LA SCHIAVITU' alla CINESE.

LA  SCHIAVITU' alla CINESE.


I “gulag cinesi”: una storia

di schiavitù moderna.

Insideover.ilgiornale.it - Elena Pompei – (12 OTTOBRE 2019) – ci dice:

 

Il 22 settembre abbiamo visto festeggiarsi in pompa magna i 70 anni della Repubblica Popolare Cinese, quando la parata più grande mai dispiegata dal governo ha marciato per ottanta minuti sulle strade di Pechino.

 Ma nel 1949, all’alba del regime di Mao Zedong, nasceva anche il segreto meglio tenuto della storia contemporanea: i Laogai.

Ispirato dall’esperienza dei Gulag sovietici, nel 1950 Mao Zedong dà vita ai primi Laogai, campi di lavoro e di rieducazione progettati per sfruttare la manodopera dei “nemici del regime”.

In queste strutture, uomini e donne reclusi senza processo erano sottoposti a lavori forzati e torture, lavaggio del cervello, fame e condizioni igieniche inumane.

 

Settant’anni dopo, i Laogai sono ancora attivi, evoluti e moltiplicati.

L’ultimo dato disponibile della “Laogai Research Foundation” attesta il numero dei campi attualmente attivi sul suolo cinese ad oltre 1500, ed il conteggio delle vittime – fermo all’epoca maoista – ad oltre 27 milioni di persone.

Molte delle informazioni sui laogai provengono da Harry Wu, un uomo che dopo aver speso 19 anni in un campo di lavoro è fuggito negli Stati Uniti e ha fondato la “Laogai Research Foundation”, accogliendo e dando supporto alle centinaia di sopravvissuti dispersi in giro per il mondo.

Wu sostiene che dal 1949 alla metà degli anni Ottanta si debbano contare almeno 50 milioni di prigionieri, e che il numero dei detenuti si aggira intorno agli otto milioni.

 Harry, detenuto in 12 diversi campi nel corso dei suoi quasi vent’anni di prigionia, ha raccontato di esecuzioni capitali, traffico di organi, orari lavorativi sfiancanti e una giustizia arbitraria, se non assente.

A seguito delle forti proteste di Harry Wu e degli altri sopravvissuti, i laogai in senso stretto sono stati formalmente aboliti dalla Corte Suprema cinese nel 2013, assieme alla politica del figlio unico;

 tuttavia, le testimonianze più recenti affermano che, oltre le formalità, i laogai restano la forma di prigionia privilegiata in Cina.

 I campi di rieducazione al lavoro, però, non sono più da tempo riservati a dissidenti o criminali; nei Laogai ci finisce anche chi è un imprenditore, perché considerato un oppositore di destra.

Ci finisce chi ha deciso di infrangere la regola dei due figli.

Ci finisce chi fa parte di un ordine religioso o di una minoranza, siano essi musulmani, cristiani o cattolici.

 

Sabrina Wu, religiosa appartenente ad un ordine protestante e rifugiata politica in Italia, afferma che “solo nel 2018, almeno 23.567 membri della Chiesa sono stati perseguitati direttamente dalle autorità, e più di 10mila persone sono state arrestate”.

Sabrina, fuggita con alcune consorelle a seguito della persecuzione, sostiene che sono almeno 500mila i cristiani costretti ad espatriare, e che solo in Italia ci sono 854 richiedenti, “ma solo il 10% ha ottenuto l’asilo”.

Nel 2019, il ruolo dei Laogai rimane fondamentale per lo Stato cinese.

 Essi servono senz’altro a perpetuare la macchina dell’intimidazione contro gli oppositori politici, ma sono ancor più necessari perché i prigionieri costituiscono un’inesauribile forza lavoro a costo zero.

Nei Laogai si producono beni che vengono poi importati in tutto il mondo, una realtà che già nel 2004 era emersa violentemente, tanto da spingere alcuni parlamentari europei a chiedere alla Commissione di andare a fondo della natura degli scambi commerciali con la Cina.

 Solo nel 2007 la Commissione europea ha potuto affermare che “su ogni bene esportato la Cina deve dare garanzia scritta che non è prodotto nei Laogai e, in mancanza di quest’assicurazione, la Commissione deve proibirne l’importazione nell’Ue”.

È evidente, però, che a tredici anni di distanza questo non può bastare.

Non possiamo più usare la scusa dell’indifferenza: finché l’Occidente accetterà prodotti fabbricati in Cina, i Laogai continueranno ad esistere e, per tornare alle parole di Wu, a fabbricare “due generi di cose: i prodotti e gli uomini”.

 

 

Molti si chiedono se sia meglio

la schiavitù Usa o quella cinese.

Io sono per la libertà.

Ilfattoquotidiano.it – Diego Fusaro – (28 settembre 2020) – ci dice:

 

Noto una nutrita serie di persone che, in più ambiti, svolgono un ragionamento di questo tipo: meglio essere schiavi degli Usa che della Cina.

 Lo dicono apertamente: parlano senza remore di una schiavitù, sì, ma preferibile ad altre.

Va detto, invero, che la situazione ideale a cui tendere deve essere la libertà, che sul piano politico si dà anzitutto come sovranità economica e militare.

Ciò detto, ed evitando ora di discutere se sia meglio un regime comunista con strapotenza dello Stato o un regime liberista con strapotenza del privato, non so se si possa – non lo escludo – diventare schiavi della Cina, che per altro non invade i popoli militarmente, ma economicamente.

Si veda, a mo’ di exemplum, quanto sta accadendo in Africa, oggetto di colonizzazione economica cinese.

Una cosa, comunque, è certa: ad oggi siamo schiavi di Washington, non di Pechino.

Le 110 basi militari che occupano il nostro territorio hanno la bandiera a stelle e strisce, non quella rossa stellata.

Quelli che, per paura della eventuale schiavitù cinese, accettano di buon grado quella statunitense (secondo il classico modus con cui si accettava prima del 1989 la schiavitù atlantista per paura di quella sovietica), commettono l’errore degli errori: accettano le catene che hanno, per paura che, dalla loro liberazione, seguano catene ancora più opprimenti.

 Platonicamente, se ne stanno in fondo alla caverna, poiché temono che uscire equivalga a passare a una caverna ancora peggiore.

Io non ho simpatia né per il modello cinese, né – ancor meno, invero – per quello americano (talmente subdolo da presentarsi come regno della libertà; se non altro quello cinese è oggetto di aperte critiche).

Dico però quanto segue, in attesa di una confutazione, che sarà bene accetta:

so, ovviamente, che difficilmente arriveranno, perché i più replicheranno con la pancia e con le emozioni, spostando altrove l’asse della discussione (e, per ciò, non meriteranno risposta, ma solo una placida e composta commiserazione):

 come sapeva Machiavelli, non si può essere liberi e sovrani senza disporre delle milizie e della moneta.

La prima cosa è negata da Washington (non da Pechino), la seconda da Bruxelles (non da Pechino).

Ora, è evidente che il nemico principale non può essere Pechino, per le suddette chiarissime ragioni.

Anzi, se si torna sovrani monetariamente e militarmente si potrà anche eventualmente resistere ai tentativi di aggressione economica di altri Paesi, Cina compresa, utilizzando la sovranità economica come via per evitare di competere con la Cina stessa (competere con la Cina significa precipitare nell’abisso senza ritorno e, di fatto, lasciarsi conquistare economicamente).

 Come? Proteggendo la propria produzione, tutelando i propri lavoratori.

Per farlo, però, ripeto, occorre riconquistare la propria sovranità, cioè liberarsi dal giogo di Washington e di Bruxelles.

Se non si capisce questo, è inutile discutere.

E resterà solo il discorso, superficiale e magari emotivo, di chi, con vuota profondità, dice “meglio gli Usa della Cina”, “meglio schiavi di Washington che di Pechino”.

Chi non vuole essere schiavo di nessuno, sa bene che il primo passo da compiere è liberarsi dei padroni reali, anziché accettarli per paura di eventuali padroni futuri.

Ergo, riconquistiamo la sovranità militare ed economica e, su queste basi, difendiamo l’interesse nazionale italiano, tutelando la nostra cultura, il lavoro e i prodotti.

 

 

 

"L'intero paese è una

 moderna schiavitù".

 Un'intervista a Ji Hyun Park.

Freedomunited.org - Ji Hyun Park – (5 agosto 2022) – ci dice:

 

Pochi riescono a sfuggire all'orribile regime totalitario della Corea del Nord.

Ma, in circostanze impossibili, Ji Hyun Park è scappato due volte, sopportando un viaggio decennale verso la libertà.

La violenza e la paura sistematiche inflitte dal governo della Corea del Nord al suo popolo sono note grazie al coraggio di disertori come Park che hanno rischiato la vita in fuga dalla Corea del Nord.

Ji Hyun Park è una celebre autrice, attivista e attivista per i diritti umani della Corea del Nord con sede nel Regno Unito.

 Lavora per aumentare la consapevolezza delle violazioni sistematiche dei diritti umani nel paese, inclusi il lavoro forzato, la detenzione arbitraria e la tortura.

Ci siamo seduti con Park per esplorare com'è la vita all'interno della Corea del Nord oggi.

Fai un lavoro incredibile a sostegno dei rifugiati nordcoreani che hanno avuto esperienze simili alla tua e sei un attivista vocale che fa campagna per i diritti umani di tutti i nordcoreani.

Puoi darci una panoramica del tipo di lavoro che stai facendo e quali sono le tue speranze per il futuro?

Nel Regno Unito ci sono circa 700 rifugiati nordcoreani. Hanno anche vissuto come me, ma non molte persone parlano.

Uno dei motivi per cui una persona potrebbe non essere in grado di condividere le proprie esperienze è dovuto a problemi linguistici.

Come me quando sono arrivato nel Regno Unito 14 anni fa – non parlavo affatto inglese, quindi non capivo la cultura inglese e quello che le persone dicevano e chiedevano [a noi], quindi è stato molto difficile.

 

Il mio primo progetto è stato insegnare l'inglese ai rifugiati nordcoreani.

 È iniziato nel 2016 e lo faccio ancora adesso. Ho incontrato molte persone da tutto il mondo: ONG, studenti universitari e anche politici.

 Ma molte persone non capiscono le questioni relative ai diritti umani della Corea del Nord, in particolare la tratta di esseri umani e la schiavitù moderna.

Ho pubblicato un libro su queste esperienze e questo è anche il mio lavoro futuro: pubblicare voci nordcoreane.

Voglio anche continuare ad aiutare i rifugiati con competenze linguistiche nel Regno Unito e anche sostenere [i rifugiati] con problemi di salute mentale perché molte persone affrontano ancora traumi e non sanno come risolverlo.

 Quindi mi piacerebbe vedere programmi di salute mentale forniti anche in futuro.

Quando hai deciso per la prima volta di fuggire dalla Corea del Nord? Quali condizioni ti hanno spinto a prendere quella decisione e come sei riuscita a scappare?

La mia prima fuga è stata nel 1998.

Non conoscevamo il termine "diritti umani" e non avevamo mai sentito parlare della” Dichiarazione universale dei diritti umani “perché la Corea del Nord ha tagliato le informazioni dall'esterno del paese.

Questo non ci ha mai raggiunto poiché la Corea del Nord è un paese dittatura.

Ma non lo capivamo quando vivevo in Corea del Nord perché il governo ci diceva sempre che la Corea del Nord è il paese più grande del mondo, non solo in Asia, e il socialismo è fantastico.

Ci è stato detto che in paesi come la Corea del Sud e l'America ci sono molti senzatetto, le persone non sono libere di accedere all'istruzione o agli ospedali.

In confronto a ciò, credevamo che la Corea del Nord fosse un grande paese.

Il governo nordcoreano non ha mai menzionato i diritti umani o le libertà, niente del genere è stato menzionato. Quindi non lo sapevamo.

 Il governo ci dava riso ogni mese, che era una quantità diversa ogni volta. Credevamo che il nostro governo fosse davvero un grande leader mondiale.

Ma negli anni '1990, il governo ha interrotto il nostro cibo e la gente ha iniziato a morire di fame. Nel 1994 c'è stata una carestia.

Abbiamo visto molti cadaveri per strada ei nostri parenti sono morti davanti a noi. Mio zio è morto di fame davanti a me. Anche mio padre era malato ma il governo non ci ha dato né riso né medicine.

Nel 1998, molte persone come me hanno cercato di fuggire dalla Corea del Nord perché avevano bisogno di cibo in Cina.

 Volevano sopravvivere.

A quel tempo non capivamo la libertà ma volevamo sopravvivere. Ecco perché sono dovuto scappare dalla Corea del Nord.

A quel tempo al confine tra Corea del Nord e Cina non c'era una recinzione, quindi le persone potevano attraversare il confine ma c'era il rischio che fossimo visti dai soldati che ci avrebbero sparato immediatamente.

Sono scappato nel mezzo di una fredda notte di febbraio. Il fiume era ghiacciato. Quando ho attraversato a metà strada, i soldati nordcoreani hanno iniziato a urlare contro di noi e a sparare con i loro fucili.

 Ma sono sopravvissuto e ho attraversato la zona di confine.

Una volta in Cina, contrabbandieri e trafficanti attendevano nelle zone di confine per rapire le donne e le ragazze.

 

 Com'è stata quell'esperienza di attraversare il confine con la Cina? Come ti sei ritrovato ancora una volta in Corea del Nord?

La prima volta che sono scappato e sono arrivato in Cina, ho notato che c'erano molte persone che vivevano nelle zone lungo il fiume.

Quando ho attraversato il confine ho trovato una casa e ho bussato alla porta. Mi hanno fatto entrare e mi hanno dato da mangiare: riso bianco, uova e carne.

Questa è stata una vera sorpresa per me perché ho appreso [in Corea del Nord] che la Cina era un paese molto povero e anche il popolo cinese era davvero affamato.

Ma questa persona viveva in una casa con luci e televisione.

Avevano riso, carne, uova. È stata una sorpresa per me come la mia prima esperienza in Cina.

Poi questa persona mi ha detto che il loro posto non è sicuro perché potevamo già sentire gli spari sul lato del confine con la Corea del Nord.

Abbiamo rischiato che la polizia cinese venisse a cercarci la mattina presto e poi ci rimandasse in Corea del Nord.

Questo è stato un momento davvero orribile e spaventoso. Questa persona mi ha detto che aveva un amico in una zona della città, quindi lo ha contattato per chiedergli di aiutarci a partire.

Il suo amico è arrivato e ci siamo trasferiti in un altro posto, ma questa persona era in realtà un trafficante di esseri umani e mi ha venduto a un cinese.

Ho trascorso sei anni in Cina e ho avuto un figlio. Ma da bambino era apolide perché io ero nordcoreano, quindi il governo cinese non gli ha mai dato un'identificazione.

Poiché mio figlio era apolide, non poteva andare in ospedale o a scuola. Dopo sei anni in Cina, qualcuno mi ha denunciato alla polizia cinese e una notte le autorità cinesi sono venute a casa mia e mi hanno arrestato e rimandato in Corea del Nord.

Un accordo firmato tra Cina e Corea del Nord afferma che la Cina non riconoscerà i nordcoreani fuggiti come rifugiati.

Ecco perché il governo cinese rimanda ancora i nordcoreani in Corea del Nord.

 I cittadini cinesi possono essere pagati dalle autorità per denunciare i nordcoreani.

Così sono stato rimandato indietro e sono stato separato da mio figlio di cinque anni.

 Lui è rimasto in Cina e io sono stato mandato in Corea del Nord.

Il governo cinese afferma che i nordcoreani sono migranti illegali, non rifugiati. Ecco perché i nordcoreani non sono mai al sicuro in Cina.

Per coloro che vengono sorpresi mentre tentano di scappare, cosa succede quando vengono riportati in Corea del Nord?

Quando veniamo rimandati in Corea del Nord, veniamo mandati come criminali "antisocialisti".

 Molte persone che scappano dalla Corea del Nord vogliono solo trovare cibo e vogliono sopravvivere.

Ma le autorità nordcoreane non lo riconoscono, dicono solo che sono criminali. Ecco perché finiamo in detenzione.

 Siamo torturati, imprigionati e puniti.

Molte persone scappano in primo luogo per motivi economici, ma quando vengono rimandate in Corea del Nord vengono trattate come se partissero per motivi politici.

Il governo nordcoreano ci pone tre domande: hai incontrato sudcoreani in Cina? Hai visitato una chiesa? E abbiamo tentato di raggiungere la Corea del Sud?

Quindi queste sono tutte questioni politiche. Perché la Corea del Nord non ha mai ammesso chiese o religioni all'interno della Corea del Nord e la Corea del Sud è ancora un nemico in Corea del Nord.

Ci hanno mandato in un campo di concentramento e ci siamo rimasti. Le donne incinte che vengono rimandate in Corea del Nord sono soggette ad aborti forzati perché il governo nordcoreano non accetterà quel bambino.

Quindi uccidono questi bambini non ancora nati.

Dopo essere state sottoposte a questo, le donne sono costrette ai lavori forzati in montagna.

 Alcune donne non si riprendono dal punto di vista medico dalla procedura di aborto e finiscono per morire.

È indicibile che questo stia accadendo all'interno della Corea del Nord e che oggi esistano sistemi di campi di detenzione.

Il lavoro forzato è un elemento chiave del sistema totalitario della Corea del Nord. Puoi spiegare come il lavoro forzato sia così diffuso e qual è la realtà per le persone che vivono oggi in Corea del Nord?

In Corea del Nord si dice che non ci sia nulla da invidiare e che tutti siano uguali. Ma in realtà le persone lavoravano per salari molto bassi o per niente. Anche il lavoro minorile è un problema.

I bambini iniziano a scuola all'età di sette anni e dopo la scuola, di solito lavorano in aree agricole, in montagna o puliscono strade e scuole per alcune ore.

 Dall'età di 13 anni in poi sono costretti a intraprendere più lavoro in autunno e primavera lavorando in diverse fattorie.

A 17 anni, ragazzi e ragazze dovrebbero entrare nell'esercito.

Questo è davvero terribile e scioccante. Anche le donne si svegliano presto al mattino e sono costrette a lavorare in montagna, strade e fattorie.

Questo è tutto lavoro forzato all'interno della Corea del Nord, ma molte persone non riescono a immaginare come sia.

 Il lavoro forzato dei nordcoreani avviene anche all'estero in altri paesi come Russia, Cina e alcuni paesi europei.

Queste persone lavorano in condizioni davvero difficili ma non ottengono il loro intero stipendio, ricevono solo il 10% circa del loro stipendio e il resto è trattenuto dal governo nordcoreano.

 L'intero paese è una forma di schiavitù moderna.

Alla fine sei arrivato nel Regno Unito. Com'è stata quell'esperienza?

Quando ero in un campo di lavoro nordcoreano, le condizioni erano indicibili. Questi campi in Corea del Nord sono come un 21st olocausto del secolo.

Lavoravo nel campo senza scarpe, a piedi nudi nelle zone di montagna facendo lavori pesanti.

Ho avuto un grave problema alla gamba e sono quasi morto in quel campo di prigionia.

Mi hanno rilasciato e mi hanno detto che non potevo morire all'interno del campo. Sono stato fortunato a sopravvivere fuori dal campo.

Avevo perso tutti i membri della mia famiglia, mio ​​figlio in Cina era la mia unica famiglia. Ho sempre parlato di ritrovare mio figlio ancora una volta e di costruire il suo futuro.

Quel pensiero mi ha dato forza e mi ha aiutato a sopravvivere in Corea del Nord.

Le mie condizioni sono migliorate un po' e hanno dovuto rimandarmi in Cina, non avevo scelta.

Non avevo soldi e il confine con la Cina era molto controllato, quindi non potevo scappare di nuovo da solo. Ma volevo ricongiungermi con mio figlio, quindi sono stato aiutato da un trafficante a portarmi in Cina.

Siamo arrivati ​​in Cina con cinque persone tra cui una ragazza, un uomo anziano e un altro uomo.

Noi cinque siamo scappati ma il secondo uomo ha rinunciato al suo viaggio a metà strada perché si è ammalato.

Abbiamo continuato a camminare e siamo arrivati ​​in Cina. Ma molte persone in Cina stanno tenendo d'occhio per denunciare i nordcoreani.

 Abbiamo attraversato zone di montagna ed è stato davvero difficile per me perché la gamba mi faceva ancora male ma non l'ho detto ai trafficanti e ho continuato a camminare.

Il viaggio è stato davvero doloroso ed è stato un viaggio lungo, lungo. Quando siamo arrivati, il trafficante non mi ha venduto perché avevo salvato la vita alla sua famiglia in Corea del Nord, quindi mi ha rilasciato e poi sono andato a cercare mio figlio.

Quando ho finalmente incontrato mio figlio, sono rimasta scioccata. Era come un bambino di strada.

La famiglia di suo padre non si era presa cura di lui perché ero stato rimandato in Corea del Nord.

 È stato sostanzialmente abbandonato. Non si sono mai preoccupati di lui.

È stato davvero straziante per me. Ma quando ho tenuto mio figlio in braccio è stato un momento fantastico.

Nel 2007 un pastore americano-coreano ci ha aiutato e nel 2008 siamo sbarcati nel Regno Unito. Il mio viaggio di libertà è stato un viaggio di 10 anni dal 1998 al 2008.

C'è qualcosa che pensi che il Regno Unito e la comunità internazionale potrebbero fare per sostenere le persone che sono fuggite dalla Corea del Nord e quelle sottoposte al lavoro forzato oltre i confini della Corea del Nord?

La schiavitù moderna e la tratta di esseri umani sono ancora un problema nel Regno Unito In qualità di attivista per i diritti umani e membro del partito conservatore – mi sono candidato alle elezioni locali nel 2021 e nel 2022 – continuo ad alzare la voce e dire al governo cosa sta succedendo nel Regno Unito e tutto il mondo.

 Ecco perché le voci dei sopravvissuti sono davvero importanti al giorno d'oggi.

Anche l'istruzione è molto importante. La Corea del Nord è un paese totalitario e le persone vivono una vita di schiavitù.

Dobbiamo continuare a sensibilizzare sulle condizioni di vita delle persone. L'altro problema sono i lavoratori forzati all'estero in Cina, Russia e alcuni paesi europei.

Le persone non riconoscono che questi lavoratori sono in schiavitù, quindi è importante per i paesi in cui viene utilizzato questo lavoro forzato che riconoscano ciò che sta accadendo e salvino queste persone.

Le voci dei sopravvissuti sono così importanti, ma può essere difficile parlare. Siamo fuggiti dalla Corea del Nord e abbiamo trovato la libertà in altri paesi, ma le nostre famiglie sono ancora in Corea del Nord.

Possono essere puniti e sottoposti a violenza all'interno della Corea del Nord.

Molti sopravvissuti non possono parlare perché hanno paura di ciò che accadrà ai loro cari.

Il lavoro di attivismo al di fuori della Corea del Nord può essere ancora molto pericoloso perché non sappiamo se stiamo lasciando noi stessi o i nostri cari aperti agli attacchi.

Ma se la comunità internazionale e le ONG lavorano con noi, allora possiamo alzare la voce insieme. Questo mi dà speranza.

 

 

 

La Catena Totalitaria: Incidenti stradali,

Green, Green Pass, Microchip, Contante.

 

Conoscenzealconfine.it – (29 Novembre 2022) - Manlio Lo Presti -ci dice:

 

Le masse devono essere terrorizzate, ma non al punto da far collassare il “sistema”.

Le popolazioni devono essere continuamente bombardate da telegiornali che hanno lo scopo di abituare lentamente alle mutazioni sociali, inizialmente ignobili poi gradualmente plausibili e “normali”. Da qualche settimana abbiamo una nuova ondata. Poi ci sono troppi morti per incidenti stradali. Nulla di nuovo se la gente muore per le strade. Ma desta sospetto l’ampiezza dell’esposizione mediatica.

Anche se siamo abituati a ricevere notiziari che lanciano informazioni a grappolo. Si argomenta un evento per volta, esagerandone e drammatizzandone la portata.

I fattori di morte, che è consentito trattare perché buonisti ed ecologico-sostenibili, sono l’inquinamento, l’incertezza economica, la diffusione di malattie fra gli anziani per i quali “si paventa” il ricorso alla eutanasia per ucciderli tutti.

 Si nota una sorta di “loquacità” sull’aggravio dei costi generato dagli anziani, come da coloro che hanno malattie rare.

Allo stesso tempo, sussiste un totale silenzio per le morti causate dagli effetti avversi da vaccini.

Nessuno degli organi di informazione diffonde statistiche complete sui danni che colpiscono i vaccinati che non sono ancora morti.

 Non ci sono dati che quantificano il numero dei morti come di quelli colpiti da dissesti fisici, da effetti collaterali negativi. Un totale silenzio che desta sospetti per la sua impermeabilità.

Contemporaneamente a questa omertà, le catene di informazione diffondono ossessivamente da qualche settimana notizie sui morti per incidenti stradali con la tecnica dell’ingigantimento allarmistico dei fatti, ripetuti a martello per rendere più drammatica l’evidenza.

Si applica metodicamente il quarto principio della guerra: creare un senso di urgenza e di disperazione (Greene, Guerra, Baldini Castoldi, 2006, Pag. 75 e ss). Cifre zero, solo frasi sparate.

Ad eccezione della ricerca di un colosso assicurativo europeo, non viene trattato il tema dei morti per folgorazione: persone che rimangono fulminate durante incidenti stradali a bordo di auto elettriche.

Nessuno ci viene a dire che crescono i dubbi sullo scarso impatto ecologico delle auto elettriche, come riportato dall’articolo del periodico “Politico”: (politico.com/agenda/story/2018/05/15/are-electric-cars-worse-for-the-environment-000660/).

La teologia ecologista, green e con le treccine vieta di raccontare le verità sulle migliaia di bambini che muoiono per contaminazione da estrazione in miniera a mani nude dei materiali utilizzati per la produzione di batterie per il movimento dei veicoli elettrici.

Il grandioso progetto ecologista, sostenibile, mondiale, buonista, inclusivo, non deve avere intralci né battute d’arresto da cosiddetti “danni collaterali”.

Stessa tecnica allarmistica, priva di dati precisi a supporto, è la narrazione ossessiva della guerra russo-ucraina.

 Lampi di notizie cariche di immagini di cui non si conosce la provenienza né la data, con la recente aggiunta del suono delle sirene di coprifuoco per colpire l’immaginazione e il lato emotivo.

Ma nessuna informazione documentata da dati riscontrabili.

Dobbiamo tenere conto che dietro ogni notizia si muovono immensi interessi economici, politici, militari, geopolitici.

 Le masse di denaro investite per qualsiasi decisione sono di una dimensione tale che nulla deve essere casuale, per non rischiare di fare danni economici enormi.

Sulla base di queste considerazioni, ogni notizia è necessariamente falsa o, peggio, parzialmente falsa.

Le masse devono essere terrorizzate, ma non al punto da far collassare il “sistema”.

Le popolazioni devono essere continuamente bombardate da telegiornali che hanno lo scopo di abituare lentamente alle mutazioni sociali, inizialmente ignobili poi gradualmente diventano plausibili e “normali”.

L’allarmismo sugli incidenti stradali è la base per far accettare provvedimenti per l’impianto di microchip sottocutanei per il controllo dei guidatori.

 Per non suscitare timori, essi propongono inizialmente di riservare l’obbligo alle persone che hanno provocato incidenti.

Successivamente verrà allargato alle vittime che sono sopravvissute per controllare la loro reattività sanitaria ed il loro comportamento post traumatico.

Quindi le implicazioni sanitarie richiederanno la graduale estensione totale dell’obbligo di possesso di un “passaporto sanitario”.

Un documento da portare con sé o inserito nel chip della carta di identità elettronica o impiantato sottopelle grazie ad incentivi fiscali o salariali.

È la proposta formulata nell’ultimo G20, formalizzata al punto 23 dell’accordo (whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2022/11/16/g20-bali-leaders-declaration/).

Il testo dice:

"Sosteniamo il continuo dialogo internazionale e la collaborazione sulla creazione di reti sanitarie digitali globali affidabili, come parte degli sforzi per rafforzare la prevenzione e la risposta alle future pandemie, che dovrebbero capitalizzare e costruire sul successo degli standard esistenti e dei certificati digitali COVID-19".

 

Se assumiamo la certezza che, se una notizia fosse vera non te la farebbero sapere e che a pensar male si fa certo peccato ma difficilmente ci si sbaglia, è molto probabile la concatenazione totalitaria sia stata preparata con cura.

 Hanno iniziato con le pandemie e proseguito con il green sostenibile-giusto-politicamente corretto.

 Ed ancora continuano con l’imposizione delle teologie immigrazioniste collegate al pacifismo fondato esclusivamente sulla russofobia e sull’odio anticinese.

Promuovono ecologicamente cibo fatto di insetti e cavallette accompagnato da cibo sintetico prodotto da macchinari in 3D.

Infine, nel solerte rispetto delle tutele anti-pandemiche, tutti gli umani saranno persuasi/obbligati alla detenzione del passaporto sanitario come documento a sé stante, poi incorporato nella carta d’identità elettronica europea e successivamente inserito in un dispositivo elettronico impiantato sottopelle.

Quale sarà lo scenario possibile?

 Con l’insorgere di frequenti interruzioni di corrente saremo privati di tutto, dei nostri soldi che saranno bloccati, dei trasporti pubblici e privati, della sicurezza anticrimine.

L’elevazione del contante continuerebbe a far funzionare l’economia senza bloccarla totalmente.

L’Italia l’aveva capito subito.

Ma come prevedibile, sono intervenuti i soliti poteri per bloccare la proposta riportandolo alla metà dell’importo di € 10.000, lasciando il nostro Paese sotto eterno scacco.

 Infrangendo liberamente i regolamenti comunitari, la Germania invece sta tutelando i propri interessi accumulando tonnellate di banconote: (globalist.it/economy/2022/11/15/la-germania-aumenta-i-piani-di-emergenza-in-contanti-per-far-fronte-al-blackout-ecco-cosa-significa/) per impedire l’interruzione del processo economico in caso di blocchi energetici sempre più ricorrenti.

Questa è l’Europa del doppiopesismo, del “si salvi chi può”. Il cerchio totalitario si chiude.

 È l’astenia cognitiva Bellezza!

(Manlio Lo Presti - lapekoranera.it/2022/11/23/la-catena-totalitaria-incidentistradali-green-greenpass-microchip-contante/)

 

 

 

"Boicottate le fabbriche di schiavi in Cina", l'appello

 ai grandi marchi della moda.

Europa.today.it – Alfonso Bianchi – (25 luglio 2020) – ci dice:

 

Ong puntano il dito contro Pechino: “Oltre un milione di persone in campi di detenzione e lavoro forzato”.

Colpita soprattutto la minoranza uigura.

Le denunce collegate a big come Adidas, H&M, Lacoste, Nike, Ralph Lauren e Zara.

 

Manifestazione contro le discriminazioni degli uiguri.

In Cina, nella regione autonoma Uigura dello Xinjiang, le piantagioni di cotone e le fabriche tessili sfruttano la manodopera forzata degli uiguri, la minoranza musulmana accusata di separatismo da Pechino.

 È la denuncia che arriva dalla Clean Clothes Campaign - Campagna Abiti puliti in un appello sottoscritto settantadue gruppi impegnati nella difesa dei diritti degli uiguri, insieme ad oltre 100 organizzazioni, in cui chiedono ai grandi marchi della moda di interrompere tutti i rapporti con le fabbriche che sarebbero responsabili di questo crimine.

I marchi coinvolti.

Secondo la denuncia quasi l'intero settore dell'abbigliamento, compresi marchi come Adidas, H&M, Lacoste, Nike, Ralph Lauren e Zara, sarebbe collegato a casi specifici di lavoro forzato nella regione.

Come affermano i responsabili della campagna in una nota, il governo cinese avrebbe imprigionato dagli uno agli 1,8 milioni fra uiguri e turco musulmani in campi di detenzione e lavoro forzato in quello che sarebbe, se vero, il più grande internamento di una minoranza etnica e religiosa dalla seconda guerra mondiale.

Secondo gli attivisti elemento centrale della strategia del governo per dominare il popolo uiguro sarebbe proprio un vasto sistema di lavoro forzato, che colpisce fabbriche e fattorie nella regione e in tutta la Cina, sia all'interno che all'esterno dei campi di internamento.

Le accuse di Usa e Regno Unito.

Denunce simili sono arrivate in questi giorni dagli Stati Uniti di Donald Trump e dal Regno Unito di Boris Johnson, il cui ministro degli Esteri, Dominic Raab, ha parlato anche di "sterilizzazioni forzate" e di pratiche che "ricordano qualcosa che non si vedeva da molto tempo".

Pechino ha risposto affermando che si tratterebbe invece di “bugie” e “accuse infondate”.

Momento di agire.

“È arrivata l'ora per i marchi, i governi e gli organismi internazionali di agire concretamente: basta vuote dichiarazioni.

Per porre fine alla schiavitù e agli abusi nei confronti delle popolazioni Uigure, Kazake e turco musulmane da parte del governo cinese, i marchi devono garantire che le loro catene di fornitura non siano collegate a queste atrocità", ha dichiarato Jasmine O'Connor Obe, amministratrice delegata di Anti-Slavery International.

Obe ha sottolineato che "l'unico modo per assicurare che non traggano profitto da questo sfruttamento è abbandonare la regione e terminare ogni tipo di relazione con i fornitori che sostengono questo sistema".

Le testimonianze.

Le associazioni hanno raccolto varie testimonianze di vittime di tale sfruttamento, tra cui quella di Gulzira Auelkhan, donna kazaka detenuta in un campo di internamento e poi costretta al lavoro forzato in una fabbrica:

"La fabbrica di vestiti non era diversa dal campo di internamento. C'erano polizia, telecamere, non potevi andare da nessuna parte".

Gli attivisti avvertono che i principali marchi della moda rafforzano esponenzialmente il proprio potere economico e presenza sul mercato, incrementando i profitti approfittando di questa situazione.

 

 

L'esperto Onu accusa la Cina:

minoranze etniche ai lavori forzati.

Collettiva.it – redazione – (17/08/2022) – ci dice:

La riduzione in schiavitù degli Uiguri avverrebbe nella regione nord-occidentale dello Xinjiang, già sotto i riflettori per accuse di genocidio.

Pechino nega tutto.

Ai lavori forzati, fino alla riduzione in schiavitù.

Sarebbe questo il destino delle minoranze etniche nella regione nord-occidentale cinese dello Xinjiang, già sotto i riflettori per le accuse di genocidio ai danni degli uiguri.

 A dirlo è un dossier curato dall’esperto di schiavitù moderne, Tomoya Obokata, il quale si concentra su due distinti sistemi previsti dallo Stato.

 Il primo è quello che prende in considerazione i centri di rieducazione, che Pechino definisce “centri di trasformazione vocazionale” per il reinserimento sociale di estremisti religiosi o terroristi, dove i detenuti sono soggetti a tirocini;

il secondo sarebbe, invece, un meccanismo di riduzione della povertà attraverso un trasferimento di manodopera che riguarda principalmente i lavoratori delle aree rurali, spostati ad altre occupazioni, in particolare nell'industria manifatturiera.

Questi programmi possono “creare opportunità di lavoro” e “aumentare i redditi” delle fasce più povere, spiega il relatore, ma allo stesso tempo, l’entità dei poteri esercitati sui lavoratori “può in alcuni casi, equivalere a schiavitù”.Tra i metodi coercitivi praticati contro i dipendenti vengono segnalate le restrizioni di movimento fino all'internamento, le minacce, le violenze fisiche o sessuali e altre pratiche definite degradanti.

 Un sistema simile a quello in uso nello Xinjiang, evidenzia il rapporto, sarebbe in vigore anche in Tibet – come emerso già in un altro studio risalente al 2020 – e ha portato molti agricoltori e allevatori a essere impiegati nella manodopera a basso costo.

I relatori speciali, come Obokata, sono esperti indipendenti in vari campi nominati dal “Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite”, ma non parlano a nome dell’agenzia dell'Onu.

 Lo Xinjiang, dove vive la minoranza uigura, di fede musulmana, è da anni sotto i riflettori per le violazioni dei diritti umani da parte del governo cinese.

 Secondo rapporti del 2017, almeno un milione di persone sono detenute nei “centri di trasformazione vocazionale”, ma contro il governo sono state mosse accuse anche più gravi.

Pechino ha sempre negato le accuse di violazione dei diritti umani e difeso le misure messe in atto come necessarie per il contrasto ai "tre mali", ovvero il separatismo, l'estremismo religioso e il terrorismo.

Anche in questo caso il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha respinto tutte le accuse affermando che il relatore speciale ha usato il suo potere per “diffamare in modo palese la Cina e agire come uno strumento politico delle forze anti-cinesi.

Non c’è mai stato il lavoro forzato nello Xinjiang", ha detto Wang in una conferenza stampa a Pechino: “Il governo cinese segue un approccio centrato sulle persone. Prestiamo grande attenzione alla tutela dei diritti e degli interessi dei lavoratori”.

 

 

 

Serbia: la fabbrica cinese è

un lager per i lavoratori vietnamiti.

It.euronews.com – Redazione – (20/11/2021) -ci dice:

Hanno firmato un contratto che gli prospettava una vita migliore, sono partiti speranzosi, poi si sono trovati all'inferno.

In Serbia gli attivisti per i diritti umani puntano il dito contro una fabbrica cinese di pneumatici situata a Zrenjanin;

qui un gruppo di lavoratori, per lo più vietnamiti, vive in condizioni prossime alla schiavitù.

 Miso Zivanov, attivista dell'ONG Zrenjanin Action denuncia che si sta assistendo

"A una violazione dei diritti umani perché i lavoratori vietnamiti vivono in condizioni terribili. I loro passaporti e le loro carte d'identità sono stati ritirati dai datori di lavoro cinesi. Sono qui da maggio di quest'anno e hanno ricevuto solo uno stipendio."

Lavoratori vietnamiti sono in stato di semi-schiavitù.

Vivono in baracche, senza un giaciglio, senza acqua calda, senza riscaldamento. Quando si ammalano nessuno li visita anche se sviluppano i sintomi del Covid-19 e tornare in Vietnam non è possibile senza documenti.

I datori di lavoro negano che la fabbrica sia una specie di lager e affermano che i dipendenti saranno pagati in base alle ore lavorate.

L'imbarazzo delle autorità locali.

L'imbarazzo delle autorità locali è enorme dato che la Cina ha finanziato importanti infrastrutture in Serbia uno dei maggiori spot commerciali in Europa per Pechino.

Il presidente conservatore serbo Aleksandar Vucic ha detto chiaro che le autorità cercheranno di aiutare i lavoratori vietnamiti senza deludere gli investitori perché letteralmente, ha detto, è un lavoro "molto duro attrarli in Serbia".

Non solo condizioni di lavoro impossibili ma anche timori ambientali: attivisti verdi hanno denunciato che il progetto della fabbrica di pneumatici non rispetta gli standard ambientali europei.

 

 

 

L'espansione cinese nei Balcani.

Relazioni in bilico tra Montenegro e Ue.

It.euronews.com - Debora Gandini – (08/06/2021) – ci dice:

 

Niente soldi, niente aiuti.

L’Unione europea ha deciso che non contribuirà a rifinanziare i debiti del Montenegro che nel 2014 si indebitò con la Cina per un miliardo di dollari per costruire una lunga autostrada che avrebbe attraversato il paese.

 

Dopo sei anni l’infrastruttura, ad opera della “China Road and Bridge Corporation”, non è ancora stata completata.

 Il governo montenegrino aveva chiesto aiuto a Bruxelles per limitare la possibilità che uno stato molto vicino all’Unione, e candidato a farne parte, sia finanziariamente dipendente da Pechino.

Podgorica firmò un accordo con la banca cinese ExIm per finanziare l'85% del costo dell'autostrada.

La prima sezione di 41 chilometri, un quarto della lunghezza totale, è costata 20 milioni di euro al chilometro, rendendola una delle infrastrutture più care al mondo.

Ora lo stop.

In bilico le relazioni tra UE e paesi balcanici.

Secondo il Professore Vuk Vuksanovic del Centro per la Politica di Sicurezza di Belgrado si tratta di un duro colpo strategico sia per il peso che l’Europa ha nella regione sia perché la credibilità si ridurrà in modo significativo nei principali paesi balcanici.

Molti hanno criticato la cooperazione tra il Montenegro e la Cina ma Bruxelles non sta facendo molto per limitare l'influenza cinese.

 "L’Ue nutre preoccupazioni sugli effetti socioeconomici e finanziari di alcuni investimenti cinesi perché c’è il rischio di squilibri macroeconomici e dipendenza dal debito.”

Da tempo la Cina sta cercando di ampliare la propria influenza sulla zona orientale dell’Europa, soprattutto attraverso i Balcani occidentali (Montenegro, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Albania e Macedonia del Nord), che non fanno parte dell’Unione Europea ma anche tra alcuni stati membri.

Il Paese detiene un quarto del debito del Montenegro.

In caso di insolvenza, i termini del contratto danno a Pechino il diritto di accedere alla terra montenegrina come garanzia. La posta in gioco è principalmente geopolitica.

Negli ultimi anni la Cina ha iniziato una nuova fase di espansione della sua economia.

Rafforzata ora anche dal fatto che L'Ungheria è diventato il primo Paese europeo ad approvare il vaccino sviluppato da “CanSino Biologics”, un'azienda cinese attiva nel settore della farmaceutica.

 

 

 

Vigevano, lavoratori schiavi:

15 ore al giorno e paghe irrisorie.

Arrestati 3 imprenditori cinesi.

Ilgiorno.it- Redazione – (11 ottobre 2022) – ci dice:

 

Le ditte, di proprietà di cittadini cinesi, operano nel settore calzaturiero: i dipendenti costretti a vivere nelle aziende in condizioni igienico-sanitarie precarie.

Vigevano (Pavia) - Turni di lavoro dalle 10 alle 15 ore giornaliere, giorno e notte senza distinzioni, senza pause e senza alcun giorno di riposo.

 I militari della Guardia di Finanza del Gruppo di Pavia e della Compagnia di Vigevano hanno eseguito tre misure di custodia cautelare in carcere a carico degli amministratori di fatto di tre ditte individuali che operano nel settore calzaturiero del territorio della Lomellina, tutti di nazionalità cinese.

 Dovranno rispondere di intermediazione illecita e caporalato a carico dei dipendenti, tutti cinesi.

Gli operai vivevano all'interno degli spazi nei quali lavoravano, in condizioni igienico-sanitarie assolutamente precarie, senza riscaldamento e senza letti adeguati.

Le tre ditte operavano mediante prestanomi al fine di nascondere che a dirigere le attività fossero gli arrestati che, in occasione di controlli da parte di diversi enti statali, dissimulavano il loro ruolo spacciandosi anche per semplici impiegati per altro in difficoltà con la lingua italiana.

Le aziende, tra l'altro, cambiavano spesso denominazione, titolare, ragione sociale e partita Iva con l'obiettivo di rendere più difficili i controlli.

Le Fiamme Gialle hanno accertato che ai lavoratori venivano corrisposti compensi irrisori e comunque molto al di sotto di quelli fissati dai contratti collettivi di lavoro.

 Inoltre non venivano pagati a ore lavorative ma a "cottimo", vale a dire per pezzi prodotti o lavorati:

una condizione che li spingeva ad aumentare la quantità a scapito della qualità di quanto prodotto.

Il perdurante stato di bisogno poi assicurava ai caporali il loro silenzio.

 

 

 

 

 

 

La Cina ratifica due convenzioni

contro il lavoro forzato.

Valori.it – Flavia Brunetti – (12.05.2022) – ci dice:

 

L'ILO ha accolto con favore la decisione sul lavoro forzato da parte della Cina, ma rimangono preoccupazioni per la vicenda degli uiguri.

(Una manifestazione a supporto degli uiguri e contro il lavoro forzato).

Il Congresso nazionale della Repubblica Popolare Cinese ha ratificato due convenzioni che proibiscono il lavoro forzato.

L’annuncio è stato accolto con favore dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che si dice disponibile a collaborare con il governo cinese per la piena implementazione delle convenzioni stesse e dei principi e diritti fondamentali dei lavoratori.

Esistono infatti otto convenzioni, che riguardano, insieme al contrasto al lavoro forzato, quello al lavoro minorile, nonché la promozione della libertà di associazione e di contrattazione collettiva.

Quattro principi ritenuti fondamentali dai Paesi che aderiscono all’ILO.

Le due convenzioni del 1930 e del 1957.

La Convenzione sul lavoro forzato del 1930 definisce tale pratica come «ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione.

O per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente».

 La successiva Convenzione sull’abolizione del lavoro forzato specifica alcune forme di coercizione: il lavoro come forma di sanzione nei confronti di chi manifesta dissenso politico.

 O come misura di disciplina o di discriminazione. O ancora come metodo di mobilitazione della manodopera ai fini di sviluppo economico.

Sembra impossibile, ma la schiavitù è ancora realtà.

I dati del “Global Estimates of Modern Slavery” indicano che nel 2017 nel mondo erano 40,3 milioni le persone sottoposte a schiavitù moderna.

 Di queste, 25 milioni erano costrette a lavorare e 15 al matrimonio forzato.

Si tratta di un crimine molto diffuso, dunque.

Come noto, anche i Paesi economicamente più sviluppati tendono a perpetuarlo. La maggior parte degli Stati vieta infatti tale pratica.

 Ma non impedisce alle imprese di sfruttare manodopera ovunque nel mondo. Spesso con scarsa attenzione alle condizioni lavorative.

Attribuire la responsabilità ai Paesi in via di sviluppo, in tale contesto, serve solo a scaricarla.

Il “Global Slavery Index della Walk Free Foundationevidenzia alcuni fattori di rischio.

Migrazioni, conflitti, regimi repressivi.

Ma anche discriminazioni, scarsa attenzione all’ambiente e imprese poco etiche.

Dal punto di vista delle singole persone, la vulnerabilità economica spinge a cadere nelle trame del lavoro forzato.

Gli ultimi dati risalgono al 2017. Ma la crisi pandemica – e l’instabilità economica che ne consegue – rischiano di indurre un maggior numero di persone in povertà e a rischio sfruttamento.

Cina: casi e preoccupazioni.

In Cina si stimano 3,8 milioni di vittime, con un’incidenza del 2,8 per 1000.

È utile contestualizzare questo dato: stiamo parlando della seconda economia del mondo per Pil e per esportazioni.

Queste si fondano spesso su produzioni ad alta intensità di lavoro e a basso costo.

Vi sono casi documentati di lavoro forzato nel settore edile, tecnologico, agricolo.

Di estrema importanza è anche il lavoro forzato imposto dallo Stato.

 Il governo ha annunciato nel 2013 l’abolizione del lavoro rieducativo per detenuti. Ma esso continuava a persistere nelle statistiche del 2017.

La ratifica delle convenzioni è quindi oggetto di qualche dubbio.

La Coalizione per la fine del lavoro forzato nella regione uigura teme che possa trattarsi di una scelta di facciata.

Il governo cinese, infatti, continua a negare l’uso sistematico di lavoro forzato a danno di questa minoranza etnica.

Che risulta largamente impiegata nel settore tessile, anche da parte di multinazionali occidentali.

La decisione del governo di Pechino, in ogni caso, rappresenta un passo avanti.

Anche se il lavoro da fare rimane tanto.

Intanto, sono state lanciate campagne come la “End Uyghur Forced Labour”, che hanno adesso un terreno ancora più solido per fare pressione affinché si ponga fine a tale violazione dei diritti umani.

 

 

La linea dura della Cina contro

le proteste: controlli per

scovare app social occidentali.

Hdblog.it – Redazione – (29 Novembre 2022) – ci dice:

 

Man mano che si scava più a fondo in quello che sta accadendo in Cina per via del Covid e dell'approccio zero Covid del governo vien fuori uno spaccato sempre più preoccupante.

 Ieri vi abbiamo raccontato della circostanza, curiosa e di nuovo preoccupante, per cui i tweet di protesta dei cittadini cinesi sono stati subissati da un'enorme quantità di spam, affinché fosse più difficile trovare quei tweet attraverso una ricerca sul social.

Non un caso ma una strategia orchestrata, probabilmente, dal governo per mettere a tacere le proteste.

L'obiettivo sarebbe pure quello di mettere i bastoni tra le ruote ai manifestanti con le maniere forti.

Secondo alcune segnalazioni, parte delle quali dei giornalisti inviati in Cina dagli organi di stampa occidentali, le forze dell'ordine di Shanghai, Pechino e Hangzhou starebbero facendo dei controlli a campione sugli smartphone della gente nei principali snodi del trasporto pubblico o all'ingresso dei centri commerciali cercando app occidentali, quindi Twitter, Instagram o Telegram.

Social occidentali che in Cina sono vietati ma che si possono ottenere attraverso una VPN (qui un approfondimento sulle reti private).

E il punto è proprio questo, la censura: i manifestanti li hanno scelti perché su Twitter e compagnia la censura cinese è un'arma senza punta, ed è facile sia far sapere al resto del mondo cosa sta accadendo che organizzare le proteste.

È stato facile, al passato: da un lato informazione e organizzazione delle proteste sono state impantanate nello spam, dall'altro la polizia di almeno tre metropoli esegue dei controlli a campione sulla gente per verificare che nello smartphone non siano installati social vietati dal governo con cui comunicare e organizzarsi. Chi viene beccato rischia la denuncia con esiti non preventivabili.

 Secondo la BBC i controlli non si fermano alle app social, ma riguarderebbero pure la presenza nei telefoni di foto e video sulle proteste che metterebbero a rischio arresto.

La tensione sociale, insomma, in Cina negli ultimi tempi non è mai stata così alta e il governo ha scelto la linea dura.

 

 

 

PERCHÉ DOBBIAMO CAPIRE LA CINA –

ALBERTO BRADANINI.

Biblio.polito.it – Alberto Bradanini- Miche Bonino-(25 novembre 2021) – ci dicono:

Michele Bonino: Buongiorno e benvenuti a questa nuova puntata di Cinque Libri. L'ospite di oggi è Alberto Bradanini, già Ambasciatore d'Italia a Pechino e Console Generale a Hong Kong.

Parleremo dunque di Cina, ma prima di farlo vorrei ricordare l'obiettivo di Cinque Libri, che è quello di stimolare la lettura fornendo dei consigli, ma anche di spingere a ri-familiarizzare con l'oggetto “libro”. Abbiamo infatti qui con noi i libri di cui discuteremo: li sfoglieremo insieme, ne parleremo di fronte a loro.

 Su questo aspetto credo che la Cina possa darci alcune ispirazioni, perché se è vero che i Cinesi sono molto legati al mondo digitale, è anche vero che sono lettori accaniti, o perlomeno danno all’oggetto libro - da avere, da sfogliare, da consultare - un valore importante.

Ricordo, ad esempio, le tante Book Cities in costruzione nelle città cinesi o anche la recente moda delle biblioteche/bed and breakfast nei luoghi di campagna più remoti, nei quali scappare e trascorrere un weekend in mezzo ai libri.

L'incontro di oggi, però, può avere anche un altro valore.

Ormai molto spesso docenti, personale e studenti del Politecnico interagiscono con la Cina per ragioni di scambio su scienza e tecnologia, su ingegneria e architettura.

Tuttavia, al Politecnico non abbiamo tra le nostre discipline competenze specifiche sulla lingua cinese, sulla storia della Cina, sulla sua economia, e quindi chiediamo spesso aiuto per conoscerle meglio, come facciamo oggi con l’Ambasciatore.

Prima di dedicarci, dunque, ai cinque libri protagonisti di questa puntata, riprendo un’immagine che hai utilizzato riferendoti alla Cina:

 quella del “bandolo della matassa”, ovvero della Cina come una matassa difficile da districare in termini di conoscenza, una matassa che non ha un solo bandolo da cui partire.

Come a dire che siamo sempre costretti a scegliere un punto da cui prenderla, per poi iniziare a esplorarla: oggi lo facciamo a partire dai cinque libri che hai scelto per noi.

Alberto Bradanini: Grazie mille, caro Michele.

Mi piace iniziare questo mio intervento con un'espressione di gratitudine: innanzitutto nei tuoi confronti, poi nei confronti del nostro comune amico Professor Juan Carlos De Martin e, beninteso, del Rettore del Politecnico di Torino e dei tanti professori che ho conosciuto negli anni trascorsi accanto a voi.

Per me è un onore e insieme un compito difficile quello assegnatomi, perché accostarsi alla Cina avendo davanti l’immagine di una matassa intricata, secondo la tua evocazione, è quanto mai complesso: molti e diversi sono i punti di vista su un universo così intricato, ed io proverò a farlo sulla scorta di un’umile conoscenza che ho accumulato su questo paese, dove “sbarcai” molti anni fa.

 Un paese che mi ha catturato e avvolto attraverso una passione intellettuale, divenuta poi scientifica, storica e professionale.

Un paese che ancora oggi resta per molti versi misterioso, anche se ho poi finito per trascorrervi dieci anni della mia vita, al servizio dell’Italia.

Sospinto dalla provocazione intellettuale di Juan Carlos De Martin - e sulla base di inclinazioni e scelte del tutto personali – ho suggerito alcuni libri con l’intento di coprire il terreno del pensiero classico cinese, la storia e l'attualità.

Per iniziare, si potrebbe cercare di definire, in un dialogo ideale con voi ascoltatori, alcuni concetti su cui ragionare insieme per entrare in punta di piedi in questo mondo pieno di misteri.

La nozione di Cinesità potrebbe aiutarci a iniziare il percorso: cosa vuol dire essere cinesi?

Rischiando di essere apodittici, poiché il tempo è sempre tiranno, essere Cinesi significa intanto essere figli della più antica civiltà del pianeta, che risale almeno a 2.500 anni or sono, dunque più antica di quella occidentale storiograficamente documentata.

L'unica altra civiltà, oltre a quella greco-romana, che è sopravvissuta al trascorrere dei secoli ed è giunta fino ai giorni nostri in buona salute – anzi, secondo alcuni in ottima salute – lasciando un'impronta profonda nella storia del mondo.

La Cina è insieme un paese-continente, perché geograficamente uno dei più grandi al mondo, un paese-civiltà per le ragioni dette, e un paese-ideologia, perché governata da un partito che fonda le sue radici sull’ideologia marxista.

Cinesità vuol anche dire immergersi in una contraddizione dialettica, perché oggi le caratteristiche che la definiscono devono fare i conti con la modernità, con quello spirito di globalizzazione che mira a normalizzare in un magma uniforme nazioni, culture e costumi fino a ieri molto diversi tra loro.

Sul piano astratto, dunque, la Cinesità assume insieme i profili storico, etico e ideologico di una sintesi prospettica tra le tre grandi tradizioni filosofico-religiose della Cina (ma il termine religione ha un senso diverso in Cina rispetto all'Occidente), vale a dire Taoismo, Confucianesimo e Buddismo (e prima ancora il culto degli antenati!) e quell’uomo nuovo che la più l’occidentale dottrina marxista-comunista promette sulla carta di edificare.

Le tre scuole di pensiero – che dovremmo invero chiamare famiglie di pensiero, poiché la Cinesità è impregnata dalla nozione di filiazione in ogni suo significato – sono, come noto, il Confucianesimo, concentrata sull’edificazione di una più avanzata organizzazione societaria e di comunità, il Buddismo, religione esogena non originata in Cina ma che, una volta entrata, ha lasciando un'impronta significativa e indelebile sul pensiero e la storia cinesi, e infine il Taoismo, di cui tutti indistintamente i cinesi sono impregnati .

Mentre i Cinesi possono essere confuciani, buddisti o altro ancora, nessun cinese può dichiararsi estraneo all’impronta culturale taoista.

Con queste parole, abbiamo fatto ingresso nella presentazione dei primi due tra i cinque libri che presentiamo quest'oggi, e che illustrano rispettivamente il pensiero di Confucio e quello taoista.

Come per i grandi iniziatori di religioni o di grandi correnti filosofiche del passato, nemmeno Confucio o Lao Tse hanno lasciato dei testi scritti alla loro morte, pur avendo originato le rispettive scuole di pensiero.

Lo stesso è avvenuto a Gesù Cristo, che non ha scritto alcun vangelo, a Socrate, che conosciamo solo grazie a Platone, e a Buddha.

 Sono stati discepoli e successori a raccogliere il loro legato morale e filosofico in un compendio scritto che ha consentito al loro pensiero di sopravvivere nei secoli, fissandolo nella storia sino ai nostri giorni.

I Dialoghi di Confucio, elaborati dai suoi discepoli, costituiscono d’altra parte una sintesi straordinaria del suo pensiero, la cui influenza è stata cruciale nella costruzione psicologica e dell’attitudine sociale dell’animus cinese, sia nell'età classica e pre-moderna sia nella contemporaneità.

 Con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, Mao Zedong inizia una battaglia dura contro lo spirito confuciano dei cinesi (a suo avviso il principale nemico da abbattere), basato sulla passività e la rassegnazione (quanto mai discutibile, va detto, nell’esegesi del pensiero confuciano), una battaglia che viene poi abbandonata dai suoi successori.

 Oggi il Partito ha bisogno di stabilità, e quindi l’ermeneutica confuciana, basata sulla conservazione dei valori e di “ciascuno al suo posto nella società” ben si conforma alle priorità del sistema.

Il legato principale di Confucio sono i fondamenti di una società utopica, una società armoniosa che tende all'idealità, all'interno della quale i conflitti possano essere gestiti in conformità con i bisogni essenziali dell'uomo e, quindi, nelle relazioni fondamentali dell'essere umano che vive in comunità.

 Tali relazioni sono quelle con i membri della propria famiglia, gli amici, la società circostante e beninteso l’autorità, che all’epoca coincideva con la figura immanente dell'imperatore.

Nemmeno quest’ultima, tuttavia, poteva considerarsi svincolata dai doveri morali di sua pertinenza.

 Confucio è dunque il filosofo del dovere morale, non certo solo del conservatorismo, come invece è stato conveniente rappresentarlo da parte del potere in molti periodi della storia.

Non solo Confucio affidava all'imperatore il dovere di assicurare il buon governo del popolo - in mancanza del quale persino la rivolta diventava legittima, persino la rivoluzione, diremmo oggi - ma richiamava anche l'impegno morale degli intellettuali (che allora erano i mandarini, i funzionari dello stato, gli unici a cui era consentito studiare) a vigilare sulla gestione dello stato e sul rispetto da parte dell'imperatore della norma morale non scritta di governare il paese in funzione dei bisogni del popolo.

Una posizione questa tutt’altro che conservatrice, come si può ben capire.

Mentre Confucio si occupa della società, il buddismo si occupa invece del dolore dell'uomo.

Buddha, uscendo dal palazzo reale, aveva scoperto l'esistenza del dolore, della vecchiaia e della morte, e aveva deciso di dedicare la sua vita e le sue energie a ridurre la sofferenza dell'uomo.

Il buddismo ha fatto ingresso in Cina nel primo secolo d.C., ammorbidendo con i suoi insegnamenti la postura di durezza della Cinesità classica, soprattutto taoista, nei confronti dell’esistenza, chiamata a conformarsi alle implacabili leggi della natura.

Il taoismo si occupa dei grandi interrogativi dell'uomo: il senso dell'universo, il significato della vita, la postura da adottare davanti alla morte.

Tale scuola di pensiero ha due genesi diverse: una di natura scientifica, sorta dal tentativo di scoprire il segreto dell’immortalità, un approccio alchemico, evidentemente prescientifico, ma che disegna quel percorso che sfocia poi nella scoperta della scienza.

 È infatti la manipolazione della materia, dei minerali vari, che consente di acquisire il metodo scientifico, un metodo non così dissimile, mutatis mutandis, da quello scoperto da Galileo Galilei qualche secolo più tardi.

 Il taoismo ha poi anche una genesi speculativa, vale a dire la riflessione sul senso della vita dell'uomo, e persino un profilo politico perché i suoi seguaci, critici del burocratismo feudale dei mandarini confuciani, avevano scelto di tenersi a distanza dalla società, scegliendo di vivere in comunità lontane, nelle foreste o sui monti, costruendo luoghi remoti di aggregazione mistica, tra cui statue gigantesche, di un fascino unico, visibili ancor’oggi in Cina.

Con il passare del tempo, mescolandosi con quello taoista, il pensiero buddista genera poi una visione più morbida del mondo e della natura, che proietta un’influenza umanizzante su taluni aspetti del taoismo che daranno poi origine alla corrente Chan, che passando in Giappone assumerà la denominazione di Buddismo Zen.

MB: Ecco, richiamo il primo libro di cui ci hai già raccontato, i Dialoghi di Confucio, una raccolta che risale al V secolo: il tempo di Platone, per intenderci.

Invece qui c’è il libro di Henri Borel, Wu Wei, uno dei concetti fondamentali del taoismo, che risale al VI secolo a.C.

 A me interessa particolarmente quello che hai detto, ovvero che confucianesimo e taoismo nascono di fatto come filosofie, come modi di pensiero, per poi assurgere a religioni.

 Se andiamo a Pechino, due degli edifici principali del centro storico sono il Tempio di Confucio e il Tempio del Cielo, custodito dai taoisti, eppure, a differenza di come concepiamo noi le religioni, ovvero come alternative, qui c’è affinità e complementarietà.

Ricordo che in uno dei miei primi viaggi in Cina -molto spaesato, come per tanti versi lo sono ancora ogni volta che ci torno - un collega mi disse: io mi sento confuciano in pubblico e taoista nel privato.

Per dire come questi due modi di pensiero, uno rivolto alla società e l'altro all'agire individuale nei confronti della natura, alla fine si intreccino.

Secondo te perché può essere interessante leggere questi due libri oggi, in particolare qui in Occidente?

AB: Mi sembra che tu abbia detto molto. È interessante notare che l’adesione filosofica della Cinesità al sincretismo consente l'appartenenza simultanea a diverse scuole di pensiero (o anche religioni, come diremmo noi).

In Cina si può essere taoisti e insieme confuciani, buddisti, cristiani, musulmani.

Non esiste, come in Occidente, l’esclusività della scelta perché il mondo, secondo tale profilo della Cinesità, è capace di accogliere qualsiasi aspetto della sensibilità e dei bisogni umani.

Il libro di Henri Borel qui suggerito - che presuppone la lettura del Tao Te Ching, il Libro della Via e della Virtù attribuito a Lao Tse, l'ideatore o sintetizzatore del pensiero taoista, che si perde invero nella notte dei tempi – costituisce a mio sommesso avviso un tentativo di illustrare il concetto centrale della concezione taoista del mondo.

Tao, secondo l'accezione più accreditata, significa via, ovvero percorso.

Tuttavia, per Henri Borel - studioso olandese vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo e profondo conoscitore dell’Oriente, dove aveva trascorso la maggior parte della sua vita – Tao non significa “via”, poiché tale concetto presuppone un luogo di partenza e insieme una direzione di marcia, ma non un punto di arrivo.

A suo avviso - egli giunge a tale conclusione sulla scorta dei suoi studi sinologici e della lettura del testo originale - Tao deve invece intendersi come anima universale della natura, oppure semplicemente il “qi”, l'energia vitale, o semplicemente la natura, come si esprimerebbe Lucrezio.

Quanto a me, ho cercato di leggervi un significato ancora diverso, persino poetico, al quale mi sembra di poter aderire in modo ancora più completo: il “Tao” sarebbe pertanto il respiro profondo dell'universo.

Più che la “via” esso coinciderebbe con l'energia che chiamiamo respiro, o soffio, che consente all'universo di vivere, e all’uomo, al centro di questo universo, di avere coscienza di sé.

È dunque essenziale, per chi desidera avvicinarsi al pensiero cinese, studiare i Dialoghi di Confucio, il Tao Te Ching, insieme a questo libro breve ma profondo di Henri Borel, accompagnando tale lettura con un approfondimento del pensiero buddista, la cui letteratura è infinita.

Completando il quadro, quando si affronta il tema della Cinesità classica, occorre talvolta astrarre dalla realtà della Cina odierna, che è una realtà ancor più complessa.

Il passato non è stato cancellato dalla modernità, sarebbe erroneo affermarlo: eppure, inevitabilmente, il popolo cinese - che ha attraversato tragedie di ogni genere nel “secolo dell'umiliazione” dal 1848, inizio della prima guerra dell'oppio, al 1949, proclamazione della Repubblica Popolare di Cina - ha avuto un’evoluzione così turbolenta e accelerata che ha inciso profondamente sulla sua Cinesità.

 La sintesi di tale processo di trasformazione deve essere ancora compresa appieno dallo stesso popolo cinese.

MB: Ringraziandoti ancora per questa selezione, che credo sia stata non facile considerata la pluralità di possibili scelte, ricordo a tutti che, oltre a esserti occupato della Cina come diplomatico, lo hai fatto anche come studioso: qui al Politecnico, nel 2019, avevamo presentato il tuo ultimo libro, “Oltre la Grande Muraglia”.

 Rispetto alla scelta dei cinque libri di oggi, uno dei più trasversali mi sembra quello che la sinologa Anne Cheng - traduttrice in francese dei Dialoghi di Confucio - ha scritto nel 1997, poi pubblicato in due volumi in Italia dalla Piccola Biblioteca Einaudi.

Mi sembra interessante riprenderlo perché affronta tutto quello che abbiamo detto, cioè il taoismo, il confucianesimo, l'accoglienza articolata e variegata del buddismo, arrivando però fino al Novecento, e quindi alla relazione di questa complessità di pensiero con il mondo occidentale.

Hai qualche commento da proporci, a partire dal libro della Cheng, sull’incontro tra Occidente e Cina?

AB: Si è trattata - come dicevi tu poco fa - di una scelta personale, e dunque rischiosa: ogni giorno, in tutto il mondo, vengono pubblicati centinaia di libri sulla Cina, con un enorme accumulo di conoscenza, e talora anche di pseudo-conoscenza, che si materializza ovunque nel mondo sulla storia e l'attualità del gigante asiatico.

Di conseguenza, la scelta di questi cinque libri non è che un momento introduttivo. L’indicazione di libri (facilmente reperibili in libreria) di geopolitica, economia o relazioni internazionali della Cina avrebbe giustificato una scelta diversa.

Per tentare di comprendere un po’ gli avvenimenti economici o politici, i rapporti scientifici o la geopolitica, occorre banalmente partire dalle fondamenta.

Se si costruisce una casa, non si può certo partire dal tetto. Ogni accostamento a temi complessi richiede tempo.

Malauguratamente nella società contemporanea il tempo manca, si è immersi in una corsa perenne priva talora di ogni direzione: il tempo, invece, è la cornice indispensabile per acquisire conoscenza.

Mentre Confucio afferma: “agire è facile, ma capire e conoscere non lo è affatto”, Anne Cheng sottolinea che l’interazione del mondo cinese con l'Occidente si può afferrare analizzando il rapporto tra parola e silenzio, tra vuoto e pieno, tra lo Yin e lo Yang.

 Nell’universo Cina prevale il non-detto, il reflusso, gli spazi deserti, mentre in Occidentale a primeggiare è stata la parola e anzi, a partire da un certo punto, essa è diventata persino terapeutica.

Pensiamo a Freud o a Lacan, sebbene Lacan abbia sviluppato una nozione ancora diversa (e cito Lacan a proposito, perché a un certo momento della sua vita si era innamorato della Cina, entrando a far parte di quel gruppo di filosofi, studiosi, scienziati, politici ed economisti che a partire dal XVII secolo in Occidente hanno scoperto l’universo cinese, rimanendone affascinati senza nemmeno esserci mai stati).

 

Anne Cheng, dunque, nel suo libro sulla storia del pensiero cinese gioca con profondità su questi due concetti.

Se in Occidente la parola è cruciale e può addirittura curare le nostre angosce, in Cina è consigliato evitarla: meglio il non-agire.

“Wu Wei”, tuttavia (come il titolo del libro di Borel), non sta a indicare la passività, l’inazione davanti allo scorrere del tempo, quanto invece un non-fare che esprime attenzione massima nei confronti del corso naturale degli eventi, dell’energia della natura, che presuppone un'attività profonda e consapevole finalizzata al tentativo di accondiscendere ai bisogni che emergono dal rapporto biologico tra uomo e natura.

Il silenzio, dice Confucio, è preferibile alla parola: chi sa parla e chi parla non sa, un paradosso che se applicato appieno escluderebbe anche questo nostro colloquio.

Va comunque precisato che si parla qui di un sapere scoperto da altri, un sapere che abbiamo acquisito leggendo libri meravigliosi che ci parlano del fascino del pensiero cinese.

Tutto ciò ci consente di gettare uno sguardo, seppure insufficiente, sulla formazione della psiche del cinese di oggi, nella comunità di appartenenza e nei confronti del potere.

Nella gestione della pandemia di Covid-19 si è visto come l'attitudine cinese sia diversa da quella occidentale.

 Alle misure draconiane sulla mobilità delle persone, decise dal governo di Pechino, è corrisposta una sostanziale adesione da parte del popolo, un’adesione che non si riscontra nella stessa misura in Occidente, dove l’intima accettazione di esse è basata essenzialmente sulla paura della malattia e della morte.

 In Cina, la corrispondenza tra governati e governanti fa parte di un processo dialettico, quale sintesi della storia etica e filosofica pregressa, tra il cittadino e l’autorità, in passato tra suddito e imperatore.

Si tratta di una sintesi visibile anche in altri ambiti della Cina contemporanea, che è riuscita a sconfiggere la povertà – alla quale sembrava per sempre condannata la sterminata moltitudine dei contadini cinesi, che fino a pochi decenni fa costituivano il 90 per cento della popolazione - attraverso un percorso di sacrificio: ovvero la capacità dei Cinesi di rinviare il soddisfacimento dei propri bisogni.

L’accumulo di capitali e capacità si è poi trasformato in ricchezza, quel benessere che oggi emerge come un prodigio quando leggiamo le mirabolanti statistiche dei successi economici e sociali di un paese passato in pochi decenni dal Medioevo alla post-modernità.

 Le innate capacità e l’impegno dell'uomo cinese - sintesi di sincretismo etico, filosofico e ideologico, di attitudine positiva nei riguardi della collettività di appartenenza - sono state poi organizzate da una macchina efficiente come quella del Partito Comunista, guidato dallo straordinario acume politico di Deng Xiaoping.

Se quest’ultimo amava ripetere, per mettere in guardia i suoi compagni, che “quando si aprono le finestre insieme all’aria entrano anche le mosche”, occorrerebbe aggiungere che “queste ultime possono anche uscire, non solo entrare”.

Se dunque la Cina sarà costretta in futuro a diventare più occidentale di quanto possa immaginare, è altrettanto vero che anche il resto del mondo, davanti al dinamismo di un paese di un miliardo e mezzo di individui, dovrà accettare di diventare un po’ cinese, in analogia al percorso di noi occidentali che, sotto l’influenza economica e consumistica degli Stati Uniti, siamo diventati tutti un po’ americani.

MB: Con questo ti colleghi molto bene al quarto libro che hai selezionato, When China Rules the World di Martin Jacques: un saggio del 2009 che, in un momento ancora abbastanza precoce nel percorso di sviluppo della Cina, profetizza il ruolo nuovamente centrale del gigante asiatico sullo scacchiere geopolitico.

Oggi, dodici anni dopo, ci troviamo nel bel mezzo di una contesa globale tra Stati Uniti e Cina.

Ho parlato di “centralità”, perché credo sia questa l'ambizione della Cina: non un'ambizione egemonica, dunque, ma di centralità, che si richiama a quella che un tempo già aveva.

 Ricordo una tua conferenza in cui avevi mostrato il valore dell'economia cinese, di quella europea e di quella americana in diversi periodi di tempo: nel 1840 l'economia della Cina valeva ancora il doppio di quella dell'intera Europa; poi, in conseguenza a ciò che accadde nel cosiddetto “secolo dell’umiliazione”, la Cina è precipitata dal punto di vista economico.

Martin Jacques, come altri, racconta proprio come quello che sta succedendo sia figlio di una volontà della Cina di tornare alla centralità che aveva sempre avuto. Vuoi raccontarci qualcosa su questo libro?

AB: Si tratta di un libro corposo, che illustra bene i passaggi cruciali della storia cinese degli ultimi due secoli e le tappe fondamentali che la Cina ha attraversato: non soltanto l’impatto con la modernità, dunque, il crollo dell'impero Qing nel 1911, ma prima ancora le guerre dell’oppio, l'aggressione da parte dell'Occidente affinché la Cina aprisse i commerci attraverso la politica criminale del traffico e consumo di oppio - che i britannici vietavano in Europa e in Gran Bretagna ma favorivano in India e Cina - affinché la bilancia commerciale tornasse in equilibrio, poiché in quei tempi esportava molto più di quanto importasse.

Con la prima e la seconda guerra dell'oppio, le Grandi Potenze di allora mettono un piede stabile in Cina, conquistano Hong Kong e strappano altre concessioni lungo la costa, obbligando la moribonda dinastia Qing ad aprirsi al mondo.

Qualche sussulto di reazione non basta alla Cina dell’epoca per costruirsi un destino meno tragico.

Diversamente dal Giappone che, riconoscendo la superiorità dell’Occidente nel campo della tecnologia e della scienza, ne acquisisce l’utilizzo, salvaguardando però la propria cultura, la Cina non ha questa forza e viene travolta.

 Insieme alla fine dell'impero, vengono travolte anche le istituzioni e la società. È così che prende avvio il processo di frantumazione della Cina e inizia la fase tragica dei signori della guerra, cui si sommano l’assenza di un governo centrale, il saccheggio di suolo cinese e l’invasione giapponese.

A quel tempo, la destrutturazione cinese era spinta dagli interessi delle Grandi Potenze, per le quali un paese grande e unito rappresenta un pericolo oggettivo.

Uno scenario che vediamo oggi riproposto nella contrapposizione tra Usa e Cina Popolare, che è diventato, suo malgrado, il paese che sfida i privilegi imperialisti americani con la sua dimensione ingombrante sotto il profilo politico, economico, militare.

Martin Jacques si occupa però anche di un altro aspetto, spesso dimenticato: il senso del riemergere della Cina negli ultimi decenni, a partire dalla vittoria di Mao Zedong sul partito nazionalista (Kuomintang) nella guerra civile scoppiata dopo la sconfitta giapponese (1946-‘49), deve collegarsi alla lotta contro il colonialismo prima e il neocolonialismo poi.

Per conquistare una vera indipendenza, infatti, non basta assicurarsi la sovranità politica, perché a questa occorre aggiungere anche quella economica.

 Per completare il percorso, dunque, è stato necessario aggiungere ai traguardi di Mao i successi economici di Deng.

L’opera è ora completa.

Perché viviamo tempi mascherati, non dobbiamo pensare che il colonialismo sia stato sconfitto per sempre.

La Cina è così sfuggita a politiche neocoloniali surrettizie, con effetti simili a quelle che hanno caratterizzato la storia della schiavitù e che sono ancora oggi diffuse in diversi paesi africani, del Sud America e altrove.

Come rilevato da Martin Jacques nel suo libro, la Repubblica Popolare sin dalla sua fondazione ha temuto di venir risucchiata da questo destino.

 Secondo Mao Tse Tung, “a nessuno deve essere consentito dire alla Cina quel che deve fare”, “il tempo del colonialismo (o neocolonialismo) va archiviato una volta per tutte”.

 Crescita economica e sviluppo sociale vanno strettamente correlate e sintetizzate nella nozione di “indipendenza effettiva”.È dunque Deng Xiaoping ad aggiungere la gamba fondamentale dell'indipendenza economica all'indipendenza politica, cardine della strategia di Mao Tse Tung.

Con la politica di apertura e di riforma, la Cina mostra dunque la capacità di generare quelle risorse che le consentono di smarcarsi dalla condizione di vassallaggio che attanaglia molti paesi emergenti, solo apparentemente indipendenti.

Ciò che irrita la potenza americana è il rischio che l’esempio cinese – già di per sé una sfida sistemica all’egemonia americana - possa diffondersi nel mondo, riducendo i privilegi dell’impero statunitense.

 La crescita della Cina s’inserisce nel tempo storico degli Stati Uniti, che è quello del declino (relativo, beninteso, e per ora solo politico-economico, non militare).

Ciò ha generato quella che è ormai una vera e propria nuova guerra fredda, che tuttavia è stata dichiarata dagli Usa in uno scenario internazionale ben diverso rispetto a quello della prima guerra fredda.

Si tratta di aspetti complessi, non facilmente inquadrabili in poche battute. Il libro di Jacques, in questo senso, getta le fondamenta ideali per entrare in tali dinamiche ampliando lo sguardo con dovizia di dati e osservazioni acute per una migliore comprensione degli eventi, che raramente corrispondono a quelli imposti dall’odierna narrativa mediatica mistificatrice (giornali, televisioni).

Una narrativa pregna di strumentalità ideologica, spesso venata da cinofobia, figlia di interessi di parte che comprimono la logica del compromesso, della convivenza e del progresso pacifico per tutti i popoli del mondo.

Sul pianeta, v’è posto per tutti, purché sia rispettata la logica della mutua attenzione combattendo le tentazioni imperialistiche, sedendosi intorno al tavolo del negoziato con lo sguardo attento anche sulle ragioni dell’altro.

MB: Grazie. Prima di passare all'ultimo libro, volevo farti una domanda che tocca i temi della scienza e della tecnologia, che interessano particolarmente il nostro Politecnico.

Tra i motivi che hanno in qualche modo decretato la caduta della Cina nell'Ottocento, una delle interpretazioni prevalenti è quella secondo cui la Cina non è riuscita a tenere il passo delle potenze occidentali dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e scientifico.

Com’è possibile, secondo te?

Io ricordo un passo delle memorie del missionario gesuita Matteo Ricci (per tante cose un gigante nei rapporti di scambio con la Cina, che grazie a lui ha scoperto la geometria euclidea o la rappresentazione cartografica del mondo) in cui, tre secoli prima, scrive quanto fossero ingenui i Cinesi a ritenere che la Terra girasse intorno al sole, non rendendosi conto che nel campo dell'astronomia, come in molto altro, erano secoli avanti rispetto all’Occidente.

Di fronte a due civiltà, che innovano e creano in parallelo un grande sviluppo scientifico, come è possibile che a un certo punto, quasi all'improvviso, alla metà dell’Ottocento la Cina accumuli tanto svantaggio?

AB: Come hai ben detto la Cina, ma anche l'India, sono stati per secoli le principali potenze economiche, e di sviluppo e organizzazione sociale.

Nei nostri paesi siamo tuttora immersi in un’anacronistica dimensione culturale eurocentrica (o occidentale-centrica, perché sono gli Stati Uniti a rappresentare il centro dell’Occidente), a sua volta figlia di una patologia etnocentrica quanto mai ingiustificata.

Fino alla caduta dell'impero Qing, i rapporti tra Cina e Occidente sono stati limitati e poco rilevanti.

Certo, in Europa nel corso dei secoli sono esistiti studiosi (pochi) che hanno guardato alla Cina con ammirazione e interesse.

Ripercorrendo a volo d’uccello i rapporti tra Cina e Occidente, essi prendono avvio lungo le vie della seta – percorsa da tempi remoti, persino al tempo dell’Impero Romano e forse addirittura prima: si trattava di strade che attraverso mare e terre consentivano lo scambio di merci e beni all'interno della massa continentale euro-asiatica. Siamo abituati a pensare a Europa e Asia come a due continenti divisi: in realtà si tratta di un solo continente, come ci mostra la carta geografica.

 Un tempo le distanze erano infinite. Oggi non è così.

Ciononostante, si tende a pensare che vi sia tuttora una cesura, qualche sorta di frontiera, tra le due parti di questo immenso continente.

 I rapporti commerciali risalgono dunque all’antichità remota.

Tuttavia, nemmeno i commerci sviluppatisi nei secoli del nostro Medioevo hanno lasciato tracce significative.

Semplificando un po’, occorre aspettare Marco Polo (che, secondo una corrente di pensiero, non sarebbe nemmeno arrivato davvero in Cina) per portare un po’ di Cina in Europa, e poi i gesuiti – il più noto tra essi, il maceratese Matteo Ricci – per portare un po’ di Occidente in Cina.

Ma anche questo “po’ di Occidente” è stato invero un seme che è germogliato assai poco.

In buona sostanza, Matteo Ricci ha tradotto alcuni libri occidentali in lingua cinese (Manuale di Epitteto e gli Elementi di Euclide), ma la sua attività e il suo pensiero non hanno generato veri cambiamenti o un’influenza scientifica che l’impero cinese abbia in qualche modo sfruttato.

I gesuiti volevano soprattutto convertire la Cina al Cristianesimo.

Matteo Ricci in particolare aveva l’obiettivo di convertire l'imperatore, per poi lasciare a lui il compito di convertire il popolo cinese.

 Ricci è vissuto a Pechino, alla corte dell'imperatore, per nove anni (1601-1610), ma non è mai stato ammesso al cospetto dell'imperatore (secondo una certa storiografia, egli sarebbe stato ammesso una volta a un’udienza mentre l’Imperatore era nascosto dietro una tenda e Ricci parlava al trono vuoto).

Tutti i gesuiti, e dunque anche Matteo Ricci, erano considerati e valutati quali uomini colti, di lettere o di scienza, capaci di portare beneficio alla Cina, ma non erano apprezzati come missionari, tant'è che i cinesi non si sono mai convertiti al Cristianesimo.

Anche dopo Matteo Ricci e i gesuiti, la sostanziale separazione tra Cina e Occidente continua.

Si deve giungere alle guerre dell'oppio, con la Gran Bretagna - la più grande potenza marittima dell'epoca - che porta la guerra in Cina e la obbliga ad aprire i commerci.

 La Cina, che è stata sino ad allora uno dei paesi più ricchi ed evoluti al mondo, si avvia verso un declino che, come detto sopra, durerà circa un secolo.

 In Occidente, infatti, ha preso avvio la rivoluzione industriale, che in brevissimo tempo catapulta la ricchezza e il benessere degli europei, e poi degli americani, ai vertici del pianeta.

 È qui che si crea una frattura, risultato dell'incapacità del morente impero Qing di acquisire quelle tecnologie e capacità industriali che avrebbero potuto cambiare il corso della storia.

Ed è così che la Cina rimarrà povera e ai margini della storia fino al 1949.

La situazione economica del popolo cinese, in realtà, non cambia nemmeno nel 1949, con la fondazione della Repubblica Popolare, perché Mao aveva centrato la sua azione politica sull’ideologia più che sullo sviluppo economico: per essere rossi bisognava essere poveri, solo essendo poveri si poteva sperare di essere considerati rossi.

Una situazione che si chiude con la scomparsa di Mao, nel 1976.

Dunque, la Cina rimane marginale per quasi duecento anni, dall'arrivo della prima missione inglese di McCartney (1792) fino ai primi anni ’80 del XIX secolo.

Ma i libri di cui stiamo parlando, e molti altri beninteso, mostrano come la Cina stia recuperando il posto che un tempo occupava nella storia.

 Se tra dieci o quindici anni sarà di nuovo la prima economia al mondo, ciò non dovrebbe stupire:

si tratta semplicemente del recupero di uno status che essa aveva perduto.

Vale la pena ricordare che quando parliamo della Cina dell’impero Tang o dei Qing, parliamo pur sempre dello stesso paese.

Se pensiamo invece all’Italia, quando parliamo di Marco Polo o di Matteo Ricci, ci riferiamo a illustri italiani, ma in realtà in quelle epoche l’Italia come stato nazionale non esisteva: esisteva Venezia, Genova o lo Stato Pontificio, ma non l’Italia.

MB: Proprio Marco Polo e Matteo Ricci, peraltro, sono gli unici due stranieri raffigurati nella grande parete del China Millennium Monument di Pechino, dove è rappresentato un millennio di storia cinese attraverso circa suoi 200 protagonisti.

Da italiani, oggi sentiamo pur sempre una certa “responsabilità” nel pensare a loro come agli unici due stranieri ammessi in quella influente rappresentazione.

Passiamo ora al quinto libro che hai scelto, il Trattato dell'efficacia di François Jullien.

Jullien è uno studioso della filosofia sia dell'antica Grecia che della Cina, e molta della sua opera è proprio incentrata sul confronto tra queste due civiltà.

Nella nozione di efficacia di Jullien mi sembra interessante il fatto che lui porti il concetto del non agire - che citavi in riferimento al taoismo - a una chiave strategica: il non agire come attesa dell'opportunità (il libro, e le conferenze ricavate, hanno avuto un grande successo anche nell'ambito del management, della gestione d'impresa).

 In questo senso, mi sembra che un riferimento chiaro di Jullien sia “L’arte della guerra “di Sun Tzu, secondo cui il miglior generale è quello che fa scendere in campo le sue truppe quando sa di aver già vinto.

 Jullien sviluppa dunque un concetto di efficacia decisamente diverso rispetto a quello che abbiamo in Occidente.

AB: È proprio così. Direi che se guardiamo in modo onesto alla scena politica e sociale del nostro continente, la nozione che colpisce immediatamente la nostra fantasia è forse quella di confusione: non riusciamo a capire ciò che succede davvero.

E insieme a confusione potremmo forse aggiungerne un’altra, impotenza.

Se anche avessimo il potere necessario, non sapremmo dove mettere le mani, da dove cominciare a ricomporre il puzzle.

 La fitta coltre di nebbia nella quale siamo immersi c’impedisce di individuare un percorso di cambiamento, di riorganizzazione di una società basata su valori condivisi e collettivi.

Sembra non esserci un’alternativa a quello che viviamo.

Anzi, sembra ci venga imposta la nozione stessa di assenza di alternativa: Margaret Thatcher affermava addirittura che non esiste la società, ma solo l’individuo.

Ecco, in Cina non è così, laggiù non c'è confusione e tantomeno impotenza.

 In Cina vi è un'idea di società.

Certo, vi sono contraddizioni, aspetti oscuri e punti interrogativi cui il Partito Comunista che governa il paese non ha dato risposta, ma la Cina ha una direzione di marcia.

Ad essa si applica dunque la duplice nozione di efficacia ed efficienza - a seconda che l’enfasi sia messa sui fini o sui mezzi.

Esattamente quello che manca al nostro Paese, se si vuole.

Se dovessimo, invece, accostare un concetto alla conduzione economica, sociale, direi assiologica, del nostro Paese, non utilizzeremmo certo il termine efficacia o efficienza, perché - senza essere troppo pessimisti - l’Italia ci appare una nave alla deriva.

Ecco, tornando alla Cina, efficacia ed efficienza significano una cosa forse banale, ma che fa la differenza.

Laggiù un fatto politico è frutto di una decisione: il governo o il Partito sono intervenuti generando un cambiamento, anche se non sempre quello giusto, perché il paese ha una guida (sulla scena degli ultimi 40 anni, del resto, non va dimenticato che la Cina è passata da un reddito pro-capite di 164 dollari nel 1978 a quello di oltre 11 mila dollari, nel 2021).

Non sono mancati errori ed omissioni, non si può certo negare.

Basti pensare ai danni profondi all'ambiente, all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli.

Una politica devastante a cui il governo cerca ora di porre qualche rimedio, sebbene alcuni danni siano rimediabili solo nel lungo periodo.

Qualcuno afferma che anche in Occidente, al tempo della rivoluzione industriale e anche dopo, lo sviluppo ha richiesto il suo prezzo, danni simili e altrettanto profondi, materiali e morali, costringendo bambini di pochi anni a lavorare, per sopravvivere, dieci o quattordici ore al giorno, come testimoniato da Marx nel Capitale. Tutto ciò è dimenticato.

D’altronde, come diceva Mao, se la rivoluzione non è un pranzo di gala, ebbene nemmeno l'uscita dal sottosviluppo è un pranzo di gala, perché sconfiggere la povertà, la realtà endemica della Cina storica (compresa l’era di Mao Tse Tung, durante la quale non sono mancati persino fenomeni di cannibalismo) e giungere al benessere ha i suoi costi.

 

La Cina – che può oggi contare su infrastrutture moderne che non esistono nemmeno nei più avanzati paesi scandinavi o in America - è ormai un paese ai vertici dello sviluppo tecnologico e industriale, lanciato alla conquista dello spazio, della più grande stazione spaziale mai concepita, ed è solo un altro esempio.

 Ma tutto ciò, ancora una volta, ha avuto i suoi costi, umani e ambientali. Insomma, senza andare oltre per carenza di tempo, la Cina odierna è un paese in cui la maggioranza dei cittadini è grata al Partito per aver creato quel benessere di cui gode per la prima volta.

 Il Partito Comunista Cinese ha ancora difficoltà a venire a patti con la nozione di “libertà”, che nelle nazioni occidentali è considerata irrinunciabile – e che deve considerarsi tale anche per lo sviluppo sociale e umano dei cittadini cinesi.

Tuttavia, quando si parla di libertà e diritti umani, occorre non applicare il doppio standard, non dimenticare che il primo diritto umano è quello alla vita e infine che accanto ai diritti di parola o di assemblea la nozione neoliberista americana associa il diritto alla proprietà privata, per di più senza restrizioni (su cui si basa il corporativismo privato che domina il sistema economico e politico statunitense) e qui la strumentalità della nozione è quanto mai evidente.

 

Resta la circostanza che il Partito Comunista Cinese dovrà fare i conti prima o poi con la nozione di libertà, quella corretta.

E lo farà gradualmente, tenendo conto della necessità di salvaguardare la stabilità del paese e tenendo fuori dalla porta il tentativo del capitalismo americano-centrico di “normalizzare” la Cina.

Tutti questi aspetti fanno da sfondo al libro di François Jullien, il quale, oltre al Trattato dell'efficacia, ha scritto diversi altri saggi che offrono una splendida chiave di lettura del comportamento cinese – e dunque per riprendere il concetto d’esordio, della Cinesità - davanti alla modernità.

 Per capire cosa succede all'economia cinese, quali sono i rapporti tra Cina e Occidente, Europa e Italia comprese, considero dunque che l’insieme di questi cinque libri possono costituire un’ottima base d’avvio.

MB: Ti ringrazio molto per il percorso fatto attraverso questi cinque libri che, ricordo, sono tutti disponibili nelle biblioteche del Politecnico.

E speriamo di poterli mettere presto anche in valigia, non appena sarà di nuovo possibile viaggiare verso la Cina.

 

 

 

La teoria del “Grande Reset Globale”.

L’accusa: il lockdown favorito

dai potenti della Terra?

Log.ilgiornale.it – blog di Cristiano Puglisi – Peter Koenig – (30 agosto 2020) – ci dice:

Con l’enciclica “Laudato si “, papa Francesco ha posto l’accento sulla necessità di ripensare il modello di sviluppo del pianeta, rendendolo più sostenibile e rispettoso dell’ambiente.

 Un tema, questo, caro al pontefice, che nell’aprile del 2019 ha incontrato e incitato l’attivista svedese Greta Thunberg.

“Il Santo Padre – confermò all’epoca dell’incontro il portavoce vaticano Alessandro Gisotti – ha ringraziato e incoraggiato Greta Thunberg per il suo impegno in favore dell’ambiente “.

 Il tema del rispetto della “casa comune” è tornato prepotentemente alla ribalta nei discorsi del Santo Padre in occasione della pandemia da Coronavirus per uscire dalla quale, per il pontefice, occorre “rigenerare un mondo più sano e più equo “.  

La convergenza di opinioni tra il papa e un’icona dei circoli progressisti come Greta Thunberg sull’argomento, si inserisce non sorprendentemente (per Bergoglio non è certamente la prima volta) nel solco della narrazione degli ambienti mondialisti sul tema, incentrata da anni su una ridefinizione del modello economico e produttivo in senso “green “.

PETER KOENIG, L’ANALISTA CON UN PASSATO TRA BANCA MONDIALE E OMS.

Questa ridefinizione, come riporta un interessante articolo di analisi firmato da Peter Koenig, economista e analista geopolitico con una carriera trentennale e un passato tra Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale della Sanità, per il think tank “Centre for Research on Globalization “di Montreal, in Canada, è quella che l’élite sovranazionale che regge le fila dell’economia e della politica occidentali ha recentemente chiamato ”Grande Reset Globale” del capitalismo.

Per introdurre il tema e per capire di cosa si tratti è utile innanzitutto menzionare come, fatto peraltro riportato anche dallo stesso Koenig, uno dei principali circoli mondialisti, il World Economic Forum (WEF) di Davos, in Svizzera, abbia, nello scorso mese di luglio, dichiarato con una nota sul proprio sito che “la più grande minaccia per il mondo “, al tempo del Coronavirus, non sia il patogeno ma… la “ricchezza “.

Ora, quella che il WEF ha definito una “notizia scioccante e rivelatrice” è la “conclusione principale di un team di scienziati provenienti da Australia, Svizzera e Regno Unito, che hanno avvertito che affrontare il consumo eccessivo deve diventare una priorità” e che “la ricchezza è il motore dell’impatto ambientale e sociale, e che, quindi, la vera sostenibilità richiede cambiamenti significativi nello stile di vita, piuttosto che sperare che un uso più efficiente delle risorse sia sufficiente“.

Ebbene, non molte settimane prima, esattamente il 3 di giugno 2020, il fondatore e presidente esecutivo proprio del WEF, Klaus Schwab, (il grande costruttore di bombe atomiche illegali in Sud Africa! Ndr.) aveva pubblicamente e ufficialmente presentato, durante una riunione virtuale che ha visto la partecipazione di rappresentanti di FMI (Fondo Monetario Internazionale), della Banca mondiale, degli stati anglosassoni (USA e Regno Unito) e del mondo dell’economia e della finanza, quella che è da considerare la soluzione da lui proposta per sconfiggere questa “minaccia “:

il “Grande Reset Globale” del sistema capitalista.

 

“Il mondo – ha detto Klaus Schwab in un video – deve agire congiuntamente e rapidamente per rinnovare tutti gli aspetti delle nostre società ed economie, dall’istruzione ai contratti sociali e alle condizioni di lavoro…

Ogni Paese, dagli Stati Uniti alla Cina, deve partecipare, e ogni industria, dal petrolio e gas alla tecnologia, deve essere trasformato.

In breve, abbiamo bisogno di un ‘Grande Reset’

del capitalismo.

Interessante è notare come, nel consesso elitario scelto per la presentazione ufficiale di questo concetto, la pandemia da Covid-19 e il conseguente lockdown su scala planetaria siano stati unanimemente narrati dai convenuti come un’opportunità per attuare questo ripensamento complessivo.

Si citano, per esempio, le parole del principe Carlo del Galles. “

Abbiamo un’occasione d’oro – ha detto il principe a proposito della pandemia –per cogliere qualcosa di buono da questa crisi.

 Le sue onde d’urto senza precedenti potrebbero rendere le persone più ricettive alle grandi visioni del cambiamento”.

Parole che ricalcano per certi aspetti i concetti a suo tempo espressi dal nobile padre di Carlo, il principe Filippo di Edimburgo, marito dell’attuale sovrana d’Inghilterra, che, nel 1988, ebbe a dire: ““Se dovessi reincarnarmi vorrei essere un virus letale per eliminare la sovrappopolazione, la crescita dell’uomo è la più grave minaccia per il Pianeta “.

Quest’ultima affermazione aiuta subito a introdurre quale sarebbe la “ricchezza” che, grazie alla pandemia e al “Grande Reset “, sarebbe possibile e anzi necessario contrastare.

 Come illustra efficacemente Koenig non si tratta certamente del benessere dei multimiliardari che sostengono il WEF.

Si tratta, piuttosto e come è facilmente intuibile dal tenore dei concetti presentati, dei risparmi dell’agonizzante classe media, che, per quanto traspare dai “contorni” delineati per il “Grande Reset”, sarebbe da impoverire ulteriormente per favorire una contrazione dei consumi e, al contempo, un incremento della sostenibilità.

L’impoverimento della popolazione mondiale provocato dalle misure di contenimento imposte per prevenire la diffusione del Covid non sarebbe, così, da intendersi come una sgradevole conseguenza di determinate scelte politiche ma, anzi, come un risultato auspicabile…

“Questo Grande Ripristino Globale che il WEF prevede e pianifica – scrive al riguardo Koenig nella sua analisi – è ovviamente guidato da un’altra agenda oltre al ‘bene del mondo ’.

Questi autoproclamatisi padroni dell’universo, alcune delle stesse persone benestanti che secondo il WEF sarebbero ‘il rischio più grande per l’umanità’, ora rinunceranno forse alle loro ricchezze in modo che ci sia un migliore equilibrio nella distribuzione della ricchezza di Madre Terra, più giustizia, più rispetto per i diritti umani, meno consumismo e una protezione assoluta dell’ambiente e delle risorse non rinnovabili? Improbabile.

 Al contrario, come è già stato dimostrato, il crollo pianificato dell’economia mondiale ha creato una miseria insondabile da parte di fallimenti per lo più di piccole e medie imprese, che sono state inghiottite dalle grandi società (…) “. Ciò che si è verificato con il lockdown, prosegue Koenig, è invece “un altro enorme spostamento di risorse dal basso verso l’alto, come testimoniato dai 434 miliardi di dollari di ricchezze aggiuntive dei miliardari statunitensi, e questo non include la somma della ricchezza miliardaria aggiuntiva in tutto il mondo “. Nulla di nuovo.

Dell’incremento di ricchezza dei mega-miliardari durante il lockdown si era parlato anche su questo blog.

COVID: UNA PROPAGANDA DELLA PAURA PER RENDERE PIU’ VULNERABILI LE PERSONE?

Il seguito dell’analisi di Koenig lascia ancora più inquieti: asserendo infatti che “la ricchezza è la più grande minaccia per il mondo, senza entrare nei dettagli, il WEF sostiene che ‘la vera sostenibilità sarà raggiunta solo attraverso drastici cambiamenti dello stile di vita’ e chiede ‘un grande ripristino del capitalismo sulla scia della pandemia’”.

“Possiamo solo ipotizzare – dice Koenig – cosa potrebbe significare il Grande Reset per i cittadini del mondo.

Proviamo a immaginare ciò che i ricchi oligarchi attraverso la loro affiliazione societaria, finanziaria, farmaceutica e militare, possono intendere imporre alle ‘grandi masse sotto di loro’.

Per ottenere il ‘Grande Reset’ previsto dal WEF, il primo punto dovrebbe essere quello di mantenere o aumentare la cadenza della propaganda, delle bugie e della falsa paura in corso (…).

Questo deve essere uno sforzo incessante e non dovrebbe essere un problema, poiché tutta la propaganda anglo-americana occidentale e gli organi di stampa e i loro affiliati in altre lingue sono completamente cooptati.

Un altro o più lockdown con misure come le mascherine o il distanziamento sociale e la reclusione tra le mura domestiche per diminuire ulteriormente il contatto umano attraverso l’isolamento;

 una ‘società mascherata’ perde l’autostima, la paura e l’ansia abbassano il sistema immunitario delle persone, rendendole vulnerabili a tutti i tipi di malattie, e l’obbligo della mascherina obbliga le persone a respirare la propria CO2 altamente tossica (…).

Raggiungere una riduzione del consumismo, attraverso un’estrema austerità e lavori a basso salario e una gigantesca disoccupazione, causando così insicurezza, ansie e paura per la sopravvivenza e preparando così la mentalità della popolazione ad ancora più manipolazione e più schiavitù, nell’attesa disperata di un vaccino.

 Sostituire il frutto del lavoro, vale a dire il salario per il lavoro dignitoso, con un reddito di base universale (UBI), creando una dipendenza dal sistema e demolendo il lavoro umano e ciò che resta

dell’autostima (…) “.

Da ultimo, conclude Koenig nella sua ipotesi, “c’è una forte spinta a ridurre la popolazione mondiale; Bill Gates è uno dei fattori chiave e lo ha detto apertamente in varie occasioni.

Una delle sue ammissioni più evidenti è il suo TED Talk nel 2010, ‘Innovating to Zero’, in California, dove disse con nonchalance, ‘se faremo davvero un buon lavoro con i vaccini, la sanità e i servizi per la natalità, potremmo essere in grado di ridurre’ la crescita della popolazione mondiale ‘del 10% o del 15%’.

Questa agenda eugenetica si adatta perfettamente all’agenda del WEF. Meno persone, meno risorse. E quelle che rimangono potranno essere condivise più abbondantemente tra i ricchi e i potenti”.

DAL MALTHUSIANESIMO ALL’ECOLOGISMO INTERESSATO.

Malthusianesimo, ecologismo interessato, pauperismo, austerità. La ricetta del Grande Reset si inserisce perfettamente in una tradizione ormai secolare, quella del mondialismo anglofono che domina il pianeta attraverso le sue organizzazioni tentacolari più o meno istituzionali (Banca mondiale, FMI, WEF, OMS).

 Una tradizione che trova oggi i suoi cantori in personaggi dall’estrazione più varia come, per l’appunto, Greta Thunberg, Papa Francesco, Bill Gates e George Soros, lo speculatore-filantropo che ha definito la pandemia “un momento rivoluzionario in cui ciò che sarebbe stato impossibile o addirittura inconcepibile in tempi normali” è divenuto “non solo possibile, ma probabilmente assolutamente necessario”.

 

Curioso notare come nessuno dei potenti sopra citati abbia mai suggerito una seconda e più logica opzione per contrastare gli squilibri del mondo.

Che, come dice ancora Koenig, potrebbe essere quella di “de-dollarizzare e de-globalizzare (il mondo) e favorire la produzione locale per il consumo locale, con denaro sovrano locale e banche pubbliche locali, dirette da una banca centrale locale sovrana che lavora per il benessere socioeconomico della gente del proprio Paese, non per i signori di Wall Street “.

Una domanda, a questo punto, appare inevitabile. Si può pensare che i potenti della Terra abbiano, più o meno indirettamente, favorito il lockdown che provocherà, secondo il FMI, una contrazione del reddito pro-capite nel 90% del pianeta alla fine del 2020, per raggiungere gli obiettivi fissati dalla loro agenda?

Secondo Koenig la risposta è… “sì, il WEF e i player dello stato profondo occulto dietro le quinte hanno sfruttato il Covid al massimo per causare un blocco totale delle persone e dell’economia mondiale.

Ciò è accaduto praticamente simultaneamente in tutto il mondo in quasi tutti i 193 paesi membri delle Nazioni Unite”.

Una conclusione affrettata? Sinceramente verrebbe da sperarlo.

 

 

Davos, Xi Jinping: "Capitali stranieri

benvenuti in Cina, ma nel rispetto delle nostre regole."

Fiancialounge.com – Antonio Caldarelli – (17 gennaio 2022) – ci dice:

 

In video collegamento al World Economic Forum di Davos, il presidente cinese ha aperto agli investimenti esteri, a patto però che non infrangano le leggi cinesi.

Il presidente della Cina Xi Jinping interviene in video collegamento al World Economic Forum di Davos per ribadire concetti già espressi in passato, a partire dalla condanna del protezionismo.

Il presidente Xi ha rivolto un messaggio chiaro agli investitori stranieri:

"Tutti i tipi di capitale sono invitati ad operare in Cina nel rispetto delle leggi e dei regolamenti e a svolgere un ruolo positivo per lo sviluppo del Paese".

NO ALLA RETORICA DELL'ODIO.

La Cina, dunque, è un mercato aperto ai capitali stranieri, ma non senza alcuna regola.

"Dobbiamo lasciare da parte la mentalità della Guerra Fredda e cercare la convivenza pacifica e soluzioni che portano benefici a tutti", ha detto Xi Jinping.

Il presidente cinese ha citato le divisioni odierne nel mondo, condannando "la retorica che alimenta i pregiudizi e l'odio" e ha ricordato come la storia abbia più volte insegnato che lo scontro "porta a conseguenze catastrofiche".

Xi ha auspicato collaborazione tra i Paesi: "La via giusta da seguire per l'umanità è quella dello sviluppo pacifico e della cooperazione fra Paesi in modo da poter prosperare insieme sulla base del rispetto reciproco".

ECONOMIA GLOBALE.

Parlando dello stato di salute dell'economia globale, Xi ha sottolineato come la pandemia abbia impattato sulle catene di approvvigionamento globali con un aumento dei prezzi delle materie prime che rischia di mettere in pericolo la ripresa economica.

"Se le principali economie dovessero frenare o invertire le loro politiche monetarie - ha detto Xi - ci sarebbero gravi ricadute negative che porrebbero gravi sfide alla stabilità economica e finanziaria globale e i paesi in via di sviluppo pagherebbero lo scotto maggiore nel contesto di una risposta a una pandemia che è ancora in corso".

LA GLOBALIZZAZIONE.

"Sebbene vi possano essere correnti contrarie per un certo periodo - ha aggiunto Xi - il cammino della globalizzazione non ha mai deviato e i paesi di tutto il mondo dovrebbero sostenere il vero multilateralismo e rimuovere barriere anziché erigere muri.

"Dovremmo aprire non chiudere - ha detto - cercare l'integrazione anziché il decoupling.

Questo è il modo per costruire un'economia mondiale aperta e a questo fine dovremmo lavorare a una riforma del sistema di governo globale in base al principio di equità e giustizia".

 

 

 

La Cina e gli schiavi del cotone.

Repubblica.it – Redazione – (15 dicembre 2020) – ci dice:

Nei documenti scoperti dalla BBC le prove dei lavori forzati nei campi a cui Pechino costringe centinaia di migliaia di uiguri e di altre minoranze.

La Cina costringe centinaia di migliaia di uiguri e altre minoranze a lavorare nei campi di cotone della regione occidentale dello Xinjiang.

 In condizioni di totale schiavitù, sottolinea in una sua inchiesta la BBC.

Una serie di documenti scoperti online dai cronisti della Tv britannica fornisce un quadro chiaro della portata del lavoro forzato nella raccolta di un quinto dell'offerta mondiale di cotone, ampiamente utilizzato nell'industria della moda.

Ma non solo: oltre al lavoro nei campi, nei quali si ritiene che siano stati destinati più di un milione di persone, le minoranze sarebbero anche costrette a lavorare nelle fabbriche tessili.

Il governo cinese nega le affermazioni, insistendo sul fatto che i campi sono "scuole di formazione professionale" e le fabbriche fanno parte di un massiccio e volontario programma di "riduzione della povertà".

Ma le nuove prove scoperte dalla BBC suggeriscono che più di mezzo milione di lavoratori di minoranza all'anno vengono anche indirizzati alla raccolta stagionale del cotone in condizioni che nascondono “un alto rischio di coercizione.

"Siamo di fronte a numeri di portata storica” ha detto alla BBC Adrian Zenz, un membro anziano della “Victims of Communism Memorial Foundation” di Washington che ha scoperto i documenti.

"Per la prima volta non solo abbiamo prove del lavoro forzato degli uiguri nella produzione, nella realizzazione di indumenti, ma anche direttamente nella raccolta del cotone”.

 Zenz ha lanciato un appello al mondo della moda: “Chiunque abbia a cuore le ragioni dell’etica deve guardare allo Xinjiang, che rappresenta l'85% del cotone cinese e il 20% di quello mondiale, e dire: no, non possiamo più farlo".

I documenti spiegano chiaramente le pressioni politiche nei confronti degli uiguri dello Xinjiang e di altri gruppi tradizionalmente musulmani.

Un netto cambiamento nell'approccio della Cina alla regione può essere fatto risalire ai due brutali attacchi contro pedoni e pendolari a Pechino nel 2013 e nella città di Kunming nel 2014.

 Pechino ha accusato fin dal primo momento gli islamisti e i separatisti uiguri.

La risposta è stata pesantissima: dal 2016 in poi il governo ha costruito nello Xinjiang una serie di campi di "rieducazione".

Che, come dimostrano i documenti citati dalla BBC, non sarebbero altro che prigioni nelle quali le minoranze sarebbero ridotte in condizioni di schiavitù.

 

 

“Solo il Popolo Cinese

potrà salvarci dal NWO!”

iopensoesono.it – (29 Gennaio 2021) – AndLeo -Steve Bannon – ci dicono:

 

Ho voluto trascrivere una parte dell’intervista all’ex capo consulente strategico della Casa Bianca, Steve Bannon, per cercare di capire cosa stia succedendo nel Mondo.

Premetto che non sono partigiano né della parte sinistra che appoggia la visione “Globalista Totalitaria del NWO” e né dalla parte destra che appoggia la visione degli “Stati Indipendenti Nazionali Sovrani”.

Entrambi hanno delle evidenti imperfezioni, anche perché si basano su una struttura piramidale: pochi comandano molti.

Ma a mio avviso il NWO è attualmente il pericolo maggiore per le nostre libertà individuali e il modo di vivere che vorremmo augurare al prossimo, ai nostri figli.

Non ho una soluzione in tasca, ma mi sento in dovere di farvi leggere questa intervista tradotta letteralmente da me dall’audiovideo in italiano da Epoch Times Italia.

Mi scuso per gli eventuali errori di grammatica dovuti a questa mia scelta di trascrizione veloce e fedele.

Ma ciò che conta è il contenuto che riguarda una tremenda battaglia in atto tra due poteri contrapposti di cui non sindacherò più di tanto il lato buono o malvagio, o se sono malvagi entrambi, ma darò a voi il modo di farvi un’idea…

Steve Bannon: Vogliono tutti fare affari con il regime comunista cinese. Ricordiamoci, non ci sono cospirazioni, ma non ci sono nemmeno coincidenze.

Torniamo indietro nel tempo: la terza settimana di Gennaio 2017 ci sono due discorsi importanti, uno a Davos e uno a Washington DC, quest’ultimo è il discorso d’inaugurazione di Donald Trump, il 20 Gennaio 2017.

Pochi giorni prima a Davos, al Forum Economico Mondiale, Xi Jinping va a tenere un discorso osannato da tutti i presenti, tutti gli uomini di Davos, tutti i consulenti di Mackenzie, Booz Allen, i migliori banchieri, i gestori di Hedge Fund, i banchieri commerciali, tutte le Star, tutta Hollywood, sono tutti a Davos per il week end invernale, per il Festival invernale, dove tutti si incontrano e parlano di come sarà il futuro.

Il raduno più elitario della Finanza Mondiale, della comunità politica, culturale esistente.

Xi Jinping fa un discorso, dice che il progetto di globalizzazione è fantastico: “Sapete che noi ne siamo il caposaldo, voi altri siete tutti degli stati vassallo, farete più soldi che mai, ma c’è un problema: il nazionalismo populista. È un problema, ci sono le masse, non sono state preparate, non sono élite come voi”.

Tre giorni dopo, Donald Trump tiene il discorso sulla carneficina americana, cosa dice?

È una difesa del sistema della sovranità westfaliana, la difesa dello stato-nazione.

Lo stato-nazione come unità, il quale in un mondo imperfetto, l’uomo possa avere la massima libertà possibile.

Quindi abbiamo il progetto di globalizzazione e il progetto nazionalista.

Ora, prendi il Financial Times di Londra o l’Economist, prendi i migliori giornali del mondo in quella settimana: Xi è considerato un leader globale e un uomo di pace, un visionario che ha portato il mondo ad un buon punto in questo progetto di globalizzazione.

Ora, torniamo indietro: quando parlo di consulenti, parlo di banchieri e di gestori di Hedge Fund che si incontrano, vanno tutti a Davos, fanno tutti cose diverse ma operano tutti nello stesso business, cioè quello dell’informazione, che si tratti di fare trading, Mass-media o politica aziendale, sono tutti nel business dell’informazione.

 Questi sono i più intelligenti di tutti e hanno accesso a tutte le informazione nel mondo, così quando Xi è seduto lì ed è osannato come un eroe sulla copertina dell’Economist, la prima pagina del Financial Times, Il Times di Londra, il New York Times, ognuno delle persone che sono lì, sanno tutto, sanno degli Uiguri e dei campi di concentramento, sanno tutto dei cristiani perseguitati in Cina, sanno tutto del prelievo forzato di organi, tutti sanno della repressione della Chiesa Cattolica dissidente, tutti conoscono il Falun Hong Kong e sanno delle torture subite dai loro praticanti, la loro repressione, sanno tutto del movimento filo-democratico, sanno cosa sta succedendo ad Hong Kong.

Loro sanno tutto, hanno informazioni perfette, sanno tutto ma non gliene frega niente.

Quello che la gente deve capire è che al progetto della globalizzazione non gli interessa niente di niente.

Il cuore pulsante, il modello economico e questa non è una teoria della cospirazione… è tutto di pubblico dominio… il cuore del sistema della globalizzazione è la riduzione in schiavitù del popolo cinese: funziona solo così.

 Il modello funziona solo riducendo in schiavitù i cinesi perché rendendoli forza lavoro schiavizzata, sottopagata, che fa orari di lavoro incredibili con le fabbriche, permette di trasformare i lavoratori del mondo in servi della gleba. La più grande esportazione della Cina che vogliono dal loro modello di business è la deflazione, la sovracapacità produttiva elevata ad interesse statale.

È un modo per tenere i prezzi al minimo, quindi per ottenere margini più alti, perché tenendo basso il costo del lavoro, esso viene esportato in tutto il mondo, facendo in modo che tutti i lavoratori del pianeta non ricevano aumenti di salari.

Il miracolo di Donald Trump è stato quello di essere riuscito ad aumentare realmente i salari agli operai, questo è il sistema che abbiamo.

Xi è sostenuto dalle élite mondiali e dice: “Questo è il sistema che abbiamo e chi si oppone sono i nazionalisti populisti in tutto il mondo”.

E quale è il più grande alleato in questa crociata, in questo sforzo? Sono i cinesi, perché capiscono che è la loro oppressione a far funzionare il sistema. Ed è la loro libertà che finirà per rompere il sistema.

Donald Trump rappresenta questo, ed è il motivo per cui rappresenta una minaccia per la globalizzazione.

 La gente dice che sono i dazi, si, ma questi sono tutti aspetti della questione, la parte fondamentale sono gli scenari che abbiamo visto in quei due discorsi. Sono due modi diametralmente opposti in cui organizzare il mondo.

 Uno si basa su centinaia di anni di libertà per quanto certamente imperfetta, l’altro è un regime totalitario, ecco dove siamo arrivati.

Tutte quelle persone dicono che stanno cercando di trasformare l’America con il socialismo, il comunismo, No!

Il PCC non è un’organizzazione comunista, è tutto falso!

È una combinazione di capitalismo di stato e di dittatura. Questa combinazione che le élite occidentali tanto amano, dicono: “Vedi, se solo potessimo essere la Cina per un giorno: risolveremmo il riscaldamento globale, le ingiustizie razziali”.

A loro piace questo modello, ammirano Xi Jinping, sì, ammettono che ci sono dei problemi.

 L’altro giorno è uscita la notizia che Apple TV ferma un programma su Goucher, ma la vera storia è un’altra: le persone interne di Apple TV affermano:

sono altre le serie Goucher che Tim Cook vuole fare.

L’unica legge ferrea di Apple TV è che non si può in nessun caso criticare il Partito Comunista Cinese nell’apparato di regime cinese, e questo per me è un crimine.

Questi oligarchi tecnologici, della Silicon Valley sono in affari con loro, gli oligarchi di Waal Street sono in affari con loro, le multinazionali sono in affari con loro, sono soci in affari, questo è il legame da spezzare.

Per questo sono di eroismo e di coraggio le persone che lavorano in “Epoch Times” ed altri che ne parlano ogni giorno, bisogna tenere costantemente sotto pressione il regime cinese.

Questa è la battaglia del nostro tempo, questo è il punto.

Ricorda: i mass-media non vogliono parlarne, perché dobbiamo dibattere sui brogli elettorali?

Io ho parlato del piano di rubare le elezioni già da giugno ad Agosto 2019, a causa del virus del PCC nel vostro documentario di “Epoch TV” di 8 o 9 mesi fa.

Nessuno ne parla, l’unica ragione di questo fiasco dei voti per corrispondenza è il virus del PCC: la sola ragione per cui da Gennaio 2020 faccio un Tour Pandemic.

Quando Tony Fauci ha detto che non c’era pandemia, era un’influenza da qualche parte nella Cina centrale e io ho detto: “No, No, No, questo è il PCC!”

Questo è un evento importante, cambierà la storia e oggi siamo seduti qui con un bilancio della Federal Reserve completamente distrutto, un’economia schiacciata, un deficit di un trilione di dollari all’anno.

Non abbiamo modo di riflettere su questo problema perché non abbiamo affrontato quello centrale: cioè il Partito Comunista Cinese.

Sono quelli che hanno permesso inavvertitamente la fuoriuscita di un virus da un laboratorio di armi biologiche o che lo hanno diffuso come arma biologica.

In ogni caso devono essere ritenuti responsabili, nessun governo occidentale si fa avanti e li considera responsabili, quindi questa è la grande lotta dei nostri tempi: una parte vincerà e l’altra perderà.

Se il PCC continua ad accattivarsi la nostra élite, nel Regno Unito, nell’Europa Occidentale, negli Stati Uniti e dovesse conquistarla, alla fine vinceranno.

Fermare questa infiltrazione, sarà il primo passo per distruggere il Partito Comunista Cinese.”

 

Il giornalista: “ora, la strategia del PCC, molti cinesi lo sanno, se hai fatto le scuole in Cina lo sai, per la maggior parte ti strangola con i tuoi stessi sistemi: è un’idea di una guerra senza limiti per manipolare la natura libera dei paesi stranieri: è quella di prendere il controllo delle infrastrutture, delle istituzioni e acquisire così il controllo di un paese.

Come tu hai detto li trasforma in stati vassalli, se capiamo come funziona questa guerra e cosa significa diventare uno stato vassallo.

Tu hai detto che la gente non pensa alle mire espansionistiche della Cina, ma questo non è vero, lo sappiamo, loro parlano direttamente del progetto cinese del 2049, delle loro ambizioni, della Cina 2025 e lo definiscono il sogno cinese.

 Ad esempio parlano di cosa significhi conquistare una nazione con il modello cinese come iniziativa del Modello della Via della Seta.

Se ci pensiamo è interessante ed ho già parlato con alcuni colleghi cinesi e sai cosa mi dicono quando sentono nominare il globalismo? Sai a cosa pensano? Pensano all’Internazionale Comunista, perché mentre crescevano durante la Guerra Fredda, questa è la retorica che veniva inculcata.

Quando vedono il Globalismo, loro vedono l’Internazionale Comunista, è la stessa identica cosa con un nome diverso.

Ora Steve, vorrei capire, come potremmo definire in questo caso l’assoggettamento di una nazione, la creazione di Stati-Vassallo senza l’utilizzo di mezzi militari?”

Bannon risponde:

“Beh, lo vediamo proprio ora, lo stiamo vedendo, parliamo della massa continentale Euro Asiatica ricordate, tra di loro, alcuni sostengono di non essere geograficamente espansionisti.

 Beh, in realtà direi che per la prima volta, le tre grandi teorie della Geopolitica, dell’espansione, vengono inculcate nella strategia di base del PCC, hanno preso Mackinder, secondo cui chi controlla l’isola del mondo, in pratica la terra ferma Euro Asiatica (da lui definita Isola del Mondo), in particolare il centro di essa, controlla il Mondo.

A secondo della strategia Mahn, che era quella dell’Impero Britannico negli Stati Uniti: il controllo dei punti di sbarramento navali, il controllo dei mari, in particolare dei blocchi navali.

Così sarai in grado di controllare l’isola del Mondo, quindi il Mondo intero. La Terza strategia è quella di un certo Spykman, che ha detto: no, no, in realtà la chiave è la pianura intorno all’Asia, se riesci a controllarle e a costringere le persone ad andarsene, controlli sia l’interno, che la terra ferma e gli oceani.

Il Regime Cinese è l’unica potenza al Mondo che ha seguito tutte e tre le strategie insieme, dalla Via della Seta all’espansione navale del Gibuti, a tutti i diversi punti di strozzatura dello stretto di Malacca, tutto.

Quello che stanno facendo per costringere tutto l’Occidente, gli Usa, l’Australia, tutti, ad allontanarsi dalla terra ferma, in particolare intorno al Mar Cinese meridionale, lo chiamano “loro mare territoriale”; costringono gli Stati Uniti a tornare a Wuhan.

 In Australia questi tizi si sono allontanati dall’area costiera del (non si capisce il nome), lo stanno facendo proprio ora, e i loro partner come la Corea del Nord, quelli minori come Pakistan, Iran, Turchia, Russia, attualmente la Turchia a volte non lo è o lo è, gli altri invece sono completamente intrappolati.

Un controllo totale delle classi dirigenti, fa tutto parte del piano, in particolare il Mullah è il più pericoloso, ma ne fanno tutti parte.

Stanno facendo tutto questo per controllare il territorio Euro-Asiatico.

Ridotta all’essenza: la politica estera americana nell’Agosto del 1914, all’inizio della Prima Guerra Mondiale, è stata bipartisan.

“Non permetteremo mai, né a una sola potenza, né ad una coalizione di potenze, di controllare la massa continentale Euro-Asiatica”, perché è essenzialmente l’Isola del Mondo.

Se si guarda a come dovrebbe essere realmente una mappa: l’emisfero occidentale, sono tutte isole intorno a questa massa terrestre.

Il giornalista: “Questa è la strategia su cui si basa la Russia di Putin”

Bannon: “Sì, il Duginismo, è la stessa cosa.

Riguardo all’Asia Centrale: la Via della Setta, il Made in China 2025, il ruolo di Huawei: queste tre strategie convergenti sono state usate fondamentalmente per creare questi Stati Vassallo.

 Hai presente la Via della Seta? Si trattava solo di ottenere il denaro dal paese che chiedeva il prestito per costruire infrastrutture che avrebbero unito i mercati.

Ricordati che la mira del PCC è la Cina a capo di tutte le industrie manifatturiere avanzate.

Il Made in China 2025: si impadroniranno di dieci o quindici industrie, convergenza nella progettazione avanzata dei Chip, robotica, intelligenza artificiale, per non parlare della parte bio-ingegneria, ma anche questa è una parte importante per creare mercati, accesso alle materie prime, al commercio, e assicurarsi che questi paesi guadagnino abbastanza soldi per comprare le merci.

Forse si produrrebbero anche alcune componenti in Europa Occidentale, ma in sostanza s’è integrati in un sistema.

Il Discorso di Xi-Jinping a Davos è questo: non abbiamo bisogno dello Stato-Nazione.

 Che tipo di Globalismo è? Una rete. La Cina sarà l’unica Nazione e il resto sarà solo una rete di unità geografiche ben definite.

Mentre il sistema della Westfalia in realtà è una comunità di Stati-Nazione Indipendenti, ed è per questo che siamo diametralmente opposti.

Ma i cinesi e il Partito Comunista Cinese sono sulla buona strada: prima nel territorio Euro-Asiatico, ed è qui se una Terza Guerra Mondiale, se ci spostiamo dalla guerra ad oltranza, in questo momento siamo in guerra aperta, sia mediatica che cibernetica, dell’informazione, di guerre economiche, chiaramente in una guerra politica.

Questa non è una Guerra Fredda, sono Guerre Calde: passare ad un vero conflitto armato è una cosa che i cinesi non vogliono, perché mirano a sconfiggerti prima che ci arrivi.

 Sanno che l’Occidente è abbastanza capace nella produzione di armi e nel loro impiego di azioni combinate e sanno che i nostri soldati da migliaia di anni sono addestrati ad un certo tipo di mentalità militare.

I cinesi non lo vogliono, ma se si arrivasse a questo, sarebbe in posti come il Mar Cinese Meridionale o il confine tra India, Tibet, Cina, che in questo momento sono le zone calde intorno al territorio Euroasiatico.

Ecco perché siamo in un territorio molto, molto difficile: è come gli anni ‘30 del secolo scorso.

Questo PCC non è diverso dal Fascismo o dai Nazisti di quegli anni.

Luoghi come Hong Kong sono diventati davvero l’equivalente della Cecoslovacchia, è lì che l’Occidente traccia una linea.

Se si permette alla gente libera, come quella di Hong Kong di essere sopraffatta da questo sistema, allora nessuno si opporrà più.

Ricordate, la ragione per cui si ha una migrazione di cinesi in tutto il Mondo è perché il popolo cinese vuole la libertà.

Per questo ho detto quelle cose sulle attuali elezioni (USA2020), lo hanno affermato gli ufficiali americani che hanno sostenuto Trump: è l’elezione più importante negli Stati Uniti dalla fondazione della Repubblica, ma è anche l’elezione più importante per 5.000 anni di storia cinese.

 Il Popolo Cinese è l’unica grande civiltà in cui non hanno mai avuto un solo giorno di libertà, forse solo durante Zhou Ying Zheng, o per qualche periodo durante la Repubblica, forse, ma per 5.000 anni c’è stato un asservimento di questo popolo che non ha mai avuto la libertà.

 Quello che vedete, quello che il PCC ha permesso che accadesse: la migrazione ovunque vadano, Canada, Stati Uniti, Australia, Taiwan ed Europa Occidentale, prosperano sempre.

 Guarda cosa ha fatto il popolo cinese lontano dalla sua patria…non è che vogliono lasciare la Cina, sono costretti ad abbandonarla perché in Occidente esistono le opportunità date dalle libertà, democrazia e stato di diritto.

 Ecco perché adesso assistiamo alla crescita di questa comunità, questa è la grande lotta.

Il PCC non può permettere che questo accada, queste persone devono essere cacciate od eliminate, che si tratti del Falun Hong Kong, del Movimento per la Democrazia, o dei cristiani clandestini: devono essere eliminati o braccati in tutto il mondo, perché non possono permettere che vedano luoghi come Hong Kong e Taiwan prosperino.

Esempio: “ehi, guarda Hong Kong, guarda cosa ha fatto al popolo cinese sopra ad uno scoglio!

Ha costruito il terzo maggiore mercato mondiale dei capitali con la libertà e lo Stato di diritto”.

Il regime cinese non può permetterlo, è qui che si vede la debolezza.

Per vedere la conquista dell’élite, guardate la debolezza di quanto è successo a Hong Kong: l’Occidente sarebbe dovuto restare unito, guidato apertamente dalla Gran Bretagna perché la Cina era un ex colonia britannica, in realtà hanno accettato un accordo che tutto il mondo ha sostenuto.

 Questo perché Margaret Thatcher e gli inglesi lo hanno negoziato…sono stati fatti a pezzi, sono stati gettati alla gente, ci hanno sputato sopra e hanno soppresso la gente di Hong Kong.

Se vuoi capire il declino della Gran Bretagna, basta guardare quello che è successo ad Hong Kong: l’incapacità della G.B. di alzarsi in piedi.

Parlando degli Stati Uniti con Trump Presidente, penso che se si guarda al confronto complessivo con il PCC, la maggiore debolezza è stata il confronto con Hong Kong che avremmo dovuto avere, rimpiangeremo il giorno in cui nel 2019 non abbiamo fermato la repressione del popolo cinese bloccandola sul nascere, mandando un messaggio al Partito Comunista Cinese, non puoi sottomettere a tuo piacimento i cinesi liberi in tutto il mondo.

Se Biden avesse successo nel furto elettorale la gente dovrebbe capire che stiamo passando 24 ore al giorno per impedire assolutamente a Biden, ai suoi e alla gente intorno a lui di contrastare il grande movimento che abbiamo creato e la resistenza al PCC attualmente in atto, questa è la minaccia che incombe.

Questo è quello che fra 100 anni la gente ricorderà, quello che ricorderanno del primo mandato del Presidente Trump, l’ho detto anche a lui.

Si ricorderà una sola cosa, non sarà l’Impeachment, non saranno tutte queste sciocchezze russe, non saranno il taglio delle tasse, ma sarà il fatto che è stata la prima persona che s’è alzata in piedi e da vero leader degli Stati Uniti ha affrontato il PCC.

 

Per quanto fosse imperfetto quello scontro. Mi rendo conto delle imperfezioni, quello è stato un grande cambiamento e se ne parlerà tra un centinaio di anni. La gente e i suoi sostenitori dovrebbero capire che vinceremo, non c’è dubbio, vinceremo.

 Perché vinceremo? Perché abbiamo il miglior alleato possibile in questa lotta: l’antico popolo cinese.

Anch’io vengo da una famiglia di umili operai, nella mia famiglia sono tutti umili, sono solo ingranaggi di una ruota, ma sono ingranaggi felici nella ruota.

 È così che dovrebbe essere strutturata la nostra società, una società civile.

L’antico popolo cinese, i lavoratori, le lavoratrici della Cina, sono il nostro più grande alleato per abbattere il Partito Totalitarista Cinese.

In realtà è l’evento caratterizzante della prima metà del ventunesimo secolo, sarà la libertà del popolo cinese e sarà nel modo in cui la realizzerà; solo loro possono ottenere la propria libertà, noi siamo qui per aiutarli e se li aiutiamo, copriamo a loro le spalle in ogni aspetto di questo conflitto globale, il popolo riuscirà a rovesciare il Partito Comunista.

 Insedieranno il governo che vorranno, lo stato di diritto, la democrazia e tutto ciò che ha prosperato in Occidente.

 

Racconto alla gente di quando sono stato in Ohio ad assistere i discorsi del Presidente Trump.

Se vai in Ohio, in Michigan o in Pennsylvania, puoi iniziare a parlare della Cina e della deindustrializzazione dell’America, del PCC che sta lavorando con Wall Street per portare via le fabbriche, non c’è bisogno di dare molta spiegazione.

La gente sa intuitivamente cosa sta per accadere e rispondono, rispondono in modo molto forte e positivo a questo messaggio.

Se vai a New York o a Washington, la gente sembra stupita: “Ma di cosa stai parlando? Non sono i nostri partners? Non sono dei concorrenti strategici?”

Questa è la nuova definizione: “strategici” No! Non sono un nostro concorrente strategico, sono un nostro nemico, lo sono del loro stesso popolo e soprattutto del popolo degli USA.

Questo è dimostrato dal virus del PCC, dalle loro azioni. Sono una minaccia per tutta la società, si preoccupano solo del loro tornaconto, le persone di cui si occupano di meno sono il loro popolo.

Ed è questa partnership cinese che sarà la loro distruzione. Le persone devono capire che stiamo vincendo, non voglio dire che succederà domani, ma stiamo vincendo.

Alla fine le genti cinesi saranno libere per mano propria e sarà un onore far parte del sostegno cinese nel suo sforzo.”

Il giornalista: “Steve, solo un’ultima domanda su questa battaglia di cui abbiamo parlato.

Su “Epoch Times” abbiamo parlato di questa libertà contrapposta al socialismo, potresti anche definirla Bene contro Male, Tirannia contro Libertà, o in altri modi.

Come definiresti questa battaglia finale che il mondo osserva in questo momento e come si collega alle elezioni?”

Bannon risponde: “Penso che questo riguardasse la parte delle elezioni, perché questo virus del PCC ha dato la possibilità ai Democratici e alla Sinistra Progressista di rubare queste elezioni, ma questo, quando lo riassumi, è l’alleanza tra la libertà e coloro che vogliono respirane la purezza, con tutte le responsabilità e gli svantaggi che ne derivano rispetto ad un sistema totalitario che supporta uno dei peggiori elementi del capitalismo di stato, del peggior modello dittatoriale.

Non c’è miglior rappresentazione che la diaspora del popolo cinese: dove tale Popolo ha accesso alla Democrazia, alle libertà. prospera.

 Sono i migliori cittadini, sono orientati alla famiglia, lavorano sodo, sono orientati ai risultati, credono alla meritocrazia, sono tutto ciò che desideri in una Repubblica Democratica, in un paese di buoni cittadini.

Si concentrano sulla loro famiglia, su come migliorare le cose per la propria comunità, quindi il modo in cui lo definisco è Bene e Male.

 Piuttosto, un modello, il Partito Comunista Cinese è marcio fino al midollo perché instilla tutti gli elementi peggiori contro i quali le persone amanti delle libertà hanno combattuto per millenni.

Il controllo assoluto e totale di una piccola parte dell’Elite che non concede alcun diritto a nessun altro e li guarda fondamentalmente come un’unità di produzione per ottenere i propri benefici.

Questo è il motivo per cui queste elezioni sono le più importanti in 5.000 anni di storia cinese:

è per questo che una civiltà grande come il popolo cinese non ha avuto un giorno di libertà in più di 5.000 anni, nessun’altra civiltà sulla terra è così.

Ecco, direi che è assolutamente un crimine sconcertante.

Penso che questo non sia dovuto solo al PCC, come criminale maggiore, credo che lo siano stati anche i loro complici: i partners commerciali occidentali, loro avrebbero dovuto saperlo, è Wall Street.

 Ricorda, sono persone che non sanno quello che accade.

Ritorna alla logica della Conferenza di Davos o del Forum Economico Mondiale: questo incontro a Davos che rappresenta il sistema di tutto il Mondo, sono le persone più intelligenti in circolazione, hanno partecipato alle Università più prestigiose, le Ivy League, io sono andato alla Georgetown School Foreign Service e alla Harvard Business School, lavoro presso Goldman Sachs.

 Sono stato in quelle sale riunioni, vedo come pensano queste persone, so che hanno accesso alle informazioni, sanno quello che sta succedendo, lo sanno assolutamente!

Se posso, voglio dire l’ultima cosa su come andrà a finire.

Farò riferimento ad un film. C’è un film girato negli anni ‘80 con Kevin Costner e Sean Connery su Eliot Ness:

Gli Intoccabili, parla dell’epoca dei Gangster di Chicago, degli anni ‘20 durante il Proibizionismo.

Sean Connery interpretava un vecchio poliziotto irlandese, Kevin Costner era un giovane investigatore e stavano affrontando Al Capone, la peggiore mafia, mafia come il Partito Comunista Cinese, a Chicago negli anni ‘20, Sean Connery si rivolge a Eliot Ness e gli dice:

 “Tutti sanno dov’è il whisky, tutti sanno dove sono le distillerie, tutti sanno dove lo producono.

Non è che non sappiamo dove sia. abbiamo la volontà politica di attraversare la strada, prendere un’ascia, abbattere la porta ed arrestarli? È l’unica cosa che abbiamo.”

Ci sono tante cose che ci trattengono, se avremo il coraggio politico di farlo, finirà così, questa è essenzialmente la situazione in cui ci troviamo oggi.

Tutti sulla Terra sanno cosa sia il PCC, tutti sulla Terra e anche nella Nazioni Musulmane che sono tutte loro partners, sanno che cosa hanno fatto ad alcune minoranze nei campi di concentramento, tutti sanno che cosa hanno fatto con il prelievo di organi, tutti sanno che cosa hanno fatto alle Chiese clandestine cristiane, tutti sanno della repressione come hanno sottolineato i Cardinali: cioè il Vaticano è in combutta con la repressione della Chiesa Cattolica clandestina, tutti conoscono le torture e la persecuzione contro i praticanti del Falun Gong, tutti sanno che cosa hanno fatto al Movimento Per la Democrazia, tutti sanno che vanno in tutto il Mondo alla caccia dei cinesi liberi e influenti, opponendosi a loro in tutto il Mondo.

Ogni Elite, ogni giornale, ogni programma televisivo, CNN, MCNBC, il New York Times, il Washington Post, il Times di Londra, il Financial Times, L’Economist, lo sanno tutti!

Non è questione d’informazione: “oh no! Non lo sapevo, non lo sapevo.”

Lo sanno tutti! Wall Street lo sa! Le Corporations lo sanno!

E s’inchinano! Loro lo sanno!

L’unica domanda è se abbiamo la volontà politica di fermarli.

Ma verrà dal movimento popolare, dai cosiddetti Deplorevoli, dall’antico popolo cinese, dalla gente comune.

Alla fine quando quei gruppi ne avranno le tasche piene e diranno BASTA!

Allora ci saranno cambiamenti drammatici, sarà la caduta del Partito Comunista Cinese e il riconoscimento delle responsabilità:

di tutti, di quelli che sono stati i loro partners, e di tutti quelli che hanno fatto soldi con loro, di tutti quelli che hanno rubato la ricchezza sottratta al popolo cinese.

 Il giorno della resa dei conti sta arrivando, quello della responsabilità arriverà il giorno dopo.

Le persone dovrebbero capire che stiamo vincendo, a volte il cielo è blu e a volte è grigio, ma stiamo vincendo perché questa è una lotta.

 Sai, sono un grande credente, sono un combattente da strada, ma ho creduto sempre nelle lotte che contano.

E questa non è solo una lotta che conta, questa è forse l’unica battaglia che conta se le riconosci una tale importanza, quindi sono onorato di poterlo fare ogni giorno della mia vita.”

"Siamo di fronte a numeri di portata storica” ha detto alla BBC Adrian Zenz, un membro anziano della “Victims of Communism Memorial Foundation” di Washington che ha scoperto i documenti.

"Per la prima volta non solo abbiamo prove del lavoro forzato degli uiguri nella produzione, nella realizzazione di indumenti, ma anche direttamente nella raccolta del cotone”.

Zenz ha lanciato un appello al mondo della moda: “Chiunque abbia a cuore le ragioni dell’etica deve guardare allo Xinjiang, che rappresenta l'85% del cotone cinese e il 20% di quello mondiale, e dire: no, non possiamo più farlo".

I documenti spiegano chiaramente le pressioni politiche nei confronti degli uiguri dello Xinjiang e di altri gruppi tradizionalmente musulmani.

Un netto cambiamento nell'approccio della Cina alla regione può essere fatto risalire ai due brutali attacchi contro pedoni e pendolari a Pechino nel 2013 e nella città di Kunming nel 2014.

 Pechino ha accusato fin dal primo momento gli islamisti e i separatisti uiguri.

La risposta è stata pesantissima: dal 2016 in poi il governo ha costruito nello Xinjiang una serie di campi di "rieducazione".

Che, come dimostrano i documenti citati dalla BBC, non sarebbero altro che prigioni nelle quali le minoranze sarebbero ridotte in condizioni di schiavitù.

 

 

Le “Armi” segrete di Zelensky.

Conoscenzealconfine.it – (30 Novembre 2022) -   Claudio Martinotti Doria – ci dice:

 

Esattamente come Hitler nell’ultimo periodo bellico, quando ormai le sorti della guerra erano segnate, anche l’ex comico cocainomane Zelensky, ripone le sue ultime speranze nelle “armi” segrete.

In un video che ha circolato per qualche tempo in rete, poi subito fatto sparire, si è visto atterrare nell’Aeroporto Internazionale di Leopoli “Danylo Halytskyi”, un cargo C-130J Super Hercules privo d’insegne identificative e di color nero, dal quale ci si sarebbe aspettato di vedere scendere materiale bellico o forze speciali.

Con immensa sorpresa, i pochi testimoni, uno dei quali probabilmente autore del video, videro scendere alcune decine di uomini e donne con strani costumi policromatici e folkloristici, come fossero provenienti da o diretti a una festa in maschera o di Halloween, tutti portavano una molteplicità di amuleti e talismani di ogni forgia, collane, ornamenti pittoreschi, alcuni disponevano di lugubri bastoni con dei piccoli teschi al posto del pomelo.

Successivamente il video, che seppur sparito dalla rete è stato salvato in tempo da diversi internauti, è stato esaminato da alcuni esperti in discipline antropologiche, etnologiche e simbologiche, che hanno identificato i costumi come haitiani.

 In particolare si tratterebbe di costumi cerimoniali indossati dagli tongani e dal mambo durante i rituali vudù.

Si presume pertanto che le persone sbarcate a Leopoli fossero sacerdoti e sacerdotesse vudù.

Tutti sappiamo quale sia la principale prerogativa attribuita a tali personaggi, quale sia il loro potere, per quanto ammantato di leggenda e mitologia.

Di fronte al collasso del suo paese, al rischio di un’interruzione del sostegno occidentale, alla migrazione di decine di milioni di abitanti infreddoliti e affamati, e soprattutto di fronte a un esercito ormai decimato e allo sbando, che rischia continui ammutinamenti (seppur soffocati nel sangue dai nazisti e taciuti dai media mainstream), a Zelensky non rimane altro che far resuscitare i soldati da lui stesso fatti massacrare, per obbligarli a combattere di nuovo, in un perverso e aberrante circolo vizioso, una sorta di angosciante loop temporale, nel quale le vittime sono sempre le stesse, come pure il carnefice.

Ma la componente più inquietante di questa situazione è l’imperdonabile complicità dell’Occidente, che non solo sostiene questo osceno personaggio ma ospita moltissimi corrotti oligarchi ucraini fuggiti dalla guerra, arricchitisi depredando il loro paese e vendendo le forniture militari destinate al fronte.

Un regime criminale nazista creato dagli anglosassoni con il colpo di stato del 2014 in chiave antirussa, che ha come effetto collaterale doloso il depauperamento dell’UE, eseguito dall’attuale leadership europea che agisce contro gli interessi della popolazione.

Ad ogni modo non escluderei l’ipotesi che gli zombie, una volta attivati, vedendo le folle cittadine dirigersi verso i confini europei in cerca di un pasto e un luogo di accoglienza caldo, si pongano sulla loro scia e non varchino anche loro i confini dell’UE.

 Aggravando in tal modo la situazione.

Non dubito che anche in questo caso, per coerenza politica, i DEM di casa nostra invochino il diritto di accoglienza nei loro confronti, come profughi di guerra, che per altro, nel loro specifico caso, hanno veramente combattuto.

(Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria- cavalieredimonferrato.it/)

Decodifica Davos.

Fase finale globale.

  Globonews.it – Michele Forina - (April 14, 2021) – ci dice:

LA FASE FINALE.

Questo approfondito documentario vi porterà in un viaggio di Klaus Schwab e l’offerta del “World Economic Forum” per il controllo totale del pianeta.

Davos, una classe di élite tecnocratiche globali, ha in programma di eseguire un grande ripristino e ricostruire l’intera società, ma cosa c’è veramente dietro i loro piani e dove è diretto?

Non e il primo video sul tema che viene tradotto, ma non bastano mai.

Questa la traduzione scritta del testo nel video:

Decodificare Davos: The Global Endogame.

La frase agghiacciante di George Orwell “uno stivale che ti calpesta la faccia per sempre” dal suo libro ‘1984‘ è molto vicina al suo massimo compimento.

Vedete, le persone che hanno annunciato coraggiosamente che “entro il 2030 non possiederete nulla e sarete felici” e che semplicemente “affitterete tutto ciò di cui avete bisogno” si sono incontrate durante la settimana dal 25 gennaio 2021 per discutere i piani per un rimodellamento totale del pianeta.

Sì, sto parlando del “World Economic Forum” noto anche come “Davos Class”.

 La conferenza è iniziata con le osservazioni di Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del “World Economic Forum”, che ha affermato che il 2021 è “un anno cruciale e fondamentale per il nostro futuro”.

Alla conferenza di una settimana hanno partecipato rappresentanti di:

governo, banche, attività commerciali, università, media, Big Tech- Big Pharma.

Alcuni dei componenti più importanti includevano:

Anthony S. Fauci, Direttore, Istituto nazionale di Allergie e Malattie Infettive (NIAID);

Bill Gates, Presidente della The Bill & Melinda Gates Foundation;

Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore generale, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS);

Kristalina Georgieva, Amministratore Delegato, Fondo Monetario Internazionale (FMI);

Al Gore, ex vicepresidente degli Stati Uniti;

John F. Kerry, Inviato speciale presidenziale degli Stati Uniti per il clima;

Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea;

Angela Merkel, Cancelliere Federale della Germania;

Sundar Pichai, Amministratore Delegato, Alphabet; Amministratore Delegato di Google Inc.;

Rajiv Shah, Presidente della Rockefeller Foundation;

C’erano anche comunicazioni speciali consegnati da:

António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite;

Emmanuel Macron, Presidente della Francia;

Benjamin Netanyahu, Primo Ministro di Israele;

Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa;

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea;

Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare Cinese;

I 7 temi principali degli incontri di Davos di quest’anno sono stati:

1.Come “salvare” il pianeta

2.Economie più giuste

3.Tecnologia per il Benessere

4.Società e futuro del lavoro

5.Affari migliori

6.Sanità del futuro

7.Oltre la geopolitica

Suona bene, vero…?

Se desiderate che tutto nella vostra vita sia deciso da una cabala di ricchi addetti ai lavori, autocompiacenti e ben collegati, sono sicuro che suona meravigliosamente.

Per il resto di noi, che apprezzano l’indipendenza, la libertà e la privacy, gli obiettivi di Davos di salvare il pianeta e trasformare la società, suonano più come grida di battaglia autoritarie che farebbe inorridire persino George Orwell.

Nessun Ritorno alla Normalità.

Dei Favolosi front man, Klaus Schwab, ha apertamente dichiarato che la “pandemia” COVID-19 era l’occasione perfetta per “re-immaginare il nostro mondo” e ha persino scritto un intero libro su come farlo, dal titolo Covid-19 – The Great Reset…

In effetti, Schwab ha proclamato con orgoglio che il mondo non sarebbe mai tornato alla normalità dopo la “pandemia”, come se fosse una cosa orribile.

In COVID-19 – The Great Reset, Schwab ha rafforzato la sua posizione del mancato ritorno alla normalità, affermando:

Molti di noi stanno riflettendo quando le cose torneranno alla normalità.

La risposta breve è:

mai…

Nulla tornerà mai al senso di normalità “interrotto” che prevaleva prima della crisi, perché la “pandemia” del coronavirus segna un punto di svolta fondamentale nella nostra traiettoria globale.

Klaus Schwab.

Com’era prevedibile, Schwab non era l’unico a pensarla così.

È stato sostenuto da molti leader di governo e degli affari che hanno iniziato stranamente a fare eco quasi con le stesse identiche dichiarazioni nei media.

È stato il “World Economic Forum” di Schwab insieme alla Bill and Melinda Gates Foundation e al John’s Hopkins Center for Health Security a sponsorizzare l’Evento 201 nell’ottobre 2019.

Questo esercizio di preparazione alla “pandemia” ha presentato una copia quasi carbone di ciò che sarebbe accaduto nella vita reale solo pochi mesi dopo.

Lasceremo per un’altra volta l’argomento delle vere origini e della natura del virus.

Ma come ha predetto il gruppo di esperti durante l’Evento 201, tutto è cambiato e molto rapidamente una volta che l’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che fosse in atto una “pandemia”.

Lo stesso giorno, il “Forum Economico Mondiale” ha annunciato la creazione della sua piattaforma d’azione COVID, che funge da modello per rimodellare la risposta economica globale alla “pandemia” del coronavirus.

È stata anche rilasciata la “Strategic Intelligence Platform” sviluppata per

“esplorare e monitorare i problemi e le forze che guidano il cambiamento di trasformazione nelle economie, nelle industrie e nelle questioni globali.

In altre parole, prendere il controllo di tutto ciò che è vitale per la vita del pianeta e della sua popolazione.

Con questi sforzi e altro ancora, la Class Davos non ha perso tempo con i suoi piani per rimodellare il mondo.

Come ha affermato una volta l’ex sindaco di Chicago Rahm Emanuel (e fratello del dott. Zeke Emanuel di. “Nessun ritorno alla normalità”):

Mai si vuole che una crisi seria vada sprecata. E quello che intendo con questo è un’opportunità per fare cose che pensi di non poter fare prima.

Ma il vero problema è sempre stato quello di portare avanti un’agenda per creare un governo globale.

La “pandemia” è stata la scusa usata per accelerare questo schema. E oh, che schema è…

Ma lasciamo ancora una volta che il fantoccio globalista Klaus Schwab prepari il terreno per il vero meccanismo che verrebbe utilizzato per portare avanti tutti i cambiamenti desiderati della Class Davos… Paura!

Ancora una volta, è stato Schwab a riconoscere che:

la diffusione di malattie infettive ha una capacità unica di alimentare la paura, l’ansia e l’isteria di massa.

Schwab, Klaus.

COVID-19 – The Great Reseat.

In effetti, l’isteria indotta dalla paura da una crisi di salute pubblica ha causato gli scenari esatti che nell’Evento 201 erano stati presentati pochi mesi prima.

COVID-19 è servito come una palla da demolizione scatenata per ribaltare ogni aspetto della vita.

Questo esperimento mondiale di ingegneria sociale si è rivelato ampiamente riuscito, poiché le società di tutto il mondo sono state trasformate in un paio di mesi in regimi totalitari che chiedevano il rispetto di misure draconiane emanate per “fermare la diffusione del virus”.

Negli Stati Uniti, è stato annunciato come “15 giorni per rallentare la diffusione”.

I cittadini hanno acconsentito a misure che prima dell’epidemia sarebbero state considerate impensabili, come l’allontanamento sociale, la copertura del viso, la ricerca di contatti, la chiusura di attività commerciali e le restrizioni di viaggio.

Tutti gli aspetti della vita sono stati completamente ribaltati.

Fortunatamente, il tasso di mortalità per il virus non è stato affatto vicino a quanto previsto nell’Evento 201.

Tuttavia, i tassi di suicidio, violenza domestica, depressione e abuso di sostanze, sono aumentati, poiché lo stesso “lockdown” si è rivelato più minaccioso del virus.

Ma indovinate un po? Tutta questa sofferenza umana è stata predetta dalla classe Davos…

Sapevano che sarebbe stato particolarmente difficile per i paesi in via di sviluppo e le minoranze.

Erano pienamente consapevoli che una crisi di questa portata avrebbe ulteriormente ampliato il divario di ricchezza tra ricchi e poveri.

Conoscevano già da prima il danno estremo che sarebbe stato fatto, e il prezzo che avrebbe avuto sulla salute umana, la ricchezza, il benessere emotivo e spirituale.

Ma questi vampiri malati, contorti e assetati di potere userebbero tutto questo caos come parte del loro gioco finale.

La loro speranza è che rendendo queste iniquità più visibili, accetterete più prontamente le loro soluzioni pre-pianificate.

Ed è così come intendono farlo…

Costruire la fiducia per la governance globale.

Uno dei temi principali degli incontri di Davos di gennaio era incentrato sulla “costruzione della fiducia”.

In effetti, Schwab ritiene che una delle questioni più critiche per il successo dei loro piani sia il rinnovamento della fiducia.

 La classe Davos sta facendo tutto il possibile per farti accettare i loro piani. Non possono farlo senza problemi, senza la vostra fiducia.

Vedete, questo gioco globale funziona producendo il vostro consenso attraverso:

propaganda sofisticata; programmazione predittiva; lavaggio del cervello a tutto campo… A meno che voi non diciate esplicitamente di no e fate qualcosa per resistere ai piani della classe di Davos, prenderanno il vostro silenzio e la vostra compiacenza come il permesso per procedere con la loro agenda.

Questo è il motivo per cui amano usare parole come inclusivo, equo, resiliente, sostenibile, multipolare, collaborativo e giustizia sociale per far sembrare che voi siate invitati al tavolo per aiutare a prendere decisioni. In realtà, tutte le decisioni sono già state prese per voi.

E nessuna è veramente a vostro vantaggio.

Ma la classe di Davos non è stupida.

Si rendono conto che molti stanno seguendo i loro piani e hanno anche ammesso che “The Great Reset” suona come una nefanda cospirazione globale.

Quindi, stanno ricorrendo a tattiche di manipolazione come appaiono su questo video di “The Great Reset” per farvi dubitare dei vostri sospetti e dipingere come un ciarlatano chiunque contraddica la loro narrativa.

Sì, amano liquidare qualsiasi rapporto sui loro malvagi programmi come “teorie del complotto”.

Ma questo tipo di propaganda non è altro che un trucco di magia.

È un gioco di prestigio come quelli per la strada con video, rapporti e marketing intelligente prodotti in modo professionale.

Vogliono disperatamente che tu creda che si preoccupano profondamente per voi e sono atterriti da qualsiasi resistenza.

Come osate anche solo pensare di metterli in discussione e cercare risposte da soli!

Fidati degli esperti. Fidati del governo. Fidati dei banchieri. Fidati della scienza.

Fidati del piano.

Affidati alla classe Davos…!

La “pandemia” di COVID è solo la prima fase del piano per farti arrendere ai loro obiettivi.

Cos’altro hanno in serbo?

Agenda 21/2030 e Collettività.

Alla ricerca di un nuovo nemico che ci unisse, abbiamo avuto l’idea che l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la carestia e simili sarebbero stati adatti…

Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento umano ed è solo attraverso atteggiamenti e comportamenti modificati che possono essere superati.

Il vero nemico, quindi, è l’umanità stessa.

Dr Alexander King, Co-fondatore del Club of Rome.

La prima rivoluzione globale – Un rapporto del Consiglio del Club di Roma

di Alexander King e Bertrand Schneider.

1991.

I piani diabolici per formulare un governo globale sono stati fomentati molto tempo fa.

Il Club di Roma ha svolto un ruolo enorme in tutto questo sin dal 1972 con la pubblicazione del suo rapporto, “The Limits to Growth”, che essenzialmente incolpa tutti per i problemi della società, perché troppe persone consumano troppe cose.

Uno dei modi principali in cui questo sindacato globale di magnati bancari, intellettuali, scienziati, burocrati e loro amici ha pianificato di raggiungere il loro Nuovo Ordine Mondiale è stato promuovere la minaccia del riscaldamento globale, che oggi si è trasformato in cambiamento climatico.

È lo stratagemma del cambiamento climatico che sta dando ai tecnocrati globali il pretesto per cambiare il mondo chiedendo emissioni nette di carbonio zero che distruggerebbero l’industria dei combustibili fossili e altererebbero completamente il modo in cui opera il mondo.

La minaccia della crisi ambientale sarà la “chiave del disastro internazionale” che sbloccherà il “Nuovo Ordine Mondiale”.

Dopo secoli di gestione di tutte le industrie che inquinano la Terra e la riempiono di veleni, ora vogliono che voi crediate che abbiano un piano per correggere tutti questi torti.

Ma il Club di Roma, il Forum economico mondiale e le Nazioni Unite non sono gli unici gruppi che promuovono questo schema.

C’è anche il World Government Summit (WGS), tra una sfilza di altre organizzazioni e thinktank che lavorano per realizzare il loro sogno di governo globale.

Le moderne propaggini del rapporto “The Limits to Growth “sono l’Agenda 21 e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sviluppati dalle Nazioni Unite.

È una semplice coincidenza che una “pandemia” globale si sia verificata all’inizio del 2020 giusto in tempo per “inaugurare un decennio di azioni ambiziose” nel tentativo di assumere il controllo completo del pianeta?

È per caso che questa “pandemia” sia stata utilizzata anche per spingere al massimo l’agenda del cambiamento climatico?

Un’altra domanda rilevante è: chi ha dato alle Nazioni Unite questa autorità?

Non ho mai votato per António Guterres, l’attuale Segretario Generale delle Nazioni Unite o per nessuno dei precedenti e sono sicuro che non lo avete fatto neanche voi.

Ma nel 1992, alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti fu approvato un disegno di legge per impegnare il paese ad attuare l’Agenda 21.

È stato sponsorizzato nientemeno che dall’attuale presidente della Camera Nancy Pelosi e supportato dall’attuale leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer e dal senatore Bernie Sanders.

Sebbene questo disegno di legge non sia mai passato al Senato, molti dei suoi principi sono stati messi in atto nel corso degli anni. Non importa dove vivete, è probabile che il vostro paese abbia promulgato leggi simili senza il vostro consenso.

Concetti come:

giustizia sociale, reddito di base universale (UBI) e politiche del Green New Deal,

… derivano tutte dall’Agenda 21 e quando sarà completamente a posto farà molto più male che bene.

Pensando che la maggior parte delle persone sia d’accordo con questi piani o sia ancora bloccata nella matrice della falsa realtà, le Nazioni Unite hanno persino avuto l’audacia di creare un sito web che dichiara un “Nuovo Ordine Mondiale” con:

“Felicità, benessere e libertà di tutta la vita sulla Terra entro il 2050″ che hanno portato così tanti contraccolpi che alla fine l’hanno rimossa.

La classe di Davos e i suoi seguaci globalisti amano fingere che i loro piani andranno a beneficio di tutta l’umanità, pur continuando a mantenere la maggior parte della ricchezza e delle risorse del mondo nelle loro casse.

Sebbene promettano equità globale, non rivelano mai che ciò significa che tutti saranno ugualmente poveri e dipendenti da signori tecnocratici per ogni briciola sul tavolo.

Negli anni, molte anime coraggiose come Rosa Koire, autrice di Behind the Green Mask e Patrick Wood, autore di Technocracy Rising, hanno smascherato i loro tentativi di mettere un’esca e cambiare e lasciare il 99% senza assolutamente nulla.

Al centro della,

“Agenda 21, Agenda 2030, Build Back Better, Climate Change, and The Great Reset,”

… è la collettività.

In qualità di pioniere della ricerca sui piani per il governo globale, G. Edward Griffin ha anche spiegato come il collettivismo non sia altro che uno stratagemma di marketing per indurre le persone a rinunciare ai loro diritti individuali e per i paesi a rinunciare alla loro sovranità alle élite globali.

L’insidiosità dei partenariati pubblico-privato.

In effetti, lo scopo principale del “World Economic Forum” è quello di funzionare come istituzione sociale per l’emergente élite globale, la “mafio-crazia” della globalizzazione di banchieri, industriali, oligarchi, tecnocrati e politici.

Promuovono idee comuni e servono interessi comuni: i propri.

Andrew Marshall,

“World Economic Forum”: una storia e un’analisi

Uno dei più grandi risultati di Davos 2021 è stata la costante richiesta di partenariati pubblico-privato per aprire la strada al raggiungimento del cambiamento globale.

Questa parola d’ordine “ppp” è solo un modo stravagante per dire fascismo, o la fusione di corporazioni e governo in un’unica entità totalitaria.

Cosa potrebbe andare storto fondendo gli sforzi di società globali come:

Bank of America, BlackRock, Facebook, Goldman Sachs, Google, JPMorgan Chase, Microsoft, Palantir Technologies, Pfizer, Thompson Reuters e VISA con agenzie governative e società civile?

Dopotutto, secondo il CEO di Salesforce Marc Benioff, i CEO erano gli eroi della “pandemia”!

La parte spaventosa di tutto questo è che uomini di Davos come Benioff ci credono davvero e insistono perché ci crediate anche voi.

Dopotutto, sono davvero i “bravi ragazzi” in tutto questo.

Collaborando con i governi, queste e molte altre società transnazionali hanno completamente preso il controllo della nostra fornitura di cibo, sistemi economici, trasporti, tecnologia, media, servizi pubblici, risorse naturali, sistemi sanitari e industrie dell’intrattenimento.

Queste potenti società multimilionarie e miliardarie sono cresciute fino a diventare un sistema di controllo bestiale che detta le regole del gioco in ciascuno dei loro settori e sono intenzionate a distruggere gli operatori indipendenti.

Entra nel capitalismo degli stakeholder.

Se siamo i nuovi schiavi americani, allora chi è il nostro padrone?

Il “Nuovo Maestro”, come un mostro scappato dai laboratori di un nobile esperimento chiamato “sogno americano”, è la somma totale di un accoppiamento amorale tra governo e affari.

Si profila come un ibrido monolite che non è né governo né affari ed è composto da singoli filoni di potere che includono il presidente, il Congresso, i tribunali, una moltitudine di uffici e agenzie governative e un immenso gruppo di multinazionali, alcune ricche come grandi nazioni.

Gerry Spence.

Dammi la libertà!

Per far fronte al crescente contraccolpo all’avidità e al controllo esercitato dalla classe Davos di potenti amministratori delegati e burocrati, Klaus Schwab ha inventato un nuovo modello economico chiamato “Stakeholder Capitalism”, in cui alle società private viene concesso il ruolo di,

fiduciari della società…!

Ecco dove viene di nuovo in mente la parola “fiducia”.

Insieme al nuovo libro, Schwab ha scritto Il “Manifesto di Davos”, ridefinendo il ruolo di un’azienda per svolgere un ruolo più ampio nel raggiungimento degli obiettivi ambientali, sociali e di buona governance.

Schwab tenta ancora una volta di convincere il pubblico a credere che le aziende possano diventare altruiste, sostenere i diritti umani e creare parità di condizioni per raggiungere l’uguaglianza.

È come cercare di convincere le persone che un leopardo può davvero cambiare le sue macchie.

Stanno cercando di persuaderci che il club dei miliardari è stanco di far funzionare macchine senz’anima, che accaparrano denaro, distruggendo l’ambiente e davvero, sì, vuole aiutare i piccoli.

Attenzione però, perché, come dice la Bibbia, i ministri di Satana amano trasformarsi in angeli di luce…!

E seguendo questo modello, avidi globalisti come John Rockefeller, Andrew Carnegie e ovviamente Bill Gates si sono trasformati tutti in “amati filantropi”.

Sembra che questo sia anche il percorso futuro dell’attuale uomo più ricco vivente Jeff Bezos di Amazon…

Ma come può, qualcuno sano di mente, credere a questo dato: la società di Bezos ha cospirato con Google e Apple per rimuovere un’intera piattaforma di social media (Parler) da Internet?

Le aziende Big Tech hanno cancellato la libertà di parola e non ha nulla a che fare con la divisione Democratici / Repubblicani, ma indipendentemente dal fatto che voi siate d’accordo o meno con i principi dell’agenda di Davos.

In superficie, il capitalismo degli stakeholder suona bene, ma scaviamo un po‘ più a fondo e tutto ciò che troveremo è uno schema piramidale con un adesivo con faccina sorridente e voi siete ancora in fondo.

Il capitalismo degli stakeholder e il Manifesto di Davos serviranno solo ad aumentare il controllo che le società e i loro proprietari miliardari esercitano su ogni area dell’esperienza umana.

Gli schemi appena rifiniti di Davos avrebbero completamente inaugurato l’era del pieno dominio tecnocratico. Hanno già proclamato che vogliono che il 99% non possieda nulla.

Perché qualcuno sano di mente dovrebbe credere a questa nuova ondata di propaganda che promette che le mega-aziende diventeranno strumenti di bene.

Quarta rivoluzione industriale e utopia promessa.

Il mondo è a un bivio.

I sistemi sociali e politici che hanno sollevato milioni di persone dalla povertà e dato forma alle nostre politiche nazionali e globali per mezzo secolo ci stanno deludendo…

La fiducia del pubblico negli affari, nel governo, nei media e persino nella società civile è scesa al punto in cui più della metà del mondo sente che il sistema attuale sta fallendo…

È in questo contesto politico e sociale precario che affrontiamo sia le opportunità che le sfide di una serie di potenti tecnologie emergenti – dall’intelligenza artificiale, alle biotecnologie, dai materiali avanzati al quantum computing – ciò guiderà cambiamenti radicali nel modo in cui viviamo e che ho descritto come parte integrante della “Quarta Rivoluzione Industriale”.

Klaus Schwab.

Plasmare il futuro della quarta rivoluzione industriale.

La vera agenda di Davos è incentrata sull’uso della frode seguente:

Il “cambiamento climatico” inaugura una quarta rivoluzione industriale tecnocratica, transumana, completa di veicoli autonomi, Internet delle cose, intelligenza artificiale avanzata, città intelligenti e un Internet dei corpi per connettere tutti gli esseri umani con le macchine.

Sì, Schwab ha dichiarato apertamente che:

“il futuro metterà alla prova la nostra comprensione di cosa significhi essere umani, da un punto di vista sia biologico che sociale”.

La classe Davos vuole controllare la terra, l’aria, l’acqua e ogni risorsa del pianeta, compresi gli esseri umani.

È per questo che voi ed io siamo chiamate “capitale” nello “Stakeholder Capitalism” insieme a tutte le risorse del pianeta.

 È anche il motivo per cui COVID-19 ha fornito l’uscita perfetta per portare avanti l’agenda per digitalizzare tutto e accelerare il controllo autoritario.

Senza l’apparenza di una “pandemia”, in cui le persone dovevano temere per le loro vite, non sarebbero mai state in grado di arrivare così lontano, così velocemente.

Valute digitali, ID digitali, copertura 5G in tutto il mondo, sicurezza biometrica e uno stato di sorveglianza globale avanzato, sono il vero risultato finale.

La truffa di Davos non può essere pienamente implementata senza di essa…

Parlando di quanto tempo libero avranno gli esseri umani una volta che i robot e l’intelligenza artificiale si saranno occupati dei compiti umili che le persone erano solite fare, molti hanno comprato la menzogna che porterà con la Quarta Rivoluzione Industriale, libertà e una nuova era utopica.

Forse questo accadrà per la classe Davos,

ma cosa ne sarà dei milioni e persino miliardi che perderanno il lavoro e il sostentamento grazie a tutta questa automazione?

Forse più pandemie pianificate in futuro risparmieranno loro l’umiliazione di diventare un servo o un semplice bene al servizio della classe dominante.

Bill Gates sembra sicuramente essere entusiasta delle possibilità (di un’altra “pandemia”).

Forse nessuno ha definito il vero programma della Classe Davos meglio del defunto Aaron Russo, che ha dichiarato:

L’obiettivo finale è quello di ottenere tutti i chip, di controllare l’intera società, di avere i banchieri e le persone d’élite che controllano il mondo.

Rockefeller ha ammesso l’obiettivo d’élite della popolazione con microchip.

Questo viaggio ci ha portato nelle menti subdole di coloro che credono di essere migliori, più intelligenti e degni di prendere decisioni per il resto di noi.

Decisioni che porteranno via tutte le nostre libertà date da Dio e ci immergeranno nelle profondità della schiavitù e del genocidio.

Ma siamo noi che dobbiamo ricordare di usare gli strumenti che Dio ci ha dato per sconfiggere il male dentro di noi e in questo mondo.

Anche se questa non è una favola, le lezioni di uno dei racconti più iconici sono ancora vere.

Per superare il crescente dispotismo, dobbiamo smetterla di rannicchiarci nella paura e trovare il coraggio come il leone codardo

Dobbiamo liberarci dalla propaganda e utilizzare la piena capacità del nostro cervello come lo Spaventapasseri.

Dobbiamo smetterla di permettere loro di dividerci e di avere i nostri cuori rinnovati e pieni d’amore come il Tinman.

Dobbiamo risvegliarci dallo stato onirico in cui siamo come Dorothy e renderci conto di ciò che è accaduto.

Quando ci alziamo dal torpore indotto dagli scagnozzi dei media e dalle entità globaliste che tirano i fili, vedremo che sono solo semplici uomini e donne dietro un sipario che cercano di manipolarci come il Mago di Oz.

L’unico modo per vincere è con l’inganno, la paura e la fiducia mal riposta

 

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