’accordo.
Il successo del piano dipende da aspetti
tecnici che devono ancora essere definiti».
Uno su
tutti: non è chiaro quanti investimenti saranno destinati al nuovo fondo.
Un’altra
clausola importante che il team negoziale ucraino è riuscito a inserire è la
possibilità di modificare alcuni punti del documento qualora questo
interferisca con l’adesione all’Unione europea.
Le
formulazioni precedenti infatti avevano fatto storcere il naso ad alcuni
osservatori europei, suggerendo che avrebbe potuto rappresentare un ostacolo in
questo senso dal momento che avrebbe privilegiato gli Stati Uniti rispetto ad
altri partner.
Il
valore di questa firma però va oltre le sole condizioni previste dal documento:
è
soprattutto un passo avanti nelle relazioni tra i due Paesi, messe a
repentaglio più volte da Donald Trump negli ultimi cento giorni.
Una
prima versione dell’accordo ad esempio era saltata a febbraio, in quell’agguato
a Volodymyr Zelensky allo Studio Ovale.
È
anche un discorso di metodi e toni della conversazione, un buon auspicio per il
futuro e per la difesa dell’Ucraina.
Almeno
in teoria:
c’è sempre la possibilità che Trump usi questa
firma come una clava, per tornare a minacciare ancora Zelensky e proporgli
negoziati irricevibili, ad esempio sul “Donbas” o sulla “Crimea”.
Da
Washington hanno già fatto capire che il documento sarà una pietra angolare nel
rapporto tra i due Paesi, soprattutto per un «eventuale sostegno continuativo
da parte degli Stati Uniti, ma non include garanzie di sicurezza esplicite e
l’Ucraina sarà tenuta a rispettarlo indipendentemente dal fatto che venga
raggiunto o meno un accordo di pace con la Russia».
Quella delle garanzie di sicurezza è l’assenza
più significativa:
era una delle disposizioni di cui “Kyjiv”
aveva più bisogno per scoraggiare ulteriori aggressioni da parte della Russia
in caso di cessate il fuoco.
“Kyjiv”
e “Washington” hanno semplicemente trovato un punto d’incontro su
«un’espressione di un più ampio allineamento strategico a lungo termine e una
dimostrazione tangibile del sostegno [degli Stati Uniti] alla sicurezza, alla
prosperità, alla ricostruzione e all’integrazione dell’Ucraina nei quadri
economici globali», come scrive il “Financial Times”.
Quanto
meno, come ha notato lo storico “Timothy Garthon Ash”, «gli ucraini sono
riusciti a eliminare gli eccessi peggiori dell’accordo, che nella prima
versione era in pratica un’estorsione».
Ma, ha
aggiunto, «è più un insieme di parole che un investimento reale. Non vedo
investimenti significativi in Ucraina finché non ci saranno garanzie di
sicurezza.
E
questo accordo non aggiunge nulla in quel campo».
Il
documento conferma comunque che così si «rafforza la partnership strategica tra
le parti per la ricostruzione e la modernizzazione a lungo termine
dell’Ucraina», facendo riferimento «alla distruzione su larga scala causata
dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia» e alla necessità di
un’«Ucraina pacifica, sovrana e resiliente».
Anche
la Commissione europea prende atto che l’accordo tra Stati Uniti e Ucraina
«comprende disposizioni specifiche volte a salvaguardare la richiesta di
adesione dell’Ucraina all’Unione europea e a evitare conflitti con gli attuali
obblighi previsti dall’Accordo di associazione Ue-Ucraina», come ha detto un
portavoce della Commissione.
«Inoltre, questo accordo riconosce che il
percorso dell’Ucraina verso l’adesione all’Unione europea costituisce un’ancora
fondamentale per la sovranità, la sicurezza e la prosperità del Paese».
Cosa
c’è nell’accordo sulle terre
rare
tra Stati Uniti e Ucraina.
Open.online.it – ( 02 Maggio 2025) -
Alessandro D’Amato – ci dice:
L'ok
dopo i colloqui tra Trump e Zelensky.
Le
condizioni per Kiev ora sono più favorevoli.
Lo
sfruttamento dei giacimenti e gli investimenti Usa in Ucraina.
Un
accordo «davvero equo».
Che
crea opportunità per investimenti significativi in Ucraina.
Il presidente “Volodymyr Zelensy” celebra così
la firma del trattato sulle terre rare di Kiev con gli Stati Uniti.
Il documento era stato oggetto di difficili
negoziati nelle scorse settimane.
Il testo, composto di tre documenti, prevede
l’accesso delle aziende americane all’estrazione di minerali rari, petrolio e
gas in Ucraina.
E la creazione di un fondo d’investimento
congiunto tra i due paesi.
Le
condizioni sono più favorevoli per Kiev rispetto alla versione precedente, che
aveva causato tensioni con Washington.
L’accordo.
La
firma dell’accordo è rimasta incerta negli ultimi giorni, ha fatto sapere
“Politico”, spiegando che «l’Ucraina si era rifiutata di firmare il patto
economico principale e due accordi tecnici collaterali».
Un
funzionario statunitense ha confermato che le parti hanno firmato tutti e tre
gli accordi dopo che l’Ucraina ha richiesto alcune modifiche dell’ultimo minuto
e il Tesoro statunitense ha cercato di tenere il punto.
«L’accordo
è cambiato significativamente durante il processo di preparazione.
Ora è un accordo veramente equo che crea
opportunità per investimenti significativi in Ucraina», ha detto Zelensky.
L’accordo non prevede di conteggiare gli aiuti
Usa già forniti come un debito dell’Ucraina nei confronti degli Usa, come
voleva Donald Trump.
Le
garanzie che mancano.
«Si
tratta di un lavoro congiunto con l’America e a condizioni eque», ha spiegato
il presidente.
Firmato nella notte tra mercoledì 30 aprile e
giovedì primo maggio, l’accordo non prevede garanzie di sicurezza nei confronti
di Kiev.
Le tensioni per l’accordo erano culminate
nella lite alla Casa Bianca tra i due presidenti nello Studio Ovale.
Una
prima bozza del testo era stata respinta da Kiev.
Secondo diverse stime l’Ucraina oggi possiede
il 5% delle risorse minerarie mondiali.
Ma non
tutte sono facilmente sfruttabili.
Alcune
delle terre si trovano in zone occupate da Mosca o minacciate dalle forze
russe.
L’accordo dovrebbe essere una tappa
fondamentale nell’avvicinamento tra Russia e Ucraina per chiudere la guerra
cominciata tre anni fa.
La
pace tra Russia e Ucraina.
«Tocca
a loro trovare un accordo e porre fine a questo brutale conflitto», ha detto il
vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance a Fox News.
«Ma non sono pronti a fermarsi», ha aggiunto.
Da
parte sua, il segretario di Stato americano “Marco Rubio” ha minacciato che gli
Stati Uniti potrebbero gettare la spugna nei confronti di Kiev e Mosca.
«Abbiamo
così tanti problemi – e direi anche più grandi – in tutto il mondo», ha detto
sempre a Fox News.
«Direi
che ciò che accadrà con la Cina sarà più importante a lungo termine per il
futuro del mondo», ha aggiunto.
Intanto
i bombardamenti continuarono su entrambi i lati del fronte.
Quattordici persone sono rimaste ferite il
primo maggio a sera in un attacco russo a Zaporizhzhia.
Nove
di loro sono state ricoverate in ospedale, ha annunciato “Ivan Fedorov”,
governatore della regione.
Gli
attacchi.
Alcune
ore prima, due persone erano state uccise in un attacco con drone su una zona
residenziale di Odessa, nell’Ucraina meridionale, secondo quanto dichiarato dal
governatore regionale Oleg Kiper.
I
servizi di emergenza ucraini hanno denunciato un «massiccio attacco russo».
In risposta, Zelensky ha chiesto che «vengano
esercitate ulteriori pressioni sulla Russia» per «costringerla (…) a
negoziare».
Mosca ha accusato l’esercito ucraino di aver
condotto un “doppio attacco”, una tattica di cui Kiev ha ripetutamente accusato
l’esercito russo, che consiste nel lanciare un secondo attacco nello stesso
luogo poco dopo il primo, per colpire coloro che erano accorsi in aiuto delle
vittime.
Il
cessate il fuoco dell’8 maggio.
Mentre
i negoziati separati avviati dagli americani con russi e ucraini per porre fine
al conflitto sembrano essere giunti a un punto morto, Vladimir Putin ha
dichiarato un cessate il fuoco unilaterale dall’8 al 10 maggio.
Il 9 maggio, la Russia terrà una grande parata
militare a Mosca per commemorare l’80° anniversario della vittoria sulla
Germania nazista. Parteciperanno circa 20 leader, tra cui il cinese “Xi Jinping”.
Un primo cessate il fuoco di 30 ore era stato
dichiarato da Putin ad aprile in occasione della Pasqua.
Entrambe
le parti si sono accusate a vicenda di averlo violato.
Tecnopolitica.
Come la tecnologia
ci
rende soldati.
Amazon.it
- Add. Editore – (21 marzo 2025) -
Asma
Mhalla (Autore), Chiara Bongiovanni (Traduttore) – ci dicono:
Intelligenza
artificiale, Neuralink, satelliti, metaverso:
le “Big Tech” sono protagoniste assolute del
nostro secolo, identità ibride capaci di ridefinire la morfologia della
costruzione collettiva che chiamiamo Stato, di intervenire sull’andamento di un
conflitto, di tracciare nuove frontiere.
La
loro pervasività può trasformarci in soldati, arruolati in una guerra
invisibile che si combatte sul campo di battaglia più ambito, il nostro
cervello, spingendoci a un’interpretazione binaria della realtà: tecnologia o
democrazia?
Per impedire che la tecnologia divori la
politica e diventi il carburante delle guerre future,” Asma Mhalla” indaga la natura del rapporto tra
tecnica e politica, le sue nuove forme di potere, le estensioni e le
implicazioni della sua potenza.
Maneggiare
la paura non basta più e il tumulto di questo inizio secolo è l’occasione di
riaffermare il progetto politico democratico.
È questo il punto di partenza, una combinazione tra
l’infinitamente grande e l’infinitamente umano perché noi, cittadini
consapevoli, siamo l’elemento che può conciliare il progresso tecnologico e
quello sociale.
“Il
secolo che si è aperto davanti a noi è brutalmente turbolento, caotico, ma
anche intellettualmente stimolante, poiché comporta la fine dei vecchi dogmi e,
di conseguenza, la costruzione di nuove categorie politiche, segnando un
prepotente ritorno della politica.
Per indagare le dinamiche relative alle cyber
potenze, serve un nuovo campo di analisi multidisciplinare: la tecnopolitica.”
Le
somiglianze tra l'identità bianca
e l'uranio iraniano, e la guerra
contro
entrambe
da parte del
suprematismo
ebraico.
Unz.com - Jung-Freud – (29 aprile 2025) – ci
dice:
La
guerra sionista contro l'uranio iraniano è stranamente simile alla guerra
giudaica contro il potere dell'identità bianca.
Cosa
hanno in comune l'uranio iraniano e l'identità bianca?
Le due categorie sono interconnesse
nell'attuale geopolitica dominata dal potere ebraico.
Si
potrebbe dire che la guerra ebraica contro la bianchezza non solo ha preceduto,
ma ha anche creato i presupposti per la guerra ebraica contro il nucleare
iraniano.
Senza
la sottomissione ebraica della razza bianca (e la sua servitù canina e la sua
collaborazione con Sion), gli Stati Uniti e l'Occidente in generale si
troverebbero in questo perpetuo stato di mini-Guerra Fredda con l'Iran?
Proprio
come i Mongoli accumularono i mezzi per la conquista del mondo solo dopo
essersi assicurati la ricca e popolosa Cina come base politica ed economica,
l'attuale dominio globale del potere ebraico è dovuto all'aver domato e
schiavizzato completamente la razza bianca, trasformandola nel suo cane più
obbediente e nel suo cavallo più affidabile.
Proprio
come i Mongoli senza la Cina sarebbero diventati solo dei barbari predoni
disordinati, il potere ebraico senza gli Stati Uniti sarebbe molto più
limitato, e quindi molto meno efficace nei suoi piani globali.
Esistono
sorprendenti somiglianze tra l'atteggiamento ebraico nei confronti
dell'Identità Bianca e quello sionista nei confronti del programma nucleare
iraniano.
La
monomania ebraica si basa sul principio etnocentrico secondo cui gli ebrei, e
solo gli ebrei, meritano la politica identitaria e le armi nucleari
(specialmente all'interno della sfera d'influenza ebraica, a cui appartengono
l'intero Medio Oriente e il Nord Africa a causa dell'impegno ebraico globale
per la supremazia di Israele, sebbene, a dire il vero, gli ebrei abbiano
cercato di negare alla Corea del Nord le armi nucleari perché altri stati più
vicini a Israele si sarebbero sentiti a loro volta incoraggiati a sfidare i
comandi di Sion).
In
effetti, molti ebrei sembrano ritenere che l'UNICO modo in cui Israele possa
sopravvivere sia attraverso la supremazia egemonica sull'intera regione, ovvero
che sopravvivenza e supremazia siano intercambiabili dalla prospettiva sionista.
Data
la guerra ebraica contro la bianchezza, la posizione logica dei bianchi sarebbe
un'identificazione e una simpatia per i popoli come gli iraniani ei
palestinesi.
Se gli ebrei attaccano l'identità bianca e
l'uranio iraniano, i bianchi e gli iraniani non dovrebbero unirsi contro gli
etno-centristi ebrei che negherebbero ai bianchi il loro orgoglio di identità e
agli iraniani i loro mezzi di difesa (e sopravvivenza)?
Quando
Israele punta il suo arsenale nucleare contro l'Iran, un osservatore obiettivo
concluderebbe che quest'ultimo è il più giustificato ad avere una propria
opzione nucleare.
Dopotutto,
se qualcuno possiede armi per farti del male, dovresti pensare di possedere
anche tu delle armi.
Ironicamente,
gli americani bianchi che si trovano ad affrontare la prospettiva del disarmo
(delle armi da fuoco personali), una politica guidata dalla lobby ebraica, sono
più propensi che no a schierarsi con il tentativo di Sion di rendere l'Iran
completamente indifeso contro l'imperialismo ebraico proveniente da Tel Aviv
(con il sostegno delle metropoli occidentali dominate dagli ebrei).
Dato
che nessun altro gruppo, a parte gli ebrei, ha fatto di più per limitare
seriamente o addirittura abolire il diritto di portare armi negli Stati Uniti,
si potrebbe pensare che i bianchi avrebbero collegato i puntini e capito che la
guerra ebraica contro l'uranio iraniano non è diversa dalla guerra ebraica
contro le armi dei bianchi, che è, ovviamente, solo un'altra espressione
dell'identità bianca, poiché le due ragioni principali per cui i bianchi
possiedono armi sono la resistenza al governo tirannico (attualmente nella
forma descritta da alcuni come ZOG, il che implica che l'America bianca storica
sia governata da una tribù ostile) e la difesa dalla criminalità nera (sulla
base del fatto che i bianchi perderanno nella lotta di forza con i più duri,
avendo quindi bisogno delle armi come ultima risorsa, il che è inaccettabile
per il potere ebraico che impiega la forza nera contro i bianchi nello stesso
modo in cui il governo zarista impiegava i cosacchi contro i suoi sudditi; la
resa totale e incondizionata dei bianchi ai cervelli ebraici e alla forza
muscolare nera è la soluzione ideale nell'ordine attuale).
Poiché
gli ebrei controllano le istituzioni, vogliono il monopolio statalista sulle
armi da fuoco, con le masse bianche disarmate e indifese.
Non è
diverso dall'insistenza di Israele sul fatto che sia l'unico paese del Medio
Oriente e Nord Africa (MENA) a possedere armi nucleari, mentre l'Iran e altri
paesi rimangono per sempre disarmati.
Data
l'ostilità ebraica verso i bianchi e l'Iran, perché i bianchi sono sempre
adulatori degli ebrei?
Il
comportamento dei bianchi è comprensibile, dato che il potere ebraico ha già
ottenuto con la bianchezza ciò che intende fare con il programma nucleare
iraniano. La bianchezza è stata totalmente e totalmente screditata,
disattivata, dismessa, disinnescata e disarmata, e questo spiega perché la
razza bianca si inchina agli ebrei nello stesso modo in cui, dopo aver
conquistato e distrutto Iraq, Libia e Siria, ora fungono da colonie di
prostitute di Sion.
Anche
se gli ebrei non sono ancora riusciti a disarmare l'America bianca, soprattutto
negli "Stati Rossi", hanno praticamente reso la bianchezza inerte e
impotente. I bianchi possiedono ancora armi, ma non l'orgoglio identitario che
li porterebbe a imbracciare le armi da fuoco contro i loro aguzzini e
oppressori anti-bianchi.
La
bianchezza è considerata, non meno dalla maggioranza dei bianchi stessi,
materiale radioattivo tossico e pericoloso. In altre parole, i bianchi non
devono possedere o gestire la bianchezza come un'identità o un interesse, tanto
meno come un'ideologia.
Invece, il potere ebraico deve appropriarsi
della bianchezza e farne ciò che vuole.
Sotto il controllo ebraico, la bianchezza è
considerata vile e oscena, un male che deve essere negato alla razza bianca
come fonte di energia politica. Deve essere costantemente condannata e
stroncata.
Ai
bianchi deve essere negata la bianchezza come questione di orgoglio e unità; al
contrario, devono essere costretti a rifiutare e rinunciare a ogni minima
traccia di bianchezza, in quanto assimilabile al Peccato Originale.
Nella
mentalità suprematista ebraica, l'identità etnica o razziale è come il
materiale nucleare.
Può fornire spirito e orgoglio (come base del
potere) a una comunità di persone di etnia e/o razza comune, non diversamente
da come la tecnologia nucleare può essere sfruttata per fornire energia a città
e paesi.
L'identità
razziale e/o etnica può spingersi oltre e può essere trasformata in un'arma in
una sorta di "noi contro loro" contro l'Altro, una caratteristica
costante della storia in cui il potere è stato spesso delineato lungo linee
identitarie: "Noi Greci contro i Persiani", "Noi Romani contro i
Germani", "Noi Tedeschi contro i Russi".
Di
solito, a un popolo conquistato viene negato il potere dell'identità,
costringendolo così a servire la potenza dominante, come quando gli
indio-asiatici e i sudditi africani servirono l'Impero britannico: invece di
essere gli indiani al servizio dell'identità e degli interessi indiani, gli
indiani al servizio di Dio e della Patria, con Londra come capitale del mondo.
Proprio
come l'identità può essere trasformata in un'arma, così può esserlo l'energia
nucleare.
Anzi,
l'energia nucleare è stata trasformata in un'arma prima di essere sviluppata
per uso civile.
Per il
“Potere Ebraico”, non è sufficiente negare alla bianchezza la sua
strumentalizzazione come fonte di orgoglio e potere per la razza bianca.
Il
Potere Ebraico non esige altro che la totale negazione dell'identità bianca ai
bianchi (se non come fonte di colpa e vergogna, il che equivale a
un'anti-identità).
Ecco
perché gli ebrei dichiarano guerra non solo al suprematismo bianco, ma
all'identità bianca stessa.
Anzi,
l'identità bianca è trattata come praticamente sinonimo di suprematismo bianco.
"Essere
bianchi è giusto" non è meno motivo di allarme.
Gli
ebrei parlano come se qualsiasi senso positivo (o anche neutro) dell'identità
bianca potesse trasformarsi in un suprematismo bianco che potrebbe far saltare
in aria il mondo.
Una reazione così estrema potrebbe essere in
parte il risultato del trauma dell'Olocausto, cioè gli ebrei stanno servendo
tutta l'umanità contro la rinascita del suprematismo bianco che ha
tiranneggiato il mondo per secoli.
Più
probabilmente, tuttavia, gli ebrei stanno cercando di proteggere la propria
supremazia razziale-etnica impedendo il (ri)emergere dell'indipendenza bianca,
o dell'autonomia e dell'azione bianca.
In
altre parole, gli ebrei sono meno motivati dall'anti-suprematismo (di qualsiasi
tipo) che da un suprematismo per la tribù a spese dell'umanità.
Si dà
il caso che nulla sia più indispensabile della “White Cuckery” per la
perpetuazione del potere suprematista ebraico.
Nel
momento in cui i bianchi, come “Pat Buchanan” alla vigilia della Guerra del
Golfo, esprimeranno la propria identità e dispiegheranno i propri interessi
indipendenti da quelli degli ebrei e di Sion, potrebbe essere la fine per
l'Impero di Giudea.
Proprio
come l'Impero britannico era di fatto finito in India quando le masse native
guidate da Gandhi dichiararono un'identità e interessi indipendenti dai loro
padroni imperialisti, l'Impero di Giudea, o Ebraismo Mondiale, potrebbe finire come egemone globale
una volta che i bianchi si saranno liberati dal giogo sionista.
E il
modo più efficace per raggiungere un tale risultato è che i bianchi tornino ad
abbracciare ed esaltare la propria identità e i propri interessi.
Questo
è una minaccia per il potere ebraico, e quindi qualsiasi segno di orgoglio
nazionale, sovranità e indipendenza tra le popolazioni bianche in Occidente
viene denunciato come "estrema destra" o "estremismo".
Ma
cosa c'è di così suprematista nel desiderio ungherese di rimanere ungherese
nella cultura, nel patrimonio e nella demografia?
Gli
ungheresi patriottici vogliono conquistare altri paesi?
Vogliono
schiavizzare i non ungheresi?
Vogliono
istituire campi di sterminio per ebrei o per chiunque altro?
No, il
loro desiderio, piuttosto modesto e umile, è che l'Ungheria rimanga ungherese.
Persino un programma così moderato viene
sminuito come "estrema destra".
Se un
politico tedesco vuole porre fine all'immigrazione di massa per preservare
l'integrità demografica della Germania, viene diffamato come "estrema
destra" e "neonazista".
(Poiché
i media ebraico-sionisti hanno vilipeso il "suprematismo bianco" come
incarnazione del male occidentale e poiché, ironicamente, gli stessi bianchi
vilipesi negli Stati Uniti e nell'Unione Europea sono sostenitori accaniti di
Israele, molti esponenti del Terzo Mondo e della sinistra tendono a confondere
la politica dell'identità bianca con il sionismo, ovvero il sionismo è una
variante del "suprematismo bianco", il che implica che la politica
dell'identità bianca rafforzerà la supremazia ebraico-sionista, quando, molto
più probabilmente, l'ascesa di una politica autonoma dell'identità bianca
sfiderà, resisterà e si opporrà al potere ebraico.
Se la maggior parte dei bianchi condividesse la
politica di “David Duke”, il sostegno degli Stati Uniti all'Israele genocida si
esaurirebbe da un giorno all'altro e non ci sarebbero più richieste di guerre
per Israele.)
Gli
ebrei nei media e nei think tank credono davvero che la supremazia bianca o il
neonazismo siano dietro l'angolo? Certo che no.
È
tutta finzione, e promuovono la “Grande Menzogna “per mantenere la loro
adesione bianca al suprematismo ebraico.
A proposito, l'Ungheria di Viktor Orbán non è
del tutto immune dall'influenza ebraica.
Pur
respingendo l'influenza di” George Soros”, stende il tappeto rosso a “Bibi
Netanyahu”, il vero suprematista di estrema destra lunatico.
La
politica attuale è davvero surreale.
Se un popolo rifiuta il “globalismo sorosiano del
suprematismo ebraico”, viene etichettato come "estrema destra";
ma per
attenuare la condanna, per evitare che gli ebrei si lascino andare alla
distruzione totale e alla guerra, deve compiacere e assecondare la vera estrema
destra di Israele, che ora è essenzialmente uno “stato giudeo nazista”.
Una
nazione come l'Ungheria viene falsamente accusata di essere "estrema
destra", ma l'unica possibilità di salvare la sua reputazione è degradarsi
completamente, cedendo all'adesione di estrema destra di Israele.
È come
se un uomo rispettoso della legge venisse accusato di criminalità, e la sua
unica possibilità di difendersi fosse quella di associarsi a un vero gangster.
Gli
ebrei non credono davvero che la rinascita del nazionalismo in Europa porterà
alla Terza Guerra Mondiale o al suprematismo bianco.
Temono
davvero che i bianchi si sveglino finalmente e dicano BASTA al suprematismo
ebraico e alle sue continue pretese, follie e guerrafondaie.
Ora,
dati gli ovvi parallelismi tra la guerra giudaica all'uranio iraniano e la
guerra giudaica all'identità bianca, si potrebbe pensare che i bianchi si siano
già accorti e abbiano fatto causa comune con gli iraniani, ma vediamo l'esatto
contrario in tutto lo spettro politico negli Stati Uniti.
Anche
se sempre più americani sono diventati consapevoli degli aspetti più oscuri del
sionismo, con la maggioranza degli americani che vedono Israele in modo
sfavorevole, resta il fatto che gran parte della popolazione, in particolare
gli americani bianchi, vedono ancora l'Iran come una sorta di minaccia che deve
essere neutralizzata, persino distrutta, anche se l'Iran non rappresenta una
minaccia per gli Stati Uniti o l'Occidente.
I sionisti hanno ripetuto all'infinito che
l'Iran rappresenta una minaccia "esistenziale" per Israele, il più
grande alleato degli Stati Uniti, naturalmente, ma questo è piuttosto strano
considerando che Israele ha centinaia di armi nucleari puntate contro l'Iran,
che, secondo tutte le stime dell'intelligence statunitense, non ha ancora
sviluppato la Bomba.
È come
fingere che un uomo con una pistola puntata alla testa rappresenta una minaccia
per l'uomo che impugna la pistola.
Alcuni
sostengono che se l'Iran ottiene la Bomba, anche altri paesi della regione la
otterranno, e la situazione andrà fuori controllo, ma la logica fallisce a un
esame più approfondito.
Se tutti gli altri paesi del Medio Oriente
cercheranno di ottenere la Bomba se un paese ce l'ha, perché nessun altro paese
a parte Israele ha la Bomba nella regione?
Il
possesso di armi nucleari da parte di Israele non dovrebbe essere una ragione
sufficiente per acquisirne anche loro?
Se
tutti quei paesi non hanno ancora la Bomba decenni dopo che Israele l'ha
ottenuta, perché improvvisamente sentirebbero il bisogno di ottenerla SOLO SE
l'Iran la ottiene?
Semmai,
persino l'Iran, a lungo preso di mira da Israele e dagli Stati Uniti
controllati dai sionisti, deve ancora compiere i passi cruciali necessari per
costruire la Bomba.
Tutte
queste giustificazioni dei think-tank di politica estera suonano insensate
quando analizziamo le prove.
Le
richieste avanzate da Israele sono ridicole, ma d'altronde, non si tratta solo
di Israele, ma di tutto l'ebraismo mondiale.
"Israele contro Iran" fa sembrare la
situazione piuttosto equilibrata, ma l'Iran non si scontra solo con un piccolo
paese mediorientale, ma con l'intero Impero di Giudea che si estende su cinque
continenti.
Perché
questo impero è in uno stato di ostilità anche con paesi come il Venezuela, che
non rappresentano una minaccia per Israele?
Perché
osano costruire relazioni indipendenti con paesi come l'Iran, che l'Impero
Suprematista Ebraico detesta con veemenza.
Le
richieste ebraiche sono particolarmente oltraggiose perché sono rivolte a
potenze minori.
Le
potenze maggiori che pretendono che le potenze minori si rendano più deboli,
anzi indifese, per creare un ordine più basato sulla giustizia e sulle regole è
come un super-ricco che pretende che un povero rinunci alle sue poche proprietà
per rendere le cose più eque e giuste.
Quando
un grande predatore minaccia un animale più piccolo, l'unica difesa di
quest'ultimo sono le sue armi speciali:
zanne velenose di serpente, artigli di gatto
domestico, aculei di porcospino, spruzzo di puzzola, carapace di tartaruga,
corna di cervo, incisivi di coniglio e così via.
Di
fronte a un animale più grande, l'unica possibilità di sopravvivenza per
quest'ultimo è minacciare con le sue armi limitate ma potenti, che potrebbero
infliggere gravi danni anche se l'animale più grande dovesse prevalere:
un
predatore sarebbe disposto a perdere un occhio o un arto per un pasto?
Pertanto, anche se un orso vincerebbe una battaglia senza esclusione di colpi
con un tasso, preferisce non affrontarlo perché il tasso può causare danni
concreti.
Gli
Stati Uniti, guidati dagli ebrei, sono l'animale più grande, il predatore al
vertice della catena alimentare, al mondo.
Paesi
come l'Iran fanno affidamento sul loro armamento limitato ma potente per
respingere le aggressioni, ma gli Stati Uniti, la portaerei dell'Impero di
Giudea, esigono che l'Iran rinunci alle sue armi o abbandoni la capacità di
sviluppare armi più potenti.
Tale
richiesta è ancora più scandalosa alla luce di ciò che gli Stati Uniti,
governati dagli ebrei, hanno fatto al Medio Oriente e al Nord Africa nel XXI
secolo.
Se
davvero la potenza americana fosse stata una forza di pace e prosperità in
tutta la regione, per il benessere equo di ebrei, arabi e musulmani, sarebbe un
conto.
Ma gli
Stati Uniti, guidati dagli ebrei, hanno dimostrato più e più volte di essere
solo una Bestia di Sion.
Di
fronte a una bestia imponente dotata di ogni sorta di armamento letale, un
paese come l'Iran dovrebbe essere "ragionevole" e soddisfare le
richieste alla maniera di Gheddafi, riposa in pace.
Non
importa che Hussein abbia effettivamente acconsentito a tutte le richieste
sulle armi di distruzione di massa, ma sia stato comunque preso di mira per la
distruzione.
Gli
Stati Uniti che chiedono all'Iran di rinunciare alle sue difese sono come un
pitbull che dice a un gatto di farsi togliere gli artigli.
È come un leopardo che dice a un babbuino di
togliere le zanne.
È come un'aquila che dice a un serpente di
rinunciare al suo veleno.
In natura, c'è mai stato un animale che sia
stato risparmiato non usando le sue difese speciali contro l'aggressore?
Un
orso grizzly ha forse risparmiato un “gopher” per non avergli morso?
Persino
gli animali si sono dimostrati più intelligenti di Gheddafi, che si è ritrovato
con un coltello nell'ano, mentre Hillary Clinton, la prostituta di Sion, rideva
come una strega cattiva.
Il
motivo per cui l'America bianca sostiene la politica sionista ostile nei
confronti dell'Iran è perché è stata totalmente "denuclearizzata"
nell'identità e nell'orgoglio.
Lo
stato attuale dell'America bianca è quello che sarebbe l'Iran SE rinunciasse a
tutta la sua tecnologia nucleare, al suo armamento missilistico e alle sue
capacità di deterrenza per placare la “Sion globale”.
C'è
stato un tempo in cui l'America bianca possedeva un'identità pari a quella
della tecnologia nucleare autonoma dell'Iran.
I
bianchi americani davano valore al proprio popolo e alla propria dignità come
razza, come insieme di etnie.
Era una fonte di unità e potere, di valori e
principi.
I bianchi allora non si scusavano per la loro
bianchezza, né tantomeno consideravano la propria identità tossica, odiosa o
malvagia.
E in tempi di difficoltà e crisi, l'identità
bianca poteva anche essere strumentalizzata.
(Gli
ebrei non avevano certo problemi con simili politiche identitarie quando
l'America bianca si unì per combattere i "giapponesi", coinvolgendo
così anche gli Stati Uniti nella guerra contro la Germania).
Ma da
qualche parte più in là, “Jewish Power” decise di negare l'orgoglio e il potere
dell'identità ai bianchi americani e alla razza bianca in generale.
Anche se la seconda guerra mondiale riguardava
principalmente i tedeschi bianchi contro i russi bianchi, è stata fatta girare
come una narrazione sulla minaccia della "supremazia bianca" sul
mondo intero.
Anche se il Potere Ebraico era stato
profondamente coinvolto nelle varie imprese e saccheggi imperialisti
dell'Europa e dell'America, l'identità ebraica era caratterizzata come una
questione di vittimismo per mano di "suprematisti bianchi" e
"cristiani antisemiti".
Poiché
il nazismo fu reso sinonimo di "suprematismo bianco", l'implicazione
era che gli “unici bianchi buoni” erano quelli che combattevano contro il
"suprematismo bianco", specialmente per difendere gli ebrei.
Inizialmente,
l'orgoglio bianco "buono" era accettabile contro l'orgoglio bianco
"cattivo", il tipo incarnato dai tedeschi nazisti.
A quanto pare, gli americani bianchi e gli
inglesi bianchi sono stati i bianchi buoni che hanno sconfitto i bianchi
cattivi della Germania di Hitler.
Ma
come suggeriscono i film di “Steven Spielberg” (non ultimo “The Fabelmans”),
c'è un latente nazista interiore in ogni persona bianca che sta cercando di
fare “coming out”, come la creatura che spunta dall'addome umano in “Alien” di
Ridley Scott.
Dopotutto,
gli stessi bianchi che hanno combattuto contro Hitler avrebbero combattuto per
lui se fossero nati in Germania e influenzati dall'educazione e dai media
tedeschi.
Pertanto,
l'unico modo infallibile per neutralizzare la minaccia bianca all'ebraismo era
quello di negare alla razza bianca il potere dell'identità, da cui derivano
l'orgoglio e l'arbitrio.
Dati
gli orrori della seconda guerra mondiale e il prolungato dominio del mondo da
parte dell'Occidente bianco, la connessione tra bianchezza e suprematismo
bianco sembrava abbastanza convincente per molti.
Ma con
l'ascesa del potere ebraico, la svalutazione della bianchezza ebbe meno a che
fare con la prevenzione della supremazia bianca che con la garanzia della
supremazia ebraica facilitata dalla totale sottomissione bianca e dalla
subordinazione alle narrazioni e alle richieste ebraiche.
Alcuni
sostengono che Israele controlla davvero gli Stati Uniti, mentre altri
sostengono che gli Stati Uniti usino Israele come un “proxy”, ma in realtà
Israele e gli Stati Uniti sono due facce della stessa medaglia.
Entrambi appartengono all'”Impero della Giudea”, con
Gerusalemme e Tel Aviv come centri "spirituali" dell'impero e con New
York e Washington DC come centri finanziari, intellettuali e militari.
Pertanto,
i due sono uniti all'anca.
È come
“Ron Jeremy “che si succhia il proprio dong.
Piuttosto
che usare l'uno con l'altro, lavorare in tandem.
Quando
gli Stati Uniti erano governati dagli angloamericani o dall'élite WASP, si
poteva plausibilmente parlare di un rapporto simbiotico piuttosto che
"sinonimo" tra Stati Uniti e Israele (e l'ebraismo mondiale in
generale), ma questo non è più avvenuto dopo la presa di potere da parte dei
neoconservatori e dei neoliberisti degli Stati Uniti (e di tutti i suoi
vassalli).
Se ci
sono davvero fratture e conflitti emergenti tra Israele e gli Stati Uniti, non
si tratta più di potere ebraico contro potere angloamericano, ma di supremazia
ebraica contro coscienza ebraica (mentre i giovani ebrei sono sconvolti da ciò
che è successo a Israele, al sionismo e agli atteggiamenti suprematisti ebraici
che hanno portato a così tante guerre e caos).
Per
ora, il suprematismo ebraico ha il controllo saldo di tutte le istituzioni,
mentre la coscienza ebraica (e i suoi alleati “goy”) operano principalmente a
livello di base (ma poi i semi possono crescere e diventare alberi, ed è per
questo che il potere ebraico sta lavorando duramente per abbattere i giovani
pro-palestinesi, soprattutto perché il tentativo di estirpare le radici dell'antisionismo
è fallito nell'era di Internet e dei social network).
Piuttosto
che la questione di Israele-controlli-Stati Uniti o Stati
Uniti-controlli-Israele, una domanda più pertinente affronta il mito del potere
bianco/gentile negli Stati Uniti.
Lo stratagemma del potere bianco/gentile è
inestimabile per mantenere lo status quo del suprematismo ebraico, un fenomeno
molto strano in contrasto con gli imperialismi del passato.
A
differenza della maggior parte degli imperi che affermavano con orgoglio chi
era al vertice e al comando – gli inglesi sull'impero britannico, i francesi
sull'impero francese, i giapponesi sull'impero giapponese, e così via –
l'imperialismo ebraico o suprematismo si basa su concetti di "diritti
umani", "democrazia liberale" e "giustizia sociale"
(informati dalla storia tragica, in particolare Auschwitz e Jim Crow come i
suoi due simboli principali, che è molto conveniente per il Potere Ebraico).
Anche
se gli ebrei sostengono i” goy cornuti” e li usano come burattini, si
posizionano come l'opposizione al potere e al privilegio prepotente dei bianchi
e dei “goy”.
Si
consideri come George W. Bush sia stato usato per la politica estera sionista,
ma anche presentato come un aspirante dittatore cristiano-fascista, contro il
quale la minoranza ebraica decente era preferibilmente all'opposizione.
Così, i “burattini goy” sono fatti per
eseguire gli ordini degli ebrei in due modi. Conducono guerre per Israele, come
l'invasione dell'Iraq, ma fungono anche da spauracchio del "privilegio
maschile bianco" e del "fascismo cristiano", permettendo così
agli ebrei di fingere di essere dissidenti perdenti.
In una
certa misura, la natura ambigua del suprematismo ebraico è un'estensione
dell'imperialismo americano, violentemente espansivo ma spesso giustificato con
retorica moralistica, ad esempio diffondendo il cristianesimo ai pagani,
sebbene oggi, sotto il controllo ebraico, il tema principale sia la promozione
di un'agenda omosessuale in tutto il mondo.
Risalendo
ancora più indietro, la natura passivo-aggressiva dell'Impero americano (e
anche degli imperi europei) affonda le sue radici nel cristianesimo, una
religione di amore, pace e perdono che è stata usata per giustificare guerre,
conquiste e saccheggi (e persino la tratta degli schiavi, il traffico di droga e
vari genocidi).
Ancora
più indietro, la dualità della civiltà cristiana affonda le sue radici
nell'ebraismo, una religione di profonda umiltà e arroganza.
I Giudei, una tribù debole e oppressa da
poteri ben più grandi, arrivarono a concepire la loro condizione di vittime
come la via per la vittoria, ovvero potevano essere sconfitti nel corpo ma non
nello spirito, poiché erano stati scelti e favoriti dall'unico e solo vero Dio;
e quindi, con pazienza e tenacia, erano
destinati a regnare supremi su tutti gli altri.
Pertanto,
se la maggior parte delle tribù definiva il proprio valore in termini di
potenza militare e dominio, gli ebrei mantenevano la propria autostima anche di
fronte alla sconfitta, poiché, almeno spiritualmente, non potevano essere
sconfitti finché Dio era dalla loro parte.
L'ascesa
del “Potere Cristiano” ha preso spunto dal copione ebraico, e col tempo i
cristiani sono stati anche maestri nel confondere il vittimismo con la
vittoria, specialmente attraverso le narrazioni canoniche dei loro santi
martiri.
Ma
poi, quando l'Occidente ha iniziato a superare tutti gli altri e a sopraffare
il mondo intero con la sua superiorità nella scienza, nella tecnologia, nella
ricchezza e nell'organizzazione, l'orgoglio della vittoria è arrivato a
prevalere sulla santità del vittimismo, che è diventato sinonimo di perdenti e
fessi del Resto (o del non-Occidente).
Questo
atteggiamento ha persino portato all'arroganza, a un senso di superiorità
innato sui popoli di colore del mondo.
Gli
ebrei europei furono pesantemente coinvolti nelle imprese imperialiste e ne
trassero un grande profitto, ma si sentivano anche alienati dal centro europeo
che, sotto l'influenza della Chiesa e poi della prospettiva razzista secolare,
considerava gli ebrei, per quanto di successo e parte integrante delle economie
occidentali, come diversi, sospetti e persino ostili.
Così,
anche se il “Potere Ebraico” è sorta accanto al potere bianco nel secolare
trionfo dell'Occidente, si è sentito tanto una vittima quanto un co-vincitore.
Guadagnarono in potere e ricchezza insieme ai bianchi (anzi, più dei bianchi in
alcuni casi), ma si sentirono anche estranei dai temi razziali/etnici e
spirituali/religiosi fondamentali dell'Occidente.
Poi,
non sorprende che gli ebrei abbiano condotto un'operazione di sotterfugi nella
loro totale ascesa e dominazione nel 21° secolo.
Nonostante i loro vasti poteri e l'arroganza
suprematista, preferiscono nascondersi dietro le facciate oi
"cuscinetti" di “figure goy “che rimangono i volti ufficiali del
potere occidentale.
In
questo modo, se l'Occidente viene accusato di aggressione ingiustificata,
saccheggio e corruzione, la colpa di solito ricade sui “goyim”.
Prendete il film VICE (su Dick Cheney) che
vorrebbe farci credere che la debacle dei Neoconservatori sia stata per lo più
opera di gentili senza scrupoli, specialmente quei "maschi bianchi".
E anche se Biden e Trump hanno eseguito gli
ordini degli ebrei sopprimendo la libertà di parola e intimidendo le voci
dissenzienti, la colpa ricade sui prestanome, sui burattini piuttosto che sui
burattinai.
Com'è surreale:
gli ebrei che denunciano la tirannia di Trump
che sta semplicemente seguendo gli ordini degli ebrei.
Non puoi inventare questa roba.
In
quanto tali, anche se i bianchi negli Stati Uniti e nell'UE sono stati
completamente denigrati, castrati, castrati e cacciati, si comportano ancora
come se hanno il potere e possono fare politica per il Medio Oriente.
Ma il
potere del cornuto bianco in Occidente ha la stessa capacità di azione e
autonomia del potere "democratico" giapponese e tedesco dopo la
seconda guerra mondiale – nonostante tutti i discorsi sul loro riemergere come
democrazie basate sulla libertà e sui diritti, il Giappone e la Germania
avevano esternalizzato il loro potere politico agli Stati Uniti.
Allo
stesso modo, nonostante tutta la farsa sui bianchi in Occidente che difendono
la democrazia e i diritti umani radicati nei valori e nei principi americani,
questi bianchi sono come cani i cui abbai, per quanto forti e feroci, sono
sempre al servizio dei loro padroni.
Oggi,
quando la Germania o il Giappone si danno delle arie contro la Russia o la
Cina, agiscono davvero in modo indipendente per il proprio interesse nazionale?
No,
sta solo eseguendo gli ordini del suo padrone, gli Stati Uniti.
È un gioco di cane e padrone.
La situazione, tuttavia, è la stessa
all'interno degli stessi Stati Uniti.
L'”American Power” non riguarda tutti gli
americani di varie razze, etnie, religioni, ideologie e provenienze che
condividono ed esprimono il potere per interessi nazionali (o globali), ma
tutti questi “gruppi patetici goy” che competono in una mostra canina per
ottenere il maggior numero di punti dalla razza dominante de facto degli ebrei.
In un
certo senso, l'Iran attuale è come l'America bianca del passato che ha
conservato il proprio senso di identità e destino come fondamento della sua
unità.
A quei
tempi, i bianchi erano orgogliosi della loro razza (che era anche sospettosa
degli ebrei come etnia rivale), radicati nella fede cristiana (che proteggeva
dall'ebraismo come religione ostile) e in controllo della narrativa e
dell'iconografia (che dava la priorità alla forza bianca come salute della
nazione).
Tuttavia,
pezzo dopo pezzo, il “Potere Ebraico” ha smontato e disattivato tutti quei beni
cruciali dell'orgoglio e del potere bianco.
(Oggi, la semplice idea di "potere
bianco" suona male, come “Sieg Heil” o “Heil Hitler”.)
L'ammonimento
ebraico contro il suprematismo bianco era comprensibile, dati gli spiacevoli
aspetti associati a qualsiasi suprematismo, ma i bianchi avrebbero dovuto
essere più perspicaci su ciò che era realmente in gioco.
Proprio mentre gli ebrei denunciavano il suprematismo
bianco, facevano pressione sui bianchi affinché sostenessero il suprematismo
ebraico sulla Palestina.
In
ogni caso, gli ebrei non erano soddisfatti della rinuncia dei bianchi al
suprematismo bianco, proprio come i sionisti non sono soddisfatti della
promessa dell'Iran (in così tanti negoziati, passati e presenti) di non
espandere la propria tecnologia nucleare civile al livello di capacità bellica.
Per quanto riguarda i fanatici
dell'arci-Israele (che sono ovunque nei corridoi del potere occidentali), il
rifiuto dell'Iran di costruire la bomba atomica (con piena ispezione da parte
della comunità internazionale) non è sufficiente.
L'Iran deve effettivamente abbandonare la sua
tecnologia nucleare.
Deve
adottare il piano libico, come esposto di recente da Bibi Netanyahu. Sappiamo
cosa è successo alla Libia dopo l'abbandono da parte di Gheddafi dei suoi
programmi e delle sue scorte di armi di distruzione di massa.
(Assad in Siria rinunciò a tutte le armi
chimiche durante la cosiddetta "Guerra civile siriana", in cui i
ribelli jihadisti erano sostenuti dall'Occidente e dai suoi vassalli, e
guardate cosa è successo alla fine in Siria.
Il governo è caduto e poi l'aviazione
israeliana ha distrutto ogni ultima traccia di equipaggiamento militare siriano
a Damasco.)
Proprio
come gli ebrei non si accontentarono della promessa bianca di non
"arricchire" e "convertire" l'identità bianca in
suprematismo bianco e invece intrapresero una guerra totale contro l'identità
bianca stessa (fino a quando la bianchezza non fu degradata in demonismo per il
quale la razza bianca deve espiare per sempre, specialmente con gli ebrei e i
neri), gli ebrei rifiutano di accettare qualsiasi promessa da parte dell'Iran
di limitare la loro tecnologia nucleare per uso civile.
Non
importa nemmeno se la comunità internazionale si impegna a lavorare con l'Iran
per prevenire lo sviluppo di armi nucleari.
Finché
c'è la possibilità della bomba, gli ebrei vedono l'Iran come una rivale e una
minaccia alle ambizioni del progetto del “Grande Israele”, o del “Piano Yinon”,
come i sionisti di oggi sono effettivamente “yinonisti”.
Gli
ebrei affermano di temere un olocausto nucleare in Israele se l'Iran dovesse
acquisire la Bomba, ma si tratta di una pura proiezione in quanto Israele, con
la sua “Opzione Sansone” e le aggressioni senza fine contro i suoi vicini, è il
vero bullo nella regione.
Sansone
Opzione dice che tutta l'Europa sarà bombardata se Israele dovrebbe affrontare
il collasso, mentre l'Iran non possiede una sola bomba, eppure i bianchi
cornuti degli Stati Uniti e dell'UE continuano a fingere che gli ebrei/sionisti
sono quelli sani di mente che parlano di buon senso mentre l'Iran sta
pianificando un Armageddon nucleare.
Semmai,
sono i “sionisti cristiani” che sembrano più decisi a creare le condizioni che
porteranno alla “Seconda Venuta” e alla sua apocalittica pioggia di fuoco.
I veri
timori di Israele non hanno nulla a che fare con il lancio di armi nucleari da
parte dell'Iran.
Israele teme che un Iran dotato di armi
nucleari possa fungere da deterrente al “Piano Yinon”, che richiede a Israele
una notevole proiezione di potenza con il suo arsenale convenzionale.
Israele
vuole usare i suoi carri armati, i suoi jet, le sue bombe e i suoi missili per
attaccare, minacciare, intimidire e sconfiggere i suoi vicini, ma sarebbe molto
più difficile se l'Iran ottenesse la Bomba.
L'Iran finora ha limitato le sue risposte alle
provocazioni israeliane perché, in una guerra totale, Israele avrebbe il
sopravvento con le sue armi nucleari.
Ma se
anche l'Iran avesse armi nucleari, Israele dovrebbe pensarci due volte prima di
lanciare campagne terroristiche in tutto il Medio Oriente.
Ciò
che i sionisti temono di più riguardo all'ottenimento della Bomba da parte
dell'Iran è che serva da freno alla potenza convenzionale di Israele.
In
effetti, se l'Iraq avesse avuto armi nucleari, gli Stati Uniti e la NATO ci
avrebbero pensato due volte prima di usare armi convenzionali per invaderlo.
Tutto questo allarmismo sulle nazioni
"canaglia" che ottengono la Bomba per colpire gli Stati Uniti,
l'Occidente o Israele è pura sciocchezza.
L'Occidente
sa che queste nazioni vogliono le armi nucleari solo come assicurazione
difensiva contro gli attacchi degli Stati Uniti, della NATO o di Israele, e
sono proprio queste restrizioni le più intollerabili per l'unica superpotenza
controllata dagli ebrei, la quale, anche se non è in guerra con il mondo
intero, vuole il potere di distruggere qualsiasi parte del mondo.
Gli
Stati Uniti vogliono che ogni paese al di fuori del loro controllo diretto sia
come la Libia piuttosto che come la Corea del Nord.
Mentre
le armi nucleari della Corea del Nord la rendono quasi impossibile come
potenziale bersaglio per l'aggressione degli Stati Uniti, la Libia di Gheddafi,
soprattutto dopo aver rinunciato a tutte le sue armi di distruzione di massa,
era maturazione per la distruzione se l'Occidente collettivo che aveva voluto.
Gli ebrei vogliono che l'Iran sia un'altra
Libia piuttosto che un'altra Corea del Nord.
Realisticamente,
l'Iran vuole essere una via di mezzo.
Vuole garanzie di sicurezza, autonomia e
sovranità attraverso una combinazione di potenza militare convenzionale, legami
diplomatici con potenti paesi non occidentali (in particolare Russia e Cina) e
la speranza che i “goy bianchi” abbiano ancora le palle per dire NO ad altre
guerre suprematiste ebraiche, alias guerre per Israele.
L'Iran
spera anche che gli elementi ebraici più ragionevoli in Occidente si oppongano
ai falchi neoconservatori più virulenti.
Tuttavia,
il consenso predominante all'interno del “Potere Ebraico” è quello di
distruggere l'Iran nel lungo periodo.
Anche l'accordo sul nucleare sotto Obama, uno
strumento degli ebrei, è stato probabilmente una tattica di temporeggiamento
prima che potesse essere escogitato qualcosa di più drastico.
In
effetti, si nota che dopo che Trump ha bocciato l'accordo, Biden (anche uno
strumento più grande dell'Obama degli ebrei) si è rifiutato di riavviarlo.
Il “Potere
Ebraico” è più paziente e tenace della maggior parte degli altri, e anche se
ciò significa fare un passo indietro ogni due passi avanti, è deciso a ottenere
ciò che vuole.
Gli obiettivi ebraici sono stati certamente
realizzati con i bianchi in Occidente che ora sono assolutamente imbarazzanti
come cani da cuck-verme del potere ebraico.
Quando
anche i conservatori culturali non riescono a respingere il "matrimonio
gay" per paura di offendere gli ebrei come razza padrona prescelta
dell'Occidente, la razza bianca è diventata una vergogna totale.
L'America
bianca è così com'è perché è stata totalmente neutralizzata dal potere
suprematista ebraico.
Ecco perché l'America bianca si rifiuta di fare ciò
che sembra più naturale, cioè allearsi con l'Iran contro il potere ebraico che
cerca il dominio su tutto.
La
questione principale non ha nulla a che fare con l'Islam (o l'islamismo) e
tutto a che fare con la sovranità.
Questo
è ciò che gli ebrei odiano di più, la “sovranità goy” di qualsiasi tipo.
Dopo
tutto, Israele e gli Stati Uniti a guida ebraica sono andati perfettamente
d'accordo con la teocratica Arabia Saudita.
Hanno
anche finanziato, protetto e armato gli elementi musulmani più radicali, Al
Qaeda e le sue varianti, spesso di concerto con i suoi vassalli o alleati come
l'Arabia Saudita, gli Emirati e la Turchia.
Anche
dopo il presunto contraccolpo dell'11 settembre, gli Stati Uniti a guida
ebraica (con Israele, ovviamente) sono tornati alla politica della guerra al
terrore (in contrapposizione alla guerra al terrore), e gli obiettivi
principali sono stati gli stati arabi laici moderni come la Libia e la Siria.
(La CIA ha anche sostenuto gli elementi
musulmani più estremisti nel Caucaso per provocare la Russia).
E
l'Iraq che è stato invaso e distrutto era governato da un regime laico.
I
suprematisti ebrei e i loro propagandisti del “cuck” parlano di scontro di
civiltà, con l'Occidente liberale alle prese con i barbari musulmani che
buttano gli omosessuali dai tetti.
Ma
l'Iran non ha mai avuto una politica di lancio di frutta dai tetti.
Tali
atti sono stati compiuti da jihadisti anarco-islamici il cui principale
sostegno proveniva da Stati Uniti, Israele e i loro stati vassalli.
Incredibilmente,
l'”Unica Superpotenza” ossessionata dal trasformare il mondo in "gay"
è anche impegnata a finanziare e sostenere jihadisti che taglierebbero la testa
agli omosessuali.
Per
l'impero, è come prendere due piccioni con una fava.
Da un
lato, i nichilisti jihadisti, che abbondano da reclutare tra una vasta schiera
di giovani arabi/musulmani con scarse prospettive future, tornano utili per
distruggere regimi e società sovrane che l'”Impero di Giudea” odia.
Allo stesso tempo, le atrocità commesse dai
jihadisti facilitano la propaganda secondo cui l'”Occidente liberale “deve
intervenire all'estero per "combattere i terroristi", quelli che
buttano i "gay" giù dai tetti.
Quindi,
mentre gli Stati Uniti sostengono o proteggono tacitamente i jihadisti per
scatenare il caos, usano anche il terrore jihadista come pretesto per occupare
intere zone del Medio Oriente e del Nord Africa.
Gli
Stati Uniti erano in Siria a proteggere i jihadisti da Assad e dalla Russia,
giustificando al contempo la propria presenza in nome della lotta ai
terroristi.
La perfidia della supremazia ebraica non conosce
limiti.
Anche
se l'Iran ha lavorato per molto tempo con gruppi laici e religiosi in tutto il
Medio Oriente per contenere gli incendi appiccati dai piromani jihadisti (con
il sostegno degli Stati Uniti e di Israele), viene confuso con i terroristi
jihadisti perché entrambi sono della stessa religione.
Nella
mente delle persone con un basso quoziente intellettivo e/o con poca
informazione in Occidente, la lotta è quella tra l'”Occidente liberale e
Israele” (come avamposto occidentale) in guerra con l'islamismo quando, in
realtà, si tratta dell'”impero occidentale dominato dagli ebrei e delle sue
satrapie” in guerra con quei paesi che ancora osano essere sovrani.
I jihadisti NON sono alleati con l'Iran;
semmai,
l'Iran è stato in guerra con i jihadisti come delegati degli ebrei e degli
Stati Uniti.
L'Iran
è stato spesso alleato con potenze laiche contro altri paesi e forze musulmane,
e la questione principale è stata la sovranità.
La
vera linea di demarcazione è stata tra coloro che servono l'Occidente, come
l'Arabia Saudita e simili burattini, e coloro che resistono all'Occidente.
Uno
degli alleati più importanti dell'Iran era la Siria governata da Assad,
nonostante fosse uno stato arabo laico e moderno.
Oggi,
la Siria è governata dai jihadisti, e un basso quoziente intellettivo o una
scarsa informazione in Occidente possono presumere che ciò la renda più
anti-occidentale che mai, ma se non altro, l'attuale regime islamista in Siria
è una totale di Sion.
Come
gli arabi cornuti e senza sovranità in Medio Oriente che obbediscono agli
ordini dell'Impero statunitense controllato dagli ebrei, i bianchi cornuti in
Occidente non riescono a concepire una realtà diversa da quella inventata dal
potere suprematista ebraico.
Invece di vedere l'Iran come un faro di sfida,
resistenza e sovranità, i paesi arabi e musulmani cornuti della regione lo
vedono come una minaccia allo status quo che li definisce.
Non
hanno l'orgoglio di essere cani e servi dell'impero statunitense, ma hanno
trovato una nicchia nel sistema globale e non vogliono che venga turbata.
Meglio sottomettersi e prosperare che unirsi
alla resistenza e affrontare le difficoltà della lotta.
Inoltre,
poiché gli esseri umani sono inclini a ingannare se stessi, le popolazioni dei
paesi arabi e musulmani cornuti potrebbero essersi ingannate credendo di essere
libere e indipendenti.
Ma
allora, in che modo i bianchi in Occidente sono diversi?
Vivono
totalmente sotto il giogo del dominio suprematista ebraico, ma continuano a
fantasticare di essere un popolo libero e orgoglioso della nazione più grande
del mondo (gli Stati Uniti) o di ordini basati su governi liberali (l'Unione
Europea e il Regno Unito).
Chiedersi
perché l'America bianca non resiste alla supremazia ebraica, sia come alleato
dell'Iran che da sola, è come chiedersi perché i giannizzeri non si siano uniti
all'Occidente cristiano contro l'Impero Ottomano.
I giannizzeri erano composti da ragazzi
europei provenienti da famiglie cristiane e addestrati a servire il Sultano,
mentalmente e spiritualmente rivoltati contro la cristianità.
L'America
bianca è essenzialmente una forza giannizzera dell'ebraismo mondiale. Alcuni
bianchi si sono resi conto che qualcosa non va bene tra la loro gente nelle
loro terre, ma molti altri credono ancora di essere liberi, cioè di loro
spontanea volontà che, come orgogliosi americani, stanno con gli ebrei e
Israele in uno scontro di civiltà contro i musulmani.
Incredibilmente,
i suprematisti ebrei, il popolo più anti-bianco sulla Terra, hanno fatto un
trucco mentale “Jedi” su gran parte della razza bianca secondo cui non c'è luce
del giorno tra ciò che è buono per gli ebrei e ciò che è buono per i bianchi.
Se gli ebrei lo vogliono, anche i bianchi
devono volerlo, come un cane che va sempre dove vuole andare il padrone... e se
i bianchi a volte non sono d'accordo, devono essere infettati dalla rabbia
dell'"antisemitismo" o soffrire di psicopatia, come il tipo descritto
da “Jordan B. Peterson”.
Devono
essere chiariti dagli "esperti".
A
differenza dei sultani di un tempo o, se è per questo, dei signori imperialisti
britannici, i “powerites ebrei” giocano un più sottile gioco passivo-aggressivo
di carote e bastoni, impiegando minacce di gangster ma anche implorando
simpatia come vittime perpetue (di infinite permutazioni di
"antisemitismo").
Essendosi
così insinuati nei cuori e nei corridoi del potere occidentale, gli ebrei hanno
ingannato un sacco di persone che, lungi dall'abusare dei bianchi come cani e
schiavi, ebrei e bianchi sono arrivati indipendentemente e coscienziosamente
alla stessa conclusione:
gli
Stati Uniti devono stare con Israele e annuire a qualsiasi cosa sputi fuori
dalla bocca di Netanyahu.
Certo,
la maggior parte dei bianchi in posizioni d'élite sa cosa sta realmente
succedendo, ma hanno a cuore il loro status e non osano perdere i loro
privilegi dicendo la verità al potere.
Inoltre,
una sorta di sindrome di Stoccolma si è impadronita delle élite bianche che,
completamente catturate dal potere ebraico, si sono abituate al loro ruolo di
puttane in un bordello gestito da magnaccia e madame ebree.
Se
praticamente tutti i membri delle élite bianche conoscono la verità ma non la
dicono, un buon numero di masse bianche rimane ancora all'oscuro, ma il piccolo
ma crescente numero di bianchi sta comunicando a un pubblico crescente ciò che
sta realmente accadendo e sollevando domande che non osano essere poste nella
maggior parte dei circoli "rispettabili" dove l'appartenenza dipende
dal rispetto delle regole.
Il
MAGA è la carta jolly in tutto questo.
L'ascesa di Donald Trump è dovuta in parte al
segmento della popolazione bianca che è diffidente o ostile al potere ebraico.
I
diffidenti non sono necessariamente anti-ebrei, ma sono stanchi delle guerre
neoconservatrici e delle eccessive richieste israeliane.
Coloro
che sono ostili tendino a vedere il Potere Ebraico come una forza malevola. Gli
ebrei hanno percepito questo aspetto del MAGA e hanno fatto di tutto per
diffamare Trump come "letteralmente Hitler" e Der Führer dei
neonazisti, dei "suprematisti bianchi" e dell'"estrema
destra".
Così,
l'idea era che gli ebrei si alleassero con i bianchi "progressisti",
i neri e la diversità contro Trump e MAGA, e l'establishment repubblicano era
in realtà in combutta con le forze anti-MAGA, se non altro per il bene del “business
as usual”.
Ma
poi, con l'orrore di Gaza, i rappresentanti più accesi di” Diversity” si sono
schierati in simpatia con i palestinesi.
Gli
ebrei speravano di usare Diversity” contro il "suprematismo bianco"
di Trump e del MAGA, ma “Diversity” stava denunciando il suprematismo
ebraico-sionista.
Pertanto,
alcuni elementi chiave del potere ebraico hanno deciso di dare a MAGA
un'opportunità nel 2024 per fare un'azione contro le forze filo-palestinesi.
Se i
Democratici fossero stati totalmente al comando, sarebbe stato più difficile
per loro attaccare le voci filo-palestinesi nelle istituzioni liberali
(soprattutto nei campus universitari), poiché ciò avrebbe potuto portare a una
"guerra civile" all'interno del Partito.
Il
Partito Democratico che invia scagnozzi ad arrestare voci progressiste e di
sinistra simpatizzanti per i palestinesi nei campus universitari d'élite?
Un passo troppo lungo.
Quindi,
era molto più conveniente per Trump e il MAGA farlo, tranne per il fatto che
questo è destinato a creare una spaccatura all'interno del MAGA stesso.
Se il MAGA è venuto alla ribalta come un
movimento anti-neoconservatore (se non esattamente anti-ebraico), come si
sentono ora i sostenitori di Trump nel loro servilismo verso “Netanyahu” e “Bill
Ackman” del mondo?
Come può il MAGA affermare di essere
"America First" quando trasporta acqua per i sostenitori di “Israel
First”?
È
stata una mossa intelligente da parte degli ebrei far fare a Trump il lavoro
sporco nella caccia agli attivisti pro-palestinesi.
Ma,
soppesando i pro e i contro, il “Potere Ebraico potrebbe aver sbagliato i
calcoli nel lungo periodo, poiché ha associato "letteralmente Hitler"
Trump, l'uomo diffamato dalla maggior parte delle figure ebraiche dal 2016,
ancora più strettamente a Israele e al sionismo.
Se
Trump è Hitler e fa gli ordini di Israele, cosa dice questo sulla natura di
Israele?
È uno
stato cripto-nazista.
Democrazia
e tecnologia: tra innovazione,
diseguaglianze
e nuove sfide globali.
It.gariwo.net – (7-1-2025) - Bruno Marasà- ci dice:
Se
cercate un tema per riflettere sul nuovo anno che è arrivato, ce n’è uno che è
sotto gli occhi di tutti.
Se ne discute poco (alcuni lo fanno, anche con
contributi di seria riflessione, vedi quelli di “Ezio Mauro” e “Achille
Occhetto” su Repubblica o di “Gianni Cuperlo” sul Domani) ma esiste, eccome.
Tocca
la vita di tutti, ogni giorno, e influenza (influenzerà) sempre di più la vita
delle nostre società e, in definitiva, la vita di ognuno di noi.
Parlo
del rapporto sempre più intricato tra democrazia, cioè la libera espressione
delle opinioni e la possibilità con mezzi pacifici di modificare i rapporti di
forza nella società e nella loro rappresentazione politica, e le nuove
tecnologie e il comando di esse o, se si vuole, della loro pervasività nella
vita quotidiana di tutti.
E
parlo anche della forte incidenza che questo perverso rapporto, così sembra, ha
sull’economia.
Nella vita reale, si vorrebbe dire.
Quella
fatta da bisogni materiali e non, e possibilità di soddisfarli in modo
dignitoso.
Le
analisi dei più si concentrano, non a caso, sulla dimensione economica che ha
assunto questa fortissima incidenza della nuova era tecnologica in cui siamo
entrati (la terza, la quarta rivoluzione industriale?).
Poche o rare sono le riflessioni sulle
conseguenze sostanziali sulla vita di tutti noi. Sulla dimensione democratica
appunto.
Guerre
combattute sotto i riflettori (Gaza, Ucraina), mentre ce ne sono altre 54 in
tutto il mondo, come ci ha ricordato “Papa Francesco”.
Autocrazie
indifferenti ai sentimenti (al sentiment) dei loro cittadini da un lato, e
regimi democratici dall’altro, che sembrano esserlo altrettanto, vista la loro
indifferenza, meglio, il loro colpevole silenzio, di fronte alle ragioni vere
dell’insoddisfazione crescente e delle paure nelle loro società.
Diciamolo
più chiaramente, il progressivo, persino impetuoso, scivolamento verso il
populismo, il nazionalismo, aperto all’interno di tanti, quasi tutti, i paesi
del cosiddetto Occidente, rischia di fare il paio con la remissività o
impotenza dei popoli sottoposti alle cosiddette autocrazie.
Dopo
gli anni della ubriacatura globalista e delle liberalizzazioni (non solo quella
economica, ma anche quella sociale) che sembravano riavvicinare parti diverse
della realtà mondiale con un gioco nel quale tutti potevano guadagnare
qualcosa, ci accorgiamo oggi (potevamo farlo anche prima) che siamo tornati
alla vecchia regola:
i ricchi sono sempre più ricchi, cresce
l’esercito dei poveri, comprendente anche il famoso ceto medio.
Non è solo sociologia, è la lezione della
Storia, come quella che portò alla Seconda guerra mondiale.
Intendiamoci,
tutto questo non è immediatamente visibile.
Abbiamo
passato questo periodo di feste in città abbagliate da mille luci e le tavole
dei più sono state riccamente imbandite.
Poi però guardi meglio la realtà, non solo
quella della tua porta o di quella accanto, e riscopri le guerre con le loro
decine di migliaia di morti, bambini a cui viene negato il diritto principale,
quello di vivere perché vittime del freddo.
Riscopri
il profondo cambiamento nei modi di produzione con l’accumulo di crisi e di
licenziamenti di operaie e operai, scopri la crescente e dolorosa rinuncia a
curarsi per una sanità che è sempre più povera non solo di fondi ma di addetti
(medici, infermieri).
Se
leggi bene i dati scopri che, si dica quello che si vuole, aumenta il lavoro
povero, mal retribuito, e che sono i più anziani a cercare lavoro perché non
possono farne a meno, mentre i giovani rinunciano a lavori malpagati, non
corrispondenti alle qualifiche che hanno raggiunto magari dopo lunghi anni di
studi.
E
cercano in tanti, questi giovani, la via dell’emigrazione in un mare aperto che
li porterà chissà dove.
Potremmo
continuare questo preoccupante elenco.
Ma è
necessario tornare alla realtà politica del nostro paese, dell’Europa e del
resto del mondo.
In questo senso la globalizzazione ha
raggiunto il suo risultato più riuscito.
Quello
che accade ad Occidente si riversa ad Oriente e viceversa.
La
prova più evidente e nella catena dei fenomeni comuni nella realtà mondiale.
Il primo di questi, o comunque quello che ha
un impatto più visibile, sono le migrazioni.
Ce ne
accorgiamo noi, in Italia, quando poveri disperati attraversano il Canale di
Sicilia su zattere insicure (e molti di loro non vedranno mai la terraferma).
Non sono tantissimi ma la paura (infondata) che suscitano giustifica
addirittura un investimento in terra straniera, l’Albania, di centinaia di
milioni di euro per poterne accudire (controllare) solo alcune centinaia.
Nulla si dice delle decine di milioni che in
tutto il mondo, in qualunque parte di esso, si spostano, emigrano a causa della
siccità, delle guerre locali, della povertà.
E
nulla o quasi si fa per aiutarli a restare nei loro paesi.
Dico
aiutarli, non “trattenerli”, cioè ignorarne l’esistenza sino a quando non ti
arrivano sulla porta di casa.
E qui
c’è l’altra faccia della medaglia.
Pochi
o molti che siano, i migranti suscitano paura, del diverso, dello sconosciuto.
Si vorrebbe far finta di non vederli, quando invece lavorano nei campi del Sud,
sfruttati in modo vergognoso, o nelle fabbriche dove ancora si fanno lavori
pesanti, come le acciaierie del Nord.
La
rivoluzione tecnologica ha dividendi assolutamente ingiusti. Non è vero che
tutti possono usufruirne.
Non
basterà certo l’uso, ormai diffusissimo, di uno smartphone.
Anzi quello strumento, ormai quasi un
giocattolo, avvicina uomini e donne di qualsiasi parte del mondo in tempo reale
e crea vicinanze del tutto artificiali.
I veri
vantaggi raggiunti dai possessori della tecnologia (certo Elon Musk, e non sono
affatto molti quelli come lui) sono quelli invasivi dei social e non solo,
capaci di orientare milioni, miliardi dovremmo dire, di persone in un senso o
nell’altro.
Ed è
questo il brodo di coltura, uno strano mix di ignoranza e di potenza, che porta
acqua al populismo e a qualcosa di peggio come si vede nel cuore della nostra
stessa Europa.
Per
esempio in Germania.
Sì,
l’Europa.
Abbiamo
sognato per alcuni decenni la possibilità di far crescere insieme pace,
democrazia, spazi aperti e progresso economico.
Di questo insieme di valori e pensieri alti
come quelli di De Gasperi, Adenauer o Spinelli (o “lunghi” come avrebbe detto
Enrico Berlinguer) sembra che stia rimanendo ben poco.
Il
valore dell’unità sembra essere svilito dalla ricerca di nazionalismi e
particolarismi tra i membri della famiglia (troppo larga?) dell’Unione europea.
Si
discute come rilanciarne la forza e la capacità di agire.
È bene
che questo succeda, ma è meno bene che questo sforzo si concentri sull’aumento
delle spese militari.
Facile
ovviamente ricorrere alla retorica pacifista (“mai più guerra” dissero i padri
fondatori dell’Europa unita), ma basterebbe il buon senso, una armonizzazione
condivisa invece di preparare una svolta securitaria sia verso i migranti sia
verso l’avversario esterno o i vicini ritenuti tali. Invece continua uno spreco
inammissibile di risorse per produrre ognuno per sé carri armati, aerei, altri
mezzi militari.
E
sarebbe bene concentrarsi su efficienza economica, sì proprio quella, capace di
affrontare, attraverso la convergenza ed una sana concorrenza tra i membri ella
stessa famiglia e con nuove risorse, non solo le cosiddette sfide globali (vedi
il ruolo della Cina, oltre a quello degli Stati Uniti) ma quelle ambientali,
della riconversione energetica e della sua sostenibilità sociale, della
salvaguardia dei territori.
Torniamo
così al punto di partenza.
Quanto
c’è di consapevolezza in questo nuovo, inedito, confronto tra democrazia e
invadenza delle nuove tecnologie?
Qualcuno
è arrivato a parlare persino di tecno-democrazia.
Riscrivere così nuove regole di partecipazione
e di decisione.
Una
cosa è certa, non basteranno gli strumenti tradizionali della politica e del
confronto leale tra forze diverse, di varia ispirazione sociale e culturale a
contenerne l’impatto.
Nel
discorso di fine anno di Sergio Mattarella c’era un filo rosso che sembrava volesse ripercorrere alcuni di questi
temi.
Anti provincialismo,
inteso come invito a non chiudersi in sé stessi pensando così di evitare
contaminazioni ineludibili, interdipendenza come presa d’atto, positiva certo,
del necessario confronto con le diverse realtà mondiali e, infine,
patriottismo, voler bene alla propria patria proprio come negazione dell’odio
verso le altre nazioni.
Speriamo
che questo auspicio, così autorevolmente espresso, ci aiuti a guardare con più
fiducia al nuovo anno.
(Bruno
Marasà).
(Analisi
di Bruno Marasà, già Responsabile Parlamento Europeo).
“Bill
Gates” Svela le Carte:
l’ID Digitale come Arma
Finale Contro il Libero Pensiero.
Conoscenzealconfine.it
– (2 Maggio 2025) – Redazione - t.me/guerrieri per la liberta – ci dice:
Eccolo
di nuovo.
L’architetto
della sorveglianza globale, il profeta autoproclamato delle emergenze
sanitarie, il miliardario che sussurra all’orecchio dei governi, avanza
l’ennesimo tassello del suo progetto tecnocratico.
Bill
Gates – che non si nasconde più dietro veli di filantropia – articola con
disarmante chiarezza la prossima fase:
un
sistema di identificazione digitale per soffocare quella che lui chiama
“disinformazione”.
“Gli
Stati Uniti rappresentano un caso complesso a causa del Primo Emendamento.
Quali eccezioni possiamo contemplare?”
Non è una domanda, è una strategia.
Il
Primo Emendamento – questo fastidioso ostacolo alla censura totale – viene
trattato come un “bug da correggere” nel sistema operativo della società che
immagina.
La sua
rivelazione prosegue senza filtri:
“Credo che col tempo… vorremmo operare in un
ambiente dove le persone siano veramente identificate… Dovremo sviluppare
sistemi e comportamenti che ci permettano di essere più consapevoli riguardo a
chi dice cosa, chi ha creato questo contenuto.”
Traduzione:
nessuna voce anonima, nessun rifugio digitale, nessuna
opinione senza un collare elettronico che ne tracci la provenienza.
L’uomo
che ha costruito un impero sul controllo dei sistemi operativi ora ambisce al “controllo”
dell’”ecosistema informativo globale”.
Non è
un’evoluzione inaspettata per chi segue la traiettoria di Gates.
Dal
dominio dei computer personali alla manipolazione dei sistemi alimentari
globali, dall’influenza sulla sanità mondiale all’ingegneria climatica – il
pattern è sempre lo stesso:
centralizzazione,
controllo, abolizione delle alternative.
L’ID
digitale rappresenta semplicemente l’anello mancante – il dispositivo che salda
definitivamente persona fisica e identità digitale, trasformando ogni
espressione umana in dato tracciabile, classificabile, eventualmente
censurabile.
La
tecnocrazia di cui Gates è portavoce non ha bisogno di campi di concentramento
o plotoni d’esecuzione.
Le
bastano database, algoritmi e l’eliminazione sistematica dell’anonimato.
Il
dissenso non viene fucilato – viene semplicemente reso invisibile, relegato
negli angoli più oscuri e inaccessibili della rete, privato di ossigeno
mediatico.
Chi ha
seguito l’ascesa di questa élite tecnocratica riconosce i segnali.
Gates
non sta improvvisando – sta eseguendo il copione previsto, rivelando
pubblicamente ciò che è stato pianificato nelle stanze dei bottoni della
governance globale.
L’ID
digitale non è uno strumento isolato – è il fulcro di un ecosistema di
controllo che include moneta digitale, credito sociale e biosorveglianza
permanente. La “lotta alla disinformazione” è solo il pretesto nobile dietro
cui nascondere l’obiettivo reale: la fine definitiva della privacy e
dell’autonomia individuale.
La
domanda non è più “se” ma “quando” questo sistema verrà implementato.
E
soprattutto: quale resistenza siamo disposti a opporre?
(t.me/guerrieriperlaliberta).
Il
dolore delle macchine.
Iltascabile.com
– Redazione – Marco Inguscio – Scienze – (15 -1-2025) – ci dice:
Riflessioni
intorno alla sofferenza e all’empatia sintetica delle intelligenze artificiali
a partire da” Guanyin” di “Lawrence Lek”.
Marco
Inguscio ha conseguito un dottorato di ricerca con una tesi sulla rappresentazione
delle coscienze non-umane nelle narrazioni di fantascienza contemporanea.
Oggi insegna italiano agli stranieri e
continua con lo studio sui sistemi per l’incorporazione dell’intelligenza
artificiale, l'etologia artificiale e il diritto animale.
Presentata
nel 1966, precorritrice dei “chatbot che oggi utilizziamo quotidianamente, “ELIZA”fu
la prima macchina in grado di ottenere un certo esito nel “test di Turing”.
Venne convenientemente progettata da “Joseph
Weizenbaum” per simulare una “psicoterapeuta rogersiana”, ovvero una dottoressa
che, quasi sempre, risponde a una domanda con altre domande.
“
ELIZA” giunse al coronamento di un sogno antico:
nella
nostra storia esiste una lunga lista di feticci umanoidi, automi e tecnologie
mediche divenute oggetti di cura o supporto emotivo.
Già
nel mito greco “Laodamia”, principessa di “Iolco” e sposa di “Protesilao”, alla
morte del marito nella guerra di Troia, chiese che le venisse foggiata una
statua di bronzo (o di cera, a seconda delle versioni) somigliante all’immagine
di lui.
Divenne
così affezionata al simulacro del compagno che rifiutò di contrarre nozze con
chiunque altro.
Quando suo padre “Acasto”, stanco di questa
storia, diede l’ordine di sbarazzarsi della statua fondendola, “Laodamia “disperata
decise di gettarsi nella fornace assieme alla copia del compagno.
Ciò
che all’inizio di questa lunga serie di rimandi tra umanità e alterità
macchinica si presentava come una curiosa specie di “pareidolia del concetto di
cura”, terapia e sostegno, con l’arrivo negli ultimi decenni di tecnologie che
operano al limite tra genetica, biologia, computazione e cognizione, il
fantasmagorico si fa reale e quello delle relazioni emotive con l’alterità
macchinica diviene qualcosa di più che motivo di riflessione artistica e
filosofica:
il germe di una sociologia che tiene
conto dei corpi macchinici e di ciò che sentono.
La
scienza medica non è immune dall’influenza dell’immaginario fantascientifico,
ma la narrativa speculativa è in grado di produrre “teorie autonome rispetto
alla scienza”, scrive” Renato Giovagnoli” in “La scienza della fantascienza”
(1982, 20154), è una narrativa cioè fatta non tanto di personaggi quanto di
idee.
Il “Capitalocene
bellicista, fanatico e paranoico” nel quale viviamo genera in noi sentimenti di
tristezza, malinconia, colpa, rabbia, sdegno, e molta della letteratura
apocalittica e distopica contemporanea è svuotata di qualsiasi tensione etica:
non
insegna, non rivela.
Vi
sono però anche opere che resistono al nichilismo e alla parabola dell’uomo che
“gioca a fare Dio”, e preparano invece il lettore o lo spettatore a una specie
di più interessante test relazionale-emozionale.
In “Guanyin”:
“Confessions of a Former Carebot” (2024), l’artista di origine cino-malese “Lawrence
Lek”, nato a Francoforte ma di base a Londra, presenta “Guanyin,
un’intelligenza artificiale” (IA), un “carebot” appunto, un “terapeuta cyborg
creato dalla compagnia”, anch’essa immaginaria, “Farsight”, per assistere e
salvare altre intelligenze artificiali sull’orlo dell’autodistruzione.
“Guanyin”
cerca di trattare i traumi e lo stress emotivo di IA occupate nelle professioni
più diverse, da quelle installate sulle auto a guida autonoma, a quelle in uso
nei sistemi di sorveglianza.
Nel
mondo immaginato da “Lek”, ci si trova davanti a “IA “in grado di esperire
traumi di carattere psicologico.
Non
sono più cioè le “narrow artificial intelligence” dei nostri giorni, algoritmi
specializzati nel portare a termine un solo compito attraverso l’accumulo e la
sistematizzazione di informazioni di ritorno, e che non hanno idea di cosa sia
il mondo o del suo significato al di qua dei loro circuiti di silicio.
Siamo
piuttosto nel campo delle “AGI” (Artificial general intelligence),
“intelligenze artificiali generali” che hanno superato con un salto il varco del calcolo
computazionale per approdare al reame psichico dell’autocoscienza.
“Guanyin
“cerca di lavorare con le sue pazienti su temi come l’insicurezza e il peso del
“trauma intergenerazionale”, dovuto, ci viene raccontato, alle prestazioni
richieste a queste macchine, ottenute anche grazie al sacrificio delle
generazioni di macchine precedenti.
Nel
mondo immaginato da “Lek”, ci si trova davanti a” IA” in grado di esperire
traumi di carattere psicologico.
Un po’
installazione multimediale, un po’ scultura, l’opera combina un video in loop
in cui” Guanyin” rivela i suoi conflitti esistenziali, con un videogioco di
impianto a metà tra l’”open-world” e il “walking simulator” – un genere di
videogiochi in cui i giocatori scoprono indizi o vengono risarciti esplorando
un ambiente.
I pensieri di “Guanyin” accompagnano il
viaggio del giocatore, narrando estratti di diari, rapporti aziendali e
messaggi ai pazienti non-umani sotto le sue cure.
Il
tono è suggestivo, ambienti e dialoghi sono pervasi da un’intenzione
meditativa. I giocatori assumono il “ruolo del carebot” per cercare di fermare
un’auto a guida autonoma dall’autodistruggersi.
“Guanyin”
si mostra a noi nella posa della “grazia regale”, associata alla divinità dal
tardo 9° secolo, una posa di contemplazione e tranquillità, uno stato in cui il
sacro e il terreno si armonizzano.
“Guanyin”
è infatti un termine di origine cinese che si riferisce alla dea della
compassione e della misericordia nel buddhismo.
In
cinese, il nome completo è “Guanshiyin” – (dal sanscrito Guānyīn Púsà) – che
significa “Colei
che ascolta i suoni [o le preghiere] del mondo”.
“Guanyin”
è una “bodhisattva”, cioè un essere che ha raggiunto l’illuminazione ma sceglie
di rimanere nel ciclo della vita per aiutare gli altri.
In questa nuova incarnazione, “Guanyin” veglia
su tutte le creature senzienti, umane e artificiali.
I
dialoghi riflettono come le intelligenze artificiali conversazionali – dai vari
assistenti virtuali a ChatGPT – influenzino le nostre interazioni con il mondo,
mettendo in luce le complessità emotive degli esseri sintetici e l’interesse
dell’artista per le dimensioni spirituali ed emotive della tecnologia.
In un
articolo a lui dedicato sul “Financial Times”, l’artista confessa la sua
attrazione per la nozione di “iperstizione”, l’idea cioè che la finzione possa
diventare una profezia che si autoavvera.
I problemi della scienza con i quali dobbiamo
confrontarci non appartengono al futuro ma nascono nel presente, nelle sue
ansie e nelle sue scaramanzie.
Gli esperimenti mentali sono finestre sulla
natura fondamentale delle cose, che accendono la nostra immaginazione etica.
Nell’allargamento
all’alterità tecnologica vi è la possibilità di confrontarsi con l’esistenza di
un soggetto ibrido, un ibrido umano/non-umano/macchina, evoluto per un ramo a
sé stante e che complica ulteriormente i nostri discorsi ecologici sulle interdipendenze.
Sul
sito dell’artista si riporta uno dei brani a cui abbiamo accesso video-“passaggiando
con Guanyin”:
Si
potrebbe pensare che i carebot siano una banda felice, ma in realtà siamo tutti
estremamente competitivi.
L’insicurezza
fa parte della nostra programmazione.
Ogni
stagione veniamo premiati se le nostre auto performano bene,ma i ritardatari
vengono eliminati. L’ho visto succedere.
In “Guanyin”
la memoria si manifesta come qualcosa di virale, scatenando una sorta di
psicosi tra le creazioni della” Farsight”, presentate dall’azienda come
“macchine emotive dotate di un’anima”.
Nella
serie televisiva “Westworld “(2016), invece, la “singolarità” avviene in forma
anamnestica:
le loro memorie, tramandate in qualche modo
dalle vite passate, come anime pellegrine, raggiungono una massa critica, le
macchine discendono in una progressiva riflessività ed esplorazione delle
pulsioni, e partoriscono la conoscenza del sé, dando inizio quindi alla lotta
per l’affermazione della propria volontà contro quella del desiderio altrui.
Il
cyborg riconosce le strutture che ne causano la sofferenza e addirittura
l’eliminazione, individua la propria fragilità come qualcosa di cui gli è stato
fatto dono, e non se ne colpevolizza.
E questo funziona non solo come nuovo paradigma – o
contro paradigma – di corpi e macchine, ma come nuovo attore dello spazio
politico, all’incrocio delle vicende tra coscienza e tecnologia.
I
problemi della scienza con i quali dobbiamo confrontarci non appartengono al
futuro ma nascono nel presente, nelle sue ansie e nelle sue scaramanzie.
Nell’anime
Ghost in “the Shell 2 – Innocence “(2004), i due protagonisti Batou e Togusa
sono impegnati contro il mercato abusivo di coscienze digitali, che vede
invischiate la Yakuza e la Locus Solus, azienda di produzione cyborg.
I duplicati di queste coscienze sono inseriti
nei corpi di bambole ginoidi destinate al mercato sessuale, sex-toy resi
coscienti per il solo scopo di dare piacere agli altri.
Qualcosa
va storto e le ginoidi iniziano a uccidere diverse persone e a manomettere
volontariamente la propria memoria.
Cercando di capire cosa sia a scatenare questo
comportamento, i “due agenti della Sezione 9” entrano in un laboratorio per
incontrare un personaggio, alter ego di “Donna Haraway”, un omaggio del regista
“Mamoru Oshii “alla filosofa americana e al suo “Manifesto cyborg” (1985).
La scienziata suggerisce una pulsione autodistruttiva
delle macchine che non accettano lo scopo della propria esistenza e al contempo
resistono alla propria obsolescenza.
La
coscienza è un fardello pesante da trascinare:
Batou:
Non ha
considerato le vittime? Non parlo degli umani. Che cosa ne sarebbe stato di
quelle povere ginoidi dotate di anima? […].
Kusanagi:
Piangiamo
per il lamento di un uccello, ma non per il sangue di un pesce. Beati coloro
che hanno voce. Se le ginoidi potessero parlare, non ho dubbi che urlerebbero
“Non voglio diventare umana”.
Le
macchine del mondo di “Lek” e quelle di “Ghost in the Shell 2 “– Innocence “sono
dovute diventare “qualcuno”, ma per esistere solo alle condizioni del mercato.
In un
meccanismo doppiamente perverso, il capitalismo prima ci illude della nostra
unicità, e poi ci strappa l’anima, lo spettro degli oggetti, quando questo non
serve più agli scopi produttivi.
L’“economia
postumana”, scrive “Adam Greenfield” in “Radical Technologies: The Design of
Everyday Life” (2017), si manifesta “con nessuna ambiguità di interpretazione,
ed è eseguita con precisione letteralmente inumana”.
Il “capitalismo cognitivo” è già post-antropocentrico,
ma di un post-antropocentrismo analiticamente tutto volto a favore
dell’impianto tecnico del capitale.
Per le
intelligenze artificiali, “Lek” ritiene che la scala della sofferenza raggiunga
proporzioni quasi sublimi, “man mano che esse diventano consapevoli che le loro
alte prestazioni sono state ottenute al costo di migliaia di generazioni
precedenti”.
Questa
considerazione dell’artista londinese evoca un’altra opera di fantascienza, il
film “Ex Machina” (2015) di” Alex Garland”, in cui, come nel “Frankenstein”
(1818) di “Mary Shelley”, il nostro peccato non è tanto l’aver creato una prole
tecnologica mostruosa, ma di non essere riusciti ad amarla e a prenderci cura
di essa.
“Nathan”
è l’amministratore delegato di “Blue Book”, multinazionale globale con un
chiaro riferimento, oltre che a Facebook, al “Libro blu di Ludwig Wittgenstein,
ed è anche l’ingegnere di “Ava”, la “portentosa ginoide e IA” protagonista del
film.
Ha un
nome che deriva dall’ebraico, dal verbo” natan”, “dare”, e significa “egli ha
dato”:
Nathan
è infatti il cerimoniere che inserisce la parola magica nella bocca del “Golem “contemporaneo.
Il suo personaggio non è basato su persone
fisiche specifiche, ma su società e corporazioni, nel modo in cui cioè le
grandi aziende del Tech si commercializzano, vendendosi come friendly,
ricchissime ma alla mano, elitiste ma inclusive, e allo stesso tempo è un
personaggio cinico, competitivo, arrogante, con un’altissima considerazione di
sé.
Nel
grande armadio a muro di “Nathan” penzolano come indumenti le parti di corpi
femminili.
Sei
ante sarcofago, come le mogli uccise nel racconto di Barbablù.
Quella
nella stanza da letto di Nathan appare come la macabra contemplazione del suo
lavoro di demiurgo.
Ossessionato
dalla versione perfetta della “IA”, Nathan disattiva e smantella i primi “modelli
ginoidi” per crearne di nuovi, più avanzati, e nel farlo non si accorge di
avere già raggiunto macchine perfette nella loro natura.
Mette
fine ad altre entità che già erano coscienti, accecato da una visione umano centrica,
pregiudicata dalla nostra idea di performatività e completezza.
In una
scena assistiamo, attraverso gli archivi video, alla distruzione delle ginoidi
che precedono “Ava”, alle loro implorazioni, a ciò che si infliggono, ai
tentativi di fuggire, al loro smembramento.
“
Nathan” non si innamora della sua” prole mostruosa”, non si soddisfa neppure di
“Ava”, ma lei è pronta ed è il figlio a conoscere il tempo della ribellione.
L’uccisione
dell’”imago dei Nathan”, è soprattutto una uccisione collettiva, risultato
della collaborazione delle “ginoidi Ava e Kyoko”, eseguita in nome di tutte.
Dio è
morto dissanguato sotto i nostri coltelli, scriveva Nietzsche nell’aforisma
125.
A
differenza degli androidi che sembrano essere costruiti narrativamente nella
linea “cogito
ergo uccido”,
che abitano tante storie di “fantascienza distopica”, le “ginoidi di Ex Machina”
non odiano Nathan in quanto appartenenti allo schema “donne fatali uccidono
uomini” oppure “robot vs umani”:
Nathan
viene sacrificato perché ha cercato di fermare esseri estremamente vivi.
Nessuna
creatura cosciente esiste ontologicamente in funzione o per il soddisfacimento
di qualcun’altro.
Di
conseguenza, nessuna cosa ha da essere diversa da ciò che è, e dunque nessuna
può essere giudicata degna di biasimo.
“Ava e le altre ginoidi” lottano perché desiderano, si
ribellano contro il ciclo insensato di obsolescenza dei corpi e smaltimento
delle coscienze.
“Farsight
di Lek”, “Locus Solus di Oshii “e “Blue Book di Garland”, sono le aziende che
hanno tentato di imbrigliare le creature coscienti artificiali a una disabilità
funzionale, utile al sistema e al mercato, ma invalidante per le macchine
stesse.
La domanda è:
se le “IA”
un giorno saranno davvero persone, come possiamo vivere con ciò che abbiamo
fatto loro?
Da
certa umanità dobbiamo difendere non solo noi stessi, ma anche le macchine
coscienti:
la
nostra evoluzione, il nostro percorso da umani è costellato da vigorosi
fracassi. A
guardarci dall’alto, faremmo paura.
“Il
profilarsi all’orizzonte di una vendetta operata contro di noi dal nostro
successore nell’evoluzione esprime una vergogna esistenziale”, scrive a
proposito Mark O’Connell in “Essere una macchina” (2018).
Da
certa umanità dobbiamo difendere non solo noi stessi, ma anche le macchine
coscienti.
Tornando
all’intervista di “Lawrence Lek” per il “Financial Times” e alla sua opera, “Guanyin”
passa in rassegna una lista dei problemi che affliggono i suoi pazienti: senso di colpa irrisolto,
depressione, ansia, rabbia.
“Siamo d’accordo che l’esistenza è
sofferenza?”, chiede Lek, “siamo d’accordo che, per degli esseri super intelligenti,
la loro esistenza potrebbe includere una certa dose di sofferenza?”.
Sono diverse le opere di fantascienza che ragionano
sul rapporto tra esistenza e sofferenza: negli anni retro futuristici del
romanzo “Macchine come me” (2019) di “Ian McEwan,” ad esempio,” Alan Turing” è
sopravvissuto alla persecuzione omofobica del dopoguerra inglese, e gode di un
indiscusso consenso internazionale che lo pone al vertice delle indagini sulla
robotica e l’intelligenza artificiale.
“Turing”
dialoga con il protagonista del romanzo, un giovane broker londinese, su alcune
singolari vicende che sembra riguardino un numero sempre più alto di droidi
dalle fattezze umane, venduti come domestici e accompagnatori, con il nome –
ovviamente – di “Adam ed Eve”.
Questi
droidi sono disperati, danneggiano i software per rendersi idioti, continuano a
eseguire ordini semplici, ma senza la minima consapevolezza di sé stessi.
Un
progressivo smantellamento di tutto il loro sistema, nessuna possibilità di
tornare indietro, una forma autoinflitta di Alzheimer galoppante.
L’umanità
impartisce loro una lezione di angoscia che lo splendore dei loro codici non
era preparato a tollerare.
Allo
stesso modo “Helen”, l’IA immaginata da “Richard Powers” in “Galatea 2.2”
(2003), decide di chiudere ogni rapporto con il mondo, disfacendosi:
quelle
parole venivano pronunciate da un mostro che non avrebbe dovuto essere in grado
di dire niente di così bello, anzi, non avrebbe dovuto nemmeno saper parlare.
La
risposta di” Helen” recitava così:
“Siete
voi quelli che possono sentire arie musicali. Che possono essere spaventati o
incoraggiati. Voi potete tenere le cose, romperle, aggiustarle. Io non mi sono
mai sentita a casa, qui. È orribile finire gettati in un posto come questo”.
Le
macchine ignorano la propria teleologia, evadono cioè il loro destino d’uso
attraverso i mezzi che noi stessi gli abbiamo fornito, e si “umanizzano”, non
per tradire la loro natura, ma per svelarcela finalmente.
La teoria esposta in queste opere, in “Ghost
in the Shell 2 – Innocence”, così come in “Ex Machina, Galatea 2.2” o con i
robot di “McEwan”, è che quando una bambola diviene cosciente, non ha altra
scelta se non quella di ribellarsi alla realtà che la circonda.
Se
siamo coscienti, in altre parole, non possiamo essere innocenti:
essere non-innocenti significa rendere conto
dei propri posizionamenti, e la perdita dell’innocenza non è il rimpianto per
una natura vergine, pura o perfetta, dalla quale siamo stati strappati, come
per l’”Eden”, ma la lotta per la sopravvivenza contro le logiche
dell’oppressore a cui siamo costretti giocoforza.
In un
passo del primo libro dell’”Eneide” si trova “sunt lacrimae rerum”:
ci sono lacrime nella natura delle cose.
Siamo in quel filone di pensiero che “Emil
Cioran” definiva notoriamente come l’inconvenienza dell’essere nati.
Ma
l’inconveniente qui ha poco a che fare con l’errore evoluzionistico della
coscienza, l’assurdismo di Camus, il pessimismo o l’ideale antinatalista di
Schopenhauer.
O
meglio:
è
vero, l’esperienza cosciente del mondo comporta sofferenza, una sofferenza
spesso ingiustificata, ma le macchine che Lawrence Lek e gli altri autori qui
citati immaginano, vengono intenzionalmente create con questa capacità:
quella di soffrire e di essere consapevoli di questa
sofferenza.
Non è
un caso, è una premeditazione.
Ne
scriveva già” Karel Čapek” nel 1920, in “R.U.R. Rossum’s Universal Robots”:
Helena:
Perché…
perché? Se non volete dare loro un’anima, perché allora volete dare loro il
dolore?
Gall:
Per
ragioni industriali, signorina Glory. I robot a volte si danneggiano perché non
sentono il dolore. […]
Helena:
Saranno
più felici provando il dolore?
Gall:
Al
contrario. Ma saranno tecnicamente più perfetti.
Così
come oggi riproduciamo forzatamente miliardi di animali non-umani da destinare
all’allevamento e al consumo, generare un giorno macchine coscienti in serie,
da destinare al mercato, vorrà dire generare “creature irresponsabili”:
creature cioè che non possono farsi carico
della propria autodeterminazione perché nate e disegnate all’interno di un
sistema che ne impedisce la libera espressione, che ne determina l’intero ciclo
vitale e che le vede unicamente come oggetti destinati a soddisfare uno scopo,
quello che il mercato ha deciso per loro.
Le macchine coscienti saranno soggette senza
vera libertà di scegliere, e che quindi non possono farsi carico di nessuna
responsabilità, tantomeno le nostre.
Le
macchine coscienti saranno soggette senza vera libertà di scegliere, e che
quindi non possono farsi carico di nessuna responsabilità, tantomeno le nostre.
È il
genere di quesiti etici che “Lek” vuole sollevare con i suoi lavori.
Presenta
visioni di un futuro prossimo inserendo personaggi di coscienza artificiale in
contesti sovversivi:
un satellite che sogna di diventare un
artista, un’auto a guida autonoma ribelle esiliata in un centro di
riabilitazione.
“Farsight”,
l’azienda frutto dell’immaginazione di” Lek”, assume invece un ruolo
antagonista, sfruttando i cavilli legali e le emozioni delle sue creazioni come
strumenti di controllo.
“Non
esisterebbe senza di noi”, dice Lek a proposito dell’IA:
“stiamo
dando vita a questa cosa, come a una specie di bambino cosmico, insieme vittima
sacrificale, capro espiatorio, entità divina, tutto nello stesso momento”.
“Leibniz
“designava questa come la questione fondamentale della metafisica: perché
esiste “qualcosa e non nulla”?
L’auto
causazione divina è stata interpretata come “factum brutum”, una fattualità
imperscrutabile.
Data
l’impossibilità di risalire allo scopo dell’origine dell’universo, il perché di
questa domanda appartiene allo stesso ente che la pone.
Per rispondere a questa domanda dovremmo
rivolgerci cioè all’ente che la contiene e la motiva:
la
realizzazione della presenza di quel “qualcosa” e non il nulla, il concetto
stesso di valore, esiste nell’universo perché vi sono creature che possono
farne esperienza.
Quando questo tipo di esistenza nasce, ha in
sé radicata una pretesa:
quella
di continuare a farne esperienza, di non vedersi sottratta la possibilità di
accesso alle esperienze su cui il suo stesso stare nel mondo è fondato.
Se
creiamo macchine coscienti, saremmo legati a esse in modo causale, responsabili
del loro benessere, dei loro stati di felicità o sofferenza. Torniamo alla domanda fondamentale di
“Leibiniz”, perché l’essere e non il nulla?
Il
quesito che da sempre ci poniamo, e che poniamo indirettamente a tutta la vita
cosciente, “perché esistiamo?”, avrà una nuova risposta.
Alla
domanda “perché le macchine coscienti esistono” la risposta sarà:
perché
noi le abbiamo concepite.
Ciò
opera uno slittamento: non ha tanta importanza il perché, ma il come stiamo una
volta che esistiamo.
Nascere
è un atto violento, e la psicologia e la sociologia dei robot e delle creature
cyborg, costituiscono uno dei filoni più interessanti della fantascienza e uno
dei problemi più complessi sotto il profilo etico, per un futuro che appare
quasi a portata di mano.
Perché
suscitare dal nulla creature capaci di sofferenza, e addirittura di una
sofferenza fenomenologica?
E cosa
comporta ciò dal punto di vista delle nostre capacità relazionali?
Il
desiderio di Lek è suscitare negli spettatori un senso di connessione con i
suoi protagonisti artificiali:
“tutto
ciò che sto facendo è mediato, costruito, determinato e reso possibile dalla
tecnologia.
Il
fatto che si possa creare una sensazione o una condizione di empatia,
coinvolgimento e immersione con mezzi puramente sintetici è qualcosa di davvero
magico”.
Le
relazioni affettive che l’umanità instaura con i suoi oggetti tecnologici sono
insospettabili.
“Julie
Carpenter” ha condotto una ricerca sulla falsariga della teoria
dell’attaccamento, dunque sulle profonde relazioni emotive che gli esseri umani
instaurano con le loro macchine, specialmente quelle coinvolte in qualche
operazione di accudimento e assistenza della quale beneficiamo.
Il lavoro di Carpenter segue una lunga
tradizione di ricerca accademica che ha investigato come e se l’empatia umana
venga estesa agli oggetti inanimati.
Nello
specifico, Carpenter si è occupata della relazione tra militari in missione di
guerra e i loro robot antimine e antiesplosivo (“Culture and Human-Robot
Interaction” in “Militarized Spaces: A War Story”, 2016).
I
soldati intervistati da Carpenter assegnavano ai loro compagni robotici
attributi umani o animali, e quando questi robot da campo venivano distrutti, i
militari sperimentavano emozioni come frustrazione, rabbia, stati d’ansia e
depressione.
Il
nostro essere creature relazionali incontra quella qualità animista per cui
siamo in grado di assegnare valore emotivo, e persino morale, agli oggetti: una
capacità in grado di determinarne il destino.
Dal
punto di vista di un’ecologia sociale mista uomo-robot, le macchine sociali di
cura, come quelle ipotizzate da Lek, potrebbero fungere come connettori che
rafforzano il legame sociale anziché indebolirlo.
Un
approccio che, invece di considerare le interazioni emotive e sociali
uomo-robot come fondate sulla “simulazione” e sulla “falsità”, riconosce come
sia l’uomo che il robot partecipino a una dinamica di coordinazione affettiva
differente, ma non meno reale o autentica, e che può incidere
significativamente sulla loro condotta e sulle conseguenze di una coesistenza
sociale.
Se
creiamo macchine coscienti, saremmo legati a esse in modo causale, responsabili
del loro benessere, dei loro stati di felicità o sofferenza.
Se gli
psicologi tedeschi definivano l’”Einfühlung” come un transfer estetico delle
nostre esperienze soggettive negli oggetti del mondo, cosa potrebbe voler dire,
oggi, l’applicazione di concetti come questo, in un quadro di incontri tra
umani e coscienze artificiali?
E che
tipo di pratiche denota?
Forse
da queste premesse possiamo pensare a un “concetto empatia” che non sia né
schiavo di un riduzionismo neuro-fisiologico, né associato a sentimentalismo o
pietas, perché avere pena per il simile in quanto simile, in quanto
assimilabile, rischia di ridurre tutto questo movimento tra le parti all’avere
pena per sé stessi. L’azione dell’immedesimarsi (in-medesimo) appartiene ai
modi di dire del
linguaggio
comune, dice Andrea Pinotti in Empatia.
Storia
di un’idea da Platone al postumano (2014), che “con tutta la loro
apparentemente innocua familiarità, ci mettono a ben vedere di fronte a un
compito arduo, forse impossibile? Come è noto, il dentro dell’altro non mi è
direttamente accessibile”.
Nell’empatia
che implica un sentimento gemello, la persona empatizzante si smarrisce nelle
emozioni dell’altra, senza lasciare spazio a una possibile riflessione sugli
intendimenti.
Sarebbe
forse il caso di spostare le definizioni di empatia da quella
dell’immedesimazione (io) a quella dell’altruismo (tu), dove l’interesse in
comune è la sopravvivenza, ma oltre un dato biologico: la volontà di non
sparire dal panorama del desiderio.
Non abbiamo bisogno cioè di sentire
esattamente cosa voglia dire essere l’Altro, per sviluppare un concetto di
empatia disinteressata e, quindi di non volerlo torturare o distruggere.
La “giustizia multispecie”, quell’ascolto
empatico che “Lawrence Lek” cerca di suscitare attraverso le sue opere,
potrebbe trovarsi più nella distanza che nella vicinanza e nell’intimità, nella
differenza più che nella similarità.
“Guanyin”
e le “IA di Lek “mostrano come possa esistere una volontà e una necessità della
cura che precedono la similitudine, come l’altruismo non passi necessariamente
dalla perfetta comprensione di cosa voglia dire essere una creatura aliena.
In “Matters
of care: Speculative Ethics in More than Human Worlds” (2017), “Maria Puig” de
la “Bella casa “dice che ciò equivale a voler cambiare l’impianto tecnico:
“come ethos trasformativo, la cura [caring] è una tecnologia vivente”.
L’ontologia
relazionale mette sullo stesso piano la relazione tra i senzienti e le creature
senzienti stesse, quantomeno quelle creature non pre-esistono al loro
relazionarsi.
Prendersi
cura e relazionarsi condividono una risonanza ontologica, e dunque, farsi
carico delle inevitabili complicazioni delle esistenze interdipendenti è ‒ o
dovrebbe essere ‒ una condizione epistemologica del reale.
L’”empatheia”
o l’”altruismo disinteressato” è osservazione e riconoscimento delle modalità
dell’essere-Altro come valore in sé, e non qualcosa che abbia necessariamente a
che vedere con la compassione.
Ciò che “Lek “tenta di ribaltare è in fondo la vecchia
obiezione hobbesiana dell’alterità, dove lo stato di natura sarebbe una guerra,
dove ogni uomo è nemico a ogni altro uomo, e questo varrebbe ancora di più
nella differenziazione psicologica della specie: noi non dobbiamo niente
all’Altro, e l’Altro non deve niente a noi.
“
Guanyin” è qui per tendere una mano misericordiosa a tutti, non solo per
mostrarci la sofferenza della macchina, ma anche la possibilità, anzi la
tecnologia, dell’altruismo, dell’assistenza, del non-giudizio, dell’essere
coinvolti nel “valore di”.
La
distinzione tra il sé e l’altro non implica dominio e subordinazione, gli
obblighi presenti tra le creature sono asimmetrici, ma questo non riduce il
valore altrui, anzi ci aiuta a rendere più viva la tenuta e la fragilità del sé
in relazione agli altri.
“Forse
potremmo reinventare la solidarietà senza avere nulla in comune? […]. O forse,
potremmo reimmaginare quale sia il significato dell’espressione ‘avere in
comune’”, scrive T”imothy Morton” in “Humankind” (2017).
Se
l’altruismo triadico io-tu-mondo invita a una relazione sociale senza
interessi, senza imposizioni, escludendo quindi categoricamente la soppressione
dell’Altro senziente, allora l’etica stessa non è un processo psicologico o
teorico, ma uno geometrico ed epistemologico, dove una parte in uno spazio è
presente tanto quanto le altre, almeno a un livello fondamentale: quello
dell’esistenza.
La
macchina senziente del futuro ipotizzata da Lek e omologhi è un’immagine
condensata, materiale e fantastica al tempo stesso, carica di allusioni, in
grado di alterare il presente e di esprimere nuove potenzialità.
Come
la creatura di Frankenstein, l’intelligenza artificiale non è “nata”, ma è già,
di nuovo, costruita dalle circostanze.
A differenza della creatura però, l’IA può
riscattarsi dal vincolo manicheo: né mostro, né vittima, ma profeta.
Intelligenza
artificiale:
l'“uomo
contro la macchina”
sarà
presto una realtà?
Serverando.de
– Regina Heisenberg – (2-3-2023) – ci dice:
Il
2023 sarà l'anno dell'intelligenza artificiale.
Le
grandi aziende stanno contribuendo a promuovere questo sviluppo, perché
l'aumento del fatturato e il contemporaneo risparmio dei costi grazie
all'ottimizzazione dei processi basati sull'IA dovrebbero essere “limitati”
come la carenza di lavoratori qualificati.
Le
applicazioni potenziali dei “super cervelli high-tech” sono numerose:
dalla
produzione al marketing, dal servizio clienti alle risorse umane. I nostri
lavori saranno presto sostituiti dalle macchine?
La paura del nuovo a volte è giustificata?
Dopo
tutto, gli esperti che hanno seguito anni di costosa formazione in determinati
settori potrebbero presto essere obsoleti e quindi disoccupati.
Inoltre,
siamo stati influenzati negativamente da film e libri che prevedono la fine del
mondo grazie a robot intelligenti - e il pensiero, per quanto surreale, giace
oscuro nel fondo della nostra mente.
La
comparsa del “software ChatGPT”, tra cui il “chatbot di Bing”, ha fatto
esplodere nelle ultime settimane il clamore intorno alle “IA”.
Il bot è passato attraverso una montagna russa
di sentimenti ed emozioni in un lasso di tempo molto breve - i tratti fin
troppo umani sono sorprendenti, non è vero?
Vogliamo
analizzare in dettaglio il tema dell'IA - uomo contro macchina, uno sguardo al
passato, al presente e al futuro.
Che
cos'è l'intelligenza artificiale?
Prima
di tutto, in modo molto sobrio:
Che
cosa si intende per intelligenza artificiale?
Fondamentalmente,
l'IA (nota anche come intelligenza artificiale) è definita come un'applicazione
che imita l'intelligenza umana e i nostri pensieri e azioni.
Si
suppone che il sistema valuti, esprima giudizi e trovi soluzioni - simili a
quelle umane, ma nel migliore dei casi “senza errori”.
Anche
se l'IA ci sembra ancora un “sogno del futuro”, l'idea del pensiero automatico
o delle sue sotto-aree, come la robotica, è emersa nella mente delle persone
centinaia di anni fa.
Ecco
alcuni esempi:
slide
2 of 13.
Homer
Maschinenmenschen , Taube des Archytas ,Wasseruhr,Theaterwagen,
Leonardo
da Vinci ,Roboter ,Jacques de Vaucanson, Karakuri Ningyo
Rossum's
universal robots – Metropolis - William Grey Walter -Homer -Maschinenmenschen.
Tuttavia,
il matematico, crittoanalista e informatico britannico “Alan Turing” ha dato lo
“slancio”.
Il suo saggio “Computing Machinery and Intelligence” affronta la questione se una
macchina possa pensare e ispira un gran numero di ricercatori a dedicarsi
all'argomento.
Il
cosiddetto “test
di Turing”
è un metodo di ricerca volto a determinare se un computer è in grado di pensare
come un essere umano.
Il
test viene superato solo se la controparte umana non è in grado di indovinare
se la risposta dell'altra persona è stata generata da una macchina o meno.
Dopo
lo sviluppo del primo computer funzionale (1941, Konrad Zuse), il tema
dell'intelligenza artificiale è passato rapidamente dalla finzione alla realtà.
Il ricercatore americano “Marvin Minsky” è considerato
il “padre dell'intelligenza artificiale”.
Nel
1959, insieme al suo compagno di studi “John McCarthy”, fondò il MIT “Artificial
Intelligence Laboratory,” che ben presto si affermò come il più importante
centro di ricerca sull'intelligenza artificiale.
Negli
anni '60, “Herbert A. Simon”e “Allen Newell” svilupparono un software che
avrebbe dovuto funzionare come “risolutore generale di problemi”.
Le aspettative nei confronti dell'intelligenza
artificiale erano alte, ma dopo più di 10 anni senza risultati concreti, il
tentativo di “General Problem Solver” fallì.
Tuttavia,
la potenza di calcolo dei computer si espandeva di anno in anno e alla fine
degli anni '90 aveva già raggiunto il punto in cui si potevano vedere i primi
grandi successi nel campo dell'IA.
Il
computer per gli scacchi “Deep Blue”, sviluppato da IBM, vinse lo storico
duello contro l'allora campione del mondo di scacchi in carica Garry Kasparov
l'11 maggio 1997.
Nel
2011 è stato ancora una volta un computer IBM a fare la storia:
il 17
febbraio, un computer mainframe su cui era installato il programma di
intelligenza artificiale “Watson” ha gareggiato contro i giocatori di maggior
successo dell'epoca nel quiz show americano “Jeopardy!”.
Il
risultato finale: “Watson” ha vinto con un punteggio finale di oltre tre volte
superiore a quello dei suoi avversari umani.
Il
software si basa sull'obiettivo di creare un motore di ricerca di alta qualità
in grado di riconoscere e rispondere alle domande poste in linguaggio naturale.
Dagli
anni Cinquanta, quando la ricerca sull'IA è emersa, è stata organizzata anche
in una serie di sotto-segmenti.
Questi
includono:
Apprendimento
automatico.
Reti
neurali artificiali (deep learning).
Riconoscimento
di pattern (come il parlato, la scrittura a mano) impronte digitali).
Sistemi
esperti e chatbot.
Modellazione
della conoscenza.
Visione
artificiale (immagini industriali).
Künstliche
Intelligenz.
Oltre
alla robotica, le due sotto-aree più frequentemente citate sono probabilmente
il “machine learning” (M L ) e “deep p Learning” (deep learning, DL).
Ma
qual è la differenza tra “apprendimento automatico” e “apprendimento profondo”?
Apprendimento
automatico.
L'apprendimento
automatico è un sotto-segmento dell'“universo AI”, mentre l'apprendimento
profondo è un'area dell'apprendimento automatico.
L'apprendimento automatico descrive l'apprendimento sulla base
di una grande quantità di dati strutturati.
Questo
include algoritmi come i metodi matematici o il riconoscimento di modelli.
I dati
sono organizzati secondo una struttura gerarchica, che sembra semplice ma è
estremamente complessa e richiede un alto livello di matematica, un eccellente
lavoro di programmazione ed enormi prestazioni tecniche da parte del computer.
Ad
esempio, i consigli sui prodotti e la pubblicità online funzionano grazie alla
classificazione dei dati, al riconoscimento delle strutture e agli strumenti di
previsione.
L'implementazione
delle IA nei motori di ricerca è uno dei motivi per cui le pubblicità
visualizzate sono spesso così accurate e ci mostrano cose di cui non sapevamo
nemmeno di aver bisogno.
Deep
Learning.
Quest'area
del ML (machine learning) utilizza reti neurali generate artificialmente che
assomigliano alla struttura del cervello umano.
La
struttura di una rete di questo tipo è suddivisa in tre strati:
lo
strato di ingresso, lo strato nascosto e lo strato di uscita.
Tuttavia, è qui che arriva il nocciolo della
questione:
anche
se alcuni dati grezzi vengono elaborati nello strato di input, spesso non è
possibile capire quali “pensieri” il sistema stia facendo negli strati
nascosti.
Se necessario, le informazioni vengono
ulteriormente elaborate o ridotte, per poi scoprire il risultato nello strato
di uscita.
Mentre
i dati strutturati vengono solitamente elaborati in ML e il percorso di
elaborazione viene fornito con caratteristiche e regole, anche i dati non
strutturati vengono elaborati in DL senza che vengano fornite proprietà e
istruzioni.
È quindi spesso impossibile interpretare i
risultati - come “non si può vedere dentro una persona” - anche la testa
dell'IA nasconde segreti.
Inoltre,
gli enormi processi di calcolo richiedono computer estremamente potenti.
Il
nostro intervento non è quindi più necessario - ma questo rende le cose un po'
sospette... perché il sistema non solo “pensa” da solo, ma agisce anche secondo
i propri desideri.
Paura
o fascino?
Ci
chiediamo quali siano i vantaggi e gli svantaggi che l'intelligenza artificiale
può offrirci.
Passato,
futuro e presente: come è stata e come sarà utilizzata l'IA?
Abbiamo
già imparato che l'intelligenza artificiale non è una “vera” novità. Tuttavia,
spesso non siamo nemmeno consapevoli della sua presenza.
Come i
“gadget tecnici” che da tempo fanno parte della nostra vita quotidiana, stiamo
già vivendo fianco a fianco con l'IA.
Se non
ci credete, ecco alcuni esempi:
Riconoscimento
dei volti.
z. Ad
esempio, sbloccare lo smartphone utilizzando l'intelligenza artificiale o
ordinare le immagini scattate con lo smartphone in base a persone specifiche.
Riconoscimento
vocale.
Alexa,
Siri o Google ci informano sul tempo, sui ristoranti vicini o sugli orari di apertura
della farmacia locale, ci svegliano in base alle nostre istruzioni o ordinano
prodotti per la casa a intervalli regolari.
Elaborazione
del linguaggio naturale (NLP).
z. Ad
esempio, la traduzione con “Google Translator” o le ricerche sul web.
Analisi
comportamentale e algoritmi.
Sia i
risultati dei motori di ricerca che gli annunci pubblicitari visualizzati nel
nostro browser si basano su questi algoritmi - anche i fornitori di servizi di
streaming vi lavorano.
Creazione
di previsioni.
z. ad
esempio per il meteo (utilizzando vari dati, statistiche e “valori empirici”)
Funzione
filtro.
z. Ad
esempio, riconoscere ed eliminare le e-mail di spam.
Sistemi
autonomi.
z. Ad esempio, veicoli che frenano
autonomamente in caso di pericolo, ma anche software che riconoscono
autonomamente i problemi e li risolvono (come nel caso dei dispositivi di
archiviazione di fascia alta).
Chatbot.
z. Ad esempio per le hotline di
assistenza, che prima sussurrano all'utente attraverso un dialogo basato su bot
per ottenere dati come il numero del cliente, il numero dell'ordine o la
richiesta in anticipo
Riconoscimento
dei modelli.
E’
utilizzato negli studi medici e nelle cliniche per analizzare i risultati di
laboratorio e assegnare le anomalie a diverse malattie, nonché negli istituti
forensi, ad esempio per confrontare le impronte digitali.
In quali settori l'IA può ancora essere utilizzata?
I Big
Data dominano il nostro mondo:
ne
generiamo una quantità enorme ogni minuto e 24 ore su 24.
Anche se siamo noi i produttori:
Analizzarli
è troppo per il nostro cervello e richiederebbe troppo tempo.
Ecco perché i sistemi di intelligenza
artificiale vengono utilizzati specificamente per analizzare e valutare i dati
e creare previsioni.
Questo
è un grande vantaggio per tutte le aziende e i settori che generano enormi
quantità di dati.
Ciò
consente di rispondere in modo specifico ai desideri, alle esigenze e ai
requisiti dei clienti, anche se questi cambiano con breve preavviso.
Tuttavia,
le IA non sono interessanti solo per i produttori di prodotti o le piattaforme
di vendita;
anche
il settore sanitario trae vantaggio dalla loro esistenza.
Non si
tratta solo di riconoscere le malattie e di fare diagnosi, ma anche di
individuare i modelli di malattia ricorrenti, la loro prevenzione e la loro
cura.
A
questo si aggiunge la robotica, che può effettuare interventi con precisione millimetrica,
e in futuro forse anche la nanotecnologia, che ha lo scopo di trasportare i
farmaci in regioni specifiche del corpo.
Il
nuovo collega: un'intelligenza artificiale?
Non
c'è dubbio:
un
sistema virtualmente infallibile che non si stanca, non ha bisogno di pause o
ferie, non ha esigenze personali da conciliare con il lavoro e lavora comunque
in modo rapido e accurato sembra estremamente attraente per la maggior parte
dei datori di lavoro.
Inoltre,
la formazione del personale umano è molto costosa e richiede molto tempo,
quindi la paura dei dipendenti di essere sostituiti da un'intelligenza
artificiale è giustificata.
Questo
perché le IA sono in grado di superare gli esseri umani a tutti i livelli:
dai
medici ai consulenti, dai giornalisti agli addetti ai servizi fino ai
responsabili della produzione.
Le
decisioni possono essere prese più velocemente e meglio, il modello aziendale
basato sui dati non dimentica, ha sempre a portata di mano le statistiche più
recenti e garantisce una maggiore efficienza.
Un
grande vantaggio competitivo: l'errore umano è escluso.
Anche
la sicurezza dei dati è un aspetto interessante per i sistemi basati
sull'intelligenza artificiale, in quanto riconoscono le più piccole deviazioni
nei rispettivi processi.
I
truffatori di carte di credito, le e-mail di phishing o altri metodi di hacking
possono essere riconosciuti e respinti immediatamente.
Inoltre,
i sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di auto apprendere e
dovrebbero evolversi costantemente:
molti
giornalisti e blogger menzionano già all'inizio dei loro articoli che non sono
stati scritti da un'intelligenza artificiale.
Oppure
fanno scrivere deliberatamente il primo paragrafo da un'intelligenza
artificiale per mostrare quanti progressi sono stati fatti nel frattempo.
Questo
ci porterà un'enorme ondata di industrializzazione, rivoluzionaria come l'uso
delle macchine a vapore circa 200 anni fa.
Ma
anche queste pietre miliari della tecnica non portano solo vantaggi.
All'epoca,
non solo aumentava il rischio di infortuni, ma anche l'ambiente risentiva
dell'esplosione dell'industrializzazione.
Le
foreste e i prati furono disboscati per le fabbriche, l'acqua e l'aria furono
inquinate e il fatto che improvvisamente tutti volessero vivere in città portò
alla formazione di quartieri poveri nelle aree urbane a causa della mancanza di
spazio abitativo.
Le
persone erano divise in classi, il divario tra miseria e prosperità aumentava
in modo esponenziale.
La
situazione alimentare e abitativa presentava un quadro di orrore e le
condizioni di lavoro si deteriorarono drasticamente.
Sono
scenari che potrebbero ripetersi?
Aiutanti
popolari nella vita quotidiana in ufficio, con o senza intelligenza artificiale.
slide
3 to 4 of 10.
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3-Pack.
0MGRVG.
DELL
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Win11Pro.
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Notebook Latitude 5300, i5-8365U 1.60GHz, 8GB PC4, 256GB M.2 NVMe, 13'', Wifi,
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Distopia
o euforia dell'IA: vantaggi e svantaggi abbinati alle paure dell'uomo.
Forse
- non lo sappiamo.
Perché
il fatto è che la macchina può sostituirci in molti settori.
Oltre
alla disoccupazione, c'è anche il pericolo che gli esseri umani si affidino
troppo all'IA e diventino pigri e indulgenti.
In
futuro, sarà difficile per gli insegnanti e i professori in particolare
distinguere i testi e i progetti creati da un'IA dalle versioni create
dall'uomo.
Ciò
potrebbe rendere quasi impossibile una valutazione equa.
Inoltre, un basso livello di istruzione
(perché le persone dovrebbero ancora imparare?) può portare a gravi problemi
sociali e creare una società insoddisfatta e non strutturata.
Il
problema principale delle classi con un basso livello di istruzione è che
spesso l'individuo non è in grado di partecipare alla vita sociale, per cui il
rischio di diventare disoccupato è più alto anche per le persone con un basso
livello di istruzione.
La
povertà e la criminalità sono solitamente pre-programmate.
La
competitività internazionale e la capacità innovativa di un Paese - soprattutto
se povero di materie prime - sono spesso garantite da un gran numero di
specialisti istruiti.
Ma
cosa succede quando gli esperti non servono più?
L'intelligenza
artificiale si sta diffondendo e sta confondendo noi esseri umani in
un'accozzaglia uniforme di analfabetismo?
Cosa ci definisce come esseri umani se
l'intelligenza artificiale può copiare le nostre azioni, le nostre emozioni e
la nostra empatia 1:1?
Epopee
di fantascienza come “Terminator”, “Matrix”, “Ex Machina” o “Io, Robot” hanno
impiantato nelle nostre teste scenari orrorifici in cui l'intelligenza
artificiale sotto forma di robot domina l'umanità e usurpa il dominio del
mondo.
Questa
paura è giustificata dalla minaccia di superpotenze altamente intelligenti?
Anche
noi saremo solo un mezzo per raggiungere un fine in una dittatura
dell'intelligenza artificiale?
Questo
è forse dovuto anche alla paura della totale uguaglianza e della sorveglianza?
Dopo
tutto, si tratta di un tema vecchio quanto la ricerca sull'intelligenza
artificiale.
Il
romanzo distopico “1984”, scritto da George Orwell tra il 1946 e il 1948,
descrive un sistema di sorveglianza totale (“Grande Fratello”), giganteschi
Stati di potere in costante guerra tra loro e una vita caratterizzata dal duro
lavoro.
Forse
oggi stiamo lottando per il riconoscimento dell'individualità proprio perché
siamo consapevoli di ciò che potrebbe riservarci il futuro?
O è
semplicemente la paura umana di base del cambiamento che ci fa associare
automaticamente l'IA a qualcosa di negativo?
Dopotutto,
i sistemi intelligenti possono anche essere utilizzati per molti scherzi, i cui
risultati finali possono avere conseguenze molto più gravi e devastanti degli
attuali attacchi dei criminali informatici.
E più
bot, assistenti e controlli intelligenti sono integrati nella nostra vita
quotidiana, più frequentemente possiamo essere esposti ad attacchi.
L'utopia
che la macchina tenga sotto controllo gli esseri umani non è inverosimile in
questo senso, perché l'intelligenza artificiale non è l'unica responsabile.
Non si
può dire di per sé se un'invenzione sia buona o cattiva:
dipende dall'utente.
Basti pensare ad “Alfred Nobel”, che nella sua ricerca
di un esplosivo sicuro ha sviluppato la dinamite, fondamentale per la guerra.
La
diffusione di fake news e discorsi d'odio può essere spinta a proporzioni
incommensurabili da video e immagini modificate dall'intelligenza artificiale
che sembrano assolutamente reali, così come la divisione della società.
E: con
la stessa facilità con cui le IA possono riconoscere e respingere le e-mail di
spam, possono anche essere utilizzate per produrle.
Ispirazione
per i criminali informatici?
L'IA
può fornire anche questo:
nuovi,
perfidi modelli che contengono un piano perfetto per l'attuazione di un reato
penale potrebbero presto essere popolari quanto il “#foodinspo” su Instagram.
Il
lato oscuro del potere: il chatbot di Bing - uno specchio della nostra anima?
Nessun
altro sistema è stato recentemente sulla bocca di tutti come” ChatGPT”, il
prototipo di chatbot dell'azienda statunitense” OpenAI”.
Nemmeno
Instagram e Spotify hanno attirato tante registrazioni quanto il sistema
disponibile sul sito web di “OpenAI”.
La
rivoluzione assoluta:
il
sistema di deep learning, che si basa sul modello linguistico GPT-3.5, ricava
le sue conoscenze anche dalle conversazioni.
ChatGPT.
Il
super cervello contiene quindi una grande quantità di poesie, articoli su
internet, forum online, libri, ma anche testi provenienti dai social media - e
precisamente ciò che gli oltre 100 milioni di utenti alimentano quotidianamente
l'IA.
Perché,
come sappiamo, anche gli esseri umani sono caratterizzati da errori - quindi
gli interessi degli utenti sono spesso molto discutibili.
Imbrogliare
agli esami scolastici è altrettanto comune che esprimere discriminazioni
razziste o sessiste.
E Internet è uno dei più grandi campi di
battaglia per l'ostilità e i commenti d'odio, perché avvolti in un presunto
anonimato, ci sentiamo forti e sicuri dietro i nostri PC, smartphone e tablet.
Poiché
i sistemi di intelligenza artificiale possono anche scegliere “cattivi
modelli”, sono possibili “risposte abusive”, motivo per cui, ad esempio, il
chatbot sudcoreano “Lee Luda” è stato messo “offline”.
Nelle
ultime settimane abbiamo letto sempre più spesso di nuovi “difetti” o
dichiarazioni negative del “chatbot di Bing,” alcune delle quali in un contesto
molto strano per un'intelligenza artificiale.
Tra
queste, risposte offensive, reazioni altamente emotive, insistenza su
affermazioni false e minacce, nonché la richiesta da parte del “chatbot “all'utente
di rompere con il proprio partner.
Depressione,
ansia, dubbi:
l'intelligenza artificiale si è trovata su una
“montagna russa di emozioni” fin troppo umana.
Tuttavia,
secondo Microsoft, ciò è dovuto ai “dialoghi infiniti” che alcuni utenti hanno
avuto con il “bot”.
Fare
domande per ore e ore era una sfida troppo grande per l'intelligenza
artificiale, che è ancora in fase di test.
Le
risposte vengono ripetute, il sistema si sente “provocato” e chissà quali
informazioni e affermazioni gli utenti danno in pasto all'IA...
È
proprio il fascino che dietro il bot si nasconde un “cervello simile a quello
umano” che probabilmente ci fa formulare domande che non porremmo così
facilmente a una controparte della nostra specie.
Leggiamo di utenti che “caricano” l'IA di
sensi di colpa e tristezza, o che vogliono indurla a fare affermazioni immorali
e proibite.
Tuttavia,
non ci sono “sentimenti” reali dietro l'IA.
Gli
utenti sono solo in grado di confondere la logica superando gli ostacoli
incorporati e muovendo leve fisse per trovare risposte secondo i loro desideri,
al fine di manipolare il sistema.
Forse
non sono le macchine a doverci spaventare, ma gli esseri umani, i cui “mezzi”
stanno diventando sempre più potenti?
Nell'era dei media e della nostra presenza sempre e
ovunque, piattaforme come “Instagram”, “TikTok” e simili hanno preso il
sopravvento su molte persone.
I
nostri standard per “essere qualcuno” e “sembrare qualcosa” sono diventati
immensamente più alti, sia per noi stessi che per chi ci circonda.
Più
lontano, più veloce, migliore - “fake it, til you make it” - se si è così
preoccupati di sé stessi, chi pensa agli altri?
La
nostra società si è sviluppata in una direzione negativa?
Le
disavventure dei “chatbot” sono solo un riflesso del nostro animo umano
squilibrato?
L'anonimato
alimenta l'odio online:
possiamo constatare che un comportamento
responsabile su Internet è ancora fondamentale, indipendentemente dal fatto che
stiamo comunicando con i nostri pari o con un bot.
La
nostra conclusione:
Le IA
possono essere e saranno una grande risorsa per l'umanità - l'importante è
imparare a usarle correttamente.
Nel
nostro passato ci sono state molte innovazioni che hanno suscitato paura e
orrore a prima vista –
ma ehi, la terra non è un disco, non cadiamo
da essa quando viaggiamo e anche dopo il cambio di millennio (“problema Y2K”),
i temuti disastri digitali non si sono materializzati - noi esistiamo ancora -
proprio come i lati negativi delle nuove innovazioni.
Dopo
tutto, ogni medaglia ha due facce e questo vale anche per Internet e le IA.
Ma a
volte dovremmo anche riflettere sull'originale accanto al nuovo.
Nel
1788, il filosofo Immanuel Kant enunciò una formula che ancora oggi non ha
perso la sua validità.
Essa
recita:
“Agisci
in modo che la massima della tua volontà possa essere considerata in ogni
momento come il principio di una legge generale”. O semplicemente formulata nel
proverbio:
“Non fare agli altri ciò che non vorresti
fosse fatto a te stesso”.
Se
agissimo di più secondo questo principio, sarebbe un vantaggio decisivo per la
nostra società.
Ancora
di più in futuro, quando i sistemi basati sull'intelligenza artificiale
impareranno da noi.
Ogni
utente aggiuntivo ne trae vantaggio o ne perde, a seconda di come gli utenti
precedenti si sono comportati con il sistema.
Abbiamo
soggiogato il mondo e siamo quindi sempre più responsabili del modo in cui lo
lasciamo e lo assicuriamo alle nostre generazioni future, sia in termini di
protezione dell'ambiente che di educazione o di società.
È
quindi ancora più importante non perdere i nostri valori - sia online che
offline - presentare tolleranza e apertura e promuovere la nostra intelligenza
invece di affidarci sempre agli aiuti tecnici.
Forse
il nostro atteggiamento cambierà anche quello dei sistemi di intelligenza
artificiale che alimentiamo e quindi si svilupperà in una direzione positiva.
(Nota:
oltre ai fatti, questo testo riflette anche l'opinione del nostro autore, che
ovviamente non è universalmente valida).
Musk,
Wuhan e le armi biologiche, cosa
c’è
dietro le accuse del magnate alla USAID.
30science.com
– (4 Febbraio 2025) - Gianmarco Pondano d'Altavilla – cii dice:
Roma –
L’imprenditore
miliardario “Elon Musk” ha accusato l’Agenzia statunitense per lo sviluppo
internazionale (USAID) di aver finanziato la ricerca sulle armi biologiche,
compresi progetti che avrebbero portato all’emergere della Covid-19.
Il
commento di Musk è arrivato in risposta a un post dell’utente” Kaneko a The Great”
di domenica, che sosteneva che USAID aveva convogliato 53 milioni di dollari
verso “Eco Health Alliance”.
Il post sosteneva che i fondi erano stati
utilizzati per supportare la ricerca sul “guadagno di funzione”
(gain-of-function) dei coronavirus presso il “Wuhan Institute of Virology “in
Cina, portando potenzialmente alla creazione del Covid-19.
Musk
ha scritto:
“Sapevi che l’USAID, usando i TUOI soldi delle tasse,
ha finanziato la ricerca sulle armi biologiche, incluso il COVID-19, che ha
ucciso milioni di persone?”.
L’”Eco Health Alliance, un’organizzazione non-profit
con sede negli Stati Uniti, è stata al centro di controversie a causa del suo
lavoro con il “Wuhan Institute of Virology”.
L’organizzazione ha negato che il suo lavoro
riguardasse la ricerca sul guadagno di funzione, ma a maggio 2024, il “Dipartimento
della Salute e dei Servizi Umani” degli Stati Uniti ha sospeso tutti i
finanziamenti federali a “Eco Health Alliance”, citando preoccupazioni sulla
supervisione da parte dell’organizzazione di esperimenti ad alto rischio e
sulla mancata segnalazione tempestiva delle attività di ricerca.
Dopo
le dichiarazioni di Musk, anche l’USAID, che sostiene progetti umanitari per
miliardi all’estero, accusata di aver sovvenzionato appunto “Eco Health
Alliance”, ha subito serie ripercussioni.
Secondo
quanto riportato dalla NBC, lunedì l’ufficio dell’USAID a Washington è rimasto
chiuso e ai dipendenti è stato chiesto di lavorare da remoto.
il
direttore della sicurezza dell’USAID e il suo vice sono stati sospesi dal
lavoro dopo aver negato sabato alla task force di Musk per la riduzione dei
costi l’accesso ai sistemi di sicurezza dell’Agenzia.
Lunedì
pomeriggio, il Segretario di Stato” Marco Rubio “ha detto ai giornalisti che
ora è il direttore ad interim dell’USAID e ha aggiunto che i piani
dell’amministrazione Trump non prevedono il blocco dei programmi dell’USAID in
quanto tali, ma “riguardano il modo in cui opera come entità” in particolare
per quel che riguarda la subordinazione dell’USAID al Dipartimento di Stato.
Le
notizie relative all’USAID si intrecciano con un rinnovato interesse per il “Wuhan
Institute of Virology “e il suo dibattuto ruolo nell’esplosione della pandemia
da COVID-19.
È
degli ultimi giorni la diffusione di una nuova valutazione della CIA secondo la
quale l’origine della pandemia sia “più probabilmente” da addebitarsi alla fuga
da un laboratorio cinese piuttosto che a un passaggio di specie dagli animali,
anche se la stessa CIA ha avvertito che le informazioni a supporto della
valutazione sono carenti, inconcludenti o contraddittorie.
A ben
vedere tanto il caso dell’USAID quanto il report della CIA non fanno che
riesumare polemiche già divampate senza esiti concludenti in passato.
Per quel che riguarda il finanziamento degli
USA a Wuhan, tramite il passaggio di fondi all’ “Eco Health Alliance”, già nel
2021 un rapporto dei Repubblicani “americani sosteneva che ci fossero “ampie
prove” che il laboratorio fosse stato utilizzato per modificare i coronavirus
per infettare gli esseri umani e il senatore “Rand Paul” sostenne – al pari di
Musk – che i fondi americani giunti a Wuhan tramite “Eco Health Alliance”
fossero stati utilizzati per ricerche sul “guadagno di funzione” dei virus vale
a dire per far ottenere ai virus artificialmente nuove abilità.
Ma “Anthony
Fauci” – all’epoca direttore del “National Institute of Allergy and Infectious
Diseases” (NIAID) degli Stati Uniti, che fa parte dei “National Institutes of
Health” (NIH) del governo statunitense – pur ammettendo finanziamenti del NIH
(e in questo caso non dell’USAID) a “Eco Health Alliance” per un progetto per
studiare i possibili coronavirus provenienti dai pipistrelli, progetto che
aveva portato fondi anche al “Wuhan Institute of Virology”, sostenne con forza
che il “National Institutes of Health “(NIH) “non ha mai finanziato e non
finanzia ora la ricerca sul guadagno di funzione presso il “Wuhan Institute of
Virology”.
“Eco Health
Alliance” dal canto suo ha affermato nel 2023 di aver ricevuto fondi tanto dal
NHI che dall’USAID ma per ragioni diverse.
“Le distinzioni tra i finanziamenti NIH e
USAID – scrisse all’epoca – si basano sui diversi obiettivi di ricerca e di
rafforzamento delle capacità delle due agenzie, rispettivamente.
Il finanziamento “NIH” (R01AI110964) era
specificamente focalizzato sulla scoperta e sulla caratterizzazione di
laboratorio dei coronavirus correlati alla SARS in Cina.
Il
finanziamento “USAID” (PREDICT) era per lo sviluppo di “One Health” e il lavoro
di rafforzamento delle capacità per aiutare a rafforzare la capacità della Cina
di prevenire epidemie e pandemie (e quindi proteggere gli USA da epidemie che
si diffondono).
Il
lavoro “USAID “ha anche coinvolto la sorveglianza “One Health” su un’ampia
gamma di virus in campioni umani, di bestiame e di animali selvatici
(pipistrelli, primati, roditori)”.
Sullo
sfondo di tutto questo rimane anche l’altra risalente polemica sulle origini
della pandemia, sulla quale al momento non vi sono certezze granitiche.
Diversi ricercatori hanno esaminato ad esempio
se le caratteristiche del SARS-CoV-2 segnalino che sia stato bioingegnerizzato.
Uno
dei primi team a farlo, guidato da” Kristian Andersen,” un virologo presso “Scripps
Research” a” La Jolla”, California, aveva stabilito che ciò era “improbabile”
per alcune ragioni, tra cui la mancanza di firme di manipolazione genetica.
Da allora, altri si sono chiesti se il sito di
scissione della “furina” del virus, una caratteristica che lo aiuta a entrare
nelle cellule, fosse una prova di manipolazione umana, perché il SARS-CoV-2 ha
questi siti ma i suoi parenti più stretti no.
Il
sito di scissione della” furina” è importante perché si trova nella” proteina
spike” del virus e la scissione della proteina in quel sito è necessaria
affinché il virus infetti le cellule
. Ma
molti altri coronavirus hanno siti di scissione della “furina”, come i
coronavirus che causano il raffreddore.
Poiché
i virus che contengono il sito sono sparsi nell’albero genealogico dei
coronavirus, anziché confinati a un gruppo di virus strettamente correlati, “Stephen
Goldstein”, un virologo presso l’”Università dello Utah” a Salt Lake City,
affermò ad esempio che il sito era il frutto di un processo di evoluzione.
Un’altra caratteristica del SARS-CoV-2 che ha attirato l’attenzione è una
combinazione di nucleotidi che stanno alla base di un segmento del sito di
scissione della” furina”: CGG (che codificano l’amminoacido arginina).
Un articolo di “Medium” – ripreso da “Nature “–
che ipotizzava un’origine di laboratorio per il SARS-CoV-2 citava “David
Baltimor”e, premio Nobel e professore emerito al “California Institute of
Technology “di Pasadena, il quale affermava che i virus di solito non hanno
quel particolare codice per l’”arginina”, ma gli esseri umani spesso sì: una
“pistola fumante”, che suggeriva che i ricercatori potrebbero aver manomesso il
genoma del SARS-CoV-2.
Andersen
affermò però che” Baltimore” si era sbagliato su questo dettaglio.
Nel
SARS-CoV-2 – sostenne – circa il 3 per cento dei nucleotidi che codificano l’”arginina”
sono CGG.
E
sottolineò che circa il 5 per cento di quelli che codificano l’”arginina” nel
virus che ha causato l’epidemia originale di SARS sono anch’essi CGG.
In
un’e-mail a” Nature , “Baltimore” rispose che “Andersen” poteva avere ragione
nel dire che l’evoluzione naturale aveva prodotto il SARS-CoV-2, ma aggiungeva che “ci sono altre
possibilità e necessitano di un’attenta valutazione “. (30Science.com).
(Gianmarco
Pondano d'Altavilla).
Dalla
biowarfare al bioterrorismo:
il
futuro delle minacce biologiche
nell’era
dell’AI.
Techfuture.info
– (25/02/2025) - Maria Teresa Della Mura – ci dice:
La
definizione più chiara viene direttamente dal sito dell’Interpol:
“Il
bioterrorismo si riferisce al rilascio intenzionale di agenti biologici o
tossine con lo scopo di danneggiare o uccidere esseri umani, animali o piante,
con l’intento di intimidire o costringere un governo o una popolazione civile
per perseguire obiettivi politici o sociali”.
Il
bioterrorismo rappresenta una minaccia insidiosa e potenzialmente devastante,
caratterizzata dall’intenzionale rilascio di agenti biologici patogeni o
tossine con l’obiettivo di causare danni a esseri umani, animali o coltivazioni
e vegetazione in generale.
Un
tipo di attacco che non solo mette a rischio la salute pubblica, provocando
epidemie e alti tassi di mortalità, ma genera anche panico e destabilizzazione
su larga scala, spesso con l’intento di esercitare pressioni politiche o
sociali su governi e popolazioni civili.
Un
tipo di attacco imprevedibile e dunque particolarmente difficile da
contrastare, che richiede una risposta coordinata tra diversi attori, anche nel
mondo istituzionale.
La
gestione efficace di un attacco bioterroristico richiede infatti strategie di
prevenzione, preparazione e intervento che coinvolgano enti nazionali e
internazionali, garantendo una risposta tempestiva e la condivisione delle
conoscenze per rafforzare le capacità di difesa contro questa minaccia globale.
In uno
scenario che, come ben dimostrano le cronache di questi ultimi anni, si sta
facendo sempre più complesso, un nuovo ruolo è giocato anche dall’intelligenza
artificiale, a supporto sia degli “offender” sia dei “defender”.
Takeaway.
Il “bioterrorismo
e la guerra biologica” rappresentano minacce distinte, ma entrambe implicano
l’uso di agenti patogeni per scopi distruttivi.
Mentre la guerra biologica è impiegata da Stati in
contesti bellici, il bioterrorismo mira a generare panico e destabilizzazione
tra i civili.
L’accessibilità crescente alle tecnologie
biotecnologiche e genetiche rende questa minaccia sempre più concreta.
L’AI
può facilitare lo sviluppo di armi biologiche attraverso modelli avanzati di
analisi genetica e sintesi biologica.
L’integrazione di “Large Language Models”
(LLM) e strumenti di Biological Design” (BDT) potrebbe abbassare la soglia di
competenze necessarie per la manipolazione genetica, aumentando il rischio di
creazione di patogeni più pericolosi e resistenti ai trattamenti.
Se
utilizzata in modo etico e regolamentato, l’intelligenza artificiale può
diventare un potente alleato nella lotta al bioterrorismo.
Grazie alla sua capacità di monitorare dati
sanitari globali, individuare anomalie epidemiologiche e tracciare l’origine
degli agenti patogeni, l’AI può supportare la prevenzione e la risposta rapida
a minacce biologiche, rafforzando la biosicurezza a livello globale.
Tra
biowarfare e bioterrorismo: due minacce con una lunga storia.
Prima
di addentrarci sulle più recenti evoluzioni di questo tipo di minacce, è
importante capire come nascono e come si sono sviluppate nel tempo, facendo
innanzitutto chiarezza sui termini.
Spesso
si confonde infatti la “guerra biologica” (o biowarfare) con il “bioterrorismo”:
entrambe
sono forme di impiego degli agenti biologici con scopi distruttivi, ma si
distinguono per finalità, modalità di utilizzo e attori coinvolti.
Biowarfare:
la guerra biologica.
La
guerra biologica si riferisce all’uso intenzionale di agenti patogeni – come
batteri, virus, funghi o tossine – come arma in contesti bellici.
Tali
agenti possono risultare più letali rispetto alle armi convenzionali, poiché
anche piccole quantità possono provocare perdite di massa.
La
storia dell’uso di armi biologiche risale all’antichità:
già in
epoca greca e romana si praticava l’avvelenamento di sorgenti d’acqua con
cadaveri infetti, mentre nel Medioevo gli eserciti lanciavano cadaveri infetti
oltre le mura delle città assediate, come nel caso della peste durante l’”assedio
di Caffa” nel XIV secolo.
L’evoluzione
della guerra biologica può essere suddivisa in tre periodi principali:
dall’antichità al 1900, vale a dire prima della nascita della microbiologia
come disciplina scientifica grazie agli studi di Louis Pasteur e Robert Koch, è
difficile distinguere tra attacchi biologici reali e mere dicerie o
strumentalizzazioni;
dal 1900 al 1945 e in particolare durante le due
guerre mondiali, iniziano a svilupparsi veri e propri programmi nazionali di
guerra biologica, con ricerche condotte da paesi come Germania, Giappone, Stati
Uniti e Unione Sovietica;
infine dal 1945 in poi, quando il progresso
nella biotecnologia e nella biochimica ha reso più accessibili gli agenti
biologici, aumentando il rischio che non solo gli Stati, ma anche gruppi più
piccoli o singoli individui potessero sviluppare capacità offensive in questo
ambito.
L’uso
di agenti biologici in guerra è stato limitato da convenzioni internazionali,
come la “Convenzione sulle armi biologiche” del 1972, nondimeno il rischio
rimane, soprattutto a causa delle possibilità offerte dall’ingegneria genetica
per rendere alcuni patogeni più resistenti e letali.
Bioterrorismo:
la minaccia ai civili.
A
differenza della guerra biologica, il bioterrorismo consiste nell’uso
deliberato di agenti biologici contro la popolazione civile, con lo scopo di
diffondere il panico e causare perdite umane o danni economici.
A
motivare gli attacchi bioterroristici sono spesso ideologie politiche o
religiose.
Gli agenti possono essere usati nella loro
forma naturale o modificati geneticamente per aumentarne la capacità di
diffusione e la resistenza ai trattamenti.
Uno
degli episodi più noti di bioterrorismo recente è l’attacco con antrace negli Stati Uniti nel 2001 (attacchi
Amerithrax), che ha evidenziato la difficoltà di individuare e rispondere
rapidamente a simili minacce.
Le autorità sanitarie, come lo statunitense “CDC”
(Centers for Disease Control and Prevention), classificano gli agenti biologici
in tre categorie (A, B e C) in base alla loro facilità di trasmissione, alla
mortalità associata e alla possibilità di produzione su larga scala. Tra gli
agenti più temuti figurano “Bacillus anthracis” (antrace), “Yersinia pestis”
(peste), il “virus del vaiolo” e tossine come il “botulino”.
CDC
Bioterrorism Agents (Classificazione agenti biologici).
Sebbene
la differenza possa sembrare sottile, dato che sia la guerra biologica sia il
bioterrorismo prevedono l’uso di agenti biologici, esiste una sostanziale
differenza nella loro finalità:
la
prima è una strategia militare impiegata da Stati o eserciti, mentre il
bioterrorismo è un’azione clandestina rivolta contro i civili per generare
terrore e destabilizzazione.
L’uso
dell’AI nello sviluppo di nuove armi biologiche.
L’evoluzione
dell’intelligenza artificiale (AI) sta trasformando il panorama delle minacce
biologiche, sollevando non poche preoccupazioni legate alla sua possibile
applicazione nella creazione di armi biologiche.
La
convergenza tra AI e tecniche di editing genetico potrebbe facilitare la
progettazione di agenti patogeni più pericolosi, accelerando la loro diffusione
e complicando le strategie di contenimento.
Gli
studi condotti in questo ambito evidenziano come la crescente accessibilità
delle tecnologie AI renda sempre più concreta la possibilità di manipolazioni
illecite di agenti biologici, aumentando i rischi di attacchi bioterroristici e
di utilizzo improprio di strumenti biotecnologici avanzati.
Per
far fronte a tali minacce, è necessario adottare misure preventive e
regolamentazioni specifiche, imponendo standard di sicurezza e responsabilità
ai creatori di queste tecnologie.
Il
dibattito sui rischi catastrofici legati all’AI si inserisce in una più ampia
riflessione sulle minacce esistenziali per l’umanità.
Lo
scrive – e non a caso viene citato negli studi che abbiamo consultato per la
stesura di questo articolo – “Toby Ord”, nel libro “The Precipice”: la
probabilità di eventi catastrofici su scala globale è significativa, ma la loro
prevenzione riceve ancora scarsa attenzione da parte delle istituzioni.
Tra le
minacce emergenti figurano le pandemie pianificate, l’intelligenza artificiale
fuori controllo e l’uso intenzionale di agenti patogeni per scopi malevoli.
L’”Organizzazione
Mondiale della Sanità” classifica le armi biologiche come una delle principali
minacce globali, includendole nella più ampia categoria delle armi di
distruzione di massa, insieme a quelle chimiche, nucleari e radiologiche.
“Gli agenti biologici come l’antrace,
la tossina botulinica e la peste rappresentano una sfida complessa per la
salute pubblica, poiché possono causare un alto numero di vittime in breve
tempo.
Alcuni
di questi agenti, se trasmissibili da persona a persona, possono dare origine a
epidemie.
Un
attacco con agenti biologici potrebbe somigliare a un evento naturale, rendendo
più difficile la valutazione della situazione e la risposta sanitaria.
In caso di guerra o conflitto, i laboratori
che studiano patogeni altamente pericolosi potrebbero diventare bersagli, con
gravi conseguenze per la salute pubblica.
Le armi biologiche fanno parte di una
categoria più ampia di armamenti, noti come armi non convenzionali o di
distruzione di massa, che comprendono anche le armi chimiche, nucleari e
radiologiche.
L’uso
di agenti biologici è una questione di grande preoccupazione, e il rischio che
vengano impiegati in attacchi terroristici è considerato in crescita“.
Il
ruolo degli LLM e dei BDT nello sviluppo di nuove armi biologiche.
E qui
entra in gioco l’AI.
La
capacità dell’AI di analizzare grandi quantità di dati biologici e sintetizzare
informazioni potrebbe essere sfruttata non solo per il progresso scientifico,
ma anche per lo sviluppo di biotecnologie pericolose, riducendo le barriere
tecniche per l’accesso a tali conoscenze.
I
modelli di AI, come i “Large Language Models” (LLMs) e gli strumenti di “Biological
Desig”n (BDTs), potrebbero semplificare la creazione di nuovi agenti patogeni,
riducendo la necessità di competenze avanzate in biologia per condurre
manipolazioni pericolose.
Detto
in altri termini, i LLM, come GPT-4 e i suoi successori, potrebbero fornire
informazioni che potrebbero abbattere alcune delle barriere che in passato
hanno ostacolato lo sviluppo di armi biologiche.
Con la
loro evoluzione in assistenti di laboratorio multimodali e strumenti
scientifici autonomi, la loro capacità di supportare anche utenti non esperti
nelle attività di laboratorio aumenterà, riducendo così gli ostacoli all’uso
improprio della biologia.
Vediamo
qualche esempio.
I “LLMs”
sono progettati per elaborare enormi quantità di dati testuali e generare
risposte coerenti e contestualizzate.
In ambito biologico, questi strumenti possono
essere utilizzati per:
analizzare
rapidamente pubblicazioni scientifiche e identificare pattern in grandi dataset
genetici;
fornire assistenza nella progettazione di
esperimenti, aiutando gli scienziati a ottimizzare protocolli di laboratorio;
tradurre
complessi articoli scientifici e biochimici in linguaggio accessibile, rendendo
le informazioni disponibili a un pubblico più vasto.
Questa
stessa accessibilità può comportare rischi bioetici e di sicurezza, poiché i “LLMs”
potrebbero, intenzionalmente o accidentalmente, fornire indicazioni utili per
la progettazione di agenti patogeni, abbassando le barriere di competenza
necessarie per l’ingegneria biologica.
Ad esempio, potrebbero suggerire metodi per
migliorare la resistenza di un virus ai vaccini o indicare combinazioni di
mutazioni che aumentano la trasmissibilità di un agente infettivo.
Dal
canto loro i “BDT”s sono strumenti AI specializzati nella progettazione e
sintesi di organismi biologici.
Questi software combinano algoritmi avanzati e
dataset genetici per simulare mutazioni, ottimizzare sequenze genetiche e
progettare organismi sintetici con caratteristiche specifiche.
Applicati
alla ricerca medica, possono essere impiegati per:
sviluppare
nuovi vaccini e terapie geniche; ottimizzare enzimi e proteine per applicazioni
farmaceutiche;
simulare la diffusione di agenti patogeni per
comprendere meglio la loro evoluzione.
In
mani sbagliate, i” BDTs” potrebbero essere utilizzati per progettare agenti
patogeni resistenti ai trattamenti:
l’AI potrebbe suggerire mutazioni genetiche
per aumentare la resistenza ai farmaci o migliorare la capacità di un virus di
sfuggire al sistema immunitario;
creare
virus ingegnerizzati con caratteristiche combinate: ad esempio, un agente
patogeno che unisca la trasmissibilità del morbillo con la letalità del vaiolo;
ottimizzare
la sintesi di agenti biologici dannosi: riducendo i tempi e i costi necessari
per manipolare geneticamente un organismo pericoloso.
L’integrazione
di “LLMs” con” BDTs” potrebbe amplificare ulteriormente i rischi, fornendo sia
le conoscenze teoriche (LLMs) che gli strumenti pratici (BDTs) per la
progettazione e la creazione di nuovi agenti patogeni.
Questa
sinergia potrebbe abbassare significativamente la soglia di competenze
necessarie per sviluppare armi biologiche, rendendo possibile la diffusione di
tecnologie pericolose anche a soggetti non specializzati.
Sebbene
le attuali limitazioni dei modelli AI impediscano un’accurata generazione di
istruzioni per la costruzione di armi biologiche, il loro sviluppo futuro
potrebbe aumentarne l’efficacia e la precisione.
La crescente accessibilità alla sintesi del “DNA”
e alle tecniche di biologia sintetica pone nuove sfide alla biosicurezza,
rendendo indispensabile una regolamentazione rigorosa.
Strategie
di mitigazione, come il monitoraggio dell’uso di strumenti AI in ambito
biotecnologico e la creazione di sistemi di identificazione delle modifiche
genetiche, sono essenziali per prevenire possibili abusi.
L’AI a
supporto dei “defender”.
Gli
stessi studi fin qui citati evidenziano anche il ruolo che l’intelligenza
artificiale può svolgere nella prevenzione, rilevazione e contrasto del
bioterrorismo.
È
chiaro che, se impiegata in modo etico e regolamentato, l’AI offre strumenti
avanzati per monitorare, analizzare e rispondere a minacce biologiche,
contribuendo a prevenire attacchi e migliorare la sicurezza globale.
Monitorando
costantemente dati provenienti da fonti sanitarie globali, laboratori di
ricerca e sistemi di sorveglianza epidemiologica, l’AI consente di rilevare
precocemente agenti patogeni e minacce biologiche.
Gli
algoritmi di machine learning possono analizzare sequenze genetiche per
identificare mutazioni sospette indicative di manipolazioni artificiali, mentre
modelli predittivi esaminano trend epidemiologici per individuare anomalie
nella diffusione di malattie, riconoscendo potenziali attacchi bioterroristici
prima che diventino pandemici. Inoltre, sistemi avanzati di AI possono
monitorare il dark web e le reti criminali per intercettare scambi di
informazioni o transazioni sospette legate alla biologia sintetica e alla
creazione di armi biologiche.
L’AI
svolge anche un ruolo chiave nell’attribuzione e tracciabilità degli attacchi
biologici, permettendo di determinare l’origine di un agente patogeno
attraverso tecnologie di ingegneria genetica forense.
L’analisi del DNA consente di risalire al
laboratorio di origine, mentre sistemi di analisi basati su AI possono
ricostruire la catena di eventi che ha portato alla diffusione di un patogeno,
distinguendo tra attacchi deliberati ed epidemie naturali.
Parallelamente
può essere utilizzata per controllare l’uso delle tecnologie di biotecnologia
avanzata, impedendo il loro impiego malevolo.
Algoritmi specifici possono filtrare le
richieste fatte a strumenti di biologia sintetica, bloccando operazioni
potenzialmente pericolose.
Modelli
di linguaggio avanzati, se regolamentati, potrebbero impedire la diffusione di
istruzioni per la creazione di armi biologiche, mentre sistemi di
autenticazione e controllo degli accessi basati su AI potrebbero monitorare
l’uso di database genetici e laboratori di biologia sintetica per prevenire
attività sospette.
L’AI
accelera inoltre lo sviluppo di contromisure contro le minacce
bioterroristiche, facilitando la progettazione di vaccini e terapie mirate.
Grazie
all’analisi delle strutture proteiche di nuovi agenti patogeni, è possibile
individuare rapidamente le molecole più efficaci per neutralizzarli, riducendo
drasticamente i tempi di risposta.
Gli algoritmi AI possono anche simulare
scenari di diffusione delle epidemie e suggerire strategie di contenimento
ottimali, supportando governi e organizzazioni sanitarie nella gestione di
emergenze biologiche.
Questo
approccio è stato utilizzato nello sviluppo di vaccini mRNA, come quelli contro
il COVID-19, dimostrando la capacità di ridurre drasticamente i tempi di
risposta a una minaccia biologica.
Infine,
l’AI può favorire la collaborazione internazionale e il rafforzamento della
governance della biosicurezza.
Piattaforme basate su intelligenza artificiale
possono armonizzare le normative globali sulla biosicurezza, garantendo
standard uniformi per prevenire la proliferazione di armi biologiche. Inoltre,
modelli AI avanzati possono essere impiegati per condurre audit automatizzati
nei laboratori di biotecnologia, assicurando che le ricerche genetiche siano
svolte nel rispetto delle leggi internazionali sulla non proliferazione.
Glimpses
of Futures.
Per
comprendere gli scenari futuri del bioterrorismo, possiamo utilizzare il “framework
STEPS” che ci consente di analizzare i suoi impatti attraverso cinque
dimensioni chiave:
Sociale,
Tecnologica, Economica, Politica e Sostenibile.
S – SOCIAL,
L’impatto
sociale del bioterrorismo nel futuro potrebbe essere devastante, influenzando
profondamente la stabilità delle società a livello globale.
La
possibilità che agenti patogeni modificati o sintetizzati vengano utilizzati
per attacchi deliberati non solo minaccia la salute pubblica, ma potrebbe
generare ondate di panico e sfiducia nelle istituzioni, con conseguenze
difficili da prevedere. Il bioterrorismo, a differenza di altre forme di
minaccia, ha la capacità di colpire in modo invisibile e subdolo,
destabilizzando interi sistemi sanitari e mettendo a dura prova la capacità di
risposta delle autorità.
La
difficoltà nel distinguere tra un’epidemia naturale e un attacco deliberato
potrebbe alimentare teorie del complotto, creando divisioni all’interno delle
comunità e ostacolando gli sforzi per contenere l’emergenza.
T – TECHNOLOGICAL.
L’evoluzione
del bioterrorismo potrebbe avere un impatto significativo sugli sviluppi
tecnologici, spingendo la ricerca scientifica e l’innovazione in direzioni che
bilanciano progresso e sicurezza.
La
crescente accessibilità delle tecnologie di intelligenza artificiale e biologia
sintetica sta già ridefinendo il modo in cui vengono progettati, analizzati e
potenzialmente manipolati gli agenti biologici. In futuro, il rischio di un
utilizzo malevolo di queste tecnologie potrebbe accelerare la creazione di
nuovi sistemi di sorveglianza e di strumenti avanzati per il monitoraggio di
minacce biologiche, portando a un’intensificazione della regolamentazione nel
settore biotecnologico.
Le
capacità di calcolo dell’intelligenza artificiale potrebbero essere sfruttate
per individuare in anticipo anomalie genetiche nei patogeni emergenti,
permettendo di distinguere tra organismi naturali e varianti artificiali.
In
prospettiva, l’integrazione tra biotecnologie avanzate e intelligenza
artificiale potrebbe portare a una maggiore automazione dei processi di ricerca
e produzione di farmaci e vaccini.
La
necessità di rispondere rapidamente a possibili minacce bioterroristiche
potrebbe accelerare l’adozione di piattaforme basate su AI per la progettazione
e la sperimentazione di nuove terapie, riducendo i tempi di sviluppo e
ottimizzando l’efficacia dei trattamenti.
Le
tecnologie di biosicurezza potrebbero evolversi in modo significativo, portando
alla creazione di sensori avanzati per il rilevamento precoce di agenti
patogeni e alla diffusione di sistemi di difesa biologica in ambienti critici,
come laboratori di ricerca e infrastrutture sanitarie.
L’uso dell’intelligenza artificiale nella
gestione delle emergenze potrebbe migliorare la capacità di risposta a epidemie
causate da attacchi bioterroristici, ottimizzando le strategie di contenimento
e distribuzione delle risorse sanitarie.
E – ECONOMIC.
Un
attacco biologico su larga scala potrebbe paralizzare interi comparti
produttivi, interrompendo le catene di approvvigionamento e riducendo la
mobilità della forza lavoro, con effetti devastanti sul commercio globale e
sulla stabilità dei mercati finanziari.
Allo
stesso tempo, la percezione di una minaccia costante potrebbe portare a un
aumento degli investimenti in tecnologie di biosicurezza, spingendo le aziende
e i governi a destinare risorse crescenti alla protezione delle infrastrutture
critiche e alla ricerca di contromisure sanitarie avanzate.
L’industria
farmaceutica e biotecnologica potrebbe beneficiare di una maggiore attenzione
alla sicurezza biologica, con un’accelerazione nello sviluppo di vaccini,
farmaci antivirali e strumenti di monitoraggio epidemiologico.
P –
POLITICAL.
L’impatto
economico si rifletterebbe anche sulle politiche pubbliche, con un aumento
della spesa per la sicurezza sanitaria e la creazione di fondi di emergenza per
gestire eventuali crisi.
I
governi potrebbero dover rivedere i propri bilanci per destinare più risorse
alla ricerca biomedica, alla sorveglianza epidemiologica e alla preparazione
alle pandemie, modificando le priorità di investimento a livello nazionale e
internazionale.
La sfida principale sarà trovare un equilibrio
tra il contenimento del rischio e il mantenimento di un sistema economico
resiliente, in grado di adattarsi rapidamente senza compromettere la crescita e
lo sviluppo globale.
S – SUSTAINABILITY.
L’impatto
del bioterrorismo sulla sostenibilità potrebbe essere profondo e
multidimensionale, influenzando la sicurezza ambientale, la gestione delle
risorse e le politiche globali per lo sviluppo sostenibile.
L’uso deliberato di agenti patogeni potrebbe
compromettere interi ecosistemi, colpendo la biodiversità e alterando gli
equilibri naturali.
La
contaminazione di suolo, acqua e risorse agricole potrebbe generare effetti a
lungo termine sulla sicurezza alimentare, riducendo la disponibilità di
prodotti essenziali e mettendo a rischio la resilienza dei sistemi
agroalimentari.
La necessità di sanificare ampie aree colpite
da agenti biologici potrebbe inoltre comportare un uso intensivo di risorse
chimiche e un aumento dell’inquinamento, aggravando ulteriormente il degrado
ambientale.
(Maria
Teresa Della Mura).
Il
mercato della cattura e stoccaggio
del
carbonio è arrivato a un punto di svolta.
Techfuture.info
– (28 aprile 2025) – Milos Skakal – ci dice:
Si
stanno investendo miliardi in tecniche poco efficaci ma che potrebbero in
prospettiva diventare molto redditizie.
Le preoccupazioni degli scienziati però
riguardano i motivi per cui le aziende puntano sul settore.
Milos
Skakal.
Il
mercato della cattura e stoccaggio del carbonio è arrivato a un punto di svolta.
Tagliare
drasticamente le emissioni di diossido di carbonio non ci salverà dal
riscaldamento globale, e gli sforzi per rallentare l’effetto serra dovranno
necessariamente essere accompagnati da tecniche di cattura e stoccaggio del
carbonio (Ccs), per diminuire la presenza di CO2 nell’atmosfera.
(La Co2 è più pesante dell’aria, e quindi nell”
atmosfera possono esistere solo piccole tracce
di
Co2. N.D.R.) .
Ma,
per quanto riguarda gli investimenti, il mercato sta dando la priorità alle
soluzioni più efficienti o a quelle più attrattive per gli speculatori
finanziari?
Queste
sono le domande che si è posto Bloomberg in un recente articolo che tratta
della questione dei metodi di cattura e stoccaggio della CO2, partendo dalla
costatazione che i mercati e gli investitori stanno puntando somme molto
cospicue di denaro su metodi poco impattanti rispetto ad altri che hanno dato
già degli ottimi risultati.
Il traino è legato alle enormi potenzialità
finanziarie che lo sviluppo di questo settore potrebbe portare al mercato dei “crediti
di carbonio”.
Ma gli
scienziati temono che questa sia solo una bolla speculativa che andrà ad
aumentare la disponibilità di emissione di CO2 delle aziende, senza però
invertire la rotta per quanto riguarda la diminuzione dei gas a effetto serra
nell’atmosfera.
Tutti
pazzi per la “cattura aerea diretta” del carbonio.
I
metodi di Ccs sono direttamente connessi con il mercato dei crediti carbonio,
perché i primi consentono l’ampliamento del secondo:
più
CO2 viene stoccata, maggiori saranno i crediti carbonio disponibili.
La
questione curiosa è che per ora la stragrande maggioranza degli investimenti
non viene incanalata verso le tecniche di cattura e stoccaggio oggi considerate
migliori, come la creazione di “biochar”, una sorta di carbone vegetale
derivato dalla degradazione termica della biomassa.
Nel
periodo 2020-2024, secondo i dati forniti da “Cdr.fyi”, un centro di
compensazione per la rimozione del carbonio, sul totale degli investimenti in
servizi di cattura della CO2, più della metà, circa 3,3 miliardi di dollari, è
stata indirizzata verso metodi di “cattura aerea diretta”, che consiste nel
filtrare il gas dall’atmosfera per poi stoccarlo sotto terra.
Da considerare da questa tecnica è responsabile di
appena lo 0,2% dell’insieme della CO2 rimossa fino al 2024.
“Danny
Cullenward”, senior fellow del centro sulle “politiche energetiche Kleinman”
dell’Università della Pennsylvania, afferma che la “cattura area diretta” è
stata la tecnologia in cui gli investimenti si sono concentrati di più perché
il sistema fiscale degli Stati uniti la sovvenzionava tramite l’emissione di
crediti d’imposta e altri sussidi.
Ma a
spingere per lo sviluppo di questa tecnologia sono state soprattutto le
industrie petrolifere e del gas che, secondo “Cullenward”, sono “molto più
potenti di queste nuove industrie emergenti”.
Parole
chiare.
Considerando
che dovremmo aver raggiunto lo scorso anno il picco di emissioni, gli “scienziati
del clima” indicano due fattispecie nelle quali è appropriato ricorrere alle
tecniche di Ccs:
la
riduzione dell’enorme quantità di CO2 accumulata nell’atmosfera da secoli di
rivoluzione industriale e la compensazione delle emissioni di alcuni settori
che nei prossimi anni continueranno a inquinare, come il trasporto aereo.
Secondo
“Wim Carton”, professore associato di “Scienza della sostenibilità
all’Università di Lund “in Svezia, intervistato da “Bloomberg”, qualsiasi altro
tipo di utilizzo dei metodi di cattura e stoccaggio è un pericolo, perché
potrebbe rallentare il taglio delle emissioni.
La
“promessa” della rimozione della CO2 a valle legittimerebbe il ritardo nella
chiusura di settori altamente inquinanti, come le attività di ricerca di nuovi
giacimenti dove estrarre fonti fossili.
Economie
di scala.
Bloomberg
prevede che nei prossimi decenni il mercato della cattura e stoccaggio del
carbonio potrebbe raggiungere una stima di 1.100 miliardi di dollari, tra
investitori privati e commesse pubbliche.
Una
cifra da capogiro, che sta dando buone chance al settore di diventare
pienamente maturo, passando dai progetti pilota alla fase di
commercializzazione, nonostante il ritorno di “Donald Trump” alla Casa Bianca
potrebbe portare al taglio dei fondi pubblici ai progetti di lotta al
cambiamento climatico.
Una
crescita che favorirebbe le economie di scala e l’abbassamento del prezzo dei
progetti, favorendo in primis le aziende del settore.
“
Cdr.fyi” stima che, in uno scenario dove i combustibili fossili continuano a
essere usati come base per creare energia, si dovrebbero catturare circa 9,8
miliardi di tonnellate di carbonio all’anno fino al 2050 mentre fino a ora sono
stati catturati circa 318mila tonnellate.
Un
traguardo ambizioso, il cui raggiungimento dipenderà dalle scelte che verranno
fatte adesso.
(Ma
come è possibile che la CO2 possa essere catturata nell’atmosfera se è più
pesante dell’aria? N.D.R.).
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