LA SCHIAVITU' alla CINESE.
LA SCHIAVITU' alla CINESE.
I
“gulag cinesi”: una storia
di
schiavitù moderna.
Insideover.ilgiornale.it
- Elena Pompei – (12
OTTOBRE 2019) – ci dice:
Il 22 settembre
abbiamo visto festeggiarsi in pompa magna i 70 anni della Repubblica Popolare
Cinese, quando la parata più grande mai dispiegata dal governo ha marciato per
ottanta minuti sulle strade di Pechino.
Ma nel 1949, all’alba del regime di Mao
Zedong, nasceva anche il segreto meglio tenuto della storia contemporanea: i Laogai.
Ispirato
dall’esperienza dei Gulag sovietici, nel 1950 Mao Zedong dà vita ai primi
Laogai, campi di lavoro e di rieducazione progettati per sfruttare la
manodopera dei “nemici del regime”.
In
queste strutture, uomini e donne reclusi senza processo erano sottoposti a
lavori forzati e torture, lavaggio del cervello, fame e condizioni igieniche
inumane.
Settant’anni
dopo, i Laogai sono ancora attivi, evoluti e moltiplicati.
L’ultimo
dato disponibile della “Laogai Research Foundation” attesta il numero dei campi attualmente
attivi sul suolo cinese ad oltre 1500, ed il conteggio delle vittime –
fermo all’epoca maoista – ad oltre 27 milioni di persone.
Molte
delle informazioni sui laogai provengono da Harry Wu, un uomo che dopo aver
speso 19 anni in un campo di lavoro è fuggito negli Stati Uniti e ha fondato la
“Laogai Research Foundation”, accogliendo e dando supporto alle centinaia di
sopravvissuti dispersi in giro per il mondo.
Wu
sostiene che dal 1949 alla metà degli anni Ottanta si debbano contare almeno 50
milioni di prigionieri, e che il numero dei detenuti si aggira intorno agli
otto milioni.
Harry, detenuto in 12 diversi campi nel corso
dei suoi quasi vent’anni di prigionia, ha raccontato di esecuzioni capitali,
traffico di organi, orari lavorativi sfiancanti e una giustizia arbitraria, se
non assente.
A
seguito delle forti proteste di Harry Wu e degli altri sopravvissuti, i laogai
in senso stretto sono stati formalmente aboliti dalla Corte Suprema cinese nel
2013, assieme alla politica del figlio unico;
tuttavia, le testimonianze più recenti
affermano che, oltre le formalità, i laogai restano la forma di prigionia
privilegiata in Cina.
I campi di rieducazione al lavoro, però, non
sono più da tempo riservati a dissidenti o criminali; nei Laogai ci finisce
anche chi è un imprenditore, perché considerato un oppositore di destra.
Ci
finisce chi ha deciso di infrangere la regola dei due figli.
Ci finisce
chi fa parte di un ordine religioso o di una minoranza, siano essi musulmani,
cristiani o cattolici.
Sabrina
Wu, religiosa appartenente ad un ordine protestante e rifugiata politica in
Italia, afferma che “solo nel 2018, almeno 23.567 membri della Chiesa sono
stati perseguitati direttamente dalle autorità, e più di 10mila persone sono
state arrestate”.
Sabrina,
fuggita con alcune consorelle a seguito della persecuzione, sostiene che sono
almeno 500mila i cristiani costretti ad espatriare, e che solo in Italia ci
sono 854 richiedenti, “ma solo il 10% ha ottenuto l’asilo”.
Nel
2019, il ruolo dei Laogai rimane fondamentale per lo Stato cinese.
Essi servono senz’altro a perpetuare la
macchina dell’intimidazione contro gli oppositori politici, ma sono ancor più
necessari perché i prigionieri costituiscono un’inesauribile forza lavoro a
costo zero.
Nei
Laogai si producono beni che vengono poi importati in tutto il mondo, una
realtà che già nel 2004 era emersa violentemente, tanto da spingere alcuni
parlamentari europei a chiedere alla Commissione di andare a fondo della natura
degli scambi commerciali con la Cina.
Solo nel 2007 la Commissione europea ha potuto
affermare che “su ogni bene esportato la Cina deve dare garanzia scritta che
non è prodotto nei Laogai e, in mancanza di quest’assicurazione, la Commissione
deve proibirne l’importazione nell’Ue”.
È
evidente, però, che a tredici anni di distanza questo non può bastare.
Non
possiamo più usare la scusa dell’indifferenza: finché l’Occidente accetterà
prodotti fabbricati in Cina, i Laogai continueranno ad esistere e, per tornare
alle parole di Wu, a fabbricare “due generi di cose: i prodotti e gli uomini”.
Molti
si chiedono se sia meglio
la
schiavitù Usa o quella cinese.
Io
sono per la libertà.
Ilfattoquotidiano.it
– Diego Fusaro – (28 settembre 2020) – ci dice:
Noto
una nutrita serie di persone che, in più ambiti, svolgono un ragionamento di
questo tipo: meglio essere schiavi degli Usa che della Cina.
Lo dicono apertamente: parlano senza remore di
una schiavitù, sì, ma preferibile ad altre.
Va
detto, invero, che la situazione ideale a cui tendere deve essere la libertà,
che sul piano politico si dà anzitutto come sovranità economica e militare.
Ciò
detto, ed evitando ora di discutere se sia meglio un regime comunista con
strapotenza dello Stato o un regime liberista con strapotenza del privato, non
so se si possa – non lo escludo – diventare schiavi della Cina, che per altro
non invade i popoli militarmente, ma economicamente.
Si
veda, a mo’ di exemplum, quanto sta accadendo in Africa, oggetto di
colonizzazione economica cinese.
Una
cosa, comunque, è certa: ad oggi siamo schiavi di Washington, non di Pechino.
Le 110
basi militari che occupano il nostro territorio hanno la bandiera a stelle e
strisce, non quella rossa stellata.
Quelli
che, per paura della eventuale schiavitù cinese, accettano di buon grado quella
statunitense (secondo il classico modus con cui si accettava prima del 1989 la
schiavitù atlantista per paura di quella sovietica), commettono l’errore degli
errori: accettano le catene che hanno, per paura che, dalla loro liberazione,
seguano catene ancora più opprimenti.
Platonicamente, se ne stanno in fondo alla caverna,
poiché temono che uscire equivalga a passare a una caverna ancora peggiore.
Io non
ho simpatia né per il modello cinese, né – ancor meno, invero – per quello
americano (talmente subdolo da presentarsi come regno della libertà; se non
altro quello cinese è oggetto di aperte critiche).
Dico
però quanto segue, in attesa di una confutazione, che sarà bene accetta:
so,
ovviamente, che difficilmente arriveranno, perché i più replicheranno con la
pancia e con le emozioni, spostando altrove l’asse della discussione (e, per
ciò, non meriteranno risposta, ma solo una placida e composta commiserazione):
come sapeva Machiavelli, non si può essere
liberi e sovrani senza disporre delle milizie e della moneta.
La
prima cosa è negata da Washington (non da Pechino), la seconda da Bruxelles
(non da Pechino).
Ora, è
evidente che il nemico principale non può essere Pechino, per le suddette
chiarissime ragioni.
Anzi,
se si torna sovrani monetariamente e militarmente si potrà anche eventualmente
resistere ai tentativi di aggressione economica di altri Paesi, Cina compresa,
utilizzando la sovranità economica come via per evitare di competere con la
Cina stessa (competere con la Cina significa precipitare nell’abisso senza
ritorno e, di fatto, lasciarsi conquistare economicamente).
Come? Proteggendo la propria produzione,
tutelando i propri lavoratori.
Per
farlo, però, ripeto, occorre riconquistare la propria sovranità, cioè liberarsi
dal giogo di Washington e di Bruxelles.
Se non
si capisce questo, è inutile discutere.
E
resterà solo il discorso, superficiale e magari emotivo, di chi, con vuota
profondità, dice “meglio gli Usa della Cina”, “meglio schiavi di Washington che
di Pechino”.
Chi
non vuole essere schiavo di nessuno, sa bene che il primo passo da compiere è
liberarsi dei padroni reali, anziché accettarli per paura di eventuali padroni
futuri.
Ergo,
riconquistiamo la sovranità militare ed economica e, su queste basi, difendiamo
l’interesse nazionale italiano, tutelando la nostra cultura, il lavoro e i
prodotti.
"L'intero
paese è una
moderna schiavitù".
Un'intervista a Ji Hyun Park.
Freedomunited.org
- Ji Hyun Park – (5 agosto 2022) – ci dice:
Pochi
riescono a sfuggire all'orribile regime totalitario della Corea del Nord.
Ma, in
circostanze impossibili, Ji Hyun Park è scappato due volte, sopportando un
viaggio decennale verso la libertà.
La
violenza e la paura sistematiche inflitte dal governo della Corea del Nord al
suo popolo sono note grazie al coraggio di disertori come Park che hanno
rischiato la vita in fuga dalla Corea del Nord.
Ji
Hyun Park è una celebre autrice, attivista e attivista per i diritti umani
della Corea del Nord con sede nel Regno Unito.
Lavora per aumentare la consapevolezza delle
violazioni sistematiche dei diritti umani nel paese, inclusi il lavoro forzato,
la detenzione arbitraria e la tortura.
Ci
siamo seduti con Park per esplorare com'è la vita all'interno della Corea del
Nord oggi.
Fai un
lavoro incredibile a sostegno dei rifugiati nordcoreani che hanno avuto
esperienze simili alla tua e sei un attivista vocale che fa campagna per i
diritti umani di tutti i nordcoreani.
Puoi
darci una panoramica del tipo di lavoro che stai facendo e quali sono le tue
speranze per il futuro?
Nel
Regno Unito ci sono circa 700 rifugiati nordcoreani. Hanno anche vissuto come
me, ma non molte persone parlano.
Uno
dei motivi per cui una persona potrebbe non essere in grado di condividere le
proprie esperienze è dovuto a problemi linguistici.
Come
me quando sono arrivato nel Regno Unito 14 anni fa – non parlavo affatto
inglese, quindi non capivo la cultura inglese e quello che le persone dicevano
e chiedevano [a noi], quindi è stato molto difficile.
Il mio
primo progetto è stato insegnare l'inglese ai rifugiati nordcoreani.
È iniziato nel 2016 e lo faccio ancora adesso.
Ho incontrato molte persone da tutto il mondo: ONG, studenti universitari e
anche politici.
Ma molte persone non capiscono le questioni
relative ai diritti umani della Corea del Nord, in particolare la tratta di
esseri umani e la schiavitù moderna.
Ho
pubblicato un libro su queste esperienze e questo è anche il mio lavoro futuro:
pubblicare voci nordcoreane.
Voglio
anche continuare ad aiutare i rifugiati con competenze linguistiche nel Regno
Unito e anche sostenere [i rifugiati] con problemi di salute mentale perché
molte persone affrontano ancora traumi e non sanno come risolverlo.
Quindi mi piacerebbe vedere programmi di
salute mentale forniti anche in futuro.
Quando
hai deciso per la prima volta di fuggire dalla Corea del Nord? Quali condizioni
ti hanno spinto a prendere quella decisione e come sei riuscita a scappare?
La mia
prima fuga è stata nel 1998.
Non
conoscevamo il termine "diritti umani" e non avevamo mai sentito
parlare della” Dichiarazione universale dei diritti umani “perché la Corea del
Nord ha tagliato le informazioni dall'esterno del paese.
Questo
non ci ha mai raggiunto poiché la Corea del Nord è un paese dittatura.
Ma non
lo capivamo quando vivevo in Corea del Nord perché il governo ci diceva sempre
che la Corea del Nord è il paese più grande del mondo, non solo in Asia, e il
socialismo è fantastico.
Ci è
stato detto che in paesi come la Corea del Sud e l'America ci sono molti
senzatetto, le persone non sono libere di accedere all'istruzione o agli
ospedali.
In
confronto a ciò, credevamo che la Corea del Nord fosse un grande paese.
Il
governo nordcoreano non ha mai menzionato i diritti umani o le libertà, niente
del genere è stato menzionato. Quindi non lo sapevamo.
Il governo ci dava riso ogni mese, che era una
quantità diversa ogni volta. Credevamo che il nostro governo fosse davvero un
grande leader mondiale.
Ma
negli anni '1990, il governo ha interrotto il nostro cibo e la gente ha
iniziato a morire di fame. Nel 1994 c'è stata una carestia.
Abbiamo
visto molti cadaveri per strada ei nostri parenti sono morti davanti a noi. Mio
zio è morto di fame davanti a me. Anche mio padre era malato ma il governo non
ci ha dato né riso né medicine.
Nel
1998, molte persone come me hanno cercato di fuggire dalla Corea del Nord
perché avevano bisogno di cibo in Cina.
Volevano sopravvivere.
A quel
tempo non capivamo la libertà ma volevamo sopravvivere. Ecco perché sono dovuto
scappare dalla Corea del Nord.
A quel
tempo al confine tra Corea del Nord e Cina non c'era una recinzione, quindi le
persone potevano attraversare il confine ma c'era il rischio che fossimo visti
dai soldati che ci avrebbero sparato immediatamente.
Sono
scappato nel mezzo di una fredda notte di febbraio. Il fiume era ghiacciato.
Quando ho attraversato a metà strada, i soldati nordcoreani hanno iniziato a
urlare contro di noi e a sparare con i loro fucili.
Ma sono sopravvissuto e ho attraversato la
zona di confine.
Una
volta in Cina, contrabbandieri e trafficanti attendevano nelle zone di confine
per rapire le donne e le ragazze.
Com'è stata quell'esperienza di attraversare il
confine con la Cina? Come ti sei ritrovato ancora una volta in Corea del Nord?
La
prima volta che sono scappato e sono arrivato in Cina, ho notato che c'erano
molte persone che vivevano nelle zone lungo il fiume.
Quando
ho attraversato il confine ho trovato una casa e ho bussato alla porta. Mi
hanno fatto entrare e mi hanno dato da mangiare: riso bianco, uova e carne.
Questa
è stata una vera sorpresa per me perché ho appreso [in Corea del Nord] che la
Cina era un paese molto povero e anche il popolo cinese era davvero affamato.
Ma
questa persona viveva in una casa con luci e televisione.
Avevano
riso, carne, uova. È stata una sorpresa per me come la mia prima esperienza in
Cina.
Poi
questa persona mi ha detto che il loro posto non è sicuro perché potevamo già
sentire gli spari sul lato del confine con la Corea del Nord.
Abbiamo
rischiato che la polizia cinese venisse a cercarci la mattina presto e poi ci
rimandasse in Corea del Nord.
Questo
è stato un momento davvero orribile e spaventoso. Questa persona mi ha detto
che aveva un amico in una zona della città, quindi lo ha contattato per
chiedergli di aiutarci a partire.
Il suo
amico è arrivato e ci siamo trasferiti in un altro posto, ma questa persona era
in realtà un trafficante di esseri umani e mi ha venduto a un cinese.
Ho
trascorso sei anni in Cina e ho avuto un figlio. Ma da bambino era apolide
perché io ero nordcoreano, quindi il governo cinese non gli ha mai dato
un'identificazione.
Poiché
mio figlio era apolide, non poteva andare in ospedale o a scuola. Dopo sei anni
in Cina, qualcuno mi ha denunciato alla polizia cinese e una notte le autorità
cinesi sono venute a casa mia e mi hanno arrestato e rimandato in Corea del
Nord.
Un
accordo firmato tra Cina e Corea del Nord afferma che la Cina non riconoscerà i
nordcoreani fuggiti come rifugiati.
Ecco
perché il governo cinese rimanda ancora i nordcoreani in Corea del Nord.
I cittadini cinesi possono essere pagati dalle
autorità per denunciare i nordcoreani.
Così
sono stato rimandato indietro e sono stato separato da mio figlio di cinque
anni.
Lui è rimasto in Cina e io sono stato mandato
in Corea del Nord.
Il
governo cinese afferma che i nordcoreani sono migranti illegali, non rifugiati.
Ecco perché i nordcoreani non sono mai al sicuro in Cina.
Per
coloro che vengono sorpresi mentre tentano di scappare, cosa succede quando
vengono riportati in Corea del Nord?
Quando
veniamo rimandati in Corea del Nord, veniamo mandati come criminali
"antisocialisti".
Molte persone che scappano dalla Corea del
Nord vogliono solo trovare cibo e vogliono sopravvivere.
Ma le
autorità nordcoreane non lo riconoscono, dicono solo che sono criminali. Ecco
perché finiamo in detenzione.
Siamo torturati, imprigionati e puniti.
Molte
persone scappano in primo luogo per motivi economici, ma quando vengono
rimandate in Corea del Nord vengono trattate come se partissero per motivi
politici.
Il
governo nordcoreano ci pone tre domande: hai incontrato sudcoreani in Cina? Hai
visitato una chiesa? E abbiamo tentato di raggiungere la Corea del Sud?
Quindi
queste sono tutte questioni politiche. Perché la Corea del Nord non ha mai
ammesso chiese o religioni all'interno della Corea del Nord e la Corea del Sud
è ancora un nemico in Corea del Nord.
Ci
hanno mandato in un campo di concentramento e ci siamo rimasti. Le donne
incinte che vengono rimandate in Corea del Nord sono soggette ad aborti forzati
perché il governo nordcoreano non accetterà quel bambino.
Quindi
uccidono questi bambini non ancora nati.
Dopo
essere state sottoposte a questo, le donne sono costrette ai lavori forzati in
montagna.
Alcune donne non si riprendono dal punto di
vista medico dalla procedura di aborto e finiscono per morire.
È
indicibile che questo stia accadendo all'interno della Corea del Nord e che
oggi esistano sistemi di campi di detenzione.
Il
lavoro forzato è un elemento chiave del sistema totalitario della Corea del
Nord. Puoi spiegare come il lavoro forzato sia così diffuso e qual è la realtà
per le persone che vivono oggi in Corea del Nord?
In
Corea del Nord si dice che non ci sia nulla da invidiare e che tutti siano
uguali. Ma in realtà le persone lavoravano per salari molto bassi o per niente.
Anche il lavoro minorile è un problema.
I
bambini iniziano a scuola all'età di sette anni e dopo la scuola, di solito
lavorano in aree agricole, in montagna o puliscono strade e scuole per alcune
ore.
Dall'età di 13 anni in poi sono costretti a
intraprendere più lavoro in autunno e primavera lavorando in diverse fattorie.
A 17
anni, ragazzi e ragazze dovrebbero entrare nell'esercito.
Questo
è davvero terribile e scioccante. Anche le donne si svegliano presto al mattino
e sono costrette a lavorare in montagna, strade e fattorie.
Questo
è tutto lavoro forzato all'interno della Corea del Nord, ma molte persone non
riescono a immaginare come sia.
Il lavoro forzato dei nordcoreani avviene
anche all'estero in altri paesi come Russia, Cina e alcuni paesi europei.
Queste
persone lavorano in condizioni davvero difficili ma non ottengono il loro
intero stipendio, ricevono solo il 10% circa del loro stipendio e il resto è
trattenuto dal governo nordcoreano.
L'intero paese è una forma di schiavitù
moderna.
Alla
fine sei arrivato nel Regno Unito. Com'è stata quell'esperienza?
Quando
ero in un campo di lavoro nordcoreano, le condizioni erano indicibili. Questi
campi in Corea del Nord sono come un 21st olocausto del secolo.
Lavoravo
nel campo senza scarpe, a piedi nudi nelle zone di montagna facendo lavori
pesanti.
Ho
avuto un grave problema alla gamba e sono quasi morto in quel campo di
prigionia.
Mi
hanno rilasciato e mi hanno detto che non potevo morire all'interno del campo.
Sono stato fortunato a sopravvivere fuori dal campo.
Avevo
perso tutti i membri della mia famiglia, mio figlio in Cina era la mia unica
famiglia. Ho sempre parlato di ritrovare mio figlio ancora una volta e di
costruire il suo futuro.
Quel
pensiero mi ha dato forza e mi ha aiutato a sopravvivere in Corea del Nord.
Le mie
condizioni sono migliorate un po' e hanno dovuto rimandarmi in Cina, non avevo
scelta.
Non
avevo soldi e il confine con la Cina era molto controllato, quindi non potevo
scappare di nuovo da solo. Ma volevo ricongiungermi con mio figlio, quindi sono
stato aiutato da un trafficante a portarmi in Cina.
Siamo
arrivati in Cina con cinque persone tra cui una ragazza, un uomo anziano e un
altro uomo.
Noi
cinque siamo scappati ma il secondo uomo ha rinunciato al suo viaggio a metà
strada perché si è ammalato.
Abbiamo
continuato a camminare e siamo arrivati in Cina. Ma molte persone in Cina
stanno tenendo d'occhio per denunciare i nordcoreani.
Abbiamo attraversato zone di montagna ed è
stato davvero difficile per me perché la gamba mi faceva ancora male ma non
l'ho detto ai trafficanti e ho continuato a camminare.
Il
viaggio è stato davvero doloroso ed è stato un viaggio lungo, lungo. Quando
siamo arrivati, il trafficante non mi ha venduto perché avevo salvato la vita
alla sua famiglia in Corea del Nord, quindi mi ha rilasciato e poi sono andato
a cercare mio figlio.
Quando
ho finalmente incontrato mio figlio, sono rimasta scioccata. Era come un bambino
di strada.
La
famiglia di suo padre non si era presa cura di lui perché ero stato rimandato
in Corea del Nord.
È stato sostanzialmente abbandonato. Non si
sono mai preoccupati di lui.
È
stato davvero straziante per me. Ma quando ho tenuto mio figlio in braccio è
stato un momento fantastico.
Nel
2007 un pastore americano-coreano ci ha aiutato e nel 2008 siamo sbarcati nel
Regno Unito. Il mio viaggio di libertà è stato un viaggio di 10 anni dal 1998
al 2008.
C'è
qualcosa che pensi che il Regno Unito e la comunità internazionale potrebbero
fare per sostenere le persone che sono fuggite dalla Corea del Nord e quelle
sottoposte al lavoro forzato oltre i confini della Corea del Nord?
La
schiavitù moderna e la tratta di esseri umani sono ancora un problema nel Regno
Unito In qualità di attivista per i diritti umani e membro del partito
conservatore – mi sono candidato alle elezioni locali nel 2021 e nel 2022 –
continuo ad alzare la voce e dire al governo cosa sta succedendo nel Regno
Unito e tutto il mondo.
Ecco perché le voci dei sopravvissuti sono
davvero importanti al giorno d'oggi.
Anche
l'istruzione è molto importante. La Corea del Nord è un paese totalitario e le
persone vivono una vita di schiavitù.
Dobbiamo
continuare a sensibilizzare sulle condizioni di vita delle persone. L'altro
problema sono i lavoratori forzati all'estero in Cina, Russia e alcuni paesi
europei.
Le
persone non riconoscono che questi lavoratori sono in schiavitù, quindi è
importante per i paesi in cui viene utilizzato questo lavoro forzato che
riconoscano ciò che sta accadendo e salvino queste persone.
Le
voci dei sopravvissuti sono così importanti, ma può essere difficile parlare.
Siamo fuggiti dalla Corea del Nord e abbiamo trovato la libertà in altri paesi,
ma le nostre famiglie sono ancora in Corea del Nord.
Possono
essere puniti e sottoposti a violenza all'interno della Corea del Nord.
Molti
sopravvissuti non possono parlare perché hanno paura di ciò che accadrà ai loro
cari.
Il
lavoro di attivismo al di fuori della Corea del Nord può essere ancora molto
pericoloso perché non sappiamo se stiamo lasciando noi stessi o i nostri cari
aperti agli attacchi.
Ma se
la comunità internazionale e le ONG lavorano con noi, allora possiamo alzare la
voce insieme. Questo mi dà speranza.
La
Catena Totalitaria: Incidenti stradali,
Green,
Green Pass, Microchip, Contante.
Conoscenzealconfine.it
– (29 Novembre 2022) - Manlio Lo Presti -ci dice:
Le
masse devono essere terrorizzate, ma non al punto da far collassare il
“sistema”.
Le
popolazioni devono essere continuamente bombardate da telegiornali che hanno lo
scopo di abituare lentamente alle mutazioni sociali, inizialmente ignobili poi
gradualmente plausibili e “normali”. Da qualche settimana abbiamo una
nuova ondata. Poi ci sono troppi morti per incidenti stradali. Nulla di nuovo
se la gente muore per le strade. Ma desta sospetto l’ampiezza dell’esposizione
mediatica.
Anche
se siamo abituati a ricevere notiziari che lanciano informazioni a grappolo. Si
argomenta un evento per volta, esagerandone e drammatizzandone la portata.
I
fattori di morte, che è consentito trattare perché buonisti ed ecologico-sostenibili,
sono l’inquinamento, l’incertezza economica, la diffusione di malattie fra gli
anziani per i quali “si paventa” il ricorso alla eutanasia per ucciderli tutti.
Si nota una sorta di “loquacità” sull’aggravio
dei costi generato dagli anziani, come da coloro che hanno malattie rare.
Allo
stesso tempo, sussiste un totale silenzio per le morti causate dagli effetti
avversi da vaccini.
Nessuno
degli organi di informazione diffonde statistiche complete sui danni che
colpiscono i vaccinati che non sono ancora morti.
Non ci sono dati che quantificano il numero
dei morti come di quelli colpiti da dissesti fisici, da effetti collaterali
negativi. Un totale silenzio che desta sospetti per la sua impermeabilità.
Contemporaneamente
a questa omertà, le catene di informazione diffondono ossessivamente da qualche
settimana notizie sui morti per incidenti stradali con la tecnica
dell’ingigantimento allarmistico dei fatti, ripetuti a martello per rendere più
drammatica l’evidenza.
Si
applica metodicamente il quarto principio della guerra: creare un senso di
urgenza e di disperazione (Greene, Guerra, Baldini Castoldi, 2006, Pag. 75 e
ss). Cifre zero, solo frasi sparate.
Ad
eccezione della ricerca di un colosso assicurativo europeo, non viene trattato il tema dei morti
per folgorazione: persone che rimangono fulminate durante incidenti stradali a
bordo di auto elettriche.
Nessuno
ci viene a dire che crescono i dubbi sullo scarso impatto ecologico delle auto
elettriche, come riportato dall’articolo del periodico “Politico”: (politico.com/agenda/story/2018/05/15/are-electric-cars-worse-for-the-environment-000660/).
La
teologia ecologista, green e con le treccine vieta di raccontare le verità
sulle migliaia di bambini che muoiono per contaminazione da estrazione in
miniera a mani nude dei materiali utilizzati per la produzione di batterie per
il movimento dei veicoli elettrici.
Il
grandioso progetto ecologista, sostenibile, mondiale, buonista, inclusivo, non
deve avere intralci né battute d’arresto da cosiddetti “danni collaterali”.
Stessa
tecnica allarmistica, priva di dati precisi a supporto, è la narrazione
ossessiva della guerra russo-ucraina.
Lampi di notizie cariche di immagini di cui
non si conosce la provenienza né la data, con la recente aggiunta del suono
delle sirene di coprifuoco per colpire l’immaginazione e il lato emotivo.
Ma
nessuna informazione documentata da dati riscontrabili.
Dobbiamo
tenere conto che dietro ogni notizia si muovono immensi interessi economici,
politici, militari, geopolitici.
Le masse di denaro investite per qualsiasi
decisione sono di una dimensione tale che nulla deve essere casuale, per non
rischiare di fare danni economici enormi.
Sulla
base di queste considerazioni, ogni notizia è necessariamente falsa o, peggio,
parzialmente falsa.
Le masse
devono essere terrorizzate, ma non al punto da far collassare il “sistema”.
Le
popolazioni devono essere continuamente bombardate da telegiornali che hanno lo
scopo di abituare lentamente alle mutazioni sociali, inizialmente ignobili poi gradualmente
diventano plausibili e “normali”.
L’allarmismo
sugli incidenti stradali è la base per far accettare provvedimenti per
l’impianto di microchip sottocutanei per il controllo dei guidatori.
Per non suscitare timori, essi propongono
inizialmente di riservare l’obbligo alle persone che hanno provocato incidenti.
Successivamente
verrà allargato alle vittime che sono sopravvissute per controllare la loro
reattività sanitaria ed il loro comportamento post traumatico.
Quindi
le implicazioni sanitarie richiederanno la graduale estensione totale
dell’obbligo di possesso di un “passaporto sanitario”.
Un
documento da portare con sé o inserito nel chip della carta di identità
elettronica o impiantato sottopelle grazie ad incentivi fiscali o salariali.
È la
proposta formulata nell’ultimo G20, formalizzata al punto 23 dell’accordo (whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2022/11/16/g20-bali-leaders-declaration/).
Il
testo dice:
"Sosteniamo il continuo dialogo
internazionale e la collaborazione sulla creazione di reti sanitarie digitali
globali affidabili, come parte degli sforzi per rafforzare la prevenzione e la
risposta alle future pandemie, che dovrebbero capitalizzare e costruire sul
successo degli standard esistenti e dei certificati digitali COVID-19".
Se
assumiamo la certezza che, se una notizia fosse vera non te la farebbero sapere
e che a pensar male si fa certo peccato ma difficilmente ci si sbaglia, è molto
probabile la concatenazione totalitaria sia stata preparata con cura.
Hanno iniziato con le pandemie e proseguito
con il green sostenibile-giusto-politicamente corretto.
Ed ancora continuano con l’imposizione delle
teologie immigrazioniste collegate al pacifismo fondato esclusivamente sulla
russofobia e sull’odio anticinese.
Promuovono
ecologicamente cibo fatto di insetti e cavallette accompagnato da cibo
sintetico prodotto da macchinari in 3D.
Infine,
nel solerte rispetto delle tutele anti-pandemiche, tutti gli umani saranno
persuasi/obbligati alla detenzione del passaporto sanitario come documento a sé
stante, poi incorporato nella carta d’identità elettronica europea e
successivamente inserito in un dispositivo elettronico impiantato sottopelle.
Quale
sarà lo scenario possibile?
Con l’insorgere di frequenti interruzioni di
corrente saremo privati di tutto, dei nostri soldi che saranno bloccati, dei
trasporti pubblici e privati, della sicurezza anticrimine.
L’elevazione
del contante continuerebbe a far funzionare l’economia senza bloccarla
totalmente.
L’Italia
l’aveva capito subito.
Ma
come prevedibile, sono intervenuti i soliti poteri per bloccare la proposta
riportandolo alla metà dell’importo di € 10.000, lasciando il nostro Paese
sotto eterno scacco.
Infrangendo liberamente i regolamenti
comunitari, la Germania invece sta tutelando i propri interessi accumulando
tonnellate di banconote: (globalist.it/economy/2022/11/15/la-germania-aumenta-i-piani-di-emergenza-in-contanti-per-far-fronte-al-blackout-ecco-cosa-significa/) per impedire l’interruzione del
processo economico in caso di blocchi energetici sempre più ricorrenti.
Questa
è l’Europa del doppiopesismo, del “si salvi chi può”. Il cerchio totalitario si
chiude.
È l’astenia cognitiva Bellezza!
(Manlio
Lo Presti -
lapekoranera.it/2022/11/23/la-catena-totalitaria-incidentistradali-green-greenpass-microchip-contante/)
"Boicottate le fabbriche di schiavi in
Cina",
l'appello
ai grandi marchi della moda.
Europa.today.it
– Alfonso Bianchi – (25 luglio 2020) – ci dice:
Ong
puntano il dito contro Pechino: “Oltre un milione di persone in campi di detenzione e
lavoro forzato”.
Colpita
soprattutto la minoranza uigura.
Le
denunce collegate a big come Adidas, H&M, Lacoste, Nike, Ralph Lauren e
Zara.
Manifestazione
contro le discriminazioni degli uiguri.
In
Cina, nella regione autonoma Uigura dello Xinjiang, le piantagioni di cotone e
le fabriche tessili sfruttano la manodopera forzata degli uiguri, la minoranza
musulmana accusata di separatismo da Pechino.
È la denuncia che arriva dalla Clean Clothes
Campaign - Campagna Abiti puliti in un appello sottoscritto settantadue gruppi
impegnati nella difesa dei diritti degli uiguri, insieme ad oltre 100
organizzazioni, in cui chiedono ai grandi marchi della moda di interrompere
tutti i rapporti con le fabbriche che sarebbero responsabili di questo crimine.
I
marchi coinvolti.
Secondo
la denuncia quasi l'intero settore dell'abbigliamento, compresi marchi come
Adidas, H&M, Lacoste, Nike, Ralph Lauren e Zara, sarebbe collegato a casi
specifici di lavoro forzato nella regione.
Come
affermano i responsabili della campagna in una nota, il governo cinese avrebbe
imprigionato dagli uno agli 1,8 milioni fra uiguri e turco musulmani in campi
di detenzione e lavoro forzato in quello che sarebbe, se vero, il più grande
internamento di una minoranza etnica e religiosa dalla seconda guerra mondiale.
Secondo
gli attivisti elemento centrale della strategia del governo per dominare il
popolo uiguro sarebbe proprio un vasto sistema di lavoro forzato, che colpisce
fabbriche e fattorie nella regione e in tutta la Cina, sia all'interno che
all'esterno dei campi di internamento.
Le
accuse di Usa e Regno Unito.
Denunce
simili sono arrivate in questi giorni dagli Stati Uniti di Donald Trump e dal
Regno Unito di Boris Johnson, il cui ministro degli Esteri, Dominic Raab, ha
parlato anche di "sterilizzazioni forzate" e di pratiche che
"ricordano qualcosa che non si vedeva da molto tempo".
Pechino
ha risposto affermando che si tratterebbe invece di “bugie” e “accuse
infondate”.
Momento
di agire.
“È
arrivata l'ora per i marchi, i governi e gli organismi internazionali di agire
concretamente: basta vuote dichiarazioni.
Per
porre fine alla schiavitù e agli abusi nei confronti delle popolazioni Uigure,
Kazake e turco musulmane da parte del governo cinese, i marchi devono garantire
che le loro catene di fornitura non siano collegate a queste atrocità", ha
dichiarato Jasmine O'Connor Obe, amministratrice delegata di Anti-Slavery
International.
Obe ha
sottolineato che "l'unico modo per assicurare che non traggano profitto da
questo sfruttamento è abbandonare la regione e terminare ogni tipo di relazione
con i fornitori che sostengono questo sistema".
Le
testimonianze.
Le
associazioni hanno raccolto varie testimonianze di vittime di tale sfruttamento,
tra cui quella di Gulzira Auelkhan, donna kazaka detenuta in un campo di
internamento e poi costretta al lavoro forzato in una fabbrica:
"La
fabbrica di vestiti non era diversa dal campo di internamento. C'erano polizia,
telecamere, non potevi andare da nessuna parte".
Gli
attivisti avvertono che i principali marchi della moda rafforzano
esponenzialmente il proprio potere economico e presenza sul mercato,
incrementando i profitti approfittando di questa situazione.
L'esperto
Onu accusa la Cina:
minoranze
etniche ai lavori forzati.
Collettiva.it
– redazione – (17/08/2022) – ci dice:
La
riduzione in schiavitù degli Uiguri avverrebbe nella regione nord-occidentale
dello Xinjiang, già sotto i riflettori per accuse di genocidio.
Pechino
nega tutto.
Ai
lavori forzati, fino alla riduzione in schiavitù.
Sarebbe
questo il destino delle minoranze etniche nella regione nord-occidentale cinese
dello Xinjiang, già sotto i riflettori per le accuse di genocidio ai danni
degli uiguri.
A dirlo è un dossier curato dall’esperto di
schiavitù moderne, Tomoya Obokata, il quale si concentra su due distinti
sistemi previsti dallo Stato.
Il primo è quello che prende in considerazione
i centri di rieducazione, che Pechino definisce “centri di trasformazione vocazionale” per il reinserimento sociale di
estremisti religiosi o terroristi, dove i detenuti sono soggetti a tirocini;
il
secondo sarebbe,
invece, un meccanismo di riduzione della povertà attraverso un trasferimento di
manodopera che riguarda principalmente i lavoratori delle aree rurali, spostati
ad altre occupazioni, in particolare nell'industria manifatturiera.
Questi
programmi possono “creare opportunità di lavoro” e “aumentare i redditi” delle
fasce più povere, spiega il relatore, ma allo stesso tempo, l’entità dei poteri
esercitati sui lavoratori “può in alcuni casi, equivalere a schiavitù”.Tra i metodi coercitivi praticati
contro i dipendenti vengono segnalate le restrizioni di movimento fino
all'internamento, le minacce, le violenze fisiche o sessuali e altre pratiche
definite degradanti.
Un sistema simile a quello in uso nello
Xinjiang, evidenzia il rapporto, sarebbe in vigore anche in Tibet – come emerso
già in un altro studio risalente al 2020 – e ha portato molti agricoltori e
allevatori a essere impiegati nella manodopera a basso costo.
I
relatori speciali, come Obokata, sono esperti indipendenti in vari campi
nominati dal “Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite”, ma non parlano
a nome dell’agenzia dell'Onu.
Lo Xinjiang, dove vive la minoranza uigura, di
fede musulmana, è da anni sotto i riflettori per le violazioni dei diritti umani
da parte del governo cinese.
Secondo rapporti del 2017, almeno un milione
di persone sono detenute nei “centri di trasformazione vocazionale”, ma contro
il governo sono state mosse accuse anche più gravi.
Pechino
ha sempre negato le accuse di violazione dei diritti umani e difeso le misure
messe in atto come necessarie per il contrasto ai "tre mali", ovvero
il separatismo, l'estremismo religioso e il terrorismo.
Anche
in questo caso il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha
respinto tutte le accuse affermando che il relatore speciale ha usato il suo
potere per “diffamare in modo palese la Cina e agire come uno strumento
politico delle forze anti-cinesi.
Non
c’è mai stato il lavoro forzato nello Xinjiang", ha detto Wang in una
conferenza stampa a Pechino: “Il governo cinese segue un approccio centrato
sulle persone. Prestiamo grande attenzione alla tutela dei diritti e degli
interessi dei lavoratori”.
Serbia:
la fabbrica cinese è
un
lager per i lavoratori vietnamiti.
It.euronews.com
– Redazione – (20/11/2021) -ci dice:
Hanno
firmato un contratto che gli prospettava una vita migliore, sono partiti
speranzosi, poi si sono trovati all'inferno.
In
Serbia gli attivisti per i diritti umani puntano il dito contro una fabbrica
cinese di pneumatici situata a Zrenjanin;
qui un
gruppo di lavoratori, per lo più vietnamiti, vive in condizioni prossime alla
schiavitù.
Miso Zivanov, attivista dell'ONG Zrenjanin
Action denuncia che si sta assistendo
"A
una violazione dei diritti umani perché i lavoratori vietnamiti vivono in
condizioni terribili. I loro passaporti e le loro carte d'identità sono stati
ritirati dai datori di lavoro cinesi. Sono qui da maggio di quest'anno e hanno
ricevuto solo uno stipendio."
Lavoratori
vietnamiti sono in stato di semi-schiavitù.
Vivono
in baracche, senza un giaciglio, senza acqua calda, senza riscaldamento. Quando
si ammalano nessuno li visita anche se sviluppano i sintomi del Covid-19 e
tornare in Vietnam non è possibile senza documenti.
I
datori di lavoro negano che la fabbrica sia una specie di lager e affermano che
i dipendenti saranno pagati in base alle ore lavorate.
L'imbarazzo
delle autorità locali.
L'imbarazzo
delle autorità locali è enorme dato che la Cina ha finanziato importanti
infrastrutture in Serbia uno dei maggiori spot commerciali in Europa per
Pechino.
Il
presidente conservatore serbo Aleksandar Vucic ha detto chiaro che le autorità
cercheranno di aiutare i lavoratori vietnamiti senza deludere gli investitori
perché letteralmente, ha detto, è un lavoro "molto duro attrarli in
Serbia".
Non
solo condizioni di lavoro impossibili ma anche timori ambientali: attivisti
verdi hanno denunciato che il progetto della fabbrica di pneumatici non
rispetta gli standard ambientali europei.
L'espansione
cinese nei Balcani.
Relazioni
in bilico tra Montenegro e Ue.
It.euronews.com
- Debora Gandini – (08/06/2021) – ci dice:
Niente
soldi, niente aiuti.
L’Unione
europea ha deciso che non contribuirà a rifinanziare i debiti del Montenegro
che nel 2014 si indebitò con la Cina per un miliardo di dollari per costruire
una lunga autostrada che avrebbe attraversato il paese.
Dopo
sei anni l’infrastruttura, ad opera della “China Road and Bridge Corporation”,
non è ancora stata completata.
Il governo montenegrino aveva chiesto aiuto a
Bruxelles per limitare la possibilità che uno stato molto vicino all’Unione, e
candidato a farne parte, sia finanziariamente dipendente da Pechino.
Podgorica
firmò un accordo con la banca cinese ExIm per finanziare l'85% del costo
dell'autostrada.
La
prima sezione di 41 chilometri, un quarto della lunghezza totale, è costata 20
milioni di euro al chilometro, rendendola una delle infrastrutture più care al
mondo.
Ora lo
stop.
In
bilico le relazioni tra UE e paesi balcanici.
Secondo
il Professore Vuk Vuksanovic del Centro per la Politica di Sicurezza di
Belgrado si tratta di un duro colpo strategico sia per il peso che l’Europa ha
nella regione sia perché la credibilità si ridurrà in modo significativo nei
principali paesi balcanici.
Molti
hanno criticato la cooperazione tra il Montenegro e la Cina ma Bruxelles non
sta facendo molto per limitare l'influenza cinese.
"L’Ue nutre preoccupazioni sugli effetti
socioeconomici e finanziari di alcuni investimenti cinesi perché c’è il rischio
di squilibri macroeconomici e dipendenza dal debito.”
Da
tempo la Cina sta cercando di ampliare la propria influenza sulla zona
orientale dell’Europa, soprattutto attraverso i Balcani occidentali
(Montenegro, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Albania e Macedonia del
Nord), che non fanno parte dell’Unione Europea ma anche tra alcuni stati
membri.
Il
Paese detiene un quarto del debito del Montenegro.
In
caso di insolvenza, i termini del contratto danno a Pechino il diritto di
accedere alla terra montenegrina come garanzia. La posta in gioco è
principalmente geopolitica.
Negli
ultimi anni la Cina ha iniziato una nuova fase di espansione della sua
economia.
Rafforzata
ora anche dal fatto che L'Ungheria è diventato il primo Paese europeo ad
approvare il vaccino sviluppato da “CanSino Biologics”, un'azienda cinese
attiva nel settore della farmaceutica.
Vigevano,
lavoratori schiavi:
15 ore
al giorno e paghe irrisorie.
Arrestati
3 imprenditori cinesi.
Ilgiorno.it-
Redazione – (11 ottobre 2022) – ci dice:
Le
ditte, di proprietà di cittadini cinesi, operano nel settore calzaturiero: i
dipendenti costretti a vivere nelle aziende in condizioni igienico-sanitarie
precarie.
Vigevano
(Pavia) - Turni di lavoro dalle 10 alle 15 ore giornaliere, giorno e notte
senza distinzioni, senza pause e senza alcun giorno di riposo.
I militari della Guardia di Finanza del Gruppo
di Pavia e della Compagnia di Vigevano hanno eseguito tre misure di custodia
cautelare in carcere a carico degli amministratori di fatto di tre ditte individuali
che operano nel settore calzaturiero del territorio della Lomellina, tutti di
nazionalità cinese.
Dovranno rispondere di intermediazione
illecita e caporalato a carico dei dipendenti, tutti cinesi.
Gli
operai vivevano all'interno degli spazi nei quali lavoravano, in condizioni
igienico-sanitarie assolutamente precarie, senza riscaldamento e senza letti
adeguati.
Le tre
ditte operavano mediante prestanomi al fine di nascondere che a dirigere le
attività fossero gli arrestati che, in occasione di controlli da parte di
diversi enti statali, dissimulavano il loro ruolo spacciandosi anche per
semplici impiegati per altro in difficoltà con la lingua italiana.
Le
aziende, tra l'altro, cambiavano spesso denominazione, titolare, ragione
sociale e partita Iva con l'obiettivo di rendere più difficili i controlli.
Le
Fiamme Gialle hanno accertato che ai lavoratori venivano corrisposti compensi
irrisori e comunque molto al di sotto di quelli fissati dai contratti
collettivi di lavoro.
Inoltre non venivano pagati a ore lavorative
ma a "cottimo", vale a dire per pezzi prodotti o lavorati:
una
condizione che li spingeva ad aumentare la quantità a scapito della qualità di
quanto prodotto.
Il
perdurante stato di bisogno poi assicurava ai caporali il loro silenzio.
La
Cina ratifica due convenzioni
contro
il lavoro forzato.
Valori.it
– Flavia Brunetti – (12.05.2022) – ci dice:
L'ILO ha accolto con favore la decisione
sul lavoro forzato da parte della Cina, ma rimangono preoccupazioni per la
vicenda degli uiguri.
(Una
manifestazione a supporto degli uiguri e contro il lavoro forzato).
Il
Congresso nazionale della Repubblica Popolare Cinese ha ratificato due
convenzioni che proibiscono il lavoro forzato.
L’annuncio
è stato accolto con favore dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che si dice disponibile a
collaborare con il governo cinese per la piena implementazione delle
convenzioni stesse e dei principi e diritti fondamentali dei lavoratori.
Esistono
infatti otto convenzioni, che riguardano, insieme al contrasto al lavoro
forzato, quello al lavoro minorile, nonché la promozione della libertà di associazione
e di contrattazione collettiva.
Quattro
principi ritenuti fondamentali dai Paesi che aderiscono all’ILO.
Le due
convenzioni del 1930 e del 1957.
La
Convenzione sul lavoro forzato del 1930 definisce tale pratica come «ogni
lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione.
O per
il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente».
La successiva Convenzione sull’abolizione del
lavoro forzato specifica alcune forme di coercizione: il lavoro come forma di
sanzione nei confronti di chi manifesta dissenso politico.
O come misura di disciplina o di
discriminazione. O ancora come metodo di mobilitazione della manodopera ai fini
di sviluppo economico.
Sembra
impossibile, ma la schiavitù è ancora realtà.
I dati
del “Global
Estimates of Modern Slavery” indicano che nel 2017 nel mondo erano 40,3 milioni le
persone sottoposte a schiavitù moderna.
Di queste, 25 milioni erano costrette a
lavorare e 15 al matrimonio forzato.
Si
tratta di un crimine molto diffuso, dunque.
Come
noto, anche i Paesi economicamente più sviluppati tendono a perpetuarlo. La
maggior parte degli Stati vieta infatti tale pratica.
Ma non impedisce alle imprese di sfruttare
manodopera ovunque nel mondo. Spesso con scarsa attenzione alle condizioni
lavorative.
Attribuire
la responsabilità ai Paesi in via di sviluppo, in tale contesto, serve solo a
scaricarla.
Il “Global
Slavery Index della Walk Free Foundation” evidenzia alcuni fattori di rischio.
Migrazioni,
conflitti, regimi repressivi.
Ma
anche discriminazioni, scarsa attenzione all’ambiente e imprese poco etiche.
Dal
punto di vista delle singole persone, la vulnerabilità economica spinge a
cadere nelle trame del lavoro forzato.
Gli
ultimi dati risalgono al 2017. Ma la crisi pandemica – e l’instabilità
economica che ne consegue – rischiano di indurre un maggior numero di persone
in povertà e a rischio sfruttamento.
Cina:
casi e preoccupazioni.
In
Cina si stimano 3,8 milioni di vittime, con un’incidenza del 2,8 per 1000.
È
utile contestualizzare questo dato: stiamo parlando della seconda economia del
mondo per Pil e per esportazioni.
Queste
si fondano spesso su produzioni ad alta intensità di lavoro e a basso costo.
Vi
sono casi documentati di lavoro forzato nel settore edile, tecnologico,
agricolo.
Di
estrema importanza è anche il lavoro forzato imposto dallo Stato.
Il governo ha annunciato nel 2013 l’abolizione
del lavoro rieducativo per detenuti. Ma esso continuava a persistere nelle
statistiche del 2017.
La
ratifica delle convenzioni è quindi oggetto di qualche dubbio.
La
Coalizione per la fine del lavoro forzato nella regione uigura teme che possa
trattarsi di una scelta di facciata.
Il
governo cinese, infatti, continua a negare l’uso sistematico di lavoro forzato
a danno di questa minoranza etnica.
Che
risulta largamente impiegata nel settore tessile, anche da parte di
multinazionali occidentali.
La
decisione del governo di Pechino, in ogni caso, rappresenta un passo avanti.
Anche
se il lavoro da fare rimane tanto.
Intanto,
sono state lanciate campagne come la “End Uyghur Forced Labour”, che hanno adesso un terreno ancora
più solido per fare pressione affinché si ponga fine a tale violazione dei
diritti umani.
La
linea dura della Cina contro
le
proteste: controlli per
scovare
app social occidentali.
Hdblog.it
– Redazione – (29 Novembre 2022) – ci dice:
Man
mano che si scava più a fondo in quello che sta accadendo in Cina per via del
Covid e dell'approccio zero Covid del governo vien fuori uno spaccato sempre
più preoccupante.
Ieri vi abbiamo raccontato della circostanza,
curiosa e di nuovo preoccupante, per cui i tweet di protesta dei cittadini
cinesi sono stati subissati da un'enorme quantità di spam, affinché fosse più
difficile trovare quei tweet attraverso una ricerca sul social.
Non un
caso ma una strategia orchestrata, probabilmente, dal governo per mettere a
tacere le proteste.
L'obiettivo
sarebbe pure quello di mettere i bastoni tra le ruote ai manifestanti con le
maniere forti.
Secondo
alcune segnalazioni, parte delle quali dei giornalisti inviati in Cina dagli
organi di stampa occidentali, le forze dell'ordine di Shanghai, Pechino e
Hangzhou starebbero facendo dei controlli a campione sugli smartphone della
gente nei principali snodi del trasporto pubblico o all'ingresso dei centri
commerciali cercando app occidentali, quindi Twitter, Instagram o Telegram.
Social
occidentali che in Cina sono vietati ma che si possono ottenere attraverso una
VPN (qui un approfondimento sulle reti private).
E il
punto è proprio questo, la censura: i manifestanti li hanno scelti perché su
Twitter e compagnia la censura cinese è un'arma senza punta, ed è facile sia
far sapere al resto del mondo cosa sta accadendo che organizzare le proteste.
È
stato facile, al passato: da un lato informazione e organizzazione delle
proteste sono state impantanate nello spam, dall'altro la polizia di almeno tre
metropoli esegue dei controlli a campione sulla gente per verificare che nello
smartphone non siano installati social vietati dal governo con cui comunicare e
organizzarsi. Chi viene beccato rischia la denuncia con esiti non
preventivabili.
Secondo la BBC i controlli non si fermano alle app
social, ma riguarderebbero pure la presenza nei telefoni di foto e video sulle
proteste che metterebbero a rischio arresto.
La
tensione sociale, insomma, in Cina negli ultimi tempi non è mai stata così alta
e il governo ha scelto la linea dura.
PERCHÉ
DOBBIAMO CAPIRE LA CINA –
ALBERTO
BRADANINI.
Biblio.polito.it
– Alberto Bradanini- Miche Bonino-(25 novembre 2021) – ci dicono:
Michele
Bonino: Buongiorno e benvenuti a questa nuova
puntata di Cinque Libri. L'ospite di oggi è Alberto Bradanini, già Ambasciatore
d'Italia a Pechino e Console Generale a Hong Kong.
Parleremo
dunque di Cina, ma prima di farlo vorrei ricordare l'obiettivo di Cinque Libri,
che è quello di stimolare la lettura fornendo dei consigli, ma anche di
spingere a ri-familiarizzare con l'oggetto “libro”. Abbiamo infatti qui con noi
i libri di cui discuteremo: li sfoglieremo insieme, ne parleremo di fronte a
loro.
Su questo aspetto credo che la Cina possa
darci alcune ispirazioni, perché se è vero che i Cinesi sono molto legati al
mondo digitale, è anche vero che sono lettori accaniti, o perlomeno danno
all’oggetto libro - da avere, da sfogliare, da consultare - un valore importante.
Ricordo,
ad esempio, le tante Book Cities in costruzione nelle città cinesi o anche la
recente moda delle biblioteche/bed and breakfast nei luoghi di campagna più
remoti, nei quali scappare e trascorrere un weekend in mezzo ai libri.
L'incontro
di oggi, però, può avere anche un altro valore.
Ormai
molto spesso docenti, personale e studenti del Politecnico interagiscono con la
Cina per ragioni di scambio su scienza e tecnologia, su ingegneria e
architettura.
Tuttavia,
al Politecnico non abbiamo tra le nostre discipline competenze specifiche sulla
lingua cinese, sulla storia della Cina, sulla sua economia, e quindi chiediamo
spesso aiuto per conoscerle meglio, come facciamo oggi con l’Ambasciatore.
Prima
di dedicarci, dunque, ai cinque libri protagonisti di questa puntata, riprendo
un’immagine che hai utilizzato riferendoti alla Cina:
quella del “bandolo della matassa”, ovvero
della Cina come una matassa difficile da districare in termini di conoscenza,
una matassa che non ha un solo bandolo da cui partire.
Come a
dire che siamo sempre costretti a scegliere un punto da cui prenderla, per poi
iniziare a esplorarla: oggi lo facciamo a partire dai cinque libri che hai
scelto per noi.
Alberto
Bradanini:
Grazie mille, caro Michele.
Mi
piace iniziare questo mio intervento con un'espressione di gratitudine:
innanzitutto nei tuoi confronti, poi nei confronti del nostro comune amico
Professor Juan Carlos De Martin e, beninteso, del Rettore del Politecnico di
Torino e dei tanti professori che ho conosciuto negli anni trascorsi accanto a
voi.
Per me
è un onore e insieme un compito difficile quello assegnatomi, perché accostarsi
alla Cina avendo davanti l’immagine di una matassa intricata, secondo la tua
evocazione, è quanto mai complesso: molti e diversi sono i punti di vista su un
universo così intricato, ed io proverò a farlo sulla scorta di un’umile
conoscenza che ho accumulato su questo paese, dove “sbarcai” molti anni fa.
Un paese che mi ha catturato e avvolto
attraverso una passione intellettuale, divenuta poi scientifica, storica e
professionale.
Un
paese che ancora oggi resta per molti versi misterioso, anche se ho poi finito
per trascorrervi dieci anni della mia vita, al servizio dell’Italia.
Sospinto
dalla provocazione intellettuale di Juan Carlos De Martin - e sulla base di
inclinazioni e scelte del tutto personali – ho suggerito alcuni libri con
l’intento di coprire il terreno del pensiero classico cinese, la storia e
l'attualità.
Per
iniziare, si potrebbe cercare di definire, in un dialogo ideale con voi
ascoltatori, alcuni concetti su cui ragionare insieme per entrare in punta di
piedi in questo mondo pieno di misteri.
La
nozione di Cinesità potrebbe aiutarci a iniziare il percorso: cosa vuol dire
essere cinesi?
Rischiando
di essere apodittici, poiché il tempo è sempre tiranno, essere Cinesi significa
intanto essere figli della più antica civiltà del pianeta, che risale almeno a
2.500 anni or sono, dunque più antica di quella occidentale storiograficamente
documentata.
L'unica
altra civiltà, oltre a quella greco-romana, che è sopravvissuta al trascorrere
dei secoli ed è giunta fino ai giorni nostri in buona salute – anzi, secondo
alcuni in ottima salute – lasciando un'impronta profonda nella storia del
mondo.
La
Cina è insieme un paese-continente, perché geograficamente uno dei più grandi
al mondo, un paese-civiltà per le ragioni dette, e un paese-ideologia, perché
governata da un partito che fonda le sue radici sull’ideologia marxista.
Cinesità
vuol anche dire immergersi in una contraddizione dialettica, perché oggi le
caratteristiche che la definiscono devono fare i conti con la modernità, con
quello spirito di globalizzazione che mira a normalizzare in un magma uniforme
nazioni, culture e costumi fino a ieri molto diversi tra loro.
Sul
piano astratto, dunque, la Cinesità assume insieme i profili storico, etico e
ideologico di una sintesi prospettica tra le tre grandi tradizioni
filosofico-religiose della Cina (ma il termine religione ha un senso diverso in
Cina rispetto all'Occidente), vale a dire Taoismo, Confucianesimo e Buddismo (e
prima ancora il culto degli antenati!) e quell’uomo nuovo che la più
l’occidentale dottrina marxista-comunista promette sulla carta di edificare.
Le tre
scuole di pensiero – che dovremmo invero chiamare famiglie di pensiero, poiché
la Cinesità è impregnata dalla nozione di filiazione in ogni suo significato –
sono, come noto, il Confucianesimo, concentrata sull’edificazione di una più avanzata
organizzazione societaria e di comunità, il Buddismo, religione esogena non originata in
Cina ma che, una volta entrata, ha lasciando un'impronta significativa e
indelebile sul pensiero e la storia cinesi, e infine il Taoismo, di cui tutti indistintamente i cinesi
sono impregnati .
Mentre
i Cinesi possono essere confuciani, buddisti o altro ancora, nessun cinese può
dichiararsi estraneo all’impronta culturale taoista.
Con
queste parole, abbiamo fatto ingresso nella presentazione dei primi due tra i
cinque libri che presentiamo quest'oggi, e che illustrano rispettivamente il
pensiero di Confucio e quello taoista.
Come
per i grandi iniziatori di religioni o di grandi correnti filosofiche del
passato, nemmeno Confucio o Lao Tse hanno lasciato dei testi scritti alla loro
morte, pur avendo originato le rispettive scuole di pensiero.
Lo
stesso è avvenuto a Gesù Cristo, che non ha scritto alcun vangelo, a Socrate,
che conosciamo solo grazie a Platone, e a Buddha.
Sono stati discepoli e successori a
raccogliere il loro legato morale e filosofico in un compendio scritto che ha
consentito al loro pensiero di sopravvivere nei secoli, fissandolo nella storia
sino ai nostri giorni.
I
Dialoghi di Confucio, elaborati dai suoi discepoli, costituiscono d’altra parte
una sintesi straordinaria del suo pensiero, la cui influenza è stata cruciale
nella costruzione psicologica e dell’attitudine sociale dell’animus cinese, sia
nell'età classica e pre-moderna sia nella contemporaneità.
Con la fondazione della Repubblica Popolare
Cinese, Mao Zedong inizia una battaglia dura contro lo spirito confuciano dei
cinesi (a suo avviso il principale nemico da abbattere), basato sulla passività
e la rassegnazione (quanto mai discutibile, va detto, nell’esegesi del pensiero
confuciano), una battaglia che viene poi abbandonata dai suoi successori.
Oggi il Partito ha bisogno di stabilità, e quindi
l’ermeneutica confuciana, basata sulla conservazione dei valori e di “ciascuno
al suo posto nella società” ben si conforma alle priorità del sistema.
Il
legato principale di Confucio sono i fondamenti di una società utopica, una
società armoniosa che tende all'idealità, all'interno della quale i conflitti
possano essere gestiti in conformità con i bisogni essenziali dell'uomo e,
quindi, nelle relazioni fondamentali dell'essere umano che vive in comunità.
Tali relazioni sono quelle con i membri della
propria famiglia, gli amici, la società circostante e beninteso l’autorità, che
all’epoca coincideva con la figura immanente dell'imperatore.
Nemmeno
quest’ultima, tuttavia, poteva considerarsi svincolata dai doveri morali di sua
pertinenza.
Confucio è dunque il filosofo del dovere morale, non
certo solo del conservatorismo, come invece è stato conveniente rappresentarlo
da parte del potere in molti periodi della storia.
Non
solo Confucio affidava all'imperatore il dovere di assicurare il buon governo
del popolo - in mancanza del quale persino la rivolta diventava legittima,
persino la rivoluzione, diremmo oggi - ma richiamava anche l'impegno morale
degli intellettuali (che allora erano i mandarini, i funzionari dello stato,
gli unici a cui era consentito studiare) a vigilare sulla gestione dello stato
e sul rispetto da parte dell'imperatore della norma morale non scritta di
governare il paese in funzione dei bisogni del popolo.
Una
posizione questa tutt’altro che conservatrice, come si può ben capire.
Mentre
Confucio si occupa della società, il buddismo si occupa invece del dolore
dell'uomo.
Buddha,
uscendo dal palazzo reale, aveva scoperto l'esistenza del dolore, della
vecchiaia e della morte, e aveva deciso di dedicare la sua vita e le sue
energie a ridurre la sofferenza dell'uomo.
Il
buddismo ha fatto ingresso in Cina nel primo secolo d.C., ammorbidendo con i
suoi insegnamenti la postura di durezza della Cinesità classica, soprattutto
taoista, nei confronti dell’esistenza, chiamata a conformarsi alle implacabili
leggi della natura.
Il
taoismo si occupa dei grandi interrogativi dell'uomo: il senso dell'universo, il
significato della vita, la postura da adottare davanti alla morte.
Tale
scuola di pensiero ha due genesi diverse: una di natura scientifica, sorta dal
tentativo di scoprire il segreto dell’immortalità, un approccio alchemico, evidentemente
prescientifico, ma che disegna quel percorso che sfocia poi nella scoperta
della scienza.
È infatti la manipolazione della materia, dei
minerali vari, che consente di acquisire il metodo scientifico, un metodo non
così dissimile, mutatis mutandis, da quello scoperto da Galileo Galilei qualche
secolo più tardi.
Il taoismo ha poi anche una genesi speculativa,
vale a dire la riflessione sul senso della vita dell'uomo, e persino un profilo
politico perché i suoi seguaci, critici del burocratismo feudale dei mandarini
confuciani, avevano scelto di tenersi a distanza dalla società, scegliendo di
vivere in comunità lontane, nelle foreste o sui monti, costruendo luoghi remoti
di aggregazione mistica, tra cui statue gigantesche, di un fascino unico,
visibili ancor’oggi in Cina.
Con il
passare del tempo, mescolandosi con quello taoista, il pensiero buddista genera
poi una visione più morbida del mondo e della natura, che proietta un’influenza umanizzante su taluni
aspetti del taoismo che daranno poi origine alla corrente Chan, che passando in
Giappone assumerà la denominazione di Buddismo Zen.
MB: Ecco, richiamo il primo libro di cui
ci hai già raccontato, i Dialoghi di Confucio, una raccolta che risale al V
secolo: il tempo di Platone, per intenderci.
Invece
qui c’è il libro di Henri Borel, Wu Wei, uno dei concetti fondamentali del
taoismo, che risale al VI secolo a.C.
A me interessa particolarmente quello che hai detto,
ovvero che confucianesimo e taoismo nascono di fatto come filosofie, come modi
di pensiero, per poi assurgere a religioni.
Se andiamo a Pechino, due degli edifici
principali del centro storico sono il Tempio di Confucio e il Tempio del Cielo,
custodito dai taoisti, eppure, a differenza di come concepiamo noi le
religioni, ovvero come alternative, qui c’è affinità e complementarietà.
Ricordo
che in uno dei miei primi viaggi in Cina -molto spaesato, come per tanti versi
lo sono ancora ogni volta che ci torno - un collega mi disse: io mi sento
confuciano in pubblico e taoista nel privato.
Per
dire come questi due modi di pensiero, uno rivolto alla società e l'altro
all'agire individuale nei confronti della natura, alla fine si intreccino.
Secondo
te perché può essere interessante leggere questi due libri oggi, in particolare
qui in Occidente?
AB: Mi sembra che tu abbia detto molto.
È interessante notare che l’adesione filosofica della Cinesità al sincretismo
consente l'appartenenza simultanea a diverse scuole di pensiero (o anche
religioni, come diremmo noi).
In
Cina si può essere taoisti e insieme confuciani, buddisti, cristiani, musulmani.
Non
esiste, come in Occidente, l’esclusività della scelta perché il mondo, secondo
tale profilo della Cinesità, è capace di accogliere qualsiasi aspetto della
sensibilità e dei bisogni umani.
Il
libro di Henri Borel qui suggerito - che presuppone la lettura del Tao Te
Ching, il Libro della Via e della Virtù attribuito a Lao Tse, l'ideatore o
sintetizzatore del pensiero taoista, che si perde invero nella notte dei tempi
– costituisce a mio sommesso avviso un tentativo di illustrare il concetto
centrale della concezione taoista del mondo.
Tao,
secondo l'accezione più accreditata, significa via, ovvero percorso.
Tuttavia,
per Henri Borel - studioso olandese vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo
e profondo conoscitore dell’Oriente, dove aveva trascorso la maggior parte
della sua vita – Tao non significa “via”, poiché tale concetto presuppone un luogo di
partenza e insieme una direzione di marcia, ma non un punto di arrivo.
A suo
avviso - egli giunge a tale conclusione sulla scorta dei suoi studi sinologici
e della lettura del testo originale - Tao deve invece intendersi come anima
universale della natura, oppure semplicemente il “qi”, l'energia vitale, o
semplicemente la natura, come si esprimerebbe Lucrezio.
Quanto
a me, ho cercato di leggervi un significato ancora diverso, persino poetico, al
quale mi sembra di poter aderire in modo ancora più completo: il “Tao” sarebbe pertanto il respiro
profondo dell'universo.
Più
che la “via” esso coinciderebbe con l'energia che chiamiamo respiro, o soffio,
che consente all'universo di vivere, e all’uomo, al centro di questo universo,
di avere coscienza di sé.
È dunque
essenziale, per chi desidera avvicinarsi al pensiero cinese, studiare i
Dialoghi di Confucio, il Tao Te Ching, insieme a questo libro breve ma
profondo di Henri Borel, accompagnando tale lettura con un approfondimento del
pensiero buddista, la cui letteratura è infinita.
Completando
il quadro, quando si affronta il tema della Cinesità classica, occorre talvolta
astrarre dalla realtà della Cina odierna, che è una realtà ancor più complessa.
Il
passato non è stato cancellato dalla modernità, sarebbe erroneo affermarlo:
eppure, inevitabilmente, il popolo cinese - che ha attraversato tragedie di
ogni genere nel “secolo dell'umiliazione” dal 1848, inizio della prima guerra
dell'oppio, al 1949, proclamazione della Repubblica Popolare di Cina - ha avuto
un’evoluzione così turbolenta e accelerata che ha inciso profondamente sulla
sua Cinesità.
La sintesi di tale processo di trasformazione deve
essere ancora compresa appieno dallo stesso popolo cinese.
MB: Ringraziandoti ancora per questa
selezione, che credo sia stata non facile considerata la pluralità di possibili
scelte, ricordo a tutti che, oltre a esserti occupato della Cina come
diplomatico, lo hai fatto anche come studioso: qui al Politecnico, nel 2019,
avevamo presentato il tuo ultimo libro, “Oltre la Grande Muraglia”.
Rispetto alla scelta dei cinque libri di oggi,
uno dei più trasversali mi sembra quello che la sinologa Anne Cheng -
traduttrice in francese dei Dialoghi di Confucio - ha scritto nel 1997, poi
pubblicato in due volumi in Italia dalla Piccola Biblioteca Einaudi.
Mi
sembra interessante riprenderlo perché affronta tutto quello che abbiamo detto,
cioè il taoismo, il confucianesimo, l'accoglienza articolata e variegata del
buddismo, arrivando però fino al Novecento, e quindi alla relazione di questa
complessità di pensiero con il mondo occidentale.
Hai
qualche commento da proporci, a partire dal libro della Cheng, sull’incontro
tra Occidente e Cina?
AB: Si è trattata - come dicevi tu poco
fa - di una scelta personale, e dunque rischiosa: ogni giorno, in tutto il
mondo, vengono pubblicati centinaia di libri sulla Cina, con un enorme accumulo
di conoscenza, e talora anche di pseudo-conoscenza, che si materializza ovunque
nel mondo sulla storia e l'attualità del gigante asiatico.
Di conseguenza,
la scelta di questi cinque libri non è che un momento introduttivo.
L’indicazione di libri (facilmente reperibili in libreria) di geopolitica,
economia o relazioni internazionali della Cina avrebbe giustificato una scelta
diversa.
Per
tentare di comprendere un po’ gli avvenimenti economici o politici, i rapporti
scientifici o la geopolitica, occorre banalmente partire dalle fondamenta.
Se si
costruisce una casa, non si può certo partire dal tetto. Ogni accostamento a
temi complessi richiede tempo.
Malauguratamente
nella società contemporanea il tempo manca, si è immersi in una corsa perenne
priva talora di ogni direzione: il tempo, invece, è la cornice indispensabile per
acquisire conoscenza.
Mentre
Confucio afferma: “agire è facile, ma capire e conoscere non lo è affatto”,
Anne Cheng sottolinea che l’interazione del mondo cinese con l'Occidente si può
afferrare analizzando il rapporto tra parola e silenzio, tra vuoto e pieno, tra
lo Yin e lo Yang.
Nell’universo Cina prevale il non-detto, il
reflusso, gli spazi deserti, mentre in Occidentale a primeggiare è stata la
parola e anzi, a partire da un certo punto, essa è diventata persino
terapeutica.
Pensiamo
a Freud o a Lacan, sebbene Lacan abbia sviluppato una nozione ancora diversa (e
cito Lacan a proposito, perché a un certo momento della sua vita si era
innamorato della Cina, entrando a far parte di quel gruppo di filosofi,
studiosi, scienziati, politici ed economisti che a partire dal XVII secolo in
Occidente hanno scoperto l’universo cinese, rimanendone affascinati senza
nemmeno esserci mai stati).
Anne
Cheng, dunque, nel suo libro sulla storia del pensiero cinese gioca con
profondità su questi due concetti.
Se in
Occidente la parola è cruciale e può addirittura curare le nostre angosce, in
Cina è consigliato evitarla: meglio il non-agire.
“Wu
Wei”, tuttavia
(come il titolo del libro di Borel), non sta a indicare la passività,
l’inazione davanti allo scorrere del tempo, quanto invece un non-fare che
esprime attenzione massima nei confronti del corso naturale degli eventi,
dell’energia della natura, che presuppone un'attività profonda e consapevole
finalizzata al tentativo di accondiscendere ai bisogni che emergono dal
rapporto biologico tra uomo e natura.
Il
silenzio, dice Confucio, è preferibile alla parola: chi sa parla e chi parla non sa, un
paradosso che se applicato appieno escluderebbe anche questo nostro colloquio.
Va
comunque precisato che si parla qui di un sapere scoperto da altri, un sapere
che abbiamo acquisito leggendo libri meravigliosi che ci parlano del fascino
del pensiero cinese.
Tutto
ciò ci consente di gettare uno sguardo, seppure insufficiente, sulla formazione
della psiche del cinese di oggi, nella comunità di appartenenza e nei confronti
del potere.
Nella
gestione della pandemia di Covid-19 si è visto come l'attitudine cinese sia
diversa da quella occidentale.
Alle misure draconiane sulla mobilità delle
persone, decise dal governo di Pechino, è corrisposta una sostanziale adesione
da parte del popolo, un’adesione che non si riscontra nella stessa misura in
Occidente, dove l’intima accettazione di esse è basata essenzialmente sulla
paura della malattia e della morte.
In Cina, la corrispondenza tra governati e governanti
fa parte di un processo dialettico, quale sintesi della storia etica e
filosofica pregressa, tra il cittadino e l’autorità, in passato tra suddito e
imperatore.
Si
tratta di una sintesi visibile anche in altri ambiti della Cina contemporanea,
che è riuscita a sconfiggere la povertà – alla quale sembrava per sempre
condannata la sterminata moltitudine dei contadini cinesi, che fino a pochi
decenni fa costituivano il 90 per cento della popolazione - attraverso un
percorso di sacrificio: ovvero la capacità dei Cinesi di rinviare il
soddisfacimento dei propri bisogni.
L’accumulo
di capitali e capacità si è poi trasformato in ricchezza, quel benessere che
oggi emerge come un prodigio quando leggiamo le mirabolanti statistiche dei
successi economici e sociali di un paese passato in pochi decenni dal Medioevo
alla post-modernità.
Le innate capacità e l’impegno dell'uomo
cinese - sintesi di sincretismo etico, filosofico e ideologico, di attitudine
positiva nei riguardi della collettività di appartenenza - sono state poi
organizzate da una macchina efficiente come quella del Partito Comunista,
guidato dallo straordinario acume politico di Deng Xiaoping.
Se
quest’ultimo amava ripetere, per mettere in guardia i suoi compagni, che “quando si aprono le finestre insieme
all’aria entrano anche le mosche”, occorrerebbe aggiungere che “queste ultime
possono anche uscire, non solo entrare”.
Se
dunque la Cina sarà costretta in futuro a diventare più occidentale di quanto
possa immaginare, è altrettanto vero che anche il resto del mondo, davanti al
dinamismo di un paese di un miliardo e mezzo di individui, dovrà accettare di
diventare un po’ cinese, in analogia al percorso di noi occidentali che, sotto
l’influenza economica e consumistica degli Stati Uniti, siamo diventati tutti
un po’ americani.
MB: Con questo ti colleghi molto bene al
quarto libro che hai selezionato, When China Rules the World di Martin Jacques: un saggio del 2009
che, in un momento ancora abbastanza precoce nel percorso di sviluppo della
Cina, profetizza il ruolo nuovamente centrale del gigante asiatico sullo
scacchiere geopolitico.
Oggi,
dodici anni dopo, ci troviamo nel bel mezzo di una contesa globale tra Stati
Uniti e Cina.
Ho
parlato di “centralità”, perché credo sia questa l'ambizione della Cina: non
un'ambizione egemonica, dunque, ma di centralità, che si richiama a quella che
un tempo già aveva.
Ricordo una tua conferenza in cui avevi mostrato il
valore dell'economia cinese, di quella europea e di quella americana in diversi
periodi di tempo: nel 1840 l'economia della Cina valeva ancora il doppio di
quella dell'intera Europa; poi, in conseguenza a ciò che accadde nel cosiddetto
“secolo dell’umiliazione”, la Cina è precipitata dal punto di vista economico.
Martin
Jacques, come altri, racconta proprio come quello che sta succedendo sia figlio
di una volontà della Cina di tornare alla centralità che aveva sempre avuto.
Vuoi raccontarci qualcosa su questo libro?
AB: Si tratta di un libro corposo, che
illustra bene i passaggi cruciali della storia cinese degli ultimi due secoli e
le tappe fondamentali che la Cina ha attraversato: non soltanto l’impatto con
la modernità, dunque, il crollo dell'impero Qing nel 1911, ma prima ancora le
guerre dell’oppio, l'aggressione da parte dell'Occidente affinché la Cina
aprisse i commerci attraverso la politica criminale del traffico e consumo di
oppio - che i britannici vietavano in Europa e in Gran Bretagna ma favorivano
in India e Cina - affinché la bilancia commerciale tornasse in equilibrio,
poiché in quei tempi esportava molto più di quanto importasse.
Con la
prima e la seconda guerra dell'oppio, le Grandi Potenze di allora mettono un
piede stabile in Cina, conquistano Hong Kong e strappano altre concessioni
lungo la costa, obbligando la moribonda dinastia Qing ad aprirsi al mondo.
Qualche
sussulto di reazione non basta alla Cina dell’epoca per costruirsi un destino
meno tragico.
Diversamente
dal Giappone che, riconoscendo la superiorità dell’Occidente nel campo della
tecnologia e della scienza, ne acquisisce l’utilizzo, salvaguardando però la
propria cultura, la Cina non ha questa forza e viene travolta.
Insieme alla fine dell'impero, vengono
travolte anche le istituzioni e la società. È così che prende avvio il processo
di frantumazione della Cina e inizia la fase tragica dei signori della guerra,
cui si sommano l’assenza di un governo centrale, il saccheggio di suolo cinese
e l’invasione giapponese.
A quel
tempo, la destrutturazione cinese era spinta dagli interessi delle Grandi
Potenze, per le quali un paese grande e unito rappresenta un pericolo
oggettivo.
Uno
scenario che vediamo oggi riproposto nella contrapposizione tra Usa e Cina
Popolare, che è diventato, suo malgrado, il paese che sfida i privilegi
imperialisti americani con la sua dimensione ingombrante sotto il profilo
politico, economico, militare.
Martin
Jacques si occupa però anche di un altro aspetto, spesso dimenticato: il senso
del riemergere della Cina negli ultimi decenni, a partire dalla vittoria di Mao
Zedong sul partito nazionalista (Kuomintang) nella guerra civile scoppiata dopo
la sconfitta giapponese (1946-‘49), deve collegarsi alla lotta contro il colonialismo
prima e il neocolonialismo poi.
Per
conquistare una vera indipendenza, infatti, non basta assicurarsi la sovranità
politica, perché a questa occorre aggiungere anche quella economica.
Per completare il percorso, dunque, è stato
necessario aggiungere ai traguardi di Mao i successi economici di Deng.
L’opera
è ora completa.
Perché
viviamo tempi mascherati, non dobbiamo pensare che il colonialismo sia stato
sconfitto per sempre.
La
Cina è così sfuggita a politiche neocoloniali surrettizie, con effetti simili a
quelle che hanno caratterizzato la storia della schiavitù e che sono ancora
oggi diffuse in diversi paesi africani, del Sud America e altrove.
Come
rilevato da Martin Jacques nel suo libro, la Repubblica Popolare sin dalla sua
fondazione ha temuto di venir risucchiata da questo destino.
Secondo Mao Tse Tung, “a nessuno deve essere
consentito dire alla Cina quel che deve fare”, “il tempo del colonialismo (o
neocolonialismo) va archiviato una volta per tutte”.
Crescita economica e sviluppo sociale vanno
strettamente correlate e sintetizzate nella nozione di “indipendenza
effettiva”.È
dunque Deng Xiaoping ad aggiungere la gamba fondamentale dell'indipendenza
economica all'indipendenza politica, cardine della strategia di Mao Tse Tung.
Con la
politica di apertura e di riforma, la Cina mostra dunque la capacità di
generare quelle risorse che le consentono di smarcarsi dalla condizione di
vassallaggio che attanaglia molti paesi emergenti, solo apparentemente
indipendenti.
Ciò
che irrita la potenza americana è il rischio che l’esempio cinese – già di per
sé una sfida sistemica all’egemonia americana - possa diffondersi nel mondo,
riducendo i privilegi dell’impero statunitense.
La crescita della Cina s’inserisce nel tempo
storico degli Stati Uniti, che è quello del declino (relativo, beninteso, e per
ora solo politico-economico, non militare).
Ciò ha
generato quella che è ormai una vera e propria nuova guerra fredda, che
tuttavia è stata dichiarata dagli Usa in uno scenario internazionale ben
diverso rispetto a quello della prima guerra fredda.
Si
tratta di aspetti complessi, non facilmente inquadrabili in poche battute. Il
libro di Jacques, in questo senso, getta le fondamenta ideali per entrare in
tali dinamiche ampliando lo sguardo con dovizia di dati e osservazioni acute
per una migliore comprensione degli eventi, che raramente corrispondono a
quelli imposti dall’odierna narrativa mediatica mistificatrice (giornali,
televisioni).
Una
narrativa pregna di strumentalità ideologica, spesso venata da cinofobia,
figlia di interessi di parte che comprimono la logica del compromesso, della
convivenza e del progresso pacifico per tutti i popoli del mondo.
Sul
pianeta, v’è posto per tutti, purché sia rispettata la logica della mutua
attenzione combattendo le tentazioni imperialistiche, sedendosi intorno al
tavolo del negoziato con lo sguardo attento anche sulle ragioni dell’altro.
MB:
Grazie.
Prima di passare all'ultimo libro, volevo farti una domanda che tocca i temi
della scienza e della tecnologia, che interessano particolarmente il nostro
Politecnico.
Tra i
motivi che hanno in qualche modo decretato la caduta della Cina nell'Ottocento,
una delle interpretazioni prevalenti è quella secondo cui la Cina non è
riuscita a tenere il passo delle potenze occidentali dal punto di vista dello
sviluppo tecnologico e scientifico.
Com’è
possibile, secondo te?
Io
ricordo un passo delle memorie del missionario gesuita Matteo Ricci (per tante
cose un gigante nei rapporti di scambio con la Cina, che grazie a lui ha
scoperto la geometria euclidea o la rappresentazione cartografica del mondo) in
cui, tre secoli prima, scrive quanto fossero ingenui i Cinesi a ritenere che la
Terra girasse intorno al sole, non rendendosi conto che nel campo
dell'astronomia, come in molto altro, erano secoli avanti rispetto
all’Occidente.
Di
fronte a due civiltà, che innovano e creano in parallelo un grande sviluppo
scientifico, come è possibile che a un certo punto, quasi all'improvviso, alla
metà dell’Ottocento la Cina accumuli tanto svantaggio?
AB: Come hai ben detto la Cina, ma anche
l'India, sono stati per secoli le principali potenze economiche, e di sviluppo
e organizzazione sociale.
Nei
nostri paesi siamo tuttora immersi in un’anacronistica dimensione culturale
eurocentrica (o occidentale-centrica, perché sono gli Stati Uniti a
rappresentare il centro dell’Occidente), a sua volta figlia di una patologia
etnocentrica quanto mai ingiustificata.
Fino
alla caduta dell'impero Qing, i rapporti tra Cina e Occidente sono stati
limitati e poco rilevanti.
Certo,
in Europa nel corso dei secoli sono esistiti studiosi (pochi) che hanno
guardato alla Cina con ammirazione e interesse.
Ripercorrendo
a volo d’uccello i rapporti tra Cina e Occidente, essi prendono avvio lungo le
vie della seta – percorsa da tempi remoti, persino al tempo dell’Impero Romano
e forse addirittura prima: si trattava di strade che attraverso mare e terre
consentivano lo scambio di merci e beni all'interno della massa continentale
euro-asiatica. Siamo
abituati a pensare a Europa e Asia come a due continenti divisi: in realtà si
tratta di un solo continente, come ci mostra la carta geografica.
Un tempo le distanze erano infinite. Oggi non è così.
Ciononostante,
si tende a pensare che vi sia tuttora una cesura, qualche sorta di frontiera,
tra le due parti di questo immenso continente.
I rapporti commerciali risalgono dunque
all’antichità remota.
Tuttavia,
nemmeno i commerci sviluppatisi nei secoli del nostro Medioevo hanno lasciato
tracce significative.
Semplificando
un po’, occorre aspettare Marco Polo (che, secondo una corrente di pensiero,
non sarebbe nemmeno arrivato davvero in Cina) per portare un po’ di Cina in
Europa, e poi i gesuiti – il più noto tra essi, il maceratese Matteo Ricci –
per portare un po’ di Occidente in Cina.
Ma
anche questo “po’ di Occidente” è stato invero un seme che è germogliato assai
poco.
In
buona sostanza, Matteo Ricci ha tradotto alcuni libri occidentali in lingua
cinese (Manuale di Epitteto e gli Elementi di Euclide), ma la sua attività e il
suo pensiero non hanno generato veri cambiamenti o un’influenza scientifica che
l’impero cinese abbia in qualche modo sfruttato.
I
gesuiti volevano soprattutto convertire la Cina al Cristianesimo.
Matteo
Ricci in particolare aveva l’obiettivo di convertire l'imperatore, per poi
lasciare a lui il compito di convertire il popolo cinese.
Ricci è vissuto a Pechino, alla corte
dell'imperatore, per nove anni (1601-1610), ma non è mai stato ammesso al
cospetto dell'imperatore (secondo una certa storiografia, egli sarebbe stato
ammesso una volta a un’udienza mentre l’Imperatore era nascosto dietro una
tenda e Ricci parlava al trono vuoto).
Tutti
i gesuiti, e dunque anche Matteo Ricci, erano considerati e valutati quali
uomini colti, di lettere o di scienza, capaci di portare beneficio alla Cina,
ma non erano apprezzati come missionari, tant'è che i cinesi non si sono mai
convertiti al Cristianesimo.
Anche
dopo Matteo Ricci e i gesuiti, la sostanziale separazione tra Cina e Occidente
continua.
Si
deve giungere alle guerre dell'oppio, con la Gran Bretagna - la più grande
potenza marittima dell'epoca - che porta la guerra in Cina e la obbliga ad
aprire i commerci.
La Cina, che è stata sino ad allora uno dei
paesi più ricchi ed evoluti al mondo, si avvia verso un declino che, come detto
sopra, durerà circa un secolo.
In Occidente, infatti, ha preso avvio la
rivoluzione industriale, che in brevissimo tempo catapulta la ricchezza e il
benessere degli europei, e poi degli americani, ai vertici del pianeta.
È qui che si crea una frattura, risultato
dell'incapacità del morente impero Qing di acquisire quelle tecnologie e
capacità industriali che avrebbero potuto cambiare il corso della storia.
Ed è
così che la Cina rimarrà povera e ai margini della storia fino al 1949.
La
situazione economica del popolo cinese, in realtà, non cambia nemmeno nel 1949,
con la fondazione della Repubblica Popolare, perché Mao aveva centrato la sua
azione politica sull’ideologia più che sullo sviluppo economico: per essere
rossi bisognava essere poveri, solo essendo poveri si poteva sperare di essere
considerati rossi.
Una
situazione che si chiude con la scomparsa di Mao, nel 1976.
Dunque,
la Cina rimane marginale per quasi duecento anni, dall'arrivo della prima
missione inglese di McCartney (1792) fino ai primi anni ’80 del XIX secolo.
Ma i
libri di cui stiamo parlando, e molti altri beninteso, mostrano come la Cina
stia recuperando il posto che un tempo occupava nella storia.
Se tra dieci o quindici anni sarà di nuovo la
prima economia al mondo, ciò non dovrebbe stupire:
si
tratta semplicemente del recupero di uno status che essa aveva perduto.
Vale
la pena ricordare che quando parliamo della Cina dell’impero Tang o dei Qing,
parliamo pur sempre dello stesso paese.
Se
pensiamo invece all’Italia, quando parliamo di Marco Polo o di Matteo Ricci, ci
riferiamo a illustri italiani, ma in realtà in quelle epoche l’Italia come
stato nazionale non esisteva: esisteva Venezia, Genova o lo Stato Pontificio,
ma non l’Italia.
MB: Proprio Marco Polo e Matteo Ricci, peraltro, sono gli unici due
stranieri raffigurati nella grande parete del China Millennium Monument di Pechino, dove è rappresentato un
millennio di storia cinese attraverso circa suoi 200 protagonisti.
Da
italiani, oggi sentiamo pur sempre una certa “responsabilità” nel pensare a
loro come agli unici due stranieri ammessi in quella influente
rappresentazione.
Passiamo
ora al quinto libro che hai scelto, il Trattato dell'efficacia di
François Jullien.
Jullien
è uno studioso della filosofia sia dell'antica Grecia che della Cina, e molta
della sua opera è proprio incentrata sul confronto tra queste due civiltà.
Nella
nozione di efficacia di Jullien mi sembra interessante il fatto che lui porti
il concetto del non agire - che citavi in riferimento al taoismo - a una chiave
strategica: il non agire come attesa dell'opportunità (il libro, e le
conferenze ricavate, hanno avuto un grande successo anche nell'ambito del
management, della gestione d'impresa).
In questo senso, mi sembra che un riferimento
chiaro di Jullien sia “L’arte della guerra “di Sun Tzu, secondo cui il miglior
generale è quello che fa scendere in campo le sue truppe quando sa di aver già
vinto.
Jullien sviluppa dunque un concetto di
efficacia decisamente diverso rispetto a quello che abbiamo in Occidente.
AB: È proprio così. Direi che se guardiamo in modo onesto
alla scena politica e sociale del nostro continente, la nozione che colpisce
immediatamente la nostra fantasia è forse quella di confusione: non riusciamo a
capire ciò che succede davvero.
E
insieme a confusione potremmo forse aggiungerne un’altra, impotenza.
Se
anche avessimo il potere necessario, non sapremmo dove mettere le mani, da dove
cominciare a ricomporre il puzzle.
La fitta coltre di nebbia nella quale siamo
immersi c’impedisce di individuare un percorso di cambiamento, di
riorganizzazione di una società basata su valori condivisi e collettivi.
Sembra
non esserci un’alternativa a quello che viviamo.
Anzi,
sembra ci venga imposta la nozione stessa di assenza di alternativa: Margaret Thatcher affermava
addirittura che non esiste la società, ma solo l’individuo.
Ecco,
in Cina non è così, laggiù non c'è confusione e tantomeno impotenza.
In Cina vi è un'idea di società.
Certo,
vi sono contraddizioni, aspetti oscuri e punti interrogativi cui il Partito
Comunista che governa il paese non ha dato risposta, ma la Cina ha una
direzione di marcia.
Ad
essa si applica dunque la duplice nozione di efficacia ed efficienza - a
seconda che l’enfasi sia messa sui fini o sui mezzi.
Esattamente
quello che manca al nostro Paese, se si vuole.
Se
dovessimo, invece, accostare un concetto alla conduzione economica, sociale,
direi assiologica, del nostro Paese, non utilizzeremmo certo il termine
efficacia o efficienza, perché - senza essere troppo pessimisti - l’Italia ci
appare una nave alla deriva.
Ecco,
tornando alla Cina, efficacia ed efficienza significano una cosa forse banale,
ma che fa la differenza.
Laggiù
un fatto politico è frutto di una decisione: il governo o il Partito sono
intervenuti generando un cambiamento, anche se non sempre quello giusto, perché
il paese ha una guida (sulla scena degli ultimi 40 anni, del resto, non va
dimenticato che la Cina è passata da un reddito pro-capite di 164 dollari nel
1978 a quello di oltre 11 mila dollari, nel 2021).
Non
sono mancati errori ed omissioni, non si può certo negare.
Basti
pensare ai danni profondi all'ambiente, all’inquinamento dell’aria, dell’acqua
e dei suoli.
Una
politica devastante a cui il governo cerca ora di porre qualche rimedio,
sebbene alcuni danni siano rimediabili solo nel lungo periodo.
Qualcuno
afferma che anche in Occidente, al tempo della rivoluzione industriale e anche
dopo, lo sviluppo ha richiesto il suo prezzo, danni simili e altrettanto
profondi, materiali e morali, costringendo bambini di pochi anni a lavorare,
per sopravvivere, dieci o quattordici ore al giorno, come testimoniato da Marx
nel Capitale. Tutto ciò è dimenticato.
D’altronde,
come diceva Mao, se la rivoluzione non è un pranzo di gala, ebbene nemmeno
l'uscita dal sottosviluppo è un pranzo di gala, perché sconfiggere la povertà,
la realtà endemica della Cina storica (compresa l’era di Mao Tse Tung, durante
la quale non sono mancati persino fenomeni di cannibalismo) e giungere al
benessere ha i suoi costi.
La
Cina – che può oggi contare su infrastrutture moderne che non esistono nemmeno
nei più avanzati paesi scandinavi o in America - è ormai un paese ai vertici
dello sviluppo tecnologico e industriale, lanciato alla conquista dello spazio,
della più grande stazione spaziale mai concepita, ed è solo un altro esempio.
Ma tutto ciò, ancora una volta, ha avuto i
suoi costi, umani e ambientali. Insomma, senza andare oltre per carenza di tempo, la Cina odierna è un paese in cui la
maggioranza dei cittadini è grata al Partito per aver creato quel benessere di
cui gode per la prima volta.
Il Partito Comunista Cinese ha ancora difficoltà a
venire a patti con la nozione di “libertà”, che nelle nazioni occidentali è
considerata irrinunciabile – e che deve considerarsi tale anche per lo sviluppo
sociale e umano dei cittadini cinesi.
Tuttavia,
quando si parla di libertà e diritti umani, occorre non applicare il doppio
standard, non dimenticare che il primo diritto umano è quello alla vita e infine che
accanto ai diritti di parola o di assemblea la nozione neoliberista americana associa
il diritto alla proprietà privata, per di più senza restrizioni (su cui si basa il
corporativismo privato che domina il sistema economico e politico statunitense)
e qui la strumentalità della nozione è quanto mai evidente.
Resta
la circostanza che il Partito Comunista Cinese dovrà fare i conti prima o poi
con la nozione di libertà, quella corretta.
E lo
farà gradualmente, tenendo conto della necessità di salvaguardare la stabilità
del paese e tenendo fuori dalla porta il tentativo del capitalismo
americano-centrico di “normalizzare” la Cina.
Tutti
questi aspetti fanno da sfondo al libro di François Jullien, il quale, oltre al
Trattato dell'efficacia, ha scritto diversi altri saggi che offrono una
splendida chiave di lettura del comportamento cinese – e dunque per riprendere
il concetto d’esordio, della Cinesità - davanti alla modernità.
Per capire cosa succede all'economia cinese,
quali sono i rapporti tra Cina e Occidente, Europa e Italia comprese, considero
dunque che l’insieme di questi cinque libri possono costituire un’ottima base
d’avvio.
MB: Ti ringrazio molto per il percorso
fatto attraverso questi cinque libri che, ricordo, sono tutti disponibili nelle
biblioteche del Politecnico.
E
speriamo di poterli mettere presto anche in valigia, non appena sarà di nuovo
possibile viaggiare verso la Cina.
La
teoria del “Grande Reset Globale”.
L’accusa:
il
lockdown favorito
dai
potenti della Terra?
Log.ilgiornale.it
– blog di Cristiano Puglisi – Peter Koenig – (30 agosto 2020) – ci dice:
Con
l’enciclica “Laudato si “, papa Francesco ha posto l’accento sulla necessità di
ripensare il modello di sviluppo del pianeta, rendendolo più sostenibile e
rispettoso dell’ambiente.
Un tema, questo, caro al pontefice, che nell’aprile
del 2019 ha incontrato e incitato l’attivista svedese Greta Thunberg.
“Il
Santo Padre – confermò all’epoca dell’incontro il portavoce vaticano Alessandro
Gisotti – ha ringraziato e incoraggiato Greta Thunberg per il suo impegno in
favore dell’ambiente “.
Il tema del rispetto della “casa comune” è
tornato prepotentemente alla ribalta nei discorsi del Santo Padre in occasione
della pandemia da Coronavirus per uscire dalla quale, per il pontefice, occorre
“rigenerare un mondo più sano e più equo “.
La
convergenza di opinioni tra il papa e un’icona dei circoli progressisti come
Greta Thunberg sull’argomento, si inserisce non sorprendentemente (per
Bergoglio non è certamente la prima volta) nel solco della narrazione degli
ambienti mondialisti sul tema, incentrata da anni su una ridefinizione del
modello economico e produttivo in senso “green “.
PETER
KOENIG, L’ANALISTA CON UN PASSATO TRA BANCA MONDIALE E OMS.
Questa
ridefinizione, come riporta un interessante articolo di analisi firmato da
Peter Koenig, economista e analista geopolitico con una carriera trentennale e
un passato tra Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale della Sanità, per il
think tank “Centre for Research on Globalization “di Montreal, in Canada, è quella che
l’élite sovranazionale che regge le fila dell’economia e della politica
occidentali ha recentemente chiamato ”Grande Reset Globale” del capitalismo.
Per
introdurre il tema e per capire di cosa si tratti è utile innanzitutto
menzionare come, fatto peraltro riportato anche dallo stesso Koenig, uno dei
principali circoli mondialisti, il World Economic Forum (WEF) di Davos, in Svizzera, abbia, nello scorso
mese di luglio, dichiarato con una nota sul proprio sito che “la più grande
minaccia per il mondo “, al tempo del Coronavirus, non sia il patogeno ma… la
“ricchezza “.
Ora,
quella che il WEF ha definito una “notizia scioccante e rivelatrice” è la
“conclusione principale di un team di scienziati provenienti da Australia,
Svizzera e Regno Unito, che hanno avvertito che affrontare il consumo eccessivo
deve diventare una priorità” e che “la ricchezza è il motore dell’impatto
ambientale e sociale, e che, quindi, la vera sostenibilità richiede cambiamenti
significativi nello stile di vita, piuttosto che sperare che un uso più
efficiente delle risorse sia sufficiente“.
Ebbene,
non molte settimane prima, esattamente il 3 di giugno 2020, il fondatore e
presidente esecutivo proprio del WEF, Klaus Schwab, (il grande costruttore di bombe
atomiche illegali in Sud Africa! Ndr.) aveva pubblicamente e ufficialmente
presentato, durante una riunione virtuale che ha visto la partecipazione di
rappresentanti di FMI (Fondo Monetario Internazionale), della Banca mondiale,
degli stati anglosassoni (USA e Regno Unito) e del mondo dell’economia e della
finanza, quella che è da considerare la soluzione da lui proposta per
sconfiggere questa “minaccia “:
il
“Grande Reset Globale” del sistema capitalista.
“Il
mondo – ha detto Klaus Schwab in un video – deve agire congiuntamente e
rapidamente per rinnovare tutti gli aspetti delle nostre società ed economie,
dall’istruzione ai contratti sociali e alle condizioni di lavoro…
Ogni
Paese, dagli Stati Uniti alla Cina, deve partecipare, e ogni industria, dal
petrolio e gas alla tecnologia, deve essere trasformato.
In
breve, abbiamo bisogno di un ‘Grande Reset’
del
capitalismo.
Interessante
è notare come, nel consesso elitario scelto per la presentazione ufficiale di
questo concetto, la pandemia da Covid-19 e il conseguente lockdown su scala
planetaria siano stati unanimemente narrati dai convenuti come un’opportunità
per attuare questo ripensamento complessivo.
Si citano,
per esempio, le parole del principe Carlo del Galles. “
Abbiamo
un’occasione d’oro – ha detto il principe a proposito della pandemia –per
cogliere qualcosa di buono da questa crisi.
Le sue onde d’urto senza precedenti potrebbero
rendere le persone più ricettive alle grandi visioni del cambiamento”.
Parole
che ricalcano per certi aspetti i concetti a suo tempo espressi dal nobile
padre di Carlo, il principe Filippo di Edimburgo, marito dell’attuale sovrana
d’Inghilterra, che, nel 1988, ebbe a dire: ““Se dovessi reincarnarmi vorrei
essere un virus letale per eliminare la sovrappopolazione, la crescita
dell’uomo è la più grave minaccia per il Pianeta “.
Quest’ultima
affermazione aiuta subito a introdurre quale sarebbe la “ricchezza” che, grazie
alla pandemia e al “Grande Reset “, sarebbe possibile e anzi necessario
contrastare.
Come illustra efficacemente Koenig non si
tratta certamente del benessere dei multimiliardari che sostengono il WEF.
Si
tratta, piuttosto e come è facilmente intuibile dal tenore dei concetti
presentati, dei risparmi dell’agonizzante classe media, che, per quanto
traspare dai “contorni” delineati per il “Grande Reset”, sarebbe da impoverire
ulteriormente per favorire una contrazione dei consumi e, al contempo, un
incremento della sostenibilità.
L’impoverimento
della popolazione mondiale provocato dalle misure di contenimento imposte per
prevenire la diffusione del Covid non sarebbe, così, da intendersi come una
sgradevole conseguenza di determinate scelte politiche ma, anzi, come un
risultato auspicabile…
“Questo
Grande Ripristino Globale che il WEF prevede e pianifica – scrive al riguardo
Koenig nella sua analisi – è ovviamente guidato da un’altra agenda oltre al
‘bene del mondo ’.
Questi
autoproclamatisi
padroni dell’universo, alcune delle stesse persone benestanti che secondo il WEF
sarebbero ‘il rischio più grande per l’umanità’, ora rinunceranno forse alle
loro ricchezze in modo che ci sia un migliore equilibrio nella distribuzione
della ricchezza di Madre Terra, più giustizia, più rispetto per i diritti
umani, meno consumismo e una protezione assoluta dell’ambiente e delle risorse
non rinnovabili? Improbabile.
Al contrario, come è già stato dimostrato, il crollo
pianificato dell’economia mondiale ha creato una miseria insondabile da parte
di fallimenti per lo più di piccole e medie imprese, che sono state inghiottite
dalle grandi società (…) “. Ciò che si è verificato con il lockdown, prosegue
Koenig, è invece “un altro enorme spostamento di risorse dal basso verso
l’alto, come testimoniato dai 434 miliardi di dollari di ricchezze aggiuntive
dei miliardari statunitensi, e questo non include la somma della ricchezza
miliardaria aggiuntiva in tutto il mondo “. Nulla di nuovo.
Dell’incremento
di ricchezza dei mega-miliardari durante il lockdown si era parlato anche su
questo blog.
COVID:
UNA PROPAGANDA DELLA PAURA PER RENDERE PIU’ VULNERABILI LE PERSONE?
Il
seguito dell’analisi di Koenig lascia ancora più inquieti: asserendo infatti
che “la ricchezza è la più grande minaccia per il mondo, senza entrare nei
dettagli, il WEF sostiene che ‘la vera sostenibilità sarà raggiunta solo
attraverso drastici cambiamenti dello stile di vita’ e chiede ‘un grande
ripristino del capitalismo sulla scia della pandemia’”.
“Possiamo
solo ipotizzare – dice Koenig – cosa potrebbe significare il Grande Reset per i
cittadini del mondo.
Proviamo
a immaginare ciò che i ricchi oligarchi attraverso la loro affiliazione
societaria, finanziaria, farmaceutica e militare, possono intendere imporre
alle ‘grandi masse sotto di loro’.
Per
ottenere il ‘Grande Reset’ previsto dal WEF, il primo punto dovrebbe essere
quello di mantenere o aumentare la cadenza della propaganda, delle bugie e
della falsa paura in corso (…).
Questo
deve essere uno sforzo incessante e non dovrebbe essere un problema, poiché
tutta la propaganda anglo-americana occidentale e gli organi di stampa e i loro
affiliati in altre lingue sono completamente cooptati.
Un
altro o più lockdown con misure come le mascherine o il distanziamento sociale
e la reclusione tra le mura domestiche per diminuire ulteriormente il contatto
umano attraverso l’isolamento;
una ‘società mascherata’ perde l’autostima, la
paura e l’ansia abbassano il sistema immunitario delle persone, rendendole
vulnerabili a tutti i tipi di malattie, e l’obbligo della mascherina obbliga le
persone a respirare la propria CO2 altamente tossica (…).
Raggiungere
una riduzione del consumismo, attraverso un’estrema austerità e lavori a basso
salario e una gigantesca disoccupazione, causando così insicurezza, ansie e
paura per la sopravvivenza e preparando così la mentalità della popolazione ad
ancora più manipolazione e più schiavitù, nell’attesa disperata di un vaccino.
Sostituire il frutto del lavoro, vale a dire
il salario per il lavoro dignitoso, con un reddito di base universale (UBI),
creando una dipendenza dal sistema e demolendo il lavoro umano e ciò che resta
dell’autostima
(…) “.
Da
ultimo, conclude Koenig nella sua ipotesi, “c’è una forte spinta a ridurre la
popolazione mondiale; Bill Gates è uno dei fattori chiave e lo ha detto apertamente
in varie occasioni.
Una
delle sue ammissioni più evidenti è il suo TED Talk nel 2010, ‘Innovating to
Zero’, in California, dove disse con nonchalance, ‘se faremo davvero un buon lavoro con
i vaccini, la sanità e i servizi per la natalità, potremmo essere in grado di
ridurre’ la crescita della popolazione mondiale ‘del 10% o del 15%’.
Questa
agenda eugenetica si adatta perfettamente all’agenda del WEF. Meno persone,
meno risorse. E quelle che rimangono potranno essere condivise più
abbondantemente tra i ricchi e i potenti”.
DAL
MALTHUSIANESIMO ALL’ECOLOGISMO INTERESSATO.
Malthusianesimo,
ecologismo interessato, pauperismo, austerità. La ricetta del Grande Reset si
inserisce perfettamente in una tradizione ormai secolare, quella del
mondialismo anglofono che domina il pianeta attraverso le sue organizzazioni
tentacolari più o meno istituzionali (Banca mondiale, FMI, WEF, OMS).
Una tradizione che trova oggi i suoi cantori in
personaggi dall’estrazione più varia come, per l’appunto, Greta Thunberg, Papa
Francesco, Bill Gates e George Soros, lo speculatore-filantropo che ha
definito la pandemia “un momento rivoluzionario in cui ciò che sarebbe stato
impossibile o addirittura inconcepibile in tempi normali” è divenuto “non solo
possibile, ma probabilmente assolutamente necessario”.
Curioso
notare come nessuno dei potenti sopra citati abbia mai suggerito una seconda e
più logica opzione per contrastare gli squilibri del mondo.
Che,
come dice ancora Koenig, potrebbe essere quella di “de-dollarizzare e
de-globalizzare (il mondo) e favorire la produzione locale per il consumo
locale, con denaro sovrano locale e banche pubbliche locali, dirette da una
banca centrale locale sovrana che lavora per il benessere socioeconomico della
gente del proprio Paese, non per i signori di Wall Street “.
Una
domanda, a questo punto, appare inevitabile. Si può pensare che i potenti della
Terra abbiano, più o meno indirettamente, favorito il lockdown che provocherà,
secondo il FMI, una contrazione del reddito pro-capite nel 90% del pianeta alla
fine del 2020, per raggiungere gli obiettivi fissati dalla loro agenda?
Secondo
Koenig la risposta è… “sì, il WEF e i player dello stato profondo occulto
dietro le quinte hanno sfruttato il Covid al massimo per causare un blocco
totale delle persone e dell’economia mondiale.
Ciò è
accaduto praticamente simultaneamente in tutto il mondo in quasi tutti i 193
paesi membri delle Nazioni Unite”.
Una
conclusione affrettata? Sinceramente verrebbe da sperarlo.
Davos,
Xi Jinping: "Capitali stranieri
benvenuti
in Cina,
ma nel rispetto delle nostre regole."
Fiancialounge.com
– Antonio Caldarelli – (17 gennaio 2022) – ci dice:
In
video collegamento al World Economic Forum di Davos, il presidente cinese ha
aperto agli investimenti esteri, a patto però che non infrangano le leggi
cinesi.
Il
presidente della Cina Xi Jinping interviene in video collegamento al World
Economic Forum di Davos per ribadire concetti già espressi in passato, a
partire dalla condanna del protezionismo.
Il
presidente Xi ha rivolto un messaggio chiaro agli investitori stranieri:
"Tutti
i tipi di capitale sono invitati ad operare in Cina nel rispetto delle leggi e
dei regolamenti e a svolgere un ruolo positivo per lo sviluppo del Paese".
NO
ALLA RETORICA DELL'ODIO.
La
Cina, dunque, è un mercato aperto ai capitali stranieri, ma non senza alcuna
regola.
"Dobbiamo
lasciare da parte la mentalità della Guerra Fredda e cercare la convivenza
pacifica e soluzioni che portano benefici a tutti", ha detto Xi Jinping.
Il
presidente cinese ha citato le divisioni odierne nel mondo, condannando
"la retorica che alimenta i pregiudizi e l'odio" e ha ricordato come
la storia abbia più volte insegnato che lo scontro "porta a conseguenze
catastrofiche".
Xi ha
auspicato collaborazione tra i Paesi: "La via giusta da seguire per
l'umanità è quella dello sviluppo pacifico e della cooperazione fra Paesi in
modo da poter prosperare insieme sulla base del rispetto reciproco".
ECONOMIA
GLOBALE.
Parlando
dello stato di salute dell'economia globale, Xi ha sottolineato come la
pandemia abbia impattato sulle catene di approvvigionamento globali con un
aumento dei prezzi delle materie prime che rischia di mettere in pericolo la
ripresa economica.
"Se
le principali economie dovessero frenare o invertire le loro politiche
monetarie - ha detto Xi - ci sarebbero gravi ricadute negative che porrebbero
gravi sfide alla stabilità economica e finanziaria globale e i paesi in via di
sviluppo pagherebbero lo scotto maggiore nel contesto di una risposta a una
pandemia che è ancora in corso".
LA
GLOBALIZZAZIONE.
"Sebbene
vi possano essere correnti contrarie per un certo periodo - ha aggiunto Xi - il
cammino della globalizzazione non ha mai deviato e i paesi di tutto il mondo
dovrebbero sostenere il vero multilateralismo e rimuovere barriere anziché
erigere muri.
"Dovremmo
aprire non chiudere - ha detto - cercare l'integrazione anziché il decoupling.
Questo
è il modo per costruire un'economia mondiale aperta e a questo fine dovremmo
lavorare a una riforma del sistema di governo globale in base al principio di
equità e giustizia".
La
Cina e gli schiavi del cotone.
Repubblica.it
– Redazione – (15 dicembre 2020) – ci dice:
Nei
documenti scoperti dalla BBC le prove dei lavori forzati nei campi a cui
Pechino costringe centinaia di migliaia di uiguri e di altre minoranze.
La
Cina costringe centinaia di migliaia di uiguri e altre minoranze a lavorare nei
campi di cotone della regione occidentale dello Xinjiang.
In condizioni di totale schiavitù, sottolinea
in una sua inchiesta la BBC.
Una
serie di documenti scoperti online dai cronisti della Tv britannica fornisce un
quadro chiaro della portata del lavoro forzato nella raccolta di un quinto
dell'offerta mondiale di cotone, ampiamente utilizzato nell'industria della
moda.
Ma non
solo: oltre al lavoro nei campi, nei quali si ritiene che siano stati destinati
più di un milione di persone, le minoranze sarebbero anche costrette a lavorare
nelle fabbriche tessili.
Il governo
cinese nega le affermazioni, insistendo sul fatto che i campi sono "scuole
di formazione professionale" e le fabbriche fanno parte di un massiccio e
volontario programma di "riduzione della povertà".
Ma le
nuove prove scoperte dalla BBC suggeriscono che più di mezzo milione di
lavoratori di minoranza all'anno vengono anche indirizzati alla raccolta
stagionale del cotone in condizioni che nascondono “un alto rischio di
coercizione.
"Siamo
di fronte a numeri di portata storica” ha detto alla BBC Adrian Zenz, un membro
anziano della “Victims of Communism Memorial Foundation” di Washington che ha scoperto i
documenti.
"Per la prima volta non solo abbiamo
prove del lavoro forzato degli uiguri nella produzione, nella realizzazione di
indumenti, ma anche direttamente nella raccolta del cotone”.
Zenz ha lanciato un appello al mondo della
moda: “Chiunque abbia a cuore le ragioni dell’etica deve guardare allo
Xinjiang, che rappresenta l'85% del cotone cinese e il 20% di quello mondiale,
e dire: no, non possiamo più farlo".
I
documenti spiegano chiaramente le pressioni politiche nei confronti degli
uiguri dello Xinjiang e di altri gruppi tradizionalmente musulmani.
Un
netto cambiamento nell'approccio della Cina alla regione può essere fatto
risalire ai due brutali attacchi contro pedoni e pendolari a Pechino nel 2013 e
nella città di Kunming nel 2014.
Pechino ha accusato fin dal primo momento gli
islamisti e i separatisti uiguri.
La
risposta è stata pesantissima: dal 2016 in poi il governo ha costruito nello
Xinjiang una serie di campi di "rieducazione".
Che,
come dimostrano i documenti citati dalla BBC, non sarebbero altro che prigioni
nelle quali le minoranze sarebbero ridotte in condizioni di schiavitù.
“Solo
il Popolo Cinese
potrà
salvarci dal NWO!”
iopensoesono.it
– (29 Gennaio 2021) – AndLeo -Steve Bannon – ci dicono:
Ho
voluto trascrivere una parte dell’intervista all’ex capo consulente strategico
della Casa Bianca, Steve Bannon, per cercare di capire cosa stia succedendo nel
Mondo.
Premetto
che non sono partigiano né della parte sinistra che appoggia la visione “Globalista
Totalitaria del NWO” e né dalla parte destra che appoggia la visione degli “Stati
Indipendenti Nazionali Sovrani”.
Entrambi
hanno delle evidenti imperfezioni, anche perché si basano su una struttura
piramidale: pochi comandano molti.
Ma a
mio avviso il NWO è attualmente il pericolo maggiore per le nostre libertà
individuali e il modo di vivere che vorremmo augurare al prossimo, ai nostri
figli.
Non ho
una soluzione in tasca, ma mi sento in dovere di farvi leggere questa
intervista tradotta letteralmente da me dall’audiovideo in italiano da Epoch
Times Italia.
Mi
scuso per gli eventuali errori di grammatica dovuti a questa mia scelta di
trascrizione veloce e fedele.
Ma ciò
che conta è il contenuto che riguarda una tremenda battaglia in atto tra due
poteri contrapposti di cui non sindacherò più di tanto il lato buono o
malvagio, o se sono malvagi entrambi, ma darò a voi il modo di farvi un’idea…
Steve
Bannon: “Vogliono tutti fare affari con il
regime comunista cinese. Ricordiamoci, non ci sono cospirazioni, ma non ci sono
nemmeno coincidenze.
Torniamo
indietro nel tempo: la terza settimana di Gennaio 2017 ci sono due discorsi
importanti, uno a Davos e uno a Washington DC, quest’ultimo è il discorso
d’inaugurazione di Donald Trump, il 20 Gennaio 2017.
Pochi
giorni prima a Davos, al Forum Economico Mondiale, Xi Jinping va a tenere un
discorso osannato da tutti i presenti, tutti gli uomini di Davos, tutti i
consulenti di Mackenzie, Booz Allen, i migliori banchieri, i gestori di Hedge
Fund, i banchieri commerciali, tutte le Star, tutta Hollywood, sono tutti a
Davos per il week end invernale, per il Festival invernale, dove tutti si
incontrano e parlano di come sarà il futuro.
Il
raduno più elitario della Finanza Mondiale, della comunità politica, culturale
esistente.
Xi
Jinping fa un discorso, dice che il progetto di globalizzazione è fantastico:
“Sapete che noi ne siamo il caposaldo, voi altri siete tutti degli stati
vassallo, farete più soldi che mai, ma c’è un problema: il nazionalismo
populista. È un problema, ci sono le masse, non sono state preparate, non sono
élite come voi”.
Tre
giorni dopo, Donald Trump tiene il discorso sulla carneficina americana, cosa
dice?
È una
difesa del sistema della sovranità westfaliana, la difesa dello stato-nazione.
Lo
stato-nazione come unità, il quale in un mondo imperfetto, l’uomo possa avere
la massima libertà possibile.
Quindi
abbiamo il progetto di globalizzazione e il progetto nazionalista.
Ora,
prendi il Financial Times di Londra o l’Economist, prendi i migliori giornali
del mondo in quella settimana: Xi è considerato un leader globale e un uomo di
pace, un visionario che ha portato il mondo ad un buon punto in questo progetto
di globalizzazione.
Ora,
torniamo indietro: quando parlo di consulenti, parlo di banchieri e di gestori
di Hedge Fund che si incontrano, vanno tutti a Davos, fanno tutti cose diverse
ma operano tutti nello stesso business, cioè quello dell’informazione, che si
tratti di fare trading, Mass-media o politica aziendale, sono tutti nel business
dell’informazione.
Questi sono i più intelligenti di tutti e hanno
accesso a tutte le informazione nel mondo, così quando Xi è seduto lì ed è
osannato come un eroe sulla copertina dell’Economist, la prima pagina del
Financial Times, Il Times di Londra, il New York Times, ognuno delle persone
che sono lì, sanno tutto, sanno degli Uiguri e dei campi di concentramento,
sanno tutto dei cristiani perseguitati in Cina, sanno tutto del prelievo
forzato di organi, tutti sanno della repressione della Chiesa Cattolica
dissidente, tutti conoscono il Falun Hong Kong e sanno delle torture subite dai
loro praticanti, la loro repressione, sanno tutto del movimento
filo-democratico, sanno cosa sta succedendo ad Hong Kong.
Loro
sanno tutto, hanno informazioni perfette, sanno tutto ma non gliene frega
niente.
Quello
che la gente deve capire è che al progetto della globalizzazione non gli
interessa niente di niente.
Il
cuore pulsante, il modello economico e questa non è una teoria della
cospirazione… è tutto di pubblico dominio… il cuore del sistema della
globalizzazione è la riduzione in schiavitù del popolo cinese: funziona solo
così.
Il modello funziona solo riducendo in
schiavitù i cinesi perché rendendoli forza lavoro schiavizzata, sottopagata,
che fa orari di lavoro incredibili con le fabbriche, permette di trasformare i
lavoratori del mondo in servi della gleba. La più grande esportazione della Cina
che vogliono dal loro modello di business è la deflazione, la sovracapacità
produttiva elevata ad interesse statale.
È un
modo per tenere i prezzi al minimo, quindi per ottenere margini più alti,
perché tenendo basso il costo del lavoro, esso viene esportato in tutto il
mondo, facendo in modo che tutti i lavoratori del pianeta non ricevano aumenti
di salari.
Il
miracolo di Donald Trump è stato quello di essere riuscito ad aumentare
realmente i salari agli operai, questo è il sistema che abbiamo.
Xi è
sostenuto dalle élite mondiali e dice: “Questo è il sistema che abbiamo e chi
si oppone sono i nazionalisti populisti in tutto il mondo”.
E quale
è il più grande alleato in questa crociata, in questo sforzo? Sono i cinesi,
perché capiscono che è la loro oppressione a far funzionare il sistema. Ed è la
loro libertà che finirà per rompere il sistema.
Donald
Trump rappresenta questo, ed è il motivo per cui rappresenta una minaccia per
la globalizzazione.
La gente dice che sono i dazi, si, ma questi
sono tutti aspetti della questione, la parte fondamentale sono gli scenari che
abbiamo visto in quei due discorsi. Sono due modi diametralmente opposti in cui
organizzare il mondo.
Uno si basa su centinaia di anni di libertà
per quanto certamente imperfetta, l’altro è un regime totalitario, ecco dove
siamo arrivati.
Tutte
quelle persone dicono che stanno cercando di trasformare l’America con il
socialismo, il comunismo, No!
Il PCC
non è un’organizzazione comunista, è tutto falso!
È una
combinazione di capitalismo di stato e di dittatura. Questa combinazione che le élite
occidentali tanto amano, dicono: “Vedi, se solo potessimo essere la Cina per un
giorno: risolveremmo il riscaldamento globale, le ingiustizie razziali”.
A loro
piace questo modello, ammirano Xi Jinping, sì, ammettono che ci sono dei
problemi.
L’altro giorno è uscita la notizia che Apple
TV ferma un programma su Goucher, ma la vera storia è un’altra: le persone
interne di Apple TV affermano:
sono
altre le serie Goucher che Tim Cook vuole fare.
L’unica
legge ferrea di Apple TV è che non si può in nessun caso criticare il Partito
Comunista Cinese nell’apparato di regime cinese, e questo per me è un crimine.
Questi
oligarchi tecnologici, della Silicon Valley sono in affari con loro, gli
oligarchi di Waal Street sono in affari con loro, le multinazionali sono in
affari con loro, sono soci in affari, questo è il legame da spezzare.
Per
questo sono di eroismo e di coraggio le persone che lavorano in “Epoch Times”
ed altri che ne parlano ogni giorno, bisogna tenere costantemente sotto
pressione il regime cinese.
Questa
è la battaglia del nostro tempo, questo è il punto.
Ricorda:
i mass-media non vogliono parlarne, perché dobbiamo dibattere sui brogli
elettorali?
Io ho
parlato del piano di rubare le elezioni già da giugno ad Agosto 2019, a causa
del virus del PCC nel vostro documentario di “Epoch TV” di 8 o 9 mesi fa.
Nessuno
ne parla, l’unica ragione di questo fiasco dei voti per corrispondenza è il
virus del PCC: la sola ragione per cui da Gennaio 2020 faccio un Tour Pandemic.
Quando
Tony Fauci ha detto che non c’era pandemia, era un’influenza da qualche parte
nella Cina centrale e io ho detto: “No, No, No, questo è il PCC!”
Questo
è un evento importante, cambierà la storia e oggi siamo seduti qui con un
bilancio della Federal Reserve completamente distrutto, un’economia
schiacciata, un deficit di un trilione di dollari all’anno.
Non
abbiamo modo di riflettere su questo problema perché non abbiamo affrontato
quello centrale: cioè il Partito Comunista Cinese.
Sono
quelli che hanno permesso inavvertitamente la fuoriuscita di un virus da un
laboratorio di armi biologiche o che lo hanno diffuso come arma biologica.
In
ogni caso devono essere ritenuti responsabili, nessun governo occidentale si fa
avanti e li considera responsabili, quindi questa è la grande lotta dei nostri
tempi: una parte vincerà e l’altra perderà.
Se il
PCC continua ad accattivarsi la nostra élite, nel Regno Unito, nell’Europa
Occidentale, negli Stati Uniti e dovesse conquistarla, alla fine vinceranno.
Fermare
questa infiltrazione, sarà il primo passo per distruggere il Partito Comunista
Cinese.”
Il
giornalista: “ora, la strategia del PCC, molti cinesi lo sanno, se hai fatto le scuole
in Cina lo sai, per la maggior parte ti strangola con i tuoi stessi sistemi: è
un’idea di una guerra senza limiti per manipolare la natura libera dei paesi
stranieri: è quella di prendere il controllo delle infrastrutture, delle
istituzioni e acquisire così il controllo di un paese.
Come
tu hai detto li trasforma in stati vassalli, se capiamo come funziona questa
guerra e cosa significa diventare uno stato vassallo.
Tu hai
detto che la gente non pensa alle mire espansionistiche della Cina, ma questo
non è vero, lo sappiamo, loro parlano direttamente del progetto cinese del
2049, delle loro ambizioni, della Cina 2025 e lo definiscono il sogno cinese.
Ad esempio parlano di cosa significhi
conquistare una nazione con il modello cinese come iniziativa del Modello della
Via della Seta.
Se ci
pensiamo è interessante ed ho già parlato con alcuni colleghi cinesi e sai cosa
mi dicono quando sentono nominare il globalismo? Sai a cosa pensano? Pensano
all’Internazionale Comunista, perché mentre crescevano durante la Guerra
Fredda, questa è la retorica che veniva inculcata.
Quando
vedono il Globalismo, loro vedono l’Internazionale Comunista, è la stessa
identica cosa con un nome diverso.
Ora Steve,
vorrei capire, come potremmo definire in questo caso l’assoggettamento di una
nazione, la creazione di Stati-Vassallo senza l’utilizzo di mezzi militari?”
Bannon
risponde:
“Beh,
lo vediamo proprio ora, lo stiamo vedendo, parliamo della massa continentale
Euro Asiatica ricordate, tra di loro, alcuni sostengono di non essere
geograficamente espansionisti.
Beh, in realtà direi che per la prima volta,
le tre grandi teorie della Geopolitica, dell’espansione, vengono inculcate
nella strategia di base del PCC, hanno preso Mackinder, secondo cui chi
controlla l’isola del mondo, in pratica la terra ferma Euro Asiatica (da lui
definita Isola del Mondo), in particolare il centro di essa, controlla il
Mondo.
A
secondo della strategia Mahn, che era quella dell’Impero Britannico negli Stati
Uniti: il controllo dei punti di sbarramento navali, il controllo dei mari, in
particolare dei blocchi navali.
Così
sarai in grado di controllare l’isola del Mondo, quindi il Mondo intero. La
Terza strategia è quella di un certo Spykman, che ha detto: no, no, in realtà
la chiave è la pianura intorno all’Asia, se riesci a controllarle e a
costringere le persone ad andarsene, controlli sia l’interno, che la terra
ferma e gli oceani.
Il
Regime Cinese è l’unica potenza al Mondo che ha seguito tutte e tre le
strategie insieme, dalla Via della Seta all’espansione navale del Gibuti, a
tutti i diversi punti di strozzatura dello stretto di Malacca, tutto.
Quello
che stanno facendo per costringere tutto l’Occidente, gli Usa, l’Australia,
tutti, ad allontanarsi dalla terra ferma, in particolare intorno al Mar Cinese
meridionale, lo chiamano “loro mare territoriale”; costringono gli Stati Uniti
a tornare a Wuhan.
In Australia questi tizi si sono allontanati
dall’area costiera del (non si capisce il nome), lo stanno facendo proprio ora,
e i loro partner come la Corea del Nord, quelli minori come Pakistan, Iran,
Turchia, Russia, attualmente la Turchia a volte non lo è o lo è, gli altri
invece sono completamente intrappolati.
Un
controllo totale delle classi dirigenti, fa tutto parte del piano, in
particolare il Mullah è il più pericoloso, ma ne fanno tutti parte.
Stanno
facendo tutto questo per controllare il territorio Euro-Asiatico.
Ridotta
all’essenza: la politica estera americana nell’Agosto del 1914, all’inizio
della Prima Guerra Mondiale, è stata bipartisan.
“Non
permetteremo mai, né a una sola potenza, né ad una coalizione di potenze, di
controllare la massa continentale Euro-Asiatica”, perché è essenzialmente
l’Isola del Mondo.
Se si
guarda a come dovrebbe essere realmente una mappa: l’emisfero occidentale, sono
tutte isole intorno a questa massa terrestre.
Il
giornalista:
“Questa è
la strategia su cui si basa la Russia di Putin”
Bannon: “Sì, il Duginismo, è la stessa cosa.
Riguardo
all’Asia Centrale: la Via della Setta, il Made in China 2025, il ruolo di
Huawei: queste tre strategie convergenti sono state usate fondamentalmente per
creare questi Stati Vassallo.
Hai presente la Via della Seta? Si trattava
solo di ottenere il denaro dal paese che chiedeva il prestito per costruire
infrastrutture che avrebbero unito i mercati.
Ricordati
che la mira del PCC è la Cina a capo di tutte le industrie manifatturiere
avanzate.
Il
Made in China 2025: si impadroniranno di dieci o quindici industrie,
convergenza nella progettazione avanzata dei Chip, robotica, intelligenza
artificiale, per non parlare della parte bio-ingegneria, ma anche questa è una
parte importante per creare mercati, accesso alle materie prime, al commercio,
e assicurarsi che questi paesi guadagnino abbastanza soldi per comprare le
merci.
Forse
si produrrebbero anche alcune componenti in Europa Occidentale, ma in sostanza
s’è integrati in un sistema.
Il
Discorso di Xi-Jinping a Davos è questo: non abbiamo bisogno dello
Stato-Nazione.
Che tipo di Globalismo è? Una rete. La Cina
sarà l’unica Nazione e il resto sarà solo una rete di unità geografiche ben
definite.
Mentre
il sistema della Westfalia in realtà è una comunità di Stati-Nazione
Indipendenti, ed è per questo che siamo diametralmente opposti.
Ma i
cinesi e il Partito Comunista Cinese sono sulla buona strada: prima nel
territorio Euro-Asiatico, ed è qui se una Terza Guerra Mondiale, se ci
spostiamo dalla guerra ad oltranza, in questo momento siamo in guerra aperta,
sia mediatica che cibernetica, dell’informazione, di guerre economiche,
chiaramente in una guerra politica.
Questa
non è una Guerra Fredda, sono Guerre Calde: passare ad un vero conflitto armato
è una cosa che i cinesi non vogliono, perché mirano a sconfiggerti prima che ci
arrivi.
Sanno che l’Occidente è abbastanza capace
nella produzione di armi e nel loro impiego di azioni combinate e sanno che i
nostri soldati da migliaia di anni sono addestrati ad un certo tipo di
mentalità militare.
I
cinesi non lo vogliono, ma se si arrivasse a questo, sarebbe in posti come il
Mar Cinese Meridionale o il confine tra India, Tibet, Cina, che in questo
momento sono le zone calde intorno al territorio Euroasiatico.
Ecco
perché siamo in un territorio molto, molto difficile: è come gli anni ‘30 del
secolo scorso.
Questo
PCC non è diverso dal Fascismo o dai Nazisti di quegli anni.
Luoghi
come Hong Kong sono diventati davvero l’equivalente della Cecoslovacchia, è lì che l’Occidente
traccia una linea.
Se si
permette alla gente libera, come quella di Hong Kong di essere sopraffatta da
questo sistema, allora nessuno si opporrà più.
Ricordate,
la ragione per cui si ha una migrazione di cinesi in tutto il Mondo è perché il
popolo cinese vuole la libertà.
Per
questo ho detto quelle cose sulle attuali elezioni (USA2020), lo hanno
affermato gli ufficiali americani che hanno sostenuto Trump: è l’elezione più
importante negli Stati Uniti dalla fondazione della Repubblica, ma è anche
l’elezione più importante per 5.000 anni di storia cinese.
Il Popolo Cinese è l’unica grande civiltà in
cui non hanno mai avuto un solo giorno di libertà, forse solo durante Zhou Ying
Zheng, o per qualche periodo durante la Repubblica, forse, ma per 5.000 anni
c’è stato un asservimento di questo popolo che non ha mai avuto la libertà.
Quello che vedete, quello che il PCC ha
permesso che accadesse: la migrazione ovunque vadano, Canada, Stati Uniti,
Australia, Taiwan ed Europa Occidentale, prosperano sempre.
Guarda cosa ha fatto il popolo cinese lontano
dalla sua patria…non è che vogliono lasciare la Cina, sono costretti ad
abbandonarla perché in Occidente esistono le opportunità date dalle libertà,
democrazia e stato di diritto.
Ecco perché adesso assistiamo alla crescita di
questa comunità, questa è la grande lotta.
Il PCC
non può permettere che questo accada, queste persone devono essere cacciate od
eliminate, che si tratti del Falun Hong Kong, del Movimento per la Democrazia,
o dei cristiani clandestini: devono essere eliminati o braccati in tutto il
mondo, perché non possono permettere che vedano luoghi come Hong Kong e Taiwan
prosperino.
Esempio:
“ehi, guarda Hong Kong, guarda cosa ha fatto al popolo cinese sopra ad uno
scoglio!
Ha
costruito il terzo maggiore mercato mondiale dei capitali con la libertà e lo
Stato di diritto”.
Il
regime cinese non può permetterlo, è qui che si vede la debolezza.
Per
vedere la conquista dell’élite, guardate la debolezza di quanto è successo a
Hong Kong: l’Occidente sarebbe dovuto restare unito, guidato apertamente dalla
Gran Bretagna perché la Cina era un ex colonia britannica, in realtà hanno
accettato un accordo che tutto il mondo ha sostenuto.
Questo perché Margaret Thatcher e gli inglesi
lo hanno negoziato…sono stati fatti a pezzi, sono stati gettati alla gente, ci
hanno sputato sopra e hanno soppresso la gente di Hong Kong.
Se
vuoi capire il declino della Gran Bretagna, basta guardare quello che è
successo ad Hong Kong: l’incapacità della G.B. di alzarsi in piedi.
Parlando
degli Stati Uniti con Trump Presidente, penso che se si guarda al confronto
complessivo con il PCC, la maggiore debolezza è stata il confronto con Hong
Kong che avremmo dovuto avere, rimpiangeremo il giorno in cui nel 2019 non
abbiamo fermato la repressione del popolo cinese bloccandola sul nascere,
mandando un messaggio al Partito Comunista Cinese, non puoi sottomettere a tuo
piacimento i cinesi liberi in tutto il mondo.
Se
Biden avesse successo nel furto elettorale la gente dovrebbe capire che stiamo
passando 24 ore al giorno per impedire assolutamente a Biden, ai suoi e alla
gente intorno a lui di contrastare il grande movimento che abbiamo creato e la
resistenza al PCC attualmente in atto, questa è la minaccia che incombe.
Questo
è quello che fra 100 anni la gente ricorderà, quello che ricorderanno del primo
mandato del Presidente Trump, l’ho detto anche a lui.
Si
ricorderà una sola cosa, non sarà l’Impeachment, non saranno tutte queste
sciocchezze russe, non saranno il taglio delle tasse, ma sarà il fatto che è
stata la prima persona che s’è alzata in piedi e da vero leader degli Stati
Uniti ha affrontato il PCC.
Per
quanto fosse imperfetto quello scontro. Mi rendo conto delle imperfezioni,
quello è stato un grande cambiamento e se ne parlerà tra un centinaio di anni.
La gente e i suoi sostenitori dovrebbero capire che vinceremo, non c’è dubbio,
vinceremo.
Perché vinceremo? Perché abbiamo il miglior
alleato possibile in questa lotta: l’antico popolo cinese.
Anch’io
vengo da una famiglia di umili operai, nella mia famiglia sono tutti umili,
sono solo ingranaggi di una ruota, ma sono ingranaggi felici nella ruota.
È così che dovrebbe essere strutturata la
nostra società, una società civile.
L’antico
popolo cinese, i lavoratori, le lavoratrici della Cina, sono il nostro più
grande alleato per abbattere il Partito Totalitarista Cinese.
In
realtà è l’evento caratterizzante della prima metà del ventunesimo secolo, sarà
la libertà del popolo cinese e sarà nel modo in cui la realizzerà; solo loro
possono ottenere la propria libertà, noi siamo qui per aiutarli e se li
aiutiamo, copriamo a loro le spalle in ogni aspetto di questo conflitto
globale, il popolo riuscirà a rovesciare il Partito Comunista.
Insedieranno il governo che vorranno, lo stato
di diritto, la democrazia e tutto ciò che ha prosperato in Occidente.
Racconto
alla gente di quando sono stato in Ohio ad assistere i discorsi del Presidente
Trump.
Se vai
in Ohio, in Michigan o in Pennsylvania, puoi iniziare a parlare della Cina e
della deindustrializzazione dell’America, del PCC che sta lavorando con Wall
Street per portare via le fabbriche, non c’è bisogno di dare molta spiegazione.
La
gente sa intuitivamente cosa sta per accadere e rispondono, rispondono in modo
molto forte e positivo a questo messaggio.
Se vai
a New York o a Washington, la gente sembra stupita: “Ma di cosa stai parlando?
Non sono i nostri partners? Non sono dei concorrenti strategici?”
Questa
è la nuova definizione: “strategici” No! Non sono un nostro concorrente
strategico, sono un nostro nemico, lo sono del loro stesso popolo e soprattutto
del popolo degli USA.
Questo
è dimostrato dal virus del PCC, dalle loro azioni. Sono una minaccia per tutta
la società, si preoccupano solo del loro tornaconto, le persone di cui si
occupano di meno sono il loro popolo.
Ed è
questa partnership cinese che sarà la loro distruzione. Le persone devono
capire che stiamo vincendo, non voglio dire che succederà domani, ma stiamo
vincendo.
Alla
fine le genti cinesi saranno libere per mano propria e sarà un onore far parte
del sostegno cinese nel suo sforzo.”
Il
giornalista:
“Steve, solo un’ultima domanda su questa battaglia di cui abbiamo parlato.
Su “Epoch
Times” abbiamo parlato di questa libertà contrapposta al socialismo, potresti
anche definirla Bene contro Male, Tirannia contro Libertà, o in altri modi.
Come
definiresti questa battaglia finale che il mondo osserva in questo momento e
come si collega alle elezioni?”
Bannon
risponde: “Penso che questo riguardasse la
parte delle elezioni, perché questo virus del PCC ha dato la possibilità ai
Democratici e alla Sinistra Progressista di rubare queste elezioni, ma questo,
quando lo riassumi, è l’alleanza tra la libertà e coloro che vogliono respirane
la purezza, con tutte le responsabilità e gli svantaggi che ne derivano
rispetto ad un sistema totalitario che supporta uno dei peggiori elementi del
capitalismo di stato, del peggior modello dittatoriale.
Non
c’è miglior rappresentazione che la diaspora del popolo cinese: dove tale Popolo
ha accesso alla Democrazia, alle libertà. prospera.
Sono i migliori cittadini, sono orientati alla
famiglia, lavorano sodo, sono orientati ai risultati, credono alla
meritocrazia, sono tutto ciò che desideri in una Repubblica Democratica, in un
paese di buoni cittadini.
Si
concentrano sulla loro famiglia, su come migliorare le cose per la propria
comunità, quindi il modo in cui lo definisco è Bene e Male.
Piuttosto, un modello, il Partito Comunista
Cinese è marcio fino al midollo perché instilla tutti gli elementi peggiori
contro i quali le persone amanti delle libertà hanno combattuto per millenni.
Il
controllo assoluto e totale di una piccola parte dell’Elite che non concede
alcun diritto a nessun altro e li guarda fondamentalmente come un’unità di
produzione per ottenere i propri benefici.
Questo
è il motivo per cui queste elezioni sono le più importanti in 5.000 anni di
storia cinese:
è per
questo che una civiltà grande come il popolo cinese non ha avuto un giorno di
libertà in più di 5.000 anni, nessun’altra civiltà sulla terra è così.
Ecco,
direi che è assolutamente un crimine sconcertante.
Penso
che questo non sia dovuto solo al PCC, come criminale maggiore, credo che lo
siano stati anche i loro complici: i partners commerciali occidentali, loro
avrebbero dovuto saperlo, è Wall Street.
Ricorda, sono persone che non sanno quello che
accade.
Ritorna
alla logica della Conferenza di Davos o del Forum Economico Mondiale: questo incontro a Davos che
rappresenta il sistema di tutto il Mondo, sono le persone più intelligenti in
circolazione, hanno partecipato alle Università più prestigiose, le Ivy League,
io sono andato alla Georgetown School Foreign Service e alla Harvard Business
School, lavoro presso Goldman Sachs.
Sono stato in quelle sale riunioni, vedo come
pensano queste persone, so che hanno accesso alle informazioni, sanno quello
che sta succedendo, lo sanno assolutamente!
Se posso,
voglio dire l’ultima cosa su come andrà a finire.
Farò
riferimento ad un film. C’è un film girato negli anni ‘80 con Kevin Costner e
Sean Connery su Eliot Ness:
Gli
Intoccabili, parla dell’epoca dei Gangster di Chicago, degli anni ‘20 durante
il Proibizionismo.
Sean
Connery interpretava un vecchio poliziotto irlandese, Kevin Costner era un
giovane investigatore e stavano affrontando Al Capone, la peggiore mafia, mafia
come il Partito Comunista Cinese, a Chicago negli anni ‘20, Sean Connery si
rivolge a Eliot Ness e gli dice:
“Tutti sanno dov’è il whisky, tutti sanno dove
sono le distillerie, tutti sanno dove lo producono.
Non è
che non sappiamo dove sia. abbiamo la volontà politica di attraversare la
strada, prendere un’ascia, abbattere la porta ed arrestarli? È l’unica cosa che
abbiamo.”
Ci
sono tante cose che ci trattengono, se avremo il coraggio politico di farlo,
finirà così, questa è essenzialmente la situazione in cui ci troviamo oggi.
Tutti
sulla Terra sanno cosa sia il PCC, tutti sulla Terra e anche nella Nazioni
Musulmane che sono tutte loro partners, sanno che cosa hanno fatto ad alcune
minoranze nei campi di concentramento, tutti sanno che cosa hanno fatto con il
prelievo di organi, tutti sanno che cosa hanno fatto alle Chiese clandestine
cristiane, tutti sanno della repressione come hanno sottolineato i Cardinali:
cioè il Vaticano è in combutta con la repressione della Chiesa Cattolica
clandestina, tutti conoscono le torture e la persecuzione contro i praticanti
del Falun Gong, tutti sanno che cosa hanno fatto al Movimento Per la
Democrazia, tutti sanno che vanno in tutto il Mondo alla caccia dei cinesi
liberi e influenti, opponendosi a loro in tutto il Mondo.
Ogni
Elite, ogni giornale, ogni programma televisivo, CNN, MCNBC, il New York Times,
il Washington Post, il Times di Londra, il Financial Times, L’Economist, lo
sanno tutti!
Non è
questione d’informazione: “oh no! Non lo sapevo, non lo sapevo.”
Lo
sanno tutti! Wall Street lo sa! Le Corporations lo sanno!
E
s’inchinano! Loro lo sanno!
L’unica
domanda è se abbiamo la volontà politica di fermarli.
Ma
verrà dal movimento popolare, dai cosiddetti Deplorevoli, dall’antico popolo
cinese, dalla gente comune.
Alla
fine quando quei gruppi ne avranno le tasche piene e diranno BASTA!
Allora
ci saranno cambiamenti drammatici, sarà la caduta del Partito Comunista Cinese
e il riconoscimento delle responsabilità:
di
tutti, di quelli che sono stati i loro partners, e di tutti quelli che hanno
fatto soldi con loro, di tutti quelli che hanno rubato la ricchezza sottratta
al popolo cinese.
Il giorno della resa dei conti sta arrivando,
quello della responsabilità arriverà il giorno dopo.
Le
persone dovrebbero capire che stiamo vincendo, a volte il cielo è blu e a volte
è grigio, ma stiamo vincendo perché questa è una lotta.
Sai, sono un grande credente, sono un
combattente da strada, ma ho creduto sempre nelle lotte che contano.
E
questa non è solo una lotta che conta, questa è forse l’unica battaglia che
conta se le riconosci una tale importanza, quindi sono onorato di poterlo fare
ogni giorno della mia vita.”
"Siamo
di fronte a numeri di portata storica” ha detto alla BBC Adrian Zenz, un membro
anziano della “Victims of Communism Memorial Foundation” di Washington che ha
scoperto i documenti.
"Per
la prima volta non solo abbiamo prove del lavoro forzato degli uiguri nella
produzione, nella realizzazione di indumenti, ma anche direttamente nella
raccolta del cotone”.
Zenz
ha lanciato un appello al mondo della moda: “Chiunque abbia a cuore le ragioni
dell’etica deve guardare allo Xinjiang, che rappresenta l'85% del cotone cinese
e il 20% di quello mondiale, e dire: no, non possiamo più farlo".
I
documenti spiegano chiaramente le pressioni politiche nei confronti degli
uiguri dello Xinjiang e di altri gruppi tradizionalmente musulmani.
Un
netto cambiamento nell'approccio della Cina alla regione può essere fatto
risalire ai due brutali attacchi contro pedoni e pendolari a Pechino nel 2013 e
nella città di Kunming nel 2014.
Pechino ha accusato fin dal primo momento gli
islamisti e i separatisti uiguri.
La
risposta è stata pesantissima: dal 2016 in poi il governo ha costruito nello
Xinjiang una serie di campi di "rieducazione".
Che,
come dimostrano i documenti citati dalla BBC, non sarebbero altro che prigioni
nelle quali le minoranze sarebbero ridotte in condizioni di schiavitù.
Le
“Armi” segrete di Zelensky.
Conoscenzealconfine.it
– (30 Novembre 2022) - Claudio
Martinotti Doria – ci dice:
Esattamente
come Hitler nell’ultimo periodo bellico, quando ormai le sorti della guerra
erano segnate, anche l’ex comico cocainomane Zelensky, ripone le sue ultime
speranze nelle “armi” segrete.
In un
video che ha circolato per qualche tempo in rete, poi subito fatto sparire, si
è visto atterrare nell’Aeroporto Internazionale di Leopoli “Danylo Halytskyi”,
un cargo C-130J Super Hercules privo d’insegne identificative e di color nero,
dal quale ci si sarebbe aspettato di vedere scendere materiale bellico o forze
speciali.
Con
immensa sorpresa, i pochi testimoni, uno dei quali probabilmente autore del
video, videro scendere alcune decine di uomini e donne con strani costumi
policromatici e folkloristici, come fossero provenienti da o diretti a una
festa in maschera o di Halloween, tutti portavano una molteplicità di amuleti e
talismani di ogni forgia, collane, ornamenti pittoreschi, alcuni disponevano di
lugubri bastoni con dei piccoli teschi al posto del pomelo.
Successivamente
il video, che seppur sparito dalla rete è stato salvato in tempo da diversi
internauti, è stato esaminato da alcuni esperti in discipline antropologiche,
etnologiche e simbologiche, che hanno identificato i costumi come haitiani.
In particolare si tratterebbe di costumi
cerimoniali indossati dagli tongani e dal mambo durante i rituali vudù.
Si
presume pertanto che le persone sbarcate a Leopoli fossero sacerdoti e
sacerdotesse vudù.
Tutti
sappiamo quale sia la principale prerogativa attribuita a tali personaggi,
quale sia il loro potere, per quanto ammantato di leggenda e mitologia.
Di
fronte al collasso del suo paese, al rischio di un’interruzione del sostegno
occidentale, alla migrazione di decine di milioni di abitanti infreddoliti e
affamati, e soprattutto di fronte a un esercito ormai decimato e allo sbando,
che rischia continui ammutinamenti (seppur soffocati nel sangue dai nazisti e
taciuti dai media mainstream), a Zelensky non rimane altro che far resuscitare
i soldati da lui stesso fatti massacrare, per obbligarli a combattere di nuovo,
in un perverso e aberrante circolo vizioso, una sorta di angosciante loop
temporale, nel quale le vittime sono sempre le stesse, come pure il carnefice.
Ma la
componente più inquietante di questa situazione è l’imperdonabile complicità
dell’Occidente, che non solo sostiene questo osceno personaggio ma ospita
moltissimi corrotti oligarchi ucraini fuggiti dalla guerra, arricchitisi
depredando il loro paese e vendendo le forniture militari destinate al fronte.
Un
regime criminale nazista creato dagli anglosassoni con il colpo di stato del
2014 in chiave antirussa, che ha come effetto collaterale doloso il
depauperamento dell’UE, eseguito dall’attuale leadership europea che agisce
contro gli interessi della popolazione.
Ad
ogni modo non escluderei l’ipotesi che gli zombie, una volta attivati, vedendo
le folle cittadine dirigersi verso i confini europei in cerca di un pasto e un
luogo di accoglienza caldo, si pongano sulla loro scia e non varchino anche
loro i confini dell’UE.
Aggravando in tal modo la situazione.
Non
dubito che anche in questo caso, per coerenza politica, i DEM di casa nostra
invochino il diritto di accoglienza nei loro confronti, come profughi di
guerra, che per altro, nel loro specifico caso, hanno veramente combattuto.
(Cav.
Dottor Claudio Martinotti Doria- cavalieredimonferrato.it/)
Decodifica
Davos.
Fase
finale globale.
Globonews.it – Michele Forina - (April 14,
2021) – ci dice:
LA
FASE FINALE.
Questo
approfondito documentario vi porterà in un viaggio di Klaus Schwab e l’offerta
del “World Economic Forum” per il controllo totale del pianeta.
Davos,
una classe di élite tecnocratiche globali, ha in programma di eseguire un
grande ripristino e ricostruire l’intera società, ma cosa c’è veramente dietro
i loro piani e dove è diretto?
Non e
il primo video sul tema che viene tradotto, ma non bastano mai.
Questa
la traduzione scritta del testo nel video:
Decodificare
Davos: The Global Endogame.
La
frase agghiacciante di George Orwell “uno stivale che ti calpesta la faccia per
sempre” dal suo libro ‘1984‘ è molto vicina al suo massimo compimento.
Vedete,
le persone che hanno annunciato coraggiosamente che “entro il 2030 non
possiederete nulla e sarete felici” e che semplicemente “affitterete tutto ciò
di cui avete bisogno” si sono incontrate durante la settimana dal 25 gennaio
2021 per discutere i piani per un rimodellamento totale del pianeta.
Sì,
sto parlando del “World Economic Forum” noto anche come “Davos Class”.
La conferenza è iniziata con le osservazioni
di Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del “World Economic Forum”,
che ha affermato che il 2021 è “un anno cruciale e fondamentale per il nostro
futuro”.
Alla
conferenza di una settimana hanno partecipato rappresentanti di:
governo,
banche, attività commerciali, università, media, Big Tech- Big Pharma.
Alcuni
dei componenti più importanti includevano:
Anthony
S. Fauci, Direttore, Istituto nazionale di Allergie e Malattie Infettive
(NIAID);
Bill Gates,
Presidente della The Bill & Melinda Gates Foundation;
Tedros
Adhanom Ghebreyesus, Direttore generale, Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS);
Kristalina
Georgieva, Amministratore Delegato, Fondo Monetario Internazionale (FMI);
Al
Gore, ex vicepresidente degli Stati Uniti;
John
F. Kerry, Inviato speciale presidenziale degli Stati Uniti per il clima;
Christine
Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea;
Angela
Merkel, Cancelliere Federale della Germania;
Sundar
Pichai, Amministratore Delegato, Alphabet; Amministratore Delegato di Google
Inc.;
Rajiv
Shah, Presidente della Rockefeller Foundation;
C’erano
anche comunicazioni speciali consegnati da:
António
Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite;
Emmanuel
Macron, Presidente della Francia;
Benjamin
Netanyahu, Primo Ministro di Israele;
Vladimir
Putin, Presidente della Federazione Russa;
Ursula
von der Leyen, presidente della Commissione Europea;
Xi
Jinping, presidente della Repubblica Popolare Cinese;
I 7
temi principali degli incontri di Davos di quest’anno sono stati:
1.Come
“salvare” il pianeta
2.Economie
più giuste
3.Tecnologia
per il Benessere
4.Società
e futuro del lavoro
5.Affari
migliori
6.Sanità
del futuro
7.Oltre
la geopolitica
Suona
bene, vero…?
Se
desiderate che tutto nella vostra vita sia deciso da una cabala di ricchi
addetti ai lavori, autocompiacenti e ben collegati, sono sicuro che suona
meravigliosamente.
Per il
resto di noi, che apprezzano l’indipendenza, la libertà e la privacy, gli obiettivi
di Davos di salvare il pianeta e trasformare la società, suonano più come grida
di battaglia autoritarie che farebbe inorridire persino George Orwell.
Nessun
Ritorno alla Normalità.
Dei
Favolosi front man, Klaus Schwab, ha apertamente dichiarato che la “pandemia”
COVID-19 era l’occasione perfetta per “re-immaginare il nostro mondo” e ha
persino scritto un intero libro su come farlo, dal titolo Covid-19 – The Great Reset…
In
effetti, Schwab ha proclamato con orgoglio che il mondo non sarebbe mai tornato
alla normalità dopo la “pandemia”, come se fosse una cosa orribile.
In
COVID-19 – The Great Reset, Schwab ha rafforzato la sua posizione del mancato
ritorno alla normalità, affermando:
Molti
di noi stanno riflettendo quando le cose torneranno alla normalità.
La
risposta breve è:
mai…
Nulla
tornerà mai al senso di normalità “interrotto” che prevaleva prima della crisi,
perché la “pandemia” del coronavirus segna un punto di svolta fondamentale
nella nostra traiettoria globale.
Klaus
Schwab.
Com’era
prevedibile, Schwab non era l’unico a pensarla così.
È
stato sostenuto da molti leader di governo e degli affari che hanno iniziato
stranamente a fare eco quasi con le stesse identiche dichiarazioni nei media.
È
stato il “World Economic Forum” di Schwab insieme alla Bill and Melinda Gates
Foundation e al John’s Hopkins Center for Health Security a sponsorizzare
l’Evento 201 nell’ottobre 2019.
Questo
esercizio di preparazione alla “pandemia” ha presentato una copia quasi carbone
di ciò che sarebbe accaduto nella vita reale solo pochi mesi dopo.
Lasceremo
per un’altra volta l’argomento delle vere origini e della natura del virus.
Ma
come ha predetto il gruppo di esperti durante l’Evento 201, tutto è cambiato e
molto rapidamente una volta che l’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della
Sanità ha dichiarato che fosse in atto una “pandemia”.
Lo
stesso giorno, il “Forum Economico Mondiale” ha annunciato la creazione della
sua piattaforma d’azione COVID, che funge da modello per rimodellare la
risposta economica globale alla “pandemia” del coronavirus.
È
stata anche rilasciata la “Strategic Intelligence Platform” sviluppata per
“esplorare
e monitorare i problemi e le forze che guidano il cambiamento di trasformazione
nelle economie, nelle industrie e nelle questioni globali.
In
altre parole, prendere il controllo di tutto ciò che è vitale per la vita del
pianeta e della sua popolazione.
Con
questi sforzi e altro ancora, la Class Davos non ha perso tempo con i suoi
piani per rimodellare il mondo.
Come
ha affermato una volta l’ex sindaco di Chicago Rahm Emanuel (e fratello del
dott. Zeke Emanuel di. “Nessun ritorno alla normalità”):
Mai si
vuole che una crisi seria vada sprecata. E quello che intendo con questo è
un’opportunità per fare cose che pensi di non poter fare prima.
Ma il
vero problema è sempre stato quello di portare avanti un’agenda per creare un
governo globale.
La
“pandemia” è stata la scusa usata per accelerare questo schema. E oh, che
schema è…
Ma
lasciamo ancora una volta che il fantoccio globalista Klaus Schwab prepari il
terreno per il vero meccanismo che verrebbe utilizzato per portare avanti tutti
i cambiamenti desiderati della Class Davos… Paura!
Ancora
una volta, è stato Schwab a riconoscere che:
la
diffusione di malattie infettive ha una capacità unica di alimentare la paura,
l’ansia e l’isteria di massa.
Schwab,
Klaus.
COVID-19
– The Great Reseat.
In
effetti, l’isteria indotta dalla paura da una crisi di salute pubblica ha
causato gli scenari esatti che nell’Evento 201 erano stati presentati pochi
mesi prima.
COVID-19
è servito come una palla da demolizione scatenata per ribaltare ogni aspetto
della vita.
Questo
esperimento mondiale di ingegneria sociale si è rivelato ampiamente riuscito,
poiché le società di tutto il mondo sono state trasformate in un paio di mesi
in regimi totalitari che chiedevano il rispetto di misure draconiane emanate
per “fermare la diffusione del virus”.
Negli
Stati Uniti, è stato annunciato come “15 giorni per rallentare la diffusione”.
I
cittadini hanno acconsentito a misure che prima dell’epidemia sarebbero state
considerate impensabili, come l’allontanamento sociale, la copertura del viso,
la ricerca di contatti, la chiusura di attività commerciali e le restrizioni di
viaggio.
Tutti
gli aspetti della vita sono stati completamente ribaltati.
Fortunatamente,
il tasso di mortalità per il virus non è stato affatto vicino a quanto previsto
nell’Evento 201.
Tuttavia,
i tassi di suicidio, violenza domestica, depressione e abuso di sostanze, sono
aumentati, poiché lo stesso “lockdown” si è rivelato più minaccioso del virus.
Ma
indovinate un po? Tutta questa sofferenza umana è stata predetta dalla classe
Davos…
Sapevano
che sarebbe stato particolarmente difficile per i paesi in via di sviluppo e le
minoranze.
Erano
pienamente consapevoli che una crisi di questa portata avrebbe ulteriormente
ampliato il divario di ricchezza tra ricchi e poveri.
Conoscevano
già da prima il danno estremo che sarebbe stato fatto, e il prezzo che avrebbe
avuto sulla salute umana, la ricchezza, il benessere emotivo e spirituale.
Ma
questi vampiri malati, contorti e assetati di potere userebbero tutto questo
caos come parte del loro gioco finale.
La
loro speranza è che rendendo queste iniquità più visibili, accetterete più
prontamente le loro soluzioni pre-pianificate.
Ed è
così come intendono farlo…
Costruire
la fiducia per la governance globale.
Uno
dei temi principali degli incontri di Davos di gennaio era incentrato sulla
“costruzione della fiducia”.
In
effetti, Schwab ritiene che una delle questioni più critiche per il successo
dei loro piani sia il rinnovamento della fiducia.
La classe Davos sta facendo tutto il possibile
per farti accettare i loro piani. Non possono farlo senza problemi, senza la
vostra fiducia.
Vedete,
questo gioco globale funziona producendo il vostro consenso attraverso:
propaganda
sofisticata; programmazione predittiva; lavaggio del cervello a tutto campo… A meno che voi non diciate
esplicitamente di no e fate qualcosa per resistere ai piani della classe di
Davos, prenderanno il vostro silenzio e la vostra compiacenza come il permesso
per procedere con la loro agenda.
Questo
è il motivo per cui amano usare parole come inclusivo, equo, resiliente,
sostenibile, multipolare, collaborativo e giustizia sociale per far sembrare
che voi siate invitati al tavolo per aiutare a prendere decisioni. In realtà,
tutte le decisioni sono già state prese per voi.
E
nessuna è veramente a vostro vantaggio.
Ma la
classe di Davos non è stupida.
Si
rendono conto che molti stanno seguendo i loro piani e hanno anche ammesso che “The
Great Reset” suona come una nefanda cospirazione globale.
Quindi,
stanno ricorrendo a tattiche di manipolazione come appaiono su questo video di “The
Great Reset” per farvi dubitare dei vostri sospetti e dipingere come un
ciarlatano chiunque contraddica la loro narrativa.
Sì,
amano liquidare qualsiasi rapporto sui loro malvagi programmi come “teorie del
complotto”.
Ma
questo tipo di propaganda non è altro che un trucco di magia.
È un
gioco di prestigio come quelli per la strada con video, rapporti e marketing
intelligente prodotti in modo professionale.
Vogliono
disperatamente che tu creda che si preoccupano profondamente per voi e sono
atterriti da qualsiasi resistenza.
Come
osate anche solo pensare di metterli in discussione e cercare risposte da soli!
Fidati
degli esperti. Fidati del governo. Fidati dei banchieri. Fidati della scienza.
Fidati
del piano.
Affidati
alla classe Davos…!
La
“pandemia” di COVID è solo la prima fase del piano per farti arrendere ai loro
obiettivi.
Cos’altro
hanno in serbo?
Agenda
21/2030 e Collettività.
Alla
ricerca di un nuovo nemico che ci unisse, abbiamo avuto l’idea che
l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la
carestia e simili sarebbero stati adatti…
Tutti
questi pericoli sono causati dall’intervento umano ed è solo attraverso
atteggiamenti e comportamenti modificati che possono essere superati.
Il
vero nemico, quindi, è l’umanità stessa.
Dr
Alexander King, Co-fondatore del Club of Rome.
La
prima rivoluzione globale – Un rapporto del Consiglio del Club di Roma
di
Alexander King e Bertrand Schneider.
1991.
I
piani diabolici per formulare un governo globale sono stati fomentati molto
tempo fa.
Il
Club di Roma ha svolto un ruolo enorme in tutto questo sin dal 1972 con la
pubblicazione del suo rapporto, “The Limits to Growth”, che essenzialmente
incolpa tutti per i problemi della società, perché troppe persone consumano
troppe cose.
Uno
dei modi principali in cui questo sindacato globale di magnati bancari,
intellettuali, scienziati, burocrati e loro amici ha pianificato di raggiungere
il loro Nuovo Ordine Mondiale è stato promuovere la minaccia del riscaldamento
globale, che
oggi si è trasformato in cambiamento climatico.
È lo
stratagemma del cambiamento climatico che sta dando ai tecnocrati globali il pretesto per cambiare il mondo
chiedendo emissioni nette di carbonio zero che distruggerebbero l’industria dei
combustibili fossili e altererebbero completamente il modo in cui opera il
mondo.
La
minaccia della crisi ambientale sarà la “chiave del disastro internazionale”
che sbloccherà il “Nuovo Ordine Mondiale”.
Dopo
secoli di gestione di tutte le industrie che inquinano la Terra e la riempiono
di veleni, ora vogliono che voi crediate che abbiano un piano per correggere
tutti questi torti.
Ma il
Club di Roma, il Forum economico mondiale e le Nazioni Unite non sono gli unici
gruppi che promuovono questo schema.
C’è
anche il World Government Summit (WGS), tra una sfilza di altre organizzazioni
e thinktank che lavorano per realizzare il loro sogno di governo globale.
Le
moderne propaggini del rapporto “The Limits to Growth “sono l’Agenda 21 e gli
Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sviluppati dalle Nazioni
Unite.
È una
semplice coincidenza che una “pandemia” globale si sia verificata all’inizio
del 2020 giusto in tempo per “inaugurare un decennio di azioni ambiziose” nel
tentativo di assumere il controllo completo del pianeta?
È per
caso che questa “pandemia” sia stata utilizzata anche per spingere al massimo
l’agenda del cambiamento climatico?
Un’altra
domanda rilevante è: chi ha dato alle Nazioni Unite questa autorità?
Non ho
mai votato per António Guterres, l’attuale Segretario Generale delle Nazioni
Unite o per nessuno dei precedenti e sono sicuro che non lo avete fatto neanche
voi.
Ma nel
1992, alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti fu approvato un disegno
di legge per impegnare il paese ad attuare l’Agenda 21.
È
stato sponsorizzato nientemeno che dall’attuale presidente della Camera Nancy
Pelosi e supportato dall’attuale leader della maggioranza al Senato Chuck
Schumer e dal senatore Bernie Sanders.
Sebbene
questo disegno di legge non sia mai passato al Senato, molti dei suoi principi
sono stati messi in atto nel corso degli anni. Non importa dove vivete, è
probabile che il vostro paese abbia promulgato leggi simili senza il vostro
consenso.
Concetti
come:
giustizia
sociale, reddito di base universale (UBI) e politiche del Green New Deal,
…
derivano tutte dall’Agenda 21 e quando sarà completamente a posto farà molto
più male che bene.
Pensando
che la maggior parte delle persone sia d’accordo con questi piani o sia ancora bloccata nella matrice
della falsa realtà, le Nazioni Unite hanno persino avuto l’audacia di creare un sito
web che dichiara un “Nuovo Ordine Mondiale” con:
“Felicità,
benessere e libertà di tutta la vita sulla Terra entro il 2050″ che hanno
portato così tanti contraccolpi che alla fine l’hanno rimossa.
La
classe di Davos e i suoi seguaci globalisti amano fingere che i loro piani
andranno a beneficio di tutta l’umanità, pur continuando a mantenere la maggior
parte della ricchezza e delle risorse del mondo nelle loro casse.
Sebbene
promettano equità globale, non rivelano mai che ciò significa che tutti saranno
ugualmente poveri e dipendenti da signori tecnocratici per ogni briciola sul
tavolo.
Negli
anni, molte anime coraggiose come Rosa Koire, autrice di Behind the Green Mask
e Patrick Wood, autore di Technocracy Rising, hanno smascherato i loro
tentativi di mettere un’esca e cambiare e lasciare il 99% senza assolutamente
nulla.
Al
centro della,
“Agenda
21, Agenda 2030, Build Back Better, Climate Change, and The Great Reset,”
… è la
collettività.
In
qualità di pioniere della ricerca sui piani per il governo globale, G. Edward
Griffin ha anche spiegato come il collettivismo non sia altro che uno
stratagemma di marketing per indurre le persone a rinunciare ai loro diritti
individuali e per i paesi a rinunciare alla loro sovranità alle élite globali.
L’insidiosità
dei partenariati pubblico-privato.
In
effetti, lo scopo principale del “World Economic Forum” è quello di funzionare
come istituzione sociale per l’emergente élite globale, la “mafio-crazia” della
globalizzazione di banchieri, industriali, oligarchi, tecnocrati e politici.
Promuovono
idee comuni e servono interessi comuni: i propri.
Andrew
Marshall,
“World
Economic Forum”: una storia e un’analisi
Uno
dei più grandi risultati di Davos 2021 è stata la costante richiesta di
partenariati pubblico-privato per aprire la strada al raggiungimento del
cambiamento globale.
Questa
parola d’ordine “ppp”
è solo un modo stravagante per dire fascismo, o la fusione di corporazioni e
governo in un’unica entità totalitaria.
Cosa
potrebbe andare storto fondendo gli sforzi di società globali come:
Bank
of America, BlackRock, Facebook, Goldman Sachs, Google, JPMorgan Chase,
Microsoft, Palantir Technologies, Pfizer, Thompson Reuters e VISA con agenzie
governative e società civile?
Dopotutto,
secondo il CEO di Salesforce Marc Benioff, i CEO erano gli eroi della
“pandemia”!
La
parte spaventosa di tutto questo è che uomini di Davos come Benioff ci credono
davvero e insistono perché ci crediate anche voi.
Dopotutto,
sono davvero i “bravi ragazzi” in tutto questo.
Collaborando
con i governi, queste e molte altre società transnazionali hanno completamente
preso il controllo della nostra fornitura di cibo, sistemi economici,
trasporti, tecnologia, media, servizi pubblici, risorse naturali, sistemi
sanitari e industrie dell’intrattenimento.
Queste
potenti società multimilionarie e miliardarie sono cresciute fino a diventare
un sistema di controllo bestiale che detta le regole del gioco in ciascuno dei
loro settori e sono intenzionate a distruggere gli operatori indipendenti.
Entra
nel capitalismo degli stakeholder.
Se
siamo i nuovi schiavi americani, allora chi è il nostro padrone?
Il “Nuovo Maestro”, come un mostro scappato dai
laboratori di un nobile esperimento chiamato “sogno americano”, è la somma totale di un
accoppiamento amorale tra governo e affari.
Si
profila come un ibrido monolite che non è né governo né affari ed è composto da
singoli filoni di potere che includono il presidente, il Congresso, i
tribunali, una moltitudine di uffici e agenzie governative e un immenso gruppo
di multinazionali, alcune ricche come grandi nazioni.
Gerry
Spence.
Dammi
la libertà!
Per
far fronte al crescente contraccolpo all’avidità e al controllo esercitato
dalla classe Davos di potenti amministratori delegati e burocrati, Klaus Schwab
ha inventato un nuovo modello economico chiamato “Stakeholder Capitalism”, in
cui alle società private viene concesso il ruolo di,
fiduciari
della società…!
Ecco
dove viene di nuovo in mente la parola “fiducia”.
Insieme
al nuovo libro, Schwab ha scritto Il “Manifesto di Davos”, ridefinendo il ruolo
di un’azienda per svolgere un ruolo più ampio nel raggiungimento degli
obiettivi ambientali, sociali e di buona governance.
Schwab
tenta ancora una volta di convincere il pubblico a credere che le aziende
possano diventare altruiste, sostenere i diritti umani e creare parità di
condizioni per raggiungere l’uguaglianza.
È come
cercare di convincere le persone che un leopardo può davvero cambiare le sue
macchie.
Stanno
cercando di persuaderci che il club dei miliardari è stanco di far funzionare
macchine senz’anima, che accaparrano denaro, distruggendo l’ambiente e davvero,
sì, vuole aiutare i piccoli.
Attenzione
però, perché, come dice la Bibbia, i ministri di Satana amano trasformarsi in
angeli di luce…!
E
seguendo questo modello, avidi globalisti come John Rockefeller, Andrew
Carnegie e ovviamente Bill Gates si sono trasformati tutti in “amati
filantropi”.
Sembra
che questo sia anche il percorso futuro dell’attuale uomo più ricco vivente
Jeff Bezos di Amazon…
Ma
come può, qualcuno sano di mente, credere a questo dato: la società di Bezos ha
cospirato con Google e Apple per rimuovere un’intera piattaforma di social
media (Parler) da Internet?
Le
aziende Big Tech hanno cancellato la libertà di parola e non ha nulla a che
fare con la divisione Democratici / Repubblicani, ma indipendentemente dal
fatto che voi siate d’accordo o meno con i principi dell’agenda di Davos.
In
superficie, il capitalismo degli stakeholder suona bene, ma scaviamo un po‘ più
a fondo e tutto ciò che troveremo è uno schema piramidale con un adesivo con
faccina sorridente e voi siete ancora in fondo.
Il
capitalismo degli stakeholder e il Manifesto di Davos serviranno solo ad
aumentare il controllo che le società e i loro proprietari miliardari
esercitano su ogni area dell’esperienza umana.
Gli
schemi appena rifiniti di Davos avrebbero completamente inaugurato l’era del
pieno dominio tecnocratico. Hanno già proclamato che vogliono che il 99% non possieda
nulla.
Perché
qualcuno sano di mente dovrebbe credere a questa nuova ondata di propaganda che
promette che le mega-aziende diventeranno strumenti di bene.
Quarta
rivoluzione industriale e utopia promessa.
Il
mondo è a un bivio.
I
sistemi sociali e politici che hanno sollevato milioni di persone dalla povertà
e dato forma alle nostre politiche nazionali e globali per mezzo secolo ci
stanno deludendo…
La
fiducia del pubblico negli affari, nel governo, nei media e persino nella
società civile è scesa al punto in cui più della metà del mondo sente che il
sistema attuale sta fallendo…
È in
questo contesto politico e sociale precario che affrontiamo sia le opportunità
che le sfide di una serie di potenti tecnologie emergenti – dall’intelligenza
artificiale, alle biotecnologie, dai materiali avanzati al quantum computing –
ciò guiderà cambiamenti radicali nel modo in cui viviamo e che ho descritto
come parte integrante della “Quarta Rivoluzione Industriale”.
Klaus
Schwab.
Plasmare
il futuro della quarta rivoluzione industriale.
La
vera agenda di Davos è incentrata sull’uso della frode seguente:
Il “cambiamento
climatico” inaugura
una quarta rivoluzione industriale tecnocratica, transumana, completa di
veicoli autonomi, Internet delle cose, intelligenza artificiale avanzata, città
intelligenti e un Internet dei corpi per connettere tutti gli esseri umani con
le macchine.
Sì,
Schwab ha dichiarato apertamente che:
“il
futuro metterà alla prova la nostra comprensione di cosa significhi essere
umani, da un punto di vista sia biologico che sociale”.
La
classe Davos vuole controllare la terra, l’aria, l’acqua e ogni risorsa del
pianeta, compresi gli esseri umani.
È per
questo che voi ed io siamo chiamate “capitale” nello “Stakeholder Capitalism”
insieme a tutte le risorse del pianeta.
È anche il motivo per cui COVID-19 ha fornito
l’uscita perfetta per portare avanti l’agenda per digitalizzare tutto e
accelerare il controllo autoritario.
Senza
l’apparenza di una “pandemia”, in cui le persone dovevano temere per le loro vite, non sarebbero
mai state in grado di arrivare così lontano, così velocemente.
Valute
digitali, ID digitali, copertura 5G in tutto il mondo, sicurezza biometrica e
uno stato di sorveglianza globale avanzato, sono il vero risultato finale.
La
truffa di Davos non può essere pienamente implementata senza di essa…
Parlando
di quanto tempo libero avranno gli esseri umani una volta che i robot e
l’intelligenza artificiale si saranno occupati dei compiti umili che le persone
erano solite fare, molti hanno comprato la menzogna che porterà con la Quarta
Rivoluzione Industriale, libertà e una nuova era utopica.
Forse
questo accadrà per la classe Davos,
ma
cosa ne sarà dei milioni e persino miliardi che perderanno il lavoro e il
sostentamento grazie a tutta questa automazione?
Forse
più pandemie pianificate in futuro risparmieranno loro l’umiliazione di
diventare un servo o un semplice bene al servizio della classe dominante.
Bill
Gates sembra sicuramente essere entusiasta delle possibilità (di un’altra
“pandemia”).
Forse
nessuno ha definito il vero programma della Classe Davos meglio del defunto
Aaron Russo, che ha dichiarato:
L’obiettivo
finale è quello di ottenere tutti i chip, di controllare l’intera società, di
avere i banchieri e le persone d’élite che controllano il mondo.
Rockefeller
ha ammesso l’obiettivo d’élite della popolazione con microchip.
Questo
viaggio ci ha portato nelle menti subdole di coloro che credono di essere
migliori, più intelligenti e degni di prendere decisioni per il resto di noi.
Decisioni
che porteranno via tutte le nostre libertà date da Dio e ci immergeranno nelle
profondità della schiavitù e del genocidio.
Ma
siamo noi che dobbiamo ricordare di usare gli strumenti che Dio ci ha dato per
sconfiggere il male dentro di noi e in questo mondo.
Anche
se questa non è una favola, le lezioni di uno dei racconti più iconici sono
ancora vere.
Per
superare il crescente dispotismo, dobbiamo smetterla di rannicchiarci nella
paura e trovare il coraggio come il leone codardo…
Dobbiamo
liberarci dalla propaganda e utilizzare la piena capacità del nostro cervello
come lo Spaventapasseri.
Dobbiamo
smetterla di permettere loro di dividerci e di avere i nostri cuori rinnovati e
pieni d’amore come il Tinman.
Dobbiamo
risvegliarci dallo stato onirico in cui siamo come Dorothy e renderci conto di
ciò che è accaduto.
Quando
ci alziamo dal torpore indotto dagli scagnozzi dei media e dalle entità
globaliste che tirano i fili, vedremo che sono solo semplici uomini e donne dietro un
sipario che cercano di manipolarci come il Mago di Oz.
L’unico
modo per vincere è con l’inganno, la paura e la fiducia mal riposta…
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