La UE è un disastro.
La UE
è un disastro.
Morire
di “NATO”.
Conoscenzealconfine.it
– (29 Marzo 2024) - Marco Della Luna – ci dice:
L’unico
motivo per cui la Russia potrebbe colpirci con missili nucleari è la presenza
in Italia di missili nucleari statunitensi puntati contro la Russia.
Se
scoppierà una guerra tra Washington e Mosca, noi saremo vaporizzati per questa
unica ragione.
Dunque, lungi dal costituire una protezione,
la “NATO” è l’unica possibile causa della nostra distruzione.
Assediata
ormai da decenni dall’espansione verso Est della “NATO” e da una sessantina di
basi militari USA intorno ai suoi confini, la Russia non ha interesse, né
mezzi, né uomini, per invaderci o per sostenere una guerra convenzionale con la
“NATO”, i cui membri hanno un PIL e un bilancio della difesa ventupli di quelli
russi.
Inoltre,
annettere un paese, poniamo la Polonia, contro la volontà del suo popolo,
comporterebbe per essa dapprima il conquistarlo militarmente (con enormi
perdite e costi, oltre al fatto che scatterebbe l’intervento NATO);
e
successivamente il sostenere enormi, permanenti spese per l’occupazione,
subendo al contempo continui e sanguinosi attacchi partigiani, sia in Polonia
che in Russia, e reprimendoli con misure poliziesche altrettanto sanguinarie,
mentre gran parte dell’opinione pubblica di gran parte del mondo, oltre che
interna, si farebbe sentire pesantemente.
Dato
quanto sopra, è del tutto inverosimile che la Russia intenda annettere anche
solo la parte non russofona dell’Ucraina, ancor più inverosimile è che intenda
occupare paesi “NATO”, mentre per converso è evidente che chi afferma che abbia
tali progetti, sta mentendo al fine di portare soldi del già tartassato
contribuente all’industria degli armamenti, e lo fa esponendoci al rischio di
una guerra termonucleare.
È pure
da menzionare che soprattutto gli USA, oltre a star declinando sempre più come
potenza globale unipolare, sono attanagliati da una grave crisi innanzitutto
sociale, e minacciati, assieme al resto dell’Occidente, da un gigantesco
tracollo finanziario, bancario e monetario, specialmente a causa dell’enorme
massa di moneta e bonds creata in occasione della pandemia e poi della campagna
ucraina.
Gli
allarmi di guerra probabilmente servono anche a distrarre l’opinione pubblica
da tali problemi e a preparare uno stato di emergenza bellico-sanitaria
permanente, che consenta di gestire più liberamente e coercitivamente il corpo
sociale.
Sempre
da quanto detto sopra, è ovvio che, se
scoppiasse una guerra tra la NATO e la Russia, essa sarebbe automaticamente una
guerra con i missili nucleari strategici, e noi, con tutte le basi statunitensi
che ospitiamo sul nostro territorio, verremmo letteralmente fritti in poche
ore, e non ci sarebbe di alcuna utilità che gli USA venissero successivamente
in nostro soccorso – e probamente non verrebbero affatto, non potrebbero
venire, essendo anch’essi stati colpiti come noi e non avendo alcun interesse a
venire, tanto più che dovrebbero attraversare un Oceano Atlantico pattugliato
da sommergibili russi.
Quindi,
di nuovo, a che ci serve la “NATO”?
(Se mi
concedete una battuta, io spero che, in caso di guerra termonucleare, i
dirigenti russi decidano di concentrare i loro missili su bersagli
politicamente più importanti e di risparmiare l’Italia e i paesi NATO
mediterranei, in modo di lasciare queste zone libere da contaminazioni
radioattive, così da potersi trasferire qui dopo la catastrofe, che guasterà
anche la parte più vivibile della Russia stessa).
Intanto,
governanti di Washington, Londra, Parigi, Berlino, Stoccolma e Varsavia stanno
evocando esplicitamente la guerra con la Russia.
Il
patetico Macron, prodotto di sintesi dei laboratori Rothschild, parla
addirittura di inviare soldati francesi al fronte del Donbass.
Ciò
oggettivamente aumenta il rischio di una tale guerra, sebbene lo scopo di tali
evocazioni, con tutta probabilità, sia solo quello di far guadagnare gli
industriali degli armamenti e costruire un regime di controllo sociale in stato
di economia di guerra oltre che di pandemia e di crisi climatica permanenti –
con immancabile controllo dell’informazione.
Grazie
alle sanzioni ufficialmente dirette contro la Russia, già si è ottenuto di far
pagare all’Europa “libera” almeno il quadruplo per il gas, a vantaggio delle
compagnie statunitensi che ce lo vendono e che hanno raddoppiato i loro utili a
spese delle nostre bollette e della competitività delle nostre industrie, le quali infatti
stanno chiudendo per trasferirsi all’estero, dato che oramai l’Europa libera è
l’area del mondo dove l’energia costa di più, quindi dove produrre conviene di
meno.
Ciò
anche a causa dei costi della “green transition”, adottata solo da noi nel
mondo, quindi già per questo assurda ed autolesionista.
Persino la “Porsche” trasferisce la sua
produzione negli USA, i quali, grazie a questa migrazione di fabbriche e di
capitali, stanno reindustrializzandosi a nostre spese, oltre che recuperando, a
scapito dell’Euro, parte del terreno perduto dal dollaro come moneta degli
scambi internazionali.
Questo
è il quadro delle alleanze tra noi vassalli e il capitale dominante al di là
dell’Atlantico.
Ma è anche il quadro di un apparato
istituzionale statuale e sovra statuale oramai palesemente in mano a
un’oligarchia portatrice di interessi antisociali – un’Oligarchia per popoli
superflui (come intitolai il mio saggio del 2010):
la fine del “pubblico”, della “res publica”.
Ultima
nota:
ad esortare all’invio di nostri soldati in Ucraina per
contrastare l’imperialismo russo è proprio Emmanuel Macron, presidente di un
paese che esercita, esso sì, un feroce imperialismo economico e militare sulle
sue 14 ex colonie africane, costrette a versare l’85% degli introiti delle loro
esportazioni alla “Banque de France”.
Finché non si ribellano.
(Marco
Della Luna)
(centroitalicum.com/morire-di-nato/)
L'Unione
europea è un disastro.
Italiaoggi.it - Gianni Pardo – (29 – 3- 2023)
– ci dice:
Non
solo non ha una politica estera ma è anche priva di una politica militare.
È un
falansterio burocratico che è privo di guida.
L'Unione
Europea è un disastro. Non ha una politica estera comune. Non ha una guida
economica comune, salvo le interferenze nella politica monetaria.
Non ha
un esercito comune.
Come
avrebbe detto “Henry Kissinger”, per chi volesse mettersi in contatto con essa non ha un numero
cui telefonare.
Ha
istituzioni molto costose e coreografiche (si pensi all'immenso Parlamento
Europeo) e quando scoppia una crisi i suoi massimi dirigenti dicono enormi
sciocchezze.
Compuntamente
riportate dalla stampa.
Per
fortuna i suoi massimi rappresentanti sono totalmente ininfluenti.
La
sintesi non è esagerata: l'Ue è un disastro.
È nata
come un bell'ideale dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, ma è rimasta –
per chi lo sente ancora – un bell'ideale.
I suoi
promotori (soprattutto Adenauer, Schuman e De Gasperi, grandi nomi dinanzi ai
quali mi levo il cappello) sapendo che l'impresa era difficile, hanno deciso di
procedere a piccoli passi e questo è stato il primo errore.
Per le grandi imprese bisogna essere rapidi e
risoluti, come quando ci si deve strappare un cerotto: un colpo e via.
Se
cerchiamo di non farci male, ci metteremo molto più tempo e forse rinunceremo
all'impresa quando la dannata striscia aderisce ancora per due terzi.
I tre
avrebbero dovuto ottenere subito dai loro Parlamenti la “rinuncia alla
sovranità nazionale” e, se non ci fossero riusciti, avrebbero dovuto capire che
l'impresa era impossibile.
Se una
cosa non si fa quando c'è l'entusiasmo della novità, e tre giganti come promotori,
non si farà certo dieci o vent'anni dopo.
I fidanzamenti troppo lunghi o non si
concludono con un matrimonio o si concludono con un matrimonio nato stanco.
I
padri fondatori, invece, misero il carro dinanzi ai buoi, e pensarono che
unificando a poco a poco le economie l'unità politica sarebbe conseguita.
Non a poco a poco (suvvia non corriamo) ma
addirittura ad una tale velocità che la gente non si sarebbe accorta del
movimento.
E
tutte queste cautele hanno sortito l'effetto fatale:
l'Unione Europea non è nata.
Neanche
le economie si sono unificate.
È nata
soltanto una “Zollverein”, un'unione doganale e, per qualche tempo, la libera
circolazione attraverso le frontiere.
Ora
anche questa è in pericolo.
A
parte ciò, una miriade di leggi troppo particolareggiate che molti Paesi hanno
sentito come stupide interferenze: ma oltre non si poteva andare.
E
tuttavia il fascino di questa finta Unione è stato tale che dai sei membri
originari si è arrivati a 27.
E con la regola dell'unanimità non si
riuscirebbe ad andare in Paradiso neanche se ce l'offrissero gratis.
Se
prima si era paraplegici ora si è tetraplegici.
L'unico
vero effetto positivo dell'Ue è che, almeno attualmente, sembra impossibile una
guerra fra i suoi membri.
E
forse è per questo che tanti Paesi vogliono fare parte sia dell'Unione sia
della “Nato”, nella speranza (non si sa quanto fondata) che, in base
all'articolo 5 del Trattato, in caso d'aggressione gli altri Paesi li
difenderebbero).
La Nato, in questo campo, sembra essere ciò che l'Onu
non è mai riuscita ad essere.
Ma si
tratta soltanto di una speranza.
Forse,
ad essere realisti, sarebbe stato necessario dire:
siamo
troppo gelosi delle nostre nazionalità per creare un'Unione;
siamo
troppo vecchi per accettare delle vere novità;
siamo
troppo imbelli per capire che avremmo necessità di un esercito e una politica
estera comune.
E
ricordiamo che nemmeno l'euro è una grande prodezza.
Alla
lunga, la moneta comune non può sopravvivere senza l'unione politica:
sicché
dovremmo prepararci ad uscirne tutti senza troppi danni, se ci riesce.
Un
continente può unificarsi se non ha un passato, con tutte le sue ruggini: come
è avvenuto nell'America del Nord.
Ma da noi Spagna e Portogallo, geograficamente
un unicum, non si unificheranno mai.
La
stessa Svizzera, bell'esempio di unione al di sopra delle nazionalità, ha
potuto unificarsi soprattutto perché ha molte montagne che tengono separati i
possibili avversari, e comunque non ha eliminato le differenze: gli svizzeri
tedeschi disprezzano tutti, inclusi i francesi, gli svizzeri francesi non
disprezzano i tedeschi ma li sopportano male, e tutti e due i gruppi
disprezzano francamente gli svizzeri italiani.
E
forse gli svizzeri rimangono insieme soltanto perché l'alternativa
significherebbe divenire uno Stato come gli altri Stati europei, “quod Deus
avertat”.
Gli
uomini hanno più tendenza a dividersi che ad unirsi. Gli europei sono diventati
tutti sostanzialmente miscredenti, e per questo oggi non si farebbero la guerra
per motivi religiosi.
Ma
chissà che non siano disposti a farsela per motivi calcistici?
Ucraina
sotto attacco, Zelensky:
subito
i Patriot o sarà tardi.
Italiaoggi.it - Giampiero Di Santo – (29 – 03
– 2024) – ci dice:
Colpite
due centrali idroelettriche e violato lo spazio aereo polacco. Jet di Varsavia
e della Nato in volo.
Berlino:
"Putin vuole la guerra con la Nato, ma non lo permetteremo". Tusk.
"La guerra in Europa c'è già"
Missili
russi che sorvolano il territorio polacco e colpiscono l’Ucraina, bombe e
proiettili di artiglieria che devastano centrali, infrastrutture e città, aerei
di Varsavia e della Nato che si levano in volo e solcano il cielo come un
presagio non oscuro di possibile allargamento del conflitto tra Mosca e Kiev ai
paesi dell’Alleanza Atlantica.
Colpite
centrali idroelettriche di Kaniv e del Dniestr.
Zelensky, servono subito i Patriot.
Oggi,
venerdì santo 29 marzo, il fuoco russo si è manifestato con la massima
intensità ovunque in Ucraina, in particolare a Odessa, e secondo quanto ha
dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo una riunione dello
stato maggiore ucraino «le centrali idroelettriche di Kaniv e del Dniester sono
diventati obiettivi del nemico.
ll
paese terrorista vuole che si ripeta il disastro ecologico nella regione di
Kherson.
Ma ora
non solo l'Ucraina è minacciata, ma anche la Moldavia.
L'acqua
non si fermerà davanti ai posti di frontiera, così come non si fermerà la
guerra russa se non verrà fermata insieme e in tempo in Ucraina.
Zelensky ha sottolineato la necessità che
vengano forniti immediatamente i missili Patriot.
Berlino
e Varsavia, si rischia la guerra, ma non lo permetteremo.
Il
ministro tedesco degli Esteri, signora “Annalena Baerbock “ha dichiarato che
ormai è chiaro che "Putin vuole la guerra con la Nato, ma non lo
permetteremo".
Il
premier polacco e già presidente del consiglio Ue, Donald Tusk, ha dichiarato
invece che "la guerra in Europa è reale e siamo entrati in un'era
prebellica.
L'ha
affermato il primo ministro polacco “Donald Tusk” in un'intervista pubblicata
oggi su Repubblica.
"Non
voglio spaventare nessuno, ma la guerra non è più un concetto del passato.
È la
prima volta dal 1945 che ci troviamo in una situazione del genere. So che
sembra devastante, soprattutto per i più giovani, ma dobbiamo abituarci
mentalmente all'arrivo di una nuova era.
La UE
“a tutto gas” verso disastro
economico
e irrilevanza strategica.
Analisidifesa.it
– (27 Giugno 2022) - Gianandrea Gaiani - ci dice:
L’Unione
Europea accelera nella corsa verso il disastro economico e l’irrilevanza
politico-strategica rinunciando a ogni velleità da “grande potenza” che pure
avrebbe potuto esercitare tentando di imbastire una gestione ponderata e
autonoma dagli Stati Uniti della crisi determinata dal conflitto in Ucraina,
delle sanzioni (specie quelle energetiche) alla Russia e del via libera a nuove
candidature all’ingresso nell’Unione.
Tra le
opzioni ragionevoli la Ue avrebbe potuto subordinare ogni decisione alla
conclusione del conflitto, incentivando così un negoziato tra Kiev Mosca,
sempre più urgente per scongiurare gravissimi danni all’intera Europa.
Utilizzando
l’arma energetica la Ue, che da anni compra gas e petrolio da Mosca e finanzia
Kiev per il transito lungo i gasdotti che la attraversano, avrebbe potuto e
forse dovuto negli 8 anni di guerra nel Donbass imporsi come mediatore per
“sollecitare”, forte del suo peso finanziario, i due rivali a trovare una
soluzione diplomatica.
Magari garantita da una forza d’interposizione
europea in cui porre sul tavolo la normalizzazione dei rapporti con Mosca e
l’accesso dell’Ucraina all’Unione.
Nulla
di tutto questo è stato fatto negli ultimi otto anni ma neppure oggi pare che
la Ue intenda sfruttare queste potenzialità.
Nessuna occasione è stata colta e, rispetto a
Washington, la Ue sembra composta oggi da tante “Porto Rico” più che da nazioni
che, tutte insieme, hanno espresso finora la maggiore potenza economica
mondiale in termini di PIL.
Un
primato che rischia di venire irrimediabilmente perduto, complici una politica
energetica dominata da deliri “green” (che tramontano nella riapertura di
centrali a carbone e nel ritorno delle stufe a legna nelle case) e la rinuncia
a firmare contratti a lungo termine per il gas: elementi che già ben prima
della guerra avevano portato a un brusco rialzo dei prezzi.
Mentre
i vertici politici europei impostano razionamenti e austerity che
determineranno una “decrescita” ben poco felice rischiando di far uscire dai
mercati il “made in Europe” ingigantendo la disoccupazione e condannandoci
all’impoverimento, centri studi e associazioni industriali ribadiscono in tutto
il Vecchio Continente che non sarà possibile rimpiazzare in breve tempo le
forniture di gas russo e che le acquisizioni da altri fornitori non saranno
sufficienti in termini quantitativi e saranno molto più costose in termini
finanziari.
Inoltre
il nuovo corso energetico basato sullo sganciamento dalla dipendenza dalla
Russia, ci renderà nuovamente dipendenti da aree geopolitiche instabili quali
Medio Oriente e Africa stringendo accordi con nazioni che non ambiscono certo
al podio nel ranking mondiale quanto a democrazia, diritti umani e trasparenza.
Valori
che del resto sembrano avere sempre meno rilievo per la Ue come dimostra
l’attribuzione all’Ucraina dello status di candidato.
Il
ranking ucraino.
Certo,
pare ci vorranno molti anni prima della reale adesione di Kiev ma il messaggio
che lancia la Commissione non è certo edificante quanto a tutela dei principi
su cui dovrebbe fondarsi l’Unione e rispetto delle candidature balcaniche.
Secondo
il “Global Democracy Index 2020W redatto da “The Economist”, l’Ucraina era al
79° posto (l’Italia al 29°) e quest’anno resta sul podio dei paesi europei meno
democratici superata solo da Russia, Bielorussia e Bosnia - Herzegovina.
La
classifica sulla qualità della democrazia (Ranking of Countries by Quality of
Democracy) stilata nel 2020 dall’Università di Wurzburg vedeva l’Ucraina del
presidente Zelenski 92a dietro alla Birmania e davanti allo Sri Lanka (l’Italia
era 22a).
Si
tratta di classifiche realizzate da istituti di ricerca che non potrebbero
certo venire inseriti nelle “liste di proscrizione” dei putiniani che tanto
sono in voga in Italia.
Ma
soprattutto si tratta di classifiche stilate prima dell’inizio dell’attacco
russo e quindi prima che il governo ucraino ponesse fuori legge 11 partiti
(incluso il secondo per consensi elettorali), reprimesse più duramente la
stampa non allineata e punisse i reati di opinione, incluso quello di
contraddire la narrazione ufficiale sulla guerra contro l’aggressione russa,
che di fatto impedisce a chiunque di parlare del conflitto anche come di una
guerra civile in atto da 8 anni e che vede parte della popolazione e dei
combattenti ucraini schierati al fianco dei russi.
Non si
può del resto ignorare il tema del nazionalismo ucraino in salsa nazista, che
molti media occidentali e anche italiani hanno più volte evidenziato negli anni
scorsi sottolineando le derive autoritarie e illiberali di Kiev, la
glorificazione di “Stepan Bandera” (cui l’Ucraina di oggi dedica piazze, strade
e monumenti), delle SS ucraine e del regime filo-nazista della seconda guerra
mondiale.
Analisi
Difesa affrontò già nel 2014 la questione del fenomeno culturale e politico del
“nazismo nell’Ucraina post-Maidan”, alimentato in funzione anti-russa e di come
l’Europa lo stesse gestendo in modo superficiale con un editoriale che negli
ultimi mesi in molti hanno riletto e persino riproposto.
Pur
collocando il fenomeno nella sua dimensione storica di contrapposizione a
Stalin e all’Unione Sovietica, è difficile non notare che le stesse nazioni
europee pronte a gridare all’allarme-fascismo a ogni affermazione elettorale di
movimenti sovranisti pienamente democratici, oggi mitizzano i combattenti dei
diversi reggimenti che si richiamano alle SS in modo inequivocabile, come
dimostrano anche svastiche e frasi emblematiche tratte da “Mein Kampf” che
decorano i corpi tatuati di diversi prigionieri catturati dai russi a Mariupol.
Anche
il peso della corruzione e della criminalità organizzata in Ucraina rappresenta
o dovrebbe rappresentare una valida limitazione per l’accesso alla candidatura
all’Unione.
Per primi, già l’11 marzo abbiamo posto
interrogativi ed espresso dubbi circa il rischio che parte delle forniture
belliche occidentali a Kiev finissero per alimentare traffici illeciti di armi
verso paesi lontani e organizzazioni criminali e terroristiche.
Dubbi
e perplessità poi presi in esame dal “Washington Post” in maggio, poi dal “New
York Times” in giugno e soprattutto dal direttore dell’Interpol ma che non
sembrano aver fatto riflettere i leader politici sulle due sponde
dell’Atlantico.
Eppure
quanto sia strutturata e ramificata la malavita organizzata ucraina in traffici
su vasta scala anche di armi è noto fin dalla dissoluzione dell’URSS, quando
miliardi di dollari in armi sovietiche presenti in Ucraina vennero venduti sul
mercato nero, così come è ben noto il livello di corruzione della politica e
della pubblica amministrazione ucraina.
Lo
sancisce anche il “Corruption Perceptions Index” che nel 2021 attribuiva
all’Ucraina il 122° posto su 180 nazioni prese in esame in una classifica in
cui l’Italia era posizionata in un poco dignitoso 42° posto:
Lo “Human
Freedom Index” pubblicato quest’anno congiuntamente dal “Cato Institute”, il “Fraser
Institute” e il “Friedrich Naumann Foundation for Freedom” vede l’Ucraina al
98° posto, beh 72 posizioni più indietro rispetto all’Italia (26a).
Se
ancora non bastasse per chiedersi che senso abbia per la Ue aprire le porte
alla candidatura a un paese ancora così lontano dai fondamentali di democrazia,
trasparenza, legalità e diritti umani, aggiungiamo le rilevazioni che appaiono
nella classifica delle libertà economiche stilata dall’ “Economic Freedom
Heritage Foundation”.
Qui il
risultato è ancora più imbarazzante:
l’Ucraina occupa il 130° posto, dietro a paesi
tra i più poveri del mondo come Niger, Mauritania e Burkina Faso mentre
l’Italia è 57a.
Va un
po’ meglio all’Ucraina (e un po’ peggio all’Italia) nella classifica della “Libertà
di Stampa” redatta da “Reporter Sans Frontiéres” che vede quest’anno l’Ucraina
106a, dietro a Gabon e Ciad ma davanti al Burundi, mentre l’Italia relegata ad
un umiliante (per una democrazia che si vorrebbe compiuta) ma indicativo dei
tempi che viviamo 58° posto:
dietro
a Buthan, Sierra Leone e Guyana ma appena davanti a Niger e Ghana.
Reazioni
balcaniche.
Di
fronte a tutto questo è impossibile non comprendere le sarcastiche reazioni dei
leader dei Balcani Occidentali, da tempo in attesa di vedere accettata la
propria candidatura.
A
Belgrado il presidente “Aleksander Vucic” ha evitato di alzare i toni ma c’è
chi evidenzia che la mancata adesione serba alle sanzioni contro la Russia
potrebbero aver influito sul mancato riconoscimento dello status di candidato.
Più
incisivo il ministro dell’interno serbo “Aleksandar Vulin”.
“Se per la Serbia la condizione di avanzare
più rapidamente verso la Ue è quella di stare in guerra con qualcuno, allora no
grazie, non ne vale la pena” ha commentato con sarcasmo.
“L’Ucraina ha ottenuto lo status di
candidato pur senza rispettare gli standard che con tanta attenzione vengono
applicati ai Paesi balcanici.
Ha
evitato alcuni decenni di pressioni, ricatti e burocrazia, né ha dovuto penare
nella lotta alla corruzione e nel rispetto dei criteri in fatto di giustizia e
di riforme economiche, senza parlare della collaborazione con i tribunali che
accertano i crimini di guerra”, ha detto il ministro “Vulin”.
“Spero
che la Moldavia non abbia dovuto promettere di guerreggiare con qualcuno e che
lo status di candidato lo abbiano concesso sulla parola d’onore”, ha osservato
il ministro, secondo il quale se il criterio decisivo per lo status di Paese
candidato o per l’avvio del negoziato è di essere in guerra, “allora la Serbia
avrebbe potuto cominciare il negoziato di adesione già nel 1999, quando si
trovava sotto i bombardamenti della NATO”, ha aggiunto.
“E
invece sembra che tali regole non si applichino a quelli che sono stati
bombardati dalla NATO, per avanzare rapidamente verso l’adesione all’Unione
europea bisogna essere in guerra con la Russia”, ha concluso “Vulin”.
Si può
replicare al sarcasmo di Vulin evidenziando che la Serbia è tradizionalmente
amica della Russia ma certo questo non si può affermare per altre nazioni
balcaniche.
“Quello
che sta accadendo ora è un problema serio e un duro colpo per la credibilità
dell’Ue.
Stiamo
perdendo tempo prezioso che non abbiamo”, ha detto il premier macedone “Dimitar
Kovacevski” esprimendo “il malcontento del governo e del popolo macedoni”
bloccati dal veto della “Bulgaria”.
“Oggi
sono in lutto per l’Unione europea, mi dispiace molto per loro. Abbiamo offerto
l’aiuto di cui potrebbero aver bisogno”, ha dichiarato ironicamente il premier
albanese, “Edi Rama” rinnovando l’intenzione di continuare su questa strada per
entrare nell’Ue “magari il prossimo secolo”.
Conseguenze.
La
decisione di aprire alle candidature di Ucraina e Moldova, oltre a quella in
prospettiva della Georgia, ha quindi obiettivi ben precisi che nulla hanno a
che fare con l’ampliamento equilibrato, armonico e coerente della “casa comune
europea”.
L’Ucraina
viene premiata perché combatte la Russia e del resto può apparire comprensibile
che in un’Europa i cui leader usano da quattro mesi toni bellicosi invocando
“la sconfitta militare russa”, lasciando però che a combattere siano solo ed
esclusivamente gli ucraini, qualcuno consideri quasi un dovere aprire le porte
della Ue a Kiev.
Quanto
meno per esprimere in modo concreto la riconoscenza dell’Europa verso una
nazione che, a detta di molti premier e ministri delle nazioni europee (anche
italiani) e di commissari Ue, combatte anche per noi frenando un’offensiva
russa che non si fermerebbe e travolgerebbe tutto il Vecchio Continente, come
si temeva nella prima Guerra Fredda, per nutrire gli appetiti imperiali di
Putin.
Se la
percezione della minaccia da Mosca è davvero questa, di fronte a così alte
motivazioni sarebbe molto più efficace sul piano militare e più credibile sul
piano politico e morale se l’Unione inviasse truppe europee a combattere a “Severdonetsk”,
“Kharkiv”, “Mikolayv”.
In
trincea, “spalla a spalla” con le reclute ucraine, sostenendo con i fatti e i
morti in battaglia l’aspirazione ribadita anche ieri dal presidente Zelensky di
“riconquistare le città che sono cadute”.
La “Ue”
non sembra però voler essere solidale fino a questo punto con Kiev, preferisce
fare la guerra con la pelle dei “candidati” ucraini pur ringraziandoli perché
combattono anche per noi.
Benché
in Europa nessuno sia pronto a “morire per Kiev”, le posizioni assunte
rischiano di farci perdere comunque una guerra che non abbiamo neppure
combattuto.
Con le
nuove candidature l’Unione accelera infatti nella rotta di collisione con la
Russia a cui non è sfuggito che alle ex sovietiche Moldova e Georgia verrà
imposto di accettare la politica Ue di contrasto a Mosca basata sulle sanzioni.
Iniziativa
che, al pari dell’allargamento a Svezia e Finlandia della NATO, aumenterà a
Mosca la percezione della minaccia posta dall’Occidente.
Non
importa se troviamo o meno giustificate e comprensibili le valutazioni di
Mosca, occorre invece chiedersi se una pesante, nuova Cortina di Ferro e una
frattura con la Russia che potrebbe durare decenni coincidano con gli interessi
delle nazioni e dei popoli europei.
Di
certo rientra perfettamente nella strategia messa a punto da Washington e
Londra che ha determinato negli ultimi anni il confronto con la Russia in
Ucraina:
una linea che ha contraddistinto le
amministrazioni statunitensi espresse dal Partito Democratico, prima con “Barack
Obama” e ora con “Joe Biden”.
L’obiettivo
dichiarato anglo-americano (il 25 giugno il premier Boris Johnson ha affermato
che “non è il momento di mollare, l’Ucraina può vincere e vincerà la guerra”) è
stato indicato nel prolungamento del conflitto per indebolire e logorare la
Russia.
O
addirittura sconfiggerla, come ha sostenuto “Ursula von der Leyen”, che però
non è pronta a schierare nelle trincee del Donbass un solo battle group europeo
per conseguire questo nobile risultato.
Difficile
dire oggi se si tratti di un obiettivo realmente perseguibile e con quali
tempistiche ma di certo nel frattempo è molto probabile che l’Ucraina verrà
totalmente devastata e l’Europa impoverita economicamente e annullata sul piano
politico se non addirittura profondamente destabilizzata a causa delle gravi
conseguenze sociali che ne deriveranno in tutto il continente.
L’aver
aderito su tutta la linea alle posizioni anglo-americane, oltre a compromettere
ogni ipotesi di vedere finalmente la Ue come protagonista geopolitico, rischia
di rendere ancora più drammatica la crisi energetica poiché Mosca potrebbe
decidere di rispondere alle iniziative della Ue (tra cui va inserita anche la
provocatoria decisione della Lituania di
bloccare parte del traffico di merci su gomma e rotaia diretto all’enclave
russa di Kaliningrad) con lo stop immediato alle forniture di gas.
Forniture
che dopo oltre quattro mesi di guerra continuano paradossalmente a giungere in
Europa e persino in Ucraina lungo i gasdotti che l’attraversano, guarda caso
tra le poche infrastrutture ucraine finora risparmiate dal conflitto.
Accogliere
l’Ucraina nella Ue benché non soddisfi nessuno dei parametri richiesti,
sposterà ancora di più l’asse politico dell’Unione su posizioni ostili alla
Russia sostenute apertamente, anche per ragioni storiche, da Polonia e
Repubbliche Baltiche con il crescente supporto di altre nazioni mitteleuropee e
balcaniche incoraggiate dagli anglo-americani.
Un
contesto che accentuerà le tensioni, non solo militari, con Mosca quando
l’interesse dell’Europa è invece riposto nel ridare ordine e stabilità alle sue
frontiere orientali e penalizzerà ulteriormente le nazioni europee meridionali
che da anni chiedono una maggiore attenzione alle sfide strategiche poste sul
“Fianco Sud” caratterizzato dagli scenari in atto in Nord Africa e Sahel.
In
tema di salvaguardia degli interessi europei è impossibile non rilevare che tutte
le decisioni assunte dalla “Commissione” guidata da “Ursula von der Leyen”(maestra di corruzione a go-go. N.D.R) dall’inizio dell’offensiva russa in
Ucraina hanno determinato conseguenze gravissime per la stabilità delle nazioni
europee senza peraltro generare per ora riscontri evidenti circa una diminuita
determinazione russa a conseguire gli obiettivi militari annunciati all’inizio
della “operazione
speciale”.
(@GianandreaGaian)
Confermata
la notizia di Zelensky
e il carico di droga in Argentina:
sbugiardati
nuovamente i “fact-checker.”
Lacrunadellago.net – Cesare Sacchetti – (29/03/2024)
– ci dice:
La
conversazione intercettata dall’Interpol: Zelensky ha trafficato 300 kg di
cocaina dall’Argentina?
Se
questa storia avesse avuto come protagonisti i leader della Russia o di...
L’ultima
notizia pubblicata ieri su questo nostro blog ha suscitato dei prevedibili
attacchi da parte dell’apparato dis-informativo dei sedicenti “fact-checker”,
espressione mutuata dal giornalismo anglosassone che sta a significare
“revisori dei fatti”.
Ora
questa branca del giornalismo d’Oltreoceano e d’Oltremanica è stata
esplicitamente creata per approntare una massiccia macchina di propaganda volta
a screditare in continuazione le varie notizie pubblicate da quei quotidiani o
blog che non ricevono finanziamento alcuno né dallo Stato – in quanto i fondi pubblici vanno notoriamente
a quella cerchia di quotidiani gradita all’establishment – né dai vari
speculatori finanziari o istituzioni comunitarie, quali la “Commissione
europea”, che si adoperano per far arrivare a questi siti i fondi necessari per
sopravvivere.
Nella
rete dei vari siti di “fact-checking” c’è anche “Open” che è anche il partner
ufficiale di “Facebook”, e quindi i lettori non devono stupirsi se ogni qual
volta condividono qualche notizia vera sgradita a certi ambienti,” Facebook”
interviene per censurarla.
Una
delle firme di punta, se si può usare questa espressione, è quella di “David
Puente”, un bizzarro personaggio espatriato dal Venezuela che nei primi anni
della sua “carriera” ha lavorato per “Gianroberto Casaleggio”, il guru del M5S
già socio d’affari di “Enrico Sassoon”, appartenente alla famosa “famiglia di
commercianti askenaziti” famosa per il” traffico d’oppio,” e poi negli anni passati consulente di “Laura
Boldrini” durante il suo mandato da presidente della Camera.
Il
curriculum parla già abbastanza chiaramente da sé.
Siamo
molto lontani dai lidi del giornalismo indipendente ma piuttosto siamo su
quelli di un personaggio reclutato per tenere vive certe narrazioni e provare
maldestramente ad affossare invece i fatti che nel mondo del mainstream
mediatico e della sua rete di “revisori dei fatti” vengono chiamati “notizie
false” oppure per utilizzare la odiosa, e da questi tanto amata, espressione
anglosassone “fake news”.
Nulla
di particolarmente sorprendente, se non che ci troviamo a dover commentare
nuovamente uno degli “articoli di Open” come già avevamo fatto in passato per
ciò che riguarda la storia della “menorah” a Montecitorio.
All’epoca
un altro articolo del quotidiano fondato da “Enrico Mentana”, per l’appunto “Open”,
aveva provato, abbastanza ridicolmente, come sempre, a smentire il fatto che il
disegno sulla pavimentazione davanti a Montecitorio non fosse” una menorah “quando
persino fonti ebraiche quali il giornalista del “Tempo”, “Fabio Perugia”,
scrisse nel 2012, in tempi non sospetti, che l’architetto incaricato di
eseguire il restauro della facciata,” Franco Zagari”, aveva disegnato
espressamente una menorah ebraica.
Ciò
deve aver turbato le notti dei vari “fact-checker” che si sono affannati a
scrivere improbabili articoli nei quali si affermava che la “menorah ebraica”
era in realtà una “meridiana augustea” e probabilmente nella “redazione di Open”
non hanno mai visto la seconda o forse l’hanno fatto ma convenientemente
preferiscono fare finta di nulla.
Stavolta
ci troviamo a dover ripetere nuovamente lo stesso esercizio e smentire ancora
una volta” Open” che ci ha chiamati in causa attraverso il citato “Puente” che ci accusa
nel suo articolo di divulgare “falsità” quando in realtà, come nel caso della
menorah davanti a Montecitorio, è abbastanza chiaro chi sia a divulgare falsità
e chi no.
In
questa occasione di tratta di rispondere all’articolo di Puente sulla partita
di cocaina di 300 kg che sarebbe stata consegnata a Zelensky in occasione della
sua visita ufficiale a Buenos Aires per assistere all’inaugurazione del “presidente
argentino Milei”.
Puente
si lancia nell’esercizio tipico del più mediocre dei sedicenti revisori dei
fatti che è quello della supercazzola.
Il
metodo seguito da questi siti è più o meno sempre lo stesso.
Si
scrive nel titolo “falso” riguardo alla notizia che si decide di smentire ma
poi nel corpo dell’articolo si porta poco o nulla a sostegno della tesi, perché
di questo si tratta, gridata nel titolo a caratteri cubitali.
Anche
questo caso non fa eccezione.
“Puente” prova ad alzare una spessa
cortina fumogena provando ad associare ridicolmente i vari siti che hanno
riportato la notizia alla Russia e poi si sofferma a presentare “Marcio Forti”,
uno dei primi giornalisti a riportare la notizia, scrivendo tra virgolette
“giornalista messicano” nell’imbarazzante tentativo di minare la credibilità di
“Forti”.
Puente
afferma che l’intercettazione è “priva di fondamento” e che si tratta del modus
operandi tipico della fantomatica “propaganda russa”.
Prove
a sostegno di queste affermazioni?
Nessuna,
se non che al “giornalista” di Open non piace l’intercettazione e la associa
arbitrariamente a fantomatici ambienti russi senza nessuna seria prova a
sostegno.
Un
serio lavoro di conferma o di smentita di una notizia dovrebbe basarsi su altro
come, ad esempio, la ricerca di altre fonti che confermino o smentiscano quanto
detto da una determinata fonte.
Si
chiama verifica incrociata dell’informazione, un esercizio con il quale “Puente”
sembra avere molta poca famigliarità.
È
quanto invece abbiamo cercato di fare noi.
Puente
e Open probabilmente lo ignorano ma già 4 giorni fa il giornalista argentino “Sebastian
Salgado” che scrive per il sito “Data Urgente” aveva rivelato questo
retroscena.
“Salgado”
ha affermato che lo scambio sarebbe effettivamente avvenuto e a conferma di
questo cita diverse fonti di intelligence di diversi Paesi.
Le
rivelazioni del giornalista argentino” Salgado.”
“Salgado”
appare essere un giornalista serio e ben informato sugli affari politici
dell’Argentina e nelle sue dichiarazioni si sofferma anche a “scagionare” in
qualche modo” Milei”, poiché il presidente argentino si stava appena
insediando, nonostante lo stesso “Salgado” sia critico del capo di Stato da
poco eletto in quanto troppo vicino agli interessi dell’anglosfera.
Ora è
certamente più affidabile a nostro avviso quanto riferito da un giornalista
serio e indipendente che si trova in Argentina e ben conosce quanto avviene nel
suo Paese piuttosto che quanto riferito da sedicenti “revisori dei fatti” che
dall’Italia scartano le informazioni che sono a questi, e ai loro datori di
lavoro, sgradite.
E
quanto rivelato da Salgado non è certo un fulmine a ciel sereno per quanto
riguarda” Zelensky” e i suoi traffici con la droga.
I
precedenti: Zelensky e la protezione ai narcotrafficanti.
Qualche
tempo fa dalla Bulgaria erano giunte accuse molto dure e circostanziate nei
confronti del presidente ucraino.
La
Bulgaria aveva messo sulla sua lista dei ricercati “Evenin Banev”
soprannominato “Brendo” che è considerato uno dei re della cocaina a livello
internazionale.
Ad
interessarsi di lui erano stati anche i ROS che in una loro informativa
scrivevano come “Brendo” avesse rapporti con la “ndrangheta in Italia” e come
assieme a questa coordinasse la consegna di grossi quantitativi di cocaina.
“Banev”
e i suoi spostavano in media 40 tonnellate di droga all’anno e il suo nome era
in cima alla lista di diversi servizi, su tutti quelli bulgari e italiani, che
avevano dato vita ad una operazione congiunta già nel 2012 per sgominare il
traffico.
Il
narcotrafficante era però riuscito a scappare fino a quando non è stato
arrestato a Kiev nel 2021.
Le
autorità ucraine però non lo consegnarono alla Bulgaria. Al contrario, decisero
di dargli la cittadinanza ucraina affossando così le richieste di estradizione
di Sofia.
Non
sarebbe una sorpresa scoprire che “Brendo” abbia pagato grosse tangenti al
corrotto governo di Kiev per potersi comprare la cittadinanza ucraina e
sfuggire così alla giustizia bulgara.
In
Bulgaria le reazioni alla decisione di Zelensky erano state indignate tanto che
il leader della formazione di centrosinistra,” Rumen Petkov”, aveva accusato
apertamente Zelensky di essere il “protettore di Banev”.
L’Ucraina
ha tutte le caratteristiche, come si vede, di un enorme centro di spaccio
internazionale.
A
conferma di questo ci sono altri fatti ovviamente taciuti dai media mainstream.
Nel
corso dell’operazione militare della Russia in Ucraina, sono stati trovati dei
laboratori, come quello di “Sopino”, vicino “Mariupol”, dove la droga veniva
raffinata e poi distribuita sia tra la popolazione civile che tra le forze
armate.
Uno
dei nazisti ucraini catturati dai russi ha rivelato che quasi tutti i soldati
al fronte sono sotto l’effetto di stupefacenti per “alleggerire” il peso delle
atrocità commessi da questi in battaglia e, al tempo stesso, per stordirli e
mandarli al macello più facilmente quando questi sono completamente drogati.
La
storia dell’Ucraina nazista di Zelensky e della sua vicinanza al narcotraffico
come si vede è più antica di quanto rivelato in questi giorni da giornalisti
argentini e messicani.
L’Ucraina
è un Paese strategico per il narcotraffico e le prove che Zelensky protegga i
vari trafficanti sono evidenti e consolidate.
Non
c’è però da stupirsi che qualche “fact-checker” scriva il solito articolo falso
che prova a liquidare il tutto come “fake news”.
Laddove
c’è il “fact-checking” raramente c’è la verità.
L’affondo
di Stiglitz sulle
regole
Ue: “Sarà un disastro.”
It.insideover.com - Andrea Muratore – (8
GIUGNO 2020) – ci dice:
Joseph
Stiglitz non è nuovo a duri attacchi contro la tenuta e la stabilità dell’euro
e la funzionalità dell’Unione Europea nella risposta alle crisi sistemiche del
presente.
Ma
particolare significato ha quanto recentemente dichiarato dall’economista
Premio Nobel nel 2001 in un’intervista al “Fatto Quotidiano”.
Secondo
Stiglitz, infatti, la risposta comunitaria alla crisi economica e sociale in
corso andrà nella giusta direzione solo se a fine emergenza coronavirus la
Commissione europea di “Ursula von der Leyen” non riporterà in vigore le regole
del Patto di stabilità e crescita sospese a marzo per tutto il 2020.
Per lo
studioso statunitense ciò rappresenterebbe “un vero disastro”.
Secondo
Stiglitz, infatti, molti Paesi “avrebbero debiti molto più alti, debiti su cui
andrebbero pagati gli interessi” e su cui cadrebbe la spada di Damocle
dell’aggiustamento strutturale delle finanze pubbliche e del rischio di
procedure d’infrazione.
Nella
fase post-Covid, secondo Stiglitz, “ci sarà molta più incertezza, il che
renderà le persone molto più attente nello spendere: avremo un’insufficienza di
domanda aggregata e quindi un’economia debole”.
L’azione
dei governi, in questa fase, deve essere dunque diretta verso l’espansione
della spesa e delle prospettive economiche della grande massa della
popolazione.
L’Europa,
in questo contesto, avrebbe sulla carta un vantaggio rispetto agli Stati Uniti,
infiammati in questi giorni da durissime tensioni sociali:
l’aver
contenuto la spinta propulsiva della disoccupazione, condizione in cui sono
caduti in poche settimane 40 milioni di cittadini americani.
Le
disuguaglianze nel Vecchio Continente, minori rispetto a quelle statunitensi, e
la tenuta della rete sociale rappresentano contrappesi non indifferenti a
mantenere tranquilla la situazione europea.
Almeno per ora.
Per
Stiglitz dalla ripresa di due dei Paesi colpiti dalla pandemia, Italia e
Spagna, dipende la ripresa complessiva dell’Unione.
Ma
come immaginarla possibile se dal prossimo anno torneranno scrutini di
bilancio, rischi di procedura d’infrazione, critiche a possibili extra-deficit?
La Commissione ha risposto pensando a una
recessione “a V”, ovvero con una batosta economica seguita da un rimbalzo
nell’anno successivo, ma ciò è ancora tutto da dimostrare.
La
recessione potrebbe farsi lunga depressione, dato che l’economia europea e
globale dovrà:
riattivare
il ritmo produttivo pre-crisi, ripristinare le catene logistiche globali,
rilanciare i commerci, lenire le problematiche occupazionali e curare la
crescita della povertà, introiettare nel processo decisionale la trasformazione
in asset strategico di filiere come quelle dell’agroalimentare e del
biomedicale, ricostruire la fiducia dei consumatori.
Tutto questo non si può fare in pochi mesi, né
potrà farlo l’Europa se dopo pochi mesi si tornerà alle vecchie discussioni su
rigidità fiscale, austerità e via dicendo.
La
Germania, ad esempio, ha recentemente introdotto un piano da 130 miliardi di
euro valido sia per il 2020 che per il 2021:
segno
che le aspettative di Berlino sono di un rischio destinato a prolungarsi a
lungo nel tempo.
L’Europa castrerebbe le sue possibilità di
ripresa consegnando i Paesi membri alla lunga burocrazia del rigore di bilancio
e Stiglitz lo ha ben capito.
Un
altro avvertimento autorevole, dopo quello di Mario Draghi, giunge affinché
l’Europa prenda in mano il suo destino e gli Stati membri capiscano che solo
dalle loro politiche interne potrà nascere veramente la garanzia di un rilancio
complessivo.
Serve investire, investire e ancora investire:
possibilmente, senza la spada di Damocle del
ritorno delle regole stringenti del vincolo sul deficit (da tenere al 3% del
Pil) e dell’obiettivo del 60% nel rapporto debito/Pil.
La crisi attuale ne impone una lunga deroga.
La
Germania
contro
l’Europa.
Legrandcontinent.eu
– (13 dicembre 2023) - Jean-Francois Badia – ci dice:
Prospettiva
Politica.
Il più
grande paradosso dell’Unione si trova in Germania.
Sebbene
il Paese sia uno dei più affezionati all’integrazione europea, è anche uno dei maggiori
oppositori del processo.
Dalle scelte di bilancio alla diplomazia,
questa stimolante prospettiva ripercorre la storia delle politiche che hanno
indebolito l’Unione e la Germania.
A
margine, sorge una domanda: cambiare rotta è ancora possibile?
La
recente decisione della Corte Costituzionale di Karlsruhe, che ha gettato la
Germania in una grave crisi politica e di bilancio, e il suo atteggiamento poco
equilibrato nei confronti del conflitto in corso a Gaza illustrano un paradosso
sorprendente:
pur desiderando sinceramente essere la
migliore amica del progetto europeo, la Germania si rivela spesso, nella
pratica, uno dei suoi peggiori e più potenti nemici.
Il
paradosso tedesco.
Fin
dall’inizio dell’integrazione europea, la Germania è stata indiscutibilmente
uno dei paesi europei, se non il paese europeo, più impegnato nel processo, a
prescindere dal colore politico del suo governo e con il sostegno schiacciante
della società tedesca.
Eppure,
da diversi decenni a questa parte, è anche il paese che ha regolarmente messo
in serio pericolo l’integrazione europea difendendo rigidamente posizioni che
minano l’Unione e il suo futuro, indipendentemente dal colore del suo governo e
con il sostegno della stragrande maggioranza della sua popolazione.
Il 15
novembre, la “Corte di Karlsruhe” ha dichiarato incostituzionale la
riassegnazione da parte del governo tedesco alla lotta contro il cambiamento
climatico di 60 miliardi di euro di fondi non utilizzati, accantonati in un
fondo extra-bilancio creato per sostenere l’economia durante l’epidemia
COVID-19.
La
decisione ha provocato un terremoto politico in Germania.
Aggirare
la «Schuldenbremse».
Da
diversi anni, il governo tedesco e gli stati federali stanno moltiplicando i
fondi speciali di questo tipo – ce ne sono 29 per un totale di 869 miliardi di
euro.
Vengono utilizzati per aggirare le regole di
bilancio molto restrittive che il paese si è auto-imposto inserendo nella
Costituzione tedesca nel 2009, al culmine della crisi finanziaria, uno
«Schuldenbremse»,
il «freno al debito», che impone limiti molto
rigidi al deficit e al debito che lo Stato federale, i Lander e i comuni
possono contrarre: non deve superare lo 0,35% del PIL.
Se in
un dato anno questo limite viene temporaneamente superato per ragioni
congiunturali, l’eccedenza deve essere compensata da avanzi di bilancio quando
l’economia si riprende.
In
Germania, i fondi speciali vengono utilizzati per aggirare le regole di
bilancio molto restrittive che il paese si è auto-imposto.
(WILLIAM
DESMONTS)
Questo
emendamento alla Costituzione tedesca fu adottato con una maggioranza di due
terzi dal Bundestag e dal Bundesrat, grazie al sostegno congiunto dell’SPD e
della CDU dell’epoca.
Oggi
sarebbe necessaria una maggioranza di due terzi anche per modificare questa
assurda norma costituzionale, ma al momento sembra impossibile ottenere una
tale maggioranza.
Delle
conseguenze negative importanti per la Germania e l’Europa.
La
decisione della Corte di Karlsruhe getta la Germania in una grave crisi proprio
nel momento in cui l’economia del paese sta entrando in recessione e avrebbe
bisogno di un importante sostegno di bilancio in molti settori. In particolare,
minaccia il finanziamento di una transizione energetica già molto difficile da
realizzare.
Questa
crisi di bilancio tedesca ha anche importanti ripercussioni negative su scala
europea in un momento in cui si stanno negoziando le modifiche al bilancio
dell’UE per i prossimi anni, tra cui un pacchetto di 50 miliardi di euro per
aiutare le finanze dell’Ucraina e altri 20 miliardi di euro per fornire
sostegno militare al paese nei prossimi anni.
A
breve termine, quindi, le conseguenze di questa decisione sono preoccupanti,
sia per la Germania che per l’Europa, ma a lungo termine possiamo sperare che
abbia un effetto positivo, dimostrando agli stessi tedeschi, facendo 2+2,
l’assurdità e la pericolosità delle regole di bilancio che volevano imporre a
tutta l’Europa.
Austerità
permanente ed euroscetticismo.
L’infausta
insistenza della Germania sull’austerità di bilancio permanente aveva già
indebolito notevolmente l’economia europea negli anni Novanta, prima della
creazione dell’euro, impedendole di riprendersi per diversi anni dallo shock
della crisi economica del 1993.
Questa
politica palesemente controproducente ha alimentato un crescente
euroscetticismo, culminato nel fiasco del 2005 sulla Costituzione europea sia in Francia
che nei Paesi Bassi, due membri fondatori dell’Unione.
Dopo
la grande crisi finanziaria del 2008, il prolungato rifiuto della Germania di
accettare qualsiasi forma di solidarietà con i paesi più in crisi ha rischiato
di far fallire sia l’euro che l’integrazione europea nel suo complesso.
Nella stessa Germania, questo deciso rifiuto
ha portato all’adozione della sfortunata «Schuldenbremse» per indicare ai suoi
vicini che la Germania era molto determinata nel suo rifiuto e intendeva dare
l’esempio.
Fortunatamente,
dopo aver portato l’Europa sull’orlo del baratro, la Germania di “Wolfgang Schaeuble”
e “Angela Merkel” ha fatto marcia indietro all’ultimo minuto.
L’infausta
insistenza della Germania sull’austerità di bilancio permanente aveva già
indebolito notevolmente l’economia europea negli anni Novanta.
(WILLIAM
DESMONTS)
Tuttavia,
questa austerità imposta nel momento meno opportuno ha indebolito ulteriormente
un’economia europea già dissanguata, offrendo alla Cina, in particolare,
l’opportunità di prendere piede in Europa acquistando a basso prezzo i
«gioielli di famiglia» dei Paesi in crisi che la Germania stava costringendo a
svendere, come il porto del Pireo o il gestore della rete elettrica portoghese.
Il
rifiuto di qualsiasi politica industriale europea.
Per
decenni, Bonn e poi Berlino si sono costantemente e fermamente opposte a
qualsiasi forma di politica industriale europea, dopo che le politiche
nazionali erano state definitivamente eliminate a cavallo degli anni ’90 con
l’implementazione del mercato unico.
Il rifiuto è stato sistematico, sia che si
trattasse di proteggere i confini dell’Unione con dazi doganali su determinati
prodotti, sia che si trattasse di limitare e controllare gli investimenti
esteri, sia che si trattasse di utilizzare i fondi europei per sostenere a
livelli significativi un particolare settore di attività emergente.
Il
rifiuto di adottare una politica industriale comune ha fatto sì che l’Europa si
perdesse tutte le recenti rivoluzioni tecnologiche, che si trattasse di
internet, telefonia mobile, semiconduttori, piattaforme, social network,
intelligenza artificiale o fotovoltaico, a vantaggio di paesi come la Cina, la
Corea del Sud o gli Stati Uniti, che non si fanno scrupoli a perseguire
politiche industriali attive.
Di conseguenza, l’Europa è diventata
eccessivamente dipendente dagli Stati Uniti e dall’Asia in tutti questi settori
cruciali per il futuro, anche se l’alto livello di istruzione della sua
popolazione e la qualità della sua ricerca avrebbero dovuto permetterle di
essere all’avanguardia nell’innovazione tecnologica.
L’austerità
eccessiva e prolungata che la Germania ha imposto all’intera economia europea
dopo la crisi del 2008 ha avuto un effetto depressivo duraturo anche sul
mercato interno del continente.
Ed è
in gran parte questa politica che ha reso l’industria europea, e in particolare
quella tedesca, eccessivamente dipendente dal mercato cinese privandola di
sbocchi europei, con il rischio che questa industria venga ora schiacciata
dalla guerra commerciale sino-americana e dall’autoritaria assunzione di
controllo sull’economia cinese da parte di Xi Jinping.
A
queste minacce si aggiunge il ritardo tecnologico, in particolare nei veicoli
elettrici e nella green tech, causato dalla già citata assenza di una politica
industriale a livello europeo.
Il gas
russo e la cecità su Putin.
La
Germania non è stata certo l’unica a volerci cacciare in questo pasticcio, ma è
anche vero che è stata in gran parte la Germania a portare l’Europa a dipendere
troppo dal gas russo e a illudersi gravemente sui disegni di Vladimir Putin nei
suoi confronti. Anche in questo caso, questa politica sbagliata è stata oggetto
di un consenso molto ampio nel Paese, con la cristiano-democratica Angela
Merkel che ha continuato senza esitazione, con la costruzione del gasdotto Nord
stream 2, il lavoro del suo predecessore socialdemocratico Gerhard Schröder, un
amico di Vladimir Putin diventando direttore della società russa Gazprom.
Questa
eccessiva dipendenza ci ha costretti ad affrontare il progetto imperialista e
reazionario della Russia di Putin dopo l’invasione dell’Ucraina.
Ancora
una volta, ciò ha comportato un costo economico e sociale molto elevato per
l’Unione e i suoi cittadini.
La
Germania ha anche gran parte della responsabilità di aver impedito per decenni,
attraverso una combinazione di eccessivo atlantismo e pacifismo, la costruzione
di una difesa europea degna di questo nome e il consolidamento degli attori
continentali nell’industria della difesa.
Questo
ci pone in una posizione di grande debolezza in un momento in cui la Russia di
Putin sta diventando molto aggressiva e gli Stati Uniti, sempre più tentati
dall’isolazionismo trumpiano, rischiano di ritirarsi dal continente.
Questa
drammatica debolezza della difesa europea rischia di portare alla sconfitta
dell’Ucraina nei prossimi mesi.
Il
sostegno incondizionato a Benyamin Netanyahu.
Ed è
infine la Germania, per una parte importante, a mettere l’Europa con le spalle
al muro in Medio Oriente con il suo sostegno incondizionato al governo di
Benyamin Netanyahu nel conflitto israelo-palestinese, impedendo all’Unione
Europea di adottare una posizione equilibrata su questo tema esplosivo.
Questo
atteggiamento si spiega ovviamente con la storia particolare del paese, ma non
è meno drammatico per l’Europa.
Innanzitutto,
sta alimentando forti tensioni interne, con un aumento del rischio di
terrorismo, una recrudescenza dell’antisemitismo, in particolare nelle comunità
musulmane, e un parallelo aumento degli atteggiamenti islamofobi e xenofobi,
incoraggiati da un’estrema destra in crescita ovunque.
L’austerità
eccessiva e prolungata imposta dalla Germania al continente ha reso l’industria
europea, e soprattutto tedesca, eccessivamente dipendente dal mercato cinese,
privandola di sbocchi europei.
(WILLIAM
DESMONTS)
Al di
fuori dei suoi confini, c’è il rischio che l’UE, appoggiando troppo le
politiche irresponsabili del governo Netanyahu, possa trovarsi invischiata in
una «guerra di civiltà», promossa sia dagli islamisti che dall’estrema destra
europea.
Questo allargherebbe sicuramente l’abisso che
già ci separa dai nostri vicini a sud del Mediterraneo, in Africa e in Medio
Oriente, come abbiamo visto di recente nel Sahel, soprattutto a causa della
politica della «fortezza Europa» sull’immigrazione.
L’idea di uno scontro tra il mondo musulmano e
l’«Europa cristiana» minaccerebbe seriamente il futuro stesso di un’Unione
Europea in declino e in via di invecchiamento, sempre più chiusa in sé stessa.
Sia in
termini economici che geopolitici, le scelte politiche su cui c’è un ampio
consenso in Germania hanno regolarmente avuto conseguenze molto negative per
l’integrazione europea negli ultimi decenni.
Nella
stessa Germania, come nel resto dell’Europa, si dice spesso che i leader
tedeschi hanno agito in modo da difendere gli interessi nazionali del loro
paese sopra ogni altra cosa.
Se
così fosse, non sarebbe necessariamente illegittimo in un’Europa che è ancora
una confederazione di Stati nazionali.
Ma questo non è assolutamente vero, come dimostrano
l’attuale episodio tragicomico della «Schuldenbremse», lo stato deplorevole
delle infrastrutture tedesche a causa di una prolungata mancanza di
investimenti pubblici, il danno considerevole arrecato alla sua economia
dall’eccessiva dipendenza della Germania dal gas russo e la grave crisi che sta
attraversando la sua industria automobilistica a causa del ritardo tecnologico
europeo dovuto alla mancanza di una politica industriale.
Le posizioni dogmatiche difese con le unghie e
con i denti in Europa dai leader tedeschi di ogni colore politico per diversi
decenni hanno arrecato danni tanto alla stessa Germania quanto ai suoi vicini e
all’Unione Europea.
Le
responsabilità della Francia.
Ovviamente
non è questa la sede per affermare che la Germania sia l’unica responsabile
delle profonde difficoltà che l’Europa sta attraversando in molti settori.
La Francia, in particolare, ha sempre dato
prova di un atteggiamento pusillanime, combinando spesso la retorica europeista
con una sovranità nazionale di fatto quando nel momento di agire. I suoi leader
si sono anche dimostrati molto spesso incapaci, per arroganza e disprezzo dei
nostri vicini, di costruire coalizioni sufficientemente ampie per sostenere
efficacemente i loro progetti europei.
La
Francia ha anche spesso mancato di onorare i propri impegni, generando una
legittima sfiducia in molti dei nostri vicini.
A questo proposito, il fallimento dell’azione
di Emmanuel Macron in Europa, nonostante questa sia stata inizialmente
presentata come una delle direttrici principali del suo progetto politico, è
una perfetta illustrazione delle debolezze della Francia.
Sia in
termini economici che geopolitici, le scelte politiche su cui c’è un ampio
consenso in Germania hanno regolarmente avuto conseguenze molto negative per
l’integrazione europea negli ultimi decenni.
“WILLIAM
DESMONTS)
Resta
il fatto che oggi è la Germania a dettare il ritmo all’interno dell’Unione
Europea, grazie al suo peso demografico, economico e geopolitico al centro di
un’Europa allargata verso est.
Finché
i nostri vicini continueranno a difendere politiche così controproducenti per
l’Europa, quest’ultima non avrà alcuna possibilità di uscire dalle sue profonde
difficoltà.
Uscire
dal «too little, too late».
La
situazione può cambiare?
Ogni
volta che si sono resi conto che stavano portando l’Europa verso il baratro, i
leader tedeschi hanno accettato di cambiare la loro posizione, ma questi
cambiamenti finora sono sempre stati «too little, too late».
Si
spera tuttavia che l’eccezionale portata delle sfide ecologiche, economiche e
geopolitiche che stiamo affrontando in questo momento possa innescare un
risveglio oltre il Reno e portare a un ripensamento fondamentale degli obsoleti
schemi di pensiero tedeschi.
Naturalmente,
molto dipenderà anche dalla capacità dei vicini della Germania di esercitare in
modo concertato un’adeguata pressione in questa direzione.
Mentre
l’Ue
rinnega il Green Deal,
l’Agenzia europea dell’ambiente
certifica
il disastro: ‘Qui la temperatura
cresce più che nel resto del mondo.
Ora
politiche forti’.
Ilfattoquotidiano.it
- Luisiana Gaita – (12 MARZO 2024) – ci dice:
Mentre
l’Ue rinnega il Green Deal, l’Agenzia europea dell’ambiente certifica il
disastro:
‘Qui
la temperatura cresce più che nel resto del mondo. Ora politiche forti’.
Proprio
mentre l’Unione europea rinnega le misure principali del Green Deal, boicottato
dal “Ppe” della presidente della Commissione Ue, “Ursula von der Leyen,”
l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) mette in guardia: “L’Europa è il continente che sta
registrando i più rapidi aumenti delle temperature al mondo”.
E
parla di “interventi urgenti” per evitare che alcuni rischi raggiungano livelli
“catastrofici”.
Tutto
pubblicato nel suo primo rapporto sulla valutazione dei rischi climatici nei
Paesi dell’Unione, alla vigilia di un’altra pubblicazione molto attesa.
Quella
della “Commissione Ue” presieduta da “Ursula von der Leyen”:
si
tratterà di una comunicazione sulla resilienza climatica e sul contenuto della quale nei
giorni scorsi sono trapelate alcune anticipazioni.
Si
parla di possibili conflitti per le risorse idriche, anche tra Stati. Insomma,
Bruxelles guardava al “Green Deal” come lo sbarco sulla luna, ma lascia in
eredità un’Europa alle prese con le guerre dell’acqua.
L’Agenzia
europea dell’Ambiente: “Il rischio di conseguenze catastrofiche” – L’”Aea” ha
pubblicato i risultati della prima ”European Climate Risk Assessment”, valutazione europea dei rischi
climatici mai effettuata come contributo all’individuazione delle priorità
politiche in materia di adattamento ai cambiamenti climatici e in supporto ai
settori sensibili al clima.
La
valutazione, coordinata insieme al Centro euro-mediterraneo sul cambiamento climatico, si sofferma su 36 principali rischi
climatici nell’ambito di cinque grandi gruppi:
ecosistemi,
alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza.
E
spiega che molti di questi rischi hanno già raggiunto “livelli critici”, che
potrebbero “diventare catastrofici in assenza di interventi urgenti e
decisivi”.
Ventuno
di questi rischi, infatti, richiedono interventi più incisivi e, tra questi,
otto sono da attuare con particolare urgenza, principalmente per preservare gli
ecosistemi, limitare l’esposizione umana al calore, proteggere la popolazione e
le infrastrutture da inondazioni e incendi boschivi e garantire la
sostenibilità dei meccanismi di solidarietà europei, come il Fondo di solidarietà dell’Unione
europea.
Secondo l’”Aea”, inoltre, è l’Europa meridionale a essere “particolarmente a
rischio” a causa di incendi, ondate di calore e scarsità di acqua.
Inondazioni, erosione e l’infiltrazione di
acqua salata minacciano invece le regioni costiere europee a bassa quota.
“I responsabili politici europei e
nazionali devono agire immediatamente con interventi volti a limitare i rischi
climatici, sia mediante una rapida riduzione delle emissioni sia con
l’attuazione di politiche e di interventi di adattamento forti” ha sottolineato”
Leena Ylä-Mononen”, direttrice
esecutiva dell’Agenzia.
Stati
europei, tra collaborazione e possibili conflitti – Come spiega anche il “Centro
euro-mediterraneo sul cambiamento climatico” la maggior parte dei principali
rischi individuati nella relazione è considerata un fattore che interessa
“congiuntamente” l’Unione europea, i relativi Stati membri e altri livelli di
governo.
La
valutazione sottolinea, infatti, che per affrontare e limitare i rischi
climatici in Europa “l’Ue e gli Stati membri devono collaborare coinvolgendo anche
i livelli regionali e locali laddove si rivelino necessari interventi urgenti e
coordinati”.
Ma c’è
un rischio:
che le
difficoltà già oggi incontrate da diversi Stati a causa dei cambiamenti
climatici possano diventare motivo di scontro più che di collaborazione.
Un
rischio di cui si parlerebbe nel documento che Bruxelles si accinge a
presentare per chiedere ai governi di fare di più per contrastare il
cambiamento climatico.
Secondo
quanto anticipato nei giorni scorsi da “Politico.Eu”, infatti, l’ultima bozza
del documento – che potrebbe essere l’ultimo di una certa rilevanza sul fronte
della lotta al cambiamento climatico da parte della Commissione guidata da Ursula von der
Leyen,
prima delle elezioni europee di giugno – si afferma non solo che la scarsità
d’acqua potrebbe portare a una maggiore concorrenza sulle risorse idriche tra i
diversi settori, problematica che l’Italia ha già avuto modo di sperimentare,
ma che potrebbe essere causa di conflitti tra Stati membri.
Un esempio è quanto sta accadendo in Catalogna
(Spagna), che ha vissuto un inverno particolarmente siccitoso e fa pressioni al
governo centrale spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez affinché devii
l’acqua del fiume Ebro, che alimenta parte della regione, dalla vicina Aragona.
Uno
scenario che i paesi europei conoscono molto meno rispetto a quelli che si
trovano in altre aree del pianeta, come Yemen, Siria, Iran, Pakistan e India,
ma anche quelli del Sud America.
Dovuti
certamente al clima, ma anche a politiche sbagliate.
Bruxelles
sognava lo sbarco sulla luna, ma lascia i conflitti per l’acqua – Il documento
dell’esecutivo Ue è molto atteso anche perché arriva in un momento in cui
Bruxelles sta ricevendo forti critiche a causa di dietrofront e rese su molte
delle misure del “Green Deal”, anche prima della protesta dei trattori che, in
realtà, non si è ancora fermata.
Partendo
dai cinque gruppi a cui fa riferimento la valutazione dell’Agenzia europea dell’Ambiente (ecosistemi, alimenti, salute,
infrastrutture, economia e finanza), si possono citare, per esempio, il testo
indebolito del regolamento sul Ripristino della Natura e lo stop alla proposta di dimezzare
l’uso di pesticidi in agricoltura al 2030 che, però, già era stata respinta dal
Parlamento Ue e si era arenata a causa dei veti dei Paesi membri.
Ma ci sono anche le deroghe concesse agli
Stati – in primis l’Italia – nella direttiva sulla qualità dell’aria e la
revisione della direttiva sulle emissioni industriali che non ha incluso gli
allevamenti di bovini che pure Bruxelles aveva proposto.
Molte
rese sono dovute alle elezioni europee che, nel frattempo, si avvicinavano.
Ed ora
sono alle porte, ma l’eredità lasciata dalla Commissione Ue è diversa rispetto
alla promessa.
Dallo
“sbarco sulla luna” ai conflitti dell’acqua.
INTELLIGENZA
ARTIFICIALE- 2.
TREMENDO
PROGETTO “FOBO”
DEL WEF DI SCHWAB: “In 5 Anni
IA rimpiazzerà il 44 % degli Impiegati Umani”
Gospanews.net - Redazione Gospa News – (26 Dicembre 2023) – ci dice:
WORLD
ECONOMIC FORUM SFIDA IL MONDO DEL LAVORO.
Metà
del Business Dati sarà gestito dalla Tecnologia.
Se c’è
mai stato un momento nella storia in cui i sostenitori del globalismo non sono
riusciti a contenere la loro snervante eccitazione, è stato quando
l’intelligenza artificiale ha guadagnato importanza nei media.
Il
World Economic Forum è ovviamente in soggezione nei confronti dell’intelligenza
artificiale (AI), elogiando la tecnologia e definendola l’apice dell’industria
umana.
Il WEF
presieduto da Klaus Schwab, oltre ad aver idolatrato il modello di società
cinese, ha già ponderato l’uso dei microchip nei bambini.
Va
inoltre ricordato che uno dei fondatori e principali sostenitori della
famigerata organizzazione mondiale dei summit di Davos è Bill Gates, partner
dell’industria bellica italiana Leonardo proprio nello sviluppo dell’IA nelle
tecnologie militari.
I
burattinai del WEF affermano che l’intelligenza artificiale trasformerà la
società così rapidamente che la maggior parte degli individui non sarà in grado
di tenere il passo con gli sviluppi.
Naturalmente
nessuno di questi sviluppi è stato ancora osservato nel mondo reale.
In realtà, oltre a rendere più semplice per
gli studenti universitari imbrogliare agli esami, è difficile vedere qualche
reale vantaggio che l’intelligenza artificiale abbia apportato finora.
È qui
che esiste una discrepanza tra le previsioni del WEF e ciò che le prove
suggeriscono che è più probabile che si verifichi.
L’intelligenza
artificiale ha davvero tutte le capacità che i globalisti la descrivono?
L’automazione finirà per sostituire metà
dell’umanità?
Durante
il vertice sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale nel Regno Unito, “Elon
Musk” ha avvertito che non ci sarebbero stati posti di lavoro in futuro e che
l’intelligenza artificiale sarebbe stata in grado di fare tutto, rivolgendosi
al primo ministro britannico “Rishi Sunak”.
I
media dell’establishment hanno promosso questa idea come inevitabile e milioni
di persone, soprattutto nella” generazione Z”, hanno già paura che
l’intelligenza artificiale eliminerà le loro prospettive lavorative in futuro.
Il WEF è arrivato al punto di coniare il
termine “FOBO” (Fear Of Becoming Obsolete), ovvero “Paura di diventare obsoleti”,
per descrivere questa emozione.
“FOBO”
sta per “fear of better options, quindi paura delle opzioni migliori”, ma il
WEF si è appropriato del termine e ne ha cambiato il significato per adattarlo
alla storia dell’IA.
Le
aziende del primo mondo utilizzano da tempo l’automazione e adattarsi ad essa
non ha necessariamente reso nessuno “obsoleto” agli occhi dell’economia.
I
media spesso lasciano intendere che i lavori ad alta intensità di lavoro
manuale in settori come l’industria manifatturiera, la vendita al dettaglio e
l’agricoltura rischiano di estinguersi.
Ma per
coloro che lavorano nel settore informatico dei “colletti bianchi”,
l’intelligenza artificiale sembra rappresentare una minaccia molto più grande.
È
molto più probabile che l’intelligenza artificiale sostituisca i lavoratori
nella raccolta dati, nello sviluppo di software, nello sviluppo web,
nell’analisi della ricerca, nella sicurezza delle informazioni e in campi
correlati.
In
sostanza, l’intelligenza artificiale (AI) automatizza le applicazioni dei dati,
aprendo la porta ai non programmatori al “codice” di un giorno in un modo che
in precedenza richiedeva anni di formazione
. Ad
esempio, i progettisti di siti potrebbero presto ritrovarsi senza lavoro poiché
la creazione online sta diventando sempre più automatizzata.
L’intelligenza
artificiale non è in grado di funzionare ampiamente nel mondo fisico e non ha
mostrato segni di coscienza o creatività.
L’idea
che i “dati” siano l’economia del futuro e che un giorno i robot gestiranno
l’economia fisica è la risposta globale a questo problema.
Anche
se può sembrare un sogno irrealizzabile, se l’“economia dei dati” è il luogo in
cui si concentrerà l’intelligenza artificiale per il prossimo futuro, allora la
maggior parte dei posti di lavoro che andranno persi a causa dell’intelligenza
artificiale riguarderanno il settore dei colletti bianchi.
In un
recente rapporto sul “FOBO”, il WEF riconosce parzialmente questo fenomeno,
sostenendo che entro il 2027, il 42% delle competenze legate al business sarà
sostituito dall’intelligenza artificiale e il 44% delle tipologie di competenze
(umane – N.D.R.) diventeranno obsolete.
Le
elezioni in Russia: l’era di
Vladimir
Putin ha cambiato
la
storia della Russia e del mondo.
Lacrunadellago.net
– (18/03/2024) – Cesare Sacchetti – ci dice:
Quando
Vladimir Putin pronunciò il suo discorso quel lontano giorno di maggio del 2000
probabilmente non se lo aspettava nemmeno lui.
Non si
aspettava che da quel momento in poi sarebbe iniziata una nuova era nella
storia della Russia e del mondo intero.
Dietro
di sé, c’era il cumulo di macerie ereditato da “Boris Eltsin,” il presidente
fantoccio gestito per conto dello stato profondo americano e dei suoi
consiglieri economici, su tutti il famigerato “Jeffrey Sachs”, americano di
origini ebraiche, che oggi prova a rifarsi una verginità indossando i panni di “critico
della NATO”.
In
quegli anni, la Russia era piombata in un vero inferno.
Lo Stato come tale non c’era nemmeno più.
A
governare erano i famigerati oligarchi, quasi tutti askenaziti, che con il
placet della superpotenza americana avevano ridotto il Paese ad un’enclave
occupata da clan locali e stranieri dove la fame e la povertà erano all’ordine
del giorno.
Se si
parla con un russo che ha vissuto quegli anni, e non sono pochi, si potrà avere
un quadro ancora più esaustivo della dura vita che il popolo russo conduceva in
quell’epoca.
“Gorbachev”
aveva fatto ciò che i suoi referenti dei vari circoli Occidentali gli avevano
chiesto di fare.
Era giunto il tempo di liquidare l’URSS e di
accompagnarla sull’uscio della storia poiché questa aveva abbondantemente
servito gli scopi dei suoi creatori, i bolscevichi, quasi tutti di origine
ebraica, e lautamente finanziati da banchieri quali “Jacob Schiff” e” Max
Warburg”.
Allora
era giunto il tempo di smantellare quell’impero per lasciare il posto soltanto
a quello americano che avrebbe avuto il compito esclusivo di guidare, o meglio
imporre, al mondo il dominio di Washington e dell’atlantismo.
Questo
è quello che accadde negli anni 90.
La “NATO”, organizzazione ipocritamente
definita di contenimento all’URSS, avrebbe dovuto essere sciolta poiché il suo
scopo e la sua ragion d’essere erano entrambi esauriti.
Dall’altra
parte del Muro, non c’era più il blocco comunista ma ciò non ha impedito
all’organizzazione atlantica di espandersi e di annettere a sé diversi Paesi
dell’Europa Orientale fino ad arrivare alle porte dei confini russi.
Quando
si parla di “aggressione russa” viene da sorridere se si pensa che negli ultimi
30 anni ogni singola guerra è stata provocata o dalla “NATO” che
arbitrariamente bombardava quei Paesi che non si conformavano alla sua volontà
politica, oppure dagli” Stati Uniti” che a sua volta colpiva quei Paesi
giudicati una “minaccia” per i poteri sionisti che dominavano Washington.
“NATO”
e “Stati Uniti”, sono stati questi due poteri a scrivere la storia del mondo,
in negativo, negli ultimi 30 anni.
La
rinascita della Russia era quell’elemento che atterriva già in quegli anni
questi ambienti.
Quando
i” neocon”, un’altra derivazione delle “lobby sioniste”, scrivevano nel 1997
che occorreva sfruttare il vuoto di potere creato dalla caduta dell’URSS per
costruire un super impero americano, esprimevano indirettamente il timore che
un domani l’orso russo si sarebbe potuto rimettere in piedi.
La rinascita
della Russia e il contenimento del mondialismo.
Ciò
accadde quel giorno di maggio del 2000 quando il testimone del Cremlino passò
dalle mani di “Eltsin” a quelle di “Putin”.
Lì
iniziò la rinascita.
Iniziò la bonifica di una nazione e del suo apparato
statale profondamente infetto da agenti stranieri della “CIA” come ha ricordato
in passato “Putin” che raccontò come i vari rappresentanti della “intelligence
americana” dirigessero gli uffici russi dalle loro scrivanie sulle quali sopra
c’era la bandierina americana.
Tale
era la condizione della Russia.
Da
potenza a colonia.
E il
viaggio iniziò lì.
24
anni dopo ci si trova di fronte ad una eredità e ad un’altra era, quella di
Vladimir Putin, che ha cambiato il corso della storia.
Il
risultato straordinario delle elezioni di domenica dimostra come un intero
popolo ormai sia stretto al suo leader da più di 20 anni e come non si abbia
alcuna intenzione né da una parte né dall’altra di recidere questa relazione
tra il presidente e la sua gente.
Quando
“Putin” stesso, quasi commosso, ha ringraziato i russi per avergli dato il 90%
dei suffragi affermando che “siamo un’unica squadra” ha ribadito che il rapporto tra lui e
il suo popolo è indissolubile e non può essere sciolto da mani straniere e
nemiche della Russia.
Da
questa parte del mondo Occidentale invece si è assistito al solito esercizio di
ipocrisia quando alcuni quotidiani del mainstream sono arrivati a definire come
una “farsa” le elezioni russe in quanto, a loro dire, non c’erano concorrenti
veri contro Putin.
Si è
indecisi se trasecolare o mettersi a ridere.
Coloro
che pronunciano queste frasi sono gli stessi che da anni in Europa Occidentale propinano
ai popoli europei la farsa, vera, della falsa alternanza tra centrodestra e
centrosinistra con le annesse false opposizioni di turno, quali il M5S prima,
la Lega poi, e da ultimi i vari partitini satelliti di questo sistema, quali
quello di Paragone, Rizzo e gli altri.
Sono
proprio questi personaggi a mettere il naso in caso della Russia e dire a
questa come si fa una elezione “regolare”.
L’Occidente
per anni ha accarezzato il suo fantoccio, ovvero “Navalny”, al quale era stato
assegnato il ruolo di vero oppositore a “Putin”, ma anche quando questi si
presentava nessuno lo votava.
I
russi, molto semplicemente, non sono interessati a seguire il “modello” di
democrazia occidentale e non si comprende perché dovrebbero farlo.
Il
vero volto autoritario della democrazia liberale.
Cosa
c’è da questa parte di così ricco e unico al quale non si può rinunciare a
tutti i costi?
Chi ha vissuto in Europa Occidentale negli ultimi
tempi si è dovuto trovare a fare i conti con la “peggiore dittatura distopica”
che si è mai vista.
Non si
poteva uscire di casa qualche tempo fa senza rischiare di essere aggrediti o
fermati illegalmente dalle autorità soltanto perché i vari dpcm, illegali a
loro volta, di Conte prima e di Draghi poi avevano ristretto arbitrariamente la
libertà personale.
Non ci
si poteva spostare da una parte all’altra dell’Italia senza fare il test del “PCR
“che è stato sviluppato senza nemmeno avere un campione del virus isolato,
ancora oggi assente, e che ha un margine di errore del “97%” come ha confermato
persino una recente sentenza di un tribunale portoghese.
Non si
poteva entrare in chiesa senza rischiare di essere aggrediti e trascinati fuori
dal luogo di culto come nemmeno il peggiore dei criminali viene trattato.
Questa
è l’Europa e l’Occidente, per non parlare del sistema sociale ed economico che
da 30 anni tiene fermi i salari con l’euro, moneta artificiale finanziaria
senza Stato, e l’austerità che ha creato una disoccupazione di massa.
La
tanto decantata, solo dalla “solita intellighenzia” ormai, democrazia liberale
non ha dato nulla ai suoi popoli.
Ha
tolto ai popoli prima il benessere economico consegnando l’Italia e l’Europa
agli oligarchi, spesso stranieri, che oggi hanno in mano le risorse strategiche
del Paese e poi ha tolto loro anche le libertà personali, consegnando gli
italiani e gli europei alla peggiore vita possibile.
Quando
questo accadeva, in Russia la vita scorreva normalmente. Nessuno veniva inseguito per le
strade perché privo di mascherine e nessuno veniva messa al bando perché privo
di vaccino.
Se c’è
qualcuno che deve andare a lezione di diritti naturali, e soprattutto smetterla
di impartire tali lezioni, quella non è di certo la Russia, ma proprio l’Europa
Occidentale.
La
farsa pandemica ha trasmesso una grande lezione, per chi l’ha voluta e saputa
apprendere.
La
democrazia liberale è la vera dittatura di questi tempi.
Questo
disfunzionale sistema concepito nel secolo dei lumi da intellettuali francesi
quali Voltaire e Rousseau, non a caso scelto dal M5S per la sua piattaforma,
entrambi iscritti alla massoneria è stato partorito per proteggere
esclusivamente gli interessi del liberalismo e del capitalismo finanziario che
governa il primo.
La
democrazia liberale altro non è che il trionfo del capitale sullo Stato e non
deve sorprendere che oggi in Europa, soprattutto in Italia, ci sia un generale
rigetto dei vari partiti che periodicamente si presentano alle lezioni.
Nessuno
di questa sfida davvero contro lo status quo.
Nessuno
mette in discussione il potere delle massonerie, dei rotariani, delle case
farmaceutiche, dell’alta finanza e di tutto quel grumo infetto che costituisce
il fulcro della liberal-democrazia.
La
Russia ha riportato in vita gli Stati nazionali.
Questo
spiega perfettamente perché la Russia stia conoscendo un’era di prosperità e di
crescita mentre l’Europa una di declino morale, spirituale ed economico.
La
Russia non disconosce le sue radici cristiane ma le ricorda e le difende.
L’Europa ha preferito prostrarsi invece ai
piedi del “moloch della secolarizzazione e della laicità” e i risultati sono
evidenti sotto gli occhi di tutti.
La
civiltà europea viaggia verso l’abisso perché ha rinnegato sé stessa e i popoli
ormai disconoscono quei sistemi politici che hanno prodotto questa profonda
crisi.
La
Russia ha scelto un’altra via.
Non quella del liberalismo e nemmeno quella
dell’unipolarismo per ciò che riguarda la politica internazionale.
Se nel
mondo Occidentale tutto ciò che non fa gli interessi della finanza e dei vari
poteri che gestiscono l’Occidente è “autoritario”, in Russia invece si ha
rispetto per le culture e gli interessi altrui.
Non si
entra nella casa altrui radendo al suolo qualsiasi cosa e “non si instaura un
presidente fantoccio” che esegue gli ordini di Washington e Londra.
Quello
è il modello unipolare ed è il modello che ha messo a ferro e fuoco il mondo
intero pur di affermare la centralità della “NATO”, degli “Stati Uniti” e più
in generale del “Nuovo Ordine Mondiale”.
La
Russia ha detto no ad un destino dove si può essere soltanto schiavi di questi
apparati.
Ha
concepito il multipolarismo che, a sua volta, ha un padre ancora più antico,
come il presidente Aldo Moro che già negli anni 70 del secolo scorso voleva un
altro destino per l’Italia che non fosse quello di declino e sottomissione
impostole dal famigerato club di Roma.
Questa
è l’era che ha creato con pazienza Putin.
Anno dopo anno, ha costruito l’edificio del
multipolarismo fino a costruire un blocco alternativo alla NATO che oggi
rappresenta la maggioranza dell’economia mondiale.
L’Occidente
voleva accerchiare e isolare la Russia mentre è oggi il primo che si trova ad
essere accerchiato ed isolato.
L’era
inaugurata da Putin ha inevitabilmente cambiato non solo il percorso della
Russia ma anche quello dell’Occidente.
Quando
iniziò la “farsa pandemica, si era giunti ad un punto molto vicino alla nascita
di una “società globale autoritaria”.
Il “Leviatano
del mondialismo” è stato molto vicino a vedere la luce del giorno.
Soltanto l’opposizione della Russia, assistita anche
dall’America di Trump, ha impedito tale baratro.
In
qualche modo, anche gli europei hanno un debito nei confronti di Putin e degli
altri leader come Trump che hanno resistito al totalitarismo mondialista.
Se non
fosse stato per loro, a quest’ora il “Grande Reset di Davos” sarebbe qui tra
noi.
Putin ha detto no al “Nuovo Ordine Mondiale” e
al suo “braccio militarista della NATO”.
Questa
è l’era politica che lui ha inaugurato.
Una
nella quale non sono più i poteri transnazionali a dominare, ma gli Stati
nazionali.
Il XX
secolo aveva ucciso le patrie.
Il XXI
le sta riportando in vita.
E se
questo passaggio storico oggi sta diventando realtà lo si deve
indiscutibilmente a uomini come Vladimir Putin che sin dal primo momento hanno
cercato di difendere l’antico ordine della tradizione che invece il liberalismo
ha cercato in ogni modo di sopprimere.
Il
segmento “PBS” afferma che
Trump
vuole "eliminare"
i gay
dall'America.
Zerohedge.com
- Tyler Durden – (01 APRILE 2024) - Steve Watson tramite Modernity. news – ci
dicono:
In un
ridicolo segmento paranoico su “PBS News Hour” questa settimana, la
corrispondente della rete dalla Casa Bianca” Laura Barron-Lopez” ha affermato
che “Donald Trump£ non sta solo pianificando di annullare i “diritti civili”,
ma anche di “eliminare” le persone “LGBT” dal paese.
“Barron-Lopez”
e il conduttore” William Brigham” hanno fatto queste affermazioni mentre
discutevano della vera critica di “Trump alla chirurgia transgender “e alla
“terapia ormonale praticata sui bambini” e sugli uomini biologici che
gareggiano negli sport femminili.
“Durante
la campagna elettorale, Trump ha parlato di ciò che intende fare se eletto a
novembre, e ciò include la revoca dei diritti di milioni di persone “LGBTQ”.
“Fa
parte di un programma più ampio volto ad annullare molti progressi moderni in
materia di diritti civili per i gruppi minoritari”, ha affermato Brigham.
Ha poi
presentato “Barron-Lopez”, il quale ha affermato che Trump “prevede un’azione
rapida se eletto”, contro le persone “LGBT”.
Ha poi
suggerito che Trump e “circa 100 organizzazioni di destra guidate dalla
“Heritage Foundation” abbiano un piano segreto per spazzare via le persone “LGBTQ
” o qualcosa del genere.
In
cosa consiste il “vile piano”?
Eliminare
il DEI (diversità, equità e inclusione) dai mandati governativi e vietare i finanziamenti
federali per l’insegnamento della teoria critica della razza.
OK,
quelle cose non sono diritti civili.
Semmai sono direttamente contrari ai diritti
civili perché discriminano in base al colore della pelle.
“Barron-Lopez”,
che è anche analista politico della “CNN,” si è poi lamentato del fatto che
Trump “revocherà
le tutele sanitarie per le persone transgender e solleciterà il Congresso a
definire il genere come maschio e femmina, fissati alla nascita”.
Senza
alcuna spiegazione o prova reale, ha inoltre affermato che “questo piano sta
anche cercando di fermare qualsiasi riconoscimento dell’accettazione
dell’identità di genere e delle persone LGBTQ, punto”.
Il
corrispondente ha poi citato il professor “Thomas Zimmer di Georgetown”, “che
studia i regimi autoritari”, sottolineando che “Trump non è stato
necessariamente in grado di istituirlo nel 2017, quando è entrato in carica per
la prima volta, perché non aveva il numero di lealisti che prevedeva.
E
questo sull'avere su tutta la linea.
E con
questi nuovi lealisti, ha detto “Zimmer”, può promuovere un ideale cristiano
evangelico bianco della società americana”.
È
stato poi riprodotto il “VT di Zimmer” in cui ha affermato:
“Si oppone alla democrazia egualitaria perché
fondamentalmente non concorda sul fatto che tutte le persone siano uguali o
meritino di essere trattate come cittadini uguali.
Solo coloro che appartengono al “vero popolo”,
alla vera America, se lo meritano.
E quindi tutti gli altri devono essere epurati
dalla nazione o, per lo meno, accettare il loro posto minore nella società”.
“Barron-Lopez”
ha poi dichiarato:
"Il
professor Zimmer ha aggiunto che quel tipo di epurazione di cui parla affonda
le sue radici nel maccartismo dei primi anni '50, dove essenzialmente cercavano
di spazzare via chiunque nella società americana si discostasse dalle norme
percepite".
Quindi
lo dicono essenzialmente perché credono che ci siano due sessi, ciò significa
che Trump vuole sradicare ed “eliminare” spazzare via” tutte le persone “LGBTQ”.
Che
fetta succosa di “follia di sinistra” era quella.
Perché
la NATO e il regime di Kiev
sono
terrorizzati dal missile
ipersonico
“Zircon” della Russia?
Zeroedge.com
- Tyler Durden – (01 APRILE 2024) - Drago Bosnic - infobrics.org – ci dice:
Anche
prima dell’orrendo attacco terroristico al Crocus City Hall, le capacità di
attacco a lungo raggio dell’esercito russo facevano venire i brividi lungo la
schiena degli aggressori della NATO e dei loro burattini della giunta
neonazista.
Armi come il 3M22 “Zircon”, un missile da
crociera ipersonico con propulsione “scramjet”, sono state messe in servizio
negli ultimi anni e vengono ora trasferite anche su piattaforme terrestri, in
particolare il sistema di difesa costiera “K300P” “Bastion-P”.
Con
una gittata di 1500 km (forse anche di più) e una velocità di Mach 9, lo
"Zircon" è oltre 3 volte più veloce e la sua gittata è almeno doppia
rispetto a quella dei missili supersonici P-800 "Oniks"
originariamente utilizzati dalla suddetta piattaforma, inoltre potenziando le
già senza precedenti capacità di attacco a lungo raggio della Russia (con
orrore sia della giunta neonazista che della NATO, come accennato in
precedenza).
Ciò è
diventato ancora più evidente all’indomani dell’attacco terroristico al
municipio di Crocus , poiché l’esercito russo ora sta dando la caccia agli
organizzatori, sia ai servizi di intelligence del regime di Kiev che ai loro
signori della NATO .
Con
una tale portata (almeno 1500 km o forse anche oltre 2000 km), l'uso di
"Zircon" consente a Mosca di colpire qualsiasi località sul
territorio dell'Ucraina.
Tuttavia,
va notato che il gigante eurasiatico ha sempre avuto questa capacità.
La differenza ora è che può farlo molto più
velocemente e con molto meno tempo di preavviso.
L'uso di sistemi missilistici ipersonici
lanciati dall'aria e da terra come il 9-A-7660 "Kinzhal" e
"Iskander-M" è ancora di grande attualità, come dimostra l'ultima
eliminazione di ufficiali di alto rango della NATO (sebbene la loro morte sarà
sicuramente attribuita ad incidenti sciistici "improvvisi").
Tuttavia,
l'"Iskander-M" può utilizzare un'enorme testata HE da 700 kg che è
meglio utilizzata contro obiettivi in prima linea e maggiori concentrazioni
di truppe nelle retrovie.
Praticamente lo stesso vale per i missili
"Kinzhal" molto più veloci. Inoltre, questi possono talvolta essere
rilevati dalle “risorse ISR” (intelligence, sorveglianza, ricognizione) della
NATO , in particolare quelle aviotrasportate e spaziali, dando agli ufficiali
della giunta neonazista e ai loro "consiglieri" stranieri appena il
tempo sufficiente per scappare (anche se non molto, e certamente non sempre).
Il
lancio di un "Iskander" può essere rilevato dai sistemi di allerta
precoce, mentre l'ISR può captare lo schieramento del MiG-31K/I. Queste
informazioni possono essere trasmesse al regime di Kiev o a qualsiasi personale
della NATO sul terreno.
D'altra parte, rilevare uno "Zircon"
alimentato da “scramje”t può essere molto più problematico.
Poi
entrano in gioco i numeri:
– Kiev: 3 minuti e 30 secondi;
– Leopoli: 5 minuti e 20 secondi;
– Dnepropetrovsk: 2 minuti e 30 secondi;
– Vinnitsa: 3 minuti e 40 secondi;
– Kharkov: meno di 4 minuti;
– Odessa: meno di 1 minuto.
Immagina
di essere un ufficiale della “SBU”, del “GUR” (l'intelligence militare della
giunta neonazista) o di alcune delle forze di occupazione della NATO.
Sei di
stanza in un edificio e vivi nell'illusione di essere al sicuro quando l'”SVR”
o il “GRU” russo vengono a conoscenza della tua posizione e trasmettono queste
informazioni alle unità in Crimea che poi sparano uno "Zircon" contro
quell'edificio.
Questo
è quanto tempo avresti prima dell'impatto.
Tuttavia,
consideriamo lo scenario migliore e immaginiamo che le risorse” NATO ISR
“rilevino il missile immediatamente dopo il lancio (il che è estremamente
improbabile).
Questo
è il tempo che avrai per evacuare.
È possibile scappare in tempo?
Certamente,
ma ciò non significa che sia molto probabile.
Al
contrario, il panico derivante da un avvertimento renderebbe sicuramente
l’evacuazione molto più difficile.
Lo
stesso vale per i lanci missilistici “Kinzhal” e “Iskander”.
Tuttavia,
il motivo principale per cui lo “Zircon” è molto più pericoloso per bersagli di
alto valore (HVT) nelle retrovie è perché ha una testata molto più piccola
(circa 300 kg), il che significa che è più probabile che l’esercito russo
utilizzi in attacchi a lungo raggio.
Lanciare un "Iskander" o un
"Kinzhal" potrebbe causare danni inaccettabili alle infrastrutture
puramente civili nelle aree circostanti, sia a causa delle loro testate più
grandi e distruttive, in particolare nel caso del "Kinzhal", sia per
la velocità che gli conferisce anche un'enorme energia cinetica.
Ecco perché è molto più probabile che questi
sistemi missilistici più distruttivi vengano utilizzati contro obiettivi
puramente militari come grandi concentrazioni di truppe e importanti
equipaggiamenti ostili, in particolare i “sistemi SAM” (missili terra-aria) e “MLRS”
(sistemi di razzi a lancio multiplo) noti per utilizzare “PGM” (munizioni a
guida di precisione), ecc.
D’altro
canto, proprio grazie allo spiegamento su larga scala dei missili “Zircon”, la
Russia ha più possibilità di colpire i centri decisionali in Ucraina.
Ciò
spiega il panico nella “NATO” e nel “Pentagono”, che ora si trovano di fronte
al dilemma su come garantire la sicurezza delle loro forze di occupazione in
Ucraina.
Suggerisco
a tutti di prestare attenzione alle notizie sulle "morti improvvise"
di ufficiali della NATO in vari "strani incidenti" nei prossimi
giorni e settimane.
Presto potremmo venire a conoscenza di
maggiori, colonnelli e persino generali americani, polacchi o di altri paesi
della NATO che muoiono "misteriosamente" e
"inspiegabilmente" mentre sciano sulle Alpi, cadono da elicotteri, si
strozzano con i croissant mentre fanno colazione o soffocano quando hanno la
gola gonfia caffè caldo, ecc.
Tuttavia,
il regime di Kiev insiste che non c'è nulla di cui preoccuparsi, poiché può
"abbattere qualsiasi cosa".
Secondo
le loro ultime affermazioni avrebbero cioè "abbattuto almeno due missili
'Zircon' " .
Come
previsto, la giunta neonazista insiste di aver raggiunto questo obiettivo con
"sistemi di difesa missilistica di fabbricazione statunitense su Kiev, il
25 marzo".
Presumo
che possiamo procedere ora che hai finito di ridere e riprendere fiato.
Il
rapporto non ha mai nominato alcun sistema in modo specifico, ma si può
presumere che le affermazioni future attribuiranno la presunta
"uccisione" all'atrocemente sopravvalutato SAM "Patriot"
che ha fallito ovunque negli ultimi 30 e più anni, anche contro missili
balistici piuttosto primitivi; ma ha "improvvisamente tanto successo"
contro gli ultimi ipersonici.
Inoltre,
è piuttosto interessante il modo in cui riescono ad “ottenere” questo
risultato, ma sono stati assolutamente impotenti contro oltre 300 missili P-800
“Oniks”.
Non ne
è stato abbattuto uno solo, nonostante fosse 3-4 volte più lento e meno
manovrabile dello “Zircon”.
Perché
è un disastro la legge
che
vieta la carne coltivata.
Lastampa.it-
Redazione – (20 dicembre 2023) – ci dice:
Lettera
aperta di un gruppo di 30 scienziati italiani: “Una proibizione che danneggia
la ricerca. Ora non resta che appellarsi alla “Commissione europea”.
Pubblichiamo
una lettera aperta di 30 scienziati italiani sul tema della carne coltivata e
della legge che la proibisce in Italia.
(…)
Abbiamo
appreso con interesse la notizia che la legge che vieta la produzione e la
vendita della carne coltivata in Italia, promulgata dal Presidente della
Repubblica lo scorso 1° dicembre, sia stata trasmessa dal governo al Quirinale
dopo esser stata notificata alla Commissione europea, poiché potenzialmente a
rischio di contrastare con i trattati fondamentali che regolano il mercato
unico europeo.
Significativo,
in particolare, l’impegno assunto dal governo a “conformarsi a eventuali
osservazioni che dovessero essere formulate dalla Commissione nell'ambito della
procedura di notifica”.
Durante
tutto l'iter del disegno di legge, quando c'era ancora tempo per modificarlo,
molte voci si sono levate dalla società civile e dalla comunità scientifica
italiana per avvertire del rischio che la legge contrastasse con i trattati Ue
e potesse portare addirittura ad aprire una procedura di infrazione verso
l'Italia, ma la maggioranza di governo non ha voluto ascoltarle e ha rifiutato
ogni considerazione sull'opportunità di inserire nel testo un riferimento
all'eventuale revisione della legge nel momento in cui i prodotti vietati
fossero stati approvati in Europa.
La
comunità scientifica italiana ha anche cercato di avvertire i promotori del
“ddl” della pericolosità di impedire sul nascere ogni applicazione pratica di
un filone di ricerca molto promettente e competitivo, ricordando che “studiare
è meglio che vietare”, ma si è trovata sbarrata ogni porta, poiché i decisori
politici hanno preferito risvegliare nella popolazione irrazionali timori
faustiani per pericoli inesistenti e proporsi come gli unici in grado di
dissiparli.
Il
danno alla reputazione scientifica del Paese, che con simili iniziative si
dichiara ostile all'innovazione, una volta di più, è sotto gli occhi di tutti.
Sarà
ora importante che società scientifiche, imprenditori e imprenditrici
innovativi e singoli studiosi riportino alla Commissione europea i rilievi già
espressi tramite l'invio di memorie alle commissioni del Parlamento italiano e
rimasti inascoltati, inviando i propri contributi tramite il sito web apposito
(…).
Più
volte, in passato, il Presidente della Repubblica ha ricordato l'importanza di
incoraggiare e sostenere la ricerca scientifica.
Lo
scorso 18 novembre, in occasione della celebrazione per il centenario del CNR,
il Presidente Mattarella ha citato un verso del grande poeta austriaco Rilke:
“Il
futuro entra in noi”, sottolineando poi “il futuro arriva tra di noi, entra in
noi attraverso la Ricerca”.
È
proprio questo, a nostro avviso, lo spirito che dovrebbe guidare non solo la
ricerca scientifica, ma anche il processo della decisione politica, per una
società della conoscenza che guardi al futuro con fiducia.
Lettera
firmata:
1.
Antonio Musarò, Sapienza Università di Roma
2.
Chiara Tonelli, Università degli Studi di Milano, Presidente FISV
3.
Guido Poli, Presidente Patto Trasversale per la Scienza (PTS)
Ed
altri…
UN
GENOCIDIO PREANNUNCIATO.
Comedonchisciotte.org
- Chris Hedges - substack.com – (1 aprile2024) -ci dice:
Il
genocidio a Gaza è la fase finale di un processo iniziato da Israele decenni
fa.
Chiunque non l'abbia previsto è perché ha
voluto rimanere cieco di fronte al carattere e agli obiettivi finali dello
Stato di apartheid.
A Gaza
non ci sono sorprese.
Ogni
atto orribile del genocidio israeliano era già stato anticipato.
Lo è stato per decenni.
L’espropriazione
dei palestinesi della loro terra è il cuore pulsante del progetto coloniale dei
coloni di Israele.
Questo
esproprio aveva avuto momenti storici drammatici – nel 1948 e nel 1967 – quando
vaste parti della Palestina storica erano state confiscate e centinaia di
migliaia di palestinesi erano stati ripuliti etnicamente.
L’espropriazione
è avvenuta anche in modo graduale: il furto di territori al rallentatore e la
costante pulizia etnica in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.
L’incursione
del 7 ottobre in Israele da parte di” Hamas” e di altri gruppi di resistenza,
che ha causato la morte di 1.154 israeliani, turisti e lavoratori migranti e ha
visto circa 240 persone prese in ostaggio, ha dato a Israele il pretesto per
ciò che desidera da tempo:
la cancellazione totale dei palestinesi.
Israele
ha distrutto il 77% delle strutture sanitarie di Gaza, il 68% delle
infrastrutture di telecomunicazione, quasi tutti gli edifici municipali e
governativi, i centri commerciali, industriali e agricoli, quasi la metà di
tutte le strade, oltre il 60% delle 439.000 case di Gaza, il 68% degli edifici
residenziali – il bombardamento della torre Al-Taj a Gaza City, il 25 ottobre,
ha ucciso 101 persone, tra cui 44 bambini e 37 donne, e ferito centinaia di
persone – e ha distrutto i campi profughi.
L’attacco
al campo profughi di Jabalia, il 25 ottobre, ha ucciso almeno 126 civili, tra
cui 69 bambini, e ne ha feriti 280.
Israele
ha danneggiato o distrutto le università di Gaza, tutte chiuse, e il 60% delle
altre strutture educative, tra cui 13 biblioteche.
Ha
inoltre distrutto almeno 195 siti del patrimonio culturale, tra cui 208
moschee, chiese e l‘Archivio centrale di Gaza, che custodiva 150 anni di
registrazioni e documenti storici.
I
cacciabombardieri, i missili, i droni, i carri armati, i pezzi di artiglieria e
i cannoni navali di Israele polverizzano quotidianamente Gaza – che è lunga
solo 20 miglia e larga cinque – in una campagna di terra bruciata che non si
vedeva dai tempi della guerra in Vietnam.
Israele
ha sganciato su Gaza 25.000 tonnellate di esplosivi – equivalenti a due bombe
nucleari – e molti obiettivi sono stati selezionati dall’intelligenza
artificiale.
Sgancia
munizioni non guidate (“bombe inerti”) e bombe “bunker buster” da 2.000 libbre
sui campi profughi e sui centri urbani densamente popolati, nonché sulle
cosiddette “zone sicure” – il 42% dei palestinesi uccisi si trovava in queste
“zone sicure”, dove Israele aveva ordinato loro di fuggire.
Oltre
1,7 milioni di palestinesi sono stati sfollati dalle loro case, costretti a
trovare rifugio in rifugi sovraffollati dell’”UNRWA,” nei corridoi e nei
cortili degli ospedali, nelle scuole, nelle tende o all’aperto nel sud di Gaza,
spesso accanto a fetide pozze di liquami.
Israele
a Gaza ha ucciso almeno 32.705 palestinesi, tra cui 13.000 bambini e 9.000
donne.
Ciò
significa che Israele sta massacrando 187 persone al giorno, tra cui 75
bambini.
Ha ucciso 136 giornalisti, molti dei quali, se
non la maggior parte, presi deliberatamente di mira.
Ha
ucciso 340 medici, infermieri e altri operatori sanitari – il quattro per cento
del personale sanitario di Gaza.
Questi
numeri non riflettono il reale bilancio delle vittime, poiché vengono contati
solo i morti registrati negli obitori e negli ospedali, la maggior parte dei
quali non funziona più.
Il
bilancio delle vittime, se si contano anche i dispersi, supera di gran lunga le
40.000 unità.
I
medici sono costretti ad amputare arti senza anestesia.
Persone
con gravi patologie – cancro, diabete, malattie cardiache, malattie renali –
sono morte per mancanza di cure o moriranno presto. Più di cento donne
partoriscono ogni giorno, con poca o nessuna assistenza medica.
Gli aborti spontanei sono aumentati del 300%.
Oltre
il 90% dei palestinesi di Gaza soffre di una grave insicurezza alimentare, e ci
sono persone che mangiano cibo per animali ed erba.
I bambini muoiono di fame.
Scrittori,
accademici, scienziati e i loro familiari palestinesi sono stati rintracciati e
assassinati.
Oltre
75.000 palestinesi sono stati feriti e molti di loro rimarranno invalidi a
vita.
“Il
70% delle morti registrate sono di donne e bambini“, scrive “Francesca
Albanese”, relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori
palestinesi occupati dal 1967, nel suo rapporto pubblicato il 25 marzo.
“Israele non è riuscito a dimostrare che il
restante 30%, cioè i maschi adulti, fossero combattenti attivi di “Hamas” – una
condizione necessaria affinché potessero essere legittimamente presi di mira.
All’inizio di dicembre, i consiglieri di
sicurezza israeliani avevano dichiarato di aver ucciso ‘7.000 terroristi” in
una fase della campagna in cui meno di 5.000 maschi adulti in totale erano
stati ‘identificati tra le vittime, dando così per scontato che tutti i maschi
adulti uccisi fossero ‘terroristi’“.
Israele
usa dei trucchi linguistici per negare a chiunque a Gaza lo status di civile e
a qualsiasi edificio – comprese moschee, ospedali e scuole – lo status di area
protetta.
I
palestinesi vengono tutti etichettati come responsabili dell’attacco del 7
ottobre o come scudi umani di “Hamas”.
Tutte
le strutture sono considerate obiettivi legittimi da Israele in quanto presunti
centri di comando di “Hamas” o perché ospiterebbero combattenti di “Hamas”.
Queste
accuse, scrive la “Albanese”, sono il “pretesto” usato per giustificare
“l’uccisione di civili sotto un manto di presunta legalità, la cui
omnicomprensiva pervasività ammette solo un intento genocida“.
Non
avevamo visto un assalto ai palestinesi di questa portata, ma tutte queste
misure – l’uccisione di civili, l’esproprio di terre, la detenzione arbitraria,
la tortura, le sparizioni, la chiusura di città e villaggi palestinesi, la
demolizione di case, la revoca dei permessi di soggiorno, la deportazione, la
distruzione delle infrastrutture che mantengono la società civile,
l’occupazione militare, il linguaggio disumanizzante, il furto di risorse
naturali, in particolare delle falde acquifere – caratterizzano da tempo la
campagna israeliana intesa a sradicare i palestinesi.
L’occupazione
e il genocidio non sarebbero possibili senza gli Stati Uniti, che forniscono a
Israele 3,8 miliardi di dollari di assistenza militare annuale e che ora stanno
inviando a Israele altri 2,5 miliardi di dollari in bombe, tra cui 1.800 bombe
MK84 da 2.000 libbre, 500 bombe MK82 da 500 libbre e jet da combattimento.
Anche questo è il nostro genocidio.
Il
genocidio a Gaza è il culmine di un processo.
Non è un atto isolato.
Il
genocidio è il prevedibile epilogo del progetto coloniale dei coloni di
Israele.
È codificato nel DNA dello Stato di apartheid
israeliano.
È il
punto in cui Israele doveva arrivare.
I
leader sionisti ammettono apertamente i loro obiettivi.
Il
ministro della Difesa israeliano “Yoav Gallant”, dopo il 7 ottobre, aveva
annunciato che Gaza non avrebbe ricevuto “né elettricità, né cibo, né acqua, né
carburante”.
Il
ministro degli Esteri israeliano “Israel Katz” aveva dichiarato:
“Aiuti
umanitari a Gaza?
Nessun
interruttore elettrico sarà acceso, nessun idrante sarà aperto”.
“Avi
Dichter”, ministro dell’Agricoltura, aveva definito l’assalto militare di
Israele come “la Nakba di Gaza”, facendo riferimento alla Nakba, o
“catastrofe”, che tra il 1947 e il 1949 aveva cacciato 750.000 palestinesi
dalla loro terra e ne aveva visti migliaia massacrati dalle milizie sioniste.
Il
membro del “Likud” della “Knesset israeliana” “Revital Gottlieb “aveva postato
sul suo account di social media: “
Abbattete
gli edifici! Bombardate senza distinzione!!!…Spianate Gaza. Senza pietà! Questa
volta non c’è spazio per la pietà!”.
Per
non essere da meno, il ministro del Patrimonio “Amichai Eliyahu” aveva
sostenuto l’uso di armi nucleari su Gaza come “una delle possibilità”.
Il
messaggio della leadership israeliana è inequivocabile.
Annientare
i palestinesi come noi abbiamo annientato i nativi americani, come gli
australiani hanno annientato i popoli delle Prime Nazioni, come i tedeschi
hanno annientato gli “Herero” in Namibia, come i turchi hanno annientato gli”
armeni” e i “nazisti” hanno annientato gli ebrei.
Le
specificità sono diverse. Il processo è lo stesso.
Non
possiamo invocare l’ignoranza. Sappiamo cos’era successo ai palestinesi.
Sappiamo
cosa sta accadendo ai palestinesi. Sappiamo cosa accadrà ai palestinesi.
Ma è
più facile fingere.
Fingere che Israele permetta l’ingresso di
aiuti umanitari.
Fingere
che ci sarà un cessate il fuoco.
Fingere
che i palestinesi torneranno alle loro case distrutte a Gaza. Fingere che Gaza
sarà ricostruita.
Fingere
che l’Autorità Palestinese amministrerà Gaza.
Fingere
che ci sarà una soluzione a due Stati.
Fingere
che non ci sia un genocidio.
Il
genocidio, che gli Stati Uniti finanziano e sostengono con spedizioni di armi,
dice qualcosa non solo su Israele, ma anche su di noi, sulla civiltà
occidentale, su chi siamo come popolo, da dove veniamo e cosa ci definisce.
Dice
che tutta la nostra millantata moralità e il rispetto per i diritti umani sono
una menzogna.
Dice
che le persone di colore, soprattutto quando sono povere e vulnerabili, non
contano.
Dice che le loro speranze, i loro sogni, la
loro dignità e le loro aspirazioni di libertà non hanno valore.
Dice
che arriveremo al dominio globale attraverso la violenza razziale.
Questa
bugia – che la civiltà occidentale è fondata su “valori” come il rispetto dei
diritti umani e lo stato di diritto – è una menzogna che i palestinesi e tutti
coloro che vivono nel Sud globale, così come i nativi americani e gli americani
di colore, conoscono da secoli.
Ma con
il genocidio di Gaza in diretta streaming, questa menzogna è impossibile da
sostenere.
Non
fermiamo il genocidio di Israele perché siamo Israele, infettati dalla
supremazia bianca e inebriati dal dominio della ricchezza del mondo e dal
potere di annientare gli altri con le nostre armi industriali.
Ricordate l’editorialista del “New York Times” “Thomas
Friedman” che, alla vigilia della guerra in Iraq, aveva detto a “Charlie Rose”
che i soldati americani avrebbero dovuto andare casa per casa da “Bassora” a “Baghdad”
e dire agli iracheni “succhiamelo”?
Questo
è il vero credo dell’impero statunitense.
Il
mondo al di fuori delle fortezze industrializzate del Nord globale è
perfettamente consapevole che il destino dei palestinesi è il loro stesso
destino.
Quando
il cambiamento climatico mette a rischio la sopravvivenza, quando le risorse
scarseggiano, quando la migrazione diventa un imperativo per milioni di
persone, quando i raccolti agricoli diminuiscono, quando le aree costiere
vengono inondate, quando la siccità e gli incendi selvaggi proliferano, quando
gli Stati falliscono, quando i movimenti di resistenza armata sorgono per
combattere i loro oppressori insieme ai loro proxy, il genocidio non sarà
un’anomalia.
Sarà la norma.
I vulnerabili e i poveri della terra, quelli che “Frantz
Fanon” chiamava “i miserabili della Terra”, saranno i prossimi palestinesi.
(Chris
Hedges)
(chrishedges.substack.com)
Israele: in violazione della legge di Dio,
della giustizia naturale, delle leggi
di
guerra e di tutto il diritto
umanitario internazionale consuetudinario.
Unz.com
- ILANA MERCER – (31 MARZO 2024) – ci
dice:
Oltre
all'omicidio di massa su scala industriale di singole persone, Israele è
impegnato nello sradicamento degli abitanti di Gaza come popolo.
(~ilana).
Indiscutibilmente,
condannare la campagna israeliana su scala industriale di massacro e fama a
Gaza dovrebbe essere eticamente semplice.
Di
base davvero.
Che
Israele sta commettendo "il crimine di tutti i crimini" contro i
palestinesi di Gaza non rientra nel regno delle opinioni.
Che il
“Nord del mondo” sia fermo di fronte a questo olocausto meticolosamente
documentato non è in discussione.
Che
gli Stati Uniti partecipino attivamente ai crimini di guerra, finanziando e
armando Israele in violazione del diritto internazionale umanitario, una
pletora di leggi statunitensi (avendo, senza condizioni, consegnato più di 100
spedizioni di armi a Israele dal 7 ottobre) e la giustizia naturale, articolata
da Cicerone già nel 106-43 dC:
questi
sono tutti fatti.
Che
l'America ha fornito allo Stato ebraico una copertura diplomatica –
interferendo per esso, in modo che possa continuare per i suoi scopi malvagi –
fino a poco tempo fa, ponendo il veto a tre (anche se simbolici) tentativi
internazionali di fermare Israele: anche questo è immutabilmente vero.
Giusto
e sbagliato sono universali, non relativi.
Il sesto comandamento non è un'opinione, ma
una specie della legge naturale inviolabile.
Non è
facoltativo.
"Non
uccidere" è chiamato un comandamento per un motivo.
Non ci sono clausole di privilegio tribale ad
esso collegate.
Come i
gentili, gli ebrei sono ingiunti contro l'omicidio, per non parlare
dell'omicidio di massa.
Eppure
gli israeliani ora si fanno beffe del Sesto Comandamento con orribile audacia.
Sembrano
credere che la loro supremazia settaria trascenda l'ordine morale universale a
cui si esprimono il diritto internazionale, la legge naturale e il Decalogo.
Con le
sue azioni, così "evidenti e oltraggiose", Israele ha "sconvolto
il cosmo" (una bella frase della scrittrice “Kathryn Harrison”).
Tale è
la turpitudine morale della folla di Israel Über Alles– ebrei e gentili, negli
Stati Uniti e all'estero – che sembrano incapaci di distinguere l'evidenza
dall'asserzione, e i fatti dalla finzione buonista. Non sanno distinguere ciò che
è giusto da ciò che è sbagliato.
Per
necessità, quindi, qualsiasi prefazione a un saggio sull'annientamento
manifestamente intenzionale della Striscia di Gaza da parte di Israele deve
trasformarsi in un manuale di etica.
Chiaramente,
se la società israeliana è malata; lo stesso vale per i suoi sostenitori e
sostenitori cobelligeranti.
L'INGANNO
DEL CESSATE IL FUOCO AMERICANO.
L'America
ha condizionato l'inalienabile diritto alla vita dei palestinesi alla
restituzione degli ostaggi israeliani, annullando di fatto tale diritto. (~ilana)
Per aver
sollevato nuvole di seppia offuscante sul suo voto di astensione sulla
risoluzione del cessate il fuoco del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite, il 25 marzo, l'amministrazione Biden e il suo rappresentante all'ONU
devono essere smascherati.
Considerando
che era moralmente obbligato a costringere Israele a cessare e desistere
immediatamente dal suo attacco sistematico e prolungato contro i civili di
Gaza;
gli
Stati Uniti avevano scelto, fino al 25 marzo, di condizionare semplicemente la
cessazione temporanea degli omicidi di massa immorali e illegali di palestinesi
innocenti al rilascio degli ostaggi israeliani, vincolando di fatto un
"cessate il fuoco" al ritorno degli ostaggi israeliani.
Contro
la volontà dei cittadini del nostro Paese e del mondo, l'America ha esercitato
il suo potere di veto, ripetutamente e in modo affidabile, nelle precedenti
votazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in modo da impedire
un cessate il fuoco immediato e incondizionato a Gaza.
Così
facendo, l'America aveva condizionato il diritto inalienabile alla vita dei
palestinesi al ritorno degli ostaggi israeliani, annullando di fatto quel
diritto inalienabile.
Riconoscendo
che il diritto alla vita di uomini, donne e bambini innocenti è incondizionato.
Gli
stati membri del Consiglio di Sicurezza, a parte gli Stati Uniti e il suo
protetto Israele, si erano rifiutati di legare il destino di Gaza ai negoziati
sugli ostaggi.
Con
logica trasparente, “Amar Bendjama”, ambasciatore dell'Algeria presso le
Nazioni Unite e attuale membro del Consiglio di Sicurezza del blocco arabo,
aveva dichiarato, il 20 febbraio 2024, che
"Un voto a favore [di un cessate il
fuoco incondizionato] è un sostegno al diritto dei palestinesi alla vita."
Con i
precedenti veti e l'attuale astensione, gli Stati Uniti avevano annullato il
diritto dei palestinesi alla vita indipendentemente dal diritto degli ostaggi
israeliani alla stessa vita.
Si può
dire che i civili innocenti di Gaza sono tenuti in ostaggio dai sostenitori
israeliani “Blinken”, “Biden” e dall'ambasciatrice “Linda Thomas-Greenfield”.
La
maggior parte delle persone in tutto il mondo, tuttavia, non ha nulla di tutto
questo.
Abbiamo
cantato "cessate il fuoco" con tempestività catechetica. L'insieme "intelligente"
dell'Occidente sta tardivamente ricevendo il messaggio che i loro elettori,
cittadini onesti, sono disgustati dalle azioni di Israele e sono in rivolta
contro il suo sostegno.
In
risposta, e in modo davvero cinico, tutto ciò che l'ambasciatore “Thomas-Greenfield”
ha fatto il 25 marzo è stato astenersi dall'usare il potere di veto americano
per impedire ai bravi ragazzi – Cina, Russia, Algeria e il resto dei 15 membri
del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – di chiedere un cessate il
fuoco immediato e incondizionato a Gaza.
È tutto.
Aspettatevi
che l'amministrazione” Biden” e i suoi sostenitori bipartisan continuino a
blandire gentilmente brevi pause – pause condizionali – nel bagno di sangue
dell' “IDF” nei confronti di una popolazione civile indifesa e messa
all'angolo.
Coprendo
la sua miseria con la santità;
gli
Stati Uniti non avevano posto il veto all'ultima risoluzione del cessate il
fuoco;
ma
aveva comunque lavorato per annacquarlo.
Nel loro voto di astensione, gli Stati Uniti
hanno " bloccato l'azione dell'Assemblea Generale ai sensi della
risoluzione “Uniting for Peace”, dove si sarebbe potuto vedere qualche azione
reale e significativa ".
Per la
bussola morale criptata;
è difficile battere l'ex ambasciatrice alle
Nazioni Unite “Nikki Haley”.
In
questo prolungato miraggio di politica estera, Blinken, Biden,
Thomas-Greenfield e il loro gruppo politico fanno di Nikki Haley, una
repubblicana, orgogliosa del fatto che la nomina di Trump alle Nazioni Unite
non avrebbe fatto nulla di diverso.
CESSARE
E DESISTERE! DOV'È LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE?
Un
delinquente violento, un serial killer, deve essere fermato; non avvisato e
osservato!
(
~Ilana).
I
soldati dell' “IDF” vaporizzano giovani uomini che si fanno strada tra le
macerie come in un videogioco;
deridono
le loro vittime, invadono le loro case;
rubacchiare
dalle loro attività e frugare tra i pietosi effetti intimi delle persone morte
e prive di tutto.
(~ilana).
Nel
mondo del clientelismo le cose non vanno molto peggio.
Gli Stati Uniti sono al fianco di Israele:
sono
un paese cobelligerante: nel sostenere attivamente le forze armate israeliane e
nel gestire l'interferenza diplomatica per i suoi politici;
L'America
sta agendo come " sponsor principale " di Israele, complice nei
crimini di guerra, segnalando allo Stato ebraico che gli permetterà di
continuare il suo malvagio gioco finale.
Come
ho azzardato a gennaio, l'emissione dell'equivalente di un cessate-e-desistenza
legale o di un ordine restrittivo contro un criminale violento, Israele, è
urgente e attesa da tempo.
È già troppo tardi perché Gaza diventi un
territorio abitabile.
Mentre
i progressisti lodavano la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), la mia
prospettiva sull'indecisione della Corte, alcuni mesi fa, era più debole.
(Disgusto,
in realtà.)
Sfocato
com'ero sulle definizioni legalistiche di genocidio;
Era
ovvio per me che ciò che era senza dubbio un omicidio di massa e una pulizia
etnica – crimini che sono in corso e in corso – doveva essere fermato
immediatamente.
Un
delinquente violento, un serial killer, deve essere fermato; non avvertito e
osservato!
Se la
Corte internazionale di giustizia fosse stata un'organizzazione efficace e
giusta, avrebbe emesso una sorta di ordine vincolante di cessazione e
desistenza, una sorta di ordine restrittivo, se vuoi, dando istruzioni alle
forze di difesa israeliane, gli emissari del diavolo sulla terra, di fermare le
sue depredazioni.
Un
altro tribunale internazionale, la Corte penale internazionale (CPI), aveva
"emesso, nel marzo del 2023, mandati di arresto, nientemeno che" per
due individui nel contesto della situazione in Ucraina", uno dei quali era
“Vladimir Vladimirovich Putin” , presidente della Federazione Russa, ricercato
per crimini di guerra.
Per
quanto riguarda Israele, l'inetta Corte Internazionale di Giustizia appare
compromessa.
Perché
in una società giusta, le restrizioni morali che si applicano all'individuo
devono estendersi anche alla collettività.
Gli
atti immorali vietati individualmente non possono essere sanzionati
collettivamente.
Se il
cittadino non deve uccidere; e nemmeno lo Stato, qualsiasi Stato.
IL
CESSATE IL FUOCO DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU È VINCOLANTE.
Una
risoluzione del Consiglio di Sicurezza non disattesa dagli Stati Uniti avrebbe
potuto includere una richiesta di sanzioni diplomatiche, militari, politiche ed
economiche, il congelamento dei beni israeliani, il dispiegamento di una forza
di protezione e l'istituzione di un tribunale per futuri procedimenti
giudiziari.
(~ilana)
Nella
loro indiscussa superiorità, gli Stati Uniti hanno affermato, inoltre, che la
risoluzione dell'ONU sul cessate il fuoco è "non vincolante".
"Completamente
falso", si sfoga l'esperto di diritto internazionale “Graig Mokhiber”,in
un'intervista, il 26 marzo, con “Amy Goodman” di "Democracy Now!" Eparafraso il signor Mokhiber.
La
Carta delle Nazioni Unite prevede che tutti i membri delle Nazioni Unite
debbano tenere ad accettare e ad attuare le decisioni del Consiglio di
Sicurezza.
La
Carta, all'articolo 25, e nelle successive decisioni della Corte Internazionale
di Giustizia, ha reso indiscutibile che le risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza sono vincolanti per tutti gli Stati membri.
Non
solo l'ultima risoluzione sul cessate il fuoco è vincolante, ma offre
l'opportunità, dato che Israele la sta violando, di presentare una risoluzione
per l'attuazione ai sensi del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, che
"autorizza il Consiglio di Sicurezza a orchestrare... azioni... attraverso
un comitato di stato maggiore militare".
Una
risoluzione del Consiglio di Sicurezza non disattesa dagli Stati Uniti potrebbe
includere un appello all'azione corporale:
sanzioni
diplomatiche, militari, politiche ed economiche, il congelamento dei beni
israeliani, il dispiegamento di una forza di protezione e l'istituzione di un
tribunale per futuri procedimenti giudiziari.
Se
lasciati agli europei e agli americani senza timone – non hanno fatto nulla per
fermare quello che” Ron Unz” ha definito il primo omicidio di massa televisiva
della storia – è per un tribunale celeste che aspetteremo.
Le
cicatrici si uniranno, ma i morti non resusciteranno e le giovani membra vivaci
non ricresceranno.
Ogni
giorno più di dieci bambini perdono le gambe a causa dell'IDF. Dedicate un
pensiero alla sorte di questi bambini zoppicanti per tutta la vita, perché gli
Stati Uniti e i leader mondiali non lo hanno fatto.
Ancora
una volta, questi furfanti e maledetti giudiziari e politici (con le scuse alla
comunità canina) avrebbero potuto tagliare la fornitura di munizioni ai
colpevoli.
(Alcuni
lo hanno fatto. Dio benedica il Canada per aver imposto un embargo
sull'esportazione di kayak e sciroppo d'acero verso Israele.)
Senza
americani (tu ed io, i contribuenti);
Israele non durerebbe un giorno nella sua
coraggiosa battaglia contro le madri ed i loro bambini.
Potremmo
ostacolare l'offensiva di Israele imponendo sanzioni e boicottaggi, congelando
i beni israeliani in tutto il mondo, come è stato fatto con i russi.
Si
sarebbero potuti emettere mandati di arresto, come ha fatto la Corte penale
internazionale per i russi.
In
sostanza, smettere di uccidere e mutilare i palestinesi, senza condizioni.
ANNIENTAMENTO,
NON GUERRA.
La
guerra di Israele non è una guerra secondo alcuna definizione conosciuta
(~ilana)
In
guerra si invoca il cessate il fuoco. Questa non è una guerra.
Il
cessate il fuoco è definito come "un accordo, solitamente tra due
eserciti, per fermare i combattimenti al fine di consentire discussioni sulla
pace".
L'assalto
di Israele a Gaza non è una guerra in nessuna definizione.
Non si tratta di due eserciti schierati uno
contro l'altro.
Questa
non è una guerra tra forze guerriere opposte.
Non
c'è parità qui.
Perché
Gaza 2023/2024 non è una guerra?
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Se il
veterano di combattimento “Alan Shebaro”, delle forze speciali statunitensi,
non riesce a convincervi con la sua esperienza, seguirò i fatti, il diritto e
la ragione.
Ascolta
“Shebaro” raccontarlo a un consiglio comunale del Texas a “McKinney”:
"Conosco
la guerra. Ciò che sta accadendo in Palestina in questo momento non è una
guerra.
È la disumanizzazione, è il genocidio, è la
pulizia etnica di un popolo specifico per impossessarsi della propria terra.
Questo
è sbagliato... ho visto cose orribili, ma questo [Gaza] porta la situazione a
un livello completamente nuovo".
Qualche
militare decente ingoia la menzogna che, nel suo annientamento orgiastico di
Gaza, Israele sta combattendo un altro esercito leale e leale?
Un
altro termine improprio è l'espressione "operazione militare".
Si fa beffe di qualsiasi convenzione
linguistica che attribuisca le parole alle cose che significano.
Il
valore è stato quindi perso, non rubato, quando, il 24 ottobre 2023, il
colonnello “Jack Jacobs”, un veterano dell'esercito americano in pensione – e
un uomo che si è espresso valorosamente contro l'invasione dell'Iraq ( idem ) –
ha parlato dell'"espansione delle operazioni di terra di Israele".
Un
tempo voce di principio, il colonnello “Jacob”s ha perso rispettabilità,
proprio lì, perché non esiste alcuna operazione militare che un militare onesto
possa portare avanti a Gaza, dove facilmente l'80% delle vittime sono civili
innocenti.
Di
quest'ultimo fatto è interessato anche il “segretario alla Difesa statunitense
Lloyd Austin”.
In una
dichiarazione rapidamente ritrattata, il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha
dichiarato al Congresso, il 19 febbraio,
"che più di 25.000 donne e bambini sono stati
uccisi da Israele a Gaza dal 7 ottobre".
Il
Pentagono ha successivamente "chiarito" quella stima, insistendo sul
fatto che, poiché la cifra proveniva dal ministero della sanità di Gaza gestito
da Hamas, non dall'intelligence statunitense; era inaffidabile. Durante l'udienza
del Congresso di febbraio, ad Austin era stato chiesto quante donne e bambini
palestinesi fossero stati uccisi da Israele.
"Sono più di 25.000", aveva sbottato
di riflesso: questo, secondo il Pentagono, non era altro che un errore di
ragione monetaria.
Lo
sconcertante americano contraddice quello che ho definito, il 4 gennaio , lo
standard dei "vostri occhi bugiardi", per usare la frase ironica di “Richard
Pryor” per chi è stato colto in flagranza di reato :
"Mentre
trasformavano Gaza in Dresda in TV, davanti ai nostri occhi, i propagandisti
israeliani dello stato di mercurio dicevano anche a noi, loro finanziatori
americani, che 'questo non sta accadendo'. ...
A chi crederai?
Israele democratico o i tuoi 'occhi
bugiardi'?'
Credo
ai miei ' occhi bugiardi ', grazie mille.
Quegli
'occhi bugiardi' parlano della portata delle depredazioni di Israele contro gli
abitanti di Gaza. ...
[E il
numero di morti, feriti e sfollati] è considerato "ampiamente
affidabile" da tutte le rispettabili organizzazioni umanitarie e di aiuto
in tutto il mondo, sostenute come sono dalla scienza dei satelliti e dei
radar".
Assecondiamo
la stima già superata del Segretario Austin, per stabilire qui che
l'"operazione" di Israele non è un'operazione militare dietro la
quale qualsiasi militare degno di questo nome può resistere:
Supponiamo
che 25.000 sia il numero di donne e bambini assassinati dagli israeliani, anche
se è di più, non di meno, considerando che migliaia sono sepolti sotto le
macerie e che sempre più anime vengono assassinate mentre parliamo:
vale a
dire, nelle 24 ore successive alla” crisi di sicurezza Voto dei consigli”, 76
palestinesi sono stati assassinati a Gaza .
SE
30.000 è il totale – uomini e donne, combattenti e civili – assassinati finora;
poi donne e bambini rappresentano l'83,3% del totale ,ossia 25.000/30.000 .
SE
32.000 è il numero totale di anime uccise fino ad oggi;
poi la
percentuale di donne e bambini è del 78,1 %. (25.000/32.000).
SE un
totale di 33.000 esseri umani sono stati massacrati;
Quindi
la percentuale di donne e bambini tra loro è del 75,5% ,100 (25.000/33.000) .
E se
il numero delle vittime salisse a 35.000, come è successo, e il numero di donne
e bambini assassinati fossero, per qualche miracolo, mantenuti costanti, la
loro percentuale costituirebbe ancora (25000/35000) *100= 71,4.
La
guerra di Israele non è affatto una guerra.
Nonostante
gli untuosi ultimatum delle Nazioni Unite, a partire dal 21 marzo Netanyahu
aveva promesso di continuare la sua campagna da clown malvagio – così "
ben attrezzato per fallire " come ho osservato a novembre – eseguita da un
esercito corrotto, claunescamente inetto e costantemente depravato.
Perché,
allora, le azioni di Israele a Gaza nel 2023-2024 sono genocide?
PERCHÉ
IL GENOCIDIO.
Quattro
condizioni di genocidio soddisfatte; non una sola legge di guerra ha prestato
attenzione: nel corso della sua campagna genocida; Israele ha violato ogni
legge di guerra codificata nel Diritto Consuetudinario Internazionale
Umanitario.
(
~ilana)
Come
compensi un popolo di cui hai cannibalizzato la società?
(~Ilana)
In un
saggio del 2 novembre 2023, " Bibi cancella la memoria dei martiri del 7
ottobre; Crea nuovi martiri a Gaza ", ho spiegato perché, almeno
logicamente, Israele ha raggiunto la soglia per intenti criminali, mens rea.
"Se
sai in anticipo che le tue azioni causeranno la morte di migliaia e migliaia di
civili; attaccato alle tue azioni criminali ( actus reus ) è una mente
colpevole ( mens rea ) , che significa malizia premeditata , nota anche come
intento, nella giurisprudenza e nella filosofia giudiziaria occidentale.
Più
che nello sterminio di massa su scala industriale di singole persone, Israele è
impegnato nello sradicamento degli abitanti di Gaza come popolo.
Anche
se oltre l'80% dei palestinesi di Gaza sono stati cacciati dalle proprie case,
non hanno una casa in cui tornare;
e sebbene oltre il 70% delle strutture a Gaza
siano scomparse, polverizzate dagli stessi diavoli, le cosiddette missioni di
interdizione da parte dell'IAF, l'aeronautica israeliana, sono in corso, in
" flagrante” violazione dei suoi obblighi ai sensi del diritto
internazionale, sia come potenza occupante e come parte delle ostilità "
(via Gisha ), e "in palese violazione delle disposizioni fondamentali
delle Convenzioni di Ginevra e dell'Aia".
Così
dice un consorzio di diritto internazionale della” Middlesex University di
Londra”.
Così
dicono innumerevoli rispettabili organizzazioni per i diritti umani, che hanno
presentato memorie di “amicus” ai tribunali americani per ingiungere al
presidente “Biden”, al segretario di Stato” Blinken” e al segretario alla
Difesa “Austin” di fornire armi e altre forme di sostegno alla guerra totale di
Israele contro i civili palestinesi a Gaza.
Nella
speranza di aggirare le limitazioni giurisdizionali, al "Centro per i
diritti costituzionali con sede negli Stati Uniti " si sono uniti
"uno stimato gruppo di individui e organizzazioni provenienti da tutto il
mondo, tra cui 139 ONG".
Le
prove della violazione di Israele sono ovunque.
Tutto
per "contrastare il terrorismo".
La sua
ricerca missionaria degli omicidi negli ospedali;
Israele
ricopre di bugie ordinate.
La
dottrina religiosa israeliana secondo cui Hamas mi ha costretto a farlo –
questo occultamento della verità per la fede – insulta l'intelligenza.
Ascoltare
la “Taqiyyah” Svengali”
sponsorizzati dallo Zio Sam; "sono tutti
terroristi". O "complici terroristi".
"Israele
ha effettivamente caratterizzato l'intera popolazione di Gaza come scudi umani
o complici del terrorismo per una questione di politica legale", ha
osservato “Francesca Albanese”, intervenendo al” Consiglio dei diritti umani
delle Nazioni Unite” a Ginevra, dove ha presentato il suo rapporto " Anatomia di un genocidio".
La
signora Albanese è una studiosa e relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla
tutela dei diritti umani in Cisgiordania e Gaza.
Il 27
marzo ha pubblicato il suo rapporto in cui individuava "motivi
ragionevoli" per concludere che Israele è colpevole del genocidio di Gaza.
L'8
marzo, “Giornata internazionale della donna”, le Nazioni Unite hanno descritto
in dettaglio l'ordito e la trama della sopravvivenza di una donna a Gaza.
A quel
tempo, 9000 donne palestinesi erano state massacrate dall'IDF; Ogni giorno
venivano uccise 63 donne dalla stessa forza, tra cui 37 madri.
Mentre
il movimento di guerriglia delle donne, negli Stati Uniti, si sta galvanizzando
per andare alle urne per garantire loro il diritto di sfrattare i feti dal loro
grembo;
Le
donne di Gaza stanno lottando per mantenere i loro bambini completamente
formati in vita, nutriti e al sicuro dalle bombe anti-bunker lanciate da
Israele e fornite dall'America.
Ancora:
circa l'80% degli abitanti di Gaza sono stati
cacciati dalle proprie case. Tre mesi fa il “Wall Street Journal” ha riferito
che più del 70% delle strutture nella Striscia di Gaza sono state demolite o
danneggiate .
Sono disponibili radar satellitari più
attuali, per gentile concessione di ricercatori come “Jamon Van Den Hoek” .
La sua
distruzione mappata via satellite il 13 marzo recita così :
Nella
zona nord di Gaza, il 69,7% degli edifici sono stati distrutti o danneggiati.
A Gaza
City la percentuale è del 73,7%.
A Deir
El-Balah è del 54,1%.
A
Rafah, un "lavoro" israeliano in corso, il 29,5% degli edifici è
stato distrutto o danneggiato.
Gli
abitanti di Gaza non hanno residenze o industrie, né infrastrutture di
sostentamento vitale, a cui tornare dopo l'attuazione di un cessate il fuoco
permanente.
Sono
scomparse le loro case, i luoghi di lavoro e di culto, le imprese,
l'agricoltura, la pesca, le industrie di produzione alimentare e i terreni
coltivabili annessi.
Sono
finite le strade, le centrali elettriche, i servizi igienico-sanitari e le
opere di drenaggio, i pozzi d'acqua e gli impianti di trattamento delle acque
reflue, i condotti di elettricità, acqua potabile, rifugi e distribuzione di
cibo.
Moschee,
chiese e scuole (primarie, secondarie, terziarie) sono state vaporizzate.
Anche
la maggior parte degli ospedali.
Il dottor “Mads Gilbert”, accademico, medico e
volontario di lunga data norvegese nei territori occupati, parla di
"cattiveria mai vista prima; sadismo oltre il male".
Gaza
aveva una rete di ospedali universitari di tipo europeo, dove veniva praticata
la medicina basata sull'evidenza.
Su
oltre 30 di questi ospedali, circa quattro rimangono a brandelli. Centinaia dei
migliori operatori sanitari della Striscia, che prestarono servizio eroicamente
fino al momento in cui furono colpiti, sono stati assassinati, spesso mentre
prestavano assistenza ai pazienti.
I palestinesi di Gaza stanno ora morendo di sepsi,
malattie curabili e curabili, fame e disidratazione, sotto la supervisione di
Israele.
(Secondo “Gisha” , che significa solo accesso.)
Con le
infrastrutture di Gaza si perde il tessuto stesso di una società – un capitale
umano incommensurabile – che include reti familiari indissolubili e allargate,
il tipo di legami generazionali che noi in Occidente possiamo solo sognare,
ridotti e impoveriti nei numeri e nella loro energia nativa.
I cimiteri di un popolo e la storia archiviata
sono stati decimati, le loro antichità ei loro manufatti distrutti e
saccheggiati; le loro università si sono appiattite; i loro artisti e
intellettuali cacciati di casa in casa e si estinsero.
A
pezzi,” Tariq Haddad”, MD, un cardiologo americano, ha raccontato di 100 membri
della sua famiglia allargata eliminati.
Immagini
di belle persone, nel pieno fiorire della loro vitalità (la maggior parte erano
altamente istruite) balenarono attraverso il messaggio di " Democracy
Now!" schermata della trasmissione.
A febbraio, il dottor Nasser Abu-El-Noor, preside
della Facoltà di infermieristica dell'Università islamica di Gaza , insieme a
sette membri della sua famiglia, rifugiati nella loro casa, sono stati
assassinati.
Il
dottor “Medhat Saidam”, un rinomato chirurgo plastico, è sepolto sotto un
edificio.
Se
l'Alta Corte dell'Aia facesse mai il suo lavoro e coinvolgesse l'elettronica
forense a tal fine, potrebbe facilmente rintracciare la guerra psicologica
intrapresa, per esempio, contro il dottor” Refaat Alareer”.
Aveva
capito che: "Non c'è nessun posto sicuro a Gaza, quindi ha scelto di
restare a casa sua".
Secondo
il racconto del giornalista guerrigliero “Max Blumenthal”, “Alareer” e la
famiglia sono stati sadicamente perseguitati, telefonicamente, dagli ufficiali
dell'IDF, mentre fuggivano da una dimora all'altra.
Alla
fine l'IDF assassinò lui e sei membri della sua famiglia.
Lo
stesso ho seguito una giovane giornalista , “Ayat Al Khaddour “, che ha alloggiato
eroicamente dalla sua casa a Gaza fino alla sua scomparsa, fermata da una bomba
"di precisione" lanciata dall'IDF, insieme ai membri della sua
famiglia.
Israele
ha chiaramente e sistematicamente eliminato il capitale umano di Gaza in modi
diabolicamente intenzionali, irreparabili e imperdonabili.
Il meglio di Gaza se n'è andato; interi alberi
genealogici palestinesi troncati per sempre.
Perché propositivo?
Proprio come l'esercito israeliano sostenuto
dagli Stati Uniti conosce gli azimut precisi dei propri obiettivi, compreso
quello dell'assassinato “Refaat Alareer”, allo stesso modo gli israeliani hanno
le” coordinate GPS” dei "grandi progetti infrastrutturali finanziati dal
governo degli Stati Uniti".
Questi,
riferisce l'”Associated Press”, sono stati in gran parte risparmiati.
Tutto
questo è ciò che intende l'Articolo II della Convenzione sul Genocidio con la
clausola numero quattro:
"Infliggere
deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocare la sua
distruzione fisica totale o parziale".
(Amnesty
International: Genocidio: la base giuridica per la giurisdizione universale).
*
Uccidendo i membri del gruppo.
*
Causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo.
*
Incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio.
OGNI
LEGGE DI GUERRA VIOLATA.
Il
genocidio è un processo, non un atto. È la distruzione di un popolo fin dalle
sue radici.
(~Francesca
Albanese)
Quattro
condizioni di genocidio soddisfatte; non una sola legge di guerra obbedì.
Nel
corso della sua campagna genocida; Israele ha violato ogni legge di guerra,
codificata nel diritto umanitario internazionale consuetudinario:
Israele
ha violato la legge di proporzionalità:
"È
vietato lanciare un attacco che possa causare perdite accidentali di vite
umane, lesioni a civili, danni a beni civili o una combinazione di questi
fattori, che sarebbe eccessivo rispetto al vantaggio militare concreto e
diretto previsto.
"
(Jean-Marie Henckaerts e Louise Doswald-Beck, Diritto umanitario internazionale
consuetudinario, 2012, Cambridge University Press, 2012)
Israele
ha violato il principio di distinzione:
«La pietra angolare indiscussa del
diritto internazionale umanitario (DIU) è il principio di distinzione tra
civili e combattenti, che obbliga i belligeranti a distinguere in ogni momento
tra persone che possono essere legittimamente attaccate e persone che devono
essere risparmiate e protette dagli effetti dell'ostilità.
Per
evitare qualsiasi ambiguità, queste due categorie di persone devono escludersi
a vicenda...”
(Ibidem
)
Il
diritto di distinzione è un " principio inviolabile del diritto
consuetudinario internazionale " (Nils Melzer, The Oxford Handbook of International Law
in Armed Concept, Oxford University Press, 2015)
Israele
ha violato il principio di precauzione negli attacchi:
«Nella
conduzione delle operazioni militari, si deve prestare costante attenzione a
risparmiare la popolazione civile, i civili ei beni civili. Devono essere prese
tutte le precauzioni possibili per evitare, e in ogni caso ridurre al minimo,
la perdita accidentale di vite civili, il ferimento di civili e il
danneggiamento di beni civili».
(Jean-Marie
Henckaerts e Louise Doswald-Beck,Diritto internazionale umanitario
consuetudinario(2012), Cambridge University Press, 2012)
Solo
bestie neolitiche come “Jonathan Conricus” o “Keren Hajioff”, ex portavoce
dell'IDF per la guerra di annientamento di Israele a Gaza, avrebbero il
coraggio di elogiare la cura che l'IDF in uniforme dedica alla vita umana.
Nel
caso in cui vi siano sfuggiti questi burocrati baluardo israeliani, “Conricus”
e “Hajioff” sono ora membri della Fondazione americana per la difesa delle
democrazie a Washington, DC, come indicherebbe un'analisi della pagina dei
membri della FDD.
Dopo
periodi in cui questi due correi sconsideratamente e nascondevano ciò che
accadeva a Gaza, i due sono emigrati in un "think tank" americano,
probabilmente promuovendo gli interessi di entità diverse dagli Stati Uniti e
scavalcando le forze di equilibrio del regionalismo in Medio Oriente.
Prevede
": il personale medico (" "), il personale e oggetti religiosi,
il personale di soccorso umanitario ( ) . ), beni culturali e ambiente
naturale. A Gaza, questi numeri diventano obsoleti di ora in ora.
Tuttavia,
nulla suscita vergogna nei leader israeliani.
Molti
di loro, compreso il primo ministro, hanno questo, il diritto internazionale lo
vieta.
In parole povere, sono proibite " ",
come nel "minacciare un avversario con ciò o condurre le ostilità su
questa base".
Vietato.
"Il
genocidio è un processo, non un atto", spiega Francesca Albanese.
È la
"distruzione di un popolo dalle sue radici".
Lara
Elborno, un'altra esperta di diritti umani, ha azzardato la seguente
affermazione decisiva, e io parafraso:
Se
Israele non avesse sganciato una sola bomba su Gaza, ma non avesse fatto altro
che tagliare cibo, acqua ed elettricità ai suoi 2,3 milioni di abitanti, queste
azioni da sole sarebbero state sufficienti a costituire un genocidio ai sensi
dei trattati.
RAFAH.
Il
diavolo si allunga; il diavolo flette.
(
~Hilary Mantel).
Nel
suo famelico appetito per la distruzione, la leadership israeliana aveva
esplicitamente indicato che "non avrebbe ceduto nel [suo] assalto alla
Striscia di Gaza fino a quando non avesse effettivamente portato a termine la
distruzione dell'intera Striscia.
E i loro attacchi ora a Rafah, in particolare,
dimostra che l'ultimo rifugio, l'ultimo pezzo della Striscia di Gaza che non è
stato effettivamente distrutto, non è solo nel loro mirino, ma già sotto le
loro bombe".
(“Criag Mokhiber”, "Democrazia
Adesso!", 26 marzo).
Secondo
il diritto internazionale umanitario consuetudinario, citato finora, "è proibito dirigere un attacco contro
una zona istituita per proteggere i feriti, i malati e i civili dagli effetti
delle ostilità".
(Jean-Marie Henckaerts e Louise Doswald-Beck,Diritto
internazionale umanitario consuetudinario(2012), Cambridge University Press,
2012,Capitolo 11 – Zone protette)
In
realtà, era la metà di febbraio quando le Forze di Difesa Israeliane avevano
iniziato il loro assalto contro 1,5 milioni di profughi palestinesi, che erano
stati rinchiusi da nord a sud, e che ora si accalcano impotenti a “Raffah”.
La
leadership israeliana, politica e non, inquina l'orecchio con un flusso
ininterrotto di gergo che giustifica il genocidio.
La natura barbarica del loro discorso è
complementare alle azioni del loro esercito.
" Vistosi e ostentati " riguardo
alle loro depredazioni;
l'IDF
in uniforme sembra orgoglioso di divertirsi nel terrorizzare e uccidere i
civili palestinesi abbandonati.
In generale, YouTube offre copertura per
l'IDF.
Tuttavia,
ci sono innumerevoli video di nauseante brutalità, in cui i soldati dell'IDF
vaporizzano giovani uomini che si fanno strada tra le macerie, come in un
videogioco;
deridono
le loro vittime, invadono le loro case;
rubacchiare dalle loro attività e frugare tra
i pietosi effetti intimi di persone morte e diseredate.
Altri
atti di contaminazione sono troppo osceni per essere raccontati.
(Vedi
" I video dei soldati israeliani provenienti da Gaza" di BBC News
potrebbero violare il diritto internazionale, dicono gli esperti.
Oppure guarda gli " scioccanti video sui
social media dell'IDF di Glenn Greenwald che prendono in giro gli abitanti di
Gaza: espongono nuove atrocità ").
BUONA
GENTE: “GALLOWAY” E “BUSHNELL”.
Le
guerre sono una questione di uomini ricchi e una lotta di uomini poveri.
(~ilana)
Quante
generazioni di giovani si possono crescere basandosi su Grandi Bugie, come
quella secondo cui Israele e il suo papà zucchero stanno portando avanti una
guerra giusta e legittima, invece di intraprendere una Guerra Totale contro
civili innocenti? ( ~Ilana)
"Genocide
Joe" e gli agenti stranieri conosciuti come " Comitato americano per
gli affari pubblici israeliani (AIPAC ), il cui focus su Israele-prima di tutto
li rende una quinta colonna;
Trump
con Jared Kushner e la sua dolce metà:
queste sono le opzioni elettorali americane
del 2024.
Il
blocco “Biden- AIPAC” ha iniziato a sussurrare paroline alle orecchie di “Benny
Gantz” (Partito di Unità Nazionale), apparente rivale di “Bibi Netanyahu”
(Likud).
Il blocco Biden gestito dall'AIPAC vorrebbe
farvi credere che si è aperto un abisso nella " leadership israeliana in
tempo di guerra ".
La
conversazione in camera da letto di “Biden” con “Benny “ha lo scopo di far
capire ai due squallidi suprematisti ebrei il pericolo di avvicinarsi a una
sorta di precipizio politico.
Alla
fine,” Netanyahu e Gantz”, che officiano entrambi nel Gabinetto di Guerra del
loro paese, sono filosoficamente un unico, inseparabile, sferico “Gluteus
Maximus” .
O,
"due guance battenti dello stesso", nel linguaggio deliziosamente
ribaldo di “George Galloway”.
Galloway
stava descrivendo l'amalgama politico schierato contro la verità e la giustizia
nel Regno Unito.
Come
notai nel 2005,” Galloway” è un maestro del “flyter”:
l'antica
forma d'invettiva scozzese per la quale sono indispensabili una mente pronta e
una padronanza magistrale della lingua inglese.
La
capacità di “Galloway “di usare la spada verbalmente estemporanea non è l'unica
cosa che distingue questo gioioso membro del parlamento britannico.
Il deputato “Gallaway” e il suo “Partito dei
Lavoratori” si sono espressi in politica estera a “Rochdale”, nel Regno Unito,
e, in particolare, hanno ottenuto "maggioranze schiaccianti" in un
voto di protesta per Gaza – e contro i nostri signori, negli Stati Uniti e in
Israele, la cui nuova norma è quella di essere orgoglioso del genocidio.
Ci
saranno parole volanti in abbondanza a venire.
La
normalizzazione del genocidio è ciò che l'aviatore americano “Aaron Bushnell£
stava protestando quando si è dato fuoco, il 28 febbraio.
L'aviatore
“Aaron Bushnell”, di benedetta memoria, si è auto-immolato per protestare
contro ciò su cui “Galloway” si è assicurato la vittoria a Rochdale: la guerra
di Israele contro Gaza.
“Bushnell”
è morto in modo orribile, ma eroico, come un uomo – calmo e razionale – mentre
recitava la sua ragione per l'auto-immolazione:
"Non
sarò più complice di un genocidio. Questo è ciò che la nostra classe dirigente
ha deciso essere la nuova normalità”.
L'aviatore
“Bushnell” non era guidato da una malattia mentale, ma da una società
moralmente depravata che sostiene lo stato terrorista de facto di Israele, con
l'imprimatur morale americano, il suo denaro e il suo materiale.
Le
guerre sono un affare da ricchi e una lotta da poveri.
I
soldati americani sono sempre stati un danno collaterale nei nefasti progetti
dello Zio Sam e degli stati clienti.
Le
loro cause e preoccupazioni, a meno che non siano scioviniste e amichevoli con “Fox-News”,
raramente vengono menzionate.
Ma,
dopo la scomparsa di “Aaron Bushnell” molti membri delle nostre forze armate
hanno simbolicamente bruciato le loro uniformi disgustati, solo per essere
derisi dalla “Conservative Inc” (o ConOink, come li chiamo io).
Ma
hanno ragione, e "questo è sbagliato", ha inveito “Alan Shebaro”.
"Non c'è niente di più americano che parlare contro ciò che è
sbagliato".
Vieni
il soldato d'élite” Alan Shebaro”, "Bushnell ha denunciato la complicità
degli Stati Uniti nel genocidio di Gaza".
In
fondo, ciò che “Bushnell” stava protestando è qualcosa di ancora più
fondamentale.
Perché
le parole sono simboli.
Sono
usati come convenzioni concordate per dare un senso al mondo. Cosa succede
quando questi costrutti linguistici condivisi non corrispondono più alle cose
che dovrebbero descrivere?
“Bushnell”,
che era un esperto militare, deve essersi arrabbiato sempre di più quando i
simboli che la sua società schiera si scontravano con la realtà che questi
simboli avrebbero dovuto significare.
In
particolare, egli appariva suscettibile alle comunicazioni schizo frenetiche
trasmesse, su base continuativa, dai molti “Ministeri della Verità” orwelliani.
Per
quante generazioni di giovani si possono allevare con le “Grandi Bugie,” come
quella che “Israele” e il suo” sugar daddy” stanno perseguendo una guerra
giusta e legittima, piuttosto che condurre una guerra totale contro civili
innocenti?
“Total
Warè” un termine per descrivere una guerra totale contro chiunque.
"Quello
che ho visto non è stata la guerra, ma l'annientamento", si è lamentato il
dottor” Ifran Galaria”, volontario a Gaza, con “Joy Reid” di “MSNBC”.
CALIGOLA
“KUSHNER”.
“Jared
Kushner”, il rampollo nepotista di un losco agente immobiliare di New York, e
un guscio vuoto di un uomo, brama la proprietà sul lungomare di un popolo
conquistato e morente.
(
~ilana)
In
questi giorni, "sanguinario Blinken, segretario del genocidio" – un
soprannome datogli dalle grandi signore di "Code Pink", che si sono
accampate nella villa di “Blinken” – è andato e venuto in Medio Oriente.
In
estasi vertiginosa per Israele, “Blinken” fa la spola avanti e indietro in
missione per appianare l' assalto israeliano a Gaza;
Rendilo
più signorile, più vendibile.
Vendibile
come “Jared Kushner” valuta che sia "la proprietà sul lungomare di
Gaza".
Con il
fascino fatato di un tagliatore di stato, un coroner, che si prepara a scolpire
un cadavere;
Il
re-filosofo Kushner alzò le spalle, mentre rifletteva co lingua guida:
"Sono
seduto a Miami Beach in questo momento, e sto guardando la situazione [a Gaza]
e sto pensando: cosa farei se fossi lì? ...
Vorrei
semplicemente demolire qualcosa nel Negev, proverei a spostare le persone lì...
Penso
che sia un'opzione migliore, così puoi entrare e finire il lavoro. ... Penso
proprio che in questo momento aprire il Negev, creare un'area sicura lì, far
uscire i civili e poi entrare e finire il lavoro sarebbe la mossa giusta.'
“Crooked
Kushner”, ricorderete, era stato il punto di riferimento di Trump sulla
politica estera, sul Medio Oriente e su molto altro.
Al piccolo “Lord Fauntleroy” era stato persino
affidato il compito di "preparare un piano di pace per il Medio
Oriente".
Che “Kushner”
sia stato invitato a intrattenere un'udienza in un'università americana d'élite
è tutto ciò che c'è da sapere sul tenore intellettuale e morale del discorso
negli Stati Uniti.
In questa vignetta ripugnante, “Jared Kushne”r, il
rampollo nepotista di un losco agente immobiliare di New York, e un guscio
vuoto di un uomo, brama la proprietà sul lungomare di un popolo conquistato e
morente.
Per
una volta, la Quarta Colonna (mediatica) americana si è trovata nella peculiare
posizione di coprire e perfezionare le osservazioni non filtrate di Kushner.
Dopotutto,
la sua posizione è quella dei media tradizionali e dei loro finanziatori
politici.
BILL
CLINTON: "CHI È LA SUPERPOTENZA QUI?"
Gaza è
un deserto di morti e moribondi. Lascia che la superpotenza americana corra in
soccorso.
( ~ilana)
Il disprezzo
di Israele per gli Stati Uniti è totale.
Insoddisfatto
del suo conto da macellaio a Gaza, il demiurgo “Netanyahu” aveva, in un primo
momento, cancellato la delegazione israeliana a Washington, furioso per il
fatto che gli Stati Uniti d'America non fossero riusciti a porre il veto alla
proposta di cessate il fuoco delle Nazioni Unite.
"Dopo
il suo primo incontro con il primo ministro israeliano “Benjamin Netanyahu”,
nel 1996", racconta “Patrick Theros”, di "Responsible
Statecraft", "Bill Clinton sfogò la sua furia davanti al suo staff
per le apparenti supposizioni del suo visitatore sull'equilibrio di potere
nelle relazioni bilaterali.
' Chi
crede di essere?'
Secondo quanto riferito, Clinton ha urlato.
'Chi è il dannato superpotere qui?'"
Infatti.
Gaza è
un deserto di morti e di moribondi.
Israele,
tuttavia, sta impantanando gli aiuti umanitari in pratiche burocratiche e
protocolli capricciosamente sadici.
Un esempio è la loro dottrina del "doppio
scopo":
"Sapevi
che le siringhe, disperatamente incastrate nelle vene palestinesi sgonfie dalla
disidratazione, possono essere oggetti a duplice scopo?" Sì!
Usati
per scopi terroristici, trovati nei tunnel, ovunque.
Commisurato
agli eccessi oltraggiosi di Israele e ai” riff folli “che escono dalle teste
israeliane;
Israele si è affermato come un criminale di
guerra.
Lasciando scorrere il sangue dei palestinesi
per sei mesi e senza mostrare alcuna intenzione di arrendersi;
Israele ha perso il diritto di protestare
contro il decisivo intervento americano.
Inoltre,
chi paga il suonatore di cornamusa decide la melodia.
Nelle
condizioni attuali, un presidente che parlasse come il presidente Clinton
avrebbe potuto rendere orgogliosi gli americani.
Per
una volta, la superpotenza americana potrebbe divertirsi a ordinare al piccolo
e squallido Israele, in preda alle convulsioni del maschio, di cessare e
desistere.
Con
altrettanta facilità, e dopo aver ordinato a Israele di ritirarsi; L'America
potrebbe...
richiedere
l'aeroporto israeliano di” Sde Dov” o “Ben Gurion”.
O
entrambe le cose.
Questa
è un'emergenza.
Flotte
dei nostri assortiti aerei militari e cargo 747 atterrerebbero come angeli in
un aeroporto israeliano adiacente a Gaza.
Grandi
motori sarebbero stati sparati.
Fuori
ruggirebbero tutti i camion tattici pesanti a mobilità estesa convertiti in una
missione di misericordia.
Nel
nord di Gaza si sarebbero precipitati questi autoarticolati americani che
avrebbero salvato la vita, trasportando rifornimenti e sostentamento per gli
affamati.
Scenderebbero
le recinzioni di Israele e all'interno scorrerebbero rifornimenti senza sosta,
come se si trattasse di un anello.
Atterrare
e consegnare rifornimenti salvavita da una struttura israeliana ben attrezzata
nel nord di Gaza e in tutta la Striscia:
questo è il modo più veloce e intelligente per
soccorrere un popolo morente.
Invece,
l'America sceglie di sequestrare “Bibi NetanYahoo”, i suoi militari impazziti e
i loro connazionali impazziti, l'88% dei quali "dà una valutazione
positiva della prestazione dell'IDF a Gaza fino ad ora”.
(“Tamar Hermann”, "War in Gaza Survey 9", Israel
Democracy Institute, 24 gennaio 2024),( il 58% dei quali lamenta che finora non
è stata dispiegata abbastanza forza; e il 68% dei quali afferma di "non
sostenere il trasferimento di aiuti umanitari a Gaza).
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