Hanno torto marcio, ma essendo globalisti molto ricchi hanno sempre ragione.

 

Hanno torto marcio, ma essendo globalisti molto ricchi hanno sempre ragione.

 

 

 

GUERRA CIVILE? NO GRAZIE,

L’ITALIA HA GIÀ DATO, CHE

SI ACCOMODI PURE UN ALTRO PAESE.

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC -  (24 Marzo 2023)  - Belisario -  ci dice:

 

È da tempo ferma opinione di diversi commentatori internazionali che la profondità e l’estensione degli sconvolgimenti (incluse le cd “contraddizioni” della tradizione marxista) in corso nelle società occidentali sono tali da rendere altamente probabile, in un Paese occidentale, uno scontro interno violento tra” Sovranisti” e “Neo Globalisti”.

Il termometro della conflittualità interna indica che i più probabili candidati a tale scontro interno violento sono Stati Uniti, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito.

 Lo scontro – come un laboratorio – ridefinirebbe in ampia misura gli equilibri anche negli altri Paesi, come sempre accaduto nella storia europea:

vedasi rivoluzioni e guerre post rivoluzione francese, le rivoluzioni marxiste in Germania e Ungheria ed i fermenti in altri Paesi post rivoluzione bolscevica, o come la guerra civile spagnola del 1936-39 anticipò gli schieramenti della Seconda Guerra Mondiale.

Ma uno scontro interno violento può degenerare, e lo stato di guerra civile è senza dubbio una delle peggiori disgrazie che un Paese possa affrontare.

1. Dovrebbe essere chiaro: l’Italia, sotto questo profilo, ha già dato!

Non si può dimenticare che siamo entrati nella Prima Guerra Mondiale perché il Parlamento italiano del tempo, a maggioranza neutralista, non ebbe il coraggio di smentire la dichiarata volontà interventista dei Savoia e di aprire un drammatico conflitto istituzionale che sarebbe potuto facilmente degenerare;

 né l’instabilità del contesto politico del 1919-1922, pre marcia su Roma; né, meno che mai, il Fascismo e la guerra civile del 1943-45.

 

Come se tale eredità di instabilità e conflittualità interna non fosse già stata sufficiente, dalla fine degli anni 60 all’inizio degli anni 80 siamo stati il centro europeo della protesta, della guerriglia ed infine del terrorismo d’ispirazione marxista-leninista:

gli arrestati e condannati per terrorismo ad ispirazione marxista-leninista sono stati oltre 4500 (inclusi professionisti, avvocati, manager, professori universitari, etc.)

Gli anni 70 che ha avuto l’Italia, in Europa non li ha avuti nessuno – sembravamo diventati un incrocio tra un Paese europeo ed un Paese latino americano (grazie anche alle favole propinateci sulle alcune “simboliche” realtà latinoamericane – ma sarebbe un altro capitolo).

La foto di Aldo Moro sequestrato dalle BR, con la camicia sbottonata e l’espressione sconsolata, fece il giro del pianeta.

A coronamento della cosiddetta ricchezza del patrimonio (come direbbero i marxisti) di instabilità e conflittualità interna, abbiamo anche vissuto una fase prolungata di scontro violento con la Mafia siciliana che – mentre lo Stato perseguiva la guerriglia ed il terrorismo di estrema sinistra e di estrema destra – era divenuta sempre più potente ed aggressiva.

L’ attentato al giudice Falcone è rimasto nell’immaginario collettivo occidentale.

In sintesi: nell’ultimo secolo, in Italia non ci siamo fatti mancare quasi nulla in tema di instabilità e conflittualità interna!

 Similmente alla Germania, ed alla Spagna, che almeno riuscì a risparmiarsi la Seconda Guerra Mondiale.

Ora, se ci dovrà essere uno scontro interno violento in un Paese occidentale – che ipso facto diventerebbe anche un laboratorio politico per gli altri Paesi – perché dovrebbe toccare a noi?

2. Guardandoci intorno, i candidati più probabili appaiono, senza ombra di dubbio, Stati Uniti e Francia.

Gli Stati Uniti rischiano enormemente in occasione della campagna elettorale e delle elezioni presidenziali dell’autunno del 2024.

 Nel suo ultimo discorso pubblico – boicottato e censurato, parzialmente dai media USA e quasi totalmente dai media europei – Donald Trump è giunto ad affermare molto chiaramente che le responsabilità primarie dell’attuale contesto internazionale non sono né della Russia e né della Cina, ma principalmente del Partito Democratico e della Presidenza Biden, fautori dell’immigrazione incontrollata e delle “endless and stupid wars”.

Il candidato alternativo repubblicano” Ron De Santis”, dopo aver espresso dubbi circa l’effettiva priorità dell’Ucraina per gli interessi USA, a fronte dei rabbiosi attacchi dal “fronte Dem” si è subito affrettato a correggere il tiro, rendendosi così molto più appetibile come avversario per i” Dem USA”, ed isolando Donald Trump.

Lo scontro tra Trumpiani e la” lobby Neo Global” che “controlla il Partito Democratico” è ormai al punto massimo, senza ritorno.

 

È ormai evidente che nonostante l’evidente sfinimento dell’Ucraina, la lobby “Neo Global USA” al comando della “Presidenza Biden, della Nato e della Commissione UE” non ha alcuna intenzione di tollerare né l’apertura di negoziati di pace tra Russia e Ucraina, né la vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni.

La ridicola provocazione del mandato di cattura nei confronti del Presidente Putin da parte della Corte Penale Internazionale – sistematicamente boicottata dagli Stati Uniti fin dallo Statuto di Roma del luglio 1998, ed infatti impotente di fronte allo sterminio di centinaia di migliaia di civili nella seconda guerra in Iraq (2003-2006), incluse le torture nel carcere di Abu Ghraib – e la probabile incriminazione su basi giuridicamente assurde di Donald Trump rappresentano segnali evidenti.

È francamente dubbio quale sarebbe la reazione del Partito Democratico e delle formazioni collegate – come i “Black Lives Matter” – all’elezione di Donald Trump, ed altrettanto quale sarebbe la reazione di gran parte del popolo trumpiano in caso di estromissione della candidatura di Trump o di nuovi dubbi sulla regolarità delle elezioni presidenziali USA.

Uno scontro interno violento negli Stati Uniti avrebbe conseguenze molto pesanti sugli equilibri interni degli altri Paesi occidentali.

Per fare solo un esempio, dopo il Watergate e le dimissioni del Presidente Nixon (1974), la sinistra italiana si ritenne autorizzata ad aprire una campagna diffamatoria violentissima, martellante e senza esclusioni di colpi (consorte inclusa) nei confronti dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, che finì – come Nixon – per dare le dimissioni (1978) che aprirono la strada all’elezione del Presidente (compagno) Sandro Pertini – nonostante notori episodi oscuri di cui fu sospettato alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quale l’ordine di fucilare le star del cinema italiano Osvaldo Valenti e Luisa Fervida (inoltre incinta), colpevoli di nulla.

Pochi anni dopo, fu confermata la totale estraneità del Presidente Leone a qualunque addebito di corruzione, con tanto di scuse – ma pazienza!

Nessun Paese occidentale sarebbe immune da conseguenze e colpi di coda sul piano interno, e meno che mai l’Italia, specie considerando la fortissima presenza della” lobby Neo Global” nei media del nostro Paese.

L’ascesa della Schlein nel PD, preparata da una campagna mediatica martellante, certifica la forte presenza della” lobby Neo Global” nel nostro Paese, lobby che mai e poi mai si sottrarrà alle scelte ed ai diktat della casa madre statunitense, qualunque siano.

Diverso è caso della Francia.

Da un lato, la Francia è un Paese confinante, con una consistente comunità italo-francese, una rilevante presenza economica diretta in Italia e soprattutto una profonda influenza sul PD ed una presenza indiretta in buona parte dei media italiani (Repubblica, La Stampa e Corriere della Sera in testa).

Le conseguenze più probabili di uno scontro interno francese sarebbero nella spinta alla radicalizzazione della sinistra italiana;

per quanto rilevanti, sarebbero molto meno estese e meno trasversali di quelle potenzialmente insite nel caso americano.

Intorno alla Francia, infatti, non sarebbe difficile per l’Italia stendere il classico cordone sanitario, ed ugualmente per la Spagna.

 La credibilità della Francia è infatti da molto tempo in crisi anche per noi vicini latini:

 la Francia rappresenta solo sé stessa, nonostante gli sforzi del PD per presentarla come una sorta di “sorella maggiore” (il cocktail micidiale di immigrazione incontrollata e sussidi a pioggia, una vera e propria autostrada verso l’impoverimento generalizzato).

3. Morale, o bottom line:

 anche l’Italia è in crisi, come tutti i Paesi occidentali, ma la conflittualità interna in Stati Uniti e Francia, ed anche in Paesi Bassi e Regno Unito, è chiaramente molto più alta di quella italiana.

È una grossa novità: per un intero secolo, l’Italia era sempre stata in prima linea, a mo’ di laboratorio politico per l’intero continente.

Ciò nonostante, nelle composite frange dei diversi circoli anti sistema italiani, le proteste francesi vengono spesso commentate con una sorta di malcelata gelosia:

“Eh…i Francesi, loro sì che si ribellano”…”Eh, quando il popolo si sveglia…”, “In Italia si dorme…”

Come sempre, su tali posizioni è evidente l’impatto non solo delle ideologie marxiste e post marxiste, ma anche della lettura distorta e squilibrata della storia nella versione dei vincitori, in questo caso della Rivoluzione Francese – la lettura che specialmente in Francia viene rifilata proprio a tutti, fin dalle scuole elementari:

 il mito del popolo che insorge, della presa della Bastiglia, il collante numero uno dell’identità nazionale francese, insieme alla baguette sotto l’ascella.

Si dimentica che dopo la ghigliottina di massa del pur semi parassitario ceto nobiliare, la popolazione francese, specie rurale, continuò a soffrire povertà e fame;

si dimentica l’introduzione della novità della coscrizione militare obbligatoria di massa – quelle Liberation! –

e l’invio di milioni di contadini francesi a farsi sbudellare nelle guerre napoleoniche aggressive in Spagna, Paesi Bassi, Germania, Italia e perfino in Russia……

Per non parlare dell’infinita violenza e degli stermini indiscriminati, da una parte e dall’altra, della Guerra Civile Spagnola del 1936-1939, il laboratorio degli schieramenti che solo qualche mese dopo portarono alla Seconda Guerra Mondiale…

Eh sì, fare da laboratorio politico degli sconvolgimenti – incluse le cd “contraddizioni” della tradizione marxista – in corso nelle società occidentali, avrebbe un costo enorme!

 Il Paese nel quale equilibri e mediazioni saltano, è quello che paga per tutti!

Per la prima volta in oltre un secolo, l’Italia non è in prima linea! Ogni tanto, una buona notizia!

Prosit! Avanti un altro! Che si accomodi pure!

(Belisario)

 

 

 

 

 

La Lettera Virale: “Cari Bambini

di Gaza, Mi Dispiace”

Conoscenzealconfine.it – (30 Gennaio 2024) - Redazione Newsacademy – ci dice:

 

“Potreste chiedere al mondo perché c’è stata una rapida azione quando erano a rischio le rotte commerciali e gli interessi economici, ma un assordante silenzio quando sono stati uccisi 10.000 bambini”, ha scritto la parlamentare britannica “Naz Shah”.

“Il mondo potrebbe non gradire le vostre domande, ma meritate le risposte.”

 In un video virale pubblicato venerdì scorso, la deputata britannica “Naz Shah”, del Partito Laburista, ha chiesto scusa a circa un milione di bambini di Gaza a nome dei leader mondiali che, nonostante la trasmissione in diretta da parte dei giornalisti palestinesi dell’attacco di Israele all’enclave e la constatazione della corte di giustizia internazionale che Israele sta plausibilmente commettendo atti genocidi, rifiutano di vedere l’impatto che il bombardamento sta avendo sui civili, compresi i suoi residenti più giovani.

Nel video (newsacademy.it/storia-e-cultura/2024/01/29/la-lettera-virale-cari-bambini-di-gaza-mi-dispiace/),” Shah” scrive una lettera indirizzata ai “bambini di Gaza”, insieme a immagini di bambini curati negli ospedali, sepolti sotto le macerie e che vivono nei rifugi da quando Israele ha iniziato il bombardamento in risposta all’attacco di Hamas dell’7 ottobre.

Si vedono anche bambini radunati in un parco giochi prima degli attacchi aerei e terrestri che finora hanno ucciso più di 13.000 bambini.

“Sappiamo dei vostri sogni e aspirazioni, di imparare, viaggiare, visitare le vostre spiagge con acqua cristallina o giocare nei parchi con altalene e scivoli”, ha scritto “Shah”.

“Diventare astronauti, insegnanti e medici. E ogni giorno vediamo come quei sogni non esistano più.”

“Potreste chiedere al mondo: ‘Dove erano questi valori internazionali di libertà, giustizia ed eguaglianza quando il mondo non è riuscito nemmeno a proteggere il diritto alla vita di un bambino palestinese?’ “, ha aggiunto.

 

La lettera è stata pubblicata lo stesso giorno in cui” la Corte Internazionale di Giustizia” (ICJ) ha emesso una sentenza preliminare nel caso del Sudafrica contro Israele, in cui il paese ha sostenuto che funzionari e ufficiali militari israeliani hanno commesso atti genocidi a Gaza.

L’ICJ ha stabilito che il caso del Sudafrica era plausibile e ha ordinato a Israele di “adottare tutte le misure in suo potere” per adempiere agli obblighi previsti dall’Articolo II della Convenzione sul Genocidio.

Sabato, il Ministero della Salute a Gaza ha riportato che ci sono stati 174 morti nell’enclave nelle precedenti 24 ore.

Si prevede che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà mercoledì per discutere della sentenza dell’ICJ su richiesta del governo algerino, che ha dichiarato che darà un “effetto vincolante” al pronunciamento della” Corte Internazionale di Giustizia” sulle misure provvisorie imposte all’occupazione israeliana.

“Al Jazeera” ha riferito che, secondo fonti diplomatiche, i funzionari algerini probabilmente chiederanno un immediato cessate il fuoco.

Georgios Petropoulos, direttore dell’”Ufficio per gli Affari Umanitari” dell’ONU a Gaza, ha dichiarato che quasi l’intera popolazione – 2,2 milioni di persone – è ora a rischio di fame e l’agenzia può soddisfare solo un terzo delle esigenze di acqua potabile dei gazawi.

“La sentenza dell’ICJ”, ha detto “Shah”, potrebbe dare “speranza ai bambini di Gaza. Ma senza un immediato cessate il fuoco, li deluderemo.”

La lettera virale del parlamentare è stata pubblicata quasi tre mesi dopo che circa 20 bambini hanno tenuto una conferenza stampa fuori dall’”Ospedale Al-Shifa” nella città di Gaza, chiedendo ai leader mondiali di proteggerli.

Ora, ha detto “Shah”, rivolgendosi ai bambini di Gaza, “potreste chiedere al mondo perché c’è stata una rapida azione quando erano a rischio le rotte commerciali e gli interessi economici, ma un assordante silenzio quando sono stati uccisi 10.000 bambini, quando i cuori delle vostre madri erano lacerati e i vostri padri si aggrappavano e baciavano i vostri corpi senza vita d’addio… Il mondo potrebbe non gradire le vostre domande, ma meritate le risposte.”

“Il mondo vede la vostra innocenza e la vostra bravura, la vostra sofferenza e la vostra resistenza, e nonostante l’orrore, continuate comunque, con il mondo sulle spalle”, ha continuato” Shah”.

“Mentre noi alzavamo le voci, riempivamo le strade e chiedevamo una fine, ma non è stato sufficiente.

Quando il mondo doveva essere la vostra ispirazione, voi siete diventati la nostra.

Mi dispiace. “

(Redazione” News academy”)

(newsacademy.it/storia-e-cultura/2024/01/29/la-lettera-virale-cari-bambini-di-gaza-mi-dispiace/).

Nei Terreni Europei e Usa Stanno

 Sperimentando Nuovi Pesticidi

Genetici (Quasi in Segreto)

 

 Conoscenzealconfine.it – (29 Gennaio 2024) -  Francesca Biagioli – ci dice:

 

Aziende biotecnologiche, in primis l’americana “Green Light Bio-sciences£, stanno testando pesticidi genetici basati sulla RNA-interferenza (RNAi) sia negli Stati Uniti che in Europa.

Al centro delle sperimentazioni sarebbe la Francia e a lanciare l’allarme è la “ONG Pollinis”.

Negli Stati Uniti ma anche in Europa, in particolare in Francia, aziende biotecnologiche stanno sperimentando, quasi in segreto, nuovi pesticidi genetici basati sulla RNA interferenza (RNAi).

 È quanto denuncia la “ONG francese Pollini”s che lancia l’allarme e una petizione per fermare queste attività, evitando le terribili conseguenze di tali esperimenti su api e impollinatori, oltre che più in generale sull’ambiente (e sulla salute delle persone… ).

 

La “Green Light Bio-sciences”, un’azienda nordamericana specializzata in biotecnologie, è una delle tre società coinvolte nei test sui nuovi pesticidi in campo aperto e ha dichiarato ufficialmente le sperimentazioni già nel 2022, includendo come luoghi dei suoi test Paesi come gli Stati Uniti, la Germania, la Spagna e la Francia.

Tuttavia, secondo le indagini della “ONG Pollinis”, le prove in Francia si sono svolte senza adeguata trasparenza e senza che l’Agenzia ambientale francese (Anses) fosse pienamente informata su luogo e date di tali sperimentazioni, il che ovviamente solleva preoccupazioni sulla mancanza di valutazione del rischio associata ai test e l’assenza di studi approfonditi sulle potenziali conseguenze ambientali di questi nuovi pesticidi.

 La” Pollinis” ha sottolineato che la Francia sembra essere diventata il campo da gioco per le aziende agro-genetiche, mettendo in evidenza la mancanza di controllo.

L’Agenzia sanitaria francese (Anses) ha confermato di aver registrato tre dichiarazioni di avvio di prove con pesticidi RNAi (1 su colza e 2 su patate), sottolineando che queste sperimentazioni sono state condotte “sotto il regime di deroga al permesso di sperimentazione, quindi senza documentazione presso l’Anses”.

La” Pollinis” ha sollevato ulteriori preoccupazioni riguardo agli effetti “fuori bersaglio” di questi pesticidi, sottolineando che possono influenzare negativamente gli impollinatori e altri ausiliari delle colture. La somiglianza tra i patrimoni genetici degli insetti essenziali per gli ecosistemi e quelli dei parassiti bersaglio potrebbe infatti portare a conseguenze impreviste.

 

La “Green Light Bio-sciences “non è l’unica azienda coinvolta ma vi sono anche “BASF” e “Syngenta”, anch’esse impegnate nei test sui pesticidi RNAi su terra francese.

La deroga alle norme Ue ha consentito a queste aziende di condurre le prove in campo aperto, presentando solo una semplice comunicazione e non, come sarebbe stato dovuto, una valutazione del rischio preventiva.

Ma l’associazione francese avverte:

i pesticidi RNAi sono una nuova minaccia e per utilizzarli si sacrificano gli insetti impollinatori. 

Questi nuovi pesticidi, presentati come alternative sostenibili alla chimica sintetica, sembrano in realtà riprodurre gli stessi rischi (o peggio?) per gli impollinatori delle varianti di fitofarmaci più tradizionali.

Come Funzionano i Pesticidi RNAi

Dopo l’era dei pesticidi chimici, le aziende agrochimiche stanno sfruttando la genetica per affrontare gli insetti che rovinano le colture.

 I pesticidi RNAi, progettati per bloccare l’espressione genica negli insetti dannosi, seguono un approccio simile a quello dei loro predecessori chimici, ma utilizzano la manipolazione genetica per raggiungere il loro obiettivo.

 

La “Dorifora”, uno degli insetti bersaglio di questi pesticidi, rappresenta un caso emblematico.

 Questo coleottero dannoso per le coltivazioni è noto per la sua adattabilità e resistenza agli insetticidi chimici.

 Le aziende agrochimiche si stanno orientando allora verso i pesticidi RNAi, sperando che questi possano offrire soluzioni più efficaci.

L’RNA-interferenza è un meccanismo che impedisce la sintesi delle proteine negli organismi viventi.

Nel caso dei pesticidi RNAi, questo meccanismo è sfruttato per bloccare l’espressione genica negli insetti, causandone la morte.

Tuttavia, questa azione mirata può avere comunque effetti “fuori bersaglio” e influenzare anche gli impollinatori e altri organismi utili per gli ecosistemi.

La “Pollinis” ha giustamente richiesto una valutazione completa dei rischi per api, impollinatori selvatici, biodiversità ed ecosistemi da parte di un’agenzia indipendente.

La Petizione.

Pollinis” lancia un appello ad unirsi alla petizione, già sottoscritta da oltre 75mila cittadini, per sollecitare l’attuazione del principio di precauzione in Europa e una sospensione immediata dei procedimenti in corso e delle richieste di autorizzazione.

In aggiunta, l’associazione insiste per una valutazione completa dei rischi.

(Francesca Biagioli)

(greenme.it/ambiente/nuovi-pesticidi-genetici-sperimentati-in-campo-aperto-e-quasi-in-segreto-lallarme-di-unong-in-francia).

 

Il piano dell’UE contro Orban:

il terrorismo finanziario di Bruxelles.

 Lacrunadellago.net – (30/01/2024) - Cesare Sacchetti – ci dice:

 

Un articolo uscito ieri in prima pagina del quotidiano principe dell’anglosfera, il “Financial Times,” firmato da tre nomi, quelli di “Henry Foy”, “Andy Bounds” e “Martin Donai”, rivela un piano dell’Unione europea contro l’Ungheria.

È noto che da diversi mesi a questa parte Budapest abbia mostrato una certa riluttanza a sostenere gli aiuti al regime nazista ucraino che ormai si trova quasi esclusivamente dipendente da Bruxelles, visto che gli Stati Uniti ormai sembrano essersi fatti da parte anche sotto il lato economico dopo non aver voluto avere alcun coinvolgimento militare attivo nella guerra contro la Russia.

Il venir meno della sponda europea di quella che un tempo era l’alleanza Euro-Atlantica accelererebbe ancora di più il declino di Zelensky che negli ultimi mesi si trova a dover far fronte ad una crescente fronda di malcontento interno che è penetrata anche nel cuore delle forze armate.

E’ questa con ogni probabilità la motivazione che ha spinto il presidente ucraino a rimuovere dal comando il popolare generale “Zaluzhny” che viene descritto come alquanto contrariato della strategia militare suicida di Kiev che consiste sostanzialmente nel mandare al macello il numero più alto di uomini possibile senza avere alcuna speranza di sovvertire le sorti del conflitto.

I numeri sono impressionanti e si parla di perdite superiori alle 300mila unità senza contare tutti i mercenari dei vari Paesi Occidentali che sono stati eliminati dalla Russia nel corso degli ultimi due anni.

Bruxelles è l’ultima flebile spiaggia di Kiev anche se questa non è in grado di sostenere da sola questo decadente regime, ma questo non sembra aver dissuaso qualche irriducibile eurocrate dal voler comunque inviare aiuti finanziari all’Ucraina.

La guerra finanziaria dell’UE all’Ungheria.

Ecco dunque che nelle stanze della Commissione, rivela il” FT”, sarebbe stato approntato un piano di attacco, visionato dal quotidiano anglosassone, qualora Orban questa settimana decida di proseguire il suo ostruzionismo nei confronti del finanziamento a Kiev.

A quanto riferisce il “Financial Times”, il piano consisterebbe sostanzialmente nella chiusura dei finanziamenti europei all’Ungheria, i cosiddetti fondi strutturali, per poi passare ad una sorta di guerra valutaria che avrebbe come scopo principale quello di provocare una svalutazione del fiorino ungherese sui mercati per colpire la crescita dei salari e il finanziamento del debito pubblico.

Se si prende in considerazione uno scenario di una guerra valutaria di questo tipo con massicci attacchi speculativi al fiorino ungherese, si potrebbe assistere a scenari che ricordano quelli del 1992 quando il famigerato squalo della finanza anglosassone, “George Soros”, attraverso il suo” fondo di investimenti Quantum Fund” scommetteva pesantemente contro la lira, sostenuto dall’ineffabile e non rimpianto governatore della banca d’Italia e presidente della Repubblica, “Carlo Azeglio Ciampi”, che piuttosto che liberare l’Italia dalla morsa dello “SME”, l’antenato dell’euro, si impegnava in una scellerata difesa del cambio fisso con il marco tedesco svuotando le riserve in valuta estera di palazzo Koch a tutto beneficio degli speculatori come “Soros”.

Le condizioni però allora erano alquanto diverse poiché la lira appunto era legata ad un sistema di cambi fissi mentre il fiorino ungherese non deve difendere alcuna parità con un’altra moneta di riferimento e il contraccolpo principale per esso sarebbe quello di rendere più costose le importazioni aumentando però al tempo stesso la competitività delle merci magiare rese più economiche dal cambio svalutato.

L’Ungheria per le sue importazioni dipende principalmente da 5 Paesi, Germania in testa dalla quale compra macchinari industriali ed elettrici, seguita da Austria, Cina, Slovacchia e Russia, dalla quale Budapest compra invece gas e petrolio.

Se Bruxelles decide dunque di scatenare una guerra economica all’Ungheria, a pagare il conto sarebbe anche la Germania poiché Orban potrebbe iniziare a guardare altrove per comprare le merci di cui ha bisogno, soprattutto Cina e Russia, aggravando così la già profonda crisi economica della Germania, affetta da una galoppante deindustrializzazione dovuta anche al fatto di non riuscire più a sfruttare i vantaggi artificiali che la moneta unica offriva a Berlino.

L’Ungheria in questo caso potrebbe guardarsi attorno come si accennava prima e rinsaldare ancora di più i rapporti economici con i Paesi che orbitano nell’area dei BRICS.

Il danno principale che deriverebbe da una simile strategia sarebbe quello della perdita dei fondi strutturali dell’UE se si considera che solamente nel 2021 l’Ungheria ha versato a Bruxelles 1,7 miliardi di euro per riceverne in cambio 6, con un attivo per i magiari di 4,3 miliardi di euro mentre l’Italia, dal canto suo, si trova in condizioni diametralmente opposte quando negli ultimi 20 anni si trova a dover affrontare un passivo nei confronti di Bruxelles superiore ai 70 miliardi di euro.

Il piano dell’UE era quello di estendere i suoi confini e per rendere più attrattive le prospettive di un ingresso nell’Unione ai Paesi dell’Est Europa sono stati versati ingenti fondi dai contribuenti attivi dell’UE, tra i quali appunto c’è anche l’Italia.

Quello che però non hanno considerato dalle parti della Commissione europea è che a Budapest potesse esserci un primo ministro che mettesse al primo posto gli interessi del Paese senza affatto aderire all’agenda immigrazionista dei confini aperti voluta dall’UE né tantomeno rinunciare alla forte identità cattolica dell’Ungheria per passare al modello liberale e sorosiano della “società aperta”.

Anche nel caso della politica estera, Budapest ha seguito una linea più neutrale sul conflitto ucraino e non ha dato alcun sostegno attivo a Kiev né ha attuato le sanzioni economiche contro la Russia sul petrolio e sul gas.

Orban ha una politica estera alquanto abile che prevede che l’Ungheria non si schieri nettamente con il blocco Euro-Atlantico per lasciare aperta la porta ai legami con la Russia, Paese fondamentale per l’economia ungherese, soprattutto per l’approvvigionamento di gas e petrolio.

Esiste poi anche una chiara affinità culturale tra Orban e Putin entrambi accomunati dalla loro opposizione all’ingerenza di Soros nei rispettivi Paesi che hanno preso la comune decisione di mettere al bando le ONG dello speculatore finanziario che ha orchestrato il numero più alto di rivoluzioni colorate e colpi di Stato in giro per il mondo negli ultimi 30 anni.

Se Bruxelles va contro Budapest fa harakiri.

Se non si raggiunge un’intesa sull’approvazione del bilancio UE, e se Bruxelles decide di lanciare un simile piano le conseguenze per l’Unione sarebbero simili a quelle di un harakiri.

L’Unione si trova già isolata sullo scenario internazionale e abbandonata dalla sua tradizionale sponda atlantica di Washington che l’ha finanziata ed etero – diretta sin dai primi anni della sua creazione negli anni 50 quando i presidenti americani approvavano il finanziamento della futura UE.

L’idea era quella di creare un blocco unico europeo per consentire alla Casa Bianca di controllare meglio il continente europeo ridotto al vassallaggio politico e alla mercé del governo parallelo americano costituito dalla “lobby sionista”, dal “Council on Foreign Relations” finanziato dai “Rockefeller” e un’altra estesa rete di circoli globalisti.

Se si lancia una guerra economica all’Ungheria si preme il bottone nucleare sulla già fragile Unione europea poiché Budapest messa alle strette potrebbe decidere a sua volta di preparare un piano di uscita dall’UE e iniziare a sondare il terreno per un ingresso nei” BRICS”.

Ciò scatenerebbe una reazione a catena che probabilmente coinvolgerebbe gli altri Paesi del “blocco di Visegrad “che una volta visto l’eventuale allontanamento dell’Ungheria da Bruxelles potrebbero decidere di seguire la stessa linea.

 

Non è chiaro se si giungerà ad un accordo tra le parti. Nelle ultime ore l’Ungheria ha fatto sapere attraverso il suo ministro degli affari europei, “János Bóka”, che non ha alcuna intenzione di cedere al ricatto dell’eurocrazia.

Se si arriverà al muro contro muro, e la “Commissione deciderà di attuare la sua guerra economica contro Budapest”, non farebbe altro che creare le condizioni ideali per una completa disgregazione dell’UE.

Bruxelles in questo momento è sola e non è più in grado di lanciare la strategia del terrorismo finanziario già attuata contro Italia e Grecia nel biennio 2011-2013.

È una fase storica molto diversa poiché in quel frangente l’Unione era ancora sostenuta pienamente dall’anglosfera e dall’amministrazione Obama a differenza di quello che è adesso, considerato il vuoto governativo che c’è a Washington con l’amministrazione Biden che ad oggi ancora non ha spostato i fondamentali della politica estera di Trump, notoriamente ostile all’UE e alle organizzazioni di natura globalista.

 

È una situazione quella dell’UE appesa ad un filo dal momento che il mondo multipolare che sta sorgendo si rafforza sempre di più e i Paesi europei come la Francia perdono tutta la loro influenza coloniale ancora di più colpita dall’uscita di Burkina Faso, Mali e Niger dalla comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale.

Se i falchi dell’eurocrazia proveranno ad attuare il terrorismo economico contro Orban il conto da pagare non potrebbe essere alto solamente per l’Ungheria, che comunque può trovare altre soluzioni, ma soprattutto per la stessa UE.

Stavolta non è il 2011 dell’Italia e della Grecia come si diceva in precedenza.

Stavolta è il 2024 e l’Unione europea rischia di aggravare ancora di più la sua crisi e di accelerare il declino che potrebbe portare alla sua prossima fine.

Se il futuro appartiene al mondo multipolare e al “ritorno degli Stati nazionali”, l’idea stessa alla base dell’UE della cessione di sovranità è superata.

Bruxelles si trova nelle condizioni di un cadavere geopolitico già condannato dalla storia.

 

 

Le menzogne dei sedicenti

“revisori dei fatti” sulla

 menorah a Montecitorio.

   Lacrunadellago.net – (28/01/2024) – Cesare Sacchetti – ci dice:

 

Qualche giorno fa, sul nostro canale Telegram ci era capitato di fare una semplice quanto ovvia costatazione.

Ad oggi, coloro che producono il maggior numero di notizie false sono i cosiddetti “fact-checker” , termine di derivazione anglosassone per identificare coloro che pretendono di essere i revisori ufficiali delle notizie che vengono giudicate vere o false.

Non è la prima volta che ci occupiamo di loro, in quanto questa rete di siti, finanziati spesso dall’ineffabile George Soros e dall’Unione europea, hanno già provato ad attaccarci accusandoci di aver pubblicato notizie non vere, quando in realtà sono loro stessi che si sono macchiati di questa colpa.

Oggi vorremmo dare un esempio pratico di come costoro mentano e l’occasione ci viene proprio dalla “testata Open”, già diretta da” Enrico Mentana” e ora passata sotto l’ala di “Franco Bechis”, che ci ha chiamato in causa accusandoci di aver pubblicato una notizia non vera riguardo alla presenza del candelabro ebraico, la nota “menorah”, sul selciato di piazza Montecitorio, di fronte al Parlamento italiano.

 

È sufficiente vedere dall’alto la pavimentazione di fronte a Montecitorio.

Open” afferma che quella non sarebbe una menorah, ma piuttosto una meridiana augustea che sarebbe stata ricreata dalla ristrutturazione eseguita nel 1998 dall’architetto Franco Zagari al quale l’allora presidente della Camera, Violante, affidò il compito di dirigere i lavori di restauro.

Su quel selciato prima degli anni 90 non c’era nulla come riconosce la stessa” Open” che mostra un’immagine di archivio di Montecitorio della fine dell’800 dove si può chiaramente vedere la pavimentazione libera da qualsiasi disegno.

Basta vedere la foto di Piazza Montecitorio alla fine dell’800.

Ora probabilmente a Open non hanno mai visto una meridiana augustea o forse sì ma è più conveniente per costoro fare finta di nulla.

La meridiana augustea non è altro che un orologio solare costituito da una linea verticale attraversata a sua volta da linee orizzontali.

Qui sotto proponiamo un esempio per vedere la vera forma della meridiana augustea.

La meridiana di Santa Maria degli Angeli a Roma.

Se mettiamo a confronto questi disegni con quello che è presente a Montecitorio vediamo che in nessun modo la pavimentazione antistante il Parlamento assomiglia, nemmeno lontanamente, ad una meridiana di augustea memoria.

In questo caso siamo di fronte ad una linea verticale dalla quale promanano quelli che sono chiaramente tre bracci sul lato destro che si estendono fino a raggiungere la facciata di Montecitorio, e tre bracci sul lato sinistro che a loro volta si fermano di fronte al Parlamento.

Se mettiamo a confronto questo disegno con quello della classica menorah a sette braccia, vediamo chiaramente che la ristrutturazione della pavimentazione è stata pensata espressamente non per disegnare una meridiana, che in nessun modo è visibile sul selciato, ma piuttosto il simbolo della religione ebraica.

 

E sufficiente vedere la foto della” menorah ebraica” a sette bracci.

Ciò assume una fortissima valenza simbolica che non pare essere altro che una sorta di devozione alla lobby sionista che arriva a vedere omaggiati i propri simboli persino nei luoghi delle istituzioni politiche della Repubblica del 1946-48, creata sotto l’egida dell’anglosfera.

La storia della ristrutturazione della pavimentazione di Montecitorio.

La storia di questa ristrutturazione è nota ma i cosiddetti “fact-checker” i fatti ovviamente non li controllano bene nemmeno un po’ e li saltano a piè pari per evitare di giungere a conclusioni scomode e non gradite dai finanziatori di tali gruppi.

E a raccontarla è stato proprio uno dei portavoce della comunità ebraica, “Fabio Perugia”, in un articolo pubblicato su” Il Tempo” l’8 aprile del 2012.

Abbiamo recuperato l’articolo in questione attraverso “il sito web Archive” perché stranamente, dopo che noi abbiamo accennato a questo pezzo su Twitter, il link ora non risulta più raggiungibile.

“Perugia” nel suo articolo fa un excursus di come in passato sia stato possibile rinvenire tracce e simboli della religione ebraica nell’arte italiana.

Quando giunge ai tempi più recenti, parla proprio della ristrutturazione del pavimento di Montecitorio e scrive quanto segue al riguardo.

Chiaro, semplice e aggiungeremmo anche ovvio poiché è alquanto evidente che la raggiera di Montecitorio è palesemente una menorah ebraica, a meno che “Open” non voglia anche qui lanciarsi in maldestre e incomplete “revisioni dei fatti” nelle quali si arriva a negare la storia di questa pavimentazione o peggio, si arrivi assurdamente ad accusare” Perugia”, di origini ebraiche, di essere antisemita per aver detto la verità sulla questione in quello che sarebbe un corto-circuito epocale nel” mondo liberal – progressista”.

Questa è la dimostrazione cristallina che il cosiddetto “giornalismo” dei sedicenti “revisori dei fatti” in nessun modo è giornalismo, ma soltanto una mediocre esibizione di titoli nei quali si scrive a caratteri cubitali “falso” oppure “complottismo” nel tentativo patetico di veicolare le narrative di chi gestisce questi gruppi editoriali e non quello invece di riportare i fatti come falsamente tali gruppi dichiarano di fare.

Il cosiddetto “fact-checking” è però il sintomo evidente di una preoccupazione che è penetrata nelle viscere dello stato profondo italiano asservito al potere del sionismo.

Il potere della lobby sionista sulla politica italiana.

Quanto si affermava chiaramente in passato oggi va goffamente negato poiché sta maturando sempre di più una consapevolezza nell’opinione pubblica riguardo il problema che costituisce la lobby sionista e l’enorme influenza che essa esercita sulla politica italiana.

Non si può non notare che il passaggio che c’è stato dalla Prima alla Seconda Repubblica ha di fatto trasformato il precedente sistema politico in uno completamente sottomesso ai voleri di Israele.

Se prima si era abituati a vedere, seppur sempre in un contesto di sovranità limitata, politici come “Bettino Craxi” che si schierava fieramente dalla parte dell’oppresso popolo palestinese, al quale è stato privato un suo Stato oltre che spossessato della sua terra, oppure “Giulio Andreotti “che riceveva in Parlamento “Yasser Arafat” e solidarizzava pubblicamente con i palestinesi martoriati dall’imperialismo israeliano, oggi si è passati invece a vedere personaggi quali “Giorgia Meloni” o “Antonio Tajani” che si recano all’arco di Tito sfregiato con i colori di Israele per ribadire la loro sottomissione a Tel Aviv e che vanno ogni anno a piazza Barberini dove viene esposta proprio la menorah per festeggiare la festa ebraica dell’Hanukkah.

Non c’è politico che sia presente oggi a Montecitorio che non abbia in qualche modo baciato la pantofola di Israele e sia passato a rendere omaggio ai libri “sacri” dell’ebraismo quali il Talmud, del quale ha scritto approfonditamente “Peter Schäfer” nel suo libro “Gesù nel Talmud”.

“Schäfer” spiega come nel “Talmud” siano presenti passi orrendamente blasfemi contro Gesù, definito un mago eretico che brucia all’inferno ricoperto di escrementi, e nei confronti anche della Vergine, appellata come una prostituta.

Anche qui la zoppicante accusa di antisemitismo contro “Schäfer” sarebbe paradossale poiché il ricercatore tedesco ed ex direttore del museo ebraico di Berlino è ebreo e non ha fatto altro che citare i passaggi del libro più importante per l’ebraismo moderno.

Si è scelto il termine moderno non a caso perché larga parte dell’ebraismo non segue nemmeno più la “Torah”, ovvero l’Antico Testamento”, ma piuttosto il citato “Talmud” e la “Kabala”, altro testo dell’ebraismo nel quale c’è una connotazione chiaramente esoterica.

A ispirarsi alle leggi antiche dell’ebraismo sono in larga parte gli ebrei del gruppo “Neturei Karta” che ripudiano lo stato di Israele in quanto contrario alla volontà di Dio, ma costoro, come si può vedere, non trovano asilo nel mondo dei media Occidentali, nelle mani di potenti gruppi sionisti.

Il passaggio che si è compiuto con “il golpe giudiziario di Mani Pulite” voluto dagli ambienti dello stato profondo di Washington è quello che ha ristretto ancora di più il perimetro della sovranità italiana, tanto da renderla, non differentemente dagli altri Paesi europei, una mera protesi della volontà di lobby sioniste, quali i famigerati” Chabod”.

 

Il liberalismo respinge il cristianesimo e abbraccia l’ebraismo.

Vediamo al tempo stesso anche l’ipocrisia della quale è intrisa la democrazia liberale globalista.

Tale sistema afferma di fondarsi su una stretta “neutralità” religiosa e respinge le autentiche radici cristiane dell’Italia che costituiscono i suoi veri valori e la sua naturale identità per poi invece mettere a disposizione le istituzioni per fare opera di proselitismo della religione ebraica, tanto da organizzare al Quirinale eventi dedicati esclusivamente al Talmud o tanto da raffigurare i simboli dell’ebraismo sui luoghi del potere, per poi provare ridicolmente a negarne l’esistenza.

Il Talmud in italiano consegnato a Mattarella – “La Stampa”.

Mattarella mostra il “Talmud” assieme al” rabbino Di Segni”.

 

Questa è l’essenza che governa l’Italia e il mondo Occidentale ed è una questione che ormai è diventata talmente urgente ed evidente che sono sempre più le persone e gli osservatori che denunciano l’asservimento della politica alle lobby del sionismo.

Ed è questo che preoccupa chiaramente i vari “revisori dei fatti”. Spaventa il fatto che molti ormai sappiano la verità sulle forze che gestiscono le vere leve del potere.

Spaventa il fatto che la diffusione della verità in ogni luogo e su larga scala sia un fiume in piena impossibile da arrestare.

Questo potere è riuscito a governare perché la verità è stata nascosta per molto tempo.

Adesso si è entrati in una fase storica del tutto differente dove il potere senza limiti del sionismo pare giunto al termine.

I reiterati tentativi di lavaggio del cervello attraverso l’asfissiante propaganda sulla “giornata della memoria” quale paravento morale del sionismo per commettere le peggiori nefandezze non sortiscono più gli effetti desiderati.

Piuttosto che rinforzare il collettivo senso di colpa nei confronti del mondo intero per la persecuzione degli ebrei, voluta e permessa dalle lobby sioniste, sta invece maturando un senso di repulsione per l’arroganza di questo potere che pretende di avere una eterna immunità morale per perseguire i suoi piani imperialistici nel Medio Oriente.

Questo è probabilmente ciò che atterrisce di più coloro che gestiscono i media e la rete dei sedicenti “fact-checker”.

Spaventa il fatto di aver preso coscienza che un’epoca è giunta al termine e che non si ha più il potere illimitato di un tempo.

 

 

 

Arrestato per pedofilia il

 presidente di una nota comunità

LGBT in Canada: i legami segreti

tra il mondo pedofilo e la lobby gay.

Lacrunadellago.net – (26/01/2024) - Cesare Sacchetti – ci dice:

 

Esistono delle notizie che sono letteralmente tabù nei media mainstream Occidentali ed è un fiume questo che scorre e si ingrossa con il tempo.

L’esempio più recente di una notizia così enorme e così clamorosa che non è stata riportata dai media italiani ed internazionali è quella che riguarda lo scandalo dei tunnel segreti della” setta sionista Chabad Lubavitch”.

Nel cuore di una delle organizzazioni più influenti al mondo del potere sionista, c’era un dedalo di passaggi segreti sotterranei nei quali sono stati rinvenuti materassi sudici e seggioloni per bambini.

Proviamo soltanto ad immaginare per un istante cosa sarebbe accaduto se sotto una chiesa o una basilica cattolica fosse stato rinvenuto qualcosa del genere.

Non sarebbero probabilmente bastate nemmeno le famose nove colonne a quotidiani come” La Repubblica” e” La Stampa” per parlare di un caso simile, ma se ci soffermiamo a guardare chi è il proprietario di questi gruppi mediatici, entrambi nelle mani della “famiglia Elkann”, non fatichiamo a comprendere perché tale caso sia stato completamente ignorato.

 

L’arresto del presidente della comunità LGBT in Canada.

C’è un altro caso che forse è altrettanto clamoroso e che riguarda quello dell’arresto del presidente di una nota organizzazione LGBT in Canada, “Sean Gravells”, che è stato tratto in arresto dalle autorità canadesi.

“Gravells” è accusato di aver commesso vari atti di pedofilia e abusi contro bambini e adolescenti canadesi che spesso venivano irretiti dagli eventi dell’organizzazione LGBT per poi finire vittime degli orchi.

 

Qualcuno potrebbe dire che il “caso di Gravells” sia uno isolato che non riguarda l’intera” lobby gay” ma in realtà non risulta essere affatto così.

Se guardiamo alla lista di esponenti della comunità LGBT, vediamo che non sono pochi i casi dei loro rappresentanti che sono stati coinvolti in attività pedofile.

È questo il caso, ad esempio, di “Slade Sohmer”, un giornalista “progressista americano” che in passato ha scritto anche per la famigerata testata “Buzz Feed”, già nota per aver fabbricato la bufala del Russia gate che accusava falsamente Trump di essere un agente al servizio del Cremlino.

“Sohmer” è stato trovato in possesso di una notevole quantità di materiale pedopornografico che poi veniva distribuito tra i circoli della rete pedofila che usa molto anche il cosiddetto “dark web,” l’internet sotterranea per così dire, nel quale i vari orchi hanno i loro forum segreti e le loro parole d’ordine per parlare in codice delle loro perversioni.

Quando si parla di parole in codice non può non venire in mente il famigerato caso del “Pizza gate” nel quale erano coinvolti i tristemente noti “coniugi Clinton”, accusati di essere i gestori di una rete pedofila che si nascondeva in una pizzeria di Washington DC, e da qui il termine “Pizza gate”, poiché il termine pizza è alquanto utilizzato dai pedofili per definire i bambini da trafficare.

In tale scandalo, risultava essere anche coinvolto il noto consigliere di Hillary Clinton, “John Podestà”, che è stato associato anche un al caso della “piccola Meredith”, scomparsa in Portogallo, nel corso delle sue vacanze con la famiglia.

Quando vennero diramati gli identikit dei presunti rapitori della piccola, qualcuno fece notare l’impressionante somiglianza di questi con i volti di “John e Tony Podestà”, quest’ultimo fratello del primo.

(Gli identikit dei sospettati del rapimento di Meredith e la loro somiglianza con i fratelli Podestà).

 

I media si impegnarono molto a parlare del” caso Pizza gate” nel tentativo frenetico di derubricarlo come una “cospirazione di destra” quando a distanza di pochi anni “Bill Clinton” è di nuovo nell’occhio del ciclone per via dei suoi frequenti viaggi sull’isola del suo sodale pedofilo, “Jeffrey Epstein,” agente del “Mossad”.

Adesso si è tornato a parlare di Epstein poiché è emerso quello che in realtà era già noto da tempo, ovvero che l’uomo al servizio dell’intelligence israeliana riprendeva i suoi clienti in attività pedofile per poi poterli ricattare e costringerli a fare gli interessi dello stato ebraico.

Ciò dimostra, ancora una volta, come i media agiscano non per portare alla luce i casi di pedofilia e denunciarli pubblicamente ma piuttosto per classificarli falsamente come “teorie cospirative” e soprattutto per coprire coloro che gestiscono tale traffico.

Sono i signori che siedono ai vertici della cabala mondialista, e sono coloro, come confessava “Stanley Kubrick” a “Nicole Kidman” nel corso delle riprese del suo film “Eyes Wide Shut”, che sono legati da un patto che prevede la distruzione dell’immagine pubblica e la morte del pentito pedofilo qualora questi decida di rivelare al mondo esterno la verità sulla rete della pedofilia internazionale.

I legami tra lobby gay e mondo pedofilo.

Questi sono i poteri che hanno governato il mondo per tanto tempo e sono coloro che oggi decidono della vita e dell’educazione dei bambini nelle scuole.

Questo ci porta direttamente ancora una volta a prendere in esame il legame che esiste tra lobby pedofila e lobby gay poiché i casi citati di esponenti omosessuali arrestati per pedofilia sono stati seguiti da numerosi altri esempi, quali quello del gay “Kelsey Boren” che nei panni di una” drag queen”, adescava un bambino di 11 anni cercando a sua volta di trasformarlo in “un trans” in un pub dell’Oregon che portava il nome di “Satana”.

 

Impossibile non notare come anche nel mondo gay ci sia una profonda vena occultista e luciferiana che vuole diffondere e incoraggiare l’omosessualità per arrivare ad un completo annientamento dei valori cristiani e della demografia, assistito dall’immancabile mondo femminista che a sua volta agisce per giungere allo stesso scopo attraverso la “demolizione della famiglia naturale”.

Questi legami tra la lobby gay e la lobby pedofila possono forse essere spiegati attraverso gli scritti di uno dei più famosi esponenti del mondo omosessuale in Italia, “Mario Mieli,” al quale è oggi dedicato il famoso circolo gay che porta il suo nome.

Mieli, di origini ebraiche, nato nel 1952 a Milano, morì suicida a soli 31 anni ed era diventato noto perché nelle sue esibizioni praticava la” coprofagia”, una pratica molto in voga tra gli occultisti quali “Aleister Crowley”, e per essere stato il padre in qualche modo del movimento omosessuale.

Erano gli anni 60 e 70, gli anni della “grande” trasformazione culturale che il mondo italiano ed Occidentale stava attraversando.

Erano gli anni nei quali il” pensiero liberal – marxista GLOBALISTA “lanciò un attacco su tutti i fronti per abbattere i pilastri della società antica cristiana e la diffusione e lo sdoganamento, in qualche modo, dell’omosessualità giocava un ruolo decisivo in tale aggressione.

Nell’epoca pre-sessantottina, l’omosessualità e il travestitismo erano considerati dei disturbi psichici fino a quando psichiatri di chiara ispirazione marxista iniziarono a sostenere che non c’era nessuna malattia mentale nell’essere gay e le pressioni del mondo liberal -progressista giunsero a far togliere dai manuali dei disturbi psichici l’omosessualità.

Non era però abbastanza.

 Era soltanto l’inizio di un lungo viaggio che oggi vediamo essere approdato nei matrimoni gay, assurdità logica, giuridica, morale e spirituale, e nelle proposte di legge di considerare reato coloro che criticano l’omosessualità e la sua diffusione.

È la società alla rovescia dove il male pretende di prendere il posto del bene, e dove i disvalori divengono valori.

Mieli” ebbe indubbiamente una rilevante parte in questo processo e nei suoi scritti riusciamo a comprendere meglio anche la presenza di una sorta di “missione” affidata agli omosessuali.

Nel suo più noto saggio,” Elementi di critica omosessuale” uscito nel 1977, l’attivista omosessuale si esprimeva così al riguardo.

«Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini.

 Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro.

 Per questo la pederastia è tanto duramente condannata:

essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, dice di educare, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica…

La società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza;

 ma il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una «vita» latente.

La pederastia, invece, «è una freccia di libidine scagliata verso il feto».

 

Questo appare essere l’anello di congiunzione tra la lobby pedofila e il mondo omosessuale.

Nella visione di “Mieli”, all’omosessuale spetta la missione “messianica” di liberare la sessualità del bambino, a suo dire, “imprigionata” dalla “repressiva” società eterosessuale che in questa ottica è una sorta di gabbia che reprime gli impulsi che avrebbe il bambino.

All’omosessuale sarebbe affidato il compito di sessualizzare il bambino fino a giungere alla completa accettazione morale e civile della pedofilia, derubricata non più come una perversione e un abuso dell’infante, ma persino come un atto “salvifico” e “liberatorio” verso il bambino stesso.

Si comprendono dunque perfettamente quei numerosi casi che vedono coinvolti esponenti del mondo LGBT in casi di pedofilia.

In tale visione, l’omosessuale deve gettare il cuore oltre l’ostacolo, per così dire, e arrivare alla normalizzazione della pedofilia per poter poi successivamente togliere ai genitori la custodia dei propri figli.

Non è solamente il “caso Bibbiano”, ancora aperto, ma quello di altre numerose situazioni nei quali i figli sono stati tolti illecitamente ai genitori per essere affidati a coppie gay che poi abusavano di loro.

E’ la collettivizzazione della famiglia alla quale aspirava Engels, amico e collaboratore di Marx, che è indispensabile per la nascita della società luciferiana nella quale ogni immaginabile abuso e anche il più immondo dei peccati vengono come atti  “liberatori”.

Questo non vuole necessariamente dire che ogni gay è un pedofilo e in realtà non è affatto così.

Certamente però esistono ai vertici della lobby gay degli uomini e delle donne che hanno fatto proprio questa loro ideologia e perversione e vogliono che la pedofilia venga normalizzata.

Al tempo stesso però non si può negare che la diffusione dell’omosessualità porti ad una degenerazione della società e che essa rischia di provocare il completo decadimento morale di chi la pratica e la disgregazione della famiglia naturale, senza la quale non c’è possibilità per i valori cristiani di affermarsi.

E non si fa fatica a comprendere perché la Russia abbia deciso di mettere al bando tale ideologia.

 Proprio per queste ragioni.

 Perché essa porta alla degenerazione completa della società e la trascina in una spirale di decadenza e perversione devastante.

Il futuro dell’Italia e dell’Europa passa dal recupero del suo passato.

 Il futuro dell’Italia e dell’Europa passa dall’abbandono di simili perversioni e dalla messa al bando della diffusione della propaganda omosessuale e delle famigerate organizzazioni “LGBT”.

La storia dei legami tra lobby omosessuale e rete pedofile non viene raccontata per queste ragioni.

Non viene raccontata perché, se compresa, essa aiuta a capire chi c’è davvero dietro questi circoli e cosa vogliono veramente.

Vogliono la società dove la famiglia viene uccisa e vogliono la società dove la pedofilia viene praticata e incoraggiata alla luce del giorno.

 

 

 

L’allarme del New York Times:

il ritorno di Trump è

la fine della “NATO” e dell’”UE”

  lacrunadellago.net – (15/12/2023) - Cesare Sacchetti – ci dice:

 

Quando nel 2016 Donald Trump scese la scalinata della imponente Trump Tower, la sua residenza newyorchese, i media mainstream e gli ambienti dello stato profondo internazionale furono attraversati da una sensazione di panico e di impotenza.

Panico perché per la prima volta dall’inizio del secolo scorso partecipava alla corsa per le presidenziali un candidato che non era stato scrutinato prima dai circoli che comandano in America.

Il vero potere infatti negli Stati Uniti e nel mondo Occidentale non è quello che risiede solamente nella Casa Bianca ma è quello che al di fuori di questi uffici controlla e detta le politiche che seguono questi governi.

È il potere del “Council on Foreign Relations” finanziato dalla” ineffabile famiglia Rockefeller” molto vicina a sua volta ad “un’altra influente famiglia askenazita quale quella dei Rothschild”.

 

È il potere del “Bohemian Grove”, quell’esclusivo circolo al quale partecipano ogni anno politici, economisti, e membri di primo piano del mondo dello spettacolo internazionale quali, ad esempio, “Bono degli U2”, molto vicino a sua volta al mondo delle” ONG sorosiane”.

Il “Bohemian Grove” è quel posto dove ogni anno tra le foreste della California si celebra una cerimonia alquanto inquietante nel quale si brucia un bambolotto, anche se alcuni affermano che ci sarebbe veramente un infante lì, tra le fauci di una statua a forma di gufo che pare ricordare molto quella della divinità demoniaca israelitica del Moloch, al quale le tribù israelitiche e babilonesi sacrificavano realmente i bambini.

Che il “culto di Moloch” sia strettamente integrato nella memoria e nella storia dell’ebraismo è provato anche dal fatto che in diverse celebrazioni della storia millenarie della religione ebraica come quella avvenuta a Chicago, negli Stati Uniti, dove nel 1933 è stata esposta una statua enorme di questa divinità per ricordare appunto il periodo nel quale gli israeliti praticavano quei sanguinolenti riti in omaggio a questo demone.

Persino il “Washington Post”, seppur in toni ovviamente più pacati ed edulcorati, in un suo articolo ha scritto che quando si radunano i membri di questo esclusivo club privato, lo fanno per fare delle attività non proprio “ordinarie”, se volessimo utilizzare un eufemismo.

Questi però sono i poteri che comandano l’America e l’Occidente e se volessimo scendere ancora più nelle devianze degli apparati massonici ci troveremmo di fronte alle peggiori perversioni che la mente umana abbia mai concepito quali la pedofilia, l’incesto e la coprofagia, così cara a personaggi quali l’occultista inglese “Aleister Crowley” e all’attivista omosessuale “Mario Mieli”, “mito” della comunità “LGBT “in Italia.

Le forze che hanno dominato il mondo per molto tempo sono oscure e hanno una filosofia, quella luciferiana, che non ha altro fine che quello di sradicare completamente la cristianità dalla faccia della Terra.

Se non si comprende questo fondamentale passaggio, non si comprende nulla delle forze che si fronteggiano in questo scontro, spirituale prim’ancora che meramente politico.

Il panico ha iniziato a scorrere prepotente in questi esclusivi club americani e Occidentali quando hanno visto che nel 2016 davanti alla porta della Casa Bianca si stagliava l’ombra di un personaggio che non era stato scrutinato da queste società segrete.

La candidatura di Trump ha mandato in fumo il disegno mondialista.

Era l’ombra di Donald Trump e nel momento stesso in cui si presentò un outsider quale l’imprenditore di successo americano che sfuggiva al falso duopolio delle democrazie liberali fondato sulla falsa alternanza tra liberali conservatori e liberali progressisti si mise in moto una macchina della sovversione per impedire in ogni modo che quest’uomo potesse diventare Presidente degli Stati Uniti.

La genesi del primo golpe dello Spy gate contro Trump del quale abbiamo parlato in diverse occasioni va letta proprio nell’ottica di impedire che il magnate newyorchese diventasse Presidente e togliesse all’anglosfera il suo pilastro più solido e fondamentale.

L’anglosfera è quel sistema di potere geopolitico che ha influenzato la storia di tutto il XX secolo ed essa non è altro che un’emanazione del potere di quelle famiglie quali appunto i citati Rockefeller, Rothschild, Warburg, Morgan, Astor, Dupont, Elkann e molti altri che hanno scelto questo blocco per governare le nazioni e trascinarle sull’altare di un Nuovo Ordine Mondiale.

Trump è il classico outsider che non è stato calcolato in questa equazione e ciò ci porta alla paura di questo potere nei suoi confronti che citavamo in precedenza.

Quando questi ambienti si trovano di fronte ad un uomo e ad un contropotere che si oppone ai loro piani, e quando quest’uomo e questo contropotere patriottico arrivano a conquistare il Paese più potente del mondo, come gli Stati Uniti, la possibilità di una governance globale diviene di fatto impensabile.

Ora i signori del globalismo credevano di rimettere a posto le cose con la frode elettorale del 2020 e con l’instaurazione alla Casa Bianca di un altro dei loro fantocci quali il corrotto Joe Biden.

Abbiamo visto però in molteplici occasioni che lo status quo che precedeva Trump non è stato ripristinato e alla Casa Bianca appare esserci un limbo che non ha mutato le precedenti politiche dell’amministrazione Trump.

Non c’è stato quel ritorno all’interventismo tanto atteso dalla “NATO” poiché gli Stati Uniti piuttosto che restare in Afghanistan, Paese crocevia del traffico di eroina internazionale, hanno lasciato il Paese.

Lo stesso è accaduto in Ucraina dove gli Stati Uniti si sono guardati bene dall’intervenire militarmente contro la Russia come avrebbero voluto i pericolosi neocon che architettarono gli attentati dell’11 settembre e tutto lo stato profondo di Washington.

Il “New York Times”: il ritorno di Trump è la fine della NATO e dell’UE.

Adesso giunge un altro articolo, dopo quello del Telegraph di cui abbiamo parlato in precedenza, del “New York Times”, il quotidiano “principe” dell’anglosfera.

Il “New York Times “non gira troppo intorno alla questione e scrive chiaramente che un ritorno di Trump, in via ufficiale aggiungiamo noi, sarebbe la chiusura del cerchio di quanto iniziato dal presidente americano sette anni fa ormai.

Trump sin dal principio aveva l’obiettivo di lasciare la” NATO” poiché essa non è affatto un’associazione di stampo difensivo come ancora qualche ipocrita atlantista vorrebbe sostenere.

La NATO è aggressione militare.

 La “NATO” è punizione per tutti coloro che non obbediscono e che non vogliono trascinare il proprio Paese tra le fauci del supergoverno mondiale e la lista dei suoi crimini è interminabile.

La prova tangibile che l’alleanza atlantica non era nulla di quello che diceva di essere la si è avuta all’indomati dello smantellamento dell’URSS quando piuttosto che essere liquidata, considerata la fine della minaccia sovietica, l’alleanza si espanse nell’Europa dell’Est.

L’imperialismo è la filosofia che governa la NATO ed essa non è altro che il braccio armato del mondialismo occidentale.

Un braccio che non può esistere senza che la prima potenza militare al mondo, gli USA appunto, diano il loro decisivo contributo all’esistenza dell’organizzazione.

Nessuno può sostituire gli Stati Uniti in questo ruolo ed è un fatto di cui i massimi membri dell’establishment Euro – Atlantico sono tutti molto consapevoli.

Ora costoro si trovano di fronte alla peggiore, per loro, delle prospettive.

Quella di affrontare un secondo, per alcuni un terzo occulto, mandato di Trump che porterebbe a termine il lavoro iniziato nel 2016.

Alcuni ne sono certi come, ad esempio,” John Bolton”, il neocon americano di origini ebraiche che ebbe un ruolo decisivo nello scatenare la guerra all’Iraq e all’Afghanistan, quando nessuno di questi due Paesi ebbe alcun ruolo nella progettazione degli attentati alle Torri e al Pentagono, letteralmente impossibili senza la partecipazione dei servizi segreti americani e dei vertici infedeli delle forze armate USA.

Questa è la prospettiva che atterrisce anche i vari governanti europei e l’UE come scrive il “New York Times” che riferisce di come i vari diplomatici europei non sappiano come fare di fronte alla possibilità molto concreta di un ritorno di Donald Trump.

Costoro pensano di ricorrere” alla adulazione” nei suoi confronti nel tentativo di ammansirlo ma si illudono poiché Trump detesta gli adulatori e i lacchè di vario tipo.

A Trump interessa soltanto servire il suo Paese e assicurare gli interessi degli Stati Uniti e questi non sono ovviamente quelli della “NATO” e della “governance globale”.

Il ritorno di Trump non significa solamente la fine dell’alleanza atlantica.

Significa anche la dismissione definitiva della “Unione europea” che come la “NATO “deve la sua esistenza alla volontà della potenza americana di istituirla e di mantenerla nel corso degli anni.

È una storia nota ai lettori più attenti.

Già dal secondo dopoguerra, all’alba della nascita dell’ordine liberale internazionale, l’antenato della CIA, l’”OSS”, faceva affluire fondi ai progetti di integrazione comunitari.

Le amministrazioni presidenziali di quegli anni quali quella di “Truman” e “Eisenhower” volevano che nascesse un blocco europeo per poter indirizzare e controllare meglio la politica di tutto il continente europeo.

Il cosiddetto blocco Euro-Atlantico è sempre stato controllato dall’altra parte dell’Atlantico, quella americana, e l’asse franco-tedesco è stato semplicemente scelto come un reggente di tale apparato che comunque doveva sempre rispondere a Washington.

A sua volta, Washington rispondeva a quei poteri di matrice mondialista che abbiamo citato in precedenza e dunque ogni scatola cinese di questa gerarchia alla fine vedeva il dominio di quei personaggi e di quei banchieri di Londra e New York che governano nell’ombra.

Adesso il vecchio “ordine” è finito e ciò che sta togliendo il sonno a molti appartenenti delle istituzioni di Bruxelles è proprio questo scenario.

Il secondo, o il terzo, mandato di Donald Trump che porterebbe alla fine della “NATO “e dell’”Unione europea”, le cui esistenze dipendono, o forse dovremmo dire già dipendevano, entrambe dalla volontà politica degli Stati Uniti.

Questa è la ragione per cui il 2024 fa paura.

Fa paura a coloro che nel 2020 erano convinti di veder realizzati i loro piani attraverso l’operazione terroristica del coronavirus, e oggi invece scoprono con amarezza, rabbia e impotenza che le cose non sono andate come previsto e che non sono loro i signori della storia.

 

 

 

 

Come passare dalla ragione

al torto. Marcio!

Tuttieuropaventitrenta.eu - Carlo Pantanella – (20 Ott. 2023) – ci dice:

 

Francamente ho sempre ritenuto che presentarsi a casa di qualcuno e dire “Sentite! Duemila anni fa noi vivevamo qui, ultimamente siamo stati sottoposti ad indicibili ingiustizie, quindi abbiamo deciso di ritornarci: aria! Sciò! Sciò!” non mi pare che sia un discorso ammissibile.

Probabilmente Israele avrebbe fatto bene a tenere maggiormente conto di questo peccato originale su cui è nata.

Indubbiamente sarebbe stato più opportuno che lo stato di Israele fosse nato, come inizialmente da taluni fu proposto, attraverso la concessione di una parte del territorio della Germania, che sicuramente aveva un enorme debito nei confronti del Popolo Ebraico.

Gli ebrei però insistettero:

 rivolevano assolutamente quella che loro per duemila anni hanno sempre considerato la loro terra:

teniamo conto che in una festività tutti gli ebrei si scambiano l’augurio “L’anno prossimo a Gerusalemme, l’anno prossimo a Gerusalemme” e su questa base religiosa è nato e ha preso forza a partire dalla fine del XIX Secolo il movimento Sionista.

La diaspora ebraica è stata l’esempio sicuramente più forte della capacità di un popolo, di una cultura, di una religione di mantenere nel tempo e nello spazio, la propria identità e le proprie tradizioni;

l’unico altro caso è quello dei “Rom,” che però ha proporzioni e termini del tutto diversi.

 

Quando l’”Onu”, dopo il lavaggio delle mani degli Inglesi (e Francesi) con la famosa e famigerata” Risoluzione 181”, decise di assegnare un territorio agli Ebrei, in realtà prese la Palestina e la divise in due:

una agli ebrei e l’altra al popolo palestinese;

peraltro, agli ebrei fu assegnato sostanzialmente in gran parte un territorio desertico.

Gli arabi decisero di ritirarsi dal territorio a sé assegnato e di dichiarare guerra ad Israele per quella che era al momento una ben comprensibile guerra di liberazione.

Il mondo arabo ha combattuto, come purtroppo sappiamo, diverse guerre perdendole regolarmente anche a causa della propria divisione: nonostante fossero decine di milioni di arabi con stati organizzati, con eserciti consolidati, non sono mai riusciti a sconfiggere un piccolo staterello che stava nascendo in quel momento con un esercito raffazzonato.

 Vuoi non vuoi, le guerre sono storicamente nel diritto internazionale uno degli strumenti della definizione dei confini (Alto Adige docet!) e anche della costituzione degli Stati.

Di fatto Israele esiste da quasi ottant’anni, diverse generazioni sono nate in Israele ed è stata creata una vera e propria nazione, intesa come popolo, organizzazione statuale, assetto sociologico;

di questo non possiamo non tenere conto.

 Insomma, Israele esiste, anche se è nato da un “peccato originale”, Israele esiste:

le situazioni De Facto sono alla base del diritto internazionale. Beninteso, gli ebrei hanno i loro difetti e hanno commesso anche loro i propri errori.

Anche i nazisti (ovviamente faccio riferimento non alla soldataglia delle SS, ma a quella che, pur con una certa fatica, posso definire l’intellighenzia nazista) non consideravano gli ebrei un popolo inferiore, anzi!

Semmai, pur delirando, lo consideravano un popolo malefico.

I nazisti erano pienamente consapevoli che gli ebrei sono un popolo con delle capacità straordinarie:

 in qualsiasi posto in cui siano arrivati gli Ebrei, nel giro di poco, pur mantenendo una certa distanza dalla società locale, sono riusciti sempre a crescere, a insediarsi e a prosperare, molto più di quanto non fossero in grado gli stessi padroni di casa.

Anche In Israele è successa la medesima cosa:

 nel giro di qualche decennio hanno creato un paese industrializzato ed evoluto, hanno dissodato il deserto, hanno creato un giardino laddove gli Arabi in 2000 anni non erano riusciti a cavare nulla.

 Il problema degli Ebrei, se vogliamo parlare pane al pane e vino al vino, è che essi si ritengono l’unico popolo dell’unico vero Dio:

questo è un piccolo particolare di cui noi non ci rendiamo conto, perché noi Cristiani diamo per scontata e assodata quella che in realtà è la cosiddetta “Teologia della Sostituzione”.

 

La “Teologia della Sostituzione” è l’operazione, molto discutibile, basata sul sillogismo “Gli ebrei hanno rigettato Cristo;

quindi, Dio ha rigettato gli ebrei e la Chiesa di Cristo è ora il Nuovo Israele” ha di fatto permesso al Cristianesimo di appropriarsi di una Tradizione che, in realtà era, ed è, Ebraica.

Nonostante la “Teologia della Sostituzione” si basi su un “ragionamento” sostanzialmente razzista, tutt’oggi è alla base del fatto che le “Chiese Cristiane si basano su libro” che, storicamente, non le appartiene.

Ma questa sostituzione per gli Ebrei ovviamente non c’è mai stata: l’unico Popolo dell’unico vero Dio sono solo e solo loro.

E questo è un problema:

quello che c’è scritto sulla Bibbia lo ha scritto il “loro” Dio, l’unico Dio e lo ha scritto per loro, solo per loro.

In effetti il Popolo Ebraico è, sotto molti aspetti, superiore:

il 30% dei premi Nobel è di religione ebraica, delle capacità di creare, evolvere e prosperare abbiamo già detto;

 aggiungiamo che gran parte del mondo della cultura e del cinema devono molto al Mondo Ebraico.

C’è chi sostiene che la litigiosità, tipica della “Cultura Ebraica”, sia un elemento che fa grande un popolo.

Divagazione:

 la litigiosità di noi italiani, diversa, ma non meno intensa degli Ebrei potrebbe spiegare perché siamo quel grandissimo popolo che siamo, con quella grandissima storia, quella grandissima cultura.

Questo spiegherebbe come siamo riusciti a produrre grandi opere artistiche ed invenzioni importantissime per l’umanità:

la amatriciana piuttosto che il risotto alla milanese o la parmigiana di melanzane!

Comunque, tornando a noi, gli Ebrei, vuoi non vuoi, hanno creato un grande stato europeo, piantato in mezzo al deserto del Neghev.

 È un dato di fatto che gran parte degli “Arabi Palestinesi” in realtà lavorano per le imprese e anche per i privati ebrei e, senza questo lavoro, non hanno mezzi di sostentamento.

 Questo spirito di Popolo prediletto dell’unico vero Dio ha permesso all’anima più conservatrice del Mondo Ebraico di far commettere ad Israele numerosi errori.

 Potrei parlare del massacro di” Sabra e Shatila”, in cui l’esercito israeliano ha avuto un ruolo molto importante nelle vere e proprie atrocità che sono state operate lì.

 I Rabbini Cappellani dell’Esercito Israeliano, tutti rigidamente conservatori, hanno un effetto intuibile sul comportamento dei soldati Israeliani.

Più in generale si può parlare del modo in cui la destra ha indotto Israele a trattare i Palestinesi con superiorità e senza tenere conto che, tutto sommato, erano a casa loro.

 Questi sicuramente sono stati errori molto gravi, ma nulla può giustificare quello che sta succedendo oggi.

Qualcuno la chiama guerra. Ma no!

Non è una guerra: in una guerra si affrontano degli eserciti in modo organizzato.

 Massacrare dei ragazzi che stanno facendo della musica non può essere considerata una guerra, così come prendersela con la popolazione civile inerme o di bullizzare bambini non è una guerra.

 È molto peggio!

E fare qualcosa di peggio della guerra non è facile.

Ovviamente dovremmo fare una distinzione tra “Hamas” e il “Popolo Palestinese”, ma fare questa distinzione ad oggi è molto difficile.

Vista cinicamente l’azione dissennata di “Hamas” avrebbe avuto un senso solo, e solamente, se avesse avuto anche solo una pallida speranza di sconfiggere Israele:

 questo era assurdo e, infatti, l’unica cosa che sono riusciti ad ottenere è stato di attirare l’odio e il disprezzo dell’intera comunità internazionale nei confronti dell’intero Popolo Palestinese e di consegnare alla destra israeliana tutti, ma proprio tutti gli strumenti politici dei quali non aveva neanche un gran bisogno.

E dire che, all’inizio, i Palestinesi avevano ragione da vendere.

 

 

 

 

Nuovo ordine mondiale: perché il

Sud del mondo è così decisivo

e cosa può fare l'Europa.

It.euronews.com - Michela Morsa – (04/04/2023) – ci dice:

La guerra in Ucraina ha fatto emergere le enormi differenze tra il sistema valoriale del mondo occidentale e quello orientale.

Il Sud del mondo sta nel mezzo.

"Siamo troppo arroganti, troppo paternalisti e troppo moralisti". L'Occidente, dice “Alexander Stubb”, ex primo ministro finlandese e direttore dell'Istituto universitario europeo, deve rendersi conto di non essere (più) il centro del mondo.

L'Europa e gli Stati Uniti sono in una sorta di bolla, convinti che l'invasione su larga scala dell'Ucraina sia una guerra mondiale.

Eppure, due terzi della popolazione mondiale vivono in Paesi che non hanno condannato attivamente la Russia.

Anzi, i Paesi del Sud del mondo sono più propensi a sostenere la Russia che l'Ucraina.

“Stubb”, lo definisce un "campanello d'allarme":

40 Paesi hanno imposto sanzioni a Mosca, "zero Paesi dell'Africa.

Zero Paesi dell'America Latina.

 E solo due o tre dall'Asia".

 

La guerra in Ucraina è anche una guerra tra due sistemi di valori fondamentali totalmente differenti.

Come sostenitore dell'Ucraina, l'Occidente rappresenta un ordine mondiale liberale, mentre la Russia e anche la Cina, non proprio neutrale, rappresentano un “ordine mondiale autocratico” in cui l'economia e lo sviluppo corrono slegati dalla libertà e dalla democrazia.

In questa contrapposizione, il Sud del mondo fa da ago della bilancia. I politici occidentali lo hanno capito e da tempo viaggiano nell'emisfero meridionale per conquistarli come partner. Ma i leader orientali fanno altrettanto. 

La scorsa settimana, Mosca ha delineato la sua politica estera, identificando la Cina e l'India come partner chiave e annunciando piani per espandere i legami con l'Africa e l'America Latina.

A questo punto, l'esito della guerra potrebbe determinare più che il futuro della sola Ucraina.

In quanto sostenitori del Paese invaso, gli Stati Uniti e l'Europa cosa stanno rischiando?

Una sconfitta sul campo di battaglia o la sostituzione del loro sistema liberale e normativo?

Insomma, un nuovo ordine mondiale?

Qual è la posizione del Sud globale sulla guerra in Ucraina?

I Paesi dell'America Latina stanno dicendo "no, questa non è la nostra guerra", spiega “Christopher Sabatini”, Senior fellow per l'America Latina di “Chatham House”.

 Le speranze dell'Occidente che i Paesi latinoamericani inviassero armi all'Ucraina sono state rapidamente respinte all'inizio della guerra.

Allo stesso tempo, l'alleanza tra Russia e Cina si sta rafforzando, anche grazie al viaggio del presidente cinese Xi Jinping a Mosca, che ha mostrato una volta per tutte che la Cina non mantiene una posizione neutrale nella guerra.

Ma è anche una questione di emozioni, legata alla storia di molti Paesi del Sud del mondo, spiega “Alexander Stubb”.

 "Fondamentalmente puntano il dito contro l'Europa e gli Stati Uniti e dicono: 'Non venite a farci la predica sull'integrità territoriale e la sovranità'.

Guardate cosa avete fatto durante il colonialismo. Oppure, guardate cosa è successo in Iraq".

Perché gran parte del Sud del mondo sostiene la Russia e non l'Ucraina?

Il potere è nel Sud globale.

Gli esperti ritengono improbabile che i Paesi del Sud del mondo si uniscano all'Occidente o all'Oriente.

Secondo “Stubb”, il Sud globale in questo momento è il "decisore", ma non vuole scegliere.

"Oscillerà come un pendolo tra i due. Hanno l'economia, le risorse e il potere di determinare la direzione che prenderà il mondo", dice “Stubb”.

Sabatini spiega che i Paesi del Sud del mondo stanno sfruttando la situazione come un'opportunità per affermare la propria indipendenza di fronte al declino del potere degli Stati Uniti a livello globale e all'interno dell'emisfero occidentale.

 "Molti di loro ritengono che gli Stati Uniti e l'Europa occidentale abbiano ignorato le loro preoccupazioni per molto tempo", dice il ricercatore.

Ma la domanda è:

la Cina potrebbe riuscire a mantenere relazioni strategiche con il Sud del mondo in modo da creare un nuovo ordine mondiale guidato da Pechino?

In che modo la Cina sta corteggiando il Sud globale?

La Cina lo offre da decenni, soprattutto sotto forma di investimenti e prestiti, flessibili rispetto a quelli della Banca mondiale e non soggetti a "vincoli e condizioni".

La Cina, spiega “Sabatini”, è anche "un mercato molto attraente per le materie prime latinoamericane, e offre anche qualcosa che manca in molti Paesi latinoamericani, ovvero gli investimenti nelle infrastrutture".

E Paesi come il Brasile e l'Argentina ne hanno un disperato bisogno.

Ma allo stesso tempo, i valori dei Paesi dell'America Latina divergono ampiamente da quelli di chi vuole rimodellare l'”ordine mondiale liberale”.

Ad esempio, sottolinea “Sabatini”, in America Latina la tutela dei diritti umani in generale, dei diritti delle donne, dei diritti degli indigeni o della comunità LGBTQI+, è diventata estremamente importante negli ultimi anni.

"I governi latinoamericani devono essere consapevoli dei reali vantaggi dell'”ordine mondiale liberale”, che non sempre ha servito i loro interessi, ma è stato una piattaforma efficace per il rinforzamento dello Stato di diritto o la protezione dei diritti umani attraverso il diritto internazionale".

Cosa ha da offrire l'Occidente al Sud globale?

Se l'Occidente vuole vincere questa situazione, ha bisogno di "una politica estera più dignitosa", avverte “Stubb”.

Ciò comporterebbe "limitare gli alti standard morali" e cercare di "impegnarsi nel dare al Sud del mondo una certa capacità di azione".

In effetti, il Sud America, l'Africa, gran parte dell'Asia e il Medio Oriente sono a malapena rappresentati in importanti organismi globali come il “Fondo monetario internazionale” o la “Banca mondiale”, anche se costituiscono i due terzi della popolazione mondiale.

Nessun Paese del Sud del mondo è membro permanente del “Consiglio di sicurezza dell'Onu”.

E anche il commercio con questi Paesi, sottolinea “Stubb”, andrebbe ampliato.

Il futuro dell'ordine geopolitico mondiale dipende quindi dal Sud del mondo e dall'importanza che l'Occidente è disposto a dargli, ma anche dalla sua politica nei confronti della Cina.

 "Le nostre relazioni con la Cina sono tra le più complicate e importanti al mondo", ha riassunto “Ursula von der Leyen” nel suo primo discorso interamente dedicato alla Cina.

"Se l'Occidente vuole mantenere l'ordine liberale e normativo, dovrà andare al tavolo dei negoziati", dice “Stubb”.

"I cinesi non vogliono un ordine liberale, ma magari alcuni elementi di un ordine mondiale normale e basato su regole sì.

È questo l'equilibrio che dobbiamo trovare".

 

 

 

CARRIERA “ALIAS” NELLE FORZE ARMATE.

Ideologia LGBTQ fa Breccia nel

 Ministero della Difesa.

Crosetto Cade dalle Nubi.

Vannacci Muto!

Gospanews.net - Piero Angelo De Ruvo – (31 Gennaio 2024) – ci dice: 

 

Il Ministero della Difesa, direzione generale per il personale civile, nelle scorse settimane ha emanato, agli stati maggiori, alle direzioni generali ed ai reparti, delle linee guida avente come oggetto: “Attivazione e gestione di un’identità Alias per persone in transizione di genere”.

In linea di principio potrebbe trattarsi di comuni linee guida che affrontano una materia delicata, che riguardano la sfera dell’identità personale e dell’espressione di genere e sessuale.

 Purtroppo, quello che lascia indignata una società democratica è proprio la mancanza di comunicazione e trasparenza di una colonna vitale del paese, la Difesa, dove all’interno ognuno ha il suo “orticello” giocando il ruolo di piccolo imperatore.

La dimostrazione è data dalle affermazioni fatte sui social dal Ministro della Difesa.

“Guido Crosetto”:

Lo scopro ora, e non avendolo visto suppongo non sia stato coordinato né con Segretario Generale (da cui dipende la Direzione) né con Gabinetto o Ufficio Legislativo.

 Il Direttore ha probabilmente ritenuto che l’applicazione del contratto collettivo lo esimesse da condivisione”.

Il dicastero, infatti, con una circolare rivolta al personale civile, ha recepito le disposizioni del contratto nazionale per il pubblico impiego e in particolare l’art.21 del CCNL (Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori) “al fine di eliminare situazioni di disagio ed evitare che possano realizzarsi forme di discriminazione”.

Motivazioni per l’Uso di Identità Alias.

In principio l’identità alias veniva utilizzata per motivi più gravi, come la protezione personale o la sicurezza in situazioni in cui la persona desidera nascondere la propria vera identità per ragioni legate alla privacy o alla sicurezza specialmente in un’era digitale in cui la nostra vita è sempre più connessa da giralink sempre più convulsivi, passando nell’ambito artistico dove scrittori e attori spesso utilizzano pseudonimi per scopi professionali, permettendo loro di separare la loro vita personale dalla carriera pubblica, fino ad arrivare ad un vero e proprio Cambiamento di Identità.

In alcune situazioni, le persone possono adottare un alias per intraprendere un nuovo percorso di vita, lontano dal loro passato o per sfuggire a situazioni difficili…

Tuttavia, è importante notare che l’uso di alias può variare notevolmente in base al contesto e alle intenzioni della persona coinvolta.

Successivamente l’uso di identità alias, o pseudonimi, divenne sempre più diffuso nella società moderna, con individui che scelgono di nascondere la propria identità per una serie di motivazioni.

Alcune persone scelgono di adottare una identità alias come parte di un processo di cambiamento o rinascita.

Questo può verificarsi in situazioni in cui un individuo desidera lasciarsi alle spalle un passato difficile o iniziare una nuova fase della propria vita.

 L’uso di un alias può essere legato alla ricerca di una nuova identità, permettendo alle persone di esplorare aspetti diversi di sé stesse o di adottare ruoli che differiscono dalla loro vita quotidiana.

In definitiva, l’identità alias nella società moderna riflette la complessità delle relazioni umane e l’evoluzione delle forme di espressione individuale.

Tuttavia, è importante bilanciare l’uso di alias con la comprensione delle implicazioni legali e sociali, per garantire un approccio equilibrato e consapevole a questa pratica.

Importanza Culturale.

L’uso di identità alias ha anche una rilevanza culturale, riflettendo la nostra società in continua evoluzione in un mondo sempre più interconnesso.

 L’identità alias nella società contemporanea gioca un ruolo significativo e diversificato, influenzato da una serie di fattori culturali, tecnologici ed emotivi.

 Questa pratica, si manifesta in vari contesti e presenta molteplici sfaccettature come quello del cambiamento sessuale, questo può manifestarsi in vari modi e può essere influenzata da diversi fattori e può riguardare sia il cambio di genere che il riconoscimento di una propria identità sessuale che può differire da quella assegnata alla nascita.

In alcune comunità LGBTQ+ (l’acronimo “LGBTQ+” rappresenta lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e altri individui e comunità legati da esperienze e identità sessuali e di genere diverse), l’uso di alias può essere comune e accettato come parte integrante dell’espressione individuale.

Questo può creare uno spazio di sostegno per coloro che stanno attraversando esperienze simili.

 È importante sottolineare che ogni persona affronta il proprio percorso di esplorazione e affermazione dell’identità sessuale in modo unico. L’uso di un alias può essere una scelta personale e significativa, che può contribuire al benessere e all’autenticità della persona coinvolta.

Nel contesto di un cambiamento sessuale, il rispetto per le scelte individuali e la comprensione delle esperienze uniche di ciascuno sono fondamentali.

È importante sottolineare che l’identità di genere e l’orientamento sessuale sono aspetti fondamentali della diversità umana, e il rispetto per la varietà di identità contribuisce a una società più inclusiva e tollerante.

Le persone LGBTQ+ possono utilizzare alias o pseudonimi per proteggere la loro privacy o per esprimere liberamente la loro identità di genere o sessuale.

 La sensibilizzazione e l’educazione sulla diversità sono fondamentali per promuovere la comprensione e il rispetto reciproco.

 

Cambiamento e Rinascita.

 

L’identità di genere si riferisce al modo in cui una persona si identifica in termini di genere, che può corrispondere o non corrispondere al sesso assegnato alla nascita.

 Ad esempio, una persona assegnata come maschio alla nascita potrebbe identificarsi come donna, e viceversa.

Alcune persone si identificano come entrambi i generi, nessuno, o in modo fluido.

 L’espressione di genere riguarda come una persona esteriorizza la propria identità di genere attraverso comportamenti, abbigliamento, stile e altri modi di presentarsi.

 Insieme, questi concetti sottolineano la complessità e la varietà delle identità umane.

 Ognuna di queste componenti può essere influenzata da fattori biologici, psicologici, sociali e culturali.

Rispettare e comprendere la diversità di identità di genere e di espressione è fondamentale per costruire società inclusive e rispettose delle persone.

Ma dietro ogni ideologia, si annidano delle farse menzogne che fanno perdere di vista la realtà danneggiando i più fragili specie se in età scolare, dando false speranze che un travestimento o, peggio, un intervento farmacologico o addirittura con un’operazione mutilante di chirurgia plastica possano risolvere le loro fragilità.

Sempre parlando di scuola, il “monsignor Douglas Rigattieri, vescovo di Cesena-Sarsina ha dichiarato:

 «L’espressione “identità di genere” mira chiaramente ad annullare la differenza, il dualismo uomo-donna, a vantaggio di un’autopercezione individuale, tesa a cancellare la differenza sessuale, a creare una confusione antropologica che confonde e sicuramente lede il principio di condivisione, reciprocità uomo-donna, su cui si fondano la famiglia e l’educazione».

“Carriera Alias” dall’ideologia trans al Ministero della Difesa.

In questa BABELE di sigle, cambiamenti, identità fluttuanti, la carriera alias è infatti quell’escamotage, inventato dalle organizzazioni LGBTQ+, secondo cui un uomo che si sente donna (e viceversa) debba avere i diritti e le prerogative proprie dell’altro sesso, dal cambio di identità a quello di bagni e spogliatoi, diritti sacrosanti, ma chi difenderà i diritti, la sicurezza e la privacy delle donne e degli uomini che lavorano nello stesso Ministero?

Ancora una volta la donna verrà sminuita dei suoi diritti di donna e di mamma, dove le conquiste ottenute dopo decenni di battaglie, verranno soppiantata dall’identità alias soppiantando la priorità educativa delle famiglie scavalcato da iniziative ideologiche sociali scolastiche, un tentativo meschino di aggirare la normativa italiana, l’ennesimo modo per mettere gli italiani di fronte al fatto compiuto.

In definitiva quello che hanno tentato di fare alla chetichella nelle Forze Armate, senza che il governo Meloni o il Ministro della Difesa, ne fossero minimamente a conoscenza, questo fa nascere discutibili immaginazioni sulla condotta del dicastero.

Chissà con quali ulteriori esternazioni ci avrebbe affascinato il Generale Vannacci nel suo libro, all’indomani dell’introduzione delle linee guida “alias” all’interno della Difesa, dove per altro si era già espresso contro i gender e comunità LGBTQ+, ma adesso resta muto per poter preservare l’incarico di prestigio datogli da Crosetto e dalla Forza Armata.

Un incarico, quello di “Capo di Stato Maggiore del Comando Forze Terrestri”, dove non prevede poteri autonomi ma assicura visibilità maggiore dell’incarico precedente, un trampolino di lancio per eventuali nomine nei partiti governativi ed allo stesso tempo uno scudo invisibile dove l’istruttoria aperta per la pubblicazione del suo libro potrebbe trasformarlo in un perseguitato dalle istituzioni.

Non a caso il narratore in divisa, si è appena iscritto ad una sigla sindacale militare, nonostante quest’ultima abbia preso a suo tempo le distanze e dichiarato il libro di Vannacci farneticazioni, le stesse diventate dogmi, a distanza di qualche mese, pur di avere visibilità, senza accorgersi che l’iscrizione sia stata solo un ulteriore asso nella manica del venditore di scritti, al fine di poter ottenere, ma siamo sicuri che non sia questo il caso,  i benefici che i dirigenti sindacali godono, visto il procedimento disciplinare a cui è sottoposto e di cui la stesso sigla “ha lanciato un appello al ministro della difesa, sollecitando ponderazione e dialogo nell’inchiesta che coinvolge il Generale”.

Arma di divisione di massa.

L’ideologia “Alias” ha offuscato e continua ad offuscare le menti, nascondendo dietro una falsa emancipazione, il fomentare un conflitto tra omosessuali ed eterosessuali, alla stessa stregua della divisione sociale avvenuta con i vaccini, nascondendo in maniera artificioso i tagli che stanno perpetrando a tutto l’indotto scolastico.

Infatti, si investe tempo e risorse nello sviluppare l’identità alias, lasciando alla deriva gli aiuti a studentesse in sopravvenuto stato di gravidanza oppure studenti che versano in precarie condizioni economiche, che hanno perso casa per calamità naturali e vivono ancora in baracche.

«Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre» (Is 5, 20).

(Piero Angelo De Ruvo).

 

 

 

 

Lavrov: "Percepiamo i BRICS

 come il bastione, il prototipo

 di un mondo multipolare."

   Lantidiplomatico.it – (31 – 1- 2024) - La Redazione de l'Antidiplomatico – ci dice:

 

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che Mosca vede il blocco dei BRICS come il prototipo di un mondo multipolare.

 Il ministro degli Esteri russo è intervenuto alla prima riunione degli "sherpa", rappresentanti dei Paesi BRICS, nell'ambito della presidenza russa dell'organizzazione.

 Per la prima volta, i rappresentanti di cinque nuovi membri dei BRICS - Egitto, Iran, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Etiopia - hanno partecipato a una riunione di questo formato.

"Percepiamo i BRICS come il bastione, il prototipo di un mondo multipolare, alla cui creazione - in nome di un futuro più luminoso e armonioso per i nostri popoli - cerchiamo tutti di contribuire", ha dichiarato durante l'incontro.

Nel dare il benvenuto ai cinque nuovi membri, il ministro degli Esteri russo ha sottolineato che l'adesione di nuovi Stati alla BRCS "rafforza il partenariato strategico e la posizione internazionale" del blocco e ha indicato che sono in arrivo molte richieste di adesione da parte di altri Paesi.

Lavrov ha promesso di attribuire particolare importanza alla questione durante la presidenza russa dell'organizzazione internazionale.

Il Ministro degli Esteri russo ha sottolineato che "le statistiche parlano da sole:

il PIL totale dei Paesi BRICS è già pari a circa un terzo dei corrispondenti valori mondiali e ha superato i corrispondenti indicatori del G7".

Ha inoltre affermato che i Paesi BRICS rappresentano il 30% della superficie mondiale, il 45% della popolazione mondiale, hanno volumi significativi di produzione mondiale di petrolio e di altre risorse, oltre ad esportare un quarto dei prodotti mondiali.

"Credo che, con un potenziale così ricco, non possiamo permetterci di essere solo un osservatore esterno e di rimanere sulla scia dei processi storici, soprattutto viste le speranze che i Paesi del Sud e dell'Est del mondo ripongono nei BRICS", ha affermato. In questo contesto, il ministro ha sottolineato che il blocco BRICS+ "è pienamente in grado di plasmare l'agenda globale, difendendo coerentemente gli interessi della maggioranza mondiale, offrendo la sua visione dei contorni del futuro ordine mondiale basata sullo sviluppo oggettivo degli eventi e non su schemi artificialmente costruiti per frenare lo sviluppo dell'umanità".

Per quanto riguarda l'allargamento dei BRICS, il capo della diplomazia russa ha sottolineato che "non si intende in alcun modo creare un meccanismo per una nuova dittatura della maggioranza mondiale".

 "In tutte le nostre azioni e dichiarazioni, tutti i Paesi del nostro [blocco] sottolineano sempre che siamo aperti in qualsiasi momento a un dialogo onesto e paritario", ha affermato il ministro, aggiungendo che sarà prestata particolare attenzione all'ingresso senza problemi dei nuovi membri dell'organizzazione nelle sue attività quotidiane.

 

Lavrov ha definito i BRICS come "una base organizzativa a livello generale per il Sud e l'Est globale" e ha sottolineato che si realizza "non su base di blocco, ma sui principi del rispetto reciproco, della scelta sovrana del percorso di sviluppo e della garanzia pratica del principio chiave della Carta delle Nazioni Unite - l'uguaglianza sovrana degli Stati".

Ordine dell’Amicizia allo sherpa sudafricano.

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha consegnato l'Ordine dell'Amicizia all'ambasciatore fuori sede del Ministero degli Esteri sudafricano, lo sherpa “Anil Suklal”.

 Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto corrispondente nel dicembre 2023.

“Vorrei svolgere un'importante missione a nome del Presidente e consegnare l'Ordine dell'Amicizia all'Ambasciatore fuori sede del Ministero delle Relazioni Internazionali e della Cooperazione del Sud Africa, lo Sherpa del Sud Africa nei BRICS, Sig. Anil Suklal", ha detto in una sessione nell'ambito del primo incontro degli sherpa e sotto-sherpa dei BRICS a Mosca.

Lavrov ha aggiunto che la Federazione Russa conosce “Suklal” come un diplomatico di principio, convinto della necessità della prosperità comune dell'umanità.

Il rappresentante del Sudafrica è stato anche all'origine di numerose iniziative nei BRICS, ha osservato il ministro.

 "Non rivelerò un segreto se dico che nonostante tutto “Anil Suklal” è un grande amico di tutti i paesi qui rappresentati, vorrei sottolineare in particolare l'amicizia dei suoi compagni russi con lui.

È stato qui diverse volte, conosce in larga misura le nostre tradizioni nazionali in tutti i loro aspetti. Ciò è stato facilitato dal fatto che negli anni delle nostre precedenti presidenze abbiamo organizzato qui eventi BRICS”, ha affermato il capo del Ministero degli Esteri russo.

Lavrov ha osservato che Mosca apprezza molto l’atteggiamento di “Suklal” nei confronti del rafforzamento del partenariato strategico tra Russia e Sudafrica.

 

 

 

Il crollo della “rete eversiva” di

George Soros: la fine

dell’epoca del mondialismo.

Lacrunadellago.net – (07/07/2023) – Cesare Sacchetti – ci dice:

 

Fine di un’epoca e di un impero. Potrebbe essere questa la sintesi per descrivere quanto sta accadendo alla” rete delle ONG” di George Soros.

Il famoso, o forse sarebbe più appropriato dire famigerato, magnate di origini ungheresi ed ebraiche ha annunciato che verrà licenziato il 40% del personale che lavora per la sua altrettanto famigerata” Open Society”.

La rete di questa “ONG” negli ultimi quattro decenni è arrivata pressoché ovunque nel globo e si è posta uno scopo preciso.

Non soltanto quello della mera promozione del culto dei diritti umani ma soprattutto quello di infiltrare le istituzioni di quei governi che sono riluttanti ad aderire a tale culto.

Questo spiega perché in passato sono sorti problemi tra alcuni governi e le “ONG di Soros “alle quali è stata mostrata la porta.

 I casi più celebri sono quelli della Russia di Putin e dell’Ungheria di Orban che hanno stabilito che la “Open Society” è soggetto indesiderato nei rispettivi Paesi.

Dietro l’acronimo di ONG si cela il nome di organizzazione non governativa che è una delle principali forme associative scelte delle élite liberali globaliste per imporre ai governi l’agenda del mondialismo.

George Soros in questo senso ha assunto un ruolo di assoluto rilievo. È stato l’uomo che nel bene, poco o inesistente, e nel male, molto e abbondante, ha cambiato la storia dell’Occidente negli ultimi 40 anni.

A Soros è stato assegnato un compito molto specifico.

Quello di promuovere un’idea di società che rifiutasse qualsiasi legame con il passato dell’Occidente cristiano e che sostituisse le sue tradizioni religiose e la sua identità etnica con un feticcio secolare composto dal famigerato “melting pot” nel quale i migranti afro-asiatici diventano i nuovi cittadini “eletti” di questa società.

I popoli nativi dell’Europa Occidentale in tale visione sono considerati un intralcio in quanto custodi della vecchia identità da sopprimere ed è per questo che il fiume di denaro di Soros è giunto soprattutto nelle ONG che praticano il traffico di esseri umani.

 

L’immigrazione di massa è indispensabile per giungere a quella sostituzione etnica di cui parlava un precursore di Soros, il “conte Kalergi”, che ha molto in comune con il magnate americano.

L’abbattimento di ogni barriera e confine è indispensabile per consentire tale invasione e mettere fine all’idea stessa di nazione.

Le origini di George Soros: l’uomo dei Rothschild.

Occorre però interrogarsi su com’è nato George Soros e la sua rilevanza pubblica per comprendere quali forze abbiano costruito il suo personaggio.

Per risalire alla genesi di Soros è necessario dunque tornare indietro ai primi anni della carriera del finanziere che risale alla fondazione nel 1973 del suo celebre fondo di investimenti “Quantum Fund”.

Il” Quantum Fund” viene stabilito nelle Antille Olandesi e questa scelta non è certo dettata dalla casualità.

Le “Antille Olandesi” sono un vero e proprio “paradiso fiscale” e la trasparenza sui soci che versano i capitali alle società registrate lì è praticamente minima.

La genesi di George Soros come finanziere internazionale non viene da un suo presunto genio speculativo quanto dall’essere stato scelto da determinati soggetti molto potenti in tale ambiente come quello che nel mondo finanziario è noto con il nome di “front man”, ovvero figurante o prestanome di altri personaggi ben più potenti.

Se si guarda infatti ai nomi dei direttori del suo fondo di investimenti si incappa in personaggi quali “Richard Katz” e “Nils Taube”.

Probabilmente tali nomi non diranno molto al lettore, ma questi due personaggi vantano degli strettissimi legami con la famiglia principe della finanza internazionale, i “Rothschild”, in particolare il ramo britannico.

Katz infatti è stato direttore della N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra nel 1988 ed era molto vicino ad un noto personaggio della famiglia in questione, “Evelyn de Rothschild”, scomparso recentemente.

Evelyn è stato tra l’altro per anni il proprietario esclusivo della celebre rivista britannica “The Economist” nota per le sue copertine alquanto simboliche tra le alte sfere dei poteri mondiali.

“Taube” invece era socio nel 1993 della banca d’affari, la “Saint James Place Capital”, di un altro noto esponente dei Rothschild, “Jacob”.

Ovunque si guardi intorno al personaggio Soros si trovano uomini e agenti di questa potentissima famiglia di banchieri.

I “Rothschild” utilizzano da molto tempo una rete di prestanome ai quali intestano varie società e nelle quali sono depositati tutti i loro immensi capitali.

Il modus operandi di questa famiglia è praticamente immutato sin dalle origini della dinastia.

Sono diversi gli storici, ovviamente non quelli eletti dalla storiografia liberale, che hanno documentato come già nel 1800 la famiglia Rothschild si servisse di agenti in altri Paesi per occultare le sue attività finanziarie.

Il ricercatore americano “Eustace Mullins” nel suo libro “I segreti della Federal Reserve” riporta come il fondatore della nota “banca JP Morgan”, “John Pierpont Morgan”, non fosse altro che un rappresentante dei banchieri di Londra.

L’enorme impero bancario di Morgan che sussiste tuttora ai giorni nostri non sarebbe altro quindi che una emanazione di quello londinese dei Rothschild.

Di generazione in generazione, i membri di questa famiglia hanno tenuto fede all’insegnamento del loro fondatore e capostipite,” Mayer Amschel de Rothschild”.

“Amschel” era un cambiavalute di Francoforte che si era fatto strada alla fine del 700 diventando il consigliere finanziario di diversi principi e nobili dell’epoca.

Alla sua morte avvenuta nel 1812, trasmise una massima ai suoi cinque figli che ancora oggi è una regola ferrea della famiglia.

La vera entità del patrimonio non avrebbe mai dovuto essere rivelata al mondo esterno, e certamente il modo migliore per farlo era quello di costruire una infinita rete di scatole cinesi e di prestanome sotto i quali nascondere il patrimonio di famiglia.

Attraverso questo meccanismo, i “Rothschild” sono rimasti pressoché sconosciuti all’opinione pubblica ed è stato questo probabilmente il loro potere più grande.

Quello di agire nell’ombra e di conquistare a poco a poco tutte le ricchezze delle nazioni fino a diventare loro i padroni di un vasto impero mondiale.

C’è uno storico aneddoto che dimostra la spregiudicatezza di questi banchieri.

Nel 1815, quando Napoleone perse la battaglia di Waterloo,” Nathan Rothschild” fu responsabile di quello che si può definire come “il primo aggiotaggio della storia”.

Il banchiere sapeva già in anticipo rispetto agli altri concorrenti che Napoleone aveva perduto ma ingannò i mercati.

Iniziò a vendere i titoli inglesi e tutti lo seguirono credendo che avesse ricevuto informazione della sconfitta della corona britannica.

 In realtà, già sapeva della vittoria inglese e ordinò di ricomprare i titoli quando giunsero al minimo possibile e un attimo prima che si diffondesse la notizia della sconfitta di Napoleone.

In un colpo solo, “Nathan de Rothschild” accumulò una cifra pari a 1 milione di sterline quando il salario annuale era pari allora a 50 sterline all’anno.

La famiglia di banchieri di origini askenazite attraverso il suo impero finanziario divenne la vera padrona della corona britannica e dei suoi successivi governi.

Soros si colloca pienamente in questa fitta tela fatta di società offshore e altri fondi di investimento quali “Vanguard” e “BlackRock” i cui azionisti di maggioranza non vengono resi noti al pubblico.

Non si tratta altro infatti che dell’ennesimo agente dei Rothschild che ha ricevuto per le mani un’enorme liquidità che gli è stata data per raggiungere determinati scopi.

I fondi di Soros hanno rovesciato governi ostili ai Rothschild.

Un’associazione americana, la” Media Research Center,” ha calcolato che il finanziere ha versato nelle casse “Open Society “dal 1984 ad oggi la enorme cifra di 32 miliardi di dollari.

E questo fiume di denaro ha certamente ingerito e cambiato il destino di molti Paesi.

Sono innumerevoli gli esempi che si potrebbero fare a questo proposito e si può citare il caso dell’Ucraina solamente perché esso è il più vivo e presente nelle cronache attuali.

Se oggi l’Ucraina si trova in mano ad un manipolo di sanguinari nazisti lo si deve a uomini come Soros.

Nel 2014 fu lui ad attivare la sezione locale della sua “Open Society” e a ordinare il cambio di potere ai vertici della presidenza ucraina allora nelle mani di “Viktor Yanukovich.”

 

Yanukovich era considerato troppo vicino a Mosca e non abbastanza all’Unione europea e quindi era necessario attuare un golpe che nel gergo sorosiano è noto come “rivoluzione colorata”.

Quando ciò accade vediamo le strade di un determinato Paesi pullulare di manifestanti che spesso non sono nemmeno locali ma stranieri reclutati e assoldati per l’occasione per chiedere con forza la fine di un governo.

Quando ciò non basta si ricorre anche a metodi più violenti come visto con l’”Euromaidan” quando cecchini non appartenenti al governo di Yanukovich aprirono il fuoco sui manifestanti radunatisi nel febbraio 2014 nella piazza Maidan di Kiev.

Una successiva telefonata intercettata tra “Catherine Ashton”, allora capo della diplomazia dell’UE, e “Urmas Paet”, ex ministro degli Esteri estone, ha rivelato come furono i “leader della opposizione nazista protetti dall’amministrazione Obama e dalla Open Society” a compiere il massacro di 95 persone.

I nazisti avevano necessità di radicalizzare il più possibile le proteste e decisero di perpetrare la strage per arrivare al rovesciamento di “Yanukovich” e consegnare il potere alla loro frangia nazista.

A permettere tale passaggio di consegne è stato George Soros che si vantò anche pubblicamente della sua attività da eversore internazionale.

Qui si vede anche il corto circuito del liberalismo della società aperta che da un lato predica i cosiddetti diritti umani e dall’altro non si fa particolari scrupoli a reclutare assassini e personaggi con la svastica tatuata sul petto pur di raggiungere i propri scopi.

La società aperta di Soros dunque serve a questo.

 Serve a rovesciare quei governi ostili e in opposizione al disegno del governo globale voluto dalle “grandi” famiglie della finanza quali i Rothschild, i Rockefeller e i Warburg.

La fine della globalizzazione e del potere finanziario.

Ciò che sta cambiando adesso è la struttura del potere economico e finanziario che ha consentito a tali famiglie di avere un monopolio assoluto sull’economia mondiale negli ultimi 30 anni.

La globalizzazione che ha trasferito tutte le ricchezze nell’1% della popolazione mondiale sta volgendo al termine.

Non si contano i licenziamenti delle “grandi” corporation e gruppi bancari quali Amazon, Facebook, Goldman Sachs e Morgan Stanley.

Il fondo di investimenti citato in precedenza e che possiede una sterminata rete di società,” BlackRock”, stavolta ha avuto gli onori delle cronache per le ragioni che non avrebbe voluto.

È il fondo che ha perduto il più alto ammontare di capitali lo scorso anno quando ha visto andare in fumo la cifra da capogiro di 1,7 trilioni di dollari.

Se dunque stiamo per entrare nell’epoca della de-globalizzazione e della fine dell’assolutismo dell’alta finanza è del tutto naturale che uno degli agenti di tale sistema inizi ad uscire di scena.

I licenziamenti della Open Society sono la conseguenza della crisi di tale sistema.

A questo si aggiunga che Soros ha lasciato il suo impero in declino al figlio” Alexander” che viene giudicato debole e privo della necessaria spregiudicatezza del padre.

È la fine di un’epoca.

 È la fine dell’epoca della rivoluzione permanente che ha seminato caos e violenza nel mondo in nome delle ambizioni mondialiste.

Sarà un’epoca diversa quella che arriverà dove le nazioni avranno un ruolo da protagoniste e non da comprimarie come è stato negli anni dell’internazionalismo globale.

In questa epoca che sta per iniziare, non ci sarà posto per uomini come George Soros.

 

 

 

 

La tragica autodistruzione

di un Israele infuriato.

Unz.com - ALASTAIR CROOKE – (29 GENNAIO 2024) – ci dice:

 

Le energie della resistenza trafiggeranno la "rivoluzione" propria dell'Occidente e provocheranno la "guerra civile"

Israele è inscatolato, come sta diventando evidente a molti israeliani. Un corrispondente israeliano (ex segretario di gabinetto) ne illustra la natura:

"Il significato del default del 7 ottobre non è solo la perdita di vite umane... ma soprattutto la potenziale trasformazione del modo in cui Israele viene percepito... come non più temuto dagli attori mediorientali".

 

"La leadership israeliana deve interiorizzare il fatto che non possiamo più accontentarci di un 'senso di vittoria' tra l'opinione pubblica israeliana... È dubbio che la vittoria a Gaza sia sufficiente a riportare la paura di Israele ai livelli che avevamo nei confronti di Israele. i nostri nemici.

Una vittoria che si riducesse semplicemente al rilascio dei prigionieri e alle misure di rafforzamento della fiducia per la creazione di uno Stato palestinese non sarebbe sufficiente a rafforzare l'immagine di Israele a questo riguardo".

"Se il pantano di Gaza... porta la leadership [israeliana] a comprendere che non esiste la capacità di presentare una vittoria chiara su questo fronte, che porti a un cambiamento strategico nella regione, devono considerare di cambiare fronte e di riaffermare la situazione israeliana. deterrenza attraverso l'eliminazione della minaccia strategica in Libano... la vittoria contro una delle organizzazioni terroristiche più ricche e potenti del mondo – Hezbollah – può ripristinare la deterrenza nella regione in generale... Israele deve eliminare la minaccia dal nord e smantellare la struttura di potere che Hezbollah ha costruito in Libano, indipendentemente dalla situazione nel sud".

 

"Ma senza la vittoria del Sud, un risultato significativo del Nord diventa ancora più importante".

La citazione di cui sopra va direttamente al nocciolo della questione. Cioè: 'Come si può salvare il sionismo?'

 Tutto il resto dei "bla-bla" provenienti dai leader mondiali sono in gran parte dei bluff.

Non solo Gaza NON dà agli israeliani un senso di vittoria; al contrario, sta proliferando ampiamente una rabbia violenta per una sconfitta a sorpresa, "vergognosa".

Alcuni nel gabinetto di guerra (ad esempio Eisenkot) suggeriscono che Israele guardi la verità negli occhi:

dovrebbe capitolare davanti ad Hamas;

dare una possibilità al cessate il fuoco; liberare i palestinesi incarcerati e salvare gli ostaggi tenuti a Gaza:

"Penso che sia necessario affermare con coraggio che è impossibile riportare indietro vivi gli ostaggi nel prossimo futuro senza un accordo [di cessate il fuoco], e chiunque dia bugie al pubblico, lo fa".

Ma questo non è il sentimento predominante tra gli israeliani:

l'ultimo del “Peace Index” riflette l'oscurità diffusa:

il 94% degli ebrei pensa che Israele abbia usato la giusta quantità di potenza di fuoco a Gaza (o "non abbastanza" (43%)).

Tre quarti di tutti gli israeliani pensano che il numero di palestinesi danneggiati da ottobre sia giustificato per raggiungere gli obiettivi prefissati;

ben due terzi degli intervistati ebrei affermano che il numero delle vittime è decisamente giustificato (solo il 21% dice che è "abbastanza" giustificato).

Il vero prezzo che Israele pagherà, tuttavia, non sarà semplicemente il rilascio dei prigionieri palestinesi (sebbene ciò, di per sé, creerebbe un tumulto popolare); ma piuttosto, è la paura che l'acquiescenza alle richieste di Hamas significherebbe la fine del paradigma di sicurezza israeliano.

Questo paradigma consiste in un "contratto" quasi religioso secondo cui gli ebrei godranno di sicurezza ovunque e in ogni luogo in terra di Israele – determinato dall'elaborata matrice di radicale insicurezza dello spazio e dei diritti imposti ai non ebrei (cioè ai palestinesi), contro la piena forza di protezione e sovranità per gli ebrei.

Ciò costituisce il paradigma universale a garanzia della sicurezza ebraica.

"La soluzione sionista non è una soluzione. Stiamo arrivando ad una situazione in cui il popolo ebraico che vive a Sion vive in una condizione di totale insicurezza... dobbiamo tenere conto del fatto che Israele sta causando una riduzione della sicurezza degli ebrei della diaspora, invece del contrario.

Quindi questa soluzione sionista è molto carente, e dobbiamo esaminare cosa ha causato questa carenza".

Il discorso odierno degli outsider sulla nozione di due Stati non può essere una "soluzione" alle tensioni attuali – ed è falso.

E, scrive il principale commentatore israeliano, “Alon Pinkas”, la Casa Bianca e Netanyahu lo sanno.

 È fasullo perché lo zeitgeist israeliano è l'attuale psiche fatta di paure e richieste di vendetta lo precludono;

perché i fanatici dei coloni non verranno rimossi senza fiumi di sangue;

 e perché i due Stati per la maggior parte degli israeliani rappresentano una minaccia per la fine del sionismo poiché il gruppo non ebraico insisterà sulla parità di diritti:

 cioè non ci saranno più diritti speciali per un gruppo di popolazione (ebrei) rispetto ad un altro (non ebrei). cioè palestinesi).

Anche il discorso su un accordo di normalizzazione dell'Arabia Saudita è falso:

 l'Arabia Saudita è vincolata all'Iniziativa di pace araba guidata dall'Arabia Saudita del 2002 (uno Stato palestinese come precondizione per la normalizzazione);

e perché l'Autorità Palestinese non può essere facilmente "ricostruita" come braccio di sicurezza "Vichy" di Israele per tormentare i suoi compagni palestinesi.

Allora perché tutto questo atteggiamento con "soluzioni", svincolate dalle realtà politiche?

Ebbene, questo dibattito si addice sia a Biden che a Netanyahu.

 Il team Biden è in modalità di contenimento.

La Casa Bianca spera – attraverso il contenimento – di "spegnere" le fiamme della febbre della guerra sollevate dall'assalto a Gaza fino a ridurle "a fuoco basso", e quindi di far scivolare impercettibilmente la situazione verso la "quiete" regionale che l'Amministrazione ritiene "appropriata" ad un anno elettorale.

A tal fine, parlare di normalizzazione saudita e di due Stati è un "ciuccio" (anche se fasullo) per far sembrare che Biden stia "gestendo" il conflitto ed evitandone l'allargamento.

E, per quanto riguarda Netanyahu, può ostentare quanto sia robusto e coraggioso un "guerriero", opponendosi agli Stati Uniti e dicendo "No" a qualsiasi stato palestinese.

Eppure la realtà è che Israele è inscatolato, con la scatola che viene progressivamente stretta.

 La situazione si avvicina sempre di più alla tragedia, dove la "tragedia" non nasce per puro caso.

 Succede perché doveva accadere; a causa della natura dei partecipanti; Perché gli attori coinvolti lo fanno accadere.

E non hanno altra scelta che farlo accadere perché, beh...

Questa è la loro natura.

Questo è il caso qui – l'ex poeta laureato britannico, “Ted Hughes”, ha scritto del violento conflitto religioso nell'Inghilterra elisabettiana causato dalla soppressione puritana calvinista del vecchio cattolicesimo, in cui la "Dea delle precedenti credenze pagane" – le naturali energie umane di questi ultimi ancora fiorenti – alla fine esplose in una forma feroce e furiosa per distruggere l'eroe puritano.

Sostituite la repressione puritana con un” dio Jehovan” infuriato che aborrisce l'antica immaginazione e civiltà islamica (per il suo presunto tradimento e odio letale verso Israele) per dare il contesto alla "verità" di Shakespeare.

 

Il filo conduttore di “Ted Hughe”s è quello della storia dell'Inghilterra come fardello della colpa protestante.

Shakespeare, scrive, era ossessionato dalla sensazione che non molto tempo fa l'Inghilterra fosse un paese cattolico che «si era indurito nel protestantesimo».

 Nel poema “Il ratto di Lucrezia”, l'anima del re romano viene "deturpata" dal ratto di Lucrezia da lui perpetrato.

Alla fine, con questo atto, il re perde tutto e viene bandito.

La pura Lucrezia si suicida.

Ecco il punto:

“Ted Hughes” ha scritto dei miti concorrenti dell'era di Shakespeare, Tarquinio (il re romano) rappresenta "il puritano adoratore di Geova", il cui mito della creazione gli dice che è il Dio trascendente e onnipotente a comandare, non la divinità "l'Altro".

 Nel suo zelo, il re romano si propone di distruggerla (che rappresenta l'"altro"). Ma queste mutevoli forze puritane alla fine si rivelano auto distruttive.

Biden (per così dire) ha abbracciato l'impulso ebraico di annientare la violenta "alterità" che esplode da Gaza, ma presumibilmente ha la sensazione che, così facendo, ha oltrepassato una "linea morale invisibile".

È complice dei crimini che successivamente hanno colpito Gaza.

 Deve assumersi una parte di colpa. Eppure deve persistere.

Non ha scelta.

Deve lasciare che Gaza (e forse anche il Libano) accada, perché questa è la natura di Biden.

E “Hamas” e “Hezbollah” non possono ritirarsi, perché queste energie collettive represse sono state liberate.

È troppo tardi per fermare l'impulso rivoluzionario.

 Un impulso che si sta allargando alla Cisgiordania;

nello Yemen, in Iraq e oltre.

I porti israeliani sono ora circondati e sotto assedio missilistico.

Netanyahu, al contrario, timoroso della crescente disfatta a Gaza, si è spinto verso la classica modalità "eroe".

Da un lato, può essere definito in senso stretto come quel genere di mito che celebra l'ascesa di un eroe maschile che parte per una ricerca, affrontando ostacoli terrificanti lungo la strada, e che dimostra il suo coraggio in combattimento, tornando infine a casa tra l'adulazione.

Dall'altro, nel racconto di Omero, però, gli eroi con lo status più alto sono quelli più vulnerabili alla vergogna.

Qualsiasi sgarbo o inversione può minacciare l'intera identità di un leader, così come la sua posizione agli occhi dei suoi pari.

Coloro che godono dello status più elevato possono essere maggiormente danneggiati dalla perdita.

“Hector” resiste agli appelli dei suoi amici e della sua famiglia a non andare in guerra, e invece va incontro alla morte.

La sua solitudine e l'allontanamento dai suoi cari aggiungono pathos allo strazio dei momenti immediatamente prima della sua morte, quando improvvisamente si rende conto che gli dei lo hanno ingannato e condotto al suo destino.

Sarà questo il destino anche di Netanyahu?

Gli "dei" lo stanno portando alla tragedia?

 Certamente lo hanno intrappolato.

 La sconfitta di Gaza lo rende vulnerabile alla rovina, e per Israele, nessuna chiara vittoria a Gaza che porti a un cambiamento strategico nella regione.

Netanyahu è stato invitato a prendere in considerazione un cambio di fronte per riaffermare la deterrenza israeliana attraverso la rimozione della minaccia strategica in Libano.

In questa situazione, Israele non può accontentarsi di niente di meno che della vittoria, viene esortato Netanyahu.

“Nir Barkat”, ex sindaco di Gerusalemme e favorito alla successione di Netanyahu come leader del “Likud”, ha affermato che Israele può permettersi di continuare a combattere e aprire comunque un nuovo fronte con il Libano, nonostante il costo di un miliardo di shekel (200 milioni di sterline) al giorno del conflitto.

“Barakat” ha affermato che, per quanto "grande sia la crisi",

"È anche una grande opportunità: l'Iran è un obiettivo legittimo per Israele.

 Non la faranno franca.

 La testa del serpente è Teheran... Israele si sta avviando verso una guerra in piena regola con Hezbollah nel sud del Libano, avendo evacuato il nord del paese":

"Costi quel che costi... Questa è una guerra di religione".

Quindi, la fase due di questo conflitto sta volgendo al termine e la fase tre si sta aprendo.

L'intensità della guerra più ampia aumenterà, molto probabilmente innescata da un cambiamento di status nel ruolo di “Hezbollah”:

 sarà innescato da un intervento israeliano o anticipato da Hezbollah che farà la prima mossa?

Biden autorizzerà gli Stati Uniti a sostenere Israele?

Probabilmente sì, perché è nella sua natura sostenere Israele.

Ma fino a che punto si spingerà?

I palliativi politici (le apparenti "soluzioni" politiche) lasceranno il posto a discussioni più dure su come far durare un cessate il fuoco.

Questa fase probabilmente si sposterà da un'ONU immobilizzata alle strutture più informali dei BRICS, con la Russia e la Cina che giocheranno un ruolo più grande e diretto.

L'Europa sarà afflitta dallo scisma (e anche gli Stati Uniti, anche se in misura minore).

Sarà anche il momento in cui la sovrintendenza ebraica Stati Uniti e sulla matrice politica occidentale dell'Europa lotterà per riconciliarsi tra i miti in competizione mentre i loro poli di energia in conflitto distruggono l'"ordine sociale", e l'uno o l'altro.

L 'altro dei principali attori del conflitto passa attraverso una qualche forma di inevitabile tragedia.

La rivoluzione e le guerre culturali non sono eventi limitati nel tempo; Esse traboccano nell'evento "prima" (cioè nel conflitto imminente), così come nel "dopo".

Tuttavia, se l'affermazione di “Ted Hughes” secondo cui l'equazione "tragica" di Shakespeare è quella in cui narrazioni archetipiche concorrenti – con le loro energie scatenate in modo esplosivo – si tradurranno in una tragedia violenta è corretta, allora dovremmo aspettarci che lo svolgersi (attuale) della creazione ebraica Il mito e l'espansione culturale della civiltà islamica avranno anch'essi un impatto enorme sia in America che in Europa – ben oltre i dettagli del conflitto in corso in Medio Oriente.

Diventerà il perno della nuova era.

Perché i miti fondamentali associati alla repressione puritana-gehoviana da un lato, e al rilascio delle energie di resistenza controbilancianti dall'altro, percorrono l'esistenza umana come una doppia elica.

 Stanno già traboccando nella sensibilità religiosa dormiente, ma ancora presente in Occidente.

Perforeranno la "rivoluzione" propria dell'Occidente e la "guerra civile" che sta preparando.

 

 

La fine del dollaro e il mondo

multipolare finanziario.

 Lacrunadellago.net – (13/09/2023) - Cesare Sacchetti – ci dice:

 

Quando si pensa al dollaro, si pensa a qualcosa di più che una semplice moneta.

Il dollaro è stato una vera e propria arma finanziaria nelle mani di determinati poteri che lo hanno utilizzato per punire coloro che si disallineavano dagli interessi e dalla volontà della finanza internazionale.

Il dominio del dollaro sui mercati internazionali nasce quando si afferma a Bretton Woods nel 1944 il sistema economico mondiale che tuttora domina, o forse dovremmo dire già dominava, i mercati mondiali.

Quando le potenze dell’anglosfera si riuniscono nella località dello stato del “New Hampshire” nell’albergo “Mount Washington” vengono eretti i pilastri della finanza e dell’economia mondiale.

E tali pilastri hanno portato alla creazione di istituti finanziari quali i controversi “FMI”, il “Fondo Monetario Internazionale”, la “Banca mondiale” e il dollaro come valuta di riserva globale.

Vedremo perché la definizione di controversi è anche alquanto generosa successivamente. Ciò che rileva ora è mettere in evidenza come verso la fine della seconda guerra mondiale si stava consumando un passaggio epocale.

È il passaggio nel quale lo Stato nazionale viene essenzialmente svuotato delle sue tradizionali prerogative e imprescindibili poteri.

Il 900 è stato fino al 1945 il secolo delle nazioni e i tentativi di trasferire la sovranità degli Stati nazionali verso organizzazioni sovranazionali erano falliti prima della seconda guerra mondiale.

Il più noto tentativo di creare un consesso sovranazionale nel quale gli Stati fossero costretti ad obbedire alla volontà di un corpo al di sopra della volontà dei singoli Paesi è stato con l’istituzione della società delle nazioni, promossa fortemente dal presidente americano Woodrow Wilson dopo la fine della prima guerra mondiale.

I conflitti globali hanno assolto in questo senso una funzione molto precisa nell’ottica dei poteri finanziari che premevano perché le nazioni fossero private della loro indipendenza a sovranità nazionale.

I conflitti hanno assolto alla funzione di un riordino degli equilibri globali e sono serviti a soddisfare la volontà di quelle forze che si sono imposte sugli Stati nazionali dal 1945 in poi.

Potremmo affermare in questo senso che la seconda guerra mondiale è riuscita, purtroppo, laddove la prima aveva fallito.

 

Con la nascita delle Nazioni Unite e delle altre istituzioni internazionali stabilite a Bretton Woods, lo Stato nazionale diventa suo malgrado un comprimario, e questo vale soprattutto per i Paesi europei, ridotti al ruolo di comparse dopo la guerra la cui politica veniva scritta e orientata da quelle lobby che la facevano da padrone a Washington.

Così nasce il potere dell’anglosfera non solo sul piano militare attraverso la” NATO” ma soprattutto attraverso il braccio economico armato del dollaro e di Washington che verrà usato come un bastone contro coloro che oseranno opporsi agli interessi del nascente impero.

A Bretton Woods viene deciso che il dollaro americano è la valuta di riserva globale negli scambi internazionali e ciò significa esercitare un immenso e insopportabile potere verso tutti coloro che sono privi della facoltà di stampare tale moneta.

In principio, il sistema era fondato sulla parità aurea, ovvero a rendere il dollaro la valuta utilizzata negli scambi internazionali era il fatto che gli Stati Uniti garantissero la sua convertibilità in oro.

Giscard D’Estaing, presidente francese e personaggio poco raccomandabile dato il suo probabile coinvolgimento nell’abbattimento del DC-9 di Ustica nel 1980, aveva affermato tuttavia una verità ineccepibile su tale questione.

Quanto avevano e hanno ancora in parte a disposizione gli Stati Uniti era un “esorbitante privilegio”.

Il solo fatto di possedere tale valuta e di poterla stampare a comando assicura agli USA la capacità di importare qualsiasi merce in maniera virtualmente illimitata dal momento che fino a quando si stampa il dollaro non c’è affatto il rischio di rimanere a corto di questa moneta.

Nel 1973, il presidente Nixon mette fine anche all’unica caratteristica che poteva dare una vaga legittimità a questo sistema rinunciando alla conversione in oro.

Gli Stati Uniti non avevano più intenzione di continuare a garantire la convertibilità nel metallo pregiato per timore di esaurire le riserve in oro, necessarie per difendere il cosiddetto “gold standard”.

Da allora, l’unica cosa che garantisce al dollaro il suo status non è altro che la politica o meglio la geopolitica.

Washington stabilisce con l’”Arabia Saudita”, suo alleato principale nel Medio Oriente assieme allo “Stato di Israele”, l’accordo che darà vita al petrodollaro.

“Riyad” acconsentì allora di accettare il dollaro americano come unica moneta utile per l’acquisto di petrolio e questa è stata l’unica condizione che ha salvato lo stato di valuta di riserva globale del biglietto verde.

Il dollaro come strumento di terrorismo finanziario.

Le lobby di Washington non potevano perdere il dollaro perché esso, come detto all’inizio di questa analisi, non è una moneta, ma un’arma.

 

E questa arma è stata usata scientificamente contro quei Paesi che si sono opposti all’imperialismo americano come l’”Iran dopo la rivoluzione islamica che è stato seppellito di sanzioni ed estromesso dal commercio in dollari.

Stessa sorte è toccata all’Iraq di Saddam Hussein, “amico” di Washington negli anni 80 quando serviva per lanciare la guerra contro l’Iran, e nemico negli anni successivi proprio quando stava iniziando a considerare la possibilità di non accettare più il dollaro per il petrolio iracheno.

Un’idea che era stata considerata anche da Gheddafi ucciso nel 2011 dalla” NATO”, il braccio armato dell’anglosfera.

Chiunque prendesse in considerazione di non utilizzare il dollaro negli scambi internazionali veniva brutalmente rimosso o ucciso perché l’ordine della seconda guerra mondiale prevedeva che fossero gli Stati Uniti e la sua moneta i garanti dell’impero.

E nella struttura dell’impero ci sono ovviamente anche il “FMI” e la “Banca mondiale” divenuti entrambi famigerati per la loro politica di strozzinaggio nei confronti di quelle nazioni in via di sviluppo che in cambio di prestiti con condizioni che definire usuraie è riduttivo erano poi costrette a svendere e privatizzare tutte le loro risorse strategiche a quel “conglomerato di corporation” che dominava Washington.

 

Nei casi più estremi si estrometteva dal sistema di pagamenti Occidentale, il celebre “Swift,” come capitato al Vaticano nel 2012 quando la finanza internazionale ordinava a “Ratzinger “di dimettersi non tanto per una sua vera opposizione ai piani del mondialismo ma per quella che è stata giudicata da tali ambienti come una non efficiente esecuzione di questi.

Tutto questo non è stato altro che una forma di terrorismo finanziario utilizzato per ingerire nella sovranità delle altre nazioni desiderose di seguire una politica che facesse i propri interessi e non quelli dei gruppi di potere che regnavano a Washington.

 

La de-dollarizzazione e il multipolarismo finanziario.

Questo dominio però sta cambiando e sta venendo rapidamente meno perché gli eventi degli ultimi due anni stanno portando ad un fenomeno che non ha precedenti dal 1945.

Il potere del dollaro si sta progressivamente erodendo.

 Se si dà uno sguardo agli scambi internazionali, si noterà che ad oggi la moneta americana è utilizzata solamente nel 59% delle transazioni internazionali mentre solamente fino a pochi anni fa, era saldamente superiore al 70%.

E tale percentuale continua a scendere molto rapidamente.

Il mondo sta rinunciando al dollaro e lo strumento di ricatto di Washington perde la sua forza.

 

Sono due principalmente le circostanze che stanno portando alla fine della dollarizzazione.

La prima è il cambio di politica da parte degli Stati Uniti che dal 2016 in poi quando si è imposta la dottrina sovranista di Trump hanno preso una strada in netta contrapposizione con gli apparati del globalismo.

Tale dottrina come spiegato in diverse occasioni non si è interrotta nemmeno sotto la presidenza Biden che non ha spostato praticamente nulla da quando Trump ha lasciato Washington ma che anzi sta persino paradossalmente accelerando questo processo.

La seconda è la nuova struttura economica alla quale stanno lavorando i BRICS.

 I BRICS a differenza dell’anglosfera non sono fondati sulla supremazia di un determinato blocco nei confronti delle nazioni.

Non c’è una posizione imperialista ma una di rispetto della sovranità degli Stati nazionali.

Il sistema economico dei BRICS prevede principalmente l’utilizzo delle varie valute nazionali negli scambi per non assegnare a nessuno una supremazia sull’altro.

Non è ancora chiaro se i BRICS sono interessati a creare una moneta alternativa negli scambi ma se lo faranno non sarà probabilmente nell’ottica di dare vita ad una valuta di riserva globale di cui dispone uno Stato a piacimento mentre gli altri sono tagliati fuori.

L’idea è quella di garantire una parità non solo politica ma anche economica per non creare gli squilibri visti dalla seconda guerra mondiale in poi.

Per l’Italia, questa è un’occasione pressoché unica.

Al momento, il Belpaese sta affrontando un processo di disgregazione politica della sua classe dirigente che si ritrova di fronte ad un inevitabile declino, vista la fine dell’ombrello protettivo di Washington.

Negli anni passati quando si affrontava il dibattito sull’uscita dall’euro, i propagandisti della moneta unica sostenevano che saremmo stati tagliati fuori dagli scambi internazionali se fossimo tornati alla lira.

Ciò era, ed è, ovviamente una crassa bugia perché anche con il precedente sistema fondato sul dollaro nessuno vietava e vieta all’Italia di utilizzare altre valute di scambio come stanno facendo i Paesi dei BRICS per acquistare le materie prime.

Tutto passa da una geopolitica che non sia quella scritta a Londra, Bruxelles e Washington ma quella finalmente scritta a Roma negli interessi esclusivi dell’Italia.

Una volta venuto meno il potere del dollaro viene meno anche quell’arma di ricatto finanziaria che è stata utilizzata nei confronti di molti leader per diversi decenni.

A proposito della fine del dollaro come valuta di riserva globale, qualcuno potrebbe chiedersi legittimamente che fine farà il biglietto verde in caso di de-dollarizzazione ultimata.

Non sparirà dalla circolazione ma sarà certamente usato negli Stati Uniti in quanto esso è comunque una valuta legata ad uno Stato a differenza dell’euro.

Gli Stati Uniti in questo scenario perderebbero il loro esorbitante privilegio ma sarebbero in grado di investire di più sulle produzioni nazionali riducendo le importazioni che spostano il lavoro altrove.

La moneta che rischia di sparire del tutto è invece proprio l’euro che non è emessa da una banca centrale nazionale ed è stampata da una banca centrale, la BCE, che non presenta le caratteristiche di una banca centrale classica.

La BCE non è soggetta al potere degli Stati europei e non garantisce il debito pubblico di nessuno di essi.

Anche se essa si chiama Banca centrale europea non è una vera banca centrale.

È un’anomalia concepita dalla finanza europea per poter sottrare gli Stati della loro sovranità monetaria e costringerli ad indebitarsi sui mercati internazionali per potersi finanziare.

Il multipolarismo sta inaugurando una fase nuova, pressoché inedita. Non è solo amputato il braccio armato militare dell’anglosfera ma anche quello finanziario ed economico.

Il futuro delle relazioni internazionali sembra essere diretto verso un ritorno in vita definitivo dello Stato nazionale ucciso dall’anglosfera nel 1945.

E a giudicare dalla rapidissima evoluzione dei contesti internazionali e dall’avanzata dei BRICS che hanno aggiunto nuovi membri, tra i quali l’Arabia Saudita che si distanzia sempre più da Washington, non è azzardato affermare che nel giro di pochi anni questo processo sarà completato.

Il mondo sta passando dalla globalizzazione spinta degli anni 90 ad una rapida deglobalizzazione.

È in questo passaggio che ci saranno cambiamenti epocali per organizzazioni quali l’UE il cui establishment non sopravviverà a tale transizione.

Se le istituzioni sovranazionali sono state le indubbie protagoniste del XX secolo, le protagoniste del XXI secolo sembrano essere a tutti gli effetti le nazioni dotate nuovamente di poteri e piena sovranità.

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