Hanno torto marcio, ma essendo globalisti molto ricchi hanno sempre ragione.
Hanno
torto marcio, ma essendo globalisti molto ricchi hanno sempre ragione.
GUERRA
CIVILE? NO GRAZIE,
L’ITALIA
HA GIÀ DATO, CHE
SI
ACCOMODI PURE UN ALTRO PAESE.
Comedonchisciotte.org
- Redazione
CDC - (24 Marzo 2023) - Belisario -
ci dice:
È da
tempo ferma opinione di diversi commentatori internazionali che la profondità e
l’estensione degli sconvolgimenti (incluse le cd “contraddizioni” della
tradizione marxista) in corso nelle società occidentali sono tali da rendere
altamente probabile, in un Paese occidentale, uno scontro interno violento tra”
Sovranisti” e “Neo Globalisti”.
Il
termometro della conflittualità interna indica che i più probabili candidati a
tale scontro interno violento sono Stati Uniti, Francia, Paesi Bassi e Regno
Unito.
Lo scontro – come un laboratorio –
ridefinirebbe in ampia misura gli equilibri anche negli altri Paesi, come
sempre accaduto nella storia europea:
vedasi
rivoluzioni e guerre post rivoluzione francese, le rivoluzioni marxiste in
Germania e Ungheria ed i fermenti in altri Paesi post rivoluzione bolscevica, o
come la guerra civile spagnola del 1936-39 anticipò gli schieramenti della
Seconda Guerra Mondiale.
Ma uno
scontro interno violento può degenerare, e lo stato di guerra civile è senza
dubbio una delle peggiori disgrazie che un Paese possa affrontare.
1.
Dovrebbe essere chiaro: l’Italia, sotto questo profilo, ha già dato!
Non si
può dimenticare che siamo entrati nella Prima Guerra Mondiale perché il
Parlamento italiano del tempo, a maggioranza neutralista, non ebbe il coraggio
di smentire la dichiarata volontà interventista dei Savoia e di aprire un
drammatico conflitto istituzionale che sarebbe potuto facilmente degenerare;
né l’instabilità del contesto politico del
1919-1922, pre marcia su Roma; né, meno che mai, il Fascismo e la guerra civile
del 1943-45.
Come
se tale eredità di instabilità e conflittualità interna non fosse già stata
sufficiente, dalla fine degli anni 60 all’inizio degli anni 80 siamo stati il
centro europeo della protesta, della guerriglia ed infine del terrorismo
d’ispirazione marxista-leninista:
gli
arrestati e condannati per terrorismo ad ispirazione marxista-leninista sono
stati oltre 4500 (inclusi professionisti, avvocati, manager, professori
universitari, etc.)
Gli
anni 70 che ha avuto l’Italia, in Europa non li ha avuti nessuno – sembravamo
diventati un incrocio tra un Paese europeo ed un Paese latino americano (grazie anche alle favole propinateci
sulle alcune “simboliche” realtà latinoamericane – ma sarebbe un altro
capitolo).
La
foto di Aldo Moro sequestrato dalle BR, con la camicia sbottonata e
l’espressione sconsolata, fece il giro del pianeta.
A
coronamento della cosiddetta ricchezza del patrimonio (come direbbero i
marxisti) di instabilità e conflittualità interna, abbiamo anche vissuto una
fase prolungata di scontro violento con la Mafia siciliana che – mentre lo
Stato perseguiva la guerriglia ed il terrorismo di estrema sinistra e di
estrema destra – era divenuta sempre più potente ed aggressiva.
L’
attentato al giudice Falcone è rimasto nell’immaginario collettivo occidentale.
In
sintesi: nell’ultimo secolo, in Italia non ci siamo fatti mancare quasi nulla
in tema di instabilità e conflittualità interna!
Similmente alla Germania, ed alla Spagna, che
almeno riuscì a risparmiarsi la Seconda Guerra Mondiale.
Ora,
se ci dovrà essere uno scontro interno violento in un Paese occidentale – che
ipso facto diventerebbe anche un laboratorio politico per gli altri Paesi –
perché dovrebbe toccare a noi?
2.
Guardandoci intorno, i candidati più probabili appaiono, senza ombra di dubbio,
Stati Uniti e Francia.
Gli
Stati Uniti rischiano enormemente in occasione della campagna elettorale e
delle elezioni presidenziali dell’autunno del 2024.
Nel suo ultimo discorso pubblico – boicottato e
censurato, parzialmente dai media USA e quasi totalmente dai media europei –
Donald Trump è giunto ad affermare molto chiaramente che le responsabilità
primarie dell’attuale contesto internazionale non sono né della Russia e né
della Cina, ma principalmente del Partito Democratico e della Presidenza Biden,
fautori dell’immigrazione incontrollata e delle “endless and stupid wars”.
Il
candidato alternativo repubblicano” Ron De Santis”, dopo aver espresso dubbi
circa l’effettiva priorità dell’Ucraina per gli interessi USA, a fronte dei
rabbiosi attacchi dal “fronte Dem” si è subito affrettato a correggere il tiro,
rendendosi così molto più appetibile come avversario per i” Dem USA”, ed
isolando Donald Trump.
Lo
scontro tra Trumpiani e la” lobby Neo Global” che “controlla il Partito
Democratico” è ormai al punto massimo, senza ritorno.
È
ormai evidente che nonostante l’evidente sfinimento dell’Ucraina, la lobby “Neo
Global USA” al comando della “Presidenza Biden, della Nato e della Commissione
UE” non ha alcuna intenzione di tollerare né l’apertura di negoziati di pace
tra Russia e Ucraina, né la vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni.
La
ridicola provocazione del mandato di cattura nei confronti del Presidente Putin
da parte della Corte Penale Internazionale – sistematicamente boicottata dagli
Stati Uniti fin dallo Statuto di Roma del luglio 1998, ed infatti impotente di
fronte allo sterminio di centinaia di migliaia di civili nella seconda guerra
in Iraq (2003-2006), incluse le torture nel carcere di Abu Ghraib – e la
probabile incriminazione su basi giuridicamente assurde di Donald Trump
rappresentano segnali evidenti.
È
francamente dubbio quale sarebbe la reazione del Partito Democratico e delle
formazioni collegate – come i “Black Lives Matter” – all’elezione di Donald
Trump, ed altrettanto quale sarebbe la reazione di gran parte del popolo
trumpiano in caso di estromissione della candidatura di Trump o di nuovi dubbi
sulla regolarità delle elezioni presidenziali USA.
Uno
scontro interno violento negli Stati Uniti avrebbe conseguenze molto pesanti
sugli equilibri interni degli altri Paesi occidentali.
Per
fare solo un esempio, dopo il Watergate e le dimissioni del Presidente Nixon
(1974), la sinistra italiana si ritenne autorizzata ad aprire una campagna
diffamatoria violentissima, martellante e senza esclusioni di colpi (consorte
inclusa) nei confronti dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone,
che finì – come Nixon – per dare le dimissioni (1978) che aprirono la strada
all’elezione del Presidente (compagno) Sandro Pertini – nonostante notori
episodi oscuri di cui fu sospettato alla fine della Seconda Guerra Mondiale,
quale l’ordine di fucilare le star del cinema italiano Osvaldo Valenti e Luisa
Fervida (inoltre incinta), colpevoli di nulla.
Pochi
anni dopo, fu confermata la totale estraneità del Presidente Leone a qualunque
addebito di corruzione, con tanto di scuse – ma pazienza!
Nessun
Paese occidentale sarebbe immune da conseguenze e colpi di coda sul piano
interno, e meno che mai l’Italia, specie considerando la fortissima presenza
della” lobby Neo Global” nei media del nostro Paese.
L’ascesa
della Schlein nel PD, preparata da una campagna mediatica martellante,
certifica la forte presenza della” lobby Neo Global” nel nostro Paese, lobby
che mai e poi mai si sottrarrà alle scelte ed ai diktat della casa madre
statunitense, qualunque siano.
Diverso
è caso della Francia.
Da un
lato, la Francia è un Paese confinante, con una consistente comunità
italo-francese, una rilevante presenza economica diretta in Italia e
soprattutto una profonda influenza sul PD ed una presenza indiretta in buona
parte dei media italiani (Repubblica, La Stampa e Corriere della Sera in
testa).
Le
conseguenze più probabili di uno scontro interno francese sarebbero nella
spinta alla radicalizzazione della sinistra italiana;
per
quanto rilevanti, sarebbero molto meno estese e meno trasversali di quelle
potenzialmente insite nel caso americano.
Intorno
alla Francia, infatti, non sarebbe difficile per l’Italia stendere il classico
cordone sanitario, ed ugualmente per la Spagna.
La credibilità della Francia è infatti da
molto tempo in crisi anche per noi vicini latini:
la Francia rappresenta solo sé stessa,
nonostante gli sforzi del PD per presentarla come una sorta di “sorella
maggiore”
(il cocktail micidiale di immigrazione incontrollata e sussidi a pioggia, una
vera e propria autostrada verso l’impoverimento generalizzato).
3.
Morale, o bottom line:
anche l’Italia è in crisi, come tutti i Paesi
occidentali, ma la conflittualità interna in Stati Uniti e Francia, ed anche in
Paesi Bassi e Regno Unito, è chiaramente molto più alta di quella italiana.
È una
grossa novità: per un intero secolo, l’Italia era sempre stata in prima linea,
a mo’ di laboratorio politico per l’intero continente.
Ciò
nonostante, nelle composite frange dei diversi circoli anti sistema italiani,
le proteste francesi vengono spesso commentate con una sorta di malcelata
gelosia:
“Eh…i
Francesi, loro sì che si ribellano”…”Eh, quando il popolo si sveglia…”, “In
Italia si dorme…”
Come
sempre, su tali posizioni è evidente l’impatto non solo delle ideologie
marxiste e post marxiste, ma anche della lettura distorta e squilibrata della
storia nella versione dei vincitori, in questo caso della Rivoluzione Francese
– la lettura che specialmente in Francia viene rifilata proprio a tutti, fin
dalle scuole elementari:
il mito del popolo che insorge, della presa
della Bastiglia, il collante numero uno dell’identità nazionale francese,
insieme alla baguette sotto l’ascella.
Si
dimentica che dopo la ghigliottina di massa del pur semi parassitario ceto
nobiliare, la popolazione francese, specie rurale, continuò a soffrire povertà
e fame;
si
dimentica l’introduzione della novità della coscrizione militare obbligatoria
di massa – quelle Liberation! –
e
l’invio di milioni di contadini francesi a farsi sbudellare nelle guerre
napoleoniche aggressive in Spagna, Paesi Bassi, Germania, Italia e perfino in
Russia……
Per
non parlare dell’infinita violenza e degli stermini indiscriminati, da una
parte e dall’altra, della Guerra Civile Spagnola del 1936-1939, il laboratorio
degli schieramenti che solo qualche mese dopo portarono alla Seconda Guerra
Mondiale…
Eh sì,
fare da laboratorio politico degli sconvolgimenti – incluse le cd
“contraddizioni” della tradizione marxista – in corso nelle società
occidentali, avrebbe un costo enorme!
Il Paese nel quale equilibri e mediazioni
saltano, è quello che paga per tutti!
Per la
prima volta in oltre un secolo, l’Italia non è in prima linea! Ogni tanto, una
buona notizia!
Prosit!
Avanti un altro! Che si accomodi pure!
(Belisario)
La
Lettera Virale: “Cari Bambini
di
Gaza, Mi Dispiace”
Conoscenzealconfine.it
– (30 Gennaio 2024) - Redazione Newsacademy – ci dice:
“Potreste
chiedere al mondo perché c’è stata una rapida azione quando erano a rischio le
rotte commerciali e gli interessi economici, ma un assordante silenzio quando
sono stati uccisi 10.000 bambini”, ha scritto la parlamentare britannica “Naz
Shah”.
“Il
mondo potrebbe non gradire le vostre domande, ma meritate le risposte.”
In un video virale pubblicato venerdì scorso,
la deputata britannica “Naz Shah”, del Partito Laburista, ha chiesto scusa a
circa un milione di bambini di Gaza a nome dei leader mondiali che, nonostante
la trasmissione in diretta da parte dei giornalisti palestinesi dell’attacco di
Israele all’enclave e la constatazione della corte di giustizia internazionale
che Israele sta plausibilmente commettendo atti genocidi, rifiutano di vedere
l’impatto che il bombardamento sta avendo sui civili, compresi i suoi residenti
più giovani.
Nel
video (newsacademy.it/storia-e-cultura/2024/01/29/la-lettera-virale-cari-bambini-di-gaza-mi-dispiace/),” Shah” scrive una lettera
indirizzata ai “bambini di Gaza”, insieme a immagini di bambini curati negli
ospedali, sepolti sotto le macerie e che vivono nei rifugi da quando Israele ha
iniziato il bombardamento in risposta all’attacco di Hamas dell’7 ottobre.
Si
vedono anche bambini radunati in un parco giochi prima degli attacchi aerei e
terrestri che finora hanno ucciso più di 13.000 bambini.
“Sappiamo
dei vostri sogni e aspirazioni, di imparare, viaggiare, visitare le vostre
spiagge con acqua cristallina o giocare nei parchi con altalene e scivoli”, ha
scritto “Shah”.
“Diventare
astronauti, insegnanti e medici. E ogni giorno vediamo come quei sogni non
esistano più.”
“Potreste
chiedere al mondo: ‘Dove erano questi valori internazionali di libertà, giustizia
ed eguaglianza quando il mondo non è riuscito nemmeno a proteggere il diritto
alla vita di un bambino palestinese?’ “, ha aggiunto.
La
lettera è stata pubblicata lo stesso giorno in cui” la Corte Internazionale di Giustizia”
(ICJ) ha
emesso una sentenza preliminare nel caso del Sudafrica contro Israele, in cui
il paese ha sostenuto che funzionari e ufficiali militari israeliani hanno
commesso atti genocidi a Gaza.
L’ICJ
ha stabilito che il caso del Sudafrica era plausibile e ha ordinato a Israele
di “adottare tutte le misure in suo potere” per adempiere agli obblighi
previsti dall’Articolo
II della Convenzione sul Genocidio.
Sabato,
il Ministero della Salute a Gaza ha riportato che ci sono stati 174 morti
nell’enclave nelle precedenti 24 ore.
Si
prevede che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà mercoledì
per discutere della sentenza dell’ICJ su richiesta del governo algerino, che ha
dichiarato che darà un “effetto vincolante” al pronunciamento della” Corte
Internazionale di Giustizia” sulle misure provvisorie imposte all’occupazione
israeliana.
“Al
Jazeera” ha riferito che, secondo fonti diplomatiche, i funzionari algerini
probabilmente chiederanno un immediato cessate il fuoco.
Georgios
Petropoulos, direttore dell’”Ufficio per gli Affari Umanitari” dell’ONU a Gaza,
ha dichiarato che quasi l’intera popolazione – 2,2 milioni di persone – è ora a
rischio di fame e l’agenzia può soddisfare solo un terzo delle esigenze di
acqua potabile dei gazawi.
“La
sentenza dell’ICJ”, ha detto “Shah”, potrebbe dare “speranza ai bambini di
Gaza. Ma senza un immediato cessate il fuoco, li deluderemo.”
La
lettera virale del parlamentare è stata pubblicata quasi tre mesi dopo che
circa 20 bambini hanno tenuto una conferenza stampa fuori dall’”Ospedale
Al-Shifa” nella città di Gaza, chiedendo ai leader mondiali di proteggerli.
Ora,
ha detto “Shah”, rivolgendosi ai bambini di Gaza, “potreste chiedere al mondo perché c’è
stata una rapida azione quando erano a rischio le rotte commerciali e gli
interessi economici, ma un assordante silenzio quando sono stati uccisi 10.000
bambini, quando i cuori delle vostre madri erano lacerati e i vostri padri si
aggrappavano e baciavano i vostri corpi senza vita d’addio… Il mondo potrebbe
non gradire le vostre domande, ma meritate le risposte.”
“Il
mondo vede la vostra innocenza e la vostra bravura, la vostra sofferenza e la
vostra resistenza, e nonostante l’orrore, continuate comunque, con il mondo sulle
spalle”, ha continuato” Shah”.
“Mentre
noi alzavamo le voci, riempivamo le strade e chiedevamo una fine, ma non è
stato sufficiente.
Quando
il mondo doveva essere la vostra ispirazione, voi siete diventati la nostra.
Mi
dispiace. “
(Redazione”
News academy”)
(newsacademy.it/storia-e-cultura/2024/01/29/la-lettera-virale-cari-bambini-di-gaza-mi-dispiace/).
Nei
Terreni Europei e Usa Stanno
Sperimentando Nuovi Pesticidi
Genetici
(Quasi in Segreto)
Conoscenzealconfine.it – (29 Gennaio 2024) - Francesca Biagioli – ci dice:
Aziende
biotecnologiche, in primis l’americana “Green Light Bio-sciences£, stanno
testando pesticidi genetici basati sulla RNA-interferenza (RNAi) sia negli
Stati Uniti che in Europa.
Al
centro delle sperimentazioni sarebbe la Francia e a lanciare l’allarme è la
“ONG Pollinis”.
Negli
Stati Uniti ma anche in Europa, in particolare in Francia, aziende
biotecnologiche stanno sperimentando, quasi in segreto, nuovi pesticidi
genetici basati sulla RNA interferenza (RNAi).
È quanto denuncia la “ONG francese Pollini”s
che lancia l’allarme e una petizione per fermare queste attività, evitando le
terribili conseguenze di tali esperimenti su api e impollinatori, oltre che più
in generale sull’ambiente (e sulla salute delle persone… ).
La
“Green Light Bio-sciences”, un’azienda nordamericana specializzata in
biotecnologie, è una delle tre società coinvolte nei test sui nuovi pesticidi
in campo aperto e ha dichiarato ufficialmente le sperimentazioni già nel 2022,
includendo come luoghi dei suoi test Paesi come gli Stati Uniti, la Germania,
la Spagna e la Francia.
Tuttavia,
secondo le indagini della “ONG Pollinis”, le prove in Francia si sono svolte
senza adeguata trasparenza e senza che l’Agenzia ambientale francese (Anses) fosse pienamente informata su luogo
e date di tali sperimentazioni, il che ovviamente solleva preoccupazioni sulla
mancanza di valutazione del rischio associata ai test e l’assenza di studi
approfonditi sulle potenziali conseguenze ambientali di questi nuovi pesticidi.
La” Pollinis”
ha sottolineato che la Francia sembra essere diventata il campo da gioco per le
aziende agro-genetiche, mettendo in evidenza la mancanza di controllo.
L’Agenzia
sanitaria francese (Anses) ha confermato di aver registrato tre dichiarazioni
di avvio di prove con pesticidi RNAi (1 su colza e 2 su patate), sottolineando
che queste sperimentazioni sono state condotte “sotto il regime di deroga al
permesso di sperimentazione, quindi senza documentazione presso l’Anses”.
La”
Pollinis” ha sollevato ulteriori preoccupazioni riguardo agli effetti “fuori
bersaglio” di questi pesticidi, sottolineando che possono influenzare
negativamente gli impollinatori e altri ausiliari delle colture. La somiglianza
tra i patrimoni genetici degli insetti essenziali per gli ecosistemi e quelli
dei parassiti bersaglio potrebbe infatti portare a conseguenze impreviste.
La “Green
Light Bio-sciences “non è l’unica azienda coinvolta ma vi sono anche “BASF” e “Syngenta”,
anch’esse impegnate nei test sui pesticidi RNAi su terra francese.
La
deroga alle norme Ue ha consentito a queste aziende di condurre le prove in
campo aperto, presentando solo una semplice comunicazione e non, come sarebbe
stato dovuto, una valutazione del rischio preventiva.
Ma
l’associazione francese avverte:
i
pesticidi RNAi sono una nuova minaccia e per utilizzarli si sacrificano gli
insetti impollinatori.
Questi
nuovi pesticidi, presentati come alternative sostenibili alla chimica
sintetica, sembrano in realtà riprodurre gli stessi rischi (o peggio?) per gli
impollinatori delle varianti di fitofarmaci più tradizionali.
Come
Funzionano i Pesticidi RNAi
Dopo
l’era dei pesticidi chimici, le aziende agrochimiche stanno sfruttando la
genetica per affrontare gli insetti che rovinano le colture.
I pesticidi RNAi, progettati per bloccare
l’espressione genica negli insetti dannosi, seguono un approccio simile a
quello dei loro predecessori chimici, ma utilizzano la manipolazione genetica
per raggiungere il loro obiettivo.
La
“Dorifora”, uno degli insetti bersaglio di questi pesticidi, rappresenta un
caso emblematico.
Questo coleottero dannoso per le coltivazioni
è noto per la sua adattabilità e resistenza agli insetticidi chimici.
Le aziende agrochimiche si stanno orientando
allora verso i pesticidi RNAi, sperando che questi possano offrire soluzioni
più efficaci.
L’RNA-interferenza
è un meccanismo che impedisce la sintesi delle proteine negli organismi
viventi.
Nel
caso dei pesticidi RNAi, questo meccanismo è sfruttato per bloccare
l’espressione genica negli insetti, causandone la morte.
Tuttavia,
questa azione mirata può avere comunque effetti “fuori bersaglio” e influenzare
anche gli impollinatori e altri organismi utili per gli ecosistemi.
La
“Pollinis” ha giustamente richiesto una valutazione completa dei rischi per
api, impollinatori selvatici, biodiversità ed ecosistemi da parte di un’agenzia
indipendente.
La
Petizione.
“Pollinis” lancia un appello ad unirsi
alla petizione, già sottoscritta da oltre 75mila cittadini, per sollecitare
l’attuazione del principio di precauzione in Europa e una sospensione immediata
dei procedimenti in corso e delle richieste di autorizzazione.
In
aggiunta, l’associazione insiste per una valutazione completa dei rischi.
(Francesca
Biagioli)
(greenme.it/ambiente/nuovi-pesticidi-genetici-sperimentati-in-campo-aperto-e-quasi-in-segreto-lallarme-di-unong-in-francia).
Il
piano dell’UE contro Orban:
il
terrorismo finanziario di Bruxelles.
Lacrunadellago.net – (30/01/2024) - Cesare
Sacchetti – ci dice:
Un
articolo uscito ieri in prima pagina del quotidiano principe dell’anglosfera,
il “Financial Times,” firmato da tre nomi, quelli di “Henry Foy”, “Andy Bounds”
e “Martin Donai”, rivela un piano dell’Unione europea contro l’Ungheria.
È noto
che da diversi mesi a questa parte Budapest abbia mostrato una certa riluttanza
a sostenere gli aiuti al regime nazista ucraino che ormai si trova quasi
esclusivamente dipendente da Bruxelles, visto che gli Stati Uniti ormai
sembrano essersi fatti da parte anche sotto il lato economico dopo non aver
voluto avere alcun coinvolgimento militare attivo nella guerra contro la
Russia.
Il
venir meno della sponda europea di quella che un tempo era l’alleanza
Euro-Atlantica accelererebbe ancora di più il declino di Zelensky che negli
ultimi mesi si trova a dover far fronte ad una crescente fronda di malcontento
interno che è penetrata anche nel cuore delle forze armate.
E’
questa con ogni probabilità la motivazione che ha spinto il presidente ucraino
a rimuovere dal comando il popolare generale “Zaluzhny” che viene descritto
come alquanto contrariato della strategia militare suicida di Kiev che consiste
sostanzialmente nel mandare al macello il numero più alto di uomini possibile
senza avere alcuna speranza di sovvertire le sorti del conflitto.
I
numeri sono impressionanti e si parla di perdite superiori alle 300mila unità
senza contare tutti i mercenari dei vari Paesi Occidentali che sono stati
eliminati dalla Russia nel corso degli ultimi due anni.
Bruxelles
è l’ultima flebile spiaggia di Kiev anche se questa non è in grado di sostenere
da sola questo decadente regime, ma questo non sembra aver dissuaso qualche
irriducibile eurocrate dal voler comunque inviare aiuti finanziari all’Ucraina.
La
guerra finanziaria dell’UE all’Ungheria.
Ecco
dunque che nelle stanze della Commissione, rivela il” FT”, sarebbe stato
approntato un piano di attacco, visionato dal quotidiano anglosassone, qualora Orban
questa settimana decida di proseguire il suo ostruzionismo nei confronti del
finanziamento a Kiev.
A
quanto riferisce il “Financial Times”, il piano consisterebbe sostanzialmente
nella chiusura dei finanziamenti europei all’Ungheria, i cosiddetti fondi
strutturali, per poi passare ad una sorta di guerra valutaria che avrebbe come
scopo principale quello di provocare una svalutazione del fiorino ungherese sui
mercati per colpire la crescita dei salari e il finanziamento del debito
pubblico.
Se si
prende in considerazione uno scenario di una guerra valutaria di questo tipo
con massicci attacchi speculativi al fiorino ungherese, si potrebbe assistere a
scenari che ricordano quelli del 1992 quando il famigerato squalo della finanza
anglosassone, “George Soros”, attraverso il suo” fondo di investimenti Quantum
Fund” scommetteva pesantemente contro la lira, sostenuto dall’ineffabile e non
rimpianto governatore della banca d’Italia e presidente della Repubblica,
“Carlo Azeglio Ciampi”, che piuttosto che liberare l’Italia dalla morsa dello “SME”,
l’antenato dell’euro, si impegnava in una scellerata difesa del cambio fisso
con il marco tedesco svuotando le riserve in valuta estera di palazzo Koch a
tutto beneficio degli speculatori come “Soros”.
Le
condizioni però allora erano alquanto diverse poiché la lira appunto era legata
ad un sistema di cambi fissi mentre il fiorino ungherese non deve difendere
alcuna parità con un’altra moneta di riferimento e il contraccolpo principale
per esso sarebbe quello di rendere più costose le importazioni aumentando però
al tempo stesso la competitività delle merci magiare rese più economiche dal
cambio svalutato.
L’Ungheria
per le sue importazioni dipende principalmente da 5 Paesi, Germania in testa
dalla quale compra macchinari industriali ed elettrici, seguita da Austria,
Cina, Slovacchia e Russia, dalla quale Budapest compra invece gas e petrolio.
Se
Bruxelles decide dunque di scatenare una guerra economica all’Ungheria, a
pagare il conto sarebbe anche la Germania poiché Orban potrebbe iniziare a
guardare altrove per comprare le merci di cui ha bisogno, soprattutto Cina e
Russia, aggravando così la già profonda crisi economica della Germania, affetta
da una galoppante deindustrializzazione dovuta anche al fatto di non riuscire
più a sfruttare i vantaggi artificiali che la moneta unica offriva a Berlino.
L’Ungheria
in questo caso potrebbe guardarsi attorno come si accennava prima e rinsaldare ancora di più i rapporti
economici con i Paesi che orbitano nell’area dei BRICS.
Il
danno principale che deriverebbe da una simile strategia sarebbe quello della
perdita dei fondi strutturali dell’UE se si considera che solamente nel 2021
l’Ungheria ha versato a Bruxelles 1,7 miliardi di euro per riceverne in cambio
6, con un attivo per i magiari di 4,3 miliardi di euro mentre l’Italia, dal
canto suo, si trova in condizioni diametralmente opposte quando negli ultimi 20
anni si trova a dover affrontare un passivo nei confronti di Bruxelles
superiore ai 70 miliardi di euro.
Il
piano dell’UE era quello di estendere i suoi confini e per rendere più
attrattive le prospettive di un ingresso nell’Unione ai Paesi dell’Est Europa
sono stati versati ingenti fondi dai contribuenti attivi dell’UE, tra i quali
appunto c’è anche l’Italia.
Quello
che però non hanno considerato dalle parti della Commissione europea è che a
Budapest potesse esserci un primo ministro che mettesse al primo posto gli
interessi del Paese senza affatto aderire all’agenda immigrazionista dei
confini aperti voluta dall’UE né tantomeno rinunciare alla forte identità
cattolica dell’Ungheria per passare al modello liberale e sorosiano della “società
aperta”.
Anche
nel caso della politica estera, Budapest ha seguito una linea più neutrale sul
conflitto ucraino e non ha dato alcun sostegno attivo a Kiev né ha attuato le
sanzioni economiche contro la Russia sul petrolio e sul gas.
Orban
ha una politica estera alquanto abile che prevede che l’Ungheria non si schieri
nettamente con il blocco Euro-Atlantico per lasciare aperta la porta ai legami
con la Russia, Paese fondamentale per l’economia ungherese, soprattutto per
l’approvvigionamento di gas e petrolio.
Esiste
poi anche una chiara affinità culturale tra Orban e Putin entrambi accomunati
dalla loro opposizione all’ingerenza di Soros nei rispettivi Paesi che hanno preso la comune decisione di
mettere al bando le ONG dello speculatore finanziario che ha orchestrato il
numero più alto di rivoluzioni colorate e colpi di Stato in giro per il mondo
negli ultimi 30 anni.
Se
Bruxelles va contro Budapest fa harakiri.
Se non
si raggiunge un’intesa sull’approvazione del bilancio UE, e se Bruxelles decide
di lanciare un simile piano le conseguenze per l’Unione sarebbero simili a
quelle di un harakiri.
L’Unione
si trova già isolata sullo scenario internazionale e abbandonata dalla sua
tradizionale sponda atlantica di Washington che l’ha finanziata ed etero –
diretta sin dai primi anni della sua creazione negli anni 50 quando i
presidenti americani approvavano il finanziamento della futura UE.
L’idea
era quella di creare un blocco unico europeo per consentire alla Casa Bianca di
controllare meglio il continente europeo ridotto al vassallaggio politico e
alla mercé del governo parallelo americano costituito dalla “lobby sionista”,
dal “Council on Foreign Relations” finanziato dai “Rockefeller” e un’altra
estesa rete di circoli globalisti.
Se si
lancia una guerra economica all’Ungheria si preme il bottone nucleare sulla già
fragile Unione europea poiché Budapest messa alle strette potrebbe decidere a
sua volta di preparare un piano di uscita dall’UE e iniziare a sondare il
terreno per un ingresso nei” BRICS”.
Ciò
scatenerebbe una reazione a catena che probabilmente coinvolgerebbe gli altri
Paesi del “blocco di Visegrad “che una volta visto l’eventuale allontanamento
dell’Ungheria da Bruxelles potrebbero decidere di seguire la stessa linea.
Non è
chiaro se si giungerà ad un accordo tra le parti. Nelle ultime ore l’Ungheria
ha fatto sapere attraverso il suo ministro degli affari europei, “János Bóka”,
che non ha alcuna intenzione di cedere al ricatto dell’eurocrazia.
Se si
arriverà al muro contro muro, e la “Commissione deciderà di attuare la
sua guerra economica contro Budapest”, non farebbe altro che creare le
condizioni ideali per una completa disgregazione dell’UE.
Bruxelles
in questo momento è sola e non è più in grado di lanciare la strategia del
terrorismo finanziario già attuata contro Italia e Grecia nel biennio
2011-2013.
È una
fase storica molto diversa poiché in quel frangente l’Unione era ancora
sostenuta pienamente dall’anglosfera e dall’amministrazione Obama a differenza
di quello che è adesso, considerato il vuoto governativo che c’è a Washington
con l’amministrazione Biden che ad oggi ancora non ha spostato i fondamentali
della politica estera di Trump, notoriamente ostile all’UE e alle
organizzazioni di natura globalista.
È una
situazione quella dell’UE appesa ad un filo dal momento che il mondo
multipolare che sta sorgendo si rafforza sempre di più e i Paesi europei come la Francia
perdono tutta la loro influenza coloniale ancora di più colpita dall’uscita di
Burkina Faso, Mali e Niger dalla comunità economica degli Stati dell’Africa
Occidentale.
Se i
falchi dell’eurocrazia proveranno ad attuare il terrorismo economico contro
Orban il conto da pagare non potrebbe essere alto solamente per l’Ungheria, che
comunque può trovare altre soluzioni, ma soprattutto per la stessa UE.
Stavolta
non è il 2011 dell’Italia e della Grecia come si diceva in precedenza.
Stavolta
è il 2024 e l’Unione europea rischia di aggravare ancora di più la sua crisi e
di accelerare il declino che potrebbe portare alla sua prossima fine.
Se il
futuro appartiene al mondo multipolare e al “ritorno degli Stati nazionali”,
l’idea stessa alla base dell’UE della cessione di sovranità è superata.
Bruxelles
si trova nelle condizioni di un cadavere geopolitico già condannato dalla
storia.
Le
menzogne dei sedicenti
“revisori
dei fatti” sulla
menorah a Montecitorio.
Lacrunadellago.net – (28/01/2024) – Cesare
Sacchetti – ci dice:
Qualche
giorno fa, sul nostro canale Telegram ci era capitato di fare una semplice
quanto ovvia costatazione.
Ad
oggi, coloro che producono il maggior numero di notizie false sono i cosiddetti
“fact-checker” , termine di derivazione anglosassone per identificare coloro
che pretendono di essere i revisori ufficiali delle notizie che vengono
giudicate vere o false.
Non è
la prima volta che ci occupiamo di loro, in quanto questa rete di siti, finanziati spesso dall’ineffabile
George Soros e dall’Unione europea, hanno già provato ad attaccarci accusandoci di aver
pubblicato notizie non vere, quando in realtà sono loro stessi che si sono
macchiati di questa colpa.
Oggi
vorremmo dare un esempio pratico di come costoro mentano e l’occasione ci viene
proprio dalla “testata Open”, già diretta da” Enrico Mentana” e ora passata
sotto l’ala di “Franco Bechis”, che ci ha chiamato in causa accusandoci di aver
pubblicato una notizia non vera riguardo alla presenza del candelabro ebraico,
la nota “menorah”, sul selciato di piazza Montecitorio, di fronte al Parlamento
italiano.
È
sufficiente vedere dall’alto la pavimentazione di fronte a Montecitorio.
“Open” afferma che quella non sarebbe
una menorah, ma piuttosto una meridiana augustea che sarebbe stata ricreata
dalla ristrutturazione eseguita nel 1998 dall’architetto Franco Zagari al quale
l’allora presidente della Camera, Violante, affidò il compito di dirigere i
lavori di restauro.
Su
quel selciato prima degli anni 90 non c’era nulla come riconosce la stessa”
Open” che mostra un’immagine di archivio di Montecitorio della fine dell’800
dove si può chiaramente vedere la pavimentazione libera da qualsiasi disegno.
Basta
vedere la foto di Piazza Montecitorio alla fine dell’800.
Ora
probabilmente a Open non hanno mai visto una meridiana augustea o forse sì ma è
più conveniente per costoro fare finta di nulla.
La
meridiana augustea non è altro che un orologio solare costituito da una linea
verticale attraversata a sua volta da linee orizzontali.
Qui
sotto proponiamo un esempio per vedere la vera forma della meridiana augustea.
La
meridiana di Santa Maria degli Angeli a Roma.
Se
mettiamo a confronto questi disegni con quello che è presente a Montecitorio
vediamo che in nessun modo la pavimentazione antistante il Parlamento
assomiglia, nemmeno lontanamente, ad una meridiana di augustea memoria.
In
questo caso siamo di fronte ad una linea verticale dalla quale promanano quelli
che sono chiaramente tre bracci sul lato destro che si estendono fino a
raggiungere la facciata di Montecitorio, e tre bracci sul lato sinistro che a
loro volta si fermano di fronte al Parlamento.
Se
mettiamo a confronto questo disegno con quello della classica menorah a sette
braccia, vediamo
chiaramente che la ristrutturazione della pavimentazione è stata pensata
espressamente non per disegnare una meridiana, che in nessun modo è visibile
sul selciato, ma piuttosto il simbolo della religione ebraica.
E
sufficiente vedere la foto della” menorah ebraica” a sette bracci.
Ciò
assume una fortissima valenza simbolica che non pare essere altro che una sorta
di devozione alla lobby sionista che arriva a vedere omaggiati i propri simboli
persino nei luoghi delle istituzioni politiche della Repubblica del 1946-48,
creata sotto l’egida dell’anglosfera.
La
storia della ristrutturazione della pavimentazione di Montecitorio.
La
storia di questa ristrutturazione è nota ma i cosiddetti “fact-checker” i fatti
ovviamente non li controllano bene nemmeno un po’ e li saltano a piè pari per
evitare di giungere a conclusioni scomode e non gradite dai finanziatori di
tali gruppi.
E a
raccontarla è stato proprio uno dei portavoce della comunità ebraica, “Fabio
Perugia”, in un articolo pubblicato su” Il Tempo” l’8 aprile del 2012.
Abbiamo
recuperato l’articolo in questione attraverso “il sito web Archive” perché
stranamente, dopo che noi abbiamo accennato a questo pezzo su Twitter, il link
ora non risulta più raggiungibile.
“Perugia”
nel suo articolo fa un excursus di come in passato sia stato possibile
rinvenire tracce e simboli della religione ebraica nell’arte italiana.
Quando
giunge ai tempi più recenti, parla proprio della ristrutturazione del pavimento
di Montecitorio e scrive quanto segue al riguardo.
Chiaro,
semplice e aggiungeremmo anche ovvio poiché è alquanto evidente che la raggiera di Montecitorio è
palesemente una menorah ebraica, a meno che “Open” non voglia anche qui lanciarsi in
maldestre e incomplete “revisioni dei fatti” nelle quali si arriva a negare la
storia di questa pavimentazione o peggio, si arrivi assurdamente ad accusare”
Perugia”, di origini ebraiche, di essere antisemita per aver detto la verità
sulla questione in quello che sarebbe un corto-circuito epocale nel” mondo
liberal – progressista”.
Questa
è la dimostrazione cristallina che il cosiddetto “giornalismo” dei sedicenti
“revisori dei fatti” in nessun modo è giornalismo, ma soltanto una mediocre
esibizione di titoli nei quali si scrive a caratteri cubitali “falso” oppure
“complottismo” nel tentativo patetico di veicolare le narrative di chi gestisce
questi gruppi editoriali e non quello invece di riportare i fatti come
falsamente tali gruppi dichiarano di fare.
Il
cosiddetto “fact-checking” è però il sintomo evidente di una preoccupazione che
è penetrata nelle viscere dello stato profondo italiano asservito al potere del
sionismo.
Il
potere della lobby sionista sulla politica italiana.
Quanto
si affermava chiaramente in passato oggi va goffamente negato poiché sta
maturando sempre di più una consapevolezza nell’opinione pubblica riguardo il
problema che costituisce la lobby sionista e l’enorme influenza che essa
esercita sulla politica italiana.
Non si
può non notare che il passaggio che c’è stato dalla Prima alla Seconda
Repubblica ha di fatto trasformato il precedente sistema politico in uno
completamente sottomesso ai voleri di Israele.
Se
prima si era abituati a vedere, seppur sempre in un contesto di sovranità
limitata, politici come “Bettino Craxi” che si schierava fieramente dalla parte
dell’oppresso popolo palestinese, al quale è stato privato un suo Stato oltre
che spossessato della sua terra, oppure “Giulio Andreotti “che riceveva in
Parlamento “Yasser Arafat” e solidarizzava pubblicamente con i palestinesi
martoriati dall’imperialismo israeliano, oggi si è passati invece a vedere
personaggi quali “Giorgia Meloni” o “Antonio Tajani” che si recano all’arco di
Tito sfregiato con i colori di Israele per ribadire la loro sottomissione a Tel
Aviv e che vanno ogni anno a piazza Barberini dove viene esposta proprio la
menorah per festeggiare la festa ebraica dell’Hanukkah.
Non
c’è politico che sia presente oggi a Montecitorio che non abbia in qualche modo
baciato la pantofola di Israele e sia passato a rendere omaggio ai libri
“sacri” dell’ebraismo quali il Talmud, del quale ha scritto approfonditamente “Peter
Schäfer” nel suo libro “Gesù nel Talmud”.
“Schäfer”
spiega come nel “Talmud” siano presenti passi orrendamente blasfemi contro
Gesù, definito un mago eretico che brucia all’inferno ricoperto di escrementi,
e nei confronti anche della Vergine, appellata come una prostituta.
Anche
qui la zoppicante accusa di antisemitismo contro “Schäfer” sarebbe paradossale
poiché il ricercatore tedesco ed ex direttore del museo ebraico di Berlino è
ebreo e non ha fatto altro che citare i passaggi del libro più importante per
l’ebraismo moderno.
Si è
scelto il termine moderno non a caso perché larga parte dell’ebraismo non segue
nemmeno più la “Torah”, ovvero l’Antico Testamento”, ma piuttosto il citato “Talmud”
e la “Kabala”, altro testo dell’ebraismo nel quale c’è una connotazione
chiaramente esoterica.
A
ispirarsi alle leggi antiche dell’ebraismo sono in larga parte gli ebrei del
gruppo “Neturei Karta” che ripudiano lo stato di Israele in quanto contrario
alla volontà di Dio, ma costoro, come si può vedere, non trovano asilo nel
mondo dei media Occidentali, nelle mani di potenti gruppi sionisti.
Il
passaggio che si è compiuto con “il golpe giudiziario di Mani Pulite” voluto dagli
ambienti dello stato profondo di Washington è quello che ha ristretto ancora di più il perimetro della sovranità
italiana, tanto da renderla, non differentemente dagli altri Paesi europei, una
mera protesi della volontà di lobby sioniste, quali i famigerati” Chabod”.
Il
liberalismo respinge il cristianesimo e abbraccia l’ebraismo.
Vediamo
al tempo stesso anche l’ipocrisia della quale è intrisa la democrazia liberale
globalista.
Tale
sistema afferma di fondarsi su una stretta “neutralità” religiosa e respinge le
autentiche radici cristiane dell’Italia che costituiscono i suoi veri valori e
la sua naturale identità per poi invece mettere a disposizione le istituzioni
per fare opera di proselitismo della religione ebraica, tanto da organizzare al
Quirinale eventi dedicati esclusivamente al Talmud o tanto da raffigurare i
simboli dell’ebraismo sui luoghi del potere, per poi provare ridicolmente a
negarne l’esistenza.
Il
Talmud in italiano consegnato a Mattarella – “La Stampa”.
Mattarella
mostra il “Talmud” assieme al” rabbino Di Segni”.
Questa
è l’essenza che governa l’Italia e il mondo Occidentale ed è una questione che
ormai è diventata talmente urgente ed evidente che sono sempre più le persone e
gli osservatori che denunciano l’asservimento della politica alle lobby del
sionismo.
Ed è
questo che preoccupa chiaramente i vari “revisori dei fatti”. Spaventa il fatto
che molti ormai sappiano la verità sulle forze che gestiscono le vere leve del
potere.
Spaventa
il fatto che la diffusione della verità in ogni luogo e su larga scala sia un
fiume in piena impossibile da arrestare.
Questo
potere è riuscito a governare perché la verità è stata nascosta per molto
tempo.
Adesso
si è entrati in una fase storica del tutto differente dove il potere senza
limiti del sionismo pare giunto al termine.
I
reiterati tentativi di lavaggio del cervello attraverso l’asfissiante
propaganda sulla “giornata della memoria” quale paravento morale del sionismo
per commettere le peggiori nefandezze non sortiscono più gli effetti
desiderati.
Piuttosto
che rinforzare il collettivo senso di colpa nei confronti del mondo intero per
la persecuzione degli ebrei, voluta e permessa dalle lobby sioniste, sta invece maturando un senso di
repulsione per l’arroganza di questo potere che pretende di avere una eterna
immunità morale per perseguire i suoi piani imperialistici nel Medio Oriente.
Questo
è probabilmente ciò che atterrisce di più coloro che gestiscono i media e la
rete dei sedicenti “fact-checker”.
Spaventa
il fatto di aver preso coscienza che un’epoca è giunta al termine e che non si
ha più il potere illimitato di un tempo.
Arrestato
per pedofilia il
presidente di una nota comunità
LGBT
in Canada: i legami segreti
tra il
mondo pedofilo e la lobby gay.
Lacrunadellago.net
– (26/01/2024) - Cesare Sacchetti – ci dice:
Esistono
delle notizie che sono letteralmente tabù nei media mainstream Occidentali ed è
un fiume questo che scorre e si ingrossa con il tempo.
L’esempio
più recente di una notizia così enorme e così clamorosa che non è stata
riportata dai media italiani ed internazionali è quella che riguarda lo scandalo dei
tunnel segreti della” setta sionista Chabad Lubavitch”.
Nel
cuore di una delle organizzazioni più influenti al mondo del potere sionista, c’era un dedalo di passaggi segreti
sotterranei nei quali sono stati rinvenuti materassi sudici e seggioloni per bambini.
Proviamo
soltanto ad immaginare per un istante cosa sarebbe accaduto se sotto una chiesa
o una basilica cattolica fosse stato rinvenuto qualcosa del genere.
Non
sarebbero probabilmente bastate nemmeno le famose nove colonne a quotidiani
come” La Repubblica” e” La Stampa” per parlare di un caso simile, ma se ci
soffermiamo a guardare chi è il proprietario di questi gruppi mediatici,
entrambi nelle mani della “famiglia Elkann”, non fatichiamo a comprendere
perché tale caso sia stato completamente ignorato.
L’arresto
del presidente della comunità LGBT in Canada.
C’è un
altro caso che forse è altrettanto clamoroso e che riguarda quello dell’arresto
del presidente di una nota organizzazione LGBT in Canada, “Sean Gravells”, che
è stato tratto in arresto dalle autorità canadesi.
“Gravells”
è accusato di aver commesso vari atti di pedofilia e abusi contro bambini e
adolescenti canadesi che spesso venivano irretiti dagli eventi
dell’organizzazione LGBT per poi finire vittime degli orchi.
Qualcuno
potrebbe dire che il “caso di Gravells” sia uno isolato che non riguarda
l’intera” lobby gay” ma in realtà non risulta essere affatto così.
Se
guardiamo alla lista di esponenti della comunità LGBT, vediamo che non sono
pochi i casi dei loro rappresentanti che sono stati coinvolti in attività
pedofile.
È
questo il caso, ad esempio, di “Slade Sohmer”, un giornalista “progressista
americano” che in passato ha scritto anche per la famigerata testata “Buzz Feed”,
già nota per aver fabbricato la bufala del Russia gate che accusava falsamente
Trump di essere un agente al servizio del Cremlino.
“Sohmer”
è stato trovato in possesso di una notevole quantità di materiale
pedopornografico che poi veniva distribuito tra i circoli della rete pedofila
che usa molto anche il cosiddetto “dark web,” l’internet sotterranea per così
dire, nel
quale i vari orchi hanno i loro forum segreti e le loro parole d’ordine per
parlare in codice delle loro perversioni.
Quando
si parla di parole in codice non può non venire in mente il famigerato caso del
“Pizza gate” nel quale erano coinvolti i tristemente noti “coniugi Clinton”,
accusati di essere i gestori di una rete pedofila che si nascondeva in una
pizzeria di Washington DC, e da qui il termine “Pizza gate”, poiché il termine pizza è alquanto
utilizzato dai pedofili per definire i bambini da trafficare.
In
tale scandalo, risultava essere anche coinvolto il noto consigliere di Hillary
Clinton, “John Podestà”, che è stato associato anche un al caso della “piccola
Meredith”, scomparsa in Portogallo, nel corso delle sue vacanze con la famiglia.
Quando
vennero diramati gli identikit dei presunti rapitori della piccola, qualcuno
fece notare l’impressionante somiglianza di questi con i volti di “John e Tony Podestà”,
quest’ultimo fratello del primo.
(Gli
identikit dei sospettati del rapimento di Meredith e la loro somiglianza con i
fratelli Podestà).
I
media si impegnarono molto a parlare del” caso Pizza gate” nel tentativo
frenetico di derubricarlo come una “cospirazione di destra” quando a distanza
di pochi anni “Bill Clinton” è di nuovo nell’occhio del ciclone per via dei
suoi frequenti viaggi sull’isola del suo sodale pedofilo, “Jeffrey Epstein,”
agente del “Mossad”.
Adesso
si è tornato a parlare di Epstein poiché è emerso quello che in realtà era già
noto da tempo, ovvero che l’uomo al servizio dell’intelligence israeliana
riprendeva i suoi clienti in attività pedofile per poi poterli ricattare e
costringerli a fare gli interessi dello stato ebraico.
Ciò
dimostra, ancora una volta, come i media agiscano non per portare alla luce i
casi di pedofilia e denunciarli pubblicamente ma piuttosto per classificarli
falsamente come “teorie cospirative” e soprattutto per coprire coloro che
gestiscono tale traffico.
Sono i
signori che siedono ai vertici della cabala mondialista, e sono coloro, come confessava “Stanley
Kubrick” a “Nicole Kidman” nel corso delle riprese del suo film “Eyes Wide Shut”,
che sono legati da un patto che prevede la distruzione dell’immagine pubblica e
la morte del pentito pedofilo qualora questi decida di rivelare al mondo
esterno la verità sulla rete della pedofilia internazionale.
I
legami tra lobby gay e mondo pedofilo.
Questi
sono i poteri che hanno governato il mondo per tanto tempo e sono coloro che
oggi decidono della vita e dell’educazione dei bambini nelle scuole.
Questo
ci porta direttamente ancora una volta a prendere in esame il legame che esiste
tra lobby pedofila e lobby gay poiché i casi citati di esponenti omosessuali
arrestati per pedofilia sono stati seguiti da numerosi altri esempi, quali
quello del gay “Kelsey Boren” che nei panni di una” drag queen”, adescava un
bambino di 11 anni cercando a sua volta di trasformarlo in “un trans” in un pub
dell’Oregon che portava il nome di “Satana”.
Impossibile
non notare come anche nel mondo gay ci sia una profonda vena occultista e
luciferiana che vuole diffondere e incoraggiare l’omosessualità per arrivare ad
un completo annientamento dei valori cristiani e della demografia, assistito
dall’immancabile mondo femminista che a sua volta agisce per giungere allo
stesso scopo attraverso la “demolizione della famiglia naturale”.
Questi
legami tra la lobby gay e la lobby pedofila possono forse essere spiegati
attraverso gli scritti di uno dei più famosi esponenti del mondo omosessuale in
Italia, “Mario Mieli,” al quale è oggi dedicato il famoso circolo gay che porta
il suo nome.
Mieli,
di origini ebraiche, nato nel 1952 a Milano, morì suicida a soli 31 anni ed era
diventato noto perché nelle sue esibizioni praticava la” coprofagia”, una
pratica molto in voga tra gli occultisti quali “Aleister Crowley”, e per essere
stato il padre in qualche modo del movimento omosessuale.
Erano
gli anni 60 e 70, gli anni della “grande” trasformazione culturale che il mondo
italiano ed Occidentale stava attraversando.
Erano
gli anni nei quali il” pensiero liberal – marxista GLOBALISTA “lanciò un
attacco su tutti i fronti per abbattere i pilastri della società antica
cristiana e la diffusione e lo sdoganamento, in qualche modo,
dell’omosessualità giocava un ruolo decisivo in tale aggressione.
Nell’epoca
pre-sessantottina, l’omosessualità e il travestitismo erano considerati dei
disturbi psichici fino a quando psichiatri di chiara ispirazione marxista
iniziarono a sostenere che non c’era nessuna malattia mentale nell’essere gay e
le pressioni del mondo liberal -progressista giunsero a far togliere dai
manuali dei disturbi psichici l’omosessualità.
Non
era però abbastanza.
Era soltanto l’inizio di un lungo viaggio che oggi
vediamo essere approdato nei matrimoni gay, assurdità logica, giuridica, morale e
spirituale,
e nelle proposte di legge di considerare reato coloro che criticano
l’omosessualità e la sua diffusione.
È la
società alla rovescia dove il male pretende di prendere il posto del bene, e
dove i disvalori divengono valori.
“Mieli” ebbe indubbiamente una
rilevante parte in questo processo e nei suoi scritti riusciamo a comprendere
meglio anche la presenza di una sorta di “missione” affidata agli omosessuali.
Nel
suo più noto saggio,” Elementi di critica omosessuale” uscito nel 1977, l’attivista omosessuale si esprimeva
così al riguardo.
«Noi
checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il
futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo
amare i bambini.
Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo
alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la
sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro.
Per questo la pederastia è tanto duramente
condannata:
essa
rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia,
traumatizza, dice di educare, nega, calando sul suo erotismo la griglia
edipica…
La
società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza;
ma il periodo di latenza non è che
l’introduzione mortifera all’ergastolo di una «vita» latente.
La
pederastia, invece, «è una freccia di libidine scagliata verso il feto».
Questo
appare essere l’anello di congiunzione tra la lobby pedofila e il mondo
omosessuale.
Nella
visione di “Mieli”, all’omosessuale spetta la missione “messianica” di liberare
la sessualità del bambino, a suo dire, “imprigionata” dalla “repressiva”
società eterosessuale che in questa ottica è una sorta di gabbia che reprime
gli impulsi che avrebbe il bambino.
All’omosessuale
sarebbe affidato il compito di sessualizzare il bambino fino a giungere alla
completa accettazione morale e civile della pedofilia, derubricata non più come
una perversione e un abuso dell’infante, ma persino come un atto “salvifico” e
“liberatorio” verso il bambino stesso.
Si
comprendono dunque perfettamente quei numerosi casi che vedono coinvolti
esponenti del mondo LGBT in casi di pedofilia.
In
tale visione, l’omosessuale deve gettare il cuore oltre l’ostacolo, per così
dire, e arrivare alla normalizzazione della pedofilia per poter poi
successivamente togliere ai genitori la custodia dei propri figli.
Non è
solamente il “caso Bibbiano”, ancora aperto, ma quello di altre numerose
situazioni nei quali i figli sono stati tolti illecitamente ai genitori per
essere affidati a coppie gay che poi abusavano di loro.
E’ la
collettivizzazione della famiglia alla quale aspirava Engels, amico e
collaboratore di Marx, che è indispensabile per la nascita della società
luciferiana nella quale ogni immaginabile abuso e anche il più immondo dei
peccati vengono come atti “liberatori”.
Questo
non vuole necessariamente dire che ogni gay è un pedofilo e in realtà non è
affatto così.
Certamente
però esistono ai vertici della lobby gay degli uomini e delle donne che hanno
fatto proprio questa loro ideologia e perversione e vogliono che la pedofilia
venga normalizzata.
Al
tempo stesso però non si può negare che la diffusione dell’omosessualità porti
ad una degenerazione della società e che essa rischia di provocare il completo
decadimento morale di chi la pratica e la disgregazione della famiglia
naturale, senza la quale non c’è possibilità per i valori cristiani di
affermarsi.
E non
si fa fatica a comprendere perché la Russia abbia deciso di mettere al bando
tale ideologia.
Proprio per queste ragioni.
Perché essa porta alla degenerazione completa
della società e la trascina in una spirale di decadenza e perversione
devastante.
Il
futuro dell’Italia e dell’Europa passa dal recupero del suo passato.
Il futuro dell’Italia e dell’Europa passa
dall’abbandono di simili perversioni e dalla messa al bando della diffusione
della propaganda omosessuale e delle famigerate organizzazioni “LGBT”.
La
storia dei legami tra lobby omosessuale e rete pedofile non viene raccontata
per queste ragioni.
Non
viene raccontata perché, se compresa, essa aiuta a capire chi c’è davvero
dietro questi circoli e cosa vogliono veramente.
Vogliono
la società
dove la famiglia viene uccisa e vogliono la società dove la pedofilia viene
praticata e
incoraggiata alla luce del giorno.
L’allarme
del New York Times:
il
ritorno di Trump è
la
fine della “NATO” e dell’”UE”
lacrunadellago.net – (15/12/2023) - Cesare
Sacchetti – ci dice:
Quando
nel 2016 Donald Trump scese la scalinata della imponente Trump Tower, la sua
residenza newyorchese, i media mainstream e gli ambienti dello stato profondo
internazionale furono attraversati da una sensazione di panico e di impotenza.
Panico
perché per la prima volta dall’inizio del secolo scorso partecipava alla corsa
per le presidenziali un candidato che non era stato scrutinato prima dai
circoli che comandano in America.
Il
vero potere infatti negli Stati Uniti e nel mondo Occidentale non è quello che
risiede solamente nella Casa Bianca ma è quello che al di fuori di questi
uffici controlla e detta le politiche che seguono questi governi.
È il
potere del “Council on Foreign Relations” finanziato dalla” ineffabile famiglia
Rockefeller” molto vicina a sua volta ad “un’altra influente famiglia
askenazita quale quella dei Rothschild”.
È il
potere del “Bohemian Grove”, quell’esclusivo circolo al quale partecipano ogni
anno politici, economisti, e membri di primo piano del mondo dello spettacolo
internazionale quali, ad esempio, “Bono degli U2”, molto vicino a sua volta al
mondo delle” ONG sorosiane”.
Il “Bohemian
Grove” è quel posto dove ogni anno tra le foreste della California si celebra
una cerimonia alquanto inquietante nel quale si brucia un bambolotto, anche se
alcuni affermano che ci sarebbe veramente un infante lì, tra le fauci di una statua a forma di
gufo che pare ricordare molto quella della divinità demoniaca israelitica del
Moloch, al quale le tribù israelitiche e babilonesi sacrificavano realmente i
bambini.
Che il
“culto di Moloch” sia strettamente integrato nella memoria e nella storia
dell’ebraismo è provato anche dal fatto che in diverse celebrazioni della
storia millenarie della religione ebraica come quella avvenuta a Chicago, negli
Stati Uniti, dove nel 1933 è stata esposta una statua enorme di questa divinità per
ricordare appunto il periodo nel quale gli israeliti praticavano quei
sanguinolenti riti in omaggio a questo demone.
Persino
il “Washington Post”, seppur in toni ovviamente più pacati ed edulcorati, in un
suo articolo ha scritto che quando si radunano i membri di questo esclusivo
club privato, lo fanno per fare delle attività non proprio “ordinarie”, se
volessimo utilizzare un eufemismo.
Questi
però sono i poteri che comandano l’America e l’Occidente e se volessimo
scendere ancora più nelle devianze degli apparati massonici ci troveremmo di
fronte alle peggiori perversioni che la mente umana abbia mai concepito quali
la pedofilia, l’incesto e la coprofagia, così cara a personaggi quali
l’occultista inglese “Aleister Crowley” e all’attivista omosessuale “Mario
Mieli”, “mito” della comunità “LGBT “in Italia.
Le
forze che hanno dominato il mondo per molto tempo sono oscure e hanno una
filosofia, quella luciferiana, che non ha altro fine che quello di sradicare
completamente la cristianità dalla faccia della Terra.
Se non
si comprende questo fondamentale passaggio, non si comprende nulla delle forze
che si fronteggiano in questo scontro, spirituale prim’ancora che meramente
politico.
Il
panico ha iniziato a scorrere prepotente in questi esclusivi club americani e
Occidentali quando hanno visto che nel 2016 davanti alla porta della Casa
Bianca si stagliava l’ombra di un personaggio che non era stato scrutinato da
queste società segrete.
La
candidatura di Trump ha mandato in fumo il disegno mondialista.
Era
l’ombra di Donald Trump e nel momento stesso in cui si presentò un outsider
quale l’imprenditore di successo americano che sfuggiva al falso duopolio delle democrazie
liberali fondato sulla falsa alternanza tra liberali conservatori e liberali
progressisti si mise in moto una macchina della sovversione per impedire in ogni modo
che quest’uomo potesse diventare Presidente degli Stati Uniti.
La
genesi del primo golpe dello Spy gate contro Trump del quale abbiamo parlato in
diverse occasioni va letta proprio nell’ottica di impedire che il magnate
newyorchese diventasse Presidente e togliesse all’anglosfera il suo pilastro
più solido e fondamentale.
L’anglosfera
è quel sistema di potere geopolitico che ha influenzato la storia di tutto il
XX secolo ed essa non è altro che un’emanazione del potere di quelle famiglie
quali appunto i citati Rockefeller, Rothschild, Warburg, Morgan, Astor, Dupont,
Elkann e molti altri che hanno scelto questo blocco per governare le nazioni e
trascinarle sull’altare di un Nuovo Ordine Mondiale.
Trump
è il classico outsider che non è stato calcolato in questa equazione e ciò ci
porta alla paura di questo potere nei suoi confronti che citavamo in
precedenza.
Quando
questi ambienti si trovano di fronte ad un uomo e ad un contropotere che si
oppone ai loro piani, e quando quest’uomo e questo contropotere patriottico arrivano
a conquistare il Paese più potente del mondo, come gli Stati Uniti, la
possibilità di una governance globale diviene di fatto impensabile.
Ora i
signori del globalismo credevano di rimettere a posto le cose con la frode
elettorale del 2020 e con l’instaurazione alla Casa Bianca di un altro dei loro
fantocci quali il corrotto Joe Biden.
Abbiamo
visto però in molteplici occasioni che lo status quo che precedeva Trump non è
stato ripristinato e alla Casa Bianca appare esserci un limbo che non ha mutato
le precedenti politiche dell’amministrazione Trump.
Non
c’è stato quel ritorno all’interventismo tanto atteso dalla “NATO” poiché gli
Stati Uniti piuttosto che restare in Afghanistan, Paese crocevia del traffico
di eroina internazionale, hanno lasciato il Paese.
Lo
stesso è accaduto in Ucraina dove gli Stati Uniti si sono guardati bene
dall’intervenire militarmente contro la Russia come avrebbero voluto i
pericolosi neocon che architettarono gli attentati dell’11 settembre e tutto lo
stato profondo di Washington.
Il “New
York Times”: il ritorno di Trump è la fine della NATO e dell’UE.
Adesso
giunge un altro articolo, dopo quello del Telegraph di cui abbiamo parlato in
precedenza, del “New York Times”, il quotidiano “principe” dell’anglosfera.
Il “New
York Times “non gira troppo intorno alla questione e scrive chiaramente che un
ritorno di Trump, in via ufficiale aggiungiamo noi, sarebbe la chiusura del
cerchio di quanto iniziato dal presidente americano sette anni fa ormai.
Trump
sin dal principio aveva l’obiettivo di lasciare la” NATO” poiché essa non è
affatto un’associazione di stampo difensivo come ancora qualche ipocrita
atlantista vorrebbe sostenere.
La
NATO è aggressione militare.
La “NATO” è punizione per tutti coloro che non
obbediscono e che non vogliono trascinare il proprio Paese tra le fauci del
supergoverno mondiale e la lista dei suoi crimini è interminabile.
La
prova tangibile che l’alleanza atlantica non era nulla di quello che diceva di
essere la si è avuta all’indomati dello smantellamento dell’URSS quando
piuttosto che essere liquidata, considerata la fine della minaccia sovietica,
l’alleanza si espanse nell’Europa dell’Est.
L’imperialismo
è la filosofia che governa la NATO ed essa non è altro che il braccio armato
del mondialismo occidentale.
Un
braccio che non può esistere senza che la prima potenza militare al mondo, gli
USA appunto, diano il loro decisivo contributo all’esistenza
dell’organizzazione.
Nessuno
può sostituire gli Stati Uniti in questo ruolo ed è un fatto di cui i massimi
membri dell’establishment Euro – Atlantico sono tutti molto consapevoli.
Ora
costoro si trovano di fronte alla peggiore, per loro, delle prospettive.
Quella
di affrontare un secondo, per alcuni un terzo occulto, mandato di Trump che
porterebbe a termine il lavoro iniziato nel 2016.
Alcuni
ne sono certi come, ad esempio,” John Bolton”, il neocon americano di origini
ebraiche che ebbe un ruolo decisivo nello scatenare la guerra all’Iraq e
all’Afghanistan, quando nessuno di questi due Paesi ebbe alcun ruolo nella progettazione degli attentati
alle Torri e al Pentagono, letteralmente impossibili senza la partecipazione dei servizi
segreti americani e dei vertici infedeli delle forze armate USA.
Questa
è la prospettiva che atterrisce anche i vari governanti europei e l’UE come
scrive il “New York Times” che riferisce di come i vari diplomatici europei non
sappiano come fare di fronte alla possibilità molto concreta di un ritorno di
Donald Trump.
Costoro
pensano di ricorrere” alla adulazione” nei suoi confronti nel tentativo di
ammansirlo ma si illudono poiché Trump detesta gli adulatori e i lacchè di
vario tipo.
A
Trump interessa soltanto servire il suo Paese e assicurare gli interessi degli
Stati Uniti e questi non sono ovviamente quelli della “NATO” e della “governance
globale”.
Il
ritorno di Trump non significa solamente la fine dell’alleanza atlantica.
Significa
anche la dismissione definitiva della “Unione europea” che come la “NATO “deve
la sua esistenza alla volontà della potenza americana di istituirla e di
mantenerla nel corso degli anni.
È una
storia nota ai lettori più attenti.
Già
dal secondo dopoguerra, all’alba della nascita dell’ordine liberale
internazionale, l’antenato della CIA, l’”OSS”, faceva affluire fondi ai
progetti di integrazione comunitari.
Le
amministrazioni presidenziali di quegli anni quali quella di “Truman” e “Eisenhower”
volevano che nascesse un blocco europeo per poter indirizzare e controllare
meglio la politica di tutto il continente europeo.
Il
cosiddetto blocco Euro-Atlantico è sempre stato controllato dall’altra parte
dell’Atlantico, quella americana, e l’asse franco-tedesco è stato semplicemente
scelto come un reggente di tale apparato che comunque doveva sempre rispondere
a Washington.
A sua
volta, Washington rispondeva a quei poteri di matrice mondialista che abbiamo
citato in precedenza e dunque ogni scatola cinese di questa gerarchia alla fine
vedeva il dominio di quei personaggi e di quei banchieri di Londra e New York
che governano nell’ombra.
Adesso
il vecchio “ordine” è finito e ciò che sta togliendo il sonno a molti
appartenenti delle istituzioni di Bruxelles è proprio questo scenario.
Il
secondo, o il terzo, mandato di Donald Trump che porterebbe alla fine della “NATO
“e dell’”Unione europea”, le cui esistenze dipendono, o forse dovremmo dire già
dipendevano, entrambe dalla volontà politica degli Stati Uniti.
Questa
è la ragione per cui il 2024 fa paura.
Fa
paura a coloro che nel 2020 erano convinti di veder realizzati i loro piani
attraverso l’operazione terroristica del coronavirus, e oggi invece scoprono
con amarezza, rabbia e impotenza che le cose non sono andate come previsto e
che non sono loro i signori della storia.
Come
passare dalla ragione
al
torto. Marcio!
Tuttieuropaventitrenta.eu
- Carlo Pantanella – (20 Ott. 2023) – ci dice:
Francamente
ho sempre ritenuto che presentarsi a casa di qualcuno e dire “Sentite! Duemila
anni fa noi vivevamo qui, ultimamente siamo stati sottoposti ad indicibili
ingiustizie, quindi abbiamo deciso di ritornarci: aria! Sciò! Sciò!” non mi
pare che sia un discorso ammissibile.
Probabilmente
Israele avrebbe fatto bene a tenere maggiormente conto di questo peccato
originale su cui è nata.
Indubbiamente
sarebbe stato più opportuno che lo stato di Israele fosse nato, come
inizialmente da taluni fu proposto, attraverso la concessione di una parte del
territorio della Germania, che sicuramente aveva un enorme debito nei confronti
del Popolo Ebraico.
Gli
ebrei però insistettero:
rivolevano assolutamente quella che loro per
duemila anni hanno sempre considerato la loro terra:
teniamo
conto che in una festività tutti gli ebrei si scambiano l’augurio “L’anno
prossimo a Gerusalemme, l’anno prossimo a Gerusalemme” e su questa base
religiosa è nato e ha preso forza a partire dalla fine del XIX Secolo il
movimento Sionista.
La
diaspora ebraica è stata l’esempio sicuramente più forte della capacità di un
popolo, di una cultura, di una religione di mantenere nel tempo e nello spazio,
la propria identità e le proprie tradizioni;
l’unico
altro caso è quello dei “Rom,” che però ha proporzioni e termini del tutto
diversi.
Quando
l’”Onu”, dopo il lavaggio delle mani degli Inglesi (e Francesi) con la famosa e
famigerata” Risoluzione 181”, decise di assegnare un territorio agli Ebrei, in
realtà prese la Palestina e la divise in due:
una
agli ebrei e l’altra al popolo palestinese;
peraltro,
agli ebrei fu assegnato sostanzialmente in gran parte un territorio desertico.
Gli
arabi decisero di ritirarsi dal territorio a sé assegnato e di dichiarare
guerra ad Israele per quella che era al momento una ben comprensibile guerra di
liberazione.
Il
mondo arabo ha combattuto, come purtroppo sappiamo, diverse guerre perdendole
regolarmente anche a causa della propria divisione: nonostante fossero decine
di milioni di arabi con stati organizzati, con eserciti consolidati, non sono
mai riusciti a sconfiggere un piccolo staterello che stava nascendo in quel
momento con un esercito raffazzonato.
Vuoi non vuoi, le guerre sono storicamente nel
diritto internazionale uno degli strumenti della definizione dei confini (Alto
Adige docet!) e anche della costituzione degli Stati.
Di
fatto Israele esiste da quasi ottant’anni, diverse generazioni sono nate in
Israele ed è stata creata una vera e propria nazione, intesa come popolo,
organizzazione statuale, assetto sociologico;
di
questo non possiamo non tenere conto.
Insomma, Israele esiste, anche se è nato da un
“peccato originale”, Israele esiste:
le
situazioni De Facto sono alla base del diritto internazionale. Beninteso, gli
ebrei hanno i loro difetti e hanno commesso anche loro i propri errori.
Anche
i nazisti (ovviamente
faccio riferimento non alla soldataglia delle SS, ma a quella che, pur con una
certa fatica, posso definire l’intellighenzia nazista) non consideravano gli ebrei un popolo
inferiore, anzi!
Semmai,
pur delirando, lo consideravano un popolo malefico.
I
nazisti erano pienamente consapevoli che gli ebrei sono un popolo con delle
capacità straordinarie:
in qualsiasi posto in cui siano arrivati gli
Ebrei, nel giro di poco, pur mantenendo una certa distanza dalla società
locale, sono riusciti sempre a crescere, a insediarsi e a prosperare, molto più
di quanto non fossero in grado gli stessi padroni di casa.
Anche
In Israele è successa la medesima cosa:
nel giro di qualche decennio hanno creato un
paese industrializzato ed evoluto, hanno dissodato il deserto, hanno creato un
giardino laddove gli Arabi in 2000 anni non erano riusciti a cavare nulla.
Il problema degli Ebrei, se vogliamo parlare
pane al pane e vino al vino, è che essi si ritengono l’unico popolo dell’unico
vero Dio:
questo
è un piccolo particolare di cui noi non ci rendiamo conto, perché noi Cristiani
diamo per scontata e assodata quella che in realtà è la cosiddetta “Teologia
della Sostituzione”.
La
“Teologia della Sostituzione” è l’operazione, molto discutibile, basata sul
sillogismo “Gli ebrei hanno rigettato Cristo;
quindi,
Dio ha rigettato gli ebrei e la Chiesa di Cristo è ora il Nuovo Israele” ha di
fatto permesso al Cristianesimo di appropriarsi di una Tradizione che, in
realtà era, ed è, Ebraica.
Nonostante
la “Teologia della Sostituzione” si basi su un “ragionamento” sostanzialmente
razzista, tutt’oggi è alla base del fatto che le “Chiese Cristiane si basano su
libro” che, storicamente, non le appartiene.
Ma
questa sostituzione per gli Ebrei ovviamente non c’è mai stata: l’unico Popolo
dell’unico vero Dio sono solo e solo loro.
E
questo è un problema:
quello
che c’è scritto sulla Bibbia lo ha scritto il “loro” Dio, l’unico Dio e lo ha
scritto per loro, solo per loro.
In
effetti il Popolo Ebraico è, sotto molti aspetti, superiore:
il 30%
dei premi Nobel è di religione ebraica, delle capacità di creare, evolvere e
prosperare abbiamo già detto;
aggiungiamo che gran parte del mondo della
cultura e del cinema devono molto al Mondo Ebraico.
C’è
chi sostiene che la litigiosità, tipica della “Cultura Ebraica”, sia un
elemento che fa grande un popolo.
Divagazione:
la litigiosità di noi italiani, diversa, ma
non meno intensa degli Ebrei potrebbe spiegare perché siamo quel grandissimo
popolo che siamo, con quella grandissima storia, quella grandissima cultura.
Questo
spiegherebbe come siamo riusciti a produrre grandi opere artistiche ed
invenzioni importantissime per l’umanità:
la
amatriciana piuttosto che il risotto alla milanese o la parmigiana di
melanzane!
Comunque,
tornando a noi, gli Ebrei, vuoi non vuoi, hanno creato un grande stato europeo,
piantato in mezzo al deserto del Neghev.
È un dato di fatto che gran parte degli “Arabi
Palestinesi” in realtà lavorano per le imprese e anche per i privati ebrei e,
senza questo lavoro, non hanno mezzi di sostentamento.
Questo spirito di Popolo prediletto dell’unico
vero Dio ha permesso all’anima più conservatrice del Mondo Ebraico di far
commettere ad Israele numerosi errori.
Potrei parlare del massacro di” Sabra e
Shatila”, in cui l’esercito israeliano ha avuto un ruolo molto importante nelle
vere e proprie atrocità che sono state operate lì.
I Rabbini Cappellani dell’Esercito Israeliano,
tutti rigidamente conservatori, hanno un effetto intuibile sul comportamento
dei soldati Israeliani.
Più in
generale si può parlare del modo in cui la destra ha indotto Israele a trattare
i Palestinesi con superiorità e senza tenere conto che, tutto sommato, erano a
casa loro.
Questi sicuramente sono stati errori molto
gravi, ma nulla può giustificare quello che sta succedendo oggi.
Qualcuno
la chiama guerra. Ma no!
Non è
una guerra: in una guerra si affrontano degli eserciti in modo organizzato.
Massacrare dei ragazzi che stanno facendo
della musica non può essere considerata una guerra, così come prendersela con
la popolazione civile inerme o di bullizzare bambini non è una guerra.
È molto peggio!
E fare
qualcosa di peggio della guerra non è facile.
Ovviamente
dovremmo fare una distinzione tra “Hamas” e il “Popolo Palestinese”, ma fare
questa distinzione ad oggi è molto difficile.
Vista
cinicamente l’azione dissennata di “Hamas” avrebbe avuto un senso solo, e
solamente, se avesse avuto anche solo una pallida speranza di sconfiggere
Israele:
questo era assurdo e, infatti, l’unica cosa
che sono riusciti ad ottenere è stato di attirare l’odio e il disprezzo
dell’intera comunità internazionale nei confronti dell’intero Popolo
Palestinese e di consegnare alla destra israeliana tutti, ma proprio tutti gli
strumenti politici dei quali non aveva neanche un gran bisogno.
E dire
che, all’inizio, i Palestinesi avevano ragione da vendere.
Nuovo
ordine mondiale: perché il
Sud
del mondo è così decisivo
e cosa
può fare l'Europa.
It.euronews.com
- Michela Morsa – (04/04/2023) – ci dice:
La
guerra in Ucraina ha fatto emergere le enormi differenze tra il sistema
valoriale del mondo occidentale e quello orientale.
Il Sud
del mondo sta nel mezzo.
"Siamo
troppo arroganti, troppo paternalisti e troppo moralisti". L'Occidente,
dice “Alexander Stubb”, ex primo ministro finlandese e direttore dell'Istituto
universitario europeo, deve rendersi conto di non essere (più) il centro del
mondo.
L'Europa
e gli Stati Uniti sono in una sorta di bolla, convinti che l'invasione su larga
scala dell'Ucraina sia una guerra mondiale.
Eppure,
due terzi della popolazione mondiale vivono in Paesi che non hanno condannato
attivamente la Russia.
Anzi,
i Paesi del Sud del mondo sono più propensi a sostenere la Russia che
l'Ucraina.
“Stubb”,
lo definisce un "campanello d'allarme":
40
Paesi hanno imposto sanzioni a Mosca, "zero Paesi dell'Africa.
Zero
Paesi dell'America Latina.
E solo due o tre dall'Asia".
La
guerra in Ucraina è anche una guerra tra due sistemi di valori fondamentali
totalmente differenti.
Come
sostenitore dell'Ucraina, l'Occidente rappresenta un ordine mondiale liberale,
mentre la Russia e anche la Cina, non proprio neutrale, rappresentano un
“ordine mondiale autocratico” in cui l'economia e lo sviluppo corrono slegati
dalla libertà e dalla democrazia.
In
questa contrapposizione, il Sud del mondo fa da ago della bilancia. I politici
occidentali lo hanno capito e da tempo viaggiano nell'emisfero meridionale per
conquistarli come partner. Ma i leader orientali fanno altrettanto.
La
scorsa settimana, Mosca ha delineato la sua politica estera, identificando la
Cina e l'India come partner chiave e annunciando piani per espandere i legami
con l'Africa e l'America Latina.
A
questo punto, l'esito della guerra potrebbe determinare più che il futuro della
sola Ucraina.
In
quanto sostenitori del Paese invaso, gli Stati Uniti e l'Europa cosa stanno
rischiando?
Una
sconfitta sul campo di battaglia o la sostituzione del loro sistema liberale e
normativo?
Insomma,
un nuovo ordine mondiale?
Qual è
la posizione del Sud globale sulla guerra in Ucraina?
I
Paesi dell'America Latina stanno dicendo "no, questa non è la nostra
guerra", spiega “Christopher Sabatini”, Senior fellow per l'America Latina
di “Chatham House”.
Le speranze dell'Occidente che i Paesi
latinoamericani inviassero armi all'Ucraina sono state rapidamente respinte
all'inizio della guerra.
Allo
stesso tempo, l'alleanza tra Russia e Cina si sta rafforzando, anche grazie al
viaggio del presidente cinese Xi Jinping a Mosca, che ha mostrato una volta per
tutte che la Cina non mantiene una posizione neutrale nella guerra.
Ma è
anche una questione di emozioni, legata alla storia di molti Paesi del Sud del
mondo, spiega “Alexander Stubb”.
"Fondamentalmente puntano il dito contro
l'Europa e gli Stati Uniti e dicono: 'Non venite a farci la predica
sull'integrità territoriale e la sovranità'.
Guardate
cosa avete fatto durante il colonialismo. Oppure, guardate cosa è successo in
Iraq".
Perché
gran parte del Sud del mondo sostiene la Russia e non l'Ucraina?
Il
potere è nel Sud globale.
Gli
esperti ritengono improbabile che i Paesi del Sud del mondo si uniscano
all'Occidente o all'Oriente.
Secondo
“Stubb”, il Sud globale in questo momento è il "decisore", ma non
vuole scegliere.
"Oscillerà
come un pendolo tra i due. Hanno l'economia, le risorse e il potere di
determinare la direzione che prenderà il mondo", dice “Stubb”.
Sabatini
spiega che i Paesi del Sud del mondo stanno sfruttando la situazione come
un'opportunità per affermare la propria indipendenza di fronte al declino del
potere degli Stati Uniti a livello globale e all'interno dell'emisfero
occidentale.
"Molti di loro ritengono che gli Stati
Uniti e l'Europa occidentale abbiano ignorato le loro preoccupazioni per molto
tempo", dice il ricercatore.
Ma la
domanda è:
la
Cina potrebbe riuscire a mantenere relazioni strategiche con il Sud del mondo
in modo da creare un nuovo ordine mondiale guidato da Pechino?
In che
modo la Cina sta corteggiando il Sud globale?
La
Cina lo offre da decenni, soprattutto sotto forma di investimenti e prestiti,
flessibili rispetto a quelli della Banca mondiale e non soggetti a
"vincoli e condizioni".
La
Cina, spiega “Sabatini”, è anche "un mercato molto attraente per le
materie prime latinoamericane, e offre anche qualcosa che manca in molti Paesi
latinoamericani, ovvero gli investimenti nelle infrastrutture".
E
Paesi come il Brasile e l'Argentina ne hanno un disperato bisogno.
Ma
allo stesso tempo, i valori dei Paesi dell'America Latina divergono ampiamente
da quelli di chi vuole rimodellare l'”ordine mondiale liberale”.
Ad
esempio, sottolinea “Sabatini”, in America Latina la tutela dei diritti umani
in generale, dei diritti delle donne, dei diritti degli indigeni o della
comunità LGBTQI+, è diventata estremamente importante negli ultimi anni.
"I
governi latinoamericani devono essere consapevoli dei reali vantaggi dell'”ordine
mondiale liberale”, che non sempre ha servito i loro interessi, ma è stato una
piattaforma efficace per il rinforzamento dello Stato di diritto o la
protezione dei diritti umani attraverso il diritto internazionale".
Cosa
ha da offrire l'Occidente al Sud globale?
Se
l'Occidente vuole vincere questa situazione, ha bisogno di "una politica
estera più dignitosa", avverte “Stubb”.
Ciò
comporterebbe "limitare gli alti standard morali" e cercare di
"impegnarsi nel dare al Sud del mondo una certa capacità di azione".
In
effetti, il Sud America, l'Africa, gran parte dell'Asia e il Medio Oriente sono
a malapena rappresentati in importanti organismi globali come il “Fondo
monetario internazionale” o la “Banca mondiale”, anche se costituiscono i due
terzi della popolazione mondiale.
Nessun
Paese del Sud del mondo è membro permanente del “Consiglio di sicurezza
dell'Onu”.
E
anche il commercio con questi Paesi, sottolinea “Stubb”, andrebbe ampliato.
Il
futuro dell'ordine geopolitico mondiale dipende quindi dal Sud del mondo e
dall'importanza che l'Occidente è disposto a dargli, ma anche dalla sua
politica nei confronti della Cina.
"Le nostre relazioni con la Cina sono tra le più
complicate e importanti al mondo", ha riassunto “Ursula von der Leyen” nel
suo primo discorso interamente dedicato alla Cina.
"Se
l'Occidente vuole mantenere l'ordine liberale e normativo, dovrà andare al
tavolo dei negoziati", dice “Stubb”.
"I
cinesi non vogliono un ordine liberale, ma magari alcuni elementi di un ordine
mondiale normale e basato su regole sì.
È
questo l'equilibrio che dobbiamo trovare".
CARRIERA
“ALIAS” NELLE FORZE ARMATE.
Ideologia
LGBTQ fa Breccia nel
Ministero della Difesa.
Crosetto Cade dalle Nubi.
Vannacci Muto!
Gospanews.net
- Piero Angelo De Ruvo – (31 Gennaio 2024) – ci dice:
Il
Ministero della Difesa, direzione generale per il personale civile, nelle
scorse settimane ha emanato, agli stati maggiori, alle direzioni generali ed ai
reparti, delle linee guida avente come oggetto: “Attivazione e gestione di
un’identità Alias per persone in transizione di genere”.
In
linea di principio potrebbe trattarsi di comuni linee guida che affrontano una
materia delicata, che riguardano la sfera dell’identità personale e
dell’espressione di genere e sessuale.
Purtroppo, quello che lascia indignata una
società democratica è proprio la mancanza di comunicazione e trasparenza di una
colonna vitale del paese, la Difesa, dove all’interno ognuno ha il suo
“orticello” giocando il ruolo di piccolo imperatore.
La
dimostrazione è data dalle affermazioni fatte sui social dal Ministro della
Difesa.
“Guido
Crosetto”:
“Lo scopro ora, e non avendolo visto
suppongo non sia stato coordinato né con Segretario Generale (da cui dipende la
Direzione) né con Gabinetto o Ufficio Legislativo.
Il Direttore ha probabilmente ritenuto che
l’applicazione del contratto collettivo lo esimesse da condivisione”.
Il
dicastero, infatti, con una circolare rivolta al personale civile, ha recepito
le disposizioni del contratto nazionale per il pubblico impiego e in
particolare l’art.21 del CCNL (Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori) “al fine di eliminare situazioni di
disagio ed evitare che possano realizzarsi forme di discriminazione”.
Motivazioni
per l’Uso di Identità Alias.
In
principio l’identità alias veniva utilizzata per motivi più gravi, come la
protezione personale o la sicurezza in situazioni in cui la persona desidera
nascondere la propria vera identità per ragioni legate alla privacy o alla
sicurezza specialmente in un’era digitale in cui la nostra vita è sempre più
connessa da giralink sempre più convulsivi, passando nell’ambito artistico dove
scrittori e attori spesso utilizzano pseudonimi per scopi professionali,
permettendo loro di separare la loro vita personale dalla carriera pubblica,
fino ad arrivare ad un vero e proprio Cambiamento di Identità.
In
alcune situazioni, le persone possono adottare un alias per intraprendere un
nuovo percorso di vita, lontano dal loro passato o per sfuggire a situazioni
difficili…
Tuttavia,
è importante notare che l’uso di alias può variare notevolmente in base al
contesto e alle intenzioni della persona coinvolta.
Successivamente
l’uso di identità alias, o pseudonimi, divenne sempre più diffuso nella società
moderna, con individui che scelgono di nascondere la propria identità per una
serie di motivazioni.
Alcune
persone scelgono di adottare una identità alias come parte di un processo di
cambiamento o rinascita.
Questo
può verificarsi in situazioni in cui un individuo desidera lasciarsi alle
spalle un passato difficile o iniziare una nuova fase della propria vita.
L’uso di un alias può essere legato alla
ricerca di una nuova identità, permettendo alle persone di esplorare aspetti
diversi di sé stesse o di adottare ruoli che differiscono dalla loro vita
quotidiana.
In
definitiva, l’identità alias nella società moderna riflette la complessità
delle relazioni umane e l’evoluzione delle forme di espressione individuale.
Tuttavia,
è importante bilanciare l’uso di alias con la comprensione delle implicazioni
legali e sociali, per garantire un approccio equilibrato e consapevole a questa
pratica.
Importanza
Culturale.
L’uso
di identità alias ha anche una rilevanza culturale, riflettendo la nostra
società in continua evoluzione in un mondo sempre più interconnesso.
L’identità alias nella società contemporanea
gioca un ruolo significativo e diversificato, influenzato da una serie di
fattori culturali, tecnologici ed emotivi.
Questa pratica, si manifesta in vari contesti
e presenta molteplici sfaccettature come quello del cambiamento sessuale,
questo può manifestarsi in vari modi e può essere influenzata da diversi
fattori e può riguardare sia il cambio di genere che il riconoscimento di una
propria identità sessuale che può differire da quella assegnata alla nascita.
In
alcune comunità LGBTQ+ (l’acronimo “LGBTQ+” rappresenta lesbiche, gay, bisessuali,
transgender, queer e altri individui e comunità legati da esperienze e identità
sessuali e di genere diverse), l’uso di alias può essere comune e accettato come parte
integrante dell’espressione individuale.
Questo
può creare uno spazio di sostegno per coloro che stanno attraversando
esperienze simili.
È importante sottolineare che ogni persona
affronta il proprio percorso di esplorazione e affermazione dell’identità
sessuale in modo unico. L’uso di un alias può essere una scelta personale e
significativa, che può contribuire al benessere e all’autenticità della persona
coinvolta.
Nel
contesto di un cambiamento sessuale, il rispetto per le scelte individuali e la
comprensione delle esperienze uniche di ciascuno sono fondamentali.
È
importante sottolineare che l’identità di genere e l’orientamento sessuale sono
aspetti fondamentali della diversità umana, e il rispetto per la varietà di
identità contribuisce a una società più inclusiva e tollerante.
Le
persone LGBTQ+ possono utilizzare alias o pseudonimi per proteggere la loro
privacy o per esprimere liberamente la loro identità di genere o sessuale.
La sensibilizzazione e l’educazione sulla
diversità sono fondamentali per promuovere la comprensione e il rispetto
reciproco.
Cambiamento
e Rinascita.
L’identità
di genere si riferisce al modo in cui una persona si identifica in termini di
genere, che può corrispondere o non corrispondere al sesso assegnato alla
nascita.
Ad esempio, una persona assegnata come maschio
alla nascita potrebbe identificarsi come donna, e viceversa.
Alcune
persone si identificano come entrambi i generi, nessuno, o in modo fluido.
L’espressione di genere riguarda come una
persona esteriorizza la propria identità di genere attraverso comportamenti,
abbigliamento, stile e altri modi di presentarsi.
Insieme, questi concetti sottolineano la
complessità e la varietà delle identità umane.
Ognuna di queste componenti può essere
influenzata da fattori biologici, psicologici, sociali e culturali.
Rispettare
e comprendere la diversità di identità di genere e di espressione è
fondamentale per costruire società inclusive e rispettose delle persone.
Ma
dietro ogni ideologia, si annidano delle farse menzogne che fanno perdere di
vista la realtà danneggiando i più fragili specie se in età scolare, dando
false speranze che un travestimento o, peggio, un intervento farmacologico o
addirittura con un’operazione mutilante di chirurgia plastica possano risolvere
le loro fragilità.
Sempre
parlando di scuola, il “monsignor Douglas Rigattieri, vescovo di Cesena-Sarsina
ha dichiarato:
«L’espressione “identità di genere” mira chiaramente
ad annullare la differenza, il dualismo uomo-donna, a vantaggio di
un’autopercezione individuale, tesa a cancellare la differenza sessuale, a
creare una confusione antropologica che confonde e sicuramente lede il
principio di condivisione, reciprocità uomo-donna, su cui si fondano la
famiglia e l’educazione».
“Carriera
Alias” dall’ideologia trans al Ministero della Difesa.
In
questa BABELE di sigle, cambiamenti, identità fluttuanti, la carriera alias è
infatti quell’escamotage, inventato dalle organizzazioni LGBTQ+, secondo cui un
uomo che si sente donna (e viceversa) debba avere i diritti e le prerogative
proprie dell’altro sesso, dal cambio di identità a quello di bagni e
spogliatoi, diritti sacrosanti, ma chi difenderà i diritti, la sicurezza e la
privacy delle donne e degli uomini che lavorano nello stesso Ministero?
Ancora
una volta la donna verrà sminuita dei suoi diritti di donna e di mamma, dove le
conquiste ottenute dopo decenni di battaglie, verranno soppiantata
dall’identità alias soppiantando la priorità educativa delle famiglie
scavalcato da iniziative ideologiche sociali scolastiche, un tentativo meschino
di aggirare la normativa italiana, l’ennesimo modo per mettere gli italiani di
fronte al fatto compiuto.
In
definitiva quello che hanno tentato di fare alla chetichella nelle Forze
Armate, senza che il governo Meloni o il Ministro della Difesa, ne fossero
minimamente a conoscenza, questo fa nascere discutibili immaginazioni sulla
condotta del dicastero.
Chissà
con quali ulteriori esternazioni ci avrebbe affascinato il Generale Vannacci
nel suo libro, all’indomani dell’introduzione delle linee guida “alias”
all’interno della Difesa, dove per altro si era già espresso contro i gender e
comunità LGBTQ+, ma adesso resta muto per poter preservare l’incarico di
prestigio datogli da Crosetto e dalla Forza Armata.
Un
incarico, quello di “Capo di Stato Maggiore del Comando Forze Terrestri”, dove
non prevede poteri autonomi ma assicura visibilità maggiore dell’incarico
precedente, un trampolino di lancio per eventuali nomine nei partiti
governativi ed allo stesso tempo uno scudo invisibile dove l’istruttoria aperta
per la pubblicazione del suo libro potrebbe trasformarlo in un perseguitato
dalle istituzioni.
Non a
caso il narratore in divisa, si è appena iscritto ad una sigla sindacale
militare, nonostante quest’ultima abbia preso a suo tempo le distanze e
dichiarato il libro di Vannacci farneticazioni, le stesse diventate dogmi, a
distanza di qualche mese, pur di avere visibilità, senza accorgersi che
l’iscrizione sia stata solo un ulteriore asso nella manica del venditore di
scritti, al fine di poter ottenere, ma siamo sicuri che non sia questo il
caso, i benefici che i dirigenti
sindacali godono, visto il procedimento disciplinare a cui è sottoposto e di
cui la stesso sigla “ha lanciato un appello al ministro della difesa,
sollecitando ponderazione e dialogo nell’inchiesta che coinvolge il Generale”.
Arma
di divisione di massa.
L’ideologia
“Alias” ha offuscato e continua ad offuscare le menti, nascondendo dietro una
falsa emancipazione, il fomentare un conflitto tra omosessuali ed
eterosessuali, alla stessa stregua della divisione sociale avvenuta con i
vaccini, nascondendo in maniera artificioso i tagli che stanno perpetrando a
tutto l’indotto scolastico.
Infatti,
si investe tempo e risorse nello sviluppare l’identità alias, lasciando alla
deriva gli aiuti a studentesse in sopravvenuto stato di gravidanza oppure
studenti che versano in precarie condizioni economiche, che hanno perso casa
per calamità naturali e vivono ancora in baracche.
«Guai
a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in
luce e la luce in tenebre» (Is 5, 20).
(Piero
Angelo De Ruvo).
Lavrov:
"Percepiamo i BRICS
come il bastione, il prototipo
di un mondo multipolare."
Lantidiplomatico.it – (31 – 1- 2024) - La
Redazione de l'Antidiplomatico – ci dice:
Il
ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che Mosca vede il
blocco dei BRICS come il prototipo di un mondo multipolare.
Il ministro degli Esteri russo è intervenuto
alla prima riunione degli "sherpa", rappresentanti dei Paesi BRICS,
nell'ambito della presidenza russa dell'organizzazione.
Per la prima volta, i rappresentanti di cinque
nuovi membri dei BRICS - Egitto, Iran, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed
Etiopia - hanno partecipato a una riunione di questo formato.
"Percepiamo
i BRICS come il bastione, il prototipo di un mondo multipolare, alla cui
creazione - in nome di un futuro più luminoso e armonioso per i nostri popoli -
cerchiamo tutti di contribuire", ha dichiarato durante l'incontro.
Nel
dare il benvenuto ai cinque nuovi membri, il ministro degli Esteri russo ha
sottolineato che l'adesione di nuovi Stati alla BRCS "rafforza il
partenariato strategico e la posizione internazionale" del blocco e ha
indicato che sono in arrivo molte richieste di adesione da parte di altri
Paesi.
Lavrov
ha promesso di attribuire particolare importanza alla questione durante la
presidenza russa dell'organizzazione internazionale.
Il
Ministro degli Esteri russo ha sottolineato che "le statistiche parlano da
sole:
il PIL
totale dei Paesi BRICS è già pari a circa un terzo dei corrispondenti valori
mondiali e ha superato i corrispondenti indicatori del G7".
Ha
inoltre affermato che i Paesi BRICS rappresentano il 30% della superficie
mondiale, il 45% della popolazione mondiale, hanno volumi significativi di
produzione mondiale di petrolio e di altre risorse, oltre ad esportare un
quarto dei prodotti mondiali.
"Credo
che, con un potenziale così ricco, non possiamo permetterci di essere solo un
osservatore esterno e di rimanere sulla scia dei processi storici, soprattutto
viste le speranze che i Paesi del Sud e dell'Est del mondo ripongono nei
BRICS", ha affermato. In questo contesto, il ministro ha sottolineato che
il blocco BRICS+ "è pienamente in grado di plasmare l'agenda globale,
difendendo coerentemente gli interessi della maggioranza mondiale, offrendo la
sua visione dei contorni del futuro ordine mondiale basata sullo sviluppo
oggettivo degli eventi e non su schemi artificialmente costruiti per frenare lo
sviluppo dell'umanità".
Per
quanto riguarda l'allargamento dei BRICS, il capo della diplomazia russa ha
sottolineato che "non si intende in alcun modo creare un meccanismo per
una nuova dittatura della maggioranza mondiale".
"In tutte le nostre azioni e
dichiarazioni, tutti i Paesi del nostro [blocco] sottolineano sempre che siamo
aperti in qualsiasi momento a un dialogo onesto e paritario", ha affermato
il ministro, aggiungendo che sarà prestata particolare attenzione all'ingresso
senza problemi dei nuovi membri dell'organizzazione nelle sue attività
quotidiane.
Lavrov
ha definito i BRICS come "una base organizzativa a livello generale per il
Sud e l'Est globale" e ha sottolineato che si realizza "non su base
di blocco, ma sui principi del rispetto reciproco, della scelta sovrana del
percorso di sviluppo e della garanzia pratica del principio chiave della Carta
delle Nazioni Unite - l'uguaglianza sovrana degli Stati".
Ordine
dell’Amicizia allo sherpa sudafricano.
Il
ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha consegnato l'Ordine dell'Amicizia all'ambasciatore fuori
sede del Ministero degli Esteri sudafricano, lo sherpa “Anil Suklal”.
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato
un decreto corrispondente nel dicembre 2023.
“Vorrei
svolgere un'importante missione a nome del Presidente e consegnare l'Ordine
dell'Amicizia all'Ambasciatore fuori sede del Ministero delle Relazioni
Internazionali e della Cooperazione del Sud Africa, lo Sherpa del Sud Africa
nei BRICS, Sig. Anil Suklal", ha detto in una sessione nell'ambito del
primo incontro degli sherpa e sotto-sherpa dei BRICS a Mosca.
Lavrov
ha aggiunto che la Federazione Russa conosce “Suklal” come un diplomatico di
principio, convinto della necessità della prosperità comune dell'umanità.
Il
rappresentante del Sudafrica è stato anche all'origine di numerose iniziative
nei BRICS, ha osservato il ministro.
"Non rivelerò un segreto se dico che
nonostante tutto “Anil Suklal” è un grande amico di tutti i paesi qui
rappresentati, vorrei sottolineare in particolare l'amicizia dei suoi compagni
russi con lui.
È
stato qui diverse volte, conosce in larga misura le nostre tradizioni nazionali
in tutti i loro aspetti. Ciò è stato facilitato dal fatto che negli anni delle
nostre precedenti presidenze abbiamo organizzato qui eventi BRICS”, ha
affermato il capo del Ministero degli Esteri russo.
Lavrov
ha osservato che Mosca apprezza molto l’atteggiamento di “Suklal” nei confronti
del rafforzamento del partenariato strategico tra Russia e Sudafrica.
Il
crollo della “rete eversiva” di
George
Soros: la fine
dell’epoca
del mondialismo.
Lacrunadellago.net
– (07/07/2023) – Cesare Sacchetti – ci dice:
Fine
di un’epoca e di un impero. Potrebbe essere questa la sintesi per descrivere
quanto sta accadendo alla” rete delle ONG” di George Soros.
Il
famoso, o forse sarebbe più appropriato dire famigerato, magnate di origini
ungheresi ed ebraiche ha annunciato che verrà licenziato il 40% del personale
che lavora per la sua altrettanto famigerata” Open Society”.
La
rete di questa “ONG” negli ultimi quattro decenni è arrivata pressoché ovunque
nel globo e si è posta uno scopo preciso.
Non
soltanto quello della mera promozione del culto dei diritti umani ma
soprattutto quello di infiltrare le istituzioni di quei governi che sono
riluttanti ad aderire a tale culto.
Questo
spiega perché in passato sono sorti problemi tra alcuni governi e le “ONG di
Soros “alle quali è stata mostrata la porta.
I casi più celebri sono quelli della Russia di
Putin e dell’Ungheria di Orban che hanno stabilito che la “Open Society” è
soggetto indesiderato nei rispettivi Paesi.
Dietro
l’acronimo di ONG si cela il nome di organizzazione non governativa che è una
delle principali forme associative scelte delle élite liberali globaliste per
imporre ai governi l’agenda del mondialismo.
George
Soros in questo senso ha assunto un ruolo di assoluto rilievo. È stato l’uomo
che nel bene, poco o inesistente, e nel male, molto e abbondante, ha cambiato
la storia dell’Occidente negli ultimi 40 anni.
A
Soros è stato assegnato un compito molto specifico.
Quello
di promuovere un’idea di società che rifiutasse qualsiasi legame con il passato
dell’Occidente cristiano e che sostituisse le sue tradizioni religiose e la sua
identità etnica con un feticcio secolare composto dal famigerato “melting pot”
nel quale i migranti afro-asiatici diventano i nuovi cittadini “eletti” di
questa società.
I
popoli nativi dell’Europa Occidentale in tale visione sono considerati un
intralcio in quanto custodi della vecchia identità da sopprimere ed è per
questo che il fiume di denaro di Soros è giunto soprattutto nelle ONG che
praticano il traffico di esseri umani.
L’immigrazione
di massa è indispensabile per giungere a quella sostituzione etnica di cui
parlava un precursore di Soros, il “conte Kalergi”, che ha molto in comune con
il magnate americano.
L’abbattimento
di ogni barriera e confine è indispensabile per consentire tale invasione e
mettere fine all’idea stessa di nazione.
Le
origini di George Soros: l’uomo dei Rothschild.
Occorre
però interrogarsi su com’è nato George Soros e la sua rilevanza pubblica per
comprendere quali forze abbiano costruito il suo personaggio.
Per
risalire alla genesi di Soros è necessario dunque tornare indietro ai primi
anni della carriera del finanziere che risale alla fondazione nel 1973 del suo
celebre fondo di investimenti “Quantum Fund”.
Il”
Quantum Fund” viene stabilito nelle Antille Olandesi e questa scelta non è
certo dettata dalla casualità.
Le “Antille
Olandesi” sono un vero e proprio “paradiso fiscale” e la trasparenza sui soci
che versano i capitali alle società registrate lì è praticamente minima.
La
genesi di George Soros come finanziere internazionale non viene da un suo
presunto genio speculativo quanto dall’essere stato scelto da determinati
soggetti molto potenti in tale ambiente come quello che nel mondo finanziario è
noto con il nome di “front man”, ovvero figurante o prestanome di altri
personaggi ben più potenti.
Se si
guarda infatti ai nomi dei direttori del suo fondo di investimenti si incappa
in personaggi quali “Richard Katz” e “Nils Taube”.
Probabilmente
tali nomi non diranno molto al lettore, ma questi due personaggi vantano degli
strettissimi legami con la famiglia principe della finanza internazionale, i “Rothschild”,
in particolare il ramo britannico.
Katz
infatti è stato direttore della N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra nel
1988 ed era molto vicino ad un noto personaggio della famiglia in questione, “Evelyn
de Rothschild”, scomparso recentemente.
Evelyn
è stato tra l’altro per anni il proprietario esclusivo della celebre rivista
britannica “The Economist” nota per le sue copertine alquanto simboliche tra le
alte sfere dei poteri mondiali.
“Taube”
invece era socio nel 1993 della banca d’affari, la “Saint James Place Capital”,
di un altro noto esponente dei Rothschild, “Jacob”.
Ovunque
si guardi intorno al personaggio Soros si trovano uomini e agenti di questa
potentissima famiglia di banchieri.
I “Rothschild”
utilizzano da molto tempo una rete di prestanome ai quali intestano varie società e nelle quali
sono depositati tutti i loro immensi capitali.
Il
modus operandi di questa famiglia è praticamente immutato sin dalle origini
della dinastia.
Sono
diversi gli storici, ovviamente non quelli eletti dalla storiografia liberale,
che hanno documentato come già nel 1800 la famiglia Rothschild si servisse di
agenti in altri Paesi per occultare le sue attività finanziarie.
Il
ricercatore americano “Eustace Mullins” nel suo libro “I segreti della Federal
Reserve” riporta come il fondatore della nota “banca JP Morgan”, “John Pierpont
Morgan”, non fosse altro che un rappresentante dei banchieri di Londra.
L’enorme
impero bancario di Morgan che sussiste tuttora ai giorni nostri non sarebbe
altro quindi che una emanazione di quello londinese dei Rothschild.
Di
generazione in generazione, i membri di questa famiglia hanno tenuto fede
all’insegnamento del loro fondatore e capostipite,” Mayer Amschel de Rothschild”.
“Amschel”
era un cambiavalute di Francoforte che si era fatto strada alla fine del 700
diventando il consigliere finanziario di diversi principi e nobili dell’epoca.
Alla
sua morte avvenuta nel 1812, trasmise una massima ai suoi cinque figli che
ancora oggi è una regola ferrea della famiglia.
La
vera entità del patrimonio non avrebbe mai dovuto essere rivelata al mondo
esterno, e certamente il modo migliore per farlo era quello di costruire una
infinita rete di scatole cinesi e di prestanome sotto i quali nascondere il
patrimonio di famiglia.
Attraverso
questo meccanismo, i “Rothschild” sono rimasti pressoché sconosciuti
all’opinione pubblica ed è stato questo probabilmente il loro potere più
grande.
Quello
di agire nell’ombra e di conquistare a poco a poco tutte le ricchezze delle
nazioni fino a diventare loro i padroni di un vasto impero mondiale.
C’è
uno storico aneddoto che dimostra la spregiudicatezza di questi banchieri.
Nel
1815, quando Napoleone perse la battaglia di Waterloo,” Nathan Rothschild” fu
responsabile di quello che si può definire come “il primo aggiotaggio della
storia”.
Il
banchiere sapeva già in anticipo rispetto agli altri concorrenti che Napoleone
aveva perduto ma ingannò i mercati.
Iniziò
a vendere i titoli inglesi e tutti lo seguirono credendo che avesse ricevuto
informazione della sconfitta della corona britannica.
In realtà, già sapeva della vittoria inglese e
ordinò di ricomprare i titoli quando giunsero al minimo possibile e un attimo
prima che si diffondesse la notizia della sconfitta di Napoleone.
In un
colpo solo, “Nathan de Rothschild” accumulò una cifra pari a 1 milione di
sterline quando il salario annuale era pari allora a 50 sterline all’anno.
La
famiglia di banchieri di origini askenazite attraverso il suo impero
finanziario divenne la vera padrona della corona britannica e dei suoi
successivi governi.
Soros
si colloca pienamente in questa fitta tela fatta di società offshore e altri
fondi di investimento quali “Vanguard” e “BlackRock” i cui azionisti di
maggioranza non vengono resi noti al pubblico.
Non si
tratta altro infatti che dell’ennesimo agente dei Rothschild che ha ricevuto
per le mani un’enorme liquidità che gli è stata data per raggiungere
determinati scopi.
I
fondi di Soros hanno rovesciato governi ostili ai Rothschild.
Un’associazione
americana, la” Media Research Center,” ha calcolato che il finanziere ha
versato nelle casse “Open Society “dal 1984 ad oggi la enorme cifra di 32
miliardi di dollari.
E
questo fiume di denaro ha certamente ingerito e cambiato il destino di molti
Paesi.
Sono
innumerevoli gli esempi che si potrebbero fare a questo proposito e si può
citare il caso dell’Ucraina solamente perché esso è il più vivo e presente
nelle cronache attuali.
Se
oggi l’Ucraina si trova in mano ad un manipolo di sanguinari nazisti lo si deve
a uomini come Soros.
Nel
2014 fu lui ad attivare la sezione locale della sua “Open Society” e a ordinare
il cambio di potere ai vertici della presidenza ucraina allora nelle mani di “Viktor
Yanukovich.”
Yanukovich
era considerato troppo vicino a Mosca e non abbastanza all’Unione europea e
quindi era necessario attuare un golpe che nel gergo sorosiano è noto come
“rivoluzione colorata”.
Quando
ciò accade vediamo le strade di un determinato Paesi pullulare di manifestanti
che spesso non sono nemmeno locali ma stranieri reclutati e assoldati per
l’occasione per chiedere con forza la fine di un governo.
Quando
ciò non basta si ricorre anche a metodi più violenti come visto con l’”Euromaidan”
quando cecchini non appartenenti al governo di Yanukovich aprirono il fuoco sui
manifestanti radunatisi nel febbraio 2014 nella piazza Maidan di Kiev.
Una
successiva telefonata intercettata tra “Catherine Ashton”, allora capo della
diplomazia dell’UE, e “Urmas Paet”, ex ministro degli Esteri estone, ha
rivelato come furono i “leader della opposizione nazista protetti
dall’amministrazione Obama e dalla Open Society” a compiere il massacro di 95
persone.
I
nazisti avevano necessità di radicalizzare il più possibile le proteste e
decisero di perpetrare la strage per arrivare al rovesciamento di “Yanukovich”
e consegnare il potere alla loro frangia nazista.
A
permettere tale passaggio di consegne è stato George Soros che si vantò anche
pubblicamente della sua attività da eversore internazionale.
Qui si
vede anche il corto circuito del liberalismo della società aperta che da un
lato predica i cosiddetti diritti umani e dall’altro non si fa particolari
scrupoli a reclutare assassini e personaggi con la svastica tatuata sul petto
pur di raggiungere i propri scopi.
La
società aperta di Soros dunque serve a questo.
Serve a rovesciare quei governi ostili e in
opposizione al disegno del governo globale voluto dalle “grandi” famiglie della
finanza quali i Rothschild, i Rockefeller e i Warburg.
La
fine della globalizzazione e del potere finanziario.
Ciò
che sta cambiando adesso è la struttura del potere economico e finanziario che
ha consentito a tali famiglie di avere un monopolio assoluto sull’economia
mondiale negli ultimi 30 anni.
La
globalizzazione che ha trasferito tutte le ricchezze nell’1% della popolazione
mondiale sta volgendo al termine.
Non si
contano i licenziamenti delle “grandi” corporation e gruppi bancari quali
Amazon, Facebook, Goldman Sachs e Morgan Stanley.
Il
fondo di investimenti citato in precedenza e che possiede una sterminata rete
di società,” BlackRock”, stavolta ha avuto gli onori delle cronache per le
ragioni che non avrebbe voluto.
È il
fondo che ha perduto il più alto ammontare di capitali lo scorso anno quando ha
visto andare in fumo la cifra da capogiro di 1,7 trilioni di dollari.
Se
dunque stiamo per entrare nell’epoca della de-globalizzazione e della fine
dell’assolutismo dell’alta finanza è del tutto naturale che uno degli agenti di
tale sistema inizi ad uscire di scena.
I
licenziamenti della Open Society sono la conseguenza della crisi di tale
sistema.
A
questo si aggiunga che Soros ha lasciato il suo impero in declino al figlio”
Alexander” che viene giudicato debole e privo della necessaria spregiudicatezza
del padre.
È la
fine di un’epoca.
È la fine dell’epoca della rivoluzione permanente che
ha seminato caos e violenza nel mondo in nome delle ambizioni mondialiste.
Sarà
un’epoca diversa quella che arriverà dove le nazioni avranno un ruolo da
protagoniste e non da comprimarie come è stato negli anni dell’internazionalismo
globale.
In
questa epoca che sta per iniziare, non ci sarà posto per uomini come George
Soros.
La tragica
autodistruzione
di un
Israele infuriato.
Unz.com
- ALASTAIR CROOKE – (29 GENNAIO 2024) – ci dice:
Le
energie della resistenza trafiggeranno la "rivoluzione" propria
dell'Occidente e provocheranno la "guerra civile"
Israele
è inscatolato, come sta diventando evidente a molti israeliani. Un
corrispondente israeliano (ex segretario di gabinetto) ne illustra la natura:
"Il
significato del default del 7 ottobre non è solo la perdita di vite umane... ma
soprattutto la potenziale trasformazione del modo in cui Israele viene
percepito... come non più temuto dagli attori mediorientali".
"La
leadership israeliana deve interiorizzare il fatto che non possiamo più
accontentarci di un 'senso di vittoria' tra l'opinione pubblica israeliana... È
dubbio che la vittoria a Gaza sia sufficiente a riportare la paura di Israele
ai livelli che avevamo nei confronti di Israele. i nostri nemici.
Una
vittoria che si riducesse semplicemente al rilascio dei prigionieri e alle
misure di rafforzamento della fiducia per la creazione di uno Stato palestinese
non sarebbe sufficiente a rafforzare l'immagine di Israele a questo
riguardo".
"Se
il pantano di Gaza... porta la leadership [israeliana] a comprendere che non
esiste la capacità di presentare una vittoria chiara su questo fronte, che
porti a un cambiamento strategico nella regione, devono considerare di cambiare
fronte e di riaffermare la situazione israeliana. deterrenza attraverso
l'eliminazione della minaccia strategica in Libano... la vittoria contro una
delle organizzazioni terroristiche più ricche e potenti del mondo – Hezbollah –
può ripristinare la deterrenza nella regione in generale... Israele deve
eliminare la minaccia dal nord e smantellare la struttura di potere che
Hezbollah ha costruito in Libano, indipendentemente dalla situazione nel
sud".
"Ma
senza la vittoria del Sud, un risultato significativo del Nord diventa ancora
più importante".
La
citazione di cui sopra va direttamente al nocciolo della questione. Cioè: 'Come
si può salvare il sionismo?'
Tutto il resto dei "bla-bla"
provenienti dai leader mondiali sono in gran parte dei bluff.
Non
solo Gaza NON dà agli israeliani un senso di vittoria; al contrario, sta
proliferando ampiamente una rabbia violenta per una sconfitta a sorpresa,
"vergognosa".
Alcuni
nel gabinetto di guerra (ad esempio Eisenkot) suggeriscono che Israele guardi
la verità negli occhi:
dovrebbe
capitolare davanti ad Hamas;
dare
una possibilità al cessate il fuoco; liberare i palestinesi incarcerati e
salvare gli ostaggi tenuti a Gaza:
"Penso
che sia necessario affermare con coraggio che è impossibile riportare indietro
vivi gli ostaggi nel prossimo futuro senza un accordo [di cessate il fuoco], e
chiunque dia bugie al pubblico, lo fa".
Ma
questo non è il sentimento predominante tra gli israeliani:
l'ultimo
del “Peace Index” riflette l'oscurità diffusa:
il 94%
degli ebrei pensa che Israele abbia usato la giusta quantità di potenza di
fuoco a Gaza (o "non abbastanza" (43%)).
Tre
quarti di tutti gli israeliani pensano che il numero di palestinesi danneggiati
da ottobre sia giustificato per raggiungere gli obiettivi prefissati;
ben
due terzi degli intervistati ebrei affermano che il numero delle vittime è
decisamente giustificato (solo il 21% dice che è "abbastanza"
giustificato).
Il
vero prezzo che Israele pagherà, tuttavia, non sarà semplicemente il rilascio
dei prigionieri palestinesi (sebbene ciò, di per sé, creerebbe un tumulto
popolare); ma piuttosto, è la paura che l'acquiescenza alle richieste di Hamas
significherebbe la fine del paradigma di sicurezza israeliano.
Questo
paradigma consiste in un "contratto" quasi religioso secondo cui gli
ebrei godranno di sicurezza ovunque e in ogni luogo in terra di Israele –
determinato dall'elaborata matrice di radicale insicurezza dello spazio e dei
diritti imposti ai non ebrei (cioè ai palestinesi), contro la piena forza di
protezione e sovranità per gli ebrei.
Ciò
costituisce il paradigma universale a garanzia della sicurezza ebraica.
"La soluzione sionista non è una
soluzione. Stiamo arrivando ad una situazione in cui il popolo ebraico che vive
a Sion vive in una condizione di totale insicurezza... dobbiamo tenere conto
del fatto che Israele sta causando una riduzione della sicurezza degli ebrei
della diaspora, invece del contrario.
Quindi
questa soluzione sionista è molto carente, e dobbiamo esaminare cosa ha causato
questa carenza".
Il
discorso odierno degli outsider sulla nozione di due Stati non può essere una
"soluzione" alle tensioni attuali – ed è falso.
E,
scrive il principale commentatore israeliano, “Alon Pinkas”, la Casa Bianca e
Netanyahu lo sanno.
È fasullo perché lo zeitgeist israeliano è
l'attuale psiche fatta di paure e richieste di vendetta lo precludono;
perché
i fanatici dei coloni non verranno rimossi senza fiumi di sangue;
e perché i due Stati per la maggior parte
degli israeliani rappresentano una minaccia per la fine del sionismo poiché il
gruppo non ebraico insisterà sulla parità di diritti:
cioè non ci saranno più diritti speciali per
un gruppo di popolazione (ebrei) rispetto ad un altro (non ebrei). cioè
palestinesi).
Anche
il discorso su un accordo di normalizzazione dell'Arabia Saudita è falso:
l'Arabia Saudita è vincolata all'Iniziativa di
pace araba guidata dall'Arabia Saudita del 2002 (uno Stato palestinese come
precondizione per la normalizzazione);
e
perché l'Autorità Palestinese non può essere facilmente "ricostruita"
come braccio di sicurezza "Vichy" di Israele per tormentare i suoi
compagni palestinesi.
Allora
perché tutto questo atteggiamento con "soluzioni", svincolate dalle
realtà politiche?
Ebbene,
questo dibattito si addice sia a Biden che a Netanyahu.
Il team Biden è in modalità di contenimento.
La
Casa Bianca spera – attraverso il contenimento – di "spegnere" le
fiamme della febbre della guerra sollevate dall'assalto a Gaza fino a ridurle
"a fuoco basso", e quindi di far scivolare impercettibilmente la
situazione verso la "quiete" regionale che l'Amministrazione ritiene
"appropriata" ad un anno elettorale.
A tal
fine, parlare di normalizzazione saudita e di due Stati è un
"ciuccio" (anche se fasullo) per far sembrare che Biden stia
"gestendo" il conflitto ed evitandone l'allargamento.
E, per
quanto riguarda Netanyahu, può ostentare quanto sia robusto e coraggioso un
"guerriero", opponendosi agli Stati Uniti e dicendo "No" a
qualsiasi stato palestinese.
Eppure
la realtà è che Israele è inscatolato, con la scatola che viene
progressivamente stretta.
La situazione si avvicina sempre di più alla
tragedia, dove la "tragedia" non nasce per puro caso.
Succede perché doveva accadere; a causa della
natura dei partecipanti; Perché gli attori coinvolti lo fanno accadere.
E non
hanno altra scelta che farlo accadere perché, beh...
Questa
è la loro natura.
Questo
è il caso qui – l'ex poeta laureato britannico, “Ted Hughes”, ha scritto del
violento conflitto religioso nell'Inghilterra elisabettiana causato dalla
soppressione puritana calvinista del vecchio cattolicesimo, in cui la "Dea
delle precedenti credenze pagane" – le naturali energie umane di questi
ultimi ancora fiorenti – alla fine esplose in una forma feroce e furiosa per
distruggere l'eroe puritano.
Sostituite
la repressione puritana con un” dio Jehovan” infuriato che aborrisce l'antica
immaginazione e civiltà islamica (per il suo presunto tradimento e odio letale
verso Israele) per dare il contesto alla "verità" di Shakespeare.
Il
filo conduttore di “Ted Hughe”s è quello della storia dell'Inghilterra come
fardello della colpa protestante.
Shakespeare,
scrive, era ossessionato dalla sensazione che non molto tempo fa l'Inghilterra
fosse un paese cattolico che «si era indurito nel protestantesimo».
Nel poema “Il ratto di Lucrezia”, l'anima del
re romano viene "deturpata" dal ratto di Lucrezia da lui perpetrato.
Alla
fine, con questo atto, il re perde tutto e viene bandito.
La
pura Lucrezia si suicida.
Ecco
il punto:
“Ted
Hughes” ha scritto dei miti concorrenti dell'era di Shakespeare, Tarquinio (il
re romano) rappresenta "il puritano adoratore di Geova", il cui mito
della creazione gli dice che è il Dio trascendente e onnipotente a comandare,
non la divinità "l'Altro".
Nel suo zelo, il re romano si propone di
distruggerla (che rappresenta l'"altro"). Ma queste mutevoli forze
puritane alla fine si rivelano auto distruttive.
Biden
(per così dire) ha abbracciato l'impulso ebraico di annientare la violenta
"alterità" che esplode da Gaza, ma presumibilmente ha la sensazione
che, così facendo, ha oltrepassato una "linea morale invisibile".
È
complice dei crimini che successivamente hanno colpito Gaza.
Deve assumersi una parte di colpa. Eppure deve
persistere.
Non ha
scelta.
Deve
lasciare che Gaza (e forse anche il Libano) accada, perché questa è la natura
di Biden.
E “Hamas”
e “Hezbollah” non possono ritirarsi, perché queste energie collettive represse
sono state liberate.
È
troppo tardi per fermare l'impulso rivoluzionario.
Un impulso che si sta allargando alla
Cisgiordania;
nello
Yemen, in Iraq e oltre.
I
porti israeliani sono ora circondati e sotto assedio missilistico.
Netanyahu,
al contrario, timoroso della crescente disfatta a Gaza, si è spinto verso la
classica modalità "eroe".
Da un
lato, può essere definito in senso stretto come quel genere di mito che celebra
l'ascesa di un eroe maschile che parte per una ricerca, affrontando ostacoli
terrificanti lungo la strada, e che dimostra il suo coraggio in combattimento,
tornando infine a casa tra l'adulazione.
Dall'altro,
nel racconto di Omero, però, gli eroi con lo status più alto sono quelli più
vulnerabili alla vergogna.
Qualsiasi
sgarbo o inversione può minacciare l'intera identità di un leader, così come la
sua posizione agli occhi dei suoi pari.
Coloro
che godono dello status più elevato possono essere maggiormente danneggiati
dalla perdita.
“Hector”
resiste agli appelli dei suoi amici e della sua famiglia a non andare in
guerra, e invece va incontro alla morte.
La sua
solitudine e l'allontanamento dai suoi cari aggiungono pathos allo strazio dei
momenti immediatamente prima della sua morte, quando improvvisamente si rende
conto che gli dei lo hanno ingannato e condotto al suo destino.
Sarà
questo il destino anche di Netanyahu?
Gli
"dei" lo stanno portando alla tragedia?
Certamente lo hanno intrappolato.
La sconfitta di Gaza lo rende vulnerabile alla
rovina, e per Israele, nessuna chiara vittoria a Gaza che porti a un
cambiamento strategico nella regione.
Netanyahu
è stato invitato a prendere in considerazione un cambio di fronte per
riaffermare la deterrenza israeliana attraverso la rimozione della minaccia
strategica in Libano.
In
questa situazione, Israele non può accontentarsi di niente di meno che della
vittoria, viene esortato Netanyahu.
“Nir
Barkat”, ex sindaco di Gerusalemme e favorito alla successione di Netanyahu
come leader del “Likud”, ha affermato che Israele può permettersi di continuare
a combattere e aprire comunque un nuovo fronte con il Libano, nonostante il
costo di un miliardo di shekel (200 milioni di sterline) al giorno del
conflitto.
“Barakat”
ha affermato che, per quanto "grande sia la crisi",
"È
anche una grande opportunità: l'Iran è un obiettivo legittimo per Israele.
Non la faranno franca.
La testa del serpente è Teheran... Israele si
sta avviando verso una guerra in piena regola con Hezbollah nel sud del Libano,
avendo evacuato il nord del paese":
"Costi
quel che costi... Questa è una guerra di religione".
Quindi,
la fase due di questo conflitto sta volgendo al termine e la fase tre si sta
aprendo.
L'intensità
della guerra più ampia aumenterà, molto probabilmente innescata da un
cambiamento di status nel ruolo di “Hezbollah”:
sarà innescato da un intervento israeliano o
anticipato da Hezbollah che farà la prima mossa?
Biden
autorizzerà gli Stati Uniti a sostenere Israele?
Probabilmente
sì, perché è nella sua natura sostenere Israele.
Ma
fino a che punto si spingerà?
I
palliativi politici (le apparenti "soluzioni" politiche) lasceranno
il posto a discussioni più dure su come far durare un cessate il fuoco.
Questa
fase probabilmente si sposterà da un'ONU immobilizzata alle strutture più
informali dei BRICS, con la Russia e la Cina che giocheranno un ruolo più
grande e diretto.
L'Europa
sarà afflitta dallo scisma (e anche gli Stati Uniti, anche se in misura
minore).
Sarà
anche il momento in cui la sovrintendenza ebraica Stati Uniti e sulla matrice
politica occidentale dell'Europa lotterà per riconciliarsi tra i miti in
competizione mentre i loro poli di energia in conflitto distruggono
l'"ordine sociale", e l'uno o l'altro.
L
'altro dei principali attori del conflitto passa attraverso una qualche forma
di inevitabile tragedia.
La
rivoluzione e le guerre culturali non sono eventi limitati nel tempo; Esse
traboccano nell'evento "prima" (cioè nel conflitto imminente), così
come nel "dopo".
Tuttavia,
se l'affermazione di “Ted Hughes” secondo cui l'equazione "tragica"
di Shakespeare è quella in cui narrazioni archetipiche concorrenti – con le
loro energie scatenate in modo esplosivo – si tradurranno in una tragedia
violenta è corretta, allora dovremmo aspettarci che lo svolgersi (attuale)
della creazione ebraica Il mito e l'espansione culturale della civiltà islamica
avranno anch'essi un impatto enorme sia in America che in Europa – ben oltre i
dettagli del conflitto in corso in Medio Oriente.
Diventerà
il perno della nuova era.
Perché
i miti fondamentali associati alla repressione puritana-gehoviana da un lato, e
al rilascio delle energie di resistenza controbilancianti dall'altro,
percorrono l'esistenza umana come una doppia elica.
Stanno già traboccando nella sensibilità
religiosa dormiente, ma ancora presente in Occidente.
Perforeranno
la "rivoluzione" propria dell'Occidente e la "guerra
civile" che sta preparando.
La
fine del dollaro e il mondo
multipolare
finanziario.
Lacrunadellago.net – (13/09/2023) - Cesare
Sacchetti – ci dice:
Quando
si pensa al dollaro, si pensa a qualcosa di più che una semplice moneta.
Il
dollaro è stato una vera e propria arma finanziaria nelle mani di determinati
poteri che lo hanno utilizzato per punire coloro che si disallineavano dagli
interessi e dalla volontà della finanza internazionale.
Il
dominio del dollaro sui mercati internazionali nasce quando si afferma a
Bretton Woods nel 1944 il sistema economico mondiale che tuttora domina, o
forse dovremmo dire già dominava, i mercati mondiali.
Quando
le potenze dell’anglosfera si riuniscono nella località dello stato del “New
Hampshire” nell’albergo “Mount Washington” vengono eretti i pilastri della
finanza e dell’economia mondiale.
E tali
pilastri hanno portato alla creazione di istituti finanziari quali i
controversi “FMI”, il “Fondo Monetario Internazionale”, la “Banca mondiale” e
il dollaro come valuta di riserva globale.
Vedremo
perché la definizione di controversi è anche alquanto generosa successivamente.
Ciò che rileva ora è mettere in evidenza come verso la fine della seconda
guerra mondiale si stava consumando un passaggio epocale.
È il
passaggio nel quale lo Stato nazionale viene essenzialmente svuotato delle sue
tradizionali prerogative e imprescindibili poteri.
Il 900
è stato fino al 1945 il secolo delle nazioni e i tentativi di trasferire la
sovranità degli Stati nazionali verso organizzazioni sovranazionali erano
falliti prima della seconda guerra mondiale.
Il più
noto tentativo di creare un consesso sovranazionale nel quale gli Stati fossero
costretti ad obbedire alla volontà di un corpo al di sopra della volontà dei
singoli Paesi è stato con l’istituzione della società delle nazioni, promossa
fortemente dal presidente americano Woodrow Wilson dopo la fine della prima
guerra mondiale.
I
conflitti globali hanno assolto in questo senso una funzione molto precisa
nell’ottica dei poteri finanziari che premevano perché le nazioni fossero
private della loro indipendenza a sovranità nazionale.
I
conflitti hanno assolto alla funzione di un riordino degli equilibri globali e
sono serviti a soddisfare la volontà di quelle forze che si sono imposte sugli
Stati nazionali dal 1945 in poi.
Potremmo
affermare in questo senso che la seconda guerra mondiale è riuscita, purtroppo,
laddove la prima aveva fallito.
Con la
nascita delle Nazioni Unite e delle altre istituzioni internazionali stabilite
a Bretton Woods, lo Stato nazionale diventa suo malgrado un comprimario, e
questo vale soprattutto per i Paesi europei, ridotti al ruolo di comparse dopo
la guerra la cui politica veniva scritta e orientata da quelle lobby che la
facevano da padrone a Washington.
Così
nasce il potere dell’anglosfera non solo sul piano militare attraverso la” NATO”
ma soprattutto attraverso il braccio economico armato del dollaro e di
Washington che verrà usato come un bastone contro coloro che oseranno opporsi
agli interessi del nascente impero.
A
Bretton Woods viene deciso che il dollaro americano è la valuta di riserva
globale negli scambi internazionali e ciò significa esercitare un immenso e
insopportabile potere verso tutti coloro che sono privi della facoltà di
stampare tale moneta.
In
principio, il sistema era fondato sulla parità aurea, ovvero a rendere il
dollaro la valuta utilizzata negli scambi internazionali era il fatto che gli
Stati Uniti garantissero la sua convertibilità in oro.
Giscard
D’Estaing, presidente francese e personaggio poco raccomandabile dato il suo
probabile coinvolgimento nell’abbattimento del DC-9 di Ustica nel 1980, aveva
affermato tuttavia una verità ineccepibile su tale questione.
Quanto
avevano e hanno ancora in parte a disposizione gli Stati Uniti era un
“esorbitante privilegio”.
Il
solo fatto di possedere tale valuta e di poterla stampare a comando assicura
agli USA la capacità di importare qualsiasi merce in maniera virtualmente
illimitata dal momento che fino a quando si stampa il dollaro non c’è affatto
il rischio di rimanere a corto di questa moneta.
Nel
1973, il presidente Nixon mette fine anche all’unica caratteristica che poteva
dare una vaga legittimità a questo sistema rinunciando alla conversione in oro.
Gli
Stati Uniti non avevano più intenzione di continuare a garantire la
convertibilità nel metallo pregiato per timore di esaurire le riserve in oro,
necessarie per difendere il cosiddetto “gold standard”.
Da
allora, l’unica cosa che garantisce al dollaro il suo status non è altro che la
politica o meglio la geopolitica.
Washington
stabilisce con l’”Arabia Saudita”, suo alleato principale nel Medio Oriente
assieme allo “Stato di Israele”, l’accordo che darà vita al petrodollaro.
“Riyad”
acconsentì allora di accettare il dollaro americano come unica moneta utile per
l’acquisto di petrolio e questa è stata l’unica condizione che ha salvato lo
stato di valuta di riserva globale del biglietto verde.
Il
dollaro come strumento di terrorismo finanziario.
Le
lobby di Washington non potevano perdere il dollaro perché esso, come detto
all’inizio di questa analisi, non è una moneta, ma un’arma.
E
questa arma è stata usata scientificamente contro quei Paesi che si sono
opposti all’imperialismo americano come l’”Iran dopo la rivoluzione islamica
che è stato seppellito di sanzioni ed estromesso dal commercio in dollari.
Stessa
sorte è toccata all’Iraq di Saddam Hussein, “amico” di Washington negli anni 80
quando serviva per lanciare la guerra contro l’Iran, e nemico negli anni
successivi proprio quando stava iniziando a considerare la possibilità di non
accettare più il dollaro per il petrolio iracheno.
Un’idea
che era stata considerata anche da Gheddafi ucciso nel 2011 dalla” NATO”, il
braccio armato dell’anglosfera.
Chiunque
prendesse in considerazione di non utilizzare il dollaro negli scambi
internazionali veniva brutalmente rimosso o ucciso perché l’ordine della
seconda guerra mondiale prevedeva che fossero gli Stati Uniti e la sua moneta i
garanti dell’impero.
E
nella struttura dell’impero ci sono ovviamente anche il “FMI” e la “Banca
mondiale” divenuti entrambi famigerati per la loro politica di strozzinaggio
nei confronti di quelle nazioni in via di sviluppo che in cambio di prestiti
con condizioni che definire usuraie è riduttivo erano poi costrette a svendere
e privatizzare tutte le loro risorse strategiche a quel “conglomerato di
corporation” che dominava Washington.
Nei
casi più estremi si estrometteva dal sistema di pagamenti Occidentale, il
celebre “Swift,” come capitato al Vaticano nel 2012 quando la finanza
internazionale ordinava a “Ratzinger “di dimettersi non tanto per una sua vera
opposizione ai piani del mondialismo ma per quella che è stata giudicata da
tali ambienti come una non efficiente esecuzione di questi.
Tutto
questo non è stato altro che una forma di terrorismo finanziario utilizzato per
ingerire nella sovranità delle altre nazioni desiderose di seguire una politica
che facesse i propri interessi e non quelli dei gruppi di potere che regnavano
a Washington.
La
de-dollarizzazione e il multipolarismo finanziario.
Questo
dominio però sta cambiando e sta venendo rapidamente meno perché gli eventi
degli ultimi due anni stanno portando ad un fenomeno che non ha precedenti dal 1945.
Il
potere del dollaro si sta progressivamente erodendo.
Se si dà uno sguardo agli scambi
internazionali, si noterà che ad oggi la moneta americana è utilizzata
solamente nel 59% delle transazioni internazionali mentre solamente fino a
pochi anni fa, era saldamente superiore al 70%.
E tale
percentuale continua a scendere molto rapidamente.
Il
mondo sta rinunciando al dollaro e lo strumento di ricatto di Washington perde
la sua forza.
Sono
due principalmente le circostanze che stanno portando alla fine della
dollarizzazione.
La
prima è il cambio di politica da parte degli Stati Uniti che dal 2016 in poi
quando si è imposta la dottrina sovranista di Trump hanno preso una strada in
netta contrapposizione con gli apparati del globalismo.
Tale
dottrina come spiegato in diverse occasioni non si è interrotta nemmeno sotto
la presidenza Biden che non ha spostato praticamente nulla da quando Trump ha
lasciato Washington ma che anzi sta persino paradossalmente accelerando questo
processo.
La
seconda è la nuova struttura economica alla quale stanno lavorando i BRICS.
I BRICS a differenza dell’anglosfera non sono
fondati sulla supremazia di un determinato blocco nei confronti delle nazioni.
Non
c’è una posizione imperialista ma una di rispetto della sovranità degli Stati
nazionali.
Il
sistema economico dei BRICS prevede principalmente l’utilizzo delle varie
valute nazionali negli scambi per non assegnare a nessuno una supremazia
sull’altro.
Non è
ancora chiaro se i BRICS sono interessati a creare una moneta alternativa negli
scambi ma se lo faranno non sarà probabilmente nell’ottica di dare vita ad una
valuta di riserva globale di cui dispone uno Stato a piacimento mentre gli
altri sono tagliati fuori.
L’idea
è quella di garantire una parità non solo politica ma anche economica per non
creare gli squilibri visti dalla seconda guerra mondiale in poi.
Per
l’Italia, questa è un’occasione pressoché unica.
Al
momento, il Belpaese sta affrontando un processo di disgregazione politica
della sua classe dirigente che si ritrova di fronte ad un inevitabile declino,
vista la fine dell’ombrello protettivo di Washington.
Negli
anni passati quando si affrontava il dibattito sull’uscita dall’euro, i
propagandisti della moneta unica sostenevano che saremmo stati tagliati fuori
dagli scambi internazionali se fossimo tornati alla lira.
Ciò
era, ed è, ovviamente una crassa bugia perché anche con il precedente sistema
fondato sul dollaro nessuno vietava e vieta all’Italia di utilizzare altre
valute di scambio come stanno facendo i Paesi dei BRICS per acquistare le
materie prime.
Tutto
passa da una geopolitica che non sia quella scritta a Londra, Bruxelles e
Washington ma quella finalmente scritta a Roma negli interessi esclusivi
dell’Italia.
Una
volta venuto meno il potere del dollaro viene meno anche quell’arma di ricatto
finanziaria che è stata utilizzata nei confronti di molti leader per diversi
decenni.
A
proposito della fine del dollaro come valuta di riserva globale, qualcuno
potrebbe chiedersi legittimamente che fine farà il biglietto verde in caso di
de-dollarizzazione ultimata.
Non
sparirà dalla circolazione ma sarà certamente usato negli Stati Uniti in quanto
esso è comunque una valuta legata ad uno Stato a differenza dell’euro.
Gli
Stati Uniti in questo scenario perderebbero il loro esorbitante privilegio ma
sarebbero in grado di investire di più sulle produzioni nazionali riducendo le
importazioni che spostano il lavoro altrove.
La
moneta che rischia di sparire del tutto è invece proprio l’euro che non è
emessa da una banca centrale nazionale ed è stampata da una banca centrale, la
BCE, che non presenta le caratteristiche di una banca centrale classica.
La BCE
non è soggetta al potere degli Stati europei e non garantisce il debito
pubblico di nessuno di essi.
Anche
se essa si chiama Banca centrale europea non è una vera banca centrale.
È
un’anomalia concepita dalla finanza europea per poter sottrare gli Stati della
loro sovranità monetaria e costringerli ad indebitarsi sui mercati
internazionali per potersi finanziare.
Il
multipolarismo sta inaugurando una fase nuova, pressoché inedita. Non è solo
amputato il braccio armato militare dell’anglosfera ma anche quello finanziario
ed economico.
Il
futuro delle relazioni internazionali sembra essere diretto verso un ritorno in
vita definitivo dello Stato nazionale ucciso dall’anglosfera nel 1945.
E a
giudicare dalla rapidissima evoluzione dei contesti internazionali e
dall’avanzata dei BRICS che hanno aggiunto nuovi membri, tra i quali l’Arabia
Saudita che si distanzia sempre più da Washington, non è azzardato affermare
che nel giro di pochi anni questo processo sarà completato.
Il
mondo sta passando dalla globalizzazione spinta degli anni 90 ad una rapida
deglobalizzazione.
È in
questo passaggio che ci saranno cambiamenti epocali per organizzazioni quali
l’UE il cui establishment non sopravviverà a tale transizione.
Se le
istituzioni sovranazionali sono state le indubbie protagoniste del XX secolo,
le protagoniste del XXI secolo sembrano essere a tutti gli effetti le nazioni
dotate nuovamente di poteri e piena sovranità.
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