LA DITTATURA SANITARIA.
LA DITTATURA SANITARIA.
Covid, studio: "Con le reinfezioni
aumenta
il rischio di ricovero e morte."
Quotidiano.net
-msn.com – Redazione – (11-11-2022) – ci dice:
Roma,
11 novembre 2022 - Uno studio statunitense potrebbe ribaltare tutto ciò che
sappiamo (o pensavamo di sapere) sulle reinfezioni da Covid:
secondo i ricercatori della Washington
University School of Medicine in St. Louis, in collaborazione con il Veterans
Affairs St. Louis Health Care System, le infezioni ripetute - invece di
diventare sempre più 'deboli' - aumentano il rischio di insufficienza d'organo
e morte.
I risultati del lavoro sono stati pubblicati
su Nature Medicine.
Covid, i dati degli ultimi sette giorni in
Italia.
Da
quando la pandemia è iniziata quasi tre anni fa, gli scienziati hanno appreso
che un'infezione iniziale può portare a rischi a breve e lungo termine che
interessano quasi tutti i sistemi di organi.
Hanno anche determinato che le persone possono
contrarre il Covid una seconda o una terza volta, nonostante acquisiscano
anticorpi naturali, spiegano gli esperti.
Ma
finora, in linea di principio, la posizione della comunità scientifica era che
le reinfezioni comportavano quasi sempre forme meno gravi della malattia.
Con il
nuovo studio, i ricercatori hanno scoperto che le infezioni ripetute, in
realtà, contribuiscono a un rischio aggiuntivo di condizioni di salute avverse
in più sistemi di organi.
Esiti
che vanno dal ricovero in ospedale, a disturbi che colpiscono polmoni, il
cuore, il cervello e il sangue, i sistemi muscolo-scheletrici e
gastrointestinali, fino anche alla morte.
La
reinfezione contribuisce anche a innescare diabete, malattie renali e problemi
di salute mentale.
Nel
complesso, i ricercatori hanno scoperto che le persone con reinfezione da Covid
avevano il doppio delle probabilità di morire e tre volte più probabilità di
essere ricoverate in ospedale rispetto a quelle senza reinfezione.
Inoltre, quelle con infezioni ripetute avevano
3 volte e mezzo più probabilità di sviluppare problemi polmonari, tre volte più
probabilità di soffrire di malattie cardiache e 1,6 volte più probabilità di
sperimentare disturbi cerebrali rispetto ai pazienti che erano stati infettati
dal virus una volta.
Per
questo studio, i ricercatori hanno analizzato circa 5,8 milioni di cartelle
cliniche non identificate in un database gestito dal “Department of Veterans
Affairs” degli Stati Uniti, il più grande sistema sanitario integrato della
nazione.
I pazienti rappresentavano più età, razze e
sessi.
Gli
scienziati hanno creato un set di dati controllato di 5,3 milioni di persone
che non sono risultate positive a Covid dal'1° marzo 2020 al 6 aprile 2022.
Utilizzando lo stesso lasso di tempo, è stato
compilato un gruppo di controllo di oltre 443mila persone che erano risultate
positive e un altro gruppo di quasi 41.000 persone che avevano due o più
infezioni documentate (nessuno con cinque o più infezioni).
Lo
studio ha tenuto conto delle varianti come Delta, Omicron e Omicron BA.5.
"Negli
ultimi mesi c'è stata un'aria di invincibilità tra le persone che hanno avuto
il Covid o hanno fatto vaccinazioni e richiami, e soprattutto tra le persone
che hanno avuto un'infezione e hanno anche ricevuto vaccini", come se
avessero "una sorta di super-immunità al virus", ha affermato
l'autore senior dello studio Ziyad Al-Aly, epidemiologo clinico presso la
School of Medicine.
"Senza
ambiguità, la nostra ricerca ha dimostrato che contrarre un'infezione una
seconda, terza o quarta volta contribuisce a ulteriori rischi per la salute
nella fase acuta, cioè i primi 30 giorni dopo l'infezione, e nei mesi
successivi, cioè nella fase di Long Covid".
Inoltre, lo studio ha indicato che il rischio
sembra aumentare con ogni infezione.
"Ciò
significa che anche se hai avuto 2 infezioni Covid, è meglio evitarne una
terza", ha detto Al-Aly.
"E
se hai avuto tre infezioni, è meglio evitare la quarta".
Come?
"Usando le mascherine, ricevendo tutti i booster indicati, rimanendo a
casa quando si è malati.
E
facendo anche un vaccino antinfluenzale.
Dobbiamo
davvero fare del nostro meglio per ridurre la possibilità di avere una doppia
pandemia sia di Covid che di influenza in questa stagione invernale".
Secondo
l'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità, nel periodo 24 agosto 2021-2
novembre 2022 in Italia sono state registrate oltre 1,35 milioni di
reinfezioni, pari al 6,9% del totale dei casi.
La
loro incidenza nella settimana 26 ottobre-2 novembre è del 16,6% (28.913
reinfezioni).
Intervista
al neo presidente della Commissione Sanità del Senato, Zaffini (FdI): “Ereditiamo da Draghi una Nadef che
sottofinanzia la sanità. Un medico non può essere no vax ma obbligo ha senso
solo con un vaccino immunizzante”.
Quotidianosanità.it
– Giovanni Rodriquez – (11-11-2022) – ci dice:
Ma non
solo, in questa intervista esclusiva al nostro giornale, Zaffini parla anche di
riforma della medicina territoriale, “la messa a terra del Pnrr rischia di
rimanere solo sulla carta a causa della mancanza di personale”, di regionalismo
sanitario, “la regionalizzazione della sanità è un valore ma vanno ridisegnati
i confini delle materie concorrenti”, di come imposterà il lavoro in
commissione con le opposizioni, “do per scontato ci siano convergenze sul tema
salute” e della necessità di fare luce sulle forniture dei vaccini Covid.
11 NOV
- In
Commissione sanità al Senato potrebbe essere avviata un'indagine sull'acquisto
in eccedenza da parte della commissione europea dei vaccini contro il Covid. Ad
annunciarlo è il neo presidente della Commissione Affari Sociali, Sanità,
Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale di Palazzo Madama Francesco
Zaffini di Fratelli d’Italia in questa intervista esclusiva a Quotidiano
Sanità.
Diversi
i temi affrontati, dalla prossima legge di Bilancio, nella quale si proverà ad
affrontare alcune emergenze a partire da quelle legata alla carenza di
personale sanitario, alla possibile revisione del Titolo V della Costituzione,
fino al progetto di riforma della sanità territoriale.
Presidente
Zaffini pensa che in commissione ci potranno essere convergenze con
l’opposizione su un tema come quello della salute?
Do per
scontato ci siano convergenze sul tema salute come spero anche sugli altri
temi.
Devo
dire che anche nei miei cinque anni precedenti in Commissione Sanità raramente
si è scesi sul piano dell’ideologia e quasi sempre si è mantenuta una certa
unità in commissione.
Mi
auguro sia possibile proseguire su questa strada anche sul tema del lavoro, del
sociale e dell’integrazione socio-sanitaria che sono i grandi blocchi di
argomenti sui quali si dovrà esprimere questa nuova commissione.
La
legge di Bilancio sarà il primo grande banco di prova per il Governo come per
la commissione.
Rispetto
alle cifre indicate nella Nadef sia le Regioni che la Corte dei conti lamentano
una scarsità di risorse soprattutto in tema di personale e costi legati
all’energia.
Cosa ne pensa?
La
legge di bilancio arriverà in Senato dopo l’approvazione alla Camera ed è
attesa verso le festività natalizie.
Sulla
Nadef abbiamo lavorato per saldi discostandoci di pochissimo rispetto al lavoro
che ci siamo ritrovati già fatto.
Possiamo dire che questa nota di aggiornamento
sia il frutto del governo Draghi. Mantenendo i saldi, i grandi problemi sono
rimasti tutti sul tappeto.
In
manovra potremmo affrontare qualcosa sicuramente, pur consci del fatto che ci
troviamo a dover lavorare con un quadro generale veramente drammatico.
Siamo
d’accordo sul fatto che le dotazioni trasferite alle Regioni non sono
sufficienti, siamo d’accordo anche sul fatto che i silos non sono saltati,
abbiamo consapevolezza che nella messa a terra del Pnrr rischiano di rimanere
solo sulla carta alcune cose come le Case della comunità a causa della mancanza
di personale.
Questa
del personale è la vera grande sfida.
Non a
caso le precedenti riforme sulle Case della salute hanno fallito proprio su
questo punto. Proveremo a dare qualche risposta su questo in manovra.
Le
Regioni hanno ragione sul mancato rimborso spese legate al Covid così come sul
fatto che si debba tener conto delle attuali bollette energetiche.
Pensiamo
quanto arriveranno a spendere ospedali con centinaia di posti letto. Non è
possibile che il fondo sanitario resti invariato o vada addirittura a
retrocedere.
Con la
Nadef del governo precedente torniamo a fare bancomat con la sanità e questo
non va bene.
Sul
punto, nel lavoro della commissione, mi pongo l’obiettivo di denunciare questo
stato di cose.
La
sanità deve tornare al centro, non solo in termini di finanziamenti ma anche di
impegno per ottimizzare l’allocazione delle risorse. Penso si debba anche
rivedere Titolo V.
Pensa
sia possibile una revisione costituzionale in questo senso?
La
regionalizzazione della sanità è un valore ma vanno ridisegnati i confini delle
materie concorrenti.
Con il
Covid abbiamo visto ad esempio la diatriba tra Regione Lombardia e Governo su
chi dovesse effettuare le chiusure.
Quella è materia che deve partire
dall’iniziativa del ministero, le regioni devono essere però messe nelle
condizioni di poter attuare quelle direttive.
Il piano pandemico deve essere nazionale, non
lo possono fare le Regioni ognuna per conto suo.
Ma su
questo tema teme frizioni interne alla maggioranza visto che la Lega rispetto a
FdI ha una ben più marcata spinta verso il regionalismo ed è inoltre favorevole
a una maggiore autonomia?
No,
non temo frizioni interne alla maggioranza con la Lega su questo.
Io
sono un profondo assertore della regionalizzazione della sanità avendo fatto
per tre mandati il consigliere regionale in commissione sanità, quindi so di
cosa parlo.
Nei
giorni precedenti è esplosa la polemica per il ritorno anticipato del personale
sanitario non vaccinato contro il Covid sui luoghi di lavoro. Condivide questa
scelta del ministro Schillaci?
C’è un
dritto ed un rovescio della medaglia che si compensano.
La
decisione del ministro è da condividere perché si prende atto di un’emergenza
legata alla mancanza di personale.
Il
rispetto delle regole che per noi di centrodestra è prioritario anche se in questo
caso viene meno.
C’è
però da dire che il Covid è profondamente cambiato e la linea di pensiero
prevede oggi mai più obblighi vaccinali e mai più green pass.
Far
rientrare i medici in anticipo rispetto al termine fissato per legge può
sembrare in conflitto con l’idea di rispetto delle regole ma tiene conto della
necessità di dover gestire l’emergenza dovuta alla carenza di personale
sanitario.
Cosa
ne pensa dell’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, anche per lei il
tema attiene unicamente ad una questione deontologica interna agli ordini?
Partiamo
da una premessa, questo tema non è assolutamente all’ordine del giorno.
Su
questo posso quindi solo darle la mia visione personale.
A mio
parere un medico per definizione non può essere un no vax.
Può essere scettico su alcune campagne
vaccinali, come ad esempio sugli open-day con AstraZeneca, un vaccino con il
quale si sono riscontrate diverse problematicità e eventi avversi, ma non può
essere un no vax.
L’obbligo
credo sia però un passo non necessario ad oggi.
Nel
momento in cui avessimo a disposizione un vaccino realmente immunizzante nei
confronti della trasmissibilità del virus allora si potrebbe prendere in
considerazione l’obbligo per quel personale a contatto con i pazienti visto che
la vera esigenza è quella di preservare i fragili dal rischio di contagio.
Come
pensa si debba portare avanti l’attuale campagna vaccinale?
Sicuramente
senza obblighi, la libertà vaccinale è presidio invalicabile per me.
La gente va convinta e non costretta.
Per
convincere gli italiani serve una campagna informativa che dica la verità, non
seguendo quindi quanto fatto da Speranza e Draghi che parlavano di vaccini
immunizzanti.
Quanto
all’andamento della campagna vaccinale penso si debba procedere secondo alcune
gerarchie andando ad offrirlo innanzitutto a fragili e over 60.
Ma si
dovrebbe offrire loro i nuovi vaccini bivalenti, non quelli vecchi che coprono
da un virus che non esiste più.
Oggi
si perde tempo nel mettere a disposizione delle Regioni i vaccini aggiornati,
come mai?
Si
vuole forse smaltire i troppi vaccini vecchi acquistati in eccedenza in sede
europea?
Spero
che anche in questo senso si faccia in fretta una Commissione d’inchiesta.
Le aggiungo anche che è mia intenzione
proporre un’indagine conoscitiva in Commissione mirata proprio all’acquisto dei
vaccini da parte della comunità europea.
Un’ultima
domanda sulla riforma della sanità territoriale, anche lei come il
sottosegretario Gemmato ha perplessità sul progetto delle Case della comunità?
No,
l’impianto del Pnrr è quello, proporremo degli adeguamenti. Sicuramente il
progetto delle farmacie dei servizi andrà avanti e sarà valorizzato. Ma da qui
a dire che butteremo all’aria il progetto delle Case della comunità ce ne vuole.
(Giovanni
Rodriquez-11 novembre 2022).
I
nuovi piani della Dittatura Sanitaria:
il
medico ti guida con joystick e microchip.
Espresso.repubblica.it
- Michele Serra – (29 NOVEMBRE 2021) – ci dice:
Svelati
i complotti della DS: i partiti si chiameranno Fronte dei virologhi e Forza
anestesisti e a scuola si imparerà a leggere sui bugiardini.
Sono
in vendita anche da Euronics, in comode confezioni da dodici, i nuovi microchip
fino o oggi normalmente inseriti nei vaccini anti-Covid: da oggi possono essere
ingeriti anche direttamente, senza alcun bisogno di vaccinarsi.
Questa
è solo l’ultima, efferata mossa della DS (Dittatura Sanitaria), il cui dominio
sul pianeta ormai è definitivo.
Il ritrovamento
del Piano di Controllo Mondiale, nel primo cassetto della scrivania del
virologo americano Levi-Pumpkin, è la prova definitiva.
Agghiacciante
l’inizio: «Il mondo deve cadere sotto il dominio di Big Pharma, degli ebrei,
delle banche e di tua sorella».
Il
direttorio del piano della DS prevede l’instaurazione, in ogni Paese, di un
governo composto da un otorino, un dermatologo, un neurologo e un dentista,
tutti ebrei e tutti manovrati dalle banche e da tua sorella.
Servendosi
di una app, con il proprio smartphone ogni medico di base sarà in grado di
controllare il suo territorio.
Avrà
accesso in tempo reale agli esami del sangue, delle urine e delle feci di
ciascuno di noi.
Potrà
controllare in ogni momento la panoramica dentale e l’ubicazione dei nei, dei
porri e delle verruche, più altri dati molto riservati, come l’eventuale abuso
di supposte e clisteri, importante per tracciare il comportamento sessuale di
ogni soggetto e, se necessario, poterlo ricattare.
Il
joystick.
Ogni
medico di base, attraverso un joystick che interagisce con i microchip, potrà
indirizzare i suoi pazienti, ridotti ad automi, ovunque Big Pharma decida di
mandarli: in farmacia a comperare chili di pomate inutili, di ansiolitici e di
sapone non-sapone (da risciacquare con acqua non-acqua è da asciugare con
non-asciugamani), al supermercato per fare incetta di acqua ossigenata,
pannoloni, solette assorbi sudore.
È una cosa che accade già oggi, ma con la
Dittatura Sanitaria questo processo di bulimia farmacologica sarà programmato
razionalmente dal governo centrale.
Le centinaia di persone che bivaccano in ogni
Pronto Soccorso perché hanno un foruncolo o il malditesta, verranno indirizzati
nei reparti ospedalieri più confacenti agli interessi economici del potere: un
anziano in Pediatria deve pagare un ticket molto più alto, idem un maschio in
Ginecologia.
L’intero
comparto dei rimedi miracolosi contro la caduta dei capelli verrà molto
potenziato e la calvizie dichiarata fenomeno anti-patriottico.
I
partiti I partiti politici, nella Dittatura Sanitaria, non saranno aboliti.
Per
simulare una dialettica democratica sarà consentita la formazione di liste e
partiti, purché di ispirazione medica.
Sono previsti un Fronte dei Virologhi, in
posizione egemone, più varie altre formazioni: Anestesisti Uniti, Forza
Radiologia, Democrazia Psichiatrica, Ortopedici in Marcia, Logopedia e Libertà,
Comitato Esculapio, Buonasera Dottore.
Il legame sottile tra tutte queste formazioni
mediche è che nella lista dei pazienti c’è sempre tua sorella.
La
potente corporazione degli infermieri potrà riconoscersi nelle due influenti
consorterie “Turno di Giorno” e “Turno di notte”.
La
scuola. Sarà rivoluzionata anche la
didattica.
Alla scuola materna i bambini giocheranno solo
con garze e cerotti, alle elementari impareranno a leggere e scrivere usando le
scatole dei farmaci e, in quinta, anche il bugiardino.
Con la licenza media si potranno prescrivere
le medicine generiche e così via fino all’Università, dove la Facoltà Unica di
Medicina prenderà il posto di tutte le altre.
Le
scuole saranno intitolate a eminenti primari e case farmaceutiche, o
direttamente ai farmaci più prestigiosi.
Le
migliori scuole, come il liceo Formiero di Roma e il liceo femminile
Aspirinetta di Milano, saranno accessibili solo ai rampolli della borghesia
sanitaria.
Tra i
docenti, saranno scandalosamente favoriti gli ebrei e tua sorella.
Cosa
c’è nel vaccino.
La fatidica frase «perché nessuno ci dice che cosa c’è
nel vaccino», con l’avvento della DS non avrà più ragione di esistere. La rivelazione tanto attesa,
infine, sarà di pubblico dominio: dentro il vaccino c’è vaccino, più piccole
tracce di tua sorella e del grafene.
Montagnier:
"Ora parlo io:
è una
dittatura sanitaria".
Lanuovabq.it
– Alessandra Nucci – (14-08-2021) – ci dice:
Il premio
Nobel scopritore del virus dell'Aids arriva in Italia, ad ascoltarlo oltre 2000
persone e anche la Bussola:
“Ci troviamo in una dittatura sanitaria, non
più in democrazia. Questi vaccini non sono dei veri vaccini, ma un montaggio
complicato di biologia molecolare che è capace di essere un veleno.
È un
orrore costringere le persone, adesso i bambini, a farsi inoculare questo
preparato molecolare.
Rinnovo l’appello ai medici perché prescrivano
le cure che funzionano. Il Green Pass? È un affare di marketing. Noi
complottisti? No: sono loro a complottare!".
Luc
Montagnier, Premio Nobel per la Medicina 1983, ha l’aria fra il divertito e il
gentile, di chi le battaglie di principio è abituato a farle senza scomporsi.
Il più
noto delle ormai migliaia di medici e scienziati di tutto il mondo riuniti in
associazioni a contrastare la vulgata a senso unico trasmessa dai principali
media riguardante le vaccinazioni, l’accademico francese è stato a Firenze in
questi giorni per iniziativa di un gruppo di volontari di “Atto Primo”
capitanati da Tiziana Vigni e Daniele Granara.
A
ascoltarlo un pubblico attentissimo di duemila persone arrivate da ogni parte
d’Italia.
Le risposte del professore, che a più riprese fa un
appello ai medici perché prescrivano i farmaci che il Covid lo contrastano e lo
guariscono, non potrebbero essere più chiare.
Quello
che segue è una sintesi della conferenza stampa e della successiva
presentazione al pubblico a cui la Bussola era presente.
“Ci troviamo in una dittatura sanitaria, non
più in democrazia,” esordisce Montagnier, in francese tradotto dall’interprete.
“Vediamo compiersi un programma orribile,
preparato da lungo tempo, scoppiato nel momento voluto, e destinato soprattutto
ai paesi ricchi. È questa la principale ragione per cui promuovono una sola
soluzione, quella dei vaccini".
“Questi
vaccini non sono dei veri vaccini, ma un montaggio complicato di biologia
molecolare che è capace di essere un veleno.
Quindi è un orrore costringere delle persone,
adesso dei bambini, a farsi inoculare questo preparato molecolare. Rinnovo l’appello ai medici perché
prescrivano le cure che ci sono, e funzionano".
Il
“green pass”? Non è utile per la salute
pubblica. Il green pass è un affare di marketing.
“Voglio ripetere con chiarezza: questi vaccini sono
inutili, pericolosi e inefficaci. A differenza di quello che ci avevano detto,
questi vaccini non impediscono affatto la diffusione del virus".
“È un
crimine vaccinare dei bambini, perché anche se adesso non subiscono degli
effetti negativi, possono esserci degli effetti a lungo termine oltre a quelli
che vediamo adesso. Effetti a lungo termine di cui adesso non siamo a
conoscenza".“Ed è un crimine soprattutto perché esistono metodi alternativi per
curare questa infezione, che sono anche meno costosi dei vaccini e
permetterebbero di liberarci da questa malattia.
Ma sui
media non si parla di alternative, di altri tipi di vaccini o di rimedi. E se
qualcuno fa notare gli effetti avversi questa persona viene eliminata, quindi
viviamo in una vera e propria realtà di menzogna".
“Per
questo bisogna condannare il marketing dei grandi produttori farmaceutici, dei
medici e degli scienziati e soprattutto dei governi".
In
mezzo a tante conferme della drammaticità della situazione che sta vivendo
l’umanità, ha alleviato l’atmosfera una battuta su Anthony Fauci.
Alla domanda sui suoi rapporti con il guru
americano, che a differenza di lui ha cambiato diverse versioni dall’inizio
dello sconvolgimento coronavirus, è venuta la risposta:
“Ho
conosciuto Fauci all’epoca della scoperta del virus dell’AIDS e so che poi ha
avuto delle promozioni del suo laboratorio durante tutto quello che è successo.
Però - ha sorriso divertito Montagnier - purtroppo non l’ha scoperto lui, il
virus dell’AIDS!”
A
tratti il pubblico ha preceduto l’interprete, peraltro molto chiaro,
applaudendo alle parole del professore già in francese, come quando alla
richiesta di esprimere un parere sulla gestione della pandemia (pochissimo
supporto da parte della medicina territoriale, “vigile attesa” seguita
dall’interruzione di ogni comunicazione con i familiari una volta
ospedalizzati, e forte scoraggiamento delle autopsie), Montagnier ha scandito in francese
“…. des activités criminels”. Attività
che portano alla morte “non solo dei pazienti ma anche dei curanti".
“D’altra
parte constatiamo che le stesse misure di cui parlate in Italia ci sono in
Francia in Inghilterra e anche altrove quindi sono concertate. Per questo
bisogna rispondere a questo gruppo al potere in modo concertato. Ci danno dei
complottisti? No: sono loro a complottare!".
La
conclusione del professore, contento di essere “à la rétraite”, in pensione,
perché ciò lo sottrae alle pressioni che stanno subendo tanti suoi colleghi, è
stata che “l’umanità
sta sviluppando i motivi della propria scomparsa.
Ma c’è
ancora speranza, a condizione di accettare di vivere in un mondo razionale e
giusto che accolga anche cose che non sono previste da un piccolo gruppo di
persone”, intese come gruppo di persone al potere. Non solo politico.
«Dobbiamo
combattere
la dittatura sanitaria».
Heraldo.it - Stefano Magrella – (10 giugno 2022) – ci dice:
Intervista
a tutto campo ad Alberto Zelger, candidato sindaco alle elezioni comunali di
Verona 2022 per "Verona per la libertà", “Zelger Sindaco” e “Il
Popolo della Famiglia”.
Da
sempre personaggio controverso in città, promotore dell’altrettanto controverso
Congresso Mondiale delle famiglie che si è tenuto a Verona nel marzo del 2019,
Alberto Zelger – storico esponente della Lega – ha deciso per questa tornata
elettorale di correre da solo, per portare avanti una battaglia, quella contro la
“dittatura sanitaria”, che evidentemente sente ancora molto, nonostante ormai tutte
i provvedimenti presi dal Governo e dai Comuni per contrastare la pandemia
siano ormai stati quasi del tutto abbandonati.
Zelger,
a marzo 2022 è passata la notizia che lei è stato espulso dalla Lega. È vero?
«È
falso e non ho smentito solo perché non ho avuto materialmente il tempo di
farlo, però lo faccio ora.
Nella
Lega, vista la mia partecipazione a molti eventi contro il Green Pass e
l’obbligo vaccinale, avevano notato questo mio interesse alla causa, non
condiviso dal resto del partito (a livello locale e anche nazionale) se non
solo da alcuni in maniera confidenziale e non sono stati sorpresi quanto ho
comunicato loro la mia candidatura a sindaco con “Verona per la libertà”.
Così
il 9 Marzo ho telefonato ai vertici della Lega provinciale e ho segnalato la
mia scelta di candidarmi e che contestualmente mi ero iscritto al Comitato Nazionale dei Pubblici
Amministratori contro il Green pass, nato in Piemonte a dicembre 2021 e
che contava già 600 iscritti di varie parti d’Italia.»
Una
questione, quella dell’obbligo vaccinale, che considera centrale in questa
campagna comunale?
(Hanno
applicato ed esteso l’obbligo vaccinale
a tutti i super cinquantenni: vergogna! Ndr.)
«Prima
di uscire dalla Lega ho mandato messaggi a una decina di parlamentari chiedendo
che si muovessero contro questa dittatura sanitaria perché la ritenevo un
oltraggio alla Costituzione; non s’è mai vista in Italia una simile
costrizione. Neanche Stalin aveva reso obbligatorio un passaporto per andare a
lavorare.
Solo Hitler l’avevo fatto: aveva deciso che,
per lavorare nel pubblico impiego o in un’azienda statale, ci volesse un
certificato genealogico che certificasse la pura razza ariana fino alla quarta
generazione.
Non si
è mai visto neppure che uno non possa prendere l’autobus, che un bagnante
venisse inseguito con l’elicottero oppure che un bambino non possa andare a
giocare a pallone senza che arrivino i poliziotti a chiedere la certificazione
del vaccino, è una roba da dittatura.
Adesso
i bambini devono portare la mascherina tutto il giorno con grave danno per la
loro salute mentre, per andare al ristorante, invece la mascherina non serve: non c’è alcuna giustificazione
scientifica per tutto ciò.»
Sembra
che abbia molto a cuore la questione dei giovani e dei bambini…
«Ci
sono documenti scientifici che dicono che ai bambini la mascherina portata per
tante ore può creare danni alla salute fisica oltre che psicologica, al punto
che al liceo Maffei, quando sono andato per un incontro con gli altri candidati
sindaci, ci hanno detto: “abbiamo bisogno di psicologi che ci aiutino a
superare questa crisi” perché non ne possono più i nostri ragazzi di non poter
festeggiare un compleanno o di non poter andare in gita assieme.»
Come
può un sindaco intervenire su questi capitoli?
«Il
sindaco è il tutore della salute pubblica in base all’art. 50 e 54 del testo
unico degli enti locali. In tale veste, se afferma che ci sono documenti
scientifici, certificati da scienziati (non da Burioni o Ricciardi, che
pontificano con un indice accademico – H-index – inferiore a quello del
professor Paolo Bellavite, che è stato quasi cacciato dall’Università di
Verona) può fare un’ordinanza urgente e contingibile con la quale sollevare i
bambini dall’obbligo delle mascherine a scuola.
Può
pure organizzare un approfondimento scientifico e giuridico su tutto ciò che
riguarda i vaccini e gli effetti avversi, il tutto in un’ottica di trasparenza
e priva di conflitti di interesse, non come accade in tv dove vengono invitati
solo i pappagalli del ministro Speranza.»
Cosa
rimprovera all’attuale sindaco?
«Di
non aver fatto nulla contro questa dittatura sanitaria. Anzi, ha fatto
ordinanze ancora più restrittive rispetto a quelle del ministro Speranza,
talvolta anticipandole, e ponti d’oro per coloro che volevano vaccinare i
bambini.»
Da
sindaco, allora, quali sono le prime tre cose che farebbe?
«Per
prima cosa, via le mascherine ai bambini. Secondo, monitorerei la situazione
economica delle famiglie, che hanno perso il lavoro magari anche per gli
effetti avversi del vaccino, non per fornire sussidi – con soldi che il Comune
non ha – ma per mettere in relazione aziende e lavoratori: l’idea è di corsi
per formare operai specializzati così che le aziende non siano costrette a
rivolgersi a ucraini o africani.
Terzo,
costruire una rete a sostegno delle imprese locali (Comune, Provincia, Regione)
che oggi sono in forte sofferenza e così evitare che la gente compri su Amazon.
Un’idea
sarebbe una moneta locale, anche se personalmente preferisco l’idea di “buoni”
spendibili sia in questa rete di aziende ma anche per i servizi comunali.
Tuttavia,
un tassello essenziale per il rilancio di Verona passa attraverso l’aeroporto
Catullo, che ha un bacino potenziale di circa quattro milioni e mezzo di
abitanti e il 12% del PIL.
Il problema è che a amministrarlo è la SAVE,
una società privata che gestisce anche l’aeroporto Marco Polo di Venezia (più
quello di Treviso) e lì dirotta le principali tratte.
Dobbiamo fare un bando di gara internazionale,
elaborato da tecnici sotto la supervisione politica “con il cuore” a Verona e
non a Venezia, per farlo guidare da operatori internazionali che siano
professionisti della portualità, rilanciando il futuro di una città e di una
provincia.»
La sua
proposta politica sembra molto aperta verso le libertà individuali. Vale anche
per recenti temi referendari come la Cannabis o l’eutanasia?
«Nella
mia coalizione c’è una lista, “Il popolo della famiglia. No gender nelle scuole”, che è un altro chiaro target
elettorale che condivido.
Tuttavia,
in questa fase, la priorità è il ripristino della democrazia, un obiettivo
sentito trasversalmente tanto che anche comunisti come Marco Rizzo condividono
le nostre idee.»
Nel
caso non arrivasse al ballottaggio, cosa consiglierebbe ai suoi elettori?
«La
mia è una coalizione trasversale: la battaglia per ripristinare la Costituzione
non è tra destra e sinistra, ma tra libertà e dittatura.
Quindi
non ho nulla da consigliare: ciascuno dei miei elettori ha già una propria idea
e voterà di conseguenza partendo dal presupposto che gli altri candidati, alla
fine, sono uguali.»
La
vera “dittatura sanitaria”
e le
cavie umane di Mussolini.
Linkiesta.it
– Riccardo Chiaberge – (27 luglio 2021) – ci dice:
Dal
1925 al 1929 il Duce diede l’autorizzazione a due oscuri ricercatori iscritti
al partito, Giacomo Peroni e Onofrio Cirillo, di condurre un esperimento su
larga scala a spese di centinaia di persone povere e vulnerabili, in violazione
di ogni norma di etica professionale
I
salutisti romani di Casa Pound e dintorni, che vanno in piazza con la stella
gialla dei non vaccinati, i grilli comunisti torinesi che vedono nel green pass
uno strumento subdolo di esclusione sociale e i travaglisti che contestano la competenza
di Mario Draghi in campo medico, avrebbero tutti bisogno di un ripassino di
storia.
Perché
una dittatura sanitaria (e non solo) in Italia l’abbiamo avuta, ed è stata
quella del capo del fascismo ed ex socialista rivoluzionario Benito Mussolini.
Allora, al posto del Covid, c’era la malaria.
E nel 1925, con il pretesto delle ricorrenti epidemie, il Duce da tre anni al
potere diede l’autorizzazione a due oscuri ricercatori iscritti al partito,
Giacomo Peroni e Onofrio Cirillo, di condurre un esperimento su larga scala a
spese di centinaia di persone povere e vulnerabili, in violazione di ogni norma
di etica professionale.
Un’impresa
degna del dottor Mengele (ne parla lo storico di Yale Frank M. Snowden nel suo
straordinario libro “La conquista della malaria”, Einaudi 2008).
I due
scelgono un gruppo di duemila lavoratori impiegati nella bonifica di aree
malariche in Puglia e in Toscana, gli levano il chinino (un farmaco usato per
decenni contro la malattia, e che si era dimostrato efficace nel ridurre la
mortalità) e gli somministrano del mercurio, un rimedio già ampiamente bocciato
dalla comunità scientifica e dal Consiglio Superiore di Sanità.
Obiettivo
dell’esperimento, in linea con le aspirazioni del regime, è dimostrare che
l’Italia può curare la malaria senza dover dipendere dall’estero (all’epoca i
Paesi Bassi hanno il monopolio della produzione di chinino). Una terapia
alternativa, autarchica, per fare dispetto a Big Pharma.
I
prodi camerati dividono le loro cavie in due gruppi: il primo è abbandonato
all’infezione, viene cioè mandato a lavorare all’aperto in un ambiente
infestato da zanzare anofele senza protezione alcuna, per capire come la
malattia si evolva naturalmente nel corpo umano.
Al secondo vengono praticate delle iniezioni
intramuscolari di mercurio. Quella che i malariologi del littorio chiamano
«saturazione» va avanti per quattro anni, fino al 1929.
Non si
sa di preciso quante vittime e quante sofferenze abbia provocato l’ardito
esperimento, anche se Peroni sostiene che i risultati sono stati «splendidi»,
tanto da proporre di «mercurializzare» l’intero esercito italiano.
Di
opposto parere il Consiglio Superiore di Sanità: i partecipanti all’esperimento si
sono ammalati tutti e il mercurio iniettato si è dimostrato totalmente
inefficace.
Ma
questi per il fascismo sono dettagli, quisquilie rispetto agli interessi
superiori della nazione.
Anche
la bonifica integrale delle paludi pontine, orgoglio dell’impero, «tornante
della storia», una delle «cose buone» fatte dal Duce secondo i nostalgici, ha
avuto un costo elevatissimo in termini di vite umane.
Masse
di disperati, disoccupati ed ex combattenti da tutta Italia aderiscono alla
chiamata del regime e si riversano in quel lembo di terra desolata,
accampandosi in modo precario e in condizioni igieniche disastrose, e
sottoponendosi a fatiche disumane in mezzo a nugoli di zanzare.
Muoiono
a migliaia per incidenti sul lavoro, tubercolosi e ovviamente malaria. Ma che
importa: dice
Mussolini che la bonifica è come una guerra, e i lavoratori sono soldati che
hanno il dovere di morire in battaglia.
Prima
della marcia su Roma la lotta alla malaria era stata una delle bandiere del
movimento socialista, oltre che dei liberali giolittiani al potere.
Per promuovere il chinino di stato nelle campagne,
vincendo resistenze e superstizioni, si mobilitavano medici, insegnanti,
attivisti e dirigenti di partito, femministe come Anna Kuliscioff e
sindacalisti come Argentina Altobelli, leader delle mondine di “Federterra”,
una valorosa riformista che al famoso congresso di Livorno del 1921 si
schiererà con Turati contro i comunisti.
Nei primi anni del Novecento questione
sociale, questione femminile e questione sanitaria sono strettamente
intrecciate (come oggi, del resto).
La campagna per il chinino trasforma i rapporti di
potere, indebolendo i latifondisti e facendo crescere la coscienza di classe
dei contadini, ma migliorando anche le loro condizioni di vita e di salute e la
loro capacità di difendere i propri diritti.
La
dittatura fascista fa tabula rasa di tutto questo, ma costruisce i suoi
successi su decenni di impegno militante e di faticose riforme delle odiate
élite liberali e socialiste.
Archiviata
la stagione dei diritti e ridotte al silenzio le poche voci di dissenso,
Mussolini era libero di intervenire arbitrariamente su tutto, anche in materia
sanitaria, fregandosene della scienza e della competenza.
Lo chiamavano il Grande Medico.
E se
dicevi che il Duce non capiva un cazzo non ti invitavano a Otto e mezzo, ma ti
davano prontamente il green pass (anzi il black pass) per una indimenticabile
vacanza a Ventotene.
Meloni
nella trappola delle parole:
da
"sovranismo" a "dittatura sanitaria".
Ilfoglio.it - CLAUDIO CERASA – (25 OTT. 2022)
- ci dice:
E i
poteri forti? E la dittatura? E Orbán? E il nazionalismo? L’ingresso nella
stagione dei doveri costringerà Meloni a fare scelte dure sui termini da usare.
Tutte le parole tossiche che il premier dovrà dribblare, a partire da oggi.
I
fatti e le parole.
Quando
questa mattina Giorgia Meloni si ritroverà di fronte ai parlamentari della
Repubblica per chiedere i voti per la prima fiducia al suo governo dovrà fare i
conti con un problema che non riguarderà i numeri alla Camera bensì le giuste
parole da usare per provare a mettere insieme due concetti chiave della
stagione meloniana: rassicurare senza tradire.
Per
rassicurare, Giorgia Meloni sa che dal suo vocabolario dovranno necessariamente
sparire alcuni concetti che hanno contribuito a connotare la storia recente
della destra italiana.
Meloni,
per esempio, non potrà fare un abuso dell’espressione “poteri forti”, per non
essere considerata la solita complottista di destra.
Non
potrà utilizzare con disinvoltura l’espressione “sostituzione etnica”, per non
essere considerata la solita razzista di destra.
Non
potrà utilizzare con facilità l’espressione “dittatura sanitaria” avendo Meloni
scelto come ministro della Salute un autorevole professore che quella
“dittatura” ha contribuito a crearla, a colpi di green pass e vaccini
obbligatori.
Non
potrà utilizzare con facilità l’espressione “sovranismo”, per evitare di essere
considerata in Europa, e non solo lì, come la sorella d’Europa della Le Pen e
dei camerati dell’AfD.
Non
potrà disegnare con naturalezza nell’aria link con i vecchi amici come “Orbán”,
per non essere considerata come la solita sfascista che vuole indebolire
l’Europa.
Non
potrà fare della “discontinuità” con Draghi un tratto cruciale della sua
stagione politica, avendo come primo atto del nuovo governo chiesto all’ex
ministro Cingolani di rimanere a darle una mano.
E
dovrà trovare dunque un modo, il nuovo premier, per dimostrare che i tre
termini chiave del lessico meloniano, “libertà”, “indipendenza” e “crescita”,
sono termini non in contraddizione con il dizionario del perfetto sovranista, e
che quei termini possono essere difesi, tranquillamente, senza attingere al
vocabolario complottista masticato in questi anni dalla destra nazionalista.
Senza
cioè attaccare “i burocrati di Bruxelles”.
Senza
cioè inneggiare al “modello di Donald Trump”.
Senza cioè evocare il paradigma “Soros” per
spiegare le radici di ogni problema dell’Italia.
Carlo
Calenda, leader della federazione che unisce Azione e Italia viva, ha detto
ieri che “la
destra userà parole di destra per nascondere la mancanza di politiche di destra
e la sinistra scenderà in piazza contro le parole di destra per nascondere
l’assenza di proposte di sinistra” e il ragionamento dell’ex ministro coglie un punto.
Negli
ultimi anni, la destra ha sempre mostrato una certa abilità nell’utilizzare
alcuni termini per creare una contrapposizione mediatica con i nemici di
sinistra ed è verosimile che, in una stagione tutto sommato dominata
dall’agenda dei doveri, buona parte della contrapposizione tra le parti
politiche sia legata più alle parole che ai fatti.
E così
quando la destra introdurrà le sue idee pro life – parlando in modo generico di
“difesa della vita” – lo farà sapendo perfettamente che la reazione che cerca è
quella più semplice: far dire alla sinistra che essere a difesa della vita
significa essere fascisti.
E così
quando la destra utilizzerà l’espressione “nazione” o l’espressione “patrioti”
lo farà sapendo perfettamente che la reazione che cerca è quella ovvia:
accusare la sinistra di essere contro l’idea che l’Italia debba essere difesa
come “patria”.
E così
quando la destra continuerà a usare in modo malizioso parole come “merito” (che
compare accanto al nome del ministero dell’Istruzione) e parole come
“sovranità” (anche se solo alimentare) lo farà sapendo che di fronte alle
reazioni della sinistra il gioco sarà semplice: dire che la sinistra è contro il
merito e contro la sovranità dell’Italia.
La
distanza siderale tra le parole e i fatti determinata dalle urgenze prodotte
dall’ingresso prepotente dell’Italia nella dura stagione dei doveri avrà
probabilmente un effetto ulteriore sul futuro politico di Giorgia Meloni alla
voce “Francia”.
Fino a
qualche tempo fa, per Meloni, la Francia era il simbolo di un neocolonialismo
inaccettabile (ricordate la storia del franco africano?), era il simbolo di un
paese predatorio (ricordate le polemiche per ogni azienda italiana comprata
dalla Francia?), era il simbolo di un paese a cui l’Italia aveva svenduto la
sua sovranità (alla firma del trattato del Quirinale, tra Italia e Francia,
Meloni disse che con quell’accordo l’Italia aveva dato “una delega in bianco a Parigi per trattare a
nome nostro con la Germania”).
E
invece oggi, come raccontato dal Figaro, in un contesto europeo all’interno del
quale le posizioni della Francia e della Germania sembrano essere distanti su
molti dossier, la parola “Francia”, nella grammatica meloniana, potrebbe
diventare improvvisamente il contrario rispetto a quello che è stata fino a
qualche tempo fa.
Non il
simbolo di tutto ciò da cui l’Italia deve proteggersi ma il simbolo di tutto
ciò di cui ha bisogno l’Italia, in termini di alleanze, per proteggersi di più.
Le parole sono importanti, e fino a questo
punto Meloni non arriverà, ma ascoltare il discorso di Meloni oggi sarà
interessante non tanto per capire che numeri avrà il nuovo governo ma per
capire fino a che punto, a parole oltre che con i fatti, il nuovo presidente
del Consiglio inizierà a spiegare ai suoi follower perché la difesa del
nazionalismo è inversamente proporzionale alla difesa dell’interesse nazionale.
La
tubercolosi è una vera
“dittatura
sanitaria”.
Ma non ci
interessa.
Altreconomia.it-
Duccio Facchini — (1° Novembre 2021) - ci dice:
Per la
prima volta in oltre dieci anni il numero dei decessi da tubercolosi è
aumentato: 1,5 milioni di morti nel 2020. L’impatto del Covid-19 è stato
devastante. Poche multinazionali tengono in ostaggio milioni di persone.
La
multinazionale Cepheid ha recentemente bloccato la commercializzazione di una
nuova tecnologia (GeneXpert) legata ai test diagnostici della tubercolosi.
Una
vera dittatura sanitaria è in atto ma non ci interessa: è quella della tubercolosi
(TB).
Il 14 ottobre di quest’anno l’Organizzazione
mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato il report globale annuale
sull’evoluzione epidemiologica dell’infezione e tracciato un quadro sulle
risposte fornite da 197 Paesi.
“Per
la prima volta in oltre 10 anni –ha denunciato Medici Senza Frontiere, nel
silenzio generale– il numero di decessi da TB è aumentato da 1,4 milioni del
2019 a 1,5 milioni avvenuti nel 2020, soprattutto a causa dell’impatto
devastante della pandemia di Covid-19 che ha limitato la somministrazione di
cure per la TB, ivi inclusi i servizi diagnostici”.
I
nuovi casi di TB diagnosticati e riportati al sistema di sorveglianza nazionale
dei diversi Paesi sono scesi infatti da 7,1 milioni nel 2019 a 5,8 milioni nel
2020.
“Questa
allarmante riduzione nell’individuazione e segnalazione dei nuovi casi riflette
un’interruzione sia per quanto riguarda le forniture mediche sia la richiesta
di servizi diagnostici”, osserva MSF.
Chi ha
in mano il pallino dei servizi diagnostici è l’azienda statunitense Cepheid,
fornitrice del test GeneXpert, che in 10 anni ha beneficiato di qualcosa come
oltre 250 milioni di dollari di investimenti pubblici per sviluppare e lanciare
la tecnologia.
Il
ritorno per la collettività è stato naturalmente minimo: i test diagnostici
costano tantissimo, specie per i Paesi a basso reddito, e la multinazionale si
è addirittura “rifiutata di fornire informazioni trasparenti su costi di
produzione e margini di profitto per i test diagnostici utilizzati, tra le altre
infezioni, anche per TB e Covid-19”.
Non
solo: Cepheid ha da poco bloccato la commercializzazione della nuova tecnologia
GeneXpert - “un sistema portatile ben strutturato chiamato Omni che si ricarica
a batteria”, come ricorda MSF-, messa a punto per supplire alle carenze del
test già esistente.
Lo ha fatto senza dare una spiegazione o predisporre
contromisure per attutire il colpo.
Stijn Deborggraeve, consulente per la
diagnostica della campagna per l’accesso ai farmaci di MSF, ha speso parole nette:
“È inaccettabile che molte delle persone
colpite da questa malattia non abbiano accesso a test diagnostici di cui hanno
urgentemente bisogno solo perché aziende come Cepheid antepongono gli interessi
economici alle vite umane”.
Un
modo di comportarsi “semplicemente scandaloso” che rappresenta “l’esempio
emblematico dell’azienda farmaceutica che pone il profitto e l’interesse dei
propri azionisti al di sopra delle vite delle persone”.
In gioco è anche l’accesso alle cure per i
minori affetti da tubercolosi resistente ai farmaci.
MSF chiede da tempo che nei Paesi con un alto
tasso di TB sia garantito l’accesso alle “formulazioni pediatriche della
bedaquilina (prodotta da Johnson&Johnson, ndr) e del delamanid (prodotto da
Otsuka e dal suo partner Viatris, ndr)”.
Sono
“regimi” per via orale che semplificherebbero il trattamento nei minori,
“eliminando l’utilizzo di farmaci a somministrazione parenterale che possono
causare sordità, e rendendo il regime terapeutico più breve, meno nocivo e più
efficace”. Anche qui Big Pharma detta legge.
“Il
prezzo elevato del delamanid, pari a 1.700 dollari per ogni ciclo di
trattamento, ha limitato in modo significativo l’accesso al farmaco in molti
Paesi -ha spiegato Mabel Morales, coordinatrice medica di MSF in India-.
A
Nuova Delhi i negoziati con Otsuka e Viatris non hanno condotto a risultati e i
produttori si sono rifiutati di abbassare il prezzo di 942 dollari, a cui
attualmente Viatris vende il farmaco in Sudafrica.
Anche
il prezzo delle formulazioni pediatriche di bedaquilina rimane troppo elevato”.
Altro
che gratuità delle cure che dalle nostre parti qualche “schiavo che si rimira
con gli occhi del padrone” -per citare Eduardo Galeano, a 50 anni dalla prima
edizione de “Le vene aperte dell’America Latina”- si permette il lusso di
disprezzare.
MSF
propone di “abbattere lo status quo”: le case farmaceutiche Johnson&Johnson
e Otsuka devono “permettere il rifornimento di farmaci generici e abbassare i
prezzi”. Perché questa sì che è una “dittatura”.
La
bomba di Putin. Che cosa ci attende
secondo
Thomas
Friedman
nella
guerra tra Russia e Occidente.
msn.com-First
on line – Redazione – (13-11-2022) – ci dice:
Crisi
energetica.
Non ci
sarà né la bomba sporca, né l’atomica, ci sarà invece la bomba dell’energia. È
questa la bomba che Putin sta costruendo.
Ecco
la tesi di uno degli opinionisti più accreditati dal “New York Times”, Thomas
L. Friedman che si dice venga letto avidamente anche dal leader maximo cinese
Xi Jinping sempre affamato di idee del decadente Occidente.
Nei
paragrafi che seguono cerchiamo di sintetizzare il punto di vista di Friedman
che è molto diafano.
La
guerra del generale inverno.
Man
mano che gli ucraini avanzano nei territori proditoriamente annessi alla
Federazione russa cresce l’inquietudine del mondo sulla possibilità che Putin
decida di ricorrere, come ultima ratio, alla bomba atomica. In realtà Putin sta
preparando un altro tipo bomba non meno devastante.
“È la
bomba del petrolio e del gas che sta forgiando proprio sotto i nostri occhi e
con il nostro involontario aiuto – e che potrebbe verosimilmente esplodere
quest’inverno” scrive Friedman.
Se lo
facesse il costo dell’energia potrebbe spiccare il volo verso la stratosfera
rendendo così proibitivo riscaldarsi, lavorare e viaggiare.
Attacco
all’energia: il mondo occidentale potrebbe dividersi.
Le
ripercussioni politiche sarebbero gigantesche. Il fronte occidentale potrebbe
dividersi e spingere molti paesi a ricercare un qualche tipo di accordo
“sporco” con Mosca per porre fine a questa situazione ovviamente insostenibile.
Negli
Stati Uniti per esempio i repubblicani di Trump, ma anche i progressisti Dem
Usa stanno inquietandosi per i crescenti costi del conflitto ucraino.
In
sintesi: Putin
sta combattendo una guerra su un doppio fronte, militare per fermare sul terreno
l’avanza dell’esercito ucraino e politico per sfiancare, per mezzo del costo
dell’energia, la volontà degli alleati di aiutare e sostenere l’Ucraina.
Il
primo passo di questa strategia consiste nel distruggere il sistema di infrastrutture
energetiche dell’Ucraina e mettere al freddo la popolazione civile.
Il
secondo è
quello di usare il prezzo del gas e del petrolio per compiere lo stesso tipo di
operazione nei confronti delle popolazioni dei paesi che sono alleati
dell’Ucraina.
Al
momento l’Occidente non ha una strategia sulle risorse energetiche per
attenuare l’impatto di questa bomba che è per tutto il suo sistema di coesione
sociale e politica una prospettiva a dir poco spaventosa.
La
contraddizione dell’Occidente che vuole 5 cose incompatibili tra loro.
Quando
si parla di energia gli occidentali vogliono cinque cose e le vogliono tutte
anche se sono incompatibili tra di loro.
E
Putin sta proprio avvantaggiandosi da questa incongruenza della posizione
occidentale.
Ecco
le cinque cose che vogliono gli occidentali e che sono palesemente
incompatibili tra di loro.
La
decarbonizzazione dell’economia il più rapidamente possibile per attenuare le
conseguenze del cambiamento climatico.
Il
prezzo della benzina, del gasolio e del gas per il riscaldamento al livello più
basso in
modo da non dover cambiare lo stile di vita rinunciando, per esempio, a qualche
viaggio superfluo, indossando un maglione di lana in casa o facendo qualcosa
per risparmiare il consumo individuale di energia.
La
cacciata dei regimi dell’Iran, del Venezuela e dell’Arabia Saudita continuando a voler pagare poco, usare la loro energia e ad estrarla
nelle quantità che serve agli occidentali.
Trattare
le compagnie petrolifere e del gas come dei paria e dei dinosauri che
dovrebbero tirarci fuori dalla crisi petrolifera per poi andarsene a morire
tranquillamente da qualche parte lasciando che le nuove brillanti società del
solare e dell’eolico prendono il loro posto alla testa della catena energetica.
La
costruzione di nuovi oleodotti e gasdotti o linee di trasmissione di energia
alternative senza che farli passare in prossimità lontano degli orti, dai
giardini e dei cortili delle loro abitazioni.
Chiarezza
sulle priorità e sugli obiettivi
In una
guerra energetica come quella che stiamo vivendo è necessario essere chiari
sugli obiettivi e sulle priorità.
Succede
però che l’alleanza occidentale non ha una scala di priorità in materia di
energia, ma solo vaghe aspirazioni con obiettivi contrastanti tra di loro e
l’illusione di poterli raggiungere tutti come per magia.
Scrive
Friedman:
“Se ci
ostiniamo in questa posizione ci troveremo in un mare di guai se Putin sgancerà
davvero la bomba energetica che sta preparando per il prossimo Natale”.
E già
vediamo succedere qualcosa.
L’America
ha iniziato ad attingere alle riserve strategiche.
Gli
Stati Uniti, per esempio, stanno iniziando ad attingere alle loro riserve
strategiche di petrolio.
Il
presidente Biden ha infatti annunciato l’utilizzo di 15 milioni di barili dalla
riserva strategica durante il mese di dicembre le quali vanno ad aggiungersi ai
180 milioni di barili utilizzati per mantenere i prezzi della benzina al
livello più basso possibile in vista delle elezioni di medio termine.
A
quanto pare la manovra ha aiutato Biden e i democratici a limitare i danni.
Secondo il “Washington Post”, dopo questo intervento, le riserve strategiche
degli Stati Uniti d’America si sono ridotte al 57% rispetto alla quota
ottimale.
Putin
desidera che l’America utilizzi subito la maggior parte del suo cuscino di
riserva strategica di petrolio proprio come è successo con i tedeschi che hanno
rinunciato all’energia nucleare e si sono resi dipendenti dal gas naturale
russo a basso costo
Che
cosa succede in Europa?
Putin
sta osservando attentamente anche quello che succede in Europa. L’Unione Europea
si sta preparando a bloccare le importazioni di greggio dalla Russia via mare.
Questa
decisione, insieme a quella di Germania e Polonia di bloccare le importazioni
tramite oleodotti, dovrebbe ridurre circa il 90% le attuali importazioni di
petrolio dalla Russia.
Si sta
inoltre valutando di vietare alle compagnie assicurative europee la copertura
alle spedizioni, ai servizi di intermediazione e ai finanziamenti per
l’esportazione di petrolio dalla Russia verso paesi terzi.
Si
ritiene che questa misura possa ridurre drasticamente il numero di clienti del
petrolio russo.
In quel caso I russi sarebbero costretti ad
abbassare il prezzo del loro greggio a un a quello stabilito dagli europei e
dagli americani per ottenere la copertura assicurativa delle petroliere che
trasportano il loro greggio.
Funzionerà?
A
commento di queste misure Friedman scrive: “Le mie fonti nell’industria
petrolifera dubitano seriamente che il fissare dei prezzi per le forniture
dell’OPEC possa funzionare.
L’Arabia Saudita, partner russo dell’OPEC
plus, non è certo interessata a accettare un precedente nel quale il prezzo del
petrolio viene fissato in questo modo”.
Per di
più il commercio internazionale del petrolio è caratterizzato da molte zone
grigie dove operano faccendieri e strutture al limite della legalità che
prosperano sui commerci con l’Asia e sulle distorsioni del mercato.
Una di
queste zone grigie, per esempio, è l’interruzione del tracciamento durante il
trasporto del petrolio.
Le petroliere impegnate in attività borderline
spengono il dispositivo di tracciamento per poi riaccenderlo giorni dopo aver
effettuato la consegna. In questo modo riescano a riciclare il petrolio russo.
Il
materiale che trasporta una sola petroliera di grandi dimensioni può valere 250
milioni di dollari.
Pertanto
l’incentivo nei confronti delle attività grigie è a dir poco enorme.
È
dunque probabile che queste misure su cui contano gli americani e gli europei
non funzioneranno e che quindi si dovranno cercare altre strade che per il
momento risultano alquanto indefinite.
È vero
che non è facile trovarle.
Succede
in Cina.
Adesso
si sta aggiungendo un nuovo giocatore sospetto alla partita, è la Cina.
La Cina ha in tasca qualsiasi tipo di
contratto a lungo termine a prezzo fisso per l’acquisto gas liquefatto dal
Medio oriente.
Lo
prende a circa 100 dollari a barile equivalente di petrolio.
È
successo però che, a causa della politica zero COVID, l’economia cinese ha
subito un forte rallentamento e così è accaduto al consumo di gas.
Allora
la Cina ha preso una parte del gas che le era stato venduto al prezzo di 100
dollari e lo ha rivenduto all’Europa e ad altri paesi a prezzo fortemente
maggiorato (circa 300 dollari al barile equivalente di petrolio).
Xi Jinping,
avendo già ottenuto il suo terzo mandato come segretario generale del Partito
comunista, potrebbe allentare le restrizioni legate al Covid.
Se la
Cina tornerà a un consumo normale di gas verrà posta fine all’esportazione
verso l’Europa e quindi la disponibilità di gas si farà ancora più esigua.
Potrebbe
succedere in Russia.
Dato
tutto questo, come ipotizzato da Friedman, a dicembre Putin potrebbe bloccare
per 30 o 60 giorni tutte le esportazioni di petrolio e gas russo verso i Paesi
che sostengono l’Ucraina, piuttosto che sottostare al prezzo del petrolio
fissato da parte dell’Unione Europea.
Questa
misura sarebbe sostenibile per la Russia solo nel breve periodo.
Ma
potrebbe raggiungere lo scopo.
E
questa sarebbe proprio la bomba energetica che Putin intende regalare
all’Occidente per Natale.
In questo scenario il petrolio potrebbe arrivare a 200
dollari al barile, con un aumento proporzionale del prezzo del gas naturale.
Si
parla di 10-12 dollari per la benzina alla pompa negli Stati Uniti.
Il bello di questa bomba energetica per Putin
è che, a differenza dell’esplosione di una bomba nucleare – che unirebbe tutto
il mondo contro di lui – l’esplosione di una bomba sul prezzo del petrolio
dividerebbe l’Occidente dall’Ucraina.
La
possibile risposta dell’Occidente.
Bisogna
convincersi, secondo Friedman, che l’Occidente, se non vuole implorare Arabia,
Iran e Venezuela ad aumentare la produzione, deve costruire un proprio arsenale
energetico pari, se non più grande, di quello militare.
Siamo
in una guerra energetica.
C’è
bisogno di energia di ogni tipo.
Gli
investitori nel campo delle energie fossili devono essere rassicurati sul fatto
che, a patto di produrre nel modo più pulito possibile, avranno un posto
importante nel futuro energetico dell’Occidente, accanto al solare, all’eolico,
all’idroelettrico e agli altri produttori di energia pulita che i legislatori
americani ed europei stanno promuovendo con i loro provvedimenti sul clima
“ordinati da Klaus Schwab”.
Friedman
conclude in questo modo: “Lo so. Non è l’ideale. Non è il punto in cui speravo
che saremmo arrivati nel 2022. Ma siamo a questo punto, e qualsiasi altra cosa
è davvero pensiero magico – e l’unica persona che non si lascerà ingannare è
Vladimir Putin”.
(Thomas L. Friedman, Putin Is Onto Us,
“The New York Times”, 25 ottobre 2022).
DOMINIO GLOBALE
ATTRAVERSO
IL FURTO ELETTORALE.
Jameshfetzer.com – (12 novembre 2022) -Blog di
James Fetzer - Alexandra Bruce – ci dicono:
Le
elezioni di medio termine negli Stati Uniti sono state rubate, le elezioni
presidenziali brasiliane sono state rubate e la scorsa settimana, Patrick Byrne
ha fatto rivelazioni scioccanti su come Hunter Biden abbia recentemente cercato
di corrompere il regime iraniano con un accordo che avrebbe fruttato 800
milioni di dollari per la famiglia criminale Biden e permesso agli iraniani di
mantenere dozzine di missili nucleari.
Ci
sono molti, molti altri casi di picchi discutibili presentati che devono essere
ampiamente condivisi e indagati!
Inoltre,
le macchine per il voto in diversi stati hanno subito enormi problemi in tutto
il paese e questo ovviamente deve essere indagato di nuovo.
A
partire da giovedì pomeriggio, da quando i seggi in Arizona si sono chiusi il
giorno delle elezioni, martedì, sono stati rilasciati i risultati di circa
62.000 schede elettorali per la contea di Maricopa, in Arizona, sede di Phoenix
e delle comunità circostanti, 62.000.
Maricopa
County ha circa 4,5 milioni di abitanti. Sulla base dei distretti che rimangono
non conteggiati, True the Vote e altri stanno dicendo che non vedono scenari
rimanenti in cui Kari Lake non sia il prossimo governatore dell'Arizona.
Nella
corsa per il senatore della Pennsylvania, John Fetterman, cerebroleso, ha
"vinto" con una valanga di voti sul dottor Oz, portando Gregg
Phillips di True the Vote a dire:
"CRITICA:
Le persone nella contea di Allegheny, PA, dovrebbero sapere che i vostri leader
hanno venduto voi e l'America alla Cina.
Inoltre,
abbiamo prove inconfutabili che l'intero file di registrazione degli elettori dell'Autorità
Palestinese vive su un server in Cina.
E i
numeri di serie delle macchine, i numeri dei pacchetti elettorali, e non
l'hanno rubato.
Lo hanno dato al PCC e al PLA. Questo è il
motivo per cui siamo stati messi in prigione. Dovevano metterci a tacere. Non
ci siederemo a un tavolo. Non staremo zitti".
A
proposito, Gregg Phillips e Catherine Engelbrecht sono stati rilasciati dal
carcere di Houston lunedì, dopo quasi una settimana di custodia, quando i loro
avvocati hanno fatto appello all'ordine di oltraggio del giudice distrettuale
federale Kenneth Hoyt alla Corte d'appello degli Stati Uniti per il 5 °
circuito, sostenendo che la conclusione era errata, perché il giudice non sa
come funzionano i computer e la coppia dovrebbe essere rilasciata.
Per
aggiungere la beffa al danno mercoledì sera, la contea di Los Angeles ha
abbandonato il caso contro il CEO di Konnech, Eugene Yu!
Secondo
l'ufficiale dell'intelligence in pensione, Harry il Greco, Eugene Yu è stato
arrestato il 4 ottobre all'aeroporto di Lansing, nel Michigan, mentre tentava
di fuggire in Cina.
"Ad
aiutare nel tentativo di fuga di Yu c'erano il governatore del Michigan
Gretchen Whitchmer, l'FBI e la Homeland Security", dice Harry.
Dice
che Yu lavora per: FBI, DHS, il governatore Whitmer, il Partito Comunista
Cinese (PCC) e ilJimmy Carter Center delle Nazioni Unite (ONU), che Harry
aggiunge abbia anche aiutato Yu nel suo tentativo di fuga dagli Stati Uniti.
In
realtà, Harry pensa che sia possibile che Yu sia già riuscito a fuggire. In un
recente post, scrive:
"Quali
prove ci sono che Eugene Wei Yu sarà alla sua udienza questa mattina?
Gli avvocati della difesa mentono come l'FBI.
Come fanno a sapere che è Yu?
La
foto segnaletica di Yu è stata cancellata dai registri del dipartimento dello
sceriffo di Ingham Co, il 6 ottobre.
Non
hanno alcuna traccia che Yu sia mai stato nella loro prigione.
Le sue
impronte digitali, l'altezza, il peso, i capelli e il colore degli occhi non
sono mai stati inseriti quando Yu è stato portato nella loro prigione.
Anche
la fedina penale di Yu con la polizia di stato del Michigan è stata cancellata.
Yu ha
lasciato il suo quartier generale negli Stati Uniti a East Lansing, Michigan,
il 14 ottobre.
L'avvocato difensore di Yu ha consegnato
all'accusa una copia di un alibi fraudolento dell'FBI.
È
stato firmato da un anonimo agente dell'FBI di Houston, Texas.
Nessuno
ha chiesto che questo documento fosse sigillato.
Ha
detto che l'FBI ha garantito che nessuno dei dati di Yu dalle sue aziende è
finito in Cina.
Questo
affidavit dell'FBI era un record pubblico il mese scorso, ma ora non lo è. "
Harry
predisse che questo falso affidavit sarebbe stato usato per far archiviare il
caso di Yu e Lo!
Il
procuratore di Los Angeles finanziato da George Soros, George Gascon, ha
lasciato cadere le sue accuse di appropriazione indebita e cospirazione contro
Eugene Yu.
Dice
che i giornalisti erano alla finestra del Fifth Floor Bond Department presso la
Corte Superiore di Giustizia Penale Clara Shortridge Foltz mercoledì,
telecamere in mano, volendo sapere chi raccoglie il rimborso del CEO di
Konnech, la cauzione in contanti di $ 500.000 di Yu.
Si
chiede, sarà il doppio di Eugene Yu, un'altra spia cinese o la moglie di Yu,
Donna Wang, MD?
O sarà il socio in affari Konnech di Yu,
Michael Lee di BlackRock, San Francisco?
L'obbligazione
di 500.000 dollari di Yu è stata pubblicata dalla sua società, Konnech, che
Harry dice che ha sede a Wuhan, in Cina.
Il
quartier generale statunitense di Konnech è stato lasciato libero a East
Lansing, Michigan, il 14 ottobre.
Dal
2005, l'azienda si è specializzata in software elettorali che truccano le
elezioni attraverso registrazioni fraudolente degli elettori innescate dai
codici a barre su schede postali militari false e non verificabili.
Tore
Maras aveva menzionato qualcosa di simile l'altro giorno, che i codici QR
difettosi erano responsabili dell'enorme quantità di guasti alla stampante
elettorale.
Harry
è stato estremamente offeso, dicendo che, insieme al Carter Center delle
Nazioni Unite, Konnech ha truccato le recenti elezioni del Senato degli Stati
Uniti in Arizona, Georgia, New Mexico e Pennsylvania, ma il messaggio che
stiamo ricevendo da Catherine Engelbrecht è diverso. Ha detto:
"Ciao
a tutti. Volevo assicurarmi che tutti voi vedeste le notizie dalla contea di
Los Angeles.
Siamo
pienamente consapevoli della situazione. Nonostante l'attenzione nel titolo,
l'indagine a Los Angeles sta continuando – e LA è solo una delle tante.
Questo è tutt'altro che finito. Mantenete la
fede. Continueremo a fornire aggiornamenti come possiamo."
Venerdì,
Harry ha illuminato la sua sintonia riguardo a questo caso, postando che i
procuratori di Los Angeles presenteranno nuove accuse contro il CEO di Konnech,
Jianwei "Eugene" Wei Yu il prossimo anno.
I
rapporti non confermati che ho visto su TRUTHSocial sono che l'FBI ha fornito
agli investigatori della contea di Los Angeles le prove Konnech.
Un
gran giurì era seduto e hanno fatto spiegare loro le leggi sulla sicurezza
nazionale ed elettorale.
Sono
state poi mostrate le prove che, in diretta violazione di ogni contratto EMS e
militare della contea degli Stati Uniti firmato con i funzionari della contea e
del Dipartimento della Difesa, Konnech stava trasferendo dati vitali in Cina e
li stava archiviando lì.
Il
Gran Giurì restituì un'accusa e Gascon dovette lasciarla andare avanti. Ma
mentre Gascon non può fermare un gran giurì già seduto e non può ignorare
un'accusa del gran giurì, come animale politico può aspettare fino a poco dopo
le elezioni per archiviare il caso.
Cosa
che ha appena fatto.
Gascon
non ha detto che Konnech e Yu sono innocenti.
Non ha
detto che il gran giurì ha sbagliato, che le prove non dimostrano che sono
stati commessi crimini.
Ha
detto: "Mi rifiuto di perseguire questo caso".
Secondo
Jennifer Van Laar di RedState, i funzionari cinesi con privilegi di "super-amministrazione"
hanno avuto accesso al sistema Konnech qui negli Stati Uniti.
Se il
sistema di giustizia penale civile è così corrotto che si rifiuta di perseguire
palesi crimini di sicurezza nazionale che coinvolgono furti e massicce
compromissioni di dati elettorali civili, così come le informazioni di
identificazione personale, la posizione, la mobilitazione e la sicurezza
operativa di centinaia di migliaia di personale militare chiave degli Stati
Uniti, presumibilmente, i tribunali militari saranno costretti ad agire.
Tore
Marasha ha offerto importanti approfondimenti su tutto questo nel suo podcast
di mercoledì e ha presentato un'interessante strategia per vincere questa
battaglia evitando prima il "negazionismo elettorale", sostenendo che
le elezioni sono state rubate ma sfidando le macchine sulla base del fatto che
violano i nostri diritti del 4 ° e 1 ° emendamento.
Chiede:
"Chi possiede i dati scansionati otticamente sulla tua scheda elettorale,
che sono collegati al tuo ID e che registrano il tuo voto? Qualcuno sta
raccogliendo i tuoi dati di voto e nessuno sa a chi li sta vendendo".
Dice
che le macchine devono andare, non solo perché estraggono i tuoi dati, ma perché
i dati raccolti possono essere utilizzati per costringerti a sottometterti ai
desideri di terzi.
Con l'ascesa della cultura comunista della
cancellazione, i potenziali datori di lavoro potrebbero non assumerti se hai
votato per un candidato MAGA, per esempio.
Raccomanda
a tutti noi di inviare richieste FOIA ai nostri Segretari di Stato e chiedere
loro, chi possiede quei dati di scansione ottica?
Stanno
estraendo le nostre informazioni di identificazione private e come votiamo
senza il nostro consenso e chi, esattamente raccoglie e trae profitto dai dati
dello scanner ottico?
E
perché Konnech dovrebbe spedire tali dati in Cina?
La
risposta è essere in grado di penalizzarti quando portano la valuta digitale e
il punteggio di credito sociale.
L'esercito
ha già pagato a Konnech milioni di dollari per fare proprio questo.
Tore
ritiene che i dati di voto vengano dati o venduti alla società del generale Jim
Jones e John Brennan, Clear Forceper la loro piattaforma di rischio
comportamentale, uno strumento che viene venduto ai dipartimenti delle risorse
umane in tutto il paese e che viene utilizzato per costruire il “sistema di
credito sociale negli Stati Uniti”.
Nel
film estremamente importante, che vi incoraggio tutti a guardare, Shadow Gate,
Tore spiega come il generale Jones abbia preso il software “Shadownet” che era
stato sviluppato per essere usato contro il nemico durante la guerra in Iraq e
lo abbia trasformato nella tecnologia Clear-Force che ora è stata rivolta
contro la popolazione degli Stati Uniti.
Dice
che il generale Jones ha rivenduto e reinventato Shadownet, per creare il
programma "Magic-Wheel" che è ora utilizzato nei tribunali di
Washington, per assicurarsi che mettano insieme le giurie più compromesse, in
modo che possano lanciare i casi lì.
La
micro-gestione di questa tecnologia su scala globale richiederebbe
l'integrazione con l'Intelligenza Artificiale.
Immagina
l'Intelligenza Artificiale che gestisce autonomamente “Shadownet” e “ClearForce”,
a livello globale!
Tutto
questo fa parte della spinta internazionale per un'applicazione autonoma della
legge e per rimuovere il fattore umano.
Attualmente,
diverse caratteristiche dell'attuale programma Interpol indicano che stanno già
utilizzando un'iterazione della tecnologia Shadownet e ClearForce.
Tore
dice che per fermare questo “Nuovo Ordine Mondiale”, devi smettere di fornire
loro informazioni e che l'argomento sulla privacy contro le macchine per il
voto li accecherà.
Nelle
notizie sulle elezioni del 2020, durante l'ultimo Reawaken America Tour lo
scorso fine settimana a Branson MO, Patrick Byrne ha sganciato alcune bombe
della verità strabilianti o ciò che ha definito "10.000 anni di
crimini" rivelando pubblicamente le informazioni che ha fatto sul palco.
Consiglio
vivamente di andare a guardarlo.
Dice: "La Guardia Pretoriana dello
Stato Profondo è un gruppo di persone corrotte del Seal Team Six.
Ora,
metà del Seal Team Six sta bene, brave persone e circa la metà o meno della
metà sono corrotte.
E dopo l'11/9, sono stati sparsi attraverso il
resto del governo. Hanno formato un anello pretoriano attorno allo Stato
Profondo...
Questo
gruppo di cattivi del Seal Team Six, che è stato sparso in tutto il governo,
sta usando lo Stato di sicurezza nazionale per proteggere l'anello
Biden-Clinton.
E
tutti gli strumenti che sono disponibili per le persone che lavorano in NSA,
CIA, NRO, FBI ... Quindi abbiamo un enorme problema di controspionaggio".
Poi
entra nel modo in cui, mentre lavorava di recente in Medio Oriente, gli è stato
detto che Hunter Biden aveva contattato il governo iraniano per consentire loro
di tenere missili nucleari in cambio di accordi simili con la famiglia
criminale Biden che li avrebbe pagati centinaia di milioni di dollari.
Mike
Lindell dice che gli esperti di sicurezza informatica con cui lavora stavano
monitorando le elezioni brasiliane e che hanno rilevato il furto di 5,1
milioni di voti e il giornalista Matthew Tyrmand ha fatto un eccellente reportage sulle
elezioni rubate in Brasile ed era con Emerald Robinson martedì per parlare di ciò
che sta accadendo in Brasile.
(Alexandra
Bruce)
Il
Mondo Virtuale
va in
Pezzi… Reali!
Conoscenzealconfine.it
– (14 Novembre 2022) - Augusto Grandi – ci dice:
Il
carcere creato dal sistema ha fatto riscoprire la voglia di libertà, di
rapporti umani “veri”. Zuckerberg dovrà inventarsi qualcosa di diverso…
Elon
Musk si compra Twitter – ad un prezzo folle – e appena arrivato licenzia
migliaia di dipendenti.
Forse
esagera un po’ ed è costretto a richiamare qualcuno.
Tra
ironie, accuse, attacchi. E minacce dall’Unione europea che teme una
liberazione dei contenuti ammessi nei tweet.
“Ci
penseremo noi a censurare! “avvertono gli “euro-cialtroni”.
Intanto
Zuckerberg si appresta a licenziare migliaia di lavoratori di Meta (ex
Facebook) senza suscitare grandi proteste.
Perché
lui è buono e censura chi non è politicamente corretto.
Ma al
di là delle reazioni dei chierici al servizio del bene assoluto, è interessante
notare come tutto ciò che è legato al mondo virtuale sta andando in crisi.
Le piattaforme social, innanzitutto, ma anche
le cripto valute (il valore del Bitcoin è passato dai 68mila dollari del
novembre 2021 ai circa 20mila del novembre di quest’anno), mentre il mercato
degli Nft è calato del 95%.
Il
grande esperimento sociale degli arresti domiciliari di massa per Covid pare
fallito.
I lavoratori chiusi in casa hanno scoperto che
una riunione tra persone è più utile dell’ormai insopportabile video conferenza
con tutte le faccine sullo schermo, con interlocutori in giacca e mutanda, con
collegamenti a spese del lavoratore.
E nessuno pare aver voglia di delegare sé
stesso ad un avatar sul meta-verso.
Il
carcere creato dal sistema ha fatto riscoprire la voglia di libertà, di
rapporti umani “veri”, di incontri reali.
Ovviamente
le piattaforme aiutano per mantenere rapporti con chi è lontano.
Ma, per il resto, è rinata la voglia di
socializzare, di pranzare con gli amici, di parlare guardandosi negli occhi.
Il meta-verso può essere anche un gioco a cui
dedicare qualche ora settimanale, ma pochissimi hanno voglia di trasformarlo in
una seconda vita alternativa, rilanciando il fallimentare “Second Life” di
qualche anno fa, in versione abbellita e tecnologicamente avanzata.
Non è
la tecnologia, il problema.
Ma la
falsità della vita nel meta-verso.
Potrà
andar bene per falliti, per disperati, per chi non ha un amico vero né una
persona che lo ami. Ma tutti gli altri preferiranno una pizza in compagnia, due
calci ad un pallone, una chiacchierata al bar, uno spettacolo a teatro, un concerto
dal vivo, un bacio reale.
E
Zuckerberg dovrà inventarsi qualcosa di diverso, perché non basterà la sua
censura per cancellare la voglia di vivere davvero.
(Augusto
Grandi - electomagazine.it/il-mondo-virtuale-va-a-pezzi-reali/)
Approccio
Critico Analitico aggiornato
a
Quanto sta accadendo in Ucraina.
Conoscenzealconfine.it
– (13 Novembre 2022) - Claudio Martinotti Doria – ci dice:
Coloro
che festeggiano il ritiro delle truppe e della popolazione russa dalla parte
settentrionale dell’Oblast di Kherson temo non abbiano mai letto Sun Tzu:
“L’arte della guerra”.
Probabilmente
sono gli stessi che hanno ritenuto fosse una grande vittoria la conquista
ucraina dell’oblast di Kharkiv un paio di mesi fa, che in realtà è stata
possibile grazie a una ritirata russa, eseguita ordinatamente e con pochissime
perdite di uomini e mezzi.
In
estrema sintesi, il generale Sergey Surovikin (denominato Armageddon), fin da
quando ha assunto il comando delle operazioni militari in Ucraina, aveva
anticipato che avrebbe dovuto prendere decisioni difficili e facilmente
equivocabili, cioè che avrebbero assunto il sapore della sconfitta.Questo
perché dallo studio della situazione sul campo, si era subito reso conto di
come alcune posizioni fossero alla lunga indifendibili, soprattutto tenendo
conto di alcuni fattori oggettivi.
In
primo luogo, il forte incremento di apporto e supporto NATO in uomini e mezzi
fornito all’Ucraina, soprattutto a livello di intelligence, comando e controllo
e comunicazioni: in soldoni significa che la NATO sorveglia le posizioni e
mosse russe e le segnala all’artiglieria ucraina e alle forze armate.
Inoltre
il regime
nazista ucraino non si fa alcuno scrupolo morale e conduce una guerra sporca, esattamente
come farebbero dei veri nazisti, bombardando obiettivi civili, uccidendo i
civili ritenuti collaborazionisti (e basta veramente poco per essere
considerati tali), bombarda le centrali nucleari per provocare un incidente
radioattivo, prepara una bomba sporca (radioattiva) da far esplodere per poi
accusare i russi, compie atti di sabotaggio in territorio russo su
addestramento anglosassone, non esiterebbe a far saltare delle dighe per
allagare i territori controllati dai russi, provocando numerose vittime civili,
ecc.
Consapevole
di questi rischi il generale Armageddon ha valutato l’elevata probabilità che
tutte queste opzioni fossero adottate dagli ucraini, anche in modalità
contemporanea o in rapida sequenza, e le ha anticipate.
Apparentemente
le sue mosse, approvate dal Ministero della Difesa russo, sembrano sconfitte, o
a essere indulgenti, delle ritirate strategiche, che lasciano ampi margini di
manovra militare ma soprattutto politica propagandistica all’avversario, cioè alla NATO e ai suoi utili idioti
sacrificabili, cioè gli ucraini.
Oppure,
sempre a essere indulgenti, potrebbero preludere a degli accordi sottobanco tra
la NATO (leggasi USA) e la Russia per un cessate il fuoco, una tregua o un vero
e proprio accordo, come avrebbero dovuto negoziare fin dallo scorso autunno (un
anno fa).
Ma quest’ultimo caso è il meno credibile, a meno che
serva solo a guadagnare tempo per consentire a entrambe le parti in causa di
organizzare i loro veri progetti e obiettivi, perché non potrà mai esserci
alcuna fiducia reciproca.
I
russi perché sanno benissimo che gli USA sono totalmente inaffidabili e non
esiterebbero un istante a infrangere un accordo (anche se lo farebbero
insidiosamente salvando le apparenze),
e gli
USA non applicherebbero mai un accordo a loro sfavorevole avendo come obiettivo
risaputo la distruzione della Russia e la sua frantumazione e sfruttamento
intensivo.
Pertanto
alla pace non si perverrà mai, proseguiranno fino alla sconfitta di uno dei due
avversari.
Dopo
queste precisazioni doverose, veniamo alla realtà dei fatti.
Le
scelte recentemente operate dalla Russia derivano dalla loro cultura e dottrina
militare, la priorità per loro è salvare vite umane, non sacrificare invano i
propri soldati o esporre a rischi la propria popolazione.
Quindi all’occorrenza ci si ritira su
posizioni più difendibili e meno rischiose, anche se potrebbe sembrare una
sconfitta dal punto di vista militare.
Dopo
di che ci si organizza nel migliore dei modi possibili per conseguire i propri
obiettivi. Il generale Inverno si sta avvicinando, ed è la stagione nella quale
i russi combattono al meglio delle loro prestazioni.
Circa
80mila soldati di rinforzo sono già arrivati nel sud dell’Ucraina e altri
220mila arriveranno antro fine mese e i primi di dicembre, raddoppiando di
fatto le risorse umane militari disponibili, compresi i mezzi bellici.
L’inferiorità
numerica rispetto agli ucraini verrà annullata. Nel frattempo continuerà il
bombardamento alle infrastrutture ucraine per ridurli al buio, al freddo,
riducendo drasticamente i collegamenti, le comunicazioni, i trasferimenti di
truppe e mezzi, le riserve alimentari, gli approvvigionamenti, ecc.
Ogni
tentativo ucraino di condurre offensive sarà stroncato sul nascere, continuando
a colpire duramente con la superiorità dell’artiglieria, provocando gravi
perdite allo schieramento avversario, le loro difese sull’altra sponda del
fiume Dnepr diverranno invalicabili.
Dopo
di che si attenderanno gli eventi, cioè lo sviluppo della situazione in
Ucraina, nell’UE e nella NATO.
Il
tempo lavora a favore dei russi, perché la situazione in occidente e in Ucraina
può solo peggiorare.
Se
l’Occidente non scenderà a più miti e intelligenti consigli, se al contrario
riterrà di essere a un passo dalla vittoria e abuserà della pazienza russa,
allora quando sarà il momento propizio, l’orso russo colpirà dando delle
zampate feroci dove meno se lo aspettano, e questa volta saranno dolorose;
andranno fino in fondo, con determinazione.
Del
resto l’unico linguaggio che capiscono è quello della forza, e siccome per
eccesso di superbia e supponenza, si ritengono i più forti, solo di fronte a
una evidente e sonora sconfitta possono rendersi conto della loro effettiva
debolezza.
Il
terreno ceduto finora dai russi non significa nulla rispetto a quello che
potrebbero ottenere al momento propizio, cogliendo i segnali di debolezza dello
schieramento nemico, intervenendo con tutta la loro potenza di fuoco e di
proiezione con un’adeguata tempistica ed accurata organizzazione.
C’è un
particolare esiziale che è stato sottovalutato finora, anzi, è stato
interpretato al contrario.
I russi sono una nazione e un popolo coeso
(più popoli uniti) con una guida coerente nella quale ripongono fiducia.
L’Occidente è un calderone eterogeneo, disunito, comandato dalla NATO a guida
USA, che persegue esclusivamente gli interessi anglosassoni a scapito degli
europei, pertanto i dissapori e le conflittualità interne aumenteranno sempre
più esasperandosi.
Anche
se inizialmente si manifesteranno in maniera sotterranea e subdola, non è
affatto una vera alleanza con un’unità d’intenti, ma un’accozzaglia di egoismi
tenuti insieme dall’ipocrisia, dalla minaccia e dal ricatto.
Di
fronte a rischi gravi e concreti quest’accozzaglia crollerà come un castello di
carte. Ognuno andrà per la sua strada e si salvi chi può.
È solo
questione di tempo, e non si dovrà aspettare molto.
(Cav.
Dottor Claudio Martinotti Doria - cavalieredimonferrato.it/)
Il
piano B.
Il
governo: PNRR fuori tempo, così non va.
Energia
al posto di opere irrealizzabili.
Ilsole24ore.com
- Giorgio Santilli – (13 novembre 2022) – ci dice:
Meloni,
Giorgetti e Fitto dicono che il Piano ha bisogno di un restyling. Fitto
verificherà tempi di conclusione ed extracosti, per poi decidere con Bruxelles
cosa mandare avanti.
Dopo
la cabina di regia sul Pnrr presieduta da Giorgia Meloni, il governo apre
ufficialmente il capitolo della revisione del Piano o, meglio, della sua
ridiscussione con Bruxelles.
Un
piano B da costruire passo dopo passo.
Si va
verso una proposta di revisione del piano - non tutto insieme ma opera per
opera - per eliminare gli interventi che si dovessero rivelare irrealizzabili
per eccesso di costi o per forti ritardi prevedibili sui tempi di
realizzazione.
E
liberare così risorse destinate a progetti di investimento nel settore
dell’energia, considerata la vera priorità oggi da Meloni.
I due
fronti.
Questa
strategia ha due punti di attacco.
Il
primo è un
fitto confronto del ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Raffaele Fitto,
con la commissione Ue per dimostrare la situazione dei singoli interventi e concordare
con la commissione, in tempi non lunghi, quali vadano confermati e quali
accantonati o sostituiti.
Il
secondo è
la discussione in sede Ue del “Repower Eu” che consentirà ai Paesi membri di
aggiungere al Pnrr un capitolo energetico.
Le due
cose per l’Italia vanno insieme perché “Repower Eu” dovrebbe essere finanziato
soprattutto con le quote residue di prestiti Eu non utilizzate per il Pnrr e
l’Italia invece le ha già impegnate tutte.
Deve
quindi liberare risorse dai progetti attuali per inserire progetti energetici.
Resta sullo sfondo - ma questa è un’altra partita - anche la strada di
utilizzare in chiave energetica risorse inutilizzate di fondi di coesione Ue e
di Fondo sviluppo coesione.
La
linea di premier e ministri. Ma andiamo per ordine e partiamo dalle posizioni che
mercoledì 9 novembre il governo ha preso pubblicamente per rendere plastica la
necessità di modificare il Pnrr.
Nessuno
lo ha detto così esplicitamente, perché Bruxelles vigila e non ammette una
modifica in blocco del Piano, ma le dichiarazioni di premier e ministri
indicano chiaramente la direzione di marcia.
Anzitutto
la premier che, nell’incontro con le parti sociali, ha detto di volere «una
alleanza sulla sicurezza energetica» fondata sulle risorse del Pnrr.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo
Giorgetti, era stato più esplicito nella sua audizione parlamentare sulla
Nadef:
«A quadro normativo attuale il piano così come
approvato non si riesce a fare nei tempi previsti», ha detto, aggiungendo che
«urge una modifica del quadro normativo e auspico che la discussione in sede
europea», in particolare su”Repower Eu”, «arrivi più presto possibile a una
positiva conclusione».
E Fitto, da Bruxelles, si sbilancia a dire
«che serve più flessibilità sugli investimenti» finanziati con il Pnrr e con
gli altri fondi Ue, ma soprattutto spiega che «il Pnrr è nato prima della
guerra e oggi i problemi sono costi e quote».
Proprio
queste due, come abbiamo visto, sono le leve del confronto che Fitto sta
costruendo con Bruxelles:
gli
extracosti frenano lo svolgimento ordinato degli interventi infrastrutturali;
le quote potranno essere riviste con la spinta di “Repower Eu”.
I punti
oscuri nell’“eredità” Draghi.
C’è un
terzo elemento che traspare da molti interventi di ministri e della stessa
premier:
la
convinzione che l’attuazione del Piano lasciata da Draghi lasci molti punti
oscuri, non nel raggiungimento degli obiettivi di fine 2022, per cui il cammino
viene confermato abbastanza tranquillo, quanto per l’iter che dovrebbe portare
nel 2023 all’aggiudicazione delle molte gare e all’avvio dei cantieri.
Martedì
15 confronto sul crono-programma.
Per
avere carte da portare a Bruxelles, Fitto cura anche il fronte interno: sta
avviando in questi giorni un monitoraggio dettagliato degli investimenti
previsti dal Pnrr e martedì 15 novembre dedicherà l’intera giornata al
confronto con i ministeri proprio sullo stato del crono-programma.
Una
sorta di cabina di regia informale che il ministro intende tenere con
periodicità costante una volta a settimana.
Non si accontenterà di ricevere dai ministri
giustificazioni formali o fotografie sfocate della situazione.
Anche
perché il suo obiettivo è illustrare alla commissione tutti i ritardi del
Piano, soprattutto quelli ereditati.
La
risoluzione sulla Nadef.
E
mentre il governo lavora al nuovo film sul Pnrr la maggioranza sembra ancora
guardare a quello vecchio.
Nella
risoluzione sulla Nadef i partiti della maggioranza chiedono al governo di
«individuare specifiche risorse da destinare a spese in conto capitale, al fine
di salvaguardare il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr e del Pnc e di
garantire un adeguato livello di investimenti, anche per la sicurezza nazionale
tenendo conto degli impegni assunti in relazione alla grave crisi internazionale
in atto in Ucraina».
Una
richiesta apparentemente in sintonia con la vecchia strategia del governo
Draghi che aveva trovato 10 miliardi di risorse nazionali aggiuntive nel 2022
per pagare gli extracosti delle opere infrastrutturali e salvare così il Pnrr e
la sua attuazione.
La
strategia Meloni-Giorgetti.
Meloni
e Giorgetti hanno già fatto capire di aver cambiato strategia: niente compensazioni agli
extracosti per il 2023, almeno per il momento.
E si capisce perché: accollarsi gli extracosti
anche quest’anno frenerebbe la ricontrattazione con Bruxelles dei contenuti del
Piano, frenerebbe
il piano B.
Misteriosi
coaguli che stanno uccidendo
le
persone causati dalle proteine spike
del
vaccino covid, rivela il documento.
Vaccinedeaths.com
- Ethan Huff – (11/08/2022/) – ci dice:
Un
documento in due parti pubblicato dai dottori Yuhong Dong e Jordan Vaughn
approfondisce il fenomeno dei coaguli di "vaccino" del coronavirus di
Wuhan (Covid-19), incluso come si formano, come rilevarli precocemente e come
trattarli efficacemente.
Nel
caso ve lo foste perso, l'“Operazione Warp Speed “ha scatenato una pandemia
mortale di coaguli indotti dal jab, che sembrano essere fatti di strani
materiali che non sono sangue. Scienziati indipendenti stanno sezionando questi
coaguli fibrosi e riportando le loro scoperte, che sono a dir poco scioccanti.
Uno di
loro è la dottoressa Jane Ruby, che è apparsa sul "Health Ranger Report" (HRR) per discutere della loro natura
"auto-assemblante" e della presenza di "nanofili", che apparentemente vengono
impiantati nei corpi dei "completamente vaccinati".
Dong e
Vaughn citano i risultati dell'imbalsamatore autorizzato Larry Mills, che
descrive gli oggetti come "strani coaguli" che sono apparsi
all'interno dei corpi dei cadaveri "dall'epidemia di covid".
"Questi
coaguli sono molto gommosi e molto lunghi quando escono dalle vene che usiamo
durante la procedura di imbalsamazione", ha detto Mills, un direttore
funebre in Alabama, a The Epoch Times. "Sembrano davvero essere come i
lombrichi. Non l'ho mai visto nella mia carriera fino ad ora".
Un
altro imbalsamatore che ha riportato risultati simili è Richard Hirschman, che
è apparso anche su HRR di recente per attirare l'attenzione su questo fenomeno.
Prima della truffa, solo il 5-10% dei cadaveri conteneva questi coaguli, ma ora
è più della metà, dice.
"Posso
dirvi con certezza che i coaguli che Richard ha mostrato online sono un
fenomeno a cui non ho assistito fino probabilmente alla metà dello scorso
anno", ha detto un altro imbalsamatore autorizzato che ha scelto di
rimanere anonimo.
"Questo
è praticamente tutto ciò che ho da dire al riguardo. Non ho alcuna conoscenza
di ciò che sta causando i coaguli, ma apparentemente hanno iniziato a
manifestarsi intorno alla metà del 2021".
Le
proteine spike sono il "primo domino rovesciato" nella formazione di
coaguli covid shot.
Disimballare
la natura di questi coaguli e come si formano è una cosa in corso, ma questo
ultimo studio indica specificamente le proteine spike come uno dei tanti
percorsi "non tradizionali" attraverso i quali si sviluppano.
Dal
momento che presumibilmente invadono direttamente le cellule dell'epitelio, le
proteine spike sono il "primo domino rovesciato" nella formazione di questi strani e
insoliti coaguli, dicono Dong e Vaughn.
"I
successivi effetti a cascata causano finalmente la coagulazione del sangue",
hanno scritto in un esposto per il Times.
La
storia ufficiale è che SARS-CoV-2, che non è ancora stato isolato, entra nelle
cellule umane attraverso un recettore proteico chiamato enzima di conversione
dell'angiotensina 2, o ACE2.
Le
cellule endoteliali (ECs) esprimono un'abbondanza di ACE2, che risiede sulla
superficie interna di ogni vaso sanguigno in tutto il corpo.
Questo
"li
rende un bersaglio diretto dell'infezione virale", secondo Dong e Vaughn, che
indicano altre ricerche che suggeriscono che la proteina spike stessa
danneggia direttamente la struttura e la funzione delle CE, anche
compromettendo i mitocondri e sottoregolando ACE2, che ha lo scopo di
proteggere le CE.
"I
ricercatori hanno osservato che entrambe le parti S1 e S2 della proteina spike
possono indurre le EC umane ad esprimere un picco di citochine
pro-infiammatorie (IL6, IL1B, TNF-alfa e chemochine CXCL1 e CXCL2)",
scrive il duo.
"Successivamente,
il rilascio di citochine avvia la molecola simile a uno switch (E-selectina)
sulla membrana cellulare endoteliale, consentendo loro di attaccarsi con le
cellule immunitarie, avviando così i successivi processi patologici".
Le
proteine spike sembrano anche attivare l'infiammazione nelle EC inducendo una
rottura delle proteine connettive tra EC e vasi sanguigni, interrompendo
efficacemente il corretto funzionamento dell'intero sistema circolatorio.
Le
proteine spike "potrebbero essere solo la punta dell'iceberg", avvertono
gli esperti.
In
breve, le proteine spike puntano il primo domino, che poi colpisce il secondo,
seguito dal terzo, fino a formare coaguli a tal punto che la vittima muore di
una morte spesso improvvisa e raccapricciante.
Chiamando
le proteine spike la "pistola fumante" in questo inquietante fenomeno
di coaguli di colpo, Dong e Vaughn dicono che ciò che hanno scoperto è solo la
punta dell'iceberg.
"Ci
sono molti altri eventi che potrebbero essere attribuiti ai problemi di
coagulazione tra cui morte improvvisa, eventi cardiovascolari, morte cardiaca,
ictus, disabilità, eventi trombotici, ecc.", dicono.
"I
vasi sanguigni sono in tutti i nostri organi. I problemi dei vasi potrebbero
spiegare una vasta gamma di sintomi dalla disfunzione al lieve declino del
nostro cervello, cuore, polmone e estremità".
Quindi
cosa può fare una persona per superare i danni alla salute causati dalle
iniezioni covid?
La
prima e più ovvia risposta è quella di non farsi prendere in giro in primo
luogo. Questo ti proteggerà da qualsiasi tipo di insufficienza cardiovascolare
indotta dal jab.
Se sei
già stato colpito, dai un'occhiata alla nostra precedente copertura che
evidenzia i meriti del tè verde (epigallocatechina gallato), zinco e
idrossiclorochina, tre rimedi che hanno aiutato molte persone a superare i
danni causati dal plandemic.
Ci
sono anche prove che suggeriscono che alcune molecole di guarigione nei
broccoli possono aiutare il corpo a superare il danno alle proteine spike in
particolare nel cervello, che è un altro organo vitale in cui le proteine spike
si accumulano e causano danni cerebrali (cioè demenza e fallimento cognitivo).
"Questo riguarda solo le persone che
hanno ricevuto i vaccini, non quelli che hanno appena avuto il covid", ha
osservato un commentatore su come un semplice test "positivo" per
l'influenza Fauci senza iniezioni non comporterà la formazione di questi
coaguli mortali.
Le
ultime notizie sui colpi di coaguli covid possono essere trovate su “ChemicalViolence.com.”
(TheEpochTimes.com
-- NaturalNews.com)
Il
palcoscenico è pronto per le truppe da
combattimento
statunitensi in Ucraina.
Unz.com
- MIKE WHITNEY – (11 NOVEMBRE 2022) – ci dice:
"Se
qualcuno dall'esterno interferisce in Ucraina, dovrebbe sapere questo: se
creano minacce per noi ... Risponderemo immediatamente. Abbiamo tutti gli
strumenti di cui abbiamo bisogno per rispondere, e tutte le decisioni su questa
(questione), sono già state prese".
(Il
presidente russo Vladimir Putin)
Non
c'è dubbio che la ritirata da Kherson sia stata un occhio nero per l'esercito
russo.
Non
c'è dubbio che il generale che ha ordinato l'evacuazione abbia preso la
decisione giusta.
È
vero, l'ottica è terribile, ma l'ottica non vince le guerre.
Strategia,
valore e potenza di fuoco vincono le guerre. Il generale russo Sergey Surovikin
sembra cogliere questo fatto, motivo per cui ha preso l'impopolare decisione di
ritirarsi.
Surovikin
avrebbe potuto fare la scelta politicamente più accettabile e difendere Kherson
fino alla fine, ma i rischi superavano di gran lunga i benefici.
A detta di tutti, i 25.000 soldati russi in
città avrebbero potuto essere facilmente circondati e annientati
dall'artiglieria ucraina.
Inoltre,
Surovikin sarebbe stato costretto a impegnare più truppe in una missione di
salvataggio che non avrebbe fatto avanzare minimamente la strategia militare
complessiva della Russia.
L'obiettivo
immediato della Russia è quello di completare la liberazione del Donbas, un
compito che non è ancora finito e che richiede più truppe che erano state
bloccate a Kherson.
A
tutti gli effetti, la ritirata da Kherson è stata un gioco da ragazzi.
Se lo
scenario da incubo si fosse svolto – come molti si aspettavano – e migliaia di
soldati russi fossero finiti circondati e massacrati in difesa di una città che
ha poco valore strategico, allora il sostegno popolare alla guerra in Russia
sarebbe svanito da un giorno all'altro.
Né
Putin né Surovikin potevano permettersi di correre questo rischio.
Così,
invece, hanno optato per fare le valigie ed evacuare finché potevano, il che,
naturalmente, ha suscitato la furia dei loro critici che stanno ancora saltando
fuori di testa.
La
buona notizia, tuttavia, è che il disastro delle pubbliche relazioni di Kherson
non avrà alcun impatto significativo sull'esito della guerra. La Russia è
ancora sulla buona strada per raggiungere tutti i suoi obiettivi strategici,
nonostante le insidie che ha incontrato lungo la strada.
Ecco
un breve riassunto del ritiro russo da un'intervista con il colonnello Douglas
McGregor:
"Quando
il generale Surovikin prese il comando... fu deciso che la Russia avrebbe
aspettato un'operazione decisiva per porre fine alla guerra. In altre parole,
non più semplicemente difendendo l'Ucraina meridionale e il territorio che
abbiamo annesso, non più aspettative di negoziati con nessuno – quelli sono
finiti – dobbiamo porre fine alla guerra.
Come
si fa a porre fine alla guerra? Bene, lanci operazioni che sono così devastanti
nella loro distruttività che il nemico non può resistergli.
Tuttavia,
se hai intenzione di farlo, dovrai ridimensionare le attività correnti. (come
Kherson) In altre parole, devi apportare cambiamenti sul terreno, mescolare le
truppe, cambiare gli impegni in materia di risorse perché ora stai costruendo
forze che non sono ancora nel sud dell'Ucraina ... ma si stanno preparando con
questa mobilitazione di 300.000 soldati integrati in questa nuova forza per le
operazioni future.
Che arriverà quest'inverno una volta che il
terreno si congelerà.... Quindi, considererei (il ritiro) come una decisione
operativa con benefici a breve termine a sostegno della strategia a lungo
termine di costruire questo enorme potere d'attacco ... I russi non ripongono
più alcuna fiducia nei negoziati.
Non credo che potremmo dire nulla ai russi a
questo punto che li convincerebbe a fermarsi". ("EVERYTHING changes in 4 weeks:
Interview with Colonel Douglas MacGregor", youtube)
Quindi,
secondo McGregor, il riposizionamento delle truppe è la chiave per la strategia
generale che è cambiata sotto Surovikin.
Sotto
il nuovo comandante, l'obiettivo principale delle operazioni militari è
l'annientamento di tutte le forze e le risorse che consentono al nemico di
continuare a fare la guerra.
Sospetto
che ciò significhi la rimozione del regime di Zelensky e dei suoi servizi di
sicurezza, ma potrei sbagliarmi.
In ogni caso, l'imminente offensiva russa sarà
molto più in linea con una guerra terrestre convenzionale con armi combinate
che con l'operazione militare speciale che abbiamo visto fino a questo punto.
Mosca è determinata a risolvere la questione
il più rapidamente possibile e con la forza necessaria. Non ci saranno più
scherzi.
Detto
questo, recenti rapporti suggeriscono che l'amministrazione Biden potrebbe schierare
truppe da combattimento statunitensi nel teatro in risposta a qualsiasi
escalation russa che potrebbe minacciare di alterare il corso della guerra.
Se
questi rapporti si riveleranno accurati, allora la tanto attesa offensiva
invernale potrebbe innescare una conflagrazione diretta tra Stati Uniti e
Russia.
Data la traiettoria della guerra fino a questo
punto, pensiamo che sia solo una questione di tempo prima che Washington emerga
da dietro i suoi delegati e ingaggi le truppe russe sul campo di battaglia.
Ci
sono molte indicazioni che il Pentagono si sta già preparando per questa
eventualità.
Le
comunicazioni segrete tra il consigliere per la sicurezza nazionale Jake
Sullivan e l'ex ambasciatore russo a Washington, Yuri Yushakov, e l'ex capo
dell'FSB, Nikolai Patrushev, suggeriscono che Sullivan ha avvertito le sue
controparti russe che gli Stati Uniti non avrebbero permesso alla Russia di
risolvere il conflitto alle proprie condizioni, ma avrebbero preso tutte le
misure necessarie per impedire una vittoria russa decisiva.
Dai
un'occhiata a questo estratto da un'altra intervista con il colonnello Douglas
McGregor:
McGregor
– "Jake
Sullivan ha parlato dei pericoli dell'escalation... Ha semplicemente detto:
"Vediamo le prove che voi, la Russia, vi state preparando a intensificare
questo conflitto".
Il che
è vero; abbiamo parlato di questa (imminente offensiva invernale russa).
"E vi stiamo mettendo in guardia contro questo" (ha detto Sullivan).
L'implicazione non detta a questo punto, è che
siamo pronti a saltare in questo conflitto in qualche modo perché non vi
permetteremo di dividere l'Ucraina.
Non vi permetteremo di combattere e vincere
questa guerra alle vostre condizioni.
Napolitano–
Sapete se
Sullivan ha menzionato la presenza dei 40.000 soldati statunitensi (101st
Airborne) in Polonia?
Mcgregor
– Non lo
sappiamo – sulla base del linguaggio che è trapelato nel paragrafo che ho
ricevuto da un'altra fonte, che lui (Sullivan) ha implicato che hanno 90.000
soldati in Polonia e Romania, e che, potenzialmente, se la Russia si
intensificasse, presumibilmente – sulla scala che pensiamo che i russi
aumenteranno – che noi (gli Stati Uniti) potremmo essere pronti a saltare.
E
saremmo entrati con 40.000 soldati statunitensi, 30.000 soldati polacchi e
20.000 soldati rumeni. Sullivan ha chiarito che siamo in grado di intervenire".
Quello
che non sappiamo è cosa hanno detto i russi in risposta, perché se sei russo,
la linea rossa è chiara: 'Se ti trasferisci in Ucraina, sarai in guerra con la
Russia'. Sembra che lo neghiamo".
Napolitano
– "Lasciatemi
dire chiaramente: siete della convinzione, ... che Jake Sullivan... ha
minacciato i russi che se avessero attraversato queste linee rosse, avrebbero
incontrato la resistenza militare degli Stati Uniti in Ucraina?
McGregor
– Penso
che l'implicazione sia stata fatta. Questa è l'impressione che sto avendo e non
penso che dovremmo essere sorpresi di questo perché la posizione dell'Ucraina
si sta deteriorando molto rapidamente ... E siamo molto preoccupati per un
collasso ucraino.
Alcune
stime indicano che l'intera economia e la struttura sociale crolleranno entro
60 giorni.
Alcuni
dicono che stanno andando alla mobilitazione generale in Ucraina in questo
momento, che potrebbe includere le donne, perché la loro base di manodopera è
esaurita.
E,
ricordate, le persone continuano a lasciare l'Ucraina il più possibile perché
nessuno vuole rimanere bloccato in un paese che a breve non avrà elettricità,
elettricità, e dove ci saranno problemi a procurarsi acqua e cibo.
La
situazione in Ucraina è terribile".
Napolitano–
Cosa ci
fanno 40.000 soldati statunitensi nel 101° aviotrasportato in Polonia?
McGregor
– Si
stanno preparando per le operazioni di combattimento...
Napolitano
– Il
Dipartimento della Difesa ha dato al Presidente degli Stati Uniti piani per
l'ingresso di truppe statunitensi in Ucraina? È fatta?
Macgregor–
Penso che
questi piani siano stati certamente discussi se non informati a Jake Sullivan.
Certamente,
il Segretario di Stato (Anthony Blinken) ne è consapevole.
Non so
cosa abbiano detto al presidente. La mia speranza è che abbia ricevuto qualche
briefing.
Ancora
una volta, tutto questo è molto grave perché siamo nel bel mezzo di un'elezione
e questo potrebbe accadere senza alcuna consultazione con il Congresso.
Napolitano–
Qual è lo
stato dei 300.000 riservisti che Putin ha chiamato un mese fa?
Macgregor–
La maggior
parte di loro sono già stati integrati in formazioni e unità – molti di loro
sono andati in unità che erano sotto-forza che ora sono tornate alla
"piena forza".
Alcuni
sono andati in nuove unità. (Nota: penso che McGregor potrebbe sbagliarsi su
questo. Altri analisti suggeriscono che finora solo 80.000 riservisti sono
stati inviati in Ucraina. Il processo potrebbe richiedere alcuni mesi prima che
l'intera distribuzione sia conclusa) .
È
quasi completo ma, la linea di fondo è che la bassa temperatura in Ucraina è
stata di 37 gradi.
Ciò
significa che sarai ancora bloccato nel fango sia che tu stia attaccando o
difendendo.
Fino a
quando il terreno non si congela, non credo che accadrà molto... Ma quando
arriva l'inverno e il terreno si congela, è allora che i russi attaccheranno.
E
vediamo prove di questo da almeno tre direzioni diverse, tra cui est, sud-est e
nord.
E, a
giudicare dall'accumulo (militare) e dai sistemi d'arma che sono in atto e dai
rifornimenti disponibili, questa è un'offensiva progettata per porre fine alla
guerra. Se lo farà o no, non lo sappiamo. Ma penso che questa sia l'idea.
McGregor–
C'è
un'ultima cosa con cui vorrei lasciarvi: quando il generale Surovikin, il
comandante del teatro occidentale, ha accettato la sua nomina, ha fatto queste
brevi osservazioni.
Ha detto: "Una soluzione siriana per
l'Ucraina è inaccettabile".
In altre parole, non permetteremo che
l'Ucraina cada sotto l'influenza di vari attori che mantengono l'Ucraina in uno
stato di tumulti permanenti e di guerra. Questo è un segnale molto chiaro, che
quando lanceranno (l'offensiva invernale) hanno intenzione di porre fine al
conflitto.
Quindi, sarebbe molto poco saggio per noi
intralciare questo. Semplicemente non abbiamo il livello di supporto per
garantire il successo". ("Questa è una linea rossa in Ucraina",
colonnello Douglas MacGregor, Giudicare la libertà).
La
Russia è ora pronta a fare tutto il necessario per vincere rapidamente la
guerra e rimpolpare l'esercito ostile che rappresenta una minaccia per la sua
sicurezza nazionale.
Se le forze statunitensi si unissero ai
combattimenti, il calcolo per vincere potrebbe cambiare drasticamente, ma gli
obiettivi strategici rimarrebbero gli stessi.
Non ci si può aspettare che nessuna nazione
viva in pace quando una pistola è puntata alla sua testa.
Questo
è il motivo per cui Putin si è opposto all'adesione alla NATO per l'Ucraina, ed
è per questo che viene combattuta la guerra attuale.
Dittatura
sanitaria’? Ci metto la firma!
Ilfattoquotidiano.it
-Ricky Farina – (24-3-2021) – ci dice:
O
vaccino o declino. Che si sappia. E per declino parlo di specie, a cascata
tutto il resto. Non è un problema di opinione o culturale, la Natura non fa
prigionieri né firma armistizi a prescindere. Premia i migliori.
Ma a
primavera genera fiori.
Poi
aggiunge che “ogni capa è tribunale” del principe de Curtis, in arte Totò. E ci
mancherebbe, ponetevi tutte le domande che volete, ma datevi anche le risposte
giuste, almeno provateci.
La
vera perplessità riguarda la distribuzione equa dei vaccini e il loro monopolio
da parte delle case farmaceutiche, e sono state dette bellissime parole a
riguardo da una donna: l’europarlamentare francese Manon Aubry.
Un
discorso tosto, di quelli che restano appiccicati alla memoria.
“Se
tengono i brevetti, le case farmaceutiche vanno nazionalizzate”.
Detto
questo, se per dittatura sanitaria si intende che dobbiamo vaccinarci tutti per
uscire dal terreno paludoso della pandemia, che dobbiamo farci iniettare un
vaccino per tornare a veder un film sul grande schermo del cinema, o per
tornare ad applaudire un attore sulla nuda scena di un teatro, se si intende
che dobbiamo subire un ago per tornare a vivere senza coprifuoco, e così
liberarci dalla “sindrome di Cenerentola”, se si intende che dobbiamo avere
fiducia, anzi fede, nella scienza medica, in modo da liberarci da queste catene
casalinghe che ci costringono alla saggezza pascaliana che ci ammoniva così:
“Tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa, dal non sapere
starsene in pace, in una camera”, beh, con tutto il rispetto per Pascal,
baratto anche un solo attimo di infelicità nella vita fluente en plein air
contro tutta questa serenità che ormai mi è insopportabile e che finisco per
mettere sotto il tappeto di casa, come la polvere.
Uscire
di casa, liberamente. Fare tardi. Sbronzarsi di normalità.
Tutto
questo non è più utopia, l’umanità è drogata di normalità, ha bisogno delle sue
dosi di vaccino, e tutto questo è possibile, la luce del famoso tunnel è
vicina, e fuori c’è il bancone di un bar dove possiamo dire con infinita
estasi: “Agostino, il solito!” (Agostino è il mio amico barista).
L’estasi
minimale di un caffè sorseggiato in libertà, altro che allucinazioni
mistico-religiose alla Teresa d’Avila!
Un minimo di fiducia negli altri ci vuole per
vivere serenamente, se prendo un aereo sono costretto a fidarmi delle
competenze del pilota, se devo essere operato sono costretto a fidarmi delle
competenze del chirurgo, in caso contrario vivrei malissimo, dovrei farmi tutto
da solo, operarmi da solo, e io da solo non so fare nulla, quasi nulla, diciamo
che sono molto bravo a darmi piacere erotico da solo, ma non di più.
Ho
scelto AstraZeneca e sono tranquillo perché guardo i numeri.
Chi vi
parla di “dittatura sanitaria” vuole surrettiziamente farvi credere che il
programma di Draghi di vaccinazione sia un programma di sterminio.
Non
credete agli idioti che vogliono farvi credere questo, sono ragionamenti
fraudolenti!
C’è un
incendio e c’è bisogno di ognuno di noi per spegnerlo. Dopo il vaccino forse
avrete per due giorni il mal di testa, forse.
Che
dite? Un mal di testa vale una pandemia?
Avete
presente Vercingetorige, Quinto Sertorio, Pietro Micca, Carlo Pisacane, Nelson
Mandela? Tutta gente con le palle, con gli attributi.
Avete presente i pionieri dello spazio cosmico
e di quello interiore? Tutta gente coraggiosa che si tuffa nel mistero e
nell’ignoto. Avete presente un minatore?
Avete
presente una madre che partorisce? E un bambino che gioca agli indiani?
E
quelli che danno da mangiare ai coccodrilli?
Avete
presente che forza ci vuole e che coraggio ad alzare le palpebre al mattino?
Sipario su vertigini di luce divorante.
Avete
presente i complottisti che minimizzavano la pandemia a mera influenza o poco
più?
Ecco,
adesso questi cuor di leone, questi spiriti indomiti, questi vigliacchi, e
diciamolo con franchezza, queste gracili comparse dell’Essere, se prima
minimizzavano ora ingigantiscono, ebeti fifoni, una iniezione di un vaccino
come se fosse l’iniezione mortale.
Torniamo
ad amarci sulle panchine, senza mascherine. Torniamo a vivere.
Covid:
Cina fra ‘dittatura sanitaria’ e vaccino inefficace. Cosa sta accadendo
A
Shanghai milioni di persone in lockdown a fronte di pochi casi. La politica
'zero Covid' non ha funzionato, il vaccino nemmeno, e ora il malcontento
popolare cresce.
15
Aprile 2022 15:19
Covid:
Cina fra ‘dittatura
sanitaria’
e
vaccino inefficace. Cosa sta accadendo.
Quifinanza.it
– Redazione – (15 aprile 2022) – ci dice:
A
fronte di un numero esiguo di casi di Covid-19, la Cina è nuovamente alle prese
con lockdown di massa imposti dal governo di Pechino. Una situazione esplosiva
che riguarda soprattutto Shanghai, dove forniture di cibo e di beni di prima
necessità scarseggiano ogni ora di più. La situazione nella città più grande
della Cina, terza al mondo, dove i residenti sono stati letteralmente rinchiusi nelle
loro case, è talmente radicale da essere stata persino etichettata come un
“disastro umanitario” dal direttore dell’Australian Strategic Policy Institute,
Michael Shoebridge.
Tensione
a Shanghai.
Ad
alzare ulteriormente la tensione, sui social sono divenuti virali i video
ripresi per la strada in cui si vedono cittadini – a cui è stato
sostanzialmente imposto di lasciare i loro appartamenti ai pazienti Covid –
lamentarsi con la polizia.
Gli
agenti, completamente bardati con tutte ignifughe e mascherine, hanno risposto
effettuando numerosi arresti.
E in
questo quadro la locuzione ‘dittatura sanitaria’ – spesso utilizzata a
sproposito in Occidente – assume una propria dignità lessicale.
Politica
di contenimento e vaccino “Sinovac” inefficiente.
Parlando
della situazione in Cina, Massimo Ciccozzi – responsabile dell’Unità di
Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del
Campus Bio-Medico di Roma – ricorda all’Adnkronos che il “paese in realtà non
ha molti casi di Covid rispetto a noi, ma vuole ‘zero contagi’, perciò gli
standard di riferimento sono diversi dai nostri.
E usano la durezza che vediamo.
Ma
oggi stanno utilizzando il ‘pugno di ferro’ con un virus completamente diverso.
Contro Omicron sono infatti necessarie strategie mirate.
Se il lockdown aveva degli effetti con il virus di
Wuhan, con questa variante in circolazione, che contagia almeno 9 volte di più
con una sintomatologia più leggera, anche un lockdown stretto non ha lo stesso
effetto.
Non so
quindi quanto verrà ripagata la sofferenza richiesta ai cittadini di Shanghai”.
Il
parere dell’epidemiologo Lopalco.
“La
nuova ondata Covid in Cina è il risultato di scelte sbagliate. Il Paese ha
perseguito fin dall’inizio la cosiddetta politica zero-Covid, cioè di
interventi massicci di isolamento, quarantene e lockdown per impedire la
diffusione del virus” ma “questo tipo di politica sanitaria può avere senso per breve
tempo, per arginare cioè l’emergenza e dare il tempo al sistema sanitario di
attrezzarsi con terapie più efficaci e, soprattutto, con la vaccinazione.
Purtroppo
la campagna vaccinale in Cina non ha funzionato a causa della bassissima
efficacia dei vaccini utilizzati “.
Così
l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all’Università del Salento
analizzando, per l’Adnkronos Salute, la risposta ‘forte’ della Cina – come
mostrano le immagini dei confinamenti forzati provenienti da Shanghai – alla
nuova ondata pandemica.
“La
Cina quindi – continua Lopalco – si è trovata a fronteggiare l’ondata di
Omicron avendo la popolazione completamente scoperta dal un punto di visto
immunitario.
Le
conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: è come se, per loro, la pandemia
fosse iniziata ora.
A
questo va aggiunto che i metodi coercitivi che si stanno utilizzando a Shanghai
non solo sono riprovevoli sul piano dei diritti umani, ma anche tutto sommato
inutili perché non fanno altro che rimettere in campo una strategia di
controllo che si è dimostrata fallimentare”.
La
decisione di imporre il “Green Pass “non è scientifica.
Non
siamo in “dittatura sanitaria” ma stiamo
costruendo
istituzioni e società sempre più “totali”.
Stiamo
riscrivendo le libertà individuali.
Orticalab.it-
Mareco Staglianò – Prof. Ricci - (10 agosto 2021) – ci dicono:
Paolo
Ricci, Ordinario di Public Accountability presso il Dipartimento di Scienze
Politiche della Federico II, individua nel green pass l’ultimo segno di una
deriva molto pericolosa:
«Non
si discute il vaccino ma di come si stanno modificando le priorità di una
società.
Tutto
in nome del rischio zero, ma per dirla con Morin “L’élimination totale du risque
conduit à l’élimination totale de la vie”»
Professore
Ricci, a partire da oggi i cittadini italiani potranno accedere a bar e
ristoranti al chiuso, palestre, cinema, teatri, concerti, fiere e piscine,
parchi divertimento, centri termali, sale bingo e casinò esibendo la
certificazione verde.
A partire da settembre in ragione del decreto
Covid approvato ieri in Cdm, la certificazione sarà obbligatoria per tutto il
personale scolastico ed universitario, a partire dai docenti, per viaggi di
lunga percorrenza in treno, aereo, e navi e non si esclude un’estensione
dell’obbligo anche al trasporto pubblico locale.
Siamo
in dittatura sanitaria?
«Caro
direttore, la questione è delicata e può essere osservata da diverse prospettive.
Giuridica, sanitaria, economica, quella che a
me più interessa è la dimensione politica e riguarda le radici delle nostre
democrazie.
Quello
che i governi oggi decidono è sempre meno il frutto di un dibattito politico
pubblico.
Il
dibattito non è più nei parlamenti, emozioni e stati d’animo mutano
rapidamente, sospinti da narrazioni spesso tenebrose e poco rassicuranti, che
privilegiano la paura.
Ho
seguito il dibattito di questi giorni e sono sempre più convinto delle
perplessità di Agamben e Cacciari.
Qui
non si discute dell’importanza del farmaco vaccino, ci mancherebbe, ma di come
si stanno modificando le priorità di una società sotto il peso di numeri e
informazioni mediche e sanitarie.
Non si
tratta di una dittatura sanitaria, assolutamente no, ma di istituzioni e
società sempre più totali.
Siamo
tutti sottoposti agli stessi trattamenti.
Stiamo costruendo “istituzioni totali”, con le
parole di Ervin Goffman; sarà pur legittimo chiedersi se è giusto e se saremo
in grado di liberarcene e come.
Tutto
accade nella rincorsa del rischio zero; a tal proposito illuminanti le parole
di Edgar Morin: “L’élimination totale du risque conduit à l’élimination totale
de la vie”».
Ma
siamo in pandemia e viviamo in una democrazia liberale, che fine fa il primato
della scienza?
Fino a
che punto condizionare le libertà individuali? La scienza queste domande non è
tenuta a farsele e non se le pone mai
«La
decisione del Green Pass non è scientifica, lo dicono anche gli scienziati. La
politica sembra consegnarsi alla scienza per le decisioni che appaiono più
impopolari, ma la decisione resta politica e deve rispondere a logiche più
complesse della stessa scienza.
È la politica che deve rispondere alle domande di
fondo: fino a che punto stressare i valori esistenti?
Fino a che punto condizionare le libertà
individuali?
Fino a che punto comprimere queste libertà e
con quali conseguenze?
La scienza queste domande non è tenuta a
farsele e non se le pone mai.
La
politica dovrebbe fare sintesi anche tra posizioni culturali e ideologiche
diverse. La scienza ha un primato sul progresso dell’umanità non sulla
esistenza delle singole società.
L’intreccio
è indiscutibile, ma politica e scienza devono rimanere distinte. Spero di non
sorprendere nessuno se, semplificando, ricordo a me stesso che la scienza non è
infallibile, fa proprio dell’eliminazione dei suoi errori l’elemento essenziale
per progredire. Ciò, sempre per semplificare, la distingue significativamente
dalla politica».
Sta
forse dicendo che la nostra libertà è sotto attacco?
«No,
non sono preoccupato di una riduzione delle libertà individuali ma di una loro
riscrittura di fatto, riscrittura spesso leggera e superficiale, soprattutto
dettata da una emergenza narrata in modalità e con contenuti molto discutibili.
Vogliamo una società più coesa ed inclusiva e
produciamo costantemente, attraverso la disinformazione, divisioni e
disuguaglianze.
Quanta
intolleranza sta scatenando la gestione della pandemia?
Leggevo
della proposta di impiegare i campioni olimpici per convincere i giovani a
vaccinarsi.
Ma il
vaccino non è una merendina della salute, non occorrono testimonial.
La
chiave per me è un’altra: una comunicazione scientifica accurata, decisioni
tempestive e coerenti, organizzazioni efficienti.
Non è
questo che vogliamo? Pratichiamolo.
Nel
frattempo, stiamo pregiudicando ulteriormente la sanità pubblica, modificandone
le priorità in ottica Covid, e dividendo la società».
Fin
quando saremo liberi di discutere della libertà, in piazza o sui giornali,
vorrà di quando che siamo liberi. O no?
Sono
aumentati i luoghi della discussione, si pensi ai social, e si sono blindati i
luoghi della decisione, si rifletta sulla decretazione d’urgenza e sui DPCM.
«Non
sono d’accordo. Dipende, quali democrazie e libertà desideriamo?
Oramai è evidente una tendenza in atto nel
mondo, nel segno di democrazie sempre più illiberali: votare non basta.
Ci
sono tante piccole e grandi autocrazie che si sono affermate, alcune molto
visibili, altre subdole, altrettanto pericolose.
Il
fenomeno viene da lontano, ha le sue origini alla fine degli anni ‘70.
Svuotare
di potere i luoghi più complessi, come i parlamenti, e accrescere il potere di
singoli leader, come avviene negli esecutivi.
Molte
riforme sono state segnate dall’esigenza del decisionismo, fortemente voluto da
una certa economia di mercato e da una certa finanza.
Possiamo
metterla così: sono aumentati i luoghi della discussione, si pensi ai social, e
si sono blindati i luoghi della decisione, si rifletta sulla decretazione
d’urgenza e sui DPCM.
La
discussione influenza poco le decisioni, da un lato, e risulta sempre più
influenzata dalla facile disinformazione, dall’altro.
Fatta
eccezione per quelle più antiche e consolidate, le democrazie appaiono sempre
più fragili, incapaci di interloquire, di intermediare, di incidere.
Anche l’Italia mi pare sia retta da un
tecnico, e mi pare che guidi un esecutivo in gran parte costituito da tecnici,
almeno nei posti chiave.
Preciso,
in questo contesto per me tecnico ha solo un significato: non eletto.
I tecnici hanno quozienti politici e
ideologici altissimi, ma hanno un “piccolo” limite: sono nominati e non
rispondono democraticamente del loro operato».
I dati
ci dicono che soltanto evocando l’introduzione del green pass obbligatorio sono
schizzate, in tutto il Paese, le richieste di vaccinazione.
Insomma,
è un fatto che la nostra società nel corso di questi decenni è drammaticamente
regredita sul terreno culturale, è un fatto che viviamo in un contesto sociale
nel quale l’analfabetismo funzionale dilaga.
L’imposizione,
in piena emergenza sanitaria, è forse l’unica via percorribile
«Condivido.
Questo dato si è purtroppo ben consolidato. L’analfabetismo funzionale è andato
crescendo con la stravagante socializzazione del pensiero.
Le
forme di produzione e di scambio del pensiero, con l’avvento della tecnologia,
hanno subito radicali mutamenti.
Meno
pensiero critico e più calcolo economico.
Questa
trasformazione ha riguardato tutti. È evidente che le masse si muovono emulando
e si governano facilmente preparando bene i percorsi delle loro esistenze».
Un
ultimo passaggio sulla prospettiva economica del Paese. I dati ci dicono che
l’Italia sta trainando la ripresa in Europa, ed il green pass dovrebbe aiutare
questo trend. Quale la sua opinione?
«L’Italia
sembra crescere a prescindere dal green pass, vedremo se il dato si
stabilizzerà o se addirittura crescerà ulteriormente.
Molto
difficile fare previsioni economiche attendibili.
Una
cosa appare sicura: per ora l’economia cresce per mezzo dei volani
tradizionali. Ancora presto parlare di economia verde e di transizione ecologica».
Grazie
professore.
«A
Lei».
(Marco
Staglianò)
Sembra
una dittatura (sanitaria).
Lospiffero.com
- Enrico Bettini – (22 Dicembre 2021) – ci dice:
L’impressione
di molti è che si stia andando, dritto filato, verso uno Stato totalitario e
antidemocratico, panottico e controllore inflessibile della vita di ognuno
(altroché rispetto della privacy!) e che ci renderebbe sostanzialmente
consumatori indifferenziati e schiavi.
È il
modello cinese dei crediti sociali, da tempo attuale e funzionante grazie ai
rapidissimi avanzamenti della tecnologia. In altre parole: stiamo passando
dalla società di disciplina (sorvegliata con telecamere generiche in strade, piazze,
stazioni etc.) alla società controllata operante sul singolo cittadino
(riconoscimento facciale, chip sottopelle, quantum dots, nanotecnologie etc.).
È
ormai certo che sia esistito, e che esista tutt’ora, un progetto globalista,
già in nuce e latente da molto tempo (c’è chi lo fa risalire addirittura alla
fondazione della Banca d’Inghilterra nel 1684), nato nel clima dell’élite
culturale anglosassone di allora, che si riteneva superiore (e in effetti per
molti aspetti lo era) e quindi legittimata a governare il nostro mondo ed i
popoli dell’orbe terracqueo.
Nel
1884, in questi ambienti e con queste premesse, nacque la Fabian Society che,
sotto l’apparenza pacifica, benefica e filantropica (un lupo travestito da
pecora, il suo logo) sosteneva invece teorie eugenetiche, razziste, malthusiane
e antidemocratiche.
Molti
furono i fabiani, influenti e potenti, che condizionarono gli eventi mondiali.
Financo ad arrivare ai giorni nostri con personaggi contemporanei.
Anche
nel Nord America ci fu un fenomeno analogo: quello delle scuole e delle
università rodhesiane, fondate dal magnate (filantropo anche lui, guarda caso)
Cecil Rhodes (1853-1902), che contribuirono a consolidare la cultura
suprematista dell’uomo bianco anglosassone, calvinista o protestante, dominatore
del mondo, popolato da esseri inferiori, bisognosi di una guida forte e sicura.
Ma
qual è la storia di Cecil Rhodes? Lui era un adolescente britannico cagionevole
di salute che emigrò nel clima mite del Sud Africa dove si appassionò talmente
ai diamanti che, finanziato dai Rothschild (che già allora avevano capito
l’importanza basilare della gestione monetaria!), diventò ricchissimo e
proprietario di quei vastissimi territori che poi formeranno lo Stato della
Rhodesia, chiamato così in suo onore e che oggi è stato diviso e rinominato in
Zambia e Zimbabwe.
Le
scuole e le università rhodesiane (tra cui Oxford) sfornarono anch’esse
influenti politici Usa di primo piano (Clinton e i Bush per esempio) al punto
tale da essere visti come un potente partito trasversale a quello Democratici e
ai Repubblicani.
È
facile immaginare quale sia stato, e quali sia, l’obiettivo strategico dei
rhodesiani, ovviamente in linea con l’educazione ricevuta e con i princìpi
fatti propri:
il New
World Order (NWO), ovvero il Nuovo Ordine Mondiale, di cui Bush padre parlava
spesso, invocandolo peraltro senza infingimenti.
Ovvero
quel mondo ampiamente preconizzato da scrittori fabiani, o vicini a
quell’ambiente, nei notissimi romanzi distopici:
“Il
padrone del mondo” di Robert Hugh Benson (1907); “Il mondo nuovo” di Aldous
Huxley (1932) e “1984” di George Orwell (1949).
Si
capisce quindi come e perché sia potuto nascere il “Great Reset” di Klaus
Schwab, unificatore ideale dei progetti fabiani e rhodesiani, annunciato al “World
Economic Forum” del 2020.
È un progetto di ossimorica sintesi tra comunismo e
liberismo estremi, che mira a resettare il mondo (quasi come fosse un computer
o una memoria di massa) dopo il Covid19, che tanti danni ha provocato
all’umanità.
L’epidemia,
dolosa o meno, ha infatti fornito il pretesto per instaurare una situazione
emergenziale, che pare non finire mai, e che ha di fatto creato, almeno in
Italia, uno Stato duale (Giorgio Agamben) affiancato a quello ufficiale,
gestito da soggetti diversi da quelli usualmente deputati, che ha quella forza
di legge che non ha più la Legge ufficiale, teoricamente ancora vigente.
L’emergenza
sanitaria è quindi causa sostanziale dell’attuale situazione che alcuni
descrivono come dittatura sanitaria e che va contro i princìpi fondamentali
dell’uomo in quanto tale, ovvero contro quelli della Costituzione italiana
(1947), contro i 10 Codici di Norimberga (1947) e la Dudu, Dichiarazione
universale dei diritti umani (1948), contro la Convenzione di Oviedo sui
diritti umani e la biomedicina (1997), nonché contro la più recente Carta dei
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000).
A
questo proposito è opportuno ricordare che tutte le dittature sono iniziate per
rimediare ad una vera, o presunta, situazione emergenziale e che sono nate con
il consenso dei popoli, ipnotizzati e convinti da una martellante propaganda
unidirezionale e difficile da contrastare.
Il
caso da manuale è quello di Hitler che, dopo il doloso incendio del Reichstag nel 1933,
non trovò nessun ostacolo a far dichiarare lo stato d’emergenza con il quale
furono aboliti gran parte dei diritti civili previsti nella Costituzione della
Repubblica di Weimar.
L’altro
caso, più vicino a noi, è quello di Mussolini che, con largo consenso popolare,
ottenne legalmente l’incarico dal Re per rimediare alla situazione caotica che
si era creata in Italia per le proteste dei lavoratori agricoli e degli operai
socialisti.
Non ci
si può neanche dimenticare che tutte le dittature sono iniziate con il sostegno
finanziario di chi poteva permetterselo e lo riteneva vantaggioso, nonché con
il consenso dei mezzi di comunicazione, in buona fede o meno.
Nel caso di Hitler il sostegno finanziario
venne dai banchieri (addirittura di religione ebraica!) e, nel caso di
Mussolini, dalla ricca borghesia italiana agricola o industriale.
Sono
quindi evidenti, per chi le vuole vedere, le analogie storiche con l’attuale
situazione italiana, molto pericolosa sul piano democratico e la perdita dei
diritti fondamentali dell’uomo.
Ecco
perché dobbiamo esserne consapevoli.
La
dittatura sanitaria e
la
libertà d’informazione.
Ilcittadino.it
- Lorenzo Rinaldi – (7-2-2022) – ci dice:
I
volantini affissi contro la nostra sede venerdì sera e la risposta del
direttore de «il Cittadino».
La
dittatura sanitaria e la libertà d’informazione.
Uno
dei volantini affissi da ignoti sulla sede de “Il Cittadino”.
Nella
serata di venerdì, mentre in redazione eravamo al lavoro per chiudere il numero
del sabato, sul portone della nostra sede sono stati affissi una serie di
manifesti con l’elenco delle testate giornalistiche e televisive che
percepirebbero soldi per la diffusione del terrorismo sanitario.
Letteralmente l’elenco comprende “i canali
della nuova dittatura sanitaria del Draghistan”.
Non
intendiamo dare enfasi all’accaduto e dunque gli dedichiamo giusto poche righe.
Ad
altri è andata peggio, alcuni giornalisti negli scorsi mesi sono stati
aggrediti alle manifestazioni di piazza e pochi giorni fa la sede de «L’Eco di
Bergamo» è stata imbrattata di vernice (azioni e avvertimenti usuali nel
fascismo).
Nel
nostro caso, al prode che approfittando delle tenebre ha compiuto l’eroico
gesto davanti alla redazione, ricordiamo solo che per raccontare il Covid e le
sue conseguenze ci siamo sempre affidati alla scienza e ai medici, cioè alle
fonti più autorevoli che esistano.
È ben
strano poi che per denunciare la presunta dittatura sanitaria si scelga di
mettere nel mirino i giornali e le televisioni, cioè la libertà di
informazione.
La
chiudiamo qui. Senza enfasi, come promesso, perché in fondo di poca cosa si tratta.
Solo
un’ultima annotazione: crediamo sia arrivato il momento di stemperare il clima
di contrapposizione e di provare a ricucire la società, con pazienza (tanta) e
buon senso.
I vaccini hanno salvato vite e la scienza
(medici e statistici) ci dice che in questo momento chi ha una dose booster
finisce raramente in terapia intensiva.
Ai
numeri non si può mentire.
La dittatura economica
usa
l’espediente sanitario.
Antudo.info
- Economie, Editoriali – (Gennaio 15, 2022) – ci dice:
La
strategia Draghi di convivenza col virus può essere sintetizzata nella formula:
dal Covid Zero al Covid Free.
Già
l’istituzione del Green Pass come certificato di libero accesso al lavoro e ai
servizi pubblici rispondeva a questa scelta.
Per
sostenere la necessità della Carta, Draghi è giunto a pronunciare
argomentazioni completamente destituite di fondamento (realizzare ambienti
immunizzati tra vaccinati).
Nella
nuova formulazione del Covid Free, nel senso che il Coronavirus può circolare
liberamente tanto ci sarà il vaccino a difenderci, finisce la narrazione della
protezione dei vecchi e dei fragili, giacché a pagarne il costo saranno proprio
vecchi e fragili (magari vaccinati, poiché sui grandi numeri settantenni,
ottantenni e immunodepressi pagheranno comunque un prezzo salato alle nuove
direttive del Governo).
La Scienza e l’opinionismo scientifico.
Quanto
sta accadendo in questi giorni svela, dunque, che non ci troviamo in alcuna
dittatura sanitaria, se con questa espressione si volesse indicare una cessione
di sovranità del potere politico alla comunità scientifica.
Al contrario, proprio gli scienziati, ai quali
ci si era affidati nel primo momento di smarrimento all’inizio del 2020, si
trovano a dovere, di volta in volta, trovare le motivazioni scientifiche, per
giustificare le scelte politiche del Governo.
Li si
vede così, sempre gli stessi, a sostenere nel tempo tesi contrastanti, ma tutte
dotate di validazione perché sostenute da specialisti, in quella confusione
mediatica in cui si scambia l’esperimento scientifico (verificabile,
riproducibile) con l’opinionismo scientifico.
Come
sarebbe stato possibile assorbire senza colpo ferire previsioni così mal
riuscite (l’eradicazione del virus con il lockdown, l’immunità di gregge con il
60/70% di vaccinati)?
Anche
lo scontro (sui giornali, nelle televisioni) tra si vax e no vax serve a dare
legittimazione alle scelte governative.
In
questa prospettiva non sono i politici a confrontarsi con coloro che
contrastano la politica sanitaria del Governo.
A
questo scopo vengono chiamati gli scienziati. I mezzi di comunicazione, cioè,
si prestano alla strategia di scegliere un ordine del discorso nel quale le
voci critiche non possono che uscirne sconfitte.
È
tendenzioso, infatti, fare discutere di variante delta o omicron un virologo
con un epistemologo. In questo modo, in un flusso discorsivo pre-coordinato, la
critica politica, filosofica, giuridica non possono che uscirne come sconnesse
dalla gravità della fase.
D’altronde,
a medici, virologi e a epidemiologi critici, le poltrone televisive sono
rapidamente sottratte.
Altro
che dittatura sanitaria…
La
dittatura, dunque, non è sanitaria, ma economica.
La politica sanitaria del Governo è tutta
piegata alle esigenze della produzione e della distribuzione.
Prioritario
è salvare l’economia e questo diventa la legge. Come prima lo era l’uscita dal
debito, salvo poi produrne all’infinito.
Per
assicurare la totale riapertura Draghi si affida ad una strategia
probabilistica, ad una scommessa basata sul fatto che impedendo una vita
sociale ai non vaccinati si riduce l’impatto sugli ospedali e si mantiene il
numero dei morti dentro un range moralmente sopportabile.
Ma i
calcoli probabilistici, si sa, sono per propria natura incerti, soprattutto
quando le variabili in campo sono così tante e applicare ad un sistema
complesso, come quello di un mondo in preda ad una pandemia, una logica
semplice come quella del vantaggio economico è quanto di più imprudente si
possa fare.
Peraltro,
alcuni recenti pronunciamenti delle agenzie sanitarie internazionali più
importanti sulla progressiva riduzione dell’efficacia del vaccino nei mesi
successivi all’inoculazione e sulla progressiva riduzione della copertura del
vaccino all’aumentare del numero dei richiami, aumentano l’incertezza e fanno
della politica sanitaria del Governo una strategia disperata, che espone a
rischi difficilmente calcolabili.
Non
c’è dubbio che l’irruzione sulla scena di un virus così epidemico è cosa
imprevedibile, ma dobbiamo accettare il fatto che il problema è anche evidentemente legato alla vita
sociale nelle nostre città e al sistema produttivo e di distribuzione che
definiscono un ambiente fortemente vantaggioso per il diffondersi
dell’epidemia.
Gli
interventi necessari che aspettiamo.
Una
politica sanitaria accorta e prudente dovrebbe tenere conto di questi aspetti.
E le politiche governative dovrebbero essere finalizzate a ridurre i rischi e
introdurre trasformazioni che riducano la circolazione del virus.
Investimenti nella sanità, nei trasporti,
nella scuola dovrebbero essere il primo atto in funzione di una riduzione della
diffusione dell’infezione.
Invece,
il tema della libertà, fortemente contrastato nella propaganda mainstream come
espressione di deresponsabilizzazione ed egoismo individualista, torna
prepotentemente sulla scena nella forma più odiosa: nella libertà d’impresa.
La
Pandemia dello sviluppo.
È
questa la forma della dittatura dell’economia. In una conta ardita e cinica il
rischio di contagio derivato dalle attività sociali (libera circolazione delle
persone, vita in comune, attività ludica, manifestazioni politiche e sindacali)
viene sacrificato per essere poi speso nelle attività lavorative, nella
distribuzione e nel consumo delle merci.
È questa la trasformazione che abbiamo sotto
gli occhi e che, per essere governata, ha richiesto una torsione in senso
autoritario delle istituzioni e delle forme della rappresentanza politica.
La pandemia non è più un incidente, non è più una
sospensione del regime ordinario. La pandemia ha cambiato il mondo ed è con la
società della pandemia che avremo a che fare nel nostro tempo.
CAOS E
POLITICA:
DALLA
«DITTATURA SANITARIA» ALLE…
ingerenze di Putin, passando per l’eterno
Berlusconi.
Labottegadelbarbieri.org
– Daniele Barbieri - Ignazio Sanna – (22 Agosto 2022) – ci dice:
«Grande
è la confusione sotto il cielo» disse una volta Confucio (ma c’è chi
attribuisce la frase a Mao Zedong).
E noi
possiamo dirlo di nuovo oggi.
Non
solo e non tanto perché la Cina è fra i protagonisti delle vicende politiche ed
economiche contemporanee, ma proprio perché la confusione è il concetto che
caratterizza meglio di altri ciò che accade in Italia e nel mondo, in politica
e nella società.
La
frase di Confucio continua così: «la situazione, quindi, è eccellente».
L’apparente paradosso si spiega con il concetto, piuttosto orientale, che il
caos e la confusione siano potenzialmente in grado di produrre qualcosa di
buono, basta volersi impegnare per realizzare un cambiamento positivo.
Allora
proviamo a considerare alcuni degli elementi che a questa confusione
contribuiscono, accompagnati dalla speranza che possa ancora succedere qualcosa
di buono nel prossimo futuro.
Cominciamo
dall’allineamento immotivato fra coloro che hanno giustamente criticato la
pessima gestione della pandemia COVID-19 (da parte del governo italiano) e
quelli che ritengono Putin sia dalla parte della ragione.
Spesso
si tratta delle stesse persone.
Non vedo coerenza nel sostenere insieme queste
due posizioni.
Infatti, se è vero che USA e Europa hanno
commesso diversi errori nei rapporti con la Russia, da quando Gorbacev, e mal
gliene incolse, decise di porre fine all’esperienza dell’Unione Sovietica, è
altrettanto vero che Putin ha deciso di riportare indietro l’orologio della
storia riprendendo il confronto/scontro con le democrazie occidentali
all’incirca dove erano rimaste prima del crollo del muro di Berlino.
Non va dimenticato né sottovalutato che Putin
è una ex-spia sovietica, a capo sì di una grande nazione ma nella quale si
avvelenano i suoi (di Putin) oppositori politici.
Dove
si sbattono in galera i dissidenti con un trattamento orwelliano come per
Aleksei Navalny;
Dove
si assassinano i giornalisti che non gli piacciono, come Anna Politkovskaya.
Dove ogni forma di dissenso è contrastata duramente, vedi il caso delle Pussy
Riot. Sarà forse per questo che piace tanto a Berlusconi?
È vero
che gli USA si sono macchiati di tante nefandezze, basti ricordare l’appoggio
dei servizi segreti al golpista Pinochet in Cile.
Ma
dovrebbe essere fin troppo ovvio che i loro torti non possono giustificare in
alcun modo quelli dell’attuale dittatore neo-stalinista russo.
Non è
e non può essere una gara a chi è meno peggio.
C’è chi attacca Zelensky, probabilmente
abboccando agli ami gettati dalla propaganda putiniana.
Infatti
la propaganda neo-sovietica ha giustificato l’invasione del Paese confinante
con la sua pretesa denazificazione.
Ma se
questo è un motivo valido – e ovviamente non lo è – se ne dovrebbe dedurre che
occorre invadere la Grecia per liberarla da Alba Dorata o l’Italia per
liberarla da Casa Pound e Forza Nuova.
Sembra
dunque evidente che si tratti di un’autentica sciocchezza.
Resta
che delegittimare gli avversari con ogni mezzo possibile, in tempo di guerra
come in tempo di pace, è l’arma preferita delle contrapposte propagande.
Resta
da chiedersi come sia possibile che chi contesta l’introduzione del green pass
come forma di controllo dei cittadini sia a favore di un dittatore sanguinario
che fa ben peggio.
Se si
tratta di esponenti della destra che cercano di approfittarne (e sembra
funzioni) a scopi elettorali la cosa un senso ce l’ha, per quanto esecrabile.
Ma se si tratta di pensatori indipendenti è
davvero incomprensibile.
Possibile
che il fascino nudo e crudo del complottismo (a prescindere) sia l’unica
ragione che spinge queste persone a schierarsi contemporaneamente pro e contro
le libertà individuali e/o collettive?
Ma
forse un’altra ragione c’è.
Questa
schizofrenia sembra il risultato di decenni di pesante e ininterrotta campagna
propagandistica berlusconiana, in cui menzogne e verità sono mescolate a tal
punto da rendere difficile capire cosa sia vero e cosa falso. Vediamo qualche
esempio recente.
Sallusti,
direttore di «Libero», quotidiano in prima fila di tale propaganda, può sparare
in prima pagina che Letta (Enrico, non Gianni) è una spia al servizio dei
russi, salvo poi spiegare che si tratta di una finzione per smascherare
l’attacco della “sinistra” a Salvini.
Ovviamente,
a margine di questa pagliacciata, si è guardato bene dal ricordare come in
passato la Lega dia stata accusata di prendere tangenti dagli uomini di Putin,
o che qualche tempo fa Salvini abbia fatto una figuraccia internazionale grazie
alla coraggiosa presa di posizione di un sindaco polacco, peraltro di destra,
che era andato incautamente ad incontrare ma che appunto ha correttamente
rinfacciato all’uomo dei mojito (e dei 49 milioni “spariti”) di essere sempre
stato dalla parte del guerrafondaio che viene dal KGB.
Ancora,
in un editoriale de «Il giornale» (quotidiano di proprietà della famiglia
Berlusconi) l’attuale direttore cioè Augusto Minzolini – a suo tempo a dirigere
il TG1 perché nascondesse le notizie a Berlusconi sgradite (perciò ribattezzato
da Marco Travaglio “Scodinzolini”) sostiene che la caduta di Draghi sia
responsabilità del solo M5S di Conte.
Chi
invece dà notizie vere ricorda come sia stata anche l’astensione di Forza
Italia e Lega oltre a quella del M5S (nell’ultimo voto di fiducia sul governo)
a spingere Draghi a presentare le dimissioni.
Se
aggiungiamo che nella parte bassa dello schermo molte tv italiane fanno
scorrere una serie di notizie inutili (come il successo dell’ultimo
canzonettista di turno) o demenziali, con l’evidente scopo di stordire
ulteriormente il malcapitato telespettatore – allevato a una dieta di Bruno
Vespa e Maria De Filippi – non ne esce un bel quadro.
Mentre
il centro-sinistra con molto centro e pochissima sinistra (quasi banale notare
come il PD sia ormai un partito neodemocristiano, sostanzialmente centrista)
discute di questioni comunque serie – come la difesa della Costituzione o
l’emergenza climatica – le destre si accapigliano pubblicamente su chi farà il
ministro e chi il capo del governo, dimostrando per l’ennesima volta, ove mai
ci fosse qualche dubbio, di essere interessati esclusivamente al potere, alle
famose poltrone.
E
quando viene fuori cosa vorrebbero fare se torneranno al governo si tratta di
proposte che mettono a rischio la democrazia (presidenzialismo), aggravano
l’ingiustizia sociale a favore dei ricchi (Flat Tax) e disumanizzano
ulteriormente la gestione delle migrazioni (blocchi navali).
Non a caso uno degli idoli delle destre
italiane è l’aspirante golpista Donald Trump, a sua volta grande estimatore di
Putin.
Ciliegina
sulla torta l’alleanza elettorale fra Italia Viva di Renzi, che al momento pare
più morta che viva, e Azione di Calenda, la cui unica azione politica di
rilievo al momento è imbarcare due berlusconiane doc come Gelmini e Carfagna,
diventando di fatto la quinta colonna di quelle destre che dice di avversare.
Poteva andare peggio: non ha imbarcato Brunetta, il peggior ministro della
storia d’Italia.
Per
quanto riguarda ancora i cosiddetti “no vax” schierati a favore di Putin, può
darsi sia io a sbagliare ma trovo decisamente demenziali iniziative come la
manifestazione di Modena dello scorso aprile (per quanto molto poco riuscita in
termini numerici) in cui si difendeva la “vittima” Putin e si attaccava «la
dittatura sanitaria».
Il sospetto è, ancora una volta, che tali
manifestazioni di dissenso siano frutto della pluriennale manipolazione delle
notizie, confezionate in un frullato in cui tutto è uguale a tutto, dove
delinquenti e persone oneste vengono messi sullo stesso piano, e purché i primi
siano abbastanza ricchi e potenti si concede loro di difendersi accusando chi
li richiama alle loro responsabilità, secondo una pratica parodistica del
principio del contraddittorio.
Di conseguenza
tutto è legittimo, anche il massacro sistematico di civili in una guerra
assurda, mentre alcuni media italiani fanno da portavoce alle menzogne di
Lavrov presentandole come notizie.
C’è un
punto però sul quale sono d’accordo con chi non è convinto dalla sollecitudine
nell’aiutare gli ucraini a difendersi.
E cioè che i governi occidentali sembrano
interessarsi poco o nulla di guerre altrettanto nefaste, in cui continuano a
morire un gran numero di vittime civili: come la pluriennale guerra di occupazione
che lo Stato di Israele (non gli ebrei, come vorrebbero certi propagandisti)
combatte contro tutto il popolo palestinese, vessato senza sosta e ridotto alla
fame.
Particolarmente grave in questo contesto, e in
linea con il trattamento riservato nella Russia di Putin ai giornalisti non
allineati al potere, l’assassinio della giornalista di «Al Jazeera» Shireen Abu
Akleh a opera di militari israeliani.
Per
concludere sulle prossime elezioni va ricordato come Silvio Berlusconi anni fa
abbia accusato di golpismo la magistratura italiana per la condanna
dell’avvocato Cesare Previti.
Il quale stette in prigione una sola notte
nell’Italia dove chi ruba un pollo va in galera sul serio e senza sconti.
O possiamo ricordare come sempre Berlusconi,
politicante dalle frequentazioni mafiose (non dimentichiamoci del boss Vittorio
Mangano), abbia attaccato i magistrati, colpevoli di fare il proprio dovere per
esempio indagando sulle affermazioni del pentito di mafia Spatuzza.
Un
articolo di commento a uno dei tanti sciagurati provvedimenti legislativi
partoriti da Berlusconi e i suoi è apparso nel dicembre 2009 su «Il Fatto
Quotidiano» a firma di Nando Dalla Chiesa, il cui padre fu assassinato dalla
mafia: «La parola “fine” alle battaglie di Pio La Torre e Libera».
In
esso si spiega molto bene che la decisione di mettere all’asta i beni
sequestrati alla mafia è per quest’ultima un autentico regalo perché può
facilmente ricomprarseli grazie ai prestanome.
«È la
prima legge in materia di mafia che il governo sforna dopo gli avvertimenti che
vengono dalle file di Cosa Nostra» scrive Dalla Chiesa, dopo il sostanziale
avallo alle dichiarazioni di Spatuzza da parte di boss in carcere come uno dei
fratelli Graviano.
Se
ancora non bastasse, Silvio il barzellettiere, paladino della libertà e
liberale fino al midollo (a suo dire) ha fatto parte dell’organizzazione
eversiva P2 capeggiata da Licio Gelli, risultata implicata nella strage alla
stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
Il
“Piano di rinascita democratica” della P2 ha visto realizzarsi in questi anni
alcuni obiettivi.
Con
questo bel curriculum, come nulla fosse, il giovane Silvio, alla tenera età di
85 anni, si candida di nuovo in Parlamento, per guidare il Paese assieme ai
razzisti filo-putiniani della Lega e alla destra estrema di FdI (personaggi
quali La Russa e Santanchè si commentano da soli).
Il cerchio si chiude con la constatazione che
uno dei principali quotidiani italiani, «Il Corriere della Sera» ha fatto uno
scoop ridicolo su una decina di personaggi per lo più poco noti dimenticandosi
dei veri putiniani d’Italia (Berlusconi e Salvini, per dire).
In
questo bel quadretto il titolo de “La Repubblica”, «Berlusconi torna
all’attacco: “Disinformazione comunista”».
È
quasi commovente: tanto più che, anche se nell’articolo si parla d’altro, il
suo pensiero è sempre rivolto all’amichetto del cuore, il “comunista” Putin.
OMS,
dittatura sanitaria
e
governo mondiale.
Ariannaedirice.it - Roberto Pecchioli – (29/05/2022)
– ci dice:
(EreticaMente)
La
guerra ingaggiata dalle oligarchie per il dominio sulle nostre vite – il
biopotere – vive un nuovo capitolo.
La
dittatura sanitaria che ci ha confinati, mascherati, assoggettati
all’esperimento dell’inoculazione di massa di sieri genici per contrastare
l’epidemia di Sars-Cov 2 è riuscita.
In
alto, nelle stanze di chi comanda, sono soddisfatti: i popoli si sono rivelati
docili oltre le previsioni.
I mattoni della dittatura sanitaria sono
diventati le fondamenta di un edificio in costruzione da almeno settanta anni,
quello del governo mondiale.
Ora è
più facile procedere nella realizzazione dei piani oligarchici.
L’ OMS
– Organizzazione Mondiale della Sanità – un’istituzione dipendente dall’ONU, in
realtà nelle mani di chi la finanzia, rivendica più potere sulle nostre vite e
il diritto di imporci direttamente le sue scelte, scavalcando Stati, governi,
popoli.
L’opinione
pubblica è indifferente o confusa, bombardata e tramortita da quasi due anni e
mezzo da una narrazione mediatica terrorizzante, alla quale è diventato
impossibile sottrarsi.
In uno
dei pochi frammenti giunti fino a noi, il filosofo greco Democrito scriveva: nulla sappiamo in verità, poiché la
verità è chiusa in fondo a un pozzo.
Oggi la verità è in bella vista, ma quasi
impossibile da distinguere nel mare magnum della comunicazione, delle news, del
baccano a senso unico tra le luci accecanti del circo della menzogna.
Restiamo
ai fatti.
Si
tiene a Ginevra l’assemblea mondiale dell’OMS: singolare coincidenza che la
Svizzera ospiti negli stessi giorni l’incontro di Davos del Forum Economico
Mondiale.
Tra le
intemerate di – “Klaus Schwab, Soros e compagnia pessima” sulla necessità di distruggere la Russia e
tutto ciò che si frappone al loro progetto globalista, e il “Trattato sulle Pandemie”
proposto dall’OMS ci sono punti in comune, non solo geografici e temporali.
Innanzitutto,
giova ribadire che l’OMS non è una paladina della salute china sui malanni
degli uomini per alleviarli, ma un formidabile grumo di potere largamente
finanziato da Big Pharma, l’industria che fa profitto sulle malattie, nonché
dalle fondazioni dei sedicenti filantropi, Bill Gates in testa.
È un pilastro della privatizzazione del mondo
attraverso il controllo delle istituzioni transnazionali. Gli interessi
dell’OMS non coincidono con i nostri. Tutti ottimi motivi per guardare con
sospetto” il trattato pandemico”.
Si
tratta, in sostanza, di una pesantissima cessione di sovranità all’OMS – ovvero
ai suoi padroni – con le solite giustificazioni sulla tutela della salute
pubblica.
Il trattato rappresenta una minaccia alla
sovranità nazionale e alla libertà individuale, poiché le clausole proposte
prevedono l’identificazione digitale e persino incentivi economici per enfatizzare
o addirittura creare future “emergenze sanitarie.”
Bill
Gates organizzò esercitazioni anti pandemiche e continua a strologare di nuove,
più spaventose epidemie. Sa qualcosa che nasconde al volgo, o mette in atto il
controllo oligarchico dei popoli, superflui, fastidiosi sciami umani che tanto
disturbano il circolo dei miliardari?
Il
trattato sarà sottoscritto probabilmente nel 2024 e solo provvisoriamente sono
stati sventati, grazie a una mobilitazione partita dagli Stati Uniti, i suoi
effetti peggiori, i tredici emendamenti del governo Usa al Regolamento
Sanitario Internazionale (RSI).
Il RSI
stabilisce i poteri dell’OMS, dettandone le condizioni; ogni modifica ha un
impatto enorme e immediato sulle nostre vite.
Il Trattato è un pericolo gigantesco, ma le
modifiche al RSI sono più facili da attuare, poiché è sufficiente un voto della
stessa OMS.
Tra
l’altro, verrebbe modificata la definizione di pandemia, considerando tale
anche un’emergenza “potenziale”.
Ecco a
che cosa mirano i frequenti allarmi di Gates e la grancassa mediatica su
emergenze inesistenti o enfatizzate.
Il riferimento al vaiolo delle scimmie è
ovvio, in attesa della peste dell’unicorno, animale di fantasia.
Si
parla altresì di un equivoco “allarme intermedio di salute pubblica”.
La privatizzazione
della sanità sarebbe assicurata anche dalla nuova composizione allargata del “Comitato
di Emergenza”, gli “esperti” nelle cui mani rimetteremo la nostra vita,
tecnocrati non eletti con poteri immensi, nominati – sentenzia virtuosamente il
testo proposto – tenendo in debito conto i principi di equa rappresentanza di
età, genere e geografia.
Una
tirannia equa e politicamente corretta, in cui il criterio di competenza è
subordinato alle solite ubbie delle quote e della “discriminazione positiva”. Sulla
nostra pelle.
L’attacco
alla sovranità degli Stati nazionali è il tema ricorrente di tutto il
documento.
Lo
scopo di ogni modifica è indebolire i governi trasferendo i poteri al “Comitato
di Emergenza”, ossia ai rappresentanti di chi paga l’orchestra e decide la
musica.
Non si
parlerà più di consultazione degli Stati, ma di semplice informazione: un
foglio d’ordine.
L’OMS diventerebbe legalmente superiore agli
Stati.
Vaga e
inquietante è anche la nozione di “Stati interessati” alle pandemie, il cui
effetto sarà controllare – cioè imporre – le politiche sanitarie e le scelte
terapeutiche dell’OMS.
Un altro emendamento permette la segnalazione
delle presunte epidemie anche a “fonti esterne”, diverse cioè dalle autorità
sanitarie governative.
Strada
aperta alle ONG, ad attori economici e altri soggetti privati.
Una
ONG (magari controllata da Big Pharma, da un “filantropo” o da apparati
riservati di Stati stranieri) potrebbe recapitare all’OMS dati che ipotizzano
l’esistenza di una grave malattia in Italia senza verificarli con il governo
nazionale.
Qualche
malpensante complottista potrebbe ipotizzare che qualcuno, in base a tali
meccanismi, possa creare una pandemia dal nulla.
Un laboratorio privato riferisce dati falsi o
esagerati che portano alla dichiarazione di “potenziale emergenza”, consentendo
la creazione di un “Comitato di emergenza”, con esperti di qualunque Stato
affermi di poter essere investito dalla malattia.
Gli
esperti (a fattura?) tra i quali inevitabilmente non pochi avranno legami con i
giganti produttivi del settore, potrebbero confermare la veridicità delle
notizie ricevute e il “comitato di conformità” dichiarerà carenti le
infrastrutture di quello Stato.
Generosamente,
l’OMS offrirà sostegno e assistenza tecnica per rispondere alle eventuali
future pandemie. Il ricatto è completo. Il livello di paura globale è stato
positivamente testato e qualche filantropo, a sopracciglia aggrottate, dà già
l’allarme per morbi peggiori del Coronavirus.
Tra
chi ha messo in guardia l’opinione pubblica c’è monsignor Carlo Maria Viganò,
il vescovo avversario di Bergoglio.
Al di
là delle polemiche interne alla Chiesa cattolica, Viganò rammenta che in caso
di approvazione del regolamento e poi del trattato, “l’OMS avrà l’autorità di
imporre in maniera esclusiva tutte le regole in caso di pandemia, ivi comprese
quarantene, lockdown, vaccinazioni obbligatorie e passaporti vaccinali.
Si
tenga presente che questa organizzazione gode dell’immunità e i suoi membri non
possono essere processati né condannati in caso di crimini.
Tecnocrati
non eletti avranno più potere di quello che i cittadini conferiscono ai propri
rappresentanti con il voto.
“Ipotizza
altresì che l’appropriazione da parte dell’OMS di un potere statuale abbia come
obiettivo impedire ogni opposizione all’Agenda 2030 dell’ONU e
dell’associazione privata WEF (Forum Economico Mondiale), volta a un immenso
cambio antropologico, il Grande Reset.
L’Agenda
2030 in ambito sanitario punta alla drastica riduzione dei servizi medici e
ospedalieri, alla privatizzazione dei sistemi sanitari e alla generalizzazione
dei vaccini.
Soprattutto,
Viganò rileva che la governance sanitaria globale è un tassello fondamentale
del Nuovo Ordine Mondiale, ovvero del governo unico mondiale.
Il lasciapassare vaccinale, che in Italia chiamiamo “green
pass” per conferirgli un’aura di ecologia sociale, è il meccanismo di
digitalizzazione generale di ciascun individuo – ridotto a codice – programmato
per raccogliere e rendere disponibili al potere tutti i dati che ci riguardano,
sanitari, biometrici, economici, fiscali e chissà che altro, sul modello del
credito sociale cinese, la patente a punti di cittadino docile, il certificato
universale di buona condotta e conformità al potere.
La
logica è quella del biopotere: controllo più dominio più profitto privato di
pochi colossi industriali, finanziari, tecnologici. È evidente che il Covid 19 ha
condotto a misure e obblighi di massa spesso privi di fondamento scientifico,
entusiasticamente sostenuti dai vertici delle istituzioni sanitarie.
Le conseguenze economiche, sociali e sulla salute dei
famigerati lockdown sono state di gran lunga superiori ai benefici. Non lo
dicono pochi strampalati o i professionisti che si sono opposti alle politiche
pandemiche pagando un prezzo altissimo in termini morali e professionali. Si
tratta delle conclusioni di un’istituzione “di sistema” il John Hopkins
Institute.
Il
dubbio avanzato dai ricercatori è raggelante: siamo sicuri che una gestione
unica da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità, alla luce degli
evidenti interessi finanziari, sia la cosa migliore?
Il
problema è che il nuovo trattato pandemico è spinto soprattutto dal governo
americano e dal suo vassallo fedele, la “Commissione dell’Unione Europea”.
Come sempre, le intenzioni dichiarate sono virtuose;
si cede sovranità al fine di “rafforzare la capacità e la resilienza nazionale,
regionale e globale per le future pandemie”.
Ci
scusi il lettore per il paragone, ma quando sentiamo parlare di resilienza
tendiamo a mettere mano alla pistola (che non possediamo) come Goebbels davanti
alla parola cultura.
Il
presidente Biden e la sua aiutante di campo europea Von der Leyen hanno
concordato “la struttura di sicurezza sanitaria pubblica a livello mondiale”.
L’agenda
ha un vasto programma, che commuove il popolo credulone ma atterrisce noi.
Gli
emendamenti di cui abbiamo parlato e che per ora non sono stati accolti sono
frutto dei vertici delle potenze sedicenti liberali, esportatrici di libertà e
democrazia.
Nel
frattempo, l’UE continua a firmare contratti per sieri anti Covid
esclusivamente con Pfizer e BioNTech.
Milioni
di dosi, miliardi di ricavi per i colossi di Big Pharma controllati da pochi
fondi speculativi onnipotenti.
L’
OMS, temiamo, oltreché architrave del Nuovo Ordine Mondiale, è un comitato
d’affari dei signori che hanno in mano le nostre vite, la nostra salute e sanno
tutto di ciascuno di noi.
Che
cosa facciano concretamente i cosiddetti movimenti sovranisti non è dato
sapere. Forse sono impegnati nella propaganda bellica.
Uno
spiraglio di speranza viene dal governo della Germania, che sembra prendere le
distanze dalle iniziative della Commissione presieduta dalla tedesca Ursula,
valchiria transatlantica.
Un
altro soggetto si oppone con decisione al trattato pandemico. È il World
Council for Health, coalizione di scienziati, medici, giuristi.
In una
lettera aperta ai “cittadini di tutto il mondo, ai governi, ai presidenti, ai
ministri della salute e ai media indipendenti”, il WCH denuncia severamente le
“aspirazioni” dell’OMS definite una “presa di potere”.
L’accordo
è ritenuto “una minaccia alla sovranità e ai diritti inalienabili”.
“Aumenterebbe il potere già schiacciante dell’OMS di dichiarare infondatamente
delle pandemie, imporre chiusure disumane e imporre trattamenti costosi,
pericolosi e inefficaci contro la volontà del popolo”.
Anche
noi, come Il WCH, siamo convinti che i popoli abbiano il diritto di decidere su
ciò che riguarda la vita e la salute.
Non
dobbiamo permettere all’OMS (ovvero a Bill Gates, Big Pharma e
l’amministrazione Usa e UE) di controllare l’agenda sanitaria mondiale, imporre
la sorveglianza biologica, esautorare Stati e governi.
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