Il prossimo futuro distopico.

 

Il prossimo futuro distopico.

 

 

Dittatura.

Conoscenzealconfine.it – (9-5-2024) – Veronica Baker – ci dice:

 

Dittatura.

Purtroppo l’ignoranza della Storia e dei meccanismi che guidano l’avidità e la brama di potere tipica di certi esseri umani, riuscirà alla fine a sconfiggere l’arroganza di tutti quelli che ancora credono nella politica.

In Italia nessuno o quasi conosce per davvero il significato della parola dittatura.

 Penso che quasi nessuno si renda conto di cosa significhi non essere liberi (se non un assaggio in occasione del “virus farsa”), di quali siano i meccanismi che conducono alla perdita della libertà e di come tutto questo diventa realizzabile solo alla fine, quando ormai non esiste più.

Nessun leader, nemmeno il più sanguinario dei dittatori, dirà mai che la sua è una dittatura.

Affermerà sempre di essere un democratico e che gli antidemocratici sono “gli altri”, coloro che vogliono abbatterlo per togliere la libertà al suo popolo.

I dittatori, tutti, parlano sempre e solamente del popolo che ha dato loro il diritto di governare, ma alla fine non si fanno scrupolo di sacrificarlo per ottenere potere, privilegi, denaro.

Soprattutto, quando le cose volgono decisamente verso il peggio, se ne fanno scudo per proteggere la loro stessa vita e quella delle persone che gli sono vicine.

È stato così ad esempio con Mussolini, Hitler, Stalin, Ceauşescu e Pol Pot.

Tutti loro affermavano di guidare il Paese per volere del loro popolo, anche se poi lo affamavano e lo sterminavano, e abbiamo ancora oggi alcuni casi di dittatori che si appellano al popolo come fonte del loro diritto a governare la nazione.

Inoltre, c’è anche chi ritiene che una dittatura debba avere un suo punto di partenza, uno specifico episodio da cui ha origine, ma anche questo non è vero.

Neppure dopo una rivoluzione, che pure rappresenta già di per sé un momento tragico e determinante in grado di evidenziare una svolta, comincia una dittatura che non abbia un suo cammino, più o meno lungo, costituito da condotte, azioni, eventi, che poco a poco la consolidano.

La libertà è infatti inghiottita un po’ alla volta, decreto per decreto, legge per legge, in piccoli pezzi di per sé non significativi, come in un puzzle nel quale ogni tassello è apparentemente irrilevante, ma dove alla fine, contestualizzato, insieme a tutti gli altri tasselli evidenzia la completezza del quadro.

Purtroppo l’ignoranza della Storia e dei meccanismi che guidano l’avidità e la brama di potere tipica di certi esseri umani riuscirà alla fine a sconfiggere l’arroganza di tutti quelli che ancora credono nella politica.

Pensano di essere ancora protagonisti del gioco, quando il gioco, ormai, è stato tolto dalle loro mani da molto tempo, ammesso che l’abbiano mai detenuto.

E se non difenderanno per primi ciò a cui tengono, se hanno veramente a cuore le sorti dei loro figli, se credono che basti solo cambiare i “signori” che stanno al comando per custodire una fragile democrazia, vuol dire che oltre ad essere ignoranti, sono anche ingenui.

(Veronica Baker).

(cortesaveronica.com/dittatura/).

 

 

 

 

Il futuro distopico secondo i giovani.

Greenreport.it – Redazione – (30-1-2024) – ci dice:

 

Per i giovani delle scuole superiori danesi, la vita nel 2060 sarà tutt’altro che sicura e confortevole.

Il progetto “Addressing Climate Anxiety Using Flash Fiction in the Classroom”, realizzato da un team di ricercatori danesi della “Syddansk Universitet” (SDU), in collaborazione con “Newcastle University” e “Hochschule Luzern,” si rivolge a giovani tra i più ricchi, tutelati e sicuri del mondo che vivono in un Paese che ha tra i più elevatati livelli di benessere, felicità individuale e libertà democratiche: la Danimarca.

Eppure gli studenti di 5 scuole superiori danesi che hanno partecipato alla sezione del progetto “Climate Future Fiction” dipingono il loro futuro come se fosse la trama di un film post-apocalittico:

Onde di marea distruttive e siccità mortali.

 I fratelli scomparsi, genitori morti, giovani solitari che lottano per la sopravvivenza in società distrutte dominate da sfiducia, avidità, scarsità e violenza.

“Birgitte Svennevig” della “SDU” spiega che

«Lo scopo era quello di avviare un dialogo con i giovani su come immaginare il futuro alla luce del cambiamento climatico.

 Dopo una serie di workshop, discussioni, presentazioni di ricerche ed esercizi di scrittura, agli studenti è stato chiesto di scrivere un breve racconto su come immaginano la vita nel 2060».

Uno dei responsabili del progetto, “Bryan Yazell” del Dipartimento di cultura e lingua della “SDU”, sottolinea che «Lungo il percorso, li abbiamo incoraggiati a prendere in considerazione una narrativa positiva per il futuro, ma quasi tutti si sono astenuti dal farlo».

Con “Yazell” alla “SDU” hanno collaborato “Patricia Wolf”, professoressa al “Dipartimento di economia e management”, e il biologo “Karl Attard”, professore assistente presso il “Dipartimento di Biologia”.

I tre ricercatori fanno anche parte dello  “SDU Climate Cluster, la cui missione è contribuire alla neutralità climatica entro il 2050 attraverso la ricerca interdisciplinare e “Wolf” e “Yazell” sono leader dello “SDU Elite Center PACA”, che punta a «Scoprire una narrativa positiva sul clima che potrebbe potenziare l’azione climatica di massa».

 

“Yazell” ammette che «Ci sono molte ragioni per essere pessimisti riguardo al futuro, soprattutto per i giovani che dovrebbero anticipare di affrontare sfide più grandi legate al clima rispetto ai loro genitori.

Ma è importante prestare attenzione alle storie che i giovani raccontano sul futuro prima di provare a parlare dei possibili modi per affrontare il cambiamento climatico nel presente.

 Nel progetto “Addressing Climate Anxiety Using Flash Fiction in the Classroom”, esploriamo il modo in cui le idee sul futuro ci influenzano.

I progetti sono iniziati nel 2023 e, per cominciare, io e i miei colleghi abbiamo esplorato il modo in cui i giovani immaginano che la società sarà influenzata dai cambiamenti climatici».

Il progetto è partito da una richiesta ai ragazzi danesi:

«Immagina una persona che vive nell’anno 2063. Quarant’anni nel futuro potrebbero non sembrare un periodo lungo, ma possiamo aspettarci che da oggi fino ad allora la crisi climatica si estenderà. Quando pensi a questa persona in futuro, quanto della sua vita sarà influenzata dal cambiamento climatico? E immagini che la società avrà fatto progressi significativi per combatterlo?»

“Yazell” spiega che «L’anno scorso, io e altri ricercatori dell’Università della Danimarca meridionale, in collaborazione con insegnanti volontari, abbiamo posto domande come queste agli studenti delle scuole superiori e abbiamo dato loro il compito di rispondere sotto forma di un breve racconto.

 Le storie risultanti, oltre 150 in totale, presentavano un’ampia varietà di scenari, ma erano ampiamente d’accordo su una cosa: il futuro è un luogo pericoloso.

 I nostri risultati sono nuovi di zecca e finora sono stati presentati solo in una conferenza. È in arrivo un articolo scientifico».

 

Gli scenari peggiori del cambiamento climatico, ma sono al centro di quasi tutte le storie scritte dai giovani autori.

 In molti casi, questi disastri distruggono le famiglie, uccidono i loro cari e creano società violente.

Le storie dei ricchi e felici ragazzi e ragazze danesi tendono a immaginare la distopia, un mondo futuro indesiderabile caratterizzato da sofferenza diffusa.

 

Ad esempio, una storia inizia:

 “Alfred aveva vissuto tutti i suoi cinque anni in questa città, tutta la sua vita aveva vissuto qui.

Conosceva tutti e tutti lo conoscevano.

 La città era come qualsiasi altra città, con le sue case, strade, supermercati, giardini e tutte le cose che una città porta con sé.

L’unica differenza era che ora l’anno era 2062 e la città era sott’acqua.

E il motivo per cui” Alfred” conosceva tutti era perché non era mai stato fuori dalla gigantesca cupola che era la loro vita».

 

I ricercatori fanno notare che

«In molte storie, l’innalzamento del livello del mare costringe le persone a vivere in cupole sottomarine, sul mare in barche o su astronavi che fuggono dal pianeta.

Questi scenari non sono certamente quelli che più probabilmente si verificheranno nell’arco di quarant’anni.

 Ma il fatto che appaiano così frequentemente in queste storie suggerisce che sono molto più facili da immaginare rispetto, ad esempio, alle storie in cui si verificano solo cambiamenti incrementali o, cosa più importante, alle storie con un esito positivo.

In diversi racconti, la tecnologia creata per proteggere l’umanità da un ambiente inospitale impone un’infelice separazione tra le persone e la natura».

 

Il senso di isolamento che questa separazione crea è al centro di un’altra storia scritta da un ragazzo:

«Amava passeggiare per il quartiere guardando i bellissimi edifici, l’architettura, la tecnologia, la funzionalità di ogni cosa e le bellissime creazioni della felicità […]

 Desiderava toccare tutto.

Tocca la felicità: tutto il verde.

 Ma ogni volta ci provava; era come se tutto fosse diventato un fantasma.

Come se gli alberi non ci fossero davvero, né i cespugli né i fiori. Come solo il loro spirito, tutti furono lasciati qui sulla terra».

 

Le storie degli studenti danesi confermano anche gli studi che mostrano le emozioni negative che i giovani associano al futuro a causa del cambiamento climatico.

Secondo un sondaggio, due terzi delle persone di età tra i 16 e i 25 anni rispondono di sentirsi tristi, spaventati e ansiosi quando pensano al futuro.

 E i ricercatori dicono che

«Questi risultati evidenziano il costo emotivo affrontato dai giovani, che hanno tutte le ragioni per credere che la crisi climatica non potrà che espandersi nel corso della loro vita.

Questi sentimenti negativi diffusi sono spesso descritti come “ansia climatica” e solo ora cominciano a essere studiati.

Sebbene le storie non parlino esplicitamente dell’ansia climatica, spesso sottolineano il senso di disperazione e isolamento che provano i loro personaggi.

Quel che dovrebbe sorprendere è la facilità e la scioltezza con cui questi giovani, che generalmente non hanno esperienza nella scrittura di narrativa, riescono a immaginare la distopia escludendo altri tipi di storie.

Questa fluidità suggerisce che i giovani non solo sono immersi nei media con sfumature apocalittiche o distopiche, ma che li hanno interiorizzati in modo profondo;

 è una lingua che hanno imparato a parlare eccezionalmente bene, anche se non se ne rendono conto.

E proprio come la lingua che parliamo modella il modo in cui ci esprimiamo, le storie che raccontiamo sul futuro modellano il modo in cui vediamo il mondo intorno a noi e il mondo a venire.

 In realtà, i giovani potrebbero trovarsi bloccati in un circolo vizioso rispetto ai media che guardano sul cambiamento climatico:

 leggono storie negative e guardano film distopici, il che significa che vengono addestrati inconsciamente a raccontare storie negative e distopiche.

Questa è un’osservazione che abbiamo iniziato a stabilire sulla base dei nostri dati.

Altri ricercatori stanno discutendo la stessa questione (in relazione, ad esempio, all’immensa popolarità della narrativa distopica tra i giovani lettori), ma dobbiamo ancora dimostrarla empiricamente».

Un altro risultato, più preoccupante, di questa fluidità distopica ha a che fare con il modo in cui i giovani interpretano le informazioni sul cambiamento climatico:

«Se adottano una visione del mondo distopica basata sui media e su altri prodotti culturali, potrebbero chiudere un occhio sulle storie che non si conformano a questo modello? – si chiede “Yazell” – In altre parole, rifiutano (consapevolmente o meno) le storie più ottimistiche o piene di speranza perché non soddisfano le loro aspettative negative.

 Abbiamo visto alcune prove di questa tendenza tra gli studenti scrittori, molti dei quali hanno spiegato ai loro insegnanti che scrivevano storie distopiche perché volevano che fossero belle e avvincenti.

Secondo questi giovani scrittori, le storie piene di speranza, ottimistiche o utopistiche semplicemente non erano interessanti.

Qui gli studenti fanno eco alle preoccupazioni di molti esponenti dei media e della ricerca che, di fronte all’espressione di fatti sul cambiamento climatico, devono considerare come rendere queste informazioni coinvolgenti per i lettori.

Come spiegano gli stessi giovani autori, sottolineare gli aspetti più angoscianti di una storia attira l’attenzione, ma può anche abituarci a trascurare o sminuire le storie che non utilizzano questa formula».

 

Ma “Yazell” è anche convinto che

«Riconoscere la fluidità distopica dei giovani ci fornisce una visione importante delle loro aspettative per il futuro.

Ma anche se queste storie evidenziano in gran parte disastri ed emozioni negative, contengono anche qualche motivo di speranza. Innanzitutto, scrivendo storie distopiche, i giovani autori evidenziano i problemi della società odierna che secondo loro dovrebbero cambiare.

 Immaginando società in cui le persone non si fidano le une delle altre e sono disconnesse dalla natura, le storie riconoscono le aree problematiche del mondo odierno. In tal modo, le storie contengono qualche motivo di speranza».

D’altronde, lo scrittore di fantascienza americano “William Gibson “dice che

 «E’ “impossibile” scrivere sul futuro, il che significa che la fantascienza riguarda davvero solo il momento in cui viene scritta» e “Yazell” aggiunge che «Lo stesso vale per la narrativa distopica. Le società distopiche che leggiamo nella narrativa non sono costruite completamente dal nulla.

Sono costruiti a partire dall’osservazione dei problemi sociali del presente, che l’autore identifica ed esplora in un contesto futuristico.

Ad esempio, la violenta società fondamentalista immaginata nel famoso romanzo di “Margaret Atwood”, “The Handmaid’s Tale”, fu una risposta diretta alla politica degli anni ’80, quando i conservatori religiosi negli Stati Uniti esercitavano un’influenza politica sotto il presidente Ronald Reagan.

Gli aspetti distopici presenti nelle storie degli studenti dovrebbero essere intesi allo stesso modo:

sotto i loro scenari fantasiosi si nascondono preoccupazioni fondate sulla crisi climatica e, implicitamente, sulla società in generale.

 In altre parole, il fatto che queste storie siano distopiche non significa necessariamente che i giovani abbiano rinunciato alla speranza per il futuro.

 Le storie che creano, tuttavia, tendono a concentrarsi sul fallimento della società nel cambiare in modo significativo.

 Queste storie distopiche sono molto efficaci nel presentare i mondi futuri che vogliamo evitare. Indicano anche che è più difficile immaginare i mondi in cui vorremmo abitare».

 

Secondo i ricercatori, lo studio mostra la necessità di uno spazio nel quale i giovani possano esprimere i propri pensieri e sentimenti riguardo al cambiamento climatico discutendo al contempo le loro visioni di catastrofe:

«Se vogliamo affrontare la crisi climatica, è importante discutere su come potrebbe essere il futuro desiderato, non solo su quello indesiderato.

Vogliamo contribuire ad aumentare la consapevolezza ecologica tra i giovani; in altre parole, affinare la loro consapevolezza affinché possano avere anche visioni fiduciose per il futuro».

 

Inoltre, per “Yazell” i mezzi di informazione dovrebbero riflettere sul loro ruolo:

 «Ricercatori e giornalisti ritengono che sia loro compito trasmetterci le loro conoscenze.

Ma è un problema se la comunicazione della scienza dipinge così tanti scenari apocalittici da farli diventare una narrativa saldamente radicata, proprio come nella cultura popolare.

 È positivo che i giovani siano ben informati sul cambiamento climatico, ma non è positivo che si sentano incapaci di immaginare un modo per gestirlo».

 Per “Yazell”,

«Il fatto che così tanti giovani immaginano un futuro distopico spezzato e pericoloso è un riflesso della massiccia influenza della cultura popolare e dei mezzi di informazione.

La società distopica in cui la civiltà non esiste più e ognuno deve lottare per se stesso, è una narrazione classica nei film e in televisione.

 È una storia che è stata raccontata tante volte.

Allo stesso tempo i media raccontano anche di ecosistemi e sistemi meteorologici sull’orlo del collasso.

Se la cultura popolare e i mezzi di informazione possono influenzare così fortemente la visione distopica del futuro dei giovani, i giovani possono anche essere influenzati nella direzione opposta?

Vale la pena indagarlo, ed è ciò che faremo nel nostro prossimo progetto.

 L’idea è la stessa:

far scrivere ai giovani una visione immaginaria del futuro, ma lavoreranno maggiormente sulla riflessione sulle proprie storie e su quelle degli altri.

Questo potrebbe comportare la discussione del motivo per cui gravitano verso la distopia e la presa di coscienza delle narrazioni prevalenti a cui sono esposti nella loro vita.

Non chiederemo loro direttamente di scrivere storie future positive, ma li incoraggeremo a discutere tra loro se possono esserci altri finali più positivi per le loro storie».

 

Il ricercatore della “SDU” conclude:

«Per incoraggiare queste narrazioni positive, che siamo insegnanti, scienziati o politici, dobbiamo prima riconoscere quanto profondamente questa immaginazione distopica abbia preso piede.

 Le persone ignoreranno le storie utopiche del futuro quando arriveranno ad abitare una visione del mondo distopica.

Ma possiamo ancora riconoscere che le persone sollevano critiche valide su come stanno le cose oggi quando prevedono un futuro distopico.

Il compito di incanalare queste critiche verso vie significative resta ancora da svolgere, ma non può essere portato a termine senza considerare le narrazioni che ci raccontiamo sul cambiamento climatico».

 

 

 

“ChatGTP” e le altre. Paura

del futuro distopico?

Sbilanciamoci.info - Franco Padella, Mario Carmelo Cirillo – “16 Maggio 2023) – ci dicono:

(gigeconomy)

La lettera di ricercatori e imprenditori come “Elon Musk” che chiede una moratoria nello sviluppo dell’”Intelligenza artificiale generativa” si focalizza timori di un futuro dispotico mentre nasconde il presente.

Dietro l’IA, il trattamento dei Big data e le logiche, tutte umane, del dominio bianco per arrivare all’ “infocrazia”.

La recente richiesta di moratoria di sei mesi sullo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (IA), firmata da imprenditori, ricercatori e tecnici operanti nelle tecnologie digitali (spiccano nomi di peso quali Elon Musk, Steve Wozniak ed altri), ha riacceso i riflettori sui rischi derivanti dalle potenzialità di implementazione di tali tecnologie.

I firmatari chiedono una pausa nel processo di sviluppo paventando i rischi connessi all’esistenza di “potenti menti digitali che nessuno, nemmeno i loro creatori, può comprendere, prevedere o controllare”.

In Italia l’appello cade in sequenza quasi lineare con le richieste fatte a Chat-GPT dal Garante della Privacy sull’utilizzo dei dati, richieste che hanno portato alla chiusura del portale italiano ad essa dedicato e però dopo poco riaperto.

“La lettera-appello “appare essere un grosso pasticcio, sia per alcune modalità quantomeno dubbie nella citazione di alcuni dei firmatari sia, ed in misura ben maggiore, per i contenuti in essa espressi.

Sostanzialmente alla base della richiesta di moratoria vengono dichiarati i timori per “i rischi futuri” di una tecnologia che starebbe diventando “sempre più competitiva con gli umani”, in grado di renderci in prospettiva obsoleti e di sostituirsi in tutto a noi.

Super intelligenze, macchine in grado di surclassare le nostre (evidentemente limitate per l’appello) capacità intellettive.

 Rischio esistenziale per l’umanità tutta e forse per il mondo intero.

 Questi sono i timori espressi nel testo, focalizzati su un prossimo, potenzialmente distopico futuro.

Una attenzione sul futuro che già è essa stessa risultato che occulta l’attualità del presente, fatta spesso di algoritmi forse meno intelligenti dei sistemi che prospetta l’Intelligenza Artificiale (IA), ma perfettamente in grado di incidere sulle vite di molti già ora.

Un dito che punta al futuro nascondendo la luna del presente.

Certamente esistono tantissimi rischi connessi all’utilizzo dell’IA, considerando che negli ultimi anni i modelli di processamento del linguaggio naturale hanno spinto i confini del possibile tecnico in maniera impressionante.

 I risultati eccellenti forniti da questi modelli favoriscono la propensione della gente, anche di cultura medio-alta e che magari fa opinione, e persino di presunti esperti della materia, a scambiare i guadagni prestazionali ottenuti dagli algoritmi con l’effettiva comprensione del linguaggio naturale.

 All’origine di questi eccellenti risultati di “ChatGpt” e modelli analoghi vi sono architetture sofisticate con un numero crescente di parametri, parallelizzazione del calcolo e immense basi di dati da cui attingere.

L’utilizzo di espressioni fuorvianti come “deep learning”, “training” e via discorrendo inducono a pensarli intelligenti, ma questi modelli sono in realtà semplici “stocastic parrots”, pappagalli stocastici!

La locuzione” Stocastic Parrots” indica sinteticamente la prima pubblicazione menzionata nell’appello per la moratoria, ma gli stessi autori della pubblicazione, in disaccordo con le tesi riportate, si trovano a prenderne pesantemente le distanze, specie in riferimento alle “potenti menti digitali” fornite di una “intelligenza che compete con quella degli umani”.

I rischi sono ben altri, già presenti ed operativi, ben visibili nel sempre più largo uso degli algoritmi nei più svariati campi, anche decisionali.

I “Large Language Models” utilizzano una immensa quantità di parametri e di dati. Centinaia di miliardi di parametri e terabytes di dati divorati dalle macchine per il loro addestramento non sono poca cosa e le immense grandezze in gioco implicano consumi energetici ugualmente immensi: l’energia spesa per il solo addestramento di uno di questi modelli è dello stesso ordine di grandezza di quella spesa in un volo transoceanico.

Sicuramente, tra non molto, parleremo anche di una” IA verde” da contrapporre a quella fossile!

Parallelamente a ciò, e in maniera non secondaria, spesso si aggiungono pratiche di sfruttamento del lavoro men che pulite, affiancate dal furto di grandi quantità di dati.

Tutto questo per lo sviluppo, istruzione, testing e fruibilità effettiva di questi strumenti, ad assoluto beneficio di una manciata di persone.

In questo quadro non è difficile immaginare che venga privilegiata la quantità alla qualità, e che con il rastrellamento indiscriminato delle immense quantità di dati da dare in pasto ai meravigliosi pappagalli digitali, la cosiddetta Intelligenza Artificiale recepisca la visione dominante dei Paesi in cui viene sviluppata, visione dell’uomo bianco occidentale, con annesse tutte le discriminazioni di genere, razza, etnia, disabilità, inclinazioni sessuali, e ricadute semantiche e culturali connesse.

 E poiché gli umani tendono a valutare gli interlocutori sulla base di come parlano, il linguaggio apparentemente fluente e appropriato dei sistemi di IA li rende oltremodo insidiosi.

Questo significa che tutte le popolazioni non occidentali e bianche, in particolare quelle del Sud del mondo, sono già ora danneggiate dall’utilizzo massiccio di questi modelli.

Rischi concreti ed evidenti già si sono manifestati nelle traduzioni: come riportato nella menzionata pubblicazione “Stochastic Parrots “è già accaduto  che un palestinese, dopo che un sistema di traduzione automatico utilizzato nei controlli ha tradotto” un suo post arabo” con su scritto “buon giorno” nell’inglese “feriscili” e nell’ebraico “attaccali”, sia finito arrestato dalla polizia israeliana.

 A tutto ciò è da aggiungere la crescente concentrazione di potere:

 l’Intelligenza Artificiale è frutto della ricerca di “grandi multinazionali dell’information technology”, e coloro che arriveranno per primi al gradino superiore accentreranno ancora di più il potere spazzando via la concorrenza e insterilendo lo stesso concetto di democrazia, cosa di cui già si vedono alcuni effetti nel già attivo utilizzo degli algoritmi decisionali.

Insomma in linea con le regole del “capitalismo della sorveglianza”, è il pericolo del Grande Fratello.

 Le comunità più svantaggiate sono già escluse con il “digital divide”, e lo saranno ancora di più con le “intelligenze” dei big data.

 

Per quanto riguarda i rischi di un sopravanzamento della intelligenza artificiale rispetto a quella umana, paventati per il futuro (il dito che punta a quanto accadrà nascondendoci la luna del presente) una suggestione ci viene da “Gödel” con i suoi “teoremi di incompletezza”.

 

Nel primo teorema “Gödel” parla di ”inesauribilità”dell’aritmetica, e quindi della matematica tutta.

 Detto in parole povere, il primo teorema asserisce che, qualunque sia il sistema ben costruito per derivare le proposizioni dell’aritmetica (ossia i suoi teoremi), esistono sempre proposizioni (ovvero teoremi) di cui non si può decidere se sono veri o falsi: non sono “decidibili”.

Questo significa che nessun sistema riesce a generare tutta l’aritmetica:

 ecco perché “Gödel” parla di inesauribilità dell’aritmetica.

Nel secondo teorema si afferma che ogni sistema ben costruito per generare i teoremi dell’aritmetica, non può dimostrare la propria consistenza, cioè non può dimostrare che non cada in qualche contraddizione.

“Kurt Gödel” nel 1951, in una conferenza alla “American Mathematical Society”, affermò in buona sostanza che, come conseguenza del suo secondo teorema, ci sono due possibilità:

 o l’abilità matematica prodotta dagli umani, e quindi la mente umana, non è meccanizzabile, e quindi non esistono macchine che la possono riprodurre oppure, nel caso fosse riconducibile a una macchina, esistono comunque problemi matematici assolutamente insolubili per tale macchina, e quindi per la mente umana;

in particolare la mente umana non può dimostrare la propria consistenza, cioè non si può escludere con assoluta certezza che essa consideri vera sia una qualche proposizione che la sua negazione.

 In pratica se la mente umana è meccanizzabile può cadere in contraddizione.

Le due possibilità appena dette costituiscono la “disgiunzione di Gödel”.

 La terza possibilità, non esclusa da Gödel, è che pur non essendo possibile riprodurre la mente umana da qualsivoglia macchina, vi sono allo stesso tempo  problemi assolutamente insolubili.

Ciò premesso, se la mente umana non è meccanizzabile, in forza del primo corno della disgiunzione di “Gödel” non possono esistere macchine che la riproducono; a maggior ragione non possono esistere macchine che la sopravanzano.

Se invece la nostra mente è equivalente a una ipotetica macchina, in forza del secondo corno della disgiunzione allora vi sono problemi matematici, e dunque problemi in generale, che sono assolutamente insolubili per noi, e in particolare il secondo teorema di Gödel afferma che non saremmo in grado di provare la consistenza della nostra mente.

In altre parole se siamo macchine, allora siamo ostacolati dalla nostra stessa natura a dare seguito alla esortazione che campeggiava sul pronao del tempio del Dio Apollo a Delfi: “Conosci te stesso”.

Come potremmo allora costruire una macchina identica alla nostra mente se, non conoscendo la nostra vera natura, non possiamo nemmeno conoscere la vera natura di questa ipotetica macchina?

La terza possibilità, ossia che la mente umana sia ben più di una macchina, e che al tempo stesso esistano verità inattingibili per la stessa mente, è la situazione implicitamente o esplicitamente contemplata in tanti credo di natura religiosa.

 

Se la “disgiunzione di Gödel” suggerisce l’impossibilità di una macchina di eguagliare, e a maggior ragione superare, la mente umana (questo tra l’altro era il convincimento dello stesso Gödel), ciò non vuol dire che non vi siano crescenti rischi sottesi alla sempre maggiore digitalizzazione delle nostre esistenze.

Rischi già ben presenti, come abbiamo visto, ma destinati ad aumentare nel prossimo futuro se non si mettono in atto opportune contromisure.

Il punto che emerge dalle considerazioni fatte è che la “infocrazia”, come viene chiamata dal filosofo tedesco di origine coreana” Byung-Chul Han”, influenza profondamente, e il più delle volte in maniera subdola, la vita di miliardi di persone, e questa influenza nefasta aumenterà se non si mettono in atto, già a partire da quanto ora già operativo, efficaci strumenti di regolamentazione e di controllo democratico.

E a proposito della democrazia mai come oggi è necessario chiedersi se questo vessillo, nella sua forma concretamente operativa nei Paesi occidentali, sia adeguato per far fronte alle terribili criticità che incombono sull’umanità – cambiamenti climatici, guerre, pandemie, terrorismo, migrazioni, e non da ultimo l’infocrazia -, criticità che richiedono vista lunga e scelte di lungo periodo, ben al di là dei meccanismi di pura e semplice governance a breve scadenza di cui si sono dotate le democrazie liberali, con mandati elettorali che appaiono sempre più costruiti su questa.

 

A questo proposito è interessante menzionare un aneddoto che ha come protagonista lo stesso “Gödel”.

Esule dall’Europa minacciata dal nazismo, al funzionario che lo interrogò per la concessione della cittadinanza USA avrebbe voluto spiegare che nella Costituzione Americana aveva trovato un’aporia che poteva permettere democraticamente la fine della democrazia.

I suoi accompagnatori, “Albert Einstein “e “Oskar Morgenstern”, glielo impedirono e tuttavia il fatto rimane di una incombente attualità alla luce dell’assalto del Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021.

 

La “rivoluzione digitale” che già oggi si afferma tende a restringere gli ambiti di azione della democrazia e promuove al contempo una “apparentemente contrastante azione di soggetti in grado di vincere le elezioni contro i principi di libertà e pluralismo”.

Gli stessi principi che la governance degli algoritmi più o meno intelligenti, svuota per altre vie.

 

 

Di che cosa parliamo quando

parliamo di “distopia”.

Unicat.it – Luca Gino Castelli – (12-1-2023) – ci dice:

( Luca Gino Castellin - Professore Associato di Storia delle Dottrine Politiche, Università Cattolica - Milano).

“It’s the devil’s way now

There is no way out

You can scream and you can shout

It is too late now”

“Radiohead, 2+2=5”

(Hail to the Thief, 2003)

1. Due più due uguale cinque.

Il 9 giugno 2003, i “Radiohead” pubblicano il loro sesto album,” Hail to the Thief”.

A differenza dei precedenti” Kid-A” (2000) ed “Amnesiac” (2001), non è un disco di sperimentazione, dove ritmi elettronici programmati al computer e diversi strumenti jazz prendono il posto delle chitarre elettriche.

 È, invece, un ritorno alle origini, alle sonorità di “The Bends” (1995) e “Ok Computer” (1997), che avevano offerto visibilità alla band di “Thom Yorke e Jonny Greenwood”.

 I singoli che vengono estratti dall’album sono gli onirici e perturbanti “There There” e” Go to Sleep”, ma soprattutto il distopico” 2+2=5”, che apre anche il disco.

Già nel titolo della canzone è facile intuire il debito e il richiamo a “1984” di “George Orwell”, ossia alla distopia più celebre del Novecento.

Nel linguaggio comune, ladistopia è intesa come un’inversione dell’utopia”, una sua totale negazione.

Pertanto, se l’utopia descrive i contorni di una società ideale, superiore e più giusta, la distopia delinea i tratti di una società spaventosa, inferiore e più ingiusta.

Tuttavia, piuttosto che essere una negazione dell’utopia, la distopia potrebbe essere la sua essenza.

Ogni distopia, infatti, è un grido d’allarme contro lo status quo, è una denuncia morale nei confronti di una realtà avvertita come oppressiva e disumana.

Per evitare che il passato e il presente siano destinati a trasformarsi in un incubo futuro, la narrativa distopica agisce in maniera preventiva, mettendo in guardia i lettori.

2. Le radici del genere distopico: politica, scienza e tecnica.

Secondo l’”Oxford English Dictionary”, la paternità del termine distopia – dal greco dys- (cattivo) e topos (luogo) – è riconducibile al filosofo John Stuart Mill, che lo utilizza per la prima volta durante un discorso al Parlamento inglese nel 1868.

Questa data è molto importante, perché offre un riferimento storico fondamentale per inquadrare il sorgere del genere distopico.

Se, infatti, la distopia riflette come una cartina di tornasole paure e angosce tipiche di un’epoca, è soltanto nel XIX secolo che tali preoccupazioni incominciano a manifestarsi.

L’atto di nascita della protostoria della narrativa distopica si può ritrovare nello spartiacque della Rivoluzione francese.

L’ideale palingenetico del furore rivoluzionario, l’aspirazione a creare l’«uomo nuovo» e di fondare una società perfetta, non soltanto mostrano abbastanza in fretta le loro terribili conseguenze politiche e sociali, ma contribuiscono anche a plasmare l’incubo (futuro) che alimenta l’immaginario distopico.

Accanto alla – e, forse, assai più della – politica, sono la scienza e la tecnica con le loro sinistre ricadute sociali, culturali ed economiche, a innescare la distopia moderna.

L’obiettivo polemico è la “hybris” dell’uomo moderno, il peccato di tracotanza e vanagloria contro i limiti naturali e morali dell’esistenza e della realtà.

Nel 1818, con la pubblicazione di “Frankenstein”, o il “moderno Prometeo”, “Mary Shelley non solo inaugura la tradizione fantascientifica, ma agisce da catalizzatrice del canone distopico.

 L’autrice affronta nella sua opera più celebre i pericoli che ossessionano la distopia novecentesca.

Il tema della “hybris”, come indica il significativo sottotitolo (appunto, il «moderno Prometeo»), è centrale, proprio perché vi è l’idea che la scienza e la tecnica siano destinate a cambiare (in peggio) le condizioni di vita e di lavoro dell’uomo, oltre che a minare profondamente la stessa natura umana.

Nella seconda metà del XIX secolo, insieme all’avanzata dello spettro del comunismo, si moltiplicano i segnali di allarme verso la scienza e verso la politica.

Si diffonde sempre più la convinzione che il “paradiso utopico” potrebbe infatti dissimulare un “inferno distopico”.

3. L’epoca della distopia totalitaria: Wells, Zamjatin, Huxley e Orwell.

Se c’è un punto sul quale gli studiosi sembrano essersi trovati tutti d’accordo, è nel riconoscere in” Herbert George Wells” il vero caposcuola della distopia moderna.

Nel torno di tempo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, l’autore inglese pubblica infatti una serie di racconti che costituiscono un vero e proprio ciclo distopico, edificato sull’atmosfera fin de siècle dell’età vittoriana, che prende inizio con “The Time Machine” (1895) e si conclude con “The Shape of Things to Come” (1933).

La visione del futuro proposta da Wells è assai cupa e drammatica.

Il pessimismo dell’autore si intreccia tanto con le istanze di trasformazione dell’ordine sociale legate alle rivendicazioni del proletariato (verso cui Wells mostra un atteggiamento ambiguo e contraddittorio), quanto con l’evoluzionismo della teoria darwiniana.

In “The Time Machine”, per esempio, la lotta di classe è estremizzata in una contrapposizione tra esseri ripugnanti.

I brutali “Morlocks”, discendenti dei proletari che abitano nel sottosuolo, servono per abitudine i deboli e parassitari “Eloi”, eredi dei capitalisti, ma al tempo stesso danno loro la caccia di notte per nutrirsene.

 L’immagine finale di un mondo popolato soltanto da granchi giganteschi che vive sotto i raggi di un sole che sta ormai per spegnersi è alquanto evocativa del macabro orizzonte di “Wells”.

 Invece, “The Shape of Things to Come, invece”, traccia il futuro dell’umanità attraverso l’esperienza di due guerre mondiali (di fatto Wells prevede lo scoppio del secondo conflitto mondiale), l’avanzata delle pandemie, l’instaurazione di una dittatura ‘benevola’ che conduce al trionfo della scienza e della tecnologia.

Le speranze e le paure di Wells vengono ulteriormente sviluppate nel corso del XX secolo.

L’inizio del Novecento, d’altronde, è l’epoca delle distopie.

 E gli alfieri dell’ascesa della distopia sono certamente Evgenij Zamjatin, Aldous Huxley e George Orwell.

 

Tra il 1919 e il 1921, l’intellettuale russo “Zamjatin” scrive un romanzo – pubblicato per la prima volta in inglese nel 1924, in russo soltanto nel 1988 – che possiede una incredibile valenza storica, dal titolo “Noi”.

Egli critica infatti l’assoggettamento sistematico dell’individuo alla società. L’obiettivo polemico è duplice.

 Da un lato, la società capitalistica e il taylorismo, che fabbrica uomini tutti uguali, inconsapevoli e alienati, dall’altro, il potere totalitario del comunismo sovietico (sperimentato personalmente dall’autore), che in nome dell’uguaglianza nega la libertà della persona.

L’omogeneità della massa informe dei cittadini è perseguita attraverso il condizionamento, il controllo continuo (le abitazioni, per esempio, sono quasi tutte in vetro), e la chirurgia (la trasgressione non è solo un reato, ma anche una malattia sociale, che viene ‘curata’ attraverso il ricorso alla lobotomia).

Nel romanzo, le vicende del protagonista, “D-503,” raccontate sotto forma di diario, contengono una critica feroce all’idea che la felicità possa essere raggiunta e garantita attraverso la rinuncia alla libertà e l’assoggettamento al potere.

 

Seppur fondato sull’esperienza del piacere e sull’organizzazione scientifica della società, anche” Brave New World” (1932) di” Aldous Huxley” diffonde l’immagine di un futuro terrificante.

 Sorto dopo una guerra apocalittica, lo Stato mondiale si struttura politicamente ed economicamente in maniera classista, promiscua e fortemente edonistica.

Quella di “Huxley” è una critica spietata al “Fordismo”, al “consumismo” e al capitalismo della società borghese del XX secolo.

Il condizionamento eugenetico e psicologico (tramite l’ipnopedia) sostituisce la sorveglianza costante e repressiva che si serve della minaccia o della paura.

La (possibile) deviazione del singolo dalla massa è così facilmente individuabile e arginabile.

La scienza in “Brave New World” diventa strumento di governo.

 

Il totalitarismo ‘morbido’ di Huxley è comunque aggressivo e spietato.

 Si serve dell’ingegneria genetica e delle tecniche psicologiche per asservire corpo e mente alle necessità del potere.

 L’obbligo del piacere, e con esso il dominio politico, si sostiene sia attraverso la sessualità ‘meccanica’ e ‘senza sentimento’ (amore, famiglia e matrimonio sono semplicemente inconcepibili), sia tramite la droga (l’alterazione della condizione psico-fisica con il soma è uno strumento di restrizione individuale e di ordine collettivo).

Molto probabilmente, 1984 (1949) di George Orwell è la distopia più famosa del XX secolo.

Attraverso il romanzo dello scrittore inglese il lettore è gettato in un incubo vivido e atroce, popolato dal potere, dalla propaganda, dal terrore e dalla guerra.

Nel mondo frazionato in blocchi, in una società suddivisa per classi, il controllo sulla popolazione di Oceania da parte del Grande Fratello è totale e continuo.

Il nemico interno e internazionale è l’oggetto della propaganda, così come la repressione, il terrore e la rieducazione sono gli strumenti del potere.

Offrendo una grottesca estremizzazione dei totalitarismi del Novecento, 1984 mostra le insidie dell’uso dei mass media, della distorsione del linguaggio e della alterazione della cultura.

 Il futuro descritto di Orwell è semplicemente un inferno.

Non c’è scampo dalla vigilanza e dalla propaganda.

Aspetto determinante è quello dell’utilizzo dissacrante del linguaggio, in cui più si avverte il distacco tra l’essere umano e la sua realtà storica e sociale.

Anche il passato è una vittima del potere totalitario.

La distorsione, che è al tempo stesso costruzione, della storia è uno strumento della politica.

 Le persone sono intrappolate in un eterno presente, di cui non hanno nemmeno certezza.

 La memoria, unica ancora di salvezza, è perduta.

Il dissenso annientato, tramite la catarsi dei “due minuti d’odio”.

 Come lascia presagire Orwell, la speranza per un avvenire differente semplicemente non esiste.

Non c’è opposizione, il dissenso viene creato, la delazione è pratica quotidiana, l’essere umano è una marionetta nelle mani del potere.

L’uomo non è più umano.

4. Una tipologia del canone distopico: politica, ambiente, tecnologia.

Il raccapricciante futuro che propongono “Wells”, “Zamjatin”, “Huxley” e “Orwell”, non rappresenta ovviamente l’unico esempio del genere distopico.

Quest’ultimo, infatti, nel corso del Novecento, si è sviluppato in una serie di ramificazioni differenti, che hanno sollevato l’attenzione su varie tendenze sociali, politiche o scientifiche.

 In tale prospettiva, l’originalità delle creazioni della letteratura distopica è andata sempre più aumentando.

Provando a offrire una prima – e, ancora, alquanto generale – classificazione del concetto, si può tentare di suddividerlo in tre forme principali, che spesso si intrecciano fra loro:

una «distopia politica», una «distopia ambientale» e una «distopia tecnologica».

 

Nella «distopia politica» non possiamo solo ricondurre i romanzi più celebri, come “Noi”,” Brave New World” e “1984,” ma anche una serie di opere che affrontano l’incubo totalitario dal punto di vista femminista, in autrici come” Katharine Burdekin” (Swastika Night, 1937), “Margaret Atwood” (The Handmaids Tale, 1986), o che si soffermano sul problema della discriminazione razziale, come “William E.B. Du Bois” (The Comet, 1920), o che – ancora – avvertono tutti i rischi della distruzione totale della Guerra fredda o la crescente schizofrenia delle relazioni sociali, come in molti romanzi di “James Ballard” e di “Philip Dick”.

 

Nella «distopia ambientale» possiamo annoverare molti romanzi che sottolineano il dramma della sovrappopolazione, delle carestie, del riscaldamento globale, delle pandemie, o dell’olocausto nucleare, come in alcune opere di “Ursula Le Guin” (The Lathe of Heaven, 1971)”, John Brunner” (The Sheep Look Up, 1972), e “Cormac McCarthy “(The Road, 2006).

Sono tutti contributi che possiamo definire post-totalitari, che si sviluppano cioè in una contingenza storica nella quale il pericolo principale non è più quello del controllo panpolitico sulla vita dei cittadini, ma l’azione sconsiderata dell’uomo sulla natura.

 

Infine, nella «distopia tecnologica», si possono ricondurre tutti quei romanzi in cui la scienza e la tecnologia mettono in pericolo, cercano di dominare o tentano di distruggere l’umanità.

Un filone, quest’ultimo, che nato con “Wells” e “Huxley,” prosegue con “Dick”, ed esattamente come la «distopia ambientale» rappresenterà il maggior campo d’azione negli anni a venire.

 

 5. «Non hai prestato molta attenzione».

Nel testo di “2+2=5”, mentre l’arpeggio di chitarra di “Jonny Greenwood” produce una sensazione di angoscia, “Thom Yorke “canta:

«Sei così sognatore / Da volere cambiare il mondo? / Io starò sempre a casa / Dove due più due fa sempre cinque».

 E, poco dopo, al culmine della tensione, prosegue

«È la strada del Diavolo ora / Non c’è via d’uscita / Puoi urlare e puoi gridare / È troppo tardi ormai».

 

Ed è troppo tardi ormai, proprio perché – come ripete incessantemente il ritornello – «non hai mai prestato molta attenzione».

 La distopia è proprio un costante richiamo a impedire che le illusioni di un avvenire migliore non si trasformino in un incubo senza via d’uscita.

La distopia, in altri termini, è un grido d’aiuto affinché un giorno non dovremo essere costretti a riconoscere di non aver mai prestato molta attenzione.

 

 

 

La Nobiltà Nera.

Forbittennews.substak.com – Redazione – (8-5-2024) – Jenni Madden – substak – ci dice:

URTARE LE BRUTTURE.

A proposito della classe dei miliardari parassiti, avete mai sentito parlare della disgustosa barzelletta chiamata "Gli Aristocratici"?

 Sto cominciando a credere che la routine comica degli Aristocratici non sia in realtà uno scherzo.

Nella mia esperienza personale, molti – non tutti – gli aristocratici sono dei veri e propri feccia.

Queste persone sono i gangster originali "OG" e il mondo è la loro ostrica per il crimine senza fine e non possono farne a meno.

Ne sono più convinto che mai, dopo aver letto questo documento “Mystery PDF” di un autore anonimo, che ho formattato e modificato leggermente per la grammatica e la chiarezza e a cui ho aggiunto collegamenti ipertestuali, qui sotto, per aiutarvi nella vostra ricerca, mentre guardate la miniserie 'FALL OF BABYLON' – EPISODE 3 di Tore Maras, se non l'avete già fatto.

 

Ho scoperto questo documento misterioso in un modo interessante.

Stavo scrivendo un articolo per accompagnare il film di cui sopra – uno dei 5 video assolutamente strabilianti pubblicati da “Tore Maras” lo scorso ottobre – e dopo aver passato diverse ore a trascrivere il testo che lampeggia rapidamente sullo schermo nel mini doc, ho deciso di provare a incollare un paragrafo su Google per cercare un potenziale documento di partenza – e l'ho trovato!

Ho trovato questo PDF, datato 11 febbraio 2021, che è pieno di artefatti che indicano che l'originale è stato scritto in spagnolo e che questa versione PDF inglese proveniva da una scansione digitale.

L'autore rimane un mistero.

Questo è lo stesso testo che lampeggia sullo schermo durante il segmento di questo mini documentario che è tratto dal classico discorso di “John Coleman” del 1996 in cui descrive il piano "Crescita Zero" del Club di Roma che ora stiamo vedendo dispiegarsi davanti ai nostri occhi come il Grande Reset.

“Coleman”, un ex ufficiale dell'intelligence britannica che in seguito è diventato un cittadino statunitense naturalizzato, ha spiegato che l'ONU, l'OMS e la Banca dei Regolamenti Internazionali sono tutti bracci esecutivi del “Royal Institute of International Affairs” e, in ultima analisi, del "Comitato dei 300", che è controllato da antiche famiglie aristocratiche la cui ricchezza stratosferica fa impallidire quella degli oligarchi tecnologici della nostra epoca.

 Coleman ha scritto l'imperdibile libro omonimo, "The Committee of 300".

Un sacco di gente ha parlato della “Mafia Khazariana”, ma quello che leggiamo da Coleman è che questi sono semplicemente gli ordinatori per la Nobiltà Nera.

Il documento PDF spiega come il Vaticano e tutte le principali religioni e culti, i governi, le forze armate e le agenzie di intelligence, le corporazioni, la mafia Khazariana e tutte le principali bande criminali e cartelli della droga che hanno preso il controllo del confine meridionale degli Stati Uniti sono controllati dalla Nobiltà Nera, con diverse famiglie che controllano territori specifici - e il documento nomina tutti i nomi.

 

Dopo la seconda guerra mondiale, il capo della Gestapo, “Klaus Barbie”, fondò il commercio di cocaina dalla Bolivia per finanziare i nazisti del dopoguerra.

La distribuzione di cocaina negli Stati Uniti è in gran parte gestita dal “cartello di Sinaloa”.

Così, quando si dice "Cartello di Sinaloa", raramente si pensa agli aristocratici europei che traggono profitto da quella massiccia operazione di traffico di droga e di esseri umani – ma questo è esattamente ciò che dice questo documento, cito:

"La casa di Borbone e la nobiltà spagnola... detengono la maggior parte dei cartelli della droga messicani e sudamericani.

 I Borboni possiedono il Cartello del Golfo e i Latin Kings.

 Le famiglie Osorio e Borja possiedono MS-13...

 I Ruspoli sono proprietari parziali del cartello di Sinaloa... Le famiglie FitzJames e Álvarez possiedono il cartello dei Los Zetas.

La foto qui sopra mostra Francesco Ruspoli, il presunto attuale capo di quella famiglia criminale della Nobiltà Nera.

Secondo il documento, è un proprietario parziale del “cartello di Sinaloa.

 La donna arancione alla sua destra è la principessa Françoise Sturdza, membro rumeno della “Nobiltà Nera”.

Sopra, vediamo “Luigi Alfonso di Borbon”, il capo della Casa di Borbone e, secondo il documento, è il proprietario del Cartello del Golfo e dei Latin Kings.

Si tratta del giovane Edgardo Osorio, la cui famiglia, secondo il documento misterioso, insieme alla famiglia Borja possiede l'MS-13 e la banda di motociclisti mongoli, il che sembrerebbe un'assurdità assoluta, ma... Questo è il modo in cui si gioca a questo gioco, a quanto pare.

Ci sono molte altre famiglie aristocratiche europee che controllano diverse altre bande criminali latinoamericane, secondo il documento.

Il dottor “Jan Halper-Hayes “disse a “John Sabal” che il “Trattato del 1871” riportò gli Stati Uniti al loro vassallaggio pre-guerra rivoluzionaria verso il Regno Unito e mise i banchieri in controllo delle nostre vite.

 "Fondamentalmente,” la Cabala”, a cui avete sentito parlare, ci sono 12 famiglie che controllano davvero le finanze in tutto il mondo", ha detto.

Questo documento, originariamente scritto in spagnolo, menziona questo trattato due volte, affermando che la dinastia bavarese della Casa di Wittlesbach controlla segretamente le filiali della Compagnia della Baia di Hudson e che "HBC ha circa 12 miliardi di dollari di beni e ha avuto contratti fiscali con gli Stati Uniti attraverso la “Legge Organica del Distretto di Columbia del 1871".

Prosegue dicendo che "la Corona belga e i suoi nobili stanno rubando ricchezza dagli Stati Uniti attraverso contratti fiscali fraudolenti stabiliti attraverso la” Legge Organica del Distretto di Columbia del 1871” e continuano a farlo attraverso” la Banca dei Regolamenti Internazionali".

Quando si esaminano i singoli membri di queste famiglie, si scopre che si sono sposati per secoli e fanno tutto insieme.

 Fanno tutti parte dei consigli di amministrazione delle rispettive società, sono tutti membri delle rispettive piccole società segrete.

Si vedono le stesse case reali e gli stessi titoli, più e più volte.

 

QUINDI ECCO IL DOCUMENTO MISTERIOSO, CHE HO ZHUZHED-UP, UN PO' CON COLLEGAMENTI IPERTESTUALI ILLUSTRATIVI E ALCUNE CORREZIONI GRAMMATICALI PARSIMONIOSE, A CAUSA DI ERRORI DI TRADUZIONE DA UN DOCUMENTO ORIGINALE SPAGNOLO.

Domanda: Chi sono le "élite"? Risposta: La Nobiltà Nera.

La Nobiltà Nera è la base del sindacato criminale globale che controlla questo pianeta.

 La Nobiltà Nera o Aristocrazia Nera sono le famiglie aristocratiche che si schierarono con il papato sotto Papa Pio IX dopo che l'Esercito del Regno d'Italia guidato dai Savoia entrò a Roma il 20 settembre 1870, rovesciò il Papa e lo Stato Pontificio, e si impadronì del Palazzo del Quirinale e dei nobili successivamente nobilitati dal Papa prima dei Patti Lateranensi del 1929.

 

Ogni famiglia che ha prodotto papi per il Vaticano è reale.

 La maggior parte della Nobiltà Nera sono reali del Vaticano.

La Nobiltà Nera si considera un principe sovrano.

Queste famiglie si guadagnarono il titolo di nobiltà "nera" per la loro implacabile spregiudicatezza.

Hanno usato l'omicidio, lo stupro, il rapimento, la rapina e ogni tipo di inganno su larga scala, senza opporre resistenza al raggiungimento dei loro obiettivi.

 

La Nobiltà Nera fu la famiglia che finanziò e creò la sacra corporazione del Vaticano con l'obiettivo di imporre la schiavitù mondiale come istituzione necessaria, con la sola convinzione che alcuni sono nati per governare e altri per essere governati.

L'idea che certe famiglie siano nate per governare come un'élite arbitraria, mentre la stragrande maggioranza di una data popolazione è condannata all'oppressione, alla servitù o alla schiavitù, è diventata la posizione teologica di questa élite.

Il "Nuovo Ordine Mondiale" è un tentativo di prendere il controllo della società da parte di queste famiglie fasciste con lo scopo della schiavitù totale dell'umanità.

Il Vaticano è una nazione imperiale ed è il più grande impero di questo mondo.

La Città del Vaticano, o Holy Vatican Corporation, ufficialmente lo Stato della Città del Vaticano, è una nazione che opera come la più grande rete di intelligence del mondo.

 La Santa Sede è "l'occhio che tutto vede" nella società e un'entità corporativa collegata a molte altre corporazioni e governi attraverso statuti papali e reali.

Gli arcivescovi e i vescovi di alto livello sono i supervisori della società all'interno dei loro distretti e sovrintendono alla politica, alla polizia, agli affari e al crimine organizzato.

Lo stesso anno in cui il professore di diritto ecclesiastico e filosofia pratica all'”Università di Ingolstadt”,” Adam Weishaupt”, creò l'”Ordine degli Illuminati”, fu lo stesso anno in cui crearono gli Stati Uniti come una corporazione per gestirli come il loro esercito privato e leader dell'agenda di un "Nuovo Ordine Mondiale" per le élite, e principalmente, grazie alla Massoneria infiltrata e diretta dai Gesuiti.

Il” Nuovo Ordine Mondiale” è una cospirazione del lignaggio al vertice.

Sono antiche e malvagie linee di sangue che costruiscono e distruggono imperi per il controllo attraverso un ordine dal caos.

Le case reali e nobiliari sono entità corporative e pretendono di governare e possedere terre, risorse e persone.

I proprietari terrieri sono sempre stati i principali proprietari di oro e metalli preziosi.

Consentono e finanziano banchieri e imprenditori a lavorare per loro attraverso le loro case aziendali.

Autorizzano ed emanano la creazione di leggi, agenzie, militari, aziende e università.

 Creano e gestiscono religioni e società segrete.

Finanziano e organizzano anche organizzazioni criminali come se fossero imprese commerciali.

Alcune delle principali linee di sangue reali includono Savoia, Borbone, Medici, Glücksburg, Wittelsbach, Nassau-Weilberg, Sassonia-Coburgo-Gotha, Romanov, Grimaldi, Orléans, Braganza, Asburgo, Hannover, Windsor, Saud, Thani, Khalifa, Alawi , Zogu, Hohenzollern, Orange-Nassau, Bonaparte e Bernadotte.

Molte linee di sangue reali governano ancora le loro nazioni come capi di stato come Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Monaco, Spagna, Arabia Saudita, Bahrain, Marocco, Svezia, Norvegia e Lussemburgo.

Lo Stato della Città del Vaticano è anche un regno con il Papa di Roma come monarca.

 La Nobiltà Nera è l'antica stirpe dello Stato Pontificio e possiede la Santa Sede e il Vaticano.

Hanno prodotto i primi papi di Roma e hanno ricoperto posizioni di leadership in Vaticano fin dal suo inizio.

I Colonna e i Torlonia detengono ancora le cariche ereditarie di Principi Assistenti al Soglio Pontificio.

La Nobiltà Nera si considera un principe sovrano.

Il Vaticano è usato come punto centrale di controllo e la Santa Sede è una delle entità corporative più antiche e criminali esistenti.

 

La Chiesa cattolica spagnola è immensamente ricca, non ha sofferto la crisi e gode anche di un vero e proprio paradiso fiscale, essendo esente dal pagamento di tasse, come l'IBI, le opere, le società, ecc.

 La stragrande maggioranza dei beni in loro possesso e sui loro conti sono completamente opachi.

 Questa situazione è illegittima, ingiusta e presumibilmente illegale, e ciò avviene con la complicità e il consenso dei poteri pubblici.

Le famiglie “Erlach” e “Brandi” sono consulenti fiscali svizzeri che consentono la corruzione, la concussione, il finanziamento di reati e il riciclaggio di denaro.

 La Guardia Svizzera è quella che protegge lo Stato della Città del Vaticano.

 I cantoni svizzeri sono stati in contratto con il Vaticano per secoli e la Svizzera è fondamentalmente uno stato pontificio con nobili romani che ne rivendicano la proprietà parziale.

La Casa tedesca di” Baden Zahringen” fondò Berna, in Svizzera.

La Casa Savoia governò le regioni della Svizzera per centinaia di anni.

Alcune delle più importanti linee di sangue della Nobiltà Nera sono:

Massimo, Colonna, Pallavicini, Odescalchi, Ruspoli, Orsini, Aldobrandini, Sforza-Cesarini, Boncompagni-Ludovisi, Chigi-Albani-Della Rovere, Doria-Pamphilj, Rospigliosi, Giustiniani, Torlonia, Corsini, Borghese, Del Drago, Lucchesi-Palli e Gaetani.

 Le famiglie Pecci e Pacelli sono linee di sangue più recenti della Nobiltà Nera.

 

La Nobiltà Nera condivide la proprietà della Santa Sede, che è un'entità societaria con sede nello Stato della Città del Vaticano che è stata istituita come nazione nel 1929 sotto Benito Mussolini, che è stato messo al potere da Casa Savoia.

Le famiglie Mussolini e Franco divennero nobili dopo i loro regimi fascisti.

La Nobiltà Nera possiede anche i Cavalieri di Malta, i Gesuiti e Cosa Nostra.

 La Nobiltà Nera stabilì rami nell'Italia meridionale e sposò nobili siciliani e campani, come i Lanza di Scalea, gli Adragna, i Sanseverino, i Tomasi di Lampedusa, i Paternò, i Cattaneo, i Serena di Lapigio e i Rocco di Torrepadula.

Molte famiglie criminali italiane erano nobili siciliani come i Bonanno e i Bellomo. Sia i boss mafiosi che i nobili italiani e spagnoli si fanno chiamare “Dons”, che è l'equivalente di” boss del crimine”.

Le famiglie Savoia, Savoia-Aosta, Medici, Borbone-Due Sicilie e Borbone-Parma sono membri della famiglia reale italiana e sono sposate con varie linee di sangue reali europee e nobiltà nera.

 La maggior parte dei monarchi sono membri del Sovrano Militare Ordine di Malta. Il Principe Carlo Massimo ha supervisionato il Sovrano Militare Ordine di Malta in qualità di Presidente dell'Associazione Italiana” SMOM”.

I Cavalieri di Malta hanno un'operazione sotto copertura presso la “Scuola dei Gesuiti di Servizio Estero a Georgetown”, gestita da “Joel Hellman”.

I Gesuiti e i Cavalieri di Malta gestiscono fondamentalmente il “Dipartimento della Difesa” insieme ad agenti della Corona britannica e massoni di alto livello.

Il Principe Carlo di Borbone-Due Sicilie fu un alto commendatore della Compagnia di Gesù attraverso il suo Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

I Gesuiti furono autorizzati da Papa Paolo III della famiglia Farnese.

Le famiglie Borbone-Dos Sicilia e Borbone-Parma sono la continuazione della famiglia Farnese, il nome “Farnesivs” è inciso nella sede dei Gesuiti chiamata Chiesa del Gesù a Roma.

La famiglia Farnese visse in una fortezza pentagonale chiamata” Farnese Villa Caprarola”, che è la base per il progetto del “Pentagono americano”.

I gesuiti sono coinvolti nell'istruzione, nella politica, nelle banche, nella scienza, nel diritto e soprattutto nell'intelligence militare.

I Borboni italiani hanno stabilito residenze in tutto il mondo, compresa la Florida. I gesuiti devono essere indagati e messi al bando, sono stati giustamente espulsi da quasi tutti i paesi del mondo, ma finiscono sempre per tornare.

 In Spagna per tre volte, il suo ultimo ritorno fu per mano del generale Franco.

La Santa Sede è un ente corporativo che emana leggi e disegni di legge, come la Bolla d'Oro, che rivendica la proprietà del Regno d'Inghilterra e identifica l'imperatore come il sovrano dell'unico impero universale legittimo, scelto direttamente da Dio.

Il Papa rivendica il potere temporale o la proprietà sulla Terra e rivendica anche la supremazia papale o il governo papale e l'infallibilità papale.

E Infallibilità significa incapacità di sbagliare.

La Curia Romana o Corte Pontificia è il più alto consiglio organizzato della società ed è direttamente supervisionata dai due "Assistenti del Principe al Trono Pontificio", queste due cariche sono ricoperte dai principi delle famiglie Colonna e Torlonia.

Lavorano con un consiglio principesco di livello superiore della nobiltà italiana che lavora con un altro consiglio composto dalla nobiltà romana.

La nobiltà italiana e quella austriaca sono sposate tra loro e lavorano a stretto contatto guidando il Sovrano Militare Ordine di Malta, che è un'entità sovrana equivalente a quella di una nazione sovrana.

 La nobiltà italiana, Cosa Nostra e i nobili tedeschi e austriaci, gestiscono la mafia ebraica.

I reali e i nobili hanno enormi quantità di ricchezza in conti bancari privati in Svizzera.

Usano la” Banca dei Regolamenti Internazionali” fondata dai nazisti per rubare ricchezza alle banche centrali attraverso contratti fiscali fraudolenti e poi riciclare e nascondere la ricchezza in conti bancari privati in Svizzera.

 

Le principali casate italiane ancora attive sono i Massimo, i Colonna, i Pallavicini, i Torlonia, gli Aldobrandini, i Ruspoli, gli Orsini, i Gaetani-D'Aragona, i Borbone-Parma, gli Odescalchi, i Borghese, gli Adragni, i Chigi, i Medici, i Borromeo, i Doria-Pamphilj, i Sacchetti, i Savoia, i Grimaldi e i Borboni.

Queste linee di sangue sovrintendono ai vari settori della società.

 

Al di fuori di questa struttura di potere c'è il Comitato dei 300 con una cerchia ristretta composta dai principali monarchi e principi d'Europa e dell'ex Sacro Romano Impero con membri provenienti da Windsor, Spencer, Cecil, Percy, Hohenlohe-Langenburg, Asburgo, Bonaparte, Orléans, Bernadotte, Lagergren, Glucksburg, Hannover, Fürstenberg, Austria-Este, Hohenberg, Assia, Nassau-Weilberg, Asburgo-Lorena, Sassonia-Coburgo-Gotha, Sassonia-Weimar-Eisenach, Sassonia-Meiningen, Braganza, Orange-Nassau, Hohenzollern, Hohenzollern-Sigmaringen, Liechtenstein, Rothschild, FitzJames, Lobkowicz, Ligne, Merode, Romanov, Thurn und Taxis, Schwarzenberg, Orsini-Rosenberg, Windisch-Graetz, Esterhazy e altre famiglie.

Molti membri che non hanno lo status nobiliare nel Comitato dei 300 sono rappresentanti delle famiglie reali.

Queste famiglie sono tutte nemiche dell'umanità e hanno cospirato per schiavizzare il mondo per secoli.

 Autorizzano e creano corporazioni e miliardari, dirigono religioni, stati, società segrete, mafia e sindacati del crimine organizzato.

Le famiglie reali in Europa sono principalmente divise in due fazioni, e questo risale ai mercanti guelfi e ai proprietari terrieri ghibellini.

Tutti gli altri gruppi come il “Bilderberg”, il “CFR” e la” Commissione Trilaterale” sono organizzazioni di livello inferiore.

Tutte le strade portano a Roma, che è la base del suo sistema di controllo.

Le Monarchie Costituzionali Europee sono rami dell'impero corporativo di Roma. Le monarchie costituzionali sono governate da capi di stato nominati dal sangue e servono Roma attraverso il Sovrano Militare Ordine di Malta.

Il Papa rivendica la proprietà temporanea o fisica della Terra. Il Papa pretende di essere infallibile dall'errore. Il Papa rivendica la proprietà su tutte le anime attraverso la dottrina papale della "Supremazia Papale". Il Papa è un leader della Nobiltà Nera d'Italia.

I Gesuiti sono un sacerdozio militare istituito ufficialmente da Papa Paolo III alias Alessandro Farnese della famiglia Farnese.

 I Gesuiti furono ufficialmente istituiti con la Bolla Papale chiamata “Regimini Militantis Ecclesiae”, che significa Reggimento Militare della Chiesa come continuazione dei Templari.

I Nobili Neri sono i veri proprietari e controllori del Vaticano e mantengono il loro controllo nel corso dei secoli installando i loro parenti come papi e vescovi di alto livello.

Attualmente le famiglie Torlonia e Colonna che hanno le cariche ereditarie di Principi Assistenti al Soglio Pontificio sono quelle che sovrintendono al papa.

 A sua volta, Papa Francesco supervisiona tutti i membri della Chiesa cattolica e supervisiona anche le varie società segrete che sono collegate alla Chiesa.

I Gesuiti sono anche un ordine massonico ed erano la continuazione degli ordini templari quando furono banditi.

La Chiesa Cattolica Romana prende in giro i cristiani eseguendo rituali in cui fingono di bere sangue e mangiare carne umana nota come “Eucaristia”, chiamata anche “Santo Sacrificio”.

 

Il Nuovo Testamento non esisteva fino al 1600 circa e l'Antico Testamento è ancora più recente del nuovo.

 Furono il Vaticano e i monarchi europei a creare sia il Nuovo che l'Antico Testamento.

L'ultima versione ufficiale della Bibbia fu pubblicata nel 1777.

I vescovi e i sacerdoti operano come supervisori e i gesuiti funzionano come spie addestrate all'inganno e sono infiltrati ovunque.

 Il Papa rivendica il potere temporale o la proprietà sulla Terra e rivendica anche la supremazia papale o il governo papale e l'infallibilità papale. Infallibilità significa incapacità di sbagliare.

Gli arcivescovi sono i supervisori della società all'interno dei loro distretti e sovrintendono alla politica, alla polizia, agli affari e al crimine organizzato.

 La frase latina “Novus Ordo Seclorum “significa “Nuovo Ordine delle Ere” o anche "Nuovo Ordine Mondiale", ed è sulla banconota da un dollaro USA e sul Gran Sigillo degli Stati Uniti.

Il Vaticano usa il latino come lingua ufficiale e per i documenti.

L'America prende il nome dall'italiano Americo Vespucci che lavorò per la famiglia Medici di Firenze e Roma.

Vespucci ha creato il termine “Nuovo Mondo per l'America”.

La “Bank of America” era originariamente chiamata “Banca d'Italia ed è stata fondata da “Amadeo Giannini”, che è stato finanziato dagli italiani.

 

Le nazioni sono state formate come società o corporazioni per sfruttare i loro cittadini come merce.

Le società sono costruzioni fraudolente perché sono considerate una persona con diritti ai sensi della legge e perché i proprietari e i controllori delle società possono ignorare la responsabilità per i crimini commessi dalla società.

Questo è fraudolento.

 Le aziende non sono persone e quindi non possono avere diritti.

Le società sono anche monopoli che usano le filiali per nascondere il loro dominio sull'industria.

Le aziende private non possono competere lealmente con le aziende.

I cittadini sono anche classificati come persone giuridiche (aziende), derubandoli di tutti i loro diritti umani.

 Le corporazioni non dovrebbero esistere.

 

I reali e i nobili emettono carte che istituiscono agenti immobiliari rappresentativi sotto copertura controllati da famiglie corporative o corone di reali e nobili.

Affermano di possedere governi stranieri in questo modo.

I reali e i nobili affermano di possedere gli Stati Uniti come continuazione della Virginia Company.

I reali romani come gli Hannover, gli Assia, i Württemberg, gli Hohenzollern, i Glücksburg, l'Orange-Nassaus e il Sassonia-Coburgo-Gotha rivendicano una quota di proprietà sulla Corona britannica.

 Questo è il motivo per cui la famiglia reale britannica ha così tanti antenati tedeschi.

Gli Stati Uniti sono definiti come una società federale ai sensi del codice statunitense 3002. Sezione 15.

 La maggior parte dei padri fondatori erano massoni e lavoravano per la Corona britannica e la famiglia reale tedesca.

Le famiglie politiche americane, come i Bush, i Clinton, i Romney e i Kennedy, prendono il nome da famiglie nobili europee che ancora esistono.

La famiglia Von Dem Bussche è composta da nobili tedeschi e parenti della famiglia Bush.

Anche i Clinton e i Romney sono nobili britannici.

I Kennedy sono nobili scozzesi-irlandesi e una famiglia politica americana coinvolta nel Partito Democratico.

Mars, Walton, Rockefeller, Guggenheim, Getty, Hearst, Sackler, Lauder, Sachs, Johnson, McMahon, Forbes e Cox sono alcune delle famiglie miliardarie americane che lavorano con reali e nobili in Europa.

La famiglia Mars vale circa 70 miliardi di dollari e lavora con le famiglie Windsor, Savoy, Thurn e Taxis.

 I Walton valgono circa 130 miliardi di dollari e lavorano con nobili tedeschi come le famiglie Württemberg, Baden, Hohenzollern e Isenberg.

Le varie famiglie Johnson negli Stati Uniti valgono complessivamente decine di miliardi e fungono da agenti per la Casa di Hannover.

Possiedono Johnson & Johnson e Fidelity Investments.

 Gli Hannover sono potenti reali e mercanti che fondarono la “Lega Anseatica”.

 

La famiglia Hearst vale più di 25 miliardi di dollari e diversi membri sono stati educati all'Università di Harvard della Corona britannica.

 La famiglia McMahon è miliardaria e proprietaria della WWE e lavora sotto i Bonaparte e i Savoy come i loro nobili antenati che furono serviti militarmente dai MacMahon durante la seconda guerra d'indipendenza italiana.

Oggi ci sono McMahon in Francia con titoli nobiliari italiani e francesi.

La famiglia Lauder lavora per la Casa di Esterhazy in Austria e per la Casa d'Este in Austria e in Italia.

I Guggenheim hanno un patrimonio di centinaia di miliardi e sono sposati con la Casa degli Stuart.

 La famiglia Getty è composta da miliardari mercanti di petrolio americani ed è sposata con la Casa Ruspoli italiana.

 La famiglia Forbes è composta da miliardari e discendenti americani di nobili scozzesi che ancora esistono.

Tutte le organizzazioni di “gang stalking” e “culti” sono possedute e controllate da membri della famiglia reale e della nobiltà.

 Organizzazioni criminali come la Reale stessa, le Istituzioni Reali, la Compagnia di Gesù, i Monaci Neri, il Club del Fuoco Infernale, gli Ordini dei Templari, la Massoneria, il Grande Oriente di Francia, il Rito di York, il Rito Scozzese, la Massoneria del Principe di Prince Hall, Shriners International, l'Ordine Reale dei Giullari, la Società della Cabala, Chabad, Scientology, Skull & Bones, la Boulé Society, La Nazione del 5%, La Nazione dell'Islam, Israeliti Neri, L'Ordo Templi Orientis (OTO), Il Tempio di Set, La Chiesa di Satana, Rosacroce, Golden Dawn, Opus Dei, Mormoni, Cavalieri di Colombo, Il Club Boemo, Cavalieri di Phintias, Antico Ordine dei Druidi, Wicca, Santeria, Obeah, Voodoo, Sufismo, Confraternite e Confraternite Greche, New Age e Culti Gnostici, Culti Nazisti, KKK, mafie, bande carcerarie, bande di motociclisti e bande di strada.

La famiglia Rockefeller usa le sue fondazioni di beneficenza per finanziare bande di molestie e corruzione negli Stati Uniti, così come le agende di globalizzazione e i programmi di vaccinazione.

La Fondazione Rockefeller ha finanziato l'”Almighty Vice Lord Nation”, che è un gruppo criminale organizzato, e ha anche finanziato il “Tavistock Institute”.

Hollywood, la Chiesa di Scientology e la Silicon Valley sono operazioni militari come l'agenzia DARPA degli Stati Uniti e gestite da reali e nobili europei come gli Oettingen-Spielberg, gli Schaumburg-Lippes, gli Anhalt, gli Hannover, i Windsor, i Passi di Preposulos, i Ruspoli, i Torlonias e gli Odescalchi.

La famiglia Ferragamo è anche coinvolta nella gestione e nel finanziamento della corruzione a Hollywood.

 La Casa di Nassau-Weilberg, che è sposata con i Torlonia, finanzia il traffico di esseri umani e i sacrifici umani a Hollywood.

Le “idol” nell'industria dell'intrattenimento sono un culto pericoloso con leader che hanno accesso ad armi elettroniche.

La maggior parte dell'elettronica moderna viene trasmessa segretamente con il software di biopirateria “GENESIS” e “NEURON” controllato da “Kabbalisti” e “Scientologist”.

Le monarchie europee funzionano come estensioni di Roma e gestiscono società segrete che si infiltrano nelle agenzie governative e gestiscono società per i monarchi.

Il Sovrano Militare Ordine di Malta è il principale consiglio militare e lavora a stretto contatto con gli Ordini di San Giovanni amministrati da reali protestanti come i Windsor e gli Hohenzollern.

L'Ordine di Malta e l'Ordine di San Giovanni sono organizzazioni massoniche con grandi maestri e titoli di iniziazione.

Le linee di sangue reali e nobili stanno lavorando insieme come un sindacato criminale globale e parte di un impero aziendale romano modernizzato.

Hanno anche diverse fazioni in competizione che creano l'illusione della divisione.

La corona britannica e i nobili scozzesi come le famiglie Bruce, Stewart, Sinclair, Campbell, Montagu, Scott, Hamilton, Percy, Boyle, Bowes-Lyon e Sutherland amministrano gran parte della Massoneria.

 Tutte queste famiglie produssero Gran Maestri della Gran Loggia d'Inghilterra.

Ci sono migliaia di logge massoniche in Europa e negli Stati Uniti.

La Massoneria deve essere indagata e messa fuori legge.

La Casa Reale Greco-Tedesca di Glücksburg dirige le confraternite e le confraternite greche e si avvale di iniziati come suoi agenti.

 I nobili di Glücksburg e gli italiani dirigono la “Boulé Society”.

 Boulé è una confraternita greca per afroamericani”. “Martin Luther King e Jesse Jackson sono stati membri di” Boulé”, insieme a molti altri neri di alto profilo, di successo e ricchi, tra cui “Barack Obama”, “Bill Cosby”, “Al Sharpton” e “Thurgood Marshall”.

 

La famiglia Glücksburg governa la Danimarca e la Norvegia e recentemente ha governato la Grecia.

Tra i suoi membri ci sono l'ex regina Sofia di Spagna e il principe Filippo, duca di Edimburgo.

 Gli ex nobili greci e i mercanti reali come le famiglie Mavroleon, Onassis e Niarchos sono miliardari che hanno il monopolio dell'industria navale e lavorano con i nobili britannici.

La famiglia reale greca vive attualmente a Londra, da dove operano molti mercanti greci.

La Corona britannica autorizza e controlla università come “Yale” e “Harvard”, che vengono utilizzate per reclutare agenti della Corona attraverso ordini fraterni come “Skull & Bones” e “Book and Snake”.

 

Le famiglie reali e nobili fanno anche affari sotto copertura nella “City of London Corporation”, che domina i mercati globali.

Alcune delle principali famiglie di mercanti londinesi includono le famiglie Goldsmith, Stuart, Rothschild, Grosvenor, Sassoon, Barclay, Sutherland, Montagu, Bailey e Guinness.

La famiglia Sutherland ha creato la banca HSBC che ha una lunga storia di scandali finanziari in tutto il mondo (Emilio Botín, Fernando Alonso, Mohamed VI, Jorge Trías e Jordi Pujol Jr. avevano conti presso HSBC quando era presieduta da Stephen Green, Barone Green di Hurstpierpoint).

La “famiglia Bailey” è co-fondatrice di J”anus Henderson” attraverso una fusione. Janus Henderson gestisce circa 190 miliardi di dollari di asset.

La famiglia Stuart possiede la Hudson Bay Company e ha un'alleanza con la Casa Bavarese di Wittelsbach, che è il proprietario segreto di alcune delle sussidiarie della Hudson's Bay Company, che sono state fondate da mercanti bavaresi.

HBC ha circa 12 miliardi di dollari di asset e ha avuto contratti fiscali con gli Stati Uniti attraverso la” Legge Organica del Distretto di Columbia del 1871”.

La famiglia Orange-Nassau è un trader influente attraverso la Netherlands Trading Society e possiede un gran numero di azioni in Royal Dutch Shell, Philips Electronics e ABN AMRO Bank.

Gli Orange-Nassaus e i loro agenti Dreyfus dirigono la “Rand Corporation”, che ha un contratto con l'esercito americano.

 Il fondatore della Rand era un gentiluomo olandese.

La famiglia Orange-Nassau gestisce anche la Loyal Orange Institution in Irlanda, che si è infiltrata nella polizia, nella giustizia e nella politica.

La famiglia lussemburghese “Nassau-Weilburg” è composta da banchieri internazionali legati alla” Banca Mondiale” e al “Fondo Monetario Internazionale”.

Le famiglie reali di Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi detengono quote della” Banca europea per gli investimenti” e tutti questi reali si sono recentemente sposati con nobili italiani.

La famiglia Ligne, originaria del Belgio, è composta da ricchi mercanti di diamanti e oro.

La Corona belga e i suoi nobili stanno rubando ricchezze agli Stati Uniti attraverso contratti fiscali fraudolenti stabiliti attraverso la Legge Organica del Distretto di Columbia del 1871 e continuano a farlo attraverso la Banca dei Regolamenti Internazionali.

Il Barone Strange è a capo dell'Ordine Massonico di Od fellow.

La famiglia Russell è il Marchese di Tavistock e gestisce il Tavistock Institute, un'organizzazione coinvolta nel controllo mentale di massa.

 La famiglia Russell ha anche co-fondato la Yale University e la Russell Trust Association, che prende il nome dalla società di New Haven, nel Connecticut, basata sulla società segreta “Skull & Bones”.

 

“Skull & Bones” è un complesso militare del culto della morte gestito dalla “famiglia Bush degli Stati Uniti,” che è come una famiglia reale europea negli Stati Uniti.

La famiglia Fürstenberg gestisce l'Ordine Reale dei Giullari che indossano un giullare sul loro stemma.

I Clinton lavorano a stretto contatto con la Casa di Fürstenberg, che ha residenza negli Stati Uniti.

La famiglia italiana Orsini e la famiglia Rosenberg del Sacro Romano Impero sono a capo dell'Ordine dei Rosacroce di alchimisti che si infiltrano nelle aziende alimentari e farmaceutiche per la guerra chimica.

La famiglia Medici, che ha una statua di Hermes (Mercurio) nel loro palazzo a Roma, amministra l'”Ordine Ermetico della Golden Dawn”, una società segreta alchemica.

I Medici furono gli architetti del sistema bancario moderno.

La famiglia Pierleoni di Roma e la Casa spagnola di Borbone-Angiò gestiscono la “Kabbalah Society”, che utilizza il leone spagnolo per il suo logo.

La famiglia Pacelli di Roma e la famiglia Crescenzi d'Italia amministrano i culti di stregoneria Wiccan.

La famiglia bavarese dei “Wittelsbach” dalla Baviera ha creato gli Illuminati bavaresi e amministra i monaci benedettini e fa anche parte della mafia ebraica negli Stati Uniti che sono criminali dal colletto bianco.

 La Casa di Wittelsbach è coinvolta con il sionismo, il nazismo, la massoneria e la Compagnia di Gesù.

La famiglia Pecci d'Italia possiede anche la mafia ebraica negli Stati Uniti attraverso il loro matrimonio con la” famiglia Blumenthal”.

 

I gesuiti funzionano come intelligence e infiltrati romani e usano le loro università per reclutare e addestrare agenti per Roma.

Gli agenti gesuiti dominano le posizioni di leadership nell'esercito e nell'intelligence degli Stati Uniti e soprattutto nella “CIA”.

I Cavalieri di Colombo sono di proprietà della “Casa de Colonna”. Cristoforo Colombo era “Pedro Madraga”, conte di “Caminha”, un parente dei Colonna che si stabilirono a Pontevedra al tempo dei Romani.

 Molti “Cavalieri di Colombo” sono agenti di polizia, sindaci, avvocati e giudici, che proteggono la mafia italiana mentre prendono di mira le persone libere di pensare.

I Cavalieri di Colombo sono pesantemente coinvolti in molestie di gruppo.

Gli ebrei di corte come i Rothschild, i Warburg, i Goldsmith, gli Oppenheimer, i Walton, i Sassoon, i Kadoorie, i Lewis, i Javal, i Lauder, i Sackler e i Dreyfus lavorano attraverso la Curia romana o le aule dei tribunali reali come Buckingham Palace.

I Rothschild francesi lavorano per la Nobiltà Nera di Roma e per la Casa d'Orléans francese.

 I Rothschild britannici lavorano per la Corona britannica.

Le famiglie “Sassoon” e “Kaddouri” lavorano per la Corona britannica e supervisionano le banche e gli affari in Cina e in India.

 I Rothschild svizzeri lavorano per la Casa d'Asburgo e la Casa d'Assia.

Gli Oppenheimer lavorano per la casa tedesca del Württemberg e per la filiale di Colonia Oppenheim.

 la Casa d'Asburgo d'Austria concesse loro titoli nobiliari.

I Warburg lavorano per la Casa Borghese italiana, la Casa d'Assia tedesca e la Casa di Hannover.

 Warburg Pincus aveva un contratto con Unicredit che si fuse con la Banca dello Spirito Santo della famiglia Borghese.

I Warburg erano banchieri veneziani e la famiglia Borghese ora detiene titoli nobiliari veneziani.

I Warburg finanziarono i nazisti.

La famiglia Dreyfus lavora per la Casa Olandese di Orange-Nassau e per la Casa Francese di Bonaparte.

 

Le famiglie di banchieri ebrei lavorano per i nobili e i reali cristiani. Queste linee di sangue ebraiche miliardarie gestiscono molti rabbini che gestiscono una rete di intelligence criminale che lavora con il Mossad.

La Casa francese di Bonaparte e la Casa svedese di Bernadotte controllano molte delle principali aziende europee attraverso i loro cavalieri dell'Ordine dei Serafini e della Legion d'Onore, che sono anche membri della Tavola Rotonda degli Industriali d'Europa, che ha una grande influenza economica sui mercati.

I Wallenberg gestiscono società del valore di centinaia di miliardi e lavorano per la Casa svedese di Bernadotte.

 I Wallenberg e la Corona svedese collaborano anche con i Gesuiti e il Vaticano.

La Nobiltà Nera e altre famiglie reali hanno nascosto miliardi in banche private in Lussemburgo, Liechtenstein e Svizzera.

Le famiglie reali del Lussemburgo e del Liechtenstein possiedono e gestiscono le proprie banche nazionali e private.

 I reali e i nobili austriaci e dell'Europa orientale, come gli Asburgo, gli Esterhazy e gli Schönberg, utilizzano banche private nel Liechtenstein e possiedono anche mafie israeliane ed ebraiche.

La famiglia Esterhazy insieme alla famiglia Lucchesi-Palli gestisce una fazione della mafia russa attraverso il boss mafioso “Semion Mogilevich” di Budapest.

La famiglia Torlonia possiede la Banca del Fucino a Roma e funge da banchiere e tesoriere vaticano.

 La famiglia Torlonia di Roma e la famiglia Hohenzollern di Germania sono i principali proprietari e controllori della “Banca dei Regolamenti Internazionali”, fondata e amministrata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

 I Torlonia sono gli architetti del fascismo e gli Hohenzollern sono gli architetti del nazismo.

Le famiglie Este, Rothschild e Hottinger sono tra i principali banchieri svizzeri.

La famiglia rumena Sturdza possiede anche una banca privata in Svizzera.

La famiglia Casanova d'Italia e Spagna è una delle principali famiglie politiche in Svizzera.

Le famiglie Estensi e Savoia gestiscono la Banca dei Regolamenti Internazionali, che ha un contratto con la maggior parte delle principali banche centrali e si appropria indebitamente delle ricchezze delle nazioni attraverso prestiti e contratti fraudolenti.

I Savoia vivono in Svizzera e il principe Lorenzo d'Asburgo-Este lavora presso la banca Gutzwiller.

La Banca dei Regolamenti Internazionali deve essere indagata e chiusa.

La famiglia Gutzwiller è una delle principali famiglie bancarie in Svizzera, proprietaria di una propria banca privata e gestisce altre 35 banche svizzere.

La Guardia Svizzera è un corpo militare incaricato della sicurezza del Papa e della Santa Sede.

Il capo cerimoniale della Guardia Svizzera è il Papa, sovrano della Città del Vaticano.

 Le mafie italiane sono le forze dell'ordine di Roma coinvolte in estorsioni, riciclaggio di denaro, omicidi e traffico di droga, e pagano i loro debiti alla mafia siciliana, che a sua volta li paga alla Nobiltà Nera.

La mafia incanala i suoi guadagni e tributi alla Nobiltà Nera attraverso le fondazioni caritatevoli vaticane e poi dalla banca vaticana vengono trasferiti sui conti privati della Banca Svizzera.

 

La famiglia criminale genovese dei Savoy è specializzata nell'estorsione ai danni di Wall Street.

La mafia sta manipolando gli sport professionistici per il gioco d'azzardo e ricicla anche le loro vincite criminali attraverso i casinò.

La famiglia Torlonia possiede la famiglia criminale di Kansas City e condivide la proprietà della famiglia criminale di Pittsburgh con la famiglia Borghese di Roma e la famiglia Rocco di Torrepadula di Sicilia.

La Casa d'Orléans possiede la famiglia criminale di New Orleans e la famiglia franco-britannica Beaufort supervisiona e possiede le fazioni della Dixie Mafia insieme ad altri pari britannici che hanno origini francesi.

La famiglia miliardaria di Cox è coinvolta nelle comunicazioni multimediali e fa parte dei proprietari della mafia Dixie, che è coinvolta nella vendita di tabacco e ginseng, nonché nel traffico di armi, droga e di esseri umani.

Le famiglie Goldsmith e Sassoon sono proprietarie di reti di traffico di esseri umani pakistani e indù che operano nel Regno Unito.

La Casa Imperiale del Brasile, Orléans-Braganza e la Casa belga di Ligne sono sposate e hanno azioni nelle società brasiliane AmBev e Belga Anheuser-Busch InBev.

La Casa di Orleans-Braganza possiede cartelli della droga brasiliani che sono anche coinvolti nel traffico di esseri umani.

La famiglia Sforza è proprietaria dei clan mafiosi Stidda che operano nel territorio Sforza-Visconti a Milano e le famiglie Sforza e Visconti hanno un maggiore controllo sulla Borsa Italiana o sulla Borsa di Milano.

Il miliardario milanese Silvio Berlusconi lavora per le famiglie Sforza e Visconti e ha il monopolio dei media e della politica italiana. Berlusconi fondò in Italia il partito politico Forza, che prese il nome dagli Sforza.

 

Alcuni nobili dell'Italia settentrionale come i Visconti, i Borromeo, gli Este, i Gonzaga, i Valenti, i D'Adda e i Passi di Preposulo sono strettamente imparentati con famiglie miliardarie come i Rothschild, gli Agnelli, i Benettons, gli Armani e i Ferrero.

Le famiglie Sforza e Visconti possiedono la famiglia criminale di Seattle con la famiglia Gaetani come proprietari parziali.

 La famiglia criminale di Seattle controlla i miliardari Bill Gates e Jeff Bezos attraverso il ricatto.

Nel 2017, i dipendenti di Microsoft e Amazon sono stati coinvolti in uno scandalo di traffico sessuale.

La famiglia Colonna possiede i Cavalieri di Colombo e possiede anche la famiglia criminale Colombo e in parte possiede la Chicago Outfit insieme alle famiglie Capponi e Roselli della Florence Turk.

Al Capone era un agente della Casa dei Capponi e Giovanni Roselli era un agente della famiglia Roselli del Turco.

 Roselli lavorò anche per la CIA.

Colonna significa colonna. I Cavalieri di Colombo si infiltrano nei dipartimenti di polizia e lavorano con la mafia italiana.

Le famiglie Massimo e Gaetani possiedono e gestiscono la famiglia criminale Gambino e la famiglia criminale di Filadelfia.

La famiglia Massimo-Brancaccio possiede e gestisce anche la Magliana o Mafia Romana e i Nuclei Armati Rivoluzionari, così come la famiglia criminale Graviano de Brancaccio a Palermo, in Sicilia, che fa parte del clan mafioso Corleonesi.

 La famiglia Massimo riceve tributi dalla maggior parte delle famiglie criminali italiane e persino dalla mafia russa e dalle mafie dell'Europa dell'Est.

La famiglia Massimo de Roccasecca, che vive a Londra, possiede il sindacato criminale “Clerkenwell”, noto anche come la famiglia Adams o l'A-team di Londra e sono comproprietari della mafia irlandese, inclusi i Rathkeale Rovers.

La famiglia Borghese è anche la principale proprietaria della mafia siciliana e della mafia della Magliana.

Le famiglie Lucchesi-Palli e Pallavicini sono proprietarie della famiglia criminale Lucchese a cui la mafia russa di Brighton Beach rende omaggio.

 La famiglia Pallavicini è proprietaria della mafia armena che opera a Hollywood e lavora a stretto contatto con la famiglia Kardashian.

I Romanov sono proprietari parziali della mafia russa e hanno stabilito diverse residenze negli Stati Uniti.

La famiglia Giustiniani supervisiona la mafia greca di Filadelfia insieme ad alcuni mercanti greci.

Le famiglie reali e nobili finanziano il crimine organizzato.

La mafia ebraica si riorganizzò in un crimine dei colletti bianchi e lavorò con la mano nera della mafia italiana.

 Il capo della mafia ebraica negli Stati Uniti è il miliardario “Michael Bloomberg”.

Leon Black è un altro dei principali mafiosi ebrei di New York.

La mafia ebraica partecipa a sport professionistici con mafiosi dal colletto bianco come Daniel Gilbert, Robert Kraft, Joshua Harris, Tom Werner, Jerry Reinsdorf, George Kaiser, Peter Guber, Joe Lacob, Mark Cuban e Micky Arison.

L'Unione europea si basa sul Trattato di Roma che è stato firmato in Campidoglio a Roma.

Il presidente della Banca centrale europea era Mario Draghi, nato a Roma ed educato dai gesuiti all'Istituto Massimo. Mario Draghi è un parente sotto copertura delle famiglie Borghese e Del Drago.

La famiglia Erba-Odescalchi, con antenati di Cernobbio, in Italia, gestisce il CERN con la romana Fabiola Gianotti come direttore generale del CERN che viene utilizzata per generare pressione nella bassa atmosfera al fine di opprimere la società.

Il CERN, HAARP, la Chiesa di Scientology, le scie chimiche e i dispositivi elettronici vengono usati per opprimere segretamente la società.

L'esercito degli Stati Uniti amministra un sistema di molestie elettroniche HAARP a Porto Rico che è controllato da Guantanamo Bay a Cuba, che è sotto il comando del capitano David Culpepper.

 La CIA e la mafia italiana hanno una grande operazione criminale a Cuba.

 La CIA e Cosa Nostra lavorano a stretto contatto fino ad oggi.

Le famiglie reali islamiche hanno preso il nome dai reali europei nel XIX e XX secolo e soprattutto dopo la prima guerra mondiale.

I reali mediorientali gestiscono l'industria petrolifera e usano la loro enorme ricchezza per finanziare agende globaliste che consentono loro di governare le loro nazioni.

La casa di Saud vale almeno un trilione di dollari.

La Casa di Thani e la Casa di Al Khalifa lavorano con la Casa di Saud e sono anche ricchi commercianti di petrolio.

 I reali del Medio Oriente dirigono la Fratellanza Musulmana, i Five Percenters e la Nation of Islam, che sono violente folle di culto e molestie.

 Queste organizzazioni devono essere indagate e messe al bando. Possiedono anche una mafia araba che ha sede nel New Jersey e a Detroit.

La famiglia reale del Marocco è composta da ricchi mercanti e proprietari della famiglia criminale Abergil di Israele e Marocco.

La Casa di Borbone e la nobiltà spagnola come gli Osorio, i FitzJames, gli Alvarez (Alba), i Pignatelli, gli Arteaga, i Borja, gli Zuniga, i Ruspoli e gli Aragon-Escobar possiedono la maggior parte dei cartelli della droga messicani e sudamericani. I Borboni possiedono il Cartello del Golfo e i Latin Kings.

Le famiglie Osorio e Borja possiedono l'MS-13. Le famiglie Borgia e Borja sono anche parzialmente proprietarie della banda di motociclisti Mongels.

I Ruspoli sono proprietari parziali del cartello di Sinaloa e del Primeiro Comando da Capital a San Paolo, in Brasile, dove risiedono i loro cugini Matarazzo.

Le famiglie FitzJames e Álvarez possiedono il cartello dei Los Zetas.

Le famiglie Álvarez e Osorio possiedono anche la banda di motociclisti Bandidos.

La Casa dei Borboni è la fondatrice e proprietaria del Banco Santander.

Il re di Spagna ha il diritto ufficiale al trono come re di Gerusalemme.

 

 

 

 

Paradise, “distopia” o futuro prossimo?

Ilriformista.it - Benedetta Frucci — (11 Agosto 2023) – ci dice:

 

Paradise, distopia o futuro prossimo?

Se è ormai per molti accettabile affittare l’utero di una donna, se vale insomma il principio che, se c’è consenso, tutto può essere sottoposto alle regole del mercato, allora non c’è da stupirsi se un giorno sarà davvero possibile vendere il proprio tempo su questa terra.

“Paradise” è un film distopico appena uscito su Netflix, ambientato nella Germania di un futuro molto prossimo, in cui una clinica, “Aeon”, ha scoperto un metodo per “donare” anni di vita.

E così, se sei una famiglia di immigrati senza prospettiva, vieni convinto a “donare” 15 anni di vita di tuo figlio appena 18enne in cambio di 700.000 euro.

C’è una frase del protagonista, impiegato proprio nella clinica, che colpisce subito:

“Se alle persone non resta che la loro giovinezza davvero vuoi vietare loro di trarne profitto?”.

Se alle donne non resta che il loro utero, davvero volete vietare loro di trarne profitto?

E però, la prospettiva del protagonista si ribalta quando la loro casa va a fuoco:

 la moglie Elena ha infatti dato come garanzia sulla casa 40 anni di vita.

Straziante la scena in cui viene costretta alla donazione e ancora di più quella in cui osserva nel giro di poche ore il suo corpo invecchiare e la procedura portarla all’aborto.

Senza svelare come prosegue, possiamo però soffermarci su degli elementi che rendono la pellicola se pur fantascientifica, capace di far riflettere.

Come quando la responsabile della clinica, “Sophie Teissen”, in uno spot, dice: “L’innovazione non può essere fermata ma usata in modo responsabile”.

Ricorda molto lo slogan usato ogni volta che vengono sollevati dubbi sul progresso slegato dall’etica.

Un altro aspetto del film ci riporta al dibattito odierno:

alcuni sostengono che vietare sia peggio di regolare.

Una tesi che si scontra in alcuni casi con la realtà:

in Ucraina, dove l’utero in affitto è permesso, è stato di recente scoperto un traffico di neonati.

E anche nel mondo distopico di” Aeon”, ovviamente, la “donazione” di anni di vita avviene anche clandestinamente.

Pure il lessico ricorda quello orwelliano a cui ci stiamo lentamente assuefacendo: non utero in affitto, ma “gpa solidale”, non “vita strappata”, ma “donazione di tempo”.

“Paradise”, lungi dal rappresentare una semplice film di fantascienza, è una critica al capitalismo globalista senza limiti, alla scienza senza etica.

Ma anche alla dismissione del welfare state:

 Elena è un medico, che, all’inizio della storia, viene criticata dal marito per il suo stipendio basso.

Ed è nell’ospedale pubblico, che medici come lei cercano di salvare la vita di tanti, troppi anziani prematuri.

Quello che “Paradise” lascia al termine del film non può e non deve però essere una facile avversione al capitalismo globalista e al progresso:

perché non sono capitalismo e scienza i nemici bensì l’assenza di etica e valori verso cui la società occidentale sembra volersi avviare.

La scienza ha salvato tante vite, indistintamente.

Il capitalismo ha prodotto benessere.

È slegandoli dalla tutela della dignità dell’essere umano, che si trasformano in mostri distopici.

(Benedetta Frucci).

 

 

 

 

Dubai sta diventando la cartolina

distopica dal nostro futuro.

Wired.it – Antonio Dini – (5-1-2024) – ci dice:

La città degli Emirati arabi un lato si è trasformata in una calamita mondiale di innovazione grazie a investimenti enormi in tecnologia e intelligenza artificiale, ma dall'altro è diventata un esempio di sorveglianza invasiva grazie al digitale.

Il Museo del futuro di Dubai.

Dubai - Come sono fatte una città e una società del futuro?

L'esempio è meno lontano di quanto non si possa immaginare ed è al tempo stesso avveniristico ma anche distopico.

È Dubai, la capitale di uno degli Emirati arabi uniti, che vive proiettata nel futuro con investimenti enormi in infrastrutture e tecnologie, ma contemporaneamente si porta dietro tutte le contraddizioni rese possibili dall'amplificazione del potere assoluto grazie alla tecnologia in un contesto non democratico.

Per capire l'unicità di Dubai bastano pochi riferimenti.

Poche settimane fa “Emirates,” la compagnia aerea di Dubai, durante l'”Air Show” che si è tenuto nella città, ha firmato un ordine per “15 Airbus A350-900”, portando il totale degli acquisti a 65 aeromobili per un valore complessivo di 6 miliardi di dollari.

È solo l'ultimo tassello di una delle strategie chiave per il futuro di Dubai.

 

Il ruolo strategico di “Emirates”.

La compagnia aerea, di proprietà del sultano, ha investito centinaia di miliardi nel trasporto aereo.

 “Emirates” è la compagnia che usa di gran lunga più Airbus A380, il più grande aereo di linea al mondo, e adesso sta pianificando la flotta necessaria per mantenere il suo “super-hub di Dubai” al centro del mondo dell'aviazione mondiale oltre il 2030, quando l'A380 andrà in pensione.

La compagnia aerea è il biglietto da visita del Paese, ma ha le sue luci e ombre: Emirates fa lavorare 105mila persone, al 39% bianche e per il 41% donne.

Negli Emirati arabi uniti c'è una sostanziale discriminazione per le donne, come riporta anche “Human Rights Watch”, e il settore aereo non fa eccezione, tanto che le donne che lavorano come personale di cabina firmano un contratto in cui viene vietato loro di sposarsi e vivono in condomini riservati in cui gli uomini non hanno accesso, nonostante le dichiarazioni provenienti da Dubai che il ruolo delle donne sia sempre più rilevante.

La vocazione come “hub”.

Dubai è uno dei 12 aeroporti al mondo in grado di volare direttamente su tutti i continenti del pianeta. Ma non è solo un gigantesco hub attraverso il quale nel 2023 passeranno 98 milioni di persone (+11% rispetto al 2022, il secondo aeroporto più trafficato al mondo per passeggeri), ma anche la porta per la città che negli ultimi trenta anni a completamente cambiato volto, crescendo più velocemente di qualsiasi altra capitale del pianeta e investendo più pesantemente nel futuro e diventando quella che secondo il National Geographic è la "più improbabile green city del pianeta".

 

Dubai è nota per essere anche un hub della logistica, anche se le dimensioni enormi del business non sono sempre conosciute.

 Il suo porto che fa capo alla società “Dp World “gestisce 100 milioni di container trasportati ogni anno da circa 80 mila navi e 82 terminal marittimi.

È più del 10% del trasporto merci mondiale su mare, fattura più di 9 miliardi di dollari all'anno e richiede un costante investimento in tecnologie per realizzare gli interscambi logistici.

Andrea Celli a “Wired Health 2024”: "Serve maggior coordinamento tra pubblico e privato."

La città inoltre, fra il 2004 e il 2008, ha visto un vero e proprio boom immobiliare, con costruzioni su larga scala (dalle” Palm Islands” al “Burj Khalifa”, il grattacielo più alto al mondo con un'altezza di quasi 830 metri) che hanno avuto picchi superiori a quello delle nuove città cinesi.

Per un periodo in tutto il mondo si è registrata l'impossibilità di acquistare calcestruzzo perché la produzione mondiale veniva assorbita dai “progetti di Dubai”.

 

L'agenda economica di Dubai D33.

È stata anche questa solo una tappa di un percorso di diversificazione economica forzata: a Dubai il petrolio è relativamente poco (meno di un ventesimo rispetto a quelle che si può trovare nell'emirato di Abu Dhabi) e l'economia degli idrocarburi da sempre ha un impatto molto minore sul totale.

Dagli anni Ottanta del Novecento Dubai è cresciuta come centro commerciale (vocazione che ha fin dalla sua nascita, nell'Ottocento, quando la tribù dei “Banu Yas” si è insediata sulle dune sabbiose lungo la costa del Golfo Persico) mentre i redditi dell'emirato dipendono sempre meno dal già relativamente piccolo settore degli idrocarburi.

Lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vicepresidente e primo ministro degli Emirati arabi uniti e sovrano di Dubai, ha lanciato l'Agenda economica di Dubai, D33, con l'obiettivo di raddoppiare le dimensioni dell'economia di Dubai nel prossimo decennio.

 La tecnologia è la chiave per 8.700 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi 10 anni.

Dubai vuole diventare una delle prime tre città globali al mondo, destinazione planetaria per il turismo e gli affari, con un ambiente competitivo a livello globale per le imprese e un costo delle attività (cioè le tasse) azzerato in diversi settori. "Dubai – ha dichiarato lo sceicco – si posizionerà tra i primi quattro centri finanziari globali con un aumento degli investimenti diretti esteri a oltre 177 miliardi di dollari nel prossimo decennio e un contributo annuale di 27,2 miliardi di dollari dalla trasformazione digitale".

Il futuro hi-tech

La tecnologia è la chiave, oltre che un business.

 Dal punto di vista delle opportunità che genera, Dubai le sfrutta tutte, a partire dalla “fiera Gitex”, cioè il” Gulf information technology exhibition”, meglio conosciuto come “Gite”x, la fiera annuale che dal 1981 si tiene a Dubai ed è rivolto all'area geografica chiamata” Mena” (Medio Oriente e Nord Africa).

 Uno spazio che racchiude più di tre miliardi di persone e un numero incalcolabile di piccole e medie imprese (Gitex ha aperto anche una seconda edizione a Marrakesh, in Marocco e ha appena stretto un accordo per farne una in Europa, a Berlino, con “Kaoun international” e la società fieristica” Messe Berlin”).

"La capitale tedesca è un partner naturale – ha detto “Omar Sultan al-Olama”, ministro di stato per l'intelligenza artificiale e l'economia digitale del governo degli Emirati arabi uniti – perché è praticamente il gemello europeo di Dubai.

 È il centro dell'Europa digitale e noi vogliamo crescere nel Vecchio continente partendo proprio da là",

“Gite”x è la “vetrina tech del Paese”, ma accanto a queste ci sono tantissimi altri eventi che si susseguono nelle decine di metri quadri dei “due centri fieristici di Expo City”:

 dalla fiera sul design a quella per la logistica, dall'”Air Show” agli eventi internazionali come la “Cop28”, la” Conferenza dei Paesi membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unit”e sui cambiamenti climatici.

 Il tutto avviene all'interno della più grande città digitale del mondo.

 Un susseguirsi di enormi grattacieli e strutture smart, giganteschi centri commerciali e strutture avveniristiche che schiacciano il visitatore anche con il contrasto fra le altissime temperature del deserto e l'aria condizionata gelida.

Museo del Futuro di Dubai.

Il Museo del futuro.

Lo strumento più appariscente per lanciare il segnale che Dubai vuole modellare non solo il presente ma anche il futuro, non è solo la creazione del primo ministero per l'intelligenza artificiale al mondo ben prima dell'arrivo di “ChatGPT” un anno fa.

Invece, è la creazione del” Museo del futuro”:

una struttura avveniristica nel pieno del distretto finanziario della città, a forma di ocarina (o toroidale, come preferiscono dire gli emiratini) realizzata per” l'Expo del 2020 “e che è attualmente una delle strutture più complesse mai costruite.

Realizzato da “Killa Design” e “Buro Happold”, è ricoperto da 14 chilometri di luci Led e da 1024 pannelli di acciaio inossidabile sui quali è inciso un poema dello sceicco di Dubai.

Le condizioni dei lavoratori.

Accanto al centro finanziario e turistico di Dubai ci sono però i campi dove risiedono le decine di migliaia di lavoratori immigrati che lavorano soprattutto alla realizzazione delle strutture o al loro mantenimento:

 decine di migliaia di persone che vivono in condizioni al limite della schiavitù non da ultimo per l'edificazione delle strutture dell'Expo 2020 e che spesso sono al centro di crisi umanitarie, come durante la pandemia, quando migliaia di migranti sono stati abbandonati senza lavoro o cibo.

 O esposti a condizioni di lavoro insostenibili anche per l'organizzazione della conferenza sull'ambiente Cop28.

Un problema ben noto, considerato addirittura "endemico".

Ma non è solo questo.

In realtà, secondo inchieste della stampa internazionale, il Paese ha anche un altro record.

Gli “Emirati arabi uniti” sono infatti stati pionieri nell'uso estensivo delle tecnologie di sorveglianza per tenere sotto controllo i propri cittadini.

La trasformazione digitale, della quale Dubai e gli emirati tutti sono dei campioni, infatti, (come gli stessi Emirati non smettono di ricordare), è anche quella che permette di utilizzare i dati raccolti per analisi su scala massiccia e senza precedenti, facendo pensare che tutto quello che avviene nel mondo digitale di Dubai sia veramente privato.

La censura e le intercettazioni.

Non è una novità perché da anni viene studiato il fenomeno della censura digitale a Dubai, l'uso di “team di hacker di élite per la penetrazione dei sistemi di cittadini e stranieri, sino ai fatti di cronaca come la censura “Ahmed Mansoor”, il più famoso attivista dei diritti umani in Medio Oriente.

Come ricorda una inchiesta del settimanale americano” New Yorker”, tutti i governi spiano i loro cittadini, ma l'uso di strumenti software come per esempio “Pegasus” (un malware capace di infettare gli smartphone, ma ce se ne usano anche vari altri) vengono portati sistematicamente avanti da Paesi come gli Emirati.

È una contraddizione ma anche un monito: quel che può accadere quando un'intera società diventa digitale senza regole e garanzie per i suoi cittadini.

 

 

 

 

Così la lobby ebraica

decide per gli Usa.

Parstoday.ir/it – (Mar 30, 2024) – Redazione – ci dice:

 

Pars Today – La lobby ebraica gode di una posizione speciale nella politica estera degli Stati Uniti d'America.

Sebbene gli ebrei costituiscano solo il 3% della popolazione americana, sono riusciti a diventare la minoranza etnica più influente nella struttura del potere americano.

 La lobby ebraica in America ha programmi diversi, ma il suo focus principale è sulle relazioni USA-Israele.

Gli sforzi delle lobby a sostegno di Israele sono il prodotto congiunto di numerose organizzazioni ebraiche, tra le quali è molto significativo il ruolo dell'American-Israel Public Affairs Committee (AIPAC), la più potente e conosciuta organizzazione ebraica americana.

Questa organizzazione è responsabile della pianificazione e del coordinamento delle attività della maggior parte delle organizzazioni ebraiche in America e svolge un ruolo chiave nel coordinare le politiche americane con gli interessi sionisti.

Questo coordinamento avviene attraverso il contatto e la comunicazione costruttiva con i membri del Congresso e gli alti funzionari del potere esecutivo, fino alla formazione di iniziative legislative a favore di Israele che garantiscano la sopravvivenza, l'esistenza e la sicurezza di questo regime.

 

Riunione dell'AIPAC in America Oggi, l’America e Israele sono conosciuti come le parti di una relazione speciale.

 Uno dei motivi più importanti di questo rapporto speciale e del sostegno globale dell'America a Israele è l'esistenza di organizzazioni come l'AIPAC, che segnalano sempre le minacce comuni a Washington e Tel Aviv e annunciano ai politici americani che la cooperazione strategica dei due lati è quello di eliminare queste minacce.

Formando numerose organizzazioni ebraiche, questo gruppo ha cercato di attenuare la propria influenza nell'organo decisionale degli Stati Uniti utilizzando legami religiosi ed etnici molto ampi e cercando di guidare l'apparato di politica estera degli Stati Uniti per raggiungere i suoi obiettivi.

L'AIPAC persegue queste soluzioni attraverso l'uso del suo ampio potere economico e pubblicitario a sostegno dei candidati alle elezioni statunitensi (Congresso e Presidente) che hanno opinioni in linea con le opinioni di questa organizzazione.

Pertanto, una delle ragioni principali dell'efficacia dell'AIPAC è la sua influenza nel Congresso degli Stati Uniti, dove Israele è praticamente immune da qualsiasi critica.

Sebbene il Congresso non eviti mai di discutere questioni controverse, quando si tratta di Israele, i possibili critici vengono messi a tacere e raramente c’è una discussione.

 Il successo dell'AIPAC è dovuto alla sua capacità di premiare i legislatori e i candidati al Congresso che sostengono i suoi programmi e alla sua capacità di punire coloro che si oppongono ai suoi programmi.

 Inoltre, l'influenza dell'AIPAC nel ramo esecutivo deriva in parte dall'influenza degli elettori ebrei nelle elezioni presidenziali americane. Gli ebrei, nonostante il loro numero esiguo, forniscono ingenti contributi finanziari ai candidati di entrambi i partiti.

Inoltre, il tasso di partecipazione ebraica alle elezioni è elevato e si concentra in stati importanti come California, Florida, Illinois, New York e Pennsylvania.

La presenza di Biden alla riunione dell'”AIPAC”.

 Questa organizzazione è lo strumento più importante dei sionisti in America per influenzare le politiche delle grandi potenze mondiali in questioni relative a Israele e alla regione più controversa del mondo, in particolare la regione dell'Asia occidentale.

Considerando l’importanza di questo problema, va menzionato che “John Mersheimer” e “Stephen Walt” nel libro “Gruppo di pressione israeliano e politica estera americana” credono che, nonostante il fatto che nessuna considerazione strategica o morale possa ridurre l’attuale livello di Il sostegno americano a Israele, ma sostengono che la principale giustificazione di questa situazione insolita sia l'influenza della lobby ebraica in America.

 Sono dell'opinione che la lobby israeliana abbia svolto un ruolo importante nel trascinare gli Stati Uniti nella disastrosa guerra in Iraq nel 2003 e nel rendere inefficaci gli sforzi per stabilire relazioni con la Repubblica islamica dell'Iran e la Siria.

 

Secondo il libro "Gruppo di pressione israeliano e politica estera americana", la lobby israeliana ha svolto un ruolo importante nell'attacco americano all'Iraq.

 Pertanto, gli autori del libro presentano la lobby israeliana, che è al centro dell'AIPAC, come la direzione principale della politica estera americana in Medio Oriente.

L'influenza e l'influenza dell'AIPAC sono state tali che in molti casi hanno portato i funzionari americani ad allineare le loro politiche con quelle di Israele contro la loro volontà.

Un chiaro esempio di ciò è stato il cambiamento di posizione dei precedenti presidenti degli Stati Uniti rispetto alle loro promesse di fondare uno Stato palestinese, sotto le pressioni dell’AIPAC.

In una situazione in cui Bush aveva promesso di sostenere la creazione di uno stato palestinese indipendente dopo l’occupazione dell’Iraq e in un programma chiamato “road map” per risolvere il conflitto tra palestinesi e Israele, non c’è voluto molto perché la rabbia e la preoccupazione dei la lobby dell'AIPAC ad abbandonare la questione e ha rinviato all'archivio il caso della creazione di uno stato palestinese indipendente.

Inoltre, il discorso di “Obama” all'incontro annuale dell'AIPAC non solo non ha portato una soluzione alla crisi in Medio Oriente, ma ha anche provocato il dispiacere delle nazioni musulmane della regione.

Questo discorso è stato fatto per ottenere il sostegno della lobby sionista negli Stati Uniti piuttosto che per rivolgersi alle nazioni della regione.

Negli ultimi anni nessuno ha servito Israele tanto quanto Trump.

In modo che tutte le sue azioni in Medio Oriente, o nel contesto della sostituzione del piano a due governi con il piano a governo unico auspicato da Netanyahu, o dello spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, o nel contesto del ritiro dal JCPOA e dell’imposizione del massimo delle sanzioni contro l’Iran, o addirittura l’assassinio del generale “Qassem Soleimani”, comandante della lotta contro l’Isis, è stato tutto dettato dallo stesso Netanyahu, comunicato all’amministrazione Trump attraverso il dominio dell’AIPAC.

Mercati e Big Tech sono

i nuovi poteri assoluti

del mondo: ecco i rischi.

Agendadigitale.eu – (25 Gen. 2022) - Lelio Demichelis – ci dice:

 

Cultura E Società Digitali.

A differenza del passato, oggi la politica è subordinata, come mezzo, all’economia e alla tecnologia, diventate il fine di sé stesse. Abbiamo un enorme problema di democrazia. Ma non lo vediamo. Serve lo Stato contro un capitalismo che mai è stato bello, e oggi lo è ancor meno.

Cos’è il potere? Dov’è il potere – anzi, il Potere, usando Pier Paolo Pasolini?

 Non tanto il potere politico – quello sembra facile da identificare, ha dei nomi di persona (Biden, Draghi, Lagarde, Putin) oppure rimanda a Istituzioni specifiche (la Ue, il Parlamento, il Governo, il Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione mondiale della sanità – Oms) – quanto ciò che, a monte, determina le reali forme del Potere e i modi con cui si esprime e si esercita su di noi:

 cioè, qual è il Potere che governa la vita delle persone, ovvero, usando Michel Foucault, “conduce le condotte umane” in una direzione piuttosto che in un’altra.

 

La questione è antica, volendo potremmo risalire a Platone e ad Aristotele e alle loro distinzioni tra democrazia, oligarchia, governo degli uomini o governo delle leggi, democrazia formale e sostanziale, eccetera eccetera.

Ma rapportando la questione all’oggi, non possiamo non riconoscere che il potere dell’economia e della tecnologia (antidemocratici per essenza propria) è più forte del potere politico e della democrazia, è potere assoluto in quanto non bilanciato da altri poteri equi-valenti ed equi-potenti.

Qui vogliamo quindi ricordare alcuni elementi che ci permettono di definire i diversi livelli di governo (di Potere) oggi esistenti, la loro struttura gerarchica e il loro rapporto con la democrazia, la sovranità, la libertà e l’autonomia delle persone – e il demos (i cittadini) titolare del potere in demo-crazia.

Non senza aggiungere che da sempre il potere corrompe chi lo pratica, che viene usato per corrompere (qualcun ricorda Mani pulite?), che spesso il popolo ama chi corrompe ed ama essere ingannato (cioè corrotto mentalmente e politicamente) dal potere (pensiamo a Trump e a quel 50% di americani che lo hanno votato e lo rivoterebbero).

Sul tema della corruzione è recentemente uscito un nuovo libro dal titolo inequivocabile, “Corruptible: Who Gets Power and How It Changes Us” (Scribner Book Company), di Brian Klass, columnist del Washington Post e basato su 500 interviste a uomini di potere.

 

Qui però useremo il concetto di corruzione e il processo del corrompere nel senso di “disfacimento, deterioramento materiale ma soprattutto morale” (Dizionario etimologico della lingua italiana – Zanichelli) e faremo una rilettura/interpretazione del potere concentrandoci sul macro-contesto entro il quale, oggi, si muovono o possono muoversi i diversi livelli di governo a scala nazionale, sovra-nazionale e locale, pre-determinandone (corrompendone) l’azione e gli effetti.

 

Questo macro-contesto è dato dal neoliberalismo, egemone nel mondo da quarant’anni a questa parte (è l’ideologia trionfante dopo la morte delle ideologie novecentesche) a dispetto di tutti i suoi fallimenti e del suo intrinseco nichilismo (possiede una potentissima e patologica coazione a ripetersi), sommato con le tecnologie di rete e con chi le possiede (e con la religione tecno-capitalista che esprimono, con il feticismo e il catechismo tecnofilo che producono).

Macro-contesto ideologico e tecnologico che ha profondamente modificato i livelli di governo esistenti prima degli anni ‘80.

Corrompendo in altro modo la società e la polis, corrompendo la democrazia, il concetto di libertà e imponendosi come modo di vivere/way of life tecno-capitalista sul mondo intero – la globalizzazione e la rete come espressione di questo meta-contesto a-democratico e impostosi come un dato di fatto.

Prima però, una distinzione: il governo è la struttura istituzionale/politica – articolata su diversi livelli – “che ha ottenuto il potere di scegliere, decidere e attuare politiche pubbliche. Nei sistemi democratici questo è ottenuto attraverso elezioni libere e la presentazione di programmi politici” (Bobbio-Matteucci-Pasquino, Il Dizionario di politica – Utet).

All’opposto accade nei sistemi autoritari o tecnocratici.

Diverso è invece il concetto di governo inteso come governare – ossia come attuare un determinato programma politico, scelto dal demos oppure imposto al demos.

E ancora diverso è capire dov’è oggi il potere capace di governare, posto che non è più nel governo-istituzione democratica, ma non si sa bene dove sia.

 Ci aveva provato, con ottimi risultati di analisi, il francese Michel Foucault (1926-1984) che definiva con governamentalità/biopolitica il modo con cui il potere (non necessariamente lo stato) guida e dirige appunto le condotte umane in un senso voluto dal potere, rendendo ciascuno utile e docile verso il potere – e il neoliberalismo era per Foucault una di queste forme di governamentalità/biopolitica (infra, Lippmann), che qui definiamo come macro-contesto e che altrove abbiamo definito come una delle forme di” human engineering” succedutesi nel corso della storia e soprattutto nel Novecento.

Cosa si intende per democrazia?

“Nella democrazia, l’agire politico non solo è pubblico, ma deve essere reso pubblico, messo sotto gli occhi del pubblico; e lo è in due sensi: perché volto ad occuparsi di problemi che direttamente o indirettamente riguardano e condizionano tutti;

e perché deve essere reso chiaro, giustificato e aperto al pubblico, esposto sempre al giudizio dei cittadini, i quali, in quanto corpo sovrano, hanno due poteri: quello di autorizzare con il voto e quello di giudicare e controllare perpetuamente, prima o dopo aver votato, coloro che hanno autorizzato” a governarli (Urbinati, Liberi e uguali, Laterza).

Ovvero, nella democrazia, aggiungeva il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, ci si deve poter attivare, mentre nelle altre forme politiche si è invece attivati da qualcuno/qualcosa di esterno.

L’essenza della democrazia è infatti in questa possibilità e capacità di ciascuno di attivarsi, cioè di pensare, fare, partecipare, decidere liberamente: senza questa possibilità e capacità, non c’è democrazia.

Perché, ancora Zagrebelsky, la democrazia moderna è in primo luogo la scelta dei fini e poi la predisposizione dei mezzi per raggiungere tali fini, ovvero il governo della polis è conseguenza della volontà dai cittadini espressa in un pensiero pro-gettante.

E allora, la domanda:

i diversi livelli di governo esistenti oggi rispondono tutti a queste esigenze di democrazia, di partecipazione e di controllo da parte del demos?

Certamente no il potere della finanza e del denaro/mercati;

 certamente no il potere della tecnica e dell’innovazione tecnologica; certamente no il potere delle multinazionali; certamente no il potere dei social.

 E il deficit di democrazia non solo va crescendo (populismi, autoritarismi, tecnocrazie, algoritmi), ma viene sempre più accettato come nuova e necessaria normalità del Potere.

E ad essere corrotto oggi da questi poteri non democratici – è quindi anche il principio della separazione dei poteri, essenziale in una democrazia perché sia possibile attivarsi e perché il potere sia trasparente, pubblico e controllabile dal demos.

 Già Montesquieu (1689-1755) aveva tracciato la teoria della separazione dei poteri. Partendo dalla considerazione che il “potere assoluto corrompe assolutamente”, aveva analizzato i tre poteri che vi sono in ogni stato:

il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario.

 Condizione oggettiva e necessaria per l’esercizio della libertà del cittadino che esercita il suo potere sovrano (supra Urbinati e Zagrebelsky), è che questi tre poteri restino nettamente separati e bilanciati e controllati, per evitare che diventino appunto poteri assoluti.

Oggi, i mercati e il Big Tech sono i nuovi poteri assoluti del mondo (e non basta certo la decisione dell’Antitrust di multare Amazon per poter dire che esiste un controllo, perché questo controllo si esercita solo ex-post, mentre dovrebbe essere esercitabile anche ex-ante, la politica tornando a governare anche il mercato e i processi di innovazione tecnologica (o di regressione tecnologica, posto che Amazon è le vecchie vendite per corrispondenza, oggi algoritmiche; e che la Fabbrica 4.0 è solo il vecchio taylorismo, ma digitalizzato).

Oggi, quindi, il potere dell’economia e della tecnologia è potere assoluto.

Ieri il sistema economico e industriale veniva subordinato, come mezzo, alla politica, per realizzare dei fini sociali, decisi dal demos; oggi è la politica che è subordinata, come mezzo, all’economia e alla tecnologia, diventate il fine di sé stesse. Quindi abbiamo – di nuovo – un enorme problema di democrazia. Ma non lo vediamo. Il Potere sa nascondersi.

Chi governa il mondo?

Lo Stato, sempre meno.

 Il demos, sempre meno (le scelte economiche e di politica economica vengono imposte dai mercati, vedi il caso Europa/mercati/banche contro la Grecia nel 2015, con l’Europa democratica (sic!) che rifiuta di accettare l’esito di un voto popolare in un democratico referendum)

 I mercati, sempre di più.

 Il Gafam (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft – cioè un oligopolio di monopoli), sempre di più (si pensi a come una singola impresa come Amazon ha stravolto in pochi anni, a sua totale discrezione e decisione, il sistema della piccola, ma anche della grande distribuzione e a come i social/imprese private finalizzate al profitto privato governano la vita di miliardi di persone).

 La tecnica, sempre di più – si pensi alla delega di valutazione e di decisione che sempre più diamo ad algoritmi e digitale, a prescindere da ogni controllo e da ogni consapevolezza umana.

 Le lobby: sempre di più – si pensi a come per decenni è stato negato il riscaldamento climatico e a quanto hanno pesato sul fallimento della recente Cop26.

 I sistemi di regolazione extra-statali, sempre di più.

Su questi ultimi sistemi di regolazione, tanto invisibili da essere sconosciuti ai più ma dal potere enorme sul governo della vita di ciascuno e dell’intero sistema globale, il giurista Sabino Cassese aveva scritto anni fa:

 “Chi governa il mondo? La risposta più comune è che il mondo è governato dagli stati che, tramite i propri organi esecutivi, stipulano accordi nelle diverse parti del globo.

Gli stati non hanno tutti lo stesso peso e la stessa influenza e di conseguenza il potere non è ripartito equamente.

 Essi infine stipulano convenzioni e trattati […]. Questa risposta tralascia però due fatti importanti.

La prima è che gli stati hanno vissuto nel tempo processi di aggregazione e di disaggregazione.

La seconda è che sono stati affiancati da un numero sempre crescente di organismi non statali” (che non sono le Ong), ma con il potere di imporre norme estremamente vincolanti, al di fuori di qualunque sovranità e controllo da parte del demos (S. Cassese, Chi governa il mondo? – il Mulino).

Cassese definiva questo regime di regolazione come global polity.

 

Chi governa il mondo oggi?

Ma a governare il mondo è oggi soprattutto – come anticipato – il pensiero/ideologia neoliberale e tecnico (il meta-contesto, ciò che predetermina i modi del potere economico, tecnologico e politico; che ingegnerizza la vita sociale e individuale).

Che si basa su una serie di principi: trasformazione pianificata della società in mercato e in rete; stato da governare come un’impresa ma soprattutto stato come promotore del mercato; interconnessione/digitalizzazione/connessione/integrazione di tutti nel sistema tecnico e di mercato (che è la nuova forma dell’organizzazione, del comando e del controllo da parte del capitale, come direbbe Marx);

l’uomo non più come persona ma come capitale umano; l’impresa solo nella sua forma autocratica.

Scriveva il neoliberale Walter Lippmann già negli anni ‘30 del ‘900, definendo chiaramente quella che sarebbe stata poi l’azione di pianificazione neoliberale della società a partire dagli anni ‘80:

 “il liberalismo è la filosofia della rivoluzione industriale” e suo compito è modificare l’uomo, adattandolo alle esigenze della produzione e del capitalismo, divenendo “un nuovo sistema di vita per l’intera umanità”, accompagnando “la rivoluzione industriale in tutte le fasi del suo sviluppo; e poiché questo sviluppo è infinito, il nuovo ordine non sarà mai in nessun modo perfettamente realizzato e concluso” (Dardot e Laval, La nuova ragione del mondo – DeriveApprodi).

Ovvero, per i neoliberali – in questo profondamente anti-democratici, illiberali e in contraddizione con sé stessi, negando di fatto la libertà dell’individuo e imponendo all’individuo di adattarsi a qualcosa che non deve governare e controllare – l’ambiente sociale e il sistema capitalistico devono tendere a formare un tutto armonico, in realtà integrato e soprattutto e peggio, integralistico.

 

Esiste poi il potere delle imprese.

Scriveva – lo abbiamo fatto in altre occasioni ma lo richiamiamo di nuovo – Luciano Gallino (1927-2015), nel 2011: “La democrazia, si legge nei manuali, è una forma di governo in cui tutti i membri di una collettività hanno sia il diritto, sia la possibilità materiale di partecipare alla formulazione delle decisioni di maggior rilievo che toccano la loro esistenza. […]”.

E invece, oggi “la grandissima maggioranza della popolazione è totalmente esclusa dalla formazione delle decisioni che ogni giorno si prendono” nei settori dell’economia, di fatto espropriati e alienati dalla democrazia, per l’azione di quel soggetto che si chiama grande impresa, industriale o finanziaria, italiana o straniera che sia.

 “Il fatto nuovo del nostro tempo è che il potere della grande impresa di decidere a propria totale discrezione che cosa produrre, dove produrlo, a quali costi per sé e per gli altri, non soltanto non è mai stato così grande, ma non ha mai avuto effetti altrettanto negativi sulla società e sulla stessa economia. […] il potere esercitato dalle corporation sulle nostre vite configura un deficit di democrazia da costituire ormai il maggior problema politico della nostra epoca”.

Si pensi ancora ad Amazon, a Google, ai social.

Si pensi alla Gkn o alla Whirlpool e alla loro libertà di delocalizzare (e al governo tecnocratico di Draghi che ovviamente non glielo impedisce).

 

La corruzione neoliberale e tecnica della demo-crazia.

Dunque, abbiamo un sistema complesso di livelli di governo, alcuni espliciti, altri nascosti, apparentemente disordinati, ma tutti in realtà organizzati, finalizzati, governati secondo il macro-contesto (il meta-livello di governo) del neoliberalismo e della tecnica (e della tecnocrazia).

 Un macro-contesto che appunto pre-determina ogni scelta politica, corrompendo ex-ante la demo-crazia, corrompendo ex-ante la sovranità del demos, questo macro-contesto imponendosi come dato di fatto immodificabile, che non si deve e non si può governare democraticamente (anche perché confonde dolosamente rete e mercato con democrazia, facendoci credere che siano la stessa cosa – e ideologia significa anche, come scriveva Norberto Bobbio, “far credere”), senza permettere la ricerca di alternative.

È il macro-potere di sé stesso. È il meta-livello di governo che subordina a sé e che sussume in sé tutti gli altri livelli di governo. Che ha corrotto le radici della democrazia, illudendo di una libertà solo apparente.

 

Ha scritto Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, valutando gli effetti delle politiche neoliberali (noi però aggiungendo la tecnica):

 “1) le regole economiche neoliberiste hanno creato maggiori disuguaglianze, con un calo dei soggetti che condividono i benefici dell’attività economica e una crescita più lenta dell’economia in generale e persino degli investimenti”;

2) “la finanza non è più al servizio dell’intera economia ma solo di sé stessa”;

 3) “i sistemi fiscali incoraggiano la speculazione e l’elusione fiscale da parte delle multinazionali”;

4) “le politiche monetarie e fiscali, troppo incentrate sulla difesa da certi rischi (deficit di bilancio e inflazione) ignorano le vere minacce alla prosperità economica, ovvero la crescente disuguaglianza e il sotto-investimento e hanno prodotto più disoccupazione, più instabilità e meno crescita”;

 5) “nel mercato del lavoro, i cambiamenti delle istituzioni, delle leggi, delle norme e dei regolamenti hanno indebolito il potere dei lavoratori, che ora hanno più difficoltà a contrapporsi agli eccessi di potere di mercato delle imprese”;

6) “la disuguaglianza è stata una scelta politica” (Le nuove regole dell’economia, il Saggiatore).

Il ruolo dello stato.

Scriveva J. M. Keynes, negli anni ‘30 del ‘900, un autore che dovremmo rileggere urgentemente per ripensare al ruolo da tornare ad affidare allo stato e alla necessità di governare democraticamente sia il mercato e sia il Big Tech):

“La cosa importante per il governo, non è fare ciò che gli individui fanno già, e farlo un po’ meglio o un po’ peggio, ma fare ciò che presentemente non si fa del tutto”.

E aggiungeva:

“I difetti lampanti dell’economia odierna sono:

 la sua incapacità di provvedere alla piena occupazione;

e la sua distribuzione arbitraria e iniqua della ricchezza e dei redditi” [esattamente oggi come allora].

E ancora: “Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non produce i beni necessari” [allora, come oggi].

 Inoltre, spreca deliberatamente una quantità enorme di risorse nella lotta per la concorrenza [allora come oggi].

Keynes sosteneva quindi che fosse necessario guidare l’economia (e non lasciarsi guidare dall’economia) attraverso precise politiche monetarie, industriali, sociali e fiscali poiché i mercati quasi mai sono in grado di raggiungere un equilibrio efficiente.

Salute e ambiente, ad esempio, sono beni pubblici che acquisiranno un valore crescente e questo giustificherà, scriveva, l’intervento dello stato.

 Il capitalismo inoltre – e questo diventa ancora più importante nel momento in cui, per la crisi climatica, dobbiamo pensare alle future generazioni – è incapace “di garantire l’allocazione inter-temporale delle risorse, dunque solo lo stato potrà occuparsi del nostro futuro a lungo termine.”

 (La fine del laissez-faire e altri scritti – Bollati Boringhieri).

 

 

 

Lobby israeliana, controllo

dell’informazione e genocidio

a Gaza: intervista a Diego Siragusa.

Infopal.it – (27/04/2024) – Redazione Infopal News – Diego Siracusa – ci dice:

 

“InfoPal” ha intervistato lo scrittore Diego Siragusa sulle tematiche della comunicazione ai tempi del genocidio israeliano a Gaza e sul ruolo del sionismo nel controllo e manipolazione dell’informazione in Occidente.

 

Diego Siragusa, ci spieghi cosa è l’“Hasbarà israeliana” e come funziona?

 

C’è un versetto del Talmud, testo sacro per gli ebrei, che recita:

 “Ad un giudeo è permesso stuprare, truffare, e spergiurare; ma deve curarsi di non farsi scoprire, così che Israele possa non soffrire”.(Schulchan Aruch, Johre Deah).

Gli ebrei preferiscono citare le frasi più nobili del Talmud ma nascondono quelle più infami ed esecrabili.

 Il Talmud è insegnato nelle scuole e ogni ebreo ne ha una copia personale.

Nel Talmud possiamo leggere frasi ancora più criminali, questa, però, è sufficiente. L’“hasbarà” è la gestione delle pubbliche relazioni e della propaganda.

Fin dall’inizio della colonizzazione della Palestina, essi sanno che, per realizzare il loro progetto di uno stato suprematista ebraico, dovranno combattere e mentire per nascondere le loro vere intenzioni.

Tutto ciò che riguarda l’ebreo deve essere circonfuso di gloria e moralità.

 Ogni critica o attacco deve essere respinta per non intaccare la verginità e la santità degli ebrei e della loro creatura: lo stato di Israele.

 Questo apparato di propaganda è organizzato in Israele e in tutte le comunità ebraiche che agiscono come agenzie di una centrale unica.

Può essere paragonato a una “Azienda Multinazionale” con le sue succursali periferiche.

 I sionisti si comportano con una disciplina fanatica rispettando tutte le direttive. Solo singoli ebrei, piccoli gruppi di militanti dissentono consapevoli che saranno attaccati ed emarginati, come i rabbini antisionisti o i riservisti di “Breaking the silence”.

 Quest’opera poderosa e fondamentale necessita del controllo del sistema dell’informazione che è infiltrato, corrotto, finanziato e comprato dagli ebrei sionisti.

 Tutti i grandi giornali, le reti televisive, agenzie di stampa, riviste e periodici, persino le grandi case di produzione cinematografiche sono controllate e possedute dagli ebrei sionisti.

Allo stesso modo tutti i partiti politici sono attraversati da ebrei presenti per indirizzare le scelte sempre a favore di Israele e del suo grande protettore: gli USA.

Poiché diventa sempre più difficile controllare la contro-informazione che sui canali social appare estesa ed efficace, allora i sionisti hanno sottoscritto un accordo con Facebook che disciplina la censura a favore di Israele col pretesto dell’ “antisemitismo”, definito dalla ex ministra laburista israeliana, Shulamit Aloni, come “un trucco che adoperiamo tutte le volte che Israele è attaccato”.

Vi sono governi in Occidente che hanno fatto leggi o le hanno in programma per punire, anche col carcere, le critiche a Israele, compreso lo sventolio delle bandiere palestinesi.

 Tutta la versione dei fatti, avvenuti il 7 ottobre 2023 a Gaza, è una mostruosa falsificazione per giustificare il genocidio dei palestinesi e la loro deportazione.

 Il sistema dell’informazione corrotto dell’Occidente ha dato risonanza a questa grande menzogna con la complicità dei relativi governi.

 Ancora oggi, nonostante la scoperta di molte verità, il presidente italiano continua, in modo consapevole a diffondere le menzogne della propaganda israeliana.

 

Cos’è la “Israeli Lobby”, come agisce e su chi?

 

I gruppi di pressione sionisti oggi sono potenti organizzazioni che gestiscono rilevanti quantità di denaro che consente loro un potere di condizionamento in ogni attività pubblica e privata dell’Occidente.

 Agli inizi del sionismo il loro potere non era così pervasivo come oggi.

I sionisti, non avendo uno stato, si limitavano a offrire ai loro interlocutori favori finanziari in cambio di privilegi.

 Nelle attività preparatorie per la spartizione della Palestina all’ONU, i gruppi di pressione ebraici si mobilitarono per assicurarsi il sostegno del maggior numero di stati in vista del voto dell’Assemblea Generale sulla Risoluzione n. 181 che spartì la Palestina nel 1947.

Da allora, fino alla Guerra dei Sei Giorni (1967), i rapporti tra USA e israeliani furono piuttosto tiepidi.

 La crescita delle lobby ricevette un notevole impulso durante il periodo in cui Abba Eban fu ambasciatore all’ONU, dal 1950 al 1959.

Egli si prodigò durante nove anni a radunare i gruppi più influenti di ebrei tramite associazioni capaci di mobilitare e organizzare attività di sostegno e simpatia verso Israele.

 L’AIPAC (American Israel Public Affairs Comittee), infatti, la lobby più potente con circa tre milioni di iscritti, fu fondata nel 1953.

Lo scopo è orientare la politica statunitense “a priori” a favore dello stato di Israele.

Presidenti come Eisenhower e Kennedy ebbero rapporti difficili con la lobby ebraica, soprattutto Kennedy che non tollerava il condizionamento ormai capillare della vita pubblica da parte dei sionisti.

 Famoso fu il suo scontro con i capi di Israele che negavano il progetto di dotarsi della bomba atomica impedendo le ispezioni nel sito di Beersheba, nel deserto del Negev.

Secondo alcuni studiosi la morte di Kennedy è da collegare a questa vicenda. Risulta, infatti, inquietante che l’assassinio di Lee Oswald, il primo indiziato dell’omicidio, sia stato eseguito da un ebreo, Jack Rubinstein, sulla cui sorte non si seppe più nulla.

 Una cosa è certa: gli ebrei sionisti controllano settori importanti della finanza e dell’economia americana.

Giornali e TV sono sotto il loro dominio, comprese le case di produzione cinematografiche;

 i politici ebrei sono presenti a tutti i livelli dell’Amministrazione divisi tra Democratici e Repubblicani.

 In vista delle elezioni presidenziali, i candidati hanno bisogno di molti soldi per la propaganda:

i miliardari ebrei e le loro lobby sostengono i candidati di entrambi i partiti in modo da avere in pugno chiunque risulti vincitore.

 In questo contesto tutte le critiche a Israele sono bollate con il marchio di ANTISEMITISMO, uno strumento violento e criminale per ricattare l’opinione pubblica o le singole persone accusandole di predisporre il clima che preparò l’Olocausto.

 

La situazione dell’informazione sulla Palestina in Occidente:

 manipolazioni, menzogne, falsi, censure, fango e incitamento all’odio contro i “dissidenti”…

Come siamo arrivati a questo?

 

Il controllo capillare dell’informazione è strategico per i sionisti.

Possedere i mezzi di comunicazione e infiltrarvi i loro agenti è decisivo.

Restiamo in Italia:

La Stampa, già quando c’era Arrigo Levi, è sempre stata sionista e tale è rimasta sotto la direzione di Molinari e Giannini:

 La Repubblica è di proprietà dell’ebreo sionista Carlo De Benedetti e ora è diretta da Molinari;

 La7 è controllata da due sionisti: Mentana e Parenzo;

RAI Storia è controllata dall’ebreo sionista Paolo Mieli;

due personaggi della RAI, Augias e Mimun sono ebrei.

In politica c’è Piero Fassino, ebreo sionista e giustificazionista dei crimini israeliani (PD), prima c’era anche l’ebreo sionista Emanuele Fiano del PD ma non è stato più rieletto.

Persino nel Manifesto c’è un ebreo sionista di cui non posso fare il nome.

Gli scrittori Erri De Luca e Saviano completano il quadro.

 Tutti questi personaggi controllano l’informazione e la politica.

Nel mio ultimo libro, “Dialogo impossibile con un Rabbino. Israele e la tragedia dell’arroganza”, ho documentato come la lobby ebraica britannica ha distrutto la carriera politica del segretario del Partito Laburista Britannico Jeremy Corbin.

Nell’eventualità che Corbin potesse vincere le elezioni e diventare Primo Ministro, sarebbe cambiata la politica britannica in Medioriente a favore degli arabi e dei palestinesi.

 Per i sionisti era pericoloso e bisognava eliminarlo.

 La Germania, per riparare la colpa del genocidio contro gli ebrei, pratica la censura e la minaccia di sanzioni penali e amministrative contro tutte le organizzazioni antisioniste e filopalestinesi.

 

Pochi giorni fa, il 14 aprile, il Congresso di Berlino sulla Palestina è stato impedito con lo schieramento di 2500 poliziotti, i partecipanti schedati e all’ex ministro greco dell’economia,” Yanis Varoufakis”, è stato impedito l’ingresso nel territorio tedesco e l’interdizione a comunicare anche solo da remoto.

 In Occidente ormai non c’è più la libertà di parola.

 In Francia accade lo stesso.

 La promessa di danaro e il sostegno elettorale sono altri mezzi efficacissimi per inginocchiarsi ai piedi delle comunità ebraiche.

Negli Stati Uniti il candidato presidenziale che si mette contro i sionisti ha già perso le elezioni.

 Cito il caso della campagna elettorale tra Trump e Hillary Clinton:

 il primo era sostenuto dal miliardario ebreo Sheldon Adelson e l’altra dal miliardario ebreo Heim Saban.

Chiunque avesse vinto, Israele e i sionisti potevano cantare vittoria comunque.

 

Le tecniche di manipolazione dell’informazione sono le solite: omissione, svalutazione, alterazione, falsificazione.

 

Esaminiamo la versione sui fatti del 7 ottobre 2023 e l’attacco di Hamas.

 La notizia della decapitazione dei 40 bambini israeliani era falsa, così pure gli stupri di Hamas.

Nessuno, nei media mainstream, ha parlato della “Direttiva Annibale” che impone ai soldati israeliani di uccidere anche la propria gente se sono prigionieri del nemico.

Tutta l’azione criminale degli israeliani è stata sottovalutata e giustificata, alterato e amplificato il sequestro di israeliani che per Hamas significava negoziare la liberazione di prigionieri palestinesi sequestrati da Israele.

 Una funzione di censura notevole è svolta da Facebook su tutte le notizie sgradevoli per Israele con i pretesti più assurdi.

Io sono vittima, assieme a migliaia di utenti, di questa infamia.

 Per questa ragione ho scritto il libro “La censura di Facebook agli ordini dei sionisti”.

 

Come si deforma una notizia, sempre in relazione alla Palestina, e perché?

 

Ricordo un’immagine ignobile della RAI.

 L’11 settembre 2001, subito dopo il crollo delle Torri Gemelle, un canale Tv nazionale, riferì le reazioni nei paesi arabi e mostrò un gruppo di palestinesi che ballava e cantava.

Lo spettatore pensa subito che i palestinesi esultino per la morte di circa 3000 americani.

Il trucco fu presto svelato:

si trattava di immagini riferite ad altri eventi registrate anni prima.

 Intanto, però, il danno era stato fatto.

Come la storia dei 40 bambini decapitati da Hamas.

Nel sistema occidentale dell’informazione la parola d’ordine è sempre la stessa: mostrificare l’avversario, disumanizzarlo e arruolare la massa credulona nel progetto criminale elaborato a Washington, Tel Aviv o Londra.

C’è un episodio citato da “Gideon Levy” avvenuto durante l’”Operazione Piombo Fuso”, il bombardamento israeliano su Gaza tra dicembre 2008 e gennaio 2009:

 un cane – un cane israeliano – fu ucciso da un razzo Qassam lanciato dalla resistenza palestinese e finì sulla prima pagina del giornale più popolare in Israele. Lo stesso giorno, decine di palestinesi furono uccisi, erano a pagina 16, in due righe.

 

Giornalisti comprati…

 

Sì, come il titolo del libro di “Udo Ulfkotte” che ho tradotto per i lettori italiani. Tuttora, nessuno dei grandi giornali o i canali tele visivi di regime hanno voluto recensirlo

 Devo ringraziare le reti TV indipendenti come “Byoblu” che si sono interessate subito al libro e lo hanno pubblicizzato.

“Ulfkotte” ha detto una parola risolutiva sul ruolo corrotto del sistema di informazione occidentale e la sua morte misteriosa autorizza le ipotesi più inquietanti.

 

I media egemonici italiani e occidentali in genere seguono tutti le stesse direttive editoriali:

 Israele è la vittima, anche se ha ucciso finora oltre 34.000 gazawi, e i palestinesi sono i terroristi, i carnefici.

 Qual è la tua analisi?

 

Quello che “The Intercept” ha divulgato ci fornisce la risposta a questa domanda che vale per tutto l’Occidente, non solo per gli Stati Uniti.

Una direttiva trapelata di “NYT Gaza” dice ai giornalisti di evitare parole come “genocidio”, “pulizia etnica” e “territorio occupato”.

Il New York Times ha istruito i giornalisti che coprono la guerra di Israele sulla Striscia di Gaza per limitare l’uso dei termini “genocidio” e “pulizia etnica” e di “evitare” la frase “territorio occupato” quando si descrive la terra palestinese, secondo un promemoria interno ottenuto da “The Intercept”.

 

Israele è la vittima e i palestinesi i carnefici?

È la narrazione a cui i sionisti restano fedeli perché finora ha funzionato.

Perché?

 La ragione risiede nel razzismo occidentale, nel dualismo NOI – LORO.

Gli israeliani somigliano a noi, gli arabi no.

Gli stili di vita e lo sviluppo tecnologico, così indistinguibili da quelli occidentali, contribuiscono alla formazione di pregiudizi e luoghi comuni apertamente razzisti. Israele è la società più razzista che esista sul pianeta.

 Anche tra gli ebrei alligna il razzismo: i proletari sefarditi chiamano gli aristocratici askenaziti “askenazisti”.

Per non parlare dei falascià, ebrei etiopi scuri di pelle emarginati dalla vita pubblica.

 

Il ruolo dei social e dei media indipendenti ha sbaragliato i falsi dei media mainstream e la propaganda sionista.

Ce ne vuoi parlare?

 

Vedo con piacere che, nonostante la censura, le reti social e i giornalisti indipendenti hanno guadagnato uno spazio sempre più esteso nell’informazione.

Come persona impegnata nell’informazione indipendente e di contrasto al regime liberista globalista imperante, osservo che cresce la consapevolezza che esistono élites che soggiogano le masse per i loro criminali interessi e che si avvalgono di mezzi di persuasione sofisticati e pericolosi.

 Tutta la vicenda dei vaccini ha contribuito a illuminare molte coscienze aduse a vivere nella bambagia della confortevole menzogna.

 L’isteria con cui gli israeliani e le comunità sioniste sparse per il mondo reagiscono a verità inarrestabili, è il segno che la narrazione non convince più.

Abbinare la parola “ebreo” con l’immagine di “Anna Frank” non funziona più e rivela tutta la sua cinica strumentalità.

 Sono rimasto negativamente sorpreso da una intervista di un nostro compagno di strada, il grande storico israeliano “Shlomo Sand”, quando, in una intervista, ha detto che “a Gaza non è in corso un genocidio”.

 Sand, con il suo libro “Come ho smesso di essere ebreo”, ci aveva dato una buona notizia ma, forse è vero che, gratta- gratta, sotto l’ebreo c’è sempre il fariseo.

 

 

 

 

Che cosa hanno in comune Pfizer,

BlackRock, Facebook e le banche?

 Econopoly.ilsoloe24ore.com - Francesco Mercadante – (02 Febbraio 2021) – ci dice:

(Si ringrazia Michaela Odderoli, web analyst, per il contributo di ricerca)

 

Pfizer, entità inafferrabile da 214 miliardi di dollari, è la terza azienda farmaceutica al mondo.

Per descriverla, nella recente letteratura giornalistica, si sono sprecati appellativi e similitudini d’ogni genere e specie:

 “(…) come un “Titano” qualcuno scrive, rievocando le ancestrali forze cosmogoniche; altri la associa con” Moloch”, la temibile divinità cananea dell’Antico Testamento;

non manca poi chi ricorre alla spaventosa figura del “Leviatano”, anch’essa veterotestamentaria;

si è giunti pure a “Humbaba”, il terrificante guardiano della foresta nell’epopea di “Gilgameš”.

Insomma, s’è lasciata la fantasia a briglie sciolte e, come spesso accade, s’è ecceduto allontanandosi molto dai fatti.

Noi, però, già che ci siamo, vogliamo contribuire ad arricchire la lista e aggiungiamo l’immagine di “Briareo”:

non già per partecipare al gioco di differimento, bensì per offrire un medium di pertinenza:

Briareo, figlio di Urano e Gea, ha cinquanta teste e cento mani; non a caso, è altrimenti noto come centimani.

Ci proponiamo, infatti, di guidare il lettore all’interno della selva oscura di quegli intrecci finanziari che caratterizzano il mondo del farmaco e, oggi, in particolare dei “vaccini anti-covid”.

Intendiamoci, a scanso di equivoci: d’una parte della selva!

Questo è un articolo, non un dossier; e si comprende bene che, invece, occorrerebbe un congruo carteggio.

 

Per l’appunto, dicevamo di “Briareo”, metafora mitologica dalle cinquanta teste e dalle cento mani; la qual cosa non deve portarci di filato all’idea del complotto dei plutocrati occulti.

 Sarebbe ridicolo e qualunquistico, oltre che impertinente.

 Abbiamo il dovere, tuttavia, di osservare con rigore i dati e le circostanze in cui questi si sono formati.

Cominciamo col dire che, nell’azionariato della Pfizer compaiono alcuni insormontabili giganti degli investimenti come Vanguard, BlackRock e Wellington, che possiedono, rispettivamente, l’8,12%, il 7,46% e il 4,22% del colosso farmaceutico statunitense.

 Anche se non hanno bisogno di presentazioni, per dovere di cronaca diciamo chi sono, di cosa si occupano e che valore hanno sul mercato.

BlackRock è la più potente e ricca società d’investimenti al mondo, è una statunitense purosangue, gestisce un patrimonio di più di 8.000 miliardi di dollari ed è stata definita “banca mondiale ombra”, “roccia invisibile” et similia.

 Vanguard Group è un’altra società d’investimenti statunitense, ha asset per oltre 5.000 miliardi e, in quanto a negoziazione di fondi, è seconda sola a BlackRock.

La più piccola del gruppo – “piccola”… si fa per dire – è la Wellington Management Company, altra società d’investimento statunitense, con una gestione di circa 1.500 miliardi di dollari.

Quest’ultima, tra le altre cose, è strettamente ‘imparentata’ proprio con la Vanguard.

Fin qui, null’altro se non un quadro di finanza internazionale ordinario. Senza troppa fatica, però, si scopre che “BlackRock” e “Vanguard” sono pure i maggiori investitori istituzionali di “Facebook”:

BlackRock col 6,59%, Vanguard col 7,71%; in pratica, si tratta dei primi due.

E la Wellington?

 Non sta di certo a guardare, giacché, a propria volta, è dentro la BlackRock col 3,36%.

La metafora delle cinquanta teste e delle cento mani comincia a farsi efficace.

Vanguard e Wellington, inoltre, sono presenti nell’azionariato della Pfizer anche attraverso i fondi comuni:

Vanguard-Wellington Fund 0,96%, Vanguard Specialized-Health Care Fund 1,31%, Vanguard 500 Index Fund 2,05%, Vanguard Total Stock Market Index Fund 2,80%.

Se, da una parte, non possiamo – né intendiamo – giungere a conclusioni strampalate circa le forme di controllo della salute globale, dall’altra, non possiamo di certo fare a meno d’interrogarci sul valore che assumono alcuni dati, in specie quelli di un social network ormai noto per aver venduto a Spotify, Netflix, Amazon e Microsoft gli accessi degli utenti.

Alla luce dell’accertato legame finanziario tra il settore farmaceutico, quello finanziario e quello dei social network, sorgono per lo meno dei dubbi in materia di vigilanza.

Chi può controllarne l’operato?

Qual è – se mai esiste – il criterio con cui definire questo operato? Forse, è impossibile ricavarne una definizione vera e propria.

 

Aggiungiamo, adesso, che tra i grandi azionisti di Pfizer troviamo anche le grandi banche: Bank of America, Deutsche Bank, Morgan Stanley, JP Morgan et altri.

Se passiamo ad AstraZeneca, il leitmotiv non cambia.

BlackRock ne possiede il 7,7%, Wellington il 5,9% e Vanguard il 3,5%, unitamente al solito comparto bancario.

E non si può di certo tacere che BlackRock, Vanguard e Wellington hanno solide e cospicue partecipazioni azionarie nella maggior parte delle multinazionali che producono armi, tra le quali possiamo citare Lockheed Martin Corporation, Raytheon RTN, Bae Systems, Northrop Grumman Corporation & Orbital ATK e General Dinamics.

 

Nell’ultima escursione di questa mini-verifica, è doveroso ricordare che l’inarrivabile BlackRock è la maggiore azionista di UniCredit col 5,2% e possiede il 5,7% di MPS, il 5% di Intesa e il 4,8% di Telecom Italia.

Ma non mancano poi le partecipazioni in Atlantia, Azimut, Prysmian, Ubi et cetera.

Il ‘caso volle che’, all’epoca degli stress test EBA del 2016 e del 2018, proprio BlackRock e Vanguard fossero le società incaricate della consulenza in materia di vigilanza, cioè le società che avevano – e hanno tuttora – partecipazioni nelle banche da controllare.

E non finisce qui.

Se consideriamo che Wellington è titolare del 6,1% delle azioni di CERVED Group, la società italiana che valuta il merito creditizio e la classe di rischio delle nostre imprese, mentre Vanguard ha un’esposizione a Piazza Affari per più di 9 miliardi, allora s’impone come preminente il dovere di trovare una ‘definizione’ per l’operato delle lobby, delle loro estensioni e delle loro combinazioni.

La ‘definizione’, cui s’è fatto cenno in precedenza, non è affatto il capriccio di chi trovi diletto nell’uso del metodo scientifico;

non è il diversivo filosofico d’una politica inerme o il tentativo di riscatto d’una comunità religiosa.

 È, invece, soprattutto, il presupposto di un ‘riconoscimento’ logico della questione, l’indispensabile premessa epistemologica all’individuazione delle differenze tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Non aspiriamo di certo a possedere chissà quale panacea, ma la creazione di un quadro legislativo adeguato deve passare dal riconoscimento, come già detto, concreto e lineare di un fenomeno.

Ignorarne alcuni o anche uno di essi vuol dire farsi carico d’una gravissima colpa storica, lasciare che accada tutto e il contrario di tutto.

La superficialità con cui, molto di frequente, i governi fingono di non vedere e non sapere è allarmante, tant’è che, a un certo punto, la gente si scandalizza per frasi del genere:

Il titolo della Pfizer ha guadagnato parecchi punti dopo l’annuncio dell’efficacia del vaccino”;

 frasi usate all’interno di articoli pieni di allusioni e insinuazioni e i cui autori credono di aver fatto chissà quale scoperta, laddove non hanno fatto altro che attestare che il pozzo è umido.

 Pensiamo forse che i mercati non premino un’azienda farmaceutica che ha appena scoperto un vaccino anti-pandemia?

Purtroppo, non è facile, in un periodo di grande tensione politico-economica e sanitaria, mostrare buona capacità di discernimento, sebbene, nello stesso tempo, non si possano trascurare – ci si conceda l’espressione! – i requisiti di ‘onorabilità’.

Una decina d’anni fa, la Pfizer fu condannata per aver messo in circolazione in modo illegale dei farmaci; ne uscì quasi indenne pagando una multa di 2,3 miliardi di dollari.

2,3 miliardi di dollari, per una società che ha un fatturato annuo di oltre 50 miliardi e un utile netto di più di 16 miliardi, non rappresentano una multa;

si tratta – né più né meno – d’un’imposta sui ricavi.

 Qualcosa del genere è accaduto, per esempio, alle grandi banche che per anni hanno alterato i tassi d’interesse: hanno subito delle ‘multe’, che, naturalmente, a fronte dei profitti, rientrano sempre nel campo dell’imposizione fiscale ‘indiretta’.

L’espressione si presta alla metafora: è evidente;

ma non c’è spazio per l’ironia di contorno.

Di qui, non si può fare a meno di richiamare ancora una volta l’attenzione sul problema della ‘definizione’.

La relazione di causa ed effetto tra il dolo e la sanzione può essere ridotta unicamente a una stima economica, che peraltro non è mai direttamente proporzionale al danno causato?

 In una società evoluta può accettarsi una tale distanza tra il giudizio che si emette sull’uomo comune, quello che non ha alcun potere contrattuale, e quello che si emette sulle sovrastrutture economiche del pianeta, non altrimenti che se esistesse una legge extra ordinem?

Forse, sarebbe il momento opportuno di tentare la via della risposta.

 

Nel 2000, il Washington Post, nel condurre un’inchiesta sulla Pfizer, portò all’attenzione del grande pubblico proprio il controverso caso d’una grave epidemia in cui l’azienda farmaceutica aveva interpretato un ruolo – a dir poco – spettrale e inquietante.

In particolare, i fatti risalgono al 1996, allorché alcuni bambini della città nigeriana di Kano, colpiti da meningiti da meningococco, furono sottoposti a una sperimentazione senza alcun tipo di autorizzazione.

 In quell’occasione, la sperimentazione passò dalla somministrazione della “trovafloxacina”, un farmaco sperimentale, per l’appunto, e che, secondo le accuse causò, in alcuni casi, la morte dei malati e, in altri, danni irreparabili.

 

L’ennesima grossolana – e conclusiva – riflessione che sentiamo l’obbligo di fare non rinvia al senso dello scandalo, giacché, molto probabilmente, la frode non nasce con l’uomo, ma prima dell’uomo.

Lo stesso può dirsi per le trame finanziarie.

Essa afferisce, invece, alla già rilevata e netta separazione tra lo statuto morale del cittadino e quello dei potentati economici.

Il problema – si badi bene! – esiste ed è serio:

 se è vero e inconfutabile che certi imperi non si possono condannare e far crollare perché il loro crollo genererebbe una tale quantità di sciagure economiche che la società civile si riprenderebbe a fatica Lehman Brothers docet – è altrettanto vero che un cittadino comune, per errori molto meno determinanti, rischia la disfatta social-giudiziaria.

Eppure, oggi, il Covid si è abbattuto ‘principalmente’ sui cittadini comuni.

(Francesco Mercadante.it)

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