La fabbrica dei sogni “politicamente corretti.”

 La fabbrica dei sogni “politicamente corretti.”

 

 Cosa si intende per “woke.”

ilpost.it- Redazione- (11 novembre 2021)- ci dice :

La parola finita in prima pagina su Repubblica indicava un atteggiamento consapevole delle ingiustizie sociali, ma oggi ha una connotazione spesso dispregiativa e sarcastica.

( Una protesta di Black Lives Matter a Londra nel 2020).

Nell’ampio dibattito che ha interessato i paesi anglosassoni negli ultimi anni sulle rivendicazioni delle cosiddette minoranze, che si parli di orientamento sessuale o identità di genere, di origini etniche o di disabilità, sono emerse diverse nuove parole che hanno poi cominciato ad affiorare nelle discussioni anche in Italia, prima nelle nicchie e poi in modo sempre più trasversale.

 Giovedì per esempio Repubblica ha pubblicato in prima pagina un editoriale del giornalista statunitense Bret Stephens, che era uscito pochi giorni prima sul New York Times, dal titolo “Perché l’ideologia woke fallirà”.

L’articolo dà per inteso il significato di woke, una parola che in realtà non si è mai davvero affermata nel dibattito italiano, nel quale solitamente si fa ricorso ad altre espressioni che rientrano più meno nello stesso campo semantico, come “politicamente corretto” oppure “cancel culture”. Peraltro, negli stessi Stati Uniti l’aggettivo woke e il sostantivo wokeness sono parole sempre meno usate, se non con una chiara connotazione dispregiativa: a complicare ulteriormente la spiegazione non solo del suo significato, ma anche degli sviluppi nelle sue accezioni e usi.

“Woke” non è davvero traducibile in italiano – vuol dire qualcosa come “consapevole” – ma indica, o almeno indicava originariamente, l’atteggiamento di chi presta attenzione alle ingiustizie sociali, legate principalmente a questioni di genere e di etnia, e non ne rimane indifferente, solidarizzando ed eventualmente impegnandosi per aiutare chi le subisce.

Nel Novecento l’espressione “woke” esisteva già ed era usata soprattutto tra gli afroamericani, sia con l’accezione di “stare all’erta” rispetto a un pericolo, sia con quella più generica di essere a conoscenza di qualcosa.

La sua diffusione col significato attuale però risale allo scorso decennio, quando fu usata nell’ambito delle proteste di Black Lives Matter per esprimere il concetto a cui è stata poi associata negli ultimi anni: cioè la consapevolezza su una serie di questioni e problemi legati al razzismo e al sessismo sistemico – nel senso di radicati nelle istituzioni e nelle dinamiche sociali – della società americana (e per estensione di quelle occidentali).

Un termine quindi con un’accezione positiva, per chi lo usava riferendosi a un obiettivo e un’ambizione: si definivano woke per esempio le persone – perlopiù della cosiddetta generazione dei “millennial”, cioè i nati tra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta – che facevano attivismo in piazza e sui social network, che partecipavano alle proteste antirazziste o alle marce per i diritti delle donne, che sensibilizzavano sull’importanza di utilizzare un linguaggio rispettoso e inclusivo per riferirsi alle minoranze.

Man mano che la diffusione della parola è uscita dalle proteste di Black Lives Matter, ha iniziato a essere usata in altri modi.

Con l’aumentare del coinvolgimento dei giovani americani nelle battaglie per i diritti, woke è diventata un’espressione riferita spesso a persone che sono considerate “alleate” delle minoranze ma che appartengono a categorie identitarie ritenute in una posizione di maggiore potere.

Per esempio perché bianche, di sesso maschile, eterosessuali, cisgender (cioè che si riconoscono nel genere associato al sesso di nascita) o ricche, tutte caratteristiche che nell’ambito dei discorsi su questi temi vengono associate spesso al concetto di “privilegio”, inteso come vantaggio nella società contemporanea occidentale.

Più recentemente, però, woke è diventata sempre meno una parola rivendicata dalle persone che teoricamente dovrebbe descrivere, e sempre più usata invece dai loro critici e dai conservatori americani per indicare quella che considerano una pericolosa tendenza della sinistra, dei progressisti e più in generale dei Democratici.

 Con woke, cioè, la destra americana intende solitamente quello che identifica come un atteggiamento di dogmatismo intollerante e censorio, applicato nei confronti delle parole e delle idee che vanno contro le più moderne sensibilità sulle questioni delle minoranze e dei diritti civili.

Woke quindi è diventato un termine perlopiù negativo, usato con l’intento di ridicolizzare e attaccare i movimenti giovanili progressisti, associandoli alle loro espressioni più intransigenti e aggressive, presenti principalmente sui social network.

Per esempio le campagne portate avanti in diversi campus universitari americani per allontanare professori accusati – spesso pretestuosamente o ingiustamente – di aver usato parole offensive, oppure quelle che chiedono il licenziamento di personaggi pubblici di vario tipo per via di dichiarazioni considerate controverse, o che mobilitano grandi e bellicose masse di account contro qualcuno che abbia detto una cosa considerata disdicevole rispetto alle suddette sensibilità.

Queste dinamiche, che sono oggetto di riflessioni e studi anche preoccupati, soprattutto in ambito accademico, fanno più precisamente riferimento al fenomeno della “cancel culture”, e sono legate secondo molti non tanto all’impostazione ideologica woke quanto alle modalità con cui le piattaforme dei social network hanno reso il confronto tra idee diverse spesso violento, intollerante e polarizzato.

Questi aspetti non sono soltanto discussi e criticati dai conservatori, tutt’altro: è in corso un vivace dibattito anche tra progressisti e persone di sinistra sui problemi che derivano da questo tipo di approccio al confronto politico e alla ricerca accademica.

Anche tra opinionisti liberal, la parola woke viene talvolta usata per riferirsi genericamente a questo atteggiamento ritenuto in contrasto con i valori di tolleranza e dialogo a cui si ispira storicamente la sinistra.

Ma insieme all’intenzione offensiva, negli Stati Uniti i principali utilizzatori del termine woke oggi se ne servono anche spesso come strumento di propaganda e polemica, evocando con un termine efficace un pericolo disegnato come universale e prevalente, “un’ideologia” estremista che governerebbe il pensiero progressista.

 È una minaccia che sfrutta la particolare e minacciosa visibilità degli atteggiamenti e dei toni aggressivi e perentori usati nelle polemiche virali sui social network, e ha permesso in più occasioni di mobilitare il complesso di persecuzione e la reazione di parte dell’elettorato conservatore (una pratica di comunicazione simile è quella, familiare anche in Italia, attivata dai predicatori contro “la teoria gender”).

Nel suo editoriale tradotto da Repubblica, Stephens usa la parola woke in senso evidentemente dispregiativo. È un autore conservatore, i cui interventi sul New York Times sono stati spesso contestati, e tra le altre cose è noto per le sue posizioni scettiche riguardo alle responsabilità dell’uomo nella crisi climatica.

Nel suo editoriale, dice in sostanza che quella che chiama “ideologia woke” non avrà successo in quanto movimento che «distrugge, divide gli americani, rifiuta e sostituisce i valori fondanti della nostra nazione», e che agisce «in modo prescrittivo, non per un vero dibattito o una vera riforma ma per indottrinamento e sradicamento».

Stephens se la prende in particolare con la “critical race theory”, una teoria accademica che interpreta la storia, la cultura e le strutture politiche statunitense indagandone il ruolo nel razzismo sistemico della società.

 Da tema di nicchia, recentemente la “critical race theory” è diventata effettivamente un punto importante della campagna elettorale per il governatore dello stato della Virginia.

I Repubblicani l’hanno usata come spauracchio, distorcendola e ingigantendola e insistendo sulle intenzioni dei Democratici di introdurla nelle scuole. Secondo alcuni analisti, questo aspetto della campagna elettorale ha effettivamente avuto un ruolo nell’esito delle elezioni, vinte dai Repubblicani, per quanto ci siano opinioni discordanti su quanto sia stato effettivamente determinante.

All’editoriale di Stephens ha risposto il giorno dopo Charles Blow, editorialista del New York Times di orientamento liberal (liberal Dem Usa), che ha scritto che «la wokeness è stata descritta nei modi più iperbolici immaginabili, da ideologia a religione a culto» e per questo è stata abbandonata dai giovani che la usavano, ed è oggi prerogativa principalmente di chi vuole ridicolizzarla sottolineandone certi aspetti contraddittori, difficilmente comprensibili, elitari.

In ogni caso, perlomeno quando non aveva ancora una connotazione così politicizzata, anche l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva criticato alcuni aspetti dell’atteggiamento di chi «si sente sempre politicamente woke», e ha «quest’idea di purezza, che non si debba mai scendere a compromessi». Aveva invitato i giovani a superare questo approccio:

«Il mondo è incasinato, ci sono ambiguità, le persone che fanno cose molto buone hanno dei difetti, le persone contro cui combattete possono amare i loro figli e avere cose in comune con voi. Penso che un pericolo che vedo nei giovani e in particolare nei campus, accelerato dai social media, è l’idea che il cambiamento passi attraverso l’essere il più giudicante possibile verso le altre persone, e che questo basti.

Se twitto o uso un hashtag su come hai fatto qualcosa di sbagliato, o hai usato la parola sbagliata, allora posso sedermi e sentirmi molto bene con me stesso perché avete visto quanto sono woke?

 Ti ho sgridato. Non è attivismo. (…) Se tutto quello che fai è lanciare pietre, probabilmente non vai molto lontano. È facile fare così.

 

 

 

 

 

“Woke supremacy”, la nuova

deriva della sinistra liberal Usa.

It.insideover.com- Roberto Vivaldelli- (11 GIUGNO 2021)- ci dice :

 

A far tornare di moda il termine “woke” – nel senso di “essere consapevoli”, “ben informato” – è stato senza ombra di dubbio il movimento antirazzista Black Lives Matter, ma la sua origine è un po’ più complessa.

Come spiega La Repubblica, dal punto di vista grammaticale, woke è semplicemente il passato del verbo to wake: svegliare. Politicamente, evoca l’idea di un risveglio di stampo progressista:

 la “consapevolezza di problemi sociali e politici come il razzismo e la diseguaglianza”, secondo un dizionario dello slang di Washington. Secondo una definizione dell’Urban Dictionary, la “woke supremacy” riportata da Newsweek è la convinzione che le persone “woke” siano “superiori a quelle di tutte le altre razze, in particolare quelli che appartengono alla razza nera” e dovrebbero “quindi dominare la società”.

Woke, la parola chiave dei progressisti liberal Usa.

Come spiega Fox News, Merriam-Webster ha aggiunto la parola al suo dizionario nel 2017, definendo la persona “woke” come “consapevole e attivamente attenta a fatti e questioni importanti (in particolare questioni di giustizia razziale e sociale).”

Il dizionario di Oxford l’ha adottata lo stesso anno, definendo “woke” come “originariamente, ben informato, aggiornato. Ora principalmente, attento alla discriminazione e all’ingiustizia razziale o sociale”.

“La parola woke si è intrecciata con il movimento Black Lives Matter; invece di essere solo una parola che segnalava la consapevolezza dell’ingiustizia o della tensione razziale, è diventata una parola d’azione”, secondo Merriam-Webster.

Di fatto, “woke” è diventata la nuova parola d’ordine della sinistra progressista internazionale, la stessa sinistra liberal che negli Stati Uniti ha abbracciato, negli ultimi decenni, la politica dell’identità, ma soprattutto quella che secondo l’illustre politologo Francis Fukuyama ha deciso di esaltare “particolari forme di identità” anziché “costruire solidarietà attorno a vaste collettività come la classe operaia o gli economicamente sfruttati”, e si è concentrata “su gruppi sempre più ristretti che si trovano emarginati secondo specifiche modalità”. Da qui la guerra culturale e identitaria che sta dividendo la società americana in “tribù” – etniche, di genere – in competizione fra loro.

 

La Woke supremacy é evocata dal senatore repubblicano Tim Scott.

Benché si tratti di un’espressione piuttosto vaga ritornata in auge negli ultimi anni grazie alla popolarità di Black Lives Matter, l’essere “woke” non è una novità assoluta per la sinistra mondiale, anzi: è la solo versione più moderna e modaiola di quell’antico vizio di molti attivisti di sinistra, i quali credono – spesso a torto – che le loro opinioni siano più importanti, significative e intelligenti di chi la pensa diversamente, il vecchio mantra della superiorità morale – e culturale – della sinistra rispetto alla destra conservatrice.

Quella intollerabile spocchia che il senatore repubblicano di colore Tom Scott ha definito “Woke Supremacy”. Scott ha coniato la geniale espressione rispondendo alle osservazioni Joy Reid di MSNBC, secondo il quale il senatore stava presenziando a una conferenza stampa del Gop solamente per “dare una patina di diversità al partito”.

Ospite di Trey Gowdy su Fox News, Scott ha sottolineato che “la woke supremacy è un male tanto quanto la supremazia bianca” E ha esortato le persone a leggere un versetto del vangelo Matteo 5:44, che insegna ad amare i propri nemici. In un editoriale pubblicato sul Washington Post, Scott ha spiegato che la woke supremacy “è l’intolleranza della sinistra ‘tollerante’ per il dissenso. È una concezione progressiva della diversità che non include la diversità di pensiero. È una discriminazione falsamente spacciata come inclusione” spiega Scott.

 

Il senatore di colore della Carolina del Sud, eletto per la prima volta nel 2013, ha sottolineato che questa supremazia continuerà a dividere gli Stati Uniti “o possiamo scegliere di creare pari opportunità e accesso al sogno americano per tutti”.

 La reazione della sinistra alle sue parole è stata piuttosto scomposta: l‘editorialista liberal del Washington Post, Jonathan Capehart, lo ha definito uno “sciocco” e complice nel mettere a tacere le voci che chiedono giustizia razziale, mentre il collega del Post  Colbert King ha scritto che  Scott era “la prova vivente che né la diversità razziale né quella di genere sono garanti dal progressismo.”

Un altro editorialista liberal, Leonard Pitts, ha affermato che l’osservazione di Scott era “profondamente stupida”. Commenti che, di fatto, danno ragione proprio al senatore di colore. Non a caso, nell’ambiente conservatore, l’espressione “woke supremacy” viene ora associata al fenomeno della “cancel culture” e, in generale, a chi vuole tappare la bocca all’avversario politico.

Così il mondo dell’intrattenimento

si ribella alla dittatura “woke.”

 It.insideover.com-  Roberto Vivaldelli-(2 GIUGNO 2022)- ci dice :

 

Le grandi società statunitensi si stanno rendendo sempre più conto che seguire i dormi dell’ideologia “woke” non conviene. Accontentare una piccola fetta di spettatori fortemente ideologizzati, con la paura di finire nel mirino della cancel culture e dei relativi boicottaggi, non convince quella maggioranza silenziosa di americani che non intendono bersi la propaganda progressista sulle minoranze.

 Il caso di Netflix è emblematico: “troppo woke” e “inguardabile” secondo Elon Musk, che aveva così definito la piattaforma streaming lo scorso aprile, quando il titolo azionario è crollato del 35,1% sulla borsa di New York a causa degli ultimi dati diffusi circa il calo delle sottoscrizioni ai servizi di streaming dell’azienda, pari a 200 mila unità in meno tra gennaio e marzo.

 Certo, il problema principale è – soprattutto – l’affiorare di una concorrenza sempre più spietata, partendo da Disney+ ed Amazon Prime Video fino a per Apple Tv, ma di sicuro i titoli “inclusivi” non hanno aiutato Netflix a superare le turbolenze (basti pensare al flop fragoroso di Troy, Fall of a city”, con il famoso Achille nero).

Netflix sfida l’ideologia “woke”.

E così la società ha deciso di cambiare rotta, prima difendendo il celebre Dave Chappelle dalle accuse di “transfobia”, poi invitando i dipendenti a licenziarsi, se non gradiscono la nuova “linea editoriale” della piattaforma, che ora vuole premiare la libertà artistica, contro l’oppressione woke.

Come già sottolineato dal Giornale.it, infatti, il gigante dello streaming  ha invitato i suoi dipendenti a lasciare l’azienda se si sentono offesi dai contenuti che Netflix sta producendo.

L’azienda osserva che intrattenere il mondo è “un’opportunità straordinaria” e anche una sfida perché gli spettatori hanno “gusti e punti di vista” molto diversi. Il gigante dello streaming offre dunque una “varietà di programmi TV e film, alcuni dei quali possono essere provocatori”, si legge nella nuova sezione. “Per aiutare gli utenti a fare scelte informate su cosa guardare, offriamo valutazioni, avvisi sui contenuti e controlli parentali facili da usare”.

(La cancel culture esiste, ed è un problema.

La furia della cancel culture contro i Padri Fondatori.

I crociati del politicamente corretto.

La visione di Ted Sarandos in difesa della libertà.)

 

L’ultimo a finire sulla graticola della correttezza politica è il geniale Ricky Gervais, che nel suo spettacolo Super-nature in onda su Netflix ha deciso di non risparmiare nessuno dal suo caustico umorismo.

Nemmeno quelle minoranze – transgender, Lgbtq- che si sentono intoccabili e non ammettono che un comico possa scherzare su di loro, per nessun motivo.

Le battute di Gervais, manco a dirlo, sarebbero “transfobiche” e intolleranti, quando l’unica grave forma di intolleranza sembra essere proprio quella delle minoranze.

 Anche in questo caso Netflix ha deciso di difendere l’artista, segnando un’ulteriore inversione di tendenza rispetto al passato. In un’intervista rilasciata al New York Times, il ceo di Netflix, Ted Sarandos, ha affermato che i comici possono testare i confini solo “attraversando il limite ogni tanto”. Ha poi aggiunto: “Credo che sia molto importante per la cultura americana in generale garantire la libertà di espressione. Abbiamo in programma prodotti per molte persone diverse che hanno opinioni diverse e gusti e stili diversi. Vogliamo qualcosa per tutti, ma non tutto sarà per tutti”.

Il capo di Netflix ha aggiunto che la decisione di continuare a lavorare con Chappelle non è stata difficile. “Dave è, in ogni caso, il comico della nostra generazione, sicuramente il comico più popolare di Netflix”, ha detto entusiasta. “Nessuno direbbe che quello che fa non è premuroso o intelligente. Semplicemente puoi non essere d’accordo con lui”. Una presa di posizione fondamentale a difesa della libertà d’espressione, sempre più minacciate dalla follia progressista, quella dei libri spediti al rogo, delle statue che vengono vandalizzate e buttate giù, del totalitarismo della cultura della cancellazione.

“Se censuriamo negli Stati Uniti, come difenderemo i nostri contenuti in medio oriente?” si chiede infatti Sarandos.

Una questione di libertà di espressione e di parola perché come scrive Andrea Indini su IlGiornale.it, difendere oggi comici, come Dave Chappelle o Ricky Gervais, significa difendere la nostra libertà di domani.

 

 

 

DALLA GERMANIA- Woke: quando

il politicamente corretto

è l’anticamera della dittatura.

Ilsussidiario.net- (15.04.2021) - Edoardo Laudisi- ci dice :

A Berlino pubblicata una guida politically correct sull’inclusione per i dipendenti pubblici. Le differenze non omologate non sono più tollerate.

(Una manifestazione “Lgbt” a Colonia).

DA BERLINO – Recentemente il Senato di Berlino a maggioranza rosso-rosso-verde ha pubblicato una guida per i dipendenti pubblici che dispone l’uso corretto della lingua, in modo da renderla più inclusiva. La guida di 44 pagine fa parte di un programma nazionale sulla diversità, che mira a formare i dipendenti degli uffici pubblici per renderli in grado di comunicare con le persone indipendentemente dal loro sesso, origine etnica o colore della pelle, età, disabilità, religione, ideologia e identità sessuale.

L’Ufficio statale per la parità di trattamento contro la discriminazione, con sede presso l’ufficio del senatore della giustizia Dirk Behrendt (Verdi), si è occupato di stilare il regolamento.

Alle linee guida, che istruiscono sui corretti comportamenti ai quali il funzionario dovrà attenersi per essere più inclusivo, è allegata una lista con le parole da evitare o sostituire con termini politicamente corretti.

Le persone con un background migratorio, ad esempio, diventano “persone con una storia di migrazione” o “persone con una storia internazionale”.

Non si potrà più dire “stranieri”, ma piuttosto “residenti senza cittadinanza tedesca”. Anche il termine “richiedente asilo” dovrà essere sostituito perché fuorviante. Infatti esiste un diritto fondamentale all’asilo e quindi per chiarire il concetto e fissarlo bene nelle menti va usato il termine corretto di “persona avente diritto alla protezione”.

Secondo gli autori della neolingua impiegatizia, nero (schwarz in tedesco) non è la descrizione di un colore della pelle, ma la definizione politica di “persona che subisce il razzismo”. Per renderlo più chiaro, la “s” di schwarz va scritta rigorosamente in maiuscolo, come se fosse un sostantivo e non un aggettivo.

Inoltre, termini come “colorato” o “pelle scura” sono banditi, a causa del loro significato razzista, coloniale e discriminatorio.

 In questo contesto l’espressione “fare il portoghese”, che in tedesco si dice comunemente schwarzfahren, cioè viaggiare in nero, non si può nemmeno pensare e va cancellata dalle menti e rimpiazzata con la meno colorita “viaggiare senza un biglietto valido”.

Più avanti le istruzioni si avventurano in quella specie di labirinto di Cnosso che sono le espressioni dell’identità di genere, dedicandovi ben undici delle 44 pagine.

 Qui i dipendenti statali berlinesi vengono istruiti su concetti come “desiderio sessuale indipendente dal genere” e termini come “cissessualità”.

Il prefisso “cis” indica che una persona “vive secondo il genere assegnato alla nascita”, cioè che gli uomini si sentono uomini e le donne donne, cosa per nulla scontata nel terzo millennio, mentre con il termine pansessualità vengono prese in considerazione anche le persone transgender e intersessuali, nonché le persone “non binarie”.

La ragione di questo accanimento linguistico è un principio caro alla programmazione neurolinguistica, che mira a rieducare i comportamenti rimodellando il linguaggio. Opinioni e azioni sono influenzate e guidate dal linguaggio: agendo su di esso con un meccanismo di ricompensa (far parte dei buoni) / punizione (essere escluso dalla vita sociale), si può cambiare l’impronta culturale di un individuo e, se si fanno le cose in grande, di una società. Per ottenere l’effetto desiderato, però, la tecnica ha bisogno di una entrata che tutti possano accogliere a braccia aperte.

Molti sottovalutano la natura e gli obiettivi di quella che è a tutti gli effetti una ideologia importata in tempi relativamente recenti dagli Stati Uniti e il suo metodo invasivo di fare propaganda.

Funziona così: inizialmente si genera un’approvazione spontanea da parte del pubblico tendenzialmente progressista, avanzando delle richieste che tutti possono solo accettare, come l’antirazzismo o l’anti-sessismo.

Dopodiché, una volta che il pubblico ha associato gli attivisti con la categoria morale di causa buona e giusta, accogliendoli come i difensori degli oppressi, si apre il cavallo di Troia e zac, saltano fuori una serie interminabile di teorie estremiste, prevaricatorie, razziali, intolleranti, violente o semplicemente assurde come quella che nega la base biologica dei sessi.

A questo punto il sottoscrittore progressista va in confusione: non aveva dato il suo consenso per tutta quella roba, però non si può tirare indietro, perché la causa è pur sempre buona e giusta e poi hanno aderito tutti. Incapace di opporre ragionamenti critici, l’anima in pena finisce per affidarsi ai precetti politicamente corretti, esattamente come un tempo si affidava alla verità divulgata dal partito.

(Chi segue il politamente corretto è in definitiva …un nazista!Ndr.)

Un esempio pratico serve a chiarire. Prendiamo gli Antifa, un gruppo di attivisti sedicenti antifascisti presente in tutte le grandi città del mondo occidentale. Nessuno può seriamente avere qualcosa contro le persone che si oppongono al fascismo. Che l’Antifa, tuttavia, emuli di volta in volta ideali collettivisti o sovversivi, perseguiti chiunque la pensi in modo diverso proprio come un nazifascista, compia atti violenti contro cose e persone e non solo rifiuti l’ordine di base democratico, ma lo combatta apertamente, ha poco a che vedere con l’antifascismo e molto con la criminalità urbana.

Ma siccome in fondo si tratta di bravi ragazzi che combattono contro i cattivi, beh, si può sempre chiudere un occhio e magari anche due.

Nel suo libro “L’opinione pubblica e i suoi nemici “Bernd Stegemann, drammaturgo al teatro Berlin Ensemble e professore di Storia del teatro presso la scuola di recitazione Ernst Busch di Berlino, sostiene che il movimento americano Woke, i risvegliati, che si occupa di questioni identitarie, di giustizia sociale, razziale – Black life matters – e discriminazioni contro la comunità Lgbt, stia “cercando eventi sui quali mettere in scena la propria indignazione”.

Secondo Stegemann, non c’è l’intenzione di migliorare la società, ma quella di rappresentare uno scandalo che aumenti i sostenitori del gruppo facendo vergognare gli altri.

“Solo una parte esigua dell’opinione pubblica è ancora interessata a questioni serie trattate con ragionamenti razionali”, scrive Stegemann. “Per contro, il clamore sui temi della razza e del genere ha raggiunto vette altissime”.

 I sostenitori della politica identitaria vogliono che i gruppi umani siano ancora una volta differenziati in base alle caratteristiche di sesso, genere, colore della pelle, etnia, origine e religione.

 Per loro non si tratta di uguaglianza, ma di trattamento preferenziale.                              

La “Generation Offended”, come la definisce la pubblicista e regista francese Caroline Fourest, vorrebbe passare dalla polizia di stato alla polizia del pensiero.

Pochi media si oppongono a questa tendenza e l’impressione è che nella società contemporanea la libertà di espressione, la libertà di stampa e le capacità individuali siano meno importanti delle battaglie per la corretta morale.

 E allora ecco la smania di purificazione dei discepoli risvegliati che scrutano i social media per trovare tracce di un razzista, sessista, fascista e punirne i peccati.

Gli articoli di fede degli svegliati (WOKE) non possono essere discussi, sono verità rivelate. I critici sono razzisti, sessisti o malvagi. Quindi devono essere messi a tacere, per il momento con shit storms organizzati ad arte, in futuro chissà.

Per fortuna la politica identitaria alla base del fenomeno Woke inizia a trovare degli oppositori.

Intellettuali come lo scrittore britannico Douglas Murray o gli accademici afroamericani Glenn Loury, Coleman Hughes e John McWhorter, il matematico James Lindsay, il filosofo Peter Boghossian o lo psicologo canadese Jordan Peterson, ad esempio. In generale nei paesi anglosassoni la critica all’ossessione identitaria è più articolata rispetto all’Europa continentale, dove però iniziano ad alzarsi voci di dissenso. Una di queste è del drammaturgo berlinese Bernd Stegemann citato prima.

In un passaggio della sua “Storia della filosofia”, Bertrand Russell si sofferma sulle discussioni estenuanti dei dotti patristici intorno alla natura delle entità spirituali, mentre intorno a loro l’Impero romano andava in frantumi. Il filosofo britannico sospende per un attimo la sua indagine filosofica e annota laconicamente come invece di discutere di sesso degli angeli, costoro avrebbero fatto meglio a impiegare le loro energie per provare a riformare l’Impero romano.

 

 

 

Il servizio sanitario britannico

chiude la clinica  Tavistock che

sfornava bambini transgender.

tempi.it- Caterina Giojelli  -(30 Luglio 2022)- ci dice :

(Salute e bioetica).

 

Un'indagine definitiva conferma tutti i timori e le denunce di medici e pazienti. La gender clinic di Londra che somministrava farmaci sperimentali a migliaia di minori sarà smantellata.

Entro la primavera il Gender Identity Development Service (Gids) della Tavistock & Portman di Londra non esisterà più: dopo avere avuto accesso alle cartelle cliniche degli oltre 9 mila minori curati per disforia di genere negli ultimi dieci anni, il team di esperti guidato dalla pediatra in pensione Hilary Cass ha messo la parola fine all’incubo di Keira Bell e migliaia di ragazzini bollati come transgender e costretti a «un percorso tortuoso e inutile, permanente e che cambia la vita»: «L’attuale modello di cura – scrive Cass – espone i ragazzi a un rischio considerevole di disagio mentale e non rappresenta un’opzione sicura né praticabile a lungo termine».

L’inchiesta definitiva contro la Tavistock.

Davanti alle prove schiaccianti raccolte dagli esperti sulla quantità indescrivibile di trattamenti sperimentali ormonali prescritti ai bambini al di fuori dei consueti standard clinici e di tutela, il servizio sanitario inglese ha finalmente deciso:

 il Gids verrà chiuso, i suoi servizi verranno trasferiti ai centri regionali supervisionati dai principali ospedali pediatrici, come Great Ormond Street e Alder Hey.

Ma ci sono voluti più di tre anni, le dimissioni di massa di molti medici, le denunce dei pazienti in tribunale, le prime pagine del Times per porre fine al furto dell’infanzia e alla mercificazione dei corpi dei minori (cinquemila pazienti nel 2021, erano 250 solo dieci anni prima): «È in atto un esperimento di massa sui bambini, i più vulnerabili».

Tra di loro, Keira Bell, la ragazzina che a soli 16 anni e nel giro di tre soli appuntamenti, si trovò ad assumere bloccanti della pubertà, poi iniezioni di testosterone e a vent’anni a subire una doppia mastectomia. Fino a realizzare che ad essere sbagliato non era il suo corpo e decidere di ricorrere con tanti altri detransitioners come lei all’Alta Corte inglese contro la clinica.

(Il servizio sanitario britannico chiude la clinica che sfornava bambini transgender

 30 Luglio 2022.

La chiesa del Sacro Cuore di Maria a Boulder, Colorado, vandalizzata con slogan pro aborto

Se il mito dell’autodeterminazione diventa violento.

 24 Luglio 2022.

Il dottor Bell: «Non potevo far finta di niente».)

 

Lo scandalo della Tavistock era venuto alla luce alla fine del 2018, quando un rapporto sui metodi discutibili del Gids steso dallo psichiatra e psicanalista David Bell, responsabile dei servizi per gli adulti presso la Tavistock (che lo ostacolò e sanzionò in tutti i modi), era arrivato ai giornali.

Tempi aveva ripercorso l’intera vicenda qui: dieci medici (un terzo dei clinici alle prese con i bambini avviati alla clinica) avevano bussato alla porta del luminare più anziano per chiedere aiuto.

Al Gids, spiegavano, i bambini erano sempre più provati, e non sempre condividevano il senso di urgenza dei genitori. I loro capi liquidavano come “casi semplici” quelli di piccoli pazienti a cui diagnosticare immediatamente la disforia di genere e somministrare di default bloccanti della pubertà e ormoni sessuali incrociati.

Alcuni piccoli erano stati avviati al trattamento dopo due soli appuntamenti, bollati come trans, e da allora mai più seguiti.

 Secondo i medici il Gids stava inoltre arruolando troppi psicologi inesperti (e poco costosi). Il caso più grave riguardava un bambino, spedito da un endocrinologo per iniziare il trattamento a soli 8 anni. «Non potevo far finta di niente», raccontò Bell al Guardian.

«Volete un figlio vivo o una figlia morta?».

Quell’anno in 18 si licenziarono per “ragioni di coscienza” («questo trattamento sperimentale viene effettuato non solo sui bambini, bensì su bambini molto vulnerabili, che hanno avuto problemi di salute mentale, abusi, traumi familiari. Ma a volte questi fattori vengono semplicemente insabbiati», raccontarono al Times) seguendo l’esempio dello psicanalista Marcus Evans, il primo a contestare ciò che la clinica propinava come “trattamento reversibile” a minori con disturbi dello spettro autistico, nonché a genitori, già convinti da attivisti, celebrità ed influencer che la transizione fosse cosa normale, facile e indolore.

L’inchiesta del Times fece tremare il Regno Unito: i medici denunciarono le pressioni della clinica per avviare al percorso di transizione il più gran numero di bambini possibile dopo sedute di sole tre ore.

Nella fretta di accettare e celebrare la nuova identità transgender venivano ignorate storie familiari complesse, di ragazzi gay o autistici diagnosticati di default come “transgender”, avviati ai bloccanti ormonali a partire dai sedici anni.

 E raccontarono come le charity transgender avessero avuto responsabilità fondamentali nel promuovere tra madri e padri la transizione di genere come unica “cura” per i loro figli, citando la potentissima Mermaids: «Mermaids dice sempre ai genitori che è una questione di vita o di morte. “Preferiresti un ragazzo vivo o una ragazza morta?”: la narrazione di Mermaids è ovunque».

«Un esperimento dal vivo e non regolamentato sui bambini».

Molti professori e colleghi si unirono ai medici, editoriali affrontarono il tema della pericolosità dell’uso off-label dei farmaci, «un esperimento dal vivo non regolamentato sui bambini».

L’inchiesta sui servizi di riassegnazione aprì diversi contenziosi in tribunale, Tavistock diventò il centro di un’intensa attività di ispezione e monitoraggio da parte del ministero della Sanità, intervenne anche la politica.

Lo scorso anno un rapporto della Care Quality Commission bollò il Gids come «inadeguato», il punteggio più basso che può ottenere un operatore sanitario. Nel rapporto si denunciava la mancanza di registri, l’assenza di numeri, documenti di consenso dei pazienti, le valutazioni sommarie, liste di attesa assurde: 4.600 i giovani che si dicevano transgender cercavano di prenotarsi per un appuntamento.

Il rischio di avere interrotto lo sviluppo cerebrale dei bambini.

Eppure la verità è alla fine venuta a galla ed è ancora più terribile di quella che lasciavano immaginare le inchieste. Non solo nel rapporto di Cass – qui ben ripreso nei suoi passaggi più importanti dallo Spectator – si evince che per anni l’Nhs ha trattato bambini vulnerabili, angosciati e incerti sul loro genere, come transgender e con farmaci che avranno un impatto irreversibile sulla loro vita, senza sapere se quei farmaci potessero produrre i risultati attesi o, al contrario, rendere loro più difficile risolvere disagi e incertezze. Non solo i bloccanti della pubertà potrebbero aver avuto l’effetto opposto a quello che è stato così strenuamente rivendicato.

Ma: «Un ulteriore motivo di preoccupazione è che gli aumenti di ormone sessuale in adolescenza potrebbero innescare l’apertura di una fase critica per la rimappatura sulla base dell’esperienza dei circuiti neurali responsabili della funzione esecutiva (ossia la maturazione della parte del cervello coinvolta nel pianificare, prendere decisioni e giudicare). Se le cose stanno così, la maturazione del cervello potrebbe essere temporaneamente o permanentemente interrotta dai bloccanti della pubertà, cosa che potrebbe avere un impatto significativo sulla capacità di assumere decisioni complesse che comportano rischi, così come possibili conseguenze neuropsicologiche nel lungo periodo. A oggi, sono state condotte ricerche molto limitate sull’impatto di breve, medio e lungo periodo dei bloccanti della pubertà sullo sviluppo neuro-cognitivo».

In altre parole una revisione dell’Nhs ha dimostrato che i farmaci che lo stesso servizio sanitario ha somministrato ad alcuni bambini possono interrompere lo sviluppo cerebrale e lasciarli ancora meno in grado di prendere decisioni complesse. Tali farmaci potrebbero avere conseguenze a lungo termine per il funzionamento mentale dei bambini a cui sono stati somministrati.

Tre anni di «paura di essere accusati di transfobia».

«Tutto ciò solleva molte domande tristi – scrive lo Spectator -. Eccone solo due. Data la mancanza di prove a sostegno dell’uso dei bloccanti della pubertà e la quantità di preoccupazioni sollevate, perché ci è voluto così tanto tempo prima che le incertezze e i rischi legati al loro uso fossero ufficialmente riconosciuti? In quale altro contesto le autorità responsabili – mediche, governative e politiche – sarebbero state così lente a intervenire su un così scandaloso disprezzo per il benessere dei bambini?».

Già Bell, sconcertato dall’assenza di “teste rotolate” alla Tavistock dopo la sua denuncia, si era detto scioccato dalla riluttanza della sinistra ad occuparsi della questione: «Pensano che questo abbia a che fare con l’essere liberali, piuttosto che con la preoccupazione per come vengono curati i bambini.

Mermaids e Stonewall hanno fatto temere alle persone anche solo la possibilità di ascoltare un altro punto di vista». «Ciò che conta è la verità. Ma la paura di essere additato come transfobico ora prevale su tutto».

Il Times: i bloccanti come le lobotomie per la cura delle malattie mentali.

«Quando alla fine il servizio sanitario nazionale ha deciso di indagare, il rapporto della dottoressa Hilary Cass è stato spaventoso – scriveva ieri il Times sull’epilogo di una vicenda seguita dai suoi giornalisti per oltre tre anni -.

La clinica non era riuscita a tenere registri accurati di tutti i bambini trattati con ormoni dopo la loro crescita. Non c’è stato un monitoraggio a lungo termine degli esiti, nessun tentativo di guardare ad altri fattori che influenzano il benessere mentale e nessuna distinzione tra esperienza clinica e lo stridente attivismo di coloro che hanno insistito sul fatto che i diritti dei trans fossero soprattutto una questione di accettazione sociale e politica.

 La scienza non dovrebbe mai essere prigioniera dell’ideologia, né gli scienziati dovrebbero essere intimiditi per smorzare i dubbi sulla pratica attuale.

 La dipendenza della Tavistock dai bloccanti della pubertà è stata paragonata alla mania del Ventesimo secolo per la cura delle malattie mentali con le lobotomie. Si basa su poche prove cliniche ma diventa una cura universale. I bambini sono soggetti a una miriade di fattori che influenzano la loro salute mentale: anoressia, autolesionismo, isolamento e relazioni interrotte.

 La dismorfia corporea dovrebbe essere inserita nel contesto dell’assistenza pediatrica generale, come sarà ora. Le preoccupazioni per l’ottusa ideologia del Tavistock sono state a lungo evidenziate dagli scrittori del Times. Finalmente il governo ha ascoltato».

In Italia al Saifip del San Camillo di Roma opera indisturbato un istituto “Gemello “ del Tavistock di Londra che applica anche oggi gli stessi protocolli.

(L’Italia è ancora uno scandalo : siamo rimasti  gli ultimi  nuovi nazisti !Ndr).

 

 

 

La cancel culture e

il woke capitalism.

Rivistapaginauno.it-  Giovanna Baer –( 3 Luglio-settembre  2021)- ci dice :

 

I valori progressisti come strumento di branding delle imprese, il “radicalismo sociale” e il “radicalismo economico”.

Il 7 luglio dello scorso anno un gruppo di giornalisti, scrittori e docenti universitari (e fra loro alcune delle più celebrate menti del dibattito civile americano, fra cui Noam Chomsky) ha pubblicato su Harper’s Magazine un documento condiviso dal titolo” A letter on justice and open dibate” (“Una lettera sulla giustizia e la libertà di dibattito”)) che ha fatto molto discutere.

 La lettera parla di una dinamica esplosa sulla scena pubblica americana solo in tempi recenti, ma i cui effetti – secondo i firmatari – rischiano di paralizzare l’esercizio del libero pensiero. Le istituzioni culturali statunitensi stanno in effetti affrontando un momento di dura prova.

Le proteste per la giustizia razziale di Black Lives Matter e in generale dei movimenti che chiedono una maggiore uguaglianza e inclusione sociale sono riuscite a ottenere grandi risultati (per esempio la riforma dei Corpi di polizia), ma hanno anche “intensificato una nuova serie di atteggiamenti morali e di impegni politici che tendono a indebolire le nostre norme sulla libertà di espressione e di tolleranza delle differenze in favore del conformismo ideologico”.

Il libero scambio di informazioni e idee, la linfa vitale di una società liberale, sta diventando ogni giorno più ristretto, sostituito, secondo i firmatari, dall’intolleranza verso i punti di vista opposti, il facile ricorso alla pubblica gogna e all’ostracismo, e la tendenza a dissolvere questioni politiche complesse in un’accecante certezza morale.

“I redattori vengono licenziati per aver pubblicato pezzi controversi; i libri vengono ritirati per presunta inautenticità; ai giornalisti viene impedito di scrivere su certi argomenti; i professori vengono indagati per aver citato opere di letteratura in classe; un ricercatore viene licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico sottoposto a revisione paritaria; e i capi delle organizzazioni vengono estromessi per quelli che a volte sono solo errori maldestri. Qualunque siano le argomentazioni su ogni particolare incidente, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che può essere detto senza la minaccia di rappresaglie”.

La lettera si riferisce alla cosiddetta “cancel culture”, un termine che deriva dallo slang afroamericano e si è diffuso su Black Twitter  per significare la decisione personale, talvolta seria, talvolta scherzosa, di ritirare il supporto dato in precedenza a una persona o a una causa.

 Intorno al 2015, il movimento femminista #MeToo ha fatto sua questa forma di protesta e l’ha utilizzata nella sua battaglia contro i predatori sessuali, come Harvey Weinstein o Robert Kelly. Da allora, la cancel culture è vista, soprattutto in prospettiva liberal Dem Usa , come lo strumento ideale per dar voce alle minoranze (le donne, i singoli gruppi razziali, i movimenti lgbt, ecc.), che possono, attraverso l’enorme cassa di risonanza del web, denunciare abusi e chiedere a coloro che detengono ricchezza, potere e privilegi di assumersi finalmente le proprie responsabilità e rimediare alle ingiustizie.

Come scriveva l’opinionista nera Danielle Butler nel 2018: “What people do when they invoke dog whistles like ‘cancel culture’ is illustrate their discomfort with the kinds of people who now have a voice and their audacity to direct it towards figures with more visibility and power” . Purtroppo, i social media sono passati molto velocemente dal chiedere responsabilità (accountability) a pretendere che i cattivi (reali o immaginari) vengano puniti per le loro colpe (anche d’opinione) immediatamente, in modo esemplare e senza contraddittorio.

Ligaya Mishan del New York Times  spiega che l’azione di denuncia iniziale è deflagrata in una vasta gamma di interventi on e off line (dalle minacce allo stalking, dall’ostilità all’intimidazione, per arrivare in qualche caso addirittura alle lesioni personali) portati avanti nei confronti di individui percepiti come “tossici” (cioè il cui pensiero o comportamento viene ritenuto pericoloso da una determinata comunità di individui), con l’obiettivo di convincere il presunto reo a fare ammenda e a “non peccare più”, oppure a essere permanentemente bannato dai circoli sociali. La cancel culture, in altre parole, si è trasformata in una moderna caccia alle streghe.

Il 28 maggio dello scorso anno, David Shor, un analista politico, ha avuto l’idea di pubblicare via Twitter una considerazione. Era passato poco tempo dalla morte di George Floyd, e accanto a pacifiche proteste di massa si erano verificati molti saccheggi e altri atti vandalici sia a Minneapolis che altrove.

Shor, citando una ricerca del politologo di Princeton Omar Wasow, ha suggerito che la reazione dell’elettorato moderato a questi gesti violenti avrebbe potuto aiutare la rielezione di Trump .

Ari Trujillo Wesler, la fondatrice di OpenField, una app di propaganda democratica Dem Usa , lo ha subito accusato in una serie di tweet di essere “anti-nero”.

 Il giorno seguente Shor si è scusato per il tweet (e perché mai?, ci chiediamo) e tuttavia poco dopo è stato licenziato.

Shor ha firmato un accordo di non divulgazione che gli impedisce di parlare liberamente della vicenda, e Civis, la società per cui lavorava, non intende commentare, ma la consecutio temporum degli avvenimenti non lascia spazio a dubbi .

Emmanul Cafferty è un uomo alto, calmo e muscoloso, sulla quarantina, nato e cresciuto in una comunità operaia multirazziale a sud di San Diego, e lavorava come autista per la San Diego Gas & Electric Company. Alla fine di una giornata di lavoro del giugno 2020 stava guidando verso casa sul suo camioncino, con un braccio fuori dal finestrino, quando una macchina l’ha pericolosamente superato a un incrocio. Al semaforo successivo il guidatore lo ha aspettato e ha iniziato a insultarlo facendogli il gesto che significa “ok” e fotografandolo con lo smartphone, al che Cafferty, perplesso, gli ha ricambiato il gesto e se ne è andato sperando di togliersi dai guai .

Due ore dopo Cafferty è stato chiamato dal suo capo: gli è stato comunicato che qualcuno aveva postato su Twitter delle foto che lo ritraevano alla guida del furgone della società mentre faceva il gesto dell’“ok” alla telecamera, un gesto che, secondo il misterioso delatore, era “tipico dei suprematisti bianchi” , e dozzine di persone stavano chiamando la società per chiedere le sue dimissioni. Alla fine della telefonata il malcapitato si è ritrovato sospeso senza stipendio e il lunedì successivo è stato licenziato in tronco. Tuttavia sarebbe stato perlomeno strano che Cafferty simpatizzasse per la supremazia bianca: le sue origini sono al 75% latine (lo sono sia la madre che la nonna paterna), non si è mai interessato di politica (non è nemmeno iscritto al registro elettorale) e la San Diego Gas & Electric Company, a cui ha fatto causa, non è riuscita a presentare in tribunale alcun precedente razzista che lo riguardi. Eppure, il suo impiego non gli è stato ancora restituito.

Isabel Fall ha pubblicato nel 2020 sulla rivista Clarkesworld un racconto intitolato                I Sexually Identify as an Attack Helicopter (“Mi identifico sessualmente in un elicottero d’attacco”), che parla della disforia di genere, cioè del malessere che si sperimenta quando non ci si riconosce nel proprio sesso biologico.

 Il racconto ha fatto infuriare molti lettori: la Fall è stata accusata di transfobia, è stata molestata, i suoi dati personali sono stati pubblicati online ed è stata bannata dai social media. Peccato che Isabel Fall fosse lo pseudonimo usato da una scrittrice trans per raccontare la sua lotta personale alla disforia di genere, e che la vicenda l’abbia obbligata a rivelare la sua vera identità e a fare outing per difendersi dalle accuse .

 

Niel Golightly, 62 anni, il capo delle comunicazioni della compagnia aerea Boeing, si è dimesso il 2 luglio del 2020 con una lettera di scuse per un articolo che aveva pubblicato nel 1987, quando era un giovane ufficiale di Marina.

In quest’articolo, Golightly si schierava contro la presenza delle donne nell’esercito americano. Un dipendente molto zelante ha portato all’attenzione dei vertici della società il vecchio pezzo (peraltro scritto in un periodo in cui l’argomento era culturalmente molto controverso, anche da parte femminile), chiedendo la testa del dirigente.

Dopo l’omicidio di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis nel mese di maggio, l’amministratore delegato della Boeing, David Calhoun, aveva dichiarato che l’azienda non avrebbe tollerato “bigottismi di qualsiasi tipo” e che la società avrebbe “raddoppiato la determinazione per eliminare comportamenti che violano i nostri valori e feriscono i nostri colleghi”.

“L’articolo che ho scritto – e che conteneva opinioni che ho successivamente cambiato – è una lettura dolorosa. Dolorosa perché [queste opinioni] sono sbagliate. Dolorosa perché sono offensive per le donne” afferma Golightly nella lettera di dimissioni, pubblicata sul New York Times. Sempre Golightly ha dichiarato in un’intervista successiva che le opinioni che ha espresso quando era un giovane pilota non rappresentano in alcun modo ciò in cui crede oggi, e che le persone dovrebbero avere spazio per maturare e cambiare le loro idee man mano che le loro carriere progrediscono senza essere giudicati per ciò che pensavano decenni fa. Del resto, quante opinioni degli americani del 1987 reggerebbero a un esame secondo gli standard di oggi?

 

Gli esempi possibili di cancel culture sono tantissimi, e il boicottaggio non si ferma a persone che vivono nel presente, ma si estende a personaggi storici, libri, opere d’arte, in uno sforzo a tutto tondo di riscrivere la storia:

le statue di George Washington e Thomas Jefferson vengono divelte o imbrattate perché i due Padri Fondatori possedevano schiavi, libri contro la discriminazione razziale come Huckleberry Finn di Tom Sawyer e How to Kill a Mockbird (Il buio oltre la siepe) di Harper Lee vengono tolti dalla lista dei libri di scuola perché contengono la “n word”(nigger), il film Via col vento (vincitore di nove premi Oscar) è stato rimosso dalla piattaforma HBO perché giudicato razzista, e così via, in un trionfo di mob justice sempre meno condivisibile.

 

Loretta Ross, 67 anni, è davvero una figura improbabile contro cui ingaggiare una guerra culturale. Professoressa allo Smith College (i suoi corsi sono Supremazia bianca nell’era di Trump e Giustizia riproduttiva), Ross è una femminista nera radicale che lavora per i diritti civili da quarant’anni ed è una dei firmatari della lettera di denuncia su Harper’s Magazine, per la quale lei stessa è stata called out. “C’è una tale ironia nell’essere chiamata fuori per aver chiamato fuori la cultura del call-out”, ha detto. “È stato davvero esilarante” . A suo parere, cancel culture significa che “le persone cercano di espellere chiunque non sia perfettamente d’accordo con loro, piuttosto che rimanere concentrate su coloro che traggono profitto dalla discriminazione e dall’ingiustizia”.

Mantenere il focus sulle piccole violazioni individuali del contratto sociale non aiuta gli invisibili, le minoranze, l’inclusione sociale.

La teoria dei criminologi George L. Kelling e James Q. Wilson (che postulava come la repressione dei crimini minori avrebbe impedito quelli più grandi)  messa in pratica dalla polizia USA negli anni Ottanta non ha ridotto il tasso di criminalità, ma ha condotto alla piaga dello stop-and-frisk: la gente comune, innocente e il più delle volte di colore, viene costantemente trattata come sospetta, e di conseguenza viene fermata, perquisita e interrogata senza alcuna vera ragione.

E non è nemmeno un fenomeno nuovo, a dire il vero. In una conversazione del 1972 con Michel Foucault, il filosofo francese Benny Lévy (che allora utilizzava il nom de guerre di Pierre Victor) sottolineava l’ingiustizia profonda fra il trattamento riservato, alla fine della seconda guerra mondiale, a “quelle giovani donne la cui testa fu rasata perché erano andate a letto con i tedeschi”, mentre un gran numero di coloro che avevano collaborato attivamente con i nazisti (industriali, politici, intellettuali) rimanevano impuniti: “Così al nemico fu permesso di sfruttare a suo favore questi atti di giustizia popolare: e non parliamo del vecchio nemico – le forze di occupazione naziste – […] ma del nuovo nemico, la borghesia francese” .

“Nonostante gli ingegneri libidici del capitale rivendichino l’egualitarismo dei social media… questi sono allo stato attuale un territorio nemico, dedicato alla riproduzione del capitale” ha scritto il critico culturale britannico Mark Fisher nel suo saggio del 2013 Exiting the Vampire’s Castle , che ha profetizzato la cancel culture attuale.

 Twitter non è l’equivalente digitale della pubblica piazza, per quanto venga propagandato come tale. Pensiamo che sia uno spazio aperto perché non paghiamo l’ingresso, dimenticando che è un’impresa commerciale, impegnata ad ammassarci al suo interno, in cui siamo clienti ma anche lavoratori a costo zero costantemente impegnati a rendere la piattaforma sempre più preziosa. E la prima legge del Castello dei Vampiri (CDV) è individualizzare e privatizzare tutto: “Mentre in teoria sostiene di essere a favore della critica strutturale, in pratica il CDV non si concentra mai su nulla se non sul comportamento individuale. […] L’attuale classe dirigente propaga ideologie di individualismo, mentre tende ad agire come una classe. Il Castello dei Vampiri fa l’opposto: a parole gli importa solo di ‘solidarietà’ e ‘collettività’, mentre agisce sempre come se le categorie individualiste imposte dal potere reggessero davvero”.

Secondo Fisher, una sinistra che non ha la classe al suo centro può essere solo un gruppo di pressione liberal Dem Usa, a maggior ragione oggi che i valori progressisti sono diventati un potente strumento di branding.

L’editorialista del New York Times Ross Douthat, in riferimento a quelle aziende che usano il sostegno a cause considerate di sinistra come uno strumento di marketing, ha coniato il termine woke capitalism.

Invece di riformare le proprie politiche e strategie, queste aziende gravitano verso segnali a basso costo e alta risonanza. Scrive Helen Lewis su The Atlantic :

“Coloro che detengono il potere all’interno delle istituzioni amano gesti progressisti vistosi, come pubblicare sui social media post solenni e monocromatici che deplorano il razzismo; nominare la loro prima donna nel consiglio di amministrazione; licenziare impiegati di basso livello stigmatizzati dalle community online; perché ciò li aiuta a preservare il proprio potere. A quelli che stanno in cima, invece, sproporzionatamente bianchi, maschi, ricchi e altamente istruiti, non viene chiesto di rinunciare a nulla”.

In altri termini, la cancel culture, dipinta come lo strumento a lungo atteso dalle minoranze per far finalmente sentire la propria voce, è in realtà una dimostrazione dell’indisponibilità delle istituzioni a tollerare qualsiasi controversia.

 Lewes lo definisce attivismo sintetico: fa sentire i membri dei social media pieni di entusiasmo, buoni sentimenti e impegno sociale quando in effetti costoro non cambiano una virgola del mondo reale.

Negli Stati Uniti, il diversity training (la formazione alla diversità) vale 8 miliardi di dollari all’anno, secondo Iris Bohnet, professore di Politica pubblica alla Kennedy School di Harvard. Eppure, dopo aver analizzato i programmi di ricerca condotti sia negli Stati Uniti che in Paesi in una situazione di post-conflitto come il Ruanda, ha concluso:

“Purtroppo non ho trovato un solo studio che abbia rilevato che il diversity training porti effettivamente a una maggiore diversità”.

 Ma le aziende adorano questi strumenti, prodotti da un approccio concettuale che considera il pregiudizio come un difetto morale degli individui piuttosto che un prodotto dei sistemi, e che pertanto incoraggia il pentimento personale, piuttosto che la riforma istituzionale. Perché aumentare i salari a minoranze e donne, quando si può far seguire ai dipendenti un seminario?

Ciò che è vitale comprendere, secondo Lewis, è la differenza fra radicalismo economico e radicalismo sociale, che potrebbe essere descritta, con un linguaggio più simile a quello di Fisher, come la differenza tra identità e classe. In sintesi, tutto ciò che non altera la struttura di classe o la distribuzione del reddito è socialmente radicale, mentre tutto ciò che costa realmente potere o denaro alla classe dominante è economicamente radicale.

 La parità di salario è economicamente radicale, mentre assumere un amministratore delegato donna o appartenente a una minoranza è socialmente radicale.

Cambiare il nome di un edificio in un’università è socialmente radicale, mentre aumentare del 5% la quota di ammissioni destinate ai neri ed eliminare il sistema delle “ammissioni ereditate”  sarebbe economicamente radicale.

Il capitale ha sottomesso la working class organizzata distruggendo la coscienza di classe, soggiogando ferocemente i sindacati e convincendo i lavoratori a identificarsi con i loro interessi individuali invece che con gli interessi della classe cui appartengono.

Per mantenere lo status quo cosa c’è di meglio di una ‘sinistra’ che sostituisce la politica di classe con un individualismo moraleggiante e che, lungi dal costruire solidarietà, diffonde paura e insicurezza?

 

La cancel culture, invece di aiutare le classi deboli a ottenere giustizia sociale e condizioni di vita più accettabili, mira a dividerci gli uni dagli altri, illudendoci di contare qualcosa quando in effetti abbiamo sempre meno potere.

 Jodi Dean, teorica politica e professore di Scienze Politiche allo Smith College di New York, ha isolato una nuova entità che ha definito capitalismo comunicativo .

 Il capitalismo comunicativo consiste nella fusione fra democrazia e capitalismo in un’unica formazione neoliberista, realizzata sul web, che sovverte gli impulsi democratici delle masse incoraggiando l’espressione emotiva rispetto al discorso logico.

Secondo Dean, da un lato le nostre pratiche quotidiane di ricerca, collegamento e comunicazione online intensificano la nostra dipendenza dalle reti di informazione cruciali per il dominio finanziario e aziendale del neoliberalismo.

Dall’altro, il capitalismo comunicativo cattura i nostri interventi politici, formattandoli come contributi di intrattenimento, in un processo che li svuota di ogni efficacia, ma fa sentire noi protagonisti e coinvolti. Divide et impera: il motto è sempre quello.

 

 

 

 

L’ideologia Gender e

la distruzione della famiglia.

 Notiziecristiane.it- Redazione- Disinformazione.it-(11 Luglio 2015)- ci dice:                                                                                           

 

Dopo gli ultimi ddl presentati in Parlamento su omofobia, pseudo-diritti delle coppie gay, ecc.

 Vorrei sottolineare la pericolosissima deriva culturale, sociale e quindi spirituale che sta interessando l’Occidente e che contempla, tra le altre cose, la distruzione della famiglia per arrivare in ultima istanza alla legittimazione della pedofilia.             Una deriva che ha l’obiettivo occulto di distruggere in tutti i suoi aspetti l’uomo e la concezione che noi abbiamo di esso, per creare il cosiddetto Uomo Nuovo, un individuo privo di identità.

Ideologia di genere (gender).

I Poteri Forti stanno spingendo e promuovendo a suon di dollari l’idea di genere (gender).

Potremo dire addio all’identità dell’essere umano, nel suo naturale dimorfismo maschile e femminile, perché per l’ideologia gender le differenze sessuali tra maschio e femmina non avrebbero più alcuna importanza, se non dal punto di vista culturale. Pertanto non hanno senso di esistere!

L’obiettivo è rimodellare l’immagine stessa dell’uomo, imponendo a tutti, partendo dai più piccoli, una nuova concezione di sessualità ideologica.

Tra il maschio e la femmina vi sarebbero un numero indefinito di altri “generi” o “orientamenti sessuali”, tra cui l’omosessualità, il lesbismo, la bisessualità e la pedofilia; generi che sarebbero normalissimi né più ne meno come l’eterosessualità.

Questa pericolosa e assai deviante ideologia viene sovvenzionata, foraggiata e promossa dall’élite dominante (ora tutta convinta dal progressismo Liberal Dem Usa.Ndr) in una vastissima e immensa operazione socio-culturale.

Il braccio militante di questo processo culturale sono i movimenti gay e omosessualisti.(Ora anche i progressisti liberal Dem Usa.Ndr.)

Questi gruppi, una volta minoritari e soprattutto squattrinati, negli ultimi anni hanno acquisito un potere enorme e visto affluire fiumi di finanziamenti pubblici e privati, da parte di lobbies di altissimo livello. Per quale motivo?

Semplice: l’ideologia di genere funge da “cavallo di Troia” per manipolare e sradicare la natura stessa dell’uomo.

Lo scopo è, come detto prima, creare un Uomo Nuovo, completamente diverso dall’attuale e assolutamente innaturale: privo di ogni identità, sessuale ma non solo…

Il padre ufficiale dell’ideologia di genere è lo psichiatra sessuologo della John Hopkins University, John William Money (1921-2006), secondo il quale “l’identità sessuale è sostanzialmente un prodotto della società e pertanto duttile e malleabile alla nascita”.

Il suo sogno era una sorta di democrazia sessuale in cui ogni tipo di rapporto sessuale, compresa la pedofilia, sarebbe stato promosso e legalizzato!

Money scrive: “La pedofilia e la efebofilia (amore per gli adolescenti) non sono una scelta volontaria più di quanto lo sia il fatto di essere mancini o daltonici”.

La pazzia di questo psichiatra ha raggiunto l’apoteosi quando interveniva chirurgicamente nei bambini che avevano dei peni di dimensione ridotta, operandoli per trasformarli in “bambine”. Lo scopo era dimostrare che l’identità sessuale è una “sovrastruttura culturale”.

I suoi allucinanti esperimenti ovviamente sono stati un fallimento su tutta la linea, ma nonostante questo ancora oggi qualcuno azzarda a tirare fuori le sue teorie.

La perversa visione di Money sta diventando tristemente reale, perché dopo 50 anni in cui la pedofilia è sempre stata considerata dalla psichiatria una “malattia”, oggi sembra essere un banale “orientamento sessuale”.

Lo denuncia in America l’A.F.A., l’American Family Association, una organizzazione no-profit fondata nel 1977. Secondo l’Associazione famiglia americana, la potentissima casta degli psichiatri americani (A.P.A.), distingue per la prima volta tra pedofilia e atto pedofilo: solo l’atto sessuale viene considerato “disordinato” per le conseguenze che ha sui bambini.

Possiamo accettare che «il desiderio sessuale verso i bambini è un orientamento» come tutti gli altri? La casta degli psichiatri statunitensi sta cercando di sdoganare e rendere l’atto più tremendo e miserabile che si possa commettere ai danni di un bambino, un banalissimo orientamento, una scelta sessuale?

Se non è oggi sarà domani, ma anche questo rientra nel progetto…e le pressioni sono enormi.

La stampa di regime, cioè il cane da guardia che invece di controllare la politica e il potere, controlla il popolo, è stata attivata. Il 9 febbraio scorso il libero quotidiano La Repubblica esce con una indagine Ipsos, commissionata da “Save the children” il cui risultato sarebbe agghiacciante, se ovviamente fosse vero: 1 italiano su 3 considera “accettabile” il sesso con minori.

Siamo nella più becera propaganda: far credere alle masse, cioè al gregge disorientato, che la maggior parte degli italiani “accetta” la pedofilia.

I Poteri Forti.

I loro nomi li abbiamo già elencati innumerevoli volte.

Il filantropo ebreo ungaro-statunitense George Soros non manca mai, è onnipresente.

Questo pericoloso individuo e la sua Open Society Institute, oltre a elargire quantità industriali di soldi in tutte le primavere arabe, le rivoluzioni colorate e quelle antirusse, da un po’ di anni si è rivolto anche alle organizzazioni gay.

Non potevano mancare i colleghi filantropi Bill Gates, patron della Microsoft e Jeff Bezos, patron di Amazon; il Goldman Fund, della banca ebraica privata più potente al mondo; la Rockefeller Foundation e la Fondazione Ford.

Poi vi sono alcune società molto quotate come Kodak, Chevron, JP Morgan, Toyota, Pepsi, Ubs, Ibm, Johnson&Johnson, Merril Lynch, Apple, AT&T, Nike, Chrysler, Xerox, ecc.

Per quali motivi queste società donano a fondo perduto moltissimi soldi alla causa omosessuale, ai matrimonio tra gay? Lo fanno per un ritorno economico, di immagine, per ripulirsi la coscienza? O forse c’è dell’altro…

Distruzione di famiglia e scuola.

Lo scopo, come detto, è l’omologazione globale: cancellare le differenze, le diversità per renderci tutti uguali. Demolire le identità sociali, religiose, politiche, culturali e ovviamente sessuali.

Il passaggio che sta avvenendo in questo periodo è la distruzione del concetto di famiglia, perché questa strana e antiquata istituzione è un ostacolo enorme ai loro progetti.

Un uomo privo di valori e senza punti di riferimento è un uomo in balia degli eventi e quindi facilmente manipolabile.

Una raccomandazione del 2010 del Comitato dei Ministri Europeo invita ad introdurre nelle scuole appositi momenti di “sensibilizzazione” degli studenti sulle tematiche della “discriminazione” verso i gay e le lesbiche.

In Francia dall’anno 2013/2014 è stato reso obbligatorio in tutte le scuole di ogni ordine e grado un corso di insegnamento basato sull’ideologia di genere, con lo scopo esplicito di “trasformare la mentalità dei giovani”. Trasformarla in che senso e in quale direzione? Da noi le cose non sono tanto migliori. A Venezia gli insegnanti saranno affiancati da controllori chiamati a correggere le espressioni ritenute “discriminatorie” e quindi offensive.

Tale progetto ha lo scopo di “promuovere un’educazione oltre gli stereotipi di genere, acquisendo la capacità di coglierli e saper andare oltre”.

In Veneto quindi, se qualche insegnante vorrà parlare di gay e generi sessuali, potrà farlo soltanto con l’assistenza di un tutor deputato a valutarne le parole onde correggere quelle eventualmente considerate non conformi alla linea di principio antidiscriminatoria.

Si è iniziato anche a modificare i termini della lingua italiana, sempre nella direzione del politicamente corretto:

 in alcuni comuni italiani nei moduli sono misteriosamente sparite le parole “padre” e “madre” per far posto alle parole molto più corrette: “genitore 1”, “genitore 2” o “coppie di fatto”. Nel progetto di legge “Matrimoni e adozione per tutti”, all’articolo V si stabilisce che le parole “marito” e “moglie” saranno sostituti da un più neutro “sposi”, mentre “padre” e “madre” dal termine genitori. Il tutto per non discriminare…

Il ruolo dell’OMS.

Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) da un po’ di anni ha iniziato ad occuparsi dello sviluppo sessuale dei bambini europei.

In un documento ufficiale, a cura dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA (Federal Centre for Health Education, Centro Federale per l’Educazione e la Salute – Germania) intitolato “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”, l’ente sovranazionale prescrive alcune direttive a dir poco inquietanti.

Il documento in italiano, scaricabile in formato pdf, è stato curato della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica.

Da 0 a 4 anni l’OMS prescrive l’apprendimento del “godimento e piacere quando giochiamo con il nostro corpo: la masturbazione della prima infanzia”.

Da 0 a 4 anni è l’età ideale per “la scoperta del corpo e dei genitali”.

Da 0 a 4 anni è l’età ideale per “esprimere i bisogni, i desideri e i limiti, ad esempio nel gioco del dottore”.

Da 0 a 4 anni è l’età ideale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per “consolidare l’identità di genere”.

Da 4 a 6 anni è l’età ideale per la “masturbazione” e si può tranquillamente “parlare di argomenti inerenti alla sessualità”.

Da 6 a 9 anni è l’età ideale per conoscere e difendere i “diritti sessuali di bambini e bambine”.

Da 6 a 9 anni è l’età ideale “l’amicizia e amore verso persone dello stesso sesso”.

Da 9 a 12 anni è l’età ideale per sapere tutto sulla “riproduzione e pianificazione familiare”, oltreché i “diversi tipi di contraccettivi” e i “rischi e conseguenze del sesso non protetto (gravidanze indesiderate)”.

Cambiamento di sesso on demand.

Proposta choc: “Blocchiamo la pubertà e indirizziamola”.

Chiesto il via libera alla Regione Toscana per aprire il fronte della diagnosi precoce nei bimbi che manifestano i disturbi. “Nei bimbi si tratta di capire se giocano ad esempio con le bambole o indossano i vestiti della sorella”.

Con questa diagnosi si potrebbe seguire la crescita prima dello sviluppo di tutti gli organi sessuali: “Ci sono farmaci che bloccano la pubertà precoce e abbiamo chiesto di estenderli anche sulla pubertà inadeguata, in modo da indirizzare subito la pubertà verso il sesso che veramente sente il paziente”. In alcuni Paesi europei questo sta già avvenendo.

Il Vu Medical Center alla periferia di Amsterdam per esempio ha sviluppato un metodo che prevede la “sospensione della pubertà” per teenager. Farmaci appositi bloccano la produzione degli ormoni sessuali e dopo un periodo che può arrivare al massimo a 4 anni gli adolescenti possono venire reindirizzati, grazie ad un’altra terapia ormonale, verso la pubertà dell’altro sesso.

In Gran Bretagna i bambini potranno cambiare sesso (sempre grazie a farmaci noti come bloccanti ipotalamici) già all’età di 9 anni.

I medici del Tavistock and Portman NHS Foundation Trust (ora chiuso in GB, ma non in Italia .Ndr) hanno appena completato un esperimento durato tre anni che ha coinvolto ragazze tra i 12 e i 14 anni.

Il marchio più noto di farmaco bloccante è il Gonapeptyl Depot usato nell’uomo per il trattamento per il cancro alla prostata e nella donna per miomi uterini ed endometriosi.

Non tutti sanno che il Tavistock Institute è formalmente una clinica di ricerca psichiatrica ed “è stato il laboratorio della guerra psicologica per l’armata britannica durante la seconda guerra mondiale”.

L’oggetto degli studi più accaniti del Tavistock in questi ultimi anni è la creazione di “salti di paradigma” (paradigm shifts), ossia del mezzo per indurre nelle società valori “nuovi”, attraverso eventi traumatici collettivi (turbulent environments).

Non è tutto, perché l’intelligence britannica ha progettato e creato l’L.S.D. negli anni ‘50 proprio nei laboratori del Tavistock Institute di Londra.

Negli anni ’60 tale droga psichedelica fu usata nelle masse per deviare e bruciare il cervello a centinaia di migliaia di persone che proprio in quel periodo si stavano risvegliando…

John Money è morto ma le sue teorie continuano a fare danni.

Vita in affitto.

In tutto questo bailamme pochi prendono in seria considerazione un altro problema: l’utero in affitto.

La Vita è la Vita e da che mondo è mondo il bambino nasce da un uomo e una donna. Così avviene in Natura da milioni di anni.

Oggi invece l’establishment al potere sta mettendo in discussione questa Verità e ci vorrebbe convincere del contrario, anche e soprattutto grazie a Hollywood.

Sono infatti tantissimi i film in cui si vede un futuro oscuro dove i bambini sono scelti a tavolino.

I motivi di questo indottrinamento sono tanti: economico, controllo sociale e instaurazione di un Ordine Internazionale globalizzato.

Una coppia di gay o una coppia di lesbiche che vogliono avere un figlio dovranno per forza di cose appoggiarsi a banche del seme private, istituti di inseminazione e uteri in prestito. Questo perché tale famiglia non è naturale dal punto di vista biologico e genitoriale.

Questa neo-famiglia per le lobbies della chimica-farmaceutica e del biotech è molto più interessante della famiglia tradizionale.

Giro d’affari miliardario.

Il giro di affari in miliardi di dollari all’anno è incommensurabile. Secondo Research and Market istituto leader di ricerche, il business della fecondazione artificiale si attesta nel 2012 intorno ai 9,3 miliardi di dollari e potrebbe diventare nei prossimi anni 21,6 miliardi!

Solo negli USA ci sono oltre 400 cliniche per la procreazione assistita. In questo paese il commercio di organi o parti del corpo è vietato, ma chissà come mai spermatozoi e ovuli non rientrano in tale legge…

In Ucraina, con sede a Kiev, c’è la BioTexCom – Center for Human Reproduction, una società privata per la riproduzione umana in cui è possibile scegliere nel catalogo online il tipo di fecondazione artificiale. Sapete quanto costa una Vita umana? Con soli 6.900 euro ti offrono la fecondazione eterologa con ben due tentativi; se invece siete dei poveri squattrinati c’è il pacchetto economico da 4.900 euro con però un unico tentativo, o la va o la spacca.

Se infine il conto in banca per voi non è un problema c’è la formula “All inclusive”. Qui si va sul sicuro perché si affitta direttamente l’utero di una donna (disperata e disgraziata) che per soldi genera una vita per poi venderla al miglior offerente.

Però state tranquilli!

 La BioTexCom è una ditta molto seria che si impegna “a controllare che la madre surrogata (detta locataria) non svolga attività che possano mettere in pericolo la gravidanza una volta avvenuta”. Un investimento serio, nulla da dire…

Se avete tantissimi soldi da spendere potete sempre andare negli Stati Uniti e rivolgervi per esempio all’American Society for Reproductive Medicine (ASRM). Qui con 50-60 mila dollari potete anche scegliere gli ovuli di donne belle e intelligenti.

Cosa volete di più? Eugenetica alla portata di tutti!

(Ma questi studi eugenetici non erano caratteristi dei medici nazisti? Ndr ) .

E’ questa la futura famiglia che tutti i progressisti e democratici anelano?

 Due gay o due lesbiche padri-padri o madri-madri  di un bambino/a, comperato e fatto crescere dentro l’utero di una donna che non lo può amare perché non è suo per contratto, e che dovrà sbarazzarsene dopo nove mesi

Questi sono i figli arcobaleno, i figli dell’amore? O sarebbe meglio chiamarli i figli dell’egoismo umano?

 

Conclusioni.

Per evitare assurde (o volute e ignoranti) incomprensioni è bene precisare che qui non si stanno discutendo i sacrosanti diritti degli individui, di tutti gli individui. Neppure si sta correlando l’omosessualità con la pedofilia, due cose assolutamente diverse.

Una unione, intesa come famiglia, può essere tranquillamente costituita da persone dello stesso sesso, con tutti i diritti di qualsiasi altra unione, ma quando di mezzo ci sono dei bambini le cose hanno un altro risvolto.

Un bambino, per crescere e diventare un adulto sano e libero, ha bisogno di due figure ben precise: la madre (l’uovo) e il padre (il seme).

 Questi due ruoli, con tutte le difficoltà dei casi, con tutte le discordanze e i condizionamenti si possono criticare all’infinito, ma da che mondo e mondo sono sempre state le due figure basilari, il modello da trasmettere e che verrà emulato a loro volta dai bambini.

In natura la prole viene partorita e nutrita da una madre e protetta da un padre. -La dicotomia maschile-femminile è sempre esistita e sempre esisterà: Luna (madre) / Sole (padre); Terra (madre) / Cielo (padre), ecc.

In Natura non è così semplice osservare due animali dello stesso sesso che prendono in affitto un utero di un altro animale per aumentare il focolare domestico…

Ecco perché nel Disordine Organizzato che ai piani alti stanno instaurando, sarebbe più corretto parlare di anti-natura, di antiuomo.

Si sta instaurando passo dopo passo la distruzione completa dell’essere uomo, partendo dalle fondamenta della famiglia stessa, ma arrivando a tutti gli altri ambiti (spirituale, culturale, economico, ecc.).

Un uomo privo di storia e di cultura è un uomo che non conosce il passato e non sa cosa aspettarsi nel futuro, quindi non può vivere bene il presente.

Un uomo scollegato dalla propria vera e unica origine, i mondi spirituali, è un uomo che vive una falsa esistenza proiettata nella materia e per la materia, gestito e manipolato da forze molto basse.

In questo livello attecchiscono benissimo la pornografia e la corruzione delle anime grazie all’illusione del successo e del denaro…

Un uomo sradicato dalla famiglia e privo di identità sessuale è un uomo facilmente controllabile e manipolabile.

Questo Nuovo Uomo è in sintesi il suddito ideale.

Questo mondo è la fotocopia di quello descritto nel romanzo fantascientifico “Il Mondo Nuovo” del 1932, dal visionario Aldous Huxley.

L’essere umano privato di tutta l’eredità del passato, in cui ogni aspetto della vita è omologato fino dalla nascita, in cui perfino la riproduzione viene separata dal sesso; ogni creatività e ogni spiritualità vengono annegate nella droga o nel mero piacere sessuale, sia etero che dello stesso sesso, e dulcis in fundo, praticato senza limiti di età (pedofilia).

Ecco quello che si sta affacciando al nostro mondo se non interverremo e ci sveglieremo quanto prima.

 

 

 

L’arcobaleno che

violenta i bambini.

Azionetradizionale.com -Comunità Militante Furor –(Aprile 2020)-  ci dice :                                                        

 

Ne abbiamo parlato sulla nostra Web-TV “Anti-Virus” insieme a Toni Brandi e lo ribadiamo in queste righe: STOP all’ideologia gender.

 I dittatori del pensiero unico, abbiamo più volte ribadito, sono sempre pronti a parlare di solidarietà e diritti (della morte), ma dietro questa maschera buonista si nascondono azioni infernali che non risparmiano nemmeno i bambini.

 Abbiamo avuto in Italia il caso Bibbiano, ma quello che succede in Inghilterra forse è anche peggio.

Non è “libertà” attuare violenza psicologica su un bambino per indurlo a cambiare sesso. Non è davvero progresso rifiutare il disegno di Dio per accettare uno scenario diabolico in cui i generi non esistono e i bambini vengono torturati per accettarlo.

Esprimiamo inoltre il nostro elogio a quei medici che hanno avuto il coraggio di dimettersi in nome del buon senso. E a voi, individui senza identità, ribadiamo il fatto che il vostro arcobaleno verrà bruciato dal Sole.

(ilgiornale.it) – Esperimenti gender sui bimbi, in Gran Bretagna si dimettono 5 medici. Il Gender Identity Development Service è finito nella bufera. Gravi preoccupazioni sul trattamento dei bambini vulnerabili che arrivavano in clinica.

Secondo un’inchiesta del Times, ben cinque medici si sono dimessi, per motivazioni legate all’etica e alla sicurezza, a causa delle preoccupazioni sul trattamento dei bambini vulnerabili che arrivavano in clinica presentandosi come transgender.

Gli esperti che hanno rassegnato le dimissioni hanno parlato di centinaia di interventi medici, che possono cambiare la vita dei bambini, attuati senza prove sufficienti dei loro effetti a lungo termine.

Mentre nel 2010 erano stati solo novantaquattro, lo scorso anno i giovani che sono stati indirizzati alla clinica del Gender Identity Development Service (Gids), che ha sede presso la Tavistock Center e la Portman Clinic nella zona nord ovest di Londra (e una sede succursale a Leeds), sono stati più di due mila e cinquecento.

La grave accusa lanciata dai medici dimissionari è relativa al fatto che alcuni bambini che “lottano” con la loro sessualità sono stati erroneamente diagnosticati come “trans-identifying” dalla clinica londinese.

 Tutti e cinque gli ex membri dello staff facevano parte della squadra che decideva la somministrazione di farmaci per interrompere lo sviluppo dei giovanissimi prima della pubertà, decidevano cioè con quali bloccanti ormonali dovevano essere trattati per arrestare il loro sviluppo sessuale.

I medici che hanno lasciato il Gids hanno parlato, in particolare, di diagnosi errate sulla disforia di genere e temono che alcuni giovani siano stati sottoposti a pressioni per ottenere un trattamento di cambiamento di genere dopo aver sofferto di bullismo omofobico.

Uno dei cinque dimissionari ha affermato che l’unico motivo per cui molti sono rimasti così a lungo fedeli al loro incarico è stato quello di evitare che altri bambini ricevessero il trattamento.

Secondo i dati del Times almeno altri diciotto membri dello staff hanno lasciato la controversa clinica negli ultimi tre anni, sempre per le paure che non siano stati effettuati tutti i controlli sufficienti per diagnosticare correttamente le difficoltà dei bambini. Anche altri esperti temono che i trattamenti vengano dati senza esplorare la ragione alla base della confusione dei bambini sulla loro sessualità.

Carl Heneghan, direttore del Center of Evidence-based Medicine dell’Università di Oxford, ha dichiarato al Times che “data la scarsità di prove, l’uso off-label di farmaci (per esiti non coperti dalla licenza del farmaco) nel trattamento della disforia di genere significa in gran parte un esperimento dal vivo e non regolamentato sui bambini”.

La Gids ha negato le accuse spiegando che nei casi complessi sono state fatte accurate diagnosi e continua a spiegare sul suo sito web che “molti, ma non tutti, i bambini e i giovani che vediamo non sono contenti di aspetti delle caratteristiche sessuali primarie o secondarie del loro corpo.

 Alcuni bambini registrati come maschi quando sono nati, potrebbero non sentirsi maschi quando sono più grandi o preferirebbero vestirsi con abiti o giocare con giocattoli che altre persone dicono essere ‘per ragazze’.

 Allo stesso modo, alcune bambine registrate come femmine alla nascita potrebbero sentirsi dopo dei maschi.

Altri potrebbero dire che né ‘ragazzo’ né ‘ragazza’ sembrano le parole giuste per quello che provano per se stessi. […]

 Cerchiamo di aiutare i giovani e le loro famiglie a far fronte all’angoscia e a ridurla. Il nostro obiettivo è comprendere gli ostacoli che si frappongono tra i giovani e lo sviluppo di un’identità di genere più stabile e sicura. […] Lavoriamo anche con un piccolo numero di bambini che hanno un genitore trans, e le cui difficoltà sono legate alla loro esperienza nell’identità di genere o nella transizione del genitore”.

Già a febbraio erano stati gli stessi medici della clinica ad avvertire che i giovani pazienti avrebbero potuto essere esposti a “danni a lungo termine” a causa di gruppi di pressione e di “genitori invadenti”. Secondo un rapporto dell’ex governatore dello staff, David Bell, alcuni bambini assumono un’identità trans come soluzione “a molteplici problemi come l’abuso storico di minori in famiglia, il lutto, l’omofobia e un’incidenza molto significativa del disturbo dello spettro autistico.

Molti bambini che mettono in discussione la loro identità possono aver imparato attraverso risorse online o sono stati istruiti dai genitori su cosa dire per ottenere i risultati che vogliono”.

Recentemente, sempre in Gran Bretagna, era stata scoperta una clinica abusiva che predisponeva bambini al cambio di sesso (attraverso trattamenti ormonali miranti a determinare il mutamento delle rispettive identità sessuali), gestita da una donna radiata dall’ordine dei medici.

 

 

 

 

La tragica storia di David Reimer,

il bambino cresciuto come una bambina.

Nicolaporro.it-  Umberto Camillo Iacoviello –(7 Giugno 2022)- ci dice:

 

Una storia vera, un esperimento finito male: il sesso biologico non è qualcosa che si possa manipolare a piacimento fin dalla giovane età.

Recentemente ha fatto discutere il caso di Keira Bell, ventitreenne pentita di aver cambiato sesso a 16 anni. La ragazza ha deciso di fare causa alla clinica Tavistock and Portman NHS perché – a suo giudizio – le autorità mediche avrebbero accettato con troppa leggerezza di realizzare il suo desiderio di cambiare di sesso.

Questo caso tragico dovrebbe far riflettere e aprire un serio dibattito sul tema del cambio di sesso precoce. Il sesso biologico non è un semplice “accidente”, qualcosa che si può cambiare a piacimento, come una parte dell’ideologia arcobaleno si ostina a propagandare.

Per rispondere all’ideologia occorre parlare di storie vere. Una di quelle che vale la pena conoscere è la storia di David Reimer, raccontata da John Colapinto nel libro “Bruce, Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza” (San Paolo, 2014).

I gemelli Reimer.

Il 22 agosto 1965 nacquero a Winnipeg (Canada) due gemelli monozigoti: Bruce e Brian Reimer, figli di Ron e Janet. Dopo il compimento del loro settimo mese, la madre si accorse che i due provavano dolore quando urinavano, notò che i prepuzi sembravano stringersi rendendo difficoltosa l’espulsione dell’urina. Il pediatra spiegò che avevano un problema chiamato fimosi, facilmente risolvibile con la circoncisione.

I genitori portarono i gemelli in ospedale per l’intervento, il primo fu Bruce, ma a causa di un errore l’operazione andò male e il pene del bambino venne letteralmente carbonizzato.

 Dopo l’incidente i medici decisero di non operare il fratello Brain. Ron e Janet fecero visitare Bruce da diversi specialisti, tutti arrivavano alle stesse conclusioni:

 il recupero del pene come organo funzionale era fuori questione, potevano solo ricostruire un semplice condotto urinario.

Il dolore dei genitori crebbe con la guarigione spontanea del fratello Brian. Dieci mesi dopo l’incidente, nel febbraio del 1967, Ron e Janet videro in televisione lo psicologo John Money, il quale parlava dei miracoli della trasformazione di genere in corso al Johns Hopkins Hospital di Baltimora.

Ad attirare ulteriormente la loro attenzione fu l’arrivo in trasmissione della signora Diane Baransky, nato uomo col nome di Richard. Ron e Janet non credevano ai loro occhi, quella che a tutti gli effetti era una donna, quattro anni prima era un uomo. Il messaggio di Money era semplice: il sesso con il quale una persona nasce non ha importanza, si può scegliere di cambiarlo. Janet decise di contattare Money.

Profilo di John Money.

All’epoca John Money era l’indiscussa autorità mondiale in tema di ripercussioni psicologiche dei genitali ambigui, ed era noto per la fondazione della pioneristica clinica per la chirurgia transessuale del John Hopkins. Conoscere la sua vita, ci aiuta a comprendere il personaggio.

L’infanzia di Money venne segnata dal rapporto burrascoso col padre, uomo violento che lo frustò all’età di quattro anni per aver rotto una finestra. Da quel momento, scrive lo stesso John, si consolidò in lui un rifiuto della “brutalità della virilità”. Il padre morì quattro anni dopo. Crebbe con la madre e le zie nubili.

In casa si parlava male degli uomini, al punto che Money soffriva “la colpa di essere maschio”, e più tardi arrivò ad affermare “mi chiedevo se il mondo non sarebbe stato un luogo migliore per le donne se non solo gli animali da allevamento, ma anche i maschi umani fossero stati castrati alla nascita”.

In piena rivoluzione sessuale Money promuoveva il matrimonio aperto, il nudismo e altre forme di cultura sessualmente disinibita, ad esempio scrisse che “il gruppo bisessuale può essere altrettanto soddisfacente a livello personale che una relazione di coppia”.

Money affermava pubblicamente che il tabù della pedofilia sarebbe scomparso in futuro. Nel 1987 scrisse una prefazione “piena di ammirazione” al testo “I ragazzi e i loro contatti con gli uomini”, scritto dal professore olandese Theo Sandfort, scrive Money “per coloro che nasceranno e riceveranno la loro istruzione dopo il 2000, noi rappresentiamo la loro storia ed essi saranno sconcertati dalla nostra presuntuosa e moralistica ignoranza dei principi dello sviluppo sessuale ed erotico nell’infanzia”.

Money sosteneva la teoria secondo cui alla nascita vi era una “neutralità psicosessuale” e che il sesso poteva essere cambiato a piacimento. Scrive Colapinto:

“Money proponeva una visione secondo la quale gli esseri umani sviluppano una percezione di sé come maschio o come femmina a seconda che siano vestiti di azzurro o di rosa, che sia dato loro un nome maschile o femminile, che vengano fatti loro indossare pantaloni o abitini, che si diano loro armi o Barbie per giocare”.

Per Money i bambini – dal punto di vista psicosessuale – sono tabulae rasae. Lo psicologo godeva di notevole autorità, riceveva finanziamenti pubblici per le sue ricerche.

Bruce diventa Brenda.

I genitori di Bruce parlarono con Money. Per lo psicologo cambiare il sesso del bimbo era l’unica soluzione. Spiegò che dopo l’operazione avrebbe avuto una vagina perfettamente funzionale “idonea per avere rapporti sessuali e per il piacere sessuale, incluso l’orgasmo”. Non avrebbe potuto avere figli, ma sarebbe cresciuto psicologicamente come una donna.

Ciò che Money non disse ai genitori di Bruce era che si trattava di una procedura puramente sperimentale, fino a quel momento le operazioni di “riassegnazione sessuale” erano state eseguite solo su bambini ermafroditi, Bruce sarebbe stato il primo a subire l’operazione avendo genitali e sistema nervoso normali. Money assicurò l’efficacia della procedura.

Ron e Janet si convinsero, iniziarono a lasciar crescere i capelli del bambino e a chiamarlo Brenda. Il 3 luglio 1967 Bruce fu sottoposto a castrazione chirurgica. Money impose ai genitori di non svelare mai la verità a Brenda, non doveva sapere di essere nato maschio.

 

Ron e Janet la trattavano come una bambina, dai vestiti ai giocattoli, tuttavia, fin dall’inizio Bruce-Brenda rifiutava i vestitini, orinava in piedi, non voleva farsi truccare dalla madre, preferiva giocare con i maschietti con macchinine e armi giocattolo; anche se fisicamente sembrava una bambina, quando parlava, si muoveva, camminava o gesticolava, la femminilità svaniva. Il dissidio tra corpo femminile e mente maschile portò Brenda ad avere difficoltà a socializzare con i suoi coetanei, veniva continuamente presa in giro.

Quando Janet comunicava le inclinazioni maschili di Bruce-Brenda a Money, lo psicologo rispondeva che si trattava di un semplice “comportamento da maschiaccio”. La madre trovava confortante questa spiegazione e cercava di autoconvincersi che tutto sarebbe andato per il meglio.

Money riportò il caso dei gemelli Reimer in un libro “Uomo, donna, ragazzo, ragazza” (1972) e in conferenze in cui descriveva l’esperimento come un grande trionfo.

Due gemelli nati maschi, di cui uno cresciuto con successo – cosa non vera – come una femmina, confermava la sua tesi secondo cui i fattori primari che guidano la differenziazione psicosessuale sono l’apprendimento e l’ambiente, non la biologia. La tesi di Money venne ripresa da manuali di sociologia e utilizzata dal movimento femminista per contestare la base biologica delle differenze sessuali. Convinzioni che si basavano su di una menzogna.

Ogni anno Money interrogava i gemelli per controllare gli sviluppi. Fin da quando i fratelli Reimer avevano sei anni, lo psicologo poneva domande sessualmente esplicite, mostrava immagini di adulti nudi e chiedeva ai gemelli di spogliarsi, di ispezionare i genitali l’uno dell’altro e di simulare i movimenti dell’accoppiamento mentre Money li fotografava. Era convinto che i giochi sessuali aiutassero a formare una identità sessuale.

Inoltre, consigliò ai genitori di avere rapporti sessuali davanti i figli. Janet si rifiutò categoricamente, tuttavia iniziò a girare nuda in casa per essere vista da Brenda. Lo scopo era quello di convincerla a sottoporsi all’operazione chirurgica per sistemare la sua vagina. Nonostante ciò, la ragazza continuava a rifiutare l’operazione. Non voleva essere una femmina.

I genitori, quando Brenda aveva sette anni, capirono che l’esperimento stava fallendo, ma non potevano tornare indietro. Continuavano a seguire i consigli dello psicologo. A dodici anni dovevano convincerla ad assumere gli estrogeni, ormoni femminili che avrebbero simulato gli effetti della pubertà femminile. Anche su questo, Brenda non voleva saperne di assumere farmaci e farsi crescere il seno, “non voglio indossare un reggiseno”, disse al padre la prima volta che parlò degli estrogeni.

Money mise in testa a Brenda che se non avesse preso i farmaci i suoi arti sarebbero cresciuti in modo sproporzionato. Dopo un po’ venne convinta a prendere i farmaci. Oltre alla crescita del seno, cambiò la voce che invece di diventare femminile, era sempre più simile a quella del fratello Brian. All’epoca nemmeno i medici sapevano spiegare il perché.

Brenda diventa David.

Brenda continuava a rifiutare l’operazione di chirurgia vaginale e non dava alcun segno di femminilità. Viveva male nel suo corpo e questo creava disagi in famiglia. Nel 1980, quando Brenda aveva quindici anni, il padre le disse la verità. Brenda esternò subito la sua voglia di tornare al suo sesso biologico originale. Decise anche il suo nuovo nome maschile, David come “il ragazzo che affrontò un gigante alto due metri e mezzo. Mi ricordava il coraggio”.

Iniziò a fare iniezioni di testosterone, si sottopose a mastectomia bilaterale (asportazione chirurgica delle mammelle). La famiglia Reimer interruppe i rapporti con Money, quest’ultimo smise ben presto di parlare del caso Brenda e successivamente giustificò il fallimento dell’esperimento con la religiosità di Ron e Janet, un’altra menzogna dal momento che nei rapporti di Money emergono sempre giudizi positivi sulla gestione della transizione da parte dei genitori.

In preda alla rabbia, David comprò una pistola per uccidere il medico che gli aveva carbonizzato il pene. Quando si trovò davanti l’uomo che gli aveva rovinato la vita, il medico iniziò a piangere e David rinunciò alla sua vendetta.

Il 2 luglio 1981, un mese prima di compiere sedici anni, David si sottopose ad un intervento chirurgico per la creazione di un pene rudimentale. Venne ricoverato diciotto volte in un anno e negli anni successivi venne ricoverato con regolarità. David per i due anni successivi trascorreva gran parte del suo tempo nascosto nello scantinato. Quando riuscì regolarmente allo scoperto, i due gemelli inventarono una storia: Brenda era morta in un incidente aereo, David era il cugino di Brian, i suoi continui ricoveri servivano a curare le ferite riportate in un incidente in moto.

I problemi non erano finiti, a diciotto anni si ritrovava con un pene che non aveva l’aspetto di uno vero e non poteva avere un’erezione.

 Quando iniziò ad uscire con una ragazza, per non andare oltre i baci, beveva tanto e utilizzava sempre la scusa “sono stanco, sto per svenire”.

Una volta si ubriacò per davvero e svenne, al suo risveglio trovò la ragazza con una strana espressione, capì che aveva guardato tra le sue gambe. Gli raccontò dell’incidente. Nel giro di qualche giorno, lo sapevano tutti.

Tornò il vecchio incubo, al suo passaggio seguivano risatine, borbottii, prese in giro. Decise di togliersi la vita con una dose massiccia di antidepressivi presi dalla madre. Quando i genitori lo trovarono disteso sul letto, Janet pensò di lasciarlo morire perché la sua era una vita segnata dalla sofferenza, ma subito ci ripensò e insieme al marito, portarono David in ospedale.

Una settimana dopo provò di nuovo a suicidarsi ingerendo gli antidepressivi per poi dirigersi in bagno e affogarsi nella vasca da bagno. I medicinali fecero subito effetto e svenne sul divano. Questa volta fu il fratello Brian a salvarlo. Dopo i tentativi di suicidio si ritirò per un anno in un bungalow nei boschi.

Poco prima del suo ventiduesimo compleanno subì un’operazione che migliorò la sensibilità del pene, ma ci vollero altri due anni per permettergli di avere rapporti sessuali. David soffriva perché non avrebbe potuto avere dei figli. Due mesi più tardi conobbe Jane, una venticinquenne madre di tre figli avuti da tre uomini diversi. I due andarono subito d’accordo. Il 22 settembre 1990, due anni dopo essersi incontrati per la prima volta, si sposarono.

Quando la storia di David Reimer divenne pubblica – nel 1997 – emersero altri casi simili. La teoria di Money non funzionava nemmeno per i bambini intersessuali (nati con entrambi i sessi scarsamente sviluppati), molti di questi avevano subito operazioni chirurgiche per assegnare loro un sesso, ma in età adulta non si riconoscevano con il sesso che gli avevano conferito, o si riconoscevano come intersessuali. Anch’essi avevano avuto un’infanzia difficile.

Il 5 maggio 2004, John Colapinto ricevette una chiamata da Ron Reimer, “David si è tolto la vita. Si è sparato nella sua auto”.                                               I fattori che lo portarono al suicidio erano diversi. Nel 2002 era morto improvvisamente Brian, il fratello di David, caduto in una spirale di depressione e alcolismo, morì per una combinazione tossica di antidepressivi e alcool.

David aveva perso il lavoro, anche se la sua situazione economica non era ancora disastrosa, aveva i proventi del libro e un accordo cinematografico. Senza un lavoro restava in casa e ripensava al passato, i vecchi demoni non lo avevano mai abbandonato. Fu vittima di una truffa che gli costò 65 mila dollari.

La moglie Jane era la sua unica ancora. La donna diventava sempre più indipendente dopo aver trovato lavoro, il marito aveva paura di perderla. Il 4 maggio litigarono, David prese un vecchio fucile in garage, segò la canna, raggiunse un parcheggio e pose fine per sempre alle sue sofferenze.

 

 

 

Fratelli d’Italia vuol fare

«la destra di governo». E attacca

ambientalismo, «gender» e green pass.

Editorialedomani.it-Redazione-(30 aprile 2022) – ci dice :

 

Seconda giornata di conferenza programmatica per Fratelli d’Italia. Obiettivo: disegnare un centrodestra «attorno a Fratelli d’Italia» e alternativo alla sinistra.

Un centrodestra «attorno a Fratelli d’Italia» e alternativo alla sinistra. Così il senatore Luca Ciriani disegna il perimetro della «destra di governo» nell’esordio della seconda giornata della conferenza programmatica di FdI a Milano.

IL DISCORSO INTRODUTTIVO.

Ciriani comincia con una presa d’atto: «Eravamo uno sparuto gruppo, ringraziamo Giorgia Meloni che ci ha condotti fin qui. Ora ci ha dato un compito non facile: parlare di crescita, mentre andiamo in recessione».

Ciriani indica tra le battaglie di cui andar fiero l’opposizione al reddito di cittadinanza: «Siamo l’unico partito che non ha votato per lo scandalo dei miliardi al reddito di cittadinanza». Ricatto assegno di stato clientelare e assistenzialistico: invece di regalare la mancia bisogna pensare ai talenti e quindi al merito.

«La parola più democratica che esista».

L’ECOLOGIA ANTI-AMBIENTALISTA.

L’eurodeputato Nicola Procaccini comincia citando «uno spettro che si aggira per l’Europa» e poi affonda: «Ora è l’ambientalismo, che ha rimpiazzato il comunismo. Ma mantiene l’anticapitalismo, l’internazionalismo come odio per le patrie e per le identità. Anche una certa violenza nel modo di affermare le proprie idee».

 Presenta il “Manifesto dell’ecologia conservatrice per lo sviluppo armonico della società” e contrappone ambientalismo a ecologia, «che viene da oikos, casa»: «L’ecologia è la quintessenza dell’ideologia conservatrice».

«Se bisogna difendere il soffio vitale e la vita nelle tartarughe, anche la vita umana»: un riferimento all’anti-abortismo. La conclusione del discorso va su Pasolini: sostiene Procaccini che «Pasolini regala il suo testamento a un fascistello e non a caso, perché vede in lui qualcosa di puro, quantomeno in prospettiva, e gli ripete ossessivamente: a te voglio lasciare il testamento. “Difendi, conserva e prega”.»

ATTACCO ALLA «SINISTRA ARCOBALENO».

I globalisti attaccano la nostra identità per tenerci in pugno, perché se non hai identità sei alla mercè dei potenti.

 «Ecco cosa vuole questa sinistra».

Le parole vengono da Fabio Roscani, presidente di Gioventù Nazionale.

Che se la prende con chi sostiene i diritti lgbt e i Fridays. «Davvero il leader dei giovani è Mattia Santori? Le sardine? Gli sbandieratori folli della sinistra arcobaleno? Bevono champagne e parlano di Greta col suv parcheggiato sotto casa».

Attacchi anche al ministro della Salute: «Roberto Speranza ha studiato a Pechino per limitare la nostra libertà, ci ha dato degli untori. Farete campagna sui giovani ma dove eravate? Negli ultimi cinque anni 250mila under 35 hanno lasciato la nostra nazione, e non per vezzo, anche se esistono anche quelle persone lì, i radical chic».

Roscani prosegue con gli affondi «alla sinistra». Difenderanno «il diritto dei giovani di fumarsi uno spinello legalmente, questo è il loro inganno: noi vogliamo difendere il diritto a una società basata sul merito».

Chiede «zero burocrazia, zero tasse per chi lavora fino ai 26 anni, questi investimenti contribuiranno alla crescita della nazione. Non il reddito di cittadinanza, che non ha prodotto un solo posto di lavoro».

LA FAMIGLIA, I FIGLI E «IL GENDER».

Sul tema della famiglia interviene Isabella Rauti, senatrice, in qualità di responsabile “Pari opportunità, Famiglia e Valori non negoziabili” del partito.

 «Ha ragione Meloni quando dice che la famiglia è l’energia che tutto genera. Senza figli, senza la gioia di essere continuati, non c’è futuro, non c’è niente. Se non si inverte questo declino demografico niente ha più senso, c’è il disincantamento».

Per Rauti, il Pnrr con le sue «misure spot» non affronta il grande tema di «una Europa che rischia di scomparire dal punto di vista demografico: il Pnrr va riformato, serve un asse per demografia e famiglia».

Poi si spinge contro «la pervasività dell’ideologia gender, la maledizione del politicamente corretto: la povera Biancaneve non si può svegliare perché il principe non la può baciare. La politica malfatta si concentra sul suicidio assistito e non sulle cure palliative… Donna e famiglia sono bersaglio dei nostri avversari che vogliono trionfo indistinto del fluido e del neutro».

“CONTRO IL GREEN PASS”.

Francesco Lollobrigida, il presidente dei deputati FdI, imposta il suo intervento sulla chiave della «libertà» e arriva a utilizzare una citazione di Piero Calamandrei per fare polemica sul green pass, «un nuovo documento che ci viene imposto per poter vivere una vita normale. Magari ci sono venute in mente le parole di Calamandrei, quando dice che la libertà è come l’aria: ti accorgi della sua importanza quando ti manca».

La guerra e l’Italia.

Mentre Lollobrigida dice che la guerra in Ucraina risveglia in noi il valore dell’Occidente, a margine dell’evento Giorgia Meloni rilascia alcune dichiarazioni sul tema. «Io credo che in questa fase l'Italia non debba discostarsi dai suoi alleati internazionali ma si debba dimostrare leale e che con la stessa fermezza il presidente del Consiglio debba chiedere ai suoi alleati internazionali solidarietà, perché in questa crisi inevitabilmente ci sarà chi pagherà di più e di meno. Bisogna distribuire equamente onori e oneri. Quindi, Draghi dovrebbe porre con forza il tema di un fondo di compensazione per le nazioni più colpite dalle sanzioni e una di quelle nazioni dovremmo essere noi».

 

 

 

Esultanza arcobaleno e

cretineria sinistrese.

Siniostrainrete.info- Vincenzo Morvillo-(9-7-2022)- ci dice :

 

E ci risiamo…

Siamo oramai alla più completa cretineria sinistrese. Chiusa in una bolla ego-centrata e tramata dall’auto-referenzialità più spicciola.

La comunità Lgbtq+, l’Arci e tutto il variopinto mondo della “sinistra” – da quella arcobaleno a quella in salsa rosa, tipo crema di scampi – esultano da qualche giorno sui social e sui media di regime, per il matrimonio Turci-Pascale.

Ossia per un atto privato assolutamente legittimo ma che, proprio per la sua “normalità”, non dovrebbe sollevare più di una benevola curiosità.

Esultanza che è l’ennesima conferma, laddove ve ne fosse ancora bisogno, di uno smantellamento ideologico della sinistra stessa.

Prodotto della retorica dei diritti civili e della completa sussunzione nel paradigma capitalistico globalista delle multinazionali.

Forgiato dallo “spettacolo”, quale modello immaginario e simbolico imposto dal capitale al suo più alto grado di sviluppo.

Lo scollamento con la realtà sociale e i ceti di riferimento – gli interessi dei quali si dovrebbe tutelare – è tale da non riuscire neanche a riconoscere che quel matrimonio, lungi dall’essere l’affermazione di un diritto, è viceversa l’attestazione di un privilegio esclusivo.

Di cui la Turci e la Pascale possono godere, appunto, in quanto Vip.

Non vi è insomma, dal nostro personalissimo punto di vista di “classe”, alcunché per cui esultare.

Turci/Pascale, nel nostro mondo – fatto non di privilegi, ma di vita vissuta e purtroppo spesso crudele, per chi è relegato ai margini delle metropoli di questo fantastico sistema demo-oligarchico – non sono differenti dai Ferragnez.

Ancorché si riconosca alla Turci un talento musicale di cui Fedez è, sempre a nostro opinabile parere, sprovvisto.

Ma insomma, le due signore arrivano in Jaguar, spendono 6.000 euro per una suite, una fortuna per il matrimonio al Castello di Montalcino, e la “sinistra” plaude all’unione civile?

Praticamente Beautiful!

Intanto però, a Napoli, Carmela ‘o masculone di Forcella, continua a spacciare la roba per campare, schifata e sfottuta dall’enclave del quartiere, in quanto lesbica.

Mentre Cloe Bianco, in Veneto, si uccide perché demansionata e poi allontanata dal suo lavoro d’insegnante, grazie all’inderogabile, intransigente, infame provvedimento dell’assessora leghista Donazzan.

Venendo emarginata dal consesso civile, ovviamente in quanto trans.

In conclusione, una “sinistra” – tanto quella liberal (Dem Usa ) quanto quella cosiddetta radical(sempre Dem Usa) – accecata dallo sfolgorante mondo del gossip e dell’audience, costruita esclusivamente sui diritti civili (che non costano nulla ai ricchi comandanti globalisti. Ndr.)

Di chi può.

Ma intanto sorda alle grida di aiuto che si levano da ampi settori di classe, oramai ridotti alla fame o allo schiavismo nel sempre più umiliante emisfero del lavoro.

Mi sia consentita perciò, a questo punto, una chiosa in lingua napoletana.

Ma jate a fa’ ‘e pezz. Vuje ‘a Turci e la Pascale!

 

 

 

Le risorse del PNRR contro

la “dispersione implicita”,

il nuovo indicatore creato da “Invalsi”.

Rasenazioanle.it- Gianmarco Capogna- (Luglio 19, 2022)- ci dice :

 

Il M.I. con il DM 170 del 24 giugno 2022,ha definito i criteri di riparto delle risorse del PNRR destinate alle azioni di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, ed ha assegnato alle scuole secondarie di I e II grado 500 milioni di euro, quota parte del complessivo finanziamento di un miliardo e mezzo.

Il decreto, pubblicato senza alcun confronto con le parti sociali e con le Regioni, senza alcuna informativa alle OO.SS, prevede la realizzazione di attività in favore di alunni a rischio di “fragilità degli apprendimenti”, la “dispersione implicita” in base ai risultati delle prove INVALSI.

La dispersione implicita è la quota di studenti che terminano il loro percorso scolastico senza aver acquisito le competenze fondamentali in nessuna delle tre materie monitorate dall’Invalsi (italiano, matematica e inglese).

Perché “dispersione”?

Perché questi ragazzi rischiano di avere limitate prospettive di inserimento nella società, molto simili a quelle di chi è rimasto vittima della dispersione vera e propria, ovvero della dispersione esplicita, cioè di coloro che si sono fermati al diploma di terza media.

Nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,5%, per salire al 9,8% nel 2021, molto probabilmente a causa di lunghi periodi di sospensione delle lezioni in presenza. Nel 2022 si osserva una minima inversione di tendenza sia a livello nazionale, dove si ferma al 9,7% (-0,1 punti percentuali) sia a livello regionale.

Secondo l’Invalsi sommando i dati, avremmo il 23,2% (13,5+9,7) di diciannovenni dispersi tra espliciti e impliciti, e inoltre – tra i maturati non considerati dispersi impliciti – un’altra percentuale di diplomati che comunque non raggiunge risultati “adeguati”, valutabile attorno al 30% abbondante.

Statistiche, numeri, ecco cosa è diventata la valutazione di sistema, che, invece, era stata concepita e promossa come supporto alle decisioni politiche; c’è stata la valutazione dei ritardi e degli squilibri della scuola italiana, che si è andata certamente affinando, ma è mancata la politica scolastica che ha sempre considerato gli investimenti per la SCUOLA, solo come costi.

Tornando al decreto, dalla distribuzione dei 500 milioni di euro saranno escluse le scuole con percentuale inferiore all’8% perché la distribuzione si basa sulla percentuale di studenti con risultato L1 (mai esplicitato dall’INVALSI) nelle prove di italiano e matematica.

Il risultato finale è che solo il 39% delle scuole italiane risulta beneficiaria dei fondi con incongruenze all’interno dei territori regionali e provinciali e con effetto paradosso:

sono finanziati licei classici e non ricevono contributi gli Istituti Comprensivi appartenenti a zone in cui le percentuali della dispersione esplicita sono elevati e consolidati nel tempo. Le Scuole secondarie di secondo grado sono un numero maggiore degli Istituti Comprensivi, dove si riscontrano maggiori difficolta di apprendimenti e da dove si deve partire per il recupero; mancano i CPIA perché non si svolgono le prove INVALSI, ma anche questi Istituti sono a rischio dispersione.

Il decreto ministeriale (170 del 24.06.2022) attribuisce, quindi, 500 milioni di euro, risorse del PNRR, alle scuole in funzione del recente indicatore, la “dispersione implicita, senza tener conto di altri indicatori, quali il contesto e i bisogni, la mancanza di interventi strutturali e di sistema.

(Mariolina Ciarnella – Presidente IRASE Nazionale).

 

Quanto fin qui posto in evidenza è stato oggetto di riflessioni del Segretario Generale della UIL Scuola Turi che ha dichiarato quanto segue:

“La dispersione scolastica, così come la formazione, subisce da tempo una progressiva azione intesa a ridurla a mera materia economica, generando una prospettiva che non tiene in alcun conto la persona e il contesto in cui vive: la Scuola.

 Investire risorse senza un progetto di massima e senza alcun dibattito, ci sembra, con amara evidenza, solo un modo per attivare e sostenere clientele eludendo la risoluzione del problema della dispersione scolastica, grave piaga da combattere.

Quando il criterio base si esplicita nell’offrire soldi, senza comprendere né il contesto né i bisogni, non misurabili “un tanto al chilo” come fa l’invalsi, siamo in presenza di un ennesimo spreco.

Non si trovano soldi per aumentare gli stipendi del personale e poi si buttano via a piene mani preziose risorse.

Numerose sono le scuole che si mostrano più ” attente ” ai finanziamenti dedicati ad azioni straordinarie che a favorire l’ordinario. In questo solco si collocano le risorse dispensate da regioni e Stato per risolvere un problema che andrebbe osservato e approcciato nelle sue premesse e non negli effetti.

Si punta sui progetti e si trascura l’attività di istituto che è una delle premesse per prevenire la dispersione, piuttosto che inseguirla.

È la povertà, quella vera, a generare anche quella formativa, ma non è così che si può invertire la tendenza. Spendere è l’approccio del governo per dimostrarci che ha affrontato il problema della dispersione scolastica, per affermare che ha agito bene sciorinandoci le risorse impegnate. Sarebbe meglio e più opportuno partire da un’idea di intervento strategico sulla base dei dati.

Il guaio è che il neo liberismo (della cricca globalista al potere anche in Europa.Ndr)  non produce idee se non omologate al pensiero unico, quello di amministrare risorse, con il modello del mercato: Il più bravo prevale gli altri soccombono.

La scuola ha un mandato che muove da principio differente: chi rischia di soccombere, se messo nelle condizioni di agire, diviene contribuito alla risoluzione del problema.

Per questo diciamo che la scuola non è un’azienda e la distribuzione delle risorse deve seguire strade diverse, magari quella dei bisogni. Viceversa si allargherà la forbice delle disuguaglianze, vero humus su cui cresce la dispersione e la povertà educativa”.

(Pino Turi – Segretario Generale della UIL Scuola).

 

 

 

Il Pnrr rilancia la sanità

privata con i soldi pubblici.

Transform-italia.it- Dott. Edoardo Turi-(17/11/2021)- ci dice :

Diritto alla salute. Con Def e Ddl Concorrenza una riforma dall’alto del Servizio sanitario nazionale, dopo la shock economy dell’epidemia.

 La sinistra (non liberal Dem Usa! Ndr .) deve fermare la ri-mutualizzazione.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), il Documento in bozza dellAgenzia Nazionale dei Servizi Sanitari (Agenas, Ente gestito da Regioni e Ministero della salute), il Documento di Economia e Finanza (Def), la sua Nota di Aggiornamento (NaDef) e il Disegno di Legge (Ddl) Concorrenza, sono un tentativo di riforma del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) a invarianza di normative e con variabili indipendenti: l’ospedale e la medicina di base (medico e pediatra di famiglia, specialistica ambulatoriale convenzionata, non costituita da operatori dipendenti e nei bilanci posti sotto la voce:«acquisizione di beni e servizi»).

Come tutto il settore privato convenzionato-accreditato (Rsa, lungodegenze, Hospice, riabilitazione, assistenza domiciliare) e le esternalizzazioni (CupP, pasti, pulizie, manutenzione, informatica, lavoratori atipici),

 

Pubblico e privato fanno «sistema» come detta il “pensiero unico dominante”: “white economy” fonte di nuovi profitti, anche tramite assicurazioni sostitutive, ormai presenti in molti CCNL.

Tra 2010 e 2019, chiusi 173 ospedali e 837 ambulatori, il personale sanitario cala di 42 mila unità su 642.636 (-6,56%) con il blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione (P.A.).

Il settore privato va dal 53,6% al 58,65%. Il blocco è aggirato spostando la spesa dalla voce «personale» a «acquisizione di beni e servizi» con il ricorso al privato: un falso in bilancio legalizzato.

Medicina del territorio e prevenzione sono state vittime della carenza di personale, di gigantismo di Asl e Distretti, molto diversi da quelli della L. n. 833/1978 (20-40.000 abitanti), oberati di competenze amministrative, senza salute mentale e prevenzione in Dipartimenti autonomi, deboli di fronte al progressivo invecchiamento della popolazione con aumento di patologie croniche ed enorme offerta diagnostica e farmacologica, schiacciati tra ospedale e medicina di base.

 

La NADEF descrive la spesa sanitaria rispetto al totale delle spese della P.A.: da 123,474 milioni di euro nel 2020 (14,4%) a 129.449 milioni nel 2021 (14,5%, picco con l’epidemia), con valori decrescenti fino al 2023 per 124.428 milioni pari al 14,0%.

In rapporto al Pil si va dal 7,5% nel 2020 al 6,1% nel 2024. Cifre che vanno solo per il 50% al SSN pubblico e il restante al privato convenzionato/esternalizzato.

Il Pnrr Missione 6 (ma la sanità è presente in altre Missioni, come i finanziamenti alla farmacie ove non vi siano altri servizi sanitari) vede 7 miliardi di euro, 1,50 React EU e 0,50 Fondo complementare per l’assistenza territoriale sanitaria (reti di prossimità, telemedicina, case e ospedali di comunità, centrali operative territoriali); l’innovazione tecnologica è 7,4 miliardi (l’85,4%), formazione di operatori e ricerca sanitaria 1,26 miliardi. Nulla per assunzioni di personale: solo ristrutturazioni di edifici pubblici e acquisti.

Sono previste future norme legate alla Legge di bilancio, con disegni di legge: salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, Patto per la salute 2019-2021 e per il potenziamento dell’assistenza territoriale, anziani non autosufficienti, disabilità, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), autonomia regionale differenziata.

Punto preoccupante, non impugnabile con referendum (impossibile su norme finanziarie), perché la sancirebbe in una legge di bilancio, dopo la riforma del titolo V della Costituzione del 2001: 21 diversi Servizi sanitari regionali, il divario Nord-Sud fin dalla L. n. 833/1978, il finanziamento iniquo basato su quota capitaria pesata per età, che favorisce il «turismo sanitario» indebolendo ulteriormente le Regioni del Sud con trasferimento dei corrispettivi di spesa alle Regioni del Nord per le prestazioni lì erogate.

Quali risposte del Pnrr? La Casa della comunità (CdC) non differisce dalla Casa della salute (CdS), ma sorvola sui risultati impietosi fotografati in un Dossier della Camera dei Deputati (del 2020): 493 in 13 Regioni.

La CdS fu pensata da Giulio Maccacaro come luogo di partecipazione in un Distretto di piccole dimensioni. Di fronte al gigantismo di Asl e Distretti, inaugurato in Toscana, la Cgil la ripropone in quella Regione nel 2004, come risposta a quel gigantismo e come strumento di riforma della medicina di base e poi prevista sperimentalmente dalla Ministra Livia Turco nella Legge di bilancio nel 2007.

La CdC deriva invece il suo nome da un convegno del 2020 dell’associazione “Prima la Comunità” (Don Colmegna, Livia Turco): ambiguo ma funzionale al privato sociale in mancanza di assunzioni.

L’ospedale di comunità (oggi 163 in 10 Regioni) si presta ad accordi con il privato accreditato. Le centrali operative territoriali: un’invenzione che tende ad una ingegnerizzazione informatica dei servizi, smistando la domanda, più che prenderla in carico, pensata per un cittadino consumatore abituato a comprare su internet. Ingegneria istituzionale calata dall’alto.

Il DDL Concorrenza sancisce il ruolo del privato, portando a compimento il processo iniziato con le «bombe a orologeria» già inserite nella L. n. 833/1978 (artt. 25, 26) dai suoi avversari, attraverso la «ri-mutualizzazione» del SSN.

La pandemia ha fatto esplodere le contraddizioni già presenti nel Ssn innescando quella che Naomi Klein ha definito «Shock economy», il capitalismo dei disastri: approfittarsi di uno stato di shock politico, sociale o economico per effettuare un cambiamento rapido, permanente ed irreversibile nella società.

L’intento è depurare il Ssn da quell’aspetto costituzionale di «riforma di struttura», «elemento di socialismo» (come prefigurava il Pci) o «obiettivo prefigurante» (per il manifesto), che la sinistra aveva ottenuto in due decenni di lotte operaie e studentesche a cavallo del lungo Sessantotto italiano.

Nel suo discorso di insediamento, Mario Draghi, alfiere del pensiero neo-liberale-liberista, ha citato Cavour, e i partiti che lo sostengono (Pd, Lega, 5Stelle) sono ormai tutti nell’orbita liberale-liberista, seppure con declinazioni diverse tra loro. Sono  Liberal-liberisti con i soldi pubblici.

Siamo alla spallata finale dopo anni di definanziamento e ricorso al privato, responsabili anche governi di centrosinistra nazionali e regionali (pur con la sinistra radicale), in mancanza di nuove elaborazioni e pratica sociale.

(Edoardo Turi è medico, Direttore di Distretto Asl, attivista di Medicina democratica e del Forum per il Diritto alla Salute.).

 

 

 

 

 

FINANZA E POLITICA.

L’errore nel Pnrr è costato

caro a Draghi e al Pil”.

Radiomaria.it-(26 Luglio 2022)-Lorenzo Torrisi  int. Gustavo Piga – Il Sussidiario- ci dice :

La caduta del Governo è stata causata dal Pnrr. E se l’Europa non cambierà le politiche fiscali presto si riaffaccerà lo spettro dell’Italexit.

Il Governo resta in carica per gli affari correnti, e la sua azione, come previsto dalla circolare firmata da Draghi venerdì scorso, sarà concentrata “nell’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari (Pnc)”.

Tuttavia, come spiega Gustavo Piga, sta proprio nella volontà di attuare pedissequamente il Pnrr l’origine della crisi che ha portato il premier a rassegnare le dimissioni.

“C’è una lezione di 30 anni fa che i politici e le istituzioni italiane ed europee dovrebbero andare a recuperare”, ci dice il professore di economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.

A che cosa si riferisce?

Nel 1992, Bill Clinton riuscì a sconfiggere George Bush sr. in una campagna elettorale importantissima per la storia degli Stati Uniti, alle prese con una recessione, grazie anche allo slogan: “It’s the economy, stupid!”.

 La lezione da imparare è che i cittadini votano anche in funzione delle politiche economiche che sono state adottate da chi li ha governati. E c’è qualcosa che è andato veramente storto nella politica economica italiana, e anche in quella europea che la influenza, se siamo arrivati al punto di dover perdere un leader della portata potenziale di Draghi.

Lei ha idea di che cosa sia andato storto?

Basta guardare a quali sono state le mosse del premier in politica economica.

 Draghi ha avuto un costante e unico pensiero: rispettare missioni e traguardi del Pnrr, insieme a tutte le sue condizionalità.

Comunemente si pensa che il Pnrr garantisca risorse in cambio di riforme, in realtà occorre anche portare a termine un piano di aggiustamento fiscale identico a quello del Fiscal compact e il presidente del Consiglio ha perseguito quest’obbligo con scientificità.

Per capirlo è sufficiente confrontare le mosse di politica fiscale dell’attuale esecutivo con quelle di chi l’ha preceduto, il Governo Conte-2, che aveva cominciato a mettere a punto il Pnrr.

Cosa emerge da questo confronto?

Entrambi i Governi sono stati mostruosamente austeri, quello di Draghi più di quello di Conte.

Quest’ultimo promise una riduzione dal 2020 (ricordiamoci in che condizioni eravamo) al 2023 del rapporto deficit/Pil pari al 7,8%, qualcosa come 130 miliardi di euro.

 L’attuale presidente del Consiglio non solo ha aumentato questa percentuale di rientro (tra il 2021 e il 2024) all’8,4% nel Def del 2021, ma nella Nadef ha cambiato il punto di partenza, cioè il deficit/Pil del 2021, portandolo dall’11,8% al 9,4%.

I numeri sono chiari. Resta però da capire cosa c’entrino con la crisi di Governo…

 

C’entrano tantissimo, perché la politica fiscale portata avanti dall’esecutivo ha generato costanti mal di pancia e sofferenze nella popolazione e, dunque, a valle nei partiti e poi plasticamente si è riflessa nello scontento sulla questione dello scostamento di bilancio che veniva chiesto a gran voce già dalla fine dello scorso anno.

Quindi, la decisione di attuare una determinata politica fiscale è stata certamente foriera di tensioni altissime all’interno della coalizione di Governo. L’Europa, che si lamenta oggi nel vedere l’Italia come un potenziale rischio per il proprio futuro, deve capire che tale rischio è stato generato in larga parte dall’ottusità dei suoi burocrati e dei tecnici italiani che hanno voluto seguire una politica economica opposta a quella necessaria in un momento così grave, con una pandemia, una guerra e una crisi energetica.

Se l’Europa ci vede come un rischio è anche perché lo spread è salito parecchio negli ultimi giorni.

Lo spread indica quanto il resto del mondo si fida di noi. È molto interessante notare che ai tempi del Governo Conte, prima che si abbozzasse il Pnrr, viaggiava a dei livelli simili a quelli degli ultimi mesi prima della crisi di Governo, poco sopra i 200 punti base. Poi è crollato, ancora con Conte a palazzo Chigi.

Perché?

Perché era cominciata la procedura che avrebbe portato in seguito all’approvazione del Pnrr.

 C’era una fortissima fiducia sul fatto che sarebbe stato lo strumento giusto per salvare il nostro Paese, ma ha fallito.                                              In parte perché l’abbiamo accompagnato con quelle politiche fiscali di cui abbiamo parlato poc’anzi, in parte perché si è cominciato a vedere che i soldi arrivati non venivano spesi oppure erano utilizzati in ritardo.  

Il ministro Franco, nel corso di un’audizione parlamentare, ha spiegato che dei 15 miliardi da utilizzare per vecchi progetti ne sono stati spesi solo 5, e non sappiamo nemmeno in che modo, perché non c’è trasparenza al riguardo.

Ormai è voce comune che i soldi legati al Pnrr rischiamo in gran parte di spenderli male o in ritardo, andando contro le prescrizioni europee. Questo per un motivo molto semplice.

Quale?

Per spenderli, e bene, come abbiamo detto tante volte, occorre la madre di tutte le riforme per avere una classe di acquirenti pubblici, di responsabili delle stazioni appaltanti, all’altezza della loro missione.

Invece abbiamo pensato di gestire l’immensa massa di risorse del Pnrr come se nulla fosse, con la stessa struttura che ha fallito negli ultimi 30 anni.

Il Governo non ha pensato di prendere i migliori giovani laureati, pagarli bene, farli lavorare in squadra, lungo tutto il territorio, per realizzare al meglio le gare per gli appalti.

 Ed eccoci quindi al punto che lo spread risale perché il mondo si rende conto che l’Italia non riesce a tirarsi fuori dalla palude economica per mancanza di riforme e politiche fiscali giuste.

Il Pnrr sembra, quindi, da bocciare…

Lasciando da parte il fatto che prevede una marea di riforme, le quali solitamente andrebbero realizzate in periodi di espansione economica, il punto principale è che tutto questo ambaradan che ci portiamo appresso da quasi due anni non ha dato luogo ai successi che avrebbe dovuto generare. Basta constatare che, secondo la Commissione europea, l’Italia a fine 2023 sarà cresciuta, rispetto al pre-Covid, dell’1,4%, contro il 2,8% della media dell’Eurozona. Quindi, ci troviamo ancora una volta con un Paese relativamente più povero degli altri.

E senza più Governo.

Il Governo è caduto perché non ha saputo generare crescita, opportunità e occupazione.

 La lezione da trarne è che vanno fatte le riforme prioritarie, non centinaia di riforme, e che, soprattutto, vanno messe a disposizione del Paese risorse abbondanti per realizzare investimenti pubblici.

Il Paese questo l’ha sentito, i politici l’hanno avvertito, ci sono state fibrillazione interne e il Governo non ha tenuto: la sua caduta è solo la presa d’atto di un fallimento di politica economica.

Non c’è stata allora la percezione, da parte del capo del Governo, di questo malessere del Paese. Anzi, ha evidenziato che erano gli italiani a chiedere che restasse in carica…

Lei mi provoca, ma io sono solo un povero economista, non capisco nulla della scienza della politica.

Dopo il 25 settembre ci sarà ancora il Pnrr, inoltre lo scudo anti-spread della Bce ha condizionalità legate alla politica fiscale. Sembra dura, dunque, uscire dal pantano per l’Italia, chiunque vincerà le elezioni.

Se così è, e devo dirle che purtroppo non dò una probabilità zero a questo scenario, prepariamoci a uno spread che tornerà a salire terribilmente, con l’austerità e l’aumento dei tassi di interesse, prepariamoci a trovare un Paese che diventerà sempre più irritato dalle soluzioni proposte dall’Europa, perché fallimentari, prepariamoci a vedere uno Stato membro come l’Italia pronto a discutere, con certe maggioranze, di una fisiologica uscita dall’euro. Il rischio non è piccolo, è già prezzato nella recente risalita dello spread. Se continuiamo come se nulla fosse rispetto a quello di cui ha bisogno questo Paese per tornare a crescere, se tutto prosegue “business as usual”, il disastro è dietro l’angolo.

 

L’ideale sarebbe, quindi, che il nuovo Governo, qualunque esso sia, cercasse di ridiscutere il Pnrr, soprattutto nella parte relativa alla politica fiscale…

Ed è fattibile.

 Il Governo giallo-verde riuscì a rivedere incredibilmente il ritmo di riduzione del deficit/Pil per aiutare il Paese. Esultai anch’io per questo.

Purtroppo dovetti poi prendere atto che tutti quei soldi liberati vennero sperperati per Reddito di cittadinanza e Quota 100 senza contribuire alla crescita dell’economia.

 Liberare l’Italia dal morso del Fiscal compact è una pre-condizione, occorre poi spendere le risorse per investimenti pubblici ben realizzati, tramite quindi la madre di tutte le riforme: la spending review volta a spendere bene inserendo nella Pubblica amministrazione più vecchia d’Europa una marea di giovani bravissimi che non aspettano altro che contribuire alla rinascita del loro Paese anziché essere costretti a emigrare.

Da parte europea si può lasciar spazio a politiche fiscali diverse da quelle finora prescritte per l’Italia?

Ripeto, c’è un precedente: quello del Governo giallo-verde, cui l’Europa alla fine concesse un ridimensionamento dell’austerità. Si può quindi modificare il cammino di riduzione del deficit, senza abbatterlo in tre anni verso il 3% del Pil, soprattutto se insieme si presenta un piano credibile su come utilizzare le maggiori risorse a disposizione.

 Ci vuole ovviamente grande leadership, grande intelligenza a livello europeo e italiano, ma è fattibile.

 Siamo arrivati sull’orlo del burrone e non perché arriveranno al Governo certi partiti piuttosto che altri, ma perché ci hanno portato lì certe politiche economiche che sono state attuate in questi ultimi dieci anni da tutti i Governi, con alcuni che hanno fatto più danni di altri.

(Lorenzo Torrisi).

 

 

 

 

Il PNRR sbaglia a svalutare

la cultura umanistica: ecco

perché c’è bisogno di più pensiero critico.

Agendadigitale.eu-Prof. Giovanni Dursi- (18-3-2022)- ci dice :

Cultura tecnico-scientifica alla ribalta nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma viene negata alla cultura “umanistica” la stessa possibilità d’essere “famosa per quindici minuti”. Davvero è l’unica strada?

Si è appurato che la messa in cantiere del Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Recovery and Resilience Facility) che “per l’Italia rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme”, prevede l’impiego di personale tecnico portatore di competenze in specifiche discipline: Matematica, Statistica, Informatica, Economia, Ingegneria, Giurisprudenza.

Nel testo del PNRR, la parola “cultura” (e sue derivazioni) è abbondantemente usata ; al contempo, risulta sempre associata ad una semantica tecnico-economica e privata, conseguentemente, della sua autonomia concettuale.

Le competenze (quindi, non i “contenuti” di conoscenza) della Filosofia (da sempre ha assunto il significato di “madre delle altre scienze”), ad esempio, sono assenti, espunte.

Ma è proprio dalla Filosofia, iniziando a dialogare efficacemente con la Scienza, che invece arrivò l’attacco decisivo all’arretratezza socio-culturale del Paese; dalla valorizzazione del pensiero scientifico in funzione antidealistica si realizzò, in particolare con Ludovico Geymonat (1908-1991) e Giulio Preti (1911-1972), una vera innovazione, nell’immediato dopoguerra e proprio in sintonia con una rigenerazione della mission – intervento pubblico per lo sviluppo economico italiano – attribuita all’I.R.I. dopo il 1950.

 

La gestione tecnocratica delle ingenti risorse del PNRR.

Il Next Generation EU, come è altrimenti definito il Piano, contiene aree tematiche principali su cui intervenire, individuate ritenendo possano essere l’occasione per “riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni”.

S’aggiorna, in tal modo, l’utopia tecnocratica della prima rivoluzione industriale, si consolida il trend relativo alla formazione di gruppi sociali ove prevalgono tecnici, manager, esperti nelle discipline scientifiche, direttori amministrativi, grands commis che, pur nella diversificazione delle competenze, tendono a coalizzarsi nell’operatività a loro attribuita, in sintonia con il potere politico-istituzionale nel conseguimento di status stabili per la direzione economico-sociale nazionale.

Se, da un lato, sembra scontata la stellare lontananza dall’impostazione medievale della formazione socialmente richiesta – ricordiamo le artes liberales (in tal modo definite da Seneca) che costituivano i due gradi dell’insegnamento, l’uno letterario, l’altro scientifico, comprendenti la grammatica, la retorica e la dialettica (il Trivio); l’aritmetica, la geometria, la musica, l’astronomia (il Quadrivio) – è pur vero che, sebbene embrionalmente, un’impostazione interdisciplinare o, meglio, transdisciplinare, le istituzioni culturali operanti dal 476 (caduta dell’Impero romano d’Occidente) al 1492 (approdo europeo nel Continente americano) in qualche modo la prevedevano, a differenza dell’ambiziosa vision del PNRR.

La gestione tecnocratica attuale delle ingenti risorse del PNRR – 235,12 miliardi di euro complessivi, di cui stanziati 49,86 miliardi per “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” – riversate su tre assi strategici condivisi a livello europeo, digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale, è affidata ad un gruppo ristretto di professionisti unilateralmente preparati.

Tutte le competenze dimenticate dal PNRR.

L’esecuzione del PNRR non prevede affatto la messa in valore di:

competenze logiche (capacità di riconoscere, usare e sviluppare i vincoli logici, di lavorare con e sui concetti),

linguistico-comunicative (capacità di definire e chiarire i termini in uso, di crearne di nuovi, di adeguare l’uso di quelli esistenti, di usare di volta in volta quelli più adatti) all’argomento e al contesto, critiche (capacità di mettere in discussione, di relativizzare, di confutare),

analitiche (capacità di individuare differenze e analogie e di esplicitare presupposti di significato e di valore, di costruire e decostruire definizioni),

ermeneutiche (capacità di comprendere, dare senso e orientarsi negli universi concettuali),

dimostrative (capacità di far comprendere concetti e dimostrare ipotesi attraverso argomentazioni, racconti, aforismi, metafore),

sistematiche (capacità di costruire sempre più ampie cornici di senso, mappe trasversali e multidisciplinari, entro le quali inserire l’esperienza e connettere tra loro le varie teorie che la interpretano; capacità di orientarsi e muoversi al loro interno e negli spazi tra loro),

valutative (capacità di distinguere e gerarchizzare valori, di determinare fini, di giudicare, di sospendere il giudizio),

riflessive (capacità di effettuare metacognizioni di livello sempre più elevato, di spiegare pensieri con pensieri più astratti, di guardarsi dall’esterno, di esplorare e sfruttare le risorse delle paradossalità metalinguistiche),

creative (capacità e desiderio di andare oltre il già noto e istituzionalizzato, di cercare il nuovo, di riconoscerlo, di rischiare nella sua attuazione).

La discriminazione della cultura umanistica.

All’inizio del terzo decennio del XXI secolo, si ripropone – sul piano macroeconomico e politico sovranazionale – una divergenza netta tra la cultura tecnico-scientifica e quella cosiddetta “umanistica”, molto simile ad una discriminazione, ad una ignobile ed anacronistica presunta subalternità della seconda.

Ciò sulla scorta di convincimenti circa l’indisputabile imprinting – causato dal nesso “struttura economica - modi di produzione e riproduzione”, tecnicamente evoluti – ricevuto dalla dimensione sovrastrutturale, culturale del vivere associato.

Quest’ultima è in grado di incorporare progrediti saperi tecnico-scientifici, quali unici fattori fondamentali di maturazione antropologica guidata dall’uso dell’ICT permettendo la produzione di massa, a sostegno di una presunta gerarchia esistenziale delle popolazioni mondiali, ed implementando un’ingente frammentazione lavorativa a favore delle “hard skills” rilevatrici di circoscritte abilità e specializzazioni.

La supremazia della tecnologia sulla base di una presunta gerarchia esistenziale delle popolazioni mondiali.

Dunque, la “tecnologia” (ambito nel quale precipitano e vengono centrifugate le istanze economiche e finanziarie del “mercato”, habitat che rende prioritarie le attività di determinati rapporti sociali d’affari o, sotto altro aspetto, l’insieme delle operazioni relative a un determinato bene o gruppo di beni come matrice di ulteriori relazioni interindividuali o inter-gruppali, con quelle politico-amministrative) appare qualificare i livelli di civiltà auspicata, storicamente riparametrata grazie ad indicatori quali il diffuso e competitivo impiego di metodi e strumenti scaturiti dalla ricerca tecnico-scientifica. Quest’ultima risulta politicamente finalizzata a delineare tutti i percorsi riorganizzatovi del sistema vigente di produzione di beni e servizi, pervadendo tutte le forme umane di vita e l’ecosistema nel quale sono collocate.

S’avvera, in questa guisa, l’ulteriore rivoluzione innescata dalla proceduralizzazione della cosiddetta modalità “digitale”. Dopo quella “copernicana”, dopo l’evoluzionismo che riguarda la mutazione delle specie viventi e la meccanizzazione delle produzioni, a loro volta caratterizzate dall’uso di vapore o da combustibili fossili, da elettricità, petrolio e prodotti chimici e, successivamente, da informatica e telecomunicazioni nell’industria, si giunge alla generazione e fruizione dei big data, cloud e IoT, utili alla realizzazione del Cyber Phisical System e all’orizzonte è in itinere una originale “pragmatica dell’Intelligenza Artificiale” che dilata esponenzialmente le proporzioni dell’Information and Communication Technology nell’impatto ristrutturale dei processi economici e sociali.

Non a caso, Klaus Schwab, principale esponente di rilievo del WTO (World Economic Forum), ha definito (2016) questo nuovo paradigma – l’archetipo “digitale” – come “una trasformazione che, per grandezza, portata e complessità, sarà differente da qualsiasi cosa l’umanità abbia mai sperimentato”.

Tuttavia, a ben guardare, si può notare un contrasto profondo tra la dimensione sempre più omologante e totalizzante delle necessità economiche e la modesta consapevolezza collettiva circa il rilievo di “senso” dell’operare lavorativo. Siamo in presenza di un’abiura circa implicazioni sul piano conoscitivo e socio-culturale di miliardi di persone e rispetto alle dilaganti povertà post-materialistiche.

Il bisogno di un heideggeriano Destruktion.

Nel Paese, in particolare, si registra su tutti i piani e in tutti i settori non tanto un bisogno insoddisfatto di cultura tecnologica e scientifica, che ai livelli basici è oggettivamente carente, ma, soprattutto, un heideggeriano Destruktion. Del resto, paradossalmente, lo stesso PNRR ammette che la “digitalizzazione è un abilitatore trasversale ad ampio spettro: dalla piattaforma per la selezione e il reclutamento delle persone, alla formazione, alla gestione delle procedure amministrative e al loro monitoraggio” a dimostrazione che il “comando” è situato in territorio economico, riguarda il soggetto “impresa” e non la “collettività”.

Si riaccende il fuoco dell’analisi polemica.

Ecco perché, in campo culturale, si sta riaccendendo il fuoco dell’analisi polemica in grado di revocare in dubbio, di “criticare” adeguatamente la destrutturazione cognitiva in atto che oggi afferma – senza alternativa alcuna – la metafisica influente del “mercato” e della “tecnica”, il cui primo evidente risultato è il successo planetario dell’asservita riscrittura dei metodi relazionali e (dunque) cognitivi.

Espressioni, queste ultime di una socialità coartata, sussunta nel dominio ideologico economico-produttivo che agisce come agente di riduzione in schiavitù cognitiva ed emotiva.

Vanno esperiti sforzi per affrontare coraggiosamente, “de-costruttivamente”, la situazione descritta ed esprimere l’atto del cercare oltre le cose così come si presentano, oltre la loro superficie, per rischiarare le complicazioni che si celano dietro l’organizzazione profonda del reale multiforme.

Qui può intervenire esclusivamente il dileggiato sapere “umanistico” – in primis la Filosofia – per colmare questo deficit culturale anche nello “spazio comune” europeo, essendo necessario e urgente assumere iniziative efficaci per allineare il “fare” al “pensare”, la produzione di beni e servizi anche ad alto tasso tecnico all’elevazione culturale di massa, l’emancipazione economica alle libertà civili, gli algoritmi dell’interdipendenza economico-commerciale alla formazione umana onnilateralmente e politecnicamente promossa.

 

Una caratteristica fondamentale da ascrivere alla difficoltosa opera di decostuzione è la sua natura epocale: la decostruzione non è un’operazione mossa da un impeto individuale o da una gruppo sociale, ma un accadimento, una circostanza storica dell’evoluzione civile secondo la quale l’impianto generale del consorzio collettivo dovrà essere complessivamente revocato in dubbio.

Il ruolo del pensiero critico della decostruzione.

La narrazione che l’approccio tecnico-economico fornisce all’analisi della condizione umana semplifica la complessità del vivere e può risultare sviante, nociva, menzognera.

Il ruolo del pensiero critico della decostruzione, è quello di smontare le semplificazioni ideologiche omologanti, la standardizzazione delle idee, la banalizzazione della realtà.

In una lettera al suo traduttore giapponese,  Toshihiko Izutsu, il filosofo Jacques Derrida comunica: “[…] Bisognava disfare, scomporre, desedimentare delle strutture (di ogni tipo: linguistiche, fonetiche, logocentriche). […] Ma disfare, scomporre, desedimentare delle strutture, non era un’operazione negativa. Più che distruggere, si trattava di capire come si fosse costruito un certo “insieme”, e per farlo bisognava ricostruire”.

Davvero è oggi prioritario saper corrispondere a un’urgente necessità di congetture e quadri concettuali che consentano di comprendere come l’umanità e il suo “ambiente” debbano continuare ad evolvere senza soccombere .

(Prof.Giovanni Dursi-docente di Filosofia e Scienze umane).

 

 

 

Il Green Pass serve solo

a dimostrare che sei UBBIDIENTE.

Italiador.com-(16 aprile  2022)- Redazione- ci dice :

(Covid-19 -16 aprile 2022).

 

Il green pass non serve a dimostrare che sei sano, serve a dimostrare che sei ubbidiente. Una volta misurate la debolezza e lo spirito di sopportazione agli abusi di stato, la popolazione é pronta per le fasi successive, arrivare all’Identità Digitale, passando in Italia per “IDPay”.

 Obiettivo: schedare elettronicamente il cento per cento della popolazione mondiale entro il 2030, come definito nell’agenda “ID2020 di Bill Gates”.

L’Europa é a buon punto per l’implementazione, grazie alla spinta maniacale di Von der Leyen e l’Italia tra Maggio 2022 ed il 2023 avrà l’IDPay (nome temporaneo), una carta di servizi digitale propedeutica che potremmo già definire Identità Digitale 1.0.

Il 5G per la trasmissione dati ad altissima velocità è a buon punto, a seguire il riconoscimento facciale  con le web cam in strada e nei luoghi pubblici, poi il gran finale con il credito sociale, modello cinese …. e siamo belli che buggerati. Diventiamo schiavi, SE non lo impediamo in TUTTI i modi possibili ed immaginabili.

Come abbiamo già affermato il Green Pass NON è mai servito per motivi di salute ed arginare la  finta pandemia, volevano solo dividere la popolazione, effettuare una prova generale e misurare le possibili reazioni.

Allo stato dei fatti, con le novità sopra anticipate, Vaxxinari e No-Vax dovranno scegliere, se essere punturati a vita con cadenza semestrale-annuale per diventare OGM controllati, oppure se diventare “ribelli” per mantenere la Libertà, riaffermare la Legalità e lo Stato di Diritto.

 

 

 

 

 

DAL GREEN PASS ALLO “SMART CITIZEN WALLET”:

QUANDO ABITUARSI ALLA FRUSTA

VI RENDE SCHIAVI.

Italiamensile.it- Redazione-Allenza anti-globalista-Redazione-(23-giugno 2022)- ci dice :

Arriva, in via sperimentale promossa dalle amministrazioni comunali di Bologna e di Roma, lo “Smart Citizen wallet” che tradotto significa letteralmente “borsellino elettronico del cittadino”.

Questo sistema prevede una sorta di tessera a punti per ottenere pregi e servizi aggiuntivi offerti dall’amministrazione comunale e dai suoi partners, e già partendo da questo concetto viene evidentemente meno il ruolo della buona amministrazione della cosa pubblica la quale dovrebbe operare scevra da distinzioni di cittadini di serie A e di serie B, proprio per la sua natura di “pubblica”.

Questo sistema basato su un concetto di premialità subordinata all’ubbidienza altro non è che il preludio di un credito sociale in pieno stile cinese!

Già mi immagino chi si dimenticherà o ritarderà nel pagare il bollo auto al momento della scadenza, preferendo pagare le bollette in quanto fa fatica ad arrivare a fine mese e, invece di poterne rimandare il pagamento semplicemente affrontando una mora di entità accessibile cumulabile nel tempo, si ritroverà preclusi altri servizi pubblici, magari essenziali, per i quali in realtà aveva già pagato profumatamente grazie a una pressione fiscale che in Italia si aggira intorno al 70%.

Inoltre, questo metodo basato sulla premialità subordinata alla virtuosità, crea una serie di dinamiche affinché venga sdoganato il credito sociale in stile cinese, volto alla continua divisione in caste e sotto-caste e propedeutico al controllo sempre più stringente sulle scelte di vita di ogni singolo cittadino, trattandoci tutti alla stregua di sudditi con al collo un guinzaglio a strozzo.

“Non è necessario che tu sia un delinquente” si dirà poi “ma basta tu non sia un cittadino modello e ubbidiente in tutto e sarai quindi emarginato”; in pratica il green pass è stato solo l’antipasto di una deriva sociale molto più discriminante che i governanti mirano ad attuare rendendola perpetua.

Ecco perché questo esperimento sociale che inizierà a settembre nei comuni capofila, ovvero Bologna e Roma, deve essere assolutamente fermato sul nascere divulgando consapevolezza tra i cittadini di queste due grandi città (magari con manifestazioni di entità nazionale in loco), affinché non aderiscano facendo fallire questo progetto violentatore della libertà personale e della dignità di ogni cittadino, esattamente come orgogliosamente noi italiani facemmo fallire mesi fa la famigerata App Immuni non scaricandola perché lesiva delle basi della privacy.

Ogni nostra azione porta a conseguenze; la legge di mercato siamo ognuno di noi con le nostre scelte; la comodità è la valuta con cui svendiamo la libertà e la nostra dignità ed è per questo che i diritti, così come i servizi pubblici, non si elemosinano ma si esercitano e si pretendono in quanto dovuti a priori.

 

 

 

SUL DOVERE COSTITUZIONALE

E COMUNITARIO DI DISAPPLICAZIONE

DEL CD DECRETO GREEN PASS.

Generazioonifuture.org- Osservatorio per la legalità costituzionale-(4 AGOSTO 2021) -ci dice :

 

L’Osservatorio permanente per la legalità costituzionale composto da giuristi di formazione e sensibilità diverse, (fra i quali i professori costituzionalisti Alberto Lucarelli, Marina Calamo Specchia i civilisti Ugo Mattei, Piergiuseppe Monateri, Luca Nivarra, l’amministrativista Sergio Foa e l’internazionalista Pasquale de Sena) ha realizzato uno studio sul Green pass, un tema centrale della Democrazia che, a partire dai prossimi giorni, sarà al centro del dibattito parlamentare, ma che già costituisce, anche con toni talvolta settari ed eccessivi, motivo di confronto e scontro nell’opinione pubblica.

Si tratta di un tema estremamente complesso, introdotto in Italia con un decreto-legge, che si snoda attraverso il rapporto tra ordinamento europeo ed ordinamento interno, coinvolgendo una pluralità di istituti e principi che sono alla base della nostra forma di Stato e che pongono in delicato e precario equilibrio le garanzie delle libertà fondamentali con i doveri di solidarietà economica e sociale, con immediate ricadute sul principio di eguaglianza.

 

L’ obiettivo dello studio è di analizzare la natura giuridica del Green pass, la sua capacità d’incidere sulle libertà fondamentali, la sua sostenibilità all’interno del perimetro costituzionale;

di contribuire, al di là degli slogans e semplificazioni, al dibattito ed al confronto a livello istituzionale, nella comunità scientifica e tra gli operatoti del diritto.

 Lo studio, che verrà pubblicato mercoledì su Questione Giustizia decreta l’ illegittimità Costituzionale del Green pass e la sua contrarietà al diritto Europeo ipotizzandone la disapplicazione giudiziaria. Esso sarà fatto pervenire alle più alte cariche dello Stato, a tutti i parlamentari, ai membri della Corte Costituzionale e a tutti i magistrati.

(CLICCA QUI PER LEGGERE IL DOCUMENTO).

 

 

 

 

Alla ricerca del meraviglioso.

Green Pass, Passaporto biometrico...

Ucraina. Tutto collegato?

 Michelaganz.com-Michela Ganz-Stefano Manera –(17 marzo 2022) -ci dice :                                                                 

Sulla pagina face-book di Stefano Manera ho trovato questo post che vorrei condividere con voi .

Mi sono meritato un posto nella super-classifica dei complottisti italiani su Rolling-Stone e ora voglio tenermi stretto questo primato.

Oggi lo faccio grazia all'amico David Cane (che ringrazio) da cui prendo spunto per questo post.

Stiamo tutti cercando di capire cosa stia davvero accadendo in Ucraina e nel mondo in generale.

Con un’unica granitica certezza: la verità non è quella che ci raccontano i narratori ufficiali.

Osserviamo una polarizzazione ideologica di rara memoria con tanto di epurazioni eccellenti, intellettuali derisi pubblicamente, scienziati umiliati e giornalisti fatti tacere.

Quello che possiamo osservare oggi, il nuovo tassello, è questo in estrema sintesi:

- Viene fuori che l’Ucraina è stato il PRIMO paese al mondo a introdurre una vera e propria identità digitale, che incorpora carta d’identità, patente, PASSAPORTO BIOMETRICO, certificato di nascita, dati medici, dati fiscali e molto altro.

 L’app si chiama DIIA ed è stata presentata in pompa magna da Vladimir Zelensky il 6 Febbraio 2020, quando in Ucraina nessuno (almeno fra la gente comune…) aveva mai sentito parlare di pipistrelli, bacilli e punture.

- Dopo lo scoppio della pandemia, l’app DIIA è stata trasformata anche in certificato vaccinale, ovvero l’equivalente ucraino del Green Pass, necessario per accedere a determinati luoghi, eventi e servizi.

- E’ utile ricordare che, nel momento in cui è scoppiata la guerra, l’Ucraina era il paese meno vaccinato d’Europa.

- La settimana scorsa, col paese messo in ginocchio dai recenti eventi e una maggioranza sempre più ampia della popolazione ucraina letteralmente vicina alla fame, il governo Zelensky ha annunciato un importante programma di “ristori” per coloro che sono stati colpiti economicamente dall’attuale conflitto. Per usufruirne è sufficiente fare domanda attraverso la comoda app DIIA.

L’unico requisito è aver completato il ciclo vaccinale.

Quando a far la fame saremo noi, cosa pensate che accadrà?

Non avete forse sentore che il piano sia esattamente questo anche qui?

 

Sul fatto che il qr-code sarà utilizzato nel prossimo futuro per accedere ai "benefici" per chi ne ha bisogno (e saranno sempre di più) è già stato annunciato da esponenti di questo governo.

La chiamano IdPay ma è la stessa cosa.

L'infrastruttura è unica.

Non fanno altro che sfruttare le opportunità, che siano casuali o "causate", poco importa.

Anche una guerra può risultare funzionale al disegno, non c'è dubbio.

Di emergenza in emergenza, altrimenti la bolla esplode.

E' la stessa tattica utilizzata in Canada: se ti ribelli ti cancello economicamente.

Lì ha bloccato i conti correnti, alla Russia sono stati congelati 670 miliardi di dollari di riserve valutarie.

Poi, certo, annunciano il default perché non può "onorare" gli impegni presi.

Chi si terrà i soldi sui conti correnti sapendo che possono toglierteli con un click?

E ancora, chi si terrà i loro soldi, sapendo che possono fare lo stesso, a poco a poco tramite l'inflazione o comunque facendo crollare il potere d'acquisto in un amen?

Sono soldi creati dal nulla, Euro e Dollari. Sganciati dall'economia reale. Una montagna incredibile di massa monetaria che serve a tenere in piedi un'economia che è arrivata alla fine di un ciclo epocale.

Come li hanno creati possono farli scomparire.

Digitalizzazione economica e digitalizzazione dell'identità vanno di pari passo.

L'uomo reso schiavo ubbidiente perché ricattabile con un semplice click: rompi le palle? ti cancello.

Nel caos si può operare al meglio.

E' nelle condizioni di grande instabilità che si fanno i migliori guadagni, sia in termini di soldi, sia di potere. In guerra le battaglie si vincono e si perdono, si guadagnano posizioni e si arretra.

Gente questa è già una guerra mondiale in atto, aprite gli occhi.

E la propaganda è attivissima più che mai.

(Michela Ganz).

 

 

 

 

GIOVANI ESCLUSI DALLO SPORT.

GENITORI RACCOLGONO FIRME

E SCRIVONO AL GOVERNO.

Byoblu.com-(6 Gennaio 2022)- Miriam Gualandi  - ci dice:

 

Tutti indistintamente sono stati colpiti dagli effetti negativi dell’emergenza sanitaria e dalle misure sempre più restrittive che di decreto in decreto riducono al lumicino la speranza di tornare a una vita normale.

Ma le vittime principali di questi due anni sono i bambini e gli adolescenti, che improvvisamente non hanno più potuto frequentare la scuola serenamente, hanno perso gli amici e sono stati catapultati in una realtà distopica irriconoscibile.

Giovani a rischio.

Più volte abbiamo parlato degli allarmi che però restano perlopiù inascoltati, e anzi le misure per costringere alla vaccinazione sono anche quelle che probabilmente avranno un impatto più drammatico sulla crescita dei nostri ragazzi.

Dopo gli episodi di discriminazione in classe tra studenti vaccinati e non, con il fantasma della DAD, ora viene meno anche lo sport.

Il decreto legge 221 del 24 dicembre 2021 infatti estende l’obbligo di Green pass rafforzato dal 10 gennaio 2022 e fino alla fine dell’emergenza epidemiologica, anche a piscine, palestre e sport di squadra al chiuso.

La lettera aperta dei genitori.

Ieri 5 gennaio oltre tremila genitori del gruppo Telegram Gli Sportivi, che ne conta quasi seimila, hanno inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al ministro della Salute, a varie Istituzioni italiane ed internazionali e a tutte le federazioni sportive italiane, per accendere i riflettori sulla condizione dei figli minorenni che da lunedì non potranno più partecipare alle attività sportive perché non vaccinati o con Green pass in scadenza. Come Lucio, per esempio, che fa nuoto agonistico o Matilde, ballerina classica, ragazzi sani e controllati con tamponi negativi che però non potranno continuare ad allenarsi.

Considerando il crescente numero di contagi che avviene proprio tra vaccinati, le misure governative appaiono inefficaci dal punto di vista sanitario e dimostrano invece la logica punitiva e discriminatoria che è alla base di tutte le misure sin qui adottate.

Nella lettera  si legge che “pare curioso che il Ministero della Salute non sappia o dimentichi quanto lo sport sia fondamentale nella crescita dei nostri giovani e nella formazione dei futuri cittadini italiani. Pare curioso che il Ministero della Salute non ritenga doveroso mettere in atto ogni sforzo perché nessuno sportivo debba essere fermato, bensì incoraggiato, sostenuto ed aiutato ad andare avanti”.

Oltre al Governo, i grandi assenti sono anche le Federazione sportive che per anni si sono fatte portavoce del concetto di inclusione attraverso lo sport e che rispondono al grido d’aiuto delle famiglie con il silenzio.

La lettera porta a esempio anche due studi uno a cura del Centro Clinico di Psicologia di Monza e l’altro promosso dal Dipartimento di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Gaslini di Genova, in cui vengono presentati dati allarmanti circa la condizione di molti adolescenti in seguito al secondo lockdown.

“I curatori di tali ricerche”, prosegue la lettera, “hanno inoltre evidenziato che l’attività fisica e ludica, svolta insieme ai propri pari, è in grado di far produrre neurotrasmettitori benefici per la salute psico-fisica”.

La lettera termina con una domanda, alla quale Ministri e Federazioni sportive avrebbero l’onere morale di rispondere: “è davvero sensato lasciare a casa dei ragazzi sani?”.

 

Quando verrà

tolto il Green Pass?

Finnianson.tumblr.com- Master Chalk- ( 25 ottobre 2021)- ci dice :

 

Il Green Pass non verrà mai più tolto.

Mi spiego meglio.

QUESTO tipo di Green Pass legato alla sorte del Corona Virus sparirà con esso.

Ma la direzione impressa all'evoluzione delle società occidentali punta verso una ulteriore implementazione di tecnologie elettroniche basate sulle nuove potenti reti 5G, sui QR Code, sul riconoscimento vocale e facciale.

Il Green Pass è solo il primo passo di una evoluzione del Capitalismo occidentale verso la sua prossima fase.

Il primo passo verso una digitalizzazione totale delle nostre vite, in cui ogni dato relativo alla nostra esistenza: dai dati dei nostri esami medici a quelli della velocità e dal consumo dei nostri automezzi, fino ad arrivare alla quantità stimata di CO2 causata dalle nostre abitudini di consumo, il movimento retinico sugli schermi e la misura delle nostre risorse di attenzione.

Ebbene tutto ciò sarà a disposizione di grandi banche dati, e in determinate circostanze, specie se emergenziali, potrà condizionare il nostro accesso a determinati tipi di servizi e diritti.

 

Siamo diretti in quello che alcuni sociologi hanno chiamato “Capitalismo della sorveglianza”.

Se finora infatti la tendenza evolutiva dell'Occidente è stata quella di una generale americanizzazione della società, d'ora in avanti si aggiunge agli ingredienti che già conosciamo:

( Individualismo crescente, svuotamento della democrazia, distruzione del mercato interno, privatizzazioni, precarizzazione del lavoro, concorrenza, smantellamento del welfare, libero mercato e crisi dello Stato-nazione).

Anche la nuova influenza costituita dal modello Cinese , che porta in dote al vecchio modello il rafforzamento delle forme di controllo esercitabili dal potere, il rafforzamento del distanziamento fisico tra i cittadini attraverso lo smart-working e attraverso la velocizzazione delle transazioni, dal vivo e a distanza, effettuabili in pochi istanti attraverso l'uso delle tecnologie..

Assieme alle “ Certificazioni” vedremo un aumento degli strumenti di governo come i DPCM e le Task-force, che velocizzano i provvedimenti aggirando le discussioni parlamentari.

La prossima emergenza in programma durante la quale vedremo in atto nuove tipologie di Green Pass , nonché l'avanzamento del quadro sopra delineato, sarà quella già annunciata da Draghi , di tipo ambientale..

Vi lascio immaginare lo spazio che sarà lasciato disponibile al dissenso in questo nuovo mondo che ci aspetta.

 

 

 

 

 Ricomincerà la Civiltà nel Mondo?

E Che Civiltà?

Marcotosatti.com- Marco Tosatti- Paolo Deotto-(25 Settembre 2021)- ci dice :

 

Marco Tosatti:

Cari Stilum-curiali, l’amico e collega Paolo Deotto ci regala queste riflessioni, che mi sembra giusto condividere alla vostra attenzione. Buona lettura.

 

Ricomincerà la civiltà nel mondo? Ma cosa vuol dire “civiltà”?

La catastrofe prosegue, giorno per giorno. Ho detto catastrofe, lo confermo.

Oggi le cronache ci parlano, in termini quasi mistici, dell’intervento di Adolfo Draghi all’assemblea di Confindustria.       Il ministro Giorgetti, mirabile esempio di umiltà e riconoscenza verso il genio assoluto del Capo, anzi del Conducator, addirittura ha rinunciato a parlare perché, ha spiegato, avrebbe detto le stesse cose. Perché Adolfo non sbaglia, dice la verità, sempre. Anzi, lui è la verità. La gara per il titolo di Gran Piaggiatore per il 2021 è aperta.

Il Green Pass non è uno strumento di oppressione, una sporca vigliaccata, un ricatto: se non ce l’hai, ti trovi sospeso dal lavoro, senza stipendio. Crepa di fame, sporco revisionista. No, si dice anti-vax, che se ho ben capito è quasi peggio di fascista.

Il Green Pass è libertà.

L’Italia è a tocchi, ma c’è chi veglia su di noi, elaborando progetti che ci salveranno. Spinello libero, eutanasia libera, suicido assistito.

Insomma, sarai libero di rincretinirti con la droga, e poi ti aiuteremo anche a crepare. Sei vecchio, malato, magari anche un po’ rompiscatole. E crepa, c’è il suicidio assistito e l’eutanasia, tutto gratis.

Non c’è il rischio che l’Italia si spopoli, perché ogni giorno facciamo sbarcare centinaia di clandestini. E poi siamo tranquilli anche perché Letta ci ha assicurato il massimo impegno per lo ius soli e per l’approvazione del DDL Zan.

Il popolo è considerato come un gregge da usare finché farà comodo?

Ma va, siamo assistiti dai deputati e dai senatori, i nostri rappresentanti, che ora, felici di essere “uguali” a tutti gli altri, decidono di auto-castrarsi, auto-imponendosi l’obbligo del Green Pass per entrare nelle aule parlamentari.

Resta il bastione della libertà, la libera informazione.

 Libera, liberissima di osannare il Capo. Stabilito e chiarito che Adolfo ha sempre ragione e che Vidkun è l’illuminato custode sommo del Bene, la libera informazione è liberissima di tenerci informati sui pericoli atroci del Covid e sulle ultime vicende della famiglia dei Ferragnez.

Andiamo avanti? Meglio di no, perché si rischia di piangere o di vomitare, o di fare le due cose assieme.

Quello che vediamo giorno dopo giorno va ben al di là della cattiva politica, anche della politica dei traditori e dei felloni. Siamo alla pazzia come pane quotidiano, un pane avvelenato che però tutti mangiano e ci spiegano che è tanto buono.

Se a qualcuno quel pane fa schifo, viene coperto di insulti, emarginato, e se appena è possibile, indagato, inquisito, arrestato. Questa è pazzia. Ma non è strano questo scivolamento da manicomio delle “libere istituzioni”, che peraltro non colpisce solo l’Italia. Non c’è nulla di strano, perché da troppo tempo tutta la politica, tutta l’organizzazione dello Stato – che dovrebbe, in teoria, esistere per il bene dei cittadini – è scivolata in una deriva che non poteva che portare alla follia, perché si tratta di una deriva contraria a ogni razionalità e in lotta folle con il Padreterno.

Lo “Stato laico”, prima di diventare Stato laicista, ha retto per lungo tempo a livello sociale e civile, perché, piaccia o meno, esisteva una morale fondamentale che era unanimemente accettata.

 Ed era, piaccia o meno, la morale cristiana, tradotta in quei comportamenti nella vita quotidiana dettati da norme non codificate, anche perché così evidenti alla retta ragione, da non necessitare di dimostrazioni e codificazioni.

Guarda caso, la civiltà in Europa, sconvolta e ridotta alla barbarie dopo il crollo dell’Impero Romano, fu riportata da quei monaci, che, guidati dallo Spirito Santo, si imbarcarono dall’Irlanda e vennero, senza armi ma con l’Arma potentissima della Fede, a ripulire la nuova barbarie.

Portarono di nuovo la Fede cristiana, l’unica Fede, perché Cristo non è venuto tra noi per dirci di accogliere e considerare uguali a noi gli eretici e i pagani di ogni specie. Cristo ci ha detto con assoluta chiarezza: “IO sono la Via, la Verità e la Vita”. Come ci ha detto: “Senza di Me, non potete fare nulla”. Come ci ha detto: “Chi sarà battezzato sarà salvo”.

I monaci portarono la Fede cristiana e con essa riportarono la civiltà nel vivere quotidiano.

Ci siamo scordati che le principali opere che assicurano e assicurarono assistenza e conforto soprattutto ai più deboli, nascono dalla carità cristiana tradotta in opere? Gli ospedali, l’istruzione, la solidarietà, lo stesso esercizio del  credito (con le casse rurali), da dove nascono?

E ci scordiamo che la Fede e l’autorità della Chiesa, quando essa era ancora cattolica e aveva un Pontefice cattolico, hanno sempre agito da argine contro le pretese dei governanti dispotici?

Insomma, ci siamo scordati che la civiltà – e questo ce lo insegna la Storia – o è cristiana o non è?

Ce lo siamo scordati. Ci siamo scordati di essere creature, non creatori e ci siamo scordati del Creatore. Il serpente, almeno per ora ha vinto.

Ma fermiamoci un attimo a riflettere. Come poteva non crollare nella mostruosità una Società che ha reso lecito l’aborto? Un crimine mostruoso, l’uccisione di un innocente. Di milioni di innocenti.

E sul cammino della pazzia, nella convinzione di essere diventati creatori, abbiamo dato spazio e propaganda alle perversioni più ripugnanti, ai deliri sessuali, anch’essi celebrati come diritti.                             E vogliamo legalizzare il “diritto al suicidio”, ossia il diritto a quell’atto di superbia, seppur disperata, con cui si vuole affermare che la vita non appartiene a Dio, ma all’uomo, che la può far cessare quando vuole.

 E la mostruosità dell’eutanasia? E la follia mostruosa della fecondazione “in vitro”, dell’uso della donna come “contenitore” di un embrione?

Senza dubbio usciremo da questo periodo di pazzia. Un Draghi, un Mattarella e tutta la loro compagnia di tristi servitori, non sono che una corte dei miracoli che crollerà presto.

Ma poi?

Sarà sufficiente ricominciare come prima, indire delle belle elezioni – che pur sono un sacrosanto diritto dei cittadini, negato da troppo tempo – e festeggiare i fasti della democrazia?

Non credo proprio. Abbiamo davanti agli occhi la catastrofe della Stato laicista, dello Stato che ha voluto far guerra a Dio e che la sta rovinosamente perdendo, come era inevitabile.

Avremo qualche speranza di tornare alla civiltà solo se ci ricorderemo dei ruoli che ciascuno ha. Se riconosceremo i diritti di Dio. Se riconosceremo la nostra condizione di creature, bisognose di salvezza e che tale salvezza hanno già ricevuto dal Sangue di Cristo.

Torneremo alla civiltà solo se smetteremo di sculettare davanti alle mille false religioni che impestano il mondo, solo se la Chiesa tornerà ad essere la lampada accesa e messa nel porta-lampade per illuminare tutti.

Quando ci sarà il crollo del mostruoso castello di follia e menzogne in cui viviamo, l’urgenza non sarà rifondare la “democrazia”, ma ritrovare la ragione stessa della nostra esistenza e la ragione dell’esistenza necessaria dello Stato.

Se sapremo rivedere nel Volto di Cristo la salvezza e nel Suo insegnamento la regola del nostro vivere quotidiano, se la Chiesa ritroverà il suo primato e smetterà di essere una congrega di opportunisti vigliacchi, se le false religioni saranno, al più, tollerate, se la politica ritroverà la morale cristiana come regola e come barriera assolutamente non discutibile, allora rivedremo anche la civiltà.

Guardiamo ai Paesi dell’Est, in particolare alla Russia e guardiamo a quei pochi Stati che hanno iniziato, ad esempio, seppur timidamente, a introdurre nelle loro legislazioni limitazioni al crimine dell’aborto.

La strada è quella. Ritroviamo la Legge di Dio, la morale cristiana.

Oppure accodiamoci anche noi a quelli che già seguono gioiosi il Pifferaio di Hamelin e rassegniamoci alla fine di tutto.

 

 

Bill Gates, il più grande proprietario

di terreni agricoli d’America.

Italiador.com- (27 luglio 2022)- redazione- ci dice : 

 

Bill Gates, quarta persona più ricca del mondo, ha silenziosamente accumulato 242mila acri di terreni agricoli in tutti gli Stati Uniti. Abbastanza per fare di lui il più grande proprietario agricolo privato d’America.

Da anni uscivano notizie secondo cui il fondatore di Microsoft stava acquistando terreni in Florida e lo stato di Washington, ma ora The Land Report ha rivelato che Gates, il cui patrimonio è di quasi 121 miliardi di dollari secondo le stime di Forbes, ha costruito un gigantesco portafoglio di terreni agricoli sparsi in 18 stati.

 I suoi più grandi possedimenti sono in Louisiana (69.071 acri), Arkansas (47.927 acri), Nebraska (20.588 acri) ed ha una partecipazione in 25.750 acri in fase di trasformazione a ovest di Phoenix, in Arizona, che diventeranno un nuovo sobborgo.

Secondo la ricerca di The Land Report, Gates possiede i terreni direttamente e o via enti terzi tramite Cascade Investments, il veicolo di investimento personale di Gates.

Altri investimenti di Cascade comprendono Ecolab, una società che si occupa di sicurezza alimentare, Vroom, un rivenditore di auto usate, la compagnia ferroviaria Canadian National Railway e la Cottonwood Ag Management, una sussidiaria di Cascade, è membro di Leading Harvest, un’organizzazione no-profit che promuove le politiche di “agricoltura sostenibile” che danno la priorità alla protezione dei raccolti, del suolo e delle risorse idriche.

Può forse sorprendere infatti che un miliardario della tecnologia sia anche il più grande proprietario di terreni agricoli degli Stati Uniti, ma non si tratta della prima incursione di Gates nell’agricoltura.

Nel 2008, la Bill and Melinda Gates Foundation annunciò sovvenzioni per 306 milioni di dollari per promuovere “l’agricoltura sostenibile ad alto rendimento” tra i piccoli coltivatori dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia meridionale attraverso quella che è passata alla storia come la “rivoluzione verde”, un progetto distopico nato nel 2007 grazie ai profitti generati dalla bolla speculativa immobiliare in cui l’imprenditore Warren Buffet fu in grado di mettere al sicuro diversi milioni di dollari in una nuova iniziativa lanciata dalla Fondazione Bill e Melinda Gates insieme alla Fondazione Rockefeller: l’Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa o Agra.

Gates, insieme alle aziende private, ha lavorato per ridefinire completamente tutti i livelli del sistema alimentare africano in favore della chimica, dei monopoli agroalimentari, degli Ogm e dell’agricoltura digitale, facendo leva sull’assunto secondo il quale l’Africa sarebbe “indietro” dal punto di vista dello sviluppo a causa di un accesso insufficiente alla tecnologia. Una scusante per poter imporre il suo controllo e, come direbbe Vandana Shiva, “l’imperialismo alimentare”.

Infatti la fondazione ha compiuto ulteriori investimenti nello sviluppo e nella diffusione delle “super-colture resistenti ai cambiamenti climatici” e di “vacche da latte ad alto rendimento”.

Lo scorso anno, l’organizzazione ha annunciato la nascita di Gates Ag One, un’organizzazione dedita alle frontiere dei “cibo sintetico”.

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