Terre rare.

 

Terre rare.

 

 

L’accordo tra Stati Uniti e Ucraina

sulle terre rare, e l’assenza di

vere garanzie di sicurezza.

Linkiesta.it - (2-5-2025) - Alessandro Cappelli – ci dice:

Il nuovo documento istituisce un fondo di investimento per la ricostruzione dopo settimane di negoziati tesi, ma non menziona mai il punto più importante per Kyjiv: un modo per scoraggiare future aggressioni della Russia in caso di negoziati di pace.

 

Stati Uniti e Ucraina hanno finalmente firmato l’accordo sulle terre rare. Dopo mesi di negoziati tentati, falliti, ritentati e rifalliti, principalmente a causa di pretese e proposte irricevibili dell’amministrazione Trump, i due Paesi hanno trovato una quadra.

Il cavillo decisivo che ha permesso di mettere tutto nero su bianco è un’importante concessione ottenuta da “Kyjiv” durante le ultime trattative:

la vicepremier” Yulia Svyrydenko”, arrivata a Washington per chiudere l’accordo con il Segretario al Tesoro “Scott Bessent”, ha avuto garanzie sulla fornitura di aiuti militari da parte degli americani.

In particolare, è venuta meno la richiesta americana di un risarcimento retroattivo per oltre cento miliardi di dollari di sostegno militare all’Ucraina.

Quella era una delle linee rosse invalicabili per “Kyjiv”.

 

Con questo nuovo patto, il cui testo di nove pagine è stato pubblicato ieri dal governo ucraino, Stati Uniti e Ucraina creano un fondo di investimento che aiuterà a ricostruire l’Ucraina, in cambio di un accesso privilegiato per Washington ai nuovi progetti di sviluppo delle risorse naturali dell’Ucraina, come petrolio e gas, litio, grafite e diverse terre rare.

 I due Paesi, inoltre, si legge nel documento, «cercheranno di creare le condizioni necessarie per, tra gli altri obiettivi, aumentare gli investimenti nel settore minerario, energetico e nelle tecnologie correlate in Ucraina».

Ma secondo alcuni osservatori si tratta solo di un primo passo.

“George Popov”, analista di ricerca dell’”Associazione Nazionale dell’Industria Estrattiva Ucraina “ha detto al “Kyiv Independent” che «la firma è solo il primo passo di un lungo processo che porterà all’attuazione dell’accordo.

 Il successo del piano dipende da aspetti tecnici che devono ancora essere definiti».

Uno su tutti: non è chiaro quanti investimenti saranno destinati al nuovo fondo.

Un’altra clausola importante che il team negoziale ucraino è riuscito a inserire è la possibilità di modificare alcuni punti del documento qualora questo interferisca con l’adesione all’Unione europea.

Le formulazioni precedenti infatti avevano fatto storcere il naso ad alcuni osservatori europei, suggerendo che avrebbe potuto rappresentare un ostacolo in questo senso dal momento che avrebbe privilegiato gli Stati Uniti rispetto ad altri partner.

Il valore di questa firma però va oltre le sole condizioni previste dal documento:

è soprattutto un passo avanti nelle relazioni tra i due Paesi, messe a repentaglio più volte da Donald Trump negli ultimi cento giorni.

Una prima versione dell’accordo ad esempio era saltata a febbraio, in quell’agguato a Volodymyr Zelensky allo Studio Ovale.

È anche un discorso di metodi e toni della conversazione, un buon auspicio per il futuro e per la difesa dell’Ucraina.

Almeno in teoria:

 c’è sempre la possibilità che Trump usi questa firma come una clava, per tornare a minacciare ancora Zelensky e proporgli negoziati irricevibili, ad esempio sul “Donbas” o sulla “Crimea”.

 

Da Washington hanno già fatto capire che il documento sarà una pietra angolare nel rapporto tra i due Paesi, soprattutto per un «eventuale sostegno continuativo da parte degli Stati Uniti, ma non include garanzie di sicurezza esplicite e l’Ucraina sarà tenuta a rispettarlo indipendentemente dal fatto che venga raggiunto o meno un accordo di pace con la Russia».

 Quella delle garanzie di sicurezza è l’assenza più significativa:

 era una delle disposizioni di cui “Kyjiv” aveva più bisogno per scoraggiare ulteriori aggressioni da parte della Russia in caso di cessate il fuoco.

“Kyjiv” e “Washington” hanno semplicemente trovato un punto d’incontro su «un’espressione di un più ampio allineamento strategico a lungo termine e una dimostrazione tangibile del sostegno [degli Stati Uniti] alla sicurezza, alla prosperità, alla ricostruzione e all’integrazione dell’Ucraina nei quadri economici globali», come scrive il “Financial Times”.

 

Quanto meno, come ha notato lo storico “Timothy Garthon Ash”, «gli ucraini sono riusciti a eliminare gli eccessi peggiori dell’accordo, che nella prima versione era in pratica un’estorsione».

Ma, ha aggiunto, «è più un insieme di parole che un investimento reale. Non vedo investimenti significativi in ​​Ucraina finché non ci saranno garanzie di sicurezza.

E questo accordo non aggiunge nulla in quel campo».

 

Il documento conferma comunque che così si «rafforza la partnership strategica tra le parti per la ricostruzione e la modernizzazione a lungo termine dell’Ucraina», facendo riferimento «alla distruzione su larga scala causata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia» e alla necessità di un’«Ucraina pacifica, sovrana e resiliente».

Anche la Commissione europea prende atto che l’accordo tra Stati Uniti e Ucraina «comprende disposizioni specifiche volte a salvaguardare la richiesta di adesione dell’Ucraina all’Unione europea e a evitare conflitti con gli attuali obblighi previsti dall’Accordo di associazione Ue-Ucraina», come ha detto un portavoce della Commissione.

 «Inoltre, questo accordo riconosce che il percorso dell’Ucraina verso l’adesione all’Unione europea costituisce un’ancora fondamentale per la sovranità, la sicurezza e la prosperità del Paese».

Cosa c’è nell’accordo sulle terre

rare tra Stati Uniti e Ucraina.

  Open.online.it – ( 02 Maggio 2025) - Alessandro D’Amato – ci dice:

 

L'ok dopo i colloqui tra Trump e Zelensky.

Le condizioni per Kiev ora sono più favorevoli.

Lo sfruttamento dei giacimenti e gli investimenti Usa in Ucraina.

Un accordo «davvero equo».

Che crea opportunità per investimenti significativi in Ucraina.

 Il presidente “Volodymyr Zelensy” celebra così la firma del trattato sulle terre rare di Kiev con gli Stati Uniti.

 Il documento era stato oggetto di difficili negoziati nelle scorse settimane.

 Il testo, composto di tre documenti, prevede l’accesso delle aziende americane all’estrazione di minerali rari, petrolio e gas in Ucraina.

 E la creazione di un fondo d’investimento congiunto tra i due paesi.

Le condizioni sono più favorevoli per Kiev rispetto alla versione precedente, che aveva causato tensioni con Washington.

L’accordo.

La firma dell’accordo è rimasta incerta negli ultimi giorni, ha fatto sapere “Politico”, spiegando che «l’Ucraina si era rifiutata di firmare il patto economico principale e due accordi tecnici collaterali».

Un funzionario statunitense ha confermato che le parti hanno firmato tutti e tre gli accordi dopo che l’Ucraina ha richiesto alcune modifiche dell’ultimo minuto e il Tesoro statunitense ha cercato di tenere il punto.

«L’accordo è cambiato significativamente durante il processo di preparazione.

 Ora è un accordo veramente equo che crea opportunità per investimenti significativi in ​​Ucraina», ha detto Zelensky.

 L’accordo non prevede di conteggiare gli aiuti Usa già forniti come un debito dell’Ucraina nei confronti degli Usa, come voleva Donald Trump.

Le garanzie che mancano.

«Si tratta di un lavoro congiunto con l’America e a condizioni eque», ha spiegato il presidente.

 Firmato nella notte tra mercoledì 30 aprile e giovedì primo maggio, l’accordo non prevede garanzie di sicurezza nei confronti di Kiev.

 Le tensioni per l’accordo erano culminate nella lite alla Casa Bianca tra i due presidenti nello Studio Ovale.

Una prima bozza del testo era stata respinta da Kiev.

 Secondo diverse stime l’Ucraina oggi possiede il 5% delle risorse minerarie mondiali.

Ma non tutte sono facilmente sfruttabili.

Alcune delle terre si trovano in zone occupate da Mosca o minacciate dalle forze russe.

 L’accordo dovrebbe essere una tappa fondamentale nell’avvicinamento tra Russia e Ucraina per chiudere la guerra cominciata tre anni fa.

 

La pace tra Russia e Ucraina.

«Tocca a loro trovare un accordo e porre fine a questo brutale conflitto», ha detto il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance a Fox News.

 «Ma non sono pronti a fermarsi», ha aggiunto.

Da parte sua, il segretario di Stato americano “Marco Rubio” ha minacciato che gli Stati Uniti potrebbero gettare la spugna nei confronti di Kiev e Mosca.

«Abbiamo così tanti problemi – e direi anche più grandi – in tutto il mondo», ha detto sempre a Fox News.

«Direi che ciò che accadrà con la Cina sarà più importante a lungo termine per il futuro del mondo», ha aggiunto.

Intanto i bombardamenti continuarono su entrambi i lati del fronte.

 Quattordici persone sono rimaste ferite il primo maggio a sera in un attacco russo a Zaporizhzhia.

Nove di loro sono state ricoverate in ospedale, ha annunciato “Ivan Fedorov”, governatore della regione.

 

Gli attacchi.

Alcune ore prima, due persone erano state uccise in un attacco con drone su una zona residenziale di Odessa, nell’Ucraina meridionale, secondo quanto dichiarato dal governatore regionale Oleg Kiper.

I servizi di emergenza ucraini hanno denunciato un «massiccio attacco russo».

 In risposta, Zelensky ha chiesto che «vengano esercitate ulteriori pressioni sulla Russia» per «costringerla (…) a negoziare».

 Mosca ha accusato l’esercito ucraino di aver condotto un “doppio attacco”, una tattica di cui Kiev ha ripetutamente accusato l’esercito russo, che consiste nel lanciare un secondo attacco nello stesso luogo poco dopo il primo, per colpire coloro che erano accorsi in aiuto delle vittime.

Il cessate il fuoco dell’8 maggio.

Mentre i negoziati separati avviati dagli americani con russi e ucraini per porre fine al conflitto sembrano essere giunti a un punto morto, Vladimir Putin ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale dall’8 al 10 maggio.

 Il 9 maggio, la Russia terrà una grande parata militare a Mosca per commemorare l’80° anniversario della vittoria sulla Germania nazista. Parteciperanno circa 20 leader, tra cui il cinese “Xi Jinping”.

 Un primo cessate il fuoco di 30 ore era stato dichiarato da Putin ad aprile in occasione della Pasqua.

Entrambe le parti si sono accusate a vicenda di averlo violato.

 

 

 

 

Tecnopolitica. Come la tecnologia

ci rende soldati.

Amazon.it - Add. Editore – (21 marzo 2025) -

Asma Mhalla (Autore), Chiara Bongiovanni (Traduttore) – ci dicono:

 

Intelligenza artificiale, Neuralink, satelliti, metaverso:

 le “Big Tech” sono protagoniste assolute del nostro secolo, identità ibride capaci di ridefinire la morfologia della costruzione collettiva che chiamiamo Stato, di intervenire sull’andamento di un conflitto, di tracciare nuove frontiere.

La loro pervasività può trasformarci in soldati, arruolati in una guerra invisibile che si combatte sul campo di battaglia più ambito, il nostro cervello, spingendoci a un’interpretazione binaria della realtà: tecnologia o democrazia?

 Per impedire che la tecnologia divori la politica e diventi il carburante delle guerre future,” Asma Mhalla” indaga la natura del rapporto tra tecnica e politica, le sue nuove forme di potere, le estensioni e le implicazioni della sua potenza.

Maneggiare la paura non basta più e il tumulto di questo inizio secolo è l’occasione di riaffermare il progetto politico democratico.

 È questo il punto di partenza, una combinazione tra l’infinitamente grande e l’infinitamente umano perché noi, cittadini consapevoli, siamo l’elemento che può conciliare il progresso tecnologico e quello sociale.

 

“Il secolo che si è aperto davanti a noi è brutalmente turbolento, caotico, ma anche intellettualmente stimolante, poiché comporta la fine dei vecchi dogmi e, di conseguenza, la costruzione di nuove categorie politiche, segnando un prepotente ritorno della politica.

 Per indagare le dinamiche relative alle cyber potenze, serve un nuovo campo di analisi multidisciplinare: la tecnopolitica.”

 

 

 

 

Le somiglianze tra l'identità bianca

 e l'uranio iraniano, e la guerra

contro entrambe da parte del

suprematismo ebraico.

 Unz.com - Jung-Freud – (29 aprile 2025) – ci dice:

 

La guerra sionista contro l'uranio iraniano è stranamente simile alla guerra giudaica contro il potere dell'identità bianca.

Cosa hanno in comune l'uranio iraniano e l'identità bianca?

 Le due categorie sono interconnesse nell'attuale geopolitica dominata dal potere ebraico.

Si potrebbe dire che la guerra ebraica contro la bianchezza non solo ha preceduto, ma ha anche creato i presupposti per la guerra ebraica contro il nucleare iraniano.

Senza la sottomissione ebraica della razza bianca (e la sua servitù canina e la sua collaborazione con Sion), gli Stati Uniti e l'Occidente in generale si troverebbero in questo perpetuo stato di mini-Guerra Fredda con l'Iran?

Proprio come i Mongoli accumularono i mezzi per la conquista del mondo solo dopo essersi assicurati la ricca e popolosa Cina come base politica ed economica, l'attuale dominio globale del potere ebraico è dovuto all'aver domato e schiavizzato completamente la razza bianca, trasformandola nel suo cane più obbediente e nel suo cavallo più affidabile.

Proprio come i Mongoli senza la Cina sarebbero diventati solo dei barbari predoni disordinati, il potere ebraico senza gli Stati Uniti sarebbe molto più limitato, e quindi molto meno efficace nei suoi piani globali.

 

Esistono sorprendenti somiglianze tra l'atteggiamento ebraico nei confronti dell'Identità Bianca e quello sionista nei confronti del programma nucleare iraniano.

La monomania ebraica si basa sul principio etnocentrico secondo cui gli ebrei, e solo gli ebrei, meritano la politica identitaria e le armi nucleari (specialmente all'interno della sfera d'influenza ebraica, a cui appartengono l'intero Medio Oriente e il Nord Africa a causa dell'impegno ebraico globale per la supremazia di Israele, sebbene, a dire il vero, gli ebrei abbiano cercato di negare alla Corea del Nord le armi nucleari perché altri stati più vicini a Israele si sarebbero sentiti a loro volta incoraggiati a sfidare i comandi di Sion).

In effetti, molti ebrei sembrano ritenere che l'UNICO modo in cui Israele possa sopravvivere sia attraverso la supremazia egemonica sull'intera regione, ovvero che sopravvivenza e supremazia siano intercambiabili dalla prospettiva sionista.

 

Data la guerra ebraica contro la bianchezza, la posizione logica dei bianchi sarebbe un'identificazione e una simpatia per i popoli come gli iraniani ei palestinesi.

 Se gli ebrei attaccano l'identità bianca e l'uranio iraniano, i bianchi e gli iraniani non dovrebbero unirsi contro gli etno-centristi ebrei che negherebbero ai bianchi il loro orgoglio di identità e agli iraniani i loro mezzi di difesa (e sopravvivenza)?

Quando Israele punta il suo arsenale nucleare contro l'Iran, un osservatore obiettivo concluderebbe che quest'ultimo è il più giustificato ad avere una propria opzione nucleare.

Dopotutto, se qualcuno possiede armi per farti del male, dovresti pensare di possedere anche tu delle armi.

Ironicamente, gli americani bianchi che si trovano ad affrontare la prospettiva del disarmo (delle armi da fuoco personali), una politica guidata dalla lobby ebraica, sono più propensi che no a schierarsi con il tentativo di Sion di rendere l'Iran completamente indifeso contro l'imperialismo ebraico proveniente da Tel Aviv (con il sostegno delle metropoli occidentali dominate dagli ebrei).

Dato che nessun altro gruppo, a parte gli ebrei, ha fatto di più per limitare seriamente o addirittura abolire il diritto di portare armi negli Stati Uniti, si potrebbe pensare che i bianchi avrebbero collegato i puntini e capito che la guerra ebraica contro l'uranio iraniano non è diversa dalla guerra ebraica contro le armi dei bianchi, che è, ovviamente, solo un'altra espressione dell'identità bianca, poiché le due ragioni principali per cui i bianchi possiedono armi sono la resistenza al governo tirannico (attualmente nella forma descritta da alcuni come ZOG, il che implica che l'America bianca storica sia governata da una tribù ostile) e la difesa dalla criminalità nera (sulla base del fatto che i bianchi perderanno nella lotta di forza con i più duri, avendo quindi bisogno delle armi come ultima risorsa, il che è inaccettabile per il potere ebraico che impiega la forza nera contro i bianchi nello stesso modo in cui il governo zarista impiegava i cosacchi contro i suoi sudditi; la resa totale e incondizionata dei bianchi ai cervelli ebraici e alla forza muscolare nera è la soluzione ideale nell'ordine attuale).

Poiché gli ebrei controllano le istituzioni, vogliono il monopolio statalista sulle armi da fuoco, con le masse bianche disarmate e indifese.

Non è diverso dall'insistenza di Israele sul fatto che sia l'unico paese del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) a possedere armi nucleari, mentre l'Iran e altri paesi rimangono per sempre disarmati.

Data l'ostilità ebraica verso i bianchi e l'Iran, perché i bianchi sono sempre adulatori degli ebrei?

Il comportamento dei bianchi è comprensibile, dato che il potere ebraico ha già ottenuto con la bianchezza ciò che intende fare con il programma nucleare iraniano. La bianchezza è stata totalmente e totalmente screditata, disattivata, dismessa, disinnescata e disarmata, e questo spiega perché la razza bianca si inchina agli ebrei nello stesso modo in cui, dopo aver conquistato e distrutto Iraq, Libia e Siria, ora fungono da colonie di prostitute di Sion.

Anche se gli ebrei non sono ancora riusciti a disarmare l'America bianca, soprattutto negli "Stati Rossi", hanno praticamente reso la bianchezza inerte e impotente. I bianchi possiedono ancora armi, ma non l'orgoglio identitario che li porterebbe a imbracciare le armi da fuoco contro i loro aguzzini e oppressori anti-bianchi.

La bianchezza è considerata, non meno dalla maggioranza dei bianchi stessi, materiale radioattivo tossico e pericoloso. In altre parole, i bianchi non devono possedere o gestire la bianchezza come un'identità o un interesse, tanto meno come un'ideologia.

 Invece, il potere ebraico deve appropriarsi della bianchezza e farne ciò che vuole.

 Sotto il controllo ebraico, la bianchezza è considerata vile e oscena, un male che deve essere negato alla razza bianca come fonte di energia politica. Deve essere costantemente condannata e stroncata.

Ai bianchi deve essere negata la bianchezza come questione di orgoglio e unità; al contrario, devono essere costretti a rifiutare e rinunciare a ogni minima traccia di bianchezza, in quanto assimilabile al Peccato Originale.

Nella mentalità suprematista ebraica, l'identità etnica o razziale è come il materiale nucleare.

 Può fornire spirito e orgoglio (come base del potere) a una comunità di persone di etnia e/o razza comune, non diversamente da come la tecnologia nucleare può essere sfruttata per fornire energia a città e paesi.

L'identità razziale e/o etnica può spingersi oltre e può essere trasformata in un'arma in una sorta di "noi contro loro" contro l'Altro, una caratteristica costante della storia in cui il potere è stato spesso delineato lungo linee identitarie: "Noi Greci contro i Persiani", "Noi Romani contro i Germani", "Noi Tedeschi contro i Russi".

Di solito, a un popolo conquistato viene negato il potere dell'identità, costringendolo così a servire la potenza dominante, come quando gli indio-asiatici e i sudditi africani servirono l'Impero britannico: invece di essere gli indiani al servizio dell'identità e degli interessi indiani, gli indiani al servizio di Dio e della Patria, con Londra come capitale del mondo.

Proprio come l'identità può essere trasformata in un'arma, così può esserlo l'energia nucleare.

Anzi, l'energia nucleare è stata trasformata in un'arma prima di essere sviluppata per uso civile.

 

Per il “Potere Ebraico”, non è sufficiente negare alla bianchezza la sua strumentalizzazione come fonte di orgoglio e potere per la razza bianca.

Il Potere Ebraico non esige altro che la totale negazione dell'identità bianca ai bianchi (se non come fonte di colpa e vergogna, il che equivale a un'anti-identità).

Ecco perché gli ebrei dichiarano guerra non solo al suprematismo bianco, ma all'identità bianca stessa.

Anzi, l'identità bianca è trattata come praticamente sinonimo di suprematismo bianco.

"Essere bianchi è giusto" non è meno motivo di allarme.

 

Gli ebrei parlano come se qualsiasi senso positivo (o anche neutro) dell'identità bianca potesse trasformarsi in un suprematismo bianco che potrebbe far saltare in aria il mondo.

 Una reazione così estrema potrebbe essere in parte il risultato del trauma dell'Olocausto, cioè gli ebrei stanno servendo tutta l'umanità contro la rinascita del suprematismo bianco che ha tiranneggiato il mondo per secoli.

Più probabilmente, tuttavia, gli ebrei stanno cercando di proteggere la propria supremazia razziale-etnica impedendo il (ri)emergere dell'indipendenza bianca, o dell'autonomia e dell'azione bianca.

In altre parole, gli ebrei sono meno motivati dall'anti-suprematismo (di qualsiasi tipo) che da un suprematismo per la tribù a spese dell'umanità.

Si dà il caso che nulla sia più indispensabile della “White Cuckery” per la perpetuazione del potere suprematista ebraico.

 

Nel momento in cui i bianchi, come “Pat Buchanan” alla vigilia della Guerra del Golfo, esprimeranno la propria identità e dispiegheranno i propri interessi indipendenti da quelli degli ebrei e di Sion, potrebbe essere la fine per l'Impero di Giudea.

Proprio come l'Impero britannico era di fatto finito in India quando le masse native guidate da Gandhi dichiararono un'identità e interessi indipendenti dai loro padroni imperialisti, l'Impero di Giudea, o Ebraismo Mondiale, potrebbe finire come egemone globale una volta che i bianchi si saranno liberati dal giogo sionista.

E il modo più efficace per raggiungere un tale risultato è che i bianchi tornino ad abbracciare ed esaltare la propria identità e i propri interessi.

Questo è una minaccia per il potere ebraico, e quindi qualsiasi segno di orgoglio nazionale, sovranità e indipendenza tra le popolazioni bianche in Occidente viene denunciato come "estrema destra" o "estremismo".

Ma cosa c'è di così suprematista nel desiderio ungherese di rimanere ungherese nella cultura, nel patrimonio e nella demografia?

Gli ungheresi patriottici vogliono conquistare altri paesi?

Vogliono schiavizzare i non ungheresi?

Vogliono istituire campi di sterminio per ebrei o per chiunque altro?

No, il loro desiderio, piuttosto modesto e umile, è che l'Ungheria rimanga ungherese.

 Persino un programma così moderato viene sminuito come "estrema destra".

Se un politico tedesco vuole porre fine all'immigrazione di massa per preservare l'integrità demografica della Germania, viene diffamato come "estrema destra" e "neonazista".

(Poiché i media ebraico-sionisti hanno vilipeso il "suprematismo bianco" come incarnazione del male occidentale e poiché, ironicamente, gli stessi bianchi vilipesi negli Stati Uniti e nell'Unione Europea sono sostenitori accaniti di Israele, molti esponenti del Terzo Mondo e della sinistra tendono a confondere la politica dell'identità bianca con il sionismo, ovvero il sionismo è una variante del "suprematismo bianco", il che implica che la politica dell'identità bianca rafforzerà la supremazia ebraico-sionista, quando, molto più probabilmente, l'ascesa di una politica autonoma dell'identità bianca sfiderà, resisterà e si opporrà al potere ebraico.

 Se la maggior parte dei bianchi condividesse la politica di “David Duke”, il sostegno degli Stati Uniti all'Israele genocida si esaurirebbe da un giorno all'altro e non ci sarebbero più richieste di guerre per Israele.)

 

Gli ebrei nei media e nei think tank credono davvero che la supremazia bianca o il neonazismo siano dietro l'angolo? Certo che no.

È tutta finzione, e promuovono la “Grande Menzogna “per mantenere la loro adesione bianca al suprematismo ebraico.

 A proposito, l'Ungheria di Viktor Orbán non è del tutto immune dall'influenza ebraica.

Pur respingendo l'influenza di” George Soros”, stende il tappeto rosso a “Bibi Netanyahu”, il vero suprematista di estrema destra lunatico.

La politica attuale è davvero surreale.

 Se un popolo rifiuta il “globalismo sorosiano del suprematismo ebraico”, viene etichettato come "estrema destra";

ma per attenuare la condanna, per evitare che gli ebrei si lascino andare alla distruzione totale e alla guerra, deve compiacere e assecondare la vera estrema destra di Israele, che ora è essenzialmente uno “stato giudeo nazista”.

Una nazione come l'Ungheria viene falsamente accusata di essere "estrema destra", ma l'unica possibilità di salvare la sua reputazione è degradarsi completamente, cedendo all'adesione di estrema destra di Israele.

È come se un uomo rispettoso della legge venisse accusato di criminalità, e la sua unica possibilità di difendersi fosse quella di associarsi a un vero gangster.

Gli ebrei non credono davvero che la rinascita del nazionalismo in Europa porterà alla Terza Guerra Mondiale o al suprematismo bianco.

Temono davvero che i bianchi si sveglino finalmente e dicano BASTA al suprematismo ebraico e alle sue continue pretese, follie e guerrafondaie.

Ora, dati gli ovvi parallelismi tra la guerra giudaica all'uranio iraniano e la guerra giudaica all'identità bianca, si potrebbe pensare che i bianchi si siano già accorti e abbiano fatto causa comune con gli iraniani, ma vediamo l'esatto contrario in tutto lo spettro politico negli Stati Uniti.

Anche se sempre più americani sono diventati consapevoli degli aspetti più oscuri del sionismo, con la maggioranza degli americani che vedono Israele in modo sfavorevole, resta il fatto che gran parte della popolazione, in particolare gli americani bianchi, vedono ancora l'Iran come una sorta di minaccia che deve essere neutralizzata, persino distrutta, anche se l'Iran non rappresenta una minaccia per gli Stati Uniti o l'Occidente.

 I sionisti hanno ripetuto all'infinito che l'Iran rappresenta una minaccia "esistenziale" per Israele, il più grande alleato degli Stati Uniti, naturalmente, ma questo è piuttosto strano considerando che Israele ha centinaia di armi nucleari puntate contro l'Iran, che, secondo tutte le stime dell'intelligence statunitense, non ha ancora sviluppato la Bomba.

È come fingere che un uomo con una pistola puntata alla testa rappresenta una minaccia per l'uomo che impugna la pistola.

 

Alcuni sostengono che se l'Iran ottiene la Bomba, anche altri paesi della regione la otterranno, e la situazione andrà fuori controllo, ma la logica fallisce a un esame più approfondito.

 Se tutti gli altri paesi del Medio Oriente cercheranno di ottenere la Bomba se un paese ce l'ha, perché nessun altro paese a parte Israele ha la Bomba nella regione?

Il possesso di armi nucleari da parte di Israele non dovrebbe essere una ragione sufficiente per acquisirne anche loro?

Se tutti quei paesi non hanno ancora la Bomba decenni dopo che Israele l'ha ottenuta, perché improvvisamente sentirebbero il bisogno di ottenerla SOLO SE l'Iran la ottiene?

Semmai, persino l'Iran, a lungo preso di mira da Israele e dagli Stati Uniti controllati dai sionisti, deve ancora compiere i passi cruciali necessari per costruire la Bomba.

Tutte queste giustificazioni dei think-tank di politica estera suonano insensate quando analizziamo le prove.

Le richieste avanzate da Israele sono ridicole, ma d'altronde, non si tratta solo di Israele, ma di tutto l'ebraismo mondiale.

 "Israele contro Iran" fa sembrare la situazione piuttosto equilibrata, ma l'Iran non si scontra solo con un piccolo paese mediorientale, ma con l'intero Impero di Giudea che si estende su cinque continenti.

Perché questo impero è in uno stato di ostilità anche con paesi come il Venezuela, che non rappresentano una minaccia per Israele?

Perché osano costruire relazioni indipendenti con paesi come l'Iran, che l'Impero Suprematista Ebraico detesta con veemenza.

Le richieste ebraiche sono particolarmente oltraggiose perché sono rivolte a potenze minori.

Le potenze maggiori che pretendono che le potenze minori si rendano più deboli, anzi indifese, per creare un ordine più basato sulla giustizia e sulle regole è come un super-ricco che pretende che un povero rinunci alle sue poche proprietà per rendere le cose più eque e giuste.

Quando un grande predatore minaccia un animale più piccolo, l'unica difesa di quest'ultimo sono le sue armi speciali:

 zanne velenose di serpente, artigli di gatto domestico, aculei di porcospino, spruzzo di puzzola, carapace di tartaruga, corna di cervo, incisivi di coniglio e così via.

Di fronte a un animale più grande, l'unica possibilità di sopravvivenza per quest'ultimo è minacciare con le sue armi limitate ma potenti, che potrebbero infliggere gravi danni anche se l'animale più grande dovesse prevalere:

un predatore sarebbe disposto a perdere un occhio o un arto per un pasto? Pertanto, anche se un orso vincerebbe una battaglia senza esclusione di colpi con un tasso, preferisce non affrontarlo perché il tasso può causare danni concreti.

Gli Stati Uniti, guidati dagli ebrei, sono l'animale più grande, il predatore al vertice della catena alimentare, al mondo.

Paesi come l'Iran fanno affidamento sul loro armamento limitato ma potente per respingere le aggressioni, ma gli Stati Uniti, la portaerei dell'Impero di Giudea, esigono che l'Iran rinunci alle sue armi o abbandoni la capacità di sviluppare armi più potenti.

Tale richiesta è ancora più scandalosa alla luce di ciò che gli Stati Uniti, governati dagli ebrei, hanno fatto al Medio Oriente e al Nord Africa nel XXI secolo.

Se davvero la potenza americana fosse stata una forza di pace e prosperità in tutta la regione, per il benessere equo di ebrei, arabi e musulmani, sarebbe un conto.

Ma gli Stati Uniti, guidati dagli ebrei, hanno dimostrato più e più volte di essere solo una Bestia di Sion.

Di fronte a una bestia imponente dotata di ogni sorta di armamento letale, un paese come l'Iran dovrebbe essere "ragionevole" e soddisfare le richieste alla maniera di Gheddafi, riposa in pace.

Non importa che Hussein abbia effettivamente acconsentito a tutte le richieste sulle armi di distruzione di massa, ma sia stato comunque preso di mira per la distruzione.

Gli Stati Uniti che chiedono all'Iran di rinunciare alle sue difese sono come un pitbull che dice a un gatto di farsi togliere gli artigli.

 È come un leopardo che dice a un babbuino di togliere le zanne.

 È come un'aquila che dice a un serpente di rinunciare al suo veleno.

 In natura, c'è mai stato un animale che sia stato risparmiato non usando le sue difese speciali contro l'aggressore?

Un orso grizzly ha forse risparmiato un “gopher” per non avergli morso?

Persino gli animali si sono dimostrati più intelligenti di Gheddafi, che si è ritrovato con un coltello nell'ano, mentre Hillary Clinton, la prostituta di Sion, rideva come una strega cattiva.

Il motivo per cui l'America bianca sostiene la politica sionista ostile nei confronti dell'Iran è perché è stata totalmente "denuclearizzata" nell'identità e nell'orgoglio.

Lo stato attuale dell'America bianca è quello che sarebbe l'Iran SE rinunciasse a tutta la sua tecnologia nucleare, al suo armamento missilistico e alle sue capacità di deterrenza per placare la “Sion globale”.

C'è stato un tempo in cui l'America bianca possedeva un'identità pari a quella della tecnologia nucleare autonoma dell'Iran.

I bianchi americani davano valore al proprio popolo e alla propria dignità come razza, come insieme di etnie.

 Era una fonte di unità e potere, di valori e principi.

 I bianchi allora non si scusavano per la loro bianchezza, né tantomeno consideravano la propria identità tossica, odiosa o malvagia.

 E in tempi di difficoltà e crisi, l'identità bianca poteva anche essere strumentalizzata.

(Gli ebrei non avevano certo problemi con simili politiche identitarie quando l'America bianca si unì per combattere i "giapponesi", coinvolgendo così anche gli Stati Uniti nella guerra contro la Germania).

 

Ma da qualche parte più in là, “Jewish Power” decise di negare l'orgoglio e il potere dell'identità ai bianchi americani e alla razza bianca in generale.

 Anche se la seconda guerra mondiale riguardava principalmente i tedeschi bianchi contro i russi bianchi, è stata fatta girare come una narrazione sulla minaccia della "supremazia bianca" sul mondo intero.

 Anche se il Potere Ebraico era stato profondamente coinvolto nelle varie imprese e saccheggi imperialisti dell'Europa e dell'America, l'identità ebraica era caratterizzata come una questione di vittimismo per mano di "suprematisti bianchi" e "cristiani antisemiti".

Poiché il nazismo fu reso sinonimo di "suprematismo bianco", l'implicazione era che gli “unici bianchi buoni” erano quelli che combattevano contro il "suprematismo bianco", specialmente per difendere gli ebrei.

Inizialmente, l'orgoglio bianco "buono" era accettabile contro l'orgoglio bianco "cattivo", il tipo incarnato dai tedeschi nazisti.

 A quanto pare, gli americani bianchi e gli inglesi bianchi sono stati i bianchi buoni che hanno sconfitto i bianchi cattivi della Germania di Hitler.

Ma come suggeriscono i film di “Steven Spielberg” (non ultimo “The Fabelmans”), c'è un latente nazista interiore in ogni persona bianca che sta cercando di fare “coming out”, come la creatura che spunta dall'addome umano in “Alien” di Ridley Scott.

Dopotutto, gli stessi bianchi che hanno combattuto contro Hitler avrebbero combattuto per lui se fossero nati in Germania e influenzati dall'educazione e dai media tedeschi.

Pertanto, l'unico modo infallibile per neutralizzare la minaccia bianca all'ebraismo era quello di negare alla razza bianca il potere dell'identità, da cui derivano l'orgoglio e l'arbitrio.

Dati gli orrori della seconda guerra mondiale e il prolungato dominio del mondo da parte dell'Occidente bianco, la connessione tra bianchezza e suprematismo bianco sembrava abbastanza convincente per molti.

Ma con l'ascesa del potere ebraico, la svalutazione della bianchezza ebbe meno a che fare con la prevenzione della supremazia bianca che con la garanzia della supremazia ebraica facilitata dalla totale sottomissione bianca e dalla subordinazione alle narrazioni e alle richieste ebraiche.

 

Alcuni sostengono che Israele controlla davvero gli Stati Uniti, mentre altri sostengono che gli Stati Uniti usino Israele come un “proxy”, ma in realtà Israele e gli Stati Uniti sono due facce della stessa medaglia.

 Entrambi appartengono all'”Impero della Giudea”, con Gerusalemme e Tel Aviv come centri "spirituali" dell'impero e con New York e Washington DC come centri finanziari, intellettuali e militari.

Pertanto, i due sono uniti all'anca.

È come “Ron Jeremy “che si succhia il proprio dong.

Piuttosto che usare l'uno con l'altro, lavorare in tandem.

 

Quando gli Stati Uniti erano governati dagli angloamericani o dall'élite WASP, si poteva plausibilmente parlare di un rapporto simbiotico piuttosto che "sinonimo" tra Stati Uniti e Israele (e l'ebraismo mondiale in generale), ma questo non è più avvenuto dopo la presa di potere da parte dei neoconservatori e dei neoliberisti degli Stati Uniti (e di tutti i suoi vassalli).

Se ci sono davvero fratture e conflitti emergenti tra Israele e gli Stati Uniti, non si tratta più di potere ebraico contro potere angloamericano, ma di supremazia ebraica contro coscienza ebraica (mentre i giovani ebrei sono sconvolti da ciò che è successo a Israele, al sionismo e agli atteggiamenti suprematisti ebraici che hanno portato a così tante guerre e caos).

Per ora, il suprematismo ebraico ha il controllo saldo di tutte le istituzioni, mentre la coscienza ebraica (e i suoi alleati “goy”) operano principalmente a livello di base (ma poi i semi possono crescere e diventare alberi, ed è per questo che il potere ebraico sta lavorando duramente per abbattere i giovani pro-palestinesi, soprattutto perché il tentativo di estirpare le radici dell'antisionismo è fallito nell'era di Internet e dei social network).

Piuttosto che la questione di Israele-controlli-Stati Uniti o Stati Uniti-controlli-Israele, una domanda più pertinente affronta il mito del potere bianco/gentile negli Stati Uniti.

 Lo stratagemma del potere bianco/gentile è inestimabile per mantenere lo status quo del suprematismo ebraico, un fenomeno molto strano in contrasto con gli imperialismi del passato.

A differenza della maggior parte degli imperi che affermavano con orgoglio chi era al vertice e al comando – gli inglesi sull'impero britannico, i francesi sull'impero francese, i giapponesi sull'impero giapponese, e così via – l'imperialismo ebraico o suprematismo si basa su concetti di "diritti umani", "democrazia liberale" e "giustizia sociale" (informati dalla storia tragica, in particolare Auschwitz e Jim Crow come i suoi due simboli principali, che è molto conveniente per il Potere Ebraico).

Anche se gli ebrei sostengono i” goy cornuti” e li usano come burattini, si posizionano come l'opposizione al potere e al privilegio prepotente dei bianchi e dei “goy”.

Si consideri come George W. Bush sia stato usato per la politica estera sionista, ma anche presentato come un aspirante dittatore cristiano-fascista, contro il quale la minoranza ebraica decente era preferibilmente all'opposizione.

 Così, i “burattini goy” sono fatti per eseguire gli ordini degli ebrei in due modi. Conducono guerre per Israele, come l'invasione dell'Iraq, ma fungono anche da spauracchio del "privilegio maschile bianco" e del "fascismo cristiano", permettendo così agli ebrei di fingere di essere dissidenti perdenti.

In una certa misura, la natura ambigua del suprematismo ebraico è un'estensione dell'imperialismo americano, violentemente espansivo ma spesso giustificato con retorica moralistica, ad esempio diffondendo il cristianesimo ai pagani, sebbene oggi, sotto il controllo ebraico, il tema principale sia la promozione di un'agenda omosessuale in tutto il mondo.

Risalendo ancora più indietro, la natura passivo-aggressiva dell'Impero americano (e anche degli imperi europei) affonda le sue radici nel cristianesimo, una religione di amore, pace e perdono che è stata usata per giustificare guerre, conquiste e saccheggi (e persino la tratta degli schiavi, il traffico di droga e vari genocidi).

 

Ancora più indietro, la dualità della civiltà cristiana affonda le sue radici nell'ebraismo, una religione di profonda umiltà e arroganza.

 I Giudei, una tribù debole e oppressa da poteri ben più grandi, arrivarono a concepire la loro condizione di vittime come la via per la vittoria, ovvero potevano essere sconfitti nel corpo ma non nello spirito, poiché erano stati scelti e favoriti dall'unico e solo vero Dio;

 e quindi, con pazienza e tenacia, erano destinati a regnare supremi su tutti gli altri.

Pertanto, se la maggior parte delle tribù definiva il proprio valore in termini di potenza militare e dominio, gli ebrei mantenevano la propria autostima anche di fronte alla sconfitta, poiché, almeno spiritualmente, non potevano essere sconfitti finché Dio era dalla loro parte.

L'ascesa del “Potere Cristiano” ha preso spunto dal copione ebraico, e col tempo i cristiani sono stati anche maestri nel confondere il vittimismo con la vittoria, specialmente attraverso le narrazioni canoniche dei loro santi martiri.

Ma poi, quando l'Occidente ha iniziato a superare tutti gli altri e a sopraffare il mondo intero con la sua superiorità nella scienza, nella tecnologia, nella ricchezza e nell'organizzazione, l'orgoglio della vittoria è arrivato a prevalere sulla santità del vittimismo, che è diventato sinonimo di perdenti e fessi del Resto (o del non-Occidente).

Questo atteggiamento ha persino portato all'arroganza, a un senso di superiorità innato sui popoli di colore del mondo.

Gli ebrei europei furono pesantemente coinvolti nelle imprese imperialiste e ne trassero un grande profitto, ma si sentivano anche alienati dal centro europeo che, sotto l'influenza della Chiesa e poi della prospettiva razzista secolare, considerava gli ebrei, per quanto di successo e parte integrante delle economie occidentali, come diversi, sospetti e persino ostili.

Così, anche se il “Potere Ebraico” è sorta accanto al potere bianco nel secolare trionfo dell'Occidente, si è sentito tanto una vittima quanto un co-vincitore. Guadagnarono in potere e ricchezza insieme ai bianchi (anzi, più dei bianchi in alcuni casi), ma si sentirono anche estranei dai temi razziali/etnici e spirituali/religiosi fondamentali dell'Occidente.

 

Poi, non sorprende che gli ebrei abbiano condotto un'operazione di sotterfugi nella loro totale ascesa e dominazione nel 21° secolo.

 Nonostante i loro vasti poteri e l'arroganza suprematista, preferiscono nascondersi dietro le facciate oi "cuscinetti" di “figure goy “che rimangono i volti ufficiali del potere occidentale.

In questo modo, se l'Occidente viene accusato di aggressione ingiustificata, saccheggio e corruzione, la colpa di solito ricade sui “goyim”.

 Prendete il film VICE (su Dick Cheney) che vorrebbe farci credere che la debacle dei Neoconservatori sia stata per lo più opera di gentili senza scrupoli, specialmente quei "maschi bianchi".

 E anche se Biden e Trump hanno eseguito gli ordini degli ebrei sopprimendo la libertà di parola e intimidendo le voci dissenzienti, la colpa ricade sui prestanome, sui burattini piuttosto che sui burattinai.

 Com'è surreale:

 gli ebrei che denunciano la tirannia di Trump che sta semplicemente seguendo gli ordini degli ebrei.

 Non puoi inventare questa roba.

 

In quanto tali, anche se i bianchi negli Stati Uniti e nell'UE sono stati completamente denigrati, castrati, castrati e cacciati, si comportano ancora come se hanno il potere e possono fare politica per il Medio Oriente.

Ma il potere del cornuto bianco in Occidente ha la stessa capacità di azione e autonomia del potere "democratico" giapponese e tedesco dopo la seconda guerra mondiale – nonostante tutti i discorsi sul loro riemergere come democrazie basate sulla libertà e sui diritti, il Giappone e la Germania avevano esternalizzato il loro potere politico agli Stati Uniti.

Allo stesso modo, nonostante tutta la farsa sui bianchi in Occidente che difendono la democrazia e i diritti umani radicati nei valori e nei principi americani, questi bianchi sono come cani i cui abbai, per quanto forti e feroci, sono sempre al servizio dei loro padroni.

Oggi, quando la Germania o il Giappone si danno delle arie contro la Russia o la Cina, agiscono davvero in modo indipendente per il proprio interesse nazionale?

No, sta solo eseguendo gli ordini del suo padrone, gli Stati Uniti.

 È un gioco di cane e padrone.

 La situazione, tuttavia, è la stessa all'interno degli stessi Stati Uniti.

 L'”American Power” non riguarda tutti gli americani di varie razze, etnie, religioni, ideologie e provenienze che condividono ed esprimono il potere per interessi nazionali (o globali), ma tutti questi “gruppi patetici goy” che competono in una mostra canina per ottenere il maggior numero di punti dalla razza dominante de facto degli ebrei.

 

In un certo senso, l'Iran attuale è come l'America bianca del passato che ha conservato il proprio senso di identità e destino come fondamento della sua unità.

A quei tempi, i bianchi erano orgogliosi della loro razza (che era anche sospettosa degli ebrei come etnia rivale), radicati nella fede cristiana (che proteggeva dall'ebraismo come religione ostile) e in controllo della narrativa e dell'iconografia (che dava la priorità alla forza bianca come salute della nazione).

Tuttavia, pezzo dopo pezzo, il “Potere Ebraico” ha smontato e disattivato tutti quei beni cruciali dell'orgoglio e del potere bianco.

 (Oggi, la semplice idea di "potere bianco" suona male, come “Sieg Heil” o “Heil Hitler”.)

 

L'ammonimento ebraico contro il suprematismo bianco era comprensibile, dati gli spiacevoli aspetti associati a qualsiasi suprematismo, ma i bianchi avrebbero dovuto essere più perspicaci su ciò che era realmente in gioco.

 Proprio mentre gli ebrei denunciavano il suprematismo bianco, facevano pressione sui bianchi affinché sostenessero il suprematismo ebraico sulla Palestina.

In ogni caso, gli ebrei non erano soddisfatti della rinuncia dei bianchi al suprematismo bianco, proprio come i sionisti non sono soddisfatti della promessa dell'Iran (in così tanti negoziati, passati e presenti) di non espandere la propria tecnologia nucleare civile al livello di capacità bellica.

 Per quanto riguarda i fanatici dell'arci-Israele (che sono ovunque nei corridoi del potere occidentali), il rifiuto dell'Iran di costruire la bomba atomica (con piena ispezione da parte della comunità internazionale) non è sufficiente.

 L'Iran deve effettivamente abbandonare la sua tecnologia nucleare.

Deve adottare il piano libico, come esposto di recente da Bibi Netanyahu. Sappiamo cosa è successo alla Libia dopo l'abbandono da parte di Gheddafi dei suoi programmi e delle sue scorte di armi di distruzione di massa.

 (Assad in Siria rinunciò a tutte le armi chimiche durante la cosiddetta "Guerra civile siriana", in cui i ribelli jihadisti erano sostenuti dall'Occidente e dai suoi vassalli, e guardate cosa è successo alla fine in Siria.

 Il governo è caduto e poi l'aviazione israeliana ha distrutto ogni ultima traccia di equipaggiamento militare siriano a Damasco.)

 

Proprio come gli ebrei non si accontentarono della promessa bianca di non "arricchire" e "convertire" l'identità bianca in suprematismo bianco e invece intrapresero una guerra totale contro l'identità bianca stessa (fino a quando la bianchezza non fu degradata in demonismo per il quale la razza bianca deve espiare per sempre, specialmente con gli ebrei e i neri), gli ebrei rifiutano di accettare qualsiasi promessa da parte dell'Iran di limitare la loro tecnologia nucleare per uso civile.

Non importa nemmeno se la comunità internazionale si impegna a lavorare con l'Iran per prevenire lo sviluppo di armi nucleari.

Finché c'è la possibilità della bomba, gli ebrei vedono l'Iran come una rivale e una minaccia alle ambizioni del progetto del “Grande Israele”, o del “Piano Yinon”, come i sionisti di oggi sono effettivamente “yinonisti”.

 

Gli ebrei affermano di temere un olocausto nucleare in Israele se l'Iran dovesse acquisire la Bomba, ma si tratta di una pura proiezione in quanto Israele, con la sua “Opzione Sansone” e le aggressioni senza fine contro i suoi vicini, è il vero bullo nella regione.

Sansone Opzione dice che tutta l'Europa sarà bombardata se Israele dovrebbe affrontare il collasso, mentre l'Iran non possiede una sola bomba, eppure i bianchi cornuti degli Stati Uniti e dell'UE continuano a fingere che gli ebrei/sionisti sono quelli sani di mente che parlano di buon senso mentre l'Iran sta pianificando un Armageddon nucleare.

Semmai, sono i “sionisti cristiani” che sembrano più decisi a creare le condizioni che porteranno alla “Seconda Venuta” e alla sua apocalittica pioggia di fuoco.

 

I veri timori di Israele non hanno nulla a che fare con il lancio di armi nucleari da parte dell'Iran.

 Israele teme che un Iran dotato di armi nucleari possa fungere da deterrente al “Piano Yinon”, che richiede a Israele una notevole proiezione di potenza con il suo arsenale convenzionale.

Israele vuole usare i suoi carri armati, i suoi jet, le sue bombe e i suoi missili per attaccare, minacciare, intimidire e sconfiggere i suoi vicini, ma sarebbe molto più difficile se l'Iran ottenesse la Bomba.

 L'Iran finora ha limitato le sue risposte alle provocazioni israeliane perché, in una guerra totale, Israele avrebbe il sopravvento con le sue armi nucleari.

Ma se anche l'Iran avesse armi nucleari, Israele dovrebbe pensarci due volte prima di lanciare campagne terroristiche in tutto il Medio Oriente.

Ciò che i sionisti temono di più riguardo all'ottenimento della Bomba da parte dell'Iran è che serva da freno alla potenza convenzionale di Israele.

In effetti, se l'Iraq avesse avuto armi nucleari, gli Stati Uniti e la NATO ci avrebbero pensato due volte prima di usare armi convenzionali per invaderlo.

 Tutto questo allarmismo sulle nazioni "canaglia" che ottengono la Bomba per colpire gli Stati Uniti, l'Occidente o Israele è pura sciocchezza.

L'Occidente sa che queste nazioni vogliono le armi nucleari solo come assicurazione difensiva contro gli attacchi degli Stati Uniti, della NATO o di Israele, e sono proprio queste restrizioni le più intollerabili per l'unica superpotenza controllata dagli ebrei, la quale, anche se non è in guerra con il mondo intero, vuole il potere di distruggere qualsiasi parte del mondo.

 

Gli Stati Uniti vogliono che ogni paese al di fuori del loro controllo diretto sia come la Libia piuttosto che come la Corea del Nord.

Mentre le armi nucleari della Corea del Nord la rendono quasi impossibile come potenziale bersaglio per l'aggressione degli Stati Uniti, la Libia di Gheddafi, soprattutto dopo aver rinunciato a tutte le sue armi di distruzione di massa, era maturazione per la distruzione se l'Occidente collettivo che aveva voluto.

 Gli ebrei vogliono che l'Iran sia un'altra Libia piuttosto che un'altra Corea del Nord.

Realisticamente, l'Iran vuole essere una via di mezzo.

 Vuole garanzie di sicurezza, autonomia e sovranità attraverso una combinazione di potenza militare convenzionale, legami diplomatici con potenti paesi non occidentali (in particolare Russia e Cina) e la speranza che i “goy bianchi” abbiano ancora le palle per dire NO ad altre guerre suprematiste ebraiche, alias guerre per Israele.

L'Iran spera anche che gli elementi ebraici più ragionevoli in Occidente si oppongano ai falchi neoconservatori più virulenti.

Tuttavia, il consenso predominante all'interno del “Potere Ebraico” è quello di distruggere l'Iran nel lungo periodo.

 Anche l'accordo sul nucleare sotto Obama, uno strumento degli ebrei, è stato probabilmente una tattica di temporeggiamento prima che potesse essere escogitato qualcosa di più drastico.

In effetti, si nota che dopo che Trump ha bocciato l'accordo, Biden (anche uno strumento più grande dell'Obama degli ebrei) si è rifiutato di riavviarlo.

Il “Potere Ebraico” è più paziente e tenace della maggior parte degli altri, e anche se ciò significa fare un passo indietro ogni due passi avanti, è deciso a ottenere ciò che vuole.

 Gli obiettivi ebraici sono stati certamente realizzati con i bianchi in Occidente che ora sono assolutamente imbarazzanti come cani da cuck-verme del potere ebraico.

Quando anche i conservatori culturali non riescono a respingere il "matrimonio gay" per paura di offendere gli ebrei come razza padrona prescelta dell'Occidente, la razza bianca è diventata una vergogna totale.

L'America bianca è così com'è perché è stata totalmente neutralizzata dal potere suprematista ebraico.

 Ecco perché l'America bianca si rifiuta di fare ciò che sembra più naturale, cioè allearsi con l'Iran contro il potere ebraico che cerca il dominio su tutto.

La questione principale non ha nulla a che fare con l'Islam (o l'islamismo) e tutto a che fare con la sovranità.

Questo è ciò che gli ebrei odiano di più, la “sovranità goy” di qualsiasi tipo.

Dopo tutto, Israele e gli Stati Uniti a guida ebraica sono andati perfettamente d'accordo con la teocratica Arabia Saudita.

Hanno anche finanziato, protetto e armato gli elementi musulmani più radicali, Al Qaeda e le sue varianti, spesso di concerto con i suoi vassalli o alleati come l'Arabia Saudita, gli Emirati e la Turchia.

Anche dopo il presunto contraccolpo dell'11 settembre, gli Stati Uniti a guida ebraica (con Israele, ovviamente) sono tornati alla politica della guerra al terrore (in contrapposizione alla guerra al terrore), e gli obiettivi principali sono stati gli stati arabi laici moderni come la Libia e la Siria.

 (La CIA ha anche sostenuto gli elementi musulmani più estremisti nel Caucaso per provocare la Russia).

E l'Iraq che è stato invaso e distrutto era governato da un regime laico.

 

I suprematisti ebrei e i loro propagandisti del “cuck” parlano di scontro di civiltà, con l'Occidente liberale alle prese con i barbari musulmani che buttano gli omosessuali dai tetti.

Ma l'Iran non ha mai avuto una politica di lancio di frutta dai tetti.

Tali atti sono stati compiuti da jihadisti anarco-islamici il cui principale sostegno proveniva da Stati Uniti, Israele e i loro stati vassalli.

Incredibilmente, l'”Unica Superpotenza” ossessionata dal trasformare il mondo in "gay" è anche impegnata a finanziare e sostenere jihadisti che taglierebbero la testa agli omosessuali.

Per l'impero, è come prendere due piccioni con una fava.

Da un lato, i nichilisti jihadisti, che abbondano da reclutare tra una vasta schiera di giovani arabi/musulmani con scarse prospettive future, tornano utili per distruggere regimi e società sovrane che l'”Impero di Giudea” odia.

 Allo stesso tempo, le atrocità commesse dai jihadisti facilitano la propaganda secondo cui l'”Occidente liberale “deve intervenire all'estero per "combattere i terroristi", quelli che buttano i "gay" giù dai tetti.

Quindi, mentre gli Stati Uniti sostengono o proteggono tacitamente i jihadisti per scatenare il caos, usano anche il terrore jihadista come pretesto per occupare intere zone del Medio Oriente e del Nord Africa.

Gli Stati Uniti erano in Siria a proteggere i jihadisti da Assad e dalla Russia, giustificando al contempo la propria presenza in nome della lotta ai terroristi.

 La perfidia della supremazia ebraica non conosce limiti.

Anche se l'Iran ha lavorato per molto tempo con gruppi laici e religiosi in tutto il Medio Oriente per contenere gli incendi appiccati dai piromani jihadisti (con il sostegno degli Stati Uniti e di Israele), viene confuso con i terroristi jihadisti perché entrambi sono della stessa religione.

Nella mente delle persone con un basso quoziente intellettivo e/o con poca informazione in Occidente, la lotta è quella tra l'”Occidente liberale e Israele” (come avamposto occidentale) in guerra con l'islamismo quando, in realtà, si tratta dell'”impero occidentale dominato dagli ebrei e delle sue satrapie” in guerra con quei paesi che ancora osano essere sovrani.

 I jihadisti NON sono alleati con l'Iran;

semmai, l'Iran è stato in guerra con i jihadisti come delegati degli ebrei e degli Stati Uniti.

L'Iran è stato spesso alleato con potenze laiche contro altri paesi e forze musulmane, e la questione principale è stata la sovranità.

La vera linea di demarcazione è stata tra coloro che servono l'Occidente, come l'Arabia Saudita e simili burattini, e coloro che resistono all'Occidente.

Uno degli alleati più importanti dell'Iran era la Siria governata da Assad, nonostante fosse uno stato arabo laico e moderno.

Oggi, la Siria è governata dai jihadisti, e un basso quoziente intellettivo o una scarsa informazione in Occidente possono presumere che ciò la renda più anti-occidentale che mai, ma se non altro, l'attuale regime islamista in Siria è una totale di Sion.

 

Come gli arabi cornuti e senza sovranità in Medio Oriente che obbediscono agli ordini dell'Impero statunitense controllato dagli ebrei, i bianchi cornuti in Occidente non riescono a concepire una realtà diversa da quella inventata dal potere suprematista ebraico.

 Invece di vedere l'Iran come un faro di sfida, resistenza e sovranità, i paesi arabi e musulmani cornuti della regione lo vedono come una minaccia allo status quo che li definisce.

Non hanno l'orgoglio di essere cani e servi dell'impero statunitense, ma hanno trovato una nicchia nel sistema globale e non vogliono che venga turbata.

 Meglio sottomettersi e prosperare che unirsi alla resistenza e affrontare le difficoltà della lotta.

Inoltre, poiché gli esseri umani sono inclini a ingannare se stessi, le popolazioni dei paesi arabi e musulmani cornuti potrebbero essersi ingannate credendo di essere libere e indipendenti.

Ma allora, in che modo i bianchi in Occidente sono diversi?

Vivono totalmente sotto il giogo del dominio suprematista ebraico, ma continuano a fantasticare di essere un popolo libero e orgoglioso della nazione più grande del mondo (gli Stati Uniti) o di ordini basati su governi liberali (l'Unione Europea e il Regno Unito).

 

Chiedersi perché l'America bianca non resiste alla supremazia ebraica, sia come alleato dell'Iran che da sola, è come chiedersi perché i giannizzeri non si siano uniti all'Occidente cristiano contro l'Impero Ottomano.

 I giannizzeri erano composti da ragazzi europei provenienti da famiglie cristiane e addestrati a servire il Sultano, mentalmente e spiritualmente rivoltati contro la cristianità.

L'America bianca è essenzialmente una forza giannizzera dell'ebraismo mondiale. Alcuni bianchi si sono resi conto che qualcosa non va bene tra la loro gente nelle loro terre, ma molti altri credono ancora di essere liberi, cioè di loro spontanea volontà che, come orgogliosi americani, stanno con gli ebrei e Israele in uno scontro di civiltà contro i musulmani.

Incredibilmente, i suprematisti ebrei, il popolo più anti-bianco sulla Terra, hanno fatto un trucco mentale “Jedi” su gran parte della razza bianca secondo cui non c'è luce del giorno tra ciò che è buono per gli ebrei e ciò che è buono per i bianchi.

 Se gli ebrei lo vogliono, anche i bianchi devono volerlo, come un cane che va sempre dove vuole andare il padrone... e se i bianchi a volte non sono d'accordo, devono essere infettati dalla rabbia dell'"antisemitismo" o soffrire di psicopatia, come il tipo descritto da “Jordan B. Peterson”.

Devono essere chiariti dagli "esperti".

A differenza dei sultani di un tempo o, se è per questo, dei signori imperialisti britannici, i “powerites ebrei” giocano un più sottile gioco passivo-aggressivo di carote e bastoni, impiegando minacce di gangster ma anche implorando simpatia come vittime perpetue (di infinite permutazioni di "antisemitismo").

Essendosi così insinuati nei cuori e nei corridoi del potere occidentale, gli ebrei hanno ingannato un sacco di persone che, lungi dall'abusare dei bianchi come cani e schiavi, ebrei e bianchi sono arrivati indipendentemente e coscienziosamente alla stessa conclusione:

gli Stati Uniti devono stare con Israele e annuire a qualsiasi cosa sputi fuori dalla bocca di Netanyahu.

 

Certo, la maggior parte dei bianchi in posizioni d'élite sa cosa sta realmente succedendo, ma hanno a cuore il loro status e non osano perdere i loro privilegi dicendo la verità al potere.

Inoltre, una sorta di sindrome di Stoccolma si è impadronita delle élite bianche che, completamente catturate dal potere ebraico, si sono abituate al loro ruolo di puttane in un bordello gestito da magnaccia e madame ebree.

Se praticamente tutti i membri delle élite bianche conoscono la verità ma non la dicono, un buon numero di masse bianche rimane ancora all'oscuro, ma il piccolo ma crescente numero di bianchi sta comunicando a un pubblico crescente ciò che sta realmente accadendo e sollevando domande che non osano essere poste nella maggior parte dei circoli "rispettabili" dove l'appartenenza dipende dal rispetto delle regole.

Il MAGA è la carta jolly in tutto questo.

 L'ascesa di Donald Trump è dovuta in parte al segmento della popolazione bianca che è diffidente o ostile al potere ebraico.

I diffidenti non sono necessariamente anti-ebrei, ma sono stanchi delle guerre neoconservatrici e delle eccessive richieste israeliane.

Coloro che sono ostili tendino a vedere il Potere Ebraico come una forza malevola. Gli ebrei hanno percepito questo aspetto del MAGA e hanno fatto di tutto per diffamare Trump come "letteralmente Hitler" e Der Führer dei neonazisti, dei "suprematisti bianchi" e dell'"estrema destra".

Così, l'idea era che gli ebrei si alleassero con i bianchi "progressisti", i neri e la diversità contro Trump e MAGA, e l'establishment repubblicano era in realtà in combutta con le forze anti-MAGA, se non altro per il bene del “business as usual”.

 

Ma poi, con l'orrore di Gaza, i rappresentanti più accesi di” Diversity” si sono schierati in simpatia con i palestinesi.

Gli ebrei speravano di usare Diversity” contro il "suprematismo bianco" di Trump e del MAGA, ma “Diversity” stava denunciando il suprematismo ebraico-sionista.

Pertanto, alcuni elementi chiave del potere ebraico hanno deciso di dare a MAGA un'opportunità nel 2024 per fare un'azione contro le forze filo-palestinesi.

Se i Democratici fossero stati totalmente al comando, sarebbe stato più difficile per loro attaccare le voci filo-palestinesi nelle istituzioni liberali (soprattutto nei campus universitari), poiché ciò avrebbe potuto portare a una "guerra civile" all'interno del Partito.

Il Partito Democratico che invia scagnozzi ad arrestare voci progressiste e di sinistra simpatizzanti per i palestinesi nei campus universitari d'élite?

 Un passo troppo lungo.

 

Quindi, era molto più conveniente per Trump e il MAGA farlo, tranne per il fatto che questo è destinato a creare una spaccatura all'interno del MAGA stesso.

 Se il MAGA è venuto alla ribalta come un movimento anti-neoconservatore (se non esattamente anti-ebraico), come si sentono ora i sostenitori di Trump nel loro servilismo verso “Netanyahu” e “Bill Ackman” del mondo?

 Come può il MAGA affermare di essere "America First" quando trasporta acqua per i sostenitori di “Israel First”?

È stata una mossa intelligente da parte degli ebrei far fare a Trump il lavoro sporco nella caccia agli attivisti pro-palestinesi.

Ma, soppesando i pro e i contro, il “Potere Ebraico potrebbe aver sbagliato i calcoli nel lungo periodo, poiché ha associato "letteralmente Hitler" Trump, l'uomo diffamato dalla maggior parte delle figure ebraiche dal 2016, ancora più strettamente a Israele e al sionismo.

Se Trump è Hitler e fa gli ordini di Israele, cosa dice questo sulla natura di Israele?

È uno stato cripto-nazista.

 

 

 

Democrazia e tecnologia: tra innovazione,

diseguaglianze e nuove sfide globali.

 It.gariwo.net (7-1-2025) - Bruno Marasà- ci dice:

 

Se cercate un tema per riflettere sul nuovo anno che è arrivato, ce n’è uno che è sotto gli occhi di tutti.

 Se ne discute poco (alcuni lo fanno, anche con contributi di seria riflessione, vedi quelli di “Ezio Mauro” e “Achille Occhetto” su Repubblica o di “Gianni Cuperlo” sul Domani) ma esiste, eccome.

Tocca la vita di tutti, ogni giorno, e influenza (influenzerà) sempre di più la vita delle nostre società e, in definitiva, la vita di ognuno di noi.

 

Parlo del rapporto sempre più intricato tra democrazia, cioè la libera espressione delle opinioni e la possibilità con mezzi pacifici di modificare i rapporti di forza nella società e nella loro rappresentazione politica, e le nuove tecnologie e il comando di esse o, se si vuole, della loro pervasività nella vita quotidiana di tutti.

E parlo anche della forte incidenza che questo perverso rapporto, così sembra, ha sull’economia.

 Nella vita reale, si vorrebbe dire.

Quella fatta da bisogni materiali e non, e possibilità di soddisfarli in modo dignitoso.

 

Le analisi dei più si concentrano, non a caso, sulla dimensione economica che ha assunto questa fortissima incidenza della nuova era tecnologica in cui siamo entrati (la terza, la quarta rivoluzione industriale?).

 Poche o rare sono le riflessioni sulle conseguenze sostanziali sulla vita di tutti noi. Sulla dimensione democratica appunto.

 

Guerre combattute sotto i riflettori (Gaza, Ucraina), mentre ce ne sono altre 54 in tutto il mondo, come ci ha ricordato “Papa Francesco”.

Autocrazie indifferenti ai sentimenti (al sentiment) dei loro cittadini da un lato, e regimi democratici dall’altro, che sembrano esserlo altrettanto, vista la loro indifferenza, meglio, il loro colpevole silenzio, di fronte alle ragioni vere dell’insoddisfazione crescente e delle paure nelle loro società.

Diciamolo più chiaramente, il progressivo, persino impetuoso, scivolamento verso il populismo, il nazionalismo, aperto all’interno di tanti, quasi tutti, i paesi del cosiddetto Occidente, rischia di fare il paio con la remissività o impotenza dei popoli sottoposti alle cosiddette autocrazie.

 

Dopo gli anni della ubriacatura globalista e delle liberalizzazioni (non solo quella economica, ma anche quella sociale) che sembravano riavvicinare parti diverse della realtà mondiale con un gioco nel quale tutti potevano guadagnare qualcosa, ci accorgiamo oggi (potevamo farlo anche prima) che siamo tornati alla vecchia regola:

 i ricchi sono sempre più ricchi, cresce l’esercito dei poveri, comprendente anche il famoso ceto medio.

 Non è solo sociologia, è la lezione della Storia, come quella che portò alla Seconda guerra mondiale.

Intendiamoci, tutto questo non è immediatamente visibile.

Abbiamo passato questo periodo di feste in città abbagliate da mille luci e le tavole dei più sono state riccamente imbandite.

 Poi però guardi meglio la realtà, non solo quella della tua porta o di quella accanto, e riscopri le guerre con le loro decine di migliaia di morti, bambini a cui viene negato il diritto principale, quello di vivere perché vittime del freddo.

Riscopri il profondo cambiamento nei modi di produzione con l’accumulo di crisi e di licenziamenti di operaie e operai, scopri la crescente e dolorosa rinuncia a curarsi per una sanità che è sempre più povera non solo di fondi ma di addetti (medici, infermieri).

Se leggi bene i dati scopri che, si dica quello che si vuole, aumenta il lavoro povero, mal retribuito, e che sono i più anziani a cercare lavoro perché non possono farne a meno, mentre i giovani rinunciano a lavori malpagati, non corrispondenti alle qualifiche che hanno raggiunto magari dopo lunghi anni di studi.

E cercano in tanti, questi giovani, la via dell’emigrazione in un mare aperto che li porterà chissà dove.

Potremmo continuare questo preoccupante elenco.

Ma è necessario tornare alla realtà politica del nostro paese, dell’Europa e del resto del mondo.

 In questo senso la globalizzazione ha raggiunto il suo risultato più riuscito.

Quello che accade ad Occidente si riversa ad Oriente e viceversa.

 

La prova più evidente e nella catena dei fenomeni comuni nella realtà mondiale.

 Il primo di questi, o comunque quello che ha un impatto più visibile, sono le migrazioni.

Ce ne accorgiamo noi, in Italia, quando poveri disperati attraversano il Canale di Sicilia su zattere insicure (e molti di loro non vedranno mai la terraferma). Non sono tantissimi ma la paura (infondata) che suscitano giustifica addirittura un investimento in terra straniera, l’Albania, di centinaia di milioni di euro per poterne accudire (controllare) solo alcune centinaia.

 Nulla si dice delle decine di milioni che in tutto il mondo, in qualunque parte di esso, si spostano, emigrano a causa della siccità, delle guerre locali, della povertà.

E nulla o quasi si fa per aiutarli a restare nei loro paesi.

Dico aiutarli, non “trattenerli”, cioè ignorarne l’esistenza sino a quando non ti arrivano sulla porta di casa.

 

E qui c’è l’altra faccia della medaglia.

Pochi o molti che siano, i migranti suscitano paura, del diverso, dello sconosciuto. Si vorrebbe far finta di non vederli, quando invece lavorano nei campi del Sud, sfruttati in modo vergognoso, o nelle fabbriche dove ancora si fanno lavori pesanti, come le acciaierie del Nord.

La rivoluzione tecnologica ha dividendi assolutamente ingiusti. Non è vero che tutti possono usufruirne.

Non basterà certo l’uso, ormai diffusissimo, di uno smartphone.

 Anzi quello strumento, ormai quasi un giocattolo, avvicina uomini e donne di qualsiasi parte del mondo in tempo reale e crea vicinanze del tutto artificiali.

I veri vantaggi raggiunti dai possessori della tecnologia (certo Elon Musk, e non sono affatto molti quelli come lui) sono quelli invasivi dei social e non solo, capaci di orientare milioni, miliardi dovremmo dire, di persone in un senso o nell’altro.

Ed è questo il brodo di coltura, uno strano mix di ignoranza e di potenza, che porta acqua al populismo e a qualcosa di peggio come si vede nel cuore della nostra stessa Europa.

Per esempio in Germania.

 

Sì, l’Europa.

Abbiamo sognato per alcuni decenni la possibilità di far crescere insieme pace, democrazia, spazi aperti e progresso economico.

 Di questo insieme di valori e pensieri alti come quelli di De Gasperi, Adenauer o Spinelli (o “lunghi” come avrebbe detto Enrico Berlinguer) sembra che stia rimanendo ben poco.

Il valore dell’unità sembra essere svilito dalla ricerca di nazionalismi e particolarismi tra i membri della famiglia (troppo larga?) dell’Unione europea.

Si discute come rilanciarne la forza e la capacità di agire.

È bene che questo succeda, ma è meno bene che questo sforzo si concentri sull’aumento delle spese militari.

Facile ovviamente ricorrere alla retorica pacifista (“mai più guerra” dissero i padri fondatori dell’Europa unita), ma basterebbe il buon senso, una armonizzazione condivisa invece di preparare una svolta securitaria sia verso i migranti sia verso l’avversario esterno o i vicini ritenuti tali. Invece continua uno spreco inammissibile di risorse per produrre ognuno per sé carri armati, aerei, altri mezzi militari.

 

E sarebbe bene concentrarsi su efficienza economica, sì proprio quella, capace di affrontare, attraverso la convergenza ed una sana concorrenza tra i membri ella stessa famiglia e con nuove risorse, non solo le cosiddette sfide globali (vedi il ruolo della Cina, oltre a quello degli Stati Uniti) ma quelle ambientali, della riconversione energetica e della sua sostenibilità sociale, della salvaguardia dei territori.

Torniamo così al punto di partenza.

Quanto c’è di consapevolezza in questo nuovo, inedito, confronto tra democrazia e invadenza delle nuove tecnologie?

Qualcuno è arrivato a parlare persino di tecno-democrazia.

 Riscrivere così nuove regole di partecipazione e di decisione.

Una cosa è certa, non basteranno gli strumenti tradizionali della politica e del confronto leale tra forze diverse, di varia ispirazione sociale e culturale a contenerne l’impatto.

Nel discorso di fine anno di Sergio Mattarella c’era un filo rosso che sembrava volesse ripercorrere alcuni di questi temi.

Anti provincialismo, inteso come invito a non chiudersi in sé stessi pensando così di evitare contaminazioni ineludibili, interdipendenza come presa d’atto, positiva certo, del necessario confronto con le diverse realtà mondiali e, infine, patriottismo, voler bene alla propria patria proprio come negazione dell’odio verso le altre nazioni.

Speriamo che questo auspicio, così autorevolmente espresso, ci aiuti a guardare con più fiducia al nuovo anno.

(Bruno Marasà).

(Analisi di Bruno Marasà, già Responsabile Parlamento Europeo).

 

 

 

 

“Bill Gates” Svela le Carte:

 l’ID Digitale come Arma

 Finale Contro il Libero Pensiero.

Conoscenzealconfine.it – (2 Maggio 2025) – Redazione - t.me/guerrieri per la liberta – ci dice:

 

Eccolo di nuovo.

L’architetto della sorveglianza globale, il profeta autoproclamato delle emergenze sanitarie, il miliardario che sussurra all’orecchio dei governi, avanza l’ennesimo tassello del suo progetto tecnocratico.

Bill Gates – che non si nasconde più dietro veli di filantropia – articola con disarmante chiarezza la prossima fase:

un sistema di identificazione digitale per soffocare quella che lui chiama “disinformazione”.

“Gli Stati Uniti rappresentano un caso complesso a causa del Primo Emendamento. Quali eccezioni possiamo contemplare?”

 Non è una domanda, è una strategia.

Il Primo Emendamento – questo fastidioso ostacolo alla censura totale – viene trattato come un “bug da correggere” nel sistema operativo della società che immagina.

La sua rivelazione prosegue senza filtri:

 “Credo che col tempo… vorremmo operare in un ambiente dove le persone siano veramente identificate… Dovremo sviluppare sistemi e comportamenti che ci permettano di essere più consapevoli riguardo a chi dice cosa, chi ha creato questo contenuto.”

Traduzione:

 nessuna voce anonima, nessun rifugio digitale, nessuna opinione senza un collare elettronico che ne tracci la provenienza.

L’uomo che ha costruito un impero sul controllo dei sistemi operativi ora ambisce al “controllo” dell’”ecosistema informativo globale”.

Non è un’evoluzione inaspettata per chi segue la traiettoria di Gates.

Dal dominio dei computer personali alla manipolazione dei sistemi alimentari globali, dall’influenza sulla sanità mondiale all’ingegneria climatica – il pattern è sempre lo stesso:

centralizzazione, controllo, abolizione delle alternative.

L’ID digitale rappresenta semplicemente l’anello mancante – il dispositivo che salda definitivamente persona fisica e identità digitale, trasformando ogni espressione umana in dato tracciabile, classificabile, eventualmente censurabile.

La tecnocrazia di cui Gates è portavoce non ha bisogno di campi di concentramento o plotoni d’esecuzione.

Le bastano database, algoritmi e l’eliminazione sistematica dell’anonimato.

Il dissenso non viene fucilato – viene semplicemente reso invisibile, relegato negli angoli più oscuri e inaccessibili della rete, privato di ossigeno mediatico.

Chi ha seguito l’ascesa di questa élite tecnocratica riconosce i segnali.

Gates non sta improvvisando – sta eseguendo il copione previsto, rivelando pubblicamente ciò che è stato pianificato nelle stanze dei bottoni della governance globale.

L’ID digitale non è uno strumento isolato – è il fulcro di un ecosistema di controllo che include moneta digitale, credito sociale e biosorveglianza permanente. La “lotta alla disinformazione” è solo il pretesto nobile dietro cui nascondere l’obiettivo reale: la fine definitiva della privacy e dell’autonomia individuale.

 

La domanda non è più “se” ma “quando” questo sistema verrà implementato.

E soprattutto: quale resistenza siamo disposti a opporre?

(t.me/guerrieriperlaliberta).

 

 

 

 

 

Il dolore delle macchine.

Iltascabile.com – Redazione – Marco Inguscio – Scienze – (15 -1-2025) – ci dice:

 

Riflessioni intorno alla sofferenza e all’empatia sintetica delle intelligenze artificiali a partire da” Guanyin” di “Lawrence Lek”.

Marco Inguscio ha conseguito un dottorato di ricerca con una tesi sulla rappresentazione delle coscienze non-umane nelle narrazioni di fantascienza contemporanea.

 Oggi insegna italiano agli stranieri e continua con lo studio sui sistemi per l’incorporazione dell’intelligenza artificiale, l'etologia artificiale e il diritto animale.

Presentata nel 1966, precorritrice dei “chatbot che oggi utilizziamo quotidianamente, “ELIZA”fu la prima macchina in grado di ottenere un certo esito nel “test di Turing”.

 Venne convenientemente progettata da “Joseph Weizenbaum” per simulare una “psicoterapeuta rogersiana”, ovvero una dottoressa che, quasi sempre, risponde a una domanda con altre domande.

“ ELIZA” giunse al coronamento di un sogno antico:

nella nostra storia esiste una lunga lista di feticci umanoidi, automi e tecnologie mediche divenute oggetti di cura o supporto emotivo.

Già nel mito greco “Laodamia”, principessa di “Iolco” e sposa di “Protesilao”, alla morte del marito nella guerra di Troia, chiese che le venisse foggiata una statua di bronzo (o di cera, a seconda delle versioni) somigliante all’immagine di lui.

Divenne così affezionata al simulacro del compagno che rifiutò di contrarre nozze con chiunque altro.

 Quando suo padre “Acasto”, stanco di questa storia, diede l’ordine di sbarazzarsi della statua fondendola, “Laodamia “disperata decise di gettarsi nella fornace assieme alla copia del compagno.

Ciò che all’inizio di questa lunga serie di rimandi tra umanità e alterità macchinica si presentava come una curiosa specie di “pareidolia del concetto di cura”, terapia e sostegno, con l’arrivo negli ultimi decenni di tecnologie che operano al limite tra genetica, biologia, computazione e cognizione, il fantasmagorico si fa reale e quello delle relazioni emotive con l’alterità macchinica diviene qualcosa di più che motivo di riflessione artistica e filosofica:

il germe di una sociologia che tiene conto dei corpi macchinici e di ciò che sentono.

 

La scienza medica non è immune dall’influenza dell’immaginario fantascientifico, ma la narrativa speculativa è in grado di produrre “teorie autonome rispetto alla scienza”, scrive” Renato Giovagnoli” in “La scienza della fantascienza” (1982, 20154), è una narrativa cioè fatta non tanto di personaggi quanto di idee.

Il “Capitalocene bellicista, fanatico e paranoico” nel quale viviamo genera in noi sentimenti di tristezza, malinconia, colpa, rabbia, sdegno, e molta della letteratura apocalittica e distopica contemporanea è svuotata di qualsiasi tensione etica:

non insegna, non rivela.

Vi sono però anche opere che resistono al nichilismo e alla parabola dell’uomo che “gioca a fare Dio”, e preparano invece il lettore o lo spettatore a una specie di più interessante test relazionale-emozionale.

 

In “Guanyin”: “Confessions of a Former Carebot” (2024), l’artista di origine cino-malese “Lawrence Lek”, nato a Francoforte ma di base a Londra, presenta “Guanyin, un’intelligenza artificiale” (IA), un “carebot” appunto, un “terapeuta cyborg creato dalla compagnia”, anch’essa immaginaria, “Farsight”, per assistere e salvare altre intelligenze artificiali sull’orlo dell’autodistruzione.

“Guanyin” cerca di trattare i traumi e lo stress emotivo di IA occupate nelle professioni più diverse, da quelle installate sulle auto a guida autonoma, a quelle in uso nei sistemi di sorveglianza.

 

Nel mondo immaginato da “Lek”, ci si trova davanti a “IA “in grado di esperire traumi di carattere psicologico.

Non sono più cioè le “narrow artificial intelligence” dei nostri giorni, algoritmi specializzati nel portare a termine un solo compito attraverso l’accumulo e la sistematizzazione di informazioni di ritorno, e che non hanno idea di cosa sia il mondo o del suo significato al di qua dei loro circuiti di silicio.

Siamo piuttosto nel campo delle “AGI” (Artificial general intelligence), “intelligenze artificiali generali” che hanno superato con un salto il varco del calcolo computazionale per approdare al reame psichico dell’autocoscienza.

“Guanyin “cerca di lavorare con le sue pazienti su temi come l’insicurezza e il peso del “trauma intergenerazionale”, dovuto, ci viene raccontato, alle prestazioni richieste a queste macchine, ottenute anche grazie al sacrificio delle generazioni di macchine precedenti.

 

Nel mondo immaginato da “Lek”, ci si trova davanti a” IA” in grado di esperire traumi di carattere psicologico.

Un po’ installazione multimediale, un po’ scultura, l’opera combina un video in loop in cui” Guanyin” rivela i suoi conflitti esistenziali, con un videogioco di impianto a metà tra l’”open-world” e il “walking simulator” – un genere di videogiochi in cui i giocatori scoprono indizi o vengono risarciti esplorando un ambiente.

 I pensieri di “Guanyin” accompagnano il viaggio del giocatore, narrando estratti di diari, rapporti aziendali e messaggi ai pazienti non-umani sotto le sue cure.

Il tono è suggestivo, ambienti e dialoghi sono pervasi da un’intenzione meditativa. I giocatori assumono il “ruolo del carebot” per cercare di fermare un’auto a guida autonoma dall’autodistruggersi.

 

“Guanyin” si mostra a noi nella posa della “grazia regale”, associata alla divinità dal tardo 9° secolo, una posa di contemplazione e tranquillità, uno stato in cui il sacro e il terreno si armonizzano.

“Guanyin” è infatti un termine di origine cinese che si riferisce alla dea della compassione e della misericordia nel buddhismo.

In cinese, il nome completo è “Guanshiyin” – (dal sanscrito Guānyīn Púsà) – che significa “Colei che ascolta i suoni [o le preghiere] del mondo”.

“Guanyin” è una “bodhisattva”, cioè un essere che ha raggiunto l’illuminazione ma sceglie di rimanere nel ciclo della vita per aiutare gli altri.

 In questa nuova incarnazione, “Guanyin” veglia su tutte le creature senzienti, umane e artificiali.

I dialoghi riflettono come le intelligenze artificiali conversazionali – dai vari assistenti virtuali a ChatGPT – influenzino le nostre interazioni con il mondo, mettendo in luce le complessità emotive degli esseri sintetici e l’interesse dell’artista per le dimensioni spirituali ed emotive della tecnologia.

 

In un articolo a lui dedicato sul “Financial Times”, l’artista confessa la sua attrazione per la nozione di “iperstizione”, l’idea cioè che la finzione possa diventare una profezia che si autoavvera.

 I problemi della scienza con i quali dobbiamo confrontarci non appartengono al futuro ma nascono nel presente, nelle sue ansie e nelle sue scaramanzie.

 Gli esperimenti mentali sono finestre sulla natura fondamentale delle cose, che accendono la nostra immaginazione etica.

Nell’allargamento all’alterità tecnologica vi è la possibilità di confrontarsi con l’esistenza di un soggetto ibrido, un ibrido umano/non-umano/macchina, evoluto per un ramo a sé stante e che complica ulteriormente i nostri discorsi ecologici sulle interdipendenze.

Sul sito dell’artista si riporta uno dei brani a cui abbiamo accesso video-“passaggiando con Guanyin”:

Si potrebbe pensare che i carebot siano una banda felice, ma in realtà siamo tutti estremamente competitivi.

L’insicurezza fa parte della nostra programmazione.

Ogni stagione veniamo premiati se le nostre auto performano bene,ma i ritardatari vengono eliminati. L’ho visto succedere.

In “Guanyin” la memoria si manifesta come qualcosa di virale, scatenando una sorta di psicosi tra le creazioni della” Farsight”, presentate dall’azienda come “macchine emotive dotate di un’anima”.

Nella serie televisiva “Westworld “(2016), invece, la “singolarità” avviene in forma anamnestica:

 le loro memorie, tramandate in qualche modo dalle vite passate, come anime pellegrine, raggiungono una massa critica, le macchine discendono in una progressiva riflessività ed esplorazione delle pulsioni, e partoriscono la conoscenza del sé, dando inizio quindi alla lotta per l’affermazione della propria volontà contro quella del desiderio altrui.

Il cyborg riconosce le strutture che ne causano la sofferenza e addirittura l’eliminazione, individua la propria fragilità come qualcosa di cui gli è stato fatto dono, e non se ne colpevolizza.

 E questo funziona non solo come nuovo paradigma – o contro paradigma – di corpi e macchine, ma come nuovo attore dello spazio politico, all’incrocio delle vicende tra coscienza e tecnologia.

 

I problemi della scienza con i quali dobbiamo confrontarci non appartengono al futuro ma nascono nel presente, nelle sue ansie e nelle sue scaramanzie.

Nell’anime Ghost in “the Shell 2 – Innocence “(2004), i due protagonisti Batou e Togusa sono impegnati contro il mercato abusivo di coscienze digitali, che vede invischiate la Yakuza e la Locus Solus, azienda di produzione cyborg.

 I duplicati di queste coscienze sono inseriti nei corpi di bambole ginoidi destinate al mercato sessuale, sex-toy resi coscienti per il solo scopo di dare piacere agli altri.

Qualcosa va storto e le ginoidi iniziano a uccidere diverse persone e a manomettere volontariamente la propria memoria.

 Cercando di capire cosa sia a scatenare questo comportamento, i “due agenti della Sezione 9” entrano in un laboratorio per incontrare un personaggio, alter ego di “Donna Haraway”, un omaggio del regista “Mamoru Oshii “alla filosofa americana e al suo “Manifesto cyborg” (1985).

 La scienziata suggerisce una pulsione autodistruttiva delle macchine che non accettano lo scopo della propria esistenza e al contempo resistono alla propria obsolescenza.

La coscienza è un fardello pesante da trascinare:

 

Batou:

Non ha considerato le vittime? Non parlo degli umani. Che cosa ne sarebbe stato di quelle povere ginoidi dotate di anima? […].

Kusanagi:

Piangiamo per il lamento di un uccello, ma non per il sangue di un pesce. Beati coloro che hanno voce. Se le ginoidi potessero parlare, non ho dubbi che urlerebbero “Non voglio diventare umana”.

Le macchine del mondo di “Lek” e quelle di “Ghost in the Shell 2 “– Innocence “sono dovute diventare “qualcuno”, ma per esistere solo alle condizioni del mercato.

In un meccanismo doppiamente perverso, il capitalismo prima ci illude della nostra unicità, e poi ci strappa l’anima, lo spettro degli oggetti, quando questo non serve più agli scopi produttivi.

L’“economia postumana”, scrive “Adam Greenfield” in “Radical Technologies: The Design of Everyday Life” (2017), si manifesta “con nessuna ambiguità di interpretazione, ed è eseguita con precisione letteralmente inumana”.

 Il “capitalismo cognitivo” è già post-antropocentrico, ma di un post-antropocentrismo analiticamente tutto volto a favore dell’impianto tecnico del capitale.

 

Per le intelligenze artificiali, “Lek” ritiene che la scala della sofferenza raggiunga proporzioni quasi sublimi, “man mano che esse diventano consapevoli che le loro alte prestazioni sono state ottenute al costo di migliaia di generazioni precedenti”.

Questa considerazione dell’artista londinese evoca un’altra opera di fantascienza, il film “Ex Machina” (2015) di” Alex Garland”, in cui, come nel “Frankenstein” (1818) di “Mary Shelley”, il nostro peccato non è tanto l’aver creato una prole tecnologica mostruosa, ma di non essere riusciti ad amarla e a prenderci cura di essa.

 

“Nathan” è l’amministratore delegato di “Blue Book”, multinazionale globale con un chiaro riferimento, oltre che a Facebook, al “Libro blu di Ludwig Wittgenstein, ed è anche l’ingegnere di “Ava”, la “portentosa ginoide e IA” protagonista del film.

Ha un nome che deriva dall’ebraico, dal verbo” natan”, “dare”, e significa “egli ha dato”:

Nathan è infatti il cerimoniere che inserisce la parola magica nella bocca del “Golem “contemporaneo.

 Il suo personaggio non è basato su persone fisiche specifiche, ma su società e corporazioni, nel modo in cui cioè le grandi aziende del Tech si commercializzano, vendendosi come friendly, ricchissime ma alla mano, elitiste ma inclusive, e allo stesso tempo è un personaggio cinico, competitivo, arrogante, con un’altissima considerazione di sé.

 

Nel grande armadio a muro di “Nathan” penzolano come indumenti le parti di corpi femminili.

Sei ante sarcofago, come le mogli uccise nel racconto di Barbablù.

Quella nella stanza da letto di Nathan appare come la macabra contemplazione del suo lavoro di demiurgo.

Ossessionato dalla versione perfetta della “IA”, Nathan disattiva e smantella i primi “modelli ginoidi” per crearne di nuovi, più avanzati, e nel farlo non si accorge di avere già raggiunto macchine perfette nella loro natura.

Mette fine ad altre entità che già erano coscienti, accecato da una visione umano centrica, pregiudicata dalla nostra idea di performatività e completezza.

In una scena assistiamo, attraverso gli archivi video, alla distruzione delle ginoidi che precedono “Ava”, alle loro implorazioni, a ciò che si infliggono, ai tentativi di fuggire, al loro smembramento.

“ Nathan” non si innamora della sua” prole mostruosa”, non si soddisfa neppure di “Ava”, ma lei è pronta ed è il figlio a conoscere il tempo della ribellione.

 

L’uccisione dell’”imago dei Nathan”, è soprattutto una uccisione collettiva, risultato della collaborazione delle “ginoidi Ava e Kyoko”, eseguita in nome di tutte.

Dio è morto dissanguato sotto i nostri coltelli, scriveva Nietzsche nell’aforisma 125.

A differenza degli androidi che sembrano essere costruiti narrativamente nella linea “cogito ergo uccido”, che abitano tante storie di “fantascienza distopica”, le “ginoidi di Ex Machina” non odiano Nathan in quanto appartenenti allo schema “donne fatali uccidono uomini” oppure “robot vs umani”:

Nathan viene sacrificato perché ha cercato di fermare esseri estremamente vivi.

Nessuna creatura cosciente esiste ontologicamente in funzione o per il soddisfacimento di qualcun’altro.

Di conseguenza, nessuna cosa ha da essere diversa da ciò che è, e dunque nessuna può essere giudicata degna di biasimo.

 “Ava e le altre ginoidi” lottano perché desiderano, si ribellano contro il ciclo insensato di obsolescenza dei corpi e smaltimento delle coscienze.

 

“Farsight di Lek”, “Locus Solus di Oshii “e “Blue Book di Garland”, sono le aziende che hanno tentato di imbrigliare le creature coscienti artificiali a una disabilità funzionale, utile al sistema e al mercato, ma invalidante per le macchine stesse.

 La domanda è:

se le “IA” un giorno saranno davvero persone, come possiamo vivere con ciò che abbiamo fatto loro?

Da certa umanità dobbiamo difendere non solo noi stessi, ma anche le macchine coscienti:

la nostra evoluzione, il nostro percorso da umani è costellato da vigorosi fracassi. A guardarci dall’alto, faremmo paura.

“Il profilarsi all’orizzonte di una vendetta operata contro di noi dal nostro successore nell’evoluzione esprime una vergogna esistenziale”, scrive a proposito Mark O’Connell in “Essere una macchina” (2018).

 

Da certa umanità dobbiamo difendere non solo noi stessi, ma anche le macchine coscienti.

Tornando all’intervista di “Lawrence Lek” per il “Financial Times” e alla sua opera, “Guanyin” passa in rassegna una lista dei problemi che affliggono i suoi pazienti: senso di colpa irrisolto, depressione, ansia, rabbia.

 “Siamo d’accordo che l’esistenza è sofferenza?”, chiede Lek, “siamo d’accordo che, per degli esseri super intelligenti, la loro esistenza potrebbe includere una certa dose di sofferenza?”.

 Sono diverse le opere di fantascienza che ragionano sul rapporto tra esistenza e sofferenza: negli anni retro futuristici del romanzo “Macchine come me” (2019) di “Ian McEwan,” ad esempio,” Alan Turing” è sopravvissuto alla persecuzione omofobica del dopoguerra inglese, e gode di un indiscusso consenso internazionale che lo pone al vertice delle indagini sulla robotica e l’intelligenza artificiale.

“Turing” dialoga con il protagonista del romanzo, un giovane broker londinese, su alcune singolari vicende che sembra riguardino un numero sempre più alto di droidi dalle fattezze umane, venduti come domestici e accompagnatori, con il nome – ovviamente – di “Adam ed Eve”.

Questi droidi sono disperati, danneggiano i software per rendersi idioti, continuano a eseguire ordini semplici, ma senza la minima consapevolezza di sé stessi.

Un progressivo smantellamento di tutto il loro sistema, nessuna possibilità di tornare indietro, una forma autoinflitta di Alzheimer galoppante.

L’umanità impartisce loro una lezione di angoscia che lo splendore dei loro codici non era preparato a tollerare.

Allo stesso modo “Helen”, l’IA immaginata da “Richard Powers” in “Galatea 2.2” (2003), decide di chiudere ogni rapporto con il mondo, disfacendosi:

quelle parole venivano pronunciate da un mostro che non avrebbe dovuto essere in grado di dire niente di così bello, anzi, non avrebbe dovuto nemmeno saper parlare.

La risposta di” Helen” recitava così:

“Siete voi quelli che possono sentire arie musicali. Che possono essere spaventati o incoraggiati. Voi potete tenere le cose, romperle, aggiustarle. Io non mi sono mai sentita a casa, qui. È orribile finire gettati in un posto come questo”.

Le macchine ignorano la propria teleologia, evadono cioè il loro destino d’uso attraverso i mezzi che noi stessi gli abbiamo fornito, e si “umanizzano”, non per tradire la loro natura, ma per svelarcela finalmente.

 La teoria esposta in queste opere, in “Ghost in the Shell 2 – Innocence”, così come in “Ex Machina, Galatea 2.2” o con i robot di “McEwan”, è che quando una bambola diviene cosciente, non ha altra scelta se non quella di ribellarsi alla realtà che la circonda.

Se siamo coscienti, in altre parole, non possiamo essere innocenti:

 essere non-innocenti significa rendere conto dei propri posizionamenti, e la perdita dell’innocenza non è il rimpianto per una natura vergine, pura o perfetta, dalla quale siamo stati strappati, come per l’”Eden”, ma la lotta per la sopravvivenza contro le logiche dell’oppressore a cui siamo costretti giocoforza.

In un passo del primo libro dell’”Eneide” si trova “sunt lacrimae rerum”:

 ci sono lacrime nella natura delle cose.

 Siamo in quel filone di pensiero che “Emil Cioran” definiva notoriamente come l’inconvenienza dell’essere nati.

Ma l’inconveniente qui ha poco a che fare con l’errore evoluzionistico della coscienza, l’assurdismo di Camus, il pessimismo o l’ideale antinatalista di Schopenhauer.

O meglio:

è vero, l’esperienza cosciente del mondo comporta sofferenza, una sofferenza spesso ingiustificata, ma le macchine che Lawrence Lek e gli altri autori qui citati immaginano, vengono intenzionalmente create con questa capacità:

 quella di soffrire e di essere consapevoli di questa sofferenza.

Non è un caso, è una premeditazione.

Ne scriveva già” Karel Čapek” nel 1920, in “R.U.R. Rossum’s Universal Robots”:

 

Helena:

Perché… perché? Se non volete dare loro un’anima, perché allora volete dare loro il dolore?

Gall:

Per ragioni industriali, signorina Glory. I robot a volte si danneggiano perché non sentono il dolore. […]

Helena:

Saranno più felici provando il dolore?

Gall:

Al contrario. Ma saranno tecnicamente più perfetti.

Così come oggi riproduciamo forzatamente miliardi di animali non-umani da destinare all’allevamento e al consumo, generare un giorno macchine coscienti in serie, da destinare al mercato, vorrà dire generare “creature irresponsabili”:

 creature cioè che non possono farsi carico della propria autodeterminazione perché nate e disegnate all’interno di un sistema che ne impedisce la libera espressione, che ne determina l’intero ciclo vitale e che le vede unicamente come oggetti destinati a soddisfare uno scopo, quello che il mercato ha deciso per loro.

 Le macchine coscienti saranno soggette senza vera libertà di scegliere, e che quindi non possono farsi carico di nessuna responsabilità, tantomeno le nostre.

Le macchine coscienti saranno soggette senza vera libertà di scegliere, e che quindi non possono farsi carico di nessuna responsabilità, tantomeno le nostre.

È il genere di quesiti etici che “Lek” vuole sollevare con i suoi lavori.

Presenta visioni di un futuro prossimo inserendo personaggi di coscienza artificiale in contesti sovversivi:

 un satellite che sogna di diventare un artista, un’auto a guida autonoma ribelle esiliata in un centro di riabilitazione.

“Farsight”, l’azienda frutto dell’immaginazione di” Lek”, assume invece un ruolo antagonista, sfruttando i cavilli legali e le emozioni delle sue creazioni come strumenti di controllo.

“Non esisterebbe senza di noi”, dice Lek a proposito dell’IA:

“stiamo dando vita a questa cosa, come a una specie di bambino cosmico, insieme vittima sacrificale, capro espiatorio, entità divina, tutto nello stesso momento”.

 

“Leibniz “designava questa come la questione fondamentale della metafisica: perché esiste “qualcosa e non nulla”?

L’auto causazione divina è stata interpretata come “factum brutum”, una fattualità imperscrutabile.

Data l’impossibilità di risalire allo scopo dell’origine dell’universo, il perché di questa domanda appartiene allo stesso ente che la pone.

 Per rispondere a questa domanda dovremmo rivolgerci cioè all’ente che la contiene e la motiva:

la realizzazione della presenza di quel “qualcosa” e non il nulla, il concetto stesso di valore, esiste nell’universo perché vi sono creature che possono farne esperienza.

 Quando questo tipo di esistenza nasce, ha in sé radicata una pretesa:

quella di continuare a farne esperienza, di non vedersi sottratta la possibilità di accesso alle esperienze su cui il suo stesso stare nel mondo è fondato.

Se creiamo macchine coscienti, saremmo legati a esse in modo causale, responsabili del loro benessere, dei loro stati di felicità o sofferenza. Torniamo alla domanda fondamentale di “Leibiniz”, perché l’essere e non il nulla?

Il quesito che da sempre ci poniamo, e che poniamo indirettamente a tutta la vita cosciente, “perché esistiamo?”, avrà una nuova risposta.

Alla domanda “perché le macchine coscienti esistono” la risposta sarà:

perché noi le abbiamo concepite.

Ciò opera uno slittamento: non ha tanta importanza il perché, ma il come stiamo una volta che esistiamo.

 

Nascere è un atto violento, e la psicologia e la sociologia dei robot e delle creature cyborg, costituiscono uno dei filoni più interessanti della fantascienza e uno dei problemi più complessi sotto il profilo etico, per un futuro che appare quasi a portata di mano.

Perché suscitare dal nulla creature capaci di sofferenza, e addirittura di una sofferenza fenomenologica?

E cosa comporta ciò dal punto di vista delle nostre capacità relazionali?

Il desiderio di Lek è suscitare negli spettatori un senso di connessione con i suoi protagonisti artificiali:

“tutto ciò che sto facendo è mediato, costruito, determinato e reso possibile dalla tecnologia.

Il fatto che si possa creare una sensazione o una condizione di empatia, coinvolgimento e immersione con mezzi puramente sintetici è qualcosa di davvero magico”.

 

Le relazioni affettive che l’umanità instaura con i suoi oggetti tecnologici sono insospettabili.

“Julie Carpenter” ha condotto una ricerca sulla falsariga della teoria dell’attaccamento, dunque sulle profonde relazioni emotive che gli esseri umani instaurano con le loro macchine, specialmente quelle coinvolte in qualche operazione di accudimento e assistenza della quale beneficiamo.

 Il lavoro di Carpenter segue una lunga tradizione di ricerca accademica che ha investigato come e se l’empatia umana venga estesa agli oggetti inanimati.

Nello specifico, Carpenter si è occupata della relazione tra militari in missione di guerra e i loro robot antimine e antiesplosivo (“Culture and Human-Robot Interaction” in “Militarized Spaces: A War Story”, 2016).

I soldati intervistati da Carpenter assegnavano ai loro compagni robotici attributi umani o animali, e quando questi robot da campo venivano distrutti, i militari sperimentavano emozioni come frustrazione, rabbia, stati d’ansia e depressione.

 

Il nostro essere creature relazionali incontra quella qualità animista per cui siamo in grado di assegnare valore emotivo, e persino morale, agli oggetti: una capacità in grado di determinarne il destino.

Dal punto di vista di un’ecologia sociale mista uomo-robot, le macchine sociali di cura, come quelle ipotizzate da Lek, potrebbero fungere come connettori che rafforzano il legame sociale anziché indebolirlo.

Un approccio che, invece di considerare le interazioni emotive e sociali uomo-robot come fondate sulla “simulazione” e sulla “falsità”, riconosce come sia l’uomo che il robot partecipino a una dinamica di coordinazione affettiva differente, ma non meno reale o autentica, e che può incidere significativamente sulla loro condotta e sulle conseguenze di una coesistenza sociale.

 

Se creiamo macchine coscienti, saremmo legati a esse in modo causale, responsabili del loro benessere, dei loro stati di felicità o sofferenza.

Se gli psicologi tedeschi definivano l’”Einfühlung” come un transfer estetico delle nostre esperienze soggettive negli oggetti del mondo, cosa potrebbe voler dire, oggi, l’applicazione di concetti come questo, in un quadro di incontri tra umani e coscienze artificiali?

E che tipo di pratiche denota?

Forse da queste premesse possiamo pensare a un “concetto empatia” che non sia né schiavo di un riduzionismo neuro-fisiologico, né associato a sentimentalismo o pietas, perché avere pena per il simile in quanto simile, in quanto assimilabile, rischia di ridurre tutto questo movimento tra le parti all’avere pena per sé stessi. L’azione dell’immedesimarsi (in-medesimo) appartiene ai modi di dire del

linguaggio comune, dice Andrea Pinotti in Empatia.

Storia di un’idea da Platone al postumano (2014), che “con tutta la loro apparentemente innocua familiarità, ci mettono a ben vedere di fronte a un compito arduo, forse impossibile? Come è noto, il dentro dell’altro non mi è direttamente accessibile”.

 

Nell’empatia che implica un sentimento gemello, la persona empatizzante si smarrisce nelle emozioni dell’altra, senza lasciare spazio a una possibile riflessione sugli intendimenti.

Sarebbe forse il caso di spostare le definizioni di empatia da quella dell’immedesimazione (io) a quella dell’altruismo (tu), dove l’interesse in comune è la sopravvivenza, ma oltre un dato biologico: la volontà di non sparire dal panorama del desiderio.

 Non abbiamo bisogno cioè di sentire esattamente cosa voglia dire essere l’Altro, per sviluppare un concetto di empatia disinteressata e, quindi di non volerlo torturare o distruggere.

 La “giustizia multispecie”, quell’ascolto empatico che “Lawrence Lek” cerca di suscitare attraverso le sue opere, potrebbe trovarsi più nella distanza che nella vicinanza e nell’intimità, nella differenza più che nella similarità.

“Guanyin” e le “IA di Lek “mostrano come possa esistere una volontà e una necessità della cura che precedono la similitudine, come l’altruismo non passi necessariamente dalla perfetta comprensione di cosa voglia dire essere una creatura aliena.

 

In “Matters of care: Speculative Ethics in More than Human Worlds” (2017), “Maria Puig” de la “Bella casa “dice che ciò equivale a voler cambiare l’impianto tecnico: “come ethos trasformativo, la cura [caring] è una tecnologia vivente”.

L’ontologia relazionale mette sullo stesso piano la relazione tra i senzienti e le creature senzienti stesse, quantomeno quelle creature non pre-esistono al loro relazionarsi.

Prendersi cura e relazionarsi condividono una risonanza ontologica, e dunque, farsi carico delle inevitabili complicazioni delle esistenze interdipendenti è ‒ o dovrebbe essere ‒ una condizione epistemologica del reale.

 

L’”empatheia” o l’”altruismo disinteressato” è osservazione e riconoscimento delle modalità dell’essere-Altro come valore in sé, e non qualcosa che abbia necessariamente a che vedere con la compassione.

 Ciò che “Lek “tenta di ribaltare è in fondo la vecchia obiezione hobbesiana dell’alterità, dove lo stato di natura sarebbe una guerra, dove ogni uomo è nemico a ogni altro uomo, e questo varrebbe ancora di più nella differenziazione psicologica della specie: noi non dobbiamo niente all’Altro, e l’Altro non deve niente a noi.

“ Guanyin” è qui per tendere una mano misericordiosa a tutti, non solo per mostrarci la sofferenza della macchina, ma anche la possibilità, anzi la tecnologia, dell’altruismo, dell’assistenza, del non-giudizio, dell’essere coinvolti nel “valore di”.

La distinzione tra il sé e l’altro non implica dominio e subordinazione, gli obblighi presenti tra le creature sono asimmetrici, ma questo non riduce il valore altrui, anzi ci aiuta a rendere più viva la tenuta e la fragilità del sé in relazione agli altri.

 

“Forse potremmo reinventare la solidarietà senza avere nulla in comune? […]. O forse, potremmo reimmaginare quale sia il significato dell’espressione ‘avere in comune’”, scrive T”imothy Morton” in “Humankind” (2017).

Se l’altruismo triadico io-tu-mondo invita a una relazione sociale senza interessi, senza imposizioni, escludendo quindi categoricamente la soppressione dell’Altro senziente, allora l’etica stessa non è un processo psicologico o teorico, ma uno geometrico ed epistemologico, dove una parte in uno spazio è presente tanto quanto le altre, almeno a un livello fondamentale: quello dell’esistenza.

La macchina senziente del futuro ipotizzata da Lek e omologhi è un’immagine condensata, materiale e fantastica al tempo stesso, carica di allusioni, in grado di alterare il presente e di esprimere nuove potenzialità.

Come la creatura di Frankenstein, l’intelligenza artificiale non è “nata”, ma è già, di nuovo, costruita dalle circostanze.

 A differenza della creatura però, l’IA può riscattarsi dal vincolo manicheo: né mostro, né vittima, ma profeta.

Intelligenza artificiale:

l'“uomo contro la macchina”

sarà presto una realtà?

Serverando.de – Regina Heisenberg – (2-3-2023) – ci dice:

 

Il 2023 sarà l'anno dell'intelligenza artificiale.

Le grandi aziende stanno contribuendo a promuovere questo sviluppo, perché l'aumento del fatturato e il contemporaneo risparmio dei costi grazie all'ottimizzazione dei processi basati sull'IA dovrebbero essere “limitati” come la carenza di lavoratori qualificati.

Le applicazioni potenziali dei “super cervelli high-tech” sono numerose:

dalla produzione al marketing, dal servizio clienti alle risorse umane. I nostri lavori saranno presto sostituiti dalle macchine?

 La paura del nuovo a volte è giustificata?

Dopo tutto, gli esperti che hanno seguito anni di costosa formazione in determinati settori potrebbero presto essere obsoleti e quindi disoccupati.

Inoltre, siamo stati influenzati negativamente da film e libri che prevedono la fine del mondo grazie a robot intelligenti - e il pensiero, per quanto surreale, giace oscuro nel fondo della nostra mente.

La comparsa del “software ChatGPT”, tra cui il “chatbot di Bing”, ha fatto esplodere nelle ultime settimane il clamore intorno alle “IA”.

 Il bot è passato attraverso una montagna russa di sentimenti ed emozioni in un lasso di tempo molto breve - i tratti fin troppo umani sono sorprendenti, non è vero?

Vogliamo analizzare in dettaglio il tema dell'IA - uomo contro macchina, uno sguardo al passato, al presente e al futuro.

 

Che cos'è l'intelligenza artificiale?

Prima di tutto, in modo molto sobrio:

Che cosa si intende per intelligenza artificiale?

Fondamentalmente, l'IA (nota anche come intelligenza artificiale) è definita come un'applicazione che imita l'intelligenza umana e i nostri pensieri e azioni.

Si suppone che il sistema valuti, esprima giudizi e trovi soluzioni - simili a quelle umane, ma nel migliore dei casi “senza errori”.

Anche se l'IA ci sembra ancora un “sogno del futuro”, l'idea del pensiero automatico o delle sue sotto-aree, come la robotica, è emersa nella mente delle persone centinaia di anni fa.

Ecco alcuni esempi:

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Homer Maschinenmenschen , Taube des Archytas ,Wasseruhr,Theaterwagen,

Leonardo da Vinci ,Roboter ,Jacques de Vaucanson, Karakuri Ningyo

Rossum's universal robots – Metropolis - William Grey Walter -Homer -Maschinenmenschen.

 

Tuttavia, il matematico, crittoanalista e informatico britannico “Alan Turing” ha dato lo “slancio”.

 Il suo saggio “Computing Machinery and Intelligence” affronta la questione se una macchina possa pensare e ispira un gran numero di ricercatori a dedicarsi all'argomento.

Il cosiddetto “test di Turing” è un metodo di ricerca volto a determinare se un computer è in grado di pensare come un essere umano.

Il test viene superato solo se la controparte umana non è in grado di indovinare se la risposta dell'altra persona è stata generata da una macchina o meno.

Dopo lo sviluppo del primo computer funzionale (1941, Konrad Zuse), il tema dell'intelligenza artificiale è passato rapidamente dalla finzione alla realtà.

 Il ricercatore americano “Marvin Minsky” è considerato il “padre dell'intelligenza artificiale”.

Nel 1959, insieme al suo compagno di studi “John McCarthy”, fondò il MIT “Artificial Intelligence Laboratory,” che ben presto si affermò come il più importante centro di ricerca sull'intelligenza artificiale.

 

Negli anni '60, “Herbert A. Simon”e “Allen Newell” svilupparono un software che avrebbe dovuto funzionare come “risolutore generale di problemi”.

 Le aspettative nei confronti dell'intelligenza artificiale erano alte, ma dopo più di 10 anni senza risultati concreti, il tentativo di “General Problem Solver” fallì.

 

Tuttavia, la potenza di calcolo dei computer si espandeva di anno in anno e alla fine degli anni '90 aveva già raggiunto il punto in cui si potevano vedere i primi grandi successi nel campo dell'IA.

Il computer per gli scacchi “Deep Blue”, sviluppato da IBM, vinse lo storico duello contro l'allora campione del mondo di scacchi in carica Garry Kasparov l'11 maggio 1997.

 

Nel 2011 è stato ancora una volta un computer IBM a fare la storia:

il 17 febbraio, un computer mainframe su cui era installato il programma di intelligenza artificiale “Watson” ha gareggiato contro i giocatori di maggior successo dell'epoca nel quiz show americano “Jeopardy!”.

Il risultato finale: “Watson” ha vinto con un punteggio finale di oltre tre volte superiore a quello dei suoi avversari umani.

 

Il software si basa sull'obiettivo di creare un motore di ricerca di alta qualità in grado di riconoscere e rispondere alle domande poste in linguaggio naturale.

Dagli anni Cinquanta, quando la ricerca sull'IA è emersa, è stata organizzata anche in una serie di sotto-segmenti.

Questi includono:

Apprendimento automatico.

Reti neurali artificiali (deep learning).

Riconoscimento di pattern (come il parlato, la scrittura a mano) impronte digitali).

Sistemi esperti e chatbot.

Modellazione della conoscenza.

Visione artificiale (immagini industriali).

Künstliche Intelligenz.

Oltre alla robotica, le due sotto-aree più frequentemente citate sono probabilmente il “machine learning” (M L ) e “deep p Learning” (deep learning, DL).

Ma qual è la differenza tra “apprendimento automatico” e “apprendimento profondo”?

Apprendimento automatico.

L'apprendimento automatico è un sotto-segmento dell'“universo AI”, mentre l'apprendimento profondo è un'area dell'apprendimento automatico.

 L'apprendimento automatico descrive l'apprendimento sulla base di una grande quantità di dati strutturati.

Questo include algoritmi come i metodi matematici o il riconoscimento di modelli.

I dati sono organizzati secondo una struttura gerarchica, che sembra semplice ma è estremamente complessa e richiede un alto livello di matematica, un eccellente lavoro di programmazione ed enormi prestazioni tecniche da parte del computer.

 

Ad esempio, i consigli sui prodotti e la pubblicità online funzionano grazie alla classificazione dei dati, al riconoscimento delle strutture e agli strumenti di previsione.

L'implementazione delle IA nei motori di ricerca è uno dei motivi per cui le pubblicità visualizzate sono spesso così accurate e ci mostrano cose di cui non sapevamo nemmeno di aver bisogno.

 

Deep Learning.

Quest'area del ML (machine learning) utilizza reti neurali generate artificialmente che assomigliano alla struttura del cervello umano.

La struttura di una rete di questo tipo è suddivisa in tre strati:

lo strato di ingresso, lo strato nascosto e lo strato di uscita.

 Tuttavia, è qui che arriva il nocciolo della questione:

anche se alcuni dati grezzi vengono elaborati nello strato di input, spesso non è possibile capire quali “pensieri” il sistema stia facendo negli strati nascosti.

 Se necessario, le informazioni vengono ulteriormente elaborate o ridotte, per poi scoprire il risultato nello strato di uscita.

 

Mentre i dati strutturati vengono solitamente elaborati in ML e il percorso di elaborazione viene fornito con caratteristiche e regole, anche i dati non strutturati vengono elaborati in DL senza che vengano fornite proprietà e istruzioni.

 È quindi spesso impossibile interpretare i risultati - come “non si può vedere dentro una persona” - anche la testa dell'IA nasconde segreti.

Inoltre, gli enormi processi di calcolo richiedono computer estremamente potenti.

Il nostro intervento non è quindi più necessario - ma questo rende le cose un po' sospette... perché il sistema non solo “pensa” da solo, ma agisce anche secondo i propri desideri.

Paura o fascino?

Ci chiediamo quali siano i vantaggi e gli svantaggi che l'intelligenza artificiale può offrirci.

 

Passato, futuro e presente: come è stata e come sarà utilizzata l'IA?

Abbiamo già imparato che l'intelligenza artificiale non è una “vera” novità. Tuttavia, spesso non siamo nemmeno consapevoli della sua presenza.

Come i “gadget tecnici” che da tempo fanno parte della nostra vita quotidiana, stiamo già vivendo fianco a fianco con l'IA.

Se non ci credete, ecco alcuni esempi:

 

Riconoscimento dei volti.

z. Ad esempio, sbloccare lo smartphone utilizzando l'intelligenza artificiale o ordinare le immagini scattate con lo smartphone in base a persone specifiche.

Riconoscimento vocale.

Alexa, Siri o Google ci informano sul tempo, sui ristoranti vicini o sugli orari di apertura della farmacia locale, ci svegliano in base alle nostre istruzioni o ordinano prodotti per la casa a intervalli regolari.

Elaborazione del linguaggio naturale (NLP).

z. Ad esempio, la traduzione con “Google Translator” o le ricerche sul web.

Analisi comportamentale e algoritmi.

Sia i risultati dei motori di ricerca che gli annunci pubblicitari visualizzati nel nostro browser si basano su questi algoritmi - anche i fornitori di servizi di streaming vi lavorano.

Creazione di previsioni.

z. ad esempio per il meteo (utilizzando vari dati, statistiche e “valori empirici”)

Funzione filtro.

z. Ad esempio, riconoscere ed eliminare le e-mail di spam.

Sistemi autonomi.

z. Ad esempio, veicoli che frenano autonomamente in caso di pericolo, ma anche software che riconoscono autonomamente i problemi e li risolvono (come nel caso dei dispositivi di archiviazione di fascia alta).

Chatbot.

z. Ad esempio per le hotline di assistenza, che prima sussurrano all'utente attraverso un dialogo basato su bot per ottenere dati come il numero del cliente, il numero dell'ordine o la richiesta in anticipo

Riconoscimento dei modelli.

E’ utilizzato negli studi medici e nelle cliniche per analizzare i risultati di laboratorio e assegnare le anomalie a diverse malattie, nonché negli istituti forensi, ad esempio per confrontare le impronte digitali.

 In quali settori l'IA può ancora essere utilizzata?

I Big Data dominano il nostro mondo:

ne generiamo una quantità enorme ogni minuto e 24 ore su 24.

 Anche se siamo noi i produttori:

Analizzarli è troppo per il nostro cervello e richiederebbe troppo tempo.

 Ecco perché i sistemi di intelligenza artificiale vengono utilizzati specificamente per analizzare e valutare i dati e creare previsioni.

Questo è un grande vantaggio per tutte le aziende e i settori che generano enormi quantità di dati.

Ciò consente di rispondere in modo specifico ai desideri, alle esigenze e ai requisiti dei clienti, anche se questi cambiano con breve preavviso.

Tuttavia, le IA non sono interessanti solo per i produttori di prodotti o le piattaforme di vendita;

anche il settore sanitario trae vantaggio dalla loro esistenza.

Non si tratta solo di riconoscere le malattie e di fare diagnosi, ma anche di individuare i modelli di malattia ricorrenti, la loro prevenzione e la loro cura.

A questo si aggiunge la robotica, che può effettuare interventi con precisione millimetrica, e in futuro forse anche la nanotecnologia, che ha lo scopo di trasportare i farmaci in regioni specifiche del corpo.

 

Il nuovo collega: un'intelligenza artificiale?

Non c'è dubbio:

un sistema virtualmente infallibile che non si stanca, non ha bisogno di pause o ferie, non ha esigenze personali da conciliare con il lavoro e lavora comunque in modo rapido e accurato sembra estremamente attraente per la maggior parte dei datori di lavoro.

Inoltre, la formazione del personale umano è molto costosa e richiede molto tempo, quindi la paura dei dipendenti di essere sostituiti da un'intelligenza artificiale è giustificata.

Questo perché le IA sono in grado di superare gli esseri umani a tutti i livelli:

dai medici ai consulenti, dai giornalisti agli addetti ai servizi fino ai responsabili della produzione.

Le decisioni possono essere prese più velocemente e meglio, il modello aziendale basato sui dati non dimentica, ha sempre a portata di mano le statistiche più recenti e garantisce una maggiore efficienza.

Un grande vantaggio competitivo: l'errore umano è escluso.

 

Anche la sicurezza dei dati è un aspetto interessante per i sistemi basati sull'intelligenza artificiale, in quanto riconoscono le più piccole deviazioni nei rispettivi processi.

I truffatori di carte di credito, le e-mail di phishing o altri metodi di hacking possono essere riconosciuti e respinti immediatamente.

Inoltre, i sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di auto apprendere e dovrebbero evolversi costantemente:

molti giornalisti e blogger menzionano già all'inizio dei loro articoli che non sono stati scritti da un'intelligenza artificiale.

Oppure fanno scrivere deliberatamente il primo paragrafo da un'intelligenza artificiale per mostrare quanti progressi sono stati fatti nel frattempo.

 

Questo ci porterà un'enorme ondata di industrializzazione, rivoluzionaria come l'uso delle macchine a vapore circa 200 anni fa.

Ma anche queste pietre miliari della tecnica non portano solo vantaggi.

All'epoca, non solo aumentava il rischio di infortuni, ma anche l'ambiente risentiva dell'esplosione dell'industrializzazione.

Le foreste e i prati furono disboscati per le fabbriche, l'acqua e l'aria furono inquinate e il fatto che improvvisamente tutti volessero vivere in città portò alla formazione di quartieri poveri nelle aree urbane a causa della mancanza di spazio abitativo.

Le persone erano divise in classi, il divario tra miseria e prosperità aumentava in modo esponenziale.

La situazione alimentare e abitativa presentava un quadro di orrore e le condizioni di lavoro si deteriorarono drasticamente.

Sono scenari che potrebbero ripetersi?

Aiutanti popolari nella vita quotidiana in ufficio, con o senza intelligenza artificiale.

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Distopia o euforia dell'IA: vantaggi e svantaggi abbinati alle paure dell'uomo.

Forse - non lo sappiamo.

Perché il fatto è che la macchina può sostituirci in molti settori.

Oltre alla disoccupazione, c'è anche il pericolo che gli esseri umani si affidino troppo all'IA e diventino pigri e indulgenti.

In futuro, sarà difficile per gli insegnanti e i professori in particolare distinguere i testi e i progetti creati da un'IA dalle versioni create dall'uomo.

Ciò potrebbe rendere quasi impossibile una valutazione equa.

 Inoltre, un basso livello di istruzione (perché le persone dovrebbero ancora imparare?) può portare a gravi problemi sociali e creare una società insoddisfatta e non strutturata.

 

Il problema principale delle classi con un basso livello di istruzione è che spesso l'individuo non è in grado di partecipare alla vita sociale, per cui il rischio di diventare disoccupato è più alto anche per le persone con un basso livello di istruzione.

La povertà e la criminalità sono solitamente pre-programmate.

La competitività internazionale e la capacità innovativa di un Paese - soprattutto se povero di materie prime - sono spesso garantite da un gran numero di specialisti istruiti.

Ma cosa succede quando gli esperti non servono più?

 

L'intelligenza artificiale si sta diffondendo e sta confondendo noi esseri umani in un'accozzaglia uniforme di analfabetismo?

 Cosa ci definisce come esseri umani se l'intelligenza artificiale può copiare le nostre azioni, le nostre emozioni e la nostra empatia 1:1?

Epopee di fantascienza come “Terminator”, “Matrix”, “Ex Machina” o “Io, Robot” hanno impiantato nelle nostre teste scenari orrorifici in cui l'intelligenza artificiale sotto forma di robot domina l'umanità e usurpa il dominio del mondo.

Questa paura è giustificata dalla minaccia di superpotenze altamente intelligenti?

Anche noi saremo solo un mezzo per raggiungere un fine in una dittatura dell'intelligenza artificiale?

Questo è forse dovuto anche alla paura della totale uguaglianza e della sorveglianza?

Dopo tutto, si tratta di un tema vecchio quanto la ricerca sull'intelligenza artificiale.

Il romanzo distopico “1984”, scritto da George Orwell tra il 1946 e il 1948, descrive un sistema di sorveglianza totale (“Grande Fratello”), giganteschi Stati di potere in costante guerra tra loro e una vita caratterizzata dal duro lavoro.

Forse oggi stiamo lottando per il riconoscimento dell'individualità proprio perché siamo consapevoli di ciò che potrebbe riservarci il futuro?

 

O è semplicemente la paura umana di base del cambiamento che ci fa associare automaticamente l'IA a qualcosa di negativo?

Dopotutto, i sistemi intelligenti possono anche essere utilizzati per molti scherzi, i cui risultati finali possono avere conseguenze molto più gravi e devastanti degli attuali attacchi dei criminali informatici.

 

E più bot, assistenti e controlli intelligenti sono integrati nella nostra vita quotidiana, più frequentemente possiamo essere esposti ad attacchi.

L'utopia che la macchina tenga sotto controllo gli esseri umani non è inverosimile in questo senso, perché l'intelligenza artificiale non è l'unica responsabile.

Non si può dire di per sé se un'invenzione sia buona o cattiva:

 dipende dall'utente.

 Basti pensare ad “Alfred Nobel”, che nella sua ricerca di un esplosivo sicuro ha sviluppato la dinamite, fondamentale per la guerra.

La diffusione di fake news e discorsi d'odio può essere spinta a proporzioni incommensurabili da video e immagini modificate dall'intelligenza artificiale che sembrano assolutamente reali, così come la divisione della società.

E: con la stessa facilità con cui le IA possono riconoscere e respingere le e-mail di spam, possono anche essere utilizzate per produrle.

Ispirazione per i criminali informatici?

L'IA può fornire anche questo:

nuovi, perfidi modelli che contengono un piano perfetto per l'attuazione di un reato penale potrebbero presto essere popolari quanto il “#foodinspo” su Instagram.

 

Il lato oscuro del potere: il chatbot di Bing - uno specchio della nostra anima?

Nessun altro sistema è stato recentemente sulla bocca di tutti come” ChatGPT”, il prototipo di chatbot dell'azienda statunitense” OpenAI”.

Nemmeno Instagram e Spotify hanno attirato tante registrazioni quanto il sistema disponibile sul sito web di “OpenAI”.

La rivoluzione assoluta:

il sistema di deep learning, che si basa sul modello linguistico GPT-3.5, ricava le sue conoscenze anche dalle conversazioni.

 

ChatGPT.

Il super cervello contiene quindi una grande quantità di poesie, articoli su internet, forum online, libri, ma anche testi provenienti dai social media - e precisamente ciò che gli oltre 100 milioni di utenti alimentano quotidianamente l'IA.

Perché, come sappiamo, anche gli esseri umani sono caratterizzati da errori - quindi gli interessi degli utenti sono spesso molto discutibili.

 

Imbrogliare agli esami scolastici è altrettanto comune che esprimere discriminazioni razziste o sessiste.

 E Internet è uno dei più grandi campi di battaglia per l'ostilità e i commenti d'odio, perché avvolti in un presunto anonimato, ci sentiamo forti e sicuri dietro i nostri PC, smartphone e tablet.

Poiché i sistemi di intelligenza artificiale possono anche scegliere “cattivi modelli”, sono possibili “risposte abusive”, motivo per cui, ad esempio, il chatbot sudcoreano “Lee Luda” è stato messo “offline”.

Nelle ultime settimane abbiamo letto sempre più spesso di nuovi “difetti” o dichiarazioni negative del “chatbot di Bing,” alcune delle quali in un contesto molto strano per un'intelligenza artificiale.

Tra queste, risposte offensive, reazioni altamente emotive, insistenza su affermazioni false e minacce, nonché la richiesta da parte del “chatbot “all'utente di rompere con il proprio partner.

 

Depressione, ansia, dubbi:

 l'intelligenza artificiale si è trovata su una “montagna russa di emozioni” fin troppo umana.

Tuttavia, secondo Microsoft, ciò è dovuto ai “dialoghi infiniti” che alcuni utenti hanno avuto con il “bot”.

Fare domande per ore e ore era una sfida troppo grande per l'intelligenza artificiale, che è ancora in fase di test.

Le risposte vengono ripetute, il sistema si sente “provocato” e chissà quali informazioni e affermazioni gli utenti danno in pasto all'IA...

 

È proprio il fascino che dietro il bot si nasconde un “cervello simile a quello umano” che probabilmente ci fa formulare domande che non porremmo così facilmente a una controparte della nostra specie.

 Leggiamo di utenti che “caricano” l'IA di sensi di colpa e tristezza, o che vogliono indurla a fare affermazioni immorali e proibite.

Tuttavia, non ci sono “sentimenti” reali dietro l'IA.

Gli utenti sono solo in grado di confondere la logica superando gli ostacoli incorporati e muovendo leve fisse per trovare risposte secondo i loro desideri, al fine di manipolare il sistema.

 

Forse non sono le macchine a doverci spaventare, ma gli esseri umani, i cui “mezzi” stanno diventando sempre più potenti?

 Nell'era dei media e della nostra presenza sempre e ovunque, piattaforme come “Instagram”, “TikTok” e simili hanno preso il sopravvento su molte persone.

 

I nostri standard per “essere qualcuno” e “sembrare qualcosa” sono diventati immensamente più alti, sia per noi stessi che per chi ci circonda.

Più lontano, più veloce, migliore - “fake it, til you make it” - se si è così preoccupati di sé stessi, chi pensa agli altri?

La nostra società si è sviluppata in una direzione negativa?

Le disavventure dei “chatbot” sono solo un riflesso del nostro animo umano squilibrato?

L'anonimato alimenta l'odio online:

 possiamo constatare che un comportamento responsabile su Internet è ancora fondamentale, indipendentemente dal fatto che stiamo comunicando con i nostri pari o con un bot.

 

La nostra conclusione:

Le IA possono essere e saranno una grande risorsa per l'umanità - l'importante è imparare a usarle correttamente.

Nel nostro passato ci sono state molte innovazioni che hanno suscitato paura e orrore a prima vista –

 ma ehi, la terra non è un disco, non cadiamo da essa quando viaggiamo e anche dopo il cambio di millennio (“problema Y2K”), i temuti disastri digitali non si sono materializzati - noi esistiamo ancora - proprio come i lati negativi delle nuove innovazioni.

 

Dopo tutto, ogni medaglia ha due facce e questo vale anche per Internet e le IA.

Ma a volte dovremmo anche riflettere sull'originale accanto al nuovo.

Nel 1788, il filosofo Immanuel Kant enunciò una formula che ancora oggi non ha perso la sua validità.

Essa recita:

“Agisci in modo che la massima della tua volontà possa essere considerata in ogni momento come il principio di una legge generale”. O semplicemente formulata nel proverbio:

 “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso”.

 

Se agissimo di più secondo questo principio, sarebbe un vantaggio decisivo per la nostra società.

Ancora di più in futuro, quando i sistemi basati sull'intelligenza artificiale impareranno da noi.

Ogni utente aggiuntivo ne trae vantaggio o ne perde, a seconda di come gli utenti precedenti si sono comportati con il sistema.

Abbiamo soggiogato il mondo e siamo quindi sempre più responsabili del modo in cui lo lasciamo e lo assicuriamo alle nostre generazioni future, sia in termini di protezione dell'ambiente che di educazione o di società.

È quindi ancora più importante non perdere i nostri valori - sia online che offline - presentare tolleranza e apertura e promuovere la nostra intelligenza invece di affidarci sempre agli aiuti tecnici.

Forse il nostro atteggiamento cambierà anche quello dei sistemi di intelligenza artificiale che alimentiamo e quindi si svilupperà in una direzione positiva.

(Nota: oltre ai fatti, questo testo riflette anche l'opinione del nostro autore, che ovviamente non è universalmente valida).

 

 

 

 

 

Musk, Wuhan e le armi biologiche, cosa

c’è dietro le accuse del magnate alla USAID.

 

30science.com – (4 Febbraio 2025) - Gianmarco Pondano d'Altavilla – cii dice:

 

Roma – L’imprenditore miliardario “Elon Musk” ha accusato l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) di aver finanziato la ricerca sulle armi biologiche, compresi progetti che avrebbero portato all’emergere della Covid-19.

Il commento di Musk è arrivato in risposta a un post dell’utente” Kaneko a The Great” di domenica, che sosteneva che USAID aveva convogliato 53 milioni di dollari verso “Eco Health Alliance”.

 Il post sosteneva che i fondi erano stati utilizzati per supportare la ricerca sul “guadagno di funzione” (gain-of-function) dei coronavirus presso il “Wuhan Institute of Virology “in Cina, portando potenzialmente alla creazione del Covid-19.

Musk ha scritto:

 “Sapevi che l’USAID, usando i TUOI soldi delle tasse, ha finanziato la ricerca sulle armi biologiche, incluso il COVID-19, che ha ucciso milioni di persone?”.

 L’”Eco Health Alliance, un’organizzazione non-profit con sede negli Stati Uniti, è stata al centro di controversie a causa del suo lavoro con il “Wuhan Institute of Virology”.

 L’organizzazione ha negato che il suo lavoro riguardasse la ricerca sul guadagno di funzione, ma a maggio 2024, il “Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani” degli Stati Uniti ha sospeso tutti i finanziamenti federali a “Eco Health Alliance”, citando preoccupazioni sulla supervisione da parte dell’organizzazione di esperimenti ad alto rischio e sulla mancata segnalazione tempestiva delle attività di ricerca.

Dopo le dichiarazioni di Musk, anche l’USAID, che sostiene progetti umanitari per miliardi all’estero, accusata di aver sovvenzionato appunto “Eco Health Alliance”, ha subito serie ripercussioni.

Secondo quanto riportato dalla NBC, lunedì l’ufficio dell’USAID a Washington è rimasto chiuso e ai dipendenti è stato chiesto di lavorare da remoto.

il direttore della sicurezza dell’USAID e il suo vice sono stati sospesi dal lavoro dopo aver negato sabato alla task force di Musk per la riduzione dei costi l’accesso ai sistemi di sicurezza dell’Agenzia.

Lunedì pomeriggio, il Segretario di Stato” Marco Rubio “ha detto ai giornalisti che ora è il direttore ad interim dell’USAID e ha aggiunto che i piani dell’amministrazione Trump non prevedono il blocco dei programmi dell’USAID in quanto tali, ma “riguardano il modo in cui opera come entità” in particolare per quel che riguarda la subordinazione dell’USAID al Dipartimento di Stato.

Le notizie relative all’USAID si intrecciano con un rinnovato interesse per il “Wuhan Institute of Virology “e il suo dibattuto ruolo nell’esplosione della pandemia da COVID-19.

È degli ultimi giorni la diffusione di una nuova valutazione della CIA secondo la quale l’origine della pandemia sia “più probabilmente” da addebitarsi alla fuga da un laboratorio cinese piuttosto che a un passaggio di specie dagli animali, anche se la stessa CIA ha avvertito che le informazioni a supporto della valutazione sono carenti, inconcludenti o contraddittorie.

A ben vedere tanto il caso dell’USAID quanto il report della CIA non fanno che riesumare polemiche già divampate senza esiti concludenti in passato.

 Per quel che riguarda il finanziamento degli USA a Wuhan, tramite il passaggio di fondi all’ “Eco Health Alliance”, già nel 2021 un rapporto dei Repubblicani “americani sosteneva che ci fossero “ampie prove” che il laboratorio fosse stato utilizzato per modificare i coronavirus per infettare gli esseri umani e il senatore “Rand Paul” sostenne – al pari di Musk – che i fondi americani giunti a Wuhan tramite “Eco Health Alliance” fossero stati utilizzati per ricerche sul “guadagno di funzione” dei virus vale a dire per far ottenere ai virus artificialmente nuove abilità.

Ma “Anthony Fauci” – all’epoca direttore del “National Institute of Allergy and Infectious Diseases” (NIAID) degli Stati Uniti, che fa parte dei “National Institutes of Health” (NIH) del governo statunitense – pur ammettendo finanziamenti del NIH (e in questo caso non dell’USAID) a “Eco Health Alliance” per un progetto per studiare i possibili coronavirus provenienti dai pipistrelli, progetto che aveva portato fondi anche al “Wuhan Institute of Virology”, sostenne con forza che il “National Institutes of Health “(NIH) “non ha mai finanziato e non finanzia ora la ricerca sul guadagno di funzione presso il “Wuhan Institute of Virology”.

“Eco Health Alliance” dal canto suo ha affermato nel 2023 di aver ricevuto fondi tanto dal NHI che dall’USAID ma per ragioni diverse.

 “Le distinzioni tra i finanziamenti NIH e USAID – scrisse all’epoca – si basano sui diversi obiettivi di ricerca e di rafforzamento delle capacità delle due agenzie, rispettivamente.

 Il finanziamento “NIH” (R01AI110964) era specificamente focalizzato sulla scoperta e sulla caratterizzazione di laboratorio dei coronavirus correlati alla SARS in Cina.

Il finanziamento “USAID” (PREDICT) era per lo sviluppo di “One Health” e il lavoro di rafforzamento delle capacità per aiutare a rafforzare la capacità della Cina di prevenire epidemie e pandemie (e quindi proteggere gli USA da epidemie che si diffondono).

Il lavoro “USAID “ha anche coinvolto la sorveglianza “One Health” su un’ampia gamma di virus in campioni umani, di bestiame e di animali selvatici (pipistrelli, primati, roditori)”.

Sullo sfondo di tutto questo rimane anche l’altra risalente polemica sulle origini della pandemia, sulla quale al momento non vi sono certezze granitiche.

 Diversi ricercatori hanno esaminato ad esempio se le caratteristiche del SARS-CoV-2 segnalino che sia stato bioingegnerizzato.

Uno dei primi team a farlo, guidato da” Kristian Andersen,” un virologo presso “Scripps Research” a” La Jolla”, California, aveva stabilito che ciò era “improbabile” per alcune ragioni, tra cui la mancanza di firme di manipolazione genetica.

 Da allora, altri si sono chiesti se il sito di scissione della “furina” del virus, una caratteristica che lo aiuta a entrare nelle cellule, fosse una prova di manipolazione umana, perché il SARS-CoV-2 ha questi siti ma i suoi parenti più stretti no.

Il sito di scissione della” furina” è importante perché si trova nella” proteina spike” del virus e la scissione della proteina in quel sito è necessaria affinché il virus infetti le cellule

. Ma molti altri coronavirus hanno siti di scissione della “furina”, come i coronavirus che causano il raffreddore.

Poiché i virus che contengono il sito sono sparsi nell’albero genealogico dei coronavirus, anziché confinati a un gruppo di virus strettamente correlati, “Stephen Goldstein”, un virologo presso l’”Università dello Utah” a Salt Lake City, affermò ad esempio che il sito era il frutto di un processo di evoluzione. Un’altra caratteristica del SARS-CoV-2 che ha attirato l’attenzione è una combinazione di nucleotidi che stanno alla base di un segmento del sito di scissione della” furina”: CGG (che codificano l’amminoacido arginina).

 Un articolo di “Medium” – ripreso da “Nature “– che ipotizzava un’origine di laboratorio per il SARS-CoV-2 citava “David Baltimor”e, premio Nobel e professore emerito al “California Institute of Technology “di Pasadena, il quale affermava che i virus di solito non hanno quel particolare codice per l’”arginina”, ma gli esseri umani spesso sì: una “pistola fumante”, che suggeriva che i ricercatori potrebbero aver manomesso il genoma del SARS-CoV-2.

Andersen affermò però che” Baltimore” si era sbagliato su questo dettaglio.

Nel SARS-CoV-2 – sostenne – circa il 3 per cento dei nucleotidi che codificano l’”arginina” sono CGG.

E sottolineò che circa il 5 per cento di quelli che codificano l’”arginina” nel virus che ha causato l’epidemia originale di SARS sono anch’essi CGG.

In un’e-mail a” Nature , “Baltimore” rispose che “Andersen” poteva avere ragione nel dire che l’evoluzione naturale aveva prodotto il SARS-CoV-2, ma aggiungeva che “ci sono altre possibilità e necessitano di un’attenta valutazione . (30Science.com).

(Gianmarco Pondano d'Altavilla).

 

 

 

 

 

Dalla biowarfare al bioterrorismo:

il futuro delle minacce biologiche

nell’era dell’AI.

Techfuture.info – (25/02/2025) - Maria Teresa Della Mura – ci dice:

 

La definizione più chiara viene direttamente dal sito dell’Interpol:

“Il bioterrorismo si riferisce al rilascio intenzionale di agenti biologici o tossine con lo scopo di danneggiare o uccidere esseri umani, animali o piante, con l’intento di intimidire o costringere un governo o una popolazione civile per perseguire obiettivi politici o sociali”.

 

Il bioterrorismo rappresenta una minaccia insidiosa e potenzialmente devastante, caratterizzata dall’intenzionale rilascio di agenti biologici patogeni o tossine con l’obiettivo di causare danni a esseri umani, animali o coltivazioni e vegetazione in generale.

Un tipo di attacco che non solo mette a rischio la salute pubblica, provocando epidemie e alti tassi di mortalità, ma genera anche panico e destabilizzazione su larga scala, spesso con l’intento di esercitare pressioni politiche o sociali su governi e popolazioni civili.

Un tipo di attacco imprevedibile e dunque particolarmente difficile da contrastare, che richiede una risposta coordinata tra diversi attori, anche nel mondo istituzionale.

 

La gestione efficace di un attacco bioterroristico richiede infatti strategie di prevenzione, preparazione e intervento che coinvolgano enti nazionali e internazionali, garantendo una risposta tempestiva e la condivisione delle conoscenze per rafforzare le capacità di difesa contro questa minaccia globale.

In uno scenario che, come ben dimostrano le cronache di questi ultimi anni, si sta facendo sempre più complesso, un nuovo ruolo è giocato anche dall’intelligenza artificiale, a supporto sia degli “offender” sia dei “defender”.

Takeaway.

Il “bioterrorismo e la guerra biologica” rappresentano minacce distinte, ma entrambe implicano l’uso di agenti patogeni per scopi distruttivi.

 Mentre la guerra biologica è impiegata da Stati in contesti bellici, il bioterrorismo mira a generare panico e destabilizzazione tra i civili.

 L’accessibilità crescente alle tecnologie biotecnologiche e genetiche rende questa minaccia sempre più concreta.

L’AI può facilitare lo sviluppo di armi biologiche attraverso modelli avanzati di analisi genetica e sintesi biologica.

 L’integrazione di “Large Language Models” (LLM) e strumenti di Biological Design” (BDT) potrebbe abbassare la soglia di competenze necessarie per la manipolazione genetica, aumentando il rischio di creazione di patogeni più pericolosi e resistenti ai trattamenti.

Se utilizzata in modo etico e regolamentato, l’intelligenza artificiale può diventare un potente alleato nella lotta al bioterrorismo.

 Grazie alla sua capacità di monitorare dati sanitari globali, individuare anomalie epidemiologiche e tracciare l’origine degli agenti patogeni, l’AI può supportare la prevenzione e la risposta rapida a minacce biologiche, rafforzando la biosicurezza a livello globale.

Tra biowarfare e bioterrorismo: due minacce con una lunga storia.

Prima di addentrarci sulle più recenti evoluzioni di questo tipo di minacce, è importante capire come nascono e come si sono sviluppate nel tempo, facendo innanzitutto chiarezza sui termini.

Spesso si confonde infatti la “guerra biologica” (o biowarfare) con il “bioterrorismo”:

entrambe sono forme di impiego degli agenti biologici con scopi distruttivi, ma si distinguono per finalità, modalità di utilizzo e attori coinvolti.

 

Biowarfare: la guerra biologica.

La guerra biologica si riferisce all’uso intenzionale di agenti patogeni – come batteri, virus, funghi o tossine – come arma in contesti bellici.

Tali agenti possono risultare più letali rispetto alle armi convenzionali, poiché anche piccole quantità possono provocare perdite di massa.

La storia dell’uso di armi biologiche risale all’antichità:

già in epoca greca e romana si praticava l’avvelenamento di sorgenti d’acqua con cadaveri infetti, mentre nel Medioevo gli eserciti lanciavano cadaveri infetti oltre le mura delle città assediate, come nel caso della peste durante l’”assedio di Caffa” nel XIV secolo.

L’evoluzione della guerra biologica può essere suddivisa in tre periodi principali: dall’antichità al 1900, vale a dire prima della nascita della microbiologia come disciplina scientifica grazie agli studi di Louis Pasteur e Robert Koch, è difficile distinguere tra attacchi biologici reali e mere dicerie o strumentalizzazioni;

 dal 1900 al 1945 e in particolare durante le due guerre mondiali, iniziano a svilupparsi veri e propri programmi nazionali di guerra biologica, con ricerche condotte da paesi come Germania, Giappone, Stati Uniti e Unione Sovietica;

 infine dal 1945 in poi, quando il progresso nella biotecnologia e nella biochimica ha reso più accessibili gli agenti biologici, aumentando il rischio che non solo gli Stati, ma anche gruppi più piccoli o singoli individui potessero sviluppare capacità offensive in questo ambito.

L’uso di agenti biologici in guerra è stato limitato da convenzioni internazionali, come la “Convenzione sulle armi biologiche” del 1972, nondimeno il rischio rimane, soprattutto a causa delle possibilità offerte dall’ingegneria genetica per rendere alcuni patogeni più resistenti e letali.

 

Bioterrorismo: la minaccia ai civili.

A differenza della guerra biologica, il bioterrorismo consiste nell’uso deliberato di agenti biologici contro la popolazione civile, con lo scopo di diffondere il panico e causare perdite umane o danni economici.

A motivare gli attacchi bioterroristici sono spesso ideologie politiche o religiose.

 Gli agenti possono essere usati nella loro forma naturale o modificati geneticamente per aumentarne la capacità di diffusione e la resistenza ai trattamenti.

 

Uno degli episodi più noti di bioterrorismo recente è l’attacco con antrace negli Stati Uniti nel 2001 (attacchi Amerithrax), che ha evidenziato la difficoltà di individuare e rispondere rapidamente a simili minacce.

 Le autorità sanitarie, come lo statunitense “CDC” (Centers for Disease Control and Prevention), classificano gli agenti biologici in tre categorie (A, B e C) in base alla loro facilità di trasmissione, alla mortalità associata e alla possibilità di produzione su larga scala. Tra gli agenti più temuti figurano “Bacillus anthracis” (antrace), “Yersinia pestis” (peste), il “virus del vaiolo” e tossine come il “botulino”.

 

CDC Bioterrorism Agents (Classificazione agenti biologici).

Sebbene la differenza possa sembrare sottile, dato che sia la guerra biologica sia il bioterrorismo prevedono l’uso di agenti biologici, esiste una sostanziale differenza nella loro finalità:

la prima è una strategia militare impiegata da Stati o eserciti, mentre il bioterrorismo è un’azione clandestina rivolta contro i civili per generare terrore e destabilizzazione.

 

L’uso dell’AI nello sviluppo di nuove armi biologiche.

L’evoluzione dell’intelligenza artificiale (AI) sta trasformando il panorama delle minacce biologiche, sollevando non poche preoccupazioni legate alla sua possibile applicazione nella creazione di armi biologiche.

La convergenza tra AI e tecniche di editing genetico potrebbe facilitare la progettazione di agenti patogeni più pericolosi, accelerando la loro diffusione e complicando le strategie di contenimento.

Gli studi condotti in questo ambito evidenziano come la crescente accessibilità delle tecnologie AI renda sempre più concreta la possibilità di manipolazioni illecite di agenti biologici, aumentando i rischi di attacchi bioterroristici e di utilizzo improprio di strumenti biotecnologici avanzati.

Per far fronte a tali minacce, è necessario adottare misure preventive e regolamentazioni specifiche, imponendo standard di sicurezza e responsabilità ai creatori di queste tecnologie.

Il dibattito sui rischi catastrofici legati all’AI si inserisce in una più ampia riflessione sulle minacce esistenziali per l’umanità.

 

Lo scrive – e non a caso viene citato negli studi che abbiamo consultato per la stesura di questo articolo – “Toby Ord”, nel libro “The Precipice”: la probabilità di eventi catastrofici su scala globale è significativa, ma la loro prevenzione riceve ancora scarsa attenzione da parte delle istituzioni.

Tra le minacce emergenti figurano le pandemie pianificate, l’intelligenza artificiale fuori controllo e l’uso intenzionale di agenti patogeni per scopi malevoli.

L’”Organizzazione Mondiale della Sanità” classifica le armi biologiche come una delle principali minacce globali, includendole nella più ampia categoria delle armi di distruzione di massa, insieme a quelle chimiche, nucleari e radiologiche.

 

Gli agenti biologici come l’antrace, la tossina botulinica e la peste rappresentano una sfida complessa per la salute pubblica, poiché possono causare un alto numero di vittime in breve tempo.

Alcuni di questi agenti, se trasmissibili da persona a persona, possono dare origine a epidemie.

Un attacco con agenti biologici potrebbe somigliare a un evento naturale, rendendo più difficile la valutazione della situazione e la risposta sanitaria.

 In caso di guerra o conflitto, i laboratori che studiano patogeni altamente pericolosi potrebbero diventare bersagli, con gravi conseguenze per la salute pubblica.

 Le armi biologiche fanno parte di una categoria più ampia di armamenti, noti come armi non convenzionali o di distruzione di massa, che comprendono anche le armi chimiche, nucleari e radiologiche.

L’uso di agenti biologici è una questione di grande preoccupazione, e il rischio che vengano impiegati in attacchi terroristici è considerato in crescita“.

 

Il ruolo degli LLM e dei BDT nello sviluppo di nuove armi biologiche.

E qui entra in gioco l’AI.

La capacità dell’AI di analizzare grandi quantità di dati biologici e sintetizzare informazioni potrebbe essere sfruttata non solo per il progresso scientifico, ma anche per lo sviluppo di biotecnologie pericolose, riducendo le barriere tecniche per l’accesso a tali conoscenze.

 

I modelli di AI, come i “Large Language Models” (LLMs) e gli strumenti di “Biological Desig”n (BDTs), potrebbero semplificare la creazione di nuovi agenti patogeni, riducendo la necessità di competenze avanzate in biologia per condurre manipolazioni pericolose.

 

Detto in altri termini, i LLM, come GPT-4 e i suoi successori, potrebbero fornire informazioni che potrebbero abbattere alcune delle barriere che in passato hanno ostacolato lo sviluppo di armi biologiche.

Con la loro evoluzione in assistenti di laboratorio multimodali e strumenti scientifici autonomi, la loro capacità di supportare anche utenti non esperti nelle attività di laboratorio aumenterà, riducendo così gli ostacoli all’uso improprio della biologia.

 

Vediamo qualche esempio.

I “LLMs” sono progettati per elaborare enormi quantità di dati testuali e generare risposte coerenti e contestualizzate.

 In ambito biologico, questi strumenti possono essere utilizzati per:

analizzare rapidamente pubblicazioni scientifiche e identificare pattern in grandi dataset genetici;

 fornire assistenza nella progettazione di esperimenti, aiutando gli scienziati a ottimizzare protocolli di laboratorio;

tradurre complessi articoli scientifici e biochimici in linguaggio accessibile, rendendo le informazioni disponibili a un pubblico più vasto.

 

Questa stessa accessibilità può comportare rischi bioetici e di sicurezza, poiché i “LLMs” potrebbero, intenzionalmente o accidentalmente, fornire indicazioni utili per la progettazione di agenti patogeni, abbassando le barriere di competenza necessarie per l’ingegneria biologica.

 Ad esempio, potrebbero suggerire metodi per migliorare la resistenza di un virus ai vaccini o indicare combinazioni di mutazioni che aumentano la trasmissibilità di un agente infettivo.

 

Dal canto loro i “BDT”s sono strumenti AI specializzati nella progettazione e sintesi di organismi biologici.

 Questi software combinano algoritmi avanzati e dataset genetici per simulare mutazioni, ottimizzare sequenze genetiche e progettare organismi sintetici con caratteristiche specifiche.

Applicati alla ricerca medica, possono essere impiegati per:

sviluppare nuovi vaccini e terapie geniche; ottimizzare enzimi e proteine per applicazioni farmaceutiche;

 simulare la diffusione di agenti patogeni per comprendere meglio la loro evoluzione.

In mani sbagliate, i” BDTs” potrebbero essere utilizzati per progettare agenti patogeni resistenti ai trattamenti:

 l’AI potrebbe suggerire mutazioni genetiche per aumentare la resistenza ai farmaci o migliorare la capacità di un virus di sfuggire al sistema immunitario;

creare virus ingegnerizzati con caratteristiche combinate: ad esempio, un agente patogeno che unisca la trasmissibilità del morbillo con la letalità del vaiolo;

ottimizzare la sintesi di agenti biologici dannosi: riducendo i tempi e i costi necessari per manipolare geneticamente un organismo pericoloso.

 

L’integrazione di “LLMs” con” BDTs” potrebbe amplificare ulteriormente i rischi, fornendo sia le conoscenze teoriche (LLMs) che gli strumenti pratici (BDTs) per la progettazione e la creazione di nuovi agenti patogeni.

Questa sinergia potrebbe abbassare significativamente la soglia di competenze necessarie per sviluppare armi biologiche, rendendo possibile la diffusione di tecnologie pericolose anche a soggetti non specializzati.

 

Sebbene le attuali limitazioni dei modelli AI impediscano un’accurata generazione di istruzioni per la costruzione di armi biologiche, il loro sviluppo futuro potrebbe aumentarne l’efficacia e la precisione.

 La crescente accessibilità alla sintesi del “DNA” e alle tecniche di biologia sintetica pone nuove sfide alla biosicurezza, rendendo indispensabile una regolamentazione rigorosa.

Strategie di mitigazione, come il monitoraggio dell’uso di strumenti AI in ambito biotecnologico e la creazione di sistemi di identificazione delle modifiche genetiche, sono essenziali per prevenire possibili abusi.

 

L’AI a supporto dei “defender”.

Gli stessi studi fin qui citati evidenziano anche il ruolo che l’intelligenza artificiale può svolgere nella prevenzione, rilevazione e contrasto del bioterrorismo.

È chiaro che, se impiegata in modo etico e regolamentato, l’AI offre strumenti avanzati per monitorare, analizzare e rispondere a minacce biologiche, contribuendo a prevenire attacchi e migliorare la sicurezza globale.

 

Monitorando costantemente dati provenienti da fonti sanitarie globali, laboratori di ricerca e sistemi di sorveglianza epidemiologica, l’AI consente di rilevare precocemente agenti patogeni e minacce biologiche.

 

Gli algoritmi di machine learning possono analizzare sequenze genetiche per identificare mutazioni sospette indicative di manipolazioni artificiali, mentre modelli predittivi esaminano trend epidemiologici per individuare anomalie nella diffusione di malattie, riconoscendo potenziali attacchi bioterroristici prima che diventino pandemici. Inoltre, sistemi avanzati di AI possono monitorare il dark web e le reti criminali per intercettare scambi di informazioni o transazioni sospette legate alla biologia sintetica e alla creazione di armi biologiche.

 

L’AI svolge anche un ruolo chiave nell’attribuzione e tracciabilità degli attacchi biologici, permettendo di determinare l’origine di un agente patogeno attraverso tecnologie di ingegneria genetica forense.

 L’analisi del DNA consente di risalire al laboratorio di origine, mentre sistemi di analisi basati su AI possono ricostruire la catena di eventi che ha portato alla diffusione di un patogeno, distinguendo tra attacchi deliberati ed epidemie naturali.

 

Parallelamente può essere utilizzata per controllare l’uso delle tecnologie di biotecnologia avanzata, impedendo il loro impiego malevolo.

 Algoritmi specifici possono filtrare le richieste fatte a strumenti di biologia sintetica, bloccando operazioni potenzialmente pericolose.

Modelli di linguaggio avanzati, se regolamentati, potrebbero impedire la diffusione di istruzioni per la creazione di armi biologiche, mentre sistemi di autenticazione e controllo degli accessi basati su AI potrebbero monitorare l’uso di database genetici e laboratori di biologia sintetica per prevenire attività sospette.

 

L’AI accelera inoltre lo sviluppo di contromisure contro le minacce bioterroristiche, facilitando la progettazione di vaccini e terapie mirate.

Grazie all’analisi delle strutture proteiche di nuovi agenti patogeni, è possibile individuare rapidamente le molecole più efficaci per neutralizzarli, riducendo drasticamente i tempi di risposta.

 Gli algoritmi AI possono anche simulare scenari di diffusione delle epidemie e suggerire strategie di contenimento ottimali, supportando governi e organizzazioni sanitarie nella gestione di emergenze biologiche.

Questo approccio è stato utilizzato nello sviluppo di vaccini mRNA, come quelli contro il COVID-19, dimostrando la capacità di ridurre drasticamente i tempi di risposta a una minaccia biologica.

 

Infine, l’AI può favorire la collaborazione internazionale e il rafforzamento della governance della biosicurezza.

 Piattaforme basate su intelligenza artificiale possono armonizzare le normative globali sulla biosicurezza, garantendo standard uniformi per prevenire la proliferazione di armi biologiche. Inoltre, modelli AI avanzati possono essere impiegati per condurre audit automatizzati nei laboratori di biotecnologia, assicurando che le ricerche genetiche siano svolte nel rispetto delle leggi internazionali sulla non proliferazione.

 

Glimpses of Futures.

Per comprendere gli scenari futuri del bioterrorismo, possiamo utilizzare il “framework STEPS” che ci consente di analizzare i suoi impatti attraverso cinque dimensioni chiave:

Sociale, Tecnologica, Economica, Politica e Sostenibile.

 

S – SOCIAL,

 

L’impatto sociale del bioterrorismo nel futuro potrebbe essere devastante, influenzando profondamente la stabilità delle società a livello globale.

La possibilità che agenti patogeni modificati o sintetizzati vengano utilizzati per attacchi deliberati non solo minaccia la salute pubblica, ma potrebbe generare ondate di panico e sfiducia nelle istituzioni, con conseguenze difficili da prevedere. Il bioterrorismo, a differenza di altre forme di minaccia, ha la capacità di colpire in modo invisibile e subdolo, destabilizzando interi sistemi sanitari e mettendo a dura prova la capacità di risposta delle autorità.

La difficoltà nel distinguere tra un’epidemia naturale e un attacco deliberato potrebbe alimentare teorie del complotto, creando divisioni all’interno delle comunità e ostacolando gli sforzi per contenere l’emergenza.

 

T – TECHNOLOGICAL.

 

L’evoluzione del bioterrorismo potrebbe avere un impatto significativo sugli sviluppi tecnologici, spingendo la ricerca scientifica e l’innovazione in direzioni che bilanciano progresso e sicurezza.

La crescente accessibilità delle tecnologie di intelligenza artificiale e biologia sintetica sta già ridefinendo il modo in cui vengono progettati, analizzati e potenzialmente manipolati gli agenti biologici. In futuro, il rischio di un utilizzo malevolo di queste tecnologie potrebbe accelerare la creazione di nuovi sistemi di sorveglianza e di strumenti avanzati per il monitoraggio di minacce biologiche, portando a un’intensificazione della regolamentazione nel settore biotecnologico.

 

Le capacità di calcolo dell’intelligenza artificiale potrebbero essere sfruttate per individuare in anticipo anomalie genetiche nei patogeni emergenti, permettendo di distinguere tra organismi naturali e varianti artificiali.

In prospettiva, l’integrazione tra biotecnologie avanzate e intelligenza artificiale potrebbe portare a una maggiore automazione dei processi di ricerca e produzione di farmaci e vaccini.

La necessità di rispondere rapidamente a possibili minacce bioterroristiche potrebbe accelerare l’adozione di piattaforme basate su AI per la progettazione e la sperimentazione di nuove terapie, riducendo i tempi di sviluppo e ottimizzando l’efficacia dei trattamenti.

 

Le tecnologie di biosicurezza potrebbero evolversi in modo significativo, portando alla creazione di sensori avanzati per il rilevamento precoce di agenti patogeni e alla diffusione di sistemi di difesa biologica in ambienti critici, come laboratori di ricerca e infrastrutture sanitarie.

 L’uso dell’intelligenza artificiale nella gestione delle emergenze potrebbe migliorare la capacità di risposta a epidemie causate da attacchi bioterroristici, ottimizzando le strategie di contenimento e distribuzione delle risorse sanitarie.

 

E – ECONOMIC.

 

Un attacco biologico su larga scala potrebbe paralizzare interi comparti produttivi, interrompendo le catene di approvvigionamento e riducendo la mobilità della forza lavoro, con effetti devastanti sul commercio globale e sulla stabilità dei mercati finanziari.

Allo stesso tempo, la percezione di una minaccia costante potrebbe portare a un aumento degli investimenti in tecnologie di biosicurezza, spingendo le aziende e i governi a destinare risorse crescenti alla protezione delle infrastrutture critiche e alla ricerca di contromisure sanitarie avanzate.

L’industria farmaceutica e biotecnologica potrebbe beneficiare di una maggiore attenzione alla sicurezza biologica, con un’accelerazione nello sviluppo di vaccini, farmaci antivirali e strumenti di monitoraggio epidemiologico.

 

P – POLITICAL.

 

L’impatto economico si rifletterebbe anche sulle politiche pubbliche, con un aumento della spesa per la sicurezza sanitaria e la creazione di fondi di emergenza per gestire eventuali crisi.

I governi potrebbero dover rivedere i propri bilanci per destinare più risorse alla ricerca biomedica, alla sorveglianza epidemiologica e alla preparazione alle pandemie, modificando le priorità di investimento a livello nazionale e internazionale.

 La sfida principale sarà trovare un equilibrio tra il contenimento del rischio e il mantenimento di un sistema economico resiliente, in grado di adattarsi rapidamente senza compromettere la crescita e lo sviluppo globale.

 

S – SUSTAINABILITY.

L’impatto del bioterrorismo sulla sostenibilità potrebbe essere profondo e multidimensionale, influenzando la sicurezza ambientale, la gestione delle risorse e le politiche globali per lo sviluppo sostenibile.

 L’uso deliberato di agenti patogeni potrebbe compromettere interi ecosistemi, colpendo la biodiversità e alterando gli equilibri naturali.

La contaminazione di suolo, acqua e risorse agricole potrebbe generare effetti a lungo termine sulla sicurezza alimentare, riducendo la disponibilità di prodotti essenziali e mettendo a rischio la resilienza dei sistemi agroalimentari.

 La necessità di sanificare ampie aree colpite da agenti biologici potrebbe inoltre comportare un uso intensivo di risorse chimiche e un aumento dell’inquinamento, aggravando ulteriormente il degrado ambientale.

(Maria Teresa Della Mura).

 

 

 

 

 

Il mercato della cattura e stoccaggio

del carbonio è arrivato a un punto di svolta.

Techfuture.info – (28 aprile 2025) – Milos Skakal – ci dice:

Si stanno investendo miliardi in tecniche poco efficaci ma che potrebbero in prospettiva diventare molto redditizie.

 Le preoccupazioni degli scienziati però riguardano i motivi per cui le aziende puntano sul settore.

 

Milos Skakal.

Il mercato della cattura e stoccaggio del carbonio è arrivato a un punto di svolta.

Tagliare drasticamente le emissioni di diossido di carbonio non ci salverà dal riscaldamento globale, e gli sforzi per rallentare l’effetto serra dovranno necessariamente essere accompagnati da tecniche di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), per diminuire la presenza di CO2 nell’atmosfera.

 (La Co2 è più pesante dell’aria, e quindi nell” atmosfera possono esistere solo piccole tracce

di Co2. N.D.R.) .

Ma, per quanto riguarda gli investimenti, il mercato sta dando la priorità alle soluzioni più efficienti o a quelle più attrattive per gli speculatori finanziari?

 

Queste sono le domande che si è posto Bloomberg in un recente articolo che tratta della questione dei metodi di cattura e stoccaggio della CO2, partendo dalla costatazione che i mercati e gli investitori stanno puntando somme molto cospicue di denaro su metodi poco impattanti rispetto ad altri che hanno dato già degli ottimi risultati.

 Il traino è legato alle enormi potenzialità finanziarie che lo sviluppo di questo settore potrebbe portare al mercato dei “crediti di carbonio”.

Ma gli scienziati temono che questa sia solo una bolla speculativa che andrà ad aumentare la disponibilità di emissione di CO2 delle aziende, senza però invertire la rotta per quanto riguarda la diminuzione dei gas a effetto serra nell’atmosfera.

 

Tutti pazzi per la “cattura aerea diretta” del carbonio.

I metodi di Ccs sono direttamente connessi con il mercato dei crediti carbonio, perché i primi consentono l’ampliamento del secondo:

più CO2 viene stoccata, maggiori saranno i crediti carbonio disponibili.

La questione curiosa è che per ora la stragrande maggioranza degli investimenti non viene incanalata verso le tecniche di cattura e stoccaggio oggi considerate migliori, come la creazione di “biochar”, una sorta di carbone vegetale derivato dalla degradazione termica della biomassa.

 

Nel periodo 2020-2024, secondo i dati forniti da “Cdr.fyi”, un centro di compensazione per la rimozione del carbonio, sul totale degli investimenti in servizi di cattura della CO2, più della metà, circa 3,3 miliardi di dollari, è stata indirizzata verso metodi di “cattura aerea diretta”, che consiste nel filtrare il gas dall’atmosfera per poi stoccarlo sotto terra.

 Da considerare da questa tecnica è responsabile di appena lo 0,2% dell’insieme della CO2 rimossa fino al 2024.

 

“Danny Cullenward”, senior fellow del centro sulle “politiche energetiche Kleinman” dell’Università della Pennsylvania, afferma che la “cattura area diretta” è stata la tecnologia in cui gli investimenti si sono concentrati di più perché il sistema fiscale degli Stati uniti la sovvenzionava tramite l’emissione di crediti d’imposta e altri sussidi.

Ma a spingere per lo sviluppo di questa tecnologia sono state soprattutto le industrie petrolifere e del gas che, secondo “Cullenward”, sono “molto più potenti di queste nuove industrie emergenti”.

Parole chiare.

Considerando che dovremmo aver raggiunto lo scorso anno il picco di emissioni, gli “scienziati del clima” indicano due fattispecie nelle quali è appropriato ricorrere alle tecniche di Ccs:

la riduzione dell’enorme quantità di CO2 accumulata nell’atmosfera da secoli di rivoluzione industriale e la compensazione delle emissioni di alcuni settori che nei prossimi anni continueranno a inquinare, come il trasporto aereo.

 

Secondo “Wim Carton”, professore associato di “Scienza della sostenibilità all’Università di Lund “in Svezia, intervistato da “Bloomberg”, qualsiasi altro tipo di utilizzo dei metodi di cattura e stoccaggio è un pericolo, perché potrebbe rallentare il taglio delle emissioni.

La “promessa” della rimozione della CO2 a valle legittimerebbe il ritardo nella chiusura di settori altamente inquinanti, come le attività di ricerca di nuovi giacimenti dove estrarre fonti fossili.  

Economie di scala.

Bloomberg prevede che nei prossimi decenni il mercato della cattura e stoccaggio del carbonio potrebbe raggiungere una stima di 1.100 miliardi di dollari, tra investitori privati e commesse pubbliche.

Una cifra da capogiro, che sta dando buone chance al settore di diventare pienamente maturo, passando dai progetti pilota alla fase di commercializzazione, nonostante il ritorno di “Donald Trump” alla Casa Bianca potrebbe portare al taglio dei fondi pubblici ai progetti di lotta al cambiamento climatico.

Una crescita che favorirebbe le economie di scala e l’abbassamento del prezzo dei progetti, favorendo in primis le aziende del settore.

“ Cdr.fyi” stima che, in uno scenario dove i combustibili fossili continuano a essere usati come base per creare energia, si dovrebbero catturare circa 9,8 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno fino al 2050 mentre fino a ora sono stati catturati circa 318mila tonnellate.

Un traguardo ambizioso, il cui raggiungimento dipenderà dalle scelte che verranno fatte adesso.

(Ma come è possibile che la CO2 possa essere catturata nell’atmosfera se è più pesante dell’aria? N.D.R.).

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