Chi ama il potere vuole fare affari con le guerre.

 

Chi ama il potere vuole fare affari con le guerre.

 

 

“Ignorare la guerra”:

le società civili russe e l’Ucraina. 

Legrandcontinent.eu - Benjamin Quénelle – (24th Febbraio 2023) – ci dice:

 

Prospettive.

La vera vittoria di Vladimir Putin non è di aver neutralizzato l’opposizione e messo a tacere l’opinione pubblica. È di aver orchestrato un’apatia generalizzata, una passività mista a paura, alimentando il caos.

Da un anno Benjamin Quénelle discute con i russi di quello che sta succedendo – ecco la sua testimonianza.

Iscrizione.

Allo studente e al professore basta uno sguardo per capirsi.

Gennaio 2022, è un banale giorno di esami all’istituto di linguistica di Mosca.

Nel bel mezzo delle domande dell’orale, nell’anonimato di un’aula, viene chiesto allo studente: «definisca cos’è un eufemismo e fornisca degli esempi».

Domanda anodina, non necessariamente politica, quella del professore.

Quanto alla risposta, non è priva di malizia.

«“L’operazione militare speciale” è un buon esempio attuale di formule attenuate che vengono utilizzate per evitare espressioni più scioccanti e sgradevoli, ma più crude e reali…», dice lo studente, con la risposta pronta.

 Il professore reagisce con un sorriso complice.

 «Tra oppositori all’invasione russa in Ucraina, a questa guerra che non è la nostra, ci siamo capiti!», confiderà poi.

Con prudenza però, una precauzione necessaria nel bel mezzo di un’ondata di repressioni che in Russia soffoca ogni voce critica nei confronti del governo.

 È per proteggere le nostre fonti quindi che nel presente articolo resteremo vaghi in merito all’identità dei nostri numerosi interlocutori. 

Dal 24 febbraio 2022, data dell’inizio dell’“operazione militare speciale” del Cremlino in Ucraina, secondo la litote ufficiale, la società civile russa si è abituata tanto alle espressioni semplicistiche quanto alle circonvoluzioni simboliche.

Da una parte, la propaganda, in televisione ma anche grazie a molteplici intermediari nella società, ripete le formule di Vladimir Putin tese a giustificare una presunta operazione di “liberazione” dei territori russi.

Dall’altra, chi si oppone alle litoti ufficiali, che si esprime in modo indiretto, con immaginazione e inventiva, e rischia una pena fino a quindici anni di prigione, secondo le nuove norme sul “discredito” delle forze armate.

Agli antipodi, queste reazioni opposte hanno spesso causato tensioni intergenerazionali all’interno delle famiglie:

 i più anziani guardano la televisione e si schierano dalla parte del Cremlino, i più giovani s’informano su Internet e osano opporsi al governo. 

I primi garantiscono che si tratta di un’operazione salvifica di “demilitarizzazione” e di “denazificazione” del Paese vicino, inevitabile per contrastare la minaccia occidentale.

I secondi confessano la loro vergogna e il loro disgusto, raccontano il coraggio e la paura davanti alle difficoltà a cui si confronta ogni forma di contestazione pubblica.

Gli uni si barricano davanti alle televisioni che trasmettono i canali pubblici — riflesso tipico dei telespettatori-elettori fedeli al Cremlino.

Gli altri s’ingegnano, per esempio, per esprimere in modo simbolico il proprio dissenso: declamare una poesia contro la guerra in una cantina trasformata in modesto teatro, scrivere un semplice “pace” sulle banconote che passano di mano in mano, lasciare qualche fiore e una candela ai piedi di un memoriale improvvisato in omaggio alle vittime ucraine…Gesti solidali, più di disperazione che di ribellione. 

In realtà, oggi la maggioranza dei russi non appartiene a nessuno dei due gruppi.

Alla fine, si è preferito ignorare la guerra, smettendo di seguire le informazioni, tenendosi a distanza dalle fonti di propaganda come da ogni forma di opposizione, concentrandosi sulla vita privata, rimanendo cauti nelle discussioni (perfino in famiglia) e stando attenti alle possibili delazioni (al lavoro, all’università).

Una specie d’“immigrazione interna” già ben nota all’epoca sovietica.

Alcuni si rifugiano nell’alcol o negli antidepressivi, il cui consumo sarebbe aumentato nell’ultimo anno.

Altri cercano una scappatoia altrove: a Mosca, le sale dei teatri sono piene, e tra il pubblico dei cinema in cui si proiettano cartoni animati per bambini si scorgono a volte adulti venuti a cercare un po’ di ossigeno.

 Sempre di più, il conflitto in Ucraina è diventato un argomento da evitare durante le cene di famiglia.

 Una forma di passività.

Riguarda le nonne sazie di propaganda, ma anche i giovani istruiti, con un buon impiego, che non credono né a Putin né alla propaganda ma la cui sola ambizione è di restare in disparte e salvaguardare i propri interessi.

 La sofferenza degli ucraini ha creato un’indifferenza diffusa.

Nonostante i media indipendenti siano stati chiusi e numerosi siti Internet bloccati, informarsi è ancora possibile.

 Ma la gran parte dei russi non lo fa, si affida al governo. 

 

Nel paese regna una forma di passività che riguarda le nonne sazie di propaganda, ma anche i giovani istruiti, con un buon impiego, che non credono né a Putin né alla propaganda ma la cui sola ambizione è di restare in disparte e salvaguardare i propri interessi.

Questa fiducia passiva spiega il forte tasso di sostegno dell’“operazione speciale”, tra il 70 e l’80%, anche se i risultati dei sondaggi sono da prendere con le pinze come in ogni regime autoritario.

 In passato la popolarità di Vladimir Putin aveva raggiunto il suo picco al momento delle guerre (in Cecenia, in Georgia, per l’annessione della Crimea, durante l’operazione in Siria), e anche stavolta il Presidente e le sue decisioni non sono state rimesse in causa, né il conflitto in Ucraina pare aver suscitato una presa di coscienza in merito alla natura stessa del suo potere.

Di fronte all’offensiva in Ucraina, come da anni di fronte alla profonda degradazione delle libertà e dello stato di diritto, la maggioranza dei russi si è rintanata in un’apatia, in un fatalismo che ha preso la forma di un’incoscienza generalizzata.

«Quella che lei chiama “apatia”, e che io chiamo “assenza, nelle situazioni, di qualsiasi istinto biologico di protezione”, è sempre esistita tra i russi: sono sovietici, è un retaggio ancora forte.

 È una questione di genetica, di psichiatria, di sociologia, di psicanalisi…», spiega ironica Valentina Melnikova in un’intervista a La Croix L’hebdo.

A settantasette anni, questa veterana della difesa dei diritti umani è un’instancabile osservatrice delle contraddizioni della società civile del suo Paese.

Presidentessa del Comitato delle madri dei soldati, nel corso degli oltre vent’anni di Vladimir Putin al Cremlino, dalle guerre in Cecenia fino all’attuale “operazione speciale”, è sempre stata al fianco delle donne, mogli e madri, combattute tra il desiderio di verità e le conseguenze dello scetticismo e del fatalismo post-sovietico.

Per Valentina Melnikova, come per molti esperti attivisti per i diritti umani in Russia, non c’è dubbio:

 in realtà la “società russa”, al singolare, intesa come una società civile unica, non esiste.

Sotto Vladimir Putin come sotto l’Unione sovietica, è soprattutto il regno dell’ognuno fa per sé.

Con la creazione del Comitato delle madri dei soldati e di altre organizzazioni come Memorial, una società civile unita aveva cominciato a vedere la luce negli anni Novanta quando, parallelamente a questo tipo di attività associative, sono apparsi alcuni partiti politici, comunisti e nazionalisti ma anche liberali e indipendenti.

Tuttavia, a partire dalle elezioni legislative del 2003, solo i membri dei movimenti sotto il controllo dello Stato hanno il diritto di essere eletti nella Duma.

La vita politica vera e propria è allora terminata.

«Senza partiti rappresentativi non può esistere una vera società», avverte Valentina Melnikova.

A differenza di Memorial, classificato come “agente straniero” e ormai bandito, il suo Comitato delle madri dei soldati è stato mantenuto, così come altre organizzazioni che aiutano i migranti, gli orfani e i disabili.

 «Ma siamo solo uffici di assistenza: le persone vanno e vengono. Non si tratta di una partecipazione generale alla società», si rammarica Valentina Melnikova, sorpresa e delusa, per esempio, che l’ondata di rabbia che ha seguito la mobilitazione militare di settembre non abbia provocato sconvolgimenti politici.

Improvvisamente, però, la guerra era entrata nella vita quotidiana delle famiglie russe, colpendo direttamente le famiglie con uomini in età di leva.

Il malcontento è stato espresso pubblicamente ma, per via del fatalismo o di una vera adesione, soltanto per denunciare l’organizzazione caotica e arbitraria della mobilitazione, l’equipaggiamento scarso e la mancanza di un addestramento che avrebbe dovuto precedere l’invio degli uomini al fronte.

 «Ci sono state certo delle reazioni: alcune famiglie ci hanno chiamato, gli uomini sono fuggiti dal Paese», constata Valentina Melnikova.

 «Ancora una volta, tuttavia, le risposte sono rimaste individuali. I russi hanno reagito come uccelli che, avvertendo il pericolo, volano via all’improvviso. Ognuno per sé».

Quanto alla propaganda, è riuscita a diffamare “i traditori”.

 

Tra lutto e rabbia, altrettanto numerose in Russia sono state le reazioni dopo l’annuncio della morte di quasi 100 soldati, uccisi in un attacco ucraino durante la notte di Capodanno nella base di Makiïvka, nel mezzo del Donbass — regione considerata sotto controllo russo.

Il bilancio delle vittime è probabilmente più elevato, ma le autorità si sono saggiamente mantenute al di sotto dei 100 morti per evitare di dichiarare un lutto nazionale.

In dieci mesi di “operazione speciale”, è stata la prima volta che il governo ha ammesso una tale battuta d’arresto e, soprattutto, un bilancio così pesante.

 Sui social network, e perfino in televisione, sono apparsi alcuni segnali di protesta.

Tuttavia, il Cremlino ha continuato ad orchestrare una trasparenza tutta relativa. E la propaganda, ancora una volta, ha potuto manipolare le opinioni e preparare la popolazione.

Ampiamente coperta dai media, la morte dei soldati ha permesso di alimentare il desiderio di vendetta e di alimentare la narrazione ufficiale in vista di una possibile intensificazione dell’offensiva e di una nuova ondata di mobilitazioni militari.

Sono, invece, passate inosservate le scomode rivelazioni sull’incompetenza dell’esercito, in particolare sul fatto che le munizioni sarebbero state immagazzinate nello stesso edificio in cui si trovavano i soldati, o che questi ultimi sarebbero stati autorizzati a telefonare con il cellulare permettendo, di fatto, la loro geolocalizzazione da parte dall’artiglieria ucraina.

Qualcosa è stato rimesso in questione, nulla in causa. 

Per alcuni russi abituati da tempo a stare lontani dalla politica, l’improvviso esilio per evitare la mobilitazione militare è stato un momento di rivelazione.

Paradossalmente, i giovani che hanno trovato rifugio in Georgia, a volte con le loro compagne, hanno scoperto che il loro Paese, quattordici anni prima dell’invasione dell’Ucraina, aveva già preso possesso del 20 % del territorio di questa ex repubblica del Caucaso.

A Tbilisi, confrontati spesso per la prima volta con le conseguenze delle politiche adottate dal loro Presidente, hanno percepito il risentimento dei loro ospiti nei confronti dei russi.

 E quindi anche contro di loro che, assentendo da più di vent’anni in modo più o meno tacito, sostengono indirettamente il regime di Vladimir Putin rimanendo indifferenti alla sua politica.

I georgiani non sono lontani dal condividere ciò che la maggioranza degli ucraini afferma da un anno: il Cremlino di Vladimir Putin è colpevole, ma tutti i russi sono responsabili.

Improvvisamente messi di fronte a questa realtà, gli esuli hanno sperimentato un brusco risveglio alla coscienza politica.

 

 A Tbilisi, confrontati spesso per la prima volta con le conseguenze delle politiche adottate dal loro Presidente, hanno percepito il risentimento dei loro ospiti nei confronti dei russi.

 E quindi anche contro di loro che, assentendo da più di vent’anni in modo più o meno tacito, sostengono indirettamente il regime di Vladimir Putin rimanendo indifferenti alla sua politica.

Questo cambiamento riguarda anche quelle poche centinaia di individui che, allontanatisi dall’anonimato della loro sala da pranzo e dalla solitudine delle ore passate davanti allo schermo del computer — un’“opposizione da divano”, come ironizza uno di loro — hanno osato riunirsi attorno ai memoriali improvvisati in tutta la Russia dopo il bombardamento della città ucraina di Dnipro, in memoria dei 46 morti del 14 gennaio.

 Fonti anonime lo confermano.

È vero che un anno prima, subito dopo l’inizio dell’“operazione speciale”, alcuni si erano opposti all’offensiva pubblicando messaggi di collera sui social network.

 Li avevano però presto cancellati per paura di subire ripercussioni, soprattutto al lavoro, o di farne subire ai figli a scuola.

Da allora, la gran parte dei russi ha preso l’abitudine di astenersi.

E non è mai uscita a manifestare, nemmeno in settembre quando è stata lanciata la mobilitazione militare.

 A mezza voce, i russi oggi ammettono che questo comportamento non è altro che una forma di “codardia”.

 Ecco perché, dopo la tragedia di Dnipro, andare a deporre un semplice mazzo di garofani ai piedi di questi memoriali improvvisati è stato per loro un atto di liberazione e un gesto vitale di rispetto per sé stessi.

Non è molto, ma resta un segnale discreto che ricorda come non tutti i russi sostengano il Cremlino.

 

Si tratta di una piccola minoranza.

Ben prima del conflitto ucraino, sociologi e politici indipendenti stimavano, senza potersi basare su supporti statistici veramente affidabili, che il 15-20% dei russi in età di voto avrebbe potuto esprimere la propria opposizione al Cremlino di Vladimir Putin se il sistema politico e mediatico lo avesse permesso, se le elezioni fossero state libere.

 Oggi, una percentuale simile è probabilmente contraria all’offensiva in Ucraina.

L’espressione di questa opposizione, con un possibile effetto valanga tra la popolazione, è tanto più difficile dal momento in cui, dopo gli oltre 22.000 arresti nelle prime settimane del conflitto, ogni forma di manifestazione è stata vietata.

In più, le autorità hanno intensificato la repressione delle voci critiche a ridosso dell’anniversario dell’inizio del conflitto.

Nel 2022, la loro tattica consisteva nell’alimentare la paura e nel costringere i ribelli, soprattutto i media critici, a rispettare regole molto rigide.

 Ad esempio, un’organizzazione classificata come “agente straniero” – stigma che oltretutto complica il lavoro – veniva tollerata a condizione di rispettare vincoli pesanti e umilianti.

Doveva per esempio tenere una contabilità dettagliata di ogni entrata e di ogni uscita e, per ogni pubblicazione, anche sui social network, aggiungere il messaggio: “diffuso da un’organizzazione riconosciuta come agente straniero”. Una strategia politica per marginalizzare ancora di più le voci ribelli.

Nel 2023, si è ormai arrivati al divieto puro e semplice e alla messa al bando, come è successo per Meduza, definita ‟organizzazione indesiderabile” il 25 gennaio.

Qualsiasi partecipazione alle attività dei media dichiarati “indesiderabili” può generare pene fino a quattro anni di carcere per i giornalisti, e fino a sei anni per i suoi organizzatori.

Il messaggio è chiaro, tanto più che perfino la condivisione sui social network degli articoli di Meduza da parte degli utenti può potenzialmente essere considerata come una “partecipazione” alle sue attività e perciò perseguita.

 Lo stesso 25 gennaio i tribunali hanno ordinato lo scioglimento della più longeva ONG per i diritti umani, vietandone le attività sul territorio russo: il Gruppo Helsinki di Mosca, diretto per decenni da Lyudmila Alexeeva.

Entrambe le messe al bando sono state accolte nell’indifferenza generale dell’opinione pubblica.

Questo arsenale di misure repressive, così come i continui procedimenti giudiziari per “fake news” in merito a questioni militari o per “discredito” dell’esercito, hanno rafforzato la verticalità del potere, una “verticalità della paura” che da tempo preparava l’offensiva in Ucraina sulla scena politica interna, eliminando tutte le sentinelle, anche tra le élite.

Allergico al minimo cambiamento che rischi di turbare la sacrosanta “stabilità” garantita dal Cremlino, Vladimir Putin ha inoltre nobilitato i suoi attacchi antioccidentali conferendo loro una dimensione morale.

Una tale operazione, militare e politica, mira a convincere il popolo russo che il Presidente, impegnato nella lotta contro quella che chiama la “quinta colonna”, ha avuto la meglio anche nella lotta antiliberale che conduce in difesa dei valori tradizionali.

Fin dalla sua rielezione nel 2018, da buon ideologo mascherato, Vladimir Putin assicura che, a fronte di un Occidente in pieno declino, Mosca sta costruendo il futuro, quello del Paese e del mondo.

 Nella sua retorica, l’Occidente è un nemico che cerca di umiliare e distruggere la Russia.

 Un messaggio come questo fa eco al risentimento di molti russi che ritengono di essere stati trattati ingiustamente dopo la fine della Guerra Fredda.

Alcuni si sentono finalmente liberi dopo tre decenni di restrizioni, pronti a sfidare ogni apparenza democratica e liberale per riconquistare una forma di “autenticità” russa che per essenza, ai loro occhi, è definita precisamente da questa opposizione all’Occidente.

L’inizio del conflitto, un anno fa, aveva assunto le sembianze di una vendetta.

 I più radicali non nascondevano di voler “dare una lezione all’Occidente” e oggi, nonostante le difficoltà sul fronte militare, credono ancora fermamente all’inevitabile vittoria russa.

Nel suo discorso del 30 settembre 2022, che ufficializzava l’annessione di quattro territori ucraini, Vladimir Putin ha comparato la “propaganda occidentale”, con “il suo oceano d’illusioni e false notizie”, alle bugie di Goebbels, a capo della propaganda nella Germania nazista.

Ne ha dato una lunga dimostrazione: la sua “operazione militare speciale” va ben oltre il conflitto in Ucraina.

Il Presidente ha ripetuto di essere andato a difendere la Russia dall’Occidente, che accusa di tutti i mali, e ha in particolare criticato il “satanismo” che si celerebbe dietro alla presunta decadenza perfida e ipocrita degli europei.

 Il discorso ha finito per rassicurare e convincere alcuni, mentre ha ripugnato e preoccupato altri.

Soprattutto, in verità, è stato accolto con indifferenza dalla maggioranza dell’opinione pubblica.

La vera vittoria di Vladimir Putin non è quindi solo quella di aver annientato l’opposizione e messo a tacere la società civile, ma innanzitutto quella di aver orchestrato questa apatia generale.

Per tenersi le mani libere, il Cremlino ha contribuito a creare una mentalità dell’indifferenza e della passività.

Altamente organizzata, la propaganda, capace di provocare effetti profondi – non solo in televisione, ma anche nelle chiese, nelle scuole, nelle università, negli ambienti culturali e sportivi … – non ha solo invaso i cervelli, li ha accecati.

 Spesso grossolana, ha diffuso, per esempio, l’idea di una superiorità spirituale e culturale dei russi sugli occidentali.

Sistematica e permanente, con effetti sottovalutati, ha però soprattutto imposto una forma di relativismo.

 È riuscita a provocare scetticismo nell’osservare i fatti e fatalismo nel considerare la verità.

 Si spiega così il totale rifiuto delle accuse sulle atrocità commesse dai soldati russi in Ucraina. 

Agli occhi della maggioranza dei russi, tali atrocità sono inconcepibili per mano degli eredi dell’esercito del “Paese che ha sconfitto il fascismo” — presentati come soldati che, avendo compiti di protezione e di non-aggressione, non mirano mai obiettivi civili.

Eppure, i video e le inchieste degli occidentali lo dimostrano.

Altre fonti sotto il controllo di Mosca proverebbero, però, il contrario.

Tra i russi, la confusione è grande: tutto viene messo sullo stesso piano e non c’è alcun senso critico.

Nel paese si assiste a un permanente spettacolo di illusioni, una vera e propria messa in scena che da anni condiziona la società civile.

Le televisioni, per esempio, organizzano dibattiti per mantenere una parvenza di vita democratica, ma il messaggio è chiaro.

 Ed è pro-Cremlino. 

La Russia di Putin non ha un’ideologia, ma ha il suo 9 maggio, base dell’intera strategia internazionale e nazionale del Presidente, e soprattutto punto di riferimento dell’identità nazionale attorno al quale unire il Paese.

 Vi contribuiscono anche gli scritti sull’Ucraina o sul patto Ribbentrop-Molotov di Vladimir Putin, lo storico.

Anche le scuole sono servite da tramite.

 Le banali riunioni genitori-insegnanti all’inizio del trimestre si sono trasformate nell’ultimo anno in lezioni di storia.

 Il preside dà la parola a un ufficiale che, salito in cattedra, alimenta la narrazione contro i “nazisti” di ieri e di oggi, poi ripete ciò che le famiglie hanno già sentito sui canali televisivi del Cremlino.

 Le lezioni di alzabandiera e quelle per imparare a cantare l’inno nazionale, che sono organizzate nei cortili delle scuole ogni lunedì mattina, seguite dalle “lezioni sulle cose importanti” (tra cui il patriottismo), sono servite alla propaganda per raggiungere anche i più giovani.

In realtà non è altro che la continuazione di quanto iniziato anni fa, con le tradizionali mostre sulla “Grande Guerra patriottica” del 1941-1945, nei cortili delle scuole, che sono state il punto di partenza per tutto un insieme di insegnamenti patriottici unidirezionali.

Tra passato e presente, per capire la società civile russa, la sua tendenza a sostenere senza alcun senso critico l’offensiva in Ucraina, una data s’impone: il 9 maggio.

È una data chiave per i russi, una delle loro feste preferite, momento di raccoglimento e di celebrazione in memoria della “Grande Guerra patriottica” e dei soldati sovietici che sconfissero la Germania nazista.

 La parata militare sulla Piazza Rossa non è che l’evento più visibile di quelli organizzati per celebrare l’eroismo russo di fronte al nemico e alimentare il patriottismo per diverse settimane.

 All’inizio dell’offensiva in Ucraina, tra febbraio e marzo 2022, ben prima che il conflitto si complicasse, erano molti i russi che, con aria di sfida, ripetevano in televisione un argomento ben collaudato:

 «L’Occidente avrebbe dovuto capirlo fin dalla nostra vittoria nel 1945: è inutile fare pressione sulla Russia.

Napoleone e Hitler hanno fallito. Non ci riuscirete nemmeno questa volta». 

La storia è in effetti una delle basi su cui si fonda il regno di Vladimir Putin e la sua azione sulla società civile.

Ben prima dell’offensiva in Ucraina —“operazione speciale” per cacciare i fascisti da Kiev secondo la spiegazione ufficiale —, per anni il Cremlino ha incentrato la sua narrazione politica sulla vittoria dell’URSS contro la Germania nazista, vera e propria cornice ideologica creata grazie alla sacralizzazione della “Grande Guerra patriottica”.

La Russia di Putin non ha un’ideologia, ma ha il suo 9 maggio, base dell’intera strategia internazionale e nazionale del Presidente, e soprattutto punto di riferimento dell’identità nazionale attorno al quale unire il Paese.

 Vi contribuiscono anche gli scritti sull’Ucraina o sul patto Ribbentrop-Molotov di Vladimir Putin, lo storico.

 

Questo clima politico influenza soprattutto i giovani, un pubblico prioritario a cui la propaganda del Cremlino si rivolge per condizionare la società civile.

 Ogni anno, in occasione del 9 maggio, Memorial organizza un concorso di resoconti storici per i giovani tra i 14 e i 18 anni.

 Se si leggono gli elaborati pubblicati nel corso degli anni, ci si rende conto che l’ONG lo aveva previsto:

 il passato sovietico è idealizzato molto più di quanto non lo fosse vent’anni fa, con Stalin presentato prima di tutto come l’eroe che ha vinto il nazismo.

 Il lavoro di Memorial, ormai vietato, operava contro il discorso ufficiale.

 A differenza della Germania post-nazista, nella Russia post-sovietica gli sforzi per produrre una riflessione critica sul passato nazionale sono stati rari, tanto più che la caotica uscita dal comunismo ha creato nella società una profonda nostalgia per la cosiddetta “stabilità” della vita sotto l’Unione sovietica.

Una “stabilità” che le conseguenze economiche causate dal conflitto in Ucraina mettono però ormai in discussione.

Anche dal punto di vista delle élite, questa “stabilità” è perturbata.

 Ma il mutismo del mondo degli affari e delle poche figure liberali un tempo influenti ha confermato che non ci sono crepe nel sostegno di questa parte della società al regime di Putin.

 Dietro le quinte, certamente molti sono critici nei confronti dell’offensiva in Ucraina.

Tra frustrazione e irritazione, sono numerosi a mettere in questione il Cremlino – in questione, ma non per questo sotto accusa…Vinti dalla stessa apatia generale e ansiosi di proteggere innanzitutto i loro interessi economici, la stragrande maggioranza degli uomini d’affari non si è espressa, né ha incoraggiato un ricambio del potere politico.

Tra rabbia e preoccupazione, l’élite russa si lascia di fatto andare al tempo stesso al proprio malessere e all’inazione.

Molti desiderano la fine di Putin.

Ma nessuno è pronto a impegnarsi per provocarla.

 Il dubbio, tuttavia, riguarda gli obiettivi stessi del Cremlino:

alcune tra le figure più influenti del mondo degli affari che in passato gravitavano attorno al Cremlino non esitano più a definirlo un «enorme errore».

I membri della comunità imprenditoriale confessano, con giri di parole, di non capire, a un anno dall’inizio del conflitto, quale sia l’obiettivo del Cremlino contro l’Ucraina e al di là, contro l’Occidente.

Ma quasi tutti continuano a fare affari — in modo diverso, certo, a causa delle sanzioni occidentali.

Per il momento, cercano di salvare ciò che possono in Russia, avendo perso molto in Occidente a causa delle misure statunitensi ed europee.

 Per quanto riguarda l’élite politica liberale, che più di tutte potrebbe incoraggiare il cambiamento, non è mai stata tanto marginalizzata.

Ad esempio, è vero che l’ex ministro delle Finanze Alexei Kudrin, oppostosi in privato all’offensiva e alle sue conseguenze ma assente dai radar pubblici, è tornato alla ribalta.

 Ma solo per accettare una nuova posizione in “Yandex”, il Google russo, che dovrà ora aiutare a destreggiarsi tra la libertà di Internet e l’acquisizione da parte dello Stato.

 Anche tra i liberali, i pochi grandi nomi ancora attivi hanno accettato di continuare a ricoprire ruoli chiave nel sistema di Vladimir Putin.

Ad esempio, German Gref, amministratore delegato di Sberbank, la più grande banca del Paese, osa appena mettere discretamente in guardia in merito alle conseguenze negative dell’operazione militare sull’economia.

 Insomma, non c’è una figura che sembri poter incarnare l’autorità di un movimento di protesta.

La maggior parte dei liberali un tempo influenti e degli imprenditori fondamentalmente contrari agli attuali avvenimenti a Mosca hanno lasciato il Paese.

Se ne stanno con le mani in mano e aspettano che il peggio passi.

L’atmosfera è molto diversa da quella che si respirava alla fine degli anni Novanta quando, al tramonto dell’era Eltsin e all’alba dell’era Putin, il sistema era in frantumi.

Le élite non vi si riconoscevano più, e gli appetiti aumentavano: dietro le quinte, tutti si davano da fare, brigavano.

Oggi, al contrario, moltissimi si sono rifugiati nella loro vita privata, silenziosi e in attesa, a Dubai o sulle spiagge del Venezuela.

 Si muoveranno solo quando i loro interessi lo richiederanno.

Le sanzioni occidentali contro i russi dello scorso anno, che vietavano loro di volare, effettuare trasferimenti bancari e ottenere visti, hanno avuto in gran parte un effetto controproducente, perché hanno colpito soprattutto la classe media di Mosca e delle principali città.

 Paradossalmente, si tratta proprio di quella parte della popolazione che si oppone maggiormente al Cremlino.

Peraltro, le sanzioni occidentali contro i russi dello scorso anno, che vietavano loro di volare, effettuare trasferimenti bancari e ottenere visti, hanno avuto in gran parte un effetto controproducente, perché hanno colpito soprattutto la classe media di Mosca e delle principali città.

Paradossalmente, si tratta proprio di quella parte della popolazione che si oppone maggiormente al Cremlino.

 La classe operaia cara a Vladimir Putin, i russi più poveri, rimarrà indigente e fedele.

 I più ricchi, dipendenti dal regime, rimarranno benestanti e fedeli. Tra i due, la classe media rimane bloccata.

Additata dall’Ucraina, punita dall’Europa, la classe media non è incoraggiata nei suoi slanci anti-Cremlino.

Al contrario: molti si trovano costretti a sostenere il regime quando potrebbero invece essere il motore del cambiamento a Mosca. 

Tre decenni dopo la fine dell’Unione sovietica, che aveva suscitato speranze in un Paese senza tradizione democratica, questa ondata generalizzata di apatia nei confronti del conflitto in Ucraina contrasta con le manifestazioni anti-Cremlino del 2011-2012.

Dieci anni prima dell’“operazione militare speciale”, fino a 100mila manifestanti gridavano «Ukhodi!» nelle strade di Mosca.

Questo «Vattene!» era rivolto a Vladimir Putin.

 La dinamica classe media assetata di libertà politiche che protestava all’epoca si è poi ammorbidita, assorbita nelle preoccupazioni quotidiane.

 I più politicizzati hanno continuato, ma le centinaia di incarcerazioni e le crescenti minacce di procedimenti giudiziari sono riuscite a intimidirli.

Tanto più che un ribelle può essere arrestato non solo il giorno stesso in cui compie la sua azione ma anche più tardi, grazie al riconoscimento facciale e alle migliaia di telecamere installate ovunque.

L’estensione del campo di applicazione della lista degli “agenti stranieri” ha rafforzato questo clima di paura.

 Il campionato del radicalismo si sta intensificando.

Una sorta di gara dell’assurdo in cui i falchi che volano attorno a Vladimir Putin sembrano voler dimostrare al leader che stanno combattendo i presunti nemici, i presunti membri di questa “quinta colonna” finanziata dall’estero.

Parallelamente, la propaganda ha finito per conquistare e convincere anche molte famiglie:

alcuni degli oppositori del 2012 sono diventati nel 2022 sostenitori dell’offensiva in Ucraina.

Di fronte al sistema occidentale, considerato ormai in declino, il Cremlino mette in scena la propria visione della democrazia.

È un discorso che piace ad alcuni russi, anche tra gli ex contestatori.

Ma in realtà la stragrande maggioranza non è né favorevole né contraria.

I più anziani ricordano il caos degli anni Novanta dopo l’uscita dal comunismo, e associano la democrazia alla crisi economica, alla corruzione della politica e all’ascesa degli oligarchi.

I più giovani hanno imparato a vivere la loro vita senza interessarsi alla politica. Per la Russia non si può parlare di un’opposizione – termine che si riferisce alla democrazia parlamentare.

Ben prima delle conseguenze negative della mobilitazione militare dello scorso settembre, qualche malcontento aveva già scosso la società a causa del calo del potere d’acquisto, dei danni ecologici, della corruzione e del record di mortalità dovuto al Covid-19.

 In realtà, sono numerose le questioni sociali (scuola, giustizia, elezioni locali, ecc.) al centro delle preoccupazioni quotidiane dei russi che rinviano indirettamente al problema della libertà.

Ma, al di là di certo un microcosmo, chi non è contento non protesta.

E manca una visione generale che guidi il desiderio di cambiamento in un movimento più ampio. 

Confrontandosi a queste contraddizioni, troppo a lungo gli osservatori occidentali hanno scambiato i propri desideri per realtà, anticipando le ondate di protesta.

 La Russia e le sue “società civili”, al plurale, sono spesso viste e giudicate con occhi e prismi europei: ci si limita così a Vladimir Putin, alle torri del Cremlino, alla mancanza di libertà di espressione e alla semplicistica conclusione «non hanno che da fare la loro rivoluzione come gli ucraini hanno fatto la loro Maidan».

Questa interpretazione ignora la realtà della società civile russa per la quale la libertà in quanto tale è ben lungi dall’essere una priorità.

 

 

 

 

Zelensky salito al potere con un

colpo di Stato, guerra è tra

Russia e Nato”, intervista a Luciano Canfora

Ilriformista.it - Umberto De Giovannangeli — (12 Marzo 2022) – ci dice:

 

Una voce fuori dal coro.

Per “vocazione”. Controcorrente, anche quando sa che le sue considerazioni si scontrano con una narrazione consolidata, mainstream.

 Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), è così.

 Sempre stimolante, comunque la si pensi.

E le sue riflessioni sulla guerra d’Ucraina ne sono una conferma.

Professor Canfora, in queste drammatiche settimane, in molti si sono cimentati nel definire ciò che sta avvenendo ad Est.

Qual è la sua di definizione?

Punto uno, è un conflitto tra potenze.

È inutile cercare di inchiodare sull’ideologia i buoni e i cattivi, le democrazie e i regimi autocratici… Ciò che sfugge è che il vero conflitto è tra la Russia e la Nato. Per interposta Ucraina.

 Che si è resa pedina di un gioco più grande.

 Un gioco che non è iniziato avanti ieri ma è cominciato almeno dal 2014, dopo il colpo di Stato a Kiev che cacciò Yanukovich.

 È una guerra tra potenze.

Quando i vari giornaletti e giornalistucoli dicono ecco gli ex comunisti che si schierano…

Una delle solite idiozie della nostra stampa.

Io rivendico il diritto di dire che le potenze in lotta sono entrambe lontane dalla mia posizione e dalle mie scelte, perché le potenze in lotta fanno ciascuna il loro mestiere.

E né gli uni né gli altri sono apprezzabili.

Nascondere le responsabilità degli uni a favore degli altri è un gesto, per essere un po’ generosi, perlomeno anti-scientifico.

C’è chi sostiene che per Putin la vera minaccia non era tanto l’ingresso dell’Ucraina nella Nato o la sua adesione all’Ue, quanto il sistema democratico che in quel Paese ai confini con la Russia si stava sperimentando.

 Lei come la pensa?

Usiamo un verso del sommo Leopardi: “Non so se il riso o la pietà prevale” dinanzi a schemi di questo tipo…

 

 

 

I riflessi della guerra in Ucraina

nello scacchiere indo-pacifico.

Ispionline.it – (23 Mar 2022) – Francesca Baronio – ci dice:

 

Se restano differenze nella lettura di come si poteva evitare la guerra in Ucraina, e di quali ne saranno le conseguenze, unanime è invece l’opinione che il conflitto abbia ricompattato il fronte occidentale, dividendo così il mondo.

La rappresentazione plastica di questa divisione si è consumata il 2 marzo scorso alle Nazioni Unite, quando la risoluzione dell’Assemblea Generale di condanna dell’invasione russa è stata approvata con 141 voti a favore, 35 astenuti, 5 contrari.

 La risoluzione ha avuto forte eco anche nella regione dell’Indo-Pacifico, dove è destinata ad influenzare il sistema delle alleanze, rinforzandone alcune e indebolendone altre.

Certamente non stupisce che all’Onu l’unico paese asiatico a votare contro la mozione a sostegno dell’Ucraina sia stato la Corea del Nord. 

Mentre 15 paesi dell'Asia-Pacifico non solo hanno votato a favore, ma hanno co-sponsorizzato la risoluzione:

Australia, Cambogia, Fiji, Giappone, Kiribati, Isole Marshall, Micronesia, Nuova Zelanda, Palau, Papua Nuova Guinea, Corea del Sud, Samoa, Singapore e Timor Est e Tailandia.

I voti dei Paesi del Sud Est asiatico.

Nonostante la riluttanza della maggior parte dei governi a prendere una posizione ferma contro l'aggressione russa e la scialba dichiarazione dell’ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) la maggior parte della regione ha sostenuto la risoluzione.

Dei 10 membri dell'ASEAN ben otto – Brunei, Cambogia, Indonesia, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore e Tailandia – hanno votato a favore, così come Timor Est, non membro dell'Associazione.

Se non è stato un evento inaspettato il voto di Singapore, il più stretto alleato americano della regione, o quello delle Filippine, dove gli americani hanno basi navali, non era invece scontato il voto della Tailandia.

 Il Paese guidato da un ex generale, eletto a seguito del colpo di Stato del 2014, negli ultimi anni ha allacciato legami sempre più stretti con la Cina, spesso a discapito del tradizionale alleato americano.

Occorre mettere in evidenza però che, nonostante il voto, Bangkok ad oggi non ha mai fatto una dichiarazione di condanna, e non c’è da aspettarsi che voglia mettere a rischio i rapporti con i russi.

 A differenza di molti Paesi dell’area, la Tailandia non dipende dal Cremlino per le armi, ma per il turismo.

I russi sono infatti fra i visitatori più numerosi nel Regno e il settore turistico conta circa per il 23% del Pil del Paese.

Ha stupito anche il voto della Cambogia, che assieme al Laos rappresenta l’asse cinese del sud asiatico, anche perché appare difficile immaginare che Phnom Penh possa aver votato a favore della risoluzione senza aver prima informato Pechino.

Una scelta probabilmente dettata dal fatto che – al momento – la Cambogia presiede l’ASEAN, nel quale la maggior parte dei Paesi chiede di schierarsi con l’Ucraina, ma forse anche un segnale di Pechino e della sua posizione sulla questione che continua ad essere ondivaga.

Non fa invece testo il voto del Myanmar:

il seggio del Paese alle Nazioni Unite è ancora detenuto da Kyaw Moe Tun, ambasciatore nominato dal governo civile estromesso dal colpo di stato militare dello scorso anno.

Pesa, invece, l’astensione del Vietnam, il Paese con le prospettive più alte di crescita dell’intero sud est asiatico (un +8 % secondo il DBS Group di Singapore) che ha saputo attirare quegli investimenti internazionali che negli ultimi anni hanno lasciato la Cina. 

Ma è anche un Paese su cui gli americani puntano come partner strategico per controbilanciare il ruolo della Cina.

Hanoi, però, pratica da anni la politica dei due forni.

Da un lato, chiede aiuto agli Stati Uniti per difendere gli arcipelaghi delle isole Paracelso e Spratly, rivendicate da Pechino;

dall’altro, mantiene saldo lo storico asse “comunista” del mondo, con la Russia e la Cina.

E a giudicare da come la guerra fra Ucraina e Russia viene ignorata dai media nazionali, è chiaro che il Partito Comunista vietnamita farà di tutto per evitare una scelta di campo.

La cautela dell’Asia meridionale.

Nell'Asia meridionale sono stati 4 i voti a favore della mozione Ucraina: Afghanistan, Bhutan, Maldive e Nepal.

 E 4 astenuti: Bangladesh, India, Pakistan e Sri Lanka.

In Afghanistan si è ripetuta la situazione del Myanmar, poiché la delegazione delle Nazioni Unite è ancora composta da rappresentanti dell'ex governo della Repubblica Afghana, e quindi filo americani.

Fra gli astenuti a spiccare è chiaramente l’India, partner indispensabile del Quad, l’alleanza fra Stati Uniti, Australia, Giappone e India, tornata in auge con la nuova amministrazione americana.

 

“È improbabile che l'India condanni pubblicamente la Russia”, afferma Harsh Pant, direttore dello “Strategic Studies Programme dell’Observer Research Foundation” di Delhi. “

In parte ci sono ragioni operative, in quanto l’India ha appena evacuato i circa 2mila studenti indiani che si trovavano in Ucraina, e per fare questo Modi ha avuto necessità di parlare sia con Putin che Zelenski.

Ma la ragione principale è che il 50-60% degli armamenti indiani sono russi.

 L'India ha cercato di diversificare forniture militari sin dalla fine della Guerra Fredda, oggi compra anche da Stati Uniti, Francia e Israele, ma benché i rifornimenti militari dalla Russia siano diminuiti, il legame è ancora troppo forte per essere bruscamente interrotto.

Modi sta affrontando una sfida importantissima al confine himalayano, dove tuttora l’esercito indiano fronteggia quello cinese.

La dipendenza dell’India dalla Russia è a scopo di difesa e non può essere sostituita dall'oggi al domani.

 Delhi è in una posizione difficile, ha bisogno della Russia e delle sue armi, ma anche degli Stati Uniti e dell'Occidente per gestire le mire espansionistiche di Pechino”.

Una sfida equilibrista quella di Modi, stretto fra alleanze occidentali e la storica amicizia con la Russia, che ha scelto nuovamente di astenersi il 4 marzo, quando a Ginevra il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato a stragrande maggioranza una risoluzione a favore di una commissione internazionale d'inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Ucraina da parte russa.

Cina attendista mentre il Giappone sostiene l’Occidente.

“La questione ucraina è un momento chiarificatore e determinante. Si tratta di un momento topico che chiama a una scelta, o sei da una parte o dall'altra, i paesi non potranno restare in bilico a lungo.”

 Questo il parere di D”erek Mitchell”, Presidente del “National Democratic Institute” (NDI), nonché esperto dell’area.

“L'India è certamente un paese che dovrà affrontare questo problema, a mano a mano che la guerra andrà avanti. La stessa impasse in cui si trova la Cina, che sta facendo di tutto per evitare di dover prendere una posizione netta.”

Una convinzione che conferma anche “Bonnie Glaser”, responsabile del “Programma Asia del German Marshall Fund”:

“Penso che Xi Jinping sia stato colto di sorpresa.

 L'ideale per la Cina sarebbe stata una soluzione diplomatica in cui la NATO concordava sul fatto che non ci sarebbe stato un ulteriore allargamento, magari con divisioni fra gli Stati Uniti e i propri alleati.

Una situazione da cui Pechino avrebbe tratto giovamento.

 In realtà, hanno constatato esattamente l'opposto, vale a dire una coesione senza crepe del fronte occidentale.

Certo, la Cina ha l'opportunità di aiutare la Russia a mitigare l'impatto delle sanzioni, imposte alla Russia dagli Stati Uniti e i suoi alleati, tramite le banche cinesi.

Ma dubito che Pechino si spingerà troppo oltre.

 Non credo che la Cina non sia disposta a mettere a rischio il proprio accesso al sistema bancario internazionale, non vorrà rischiare ulteriori restrizioni all'accesso all'alta tecnologia che ad oggi è già un problema.”

 “La Cina ha scelto una causa che contraddice tutto il suo credo politico”, continua “Derek Mitchell”,

“dal fatto che i conflitti si risolvono con la diplomazia, alla difesa dell’integrità territoriale, al principio di sovranità… ossia l’essenza dell’idea dell’Unica Cina.

 La teoria stessa che permette agli occhi di Pechino di considerare Taiwan come una provincia ribelle, il cui destino è nell’orbita della grande Cina.

Per uscire da quest’impasse ideologica, l’escamotage è quello di accusare Stati Uniti e Nato di essere la causa del conflitto.

 Ma nonostante i cinesi non parlino di aggressione russa all’Ucraina, l’imbarazzo rimane”.

Chi non ha cambiato rotta e anzi sembra diventare ogni giorno più filoccidentale è il Giappone.

"Se tolleriamo l'uso della forza per cambiare lo status quo, ciò avrà un impatto anche sull'Asia”, ha detto il Primo Ministro “Kishida Fumio”, che non ha esitato a imporre sanzioni che ricalcano quelle occidentali a Mosca.

 Sanzioni alla Russia che sono state imposte anche da Singapore e Corea del Sud. Seoul ha vietato le esportazioni di articoli strategici: elettronica, semiconduttori, computer, informazioni, sensori e laser, aderendo anche alle misure sullo Swift bancario.

Linea che dovrebbe essere confermata anche dal neopresidente, il conservatore “Yoon Suk-yeol”, del “People Power Party” che in campagna elettorale ha mostrato di auspicare un maggiore allineamento con l’alleato statunitense.

Quest’ultimo elemento si accompagna poi alla crescente intransigenza mostrata dai conservatori nei confronti della Cina e alla disponibilità a riprendere il dialogo interrotto col Giappone, nel quadro di una rinnovata intesa tra le democrazie contro gli autoritarismi dell’Asia orientale.

I rischi degli effetti della guerra su Taiwan.

In realtà nell’Asia più filoccidentale (Singapore, Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Indonesia e Filippine) si sta insinuando l’idea che l'aggressione del presidente russo, Vladimir Putin, nei confronti dell'Ucraina potrebbe incoraggiare il suo omologo cinese, Xi Jinping, a fare lo stesso con Taiwan.

Per questo, pur essendoci state molte chiarificazioni da Pechino su come i due casi non siano lontanamente sovrapponibili, l’invasione russa in Ucraina ha portato una vera e propria ondata di solidarietà a Taipei.

 Oltre alla scontata condanna della Presidente “Tsai Ing-wen”, che ha detto di sentire forte empatia per l’Ucraina:

“Stiamo tutti assistendo all’invasione di un Grande Paese contro un Paese infinitamente più piccolo”, a Taiwan si è scatenata una vera gara di solidarietà per la raccolta di aiuti agli ucraini, coordinata dal Ministero degli esteri…

Negli ultimi fine settimana si sono susseguite manifestazioni davanti alla rappresentanza russa sull’isola e nel quartiere di “Huashan 1914 Creative Park”, un’area fitta di caffè e bar molto frequentata dai giovani.

Le prime mosse dell’Amministrazione Biden avevano fatto capire come gli Stati Uniti fossero concentrati sul fare dell’Indo-Pacifico il centro della nuova politica estera americana.

Ora sono in molti a chiedersi se la guerra in Ucraina potrà permettere all’amministrazione statunitense di continuare a farsi carico di un peso così impegnativo.

 E se la Cina non vorrà approfittare dell’impegno statunitense sul fronte europeo, magari accelerando un’azione aggressiva su Taiwan.

“La Cina non ama farsi dettare la propria agenda da eventi esterni,” afferma Derek Mitchell

. “Certo non penso che aspetteranno per sempre, ma l’agenda cinese quest’anno è molto fitta.

 Xi Jinping ha il XX Congresso del Partito, deve pensare alla sua rielezione e fare in modo che il patto con la Russia non gli si ritorca contro;

poi hanno i loro problemi economici interni, e infine la pandemia, i cui recenti sviluppi a Hong Kong confermano che il capitolo non è ancora chiuso.

Penso piuttosto che, come al solito, la Cina stia studiando quanto sta succedendo ed imparando.

In questo caso, credo che l’osservazione produrrà qualche elemento di deterrenza in più.

 Hanno già l’esempio del Myanmar dove il forte esercito birmano, a più di un anno di distanza, non riesce ad avere ragione di un paese poverissimo ma determinato a resistere, e che quindi resta disfunzionale.

Ricordiamo che il Myanmar è fondamentale per Pechino per lo sbocco sul Golfo del Bengala.

La Cina non aveva messo in conto che la guerra avrebbe interessato l’intera Ucraina, anche questa, parte fondante del suo progetto della via della Seta.

E anche qui devono constatare come Putin non avesse calcolato la resistenza ucraina.

Situazione che mette Pechino in una posizione riprovevole da un punto di vista umanitario, e di nuovo economicamente disfunzionale.

Spero, quindi, che la Cina impari la lezione che non bisogna sottovalutare le società democratiche.

Possiamo sembrare divisi e deboli finché non ci attacchi, ma possiamo diventare piuttosto forti e uniti molto rapidamente.”

È probabile che la narrativa cinese cercherà di usare il conflitto sventolando lo spauracchio afghano e ucraino, per mandare messaggi tesi a scoraggiare la voglia indipendentista di Taipei:

“non potete fidarvi degli americani perché al momento del bisogno vi lasceranno da soli”.

Ma il massacro delle città ucraine, la resistenza e la solidarietà europea, che questa volta si è spinta sino all’invio di armi, potrebbero avere l’effetto opposto. Rinsaldare sempre più il fronte occidentale, e forse persino stanare quei Paesi che, come India e Vietnam, chiedono protezione senza esporsi.

La mediazione cinese?

“Esiste anche la possibilità che Pechino voglia mediare, che voglia ricoprire il ruolo di eroe”, aggiunge Mitchell, “cosa che gli è stata chiesta da più parti, ma non so se Pechino sia pronta, e, in ogni caso non credo che si esporrà senza la certezza di un successo”.

Se la Cina sia pronta a una mediazione, è in effetti, ancora da capire, anche se la recente telefonata fra Xi Jinping e il presidente Biden, sembra aprire degli spiragli.

La censura sui media cinesi si è fatta più morbida, qua e là appaiono immagini della guerra ucraina.

Una nuova direttiva spiega che bisogna evitare post pro-russi e anti Ucraina, così come post pro-ucraini e anti Russia, mentre prima opinioni favorevoli alla Russia erano tollerate.

 Vietato però criticare la “partnership strategica” fra Xi e Putin.

 Il Presidente cinese ci ha investito 10 anni e ora ha paura che si riveli un boomerang.

“Nonostante la telefonata a Biden e la condanna della guerra, la Cina continuerà a mantenere un atteggiamento in bilico fra le ragioni russe, e la necessità di riconoscere la sovranità dell’Ucraina”, commenta “Yun Sun, “China programme director dello Stimson Center”, al China Morning Post.

“Non credo che Pechino abbia interesse a dare armi a Mosca. Ma, se da un lato questa guerra danneggia la Cina, per le inevitabili conseguenze economiche sull’economia mondiale, dall’altro le consente una posizione di rendita perché tiene gli Stati Uniti e Nato impegnati sul fronte europeo, a scapito del tanto proclamata politica del Pivot to Asia.

C’è poi da capire che possibilità reali avrebbe la Cina di fermare la guerra e Putin”.

Certo è che la guerra fra russi e ucraini ha scaldato l’anima dei taiwanesi, risvegliando manifestazioni di solidarietà in Myanmar, fra i dissidenti di Hong Kong, in Tailandia, a Singapore, in Australia, in Nuova Zelanda e in Giappone.

Sviluppi che non possono che preoccupare Pechino.

 Ed è anche in quest’ottica che va analizzata la richiesta del Presidente cinese, durante la telefonata a Biden, che ha rivendicato per Usa e Cina la guida del mondo, e quindi il riconoscimento di pari dignità con gli Stati Uniti:

 "dobbiamo guidare lo sviluppo delle relazioni Cina-Usa sulla strada giusta, ma dobbiamo anche assumerci le nostre responsabilità internazionali per compiere gli sforzi per la pace e la tranquillità nel mondo".

La telefonata tra Xi e Biden può rappresentare un’apertura per una nuova stagione di dialogo, pur non chiarendo il nodo di Taiwan, confermando che da questa guerra non nasce solo una nuova Europa, ma un nuovo mondo.

“I guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra”, diceva “Sun Tsu”, famoso generale e filosofo cinese.

Questo per dire che ci vorrà del tempo per capire che direzione prenderà la Cina, e che Pechino stessa temporeggerà prima di decidere la prossima mossa.

(Francesca Baronio)

 

 

 

 

 

Il mondo avrebbe tollerato il folle

comportamento bruto dell'America

a tempo indeterminato.

Poi hanno fatto le sanzioni russe.

 Unz.com - ANDREW ANGLIN – (26 APRILE 2023) – ci dice:

 

L'America è il bruto pazzo.

Il mondo ora si rende conto che non c'è un tetto alla quantità di danni che questo paese farà, e capisce la parte peggiore di tutte: che non puoi più aspettarti che agisca nel proprio interesse.

Le persone stanno andando fuori di testa e stanno solo cercando di fare tutto il possibile per prevenire il danno.

La Banca d'Indonesia lancerà il suo sistema di pagamento nazionale con carta a maggio come parte di una strategia per ridurre la dipendenza dai sistemi stranieri e proteggere le transazioni dalle ricadute geopolitiche, ha riferito lunedì l'agenzia di stampa RIA Novosti.

Secondo quanto riferito, il governatore della banca centrale Perry Warjiyo ha dichiarato che il paese sta ufficialmente lanciando carte nazionali fisiche "in stretta collaborazione con il governo e l'Associazione indonesiana delle carte di credito (AKKI)".

A marzo, il regolatore ha annunciato che si stava preparando a eliminare gradualmente Visa e Mastercard mentre cerca maggiore autonomia sulla sua infrastruttura di pagamento riducendo al minimo il ruolo dei fornitori di pagamenti stranieri.

 

Il presidente indonesiano Joko Widodo in precedenza ha esortato le autorità regionali a svezzarsi dai sistemi di pagamento esteri e iniziare a utilizzare carte emesse dalle banche locali.

Ha sostenuto che l'Indonesia aveva bisogno di proteggersi dalle interruzioni geopolitiche, citando le sanzioni occidentali contro il settore finanziario russo per il conflitto in Ucraina.

"Dobbiamo ricordare le sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Russia. Visa e Mastercard potrebbero essere un problema", ha avvertito.

Agli Stati Uniti è stato praticamente permesso di fare tutto ciò che volevano per sempre perché hanno mantenuto il sistema finanziario funzionante.

Mandi un paio di scimmie, dici che hai una cosa con un po’ di polvere e alcune voci che non puoi trovare, e il mondo è come "sì, certo, vai avanti e inizia una massiccia guerra decennale senza motivo e uccidi più di un milione di persone".

Poi il mondo torna per il secondo round:

"E hey, se voi scimmie volete solo continuare, sapete, a invadere e distruggere paesi a caso periodicamente, fatelo totalmente.

E se ti piace, sai, fanculo con i leader usando le loro stesse popolazioni per rovesciarli, anche questo è bello.

 E il 100% sgancia bombe su persone a caso con i droni.

E hey, puoi anche andare avanti e gestire siti di tortura segreti in tutto il mondo, dove rapisci le persone e le getti in un buco in Polonia senza accuse per decenni.

E puoi pubblicare foto di persone che torturerai.

Video di voi stessi che uccidete i randos. Qualunque cosa, ragazzi. Non preoccuparti nemmeno.

È tutto freddo."

L'America è stata il bruto pazzo almeno dalla fine della seconda guerra mondiale, quando hanno battuto i buoni.

E il mondo intero fondamentalmente lo ha tollerato.

Dopo il crollo dell'URSS, la Russia ha tollerato così tanto.

 Il mondo ha tollerato tanto, così tanto.

Queste folli guerre contro i musulmani, che tutti sapevano solo legate alla paranoia ebraica, erano completamente tollerate.

Ma poi, per qualche ragione – per qualche ragione non abbiamo ancora una spiegazione – il bruto pazzo ha deciso di armare il sistema monetario che gli era stato affidato di custodire.

Questo ha cambiato assolutamente tutto.

Ora puoi avere il tappeto tirato fuori da sotto tutta la tua economia perché lo zio Sam ha in testa che non gli piace qualcosa che hai fatto.

Mi piace indicare la pagina Wikipedia "Conflitti post-sovietici".

L'invasione dell'Ucraina del 2022 è l'articolo numero 38 di quella lista.

È il 38° punto.

Puoi andare a guardare la lista.

Ci sono elementi che sono chiaramente molto più importanti, in sé e per sé, molto più significativi e molto più difficili da giustificare di questa invasione del Donbass.

Naturalmente, sappiamo che questa è una mossa di potere contro la Russia, un paese che gli ebrei vogliono sottomettere, ma l'atto di trasformare questo nel conflitto più importante dalla seconda guerra mondiale avrebbe potuto facilmente essere perché “Creepy Uncle Sam” si è svegliato dalla parte sbagliata del letto.

 

Immaginate quanto fosse più importante la Crimea in termini di ogni singola metrica.

È stata la cosa più importante che sia mai successa, quando Putin ha preso la Crimea nel 2014?

 O le persone vi stavano addirittura prestando attenzione? Era anche la notizia principale di quel mese?

E poi, per la prima volta in assoluto, gli Stati Uniti hanno deciso di armare completamente il sistema del dollaro contro la Russia come un modo per punirli per le infrazioni percepite contro "l'ordine basato sulle regole".

Il mondo, che aveva tollerato così tanto, andò fuori di testa.

Durante la seconda guerra mondiale, la Germania non fu mai espulsa dalla BRI.

Questo sistema finanziario, e il controllo degli Stati Uniti su di esso, era sacro.

Ecco perché avete questa nuova alleanza totale tra Russia e Cina.

È per questo che la Cina ha mediato la pace con l'Iran e l'Arabia Saudita e ha posto fine alla guerra dello Yemen (che, a differenza della scaramuccia di confine con l'Ucraina, è stata una vera guerra).

È per questo che ora hai l'intero pianeta, ad eccezione dei catamiti di Creepy Uncle Sam in Europa, che cerca di trovare un modo per togliere l'inferno dal percorso del bruto pazzo.

Se nemici sanguinari come l'Iran e l'Arabia Saudita possono fare amicizia su questo, non c'è motivo per cui la Cina e l'India non possano fare amicizia su questo.

 Non c'è motivo per cui il mondo intero non possa riunirsi per isolare il bruto pazzo.

Il problema, così com'è, è che il mondo è ancora dollarizzato, e non puoi semplicemente farlo sparire.

Ma ora è la missione di tutti i paesi più potenti e popolosi del mondo farlo sparire.

Questa è la vera posta in gioco della guerra in Ucraina.

Non so se la Russia avrebbe dovuto prendere "Bakhmat" più velocemente.

Sembra che avrebbero dovuto, ma stavano combattendo tutta la NATO.

 Non sappiamo quanti PMC americani ci siano, a parte tutte le armi.

Non ho idea se la Russia prenderà Odessa o Kharkov. Francamente, non so nemmeno se Zelensky invaderà la Crimea.

Forse ha assunto la flotta del capitano” Jack Sparrow”.

Non sono nel gioco delle previsioni di guerra.

 Tutti stanno perdendo in quella partita, male.

 Ci sono alcune persone che conosco nella vita reale che hanno detto "sarà solo questa cosa della trincea strisciante per anni", ma non conosco nessuna figura importante che scriva o faccia altre apparizioni sui media in inglese che abbia detto questo.

Praticamente tutti prevedono una vittoria imminente per l'una o l'altra parte.

Ma ecco il punto: non importa.

Finché la Russia non perde abbastanza da provocare una rivoluzione colorata nel loro paese (cosa che non è possibile – è troppo tardi per questo ora), allora i movimenti militari sono totalmente irrilevanti.

Entrambe le parti possono continuare a sostenere di essere Davide e Golia e spiegare tutto ciò che non va per la loro strada mentre i bambini ucraini e i prigionieri russi si uccidono a vicenda nelle trincee.

Nel frattempo, il mondo intero è concentrato sul tentativo di trovare una via d'uscita da questo sistema del dollaro, dove il mondo non è tenuto in ostaggio da un paese di pazzi.

Non è del tutto diverso dalla trama del terzo film del “Cavaliere Oscuro”, dove “Bane” arma una testata nucleare nel centro della città.

 Vari eventi accadono e si verificano vari intrighi tra varie figure, ma tutto si riduce alla bomba atomica nel centro della città, che alla fine dà a “Bane” il potere di fare quello che vuole.

Ricordate, ha fatto saltare i ponti e ha bloccato tutti all'interno della città con la bomba.

 Predicò anche la liberazione.

Tutti gli eventi del film ruotavano attorno alla bomba, con i vari combattimenti che significavano poco.

In realtà, è tutto fondamentalmente esattamente così, tranne che “Bane è figo” e non costringerebbe mai nessuno a fare sesso anale gay, o fare fisting anale - per non parlare del doppio fisting.

Stranamente, gli Stati Uniti sembrano credere di poter in qualche modo vincere questo sul campo di battaglia.

L'Ucraina è irrilevante di per sé, ma se la NATO dovesse invadere, ciò significherebbe quasi certamente che anche la Cina si impegnerebbe.

Nel frattempo, ci sono nuove continue discussioni sull'idea di un'invasione di Taiwan (provocare o mettere in scena un'invasione cinese per giustificare un'invasione americana).

 

Questo scenario non ha senso per me.

Ho letto alcuni dei vari documenti “RAND” e “CSIS”, e non sembrano essere stati scritti per lo scopo per cui affermano di essere stati scritti, più di quanto i giochi di guerra sembrino essere progettati per produrre dati effettivamente utilizzabili.

Suppongo che l'ovvia implicazione sarebbe che sono progettati per spingere i cinesi, per cercare di provocare un'invasione, per causare malcontento tra i ranghi della leadership del PCC, ma se sono in grado di capirlo, sicuramente i cinesi possono capirlo, e sicuramente gli americani possono capire che i cinesi possono capirlo.

Non c'è alcuno scenario di guerra con la Cina che porti gli Stati Uniti a mantenere il controllo di Taiwan, per non parlare di un cambio di regime a Pechino.

Sembra probabile che perderebbero il controllo della Corea del Sud, del Giappone e delle Filippine, e forse finirebbero anche con qualche vergogna simbolica in Australia.

Ci sono solo due opzioni:

La leadership degli Stati Uniti è totalmente fuori controllo, popolata interamente da persone squilibrate che sono stupide e / o malate di mente (se guardi persone come “Jake Sullivan” o “Ned Price”, o per quella materia, “Victoria Nuland”, questo sembra avere molto senso), o

la leadership degli Stati Uniti finge di essere totalmente fuori controllo.

Se la prima cosa fosse il caso, a tutte le persone non squilibrate che operano all'interno del governo verrebbe detto e semplicemente si suppone che la seconda cosa stia accadendo.

 

 

Ho scritto in precedenza (in luoghi che attualmente non riesco a localizzare) che è praticamente impossibile eseguire un sistema complicato completamente su bugie, perché un sistema complesso richiede un qualche tipo di comunicazione franca.

 In questo sistema, ogni persona che dice la verità (o dice qualcosa che la leadership non ama, che sia vero o no) viene licenziata.

 Guardate il modo in cui “Mark Milley” si muove in punta di piedi, dicendo queste piccole cose e tornando indietro.

“Milley “sembra credere che gli Stati Uniti abbiano qualcosa di vicino alla prontezza zero.

Quindi, affinché una situazione non squilibrata sia il caso qui, “Milley” dovrebbe fingere di credere che i militari non siano pronti, presumibilmente per confondere i russi e i cinesi.

 Ma come farebbe l'apparato dei” think tank” a rendersi conto di questa falsità?

Ovviamente, puoi passare attraverso e porre un milione di domande diverse come questa, e per quanto sono in grado di dire, non puoi mai arrivare da nessuna parte con esso.

Per lo meno, la stragrande maggioranza del governo degli Stati Uniti e dei suoi vari apparati non capisce cosa sta succedendo o quali sono i loro piani – a parte il fatto che hanno una bomba al neutrone armata nella forma del sistema finanziario globale, ma che alla fine sarà disarmata se non faranno qualcosa per impedire ai cinesi di affermarsi pienamente come centro del potere economico e politico globale.

 

I Parlamentari dell’UE Avvertono

dei Pericoli dell’Euro Digitale:

“Fermate Questo Progetto! “

 Conoscenzealconfine.it – (27 Aprile 2023) - Alessia C. F. (ALKA) – ci dice:

 

Il 19 aprile il Parlamento europeo ha discusso dell’euro digitale.

Diversi eurodeputati hanno messo in guardia dai pericoli della valuta digitale.

L’eurodeputato Marcel de Graaff (FVD) ha sottolineato che i cittadini avranno presto un conto presso la Banca Centrale Europea (BCE).

“La BCE non può fallire e questo dà sicurezza in caso di shock finanziari, ma dà anche al governo un grande potere di controllo e di coercizione sui cittadini”, ha detto De Graaff.

“La preoccupazione maggiore dei cittadini è che in futuro il governo possa limitare le loro spese.

Ad esempio, per i prodotti a base di carne e il carburante.

O che si arrivi a una sorta di sistema di credito sociale come in Canada, dove il conto viene bloccato se si è critici nei confronti del governo”, ha proseguito.

L’euro digitale dovrebbe soddisfare i seguenti requisiti:

gli acquisti non dovrebbero essere riconducibili al prodotto, il saldo dovrebbe poter essere ritirato direttamente come contante e il saldo non dovrebbe essere programmabile.

“Questo dovrebbe essere sancito per legge”, ha detto.

 

“Molte sono le critiche al progetto dell’euro digitale. Comprensibile.

 La BCE lo userà presto per fissare tassi d’interesse negativi e programmare il nostro denaro:

consentire solo le spese approvate dal governo!

 L’UE deve prendere sul serio le obiezioni:

Fermate questo progetto!”

Anche l’eurodeputato dell’SGP “Bert-Jan Ruissen” ritiene che dovremmo fermare questo progetto.

“Le critiche all’euro digitale stanno crescendo da tutte le parti. Ed è comprensibile”, ha dichiarato “Ruissen”, aggiungendo che con l’euro digitale la BCE assumerà un’enorme posizione di potere.

Una recente analisi della “commissione ECON” del Parlamento europeo dimostra che non c’è alcun mercato per l’euro digitale.

 “Direi: prendiamo sul serio queste preoccupazioni e fermiamo questo progetto. I rischi e le incertezze sono semplicemente troppo grandi “.

(Alessia C. F.-ALKA)

(uncutnews.ch/eu-parlamentarier-warnen-vor-den-gefahren-des-digitalen-euro-stoppen-sie-dieses-projekt/)

(orazero.org/i-parlamentari-dellue-avvertono-dei-pericoli-delleuro-digitale-fermate-questo-progetto/)

 

“DEEP STATE - L’OMBRA DEL QUARTO REICH”

(di Gemmana Leoni)

Fin dalle prime pagine si può accedere alla Storia, in questo caso una storia ricostruita con un rigoroso metodo di ricerca.

 È un “Giornalismo d'inchiesta” quello di Germana Leoni, da scrivere con la maiuscola per distinguerlo dal giornalismo ridotto a mezzo di propaganda delle "verità" del sistema dominante.

Questo testo ci conduce attraverso eventi chiave della storia contemporanea, che la narrazione del mainstream politico-mediatico deforma o nasconde.

Un libro destinato a tutti, ma soprattutto a coloro che cercano nel silenzio assordante della narrazione storica i meccanismi occulti che regolano gli eventi più importanti della nostra contemporaneità.

Un saggio che si propone di contestualizzare i singoli conflitti che, a partire dall’immediato dopoguerra, si sono susseguiti fino ad oggi.

Gli episodi apparentemente isolati, una volta ordinati nella loro consequenzialità, costituiscono i tasselli di un grande puzzle.

Questo “Grande Disegno” è delineato, a detta dell’autrice Gemmana Leoni, dall’annientamento anglo-americano di ogni altro “competitor” con la finalità di instaurare una “forma di diretta subordinazione delle altre potenze mondiali”.

In tale ottica la struttura di esercizio del potere utilizza da una parte i media per imporre la dittatura del “pensiero unico”, da un’altra si avvale di meccanismi occulti che travalicano i confini del diritto umano e di quello internazionale:

ecco che il superamento della giurisdizione degli stati sovrani e il perseguire ogni forma di dissenso rappresentano, citando” Aldous Huxley”, un campo di concentramento per l’intera società, dove le persone saranno private della libertà ma finiranno col goderne...”.

 

Il saggio "Deep State" ne evidenzia i passaggi strutturali e i metodi:

dalla semplice manipolazione delle menti fino all’alterazione delle facoltà cerebrali, a sua volta ascrivibili alla militarizzazione della scienza.

Testimonianze e documenti ufficiali fanno emergere una struttura di potere “occulta” che affonda le sue radici nell’espatrio di uomini e capitali a garanzia della rinascita di un “Quarto Reich” in un futuro in cui i tempi sarebbero stati più propizi.

Che quel futuro sia ora?

(Ogni riferimento all’attuale governo nazista dell’Europa è puramente casuale. N.D.R.)

 

 

 

 

Gli Agricoltori si Scagliano contro

Sanchez per Aver Distrutto

i Bacini in Piena Siccità: “Siamo Pazzi?”

 Conoscenzealconfine.it – (26 Aprile 2023) - Maurizio Blondet – Marta Arce - ci dicono:

 

Attenzione a quello che sta avvenendo in Spagna: esattamente come in plandemia, si fanno le cose al contrario per aggravare artificiosamente le cose… in questo caso riguardanti siccità/” cambiamento climatico”.

Demolizione Dighe in Spagna:

– 2021: 108 Dighe,

– 2022: 148 Dighe,

– 2023 (fino ad aprile): 43 Dighe.

 

L’articolo qui sotto è di Marta Arce (libertaddigital.com/autores/marta-arce/):

Il Governo intende “Liberare i Fiumi” in modo che “Anguille, Salmoni e Storioni” possano risalire il Letto del Fiume senza Ostacoli.

Gli agricoltori, disperati per la siccità, avvertono di dover affrontare una “perdita totale della campagna”.

Tuttavia, il governo afferma che sta “distruggendo i bacini idrici” per garantire che i fiumi scorrano liberamente e che i pesci possano circolare senza ostacoli.

Infatti, l’anno scorso, il governo Sanchez ha demolito 108 dighe e sbarramenti nell’ambito delle misure dell’Agenda 2030.

(I Pazzi sono coloro che hanno progettato e scritto l’Agenda 2030! N.D.R.)

Con i prezzi alimentari già alle stelle, gli agricoltori avvertono che la situazione potrebbe essere ancora più catastrofica se non disponessero più di argini per poter irrigare.

La Spagna è in una siccità meteorologica a lungo termine.

 Il 15% della penisola è in situazione di emergenza e il 28,4% in stato di allerta e preallerta.

 La situazione non sembra migliorare nella parte restante del mese di aprile, che si avvia a diventare il più secco da record, dal 1961.

La situazione è drammatica, secondo l’organizzazione agricola UPA, perché la maggior parte delle aziende agricole e zootecniche sono in “fallimento tecnico” con una “perdita totale della campagna”.

 I contadini del bacino del Guadalquivir che possono, inizieranno ad irrigare per risparmiare quello che possono con appena 385 ettometri cubi, una quantità di acqua chiaramente insufficiente.

In questo scenario di siccità, il governo si vanta di “guidare” la distruzione dei bacini in Europa.

Secondo i dati dello stesso ministero per la Transizione ecologica, nel 2021 la Spagna è stato il Paese in Europa che ha rimosso più dighe: 108, quasi la metà delle 239 smantellate nel continente.

L’ultimo di cui è stata ordinata la demolizione, nonostante l’opposizione dei residenti, è il piccolo bacino idrico di Valdecaballeros (Estremadura) che, con una capacità di 13 ettometri cubi, rifornisce diversi paesi della zona.

La diga di Yecla de Yeltes (Salamanca) è ormai storia, così come la diga dell’Inferno (Pontevedra) e la diga di Hozseca (Guadalajara).

 La diga di Los Toranes (Teruel) è stata salvata grazie alla lotta degli abitanti della zona, che ne hanno rivendicato l’importanza nel fornire acqua per l’irrigazione, combattere gli incendi e la sua attrazione turistica.

 Infine, la diga è stata salvata dalla demolizione perché il comune di Teruel l’ha dichiarata “patrimonio culturale aragonese”.

Distruggi i Bacini Idrici per “Liberare i Fiumi”.

È stato il governo di José Luis Rodríguez Zapatero che nel 2005 ha creato la “Strategia Nazionale di Ripristino del Fiume”, nel contesto della Direttiva dell’Unione Europea denominata “Water Framework” e in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

 Il motivo principale dello smantellamento delle dighe è quello di “liberare i fiumi” in modo che ritornino nei loro canali naturali e così “anguille, salmoni e storioni” possano risalire il letto del fiume senza ostacoli.

Citando le dichiarazioni rilasciate su TVE dal commissario per l’acqua della Confederazione idrografica del Duero, Ignacio Rodríguez, in Spagna stiamo demolendo le dighe che forniscono acqua agli agricoltori perché “qui ci sono un certo numero di persone a cui piacciono i fiumi e non le pentole, e noi abbiamo tutto pieno di pentole e padelle.”

 E ha aggiunto: “Recuperare la naturalità dei fiumi è qualcosa di necessario, bello e produttivo sotto tutti i punti di vista”, perché i pesci “non possono più né salire né scendere”.

Da “SOS Rural”, la piattaforma che riunisce più di cento associazioni del mondo rurale,” Víctor Viciedo” sottolinea che in questo ragionamento

“c’è una grande bugia” perché gli ostacoli nel fiume, naturali o artificiali che siano, “hanno creato un palude che ha vita propria”.

 Inoltre, aggiunge, “forse lo scorrimento dei fiumi è molto facile in Europa, ma la Spagna è secca e se non sbarriamo l’acqua, non una goccia d’acqua raggiunge il Mediterraneo in estate “.

“Dobbiamo arginare l’acqua in modo che la gente beva, che la gente mangi e generi energia pulita con le cascate.

Abbiamo bisogno di acqua per l’irrigazione e per generare energia e cosa fa il governo?

 Distrugge le dighe in modo che l’acqua scorra e i pesciolini raggiungano il mare? Ma siamo a posto di testa?” chiede” Viciedo”.

Dighe “Obsolete”.

Secondo i dati dello stesso “Ministero della Transizione Ecologica”, fino al 2021 “sono stati demoliti in totale 634 sbarramenti e dighe obsolete nei fiumi spagnoli e sono stati costruiti fino a 612 sistemi di passaggio dei pesci”.

In questo caso, il termine “obsoleto” è fuorviante.

Non è vero che si tratta di dighe “obsolete o inadeguate alle circostanze”, come la definisce la RAE.

Significa semplicemente che la concessione è scaduta, anche se la diga è ancora necessaria per l’approvvigionamento idrico.

“Terminata la concessione di una diga, lo Stato ne ha ripreso lo sfruttamento o l’ha rimessa a gara pubblica.

 E ora, invece di tenersi la diga, in modo che i paesi della zona continuino ad irrigare, ciò che lo Stato fa è abbattere la diga.

 Ma niente è obsoleto.

Le dighe continuano ad arginare l’acqua, i contadini continuano a usarla e svolge anche la sua funzione di “fermare le esondazioni dei fiumi”, sottolinea Viciedo.

(Marta Arce) – (libertaddigital.com/autores/marta-arce)

(Maurizio Blondet) – (maurizioblondet.it/gli-agricoltori-si-scagliano-contro-sanchez-per-aver-distrutto-i-bacini-in-piena-siccita-siamo-pazzi/)

 

 

Guerra in Ucraina: cosa

pensano gli italiani?

Sondaggio ISPI.

 Ispionline.it – Redazione – (5 Apr. 2022) – ci dice:

 

A sei settimane dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, quello che avrebbe dovuto essere una blitzkrieg si è trasformato in un conflitto protratto.

Così anche le opinioni degli italiani hanno potuto ormai stabilizzarsi, mentre il dibattito pubblico si è arricchito di una pluralità di voci differenti.

Con la Storia tornata a bussare prepotentemente alle porte d’Europa, l’Ue e molti dei suoi governi stanno imboccando direzioni nettamente diverse rispetto a quelle tracciate poco più di un mese fa:

 sanzioni alla Russia, armi all’Ucraina e riarmo, diversificazione energetica.

Con questo sondaggio ISPI realizzato da IPSOS, cerchiamo di tastare il polso degli italiani.

Chi è il principale responsabile di questo conflitto, e come potrà finire?

È giusto armare l’Ucraina, e sono giuste le sanzioni?

Che fare in caso di crisi energetica?

E quanto è percepito il rischio di un possibile conflitto nucleare?

1. Putin “indiziato” numero uno. NATO corresponsabile?

Malgrado il dibattito sulle responsabilità del conflitto continui a imperversare, gli italiani continuano a essere piuttosto netti:

oltre 6 su 10 individuano nel Presidente russo Vladimir Putin il principale responsabile, percentuale che sale al 74% se si escludono gli indecisi.

Rimane tuttavia un 22% di italiani che pensa che il principale indiziato del conflitto in corso sia da ricercarsi nella NATO (17%) o, minoritariamente, nel Presidente ucraino Volodymyr Zelensky (5%).

2. Gli italiani sperano in un accordo di pace

Se interrogata su quale possa essere il più probabile esito della guerra in Ucraina, la maggioranza relativa degli italiani (44%) è concorde:

 solo con un accordo di pace in cui ciascuna delle parti rinunci a qualcosa.

 Seguono, quasi appaiate, soluzioni minoritarie come la resa incondizionata dell’Ucraina (11%), un colpo di stato in Russia (10%) o l’intervento militare della NATO (9%).

Sulle risposte a questa domanda pesa probabilmente l’andamento stesso del conflitto, che a fine marzo era ormai entrato in una fase di stallo e vedeva un parziale ritiro delle forze russe dai dintorni di Kiev.

 Allontanando così l’ipotesi di una netta sconfitta militare da parte del governo di Kiev.

3. No secco all’intervento NATO.

Se gli italiani sono sostanzialmente dubbiosi sull’opportunità di inviare armi all’Ucraina, sono invece molto più convinti nello scongiurare un’eventuale escalation militare che porti la NATO ad intervenire direttamente nel conflitto.

 Il 60,1% degli intervistati sostiene infatti che l’Alleanza Atlantica non dovrebbe entrare in campo in nessun caso, mentre meno del 20% auspica un’azione militare diretta.

Del resto è bene ricordare che, a rigor di trattati internazionali, solo in caso di aggressione ad uno degli Stati membri della NATO una risposta collettiva sarebbe possibile.

4. Armi all’Ucraina, Italia spaccata.

Per aiutare la popolazione ucraina a respingere l’invasione russa è giusto che l’Unione Europea fornisca armi?

Su questo, l’opinione degli italiani è molto divisa:

 le percentuali di coloro che sono a favore o contrari sostanzialmente si equivalgono.

Al 38,6% di no si contrappongono il 28,6% di intervistati d’accordo con l’invio di armi e il 9,1% che vorrebbero fornire a Kiev armi ancora più potenti.

Fa riflettere anche il 23,7% di incerti: si tratta evidentemente di un quesito che coinvolge anche considerazioni di carattere morale su cui è difficile prendere una posizione netta.

5. Grandi dubbi sulle sanzioni.

Una maggioranza relativa di italiani (49%) si dice favorevole alle sanzioni alla Russia perché possono contribuire a risolvere il conflitto.

Una maggioranza che sale fino al 56% se escludiamo le persone indecise.

Ciò tuttavia ci restituisce l’immagine di un paese che sulle sanzioni rimane spaccato: significa infatti che il 37% degli italiani, e il 44% di chi esprime una opinione, si dice sfavorevole alle sanzioni contro Mosca.

Tra i favorevoli, inoltre, prevale nettamente l’opinione di chi è convinto che le sanzioni danneggino comunque l’economia italiana (30%) contro chi si dice convinto che le sanzioni danneggino soprattutto la Russia (18%).

6. Meno consumi, più carbone e nucleare: in crisi “vale tutto”?

Sono quasi nove italiani su dieci (86%) quelli che si dicono disposti a ridurre i propri consumi in caso di una crisi energetica generata dal conflitto.

Si tratta di un numero molto elevato, e in qualche modo sorprendente.

D’altronde, visto il forte aumento delle bollette di luce e gas, già più che raddoppiate rispetto all’anno scorso, è probabile che alcuni di loro stiano già oggi adottando strategie di riduzione dei consumi.

 

A sorprendere è però anche la disponibilità degli italiani a discutere di fonti energetiche “scomode”.

Quasi sei su dieci (59%) si dice infatti disposto ad accettare l’utilizzo di ulteriori centrali a carbone, e circa la metà degli intervistati (51%) si dice addirittura disponibile a discutere l’ipotesi di un’Italia che torni a investire nel nucleare.

Si tratterebbe di un forte cambiamento rispetto solo a gennaio scorso, quando una rilevazione” Swg” evidenziava come la quota di italiani favorevoli a riconsiderare la possibilità di utilizzare il nucleare fosse ferma al solo 33%.

7. Profughi: sì all’accoglienza, ma per quanto tempo?

Quella a favore di un’accoglienza in Italia dei profughi ucraini è una maggioranza schiacciante: 85% di sì contro un 7% di no.

Tuttavia, è sufficiente scavare più a fondo per incontrare una profonda linea di frattura che spacca praticamente a metà il “fronte” dei favorevoli all’accoglienza.

Se il 44% degli intervistati si dice infatti favorevole a un’accoglienza incondizionata, il 41% di loro si dice favorevole ad accogliere i profughi solo per un tempo limitato.

Il rischio è dunque che, nel caso questa accoglienza dovesse durare più a lungo (per esempio a causa del protrarsi del conflitto), le persone che oggi sono ancora nel bacino dei favorevoli entrino a far parte dei contrari.

 In quel caso, le cose per i profughi accolti (in maggioranza donne, 52%, e minori, 38%) potrebbero cominciare a farsi complicate.

8. Crisi “nucleare”: la temono sette italiani su dieci.

Malgrado un accordo negoziale tra Ucraina e Russia appaia agli italiani come l’esito più probabile di questa guerra, un numero molto elevato di loro continua a nutrire forti paure sulla possibilità che una parte nel conflitto arrivi all’impiego dell’arma nucleare.

 Oltre sette italiani su dieci (71%), infatti, ritengono che l’uso di armi nucleari nel corso di questo conflitto sia una minaccia realistica.

 

 

 

 

 

Robert F. Kennedy Jr. e Donald Trump:

il pugno sinistra-destra

al fascismo corporativista.

Globalresearch.ca – (27 aprile 2023) - Rodney Atkinson – ci dice:

 

Il corporativismo, con la sua progenie fascismo e nazismo, è sostenuto dai totalitarismi di sinistra e di destra e i suoi avversari libertari provengono anche da sinistra e da destra.

A "sinistra" sia i "comunisti" che i "socialisti del welfare" si oppongono al corporativismo e a "destra" i capitalisti democratici e le piccole imprese combattono il corporativismo.

La quasi totale irrilevanza delle nozioni di "sinistra" e "destra" l'ho esposta nel mio libro del 1988 “The Emancipated Society”, sostenendo al posto del paradigma "orizzontale" della sinistra destra l'asse autoritario-libertario "verticale".

Ora abbiamo negli Stati Uniti due candidati presidenziali che tagliano il sistema partitico corrotto che – in tutti i cosiddetti paesi occidentali "democratici" – si sono uniti in una cospirazione corporativa contro i loro popoli, dando loro un voto ma nessuna scelta.

Il sistema presidenziale degli Stati Uniti offre alle persone una migliore possibilità di votare per un cambiamento filosofico completo - o almeno sfidare apertamente lo status quo.

E finalmente ora abbiamo sia la tradizionale "sinistra" (Partito Democratico) che la tradizionale "destra" (il Partito Repubblicano) individui che minacciano l'establishment corporativista – Robert F. Kennedy Jr. e Donald Trump.

Nel suo recente discorso di lancio della candidatura presidenziale a Boston, Kennedy ha criticato:

le partnership di corporazioni e governi per truffare e gasare il pubblico;

la spericolata campagna di avventurismo militare a scopo di lucro che ha mandato in bancarotta gli Stati Uniti, culminando ora nel fiasco dell'Ucraina;

la risposta pasticciata al Covid-19 e gli imbrogli aziendali che l'hanno indotta;

la corruzione finanziaria che sta portando l'America all'inflazione e alla bancarotta.

Riconosce l'asse corporativo dello Stato (Deep State) che è sempre più incontestabile democraticamente e i media politicizzati che mettono a tacere il dissenso e le alternative nella politica, nella scienza, nella vita intellettuale e nella medicina.

Robert F. Kennedy, Jr. è in corsa per la presidenza nel 2024.

Come Donald Trump, che è stato bandito da “Twitter”, Kennedy è stato bandito da “Youtube” e “Instagram”.

 Trump era un riluttante COVID "Lockdowner" e Kennedy sottolinea le terribili conseguenze per la salute - i blocchi erano:

"una guerra ai bambini americani", citando uno studio della Brown University che ha rilevato che i bambini hanno perso 22 punti QI.

"I bambini di tutto il paese hanno mancato le loro pietre miliari" a causa dei blocchi.

 "Qual è la risposta del CDC?

 Il CDC cinque mesi fa ha rivisto le sue pietre miliari in modo che ora un bambino non dovrebbe più camminare a 1 anno ... Camminano a 18 mesi.

E un bambino ora non deve avere 50 parole in 24 mesi, sono 30 mesi.

Quindi, invece di risolvere il problema, stanno cercando di nasconderlo".

Proprio come Donald Trump è stato vittima di truffe comprovatamente fallaci dello stato profondo e del “msm” come il “dossier Steele”, la menzogna dell'interferenza russa e "il laptop di Hunter Biden era disinformazione russa" menzogna (come Mike Morell un ex direttore della CIA ha appena ammesso) così Kennedy è accusato di essere un "anti vaxxer" e venditore ambulante di "disinformazione".

Kennedy ha ricordato al suo pubblico il trattamento di suo padre e di suo zio da parte dello stato profondo (Deep State) che entrambi hanno cercato di contrastare e portare sotto il controllo democratico - ed entrambi pagando con le loro vite. John F. Kennedy aveva minacciato "di distruggere la CIA in mille pezzi e disperderli ai quattro venti".

L'odio di alcuni repubblicani dell'establishment per Donald Trump, il disgregatore della "destra", rispecchia l'impopolarità di Kennedy tra la "sinistra".

Chi l'ha detto?

"Stiamo trasferendo il potere da Washington, D.C. e restituendolo a voi, il popolo americano".

"Per troppo tempo, un piccolo gruppo nella capitale della nostra nazione ha raccolto i frutti del governo mentre il popolo ne ha sopportato il costo.

"Washington prosperò, ma il popolo non condivise la sua ricchezza. I politici prosperarono, ma i posti di lavoro se ne andarono e le fabbriche chiusero. L'establishment ha protetto sé stesso, ma non i cittadini del nostro paese.

Mentre festeggiavano nella capitale della nostra nazione, c'era poco da festeggiare per le famiglie in difficoltà in tutta la nostra terra".

Beh, queste parole avrebbero potuto essere dette da Kennedy o Trump perché entrambi identificano lo “Stato corporativo centralizzato e incontestabile”, gestito a beneficio sia dell'establishment di sinistra che di destra come nemico del popolo in un paese in cui la responsabilità democratica ha lasciato il posto al” fascismo corporativo”, sia negli affari interni che internazionali.

 Sia Trump che Kennedy si oppongono agli sconsiderati interventi stranieri e al loro enorme costo. Entrambi sarebbero operatori di pace.

In realtà le parole di cui sopra sono tratte dal discorso di insediamento del presidente Donald Trump.

 

RFK Jr. prende una forte posizione

contro la guerra e anti-impero

nella corsa presidenziale 2024.

Globalresearch.ca - 25 aprile 2023 - John V. Walsh – ci dice:

(Antiwar.com)

 

Una candidatura da non ignorare quando si parla di pace.

Robert Francis Kennedy, Jr., verso l'inizio del suo annuncio del 19 aprile di candidarsi alla presidenza nel Partito Democratico, pronunciò queste parole:

"Cinquantacinque anni fa, il mese scorso, mi sono seduto come un ragazzo di 14 anni dietro mio padre mentre ora annunciava in una sala del caucus del Senato a Washington, DC, la sua campagna per la presidenza degli Stati Uniti.

E mio padre all'epoca era nella stessa, per molti versi, nella stessa posizione in cui mi trovo oggi.

Stava correndo contro un presidente del suo stesso partito.

 Stava correndo contro una guerra.

Correva contro, correva in un momento di polarizzazione senza precedenti nel nostro paese".

In questo modo il figlio ci dice subito che sta "correndo contro una guerra", la crudele guerra per procura degli Stati Uniti di Joe Biden contro la Russia usando gli ucraini come carne da cannone.

 

Ci ha ricordato che a suo padre erano state date pochissime possibilità di vincere e sentiva che probabilmente avrebbe perso.

 Ma il giorno del suo assassinio, RFK aveva vinto le primarie della California, uno stato urbano, e il South Dakota, uno stato rurale.

 Il figlio ci sta dicendo che la sua è una candidatura da non cancellare alla leggera. RFKJr era al 14% tra gli elettori di Biden anche prima che lo annunciasse.

 E quasi il 44% dei democratici vuole chiunque tranne Biden, con solo il 25% che vorrebbe che corresse nel 2024.

Perché la guerra contro l'Ucraina ha negoziato un accordo?

Un video dell'intero discorso di due ore, impressionante in molti modi, si trova assieme ad una trascrizione.

Kennedy non lesse da un testo preparato, anche se il discorso sembrava essere accuratamente delineato.

Aveva un'aria rinfrescante di informalità.

 E merita un ascolto attento.

Molti dei punti del discorso sono riassunti nella sezione "Pace" nel sito web della campagna di RFKJr, “Kennedy2024.com”, come segue:

"La spesa annuale legata alla difesa è vicina a un trilione di dollari.

 Manteniamo 800 basi militari in tutto il mondo.

 Il dividendo della pace che avrebbe dovuto arrivare dopo la caduta del muro di Berlino non è mai stato riscattato.

Ora abbiamo un'altra possibilità.

Come presidente, Robert F. Kennedy, Jr. inizierà il processo di svolgimento dell'impero.

 Riporteremo a casa le truppe.

 Smetteremo di accumulare debiti impagabili per combattere una guerra dopo l'altra.

L'esercito tornerà al suo ruolo di difendere il nostro paese.

Metteremo fine alle guerre per procura, alle campagne di bombardamenti, alle operazioni segrete, ai colpi di stato, ai paramilitari e a tutto ciò che è diventato così normale che la maggior parte delle persone non sa che sta accadendo.

Ma sta accadendo, un costante drenaggio delle nostre forze.

 È tempo di tornare a casa e ripristinare questo paese".

"Quando una nazione imperiale bellicosa si disarma di propria iniziativa, stabilisce ovunque un modello per la pace.

 Non è troppo tardi per noi per lasciare volontariamente andare l'impero e servire invece la pace, come una nazione forte e sana".

E sull'Ucraina:

"In Ucraina, la priorità più importante è porre fine alle sofferenze del popolo ucraino, vittime di una brutale invasione russa, e anche vittime delle macchinazioni geopolitiche americane che risalgono almeno al 2014.

Dobbiamo prima essere chiari:

la nostra missione è aiutare i coraggiosi ucraini a difendere la loro sovranità?

O è usare l'Ucraina come pedina per indebolire la Russia?

Robert F. Kennedy sceglierà il primo.

Troverà una soluzione diplomatica che porti la pace in Ucraina e riporti le nostre risorse dove appartengono.

 Offriremo di ritirare le nostre truppe e i missili nucleari dai confini della Russia.

 La Russia ritirerà le sue truppe dall'Ucraina e garantirà la sua libertà e indipendenza.

 Le forze di pace delle Nazioni Unite garantiranno la pace alle regioni orientali di lingua russa.

Metteremo fine a questa guerra.

Metteremo fine alle sofferenze del popolo ucraino.

 Questo sarà l'inizio di un più ampio programma di smilitarizzazione di tutti i paesi.

"Dobbiamo smettere di vedere il mondo in termini di nemici e avversari.

 Come scrisse John Quincy Adams, "gli americani non vanno all'estero in cerca di mostri da distruggere".

Queste sono parole forti e categorie realistiche come "impero", "guerre per procura", "colpi di stato", "macchinazioni geopolitiche risalenti al 2014", tutti brutti fatti imperiali a cui allude eufemisticamente o per niente nei media mainstream.

Questa è una candidatura che non può essere ignorata o ridotta esclusivamente ai pro e contro dei vaccini mRNA o dei litigi della famiglia Kennedy sulla candidatura come hanno fatto i media mainstream.

Ad esempio, nella sua breve copertura in ultima pagina, il New York Times, il principale portavoce dell'establishment imperiale, non c'è mai menzione della guerra con un'altra potenza nucleare che ora incombe sulle nostre teste!

Questo non vuol dire che dovremmo accettare tutte le parole di RFKJr al valore nominale.

Ma dato l'attuale entusiasmo per la guerra in ogni angolo dell'establishment politico del Partito Democratico e tra gran parte della sua base, è difficile vedere la candidatura di RFKJr come opportunistica.

La sua candidatura merita di essere trattata con scetticismo come tutte le candidature, ma non cinicamente.

Il discorso dovrebbe essere ascoltato attentamente in questo spirito.

(Antiwar.com)

(John V. Walsh, professore di fisiologia e neuroscienze in una scuola di medicina nel Massachusetts, ha scritto su questioni di pace e assistenza sanitaria per il San Francisco Chronicle, EastBayTimes / San Jose Mercury News, Asia Times, LA Progressive, Antiwar.com, Consortium News, CounterPunch e altri.)

 

 

 

Piani ucraini per la

terza guerra mondiale.

Globalresearch.ca – (27 aprile 2023) - Bradley Devin – ci dice:

 

L'Ucraina è un animale messo alle strette e progetta di scagliarsi come tale.

La fuga di documenti classificati sulla piattaforma di gioco e “chat Discord” continua ad essere un tesoro di informazioni sulla guerra per procura dell'America con la Russia in Ucraina.

Precedenti rivelazioni dalla fuga di notizie “Discord” suggerivano che l'Ucraina fosse un animale messo alle strette.

Gli ultimi mostrano che potrebbe scatenarsi come tale.

Il Washington Post ha riferito lunedì che i documenti della fuga di notizie affermavano che gli Stati Uniti dovevano costringere l'Ucraina a ritirarsi da un attacco diretto a Mosca.

Di volta in volta, gli Stati Uniti hanno dovuto frenare o esprimere seria preoccupazione interna sui piani dell'Ucraina di combattere la Russia, non solo in Ucraina o anche all'interno dei confini della Russia, ma anche in Medio Oriente e Nord Africa.

Un rapporto classificato della National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti ha affermato che il maggior generale “Kyrylo Budanov”, che dirige la direzione principale dell'intelligence (HUR) per il ministero della difesa ucraino, ha incaricato uno dei suoi ufficiali il 13 febbraio "di prepararsi per gli attacchi di massa del 24 febbraio".

 L'Ucraina doveva colpire "con tutto ciò che l'HUR aveva".

 Il rapporto della NSA ha anche detto che i funzionari ucraini hanno scherzato sull'uso del TNT per colpire Novorossiysk, una città portuale del Mar Nero a est della penisola di Crimea.

Il Post ha affermato che una tale operazione sarebbe "in gran parte simbolica", ma "dimostrerebbe comunque la capacità dell'Ucraina di colpire in profondità all'interno del territorio nemico".

“Budanov” ha la reputazione di essere un cannone sciolto.

In precedenza, ha affermato che il presidente russo Vladimir Putin era malato terminale e impiegava controfigure per apparizioni pubbliche.

 Apparentemente è convinto che l'Ucraina travolgerà e respingerà l'invasione russa, compresa la Crimea, che la Russia ha annesso nel 2014, questa estate.

Ecco perché sembra che l'apparato di intelligence degli Stati Uniti abbia iniziato a monitorare le mosse e le comunicazioni di “Budanov”.

E “Budanov”sembra saperlo.

Il Post ha aggiunto che, quando ha intervistato “Budanov” in alcune occasioni dallo scoppio della guerra, i giornalisti hanno sentito rumore bianco o musica in sottofondo nell'ufficio del generale maggiore.

 

Questa volta, tuttavia, sembra che gli Stati Uniti abbiano impedito che il cannone vagante esplodesse.

Il 22 febbraio, la CIA ha diffuso internamente un rapporto classificato secondo cui l'HUR "aveva accettato, su richiesta di Washington, di posticipare gli attacchi" su Mosca.

Tuttavia, la CIA ha anche detto che "non vi è alcuna indicazione" che il Servizio di sicurezza dell'Ucraina (SBU) abbia "accettato di posticipare i propri piani per attaccare Mosca intorno alla stessa data".

Attacchi di droni alle basi aeree russe: una grande escalation nella guerra scritta a Washington.

L'SBU ha anche apparentemente rimandato qualsiasi piano che avrebbe potuto avere per colpire in profondità il territorio russo nel primo anniversario dell'invasione russa.

Tuttavia, gli sforzi degli Stati Uniti per scoraggiare gli attacchi ucraini sul territorio russo sono durati solo così a lungo.

 Circa una settimana dopo l'anniversario dell'invasione russa, il Cremlino ha accusato i droni ucraini di colpire infrastrutture relativamente vicine a Mosca.

Tali attacchi di droni sono la norma per il corso delle recenti operazioni militari dell'Ucraina all'interno del territorio russo.

Lo scorso ottobre, la Russia ha accusato l'Ucraina di attacchi di droni contro la sua flotta del Mar Nero in Crimea.

Sebbene l'autenticità non sia stata confermata, le riprese video mostrano un drone che si dirige verso una nave mentre quelli che sembrano essere spari colpiscono l'acqua intorno alla nave russa.

Il Cremlino ha affermato che un dragamine è stato danneggiato nell'attacco.

Poi, a dicembre, i droni ucraini avrebbero colpito” Engels-2”, una base aerea militare a circa 400 miglia all'interno del territorio russo.

 I droni hanno colpito anche altri due aeroporti militari e un impianto petrolifero nella provincia di Kursk.

L'Ucraina sembra ora raggiungere ulteriormente il territorio russo ed è meno ambigua sul suo coinvolgimento in questi attacchi.

 All'inizio del conflitto, l'Ucraina ha spesso negato di aver avuto un ruolo negli attacchi alle installazioni e alle infrastrutture russe all'interno dei suoi confini, come l'incidente con autobomba nell'agosto 2022 che ha ucciso” Daria Dugina”, figlia di “Aleksandr Dugin”, un nazionalista russo e convinto sostenitore dell'invasione russa.

Nonostante le ripetute smentite ucraine, la comunità di intelligence degli Stati Uniti ritiene che l'Ucraina fosse dietro l'attacco.

In un'intervista al Post a gennaio, tuttavia, “Budanov” ha negato contemporaneamente il coinvolgimento dell'Ucraina in molti di questi attacchi e ha affermato che sarebbero continuati.

Tali attacchi "hanno infranto le loro illusioni di sicurezza", ha riferito “Budanov”.

"Ci sono persone che piazzano esplosivi. Ci sono droni. Fino a quando non verrà ripristinata l'integrità territoriale dell'Ucraina, ci saranno problemi all'interno della Russia".

Altre rivelazioni dai documenti trapelati da “Discord”:

l'Ucraina vuole espandere la portata del conflitto oltre quella dell'Europa continentale e portare i russi al lavoro in Medio Oriente e Nord Africa.

Il rapporto della NSA ha affermato che l'HUR di “Budanov” ha pianificato di attaccare il “Gruppo Wagner” – un appaltatore militare russo con una reputazione di brutalità i cui membri hanno assistito all'offensiva ucraina – nel paese africano del Mali.

I servizi del Gruppo Wagner sono mantenuti dal governo del Mali per la sicurezza e l'addestramento delle proprie forze militari.

Il documento della NSA affermava: "Non è noto in quale fase fossero attualmente le operazioni [in Mali] e se l'HUR abbia ricevuto l'approvazione per eseguire i suoi piani", secondo il Post.

Allo stesso tempo, l'HUR stava sviluppando piani per colpire le forze russe in Siria collaborando con i curdi.

Secondo quanto riferito, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha messo il “kibosh” sull'offensiva delle operazioni speciali in Medio Oriente, ma almeno uno dei documenti esaminati dal Post ha affermato che gli sforzi per attaccare le risorse russe in Siria che evitano la colpevolezza ucraina potrebbero ancora essere sul tavolo per il governo ucraino.

Non sono questi i piani per una guerra mondiale?

Gli Stati Uniti non sarebbero responsabili se il governo ucraino, che sia militarmente che finanziariamente sarebbe defunto senza quasi 100 miliardi di dollari in aiuti statunitensi, decidesse di andare avanti con tali piani?

L'amministrazione Biden negherebbe qualsiasi colpevolezza nell'iniziare la terza guerra mondiale, ovviamente.

 Indicherebbe il fatto che gli Stati Uniti proibiscono l'uso degli aiuti militari che danno all'Ucraina per colpire la Russia.

Pertanto, gli Stati Uniti mantengono molta voce in capitolo sui piani di battaglia dell'Ucraina e hanno sventato con successo i grandi piani ucraini di colpire Mosca e molti altri obiettivi russi in diverse occasioni.

Anche i funzionari ucraini lo hanno ammesso in privato.

Spesso, se l'Ucraina vuole utilizzare un sistema missilistico fornito dagli Stati Uniti per colpire un obiettivo, il personale militare statunitense in Europa deve confermare le coordinate o fornire le coordinate stesse.

L'amministrazione Biden e il blob di politica estera che sostiene il coinvolgimento degli Stati Uniti in Ucraina potrebbero pensare che questo renda il nostro coinvolgimento ancora migliore.

Non è così.

Rivela chi sta davvero conducendo questa guerra contro la Russia.

L'Ucraina, che è stata un'operazione di riciclaggio di denaro per i ben collegati in Occidente nell'ultimo decennio (vedi Hunter Biden), continua ad essere proprio questo.

 L'Ucraina è il procuratore dell'impero liberale americano nel vero senso della parola.

I sistemi d'arma, le munizioni e le attrezzature militari che gli Stati Uniti forniscono all'Ucraina mantengono un certo livello di fungibilità e aiutano i dollari più delle attrezzature fisiche.

 Fornire aiuti militari, anche con le attuali stringhe allegate, espande il bacino di risorse dell'Ucraina, il che significa che possono dedicare ciò che è "loro" alle operazioni e ai teatri che si adattano alla loro fantasia.

Frenare l'Ucraina sta diventando sempre più difficile e finanziare gli sforzi militari dell'Ucraina è sempre più rischioso.

Questo è chiaro dalla valutazione americana dei piani di guerra dell'Ucraina rivelati nella fuga di notizie “Discord”.

 Le teste dovrebbero rotolare contro il Pentagono, il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca per aver camminato ciecamente in un conflitto che l'Ucraina vuole diventare globale.

(Bradley Devlin è un reporter dello staff di “The American Conservative”).

 

 

 

 

 

Il mondo sta cambiando, ma

Washington se ne sta

finalmente accorgendo?

Globalresearch.ca – (27 aprile 2023) - Ted Snider – ci dice:

 

Le recenti dichiarazioni di due funzionari dell'amministrazione Biden suggeriscono che gli Stati Uniti stanno finalmente notando che il mondo intorno a loro sta cambiando.

L'11 aprile, il direttore della CIA “William Burns” ha parlato al “Baker Institute for Public Policy” della “Rice University”.

In una dichiarazione alquanto sbalorditiva che, forse, non è stata articolata così chiaramente e pubblicamente prima, Burns ha detto che siamo in uno di "quei tempi di transizione che arrivano un paio di volte al secolo.

 Oggi gli Stati Uniti hanno ancora una mano migliore da giocare rispetto a tutti i nostri rivali, ma non sono più l'unico grande ragazzo del blocco geopolitico.

 E la nostra posizione a capotavola non è garantita".

La classificazione di “Burns” della transizione che sta avvenendo ora come una "transizione che arriva un paio di volte al secolo" riecheggia il commento del presidente cinese Xi Jinping al presidente russo Vladimir Putin il mese scorso che "Insieme, dovremmo portare avanti questi cambiamenti che non sono avvenuti per 100 anni" e riconosce il significato del cambiamento geopolitico tettonico che si sta verificando.

Il mondo unipolare è estinto ed è stato sostituito da un mondo multipolare in evoluzione in cui gli Stati Uniti "non sono più l'unico grande ragazzo del blocco geopolitico".

Il ruolo diplomatico della Cina nel mediare un accordo tra Arabia Saudita e Iran ha dimostrato che "la posizione dell'America a capo del tavolo non è garantita".

La partnership in continuo rafforzamento tra Russia e Cina ha inclinato il peso del mondo verso uno multipolare.

 A marzo, Xi ha visitato Putin a Mosca, dove non solo hanno "riaffermato la natura speciale della partnership Russia-Cina", ma "hanno firmato una dichiarazione sull'approfondimento del partenariato strategico e dei legami bilaterali che stanno entrando in una nuova era".

Ma le relazioni sino-russe nel nuovo mondo multipolare non sono solo bilaterali.

I paesi si stanno allineando per unirsi alle organizzazioni multipolari guidate da Cina e Russia come i BRICS e l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai.

Dall'appello al multipolarismo tra le molte nazioni africane che hanno partecipato alla conferenza Russia-Africa in un mondo multipolare a Mosca a marzo, all'affermazione dell'Arabia Saudita che "non crediamo nella polarizzazione o nella selezione tra un partner e l'altro", alla continua cooperazione diplomatica ed economica dell'India con Russia e Cina, alla promessa del Brasile di sostenere e rafforzare il multilateralismo, al sorprendente appello della Francia affinché l'Europa diventi un "terzo polo", i paesi di tutto il mondo stanno lasciando il mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti per la neutralità in un mondo multipolare.

La linea più importante della dichiarazione congiunta Cina-Francia.

Uno dei meccanismi del multipolarismo è l'emancipazione dal monopolio del dollaro USA.

La maggior parte del commercio internazionale è condotto in dollari e la maggior parte delle riserve valutarie sono detenute in dollari.

Come gli Stati Uniti hanno recentemente dimostrato a Cuba, Venezuela, Iran e Russia, la posizione del dollaro gli consente di essere armato in modo molto potente e rapido.

Le sanzioni non solo hanno accelerato l'evoluzione del mondo multipolare creando una comunità di paesi sanzionati che si rivolgono l'uno all'altro, formando un secondo polo, ma hanno anche indebolito il mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti indebolendo la volontà di dipendere dal dollaro.

Nella seconda sorprendente dichiarazione di un funzionario degli Stati Uniti, il segretario al Tesoro “Janet Yellen” ha detto il 16 aprile:

"C'è il rischio quando usiamo sanzioni finanziarie legate al ruolo del dollaro che nel tempo potrebbero minare l'egemonia del dollaro".

 Ha spiegato: "Naturalmente, crea un desiderio da parte della Cina, della Russia, dell'Iran di trovare un'alternativa".

E trovare un'alternativa che hanno.

 La dichiarazione di Yellen suggerisce che gli Stati Uniti stanno cominciando a riconoscere che sfuggire al monopolio del dollaro USA sta guadagnando slancio come meccanismo per porre fine, non solo all'"egemonia del dollaro", ma degli stessi Stati Uniti.

Le recenti dimostrazioni della capacità americana di tagliare fuori i paesi che lo sfidano hanno risvegliato l'opposizione.

Diversi paesi e regioni, tra cui Russia, Cina, India, Iran, Brasile, Arabia Saudita, Francia, America Latina, BRICS e Unione economica eurasiatica, hanno tutti espresso interesse e persino fatto passi verso la fuga parziale dal dollaro USA.

 

Russia e Cina stanno ora conducendo il 65% del loro commercio nelle loro valute.

 La Cina e il Brasile stanno ora conducendo scambi bilaterali nelle proprie valute, così come la Cina e il Pakistan.

L'Iran e la Russia stanno ora regolando il commercio di rial e rubli invece di dollari e recentemente hanno annunciato di aver aggirato il sistema finanziario statunitense collegando i loro sistemi bancari come alternativa allo “SWIFT” per il commercio tra loro.

L'Arabia Saudita ha detto che non vede "problemi" nel commercio di petrolio in valute diverse dal dollaro USA.

 L'Unione economica eurasiatica ha concordato "una transizione graduale" dal regolare il commercio in "valuta estera" agli "insediamenti in rubli".

Robert Rabil”, professore di scienze politiche alla Florida Atlantic University, afferma che gli Emirati Arabi Uniti, l'Egitto e Israele hanno tutti fatto qualche movimento lontano dal dollaro USA.

Il Brasile ha sollevato l'idea di una valuta latinoamericana.

 E il presidente brasiliano Lula da Silva ha recentemente chiesto:

"Perché ogni paese dovrebbe essere legato al dollaro per il commercio?

 Chi ha deciso che il dollaro sarebbe stata la valuta [mondiale]?"

 "Perché", ha suggerito, "una banca come la banca BRICS non può avere una valuta per finanziare il commercio tra ... Paesi BRICS?"

 I BRICS e la SCO stanno entrambi considerando di abbandonare il dollaro a favore del commercio nelle valute degli Stati membri.

Mentre l'attività americana suggerisce una politica estera che va avanti, ignara del nuovo terreno in cui è entrata, le recenti dichiarazioni di “Burns” e “Yellen “suggeriscono che almeno alcuni nell'amministrazione Biden stanno iniziando a notare che il mondo sta cambiando.

L'egemonia degli Stati Uniti, la sua "posizione a capotavola", non è più "garantita".

(Ted Snider è un editorialista regolare sulla politica estera e la storia degli Stati Uniti presso “Antiwar.com” e “The Libertarian Institute”.)

 

 

 

 

Il lato oscuro della rivoluzione

dei veicoli elettrici. Batterie

tossiche, nichel e cromo esavalente

Globalresearch.ca – (26 aprile 2023) - Steve Hanley – ci dice:

 

Le auto elettriche non sono fatte di alito d'angelo e sole.

I danni ambientali devono essere ridotti al minimo man mano che la rivoluzione dei veicoli elettrici avanza.

Mentre la rivoluzione “EV” prende velocità, i sostenitori delle auto elettriche amano sottolineare che le auto elettriche non lasciano emissioni di anidride carbonica nella loro scia.

Né emettono inquinamento da ossido di azoto o particolato fine dai tubi di scarico. (Nota: tutti i pneumatici perdono alcune particelle mentre si usurano e i veicoli elettrici, essendo un po’ più pesanti delle auto convenzionali equivalenti, possono lasciare più pezzi di pneumatici, ma il particolato più dannoso per la salute umana è quello creato quando i combustibili fossili vengono bruciati. Per definizione, le auto elettriche non aggiungono nulla di tutto ciò all'aria che respiriamo.)

Tuttavia, per quanto accogliamo con favore la rivoluzione dei veicoli elettrici, non possiamo ignorare che la produzione e le catene di approvvigionamento che la rendono possibile hanno tutti impatti ambientali che degradano il mondo in cui viviamo.

In particolare, l'estrazione mineraria – che ci fornisce le materie prime di cui abbiamo bisogno per produrre alluminio, ferro, rame, platino, nichel e manganese, tra gli altri – spesso comporta lo scavo di enormi quantità di depositi minerali che vengono poi lavorati per produrre i prodotti finali utilizzati nella produzione.

Nichel e cromo esavalente.

Conosciamo tutti le segnalazioni di abusi sul lavoro minorile associati all'estrazione del cobalto nella “DCR”.

 Questi rapporti sono così gravi che c'è una grande spinta per ridurre o eliminare l'uso del cobalto nelle batterie agli ioni di litio.

Ma un modo per ridurre la quantità di cobalto è aumentare la quantità di nichel.

 La maggior parte dei conducenti di veicoli elettrici non ha idea da dove provenga il nichel nelle loro batterie.

Secondo” The Guardian”, una fonte principale è la piccola isola di Obi, una delle 17.508 isole dell'Indonesia.

Arrivarci non è facile.

Richiede un volo di 3 ore e mezza da Giacarta, seguito da un viaggio notturno in traghetto, e infine un viaggio di 1 ore in barca per arrivare a “Kawasi”, un villaggio di 2.2 persone vicino a una delle più grandi miniere di nichel in Indonesia.

Il sito da 4 miliardi di dollari in cui si trova la miniera è di proprietà del gruppo “Harita” con sede in Indonesia e della cinese” Lygend Mining”.

Il produttore cinese di componenti per batterie “GEM”, che fornisce componenti per batterie a molti dei principali produttori di batterie del mondo, ha firmato un accordo per l'acquisto di nichel dalla società, “PT Halmahera Persada Lygend”.

Il prossimo cartello simile all'OPEC potrebbe essere nei metalli delle batterie.

Ma la gente di” Kawasi” dice di avere paura a causa dell'inquinamento creato dalla miniera.

 Il “Guardian” riferisce che ci sono stati 900 casi segnalati di infezioni respiratorie acute nel 2020, metà dei quali in bambini di età pari o inferiore a 4 anni.

Secondo i funzionari sanitari indonesiani, l'incidenza di tali infezioni a “Kawasi” è stata di poco inferiore al 20% nel 2020, rispetto a una media nazionale del 9%.

"La differenza [da quando è iniziata l'estrazione] è enorme.

 La spiaggia era ancora pulita, il mare non era fangoso come questo e non ancora rosso.

La gente pescava ancora davanti alle loro case", dice un'infermiera che vive nel villaggio dal 2009, prima che la miniera entrasse in funzione.

"La tendenza dei casi [più alti] di “ARI” è iniziata contemporaneamente all'inizio anche dell'esplorazione [mineraria]".

Una donna che vive nel villaggio dice:

"Continuo a pensare: c'è futuro per i bambini?"

“Il Guardian” ha prelevato campioni di acqua dalla fonte di acqua potabile per il villaggio e li ha fatti testare in un laboratorio certificato dal governo.

 I risultati hanno mostrato che il livello di cromo esavalente – Cr6 – era di 60 parti per miliardo.

Il governo indonesiano ha fissato il massimo consentito a 50 ppb.

Cr6 può causare danni al fegato, problemi riproduttivi e danni allo sviluppo se ingerito o inalato.

 L'esposizione a lungo termine attraverso l'acqua potabile è stata anche collegata al cancro allo stomaco.

È lo stesso cancerogeno che ha avuto un ruolo di primo piano nella causa di “Erin Brockovich” contro” PG&E” che ha portato a uno dei più grandi accordi legali nella storia degli Stati Uniti nel 1996.

L'azienda risponde.

Non sorprende che la compagnia mineraria affermi che i propri test mostrano un livello accettabile di Cr6 nell'acqua potabile locale.

 Sostiene che l'agente cancerogeno è comune nelle aree tropicali e le sue operazioni non hanno contribuito alla sua presenza.

Dice di aver testato l'acqua di sorgente vicino a “Kawasi” dal 2013 al 2021.

Questi test hanno dimostrato che soddisfaceva gli standard di qualità dell'acqua stabiliti dal governo, con Cr6 registrato nell'intervallo da 5 a 40 ppb.

Ha detto che i suoi test hanno dimostrato che non c'era scarico di “Cr6” dal suo sistema o impatto sulla qualità dell'acqua delle sorgenti di “Kausi”.

“Halmahera Persada Lygend” ha affermato che gli impatti positivi e negativi dei suoi progetti sono stati valutati in un'analisi di impatto ambientale, che è stata rivista e approvata dal governo.

Ha anche detto che gli uffici ambientali provinciali e distrettuali hanno condotto regolarmente ispezioni in loco per rivedere le operazioni aziendali e prelevare campioni per l'analisi, se necessario.

Il boom dei prezzi del nichel e una "corsa agli armamenti di batteria" hanno visto una corsa allo sviluppo delle miniere, ma ci sono timori che la supervisione normativa non sia riuscita a tenere il passo con il ritmo dello sviluppo.

"Loro [il governo indonesiano] stanno cercando di rimuovere la burocrazia per rendere l'industria più attraente per gli investimenti, ma senza adeguate valutazioni ambientali, potrebbe essere rischioso dato il modo in cui l'industria si sta dirigendo", afferma l'esperto indonesiano di estrazione del nichel “Steven Brown”.

“Matthew Baird”, un avvocato ambientale con sede nel sud-est asiatico, dice a” The Guardian” che ritenere le compagnie minerarie e la catena di approvvigionamento responsabili dell'inquinamento è difficile, specialmente quando potrebbero esserci più fonti per la contaminazione.

"Queste grandi operazioni minerarie si trovano in aree molto inaccessibili e dove operano di fatto come una 'città aziendale' del governo locale", dice.

 "Le compagnie minerarie possono incolpare altri problemi e che tutti possono essere corretti, ma poiché sono lì, c'è una probabilità che stiano contribuendo al problema".

Molti lettori ricorderanno come le “aziende del fracking” amano puntare il dito in diverse direzioni per deviare la colpa da sé stesse per i terremoti, le acque sotterranee inquinate e l'esplosione dell'acqua del rubinetto.

 È lo stesso playbook inventato dall'industria del tabacco.

 "Non puoi provare quale sbuffo di fumo o quale particolare sigaretta abbia causato il tuo cancro ai polmoni, quindi non puoi ritenerci responsabili".

 Se nessuno è responsabile, allora tutto è permesso.

Per coloro che potrebbero essere influenzati da tali smentite, prenditi un momento per guardare le foto del fiume rosso arrugginito che scorre vicino alle operazioni minerarie presenti nell'articolo di “The Guardian” e chiediti se lo berresti o permetteresti ai tuoi figli di nuotarci dentro.

La rivoluzione dei veicoli elettrici.

I produttori investono molto tempo e sforzi per assicurarsi che le aziende che fanno parte della loro catena di approvvigionamento aderiscano ai loro standard ambientali.

 Contattata da “The Guardian”, Mercedes-Benz ha dichiarato di aver preso sul serio le accuse e di aver immediatamente contattato il suo fornitore diretto per chiarire le questioni sollevate, anche se non acquista direttamente nichel.

La produzione è un affare sporco.

 Le fabbriche richiedono la bonifica della terra, l'assemblaggio di ferro, acciaio e cemento, l'energia elettrica per far funzionare tutti i macchinari e spesso migliaia di chilometri di emissioni di trasporto per portare le materie prime alla fabbrica e i prodotti finiti ai consumatori.

Il messaggio per la rivoluzione “EV” è questo:

se cerchiamo di attenerci a uno standard più elevato, dobbiamo tenere anche tutti coloro che sono coinvolti in uno standard più elevato.

 Parliamo spesso di esternalità non tassate che consentono alle compagnie di combustibili fossili di prosperare.

Dobbiamo assicurarci di non chiudere un occhio su simili esternalità non tassate quando si verificano nella produzione di veicoli elettrici.

(Steve Hanley scrive dell'interfaccia tra tecnologia e sostenibilità dalla sua casa in Florida).

 

 

 

 

 

Quando finirà la guerra in Ucraina?

Un anno dopo, proviamo a rispondere.

Euironews.com – Kal Berjikian – (24-2-2023) – ci dice:

 

 I militari ucraini sparano con un carro d'artiglieria francese Cesar calibro 155 mm/52 contro le posizioni russe in prima linea nella regione ucraina orientale del Donbass.

La previsione finale di un esperto, il professor “Andrew Cottey” dell'University College di Cork (Irlanda):

"Un lungo scenario di guerra, descritto come una sorta di conflitto congelato, in cui si avrà un cessate il fuoco o un armistizio, ma il conflitto rimarrà assolutamente irrisolto"

All'inizio dell'invasione su vasta scala dell'Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio 2022, il mondo ha assistito letteralmente sotto shock.

L'aspettativa era questa: le forze russe avrebbero preso d'assalto la capitale ucraina Kiev nel giro di pochi giorni.

Invece, in un anno di guerra, le forze ucraine hanno costantemente (e con successo) respinto le truppe russe.

Ma quelle vittorie sono arrivate a caro prezzo: migliaia di persone sono morte e più di 8 milioni di persone sono fuggite in Europa.

Le tensioni tra Nato e Mosca sono arrivate a livelli da Guerra Fredda.

Quando finirà la guerra in Ucraina?

In questo anno di guerra, la Russia ha, a volte, preso temporaneamente il controllo di vaste aree del territorio ucraino. E le forze ucraine ne hanno recuperato con successo gran parte.

Ma questo avanti-e-indietro potrebbe significare che la guerra "è qui per restare", almeno nell'immediato futuro.

Ne è convinto “Mathieu Droin”, "visiting fellow" presso il “Center for Strategic and International Studies”.

"Possiamo vedere che l'equilibrio di potere della situazione militare è piuttosto in stallo sul campo. Entrambi i Paesi] sono convinti di poter ancora prevalere militarmente".

Scenari ed esiti di guerra.

Andrew Cottey”, professore presso il Dipartimento di governo e politica dell'University College di Cork (Irlanda), ha fornito a Euronews alcuni possibili esiti della guerra.

Il primo

che sarebbe il più ottimistico dal punto di vista di Kiev - è che le forze ucraine si muovano con successo verso Mariupol, sulla costa del Mar Nero, tagliando fuori le forze russe dalla parte meridionale del Paese.

La mossa "metterebbe anche la Crimea a rischio e, quindi, potenzialmente potremmo assistere a un collasso delle forze russe e l'Ucraina potrebbe effettivamente vincere", ha spiegato Cottey.

Un'altra opzione sarebbe una situazione di stallo militare, ad oltranza, per tutto il 2023.

La sua previsione finale è che non ci sarà una vera conclusione.

(Prof. Andrew Cottey -University College - Cork -Irlanda)

L'Ucraina entrerà a far parte della Nato?

Prima dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, Kiev era già un partner attivo della Nato, inviando proprie truppe in Afghanistan durante la missione dell'Alleanza in quel Paese.

Dal febbraio 2022, il rapporto Nato-Kiev si è rapidamente rafforzato.

"Chiaramente il conflitto sta portando l'Ucraina molto più vicino alla Nato, perché l'Alleanza non sta inviando i propri soldati in Ucraina, ma gli Stati membri stanno concedendo all'Ucraina tutti i loro carri armati, veicoli corazzati, sistemi antiaerei e artiglieria, per aiutarla resistere", ha detto a Euronews “Jamie Shea”, ex vice Segretario Generale della Nato.

Guerra in Ucraina: come può la Nato aumentare la produzione di munizioni?

La piena adesione alla Nato garantirebbe all'Ucraina un grado di protezione molto più elevato contro la Russia, cosa che un partenariato, da solo, non permette.

Uno degli aspetti chiave della Nato è il famoso Articolo 5: "Un attacco a uno Stato membro è un attacco a tutti".

Ciò significa che, in caso di attacco a uno Stato membro, tutti gli altri membri della Nato aiuterebbero militarmente a difenderlo.

Tuttavia, la Nato impone anche che i Paesi che desiderano aderire all'Alleanza non possano avere controversie territoriali irrisolte all'interno dei propri confini.

"L'adesione dell'Ucraina è altamente improbabile, finché infuria la guerra", spiega “Mathieu Droin”.

"Ciò significa che finché ci saranno truppe russe sul suolo ucraino, l'adesione dell'Ucraina costringerebbe la Nato e la Russia a confrontarsi direttamente nel paese", aggiunge.

La Nato non può tenere l'Ucraina in una sorta di "sala d'attesa" permanente, dichiarando il proprio "Sì" in linea di principio all'adesione, ma senza mai fissare una data".

I combattimenti potrebbero estendersi ad altri paesi?

Molti nella comunità internazionale temevano che il conflitto potesse estendersi al di fuori dei confini dell'Ucraina.

Ma mentre i combattimenti vanno avanti, quell'idea sembra progressivamente meno probabile, nonostante ciò che “Mathieu Droin” chiama "errori di calcolo", come un missile che ha colpito la Polonia a novembre, causando due vittime.

Perché, ha aggiunto “Droin”, un'escalation in Europa non è nell'interesse di nessuno.

“È giusto dire che nessuno vuole un'escalation.

Per il momento, non è nell'interesse della Russia.

 E non è, ovviamente, nell'interesse della Nato.

Quindi, ci sono linee concordate secondo cui il conflitto dovrebbe rimanere entro i confini dell'Ucraina"

Non è escluso, invece, che potranno essere più "attacchi ibridi" o "attacchi informatici ibridi" al di fuori dell'Ucraina.

Mentre infuria la guerra in Ucraina, per quanto tempo la vicina Moldova può rimanere neutrale?

All'inizio di febbraio, la presidente della Moldova, “Maia Sandu”, ha riferito che il Cremlino stava tramando un potenziale colpo di stato all'interno dei suoi confini.

Un'accusa che Mosca ha negato.

Del resto, a fine novembre 2021 anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky accennò ad un possibile colpo di stato in Ucraina, architettato da Putin.

Poi, due mesi dopo...

Ma la guerra potrebbe allargarsi, secondo il professor” Cottey”, se la Russia usasse davvero armi nucleari in Ucraina.

“Se la Russia dovesse usare armi nucleari, l'Occidente potrebbe essere direttamente coinvolto nella guerra in Ucraina in termini di dispiegamento di militari nel Paese.

 E, ovviamente, questo è uno scenario molto preoccupante.

Ma molti analisti pensano che sia "ragionevolmente improbabile".

Non sarebbe militarmente conveniente per la Russia e avrebbe tutta una serie di conseguenze molto negative per Mosca".

 

 

 

La de-dollarizzazione entra nel vivo.

 Unz.com - PEPE ESCOBAR – (27 APRILE 2023) – ci dice:

 

È ormai accertato che lo status del dollaro USA come valuta di riserva globale si sta erodendo.

Quando i media occidentali corporativi iniziano ad attaccare seriamente la narrativa della de-dollarizzazione del mondo multipolare, sai che il panico a Washington è pienamente iniziato.

I numeri: la quota in dollari delle riserve globali era del 73% nel 2001, del 55% nel 2021 e del 47% nel 2022.

Il punto chiave è che l'anno scorso la quota del dollaro è scivolata 10 volte più velocemente della media degli ultimi due decenni.

Ora non è più inverosimile proiettare una quota globale in dollari di solo il 30% entro la fine del 2024, in coincidenza con le prossime elezioni presidenziali statunitensi.

Il momento decisivo – il vero innesco che ha portato alla caduta dell'egemone – è stato nel febbraio 2022, quando oltre 300 miliardi di dollari in riserve estere russe sono stati "congelati" dall'occidente collettivo, e ogni altro paese del pianeta ha iniziato a temere per le proprie riserve di dollari all'estero.

C'è stato un certo sollievo comico in questa mossa assurda, però:

 l'UE "non riesce a trovarla" la maggior parte.

Ora spunto per alcuni attuali sviluppi essenziali sul fronte del trading.

Oltre il 70% degli accordi commerciali tra Russia e Cina ora utilizza il rublo o lo yuan, secondo il ministro delle finanze russo Anton Siluanov.

Russia e India stanno commerciando petrolio in rupie.

 Meno di quattro settimane fa,” Banco Bocom BBM” è diventata la prima banca latinoamericana a iscriversi come partecipante diretto al “Cross-Border Interbank Payment System” (CIPS), che è l'alternativa cinese al sistema di messaggistica finanziaria guidato dall'occidente, “SWIFT”.

La cinese “CNOOC” e la francese “Total” hanno firmato il loro primo commercio di “GNL in yuan” attraverso lo “Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange”.

L'accordo tra Russia e Bangladesh per “la costruzione della centrale nucleare di Rioppor” aggirerà anche il dollaro USA.

Il primo pagamento di $ 300 milioni sarà in yuan, ma la Russia cercherà di passare i prossimi in rubli.

Il commercio bilaterale della Russia e della Bolivia ora accetta insediamenti in Bolivia.

Questo è estremamente pertinente, considerando che la spinta di “Rosatom” è una parte cruciale dello sviluppo dei depositi di litio in Bolivia.

In particolare, molti di questi scambi coinvolgono paesi BRICS – e oltre.

Almeno 19 nazioni hanno già chiesto di aderire ai BRICS +, la versione estesa della principale istituzione multipolare del 21 ° secolo, i cui membri fondatori sono Brasile, Russia, India e Cina, poi Sud Africa.

 I ministri degli esteri dei cinque paesi inizieranno a discutere le modalità di adesione per i nuovi membri in un prossimo vertice di giugno a Città del Capo.

I BRICS, allo stato attuale, sono già più rilevanti per l'economia globale rispetto al G7.

Gli ultimi dati del FMI rivelano che le cinque nazioni BRICS esistenti contribuiranno per il 32,1% alla crescita globale, rispetto al 7,29% del G9.

Con Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Indonesia e Messico come possibili nuovi membri, è chiaro che i principali attori del Sud del mondo stanno iniziando a concentrarsi sull' “istituzione multilaterale” per eccellenza in grado di distruggere l'egemonia occidentale.

Il presidente russo Vladimir Putin e il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman (Mbps) stanno lavorando in totale sincronia mentre la partnership di Mosca con Riyadh nell'OPEC + si metastatizza in BRICS +, parallelamente all'approfondimento del partenariato strategico Russia-Iran.

 

Mbps ha volontariamente guidato l'Arabia Saudita verso il nuovo trio di potere dell'Eurasia Russia-Iran-Cina (RIC), lontano dagli Stati Uniti.

Il nuovo gioco in Asia occidentale è il BRIICSS in arrivo – che presenta, sorprendentemente, sia l'Iran che l'Arabia Saudita, la cui storica riconciliazione è stata mediata da un altro peso massimo dei BRICS, la Cina.

È importante sottolineare che l'evoluzione del riavvicinamento Iran-Arabia Saudita implica anche una relazione molto più stretta tra il “Consiglio di cooperazione del Golfo” (GCC) nel suo complesso e il partenariato strategico Russia-Cina.

Ciò si tradurrà in ruoli complementari – in termini di connettività commerciale e sistemi di pagamento – per il corridoio internazionale di trasporto nord-sud (INSTC), che collega Russia-Iran-India, e il corridoio economico Cina-Asia centrale-Asia occidentale, un pilastro chiave dell'ambiziosa iniziativa multimiliardaria di Pechino” Belt and Road Initiative” (BRI).

Oggi, solo il Brasile, con il suo presidente “Luiz Inácio Lula Da Silva ingabbiato dagli americani e una politica estera irregolare, corre il rischio di essere relegato dai BRICS allo status di attore secondario.

Oltre BRIICSS.

Il treno della de-dollarizzazione è stato spinto allo status di alta velocità dagli effetti accumulati del caos della catena di approvvigionamento legato al Covid e delle sanzioni occidentali collettive sulla Russia.

Il punto essenziale è questo:

 i BRICS hanno le materie prime e il G7 controlla la finanza.

 Questi ultimi non possono coltivare materie prime, ma i primi possono creare valute, specialmente quando il loro valore è legato a beni tangibili come oro, petrolio, minerali e altre risorse naturali.

Probabilmente il fattore chiave è che i prezzi del petrolio e dell'oro si stanno già spostando verso Russia, Cina e Asia occidentale.

Di conseguenza, la domanda di obbligazioni denominate in dollari sta lentamente ma inesorabilmente crollando.

 Trilioni di dollari USA inizieranno inevitabilmente a tornare a casa, frantumando il potere d'acquisto del dollaro e il suo tasso di cambio.

La caduta di una valuta armata finirà per distruggere l'intera logica dietro la rete globale degli Stati Uniti di 800 + basi militari e i loro bilanci operativi.

Da metà marzo, a Mosca, durante il “Forum economico della Comunità degli Stati Indipendenti” (CSI) – una delle principali organizzazioni intergovernative in Eurasia formata dopo la caduta dell'URSS – un'ulteriore integrazione viene attivamente discussa tra il CSI, l'”Unione economica eurasiatica” (EAEU), l'”Organizzazione per la cooperazione di Shanghai” (SCO) e i BRICS.

Le organizzazioni eurasiatiche che coordinano il contrattacco all'attuale sistema guidato dall'Occidente, che calpesta il diritto internazionale, non è stato per caso uno dei temi chiave del discorso del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov alle Nazioni Unite all'inizio di questa settimana.

Non è nemmeno un caso che quattro stati membri della “CS”I – la Russia e tre "stan" dell'Asia centrale – abbiano fondato la “SCO” insieme alla Cina nel giugno 2001.

 

La combinazione globalista Davos/Great Reset, a tutti gli effetti pratici, ha dichiarato guerra al petrolio subito dopo l'inizio dell'operazione militare speciale russa (SMO) in Ucraina.

Hanno minacciato l'OPEC+ di isolare la Russia – o altro, ma hanno fallito in modo umiliante.

L'OPEC+, effettivamente gestito da Mosca-Riyadh, ora governa il mercato petrolifero globale.

Le élite occidentali sono in preda al panico.

 Soprattutto dopo “la bomba di Lula sul suolo cinese” durante la sua visita con Xi Jinping, quando ha invitato tutto il Sud del mondo a sostituire il dollaro USA con le proprie valute nel commercio internazionale.

Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea (BCE), ha recentemente dichiarato al “Council of Foreign Relations “di New York – il cuore della matrice dell'establishment statunitense – che "le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina potrebbero aumentare l'inflazione del 5% e minacciare il dominio del dollaro e dell'euro".

La svolta monolitica attraverso i media mainstream occidentali è che le economie BRICS che commerciano normalmente con la Russia "creano nuovi problemi per il resto del mondo".

Questa è una totale assurdità: crea solo problemi al dollaro e all'euro.

L' “occidente collettiv”o sta raggiungendo la” Desperation Row” – ora programmata con il sorprendente annuncio di un ticket presidenziale Biden-Harris negli Stati Uniti di nuovo in corsa nel 2024.

Ciò significa che i gestori neo-con dell'amministrazione statunitense raddoppieranno il loro piano per scatenare una guerra industriale contro Russia e Cina entro il 2025.

Il petroyuan vieneth.

E questo ci riporta alla de-dollarizzazione e a ciò che sostituirà la valuta di riserva egemonica del mondo.

 Oggi, il “GCC” rappresenta oltre il 25% delle esportazioni globali di petrolio (l'Arabia Saudita si attesta al 17%).

 Oltre il 25% delle importazioni di petrolio della Cina proviene da Riyadh.

E la Cina, prevedibilmente, è il principale partner commerciale del GCC.

Lo” Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange” è entrato in attività nel marzo 2018.

 Qualsiasi produttore di petrolio, da qualsiasi luogo, può vendere a Shanghai in yuan oggi.

 Ciò significa che l'equilibrio di potere nei mercati petroliferi si sta già spostando dal dollaro USA allo yuan.

Il problema è che la maggior parte dei produttori di petrolio preferisce non tenere grandi scorte di yuan;

 Dopo tutto, tutti sono ancora abituati al petrodollaro.

 Suggerimento per Pechino che collega i futures sul greggio a Shanghai alla conversione dello yuan in oro.

 E tutto questo senza toccare le enormi riserve auree della Cina.

Questo semplice processo avviene tramite scambi di oro istituiti a Shanghai e Hong Kong.

E non a caso, si trova al centro di una nuova valuta per aggirare il dollaro in discussione dall'EAEU.

Il dumping del dollaro ha già un meccanismo:

 sfruttare appieno i futuri contratti petroliferi della “Shanghai Energy Exchange” in yuan.

Questo è il percorso preferito per la fine del petrodollaro.

La proiezione di potenza globale degli Stati Uniti si basa fondamentalmente sul controllo della valuta globale.

Il controllo economico è alla base della dottrina del "Full Spectrum Dominance" del Pentagono.

Eppure ora, anche la proiezione militare è nel caos, con la Russia che mantiene un'avanzata irraggiungibile sui missili ipersonici e Russia-Cina-Iran in grado di schierare una serie di killer di portaerei.

L'Egemone – aggrappato a un cocktail tossico di neoliberismo, demenza sanzionatoria e minacce diffuse – sta sanguinando dall'interno.

La de-dollarizzazione è una risposta inevitabile al collasso del sistema.

In un ambiente” Sun Tzu 2.0”, non c'è da meravigliarsi che la partnership strategica Russia-Cina non mostri alcuna intenzione di interrompere il nemico quando è così impegnato a sconfiggere sé stesso.

 

 

 

 

 

La vendetta dell'impero:

incendiare l'Eurasia meridionale.

Unz.com - PEPE ESCOBAR – (22 APRILE 2023) – ci dice:

 

La dissonanza cognitiva collettiva mostrata dal “branco di iene con facce lucide” che guidano la politica estera degli Stati Uniti non dovrebbe mai essere sottovalutata.

Eppure quegli psicopatici neo-conservatori straussiani sono stati in grado di ottenere un successo tattico.

L'Europa è una nave di pazzi diretti verso Scilla e Cariddi – con quisling come il francese “Le Petit Roi” e il tedesco “Liver Sausage Chancellor” che collaborano alla debacle, con tanto di gallerie che annegano in un vortice di moralismo isterico.

Sono coloro che guidano l'Egemone che stanno distruggendo l'Europa.

Non la Russia.

Ma poi c'è “The Big Picture of The New Great Game 2.0”.

Due analisti russi, con mezzi diversi, hanno elaborato una tabella di marcia sorprendente, abbastanza complementare e abbastanza realistica.

 

Il generale “Andrei Gurulyov”, in pensione, è ora membro della Duma.

Ritiene che la guerra NATO contro Russia sul suolo ucraino finirà solo entro il 2030 – quando l'Ucraina avrebbe sostanzialmente cessato di esistere.

La sua scadenza è il 2027-2030 – qualcosa che nessuno finora ha osato prevedere.

 E "cessare di esistere", secondo “Gurulyov”, significa effettivamente scomparire da qualsiasi mappa.

 Implicita è la conclusione logica dell'”Operazione Militare Speciale” – ribadita più e più volte dal “Cremlino e dal Consiglio di Sicurezza”:

la smilitarizzazione e la denazificazione dell'Ucraina; stato neutrale; nessuna adesione alla NATO; e "indivisibilità della sicurezza", allo stesso modo, per l'Europa e lo spazio post-sovietico.

Quindi, fino a quando non avremo questi fatti sul terreno,” Gurulyov” sta essenzialmente dicendo che il Cremlino e lo Stato Maggiore russo non faranno concessioni.

Nessun "conflitto congelato" imposto dalla “Beltway “o “falso cessate il fuoco”, che tutti sanno non sarà rispettato, proprio come gli “accordi di Minsk” non sono mai stati rispettati.

Eppure Mosca, abbiamo un problema.

Per quanto il Cremlino possa sempre insistere che questa non è una guerra contro i fratelli e i cugini ucraini slavi – il che si traduce in nessun” Shock'n Awe” in stile americano che polverizza tutto ciò che è in vista – il verdetto di” Gurulyov” implica che la distruzione dell'attuale, canceroso e corrotto stato ucraino è un must.

 

Un” sitrep” completo del crocevia cruciale, così com'è, sostiene correttamente che se la Russia è stata in Afghanistan per 10 anni, e in Cecenia, tutti i periodi combinati, per altri 10 anni, l'attuale “SMO” – altrimenti descritto da alcune persone molto potenti a Mosca come una "quasi guerra" – e per di più contro la piena forza della NATO, potrebbe durare altri 7 anni.

Il “sitrep” sostiene anche correttamente che per la Russia l'aspetto cinetico della "quasi guerra" non è nemmeno il più rilevante.

In quella che a tutti gli effetti pratici è una guerra all'ultimo sangue contro il neoliberismo occidentale, ciò che conta davvero è un Grande Risveglio russo – già in vigore:

 "L'obiettivo della Russia è quello di emergere nel 2027-2030 non come un semplice 'vincitore' in piedi sulle rovine di un paese già dimenticato, ma come uno stato che si è riconnesso con il suo arco storico, ha ritrovato sé stessa, ha ristabilito i suoi principi, il suo coraggio nel difendere la sua visione del mondo".

Sì, questa è una guerra di civiltà, come Alexander Dugin ha magistralmente sostenuto.

 E si tratta di una rinascita della civiltà.

Eppure, per gli psicopatici neo-conservatori straussiani, questo è solo un altro racket per far precipitare la Russia nel caos, installare un burattino e rubare le sue risorse naturali.

Fuoco nel buco.

 

L'analisi di “Andrei Bezrukov £integra perfettamente quella di “Gurulyov “(anche, in russo).

“Bezrukov” è un ex colonnello dell'”SVR” (intelligence straniera russa) e ora professore della cattedra di analisi applicata dei problemi internazionali presso “MGIMO” e presidente del “think tank” “Council on Foreign and Defense Policy”.

“Bezrukov” sa che l'Impero non accetterà l'imminente, massiccia umiliazione della NATO in Ucraina.

E anche prima della possibile tempistica 2027-2030 proposta da “Gurulyov”, sostiene, è destinata a incendiare l'Eurasia meridionale – dalla Turchia alla Cina.

Il presidente Xi Jinping, nella sua memorabile visita al Cremlino il mese scorso, ha detto al presidente Putin che il mondo sta subendo cambiamenti "mai visti in 100 anni".

“Bezrukov”, opportunamente, ci ricorda lo stato delle cose allora:

"Negli anni dal 1914 al 1945, il mondo era nello stesso stato intermedio in cui si trova ora.

Quei trent'anni hanno cambiato completamente il mondo:

dagli imperi e dai cavalli all'emergere di due potenze nucleari, l'ONU e il volo transatlantico.

Stiamo entrando in un periodo simile, che questa volta durerà circa vent'anni".

L'Europa, prevedibilmente, "si allontanerà", poiché "non è più il centro assoluto dell'universo".

In mezzo a questa ridistribuzione del potere, “Bezrukov “torna a uno dei punti chiave di un'analisi fondamentale sviluppata nel recente passato da “Andre Gunder Frank”:

 "200-250 anni fa, il 70% della produzione era in Cina e in India.

Stiamo tornando a circa lì, che corrisponderà anche alla dimensione della popolazione".

Quindi non c'è da meravigliarsi che la regione in più rapido sviluppo – che “Bezrukov” caratterizza come "Eurasia meridionale" – possa diventare una "zona a rischio", potenzialmente convertita dall'Egemone in un enorme barile di potere.

Sottolinea come l'Eurasia meridionale sia costellata da confini contrastanti – come in Kashmir, Armenia-Azerbaigian, Tagikistan-Kirghizistan.

 L'egemone è destinato a investire in una fiammata di conflitti militari sui confini contesi e tendenze separatiste (ad esempio in Belucistan).

“Operazioni nere della CIA” a bizzeffe.

La Russia sarà comunque in grado di cavarsela, secondo “Bezrukov”:

"La Russia ha grandi vantaggi, perché siamo il più grande produttore di cibo e fornitore di energia.

E senza energia a basso costo non ci saranno progressi e digitalizzazione.

 Inoltre, siamo il collegamento tra Oriente e Occidente, senza il quale il continente non può vivere, perché il continente deve commerciare.

 E se il Sud brucia, le rotte principali non saranno attraverso gli oceani del Sud, ma del Nord, principalmente via terra".

La sfida più grande per la Russia sarà quella di mantenere la stabilità interna:

"Tutti gli stati si divideranno in due gruppi in questo punto di svolta storico: quelli che possono mantenere la stabilità interna e muoversi ragionevolmente, senza spargimento di sangue nel prossimo ciclo tecnologico – e poi quelli che non sono in grado di farlo, che scivolano fuori strada, che sbocciano una sanguinosa resa dei conti interna come abbiamo avuto cento anni fa.

 Questi ultimi torneranno indietro di dieci o vent'anni, successivamente si leccheranno le ferite e cercheranno di raggiungere tutti gli altri.

Quindi il nostro compito è mantenere la stabilità interna".

Ed è qui che il” Grande Risveglio” accennato da “Gurulyov”, o la Russia che si riconnette con il suo vero “ethos di civiltà”, come direbbe Dugin, giocherà il suo ruolo unificante.

C'è ancora molta strada da fare – e una guerra contro la NATO da vincere.

 Nel frattempo, in altre notizie, gli “Hack di Egemoni “stanno girando che il Nord Atlantico si è trasferito nel sud della Cina.

 Buonanotte, e buona fortuna.

 

 

 

 

PRODUTTORI DI CARNE

NEL PANICO PER LE NOTIZIE

SUL VACCINO MRNA.

Comedonchisciotte.org – Redazione CDC- Dott. Joseph Mercola – (19 Aprile 2023) – ci dice: 

(articles.mercola.com)

LA STORIA IN SINTESI.

I produttori di carne suina utilizzano “vaccini” personalizzati a base di mRNA sulle loro mandrie dal 2018, senza informare il pubblico.

Tutti i “vaccini” personalizzati a base di mRNA non sono stati testati.

Solo la piattaforma di mRNA è stata approvata.

Secondo la “National Cattlemen’s Beef Association”, “non esistono vaccini a base di mRNA attualmente autorizzati per l’uso nei bovini da carne negli Stati Uniti “.

 Tuttavia, un lobbista dell’associazione sostiene di aver “vaccinato due volte” la propria mandria con un “vaccino” a mRNA contro la malattia respiratoria bovina.

L’Università dello Stato dell’Iowa ha iniziato a sperimentare un “vaccino” a mRNA contro il virus respiratorio sinciziale bovino il 1° ottobre 2021.

Il disegno di legge 1169 del Missouri richiede l’etichettatura dei prodotti che possono alterare i suoi geni.

Le lobby della Big Ag si oppongono fermamente.

La scorsa settimana ho riportato la notizia che i produttori di carne suina utilizzano “vaccini” personalizzabili a base di mRNA sulle loro mandrie dal 2018, senza informare il pubblico.

La questione è venuta a galla solo dopo che l’avvocato “Tom Renz” ha iniziato a promuovere una nuova legge nel Missouri (House Bill 1169) che ha contribuito a scrivere che richiederebbe l’etichettatura dei prodotti a base di mRNA.

In un tweet del 1° aprile 2023 (e no, non si trattava di un pesce d’aprile), Renz ha dichiarato:

“BREAKING NEWS: i lobbisti delle associazioni di allevatori di bestiame e di suini in diversi Stati hanno CONFERMATO che utilizzeranno vaccini a base di mRNA nei suini e nelle mucche QUESTO MESE.

DOBBIAMO SOSTENERE LA HB1169 DEL MISSOURI.

È LETTERALMENTE l’UNICA possibilità che abbiamo per impedirlo… NESSUNO conosce gli impatti di questa pratica, ma siamo tutti potenzialmente esposti al rischio di una #morteimprovvisa se non la fermiamo”.

L’agenda transumanista e la sua attenzione per il cibo.

In pochi giorni, i media alternativi si sono occupati di questa storia e “Renz” ha iniziato a fare la sua parte condividendo le prove che dimostrano che il governo degli Stati Uniti sta lavorando all’integrazione dei vaccini negli alimenti da almeno due decenni.

In un’intervista del 2 aprile 2023 con “Naomi Wolf”, Ph.D., Renz ha dichiarato:

“[Bill] Gates, l’OMS [Organizzazione Mondiale della Sanità], una tonnellata di queste università: stanno tutti parlando di includere vaccini a mRNA come parte del cibo.

Modificheranno i geni di questi alimenti per renderli vaccini a mRNA”.

L’industria non vuole che tu sappia cosa sta facendo.

Le pressioni delle” lobby di Big Ag” contro questa proposta di legge che richiede la trasparenza dell’industria su questo importante tema sono state enormi, e uno dei motivi potenziali è che dovrebbero ammettere che ogni tipo di alimento potrebbe essere stato vaccinato con vaccini a mRNA, avere modifiche genetiche o essere modificato per essere utilizzato come vaccino per gli esseri umani.

Questo non solo potrebbe distruggere” Big Ag”, ma avrebbe anche un serio impatto su eventuali tentativi surrettizi di “Big Pharma” di utilizzare l’approvvigionamento alimentare come strumento per distribuire vaccini all’insaputa dei consumatori.

In breve,” Renz” sospetta che l’agenda transumanista dei globalisti venga portata avanti in segreto utilizzando la terapia genica nella produzione alimentare.

Non posso fare a meno di chiedermi se l’industria non si renda conto di come la terapia genica dell’mRNA nel bestiame possa influire sui consumatori, oppure se voglia nascondere il fatto che sta usando la terapia genica perché sa che può influire anche sugli esseri umani.

Globalisti sicofanti come il fondatore del World Economic Forum Klaus Schwab hanno ammesso apertamente di voler alterare l’umanità, sia a livello genetico che attraverso l’incorporazione di intelligenza artificiale e nanotecnologie nel corpo umano.

E, utilizzando il COVID-19 come copertura, sono riusciti a trasformare l’intera popolazione mondiale in cavie per questa pericolosa sperimentazione.

Come sottolineato da “Renz “nell’intervista di “Real America’s Voice” di cui sopra, sappiamo per certo che le iniezioni di mRNA COVID non hanno alcun effetto benefico in termini di prevenzione dell’infezione da COVID.

I “vaccini” a mRNA nel bestiame non sono stati testati.

Se le iniezioni di mRNA COVID non prevengono l’infezione, perché dovremmo pensare che le iniezioni di mRNA per le infezioni virali e batteriche nei suini funzionino meglio?

 Uno degli aspetti più inquietanti dell’utilizzo di “vaccini” a base di mRNA nei suini è il fatto che tutti questi vaccini sono per definizione non testati.

Come spiega “Merck” sul suo sito web, il suo “vaccino suino personalizzato”, “Sequivity”, non è un vaccino.

 

“Sequivity”, non è un vaccino ma, piuttosto, una piattaforma che permette di personalizzare all’infinito i “vaccini a mRNA”.

I vaccini personalizzati a base di mRNA che vengono creati grazie a “Sequivity” non sono assolutamente testati.

 Ecco come funziona:

Un agente patogeno viene raccolto e inviato a un laboratorio diagnostico.

Il gene di interesse viene sequenziato e inviato elettronicamente agli analisti di “Sequivity”.

Una versione sintetica del gene di interesse viene sintetizzata e inserita nella piattaforma di produzione dell’RNA.

Le particelle di RNA rilasciate dalle cellule di produzione incubate vengono raccolte e formulate in un “vaccino” personalizzato.

Come ha osservato “Zoetis”, il più grande produttore di farmaci e vaccini veterinari:

 “Sequivity ha condotto studi di sicurezza ed efficacia basati sulla piattaforma con un primo lotto sperimentale, che probabilmente non è quello richiesto dai clienti per i loro prodotti “.

Qual era il campione iniziale?

L’mRNA contro una malattia batterica avrà lo stesso effetto sugli animali dell’mRNA contro un’infezione virale?

Quali “geni di interesse” vengono scelti?

Se vengono selezionate “le proteine spike”, potrebbero essere patogene come la proteina spike della SARS-CoV-2?

Negli ambienti “CAFO” con elevate popolazioni di animali, le mutazioni non si diffonderanno in quanto i batteri e i virus sono sottoposti a una costante pressione vaccinale “personalizzata” per adattarsi e diventare più pericolosi?

Queste sono solo alcune delle domande che necessitano di una risposta.

In fin dei conti, il fatto che le vaccinazioni a base di mRNA possano essere personalizzate all’infinito senza test di sicurezza dimostra quanto il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e la Food and Drug Administration siano in crisi.

È semplicemente impossibile garantire che le iniezioni di mRNA personalizzate siano sicure.

 Il fatto che la piattaforma stessa funzioni e permetta questa personalizzazione NON dimostra la sicurezza e l’efficacia delle iniezioni preparate.

L’approvazione della piattaforma non dimostra nemmeno che il cibo sia sicuro per il consumo dopo essere stato trattato con l’mRNA.

Latte vaccino usato per immunizzare i topi.

Come riportato dal “Dr. Peter McCullough”, i ricercatori cinesi hanno dimostrato che il cibo può essere trasformato in un vaccino.

“L’approvvigionamento alimentare della nazione può essere manipolato dalle agenzie di salute pubblica per influenzare i risultati della popolazione…

Ora si sta prendendo in considerazione una via di somministrazione orale specifica per la vaccinazione COVID-19 utilizzando l’mRNA nel latte di mucca.

“Zhang e colleghi “hanno dimostrato che un codice mRNA abbreviato di 675 coppie di basi poteva essere caricato in pacchetti di fosfolipidi chiamati mesosomi derivati dal latte e poi, utilizzando lo stesso latte, essere somministrato ai topi.

Il tratto gastrointestinale dei topi ha assorbito gli mesosomi e l’mRNA deve essere arrivato nel flusso sanguigno e nel tessuto linfatico perché nei topi nutriti sono stati prodotti anticorpi contro la proteina SARS-CoV-2 Spike (dominio legante il recettore)

Considerati i danni che i vaccini a base di mRNA hanno generato in termini di lesioni, disabilità e decessi, questi dati sollevano notevoli questioni etiche.

Il progetto COVID degli Stati Uniti ha dimostrato che il 25% degli americani è riuscito a non farsi vaccinare.

Questo tipo di persone si opporrebbe fortemente alla presenza di mRNA nell’alimentazione, in particolare se ciò avvenisse in modo surrettizio o con un’etichettatura/avvertenze minime

Per coloro che hanno assunto uno dei vaccini COVID-19, avere il vaccino del latte come offerta dell’EUA consentirebbe di caricare ancora di più l’organismo con l’mRNA sintetico che si è dimostrato resistente alle “ribonucleasi” e può risiedere in modo permanente nel corpo umano.

Queste osservazioni mi portano a concludere che la tecnologia dell’mRNA è appena entrata in una fase di sviluppo completamente nuova e molto più oscura.

Aspettiamoci ulteriori ricerche e resistenze all’mRNA nella nostra alimentazione.

 I cinesi hanno appena compiuto il primo di quelli che probabilmente saranno molti altri passi pericolosi per il mondo”.

Anche la carne di manzo sarà trattata con l’mRNA?

Al momento, non ci sono prove che indichino che i bovini da carne vengano trattati con “vaccini” a mRNA personalizzabili, né in Europa né negli Stati Uniti.

Anche la “National Cattlemen’s Beef Association “ha smentito la notizia, affermando che “non ci sono vaccini a mRNA attualmente autorizzati per l’uso nei bovini da carne negli Stati Uniti”.

Detto questo, la “Cattlemen’s Association” ha precedentemente confermato l’intenzione di utilizzare vaccini a mRNA nei bovini,) che potrebbero riguardare sia i bovini da latte che quelli da carne.

 Il tempo ci dirà se l’indignazione pubblica fermerà questi piani.

 È chiaro che l’Associazione degli allevatori è preoccupata per le voci che circolano su internet e che indicano che l’mRNA è già in uso.

Il 3 aprile 2023, il commissario del “Dipartimento dell’Agricoltura del Texas”, “Sid Miller”, ha rilasciato una dichiarazione in cui promette di condurre una valutazione dei rischi della tecnologia prima della sua adozione:

“Da quando la notizia dello sviluppo di vaccini a base di mRNA e di trattamenti a base di mRNA per il bestiame è giunta all’attenzione del “Dipartimento dell’Agricoltura del Texas”, abbiamo lavorato per sviluppare una valutazione dei rischi associati a questa tecnologia basata su dati di fatto e scientifici.

La nostra analisi includerà la ricerca clinica, la struttura della legge texana esistente e l’impatto pubblico, economico e produttivo delle diverse politiche che potremmo adottare.

 Il mio obiettivo è quello di garantire che l’agricoltura del Texas rimanga sicura, affidabile, sana e del tutto priva di tecnologie pericolose o non provate.

Personalmente prendo la questione molto seriamente.

Non ci sono idee politiche.

Solo una proposta ben ragionata e ben studiata, basata su un’ampia gamma di input da parte di stakeholder, scienziati, agronomi e altri esperti.

 La “TDA” sta esaminando la questione e condividerà le vostre preoccupazioni. Restate sintonizzati…”

Confusione causata dal lobbista dell’”Associazione degli allevatori di bestiame”.

Ciò che sta causando una notevole confusione sulla questione è una dichiarazione fatta dal lobbista della “National Cattlemen’s Beef Association” Shannon Cooper davanti alla “Camera del Missouri”.

“Cooper” ha detto ai membri della Camera di aver recentemente “vaccinato due volte” la sua mandria con “vaccini che hanno questo mRNA “.

 Secondo “Cooper”, il “vaccino” con mRNA somministrato era per la malattia respiratoria bovina.

Si è confuso?

 Ha forse creduto erroneamente che il vaccino somministrato contenesse mRNA? Oppure la “National Cattlemen’s Beef Association” non è corretta nell’affermare che non esistono vaccini a base di mRNA approvati per i bovini negli Stati Uniti?

Oppure, vengono utilizzati vaccini sperimentali a base di mRNA senza approvazione?

Chi può saperlo a questo punto?

Quello che sappiamo è che si stanno sviluppando “vaccini” a base di mRNA contro le malattie respiratorie dei bovini.

“L’Università dello Stato dell’Iowa” ha iniziato a sperimentare un “vaccino” a base di mRNA contro il virus respiratorio sinciziale dei bovini il 1° ottobre 2021.

 La data di conclusione del progetto è indicata al 30 settembre 2026.

Secondo la presentazione della sperimentazione, i topi sarebbero stati utilizzati per stabilire la prova di concetto.

 Le mucche saranno utilizzate nel secondo anno della sperimentazione. Supponendo che si rispetti la tabella di marcia, ciò significa che le mucche verranno sperimentate alla fine del 2023 e/o nel 2024.

Il bestiame vaccinato con l’mRNA è sicuro da mangiare?

Considerando che le autorità sanitarie insistono sul fatto che le vaccinazioni COVID sono sicure, non c’è da stupirsi che insistano anche sul fatto che non ci sono problemi associati al consumo di carne trattata con mRNA.

Ma possiamo fidarci di loro?

Che ne è delle cellule che ora vengono dirottate dall’istruzione dell’mRNA estraneo per creare nuove proteine?

Queste proteine sono sicure da consumare?

Per quanto tempo le particelle nano-lipidiche si conservano nei tessuti?

Il bestiame, come i suini, viene vaccinato di routine contro diverse malattie e molti di questi vaccini devono essere somministrati in momenti specifici per garantire che non rimangano residui nella carne.

Quindi, quando i suini ricevono queste iniezioni di mRNA personalizzate?

E potrebbero esserci residui di vaccino a base di mRNA nella carne di maiale che acquisti?

I vaccini vengono quasi sempre somministrati nel quarto posteriore dell’animale e, secondo gli sviluppatori di vaccini a mRNA, l’mRNA rimane nel punto di iniezione.

Questa teoria è stata da tempo dimostrata falsa, poiché è stato dimostrato che l’mRNA del vaccino COVID si distribuisce in tutto il corpo umano.

Ma è logico che l’mRNA si concentri maggiormente nel punto di iniezione.

Nel bestiame, questa potrebbe essere una cattiva notizia, visto che i quarti posteriori sono di solito il luogo in cui si trovano i tagli di carne migliori.

Per questo motivo, è importante sapere se l’mRNA è rimasto nell’animale al momento della macellazione.

Al momento non abbiamo modo di saperlo.

Non sappiamo nemmeno quanto tempo esattamente l’mRNA sintetico rivestito di lipidi rimanga nel corpo.

Non sappiamo nemmeno per quanto tempo l’”antigene prodotto dalle cellule dell’animale in risposta a un’iniezione di mRNA personalizzata rimanga nel corpo” e se ingerire quell’antigene possa avere ripercussioni sulla salute umana.

I ricercatori di Stanford hanno scoperto che la proteina spike prodotta in risposta all’iniezione COVID rimane nel corpo umano per almeno 60 giorni e la proteina spike è la causa della maggior parte dei problemi di salute associati al vaccino.

Potrebbe essere lo stesso per i farmaci a base di mRNA utilizzati negli animali?

I maiali possono essere uccisi a partire dalle 6 settimane di vita fino ai 10 mesi, il che non lascia molto tempo all’mRNA e/o all’antigene per essere eliminati.

Un noto portavoce dell’industria difende i vaccini a base di mRNA del bestiame.

A parte le numerose domande aperte, il fatto che siano” i noti portavoce di Big Pharma” a essere citati dai media, assicurandoci che gli animali sottoposti a iniezione di mRNA sono sicuri da mangiare, è un’altra bandiera rossa.

 In questo caso, il “Dr. Kevin Folta” insiste che l’mRNA è innocuo.

“Folta”, professore di orticoltura dell’Università della Florida, è un sostenitore di lunga data degli organismi geneticamente modificati (OGM).

Ha anche sostenuto la sicurezza del glifosato e nel 2015 è stato scoperto a mentire sui suoi legami finanziari con Monsanto.

 Ora si è schierato a favore dell’iniezione di mRNA nel bestiame.

Come riportato dal “Cowboy State Daily”:

 

“I legislatori di Arizona, Idaho e Missouri hanno introdotto una legislazione relativa all’uso di vaccini a base di mRNA negli alimenti. La proposta di legge dell’Arizona limita solo l’etichettatura di questi alimenti come biologici. La proposta di legge dell’Idaho modifica la legge statale per proibire la vendita di questi alimenti a meno che non sia presente un’etichetta che indichi chiaramente la presenza del vaccino nell’alimento.

La proposta di legge del Missouri richiede un’etichetta ben visibile con la dicitura “Prodotto per la terapia genica”.

“Il dottor Kevin Folta” ha dichiarato al “Cowboy State Dail” che l’etichetta “terapia genica” proposta è imprecisa.

Significa che non hanno idea di cosa stiano cercando di regolamentare”, ha detto Folta, “perché non c’è integrazione nel DNA.

 Si tratta di un insieme transitorio di istruzioni, come una chiavetta USB.

Non è un disco rigido” …

L’RNA messaggero è presente in modo naturale come parte del funzionamento delle cellule del corpo.

 L’mRNA è ovunque e non si può vivere senza mRNA”, ha detto Folta…

“Folta” ha affermato che i vaccini non possono entrare nel cibo che le persone mangiano.

L’mRNA è una molecola estremamente instabile.

 Ecco perché funziona.

È molto temporaneo.

Quindi, quando un animale viene macellato o una pianta muore, l’mRNA è la prima cosa che se ne va”, ha detto Folta.”

Molti di voi sapranno esattamente cosa c’è di sbagliato nelle argomentazioni di “Folta”, secondo cui l’mRNA è “ovunque” e quindi innocuo, e che la sua attività è temporanea perché è così instabile.

 L’mRNA negli scatti è sintetico e NON si rompe come fa l’mRNA normale.

“Folta” sta chiaramente ingannando le persone ed è difficile credere che non sia intenzionale, considerando il fatto che chiunque conosca anche solo un minimo la tecnologia di codifica dell’mRNA sa che l’mRNA sintetico è stato progettato per evitare una rapida degradazione ed è ulteriormente stabilizzato dal nano lipide.

 Quindi, le argomentazioni di “Folta” sono nulle fin dall’inizio.

Pensieri finali.

In futuro, sarà estremamente importante rimanere al corrente di ciò che sta accadendo al nostro approvvigionamento alimentare.

 Molti di noi sono rimasti sorpresi nel constatare che le iniezioni di mRNA vengono utilizzate nei suini già da diversi anni.

 Presto anche i bovini potrebbero ricevere queste iniezioni di mRNA personalizzate, che potrebbero interessare sia la carne bovina che i prodotti caseari.

Per il momento, consiglio vivamente di evitare i prodotti a base di carne di maiale.

 Oltre all’incertezza che circonda questi “vaccini” a base di mRNA non testati, la carne di maiale è anche molto ricca di acido linoleico, un grasso omega-6 dannoso che causa malattie croniche.

Speriamo che gli allevatori di bestiame si rendano conto del pericolo che questa tecnologia mRNA rappresenta per i loro profitti e la rifiutino.

In caso contrario, trovare carne e latticini che non siano stati sottoposti a “terapia genetica” potrebbe diventare una vera e propria sfida.

“Will Harris”, di White Oak Pasture a Bluffton in Georgia, è un allevatore che si è già espresso contro i “vaccini” a base di mRNA nel bestiame.

In un tweet del 10 aprile 2023, “White” Oak Pastures ha dichiarato:

 

Si parla della possibilità che gli animali domestici vengano presto vaccinati con l’mRNA.

Vogliamo che i nostri clienti sappiano che non vaccineremo i nostri animali con vaccini a base di mRNA.

Crediamo che ci sia un tempo e un luogo per le vaccinazioni, ma che queste debbano essere usate con parsimonia.

Se il bestiame viene allevato in un ambiente in cui può esprimere i propri istinti naturali, probabilmente non avrà bisogno di molti (o addirittura nessuno) vaccini.

Speriamo di riuscire un giorno ad eliminare tutti i vaccini dalla nostra fattoria – ci siamo vicini, ma non ancora.

Tutti dovrebbero sapere che oltre l’80% degli antibiotici prodotti oggi viene consumato dagli animali domestici…

Sarebbe logico che le aziende produttrici di vaccini, per passare da “molto redditizie” a “oscenamente redditizie”, dovessero conquistare il mercato dell’agricoltura animale.

Non sono sicuro che questo passerà mai per legge, ma, legge o no,” Big Ag” è fortemente influenzata da “Big Pharma”.

Le multinazionali della carne sceglierebbero sicuramente di imporre questo tipo di legge se ci fosse l’opportunità di condividere i profitti.

Per concludere, sappi che:

Non crediamo in un approccio generalizzato e uguale per tutti alla nostra salute o al nostro bestiame.

Non aggiungeremo vaccinazioni al nostro bestiame – ci stiamo muovendo nella direzione opposta sperando di farne meno.

(E ne facciamo già poche).

Se questo verrà adottato e si scatenerà il “panico” per il cibo proveniente da bestiame che non ha ricevuto il vaccino MRNA, sceglieremo di soddisfare la richiesta dei nostri membri e dipendenti più fedeli.

 Se non fai parte di questo gruppo, non possiamo garantirti che avremo un prodotto per te.

Non stiamo certo cercando di diffondere il panico, ma intendiamo informare i nostri clienti su come opereremo in caso di aumento della domanda.

 Abbiamo sbagliato durante la pandemia e non lo faremo di nuovo”.

(Dr. Joseph Mercola - mercola.com)

(Il Dr. Joseph Mercola è un medico osteopata americano convinto sostenitore delle medicine alternative.)

 

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