La UE è un disastro.

 

La UE è un disastro.

 

 

 

Morire di “NATO”.

Conoscenzealconfine.it – (29 Marzo 2024) - Marco Della Luna – ci dice:

 

L’unico motivo per cui la Russia potrebbe colpirci con missili nucleari è la presenza in Italia di missili nucleari statunitensi puntati contro la Russia.

Se scoppierà una guerra tra Washington e Mosca, noi saremo vaporizzati per questa unica ragione.

 Dunque, lungi dal costituire una protezione, la “NATO” è l’unica possibile causa della nostra distruzione.

Assediata ormai da decenni dall’espansione verso Est della “NATO” e da una sessantina di basi militari USA intorno ai suoi confini, la Russia non ha interesse, né mezzi, né uomini, per invaderci o per sostenere una guerra convenzionale con la “NATO”, i cui membri hanno un PIL e un bilancio della difesa ventupli di quelli russi.

Inoltre, annettere un paese, poniamo la Polonia, contro la volontà del suo popolo, comporterebbe per essa dapprima il conquistarlo militarmente (con enormi perdite e costi, oltre al fatto che scatterebbe l’intervento NATO);

e successivamente il sostenere enormi, permanenti spese per l’occupazione, subendo al contempo continui e sanguinosi attacchi partigiani, sia in Polonia che in Russia, e reprimendoli con misure poliziesche altrettanto sanguinarie, mentre gran parte dell’opinione pubblica di gran parte del mondo, oltre che interna, si farebbe sentire pesantemente.

Dato quanto sopra, è del tutto inverosimile che la Russia intenda annettere anche solo la parte non russofona dell’Ucraina, ancor più inverosimile è che intenda occupare paesi “NATO”, mentre per converso è evidente che chi afferma che abbia tali progetti, sta mentendo al fine di portare soldi del già tartassato contribuente all’industria degli armamenti, e lo fa esponendoci al rischio di una guerra termonucleare.

È pure da menzionare che soprattutto gli USA, oltre a star declinando sempre più come potenza globale unipolare, sono attanagliati da una grave crisi innanzitutto sociale, e minacciati, assieme al resto dell’Occidente, da un gigantesco tracollo finanziario, bancario e monetario, specialmente a causa dell’enorme massa di moneta e bonds creata in occasione della pandemia e poi della campagna ucraina.

Gli allarmi di guerra probabilmente servono anche a distrarre l’opinione pubblica da tali problemi e a preparare uno stato di emergenza bellico-sanitaria permanente, che consenta di gestire più liberamente e coercitivamente il corpo sociale.

Sempre da quanto detto  sopra, è ovvio che, se scoppiasse una guerra tra la NATO e la Russia, essa sarebbe automaticamente una guerra con i missili nucleari strategici, e noi, con tutte le basi statunitensi che ospitiamo sul nostro territorio, verremmo letteralmente fritti in poche ore, e non ci sarebbe di alcuna utilità che gli USA venissero successivamente in nostro soccorso – e probamente non verrebbero affatto, non potrebbero venire, essendo anch’essi stati colpiti come noi e non avendo alcun interesse a venire, tanto più che dovrebbero attraversare un Oceano Atlantico pattugliato da sommergibili russi.

Quindi, di nuovo, a che ci serve la “NATO”?

(Se mi concedete una battuta, io spero che, in caso di guerra termonucleare, i dirigenti russi decidano di concentrare i loro missili su bersagli politicamente più importanti e di risparmiare l’Italia e i paesi NATO mediterranei, in modo di lasciare queste zone libere da contaminazioni radioattive, così da potersi trasferire qui dopo la catastrofe, che guasterà anche la parte più vivibile della Russia stessa).

Intanto, governanti di Washington, Londra, Parigi, Berlino, Stoccolma e Varsavia stanno evocando esplicitamente la guerra con la Russia.

Il patetico Macron, prodotto di sintesi dei laboratori Rothschild, parla addirittura di inviare soldati francesi al fronte del Donbass.

Ciò oggettivamente aumenta il rischio di una tale guerra, sebbene lo scopo di tali evocazioni, con tutta probabilità, sia solo quello di far guadagnare gli industriali degli armamenti e costruire un regime di controllo sociale in stato di economia di guerra oltre che di pandemia e di crisi climatica permanenti – con immancabile controllo dell’informazione.

Grazie alle sanzioni ufficialmente dirette contro la Russia, già si è ottenuto di far pagare all’Europa “libera” almeno il quadruplo per il gas, a vantaggio delle compagnie statunitensi che ce lo vendono e che hanno raddoppiato i loro utili a spese delle nostre bollette e della competitività delle nostre industrie, le quali infatti stanno chiudendo per trasferirsi all’estero, dato che oramai l’Europa libera è l’area del mondo dove l’energia costa di più, quindi dove produrre conviene di meno.

Ciò anche a causa dei costi della “green transition”, adottata solo da noi nel mondo, quindi già per questo assurda ed autolesionista.

 Persino la “Porsche” trasferisce la sua produzione negli USA, i quali, grazie a questa migrazione di fabbriche e di capitali, stanno reindustrializzandosi a nostre spese, oltre che recuperando, a scapito dell’Euro, parte del terreno perduto dal dollaro come moneta degli scambi internazionali.

Questo è il quadro delle alleanze tra noi vassalli e il capitale dominante al di là dell’Atlantico.

 Ma è anche il quadro di un apparato istituzionale statuale e sovra statuale oramai palesemente in mano a un’oligarchia portatrice di interessi antisociali – un’Oligarchia per popoli superflui (come intitolai il mio saggio del 2010):

 la fine del “pubblico”, della “res publica”.

Ultima nota:

 ad esortare all’invio di nostri soldati in Ucraina per contrastare l’imperialismo russo è proprio Emmanuel Macron, presidente di un paese che esercita, esso sì, un feroce imperialismo economico e militare sulle sue 14 ex colonie africane, costrette a versare l’85% degli introiti delle loro esportazioni alla “Banque de France”.

 Finché non si ribellano.

(Marco Della Luna)

(centroitalicum.com/morire-di-nato/)

 

 

 

L'Unione europea è un disastro.

 Italiaoggi.it - Gianni Pardo – (29 – 3- 2023) – ci dice:

 

Non solo non ha una politica estera ma è anche priva di una politica militare.

È un falansterio burocratico che è privo di guida.

L'Unione Europea è un disastro. Non ha una politica estera comune. Non ha una guida economica comune, salvo le interferenze nella politica monetaria.

Non ha un esercito comune.

 

Come avrebbe detto “Henry Kissinger”, per chi volesse mettersi in contatto con essa non ha un numero cui telefonare.

Ha istituzioni molto costose e coreografiche (si pensi all'immenso Parlamento Europeo) e quando scoppia una crisi i suoi massimi dirigenti dicono enormi sciocchezze.

Compuntamente riportate dalla stampa.

Per fortuna i suoi massimi rappresentanti sono totalmente ininfluenti.

 

La sintesi non è esagerata: l'Ue è un disastro.

È nata come un bell'ideale dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, ma è rimasta – per chi lo sente ancora – un bell'ideale.

I suoi promotori (soprattutto Adenauer, Schuman e De Gasperi, grandi nomi dinanzi ai quali mi levo il cappello) sapendo che l'impresa era difficile, hanno deciso di procedere a piccoli passi e questo è stato il primo errore.

 Per le grandi imprese bisogna essere rapidi e risoluti, come quando ci si deve strappare un cerotto: un colpo e via.

Se cerchiamo di non farci male, ci metteremo molto più tempo e forse rinunceremo all'impresa quando la dannata striscia aderisce ancora per due terzi.

I tre avrebbero dovuto ottenere subito dai loro Parlamenti la “rinuncia alla sovranità nazionale” e, se non ci fossero riusciti, avrebbero dovuto capire che l'impresa era impossibile.

Se una cosa non si fa quando c'è l'entusiasmo della novità, e tre giganti come promotori, non si farà certo dieci o vent'anni dopo.

 I fidanzamenti troppo lunghi o non si concludono con un matrimonio o si concludono con un matrimonio nato stanco.

I padri fondatori, invece, misero il carro dinanzi ai buoi, e pensarono che unificando a poco a poco le economie l'unità politica sarebbe conseguita.

 Non a poco a poco (suvvia non corriamo) ma addirittura ad una tale velocità che la gente non si sarebbe accorta del movimento.

 

E tutte queste cautele hanno sortito l'effetto fatale:

 l'Unione Europea non è nata.

Neanche le economie si sono unificate.

È nata soltanto una “Zollverein”, un'unione doganale e, per qualche tempo, la libera circolazione attraverso le frontiere.

Ora anche questa è in pericolo.

A parte ciò, una miriade di leggi troppo particolareggiate che molti Paesi hanno sentito come stupide interferenze: ma oltre non si poteva andare.

E tuttavia il fascino di questa finta Unione è stato tale che dai sei membri originari si è arrivati a 27.

 E con la regola dell'unanimità non si riuscirebbe ad andare in Paradiso neanche se ce l'offrissero gratis.

Se prima si era paraplegici ora si è tetraplegici.

L'unico vero effetto positivo dell'Ue è che, almeno attualmente, sembra impossibile una guerra fra i suoi membri.

E forse è per questo che tanti Paesi vogliono fare parte sia dell'Unione sia della “Nato”, nella speranza (non si sa quanto fondata) che, in base all'articolo 5 del Trattato, in caso d'aggressione gli altri Paesi li difenderebbero).

 La Nato, in questo campo, sembra essere ciò che l'Onu non è mai riuscita ad essere.

Ma si tratta soltanto di una speranza.

Forse, ad essere realisti, sarebbe stato necessario dire:

siamo troppo gelosi delle nostre nazionalità per creare un'Unione;

siamo troppo vecchi per accettare delle vere novità;

siamo troppo imbelli per capire che avremmo necessità di un esercito e una politica estera comune.

E ricordiamo che nemmeno l'euro è una grande prodezza.

Alla lunga, la moneta comune non può sopravvivere senza l'unione politica:

sicché dovremmo prepararci ad uscirne tutti senza troppi danni, se ci riesce.

Un continente può unificarsi se non ha un passato, con tutte le sue ruggini: come è avvenuto nell'America del Nord.

 Ma da noi Spagna e Portogallo, geograficamente un unicum, non si unificheranno mai.

La stessa Svizzera, bell'esempio di unione al di sopra delle nazionalità, ha potuto unificarsi soprattutto perché ha molte montagne che tengono separati i possibili avversari, e comunque non ha eliminato le differenze: gli svizzeri tedeschi disprezzano tutti, inclusi i francesi, gli svizzeri francesi non disprezzano i tedeschi ma li sopportano male, e tutti e due i gruppi disprezzano francamente gli svizzeri italiani.

E forse gli svizzeri rimangono insieme soltanto perché l'alternativa significherebbe divenire uno Stato come gli altri Stati europei, “quod Deus avertat”.

 

Gli uomini hanno più tendenza a dividersi che ad unirsi. Gli europei sono diventati tutti sostanzialmente miscredenti, e per questo oggi non si farebbero la guerra per motivi religiosi.

Ma chissà che non siano disposti a farsela per motivi calcistici?

 

 

 

Ucraina sotto attacco, Zelensky:

subito i Patriot o sarà tardi.

 Italiaoggi.it - Giampiero Di Santo – (29 – 03 – 2024) – ci dice:

 

Colpite due centrali idroelettriche e violato lo spazio aereo polacco. Jet di Varsavia e della Nato in volo.

Berlino: "Putin vuole la guerra con la Nato, ma non lo permetteremo". Tusk. "La guerra in Europa c'è già"

 

Missili russi che sorvolano il territorio polacco e colpiscono l’Ucraina, bombe e proiettili di artiglieria che devastano centrali, infrastrutture e città, aerei di Varsavia e della Nato che si levano in volo e solcano il cielo come un presagio non oscuro di possibile allargamento del conflitto tra Mosca e Kiev ai paesi dell’Alleanza Atlantica.

Colpite centrali idroelettriche di Kaniv e del Dniestr.

 Zelensky, servono subito i Patriot.

Oggi, venerdì santo 29 marzo, il fuoco russo si è manifestato con la massima intensità ovunque in Ucraina, in particolare a Odessa, e secondo quanto ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo una riunione dello stato maggiore ucraino «le centrali idroelettriche di Kaniv e del Dniester sono diventati obiettivi del nemico.

ll paese terrorista vuole che si ripeta il disastro ecologico nella regione di Kherson.

Ma ora non solo l'Ucraina è minacciata, ma anche la Moldavia.

L'acqua non si fermerà davanti ai posti di frontiera, così come non si fermerà la guerra russa se non verrà fermata insieme e in tempo in Ucraina.

 Zelensky ha sottolineato la necessità che vengano forniti immediatamente i missili Patriot.

 

Berlino e Varsavia, si rischia la guerra, ma non lo permetteremo.

Il ministro tedesco degli Esteri, signora “Annalena Baerbock “ha dichiarato che ormai è chiaro che "Putin vuole la guerra con la Nato, ma non lo permetteremo".

Il premier polacco e già presidente del consiglio Ue, Donald Tusk, ha dichiarato invece che "la guerra in Europa è reale e siamo entrati in un'era prebellica.

L'ha affermato il primo ministro polacco “Donald Tusk” in un'intervista pubblicata oggi su Repubblica.

"Non voglio spaventare nessuno, ma la guerra non è più un concetto del passato.

È la prima volta dal 1945 che ci troviamo in una situazione del genere. So che sembra devastante, soprattutto per i più giovani, ma dobbiamo abituarci mentalmente all'arrivo di una nuova era.

 

 

 

La UE “a tutto gas” verso disastro

economico e irrilevanza strategica.

Analisidifesa.it – (27 Giugno 2022) - Gianandrea Gaiani - ci dice:

 

L’Unione Europea accelera nella corsa verso il disastro economico e l’irrilevanza politico-strategica rinunciando a ogni velleità da “grande potenza” che pure avrebbe potuto esercitare tentando di imbastire una gestione ponderata e autonoma dagli Stati Uniti della crisi determinata dal conflitto in Ucraina, delle sanzioni (specie quelle energetiche) alla Russia e del via libera a nuove candidature all’ingresso nell’Unione.

 

Tra le opzioni ragionevoli la Ue avrebbe potuto subordinare ogni decisione alla conclusione del conflitto, incentivando così un negoziato tra Kiev Mosca, sempre più urgente per scongiurare gravissimi danni all’intera Europa.

Utilizzando l’arma energetica la Ue, che da anni compra gas e petrolio da Mosca e finanzia Kiev per il transito lungo i gasdotti che la attraversano, avrebbe potuto e forse dovuto negli 8 anni di guerra nel Donbass imporsi come mediatore per “sollecitare”, forte del suo peso finanziario, i due rivali a trovare una soluzione diplomatica.

 Magari garantita da una forza d’interposizione europea in cui porre sul tavolo la normalizzazione dei rapporti con Mosca e l’accesso dell’Ucraina all’Unione.

 

Nulla di tutto questo è stato fatto negli ultimi otto anni ma neppure oggi pare che la Ue intenda sfruttare queste potenzialità.

 Nessuna occasione è stata colta e, rispetto a Washington, la Ue sembra composta oggi da tante “Porto Rico” più che da nazioni che, tutte insieme, hanno espresso finora la maggiore potenza economica mondiale in termini di PIL.

 

Un primato che rischia di venire irrimediabilmente perduto, complici una politica energetica dominata da deliri “green” (che tramontano nella riapertura di centrali a carbone e nel ritorno delle stufe a legna nelle case) e la rinuncia a firmare contratti a lungo termine per il gas: elementi che già ben prima della guerra avevano portato a un brusco rialzo dei prezzi.

Mentre i vertici politici europei impostano razionamenti e austerity che determineranno una “decrescita” ben poco felice rischiando di far uscire dai mercati il “made in Europe” ingigantendo la disoccupazione e condannandoci all’impoverimento, centri studi e associazioni industriali ribadiscono in tutto il Vecchio Continente che non sarà possibile rimpiazzare in breve tempo le forniture di gas russo e che le acquisizioni da altri fornitori non saranno sufficienti in termini quantitativi e saranno molto più costose in termini finanziari.

 

Inoltre il nuovo corso energetico basato sullo sganciamento dalla dipendenza dalla Russia, ci renderà nuovamente dipendenti da aree geopolitiche instabili quali Medio Oriente e Africa stringendo accordi con nazioni che non ambiscono certo al podio nel ranking mondiale quanto a democrazia, diritti umani e trasparenza.

Valori che del resto sembrano avere sempre meno rilievo per la Ue come dimostra l’attribuzione all’Ucraina dello status di candidato.

 

Il ranking ucraino.

Certo, pare ci vorranno molti anni prima della reale adesione di Kiev ma il messaggio che lancia la Commissione non è certo edificante quanto a tutela dei principi su cui dovrebbe fondarsi l’Unione e rispetto delle candidature balcaniche.

Secondo il “Global Democracy Index 2020W redatto da “The Economist”, l’Ucraina era al 79° posto (l’Italia al 29°) e quest’anno resta sul podio dei paesi europei meno democratici superata solo da Russia, Bielorussia e Bosnia - Herzegovina.

 

La classifica sulla qualità della democrazia (Ranking of Countries by Quality of Democracy) stilata nel 2020 dall’Università di Wurzburg vedeva l’Ucraina del presidente Zelenski 92a dietro alla Birmania e davanti allo Sri Lanka (l’Italia era 22a).

Si tratta di classifiche realizzate da istituti di ricerca che non potrebbero certo venire inseriti nelle “liste di proscrizione” dei putiniani che tanto sono in voga in Italia.

Ma soprattutto si tratta di classifiche stilate prima dell’inizio dell’attacco russo e quindi prima che il governo ucraino ponesse fuori legge 11 partiti (incluso il secondo per consensi elettorali), reprimesse più duramente la stampa non allineata e punisse i reati di opinione, incluso quello di contraddire la narrazione ufficiale sulla guerra contro l’aggressione russa, che di fatto impedisce a chiunque di parlare del conflitto anche come di una guerra civile in atto da 8 anni e che vede parte della popolazione e dei combattenti ucraini schierati al fianco dei russi.

Non si può del resto ignorare il tema del nazionalismo ucraino in salsa nazista, che molti media occidentali e anche italiani hanno più volte evidenziato negli anni scorsi sottolineando le derive autoritarie e illiberali di Kiev, la glorificazione di “Stepan Bandera” (cui l’Ucraina di oggi dedica piazze, strade e monumenti), delle SS ucraine e del regime filo-nazista della seconda guerra mondiale.

 

Analisi Difesa affrontò già nel 2014 la questione del fenomeno culturale e politico del “nazismo nell’Ucraina post-Maidan”, alimentato in funzione anti-russa e di come l’Europa lo stesse gestendo in modo superficiale con un editoriale che negli ultimi mesi in molti hanno riletto e persino riproposto.

 

Pur collocando il fenomeno nella sua dimensione storica di contrapposizione a Stalin e all’Unione Sovietica, è difficile non notare che le stesse nazioni europee pronte a gridare all’allarme-fascismo a ogni affermazione elettorale di movimenti sovranisti pienamente democratici, oggi mitizzano i combattenti dei diversi reggimenti che si richiamano alle SS in modo inequivocabile, come dimostrano anche svastiche e frasi emblematiche tratte da “Mein Kampf” che decorano i corpi tatuati di diversi prigionieri catturati dai russi a Mariupol.

 

Anche il peso della corruzione e della criminalità organizzata in Ucraina rappresenta o dovrebbe rappresentare una valida limitazione per l’accesso alla candidatura all’Unione.

 Per primi, già l’11 marzo abbiamo posto interrogativi ed espresso dubbi circa il rischio che parte delle forniture belliche occidentali a Kiev finissero per alimentare traffici illeciti di armi verso paesi lontani e organizzazioni criminali e terroristiche.

Dubbi e perplessità poi presi in esame dal “Washington Post” in maggio, poi dal “New York Times” in giugno e soprattutto dal direttore dell’Interpol ma che non sembrano aver fatto riflettere i leader politici sulle due sponde dell’Atlantico.

 

Eppure quanto sia strutturata e ramificata la malavita organizzata ucraina in traffici su vasta scala anche di armi è noto fin dalla dissoluzione dell’URSS, quando miliardi di dollari in armi sovietiche presenti in Ucraina vennero venduti sul mercato nero, così come è ben noto il livello di corruzione della politica e della pubblica amministrazione ucraina.

Lo sancisce anche il “Corruption Perceptions Index” che nel 2021 attribuiva all’Ucraina il 122° posto su 180 nazioni prese in esame in una classifica in cui l’Italia era posizionata in un poco dignitoso 42° posto:

Lo “Human Freedom Index” pubblicato quest’anno congiuntamente dal “Cato Institute”, il “Fraser Institute” e il “Friedrich Naumann Foundation for Freedom” vede l’Ucraina al 98° posto, beh 72 posizioni più indietro rispetto all’Italia (26a).

Se ancora non bastasse per chiedersi che senso abbia per la Ue aprire le porte alla candidatura a un paese ancora così lontano dai fondamentali di democrazia, trasparenza, legalità e diritti umani, aggiungiamo le rilevazioni che appaiono nella classifica delle libertà economiche stilata dall’ “Economic Freedom Heritage Foundation”.

Qui il risultato è ancora più imbarazzante:

 l’Ucraina occupa il 130° posto, dietro a paesi tra i più poveri del mondo come Niger, Mauritania e Burkina Faso mentre l’Italia è 57a.

Va un po’ meglio all’Ucraina (e un po’ peggio all’Italia) nella classifica della “Libertà di Stampa” redatta da “Reporter Sans Frontiéres” che vede quest’anno l’Ucraina 106a, dietro a Gabon e Ciad ma davanti al Burundi, mentre l’Italia relegata ad un umiliante (per una democrazia che si vorrebbe compiuta) ma indicativo dei tempi che viviamo 58° posto:

dietro a Buthan, Sierra Leone e Guyana ma appena davanti a Niger e Ghana.

 

Reazioni balcaniche.

Di fronte a tutto questo è impossibile non comprendere le sarcastiche reazioni dei leader dei Balcani Occidentali, da tempo in attesa di vedere accettata la propria candidatura.

A Belgrado il presidente “Aleksander Vucic” ha evitato di alzare i toni ma c’è chi evidenzia che la mancata adesione serba alle sanzioni contro la Russia potrebbero aver influito sul mancato riconoscimento dello status di candidato.

Più incisivo il ministro dell’interno serbo “Aleksandar Vulin”.

 “Se per la Serbia la condizione di avanzare più rapidamente verso la Ue è quella di stare in guerra con qualcuno, allora no grazie, non ne vale la pena” ha commentato con sarcasmo.

L’Ucraina ha ottenuto lo status di candidato pur senza rispettare gli standard che con tanta attenzione vengono applicati ai Paesi balcanici.

Ha evitato alcuni decenni di pressioni, ricatti e burocrazia, né ha dovuto penare nella lotta alla corruzione e nel rispetto dei criteri in fatto di giustizia e di riforme economiche, senza parlare della collaborazione con i tribunali che accertano i crimini di guerra”, ha detto il ministro “Vulin”.

 

“Spero che la Moldavia non abbia dovuto promettere di guerreggiare con qualcuno e che lo status di candidato lo abbiano concesso sulla parola d’onore”, ha osservato il ministro, secondo il quale se il criterio decisivo per lo status di Paese candidato o per l’avvio del negoziato è di essere in guerra, “allora la Serbia avrebbe potuto cominciare il negoziato di adesione già nel 1999, quando si trovava sotto i bombardamenti della NATO”, ha aggiunto.

 

“E invece sembra che tali regole non si applichino a quelli che sono stati bombardati dalla NATO, per avanzare rapidamente verso l’adesione all’Unione europea bisogna essere in guerra con la Russia”, ha concluso “Vulin”.

Si può replicare al sarcasmo di Vulin evidenziando che la Serbia è tradizionalmente amica della Russia ma certo questo non si può affermare per altre nazioni balcaniche.

 

“Quello che sta accadendo ora è un problema serio e un duro colpo per la credibilità dell’Ue.

Stiamo perdendo tempo prezioso che non abbiamo”, ha detto il premier macedone “Dimitar Kovacevski” esprimendo “il malcontento del governo e del popolo macedoni” bloccati dal veto della “Bulgaria”.

“Oggi sono in lutto per l’Unione europea, mi dispiace molto per loro. Abbiamo offerto l’aiuto di cui potrebbero aver bisogno”, ha dichiarato ironicamente il premier albanese, “Edi Rama” rinnovando l’intenzione di continuare su questa strada per entrare nell’Ue “magari il prossimo secolo”.

Conseguenze.

La decisione di aprire alle candidature di Ucraina e Moldova, oltre a quella in prospettiva della Georgia, ha quindi obiettivi ben precisi che nulla hanno a che fare con l’ampliamento equilibrato, armonico e coerente della “casa comune europea”.

L’Ucraina viene premiata perché combatte la Russia e del resto può apparire comprensibile che in un’Europa i cui leader usano da quattro mesi toni bellicosi invocando “la sconfitta militare russa”, lasciando però che a combattere siano solo ed esclusivamente gli ucraini, qualcuno consideri quasi un dovere aprire le porte della Ue a Kiev.

 

Quanto meno per esprimere in modo concreto la riconoscenza dell’Europa verso una nazione che, a detta di molti premier e ministri delle nazioni europee (anche italiani) e di commissari Ue, combatte anche per noi frenando un’offensiva russa che non si fermerebbe e travolgerebbe tutto il Vecchio Continente, come si temeva nella prima Guerra Fredda, per nutrire gli appetiti imperiali di Putin.

Se la percezione della minaccia da Mosca è davvero questa, di fronte a così alte motivazioni sarebbe molto più efficace sul piano militare e più credibile sul piano politico e morale se l’Unione inviasse truppe europee a combattere a “Severdonetsk”, “Kharkiv”, “Mikolayv”.

In trincea, “spalla a spalla” con le reclute ucraine, sostenendo con i fatti e i morti in battaglia l’aspirazione ribadita anche ieri dal presidente Zelensky di “riconquistare le città che sono cadute”.

La “Ue” non sembra però voler essere solidale fino a questo punto con Kiev, preferisce fare la guerra con la pelle dei “candidati” ucraini pur ringraziandoli perché combattono anche per noi. 

Benché in Europa nessuno sia pronto a “morire per Kiev”, le posizioni assunte rischiano di farci perdere comunque una guerra che non abbiamo neppure combattuto.

Con le nuove candidature l’Unione accelera infatti nella rotta di collisione con la Russia a cui non è sfuggito che alle ex sovietiche Moldova e Georgia verrà imposto di accettare la politica Ue di contrasto a Mosca basata sulle sanzioni.

Iniziativa che, al pari dell’allargamento a Svezia e Finlandia della NATO, aumenterà a Mosca la percezione della minaccia posta dall’Occidente.

 

Non importa se troviamo o meno giustificate e comprensibili le valutazioni di Mosca, occorre invece chiedersi se una pesante, nuova Cortina di Ferro e una frattura con la Russia che potrebbe durare decenni coincidano con gli interessi delle nazioni e dei popoli europei.

Di certo rientra perfettamente nella strategia messa a punto da Washington e Londra che ha determinato negli ultimi anni il confronto con la Russia in Ucraina:

 una linea che ha contraddistinto le amministrazioni statunitensi espresse dal Partito Democratico, prima con “Barack Obama” e ora con “Joe Biden”.

 

L’obiettivo dichiarato anglo-americano (il 25 giugno il premier Boris Johnson ha affermato che “non è il momento di mollare, l’Ucraina può vincere e vincerà la guerra”) è stato indicato nel prolungamento del conflitto per indebolire e logorare la Russia.

O addirittura sconfiggerla, come ha sostenuto “Ursula von der Leyen”, che però non è pronta a schierare nelle trincee del Donbass un solo battle group europeo per conseguire questo nobile risultato.

 

Difficile dire oggi se si tratti di un obiettivo realmente perseguibile e con quali tempistiche ma di certo nel frattempo è molto probabile che l’Ucraina verrà totalmente devastata e l’Europa impoverita economicamente e annullata sul piano politico se non addirittura profondamente destabilizzata a causa delle gravi conseguenze sociali che ne deriveranno in tutto il continente.

L’aver aderito su tutta la linea alle posizioni anglo-americane, oltre a compromettere ogni ipotesi di vedere finalmente la Ue come protagonista geopolitico, rischia di rendere ancora più drammatica la crisi energetica poiché Mosca potrebbe decidere di rispondere alle iniziative della Ue (tra cui va inserita anche la provocatoria decisione della Lituania  di bloccare parte del traffico di merci su gomma e rotaia diretto all’enclave russa di Kaliningrad) con lo stop immediato alle forniture di gas.

 

Forniture che dopo oltre quattro mesi di guerra continuano paradossalmente a giungere in Europa e persino in Ucraina lungo i gasdotti che l’attraversano, guarda caso tra le poche infrastrutture ucraine finora risparmiate dal conflitto.

Accogliere l’Ucraina nella Ue benché non soddisfi nessuno dei parametri richiesti, sposterà ancora di più l’asse politico dell’Unione su posizioni ostili alla Russia sostenute apertamente, anche per ragioni storiche, da Polonia e Repubbliche Baltiche con il crescente supporto di altre nazioni mitteleuropee e balcaniche incoraggiate dagli anglo-americani.

Un contesto che accentuerà le tensioni, non solo militari, con Mosca quando l’interesse dell’Europa è invece riposto nel ridare ordine e stabilità alle sue frontiere orientali e penalizzerà ulteriormente le nazioni europee meridionali che da anni chiedono una maggiore attenzione alle sfide strategiche poste sul “Fianco Sud” caratterizzato dagli scenari in atto in Nord Africa e Sahel.

 

In tema di salvaguardia degli interessi europei è impossibile non rilevare che tutte le decisioni assunte dalla “Commissione” guidata da “Ursula von der Leyen”(maestra di corruzione a go-go. N.D.R) dall’inizio dell’offensiva russa in Ucraina hanno determinato conseguenze gravissime per la stabilità delle nazioni europee senza peraltro generare per ora riscontri evidenti circa una diminuita determinazione russa a conseguire gli obiettivi militari annunciati all’inizio della “operazione speciale”.

(@GianandreaGaian)

 

 

 

 

 

Confermata la notizia di Zelensky

 e il carico di droga in Argentina:

sbugiardati nuovamente i “fact-checker.”

 

 Lacrunadellago.net – Cesare Sacchetti – (29/03/2024) – ci dice:

 

La conversazione intercettata dall’Interpol: Zelensky ha trafficato 300 kg di cocaina dall’Argentina?

Se questa storia avesse avuto come protagonisti i leader della Russia o di...

L’ultima notizia pubblicata ieri su questo nostro blog ha suscitato dei prevedibili attacchi da parte dell’apparato dis-informativo dei sedicenti “fact-checker”, espressione mutuata dal giornalismo anglosassone che sta a significare “revisori dei fatti”.

Ora questa branca del giornalismo d’Oltreoceano e d’Oltremanica è stata esplicitamente creata per approntare una massiccia macchina di propaganda volta a screditare in continuazione le varie notizie pubblicate da quei quotidiani o blog che non ricevono finanziamento alcuno né dallo Stato –  in quanto i fondi pubblici vanno notoriamente a quella cerchia di quotidiani gradita all’establishment – né dai vari speculatori finanziari o istituzioni comunitarie, quali la “Commissione europea”, che si adoperano per far arrivare a questi siti i fondi necessari per sopravvivere.

Nella rete dei vari siti di “fact-checking” c’è anche “Open” che è anche il partner ufficiale di “Facebook”, e quindi i lettori non devono stupirsi se ogni qual volta condividono qualche notizia vera sgradita a certi ambienti,” Facebook” interviene per censurarla.

 

Una delle firme di punta, se si può usare questa espressione, è quella di “David Puente”, un bizzarro personaggio espatriato dal Venezuela che nei primi anni della sua “carriera” ha lavorato per “Gianroberto Casaleggio”, il guru del M5S già socio d’affari di “Enrico Sassoon”, appartenente alla famosa “famiglia di commercianti askenaziti” famosa per il” traffico d’oppio,” e poi negli anni passati consulente di “Laura Boldrini” durante il suo mandato da presidente della Camera.

Il curriculum parla già abbastanza chiaramente da sé.

Siamo molto lontani dai lidi del giornalismo indipendente ma piuttosto siamo su quelli di un personaggio reclutato per tenere vive certe narrazioni e provare maldestramente ad affossare invece i fatti che nel mondo del mainstream mediatico e della sua rete di “revisori dei fatti” vengono chiamati “notizie false” oppure per utilizzare la odiosa, e da questi tanto amata, espressione anglosassone “fake news”.

 

Nulla di particolarmente sorprendente, se non che ci troviamo a dover commentare nuovamente uno degli “articoli di Open” come già avevamo fatto in passato per ciò che riguarda la storia della “menorah” a Montecitorio.

All’epoca un altro articolo del quotidiano fondato da “Enrico Mentana”, per l’appunto “Open”, aveva provato, abbastanza ridicolmente, come sempre, a smentire il fatto che il disegno sulla pavimentazione davanti a Montecitorio non fosse” una menorah “quando persino fonti ebraiche quali il giornalista del “Tempo”, “Fabio Perugia”, scrisse nel 2012, in tempi non sospetti, che l’architetto incaricato di eseguire il restauro della facciata,” Franco Zagari”, aveva disegnato espressamente una menorah ebraica.

Ciò deve aver turbato le notti dei vari “fact-checker” che si sono affannati a scrivere improbabili articoli nei quali si affermava che la “menorah ebraica” era in realtà una “meridiana augustea” e probabilmente nella “redazione di Open” non hanno mai visto la seconda o forse l’hanno fatto ma convenientemente preferiscono fare finta di nulla.

Stavolta ci troviamo a dover ripetere nuovamente lo stesso esercizio e smentire ancora una volta” Open” che ci ha chiamati in causa attraverso il citato “Puente” che ci accusa nel suo articolo di divulgare “falsità” quando in realtà, come nel caso della menorah davanti a Montecitorio, è abbastanza chiaro chi sia a divulgare falsità e chi no.

In questa occasione di tratta di rispondere all’articolo di Puente sulla partita di cocaina di 300 kg che sarebbe stata consegnata a Zelensky in occasione della sua visita ufficiale a Buenos Aires per assistere all’inaugurazione del “presidente argentino Milei”.

Puente si lancia nell’esercizio tipico del più mediocre dei sedicenti revisori dei fatti che è quello della supercazzola.

Il metodo seguito da questi siti è più o meno sempre lo stesso.

Si scrive nel titolo “falso” riguardo alla notizia che si decide di smentire ma poi nel corpo dell’articolo si porta poco o nulla a sostegno della tesi, perché di questo si tratta, gridata nel titolo a caratteri cubitali.

Anche questo caso non fa eccezione.

Puente” prova ad alzare una spessa cortina fumogena provando ad associare ridicolmente i vari siti che hanno riportato la notizia alla Russia e poi si sofferma a presentare “Marcio Forti”, uno dei primi giornalisti a riportare la notizia, scrivendo tra virgolette “giornalista messicano” nell’imbarazzante tentativo di minare la credibilità di “Forti”.

Puente afferma che l’intercettazione è “priva di fondamento” e che si tratta del modus operandi tipico della fantomatica “propaganda russa”.

 

Prove a sostegno di queste affermazioni?

Nessuna, se non che al “giornalista” di Open non piace l’intercettazione e la associa arbitrariamente a fantomatici ambienti russi senza nessuna seria prova a sostegno.

Un serio lavoro di conferma o di smentita di una notizia dovrebbe basarsi su altro come, ad esempio, la ricerca di altre fonti che confermino o smentiscano quanto detto da una determinata fonte.

Si chiama verifica incrociata dell’informazione, un esercizio con il quale “Puente” sembra avere molta poca famigliarità.

È quanto invece abbiamo cercato di fare noi.

Puente e Open probabilmente lo ignorano ma già 4 giorni fa il giornalista argentino “Sebastian Salgado” che scrive per il sito “Data Urgente” aveva rivelato questo retroscena.

“Salgado” ha affermato che lo scambio sarebbe effettivamente avvenuto e a conferma di questo cita diverse fonti di intelligence di diversi Paesi.

 

Le rivelazioni del giornalista argentino” Salgado.”

 

“Salgado” appare essere un giornalista serio e ben informato sugli affari politici dell’Argentina e nelle sue dichiarazioni si sofferma anche a “scagionare” in qualche modo” Milei”, poiché il presidente argentino si stava appena insediando, nonostante lo stesso “Salgado” sia critico del capo di Stato da poco eletto in quanto troppo vicino agli interessi dell’anglosfera.

Ora è certamente più affidabile a nostro avviso quanto riferito da un giornalista serio e indipendente che si trova in Argentina e ben conosce quanto avviene nel suo Paese piuttosto che quanto riferito da sedicenti “revisori dei fatti” che dall’Italia scartano le informazioni che sono a questi, e ai loro datori di lavoro, sgradite.

E quanto rivelato da Salgado non è certo un fulmine a ciel sereno per quanto riguarda” Zelensky” e i suoi traffici con la droga.

 

I precedenti: Zelensky e la protezione ai narcotrafficanti.

Qualche tempo fa dalla Bulgaria erano giunte accuse molto dure e circostanziate nei confronti del presidente ucraino.

La Bulgaria aveva messo sulla sua lista dei ricercati “Evenin Banev” soprannominato “Brendo” che è considerato uno dei re della cocaina a livello internazionale.

Ad interessarsi di lui erano stati anche i ROS che in una loro informativa scrivevano come “Brendo” avesse rapporti con la “ndrangheta in Italia” e come assieme a questa coordinasse la consegna di grossi quantitativi di cocaina.

“Banev” e i suoi spostavano in media 40 tonnellate di droga all’anno e il suo nome era in cima alla lista di diversi servizi, su tutti quelli bulgari e italiani, che avevano dato vita ad una operazione congiunta già nel 2012 per sgominare il traffico.

Il narcotrafficante era però riuscito a scappare fino a quando non è stato arrestato a Kiev nel 2021.

Le autorità ucraine però non lo consegnarono alla Bulgaria. Al contrario, decisero di dargli la cittadinanza ucraina affossando così le richieste di estradizione di Sofia.

Non sarebbe una sorpresa scoprire che “Brendo” abbia pagato grosse tangenti al corrotto governo di Kiev per potersi comprare la cittadinanza ucraina e sfuggire così alla giustizia bulgara.

In Bulgaria le reazioni alla decisione di Zelensky erano state indignate tanto che il leader della formazione di centrosinistra,” Rumen Petkov”, aveva accusato apertamente Zelensky di essere il “protettore di Banev”.

L’Ucraina ha tutte le caratteristiche, come si vede, di un enorme centro di spaccio internazionale.

A conferma di questo ci sono altri fatti ovviamente taciuti dai media mainstream.

Nel corso dell’operazione militare della Russia in Ucraina, sono stati trovati dei laboratori, come quello di “Sopino”, vicino “Mariupol”, dove la droga veniva raffinata e poi distribuita sia tra la popolazione civile che tra le forze armate.

Uno dei nazisti ucraini catturati dai russi ha rivelato che quasi tutti i soldati al fronte sono sotto l’effetto di stupefacenti per “alleggerire” il peso delle atrocità commessi da questi in battaglia e, al tempo stesso, per stordirli e mandarli al macello più facilmente quando questi sono completamente drogati.

La storia dell’Ucraina nazista di Zelensky e della sua vicinanza al narcotraffico come si vede è più antica di quanto rivelato in questi giorni da giornalisti argentini e messicani.

L’Ucraina è un Paese strategico per il narcotraffico e le prove che Zelensky protegga i vari trafficanti sono evidenti e consolidate.

Non c’è però da stupirsi che qualche “fact-checker” scriva il solito articolo falso che prova a liquidare il tutto come “fake news”.

Laddove c’è il “fact-checking” raramente c’è la verità.

 

 

 

 

 

L’affondo di Stiglitz sulle

regole Ue: “Sarà un disastro.”

 It.insideover.com - Andrea Muratore – (8 GIUGNO 2020) – ci dice:

 

Joseph Stiglitz non è nuovo a duri attacchi contro la tenuta e la stabilità dell’euro e la funzionalità dell’Unione Europea nella risposta alle crisi sistemiche del presente.

Ma particolare significato ha quanto recentemente dichiarato dall’economista Premio Nobel nel 2001 in un’intervista al “Fatto Quotidiano”.

Secondo Stiglitz, infatti, la risposta comunitaria alla crisi economica e sociale in corso andrà nella giusta direzione solo se a fine emergenza coronavirus la Commissione europea di “Ursula von der Leyen” non riporterà in vigore le regole del Patto di stabilità e crescita sospese a marzo per tutto il 2020.

Per lo studioso statunitense ciò rappresenterebbe “un vero disastro”.

Secondo Stiglitz, infatti, molti Paesi “avrebbero debiti molto più alti, debiti su cui andrebbero pagati gli interessi” e su cui cadrebbe la spada di Damocle dell’aggiustamento strutturale delle finanze pubbliche e del rischio di procedure d’infrazione.

Nella fase post-Covid, secondo Stiglitz, “ci sarà molta più incertezza, il che renderà le persone molto più attente nello spendere: avremo un’insufficienza di domanda aggregata e quindi un’economia debole”.

L’azione dei governi, in questa fase, deve essere dunque diretta verso l’espansione della spesa e delle prospettive economiche della grande massa della popolazione.

L’Europa, in questo contesto, avrebbe sulla carta un vantaggio rispetto agli Stati Uniti, infiammati in questi giorni da durissime tensioni sociali:

l’aver contenuto la spinta propulsiva della disoccupazione, condizione in cui sono caduti in poche settimane 40 milioni di cittadini americani.

Le disuguaglianze nel Vecchio Continente, minori rispetto a quelle statunitensi, e la tenuta della rete sociale rappresentano contrappesi non indifferenti a mantenere tranquilla la situazione europea.

 Almeno per ora.

Per Stiglitz dalla ripresa di due dei Paesi colpiti dalla pandemia, Italia e Spagna, dipende la ripresa complessiva dell’Unione.

Ma come immaginarla possibile se dal prossimo anno torneranno scrutini di bilancio, rischi di procedura d’infrazione, critiche a possibili extra-deficit?

 La Commissione ha risposto pensando a una recessione “a V”, ovvero con una batosta economica seguita da un rimbalzo nell’anno successivo, ma ciò è ancora tutto da dimostrare.

La recessione potrebbe farsi lunga depressione, dato che l’economia europea e globale dovrà:

riattivare il ritmo produttivo pre-crisi, ripristinare le catene logistiche globali, rilanciare i commerci, lenire le problematiche occupazionali e curare la crescita della povertà, introiettare nel processo decisionale la trasformazione in asset strategico di filiere come quelle dell’agroalimentare e del biomedicale, ricostruire la fiducia dei consumatori.

 Tutto questo non si può fare in pochi mesi, né potrà farlo l’Europa se dopo pochi mesi si tornerà alle vecchie discussioni su rigidità fiscale, austerità e via dicendo.

La Germania, ad esempio, ha recentemente introdotto un piano da 130 miliardi di euro valido sia per il 2020 che per il 2021:

segno che le aspettative di Berlino sono di un rischio destinato a prolungarsi a lungo nel tempo.

 L’Europa castrerebbe le sue possibilità di ripresa consegnando i Paesi membri alla lunga burocrazia del rigore di bilancio e Stiglitz lo ha ben capito.

Un altro avvertimento autorevole, dopo quello di Mario Draghi, giunge affinché l’Europa prenda in mano il suo destino e gli Stati membri capiscano che solo dalle loro politiche interne potrà nascere veramente la garanzia di un rilancio complessivo.

 Serve investire, investire e ancora investire:

 possibilmente, senza la spada di Damocle del ritorno delle regole stringenti del vincolo sul deficit (da tenere al 3% del Pil) e dell’obiettivo del 60% nel rapporto debito/Pil.

 La crisi attuale ne impone una lunga deroga.

 

La Germania

contro l’Europa.

Legrandcontinent.eu – (13 dicembre 2023) - Jean-Francois Badia – ci dice:

 

Prospettiva Politica.

Il più grande paradosso dell’Unione si trova in Germania.

Sebbene il Paese sia uno dei più affezionati all’integrazione europea, è anche uno dei maggiori oppositori del processo.

 Dalle scelte di bilancio alla diplomazia, questa stimolante prospettiva ripercorre la storia delle politiche che hanno indebolito l’Unione e la Germania.

A margine, sorge una domanda: cambiare rotta è ancora possibile?

La recente decisione della Corte Costituzionale di Karlsruhe, che ha gettato la Germania in una grave crisi politica e di bilancio, e il suo atteggiamento poco equilibrato nei confronti del conflitto in corso a Gaza illustrano un paradosso sorprendente:

 pur desiderando sinceramente essere la migliore amica del progetto europeo, la Germania si rivela spesso, nella pratica, uno dei suoi peggiori e più potenti nemici.

 

Il paradosso tedesco.

Fin dall’inizio dell’integrazione europea, la Germania è stata indiscutibilmente uno dei paesi europei, se non il paese europeo, più impegnato nel processo, a prescindere dal colore politico del suo governo e con il sostegno schiacciante della società tedesca.

Eppure, da diversi decenni a questa parte, è anche il paese che ha regolarmente messo in serio pericolo l’integrazione europea difendendo rigidamente posizioni che minano l’Unione e il suo futuro, indipendentemente dal colore del suo governo e con il sostegno della stragrande maggioranza della sua popolazione.

Il 15 novembre, la “Corte di Karlsruhe” ha dichiarato incostituzionale la riassegnazione da parte del governo tedesco alla lotta contro il cambiamento climatico di 60 miliardi di euro di fondi non utilizzati, accantonati in un fondo extra-bilancio creato per sostenere l’economia durante l’epidemia COVID-19.

La decisione ha provocato un terremoto politico in Germania.

Aggirare la «Schuldenbremse».

Da diversi anni, il governo tedesco e gli stati federali stanno moltiplicando i fondi speciali di questo tipo – ce ne sono 29 per un totale di 869 miliardi di euro.

 Vengono utilizzati per aggirare le regole di bilancio molto restrittive che il paese si è auto-imposto inserendo nella Costituzione tedesca nel 2009, al culmine della crisi finanziaria, uno «Schuldenbremse»,

 il «freno al debito», che impone limiti molto rigidi al deficit e al debito che lo Stato federale, i Lander e i comuni possono contrarre: non deve superare lo 0,35% del PIL.

Se in un dato anno questo limite viene temporaneamente superato per ragioni congiunturali, l’eccedenza deve essere compensata da avanzi di bilancio quando l’economia si riprende.

In Germania, i fondi speciali vengono utilizzati per aggirare le regole di bilancio molto restrittive che il paese si è auto-imposto.

(WILLIAM DESMONTS)

Questo emendamento alla Costituzione tedesca fu adottato con una maggioranza di due terzi dal Bundestag e dal Bundesrat, grazie al sostegno congiunto dell’SPD e della CDU dell’epoca.

Oggi sarebbe necessaria una maggioranza di due terzi anche per modificare questa assurda norma costituzionale, ma al momento sembra impossibile ottenere una tale maggioranza. 

Delle conseguenze negative importanti per la Germania e l’Europa.

La decisione della Corte di Karlsruhe getta la Germania in una grave crisi proprio nel momento in cui l’economia del paese sta entrando in recessione e avrebbe bisogno di un importante sostegno di bilancio in molti settori. In particolare, minaccia il finanziamento di una transizione energetica già molto difficile da realizzare.

Questa crisi di bilancio tedesca ha anche importanti ripercussioni negative su scala europea in un momento in cui si stanno negoziando le modifiche al bilancio dell’UE per i prossimi anni, tra cui un pacchetto di 50 miliardi di euro per aiutare le finanze dell’Ucraina e altri 20 miliardi di euro per fornire sostegno militare al paese nei prossimi anni.

A breve termine, quindi, le conseguenze di questa decisione sono preoccupanti, sia per la Germania che per l’Europa, ma a lungo termine possiamo sperare che abbia un effetto positivo, dimostrando agli stessi tedeschi, facendo 2+2, l’assurdità e la pericolosità delle regole di bilancio che volevano imporre a tutta l’Europa.

 

Austerità permanente ed euroscetticismo.

L’infausta insistenza della Germania sull’austerità di bilancio permanente aveva già indebolito notevolmente l’economia europea negli anni Novanta, prima della creazione dell’euro, impedendole di riprendersi per diversi anni dallo shock della crisi economica del 1993.

Questa politica palesemente controproducente ha alimentato un crescente euroscetticismo, culminato nel fiasco del 2005 sulla Costituzione europea sia in Francia che nei Paesi Bassi, due membri fondatori dell’Unione.

 

Dopo la grande crisi finanziaria del 2008, il prolungato rifiuto della Germania di accettare qualsiasi forma di solidarietà con i paesi più in crisi ha rischiato di far fallire sia l’euro che l’integrazione europea nel suo complesso.

 Nella stessa Germania, questo deciso rifiuto ha portato all’adozione della sfortunata «Schuldenbremse» per indicare ai suoi vicini che la Germania era molto determinata nel suo rifiuto e intendeva dare l’esempio.

Fortunatamente, dopo aver portato l’Europa sull’orlo del baratro, la Germania di “Wolfgang Schaeuble” e “Angela Merkel” ha fatto marcia indietro all’ultimo minuto.

L’infausta insistenza della Germania sull’austerità di bilancio permanente aveva già indebolito notevolmente l’economia europea negli anni Novanta.

(WILLIAM DESMONTS)

 

Tuttavia, questa austerità imposta nel momento meno opportuno ha indebolito ulteriormente un’economia europea già dissanguata, offrendo alla Cina, in particolare, l’opportunità di prendere piede in Europa acquistando a basso prezzo i «gioielli di famiglia» dei Paesi in crisi che la Germania stava costringendo a svendere, come il porto del Pireo o il gestore della rete elettrica portoghese.

 

Il rifiuto di qualsiasi politica industriale europea.

Per decenni, Bonn e poi Berlino si sono costantemente e fermamente opposte a qualsiasi forma di politica industriale europea, dopo che le politiche nazionali erano state definitivamente eliminate a cavallo degli anni ’90 con l’implementazione del mercato unico.

 Il rifiuto è stato sistematico, sia che si trattasse di proteggere i confini dell’Unione con dazi doganali su determinati prodotti, sia che si trattasse di limitare e controllare gli investimenti esteri, sia che si trattasse di utilizzare i fondi europei per sostenere a livelli significativi un particolare settore di attività emergente.

Il rifiuto di adottare una politica industriale comune ha fatto sì che l’Europa si perdesse tutte le recenti rivoluzioni tecnologiche, che si trattasse di internet, telefonia mobile, semiconduttori, piattaforme, social network, intelligenza artificiale o fotovoltaico, a vantaggio di paesi come la Cina, la Corea del Sud o gli Stati Uniti, che non si fanno scrupoli a perseguire politiche industriali attive.

 Di conseguenza, l’Europa è diventata eccessivamente dipendente dagli Stati Uniti e dall’Asia in tutti questi settori cruciali per il futuro, anche se l’alto livello di istruzione della sua popolazione e la qualità della sua ricerca avrebbero dovuto permetterle di essere all’avanguardia nell’innovazione tecnologica.

L’austerità eccessiva e prolungata che la Germania ha imposto all’intera economia europea dopo la crisi del 2008 ha avuto un effetto depressivo duraturo anche sul mercato interno del continente.

Ed è in gran parte questa politica che ha reso l’industria europea, e in particolare quella tedesca, eccessivamente dipendente dal mercato cinese privandola di sbocchi europei, con il rischio che questa industria venga ora schiacciata dalla guerra commerciale sino-americana e dall’autoritaria assunzione di controllo sull’economia cinese da parte di Xi Jinping.

A queste minacce si aggiunge il ritardo tecnologico, in particolare nei veicoli elettrici e nella green tech, causato dalla già citata assenza di una politica industriale a livello europeo.

Il gas russo e la cecità su Putin.

La Germania non è stata certo l’unica a volerci cacciare in questo pasticcio, ma è anche vero che è stata in gran parte la Germania a portare l’Europa a dipendere troppo dal gas russo e a illudersi gravemente sui disegni di Vladimir Putin nei suoi confronti. Anche in questo caso, questa politica sbagliata è stata oggetto di un consenso molto ampio nel Paese, con la cristiano-democratica Angela Merkel che ha continuato senza esitazione, con la costruzione del gasdotto Nord stream 2, il lavoro del suo predecessore socialdemocratico Gerhard Schröder, un amico di Vladimir Putin diventando direttore della società russa Gazprom.

Questa eccessiva dipendenza ci ha costretti ad affrontare il progetto imperialista e reazionario della Russia di Putin dopo l’invasione dell’Ucraina.

Ancora una volta, ciò ha comportato un costo economico e sociale molto elevato per l’Unione e i suoi cittadini.

 

La Germania ha anche gran parte della responsabilità di aver impedito per decenni, attraverso una combinazione di eccessivo atlantismo e pacifismo, la costruzione di una difesa europea degna di questo nome e il consolidamento degli attori continentali nell’industria della difesa.

Questo ci pone in una posizione di grande debolezza in un momento in cui la Russia di Putin sta diventando molto aggressiva e gli Stati Uniti, sempre più tentati dall’isolazionismo trumpiano, rischiano di ritirarsi dal continente.

Questa drammatica debolezza della difesa europea rischia di portare alla sconfitta dell’Ucraina nei prossimi mesi.

 

Il sostegno incondizionato a Benyamin Netanyahu.

Ed è infine la Germania, per una parte importante, a mettere l’Europa con le spalle al muro in Medio Oriente con il suo sostegno incondizionato al governo di Benyamin Netanyahu nel conflitto israelo-palestinese, impedendo all’Unione Europea di adottare una posizione equilibrata su questo tema esplosivo.

Questo atteggiamento si spiega ovviamente con la storia particolare del paese, ma non è meno drammatico per l’Europa.

Innanzitutto, sta alimentando forti tensioni interne, con un aumento del rischio di terrorismo, una recrudescenza dell’antisemitismo, in particolare nelle comunità musulmane, e un parallelo aumento degli atteggiamenti islamofobi e xenofobi, incoraggiati da un’estrema destra in crescita ovunque.

L’austerità eccessiva e prolungata imposta dalla Germania al continente ha reso l’industria europea, e soprattutto tedesca, eccessivamente dipendente dal mercato cinese, privandola di sbocchi europei.

(WILLIAM DESMONTS)

Al di fuori dei suoi confini, c’è il rischio che l’UE, appoggiando troppo le politiche irresponsabili del governo Netanyahu, possa trovarsi invischiata in una «guerra di civiltà», promossa sia dagli islamisti che dall’estrema destra europea.

 Questo allargherebbe sicuramente l’abisso che già ci separa dai nostri vicini a sud del Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente, come abbiamo visto di recente nel Sahel, soprattutto a causa della politica della «fortezza Europa» sull’immigrazione.

 L’idea di uno scontro tra il mondo musulmano e l’«Europa cristiana» minaccerebbe seriamente il futuro stesso di un’Unione Europea in declino e in via di invecchiamento, sempre più chiusa in sé stessa.

 

Sia in termini economici che geopolitici, le scelte politiche su cui c’è un ampio consenso in Germania hanno regolarmente avuto conseguenze molto negative per l’integrazione europea negli ultimi decenni.

Nella stessa Germania, come nel resto dell’Europa, si dice spesso che i leader tedeschi hanno agito in modo da difendere gli interessi nazionali del loro paese sopra ogni altra cosa.

Se così fosse, non sarebbe necessariamente illegittimo in un’Europa che è ancora una confederazione di Stati nazionali.

 Ma questo non è assolutamente vero, come dimostrano l’attuale episodio tragicomico della «Schuldenbremse», lo stato deplorevole delle infrastrutture tedesche a causa di una prolungata mancanza di investimenti pubblici, il danno considerevole arrecato alla sua economia dall’eccessiva dipendenza della Germania dal gas russo e la grave crisi che sta attraversando la sua industria automobilistica a causa del ritardo tecnologico europeo dovuto alla mancanza di una politica industriale.

 Le posizioni dogmatiche difese con le unghie e con i denti in Europa dai leader tedeschi di ogni colore politico per diversi decenni hanno arrecato danni tanto alla stessa Germania quanto ai suoi vicini e all’Unione Europea.

Le responsabilità della Francia.

Ovviamente non è questa la sede per affermare che la Germania sia l’unica responsabile delle profonde difficoltà che l’Europa sta attraversando in molti settori.

 La Francia, in particolare, ha sempre dato prova di un atteggiamento pusillanime, combinando spesso la retorica europeista con una sovranità nazionale di fatto quando nel momento di agire. I suoi leader si sono anche dimostrati molto spesso incapaci, per arroganza e disprezzo dei nostri vicini, di costruire coalizioni sufficientemente ampie per sostenere efficacemente i loro progetti europei.

La Francia ha anche spesso mancato di onorare i propri impegni, generando una legittima sfiducia in molti dei nostri vicini.

 A questo proposito, il fallimento dell’azione di Emmanuel Macron in Europa, nonostante questa sia stata inizialmente presentata come una delle direttrici principali del suo progetto politico, è una perfetta illustrazione delle debolezze della Francia.

 

Sia in termini economici che geopolitici, le scelte politiche su cui c’è un ampio consenso in Germania hanno regolarmente avuto conseguenze molto negative per l’integrazione europea negli ultimi decenni.

“WILLIAM DESMONTS)

Resta il fatto che oggi è la Germania a dettare il ritmo all’interno dell’Unione Europea, grazie al suo peso demografico, economico e geopolitico al centro di un’Europa allargata verso est.

Finché i nostri vicini continueranno a difendere politiche così controproducenti per l’Europa, quest’ultima non avrà alcuna possibilità di uscire dalle sue profonde difficoltà.

 

Uscire dal «too little, too late».

La situazione può cambiare?

Ogni volta che si sono resi conto che stavano portando l’Europa verso il baratro, i leader tedeschi hanno accettato di cambiare la loro posizione, ma questi cambiamenti finora sono sempre stati «too little, too late».

Si spera tuttavia che l’eccezionale portata delle sfide ecologiche, economiche e geopolitiche che stiamo affrontando in questo momento possa innescare un risveglio oltre il Reno e portare a un ripensamento fondamentale degli obsoleti schemi di pensiero tedeschi.

Naturalmente, molto dipenderà anche dalla capacità dei vicini della Germania di esercitare in modo concertato un’adeguata pressione in questa direzione.

Mentre l’Ue rinnega il Green Deal,

 l’Agenzia europea dell’ambiente

certifica il disastro: ‘Qui la temperatura

 cresce più che nel resto del mondo.

Ora politiche forti’.

Ilfattoquotidiano.it - Luisiana Gaita – (12 MARZO 2024) – ci dice:

 

Mentre l’Ue rinnega il Green Deal, l’Agenzia europea dell’ambiente certifica il disastro:

‘Qui la temperatura cresce più che nel resto del mondo. Ora politiche forti’.

Proprio mentre l’Unione europea rinnega le misure principali del Green Deal, boicottato dal “Ppe” della presidente della Commissione Ue, “Ursula von der Leyen,”

 l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) mette in guardia: “L’Europa è il continente che sta registrando i più rapidi aumenti delle temperature al mondo”.

E parla di “interventi urgenti” per evitare che alcuni rischi raggiungano livelli “catastrofici”.

Tutto pubblicato nel suo primo rapporto sulla valutazione dei rischi climatici nei Paesi dell’Unione, alla vigilia di un’altra pubblicazione molto attesa.

Quella della “Commissione Ue” presieduta da “Ursula von der Leyen”:

si tratterà di una comunicazione sulla resilienza climatica e sul contenuto della quale nei giorni scorsi sono trapelate alcune anticipazioni.

Si parla di possibili conflitti per le risorse idriche, anche tra Stati. Insomma, Bruxelles guardava al “Green Deal” come lo sbarco sulla luna, ma lascia in eredità un’Europa alle prese con le guerre dell’acqua.

 

L’Agenzia europea dell’Ambiente: “Il rischio di conseguenze catastrofiche” – L’”Aea” ha pubblicato i risultati della prima ”European Climate Risk Assessment”, valutazione europea dei rischi climatici mai effettuata come contributo all’individuazione delle priorità politiche in materia di adattamento ai cambiamenti climatici e in supporto ai settori sensibili al clima.

La valutazione, coordinata insieme al Centro euro-mediterraneo sul cambiamento climatico, si sofferma su 36 principali rischi climatici nell’ambito di cinque grandi gruppi:

ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza.

E spiega che molti di questi rischi hanno già raggiunto “livelli critici”, che potrebbero “diventare catastrofici in assenza di interventi urgenti e decisivi”.

Ventuno di questi rischi, infatti, richiedono interventi più incisivi e, tra questi, otto sono da attuare con particolare urgenza, principalmente per preservare gli ecosistemi, limitare l’esposizione umana al calore, proteggere la popolazione e le infrastrutture da inondazioni e incendi boschivi e garantire la sostenibilità dei meccanismi di solidarietà europei, come il Fondo di solidarietà dell’Unione europea. Secondo l’”Aea”, inoltre, è l’Europa meridionale a essere “particolarmente a rischio” a causa di incendi, ondate di calore e scarsità di acqua.

 Inondazioni, erosione e l’infiltrazione di acqua salata minacciano invece le regioni costiere europee a bassa quota.

I responsabili politici europei e nazionali devono agire immediatamente con interventi volti a limitare i rischi climatici, sia mediante una rapida riduzione delle emissioni sia con l’attuazione di politiche e di interventi di adattamento forti” ha sottolineato” Leena Ylä-Mononen”, direttrice esecutiva dell’Agenzia.

 

Stati europei, tra collaborazione e possibili conflitti – Come spiega anche il “Centro euro-mediterraneo sul cambiamento climatico” la maggior parte dei principali rischi individuati nella relazione è considerata un fattore che interessa “congiuntamente” l’Unione europea, i relativi Stati membri e altri livelli di governo.

La valutazione sottolinea, infatti, che per affrontare e limitare i rischi climatici in Europa l’Ue e gli Stati membri devono collaborare coinvolgendo anche i livelli regionali e locali laddove si rivelino necessari interventi urgenti e coordinati”.

Ma c’è un rischio:

che le difficoltà già oggi incontrate da diversi Stati a causa dei cambiamenti climatici possano diventare motivo di scontro più che di collaborazione.

Un rischio di cui si parlerebbe nel documento che Bruxelles si accinge a presentare per chiedere ai governi di fare di più per contrastare il cambiamento climatico.

Secondo quanto anticipato nei giorni scorsi da “Politico.Eu”, infatti, l’ultima bozza del documento – che potrebbe essere l’ultimo di una certa rilevanza sul fronte della lotta al cambiamento climatico da parte della Commissione guidata da Ursula von der Leyen, prima delle elezioni europee di giugno – si afferma non solo che la scarsità d’acqua potrebbe portare a una maggiore concorrenza sulle risorse idriche tra i diversi settori, problematica che l’Italia ha già avuto modo di sperimentare, ma che potrebbe essere causa di conflitti tra Stati membri.

 Un esempio è quanto sta accadendo in Catalogna (Spagna), che ha vissuto un inverno particolarmente siccitoso e fa pressioni al governo centrale spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez affinché devii l’acqua del fiume Ebro, che alimenta parte della regione, dalla vicina Aragona.

Uno scenario che i paesi europei conoscono molto meno rispetto a quelli che si trovano in altre aree del pianeta, come Yemen, Siria, Iran, Pakistan e India, ma anche quelli del Sud America.

Dovuti certamente al clima, ma anche a politiche sbagliate.

 

Bruxelles sognava lo sbarco sulla luna, ma lascia i conflitti per l’acqua – Il documento dell’esecutivo Ue è molto atteso anche perché arriva in un momento in cui Bruxelles sta ricevendo forti critiche a causa di dietrofront e rese su molte delle misure del “Green Deal”, anche prima della protesta dei trattori che, in realtà, non si è ancora fermata.

Partendo dai cinque gruppi a cui fa riferimento la valutazione dell’Agenzia europea dell’Ambiente (ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza), si possono citare, per esempio, il testo indebolito del regolamento sul Ripristino della Natura e lo stop alla proposta di dimezzare l’uso di pesticidi in agricoltura al 2030 che, però, già era stata respinta dal Parlamento Ue e si era arenata a causa dei veti dei Paesi membri.

 Ma ci sono anche le deroghe concesse agli Stati – in primis l’Italia – nella direttiva sulla qualità dell’aria e la revisione della direttiva sulle emissioni industriali che non ha incluso gli allevamenti di bovini che pure Bruxelles aveva proposto.

Molte rese sono dovute alle elezioni europee che, nel frattempo, si avvicinavano.

Ed ora sono alle porte, ma l’eredità lasciata dalla Commissione Ue è diversa rispetto alla promessa.

Dallo “sbarco sulla luna” ai conflitti dell’acqua.

 

 

 

 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE- 2.

TREMENDO PROGETTO “FOBO”

 DEL WEF DI SCHWAB: “In 5 Anni

 IA rimpiazzerà il 44 % degli Impiegati Umani”

 Gospanews.net - Redazione Gospa  News – (26 Dicembre 2023) – ci dice: 

 

WORLD ECONOMIC FORUM SFIDA IL MONDO DEL LAVORO.

Metà del Business Dati sarà gestito dalla Tecnologia.

Se c’è mai stato un momento nella storia in cui i sostenitori del globalismo non sono riusciti a contenere la loro snervante eccitazione, è stato quando l’intelligenza artificiale ha guadagnato importanza nei media.

Il World Economic Forum è ovviamente in soggezione nei confronti dell’intelligenza artificiale (AI), elogiando la tecnologia e definendola l’apice dell’industria umana.

Il WEF presieduto da Klaus Schwab, oltre ad aver idolatrato il modello di società cinese, ha già ponderato l’uso dei microchip nei bambini.

Va inoltre ricordato che uno dei fondatori e principali sostenitori della famigerata organizzazione mondiale dei summit di Davos è Bill Gates, partner dell’industria bellica italiana Leonardo proprio nello sviluppo dell’IA nelle tecnologie militari.

I burattinai del WEF affermano che l’intelligenza artificiale trasformerà la società così rapidamente che la maggior parte degli individui non sarà in grado di tenere il passo con gli sviluppi.

Naturalmente nessuno di questi sviluppi è stato ancora osservato nel mondo reale.

 In realtà, oltre a rendere più semplice per gli studenti universitari imbrogliare agli esami, è difficile vedere qualche reale vantaggio che l’intelligenza artificiale abbia apportato finora.

È qui che esiste una discrepanza tra le previsioni del WEF e ciò che le prove suggeriscono che è più probabile che si verifichi.

L’intelligenza artificiale ha davvero tutte le capacità che i globalisti la descrivono?

 L’automazione finirà per sostituire metà dell’umanità?

Durante il vertice sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale nel Regno Unito, “Elon Musk” ha avvertito che non ci sarebbero stati posti di lavoro in futuro e che l’intelligenza artificiale sarebbe stata in grado di fare tutto, rivolgendosi al primo ministro britannico “Rishi Sunak”.

I media dell’establishment hanno promosso questa idea come inevitabile e milioni di persone, soprattutto nella” generazione Z”, hanno già paura che l’intelligenza artificiale eliminerà le loro prospettive lavorative in futuro.

 Il WEF è arrivato al punto di coniare il termine “FOBO” (Fear Of Becoming Obsolete), ovvero “Paura di diventare obsoleti”, per descrivere questa emozione.

“FOBO” sta per “fear of better options, quindi paura delle opzioni migliori”, ma il WEF si è appropriato del termine e ne ha cambiato il significato per adattarlo alla storia dell’IA.

Le aziende del primo mondo utilizzano da tempo l’automazione e adattarsi ad essa non ha necessariamente reso nessuno “obsoleto” agli occhi dell’economia.

I media spesso lasciano intendere che i lavori ad alta intensità di lavoro manuale in settori come l’industria manifatturiera, la vendita al dettaglio e l’agricoltura rischiano di estinguersi.

Ma per coloro che lavorano nel settore informatico dei “colletti bianchi”, l’intelligenza artificiale sembra rappresentare una minaccia molto più grande.

È molto più probabile che l’intelligenza artificiale sostituisca i lavoratori nella raccolta dati, nello sviluppo di software, nello sviluppo web, nell’analisi della ricerca, nella sicurezza delle informazioni e in campi correlati.

In sostanza, l’intelligenza artificiale (AI) automatizza le applicazioni dei dati, aprendo la porta ai non programmatori al “codice” di un giorno in un modo che in precedenza richiedeva anni di formazione

. Ad esempio, i progettisti di siti potrebbero presto ritrovarsi senza lavoro poiché la creazione online sta diventando sempre più automatizzata.

 

L’intelligenza artificiale non è in grado di funzionare ampiamente nel mondo fisico e non ha mostrato segni di coscienza o creatività.

L’idea che i “dati” siano l’economia del futuro e che un giorno i robot gestiranno l’economia fisica è la risposta globale a questo problema.

Anche se può sembrare un sogno irrealizzabile, se l’“economia dei dati” è il luogo in cui si concentrerà l’intelligenza artificiale per il prossimo futuro, allora la maggior parte dei posti di lavoro che andranno persi a causa dell’intelligenza artificiale riguarderanno il settore dei colletti bianchi.

In un recente rapporto sul “FOBO”, il WEF riconosce parzialmente questo fenomeno, sostenendo che entro il 2027, il 42% delle competenze legate al business sarà sostituito dall’intelligenza artificiale e il 44% delle tipologie di competenze (umane – N.D.R.) diventeranno obsolete.

 

 

 

 

Le elezioni in Russia: l’era di

Vladimir Putin ha cambiato

la storia della Russia e del mondo.

 

Lacrunadellago.net – (18/03/2024) – Cesare Sacchetti – ci dice:

Quando Vladimir Putin pronunciò il suo discorso quel lontano giorno di maggio del 2000 probabilmente non se lo aspettava nemmeno lui.

Non si aspettava che da quel momento in poi sarebbe iniziata una nuova era nella storia della Russia e del mondo intero.

Dietro di sé, c’era il cumulo di macerie ereditato da “Boris Eltsin,” il presidente fantoccio gestito per conto dello stato profondo americano e dei suoi consiglieri economici, su tutti il famigerato “Jeffrey Sachs”, americano di origini ebraiche, che oggi prova a rifarsi una verginità indossando i panni di “critico della NATO”.

In quegli anni, la Russia era piombata in un vero inferno.

 Lo Stato come tale non c’era nemmeno più.

A governare erano i famigerati oligarchi, quasi tutti askenaziti, che con il placet della superpotenza americana avevano ridotto il Paese ad un’enclave occupata da clan locali e stranieri dove la fame e la povertà erano all’ordine del giorno.

Se si parla con un russo che ha vissuto quegli anni, e non sono pochi, si potrà avere un quadro ancora più esaustivo della dura vita che il popolo russo conduceva in quell’epoca.

“Gorbachev” aveva fatto ciò che i suoi referenti dei vari circoli Occidentali gli avevano chiesto di fare.

 Era giunto il tempo di liquidare l’URSS e di accompagnarla sull’uscio della storia poiché questa aveva abbondantemente servito gli scopi dei suoi creatori, i bolscevichi, quasi tutti di origine ebraica, e lautamente finanziati da banchieri quali “Jacob Schiff” e” Max Warburg”.

 

Allora era giunto il tempo di smantellare quell’impero per lasciare il posto soltanto a quello americano che avrebbe avuto il compito esclusivo di guidare, o meglio imporre, al mondo il dominio di Washington e dell’atlantismo.

Questo è quello che accadde negli anni 90.

 La “NATO”, organizzazione ipocritamente definita di contenimento all’URSS, avrebbe dovuto essere sciolta poiché il suo scopo e la sua ragion d’essere erano entrambi esauriti.

Dall’altra parte del Muro, non c’era più il blocco comunista ma ciò non ha impedito all’organizzazione atlantica di espandersi e di annettere a sé diversi Paesi dell’Europa Orientale fino ad arrivare alle porte dei confini russi.

Quando si parla di “aggressione russa” viene da sorridere se si pensa che negli ultimi 30 anni ogni singola guerra è stata provocata o dalla “NATO” che arbitrariamente bombardava quei Paesi che non si conformavano alla sua volontà politica, oppure dagli” Stati Uniti” che a sua volta colpiva quei Paesi giudicati una “minaccia” per i poteri sionisti che dominavano Washington.

“NATO” e “Stati Uniti”, sono stati questi due poteri a scrivere la storia del mondo, in negativo, negli ultimi 30 anni.

La rinascita della Russia era quell’elemento che atterriva già in quegli anni questi ambienti.

Quando i” neocon”, un’altra derivazione delle “lobby sioniste”, scrivevano nel 1997 che occorreva sfruttare il vuoto di potere creato dalla caduta dell’URSS per costruire un super impero americano, esprimevano indirettamente il timore che un domani l’orso russo si sarebbe potuto rimettere in piedi.

 

La rinascita della Russia e il contenimento del mondialismo.

Ciò accadde quel giorno di maggio del 2000 quando il testimone del Cremlino passò dalle mani di “Eltsin” a quelle di “Putin”.

Lì iniziò la rinascita.

 Iniziò la bonifica di una nazione e del suo apparato statale profondamente infetto da agenti stranieri della “CIA” come ha ricordato in passato “Putin” che raccontò come i vari rappresentanti della “intelligence americana” dirigessero gli uffici russi dalle loro scrivanie sulle quali sopra c’era la bandierina americana.

Tale era la condizione della Russia.

Da potenza a colonia.

E il viaggio iniziò lì.

24 anni dopo ci si trova di fronte ad una eredità e ad un’altra era, quella di Vladimir Putin, che ha cambiato il corso della storia.

Il risultato straordinario delle elezioni di domenica dimostra come un intero popolo ormai sia stretto al suo leader da più di 20 anni e come non si abbia alcuna intenzione né da una parte né dall’altra di recidere questa relazione tra il presidente e la sua gente.

 

Quando “Putin” stesso, quasi commosso, ha ringraziato i russi per avergli dato il 90% dei suffragi affermando che “siamo un’unica squadra” ha ribadito che il rapporto tra lui e il suo popolo è indissolubile e non può essere sciolto da mani straniere e nemiche della Russia.

Da questa parte del mondo Occidentale invece si è assistito al solito esercizio di ipocrisia quando alcuni quotidiani del mainstream sono arrivati a definire come una “farsa” le elezioni russe in quanto, a loro dire, non c’erano concorrenti veri contro Putin.

Si è indecisi se trasecolare o mettersi a ridere.

Coloro che pronunciano queste frasi sono gli stessi che da anni in Europa Occidentale propinano ai popoli europei la farsa, vera, della falsa alternanza tra centrodestra e centrosinistra con le annesse false opposizioni di turno, quali il M5S prima, la Lega poi, e da ultimi i vari partitini satelliti di questo sistema, quali quello di Paragone, Rizzo e gli altri.

Sono proprio questi personaggi a mettere il naso in caso della Russia e dire a questa come si fa una elezione “regolare”.

L’Occidente per anni ha accarezzato il suo fantoccio, ovvero “Navalny”, al quale era stato assegnato il ruolo di vero oppositore a “Putin”, ma anche quando questi si presentava nessuno lo votava.

I russi, molto semplicemente, non sono interessati a seguire il “modello” di democrazia occidentale e non si comprende perché dovrebbero farlo.

Il vero volto autoritario della democrazia liberale.

Cosa c’è da questa parte di così ricco e unico al quale non si può rinunciare a tutti i costi?

 Chi ha vissuto in Europa Occidentale negli ultimi tempi si è dovuto trovare a fare i conti con la “peggiore dittatura distopica” che si è mai vista.

Non si poteva uscire di casa qualche tempo fa senza rischiare di essere aggrediti o fermati illegalmente dalle autorità soltanto perché i vari dpcm, illegali a loro volta, di Conte prima e di Draghi poi avevano ristretto arbitrariamente la libertà personale.

Non ci si poteva spostare da una parte all’altra dell’Italia senza fare il test del “PCR “che è stato sviluppato senza nemmeno avere un campione del virus isolato, ancora oggi assente, e che ha un margine di errore del “97%” come ha confermato persino una recente sentenza di un tribunale portoghese.

Non si poteva entrare in chiesa senza rischiare di essere aggrediti e trascinati fuori dal luogo di culto come nemmeno il peggiore dei criminali viene trattato.

Questa è l’Europa e l’Occidente, per non parlare del sistema sociale ed economico che da 30 anni tiene fermi i salari con l’euro, moneta artificiale finanziaria senza Stato, e l’austerità che ha creato una disoccupazione di massa.

 

La tanto decantata, solo dalla “solita intellighenzia” ormai, democrazia liberale non ha dato nulla ai suoi popoli.

Ha tolto ai popoli prima il benessere economico consegnando l’Italia e l’Europa agli oligarchi, spesso stranieri, che oggi hanno in mano le risorse strategiche del Paese e poi ha tolto loro anche le libertà personali, consegnando gli italiani e gli europei alla peggiore vita possibile.

Quando questo accadeva, in Russia la vita scorreva normalmente. Nessuno veniva inseguito per le strade perché privo di mascherine e nessuno veniva messa al bando perché privo di vaccino.

Se c’è qualcuno che deve andare a lezione di diritti naturali, e soprattutto smetterla di impartire tali lezioni, quella non è di certo la Russia, ma proprio l’Europa Occidentale.

La farsa pandemica ha trasmesso una grande lezione, per chi l’ha voluta e saputa apprendere.

La democrazia liberale è la vera dittatura di questi tempi.

Questo disfunzionale sistema concepito nel secolo dei lumi da intellettuali francesi quali Voltaire e Rousseau, non a caso scelto dal M5S per la sua piattaforma, entrambi iscritti alla massoneria è stato partorito per proteggere esclusivamente gli interessi del liberalismo e del capitalismo finanziario che governa il primo.

La democrazia liberale altro non è che il trionfo del capitale sullo Stato e non deve sorprendere che oggi in Europa, soprattutto in Italia, ci sia un generale rigetto dei vari partiti che periodicamente si presentano alle lezioni.

Nessuno di questa sfida davvero contro lo status quo.

Nessuno mette in discussione il potere delle massonerie, dei rotariani, delle case farmaceutiche, dell’alta finanza e di tutto quel grumo infetto che costituisce il fulcro della liberal-democrazia.

La Russia ha riportato in vita gli Stati nazionali.

 

Questo spiega perfettamente perché la Russia stia conoscendo un’era di prosperità e di crescita mentre l’Europa una di declino morale, spirituale ed economico.

La Russia non disconosce le sue radici cristiane ma le ricorda e le difende.

 L’Europa ha preferito prostrarsi invece ai piedi del “moloch della secolarizzazione e della laicità” e i risultati sono evidenti sotto gli occhi di tutti.

La civiltà europea viaggia verso l’abisso perché ha rinnegato sé stessa e i popoli ormai disconoscono quei sistemi politici che hanno prodotto questa profonda crisi.

La Russia ha scelto un’altra via.

 Non quella del liberalismo e nemmeno quella dell’unipolarismo per ciò che riguarda la politica internazionale.

Se nel mondo Occidentale tutto ciò che non fa gli interessi della finanza e dei vari poteri che gestiscono l’Occidente è “autoritario”, in Russia invece si ha rispetto per le culture e gli interessi altrui.

Non si entra nella casa altrui radendo al suolo qualsiasi cosa e “non si instaura un presidente fantoccio” che esegue gli ordini di Washington e Londra.

Quello è il modello unipolare ed è il modello che ha messo a ferro e fuoco il mondo intero pur di affermare la centralità della “NATO”, degli “Stati Uniti” e più in generale del “Nuovo Ordine Mondiale”.

La Russia ha detto no ad un destino dove si può essere soltanto schiavi di questi apparati.

Ha concepito il multipolarismo che, a sua volta, ha un padre ancora più antico, come il presidente Aldo Moro che già negli anni 70 del secolo scorso voleva un altro destino per l’Italia che non fosse quello di declino e sottomissione impostole dal famigerato club di Roma.

Questa è l’era che ha creato con pazienza Putin.

 Anno dopo anno, ha costruito l’edificio del multipolarismo fino a costruire un blocco alternativo alla NATO che oggi rappresenta la maggioranza dell’economia mondiale.

L’Occidente voleva accerchiare e isolare la Russia mentre è oggi il primo che si trova ad essere accerchiato ed isolato.

L’era inaugurata da Putin ha inevitabilmente cambiato non solo il percorso della Russia ma anche quello dell’Occidente.

Quando iniziò la “farsa pandemica, si era giunti ad un punto molto vicino alla nascita di una “società globale autoritaria”.

Il “Leviatano del mondialismo” è stato molto vicino a vedere la luce del giorno.

 Soltanto l’opposizione della Russia, assistita anche dall’America di Trump, ha impedito tale baratro.

In qualche modo, anche gli europei hanno un debito nei confronti di Putin e degli altri leader come Trump che hanno resistito al totalitarismo mondialista.

Se non fosse stato per loro, a quest’ora il “Grande Reset di Davos” sarebbe qui tra noi.

 Putin ha detto no al “Nuovo Ordine Mondiale” e al suo “braccio militarista della NATO”.

Questa è l’era politica che lui ha inaugurato.

Una nella quale non sono più i poteri transnazionali a dominare, ma gli Stati nazionali.

 

Il XX secolo aveva ucciso le patrie.

Il XXI le sta riportando in vita.

E se questo passaggio storico oggi sta diventando realtà lo si deve indiscutibilmente a uomini come Vladimir Putin che sin dal primo momento hanno cercato di difendere l’antico ordine della tradizione che invece il liberalismo ha cercato in ogni modo di sopprimere.

 

 

 

Il segmento “PBS” afferma che

Trump vuole "eliminare"

i gay dall'America.

Zerohedge.com - Tyler Durden – (01 APRILE 2024) - Steve Watson tramite Modernity. news – ci dicono:

 

In un ridicolo segmento paranoico su “PBS News Hour” questa settimana, la corrispondente della rete dalla Casa Bianca” Laura Barron-Lopez” ha affermato che “Donald Trump£ non sta solo pianificando di annullare i “diritti civili”, ma anche di “eliminare” le persone “LGBT” dal paese.

“Barron-Lopez” e il conduttore” William Brigham” hanno fatto queste affermazioni mentre discutevano della vera critica di “Trump alla chirurgia transgender “e alla “terapia ormonale praticata sui bambini” e sugli uomini biologici che gareggiano negli sport femminili.

“Durante la campagna elettorale, Trump ha parlato di ciò che intende fare se eletto a novembre, e ciò include la revoca dei diritti di milioni di persone “LGBTQ”. 

“Fa parte di un programma più ampio volto ad annullare molti progressi moderni in materia di diritti civili per i gruppi minoritari”, ha affermato Brigham.

Ha poi presentato “Barron-Lopez”, il quale ha affermato che Trump “prevede un’azione rapida se eletto”, contro le persone “LGBT”.

Ha poi suggerito che Trump e “circa 100 organizzazioni di destra guidate dalla “Heritage Foundation” abbiano un piano segreto per spazzare via le persone “LGBTQ ” o qualcosa del genere.

In cosa consiste il “vile piano”?

Eliminare il DEI (diversità, equità e inclusione) dai mandati governativi e vietare i finanziamenti federali per l’insegnamento della teoria critica della razza.

OK, quelle cose non sono diritti civili.

 Semmai sono direttamente contrari ai diritti civili perché discriminano in base al colore della pelle.

“Barron-Lopez”, che è anche analista politico della “CNN,” si è poi lamentato del fatto che Trump “revocherà le tutele sanitarie per le persone transgender e solleciterà il Congresso a definire il genere come maschio e femmina, fissati alla nascita”.

Senza alcuna spiegazione o prova reale, ha inoltre affermato che “questo piano sta anche cercando di fermare qualsiasi riconoscimento dell’accettazione dell’identità di genere e delle persone LGBTQ, punto”.

Il corrispondente ha poi citato il professor “Thomas Zimmer di Georgetown”, “che studia i regimi autoritari”, sottolineando che “Trump non è stato necessariamente in grado di istituirlo nel 2017, quando è entrato in carica per la prima volta, perché non aveva il numero di lealisti che prevedeva.

E questo sull'avere su tutta la linea.

E con questi nuovi lealisti, ha detto “Zimmer”, può promuovere un ideale cristiano evangelico bianco della società americana”.

È stato poi riprodotto il “VT di Zimmer” in cui ha affermato:

 “Si oppone alla democrazia egualitaria perché fondamentalmente non concorda sul fatto che tutte le persone siano uguali o meritino di essere trattate come cittadini uguali.

 Solo coloro che appartengono al “vero popolo”, alla vera America, se lo meritano.

 E quindi tutti gli altri devono essere epurati dalla nazione o, per lo meno, accettare il loro posto minore nella società”.

“Barron-Lopez” ha poi dichiarato:

"Il professor Zimmer ha aggiunto che quel tipo di epurazione di cui parla affonda le sue radici nel maccartismo dei primi anni '50, dove essenzialmente cercavano di spazzare via chiunque nella società americana si discostasse dalle norme percepite".

Quindi lo dicono essenzialmente perché credono che ci siano due sessi, ciò significa che Trump vuole sradicare ed “eliminare” spazzare via” tutte le persone “LGBTQ”.

Che fetta succosa di “follia di sinistra” era quella.

 

 

 

 

Perché la NATO e il regime di Kiev

sono terrorizzati dal missile

ipersonico “Zircon” della Russia?

 

Zeroedge.com - Tyler Durden – (01 APRILE 2024) - Drago Bosnic - infobrics.org – ci dice:

 

Anche prima dell’orrendo attacco terroristico al Crocus City Hall, le capacità di attacco a lungo raggio dell’esercito russo facevano venire i brividi lungo la schiena degli aggressori della NATO e dei loro burattini della giunta neonazista.

 Armi come il 3M22 “Zircon”, un missile da crociera ipersonico con propulsione “scramjet”, sono state messe in servizio negli ultimi anni e vengono ora trasferite anche su piattaforme terrestri, in particolare il sistema di difesa costiera “K300P” “Bastion-P”.

Con una gittata di 1500 km (forse anche di più) e una velocità di Mach 9, lo "Zircon" è oltre 3 volte più veloce e la sua gittata è almeno doppia rispetto a quella dei missili supersonici P-800 "Oniks" originariamente utilizzati dalla suddetta piattaforma, inoltre potenziando le già senza precedenti capacità di attacco a lungo raggio della Russia (con orrore sia della giunta neonazista che della NATO, come accennato in precedenza).

 

Ciò è diventato ancora più evidente all’indomani dell’attacco terroristico al municipio di Crocus , poiché l’esercito russo ora sta dando la caccia agli organizzatori, sia ai servizi di intelligence del regime di Kiev che ai loro signori della NATO .

Con una tale portata (almeno 1500 km o forse anche oltre 2000 km), l'uso di "Zircon" consente a Mosca di colpire qualsiasi località sul territorio dell'Ucraina.

Tuttavia, va notato che il gigante eurasiatico ha sempre avuto questa capacità.

 La differenza ora è che può farlo molto più velocemente e con molto meno tempo di preavviso.

 L'uso di sistemi missilistici ipersonici lanciati dall'aria e da terra come il 9-A-7660 "Kinzhal" e "Iskander-M" è ancora di grande attualità, come dimostra l'ultima eliminazione di ufficiali di alto rango della NATO (sebbene la loro morte sarà sicuramente attribuita ad incidenti sciistici "improvvisi").

 

Tuttavia, l'"Iskander-M" può utilizzare un'enorme testata HE da 700 kg che è meglio utilizzata contro obiettivi in ​​prima linea e maggiori concentrazioni di truppe nelle retrovie.

 Praticamente lo stesso vale per i missili "Kinzhal" molto più veloci. Inoltre, questi possono talvolta essere rilevati dalle “risorse ISR” (intelligence, sorveglianza, ricognizione) della NATO , in particolare quelle aviotrasportate e spaziali, dando agli ufficiali della giunta neonazista e ai loro "consiglieri" stranieri appena il tempo sufficiente per scappare (anche se non molto, e certamente non sempre).

Il lancio di un "Iskander" può essere rilevato dai sistemi di allerta precoce, mentre l'ISR può captare lo schieramento del MiG-31K/I. Queste informazioni possono essere trasmesse al regime di Kiev o a qualsiasi personale della NATO sul terreno.

 D'altra parte, rilevare uno "Zircon" alimentato da “scramje”t può essere molto più problematico.

Poi entrano in gioco i numeri:

 – Kiev: 3 minuti e 30 secondi;

 – Leopoli: 5 minuti e 20 secondi;

 – Dnepropetrovsk: 2 minuti e 30 secondi;

 – Vinnitsa: 3 minuti e 40 secondi;

 – Kharkov: meno di 4 minuti;

 – Odessa: meno di 1 minuto.

Immagina di essere un ufficiale della “SBU”, del “GUR” (l'intelligence militare della giunta neonazista) o di alcune delle forze di occupazione della NATO.

Sei di stanza in un edificio e vivi nell'illusione di essere al sicuro quando l'”SVR” o il “GRU” russo vengono a conoscenza della tua posizione e trasmettono queste informazioni alle unità in Crimea che poi sparano uno "Zircon" contro quell'edificio.

Questo è quanto tempo avresti prima dell'impatto.

Tuttavia, consideriamo lo scenario migliore e immaginiamo che le risorse” NATO ISR “rilevino il missile immediatamente dopo il lancio (il che è estremamente improbabile).

Questo è il tempo che avrai per evacuare.

 È possibile scappare in tempo?

Certamente, ma ciò non significa che sia molto probabile.

Al contrario, il panico derivante da un avvertimento renderebbe sicuramente l’evacuazione molto più difficile.

Lo stesso vale per i lanci missilistici “Kinzhal” e “Iskander”.

 

Tuttavia, il motivo principale per cui lo “Zircon” è molto più pericoloso per bersagli di alto valore (HVT) nelle retrovie è perché ha una testata molto più piccola (circa 300 kg), il che significa che è più probabile che l’esercito russo utilizzi in attacchi a lungo raggio.

 Lanciare un "Iskander" o un "Kinzhal" potrebbe causare danni inaccettabili alle infrastrutture puramente civili nelle aree circostanti, sia a causa delle loro testate più grandi e distruttive, in particolare nel caso del "Kinzhal", sia per la velocità che gli conferisce anche un'enorme energia cinetica.

 Ecco perché è molto più probabile che questi sistemi missilistici più distruttivi vengano utilizzati contro obiettivi puramente militari come grandi concentrazioni di truppe e importanti equipaggiamenti ostili, in particolare i “sistemi SAM” (missili terra-aria) e “MLRS” (sistemi di razzi a lancio multiplo) noti per utilizzare “PGM” (munizioni a guida di precisione), ecc.

 

D’altro canto, proprio grazie allo spiegamento su larga scala dei missili “Zircon”, la Russia ha più possibilità di colpire i centri decisionali in Ucraina.

Ciò spiega il panico nella “NATO” e nel “Pentagono”, che ora si trovano di fronte al dilemma su come garantire la sicurezza delle loro forze di occupazione in Ucraina.

Suggerisco a tutti di prestare attenzione alle notizie sulle "morti improvvise" di ufficiali della NATO in vari "strani incidenti" nei prossimi giorni e settimane.

 Presto potremmo venire a conoscenza di maggiori, colonnelli e persino generali americani, polacchi o di altri paesi della NATO che muoiono "misteriosamente" e "inspiegabilmente" mentre sciano sulle Alpi, cadono da elicotteri, si strozzano con i croissant mentre fanno colazione o soffocano quando hanno la gola gonfia caffè caldo, ecc.

Tuttavia, il regime di Kiev insiste che non c'è nulla di cui preoccuparsi, poiché può "abbattere qualsiasi cosa".

 

Secondo le loro ultime affermazioni avrebbero cioè "abbattuto almeno due missili 'Zircon' " .

Come previsto, la giunta neonazista insiste di aver raggiunto questo obiettivo con "sistemi di difesa missilistica di fabbricazione statunitense su Kiev, il 25 marzo".

Presumo che possiamo procedere ora che hai finito di ridere e riprendere fiato.

Il rapporto non ha mai nominato alcun sistema in modo specifico, ma si può presumere che le affermazioni future attribuiranno la presunta "uccisione" all'atrocemente sopravvalutato SAM "Patriot" che ha fallito ovunque negli ultimi 30 e più anni, anche contro missili balistici piuttosto primitivi; ma ha "improvvisamente tanto successo" contro gli ultimi ipersonici.

Inoltre, è piuttosto interessante il modo in cui riescono ad “ottenere” questo risultato, ma sono stati assolutamente impotenti contro oltre 300 missili P-800 “Oniks”.

Non ne è stato abbattuto uno solo, nonostante fosse 3-4 volte più lento e meno manovrabile dello “Zircon”.

 

 

 

Perché è un disastro la legge

che vieta la carne coltivata.

Lastampa.it- Redazione – (20 dicembre 2023) – ci dice:

Lettera aperta di un gruppo di 30 scienziati italiani: “Una proibizione che danneggia la ricerca. Ora non resta che appellarsi alla “Commissione europea”.

Pubblichiamo una lettera aperta di 30 scienziati italiani sul tema della carne coltivata e della legge che la proibisce in Italia.

(…)

Abbiamo appreso con interesse la notizia che la legge che vieta la produzione e la vendita della carne coltivata in Italia, promulgata dal Presidente della Repubblica lo scorso 1° dicembre, sia stata trasmessa dal governo al Quirinale dopo esser stata notificata alla Commissione europea, poiché potenzialmente a rischio di contrastare con i trattati fondamentali che regolano il mercato unico europeo.

Significativo, in particolare, l’impegno assunto dal governo a “conformarsi a eventuali osservazioni che dovessero essere formulate dalla Commissione nell'ambito della procedura di notifica”.

Durante tutto l'iter del disegno di legge, quando c'era ancora tempo per modificarlo, molte voci si sono levate dalla società civile e dalla comunità scientifica italiana per avvertire del rischio che la legge contrastasse con i trattati Ue e potesse portare addirittura ad aprire una procedura di infrazione verso l'Italia, ma la maggioranza di governo non ha voluto ascoltarle e ha rifiutato ogni considerazione sull'opportunità di inserire nel testo un riferimento all'eventuale revisione della legge nel momento in cui i prodotti vietati fossero stati approvati in Europa.

La comunità scientifica italiana ha anche cercato di avvertire i promotori del “ddl” della pericolosità di impedire sul nascere ogni applicazione pratica di un filone di ricerca molto promettente e competitivo, ricordando che “studiare è meglio che vietare”, ma si è trovata sbarrata ogni porta, poiché i decisori politici hanno preferito risvegliare nella popolazione irrazionali timori faustiani per pericoli inesistenti e proporsi come gli unici in grado di dissiparli.

Il danno alla reputazione scientifica del Paese, che con simili iniziative si dichiara ostile all'innovazione, una volta di più, è sotto gli occhi di tutti.

Sarà ora importante che società scientifiche, imprenditori e imprenditrici innovativi e singoli studiosi riportino alla Commissione europea i rilievi già espressi tramite l'invio di memorie alle commissioni del Parlamento italiano e rimasti inascoltati, inviando i propri contributi tramite il sito web apposito (…).

Più volte, in passato, il Presidente della Repubblica ha ricordato l'importanza di incoraggiare e sostenere la ricerca scientifica.

Lo scorso 18 novembre, in occasione della celebrazione per il centenario del CNR, il Presidente Mattarella ha citato un verso del grande poeta austriaco Rilke:

“Il futuro entra in noi”, sottolineando poi “il futuro arriva tra di noi, entra in noi attraverso la Ricerca”.

È proprio questo, a nostro avviso, lo spirito che dovrebbe guidare non solo la ricerca scientifica, ma anche il processo della decisione politica, per una società della conoscenza che guardi al futuro con fiducia.

Lettera firmata:

1. Antonio Musarò, Sapienza Università di Roma

2. Chiara Tonelli, Università degli Studi di Milano, Presidente FISV

3. Guido Poli, Presidente Patto Trasversale per la Scienza (PTS)

Ed altri…

 

 

 

 

UN GENOCIDIO PREANNUNCIATO.

Comedonchisciotte.org - Chris Hedges - substack.com – (1 aprile2024) -ci dice:

 

Il genocidio a Gaza è la fase finale di un processo iniziato da Israele decenni fa.

 Chiunque non l'abbia previsto è perché ha voluto rimanere cieco di fronte al carattere e agli obiettivi finali dello Stato di apartheid.

A Gaza non ci sono sorprese.

Ogni atto orribile del genocidio israeliano era già stato anticipato.

 Lo è stato per decenni.

L’espropriazione dei palestinesi della loro terra è il cuore pulsante del progetto coloniale dei coloni di Israele.

Questo esproprio aveva avuto momenti storici drammatici – nel 1948 e nel 1967 – quando vaste parti della Palestina storica erano state confiscate e centinaia di migliaia di palestinesi erano stati ripuliti etnicamente.

L’espropriazione è avvenuta anche in modo graduale: il furto di territori al rallentatore e la costante pulizia etnica in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.

L’incursione del 7 ottobre in Israele da parte di” Hamas” e di altri gruppi di resistenza, che ha causato la morte di 1.154 israeliani, turisti e lavoratori migranti e ha visto circa 240 persone prese in ostaggio, ha dato a Israele il pretesto per ciò che desidera da tempo:

 la cancellazione totale dei palestinesi.

 

Israele ha distrutto il 77% delle strutture sanitarie di Gaza, il 68% delle infrastrutture di telecomunicazione, quasi tutti gli edifici municipali e governativi, i centri commerciali, industriali e agricoli, quasi la metà di tutte le strade, oltre il 60% delle 439.000 case di Gaza, il 68% degli edifici residenziali – il bombardamento della torre Al-Taj a Gaza City, il 25 ottobre, ha ucciso 101 persone, tra cui 44 bambini e 37 donne, e ferito centinaia di persone – e ha distrutto i campi profughi.

L’attacco al campo profughi di Jabalia, il 25 ottobre, ha ucciso almeno 126 civili, tra cui 69 bambini, e ne ha feriti 280.

Israele ha danneggiato o distrutto le università di Gaza, tutte chiuse, e il 60% delle altre strutture educative, tra cui 13 biblioteche.

Ha inoltre distrutto almeno 195 siti del patrimonio culturale, tra cui 208 moschee, chiese e l‘Archivio centrale di Gaza, che custodiva 150 anni di registrazioni e documenti storici.

I cacciabombardieri, i missili, i droni, i carri armati, i pezzi di artiglieria e i cannoni navali di Israele polverizzano quotidianamente Gaza – che è lunga solo 20 miglia e larga cinque – in una campagna di terra bruciata che non si vedeva dai tempi della guerra in Vietnam.

Israele ha sganciato su Gaza 25.000 tonnellate di esplosivi – equivalenti a due bombe nucleari – e molti obiettivi sono stati selezionati dall’intelligenza artificiale.

Sgancia munizioni non guidate (“bombe inerti”) e bombe “bunker buster” da 2.000 libbre sui campi profughi e sui centri urbani densamente popolati, nonché sulle cosiddette “zone sicure” – il 42% dei palestinesi uccisi si trovava in queste “zone sicure”, dove Israele aveva ordinato loro di fuggire.

Oltre 1,7 milioni di palestinesi sono stati sfollati dalle loro case, costretti a trovare rifugio in rifugi sovraffollati dell’”UNRWA,” nei corridoi e nei cortili degli ospedali, nelle scuole, nelle tende o all’aperto nel sud di Gaza, spesso accanto a fetide pozze di liquami.

 

Israele a Gaza ha ucciso almeno 32.705 palestinesi, tra cui 13.000 bambini e 9.000 donne.

Ciò significa che Israele sta massacrando 187 persone al giorno, tra cui 75 bambini.

 Ha ucciso 136 giornalisti, molti dei quali, se non la maggior parte, presi deliberatamente di mira.

Ha ucciso 340 medici, infermieri e altri operatori sanitari – il quattro per cento del personale sanitario di Gaza.

Questi numeri non riflettono il reale bilancio delle vittime, poiché vengono contati solo i morti registrati negli obitori e negli ospedali, la maggior parte dei quali non funziona più.

Il bilancio delle vittime, se si contano anche i dispersi, supera di gran lunga le 40.000 unità.

I medici sono costretti ad amputare arti senza anestesia.

Persone con gravi patologie – cancro, diabete, malattie cardiache, malattie renali – sono morte per mancanza di cure o moriranno presto. Più di cento donne partoriscono ogni giorno, con poca o nessuna assistenza medica.

 Gli aborti spontanei sono aumentati del 300%.

Oltre il 90% dei palestinesi di Gaza soffre di una grave insicurezza alimentare, e ci sono persone che mangiano cibo per animali ed erba.

 I bambini muoiono di fame.

Scrittori, accademici, scienziati e i loro familiari palestinesi sono stati rintracciati e assassinati.

Oltre 75.000 palestinesi sono stati feriti e molti di loro rimarranno invalidi a vita.

“Il 70% delle morti registrate sono di donne e bambini“, scrive “Francesca Albanese”, relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, nel suo rapporto pubblicato il 25 marzo.

 “Israele non è riuscito a dimostrare che il restante 30%, cioè i maschi adulti, fossero combattenti attivi di “Hamas” – una condizione necessaria affinché potessero essere legittimamente presi di mira.

 All’inizio di dicembre, i consiglieri di sicurezza israeliani avevano dichiarato di aver ucciso ‘7.000 terroristi” in una fase della campagna in cui meno di 5.000 maschi adulti in totale erano stati ‘identificati tra le vittime, dando così per scontato che tutti i maschi adulti uccisi fossero ‘terroristi’“.

Israele usa dei trucchi linguistici per negare a chiunque a Gaza lo status di civile e a qualsiasi edificio – comprese moschee, ospedali e scuole – lo status di area protetta.

I palestinesi vengono tutti etichettati come responsabili dell’attacco del 7 ottobre o come scudi umani di “Hamas”.

Tutte le strutture sono considerate obiettivi legittimi da Israele in quanto presunti centri di comando di “Hamas” o perché ospiterebbero combattenti di “Hamas”.

Queste accuse, scrive la “Albanese”, sono il “pretesto” usato per giustificare “l’uccisione di civili sotto un manto di presunta legalità, la cui omnicomprensiva pervasività ammette solo un intento genocida“.

Non avevamo visto un assalto ai palestinesi di questa portata, ma tutte queste misure – l’uccisione di civili, l’esproprio di terre, la detenzione arbitraria, la tortura, le sparizioni, la chiusura di città e villaggi palestinesi, la demolizione di case, la revoca dei permessi di soggiorno, la deportazione, la distruzione delle infrastrutture che mantengono la società civile, l’occupazione militare, il linguaggio disumanizzante, il furto di risorse naturali, in particolare delle falde acquifere – caratterizzano da tempo la campagna israeliana intesa a sradicare i palestinesi.

L’occupazione e il genocidio non sarebbero possibili senza gli Stati Uniti, che forniscono a Israele 3,8 miliardi di dollari di assistenza militare annuale e che ora stanno inviando a Israele altri 2,5 miliardi di dollari in bombe, tra cui 1.800 bombe MK84 da 2.000 libbre, 500 bombe MK82 da 500 libbre e jet da combattimento.

 Anche questo è il nostro genocidio.

Il genocidio a Gaza è il culmine di un processo.

 Non è un atto isolato.

Il genocidio è il prevedibile epilogo del progetto coloniale dei coloni di Israele.

 È codificato nel DNA dello Stato di apartheid israeliano.

È il punto in cui Israele doveva arrivare.

I leader sionisti ammettono apertamente i loro obiettivi.

 

Il ministro della Difesa israeliano “Yoav Gallant”, dopo il 7 ottobre, aveva annunciato che Gaza non avrebbe ricevuto “né elettricità, né cibo, né acqua, né carburante”.

Il ministro degli Esteri israeliano “Israel Katz” aveva dichiarato:

“Aiuti umanitari a Gaza?

Nessun interruttore elettrico sarà acceso, nessun idrante sarà aperto”.

“Avi Dichter”, ministro dell’Agricoltura, aveva definito l’assalto militare di Israele come “la Nakba di Gaza”, facendo riferimento alla Nakba, o “catastrofe”, che tra il 1947 e il 1949 aveva cacciato 750.000 palestinesi dalla loro terra e ne aveva visti migliaia massacrati dalle milizie sioniste.

Il membro del “Likud” della “Knesset israeliana” “Revital Gottlieb “aveva postato sul suo account di social media: “

Abbattete gli edifici! Bombardate senza distinzione!!!…Spianate Gaza. Senza pietà! Questa volta non c’è spazio per la pietà!”.

Per non essere da meno, il ministro del Patrimonio “Amichai Eliyahu” aveva sostenuto l’uso di armi nucleari su Gaza come “una delle possibilità”.

Il messaggio della leadership israeliana è inequivocabile.

Annientare i palestinesi come noi abbiamo annientato i nativi americani, come gli australiani hanno annientato i popoli delle Prime Nazioni, come i tedeschi hanno annientato gli “Herero” in Namibia, come i turchi hanno annientato gli” armeni” e i “nazisti” hanno annientato gli ebrei.

 

Le specificità sono diverse. Il processo è lo stesso.

Non possiamo invocare l’ignoranza. Sappiamo cos’era successo ai palestinesi.

Sappiamo cosa sta accadendo ai palestinesi. Sappiamo cosa accadrà ai palestinesi.

Ma è più facile fingere.

 Fingere che Israele permetta l’ingresso di aiuti umanitari.

Fingere che ci sarà un cessate il fuoco.

Fingere che i palestinesi torneranno alle loro case distrutte a Gaza. Fingere che Gaza sarà ricostruita.

Fingere che l’Autorità Palestinese amministrerà Gaza.

Fingere che ci sarà una soluzione a due Stati.

Fingere che non ci sia un genocidio.

Il genocidio, che gli Stati Uniti finanziano e sostengono con spedizioni di armi, dice qualcosa non solo su Israele, ma anche su di noi, sulla civiltà occidentale, su chi siamo come popolo, da dove veniamo e cosa ci definisce.

Dice che tutta la nostra millantata moralità e il rispetto per i diritti umani sono una menzogna.

Dice che le persone di colore, soprattutto quando sono povere e vulnerabili, non contano.

 Dice che le loro speranze, i loro sogni, la loro dignità e le loro aspirazioni di libertà non hanno valore.

Dice che arriveremo al dominio globale attraverso la violenza razziale.

Questa bugia – che la civiltà occidentale è fondata su “valori” come il rispetto dei diritti umani e lo stato di diritto – è una menzogna che i palestinesi e tutti coloro che vivono nel Sud globale, così come i nativi americani e gli americani di colore, conoscono da secoli.

Ma con il genocidio di Gaza in diretta streaming, questa menzogna è impossibile da sostenere.

 

Non fermiamo il genocidio di Israele perché siamo Israele, infettati dalla supremazia bianca e inebriati dal dominio della ricchezza del mondo e dal potere di annientare gli altri con le nostre armi industriali.

 Ricordate l’editorialista del “New York Times” “Thomas Friedman” che, alla vigilia della guerra in Iraq, aveva detto a “Charlie Rose” che i soldati americani avrebbero dovuto andare casa per casa da “Bassora” a “Baghdad” e dire agli iracheni “succhiamelo”?

Questo è il vero credo dell’impero statunitense.

Il mondo al di fuori delle fortezze industrializzate del Nord globale è perfettamente consapevole che il destino dei palestinesi è il loro stesso destino.

Quando il cambiamento climatico mette a rischio la sopravvivenza, quando le risorse scarseggiano, quando la migrazione diventa un imperativo per milioni di persone, quando i raccolti agricoli diminuiscono, quando le aree costiere vengono inondate, quando la siccità e gli incendi selvaggi proliferano, quando gli Stati falliscono, quando i movimenti di resistenza armata sorgono per combattere i loro oppressori insieme ai loro proxy, il genocidio non sarà un’anomalia.

 Sarà la norma.

 I vulnerabili e i poveri della terra, quelli che “Frantz Fanon” chiamava “i miserabili della Terra”, saranno i prossimi palestinesi.

(Chris Hedges)

(chrishedges.substack.com)

 

 

 

 

Israele: in violazione della legge di Dio,

 della giustizia naturale, delle leggi

di guerra e di tutto il diritto

 umanitario internazionale consuetudinario.

Unz.com - ILANA MERCER – (31 MARZO 2024) – ci dice:

Oltre all'omicidio di massa su scala industriale di singole persone, Israele è impegnato nello sradicamento degli abitanti di Gaza come popolo.

(~ilana).

 

Indiscutibilmente, condannare la campagna israeliana su scala industriale di massacro e fama a Gaza dovrebbe essere eticamente semplice.

Di base davvero.

Che Israele sta commettendo "il crimine di tutti i crimini" contro i palestinesi di Gaza non rientra nel regno delle opinioni.

Che il “Nord del mondo” sia fermo di fronte a questo olocausto meticolosamente documentato non è in discussione.

Che gli Stati Uniti partecipino attivamente ai crimini di guerra, finanziando e armando Israele in violazione del diritto internazionale umanitario, una pletora di leggi statunitensi (avendo, senza condizioni, consegnato più di 100 spedizioni di armi a Israele dal 7 ottobre) e la giustizia naturale, articolata da Cicerone già nel 106-43 dC:

questi sono tutti fatti.

 

Che l'America ha fornito allo Stato ebraico una copertura diplomatica – interferendo per esso, in modo che possa continuare per i suoi scopi malvagi – fino a poco tempo fa, ponendo il veto a tre (anche se simbolici) tentativi internazionali di fermare Israele: anche questo è immutabilmente vero.

 

Giusto e sbagliato sono universali, non relativi.

 Il sesto comandamento non è un'opinione, ma una specie della legge naturale inviolabile.

Non è facoltativo.

"Non uccidere" è chiamato un comandamento per un motivo.

 Non ci sono clausole di privilegio tribale ad esso collegate.

Come i gentili, gli ebrei sono ingiunti contro l'omicidio, per non parlare dell'omicidio di massa.

Eppure gli israeliani ora si fanno beffe del Sesto Comandamento con orribile audacia.

Sembrano credere che la loro supremazia settaria trascenda l'ordine morale universale a cui si esprimono il diritto internazionale, la legge naturale e il Decalogo.

Con le sue azioni, così "evidenti e oltraggiose", Israele ha "sconvolto il cosmo" (una bella frase della scrittrice “Kathryn Harrison”).

Tale è la turpitudine morale della folla di Israel Über Alles– ebrei e gentili, negli Stati Uniti e all'estero – che sembrano incapaci di distinguere l'evidenza dall'asserzione, e i fatti dalla finzione buonista. Non sanno distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Per necessità, quindi, qualsiasi prefazione a un saggio sull'annientamento manifestamente intenzionale della Striscia di Gaza da parte di Israele deve trasformarsi in un manuale di etica.

Chiaramente, se la società israeliana è malata; lo stesso vale per i suoi sostenitori e sostenitori cobelligeranti.

 

L'INGANNO DEL CESSATE IL FUOCO AMERICANO.

L'America ha condizionato l'inalienabile diritto alla vita dei palestinesi alla restituzione degli ostaggi israeliani, annullando di fatto tale diritto. (~ilana)

 

Per aver sollevato nuvole di seppia offuscante sul suo voto di astensione sulla risoluzione del cessate il fuoco del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il 25 marzo, l'amministrazione Biden e il suo rappresentante all'ONU devono essere smascherati.

 

Considerando che era moralmente obbligato a costringere Israele a cessare e desistere immediatamente dal suo attacco sistematico e prolungato contro i civili di Gaza;

gli Stati Uniti avevano scelto, fino al 25 marzo, di condizionare semplicemente la cessazione temporanea degli omicidi di massa immorali e illegali di palestinesi innocenti al rilascio degli ostaggi israeliani, vincolando di fatto un "cessate il fuoco" al ritorno degli ostaggi israeliani.

Contro la volontà dei cittadini del nostro Paese e del mondo, l'America ha esercitato il suo potere di veto, ripetutamente e in modo affidabile, nelle precedenti votazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in modo da impedire un cessate il fuoco immediato e incondizionato a Gaza.

Così facendo, l'America aveva condizionato il diritto inalienabile alla vita dei palestinesi al ritorno degli ostaggi israeliani, annullando di fatto quel diritto inalienabile.

Riconoscendo che il diritto alla vita di uomini, donne e bambini innocenti è incondizionato.

Gli stati membri del Consiglio di Sicurezza, a parte gli Stati Uniti e il suo protetto Israele, si erano rifiutati di legare il destino di Gaza ai negoziati sugli ostaggi.

Con logica trasparente, “Amar Bendjama”, ambasciatore dell'Algeria presso le Nazioni Unite e attuale membro del Consiglio di Sicurezza del blocco arabo, aveva dichiarato, il 20 febbraio 2024, che

 "Un voto a favore [di un cessate il fuoco incondizionato] è un sostegno al diritto dei palestinesi alla vita."

Con i precedenti veti e l'attuale astensione, gli Stati Uniti avevano annullato il diritto dei palestinesi alla vita indipendentemente dal diritto degli ostaggi israeliani alla stessa vita.

Si può dire che i civili innocenti di Gaza sono tenuti in ostaggio dai sostenitori israeliani “Blinken”, “Biden” e dall'ambasciatrice “Linda Thomas-Greenfield”.

 

La maggior parte delle persone in tutto il mondo, tuttavia, non ha nulla di tutto questo.

Abbiamo cantato "cessate il fuoco" con tempestività catechetica. L'insieme "intelligente" dell'Occidente sta tardivamente ricevendo il messaggio che i loro elettori, cittadini onesti, sono disgustati dalle azioni di Israele e sono in rivolta contro il suo sostegno.

In risposta, e in modo davvero cinico, tutto ciò che l'ambasciatore “Thomas-Greenfield” ha fatto il 25 marzo è stato astenersi dall'usare il potere di veto americano per impedire ai bravi ragazzi – Cina, Russia, Algeria e il resto dei 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – di chiedere un cessate il fuoco immediato e incondizionato a Gaza.

 È tutto.

Aspettatevi che l'amministrazione” Biden” e i suoi sostenitori bipartisan continuino a blandire gentilmente brevi pause – pause condizionali – nel bagno di sangue dell' “IDF” nei confronti di una popolazione civile indifesa e messa all'angolo.

Coprendo la sua miseria con la santità;

gli Stati Uniti non avevano posto il veto all'ultima risoluzione del cessate il fuoco;

ma aveva comunque lavorato per annacquarlo.

 Nel loro voto di astensione, gli Stati Uniti hanno " bloccato l'azione dell'Assemblea Generale ai sensi della risoluzione “Uniting for Peace”, dove si sarebbe potuto vedere qualche azione reale e significativa ".

Per la bussola morale criptata;

 è difficile battere l'ex ambasciatrice alle Nazioni Unite “Nikki Haley”.

In questo prolungato miraggio di politica estera, Blinken, Biden, Thomas-Greenfield e il loro gruppo politico fanno di Nikki Haley, una repubblicana, orgogliosa del fatto che la nomina di Trump alle Nazioni Unite non avrebbe fatto nulla di diverso.

 

CESSARE E DESISTERE! DOV'È LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE?

Un delinquente violento, un serial killer, deve essere fermato; non avvisato e osservato!

( ~Ilana).

I soldati dell' “IDF” vaporizzano giovani uomini che si fanno strada tra le macerie come in un videogioco;

deridono le loro vittime, invadono le loro case;

rubacchiare dalle loro attività e frugare tra i pietosi effetti intimi delle persone morte e prive di tutto.

(~ilana).

Nel mondo del clientelismo le cose non vanno molto peggio.

 Gli Stati Uniti sono al fianco di Israele:

sono un paese cobelligerante: nel sostenere attivamente le forze armate israeliane e nel gestire l'interferenza diplomatica per i suoi politici;

L'America sta agendo come " sponsor principale " di Israele, complice nei crimini di guerra, segnalando allo Stato ebraico che gli permetterà di continuare il suo malvagio gioco finale.

Come ho azzardato a gennaio, l'emissione dell'equivalente di un cessate-e-desistenza legale o di un ordine restrittivo contro un criminale violento, Israele, è urgente e attesa da tempo.

 È già troppo tardi perché Gaza diventi un territorio abitabile.

Mentre i progressisti lodavano la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), la mia prospettiva sull'indecisione della Corte, alcuni mesi fa, era più debole.

(Disgusto, in realtà.)

Sfocato com'ero sulle definizioni legalistiche di genocidio;

Era ovvio per me che ciò che era senza dubbio un omicidio di massa e una pulizia etnica – crimini che sono in corso e in corso – doveva essere fermato immediatamente.

Un delinquente violento, un serial killer, deve essere fermato; non avvertito e osservato!

Se la Corte internazionale di giustizia fosse stata un'organizzazione efficace e giusta, avrebbe emesso una sorta di ordine vincolante di cessazione e desistenza, una sorta di ordine restrittivo, se vuoi, dando istruzioni alle forze di difesa israeliane, gli emissari del diavolo sulla terra, di fermare le sue depredazioni.

Un altro tribunale internazionale, la Corte penale internazionale (CPI), aveva "emesso, nel marzo del 2023, mandati di arresto, nientemeno che" per due individui nel contesto della situazione in Ucraina", uno dei quali era “Vladimir Vladimirovich Putin” , presidente della Federazione Russa, ricercato per crimini di guerra.

Per quanto riguarda Israele, l'inetta Corte Internazionale di Giustizia appare compromessa.

Perché in una società giusta, le restrizioni morali che si applicano all'individuo devono estendersi anche alla collettività.

Gli atti immorali vietati individualmente non possono essere sanzionati collettivamente.

Se il cittadino non deve uccidere; e nemmeno lo Stato, qualsiasi Stato.

 

IL CESSATE IL FUOCO DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU È VINCOLANTE.

 

Una risoluzione del Consiglio di Sicurezza non disattesa dagli Stati Uniti avrebbe potuto includere una richiesta di sanzioni diplomatiche, militari, politiche ed economiche, il congelamento dei beni israeliani, il dispiegamento di una forza di protezione e l'istituzione di un tribunale per futuri procedimenti giudiziari.

(~ilana)

 

Nella loro indiscussa superiorità, gli Stati Uniti hanno affermato, inoltre, che la risoluzione dell'ONU sul cessate il fuoco è "non vincolante".

"Completamente falso", si sfoga l'esperto di diritto internazionale “Graig Mokhiber”,in un'intervista, il 26 marzo, con “Amy Goodman” di "Democracy Now!"  Eparafraso il signor Mokhiber.

 

La Carta delle Nazioni Unite prevede che tutti i membri delle Nazioni Unite debbano tenere ad accettare e ad attuare le decisioni del Consiglio di Sicurezza.

La Carta, all'articolo 25, e nelle successive decisioni della Corte Internazionale di Giustizia, ha reso indiscutibile che le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sono vincolanti per tutti gli Stati membri.

Non solo l'ultima risoluzione sul cessate il fuoco è vincolante, ma offre l'opportunità, dato che Israele la sta violando, di presentare una risoluzione per l'attuazione ai sensi del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, che "autorizza il Consiglio di Sicurezza a orchestrare... azioni... attraverso un comitato di stato maggiore militare".

Una risoluzione del Consiglio di Sicurezza non disattesa dagli Stati Uniti potrebbe includere un appello all'azione corporale:

sanzioni diplomatiche, militari, politiche ed economiche, il congelamento dei beni israeliani, il dispiegamento di una forza di protezione e l'istituzione di un tribunale per futuri procedimenti giudiziari.

Se lasciati agli europei e agli americani senza timone – non hanno fatto nulla per fermare quello che” Ron Unz” ha definito il primo omicidio di massa televisiva della storia – è per un tribunale celeste che aspetteremo.

Le cicatrici si uniranno, ma i morti non resusciteranno e le giovani membra vivaci non ricresceranno.

Ogni giorno più di dieci bambini perdono le gambe a causa dell'IDF. Dedicate un pensiero alla sorte di questi bambini zoppicanti per tutta la vita, perché gli Stati Uniti e i leader mondiali non lo hanno fatto.

Ancora una volta, questi furfanti e maledetti giudiziari e politici (con le scuse alla comunità canina) avrebbero potuto tagliare la fornitura di munizioni ai colpevoli.

(Alcuni lo hanno fatto. Dio benedica il Canada per aver imposto un embargo sull'esportazione di kayak e sciroppo d'acero verso Israele.)

Senza americani (tu ed io, i contribuenti);

 Israele non durerebbe un giorno nella sua coraggiosa battaglia contro le madri ed i loro bambini.

Potremmo ostacolare l'offensiva di Israele imponendo sanzioni e boicottaggi, congelando i beni israeliani in tutto il mondo, come è stato fatto con i russi.

Si sarebbero potuti emettere mandati di arresto, come ha fatto la Corte penale internazionale per i russi.

In sostanza, smettere di uccidere e mutilare i palestinesi, senza condizioni.

 

ANNIENTAMENTO, NON GUERRA.

 

La guerra di Israele non è una guerra secondo alcuna definizione conosciuta

(~ilana)

In guerra si invoca il cessate il fuoco. Questa non è una guerra.

Il cessate il fuoco è definito come "un accordo, solitamente tra due eserciti, per fermare i combattimenti al fine di consentire discussioni sulla pace".

L'assalto di Israele a Gaza non è una guerra in nessuna definizione.

 Non si tratta di due eserciti schierati uno contro l'altro.

Questa non è una guerra tra forze guerriere opposte.

Non c'è parità qui.

 

Perché Gaza 2023/2024 non è una guerra?

 

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Se il veterano di combattimento “Alan Shebaro”, delle forze speciali statunitensi, non riesce a convincervi con la sua esperienza, seguirò i fatti, il diritto e la ragione.

Ascolta “Shebaro” raccontarlo a un consiglio comunale del Texas a “McKinney”:

"Conosco la guerra. Ciò che sta accadendo in Palestina in questo momento non è una guerra.

 È la disumanizzazione, è il genocidio, è la pulizia etnica di un popolo specifico per impossessarsi della propria terra.

Questo è sbagliato... ho visto cose orribili, ma questo [Gaza] porta la situazione a un livello completamente nuovo".

Qualche militare decente ingoia la menzogna che, nel suo annientamento orgiastico di Gaza, Israele sta combattendo un altro esercito leale e leale?

Un altro termine improprio è l'espressione "operazione militare".

 Si fa beffe di qualsiasi convenzione linguistica che attribuisca le parole alle cose che significano.

 

Il valore è stato quindi perso, non rubato, quando, il 24 ottobre 2023, il colonnello “Jack Jacobs”, un veterano dell'esercito americano in pensione – e un uomo che si è espresso valorosamente contro l'invasione dell'Iraq ( idem ) – ha parlato dell'"espansione delle operazioni di terra di Israele".

Un tempo voce di principio, il colonnello “Jacob”s ha perso rispettabilità, proprio lì, perché non esiste alcuna operazione militare che un militare onesto possa portare avanti a Gaza, dove facilmente l'80% delle vittime sono civili innocenti.

Di quest'ultimo fatto è interessato anche il “segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin”.

In una dichiarazione rapidamente ritrattata, il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha dichiarato al Congresso, il 19 febbraio,

 "che più di 25.000 donne e bambini sono stati uccisi da Israele a Gaza dal 7 ottobre".

Il Pentagono ha successivamente "chiarito" quella stima, insistendo sul fatto che, poiché la cifra proveniva dal ministero della sanità di Gaza gestito da Hamas, non dall'intelligence statunitense; era inaffidabile. Durante l'udienza del Congresso di febbraio, ad Austin era stato chiesto quante donne e bambini palestinesi fossero stati uccisi da Israele.

 "Sono più di 25.000", aveva sbottato di riflesso: questo, secondo il Pentagono, non era altro che un errore di ragione monetaria.

Lo sconcertante americano contraddice quello che ho definito, il 4 gennaio , lo standard dei "vostri occhi bugiardi", per usare la frase ironica di “Richard Pryor” per chi è stato colto in flagranza di reato :

"Mentre trasformavano Gaza in Dresda in TV, davanti ai nostri occhi, i propagandisti israeliani dello stato di mercurio dicevano anche a noi, loro finanziatori americani, che 'questo non sta accadendo'. ...

 A chi crederai?

 Israele democratico o i tuoi 'occhi bugiardi'?'

Credo ai miei ' occhi bugiardi ', grazie mille.

Quegli 'occhi bugiardi' parlano della portata delle depredazioni di Israele contro gli abitanti di Gaza. ...

[E il numero di morti, feriti e sfollati] è considerato "ampiamente affidabile" da tutte le rispettabili organizzazioni umanitarie e di aiuto in tutto il mondo, sostenute come sono dalla scienza dei satelliti e dei radar".

Assecondiamo la stima già superata del Segretario Austin, per stabilire qui che l'"operazione" di Israele non è un'operazione militare dietro la quale qualsiasi militare degno di questo nome può resistere:

Supponiamo che 25.000 sia il numero di donne e bambini assassinati dagli israeliani, anche se è di più, non di meno, considerando che migliaia sono sepolti sotto le macerie e che sempre più anime vengono assassinate mentre parliamo:

vale a dire, nelle 24 ore successive alla” crisi di sicurezza Voto dei consigli”, 76 palestinesi sono stati assassinati a Gaza .

SE 30.000 è il totale – uomini e donne, combattenti e civili – assassinati finora; poi donne e bambini rappresentano l'83,3% del totale ,ossia 25.000/30.000 .

 

SE 32.000 è il numero totale di anime uccise fino ad oggi;

poi la percentuale di donne e bambini è del 78,1 %. (25.000/32.000).

 

SE un totale di 33.000 esseri umani sono stati massacrati;

Quindi la percentuale di donne e bambini tra loro è del 75,5% ,100 (25.000/33.000) .

 

E se il numero delle vittime salisse a 35.000, come è successo, e il numero di donne e bambini assassinati fossero, per qualche miracolo, mantenuti costanti, la loro percentuale costituirebbe ancora (25000/35000) *100= 71,4.

 

La guerra di Israele non è affatto una guerra.

 

Nonostante gli untuosi ultimatum delle Nazioni Unite, a partire dal 21 marzo Netanyahu aveva promesso di continuare la sua campagna da clown malvagio – così " ben attrezzato per fallire " come ho osservato a novembre – eseguita da un esercito corrotto, claunescamente inetto e costantemente depravato.

Perché, allora, le azioni di Israele a Gaza nel 2023-2024 sono genocide?

PERCHÉ IL GENOCIDIO.

Quattro condizioni di genocidio soddisfatte; non una sola legge di guerra ha prestato attenzione: nel corso della sua campagna genocida; Israele ha violato ogni legge di guerra codificata nel Diritto Consuetudinario Internazionale Umanitario.

( ~ilana)

 

Come compensi un popolo di cui hai cannibalizzato la società?

(~Ilana)

In un saggio del 2 novembre 2023, " Bibi cancella la memoria dei martiri del 7 ottobre; Crea nuovi martiri a Gaza ", ho spiegato perché, almeno logicamente, Israele ha raggiunto la soglia per intenti criminali, mens rea.

"Se sai in anticipo che le tue azioni causeranno la morte di migliaia e migliaia di civili; attaccato alle tue azioni criminali ( actus reus ) è una mente colpevole ( mens rea ) , che significa malizia premeditata , nota anche come intento, nella giurisprudenza e nella filosofia giudiziaria occidentale.

Più che nello sterminio di massa su scala industriale di singole persone, Israele è impegnato nello sradicamento degli abitanti di Gaza come popolo.

Anche se oltre l'80% dei palestinesi di Gaza sono stati cacciati dalle proprie case, non hanno una casa in cui tornare;

 e sebbene oltre il 70% delle strutture a Gaza siano scomparse, polverizzate dagli stessi diavoli, le cosiddette missioni di interdizione da parte dell'IAF, l'aeronautica israeliana, sono in corso, in " flagrante” violazione dei suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale, sia come potenza occupante e come parte delle ostilità " (via Gisha ), e "in palese violazione delle disposizioni fondamentali delle Convenzioni di Ginevra e dell'Aia".

Così dice un consorzio di diritto internazionale della” Middlesex University di Londra”.

Così dicono innumerevoli rispettabili organizzazioni per i diritti umani, che hanno presentato memorie di “amicus” ai tribunali americani per ingiungere al presidente “Biden”, al segretario di Stato” Blinken” e al segretario alla Difesa “Austin” di fornire armi e altre forme di sostegno alla guerra totale di Israele contro i civili palestinesi a Gaza.

Nella speranza di aggirare le limitazioni giurisdizionali, al "Centro per i diritti costituzionali con sede negli Stati Uniti " si sono uniti "uno stimato gruppo di individui e organizzazioni provenienti da tutto il mondo, tra cui 139 ONG".

 

Le prove della violazione di Israele sono ovunque.

Tutto per "contrastare il terrorismo".

La sua ricerca missionaria degli omicidi negli ospedali;

Israele ricopre di bugie ordinate.

La dottrina religiosa israeliana secondo cui Hamas mi ha costretto a farlo – questo occultamento della verità per la fede – insulta l'intelligenza.

Ascoltare la “Taqiyyah” Svengali”

 sponsorizzati dallo Zio Sam; "sono tutti terroristi". O "complici terroristi".

"Israele ha effettivamente caratterizzato l'intera popolazione di Gaza come scudi umani o complici del terrorismo per una questione di politica legale", ha osservato “Francesca Albanese”, intervenendo al” Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite” a Ginevra, dove ha presentato il suo rapporto " Anatomia di un genocidio".

La signora Albanese è una studiosa e relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla tutela dei diritti umani in Cisgiordania e Gaza.

Il 27 marzo ha pubblicato il suo rapporto in cui individuava "motivi ragionevoli" per concludere che Israele è colpevole del genocidio di Gaza.

L'8 marzo, “Giornata internazionale della donna”, le Nazioni Unite hanno descritto in dettaglio l'ordito e la trama della sopravvivenza di una donna a Gaza.

A quel tempo, 9000 donne palestinesi erano state massacrate dall'IDF; Ogni giorno venivano uccise 63 donne dalla stessa forza, tra cui 37 madri.

Mentre il movimento di guerriglia delle donne, negli Stati Uniti, si sta galvanizzando per andare alle urne per garantire loro il diritto di sfrattare i feti dal loro grembo;

Le donne di Gaza stanno lottando per mantenere i loro bambini completamente formati in vita, nutriti e al sicuro dalle bombe anti-bunker lanciate da Israele e fornite dall'America.

Ancora:

 circa l'80% degli abitanti di Gaza sono stati cacciati dalle proprie case. Tre mesi fa il “Wall Street Journal” ha riferito che più del 70% delle strutture nella Striscia di Gaza sono state demolite o danneggiate .

 Sono disponibili radar satellitari più attuali, per gentile concessione di ricercatori come “Jamon Van Den Hoek” .

La sua distruzione mappata via satellite il 13 marzo recita così :

Nella zona nord di Gaza, il 69,7% degli edifici sono stati distrutti o danneggiati.

A Gaza City la percentuale è del 73,7%.

A Deir El-Balah è del 54,1%.

 

A Rafah, un "lavoro" israeliano in corso, il 29,5% degli edifici è stato distrutto o danneggiato.

Gli abitanti di Gaza non hanno residenze o industrie, né infrastrutture di sostentamento vitale, a cui tornare dopo l'attuazione di un cessate il fuoco permanente.

Sono scomparse le loro case, i luoghi di lavoro e di culto, le imprese, l'agricoltura, la pesca, le industrie di produzione alimentare e i terreni coltivabili annessi.

Sono finite le strade, le centrali elettriche, i servizi igienico-sanitari e le opere di drenaggio, i pozzi d'acqua e gli impianti di trattamento delle acque reflue, i condotti di elettricità, acqua potabile, rifugi e distribuzione di cibo.

Moschee, chiese e scuole (primarie, secondarie, terziarie) sono state vaporizzate.

Anche la maggior parte degli ospedali.

 Il dottor “Mads Gilbert”, accademico, medico e volontario di lunga data norvegese nei territori occupati, parla di "cattiveria mai vista prima; sadismo oltre il male".

Gaza aveva una rete di ospedali universitari di tipo europeo, dove veniva praticata la medicina basata sull'evidenza.

Su oltre 30 di questi ospedali, circa quattro rimangono a brandelli. Centinaia dei migliori operatori sanitari della Striscia, che prestarono servizio eroicamente fino al momento in cui furono colpiti, sono stati assassinati, spesso mentre prestavano assistenza ai pazienti.

 I palestinesi di Gaza stanno ora morendo di sepsi, malattie curabili e curabili, fame e disidratazione, sotto la supervisione di Israele. (Secondo “Gisha” , che significa solo accesso.)

 

Con le infrastrutture di Gaza si perde il tessuto stesso di una società – un capitale umano incommensurabile – che include reti familiari indissolubili e allargate, il tipo di legami generazionali che noi in Occidente possiamo solo sognare, ridotti e impoveriti nei numeri e nella loro energia nativa.

 I cimiteri di un popolo e la storia archiviata sono stati decimati, le loro antichità ei loro manufatti distrutti e saccheggiati; le loro università si sono appiattite; i loro artisti e intellettuali cacciati di casa in casa e si estinsero.

A pezzi,” Tariq Haddad”, MD, un cardiologo americano, ha raccontato di 100 membri della sua famiglia allargata eliminati.

Immagini di belle persone, nel pieno fiorire della loro vitalità (la maggior parte erano altamente istruite) balenarono attraverso il messaggio di " Democracy Now!" schermata della trasmissione.

 A febbraio, il dottor Nasser Abu-El-Noor, preside della Facoltà di infermieristica dell'Università islamica di Gaza , insieme a sette membri della sua famiglia, rifugiati nella loro casa, sono stati assassinati.

Il dottor “Medhat Saidam”, un rinomato chirurgo plastico, è sepolto sotto un edificio.

Se l'Alta Corte dell'Aia facesse mai il suo lavoro e coinvolgesse l'elettronica forense a tal fine, potrebbe facilmente rintracciare la guerra psicologica intrapresa, per esempio, contro il dottor” Refaat Alareer”.

Aveva capito che: "Non c'è nessun posto sicuro a Gaza, quindi ha scelto di restare a casa sua".

Secondo il racconto del giornalista guerrigliero “Max Blumenthal”, “Alareer” e la famiglia sono stati sadicamente perseguitati, telefonicamente, dagli ufficiali dell'IDF, mentre fuggivano da una dimora all'altra.

Alla fine l'IDF assassinò lui e sei membri della sua famiglia.

Lo stesso ho seguito una giovane giornalista , “Ayat Al Khaddour “, che ha alloggiato eroicamente dalla sua casa a Gaza fino alla sua scomparsa, fermata da una bomba "di precisione" lanciata dall'IDF, insieme ai membri della sua famiglia.

Israele ha chiaramente e sistematicamente eliminato il capitale umano di Gaza in modi diabolicamente intenzionali, irreparabili e imperdonabili.

 Il meglio di Gaza se n'è andato; interi alberi genealogici palestinesi troncati per sempre.

 Perché propositivo?

 Proprio come l'esercito israeliano sostenuto dagli Stati Uniti conosce gli azimut precisi dei propri obiettivi, compreso quello dell'assassinato “Refaat Alareer”, allo stesso modo gli israeliani hanno le” coordinate GPS” dei "grandi progetti infrastrutturali finanziati dal governo degli Stati Uniti".

Questi, riferisce l'”Associated Press”, sono stati in gran parte risparmiati.

 

Tutto questo è ciò che intende l'Articolo II della Convenzione sul Genocidio con la clausola numero quattro:

"Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica totale o parziale".

(Amnesty International: Genocidio: la base giuridica per la giurisdizione universale).

* Uccidendo i membri del gruppo.

* Causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo.

* Incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio.

OGNI LEGGE DI GUERRA VIOLATA.

Il genocidio è un processo, non un atto. È la distruzione di un popolo fin dalle sue radici.

(~Francesca Albanese)

 

Quattro condizioni di genocidio soddisfatte; non una sola legge di guerra obbedì.

Nel corso della sua campagna genocida; Israele ha violato ogni legge di guerra, codificata nel diritto umanitario internazionale consuetudinario:

Israele ha violato la legge di proporzionalità:

"È vietato lanciare un attacco che possa causare perdite accidentali di vite umane, lesioni a civili, danni a beni civili o una combinazione di questi fattori, che sarebbe eccessivo rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto.

" (Jean-Marie Henckaerts e Louise Doswald-Beck, Diritto umanitario internazionale consuetudinario, 2012, Cambridge University Press, 2012)

 

Israele ha violato il principio di distinzione:

 

«La pietra angolare indiscussa del diritto internazionale umanitario (DIU) è il principio di distinzione tra civili e combattenti, che obbliga i belligeranti a distinguere in ogni momento tra persone che possono essere legittimamente attaccate e persone che devono essere risparmiate e protette dagli effetti dell'ostilità.

Per evitare qualsiasi ambiguità, queste due categorie di persone devono escludersi a vicenda...”

(Ibidem )

Il diritto di distinzione è un " principio inviolabile del diritto consuetudinario internazionale " (Nils Melzer, The Oxford Handbook of International Law in Armed Concept, Oxford University Press, 2015)

Israele ha violato il principio di precauzione negli attacchi:

 

«Nella conduzione delle operazioni militari, si deve prestare costante attenzione a risparmiare la popolazione civile, i civili ei beni civili. Devono essere prese tutte le precauzioni possibili per evitare, e in ogni caso ridurre al minimo, la perdita accidentale di vite civili, il ferimento di civili e il danneggiamento di beni civili».

(Jean-Marie Henckaerts e Louise Doswald-Beck,Diritto internazionale umanitario consuetudinario(2012), Cambridge University Press, 2012)

Solo bestie neolitiche come “Jonathan Conricus” o “Keren Hajioff”, ex portavoce dell'IDF per la guerra di annientamento di Israele a Gaza, avrebbero il coraggio di elogiare la cura che l'IDF in uniforme dedica alla vita umana.

Nel caso in cui vi siano sfuggiti questi burocrati baluardo israeliani, “Conricus” e “Hajioff” sono ora membri della Fondazione americana per la difesa delle democrazie a Washington, DC, come indicherebbe un'analisi della pagina dei membri della FDD.

Dopo periodi in cui questi due correi sconsideratamente e nascondevano ciò che accadeva a Gaza, i due sono emigrati in un "think tank" americano, probabilmente promuovendo gli interessi di entità diverse dagli Stati Uniti e scavalcando le forze di equilibrio del regionalismo in Medio Oriente.

Prevede ": il personale medico (" "), il personale e oggetti religiosi, il personale di soccorso umanitario ( ) . ), beni culturali e ambiente naturale. A Gaza, questi numeri diventano obsoleti di ora in ora.

Tuttavia, nulla suscita vergogna nei leader israeliani.

Molti di loro, compreso il primo ministro, hanno questo, il diritto internazionale lo vieta.

 In parole povere, sono proibite " ", come nel "minacciare un avversario con ciò o condurre le ostilità su questa base".

Vietato.

"Il genocidio è un processo, non un atto", spiega Francesca Albanese.

È la "distruzione di un popolo dalle sue radici".

Lara Elborno, un'altra esperta di diritti umani, ha azzardato la seguente affermazione decisiva, e io parafraso:

Se Israele non avesse sganciato una sola bomba su Gaza, ma non avesse fatto altro che tagliare cibo, acqua ed elettricità ai suoi 2,3 milioni di abitanti, queste azioni da sole sarebbero state sufficienti a costituire un genocidio ai sensi dei trattati.

RAFAH.

 

Il diavolo si allunga; il diavolo flette.

( ~Hilary Mantel).

Nel suo famelico appetito per la distruzione, la leadership israeliana aveva esplicitamente indicato che "non avrebbe ceduto nel [suo] assalto alla Striscia di Gaza fino a quando non avesse effettivamente portato a termine la distruzione dell'intera Striscia.

 E i loro attacchi ora a Rafah, in particolare, dimostra che l'ultimo rifugio, l'ultimo pezzo della Striscia di Gaza che non è stato effettivamente distrutto, non è solo nel loro mirino, ma già sotto le loro bombe".

 (“Criag Mokhiber”, "Democrazia Adesso!", 26 marzo).

 

Secondo il diritto internazionale umanitario consuetudinario, citato finora, "è proibito dirigere un attacco contro una zona istituita per proteggere i feriti, i malati e i civili dagli effetti delle ostilità".

 (Jean-Marie Henckaerts e Louise Doswald-Beck,Diritto internazionale umanitario consuetudinario(2012), Cambridge University Press, 2012,Capitolo 11 – Zone protette)

 

In realtà, era la metà di febbraio quando le Forze di Difesa Israeliane avevano iniziato il loro assalto contro 1,5 milioni di profughi palestinesi, che erano stati rinchiusi da nord a sud, e che ora si accalcano impotenti a “Raffah”.

 

La leadership israeliana, politica e non, inquina l'orecchio con un flusso ininterrotto di gergo che giustifica il genocidio.

 La natura barbarica del loro discorso è complementare alle azioni del loro esercito.

 " Vistosi e ostentati " riguardo alle loro depredazioni;

l'IDF in uniforme sembra orgoglioso di divertirsi nel terrorizzare e uccidere i civili palestinesi abbandonati.

 In generale, YouTube offre copertura per l'IDF.

Tuttavia, ci sono innumerevoli video di nauseante brutalità, in cui i soldati dell'IDF vaporizzano giovani uomini che si fanno strada tra le macerie, come in un videogioco;

deridono le loro vittime, invadono le loro case;

 rubacchiare dalle loro attività e frugare tra i pietosi effetti intimi di persone morte e diseredate.

Altri atti di contaminazione sono troppo osceni per essere raccontati.

(Vedi " I video dei soldati israeliani provenienti da Gaza" di BBC News potrebbero violare il diritto internazionale, dicono gli esperti.

 Oppure guarda gli " scioccanti video sui social media dell'IDF di Glenn Greenwald che prendono in giro gli abitanti di Gaza: espongono nuove atrocità ").

 

BUONA GENTE: “GALLOWAY” E “BUSHNELL”.

 

Le guerre sono una questione di uomini ricchi e una lotta di uomini poveri.

(~ilana)

Quante generazioni di giovani si possono crescere basandosi su Grandi Bugie, come quella secondo cui Israele e il suo papà zucchero stanno portando avanti una guerra giusta e legittima, invece di intraprendere una Guerra Totale contro civili innocenti? ( ~Ilana)

"Genocide Joe" e gli agenti stranieri conosciuti come " Comitato americano per gli affari pubblici israeliani (AIPAC ), il cui focus su Israele-prima di tutto li rende una quinta colonna;

Trump con Jared Kushner e la sua dolce metà:

 queste sono le opzioni elettorali americane del 2024.

Il blocco “Biden- AIPAC” ha iniziato a sussurrare paroline alle orecchie di “Benny Gantz” (Partito di Unità Nazionale), apparente rivale di “Bibi Netanyahu” (Likud).

 Il blocco Biden gestito dall'AIPAC vorrebbe farvi credere che si è aperto un abisso nella " leadership israeliana in tempo di guerra ".

La conversazione in camera da letto di “Biden” con “Benny “ha lo scopo di far capire ai due squallidi suprematisti ebrei il pericolo di avvicinarsi a una sorta di precipizio politico.

Alla fine,” Netanyahu e Gantz”, che officiano entrambi nel Gabinetto di Guerra del loro paese, sono filosoficamente un unico, inseparabile, sferico “Gluteus Maximus” .

O, "due guance battenti dello stesso", nel linguaggio deliziosamente ribaldo di “George Galloway”.

Galloway stava descrivendo l'amalgama politico schierato contro la verità e la giustizia nel Regno Unito.

Come notai nel 2005,” Galloway” è un maestro del “flyter”:

l'antica forma d'invettiva scozzese per la quale sono indispensabili una mente pronta e una padronanza magistrale della lingua inglese.

La capacità di “Galloway “di usare la spada verbalmente estemporanea non è l'unica cosa che distingue questo gioioso membro del parlamento britannico.

 Il deputato “Gallaway” e il suo “Partito dei Lavoratori” si sono espressi in politica estera a “Rochdale”, nel Regno Unito, e, in particolare, hanno ottenuto "maggioranze schiaccianti" in un voto di protesta per Gaza – e contro i nostri signori, negli Stati Uniti e in Israele, la cui nuova norma è quella di essere orgoglioso del genocidio.

 

Ci saranno parole volanti in abbondanza a venire.

La normalizzazione del genocidio è ciò che l'aviatore americano “Aaron Bushnell£ stava protestando quando si è dato fuoco, il 28 febbraio.

L'aviatore “Aaron Bushnell”, di benedetta memoria, si è auto-immolato per protestare contro ciò su cui “Galloway” si è assicurato la vittoria a Rochdale: la guerra di Israele contro Gaza.

 

“Bushnell” è morto in modo orribile, ma eroico, come un uomo – calmo e razionale – mentre recitava la sua ragione per l'auto-immolazione:

"Non sarò più complice di un genocidio. Questo è ciò che la nostra classe dirigente ha deciso essere la nuova normalità”.

L'aviatore “Bushnell” non era guidato da una malattia mentale, ma da una società moralmente depravata che sostiene lo stato terrorista de facto di Israele, con l'imprimatur morale americano, il suo denaro e il suo materiale.

Le guerre sono un affare da ricchi e una lotta da poveri.

I soldati americani sono sempre stati un danno collaterale nei nefasti progetti dello Zio Sam e degli stati clienti.

Le loro cause e preoccupazioni, a meno che non siano scioviniste e amichevoli con “Fox-News”, raramente vengono menzionate.

Ma, dopo la scomparsa di “Aaron Bushnell” molti membri delle nostre forze armate hanno simbolicamente bruciato le loro uniformi disgustati, solo per essere derisi dalla “Conservative Inc” (o ConOink, come li chiamo io).

Ma hanno ragione, e "questo è sbagliato", ha inveito “Alan Shebaro”. "Non c'è niente di più americano che parlare contro ciò che è sbagliato".

Vieni il soldato d'élite” Alan Shebaro”, "Bushnell ha denunciato la complicità degli Stati Uniti nel genocidio di Gaza".

 

In fondo, ciò che “Bushnell” stava protestando è qualcosa di ancora più fondamentale.

Perché le parole sono simboli.

Sono usati come convenzioni concordate per dare un senso al mondo. Cosa succede quando questi costrutti linguistici condivisi non corrispondono più alle cose che dovrebbero descrivere?

“Bushnell”, che era un esperto militare, deve essersi arrabbiato sempre di più quando i simboli che la sua società schiera si scontravano con la realtà che questi simboli avrebbero dovuto significare.

In particolare, egli appariva suscettibile alle comunicazioni schizo frenetiche trasmesse, su base continuativa, dai molti “Ministeri della Verità” orwelliani.

Per quante generazioni di giovani si possono allevare con le “Grandi Bugie,” come quella che “Israele” e il suo” sugar daddy” stanno perseguendo una guerra giusta e legittima, piuttosto che condurre una guerra totale contro civili innocenti?

“Total Warè” un termine per descrivere una guerra totale contro chiunque.

"Quello che ho visto non è stata la guerra, ma l'annientamento", si è lamentato il dottor” Ifran Galaria”, volontario a Gaza, con “Joy Reid” di “MSNBC”.

 

CALIGOLA “KUSHNER”.

“Jared Kushner”, il rampollo nepotista di un losco agente immobiliare di New York, e un guscio vuoto di un uomo, brama la proprietà sul lungomare di un popolo conquistato e morente.

( ~ilana)

In questi giorni, "sanguinario Blinken, segretario del genocidio" – un soprannome datogli dalle grandi signore di "Code Pink", che si sono accampate nella villa di “Blinken” – è andato e venuto in Medio Oriente.

In estasi vertiginosa per Israele, “Blinken” fa la spola avanti e indietro in missione per appianare l' assalto israeliano a Gaza;

Rendilo più signorile, più vendibile.

Vendibile come “Jared Kushner” valuta che sia "la proprietà sul lungomare di Gaza".

Con il fascino fatato di un tagliatore di stato, un coroner, che si prepara a scolpire un cadavere;

Il re-filosofo Kushner alzò le spalle, mentre rifletteva co lingua guida:

 

"Sono seduto a Miami Beach in questo momento, e sto guardando la situazione [a Gaza] e sto pensando: cosa farei se fossi lì? ...

Vorrei semplicemente demolire qualcosa nel Negev, proverei a spostare le persone lì...

Penso che sia un'opzione migliore, così puoi entrare e finire il lavoro. ... Penso proprio che in questo momento aprire il Negev, creare un'area sicura lì, far uscire i civili e poi entrare e finire il lavoro sarebbe la mossa giusta.'

“Crooked Kushner”, ricorderete, era stato il punto di riferimento di Trump sulla politica estera, sul Medio Oriente e su molto altro.

 Al piccolo “Lord Fauntleroy” era stato persino affidato il compito di "preparare un piano di pace per il Medio Oriente".

 

Che “Kushner” sia stato invitato a intrattenere un'udienza in un'università americana d'élite è tutto ciò che c'è da sapere sul tenore intellettuale e morale del discorso negli Stati Uniti.

 In questa vignetta ripugnante, “Jared Kushne”r, il rampollo nepotista di un losco agente immobiliare di New York, e un guscio vuoto di un uomo, brama la proprietà sul lungomare di un popolo conquistato e morente.

Per una volta, la Quarta Colonna (mediatica) americana si è trovata nella peculiare posizione di coprire e perfezionare le osservazioni non filtrate di Kushner.

Dopotutto, la sua posizione è quella dei media tradizionali e dei loro finanziatori politici.

BILL CLINTON: "CHI È LA SUPERPOTENZA QUI?"

Gaza è un deserto di morti e moribondi. Lascia che la superpotenza americana corra in soccorso.

 ( ~ilana)

Il disprezzo di Israele per gli Stati Uniti è totale.

 

Insoddisfatto del suo conto da macellaio a Gaza, il demiurgo “Netanyahu” aveva, in un primo momento, cancellato la delegazione israeliana a Washington, furioso per il fatto che gli Stati Uniti d'America non fossero riusciti a porre il veto alla proposta di cessate il fuoco delle Nazioni Unite.

"Dopo il suo primo incontro con il primo ministro israeliano “Benjamin Netanyahu”, nel 1996", racconta “Patrick Theros”, di "Responsible Statecraft", "Bill Clinton sfogò la sua furia davanti al suo staff per le apparenti supposizioni del suo visitatore sull'equilibrio di potere nelle relazioni bilaterali.

' Chi crede di essere?'

 Secondo quanto riferito, Clinton ha urlato.

 'Chi è il dannato superpotere qui?'"

Infatti.

Gaza è un deserto di morti e di moribondi.

Israele, tuttavia, sta impantanando gli aiuti umanitari in pratiche burocratiche e protocolli capricciosamente sadici.

 Un esempio è la loro dottrina del "doppio scopo":

"Sapevi che le siringhe, disperatamente incastrate nelle vene palestinesi sgonfie dalla disidratazione, possono essere oggetti a duplice scopo?" Sì!

Usati per scopi terroristici, trovati nei tunnel, ovunque.

Commisurato agli eccessi oltraggiosi di Israele e ai” riff folli “che escono dalle teste israeliane;

 Israele si è affermato come un criminale di guerra.

 Lasciando scorrere il sangue dei palestinesi per sei mesi e senza mostrare alcuna intenzione di arrendersi;

 Israele ha perso il diritto di protestare contro il decisivo intervento americano.

Inoltre, chi paga il suonatore di cornamusa decide la melodia.

Nelle condizioni attuali, un presidente che parlasse come il presidente Clinton avrebbe potuto rendere orgogliosi gli americani.

Per una volta, la superpotenza americana potrebbe divertirsi a ordinare al piccolo e squallido Israele, in preda alle convulsioni del maschio, di cessare e desistere.

Con altrettanta facilità, e dopo aver ordinato a Israele di ritirarsi; L'America potrebbe...

richiedere l'aeroporto israeliano di” Sde Dov” o “Ben Gurion”.

O entrambe le cose.

Questa è un'emergenza.

Flotte dei nostri assortiti aerei militari e cargo 747 atterrerebbero come angeli in un aeroporto israeliano adiacente a Gaza.

Grandi motori sarebbero stati sparati.

Fuori ruggirebbero tutti i camion tattici pesanti a mobilità estesa convertiti in una missione di misericordia.

Nel nord di Gaza si sarebbero precipitati questi autoarticolati americani che avrebbero salvato la vita, trasportando rifornimenti e sostentamento per gli affamati.

Scenderebbero le recinzioni di Israele e all'interno scorrerebbero rifornimenti senza sosta, come se si trattasse di un anello.

Atterrare e consegnare rifornimenti salvavita da una struttura israeliana ben attrezzata nel nord di Gaza e in tutta la Striscia:

 questo è il modo più veloce e intelligente per soccorrere un popolo morente.

Invece, l'America sceglie di sequestrare “Bibi NetanYahoo”, i suoi militari impazziti e i loro connazionali impazziti, l'88% dei quali "dà una valutazione positiva della prestazione dell'IDF a Gaza fino ad ora”.

 (“Tamar Hermann”, "War in Gaza Survey 9", Israel Democracy Institute, 24 gennaio 2024),( il 58% dei quali lamenta che finora non è stata dispiegata abbastanza forza; e il 68% dei quali afferma di "non sostenere il trasferimento di aiuti umanitari a Gaza).

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