Chi ha ragione e chi ha torto nel condurre l’umanità verso l‘Apocalisse.

 

Chi ha ragione e chi ha torto nel condurre l’umanità verso l‘Apocalisse.

 

 

 

Lo Zimbabwe Emette una

Nuova Moneta Coperta da Oro.

Conoscenzealconfine.it – (13 Maggio 2024) - Cosimo Massaro – ci dice:

 

Il processo di de dollarizzazione avanza ulteriormente!

Ed ecco che un altro Paese, in questo caso africano, lo Zimbabwe, si inserisce nel processo di de dollarizzazione del pianeta.

Il Paese sud-africano nell’ulteriore tentativo di mettere fine all’iperinflazione di oltre il 50% che ha distrutto il dollaro locale, ha pensato di sostituirlo con una nuova moneta denominata “Zig”, sostenuta da un paniere di valute estere e da una riserva aurea.

“John Mushayavanhu”, Governatore della “Reserve Bank “dello Zimbabwe in una sua dichiarazione pubblica, ha affermato quanto segue:

“Stiamo facendo quello che riteniamo utile per evitare che la nostra valuta locale non muoia.

Come ho detto, eravamo già in una situazione in cui quasi l’85% delle transazioni venivano effettuate in dollari USA, poiché la nostra valuta locale non si stava utilizzando per gli scambi commerciali.

Con una valuta stabile non vedremo massicce oscillazioni dei prezzi giorno per giorno.

Una volta stabilizzata la nostra valuta, questa sarà maggiormente accettata nell’economia e vedremo sempre più persone utilizzarla per effettuare transazioni commerciali “.

Il dollaro dello Zimbabwe ha rappresentato la peggior moneta a livello mondiale, con una perdita di valore oltre il 70% in brevissimo tempo che ha spinto tutti ad utilizzare quasi esclusivamente il dollaro statunitense.

L’attuale contesto geopolitico, in questo momento storico però, non aiuta certamente lo Zimbabwe ad uscire facilmente da questa crisi economico-monetaria, perché finché rimarrà sotto la” colonizzazione della moneta fiat emessa a debito dall’usurocrazia globalista”, le cose non saranno facili.

La nuova moneta con copertura aurea sarà sicuramente fortemente osteggiata dai globalisti perché, come al solito, chiunque metta in discussione il monopolio monetario rappresentato dal dollaro USA non fa mai una buona fine.

Un esempio per tutti è quello del presidente libico “Gheddafi” che nel momento in cui decise di far utilizzare il “Dinaro d’oro” invece del dollaro statunitense per l’acquisto del petrolio, sappiamo tutti la fine che gli hanno fatto fare.

 

In pratica, lo Zimbabwe, per riuscire a portare avanti il suo piano di decolonizzazione da parte del mondo globalista, deve necessariamente mettersi sotto l’ala protettrice della Russia oppure della Cina, aderendo a quel mondo multipolare che si sta contrapponendo al mondo unipolare che non ha nessun rispetto di tutti gli altri popoli.

Sicuramente esso dovrebbe conquistare una vera sovranità monetaria attraverso una propria valuta non emessa a debito e che rappresenti realmente la propria ricchezza nella sua complessità.

Così come hanno già fatto ulteriori Paesi africani come il “Gabon” oppure il “Niger” che, dopo il golpe avvenuto nell’estate scorsa, ad oggi ha tutto il sostegno della Russia tanto che, notizia di questi giorni, delle truppe russe sono entrate in una base aerea Usa dando praticamente lo sfratto ai Marines americani.

 

Infatti nella” Airbase 101 di Niamey

, il Pentagono, ha dovuto procedere al ritiro delle sue truppe per metterle in sicurezza.

La base aerea statunitense era stata costruita in Niger nel 2021 per ospitare un contingente americano, solo che dopo suddetto golpe tutto è cambiato e il nuovo presidente, il generale “Abdourahamane Tchiani”, insieme alla sua giunta, ha preferito aprire una collaborazione con la Russia e con la Cina estromettendo di fatto l’Occidente tanto che, la scorsa settimana, il Paese africano ribellatosi ai globalisti ha anche chiesto ufficialmente a Washington di ritirare tutti  i soldati statunitensi dal proprio Paese.

(Cosimo Massaro)

(cosimomassaro.com/2024/05/lo-zimbabwe-emette-una-nuova-moneta.html).

 

 

 

 

Quando l’America divenne

la nuova “Germania nazista” e

introdusse la sua tirannia e l’ideologia fascista,

i crimini di guerra e la sperimentazione umana:

i veri “nazisti” divennero lo “Stato profondo”

degli Stati Uniti.

Allnewspipeline.com- (11-5-2024) – Stefan   Stanford – ci dice:     

 

 E ora ci portano in una corsa verso la terza guerra mondiale e l'annientamento nucleare.

Mentre molti americani forse non ricordano l'"Operazione Paperclip", avvenuta dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, precisamente tra il 1945 e il 1959, quando più di 1.600 scienziati, ingegneri e tecnici nazisti tedeschi furono deportati dall'ex Germania nazista negli Stati Uniti per Occupazione nel governo degli Stati Uniti, molti dei quali sono ex membri e leader del partito nazista, dobbiamo dare uno sguardo indietro a quel programma top secret di intelligence degli Stati Uniti, soprattutto alla luce di ciò che sta accadendo ora nel "mondo della guerra" di oggi.

Infatti l'America corre verso la Terza Guerra Mondiale e l'annientamento nucleare, come sentiamo nel primo video in fondo a questa storia con “Steve Quayle” sul “Rapporto Hagmann” .

Con questo sforzo intrapreso da quello che oggi è il nostro “Stato profondo” nel 1945, dopo che “gli Alleati” avanzarono in Germania e scoprirono una ricchezza di talento scientifico e ricerca avanzata che avevano contribuito ai progressi tecnologici della Germania in tempo di guerra, l’operazione top-secret portata avanti da la “Joint Intelligence Objectives Agency” (JIOA), utilizzando agenti speciali del “”Corpo di controspionaggio dell'esercito americano” (CIC),  portò negli Stati Uniti gli scienziati coinvolti nel programma missilistico nazista, nell'aviazione e nella guerra chimica e biologica e li trasformò in cittadini statunitensi.

 

Portando in America un totale di oltre 6.000 persone, comprese le loro famiglie, molte delle quali con forti legami con il partito nazista, per la loro "competenza", oltre a raccogliere oltre 10 miliardi di dollari in brevetti e processi industriali , questo programma top-secret portò a innumerevoli contributi ai progressi scientifici americani, ma fu estremamente controverso a causa delle affiliazioni naziste di molte reclute e delle implicazioni etiche dell'assimilazione di individui associati a crimini di guerra nella società americana .

Con l'"Operazione Paperclip" eseguita anche in modo che questa "competenza" nella guerra non cadesse nelle mani dell'Unione Sovietica o di altre nazioni, sostenendo allora che l' "obiettivo" era quello di "sostenere la giustizia e i diritti umani", tenete presente che a questi "criminali di guerra" ed "esperti in guerra biologica e chimica" fu data quasi subito una casa qui in America per continuare a svolgere il loro lavoro e i loro esperimenti in segreto, lavorando invece che per il partito nazista, il "profondo" americano stato", e compiendo chissà esattamente quali tipi di "nuove atrocità" con lo "stato profondo americano" che ora fornisce loro una copertura.

E con quegli scienziati nazisti tedeschi che hanno effettuato tutti i tipi di "sperimentazione umana" su esseri umani reali nei campi di concentramento prima che la” CIA” e la” NASA” li accogliessero felicemente e dessero loro una nuova casa in America, compresi esperimenti di "controllo mentale" che hanno continuato a svolgere qui negli Stati Uniti per la “CIA” nell'ambito del” Progetto MKUltra “, conoscere la storia dell' “Operazione Paperclip” rende sicuramente un po' più facile capire cosa sta succedendo in America nel 2024 una volta che si conosce quella storia.

 

E rende anche un po' più facile capire cosa sta succedendo ora in America e Ucraina quando si capisce che i nazisti in realtà non hanno PERSO la Seconda Guerra Mondiale, si sono semplicemente trasferiti in America, portando con sé tutto il loro bagaglio compresi i loro crimini di guerra impuniti e sperimentazione umana.

Chissà perché, all'improvviso, l'America è diventata un vero e proprio governo di fascisti antiumani?

Come riporta “RT” in questa nuova storia a cui “Steve Quayle” aveva collegato venerdì sul suo sito web, la Russia ora sta letteralmente combattendo la “reincarnazione” del “fascismo”, con l’America e l’Occidente che alimentano e sostengono letteralmente i nazisti moderni sostenendo l’Ucraina.

 Da quella storia di “RT”.

L'operazione militare della Russia in Ucraina è un passo avanti verso la sconfitta del fascismo e del nazismo una volta per tutte, ha affermato l'ex presidente e capo del Consiglio di sicurezza russo” Dmitry Medvedev”.

In un articolo in occasione del 79° anniversario della vittoria sulla Germania nazista, scrisse che il fascismo era stato ufficialmente sconfitto nella seconda guerra mondiale, ma l’Occidente ha permesso ai suoi discendenti ideologici di continuare a seminare caos sostenendo il regime di Kiev.

"Per molti anni, anche la manifestazione dei simboli nazisti, per non parlare di altri simboli e idee dell'hitlerismo, è stata legalmente vietata nella maggior parte dei paesi del mondo", ha detto.

Ora, tuttavia, ha affermato che la Russia è stata “costretta a combattere la reincarnazione del fascismo, la sua progenie zombie, che incarna il disgustoso e cinico pronipote dell’hitlerismo – il regime nazista di Kiev”.

Gli Stati Uniti, l’UE e altri stati occidentali si sono fermamente schierati con Kiev nel conflitto con la Russia.

 I sostenitori dell’Ucraina hanno speso miliardi nello sforzo bellico e le hanno fornito munizioni e armi, imponendo sanzioni economiche senza precedenti a Mosca.

E anche se NON siamo assolutamente sostenitori della Russia e del loro marchio di tirannia sul loro popolo, non possiamo nemmeno sostenere ciò in cui i globalisti e i veri nazisti hanno trasformato l’America da quando si sono uniti segretamente alla CIA e ad altri Stati Uniti.

Tutto tramite  le "agenzie di intelligence " nel secondo dopoguerra grazie all'" Operazione Paperclip" e chissà di quanti altri programmi top secret di cui forse non abbiamo ancora sentito parlare.

 

Poiché l'"Operazione Paperclip" è la prova assoluta di cui abbiamo bisogno che i veri nazisti e i loro crimini di guerra furono accolti in America e non qualche "folle teoria della cospirazione", quell'operazione di intelligence top-secret aiuta anche a spiegare come il governo degli Stati Uniti sia passato da un un'agenzia di cui avremmo dovuto "aver potuto fidarci" in una vera e propria agenzia di terroristi che ha intrapreso una vera guerra contro il popolo americano.

E mentre nel 2024 è certamente difficile credere a ciò che leggiamo sull’NPR “ora svegliato” , solo pochi anni fa potevamo credere a gran parte di ciò che riportavano.

 Ad esempio, diamo un'occhiata a ciò che hanno riferito nel settembre del 2019 in questa storia intitolata "La ricerca segreta della CIA per il controllo mentale: tortura, LSD e un 'avvelenatore in capo'" per vedere un po' di cosa si tratta dell'"Operazione Paperclip",e dove ci ha portato .

 

Durante il primo periodo della Guerra Fredda, la CIA si convinse che i comunisti avevano scoperto un farmaco o una tecnica che avrebbe permesso loro di controllare le menti umane.

In risposta, la “CIA” iniziò il proprio programma segreto, chiamato “MK-ULTRA”, per cercare un farmaco per il controllo mentale che potesse essere utilizzato come arma contro i nemici.

MK-ULTRA, che operò dagli anni '50 fino all'inizio degli anni '60, fu creato e gestito da un chimico di nome “Sidney Gottlieb”.

 Il giornalista “Stephen Kinzer”, che ha trascorso diversi anni indagando sul programma, definisce l'operazione "la ricerca più prolungata nella storia di tecniche di controllo mentale".

Alcuni degli esperimenti di “Gottlieb” sono stati finanziati segretamente da università e centri di ricerca, dice “Kinzer”, mentre altri sono stati condotti nelle carceri americane e in centri di detenzione in Giappone, Germania e Filippine.

Secondo la ricerca di Kinzer, molti dei suoi soggetti inconsapevoli hanno subito torture psicologiche che andavano dall'”elettroshock” ad alte dosi di” LSD” .

" Gottlieb” voleva creare un modo per prendere il controllo delle menti delle persone e si rese conto che si trattava di un processo in due parti", afferma “Kinzer”.

" In primo luogo, dovevi spazzare via la mente esistente.

In secondo luogo, dovevi trovare un modo per inserire una nuova mente in quel vuoto risultante.

Non siamo andati molto lontano con il numero due, ma ha lavorato molto sul numero uno."

“Kinzer” osserva che la natura top secret del lavoro di “Gottlieb” rende impossibile misurare il costo umano dei suoi esperimenti.

"Non sappiamo quante persone siano morte, ma un certo numero lo ha fatto e molte vite sono state distrutte in modo permanente", afferma.

 

E mentre quella storia concludeva che "alla fine, era impossibile controllare le menti delle persone", hanno concluso la loro storia in quel modo in modo da non dare TROPPI informazioni al popolo americano su ciò che sta realmente accadendo intorno a noi, giusto?

Ora ?

Il fatto che abbiano ammesso apertamente di aver finito per uccidere gli americani attraverso questa vera e propria “sperimentazione umana” ci dice molto di quello che dobbiamo sapere.

E possiamo essere certi che c'è molto di più, nascosto dietro le quinte, che non scopriremo mai.

 

 

 

L'identità culturale dell'Europa:

ecco ciò per cui combattiamo.

Politico.eu – (14 MAGGIO 2024) - JAN JAMBON – ci dice:

(Jan Jambon è il ministro-presidente del governo delle Fiandre e ministro fiammingo degli affari esteri e della cultura.)

 

Negli ultimi tre decenni ci siamo concessi il lusso di non doverci chiedere cosa

rappresentiamo. Ma quei tempi sono passati.

Deve esserci qualcosa di più, qualcosa che ci unisca tutti, per quanto diversi siano i popoli del continente.

E sappiamo tutti che esiste.

Una delle tante storie apocrife su” Winston Churchill” ebbe luogo subito dopo essere diventato primo ministro della Gran Bretagna, mentre la” Blitzkrieg infuriava” ancora in Francia e l'esito della guerra per le forze alleate sembrava, nella migliore delle ipotesi, incerto.

Isolato nella sua convinzione che la Gran Bretagna avrebbe respinto i nazisti e alla fine avrebbe prevalso, Churchill presiedette una riunione di gabinetto indisciplinata, durante la quale gli fu consigliato di trasferire i beni britannici in luoghi più sicuri nel vasto impero:

i ministeri in Australia, il monarca e la sua famiglia in Canada, il tesoro dei Caraibi…

Churchill rifiutò tutto, con calma ma decisione.

Fino a quando, cioè, qualcuno suggerì di evacuare almeno i musei e trasportare le preziose opere d'arte in Canada.

 Ha battuto il pugno sul tavolo: "Allora per cosa combatteremo?" chiese.

La scrittrice italo-olandese “Ilja Leonard Pfeiffer” ha ricordato questa storia durante la conferenza su “Cultura, patrimonio e identità in Europa”, che ho organizzato ad aprile in qualità di “presidente del Consiglio Cultura dell’UE”.

E per quanto storicamente dubbia possa essere la storia, il fatto che la raccontiamo ancora e ancora per convincerci del valore e del valore della cultura, parla da sé.

Alla fine, quando sono state avanzate tutte le argomentazioni economiche, tecnocratiche e politiche a favore della costruzione europea, ci chiediamo:

quando arriverà il momento critico, è per questo che combatteremo?

La risposta è probabilmente no.

Anche il defunto “Jacques Delors”, ex presidente della Commissione europea e grande sostenitore dell'integrazione europea, ha osservato che non ci si innamora del mercato interno, del simbolo dell'euro o di qualsiasi altro atto legislativo.

Deve esserci qualcosa di più, qualcosa che ci unisca tutti, per quanto diversi siano i popoli del continente.

E sappiamo tutti che esiste.

In quanto struttura economica e politica, l’UE è costruita su basi piuttosto tecnocratiche.

E sebbene estremamente efficaci nella loro attuazione, le politiche dell’UE non sembrano mai suscitare molto entusiasmo da parte dei milioni di beneficiari.

 Al contrario, il blocco può sperare nell’apatia popolare nella migliore delle ipotesi, o in una totale ostilità nella peggiore.

Eppure la maggioranza degli europei si identifica proprio così: europea.

C’è un’identità europea che oltrepassa le frontiere.

Un’identità che si esprime in centinaia di culture distinte, che trascende i confini del tempo e dello spazio e collega ogni europeo:

dall’Irlanda e le isole britanniche alle trincee dell’Ucraina, dai tempi antichi fino ad oggi.

L’Europa non è solo il risultato casuale di una catena di coincidenze storiche.

Credo fermamente che alla base dell’ideale europeo si trovi “una struttura meta culturale”, nata da tre tradizioni fondamentali che, nel tempo, hanno portato a quella che oggi chiamiamo cultura europea.

Il primo è la nascita del nostro pensiero politico nell’antica Grecia, in particolare la concezione della democrazia ad Atene. L'idea che ogni cittadino abbia il diritto di esprimere la propria opinione, esprimere il proprio voto e assumere una carica ha avuto origine in questa grande città antica.

 E generazioni di pensatori politici si sono rivolti ad Atene come ispirazione per la democrazia come governo del popolo, dal popolo, per il popolo.

Tuttavia, la democrazia ateniese era fondamentalmente difettosa.

 Il governo basato su un’opinione popolare incontrollata ha portato alla polarizzazione, alla demagogia e all’instabilità politica che, a loro volta, hanno portato al decadimento della democrazia e infine alla tirannia.

Questo mi porta alla nostra seconda tradizione di statista romano.

Roma non è mai stata una democrazia, né nel senso ateniese né nella nostra moderna comprensione del concetto.

Ma per gran parte della sua storia non è stato nemmeno il regime oligarchico che dipingiamo.

 Le classi popolari costituivano una grande potenza politica e giocarono in numerose occasioni un ruolo decisivo nel processo decisionale romano.

Tuttavia, erano tenuti sotto controllo da un complesso insieme di regole che garantivano che lo Stato non fosse dilaniato da interessi politici privati.

Il pensiero romano sulla cittadinanza, la comunità e la libertà – per quanto ristretto nella sua applicazione – ci ha portato lo stato di diritto che oggi consideriamo sacro.

E questo porta al valore e alla dignità di ogni singolo essere umano, che dobbiamo a una terza tradizione fondativa:

 l’eredità giudeo-cristiana.

 I nostri diritti umani fondamentali sono diventati così evidenti che abbiamo dimenticato quanto fossero rivoluzionari.

La nostra moderna comprensione della moralità, e la sua codificazione come diritti umani universali, è nata da insegnamenti come il mite erediterà la terra, porgendo l’altra guancia e amando il prossimo.

In un processo durato oltre 2.000 anni, gli europei hanno costantemente reinterpretato e rinegoziato queste tradizioni in un dialogo culturale che ha portato alla democrazia, allo Stato di diritto e alla libertà individuale che ci stanno così a cuore. Naturalmente, questo processo non è stato esente da difetti:

 la nostra storia è offuscata da carenze e imperfezioni.

 Tuttavia, per quanto imperfetti possano essere stati i nostri predecessori, hanno mantenuto vivo l’ideale e si sono sforzati di migliorare sé stessi. E la forza trainante dietro tutto ciò è stata una comprensione culturale dell’Europa, non politica o economica.

Il nostro patrimonio e le nostre culture riflettono tutte questo processo storico in corso, che non si concluderà mai finché persisterà l’idea di Europa.

Ancora oggi siamo coinvolti in un dibattito culturale che affronta queste tradizioni fondamentali;

 le pratiche artistiche attuali ne sono ancora ampiamente influenzate – anche se critiche nel loro approccio – e anche se sembra che abbiamo abbandonato il sistema educativo classico che era in gran parte basato su di esse, ogni europeo ha una nozione di queste tradizioni.

Basta fare una passeggiata per città come Londra, Parigi, Praga o Berlino per capire come siamo stati ispirati da una grandezza che ci ha incoraggiato ad andare oltre noi stessi.

Possiamo vedere la passione delle generazioni passate ardere nelle cattedrali, nelle statue, nelle piazze e nei ponti, ovunque siamo in Europa.

Ma invece di adorare le ceneri, tocca a noi tramandare la fiamma.

L’UE ha sempre evitato il dibattito su cultura e identità. Non solo perché è di competenza esclusiva dei Paesi membri – come credo dovrebbe essere – ma soprattutto perché è considerato un fattore di divisione piuttosto che qualcosa che ci unisce.

Molti burocrati del “Berlaymont” ricordano con terrore i dibattiti del 2004 sul riferimento al cristianesimo nella fallita Costituzione europea.

Tuttavia, è mia convinzione che sia giunto il momento di parlare di identità.

Ecco perché lunedì scorso ho ospitato l’incontro informale dei ministri della cultura del blocco al” Museo delle Belle Arti di Anversa” per discutere il ruolo della cultura, del patrimonio e dell’identità in Europa – proprio perché sono convinto che ora dobbiamo rinvigorire maggiormente la nostra struttura meta culturale, più che mai.

 

L’UE ha goduto di un lungo periodo di prosperità, pace e sicurezza, un periodo in cui c’erano poche minacce esterne al continente stesso e gli sconvolgimenti interni e le crisi economiche non rappresentavano una minaccia esistenziale per il blocco. Ma i tempi sono cambiati.

 Ora siamo impegnati in una competizione strategica con la Cina, l’incertezza avvolge l’Alleanza Atlantica e il regime russo rappresenta una vera e propria minaccia militare che mette a dura prova la stabilità delle democrazie europee.

Negli ultimi tre decenni ci siamo concessi il lusso di non doverci chiedere cosa rappresentiamo.

E, sfortunatamente, è ancora una volta il momento di porre la domanda Churchilliana: per cosa stiamo combattendo?

 

 

 

L’apocalisse nell’uomo contemporaneo.

Intervista a Luigi Maria Epicoco.

Biancamano2.einaudi.it - Giulia Priore – (28 Dicembre 2023) – ci dice:

L'individualismo e il nichilismo sono il problema che l'umanità tutta deve affrontare per poter ritrovare la speranza.

 L'apocalisse è solo un via di fuga, questo ci dice “Luigi Maria Epicoco” nel suo libro sulla “fine del mondo” e” La strada” di McCarthy.

Viviamo in un momento in cui si parla molto di estinzione, di fine del mondo, di catastrofi, quindi si potrebbe dire che è in corso una sorta di millenarismo 2.0.

Come si manifesta l’apocalisse oggi?

L’apocalisse in termini teologici non significa fine, ma rivelazione, eppure nell’immaginario collettivo abbiamo ormai legato questa parola all’esperienza di trovarci ai margini di una storia che finisce, alla sensazione diffusa di abitare un’imminente fine.

 Deve però consolarci sapere che questo sentire comune non ha a che fare solo con la nostra epoca, ma più volte nella storia, l’umanità ha vissuto questa sensazione di trovarsi ai margini della fine, nel cuore della fine del mondo.

A mio modesto parere, così come ho cercato di raccontare nel saggio dedicato a “McCarthy, questo tipo di sensazione non dice qualcosa del mondo fuori di noi, che seppur ci riserva fatti di cronaca non rassicuranti, non è niente di meno di quello che molte volte le civiltà hanno vissuto nei cicli della storia;

questa sensazione ci rivela un mondo dentro di noi.

È nell’uomo contemporaneo un’apocalisse in atto.

Il nichilismo che ha tanto avvelenato la nostra cultura ci ha convinti a divorziare da un’esperienza di senso significativa, condannandoci a vagare senza più uno scopo preciso.

La vita umana, quando è scissa da un significato, regredisce.

 L’arte, la letteratura, la musica e la stessa religione sono alfabeti attraverso il quale noi tentiamo di balbettare la fiducia che esista un significato attorno a cui la vita si struttura.

L’infelicità diffusa non dipende più dalle condizioni fuori di noi, anzi siamo diventati sempre più evoluti in termini tecnologici, ma abbiamo avuto una immensa regressione a livello umano.

La nostra malattia ha un nome: è la religione dell’individualismo.

E nell’individualismo c’è l’idolatria dell’io che vuole salvarsi da solo, prescindendo da quella che è la sua struttura principale, cioè le relazioni.

Le pongo qui la domanda, che compare sulla copertina del libro: «Esiste ancora una speranza?».

Certo che esiste una speranza.

Ma quando pensiamo alla speranza non dobbiamo pensare a un’interpretazione convincente della vita.

La speranza non è una filosofia, né tanto meno un sistema ideologico cristallizzato in un qualche movimento politico, culturale o persino teologico.

La speranza è un fatto nascosto sotto le macerie di ciò che ci accade.

 Non a caso il protagonista del “romanzo di McCarthy” non è motivato ad andare avanti a partire da una circostanza attorno a lui, o a un pensiero convincente nei propri ragionamenti.

La sua speranza ha un volto, è il volto del figlio, è il fatto di una vita consegnata nelle sue mani.

 È questo che lo trattiene dalla morte.

La vera educazione che dovremmo mettere in atto è quella di aiutare l’uomo contemporaneo ad accettare la fragilità della vita senza fughe e senza la falsa speranza di potersene liberare.

 Immaginarci vite ideali significa non accettare la vita reale. Ma è proprio nella vita reale un dettaglio messo lì per salvarci.

Quando si prende sul serio la concretezza della vita ci si accorge che in quella imperfezione è nascosto anche un motivo valido per cui vivere, e che diventa il vero fatto della propria speranza.

Ha ritrovato negli ultimi due libri di “McCarthy” da poco usciti in Italia, “Il passeggero” e “Stella maris”, la stessa miccia che ha acceso il suo ragionamento sulla possibilità di salvezza, che aveva individuato invece in “La strada”?

 

Il dittico finale rappresentato dagli ultimi romanzi di McCarthy a mio modesto parere ci offrono uno sguardo ancora più profondo sul mistero di questo autore.

 La sua riluttanza ad interviste o a partecipazioni pubbliche ci ha costretto tutti a dover capire McCarthy a partire solo dalla sua scrittura.

In questi ultimi due romanzi, legati tra di loro da una trama che lascia finalmente spazio anche a un mondo femminile che sembra quasi assente nei precedenti lavori, noi troviamo non solo una storia, ma troviamo una mescolanza geniale di scienza, filosofia, esperienza, metafisica.

 Il fondale di McCarthy è sempre un fondale di natura religiosa nel senso più laico del termine.

Cioè tutto si spalanca sempre a qualcosa di più grande, di più profondo, di più alto.

Concordo con chi ha detto che questa è un’opera di congedo che continueremo a citare così come si cita il “libro del Qoelet” della Bibbia. Ogni frase ha una densità che esige molto tempo per essere fatta propria.

Ma è proprio questa la caratteristica di McCarthy:

egli non ci conduce verso una fine, ma ci mostra costantemente un fine che è presente in ogni cosa e che guida misteriosamente ogni cosa.

 Un fine che quando si intercetta non lascia fuori nulla del reale.

McCarthy educa ad avere una profondità che l’uomo contemporaneo ha smarrito nella sua superficialità.

È nella profondità la via d’uscita di ogni buio.

È lì che si tocca il cielo.

(Luigi Maria Epicoco)

 

 

 

 

 

Cosa significa “Pensare la fine”?

  Chartasporca.it - 4 Maggio 2022 - Marco Pacini – ci dice:

(Il seguente articolo contiene alcuni estratti di “Pensare la fine”. Discorso pubblico e crisi climatica “ed. Meltemi”), qui pubblicati a esclusione delle note per gentile concessione di autore ed editore.)

 

Dovremmo prendere sul serio la possibilità della Fine?

 Ma soprattutto: siamo in grado di farcene carico?

Tra una risposta affermativa alla prima domanda e una negativa alla seconda – con le relative “prescrizioni” – si apre la possibilità della catastrofe, figlia del doppio vincolo che ci paralizza, ci inchioda a una modernità che ci mostra insieme la sua tossicità e la sua ineluttabilità.

Una tarda-modernità “fuori controllo” che rende più evidente quello che” Günther Anders” chiamava (in altro contesto, ma con un’espressione attualissima) “dislivello prometeico”, per descrivere “l’asincronizzazione ogni giorno crescente tra l’uomo e il mondo dei suoi prodotti”, o in altre parole l’incapacità di “homo faber” di prevedere gli esiti del suo illimitato fare.

La “Fine” maiuscola di cui parliamo naturalmente non riguarda la numerosa famiglia di concetti di cui abbiamo già celebrato il funerale apponendo il prefisso “post” sulla loro lapide (modernità, politica, democrazia, verità…), o almeno non riguarda il “modo” in cui le abbiamo seppellite.

Riguarda, più semplicemente, la fine del mondo (umano).

Una Fine con cui intratteniamo contemporaneamente un rapporto di confidenza e distanza, grazie a una sovrapproduzione letteraria e cinematografica, nella doppia versione della distopia ecologica e tecnologica (si vedano, per esempio, le saghe di Mad Max e Matrix):

un’autentica industria della sublimazione che squadernando scenari di un “uomo senza mondo” vela quello di un “mondo senza uomo”, vale a dire quello della nostra fine come specie.

Le ragioni per cui dovremmo prendere sul serio la parola “Fine sono da qualche decennio fin troppo note e numerose per doverle qui ricordare.

“Déborah Danowski” ed “Eduardo Viveiros de Castro” osservano – tra gli altri – che il riscaldamento globale e la catastrofe ambientale in corso sono “uno dei fenomeni meglio referenziati della storia della scienza”.

Il monitoraggio dei processi biofisici del sistema-Terra segnala da tempo la prossimità o l’oltrepassamento di “tipping points”, di limiti oltre i quali le condizioni ambientali e la sopravvivenza di molte specie (tra cui la nostra) sarebbero incompatibili.

Sono soprattutto le scienze che la modernità aveva relegato tra le “minori” a segnalarci la grande discontinuità, ad avvertirci che l’assenza di futuro potrebbe essere già iniziata, per dirla ancora con” Anders”.

Sono le retroazioni del sistema-Terra al progresso che sottraggono la parola Fine all’ambito escatologico per consegnarla alla cronaca.

[…]

Farsi carico della possibilità della Fine è un compito immane per il carattere “iper-oggettivo” dei fenomeni come il cambiamento climatico e le tecnologie fuori controllo.

Gli Iper oggetti mettono in crisi il tempo e lo spazio, eccedono la nostra capacità di comprensione con i loro effetti al di là della scala individuale.

Ma è attraverso il pensiero di “Bruno Latour “che forse possiamo comprendere le ragioni più profonde della difficoltà del compito e dell’inazione globale di fronte alla prospettiva di una catastrofe globale.

Sì, è vero, la scienza ci parla di sesta estinzione, di valori biofisici incompatibili con la vita, di processi di feedback che potrebbero accelerare la catastrofe climatica anche rispetto alle previsioni più allarmistiche di qualche anno fa… ma anche se la prendiamo sul serio, la Fine non verrà.

Per la semplice ragione che è già avvenuta.

Loro sanno, sentono ma, in fondo, non ci credono.

Risiede qui, ritengo, il punto in cui ricercare l’origine profonda del clima-scetticismo.

Non si tratta di uno scetticismo che poggia sulla solidità delle conoscenze ma di uno scetticismo sulla posizione nell’esistenza. […]

 Un “cambiamento di vita totale e radicale”? Ma lo hanno già compiuto, proprio divenendo risolutamente moderni!

Se la modernità non fosse così profondamente religiosa, l’appello ad adeguarsi alla Terra sarebbe accolto con facilità.

Ma poiché ha ereditato l’Apocalisse, semplicemente spostata di una tacca nel futuro, non suscita altro che una scrollata di spalle o una risposta indignata: “Come potete venire ancora una volta a predicarci l’Apocalisse? Dov’è indicato nelle Scritture che ci sarà un’altra apocalisse dopo la prima?

La modernità è quel che ci hanno promesso, quel che abbiamo conseguito, quel che abbiamo conquistato, talvolta con la violenza, e voi pretendete di strapparcela?

Ci state dicendo quindi che ci eravamo sbagliati sul senso della promessa!

Che la Terra promessa della modernità doveva restare promessa!

 È assurdo!”

(Bruno Latour, “La sfida di Gaia”).

 

Dovremmo invece, secondo il filosofo e antropologo francese, convenire tutti sull’importanza di affrontare un’apocalisse “al tempo presente”.

Si tratta di affrontare una Fine senza la promessa di un Regno (cristiano, o marxista o sintetico).

Una Fine senza nuovo inizio.

“Non un altro mondo, ma questo stesso mondo colto in modo radicalmente nuovo”.

L’eredità religiosa del pensiero escatologico resta tuttavia in gioco in influenti correnti di pensiero: dall’accelerazionismo alla teoria della singolarità.

E al traguardo del secolo di vita anche “James Lovelock”, al quale dobbiamo il concetto di “Gaia, ha abbracciato un’escatologia hi-tech considerando l’Antropocene il nostro destino ormai compiuto, mentre siamo già entrati nel “Novacene”, l’era in cui, grazie alla tecnologia, la fine del mondo umano è in realtà il suo compiersi, l’esaurirsi di un compito e l’inizio di un “al di là” sintetico.

L’era in cui “i cyborg viventi usciranno dall’utero dell’Antropocene”.

L’era di una nuova Gaia “che indosserà un nuovo manto inorganico”.

Chi, meglio di “Lovelock”, potrebbe prendere sul serio la parola Fine?

Ma l’escatologia tecnologica del padre di “Gaia” non prevede una “cura” della Fine, nel senso di cura delle retroazioni di Gaia all’agire umano per garantire una persistenza-permanenza dell’umano.

È già tutto scritto, il destino sta per compiersi, senza pianti né rimpianti:

Probabilmente alla fine la” Gaia organica” morirà, ma proprio come non piangiamo per la scomparsa delle specie nostre antenate, allo stesso modo i cyborg non saranno distrutti dal dolore per la scomparsa degli esseri umani.

(James Lovelock, Novacene.” L’età dell’iperintelligenza”)

I tecno-evangelismi del nuovo mondo, che hanno i loro think-tank come il “Breakthrough Institute”, si ostinano invece a preservare l’umano, rispondendo affermativamente a entrambe le domande:

sì, prendiamo sul serio la possibilità della Fine e stiamo mettendo in campo tutta la potenza del Capitale per farcene carico, scongiurandola.

 Ci penserà ancora una volta il dio mercato, cogliendo tutto il potenziale dell’economia green e dell’ingegneria climatica!

 

“Alex Williams” e “Nick Srnicek”, nel loro “Manifesto accelerazionista”, offrono una variante “di sinistra” al potere salvifico del Capitale come creatore del mondo nuovo o dell’uomo senza (vecchio) mondo, propugnando una “politica prometeica” di massimo controllo sulla società e sul suo ambiente.

Ma questa accelerazione intenzionale della macchina capitalista (per superarla), posta come soluzione alla nostra attuale miseria antropologica, “si trova in contraddizione oggettiva con un’altra accelerazione per niente intenzionale:

 l’implacabile processo di retroazione positiva delle trasformazioni ambientali deleterie per l’”Umwelt della specie”.

In altre parole: non faremo in tempo.

 

Il passaggio dalla storia alla geostoria, annunciato da “Dipesh Chakrabarty”, e il “Nuovo regime climatico “(Latour) sembrano suggerire che siamo ancora (e di più) in presenza di una asincronizzazione tra gli entusiasmi prometeici tecno-religiosi e l’“intrusione di Gaia”, che è venuta per restare e cambierà le nostre vite per sempre, avverte” Isabelle Stengers”.

Si tratta allora di coltivare un pensiero della Fine, per evitarla, senza giocarci tutto confidando “religiosamente” sul fatto che il rimedio arriverà prima del veleno, che l’accelerazione tecnologica supererà quella della retroazione di Gaia.

E trascurando del tutto il monito:

“Non possiamo continuare a credere al vecchio futuro, se vogliamo avere un avvenire”.

Pensare la Fine, sfuggendo alla trappola della nuova escatologia tecnologica figlia di quella ebraico-cristiana (la promessa del Regno), è un compito immane.

Un pensiero della Fine chiede, per cominciare, una reinvenzione metafisica, una riconcettualizzazione di molte altre nozioni-parole, iniziando da quelle di “umanità” e “mondo”, che nell’Antropocene – seguendo il pensiero di” Latour” – non si ritrovano più di fronte come soggetto e oggetto:

 il mondo non è più l’ambiente, la Natura, ma un attore in lotta:

Ciò che era rimasto finora quietamente sullo sfondo – il paesaggio servito da cornice a tutti i conflitti umani – si è appena unito alla lotta.

 Quella che era fino a oggi una metafora – ossia, persino le pietre gridano di dolore dinanzi alle sofferenze che gli umani hanno inflitto loro – è divenuta letterale.

(Bruno Latour, La sfida di Gaia)

Pensare la Fine chiede anche, come gesto preliminare, un’“euristica della paura” (Hans Jonas), una postura radicalmente pessimista, apocalittica, ma nel senso dell’“apocalittismo profilattico” di “Günter Anders”:

Se ci distinguiamo dai classici apocalittici giudeo-cristiani non è solo perché temiamo la fine (che loro hanno sperato) ma soprattutto perché la nostra passione apocalittica non ha altro obiettivo che quello di impedire l’apocalisse.

 Siamo apocalittici solo per avere torto.

(Günter Anders, “Le temps de la fin”)

 

Il pensiero della Fine – come unica possibile alternativa alla mistica hi-tech – con il suo materialismo radicale che sposta la parola dall’ambiente escatologico a quello più prosaico della biofisica, si nutre di un pessimismo preventivo perché ascolta Gaia piuttosto che le Trombe dell’Apocalisse.

E Gaia parla da vicino.

Parla di materia, dei suoi elementi impazziti, o “in lotta”.

A rendere accidentato il percorso verso un pensiero della Fine è il suo carattere “totalitario”, la sua pretesa di demolire l’intero universo del discorso della contemporaneità, di “spezzare il sistema di coordinate dei Moderni”, direbbe Latour.

Secondo il quale non ci sono dubbi: “Bisogna mappare tutto di nuovo. E in più farlo con urgenza, prima che i sonnambuli finiscano per calpestare nella loro fuga cieca tutto ciò a cui teniamo”.

Ecco allora che farsi carico della parola Fine, una volta presa sul serio, significa prendere atto che nulla più è dato.

Che le conquiste “liberali” potrebbero avere una scadenza ecologica.

 La libertà, la democrazia, i diritti individuali potrebbero dover subire una mutazione, perché nell’Antropocene gli esseri umani sono “irrimediabilmente prigionieri della loro instabile relazione con il funzionamento complessivo del Sistema Terra”.

Questa nuova condizione di “prigionia” cui saranno costrette le prossime generazioni – e che solo la nostra “grande cecità” (Amitav Ghosh) ci impedisce di vedere – farà piazza pulita di gran parte degli ingredienti che riempiono l’agenda politica della contemporaneità, e forse della stessa teoria politica, che è “parecchio indietro rispetto alla chimica atmosferica e all’oceanografia fisica”.

“Geoff Mann” e “Joel Wainwright “parlano di “adattamento del politico”.

Che qui potremmo tradurre in “smottamento” del vocabolario politico che la presa in carico della parola Fine porta con sé.

Oltre a quelle già esaminate, quali torsioni subiscono, nel “Nuovo regime climatico” (vaste aree desertificate, ondate di calore incompatibili con la vita umana, inondazioni frequenti, zone litoranee sommerse, migrazioni di proporzioni oggi inimmaginabili…), parole come Stato, sovranità, giustizia…?

 “La scala dei problemi è così grande che sembra impossibile affrontarli senza lo Stato, ma sembra altrettanto impossibile che lo Stato, per come è attualmente costituito, possa rivelarsi efficace”, osservano “Mann” e “Wainwright”.

Prima conseguenza:

si può immaginare una sovranità che non sia planetaria?

Quale sovranità potrà essere esercitata in un “nuovo regime climatico” se le decisioni dovranno essere prese nel nome della specie e non di questo o quel popolo “sovrano”?

E se l’ingegneria climatica dovesse raggiungere i risultati promessi, a chi sarebbe affidato il compito di regolare il “termostato globale”?

Ecco un altro possibile scenario che spazza via l’idea di sovranità nel senso in cui oggi nutre un discorso pubblico fermo al secolo scorso.

E la parola giustizia dovrà essere aggettivata principalmente con “climatica”, posto che – secondo un rapporto di “Philip Alston” dell’ONU – il 10 per cento degli stati dovrà sopportare il 75 per cento degli effetti del cambiamento climatico?

Lo “smottamento” provocato dalla presa sul serio della parola Fine dovrà infine coinvolgere le ultime due parole, decisive, per sottrarre le politiche globali al doppio vincolo, tra doveri green e l’irrinunciabilità al benessere materiale.

Si tratta, naturalmente, delle parole “crescita” e “demografia”, che insieme costituiscono il grande tabù, l’autentico cortocircuito psicologico e culturale di cui sono vittime i Progressisti del Nord del mondo, quelli che vorrebbero salvare la loro anima verde e combattere le minacce sovraniste alla democrazia restando aggrappati a quelle due parole, che nell’Antropocene sono la quintessenza del sovranismo, visto che ciò che “fa bene” al mio Paese (maggiore ricchezza da distribuire e inversione del crollo della natalità) è precisamente ciò che la mia coscienza ambientalista dovrebbe considerare nocivo – se non fatale – una volta applicato su scala planetaria.

Sull’impossibilità della crescita esiste una vasta letteratura. Più complicato affrontare il tabù demografico.

Almeno nei termini che un pensiero della Fine richiede.

Ha provato a farlo” Donna Haraway” immaginando un mondo in cui la natalità è una scelta collettiva che viene presa insieme proprio perché si conoscono le conseguenze alle quali potrà condurre.

Un mondo che dovremmo sperare abitato da non più di due o tre miliardi di persone.

L’adozione di un pensiero della Fine (per evitarla) che consenta di rispondere affermativamente alla doppia domanda iniziale, non può che essere un gesto radicale, radicalmente politico.

Una rivoluzione dei Terrestri contro i Moderni, nei termini di “Bruno Latour”.

 Anzi una guerra – secondo il filosofo francese – combattuta in nome di una ritrovata razionalità finalmente sottratta all’“appropriazione indebita”, al monopolio nefasto dell’economia.

Lasciamo ancora una volta la parola a “Bruno Latour”, uno dei pensatori che per primi, e più a fondo, hanno scandagliato la “condizione umana” nella nuova era, prendendosi cura della parola Fine.

La fusione dell’escatologia e dell’ecologia non è una caduta nell’irrazionalità, una perdita di controllo o una sorta di adesione mistica a un mito religioso ormai superato;

 , bensì, necessaria se vogliamo fronteggiare la minaccia e smettere di giocare a compiacere i fautori della pacificazione che continuano a differire, ancora una volta, l’imperativo di tenersi pronti alla guerra.

 L’apocalisse è un appello a essere finalmente razionali, a tenere i piedi per terra.

(Bruno Latour,” La sfida di Gaia”)

In questo libro si proverà a suggerire l’adesione a quell’appello, indagando la plausibilità di un diverso “pensiero della fine”, minuscolo.

Per imparare a “tenere i piedi per terra”, in fondo, non basterebbe cominciare dal rovesciamento del celebre adagio secondo cui “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”?

 

 

 

I donatori ebrei chiedono alle università

di cancellare la libertà di parola o

di perdere il sostegno finanziario.

 Naturalnews.com – (13/05/2024) - Cassie B.- ci dice:

 

Molti ebrei sono indignati per le proteste filo-palestinesi che si svolgono nelle università di tutta la nazione, e alcuni grandi donatori stanno ora riconsiderando la possibilità di sostenere finanziariamente la loro alma mater in risposta.

In alcuni casi arrivano addirittura a chiedere alle scuole di limitare la libertà di parola degli studenti su questo argomento, pena la perdita del sostegno finanziario.

Fin dall’inizio della guerra, nei campus di tutta la nazione si sono svolte battaglie tra i sostenitori di Israele e coloro che sono inorriditi dal genocidio di Gaza.

Si tratta di un argomento estremamente controverso e che domina i titoli dei giornali da mesi.

Tuttavia, la situazione si è recentemente aggravata, spingendo alcuni istituti scolastici a cancellare le lezioni per motivi di sicurezza e a trovare ragioni per rimandare a casa i manifestanti.

Ora, alcuni dei donatori più influenti delle migliori scuole della “Ivy League” come l'“Università della Pennsylvania” e l'”Università di Harvard” hanno affermato che ritireranno le loro donazioni alle scuole come forma di espressione del loro disappunto per il modo in cui gli amministratori universitari hanno risposto a ciò che affermano che  è l’antisemitismo nei campus.

Anche se non si ritiene che tali iniziative possano causare un danno finanziario significativo a scuole come queste che godono di dotazioni significative nel breve termine, a lungo termine potrebbe esserci un impatto devastante.

 

Un esperto di finanza per l’istruzione superiore, “Lee Gardner, ha osservato:

 “È meno probabile che l’impatto sia immediato, ma potenzialmente a lungo termine, su donazioni o donazioni che potrebbero non essere state pianificate o che potrebbero essere realizzate per anni”.

La conoscenza umana è sotto attacco!

 I governi e le potenti aziende stanno usando la censura per cancellare la base di conoscenze dell’umanità su nutrizione, erbe, fiducia in se stessi, immunità naturale, produzione alimentare, preparazione e molto altro ancora.

Stiamo preservando la conoscenza umana utilizzando la tecnologia dell’intelligenza artificiale mentre costruiamo l’infrastruttura della libertà umana.

Parla liberamente senza censura sul nuovo” Brighteon.io” decentralizzato e basato sulla blockchain .

Esplora i nostri strumenti di “intelligenza artificiale generativa” scaricabili gratuitamente su “Brighteon.AI”.

 Sostieni i nostri sforzi per costruire l'infrastruttura della libertà umana facendo acquisti su “HealthRangerStore.com” , con alimenti e soluzioni nutrizionali certificati, biologici e non OGM testati in laboratorio.

Inoltre, se i donatori più grandi e di più alto profilo tagliassero i legami con le università, ciò potrebbe convincere anche i donatori più piccoli a smettere di fornire contributi.

Potrebbe anche avere un effetto sulle ammissioni al college e danneggiare le relazioni con gli ex studenti.

Sebbene le “scuole della Ivy League” siano molto ricche e godano di un significativo isolamento finanziario dall’impatto di alcuni donatori che tagliano i legami, le scuole private più piccole e le scuole statali più importanti sono molto più vulnerabili alle ripercussioni finanziarie se questo tipo di reazione dei donatori ebrei si diffonde.

Le scuole della Ivy League sentono il caldo.

La reazione si è già fatta sentire ad “Harvard”, dove la “Wexner Foundation”, un'organizzazione no-profit fondata dal miliardario “Leslie Wexner”, ha interrotto i rapporti con l'università a causa della sua posizione sulla controversia.

Quando una coalizione di gruppi studenteschi ha rilasciato una dichiarazione in cui incolpava Israele per gli attacchi contro di esso da parte di “Hamas”, la scuola ha reagito lentamente.

I leader della fondazione hanno affermato:

“Siamo sbalorditi e disgustati dal triste fallimento della leadership di Harvard nel prendere una posizione chiara e inequivocabile contro i barbari omicidi di civili israeliani innocenti”.

All'”Università della Pennsylvania” , il miliardario “Ronald Lauder,” uno dei più potenti finanziatori dell'università, ha minacciato di interrompere le donazioni se non si faranno ulteriori passi nella lotta contro l'antisemitismo.

L’esperto finanziario “Charlie Gasparino” avverte che le scuole che perdono le donazioni per questo problema potrebbero finire per affrontare una “massiccia crisi di liquidità”.

Ciò potrebbe portare a un grave tracollo finanziario.

Ha twittato:

 “Molte dotazioni sono andate così pesantemente nel private equity illiquido dove il profitto arriva anni dopo e usano le donazioni per pagare le continue esigenze di liquidità”.

Una potenziale crisi di liquidità alla @Columbia @Harvard ecc. non è fuori discussione se le proteste continuano, qualcosa di simile a quello che sta accadendo alle banche regionali come SVB, dicono le mie fonti.

Molte università stanno già trovando scuse per limitare i diritti degli studenti alla libertà di parola, spesso adducendo l'antisemitismo e l'incitamento all'odio come scusa per chiuderle, anche quando tutti gli studenti stanno protestando contro la morte di civili innocenti a Gaza.

A quanto pare, tengono molto più alla loro sopravvivenza finanziaria che al rispetto dei diritti fondamentali.

 

 

 

 

Storicamente, i livelli del mare

erano molto più alti con livelli

di CO2 più bassi, sfatando

l’isteria climatica

naturalnews.com – (13/05/2024) - Lance D Johnson – ci dice:

 

Gli allarmisti del cambiamento climatico sostengono che il livello del mare sta aumentando a causa dei livelli di anidride carbonica.

 Il “culto del cambiamento climatico” denuncia che l’innalzamento degli oceani distruggerà presto le città costiere della Terra se l’umanità non ridurrà collettivamente i livelli di CO2 nell’atmosfera.

Tuttavia, secondo gli scienziati della Terra e le prove paleontologiche, durante l’ultima grande era glaciale della storia si è verificata la realtà opposta.

Durante quel periodo, ci furono altri fattori, oltre alla CO2, che portarono a estati più calde, causando infine il restringimento della piattaforma di ghiaccio e l’innalzamento delle coste.

 Le prove lungo le coste marocchine, ad esempio, mostrano che il livello del mare un tempo era diversi metri più alto di oggi.

Per ironia della sorte, questi livelli del mare più alti erano evidenti quando i livelli di CO2 erano molto più bassi (rispetto ai livelli di oggi “fine del mondo”).

Le prove dell’ultima era glaciale sfatano il mito dell’aumento della CO2 e dell’innalzamento del livello del mare.

Durante l'ultima era glaciale, durata circa 129.000 - 116.000 anni fa, le temperature estive nell'Artico erano molto più elevate di quelle attuali.

Un nuovo studi ha scoperto che durante questo periodo, la calotta glaciale della Groenlandia si sciolse in modo significativo circa 121,9 mila anni fa, contribuendo ad un innalzamento di 3 metri del livello del mare a livello globale, rispetto al livello del mare odierno.

 

Secondo lo studio, il livello del mare era da 6 a 9 metri più alto durante l’ultimo periodo interglaciale, quando i livelli di CO2 raggiunsero il picco di 275 ppm.

Oggi, i livelli di CO2 sono misurati a oltre 400 ppm, ma il livello del mare oggi è molto più basso rispetto alle misurazioni storiche.

In effetti, esistono prove globali che il livello del mare si sia effettivamente ritirato nel corso del tempo.

Oggi, alcune regioni costiere stanno semplicemente cambiando forma perché sono colpite da uragani, terremoti e tsunami.

Se la CO2 fosse la minaccia più grande qui, negli ultimi quattro decenni le coste si sarebbero già innalzate di diversi metri, sommergendo molte delle nostre città costiere.

 Questo semplicemente non è il caso.

 

La conoscenza umana è sotto attacco!

I governi e le potenti aziende stanno usando la censura per cancellare la base di conoscenze dell’umanità su nutrizione, erbe, fiducia in sé stessi, immunità naturale, produzione alimentare, preparazione e molto altro ancora.

 Stiamo preservando la conoscenza umana utilizzando la tecnologia dell’intelligenza artificiale mentre costruiamo l’infrastruttura della libertà umana.

 I risultati delle simulazioni dello studio indicano che la calotta glaciale della Groenlandia si è ritirata ad un'estensione minima di 121,9 ka.

Ciò equivale ad un aumento di 3 metri del livello del mare rispetto ad oggi.

 La calotta glaciale si è poi ricostituita nel tempo.

Ancora più importante, il riscaldamento regionale avvenuto durante l’ultimo periodo interglaciale è stato guidato da cambiamenti nella configurazione orbitale della Terra, che hanno innescato anomalie di elevata insolazione estiva.

 Questi feedback attraverso la criosfera, l’oceano e l’atmosfera sono stati la forza trainante principale per le temperature estive più elevate nell’emisfero settentrionale, e questi feedback hanno consentito a queste temperature superficiali più elevate di rimanere costanti, anno dopo anno nell’Artico e in Groenlandia.

 Ciò suggerisce che i cambiamenti nell’oceano e nel clima sono in gran parte fuori dal controllo umano, e che i livelli di CO2 non sono lo spauracchio che si crede.

Le prove paleontologiche mostrano che livelli del mare più alti si sono verificati durante periodi di CO2 più bassi rispetto a oggi.

Inoltre, i paleontologi hanno trovato impronte umane incise in formazioni rocciose che un tempo facevano parte di una spiaggia sabbiosa ai margini del "flusso oscillante" della riva del mare.

Affinché le impronte potessero essere preservate, era necessaria una “crosta di sale” in un luogo ai “limiti verso terra della zona di alta marea primaverile” e ai “limiti del flusso oscillante”.

L'alta marea precedente in questo sito era di circa 20-30 metri sopra l'attuale livello del mare.

 Le impronte possono essere datate a 90.000 anni fa.

Ulteriori prove suggeriscono che circa 95.000 anni fa, il livello del mare lungo le coste del Nord Africa (Marocco) era “20 m sopra il livello attuale”.

È interessante notare che questa stessa costa marocchina, negli ultimi decenni, è rimasta stabile, ed è addirittura avanzata verso il mare, ad un ritmo di +0,89 metri all’anno.

In effetti, l’espansione costiera si è verificata a livello globale negli ultimi decenni.

 Dagli anni ’80, le coste stanno avanzando verso il mare ad una velocità di 0,26 metri all’anno.

Questa evidenza è in contrasto con l’”isteria del culto del clima” . (CO2.terra)-(Co2.eath).

 

 

 

 

 

Il nuovo braccio destro di Putin

 vuole bombardare l'Occidente

“per salvare il mondo” da una

guerra in piena regola.

 Naturalnews.com – (14/05/2024) - Belle Carter – ci dice:

 

Il presidente russo Vladimir Putin ha recentemente riassunto il “professor Doomsday” “Sergei Karaganov£ , il suo ex consigliere che pensa che il loro popolo abbia un “DNA dispotico”, per garantire che il paese stia “scoraggiando l’Occidente” in modo efficace.

Il politologo 71enne ritiene che la Russia dovrebbe bombardare l’Occidente e l’Europa “per salvare il mondo” da una guerra in piena regola.

 Una mossa del genere metterebbe presumibilmente alla prova la determinazione dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico e l’impegno degli Stati Uniti nei confronti dei suoi alleati.

L’anno scorso, aveva affermato che nessun paese prenderebbe in considerazione la possibilità di rispondere a un attacco perché lascerebbe il mondo in “rovine radioattive”.

"Il nemico deve sapere che siamo pronti a sferrare un attacco preventivo come ritorsione per tutti i suoi atti di aggressione attuali e passati per evitare di scivolare nella guerra termonucleare globale ", ha scritto in un saggio.

“Karaganov” è stato anche consigliere presidenziale del predecessore di Putin, “Boris Eltsin”.

Il consigliere presidenziale ha espresso apertamente il suo disgusto per il mondo occidentale e il modo in cui vedono la Russia come una nazione inferiore.

 Era anche legato a diverse politiche estere russe come la cosiddetta dottrina “Karaganov”, secondo la quale Mosca dovrebbe agire come difensore dei diritti umani dei russi etnici che vivono nel "vicino estero" per ottenere influenza politica anche in queste regioni.

Questo come la Dottrina Putin, in cui l’elemento centrale è convincere l’Occidente a trattare la Russia come se fosse l’Unione Sovietica prima del 1989, quando competeva su basi forti con gli Stati Uniti negli affari internazionali.

Il professore ha anche promosso l’idea di una “Grande Eurasia” e ha difeso legami più stretti con la Cina, sostenendo che l’era del dominio occidentale è finita.

 È stato anche un convinto sostenitore dell'invasione dell'Ucraina da parte di Putin fin dall'inizio, avendo contribuito a formulare una serie di idee chiave che hanno portato ad essa nel 2022.

La conoscenza umana è sotto attacco!

 I governi e le potenti aziende stanno usando la censura per cancellare la base di conoscenze dell’umanità su nutrizione, erbe, fiducia in se stessi, immunità naturale, produzione alimentare, preparazione e molto altro ancora.

 Stiamo preservando la conoscenza umana utilizzando la tecnologia dell’intelligenza artificiale mentre costruiamo l’infrastruttura della libertà umana.

"La Russia è geneticamente una potenza autoritaria.

L'autoritarismo russo non è stato imposto dall'alto, ma è il risultato della nostra storia che ha formato il nostro codice genetico", ha affermato “Karaganov”.

Le autorità russe hanno affermato che se l’Occidente continua ad aiutare l’Ucraina si verificherà una “catastrofe mondiale”.

L'avvertimento è arrivato dopo la commemorazione del Giorno della Vittoria, in cui il leader russo ha presentato il suo arsenale nucleare in una parata come dimostrazione di potenza.

Tre dei suoi enormi lanciamissili atomici “Yars “tuonarono sui ciottoli di Mosca. Gli “aiutanti in borghese” del presidente portavano la valigetta nucleare o “calcio” – un atto di dimostrazione di ciò che potrebbe essere usato per dare il via alla Terza Guerra Mondiale.

"La Russia farà di tutto per evitare uno scontro globale.

Ma allo stesso tempo, non permetteremo a nessuno di minacciarci.

 Le nostre forze strategiche [nucleari] sono sempre in stato di prontezza al combattimento", ha avvertito Putin durante il suo discorso.

“Karaganov” è uno dei fondatori del caro “think tank Valdai Club di Putin” e ricopre la carica di supervisore accademico della” Facoltà di Economia Mondiale e Affari Internazionali” presso la “Scuola Superiore di Economia”.

La Russia terrà esercitazioni per l’uso di armi nucleari tattiche.

Diversi leader europei hanno annunciato un forte sostegno militare al continuo conflitto che l’Ucraina e i suoi alleati stanno conducendo contro la Russia.

 In risposta, Mosca ha detto che terrà esercitazioni che includeranno la pratica per l’uso di armi nucleari tattiche in preparazione ad un’ulteriore escalation della guerra.

 

All'inizio di maggio furono organizzate esercitazioni militari.

Ciò includerà la pratica per la preparazione e il dispiegamento di armi nucleari non strategiche intese ad "aumentare la prontezza... per adempiere a compiti di combattimento" dopo "dichiarazioni provocatorie e minacce di alcuni funzionari occidentali", ha affermato il Ministero della Difesa, aggiungendo che le formazioni missilistiche nel sud alle esercitazioni, che avranno luogo "presto", parteciperanno il distretto militare e le forze navali.

Putin ha anche effettuato un volo di prova a bordo del rinnovato bombardiere strategico con capacità nucleare Tu-160M ​​all’inizio di quest’anno, che ha descritto come “eccellente”.

(Correlato: OMBRELLO NUCLEARE: Macron impegna 300 MISSILI BALISTICI della Francia per scoraggiare un possibile attacco russo.)

Mosca possiede la più grande riserva mondiale di tali armi, con circa 5.580 testate, una cifra addirittura superiore a quella degli Stati Uniti.

 La Cina ha il terzo arsenale nucleare più grande, seguita da Francia e Regno Unito.

 

 

 

 

22 Procuratori USA Contro l’OMS

Conoscenzealconfine.it – (14 Maggio 2024) - Massimo Mazzucco – ci dice:

“22 procuratori generali” di altrettanti stati americani hanno scritto una lettera al presidente “Biden” nella quale si dichiarano contrari all’approvazione da parte degli Stati Uniti del “Piano Pandemico dell’OMS” (il procuratore generale di uno stato americano equivale al nostro ministro di giustizia).

 

“Noi ci opporremo a qualunque tentativo da parte dell’OMS di influenzare, in modo diretto o indiretto, le scelte sanitarie per i nostri cittadini” – dice la lettera, redatta dal procuratore del Montana “Austin Knudsen” a nome di tutti gli altri.

“Noi ci opponiamo a tali accordi – prosegue la lettera – per diverse ragioni importanti.

Innanzitutto, gli strumenti proposti trasformerebbero l’OMS da un organo consultivo e di beneficenza nel “governatore mondiale della sanità pubblica”.

 L’OMS attualmente non dispone dell’autorità per far rispettare le sue raccomandazioni.

In base agli emendamenti proposti dal trattato pandemico, tuttavia, il direttore generale dell’OMS otterrebbe il potere di dichiarare unilateralmente una ‘emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale’ in uno o più paesi membri.

Tali dichiarazioni possono includere emergenze percepite o potenziali di elementi diversi dalle pandemie, come il cambiamento climatico, l’immigrazione, la violenza armata, o anche ‘emergenze’ che coinvolgono piante, animali o ecosistemi.

In secondo luogo, il governo federale non può delegare le decisioni sulla sanità pubblica a un organismo internazionale.

La Costituzione degli Stati Uniti non attribuisce la responsabilità della politica sanitaria pubblica al governo federale.

Riserva tali poteri agli Stati.

Anche se il governo federale avesse tale potere, l’Articolo II, Sezione 2 richiede l’approvazione da parte del Senato degli Stati Uniti.

In terzo luogo, gli emendamenti proposti al “RSI” (Regolamento Sanitario Internazionale) e il” Trattato sulle pandemie” getterebbero le basi per un’infrastruttura di sorveglianza globale, apparentemente nell’interesse della salute pubblica, ma con l’inerente opportunità di controllo (come nel caso del ‘sistema di credito sociale’ della Cina comunista).”

La pandemia di COVID-19 – conclude la lettera – ha messo in luce i difetti fondamentali dell’OMS e di altre istituzioni sanitarie pubbliche.

 Queste entità hanno tradito la fiducia del pubblico e hanno senza dubbio bisogno di riforme.

Le misure proposte, tuttavia, non farebbero altro che esacerbare i problemi di fondo dell’OMS e consentirebbero ulteriori violazioni delle libertà civili in future ‘emergenze’.

Di conseguenza, resisteremo a qualsiasi tentativo di consentire all’OMS di stabilire direttamente o indirettamente politiche pubbliche per i nostri cittadini.”

Chissà se anche da noi c’è qualche politico con mezzo testicolo rimasto per prendere una posizione simile a quella dei procuratori americani?

(Massimo Mazzucco).

(childrenshealthdefense.org/defender/22-attorneys-general-who-pandemic-agreement-uk-opposes/)

(luogocomune.net/21-medicina-salute/6517-22-procuratori-usa-contro-l-oms).

 

 

 

 

Processo per genocidio.

Transform-italia.it – (17/01/2024) - Luciano Beolchi – ci dice:

 

L’11 gennaio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha ascoltato per bocca della delegazione sudafricana il contenuto della denuncia del Sudafrica contro Israele in merito alla violazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948.

Tre ore di udienza cui ha fatto seguito il giorno successivo la replica di Israele.

Della prima le reti internazionali hanno dato ragguagli e l’hanno commentata.

La seconda è stata trasmessa in diretta per tutta la sua durata.

Ad ascoltare le due parti sono 15 giudici indicati dai rispettivi governi cui si aggiungono due membri a rappresentare le due parti in causa: Dikgang Ernest Moseneke per il Sudafrica e Aharon Barak per Israele.

Del consesso di 15 magistrati fanno parte quelli nominati dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza:

USA, Cina, Russia e Francia cui si aggiungono Giamaica, Australia, Brasile, Germania, India, Giappone, Libano, Marocco, Slovacchia, Somalia e Uganda.

La Corte Internazionale di Giustizia è un organo della Nazioni Unite e le sue sentenze decisioni e pareri sono sottoposte – per l’irrogazione di eventuali sanzioni – alle decisioni dell’Assemblea, e sono sempre condizionate dal diritto di veto dei membri del Consiglio di Sicurezza.

Così è stato nel 2003 quando l’Assemblea aveva chiesto alla Corte un parere urgente circa la legalità o meno della costruzione del muro in Cisgiordania.

Nel giro di poche settimane la Corte aveva rilasciato il suo parere denunciando la grave illegalità di quell’atto che configurava un’annessione di fatto della Cisgiordania, ma nessuna azione era seguita da parte delle Nazioni Unite a causa del veto degli Stati Uniti.

Lo stesso è prevedibile capiti nel caso attuale, sia che Israele non rispetti l’eventuale ingiunzione della CIG a cessare le operazioni militari e ad astenersi dal commettere atti genocidari;

 sia che, alla fine di un lungo processo che potrebbe durare anni, la Corte riconosca Israele colpevole del crimine imputatogli. 

In questo caso tuttavia il riconoscimento di un intento genocidario, oltre a essere una condanna morale di peso incalcolabile, potrebbe avere molteplici ricadute sul piano delle relazioni internazionali;

 e anche il recente dispositivo approvato dalla Camera dei Comuni del Regno Unito che vieta qualsiasi campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani faticherebbe a ottenere lo stesso risultato alla Camera dei Lord.

 

Diverso il caso della Corte Penale Internazionale – l’Istituto che in marzo ha emesso mandato di cattura contro Vladimir Putin.

La Corte Penale Internazionale non è organo delle Nazioni Unite e, entro certi limiti, è autonomo da essa ed è per questo motivo che il Procuratore Generale Kahn è corso a rassicurare le autorità israeliane, in maniera del tutto irrituale, che nessun provvedimento sarà aperto contro di loro;

né alcuna inchiesta sarà avviata, qualunque cosa possano fare.

Ma anche questa licenza di uccidere potrebbe soffrire di fronte a una pronuncia della Corte di Giustizia sfavorevole a Israele.

 

Si cominciano a fare i conti su come saranno deliberati i voti dei diciassette magistrati rispetto a un provvedimento restrittivo d’urgenza (restraint) che sarebbe per Israele una sconfitta devastante anche perché il procedimento non prevede appello e tale decisione potrebbe giungere a breve.

I magistrati giudicanti sono nominati in quella posizione dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la durata di nove anni – dopo essere stati indicati dai rispettivi governi – ed è evidente, per quanto siano formalmente liberi nelle loro decisioni, che quella posizione di dipendenza li subordina in qualche modo non formale alle decisioni dei governi. 

Israele chiede ai governi amici di pronunciarsi come tali, in modo da esercitare pressione sui magistrati da loro nominati.

I magistrati nominati da Stati Uniti, Francia, per dire dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, difficilmente voteranno per il “restraint”.

Lo stesso vale per Germania, Giappone e Australia.

 Dell’Uganda sono noti i rapporti d’affari di lunga data con Israele.

Con il voto di Israele sarebbero già sette voti su diciassette contro la condanna.

 

Dall’altra parte dovremmo trovare Sudafrica, Somalia e Libano e probabilmente Giamaica.

 Gli occidentali contano molto sugli scheletri nell’armadio di Russia e Cina: ma sembrano non tenere conto che pur trovandosi in una situazione per certi versi simile il governo turco non ha esitato a schierarsi con la Palestina;

e saremmo a 6.

Restano da vedere le posizioni dell’India – che comunque è un pilastro dei BRICS – del Marocco, della Slovacchia e del Brasile che difficilmente si schiererà contro la Palestina.

E saremmo con ciò 8 a 6, con tre incerti.

Ma il Marocco fa parte di un mondo arabo e islamico che potrebbe abbandonare solo in cambio del “Sahara”, isolandosi per i prossimi 50 anni e senza comunque avere la sicurezza che gli occidentali rispettino l’accordo.

Corte Internazionale di Giustizia e Tribunale Penale internazionale.

Come abbiamo cercato di spiegare in numeri precedenti di questa rivista la sede naturale in cui dibattere un procedimento come quello richiesto dal Sudafrica sarebbe stata la Corte Penale Internazionale;

quella stessa che ha emesso mandato di cattura internazionale contro Putin e che avrebbe potuto fare la stessa cosa contro Netanyahu con almeno una trentina di validi motivi per utilizzare nei suoi riguardi lo stesso trattamento usato per Putin. Così non è stato e anzi il procuratore Khan si è precipitato in Israele per rassicurare dirigenti ed esercito che hanno immunità permanente qualunque cosa facciano.

Restava la Corte Internazionale di Giustizia organo delle Nazioni Unite a differenza del precedente che dal 1947 ad oggi ha trattato circa 200 casi, nella maggior parte dispute frontaliere tra stati confinanti. In pochi casi è stata chiamata in causa per problemi più strettamente politici.

Iniziativa sudafricana.

Il 29 dicembre 2023, il governo del Sudafrica ha formalmente accusato lo Stato israeliano di violazione della convenzione internazionale contro il genocidio.

 Il governo israeliano ha riempito d’insulti quello sudafricano, chiamandolo avvocato del diavolo e definendo l’accusa un’assurda, sporca calunnia (absurd, bloody libel).

Ha però deciso di intervenire nel procedimento, visto che non è riuscito a cancellarlo, come invece ha già ottenuto dalla Corte Penale Internazionale che ha concesso un provvidenziale salvacondotto nonostante lo Stato d’Israele non abbia sottoscritto lo Statuto di Roma della Corte medesima.

Ben vengano dunque le guarentigie graziosamente offerte dal procuratore Khan sempre al servizio dei potenti.

Altra faccenda quella della Corte Internazionale di Giustizia perché la Convenzione del 1948 contro il genocidio è sottoscritta da entrambi gli stati e dunque il procedimento andrebbe avanti anche se Israele non si presentasse, a differenza di quanto prevede lo Statuto di Roma della CPI.

La ICJ esiste dal 1946 ed è, a differenza della CPI, organo giudiziario delle Nazioni Unite.

 È dunque sorta precedentemente alla Convenzione contro il genocidio che in linea di principio dovrebbe afferire alla CPI.

La ICJ è nota per dirimere le controversie tra stati e il Sudafrica ha dichiarato che tale controversia esiste perché la RSA ha accusato Israele di genocidio con una nota ufficiale, accusa che Israele si è limitato a respingere.

Avrebbe potuto, per evitare il procedimento internazionale, avviare in base a quella denuncia un procedimento interno, ma ha evitato di farlo. Entrambi gli stati aderiscono alla Convenzione del 1948 contro il genocidio.

 

Il Sudafrica ha dettagliato le violazioni commesse dallo stato ebraico.

Dal 7 ottobre nella Striscia di Gaza, Israele ha ucciso oltre 20.000 palestinesi di cui il 70% donne e bambini (nel procedimento Israele cercherà di sostenere che si sono uccisi da soli o che li ha uccisi Hamas);

 ha causato l’evacuazione forzata di 2 milioni di palestinesi (popolazione civile);

ha costretto alla fame e alla sete la popolazione assediata, prodotto danni fisici, traumi psicologici, trattamento inumano e degradante, non ha provveduto e anzi ha deliberatamente compromesso adeguati vestiti, rifugi, igiene fino all’uccisione dei rifugiati [e dei prigionieri];

 ha devastato il sistema sanitario fino a distruggere [più della metà] degli ospedali e ambulanze uccidendo medici e infermieri, distrutto la vita comune dei palestinesi;

sradicato la memoria storica e ucciso figure preminenti della società civile;

non ultimo, ha compromesso la nascita stessa dei palestinesi attraverso la violenza riproduttiva inflitta alle donne palestinesi, ai neonati, agli infanti e ai bambini.

Per la Convenzione del 1948: “Vi è genocidio se vi è l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale” (art. 2).

Per dimostrare che vi è “dolus specialis” il documento riporta dichiarazioni di esponenti israeliani dal presidente Herzog al primo ministro Netanyahu, ai comandanti militari fino a esponenti le cui opinioni non sono state in alcun modo contrastate (violando in tal modo l’obbligo alla prevenzione del genocidio).

Riporta a questo proposito espressione come “Lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre”.

Si evoca il destino di Amalek; i palestinesi sono disumanizzati, si nega la distinzione tra miliziani e civili fino a “invocare la cancellazione di Gaza dalla faccia della terra”.

Il Sudafrica è consapevole che “l’atto di genocidio è parte di un continuum” come teorizzato dall’intellettuale ebreo Raphael Lemkin che ha coniato l’espressione.

 Il documento, che condanna l’attacco del 7 ottobre, lo inserisce nel contesto di 75 anni di apartheid, 56 anni di occupazione e i 16 del blocco di Gaza.

Sulla base dell’articolo 41 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, il Sudafrica chiede “Provvedimenti provvisori che ingiungano Israele di fermare la guerra e prevenire il genocidio”.

Sulla base della sua giurisprudenza la Corte non deve stabilire se la violazione della Convenzione “esiste”, ma solo se è “almeno plausibile”, ossia “fondata su una possibile interpretazione della Convenzione”, se c’è insomma un rischio reale di genocidio.

Su una decisione di questo genere della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) non ci sarebbero diritti di veto del Consiglio di Sicurezza.

Il procedimento.

La denuncia sudafricana è contenuta in un esposto di 84 pagine consegnato il 29 dicembre alla Corte Internazionale di giustizia dell’Aja.

I sei legali della delegazione sudafricana che hanno parlato a favore della denuncia:

“Adila Hassim”: rischio di atto di genocidio e vulnerabilità perpetua derivante.

“Tembeka Ncgukatoibi”: sul presunto intento genocida.

“John Dugard”: giurisdizione di merito.

“Blinne Nì Ghràlaigh” (irlandese): urgenza e potenziale danno irreparabile.

“Max du Plessis”: diritti attualmente minacciati.

“Vaughan Lowe: misure provvisorie richieste.

Ad aprire e a chiudere le argomentazioni legali è stato l’ambasciatore del Sudafrica nei Paesi Bassi, “Vusimuzi Madonsela”.

Dopo di lui è intervenuto il ministro della giustizia del Sudafrica “Roland Lamola”, che ha dichiarato: “Il Sudafrica riconosce la continua “Nabka” del popolo palestinese attraverso la colonizzazione israeliana a partire dal 1948”.

 

La guida della difesa di Israele è affidata all’avvocato britannico “Malcolm Shaw KC4”.

Secondo il dissidente ebreo “Norman G. Finkelstein” bandito da Israele per aver pubblicato “L’industria dell’Olocausto “dove definiva Israele stato suprematista ebraico, c’è poco da aspettarsi dalla CIG che fotografa essa stessa i rapporti di forza a livello internazionale anche nella composizione del collegio giudicante.

Dopo il procedimento orale, la Corte delibera a porte chiuse e pronuncia la sentenza in seduta pubblica.

La sentenza è definitiva, vincolante per le parti in causa e inappellabile (al massimo può essere soggetta a interpretazione o, alla scoperta di un nuovo fatto, a revisione).

 Ogni giudice che lo desideri può allegare un parere alla sentenza.

Firmando la Carta, uno Stato membro delle Nazioni Unite si impegna a rispettare la decisione della Corte in ogni caso in cui sia parte in causa.

Inoltre, poiché un caso può essere sottoposto alla Corte e deciso da essa solo se le parti hanno in un modo o nell’altro acconsentito alla sua giurisdizione sul caso, è raro che una decisione non venga applicata.

Uno Stato che ritenga che la controparte non abbia adempiuto agli obblighi che gli incombono in virtù di una sentenza pronunciata dalla Corte può sottoporre la questione al Consiglio di Sicurezza, che ha il potere di raccomandare o decidere le misure da adottare per dare esecuzione alla sentenza: da questo punto di vista Israele è in una botte di ferro.

 

Precedenti attività e coinvolgimenti della CIG.

Alla Corte non viene chiesto di stabilire se la condotta di Israele costituisca genocidio, ma se gli atti presentati configurano violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio, così come era stato per il caso Gambia contro Myanmar preso in esame dalla stessa Corte nel 2022.

 

Negli interventi della delegazione sudafricana, che hanno ridotto al minimo audio e video per rispetto dei palestinesi, si sono citati:

 centinaia di famiglie multigenerazionali spazzate via, l’ordine di per sé genocida di evacuare oltre un milione di persone (compresi bambini e anziani, feriti e infermi, in 24 ore senza alcuna assistenza e con bombardamenti sulle vie dichiarate sicure). Umiliazione dei prigionieri, sadismo dei soldati israeliani.

Negazione all’ingresso di aiuti umanitari.

Nel 2023 l’”International Court of Justice” ha ammesso solo due casi:

 quello di Gaza e Nicaragua vs. Colombia.

Il precedente spesso citato, rispetto al quale si dice che Israele non accettò il processo è relativo a un parere richiesto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2003 sulla legittimità del muro costruito da Israele, potenza occupante, nei territori occupati.

La Corte dichiarò che la costruzione era illegale perché costituiva un’annessione di fatto di territori occupati dello stato di Palestina.

In quell’occasione Israele decise semplicemente di ignorare il parere della Corte di Giustizia, sostenuto dagli Stati Uniti che bloccarono col loro veto qualsiasi iniziativa delle Nazioni Unite.

 

Gli europei e le violazioni del diritto internazionale.

Ai tempi del “tribunale Russell,” che aveva messo sotto accusa gli Stati Uniti per la guerra in Vietnam gli europei avevano un ruolo importante nella lotta per la libertà, la pace e la giustizia.

C’erano organizzazioni, comitati, giornali, partiti, governi e stati.

Oggi l’Europa è finita tristemente in fondo al plotone degli stati reazionari bianchi, con pochissime e traballanti eccezioni, in Irlanda, nella Penisola Iberica e poco altro.

Il fatto che il Sudafrica abbia preso coraggiosamente l’iniziativa di sfidare con Israele le nazioni bianche coloniali e neocoloniali è significativo di dove va il mondo progressista e di dove dovrebbero collocarsi i progressisti di tutto il mondo, quale che sia il colore della pelle.

Del resto i bianchi non si sono serviti per secoli di eserciti di negri?

 E perché i bianchi non dovrebbero schierarsi con i negri in nome di un ideale di libertà e progresso che l’Europa non rappresenta più, né nelle sue componenti dichiaratamente reazionarie e fasciste, né in quelle che si pretendono socialiste democratiche e liberali, ma tutte quante schierati nei plotoni della NATO, al servizio dell’unico imperialismo sopravvissuto in forze, quello americano, con i suoi vassalli, valvassori e valvassini.

Siamo alla prime battute del processo per genocidio ed è evidente che Israele e i suoi sostenitori sono in imbarazzo.

Gli europei ancora di più degli americani, anche perché il rapporto della maggior parte degli europei e dei loro governi con Israele è un rapporto opaco dettato da motivazioni inconfessabili e taciute.

Da una parte sono tra i più scalmanati sostenitori di una politica genocida contro i palestinesi, disposti ad accettare ogni eccesso e ogni violenza in nome di un diritto alla difesa che toccherebbe solo agli israeliani, senza confini e limiti;

e contemporaneamente guardano con protettivo orgoglio a questa superstite colonia bianca in terre barbare, degna erede di quattro secoli di colonialismo europeo.

Una di quelle motivazioni inconfessabili di cui dicevamo.

Dall’altra parte buona parte degli europei sono sostenitori di governi e partiti che si dichiarano eredi diretti dei partiti che approvarono e appoggiarono lo sterminio degli ebrei, tedeschi in testa, ma in buona compagnia.

Scalmanati amici di Israele ed epigoni di massacratori di ebrei.

I tedeschi non furono i soli a organizzare e praticare lo sterminio: con loro ci furono quasi tutti i governi europei dell’epoca e non solo ristrette frange collaborazioniste.

I governi sloveno, croato, ungherese e rumeno; i governi collaborazionisti baltici, norvegese e francese; gli italiani e i belgi.

Alcuni di loro agirono in proprio ed ebbero forte sostegno popolare quasi ovunque, tanto è vero che ancora oggi si va ad onorare la minoranza – e non la maggioranza – dei giusti.

Quegli stessi partiti e i loro epigoni e eredi diretti promulgano leggi speciali contro chiunque faccia mostra soltanto di dubitare che dei cittadini polacchi o ungheresi o ucraini abbiano in qualsiasi modo collaborato allo sterminio degli ebrei;

 e sono quegli stessi governi che erigono monumenti ed esaltano le virtù guerriere delle formazioni sterminatrici di ebrei, comunisti e partigiani; gli ustascia, le croci frecciate, la guardia di ferro, i banderas.

Sono quegli stessi governi che sostengono in massa gli eredi e gli epigoni delle formazioni fasciste ucraine e che accolgono a braccia aperte i nazisti dichiarati di Azov e formazioni simili.

Ad oggi in Ucraina, è fatto divieto di parlare del massacro di 500.000 ebrei tutti ammazzati in loco.

E infatti dall’Ucraina come dalla Romania non partirono i treni dell’olocausto: ucraini e romeni fecero tutto in casa, con le loro mani.

 E questo è il secondo motivo per cui il rapporto degli europei con Israele non è onorevole e immacolato come si vorrebbe far credere.

E non sono le uniche macchie sull’onore dell’Europa e degli europei che crimini sulla coscienza ne hanno molti;

 a cominciare dallo schiavismo e dal colonialismo:

eppure non rinunciano a voler insegnare le regole della democrazia all’universo mondo a suon di cannonate.

Noi siamo stati tra quelli che hanno riconosciuto il sacrificio dei popoli sovietici, in quella che a giusto titolo i sovietici hanno chiamato grande guerra patriottica e che li vedeva aggrediti in quanto razza slava inferiore, sovietici, ebrei e comunisti; e ad assalirli non c’erano solo i tedeschi; c’erano italiani, ungheresi e rumeni e in loro appoggio fascisti svedesi, belgi, norvegesi, baltici, spagnoli e francesi.

La storia ci dice che se l’Europa non venne sommersa dall’onda nera fu in massima parte merito dell’Armata Rossa e della resistenza antifascista.

Quella stessa resistenza della quale i tanti partiti fascisti europei – di governo e non – tutti grandi sostenitori di Israele, sono i più grandi denigratori e avversari.

E i cosiddetti democratici e liberali gli tengono bordone:

non è cancellata la vergogna del parlamento europeo che quasi all’unanimità dichiarava i comunisti, anima e martiri di tutte le resistenze europee, corresponsabili della Seconda guerra mondiale.

Eppure a presiedere il parlamento in quel momento c’era una buona e onesta persona come “David Sassoli”.

Purtroppo quella connivenza sciagurata con le forze europee più reazionarie e fasciste macchia la sua memoria, almeno quanto lo stravolgimento storico operato da Benigni che nel suo film più celebre fa liberare Auschwitz dai carri armati americani.

 E forse non rimarrà nella storia ma non è affatto onorevole la firma che dopo 100 giorni di massacri indiscriminato dei civili a Gaza persone per bene hanno apposto per su un documento che denuncia le violenze sulle donne ebree commesse il 7 ottobre, dopo che nei giorni successivi all’attacco di Hamas tutti i giornali avevano titolato sui 50 neonati decapitati, orrore estremo di cui si è persa ogni traccia.

Adesso viene sostituito al precedente un altro orrore estremo e persone equilibrato dovrebbero quanto meno chiedere un’inchiesta su tutti i crimini che si stanno compiendo, chiedere le prove, proporre quella commissione d’inchiesta che gli israeliani hanno sempre negato: senza lasciarsi compromettere in affermazioni propagandistiche incaute.

Le colombe non stanno sempre dalla parte della ragione.

Lo aveva imparato a sue spese “Colin Powell” la cui memoria è per sempre disonorata dall’aver dichiarato il falso alle Nazioni Unite e sarà disonorata anche la colomba “Aharon Barak” che Netanyahu ha scelto per rappresentare Israele come giudice ad hoc in un processo di cui ci sono, tante, troppe prove.

 Scelto tra gli avversari più accaniti delle sue leggi liberticide, momentaneamente rinviate dalla Corte Suprema in attesa che il governo le ripresenti a una Corte modificata nella sua composizione e che si sa fin d’ora che sarà più disponibile dell’attuale.

Leggi liberticide di Netanyahu.

L’11 gennaio è cominciato con il processo che dava seguito alla denuncia presentata dal Sudafrica contro Israele il 29 dicembre.

Non è un caso se il 1° gennaio la Corte Suprema ha respinto come liberticide una parte delle norme approvate alla Knesset da Netanyahu e dalla sua coalizione e che avevano provocato nel 2023 una vasta opposizione tra gli israeliani ebrei.

La loro bocciatura che parte da una Corte che registra una maggioranza di misura di giudici liberali sorprende fino a un certo punto.

Se era prevedibile che a due giorni di distanza dal deposito dell’atto di accusa sudafricano e a meno di dieci dall’inizio del processo la Corte non se ne uscisse con l’approvazione di una legge liberticida, questo non è stato un gran sacrificio per i conservatori che infatti hanno evitato di gridare all’antisemitismo e al tradimento dell’ebraismo come avrebbero fatto in condizioni ordinarie.

 La Corte infatti è composta di 15 membri, otto cosiddetti liberali e sette sicuramente ultra conservatori, ma a giorni due dei cosiddetti liberali si ritirano – la presidente “Esther Hayut” e il giudice “Anat Baron” – e saranno sostituiti da due candidati governativi, modificando il rapporto di forza in 9 a 6 a favore dei conservatori e la legge sarà ripresentata dalla” Knesset” con ottime probabilità di essere questa volta ratificata diventando così una delle 14 leggi fondamentali che sostituiscono la Costituzione che Israele non si è data perché in quanto stato teocratico giudica che è già la Bibbia la carta fondamentale del paese.

Del resto fin dai tempi delle discussioni accanite sulla legge dello stato nazione, tanto il presidente di Israele “Reuven Rivlin “che il procuratore generale di stato avevano protestato dicendo, il primo, che la legge era un’arma nelle mani dei nemici di Israele e il secondo mettendo in guardia contro le sue conseguenze internazionali.

È fuori di dubbio che se la Corte di Giustizia non avesse accettata la denuncia del Sudafrica, la legge liberticida sarebbe passata sull’onda emotiva del 7 ottobre, mentre l’inizio del processo per genocidio, quale che sia il suo esito, ha convinto a nascondere la spazzatura sotto il tappeto, in attesa di tempi migliori per cui lavora unito tutto il blocco occidentale.

E c’è da dubitare che la colomba “Barak”, che ha accettato di difendere Israele di fronte alla Corte di Giustizia sia l’immacolata colomba che ci vogliono far credere.

Dietro la decisione della Corte Suprema c’è sicuramente un patto per cui Barack accettava di esporsi nella delegazione israeliana in cambio del mantenimento di quel criterio di ragionevolezza per la quale aveva lavorato negli 11 anni di presidenza della corte suprema, dal 1995 al 2006.

 A differenza di Colin Powell di cui non si capiva se fosse ingenuo, un fesso o un complice.

Le leggi liberticide di Netanyahu non sono l’unico caso tra le democrazie occidentali di quello che il diritto anglosassone chiama “Constitutional Backsliding,” arretramento Costituzionale, che dà un indirizzo autocratico ai rapporti tra i poteri dello stato, in particolare tra magistratura e governo, magistratura e parlamento.

Le leggi liberticide presentate dal governo Netanyahu erano state approvate dalla “Knesset” nonostante la considerevole opposizione popolare che aveva tenuto impegnato il paese per i primi nove mesi dell’anno e sono la logica conseguenza della legge fondamentale del 2018, quella che definisce Israele stato ebraico e democratico, una contraddizione in termini perché, come scriveva Haaretz se lo stato è ebraico non è democratico perché non esiste eguaglianza con quella parte considerevole dei suoi cittadini che ebrei non sono e con quelli che volessero abbandonare la religione ebraica;

e se è democratico non può essere ebraico perché una democrazia non può garantire privilegi e diritti speciali a una parte dei suoi cittadini sulla base della loro origine etnica.

Così si esprimeva il giornale israeliano.

Sempre “Haaretz” il 24 luglio 2023 a proposito dell’approvazione da parte della Knesset della legge sullo stato nazione (che definisce Israele la patria storica del popolo ebraico, incoraggia la creazione di comunità riservate agli ebrei, declassa l’arabo da lingua ufficiale a lingua a statuto speciale), scriveva che finalmente presenta il sionismo per quello che è: nazionalismo su base etnica e razzista.

Creare comunità riservate agli ebrei vuol dire dare loro la possibilità di espellere gli elementi sgraditi, una “nakba” legalizzata e “democratica”, con tutti gli sporchi affari che incalzano dietro questa libertà: saccheggi, furti, espropri per cifre irrisorie la cui denuncia viene chiamata antisemitismo; e tanti saluti.

Forse che l’arabo è mai stato trattato come lingua ufficiale, come lo svedese in Finlandia e il tedesco in Italia?

 

La legge sullo stato nazione era stata approvata il 19 luglio 2018 dalla Knesset. Cosa c’è di nuovo nel 2023?

La riforma giudiziaria approvata dalla Knesset prevede tra l’altro di emendare il comma 2 dell’articolo 74 della “Basic Law” sulla Knesset che vieta la candidatura al parlamento di chi inciti al razzismo.

La riforma in questione mirava a delimitare il potere della Corte Suprema di Gerusalemme e in particolare il ruolo della Corte nello sviluppo ordinamentale d’Israele, i cui portati la proposta riforma vuole espressamente delimitare.

La proposta interviene su 5 fondamentali aspetti del sistema costituzionale israeliano.

La prima dimensione attiene alla modalità di selezione dei giudici nell’ordinamento.

L’attuale proposta mira a riservare alla maggioranza di governo potere esclusivo nella nomina dei magistrati, compresi quelli della Corte Suprema.

La seconda dimensione del proposto intervento sottrae alla Corte Suprema la verifica di costituzionalità delle leggi fondamentali, quelle di valore costituzionale.

In terzo luogo, pur riconoscendo alla Corte Suprema la verifica di costituzionalità delle leggi ordinarie, le si sottrae di fatto anche quella prerogativa riconoscendo alla Knesset il potere di sovvertire a maggioranza semplice le decisioni della Corte Suprema.

La quarta dimensione del proposto intervento riguarda il criterio di ragionevolezza, che è quello bocciato dalla Corte Suprema con decisione 1° gennaio 2024.

 Il criterio di ragionevolezza si può ridurre grosso modo a “everythings is justiciable”:

anche la sicurezza nazionale e le questioni militarie quindi anche Nethanyahu e tutto il suo governo diventano perseguibili in Israele.

Il quinto punto dell’intervento riguarda il ruolo dell’”Attorney General”, organo monocratico di” Common Law”, ma che assume nell’ordinamento israeliano originale postura:

un po’ dentro e un po’ fuori dall’autorità di governo.

La proposta è di ridurne il ruolo da consigliere indipendente del governo a consulente ed esecutore di disposizioni governative.

Qualunque cosa possa succedere…

I quindici magistrati della Corte Internazionale di Giustizia chiamati a decidere della denuncia presentata dal Sudafrica contro Israele per reati gravissimi in atto, hanno una responsabilità molto più grande di quella che media e governi occidentali tendono a riconoscere loro, come se si trattasse di un ordinario contenzioso tra stati per una questione di confini o per l’estensione delle acque territoriali.

Così non è, e il discorso vale soprattutto nel caso che in questa decisiva fase preliminare venga respinto il “restraint”, cioè un provvedimento d’urgenza che imponga il cessate il fuoco immediato.

Supponiamo che il “restraint” non arrivi e tutto venga rinviato a una sentenza che se mai fosse pronunciata arriverà forse tra vent’anni e forse mai e in ogni caso sarà ignorata da una delle parti in causa.

Una decisione di questo genere, una decisione pilatesca o non-decisione avrebbe un impatto forte sull’opinione pubblica di tutto il mondo non occidentale, non suonerebbe neutra e verrebbe letta così:

qualunque cosa succeda, va bene così.

Nel momento in cui un intero popolo chiuso come bestie in gabbia venisse lasciato alla merce’ di massacri quotidiani spietati e sadici che sono sotto gli occhi di tutti, i magistrati occidentali si prenderebbero una tremenda responsabilità verso le popolazioni civili dei loro paesi, tanto più se i loro governi cedono al ricatto di Israele prendendo una posizione formale che niente e nessuno impone loro di prendere.

 Una non decisione vorrebbe a significare che non ci sono più regole e tanto meno c’è qualcuno che possa pretendere che siano rispettate.

Nel momento in cui tranquillamente seduti si propri scranni, quei quindici magistrati decidessero che il più mostruoso sanguinoso e prolungato atto di terrorismo non merita neanche l’invito a che si cessi la strage è evidente che questa decisone presa a maggioranza da francesi, inglesi, americani, tedeschi, australiani, senza considerare i loro possibili alleati, suonerebbe anche più pesante di una formale ordinaria dichiarazione di guerra, di quelle che da molti decenni non fa più nessuno.

E per di più dichiarazione di guerra senza limiti e confini riguardo al coinvolgimento di civili e di inermi.

Di sicuro qualche anima bella tratterà queste nostre parole come una minaccia, ma sia ben chiaro che l’autore non intende minacciare nessuno, tanto meno i magistrati della corte di Giustizia ai quali auguriamo lunga e prospera vita.

Non ci sembra neanche giusto diffondere il loro nome come di sicuro farebbe il governo d’Israele a parti invertite se fosse nelle loro mani la decisione di continuare la strage di cittadini israeliani inermi.

 In quel caso potremmo star sicuri che Israele garantirebbe loro vita lunga e prospera?

Chi per mestiere o per qualsiasi ragione pratica la storia sa che in passato sono bastati pretesti molto meno pesanti per scatenare guerre sanguinose e stragi dell’umanità.

 Per di più gli stati occidentali che la divinità rende stupidi come suole fare con chi vuole rovinare sembrano orientati a rinunciare anche alla foglia di fico dell’indipendenza della magistratura, lasciando in capo ai soli magistrati le decisioni prese.

E invece no, su minacciosa pretesa di Israele assumono in prima persona la responsabilità delle decisioni da prendere, come hanno già fatto le Germania e il Canada.

 E la stessa opinione pubblica occidentale è convinta che i morti di Gaza siano così poco importanti per il resto del mondo come sono per gli occidentali, che alla perdurante strage non si ribellerà o perché sono troppo deboli o pusillanimi o perché li si può comprare con poco.

O semplicemente perché sono negri senz’anima e senza sentimenti come ha insegnato per secoli il civile occidente mentre praticava schiavitù e colonialismo in nome della sua civiltà superiore.

 

Sarà un processo lungo.

E già si sentono gli elogi per Israele che accetta di difendersi nel processo e non dal processo, come ha fatto nei passati settantacinque anni ogni volta che ha potuto.

Ma in questo caso non può, perché il procedimento andrebbe avanti anche in contumacia.

 Israele ha sempre respinto ogni proposta di indagini obiettive e neutrali sulle accuse di esecuzioni extragiudiziali, rapimenti, torture, detenzioni arbitrarie, omicidi volontari di giornalisti e di agenti di organizzazioni umanitarie.

Hanno giustificato la distruzione di un ospedale ribattendo che Israele è una democrazia e le democrazie non distruggono gli ospedali.

 Forse non tirano neanche le bombe atomiche.

Hanno pronunciato le frasi sciagurate della prima Intifada:

ai ragazzini che tirano le pietre spezzategli gambe e braccia; ed era un primo ministro laburista a dirlo, non era Netanyahu.

Sono quelli che le inchieste se le fanno da soli e sono bastati due minuti per chiudere quella sul bombardamento che ha ucciso più di cento civili in un colpo solo a Gaza: qualcuno ha sbagliato bomba.

Spiacenti.

Quel qualcuno ha un nome, ha ricevuto un ordine, doveva seguire un protocollo o in Israele le bombe si distribuiscono dal droghiere?

Cosa le è rimasto? Poca roba.

 È andato via quasi tutto. Allora mi dia quel che ha. A domani.

E così ci si dispiace anche per i tre ostaggi israeliani uccisi con fredda determinazione, in più fasi.

 C’era troppo rumore, i soldati erano stressati.

Queste sono le indagini condotte dall’esercito, sullo 0.7 % delle denunce ricevute. Per il resto niente, sempre che uno si arrischi a presentare denuncia ai soldati israeliani che i sudafricani accusano di sadismo e torture sistematiche.

Per una richiesta di commissione d’indagine internazionale

Il 7 ottobre la stampa e le televisioni annunciavano che 40 neonati erano stati decapitati dai barbari assassini e tutti i giornali occidentali avevano dato al fatto la massima evidenza. Poi la notizia era sparita.

 Non c’erano prove, non c’erano foto, non c’erano testimoni, non c’erano inchieste, non c’erano neonati, non c’era niente di niente.

Dopo quasi tre mesi da fatti esplode sui giornali un’altra notizia, anche se questa volta solo i giornali di estrema destra non osano sbatterla in prima pagina.

 I barbari assassini e disumani – e quindi ben venga che siano trattati come tali – della decapitazione in serie dei neonati erano passati ai più orrendi crimini di massa sulle donne.

Sono i bianchi che rispettano le donne, non i negri palestinesi che sono tutti assassini e meritano di andare in Congo con gli altri negri uguali a loro.

1.200 firme, secondo il Corriere della Sera, ha raccolto l’appello a riconoscere il femminicidio di massa commesso da Hamas sulle donne il 7 ottobre.

L’obiettivo è arrivare a una denuncia per crimini contro l’umanità che faccia da contraltare alla denuncia ben più circostanziata e provata mossa dal Sudafrica nei confronti dello Stato di Israele.

Nei tempi recenti le balle più stratosferiche hanno fatto scuola:

 dalla denuncia del possesso di armi di distruzione di massa inventato da “Bush”, “Colin Powelli” e “Tony Blair” per giustificare il massacro di “Saddam Hussein” e della sua famiglia ai quaranta neonati con le teste mozzate.

“Qui non si tratta di entrare nell’idea del conflitto e di immischiare giudizi politici: non si può tacere”.

Queste le parole di un abile propagandista come “Ruth Shammah”.

Parliamo solo di noi, e di quello che noi vogliamo si dica di noi, non parliamo di politica e di 75 anni di crimini e di duemila bombardamenti.

Sono stati commessi abusi indicibili!

Più indicibile di cinquanta neonati con le teste mozzate? Sono in corso delle inchieste? Quelle inchieste che avrebbero dovuto fare gli oltre cento reporter uccisi a Gaza e i 150 funzionari e dipendenti dell’ONU appositamente eliminati per togliere di mezzo testimoni?

L’Onorevole “Quartapelle” invoca:

“Il governo italiano metta a disposizione risorse investigative per investigare su questo tipo di crimine”.

Solo quelli di cui è accusato “Hamas”, s’intende, a sostegno di chi risorse ne ha più che in abbondanza, anche di tipo investigativo e in sovrappiù ha ricevuto il pieno partigiano sostegno del procuratore della Corte Penale Internazionale che ha garantito al governo israeliano che non deve avere nulla da temere.

Dietro a loro “Ilaria Borletti Buitoni”: “In Occidente soffiano venti antisemiti fortissimi.”

 Forse che le stragi di civili a Gaza ne abbiano qualche responsabilità?

Sottoscrive anche “Salvatores”, su un diverso generico bersaglio:

“È stato un massacro inaccettabile. Penso che “Nethanyahu “sta sbagliando”.

Uno sbaglio o una lucida politica criminale, sostenuta dalla maggioranza del popolo israeliano?

 

E perché dunque “esprimere dolore e riprovazione per le donne oggetto di violenze”, ma senza una parola per donne e bambini palestinesi oggetto di mille violenze?

Non stupisce che tra le adesioni ci siano la “ministra della Pari Opportunità”, “Eugenia Roccella”, MEB e “Mara Carfagna”, “Letizia Moratti” e “Giovanna Melandri”, tutte monocole e strabiche di lunga data.

Né altri sempre pronti a mobilitarsi dalla parte dei bianchi offesi:

Ambra Angiolini, Vittorio Sgarbi, Marco Tronchetti Provera, Dacia Maraini, Ferruccio De Bortoli, Carmen Llera Moravia, a conferma che c’è sempre un fronte bipartisan di borghesia bianca pronto a consolidarsi quando si tratta di difendere politiche razziali e razziste.

 Dispiace per una persona per bene e di grande correttezza come Augias.

Ma perché non chiedere quanto meno un cessate il fuoco e una commissione d’indagine internazionale, di quelle che Israele rifiuta di accogliere da 75 anni?

Che significa fare un’inchiesta?

Significa quanto meno accertare se è poi vero che il ministro della sicurezza nazionale israeliana “Ben-Gvir” ha dato precise indicazioni dopo il 7 ottobre di “vendicarsi contro i prigionieri palestinesi”, e se ha detto che “per ogni giorno trascorso senza il rilascio di un prigioniero israeliano, un detenuto palestinese deve essere giustiziato”.

E nel caso queste direttive e dichiarazioni venissero accertate, gli omicidi dei sette detenuti palestinesi giustiziati in carcere dal 7 ottobre potrebbero trovare un mandante.

 Il settimo ha un nome “Abdel Raman Bassem el Bash”, 23 anni di Nablus secondo la dichiarazione congiunta della Commissione per gli affari dei prigionieri e il club dei prigionieri palestinesi.

Sette sono i martiri ma centinaia le violenze e torture che vengono segnalate da tutte le prigioni (Megiddo, Gilboa, Ofer, Beersheba e Damon, in particolare). Contemporaneamente a queste morti, c’è un numero imprecisato di altri morti tra i detenuti nel campo di Jde Taman a Gaza. Se è vero che viene utilizzato lo stadio come prigione, perché la UEFA che sovraintende alla Federazione israeliana non dice nulla?

I detenuti sono sottoposti a torture, trattamenti umilianti e degradanti.

 Fame, sete, privazione del sonno, aggressioni con i cani, cibo gettato a terra e calpestato dalle guardie, il tutto alla ricerca ossessiva dei combattenti di Hamas e per la scoperta e distruzione dei tunnel.

“Human Rights Watch” ha un responsabile per il quale è già stata scritta la sentenza;

 per ora continua a ripetere che “la ricerca dei combattenti di Hamas non giustifica gli abusi sui lavoratori cui era stato concesso il permesso di lavorare in Israele”.

Perché su di loro?

Perché sono quelli che gli israeliani conoscono meglio, perché sono in grado di minacciare e maltrattare le loro famiglie, sono i più indifesi e, per gli israeliani, l’anello debole della catena.

“Michelle Randawa”, responsabile di “HRW” ha chiesto di loro, ma nessuna risposta è venuta dagli israeliani.

“ Haaretz” riporta continue denunce di aggressioni, violenze, torture, ma le riporta come fossero considerate eccezioni senza neanche domandarsi quale livello bisognerà raggiungere per stabilire che c’è del metodo in quella follia.

Delle oltre 200 detenute palestinesi vittime di torture e di aggressioni sessuali, le anime belle di Occidente non si curano di loro come non si curano della deputata del FPLP arrestata per la quarta volta perché “appartenente a un’organizzazione terrorista e per propaganda sovversiva”, né si curano degli oltre quattrocento morti e tremila arresti in Cisgiordania dal 7 ottobre anche se l’ “Ong israeliana Hamoked” parla di uso sistematico della violenza nelle carceri in sovrappiù ai 244 omicidi commessi a partire dal 1967.

(Luciano Beolchi).

 

 

 

 

 

BlackRock e la bancarotta dell’Ucraina:

i Rothschild rischiano di non vedere un soldo.

 

Lacrunadellago.net - Cesare Sacchetti – (14/05/2024) – ci dice:

 

Sono tornati a bussare alle porte del governo ucraino in questi giorni, ammesso che ancora esista un governo a Kiev per gli eventi di cui si dirà a breve.

Sono gli investitori internazionali nei panni del famigerato fondo di investimenti BlackRock che è riconosciuto universalmente come il fondo finanziario più grande al mondo poiché nel suo ventre c’è praticamente tutto.

BlackRock è proprietaria di una quantità sterminata di innumerevoli colossi dell’economia mondiale, e soltanto per toccare un tema particolarmente caldo negli ultimi anni dopo la fine della farsa pandemica, basti pensare che questo fondo, assieme a Vanguard, risulta il proprietario di colossi farmaceutici quali Pfizer, Moderna ed Astrazeneca.

È un infinito dedalo di scatole cinesi quello della economia mondiale.

Non appena se ne apre una, si trova dentro “BlackRock “e non appena si apre una scatola che contiene il fondo di New York se ne trova un’altra che contiene l’altro fondo citato,” Vanguard”,  in un interminabile successione il cui filo porta alla famiglie più potenti e influenti del pianeta.

 

Sono i nomi dei Rothschild, dei Rockefeller, dei Morgan, dei Warburg, dei DuPont e degli Astor e sono coloro che sono stati i proprietari indiscussi della economia mondiale.

Sono gli stessi nomi che si leggevano nel corso della “farsa pandemica” poiché erano queste famiglie che già in passato vagheggiavano di una crisi artificiale così vasta ed estesa che avrebbe consentito di erigere la tanto, da loro, agognata governance mondiale.

Adesso si presenta però un grave problema per i signori della finanza, ed è quello dell’Ucraina.

Definire l’Ucraina uno Stato sarebbe avventato da parte nostra in quanto l’Ucraina non ha per nulla le caratteristiche di uno Stato dotato di una sua sovranità e indipendenza.

 

A comandare a Kiev è il capitale da molto tempo, e già negli anni prima della guerra, i veri signori dell’economia nazionale erano quegli oligarchi di origine askenazita che avevano in pugno la presidenza di Zelensky e che usavano quest’ultimo anche come prestanome per riciclare soldi in America Latina, come avvenuto in “Costa Rica”, dove nella “banca Dresdner” c’è un conto intestato a nome del presidente ucraino ma la cui proprietà è dei citati miliardari ucraini.

La guerra non ha fatto eccezione a questa regola. Il presidente ucraino non appena è iniziato il conflitto con Mosca non ha esitato a invitare al banchetto della spartizione del suo Paese” la finanza anglo sionista di New York” che come un rapace avvoltoio si è subito precipitata sulle spoglie dell’Ucraina.

Zelensky ha iniziato a contrarre dei prestiti con BlackRock che sono stati concessi sotto forma di titoli emessi non nella valuta locale ucraina, la grivna, ma in dollari.

Il Tesoro ucraino si è indebitato con questi capitalisti con una valuta straniera e quando questo avviene si è nelle condizioni di una colonia che non è in grado di stampare la sua moneta per poter garantire il pagamento dei suoi titoli di Stato.

Si è nella stessa condizione nei quali si trovano i Paesi dell’eurozona che si ritrovano ad emettere titoli di Stato in euro, non avendo però la disponibilità della sua emissione a differenza invece di quello che avviene per altri Paesi fuori dalla moneta unica che hanno la loro valuta emessa dalla loro banca centrale.

 

Questa evidenza susciterà probabilmente delle riflessioni nei lettori che si chiedono quale sia il problema principale dell’avere l’euro in tasca, e non è altro che questo.

È quello di essere privi non solo della sovranità monetaria, ma anche di quella economica.

Non si può costruire una scuola, un ospedale o bandire dei concorsi senza prima indebitarsi con i mercati di capitali.

Non si hanno in mano le leve della propria politica economica.

L’Ucraina è in condizioni similari perché i proprietari di questa nazione sono degli emissari della finanza e sono i primi a trarre profitto dalle disgrazie del “proprio” Paese.

Ora però c’è un problema.

Lo spauracchio del fallimento è sempre più imminente. L’Ucraina attualmente detiene circa 20 miliardi di dollari di debiti in titoli e il 20% di questi sono nelle mani del citato fondo BlackRock.

I dirigenti del fondo americano dopo aver concesso un periodo di tolleranza per la restituzione dei tassi di interessi su questi bond, hanno deciso di non attendere oltre e hanno dato mandato allo studio legale “Weil Gotshal & Manges” di trovare un accordo con Kiev.

La soluzione allo studio sarebbe questa.

Il governo ucraino dovrebbe riprendere il pagamento degli interessi maturati sui propri titoli, e BlackRock, in cambio, potrebbe abbuonare a Kiev una parte dei prestiti contratti.

La trattativa sarebbe già partita nei giorni passati ma non c’è certezza alcuna che questa vada effettivamente in porto.

A Kiev la situazione è a dir poco incerta. Soltanto ieri, è caduta” Kharkov” ad una rapidità sconcertante.

I russi sono entrati nella città ucraina senza incontrare resistenza alcuna. Le guardie di frontiera preposte al controllo della città si sono arrese immediatamente senza sparare un colpo.

Nessuno ha più voglia di farsi massacrare da un governo che considera i propri cittadini come carne da macello da mandare al fronte dove da tempo ormai non ci sono più vere e proprie ostilità in quanto i russi controllano stabilmente le zone conquistate.

La fantomatica “controffensiva” così tanto annunciata lo scorso anno dai media Occidentali è stata un disastro assoluto e il conteggio delle perdite ucraine ha raggiunto la spaventevole cifra di quasi mezzo milione di vite lasciate sul campo di battaglia.

Zelensky ha preso il “suo” popolo e lo ha messo in un tritacarne pur di compiacere la volontà della “NATO” e di quei poteri che parlavano esplicitamente di “Nuovo Ordine Mondiale” come avvenne quando, a guerra iniziata, su La7 veniva trasmesso un programma dal titolo alquanto esplicito come “ A Kiev si lotta per il Nuovo Ordine Mondiale”.

Questi erano i fini e i padroni per i quali combatteva Zelensky ma adesso dell’Ucraina ci sono soltanto macerie ed è forse su queste che BlackRock pensava di poter trarre un profitto.

L’anno passato infatti il presidente dell’Ucraina aveva firmato un altro accordo con il fondo in questione che prevedeva l’esclusiva del business della ricostruzione per il Paese a guerra finita.

La ricostruzione però, per poter avere luogo, deve tenere conto di determinate situazioni politiche.

 Occorre essere sicuri che al governo ci sia un referente che garantisca il contratto precedentemente firmato e questo appare tutt’altro che certo in Ucraina, dove il futuro appare nebuloso e nel quale non si intravede di certo una presidenza di Zelensky.

Non va dimenticato che il mandato di Zelensky è già scaduto dal 31 marzo. L’ex comico non ha più giuridicamente alcun diritto di esercitare le funzioni presidenziali e una parte delle forze armate ucraine sembrano essere stufe della sua politica che ha portato sul lastrico il Paese.

A marzo di quest’anno, c’è stata già una prima manifestazione di questo malessere quando ci fu un attentato contro di lui ad Odessa che non fu opera dei russi ma di generali ucraini, e nessuno, tranne questo blog, rivelò esattamente quanto accaduto quel giorno in Ucraina.

Adesso è di recente la notizia che sarebbero stati arrestati altri due colonnelli ucraini che pianificavano un altro attentato contro Zelensky, e il regime nazista di Kiev ha pensato bene di dare la colpa a Mosca nel tentativo maldestro di nascondere la fronda che c’è al suo interno.

Non c’è solo quindi una sconfitta militare e geopolitica ma ce n’è anche una finanziaria poiché se non si risolve presto la situazione, e non si vede bene come, BlackRock rischia di perdere tutto in Ucraina che sarebbe costretta a dichiarare il default finanziario sui propri titoli.

Il mondialismo aveva puntato tutte le proprie fiches sull’Ucraina e ora rischia di perderle tutte quante.

 

 

 

 

"Possiamo essere sulla strada verso

 l'UE o verso la Bielorussia": la cultura

politica del delinquente attanaglia la Georgia.

Politic.eu – (15-5-2024) - DATO PARULAVA e GABRIEL GAVIN – ci dicono

L’intimidazione sta diventando una caratteristica della vita quotidiana, anche prima che entri in vigore una nuova controversa legge in stile Cremlino.

I sostenitori dell'opposizione georgiana protestano davanti al Parlamento contro il progetto di legge sugli "agenti stranieri".

I critici della nuova legge temono che il governo la utilizzerà per reprimere i media, l’opposizione e la società civile.

TBILISI – “Gia Japaridze”, docente cinquantenne ed ex diplomatico, è caduto in un'imboscata vicino alla sua casa a Tbilisi la sera dell'8 maggio da parte di diverse persone che brandivano bastoni e quella che credeva fosse una mazza da baseball.

“Sono nato in Unione Sovietica. Non avevo paura dei comunisti. Non possono spaventare nemmeno me. Non ho dubbi: so che dietro a tutto questo c'era il governo", ha detto “Japaridze”, che ha avuto bisogno di punti di sutura, ha subito una commozione cerebrale e ha riportato profondi lividi sulla schiena.

I suoi aggressori hanno chiarito che lo stavano prendendo di mira a causa della sua pubblica opposizione alla legge in stile russo sugli “agenti stranieri” approvata martedì dal parlamento georgiano.

 

I critici della nuova legge temono che il governo la userà per reprimere i media, l’opposizione e la società civile in questo paese caucasico di 3,7 milioni di abitanti.

Decine di migliaia di manifestanti hanno riempito le strade, irritati dal fatto che il loro governo sembri determinato a far naufragare le prospettive del paese di aderire all'UE.

Bruxelles temeva che la nuova legge avrebbe preceduto una brutale repressione del dissenso, ma la violenza e le intimidazioni contro l’opposizione stanno già aumentando, anche prima che la legge entri in vigore.

Martedì, parlando a POLITICO durante una protesta, il fratello di Japaridze, il politico dell'opposizione” Zurab Japaridze”, ha detto che non cederà alla violenza perché è in gioco il futuro democratico del paese.

“Possiamo essere sulla strada verso l’Europa o sulla strada verso la Bielorussia”, ha detto.

“Zurab Japaridze “ha anche detto che un gruppo di uomini ha tentato di attaccarlo in tre occasioni da quando la legge sugli agenti stranieri ha iniziato a suscitare resistenza.

Durante un tentativo ha sparato in aria con una pistola per scoraggiare i suoi aggressori.

Nel mirino di qualcuno.

Anche “Nino Zuriashvili” si è scontrato con la crescente minaccia politica.

Il fondatore del canale investigativo Studio Monitor, uno dei canali che rischia di essere etichettato come agente straniero, “Zuriashvili “ha ricevuto una chiamata la scorsa settimana da un numero sconosciuto.

La voce dall'altra parte della linea l'ha insultata per la sua opposizione al disegno di legge.

Decine di altri manifestanti e attivisti di spicco affermano di aver subito minacce simili.

Pochi giorni dopo, quando” Zuriashvili” arrivò nel suo ufficio, fu accolta da dozzine di volantini con la sua faccia incollata sui muri fuori, accusandola di essere "un agente venduto per denaro" e definendo l'organo investigativo una "agenzia anti-georgiana".

 

“È stata una sensazione molto spiacevole. Significava che ero nel mirino di qualcuno”, ha detto a POLITICO.

 

Nino Zuriashvili è arrivata nel suo ufficio, è stata accolta da decine di volantini con la sua faccia incollata sui muri esterni, accusandola di essere “un agente venduto per soldi”.

Ha trovato poster simili vicino a casa sua. Anche la sua macchina è stata vandalizzata, dipinta con spray con peni e graffiti che la chiamavano "un agente venduto per soldi".

"Mi ha fatto capire che avevo sempre ragione", ha detto.

“Il governo sta creando gruppi per opprimerci.

Ci stiamo svegliando in Russia. Combatteremo questa guerra fino alla fine. La Georgia non diventerà la Russia”.

 

“Dimitri Chikovani”, membro del partito di opposizione “Movimento Nazionale Unito”, è stato aggredito da un gruppo di uomini non identificati vicino a casa sua l'8 maggio, la stessa notte dell'attacco a “Gia Japaridze”.

 Le riprese delle telecamere a circuito chiuso mostrano cinque uomini che lo picchiano incessantemente mentre esce dall'auto.

È finito in ospedale con lesioni multiple al viso e al corpo.

Chikovani” ha incolpato il “Sogno Georgiano al potere” e l’enigmatico oligarca che ha fondato il partito e che ora ne è il presidente onorario, “Bidzina Ivanishvili”.

"Gli aggressori e il Ministero degli Interni servono lo stesso signore", ha detto, aggiungendo che, nonostante l'avvio di un'indagine formale, era sicuro che la polizia non prenderà sul serio il suo caso.

Database dei sogni georgiani.

Il partito al governo” Sogno Georgiano” non mostra alcun segno di voler cercare di calmare le tensioni.

Facendo leva sui sostenitori conservatori e respingendo le critiche di UE e USA, il partito afferma che la nuova legge è necessaria per impedire all’influenza straniera di minare i valori tradizionali.

"Se ci pieghiamo a queste direttive straniere in stile sovietico, in futuro ci chiederanno con altrettanto successo di respingere le leggi sui valori della famiglia e sulla protezione dei minori, di adottare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, di legalizzare la droga", ha detto il primo ministro “Irakli Kobakhidze” di lunedi. 

Per quanto riguarda le percosse, il ministro della Giustizia “Rati Bregadze” ha affermato che gli stessi manifestanti pro-UE sono responsabili delle aggressioni contro i loro stessi sostenitori.

“Se c’è qualcuno che trae vantaggio da un simile pasticcio, queste sono le persone dietro questi manifestanti”, ha detto.

Nel frattempo, il presidente del Parlamento “Shalva Papuashvili” ha minacciato di reprimere i manifestanti, annunciando l’intenzione di creare un database di coloro che, secondo lui, sono “coinvolti in violenze, attività illegali, intimidazioni e ricatti o approvano tale comportamento”.

Il database verrebbe pubblicato online per nominare e svergognare coloro che sono accusati di trasgressioni.

I critici lo vedono come l'ennesima mossa per screditare gli oppositori del governo.

 

Migliaia di manifestanti hanno marciato contro la legge sugli “agenti stranieri” nella capitale georgiana Tbilisi l'11 maggio.

Martedì, quando il parlamento georgiano ha votato 84-30 a favore del disegno di legge, migliaia di persone si sono radunate fuori dalla legislatura nel centro di Tbilisi per soffocare i lavori con un coro di fischi, vuvuzelas e colpi di pentole e padelle.

 La polizia antisommossa ha disperso la folla con idranti e armi soniche.

Le autorità ne hanno arrestati decine, utilizzando gas lacrimogeni contro manifestanti pacifici, e sono state accusate di aver picchiato i detenuti.

Ai margini del raduno, diversi uomini in nero, che indossavano maschere, si sono avvicinati a giornalisti e passanti, fotografando i presenti nell'apparente tentativo di intimidirli.

Invitati da POLITICO a identificarsi e a spiegare la loro versione del dibattito, sono rimasti in silenzio e hanno continuato a fotografare i partecipanti.

Il “Sogno Georgiano” è stato avvertito dai suoi partner statunitensi e europei che l'adozione del disegno di legge danneggerà le aspirazioni euro-atlantiche della Georgia.

Il vicesegretario del Dipartimento di Stato americano “Jim O'Brien” ha avvertito di potenziali sanzioni dopo il voto di martedì.

"Se la legge andasse avanti, non in conformità con le norme dell'UE, e qui si indebolisse la democrazia, e ci fosse violenza contro i manifestanti pacifici, allora vedremo restrizioni provenienti dagli Stati Uniti.

Queste tendono ad essere restrizioni finanziarie e di viaggio per i singoli individui." responsabili di queste azioni e delle loro famiglie”.

 

Il Senato della Carolina del Sud

vieta l’uso di bloccanti della pubertà

e la mutilazione genitale dei bambini.

 Naturalnews.com – (14/05/2024) - Laura Harris – ci dice:

 

Il Senato della Carolina del Sud, a guida repubblicana, ha approvato un divieto totale sulle cosiddette cure per i bambini che affermano il genere.

Il disegno di legge 4624 della Camera, approvato dopo un voto del Senato con 27 voti favorevoli e 8 contrari, vieta ai professionisti medici di somministrare bloccanti della pubertà, ormoni sessuali incrociati o di eseguire interventi chirurgici di riassegnazione di genere a tutti i pazienti di età inferiore a 18 anni.

 Qualsiasi medico, operatore di salute mentale o operatore sanitario ritenuto colpevole di aver fornito procedure di transizione di genere a minori potrebbe affrontare gravi conseguenze, inclusa la perdita della licenza medica e l’accusa penale di “aver inflitto gravi lesioni personali a un bambino”.

Secondo l’”HB 4624”, i minori che hanno già iniziato a usare bloccanti della pubertà o ormoni sessuali incrociati prima del 1 agosto 2024, devono essere gradualmente eliminati da questi farmaci entro il 31 gennaio 2025.

 Il disegno di legge vieta inoltre l’uso di fondi pubblici per pratiche di transizione di genere e vieta a “Medicaid” di coprire o rimborsare tali procedure.

 (Il Texas impone il DIVIETO sulle procedure mediche legate al genere per gli adolescenti.)

Il disegno di legge contiene anche disposizioni che rafforzano i diritti dei genitori sulle questioni relative all’identità di genere all’interno delle scuole.

L'”HB 4624” impone inoltre ai presidi o ai vice presidi scolastici di informare i genitori o i tutori se uno studente richiede di utilizzare un nome, soprannome o pronome diverso dal sesso assegnato alla nascita.

Inoltre, il disegno di legge vieta ai dipendenti scolastici di nascondere ai genitori informazioni sull'identità di genere di un bambino o di incoraggiare i bambini a nascondere tali informazioni.

Inizialmente, la Camera dei Rappresentanti USA aveva approvato il disegno di legge a gennaio.

 Tuttavia, il Senato USA ha apportato modifiche in modo che la Camera possa votare per adottare la versione del Senato oppure si rivolgerà a un comitato di tre membri di ciascuna camera per risolvere le differenze.

Nell’emendamento, i consulenti per la salute mentale possono discutere i trattamenti vietati e suggerire dove potrebbero essere ottenuti legalmente.

Gli operatori sanitari possono anche autorizzare i bloccanti della pubertà per condizioni come la pubertà precoce per bambini di età inferiore ai quattro anni.

Il disegno di legge, approvato il 9 maggio, entrerà in vigore immediatamente una volta firmato dal governatore repubblicano “Henry McMaster”.

 

Studio: I bloccanti della pubertà hanno effetti irreversibili.

Il leader della minoranza democratica al Senato “Brad Hutto” ha criticato il disegno di legge e ha sostenuto che il governo non ha nulla a che fare con le "identità di genere" dei bambini.

"I bambini nascono chi vogliono essere. I genitori si occupano dei bambini che vengono da loro. I medici sono stati formati per occuparsi di bambini che hanno problemi come questo. Il governo non ha davvero alcun ruolo in questo", ha detto Hutto.

"Lasciate che i bambini siano quello che sono."

 

Medici e genitori che hanno testimoniato davanti alle commissioni legislative hanno sottolineato che i minori nella Carolina del Sud non vengono sottoposti a interventi chirurgici per la transizione di genere, mentre i trattamenti ormonali iniziano solo dopo ampie consultazioni con gli operatori sanitari.

Hanno affermato che questi trattamenti possono essere cruciali per migliorare la salute mentale e il benessere generale dei giovani transgender.

Ma i sostenitori del disegno di legge affermano che i bloccanti della pubertà aumentano la tendenza all’autolesionismo e possono avere effetti irreversibili.

Un'analisi di uno studio del 2011 ha rivelato che almeno il 34% dei bambini sottoposti a farmaci che bloccano la pubertà sono "peggiorati in modo affidabile".

Lo studio è stato condotto dall’University College London Hospitals (UCLH) e dal Tavistock Centre Gender Identity Development Service.

 

Il gruppo di soggetti valutati era di soli 44 soggetti, quindi la dimensione del campione è piccola.

Tuttavia, un buon numero di ragazzi tra i 12 e i 15 anni ha sofferto molto dopo che gli sono stati prescritti questi veleni per diventare trans.

Esiste un servizio di” Epoch TV” su un giudice della California che ha emesso una decisione bomba su un caso legato ai transgender.

 

 

 

 

L'agenzia di intelligence canadese

classifica gli oppositori dell'ideologia

di genere LGBT come una "minaccia violenta".

Lifesitenews.com – Antonio Murdoch – (14-5-2024) – ci dice:

 

Il Canadian Intelligence Service sostiene in un recente rapporto che le persone che fanno parte del “movimento anti-gender” sono omofobiche e transfobiche.

OTTAWA ( LifeSiteNews ) – L'agenzia di intelligence canadese in un recente rapporto ha affermato che i canadesi che si oppongono alle forme estreme dell'ideologia di genere LGBT, che include coloro che credono semplicemente che si possa essere solo un uomo o una donna, formano il "movimento anti-gender" ” che, a suo avviso, potrebbe rappresentare una “minaccia violenta” continua nel corso del prossimo anno.

Secondo il suo rapporto annuale presentato di recente il 7 maggio alla Camera dei Comuni, il “Canadian Security Intelligence Service” (CSIS) ha affermato di aver valutato “l’esposizione a entità che sposano la retorica estremista anti-genere” e che queste persone “potrebbero ispirare e incoraggiare gravi violenze” contro la comunità “2SLGBTQIA+” o contro coloro che sono visti come sostenitori di politiche ed eventi ideologici a favore del genere.''

 

Il CSIS ha osservato che il cosiddetto “movimento anti-gender” potrebbe essere definito come quelle persone contrarie ai “cambiamenti socio-culturali rappresentati dall’integrazione e dall’accettazione della teoria di genere, inclusa l’accettazione della comunità “2SLGBTQIA+”.

Secondo l'agenzia, il cosiddetto "movimento anti-gender" è un movimento di estremismo violento ideologicamente motivato (IMVE), gruppi che secondo lei rappresentano una "minaccia significativa per la sicurezza nazionale del Canada".

Il CSIS rileva che le persone che fanno parte del “movimento anti-gender” sono omofobiche e transfobiche.

L'agenzia ha anche criticato le convinzioni religiose delle persone affermando che "interpretazioni religiose, teorie del complotto o una paura generalizzata del cambiamento socioculturale" sono fattori nelle persone con tendenze al "movimento anti-genere".

 

Il CSIS ha elencato l'ex studente dell'”Università di Waterloo” “Geovanny Villalba-Aleman”, che è entrato nel corso di studi di genere nel giugno 2023 e poi ha pugnalato due studenti e un professore.

“Villalba-Aleman” è stato accusato di tentato omicidio e 11 reati in totale.

La Corona ha chiesto di perseguirlo come terrorista.

Nonostante abbia utilizzato l’esempio sopra riportato per sostenere le sue affermazioni, il CSIS ha affermato che solo una piccola quantità di persone nel cosiddetto “movimento anti-gender” rischierebbe di commettere forme estreme di violenza.

Secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica e come affermato nella Bibbia, Dio creò solo maschio e femmina.

Inoltre, è un fatto biologico scientificamente provato che gli esseri umani nascono uomini o donne.

Tuttavia, le persone che sposano la “teoria del genere” affermano che il proprio genere non è indicativo del proprio sesso biologico, che sia maschio o femmina, e che si può appartenere a qualsiasi genere tra una miriade di una lista che continua a crescere continuamente.

Il CSIS ha affermato che sta dando priorità al monitoraggio del “movimento anti-genere”.

Tuttavia, secondo qualcuno che ha lavorato per 30 anni con la CSIS, la nota dell'agenzia sull'“anti-gender” riguarda alcuni crimini d'odio e non rientrano nel suo mandato.

 

Come ha detto a “The Epoch Times “, “non fa parte del mandato del CSIS” perché “non è politico, non è ideologico, non è religioso; è un crimine d’odio”.

"Mi chiedo davvero se qualcuno stia dettando al servizio, 'vogliamo che tu evidenzi queste cose', cosa che non credo che storicamente facessimo", ha osservato, aggiungendo che gli sembra che "ci sia un programma in corso sistemato qui."

Il governo federale del primo ministro Justin Trudeau si è spinto fino in fondo nell’abbracciare e sostenere l’ideologia transgender radicale, inclusa la cosiddetta “transizione” dei minori, introducendo allo stesso tempo leggi che in superficie sembrano mirare ad aiutare i bambini.

Sotto Trudeau, il governo federale ha

 stanziato milioni di soldi dei contribuenti per finanziare i gruppi LGBT e promuove in modo aggressivo un’agenda pro-LGBT.

 Il suo budget per il 2024 comprende 150 milioni di dollari per promuovere l'ideologia "2SLGBTQI+" in patria e all'estero.

 

 

 

 

 

I giudici della Corte Suprema Thomas e Alito lanciano avvertimenti sullo Stato d'America.

Zerohedge.com - Tyler Durden - Tom Ozimek tramite The Epoch Times” – (4-5-2024) – ci dicono:

Venerdì, in due diversi eventi, i giudici della Corte Suprema Clarence Thomas e Samuel Alito hanno lanciato avvertimenti sullo stato delle cose in America oggi, compreso il sostegno alla libertà di parola che “diminuisce pericolosamente” e la capitale della nazione che sta diventando un luogo “orribile” dove la cultura dell’annullamento è dilagante.

 

(I giudici associati della Corte Suprema Elena Kagan (L), Clarence Thomas ((2L), Samuel Alito (2R) e il Presidente della Corte Suprema John Roberts (R) arrivano per i servizi per l'ex presidente George HW Bush al Campidoglio degli Stati Uniti a Washington, il 3 dicembre , 2018.)

 

Il giudice Thomas è intervenuto a una conferenza della Corte d'Appello degli Stati Uniti per l'Undicesimo Circuito a Point Clear, in Alabama, mentre il giudice Alito ha tenuto un discorso di apertura alla “Franciscan University” di Steubenville, un college cattolico nell'Ohio, con entrambi i giudici di mentalità conservatrice dipingendo un quadro oscuro, incoraggiando l’azione e offrendo speranza.

All'evento in Alabama, il moderatore, il giudice distrettuale “Kathryn Kimball Mizelle”, ha chiesto al giudice Thomas di commentare cosa vuol dire lavorare "in un mondo che sembra meschino".

"Penso che ci siano delle sfide in questo", ha detto il giudice Thomas. "Siamo in un mondo e noi - certamente io e mia moglie negli ultimi due o tre anni siamo stati - solo la cattiveria e le bugie, è semplicemente incredibile."

Il giudice Thomas ha dovuto affrontare un duro attacco da parte dei democratici che lo accusano di aggirare le regole di divulgazione, di corruzione in generale e di essere troppo a suo agio con i ricchi repubblicani.

Non sono stati in grado di indicare alcun caso giudiziario specifico in cui la giustizia si è comportata male. Alcuni attivisti hanno addirittura spinto per l'impeachment del giudice Thomas.

Al contrario, lo scorso anno oltre 100 ex impiegati della Corte Suprema hanno firmato una lettera aperta in difesa dell’integrità del giudice Thomas, definendolo un uomo dai “principi incrollabili” la cui indipendenza è “incrollabile”.

Hanno definito varie storie critiche che lo hanno preso di mira come “maliziose” e “perpetuando l’orribile presupposto che la giustizia non possa pensare da sola”.

“Fanno parte di un attacco più ampio alla Corte e alla sua legittimità come istituzione”, si legge inoltre nella lettera.

"L'immagine che dipingono della Corte e dell'uomo per il quale abbiamo lavorato non ha alcuna somiglianza con la realtà."

I sondaggi d’opinione suggeriscono che la fiducia del pubblico nella Corte Suprema è recentemente scesa a nuovi minimi.

Rispondendo alle critiche, il giudice Thomas ha affermato alla conferenza dell'Alabama che Washington è diventata un luogo "orribile" in cui "le persone si vantano di essere orribili", mentre descrive l'America oltre la Beltway come un luogo in cui le persone normali "non sono orgogliose di fare cose dannose”.

Il giudice Thomas ha anche espresso preoccupazione per il fatto che gli scritti dei tribunali siano diventati inaccessibili alla persona media, generando un senso di alienazione.

"Penso che le persone normali vengano private dei diritti civili a volte dal modo in cui parliamo dei casi", ha detto il giudice Thomas, esprimendo la speranza che la situazione possa cambiare.

 

"È dura là fuori"

Il giudice Alito ha avvertito i laureati del “Catholic College dell'Ohio “che la libertà di parola e di religione sono entrambe attaccate nell'America di oggi, esprimendo al contempo la speranza che i giovani prendano il sopravvento e combattano per un cambiamento positivo.

Nel suo discorso, il giudice Alito ha fatto riferimento alla “cultura pop”, in particolare al discorso di laurea pronunciato dal personaggio “Thornton Melon” (interpretato da Rodney Dangerfield) nel film “Ritorno a scuola”.

Ha citato scherzosamente il consiglio del signor Melon ai laureati, che era di non uscire per il mondo dopo la laurea perché "è dura là fuori" e invece tornare a vivere con i genitori, lasciare che paghino tutti i conti e "preoccuparsi di questo". "

" Come ha detto il signor Melon, la situazione è dura là fuori ", ha detto il giudice Alito.

 “Probabilmente la situazione là fuori adesso è più dura di quanto non lo sia stata da molto tempo. Ma è proprio per questo che il vostro contributo sarà così importante”.

Il giudice Alito ha affermato che, fuori dalle mura del campus, “le acque agitate si infrangono contro alcuni dei nostri principi fondamentali”, riferendosi alla libertà di parola.

 

“Il sostegno alla libertà di parola sta diminuendo pericolosamente”, ha continuato, sottolineando che questo problema è particolarmente acuto nei campus universitari, che secondo lui sono luoghi dove lo scambio di idee dovrebbe essere maggiormente protetto.

“Pochissime università sono all’altezza di questo ideale. Questo posto è uno di questi… ma le cose non sono così nel resto del mondo”, ha detto il giudice Alito.

Ha anche sollevato la questione della libertà di religione “in pericolo”, sottolineando che i laureati potrebbero trovarsi in posti di lavoro o in contesti sociali in cui saranno spinti a rinunciare alle proprie convinzioni o ad adottare quelle che ritengono moralmente discutibili.

“Starà a voi restare saldi”, ha detto.

In particolare, il giudice Alito è l’autore della sentenza del 2022 che ha ribaltato “Roe v. Wade” e ha affidato agli stati la questione della decisione sul diritto di aborto.

 

 

 

“GENOCIDA JOE” SUBISCE

 UN ALTRO MORTIFICANTE

 SCHIAFFO ALLE NAZIONI UNITE

 

Comedonchisciotte.org - Markus – (13 Maggio 2024) - Mike Whitney - unz.com – ci dice:

In un chiaro rifiuto delle politiche e della leadership degli Stati Uniti in Medio Oriente, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato a stragrande maggioranza a sostegno della candidatura palestinese a membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.

 I media occidentali hanno per lo più ignorato il voto di venerdì, poiché i risultati, ampiamente attesi, rappresentano un altro duro colpo per Washington.

 L’esito del voto è un duro colpo per la fallimentare politica di Gaza dell’amministrazione Biden e una chiara indicazione del fatto che il sostegno generalizzato dell’America al genocidio di Israele sta aumentando l’isolamento e l’irrilevanza di Washington.

Il voto dell’assemblea è stato di 143 a 9, il che significa che l’influenza diplomatica degli Stati Uniti si è erosa al punto che la Casa Bianca è riuscita a malapena a costringere 8 dei suoi Stati vassalli più fedeli a respingere la mozione.

È indispensabile che i cittadini comprendano appieno il significato di questo voto, che suggerisce che il cosiddetto “Ordine basato sulle regole” è una frode che ha fatto il suo tempo e che diventa ogni giorno più anemica.

 Inoltre, il voto fornisce la prova inconfutabile che il secolo americano è ufficialmente finito e che la stragrande maggioranza delle nazioni del mondo non è più disposta a rispettare gli egoistici editti di Washington.

Naturalmente, l’inviato di Israele alle Nazioni Unite, “Gilad Erdan”, ha colto l’occasione – non per esprimere il suo rimorso per la sua partecipazione alla sadica furia della sua nazione a Gaza – ma per rimproverare gli altri membri dell’assemblea per aver agito coraggiosamente su una questione di principio.

Senza un briciolo di ironia, “Erdan” ha accusato gli altri membri dell’assemblea con queste parole:

“State distruggendo la Carta delle Nazioni Unite con le vostre stesse mani. Sì, sì, è questo che state facendo. State facendo a brandelli la Carta delle Nazioni Unite“.

 

Quello che “Erdan” ha omesso di dire è che Israele detiene il record mondiale di violazioni delle risoluzioni dell’ONU e che non c’è una legge internazionale che non abbia infranto impunemente.

 Israele aveva già deciso da tempo che il suo futuro dipendeva dalla capacità di usare il più grande prepotente del mondo come guardia del corpo personale, e questo gli ha permesso di ignorare qualsiasi limite legale o morale che ponesse un freno al suo comportamento.

 Questo è un estratto da un articolo del “Guardian britannico”:

La risoluzione di venerdì …. non rende la Palestina un membro a pieno titolo, né le conferisce il diritto di voto nell’assemblea o il diritto di candidarsi come membro del Consiglio di sicurezza.

Nonostante questo il voto è stato una clamorosa espressione dell’opinione mondiale a favore della statualità palestinese, galvanizzata dal continuo spargimento di sangue e dalla carestia causati dalla guerra di Israele a Gaza.

Anche prima del voto in assemblea, venerdì mattina, Israele e un gruppo di personalità di spicco repubblicane avevano chiesto che i finanziamenti statunitensi [all’ONU] venissero comunque tagliati a causa dei nuovi privilegi concessi dalla risoluzione alla missione palestinese.

La missione statunitense all’ONU, che ha votato contro la risoluzione, ha avvertito che avrebbe usato nuovamente il veto se la questione dell’adesione della Palestina fosse tornata al Consiglio di Sicurezza per un’altra votazione.

“Gli sforzi per portare avanti questa risoluzione non cambiano il fatto che l’Autorità Palestinese non soddisfa attualmente i criteri per l’adesione all’ONU secondo la Carta delle Nazioni Unite”, ha dichiarato il portavoce della missione, “Nathan Evans”.

“Inoltre, la bozza di risoluzione non modifica lo status dei palestinesi come “Stato osservatore non membro”.

( UN general assembly votes to back Palestinian bid for membership, The Guardian).

 

Cercate di capire quanto sia ipocrita e moralmente fallimentare la posizione degli Stati Uniti.

 Negli ultimi 57 anni, sia i Repubblicani che i Democratici, hanno fatto il tifo per una soluzione a due Stati basata sulla Risoluzione 242 dell’ONU, che impone a Israele di rimuovere i suoi insediamenti dalle terre palestinesi occupate a Gaza e in Cisgiordania.

“Via dalla terra palestinese e ci sarà la pace”.

Questa è sempre stata la politica degli Stati Uniti, sostenuta dal diritto internazionale.

Ma ora, sotto Biden, gli Stati Uniti non solo si oppongono alla creazione di uno Stato palestinese (che migliorerebbe le loro possibilità di ottenere un accordo equo), ma forniscono anche il denaro, le bombe e il supporto logistico per l’eradicazione 2 milioni di palestinesi.

 Questa, in poche parole, è la politica di Biden e, nel caso non l’aveste notato, è un chiaro allontanamento da più di mezzo secolo di politica estera statunitense.

Il motivo per cui Biden è ora comunemente chiamato “Genocida Joe” è che sta violando unilateralmente il diritto internazionale fornendo sostegno materiale alla barbarie israeliana, il che rende lui e gli Stati Uniti ugualmente colpevoli dell’annientamento premeditato del popolo palestinese.

 Ecco altre notizie dal “Guardian”:

…la risoluzione chiarisce anche che “lo Stato di Palestina, in qualità di Stato osservatore, non ha il diritto di votare all’Assemblea generale o di presentare la propria candidatura agli organi delle Nazioni Unite”.

…. “In sostanza, la risoluzione dà ai palestinesi la mera apparenza di far parte delle Nazioni Unite, senza gli attributi fondamentali di un vero membro, che sono il potere di voto e il diritto di candidarsi al Consiglio di sicurezza”. ….

Nonostante la formulazione della risoluzione chiarisca che la Palestina non avrà diritto di voto, Israele ha chiesto agli Stati Uniti di tagliare i fondi per le Nazioni Unite a causa della risoluzione e un gruppo di senatori repubblicani ha annunciato di voler presentare una legge in tal senso.

…. Il senatore “Mitt Romney” ha dichiarato in una nota scritta.

 “La nostra legislazione taglierebbe i finanziamenti dei contribuenti statunitensi alle Nazioni Unite se queste concedessero ulteriori diritti e privilegi all’Autorità Palestinese e all’OLP”.

(The Guardian)

Carino, eh? Il voto non è andato come voleva e ora lo Zio Sam,  “si riprenderà la palla e tornerà a casa”.

Questo si chiama “essere piagnucoloni” e spiega perché sempre più leader si uniscono ad un blocco alternativo di nazioni chiamato BRICS.

Non c’è motivo di allinearsi con una superpotenza in declino così moralmente corrotta da credere che essere complici di una strage sia una politica estera accettabile.

 (Nota: gli altri Paesi che si sono opposti alla richiesta di adesione della Palestina sono Micronesia, Argentina, Ungheria, Nauru, Palau, Papua, Nuova Guinea e Israele. L’elenco contribuisce a illustrare l’inefficacia della diplomazia statunitense, che è praticamente crollata sotto la guida di Anthony Blinken).

Non sorprende che il Rappresentante permanente della Russia, “Vassily Nebenzia”, abbia offerto l’analisi più intelligente. Ecco cosa aveva detto poco prima del voto:

È nostro dovere comune correggere l’ingiustizia storica che riguarda le aspirazioni dei palestinesi ad un proprio Stato sovrano unificato, che avrebbe dovuto essere ammesso alle Nazioni Unite già nel 1948.

Siamo convinti che la piena adesione della Palestina alle Nazioni Unite contribuirebbe a parificare le posizioni negoziali di partenza con Israele, che aveva ottenuto lo status di Stato membro dell’ONU più di 75 anni fa.

L’ammissione dello Stato di Palestina alle Nazioni Unite sarebbe il primo passo concreto verso una giusta soluzione della questione palestinese sulla piattaforma approvata dall’ONU e all’interno del quadro giuridico internazionale universalmente riconosciuto……

 

Questo processo dovrebbe portare all’attuazione della soluzione dei due Stati, riconosciuta a livello internazionale, che prevede la coesistenza di Israele in pace e sicurezza con la Palestina nei confini del 1967 e con capitale a Gerusalemme Est.

 Affinché questo dialogo abbia successo, Israele e Palestina devono essere su un piano di parità, in conformità con le decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite….

….Quando questa bozza di risoluzione sarà adottata, la Palestina… riceverà una serie di opportunità aggiuntive, in modo che possa operare più efficacemente all’interno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e nelle riunioni che si tengono sotto l’egida dell’UNGA.

 La consideriamo un’opportunità per correggere almeno in parte l’ingiustizia storica nei confronti del popolo palestinese, che da tempo soffre e che negli ultimi sette mesi ha visto morire un numero senza precedenti di civili inermi …

… La Palestina deve diventare un membro a pieno titolo dell’ONU…. Riteniamo che l’elemento più importante di questa bozza sia contenuto nella raccomandazione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di riconsiderare la richiesta di adesione della Palestina alle Nazioni Unite.

È un obbligo morale per tutti noi.

Solo la piena adesione permetterà alla Palestina di unirsi agli altri membri dell’Organizzazione e di esercitare pienamente i diritti che questo status comporta.

 …Il popolo palestinese se lo merita da tempo.

(Statement by Permanent Representative “Vassily Nebenzia “at the 10th Emergency Special Session of the General Assembly)

Ben detto.

In conclusione:

Biden e i suoi collaboratori non vogliono che i palestinesi abbiano un proprio Stato, ed è per questo che stanno aiutando Israele ad annientare la popolazione autoctona e a sostituirla con coloni ebrei.

Fortunatamente, secondo il diritto internazionale, i Territori Occupati saranno terra palestinese in perpetuo e non c’è nulla che gli Stati Uniti o Israele possano fare al riguardo.

(Mike Whitney - unz.com)

(unz.com/mwhitney/genocide-joe-suffers-another-mortifying-slap-down-at-the-united-nations/)

 

 

 

 

Chi ha cercato di togliere il

tappeto a Netanyahu, e perché?

Unz.com - ALASTAIR CROOKE – (13 MAGGIO 2024) – ci dice:

 

La giovane generazione americana di oggi dice: non ci identificheremo con sospette tendenze genocide contro un popolo indigeno.

Le questioni centrali al centro del rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza erano due: la completa cessazione della guerra e il ritiro completo di tutte le forze israeliane.

La posizione di Netanyahu era che, qualunque fosse stato l'esito degli ostaggi, l'esercito israeliano sarebbe tornato a Gaza e che la guerra sarebbe continuata per dieci anni, ha detto.

Queste sono state le parole più delicate della politica israeliana, con la politica israeliana elettricamente polarizzata intorno a loro.

La continuazione o la caduta del governo israeliano potrebbe dipendere da loro:

la destra aveva avvertito che avrebbe lasciato il governo a meno che l'invasione di Rafah non avesse avuto il via libera;

 la posizione di Biden, tuttavia, è stata comunicata a Netanyahu per telefono non solo come "niente luce di Rafah", ma piuttosto "Rafah zero".

Poi queste parole esplosive – cessazione delle operazioni militari e ritiro completo di Israele – sono esplose nel testo finale concordato dai mediatori al Cairo; e successivamente a Doha, lunedì, cogliendo Israele di sorpresa.

 Il capo della CIA Bill Burns aveva rappresentato gli Stati Uniti in entrambe le sessioni, ma Israele aveva scelto di non inviare una squadra di negoziatori.

Diverse fonti israeliane confermano che gli americani non hanno dato alcun "avvertimento" di ciò che stava per accadere:

“Hamas” ha annunciato l'accordo bomba;

Gaza è esplosa in festeggiamenti per la vittoria, e grandi proteste hanno assediato il governo di Gerusalemme, chiedendo l'accettazione delle condizioni di “Hamas”. Era teso.

C'era un sentore di guerra civile nelle enormi proteste.

Il governo israeliano sostiene di essere stato "giocato" dagli americani (cioè da Bill Burns).

Era.

Ma a quale scopo? Biden è stato irremovibile sul fatto che un'incursione a Rafah non dovesse procedere.

Era questo il mezzo di Burns per raggiungere quell'obiettivo?

Usare "giochi di prestigio" nei negoziati (inserendo le parole "linea rossa") nel testo senza dirlo a Tel Aviv per ottenere il "sì" da parte di Hamas?

O era per accelerare un cambio di governo in Israele?

 La sua politica su Gaza ha imposto al Partito Democratico un pesante tributo in campagna elettorale.

 

In ogni caso – dopo l'annuncio bomba di Hamas – l'esercito israeliano ha fatto "Rafah light", prendendo il corridoio vuoto di Filadelfia (in violazione degli accordi di Camp David), subendo poche vittime, ma mantenendo intatto il governo di Netanyahu.

Forse il piccolo inganno per convincere Hamas a dire "sì" è stato visto a Washington come un abile stratagemma, ma le sue conseguenze sono incerte: Netanyahu e la destra condivideranno oscuri sospetti sul ruolo degli Stati Uniti.

Washington si è mostrata (a loro avviso) come un avversario.

 Questo episodio renderà la destra più determinata?

 Meno pronto a scendere a compromessi?

 

In questo contesto, la divisione di base all'interno dell'attuale politica israeliana è saliente.

Una piccola maggioranza di israeliani (54%) ritiene che ci sia legittimità nel paragone tra l'olocausto e gli eventi del 7 ottobre.

 E possiamo vedere che la fusione di Hamas con il partito nazista è sempre più comune tra i leader israeliani (e statunitensi) – con Netanyahu che descrive Hamas come "i nuovi nazisti".

Che siamo d'accordo o meno, ciò che viene detto qui attraverso questa categorizzazione è che una pluralità di israeliani nutre timori esistenziali che la tempesta che li circonda sia l'inizio di un "nuovo olocausto" – che, a sua volta, implica che l'amorfismo "Mai più" si traduce in un'ingiunzione binaria di uccidere o essere uccisi (attingendo ai testi biblici per la convalida talmudica).

 

Capire questo significa capire perché quelle poche parole inserite nella proposta negoziale sono state così esplosive.

Hanno insinuato (secondo l'opinione di metà degli israeliani) che non avrebbero avuto altra scelta che "vivere" o "morire" sotto la minaccia di un nuovo olocausto (con Hamas predominante a Gaza e Hezbollah nel nord).

 

L'altra parte dell'opinione pubblica israeliana è meno apocalittica:

credono che un certo ritorno all'occupazione e allo status quo ante potrebbe essere possibile, soprattutto se gli Stati Uniti riuscissero a persuadere gli Stati arabi – insieme a Israele – a eliminare Hamas da Gaza e ad accettare di sorvegliare una Striscia demilitarizzata e deradicalizzata.

 

Da un punto di vista cinico, forse la pratica di "falciare il prato" (come sono eufemisticamente conosciute le periodiche incursioni dell'IDF per uccidere i militanti) potrebbe essere meno spaventosa dell'idea per gli israeliani di dover combattere una guerra esistenziale.

In questo contesto, il 7 ottobre sarebbe visto come un "taglio del prato" fuori misura, ma non come qualcosa che richieda un cambiamento più radicale dello stile di vita.

Il fatto che i rappresentanti di questa corrente nel gabinetto di guerra israeliano non si siano dimessi dal governo dopo aver appreso del successivo rifiuto da parte di Netanyahu della proposta di Hamas può essere collegato al fatto che la normalizzazione saudita con Israele non è ora in prospettiva – la normalizzazione saudita è il pilastro da cui potrebbe essere raggiunto un certo ritorno allo status quo ante.

 

Tutto ciò mette in discussione le motivazioni dei membri del Gabinetto di Guerra che chiedono a Israele di accettare le condizioni di Hamas.

Mentre l'empatia per le famiglie degli ostaggi è comprensibile, non affronta le crisi sottostanti – al di là del pio desiderio che il mondo arabo si unisca in un'unità anti-iraniana e tiri fuori Israele dal suo enigma dell'occupazione.

Questo potrebbe consolare la Casa Bianca di fronte alle proprie difficoltà elettorali, ma non è certo una strategia sostenibile.

La notizia bomba dell'accordo con Hamas ha probabilmente alimentato altri due fattori che stanno colorando il sentimento in Israele:

 Netanyahu, rinomato per le sue presunzioni politiche, e che tiene il dito al vento in mano, rileva, dice, che l'elettorato israeliano sta scivolando a destra.

Sta diventando sempre più fiducioso di poter vincere le prossime elezioni generali israeliane.

Il primo fattore sono le proteste studentesche che si stanno svolgendo in tutto l'Occidente; e la seconda è la minaccia che la CPI possa emettere mandati di arresto per il primo ministro e altri leader di spicco.

David Horovitz, l'editore del “Times of Israel”, scrive che:

 

"L'obiettivo di fondo degli accampamenti e delle marce alla Columbia, Yale, NYU e negli altri campus è quello di rendere Israele indifendibile – in entrambi i sensi della parola – e quindi privare Israele dei mezzi diplomatici e militari per sopravvivere allo sforzo in corso per la sua distruzione – come effettuato dall'Iran e dai suoi alleati e delegati.

Alla radice di questa strategia c'è, ovviamente, il più antico degli odi".

 

In altre parole, “Horovitz” sta identificando la maggioranza dei manifestanti studenteschi non tanto come aventi empatia umana per la difficile situazione degli abitanti di Gaza, ma come fornitori di "soft-power" dell'olocausto.

 Horovitz conclude che "se quegli stati nemici, gli eserciti terroristi e i loro facilitatori la fanno finita con Israele, verranno a prendere gli ebrei ovunque".

L'ultimo elemento riguarda il presunto mandato d'arresto emesso dalla CPI. Netanyahu ha un ego enorme, forse più della maggior parte dei politici;

eppure non c'è dubbio che, nonostante la rabbia rivolta contro di lui per gli errori del 7 ottobre, egli è indiscutibilmente il portabandiera di quella parte dell'elettorato israeliano che crede – come Horovitz – che Israele stia affrontando uno sforzo concertato per distruggere lo Stato sionista.

Il mandato d'arresto, quindi, è percepito come qualcosa di più di un semplice attacco a un individuo, ma più come una parte di quel più ampio sforzo (secondo Horovitz) di travisare Israele e di privarlo dei mezzi diplomatici per difendersi.

 

Non c'è bisogno di aggiungere che questo non è il punto di vista nel resto del mondo, ma serve a sottolineare quanto l'opinione pubblica israeliana stia diventando ripiegata su sé stessa, isolata e impaurita.

Questi sono segnali di allarme.

Le persone disperate fanno cose disperate.

La realtà è che Israele ha tentato di stabilire una colonizzazione di epoca avanzata su terre con popolazione indigena.

 La prima fase della rivolta contro il colonialismo è scoppiata nell'era post-Seconda Guerra Mondiale.

 Stiamo vivendo la seconda fase del sentimento anticoloniale radicale globale (che si manifesta strategicamente come BRICS), ma che prende di mira l'odierno colonialismo finanziarizzato che si presenta come l'"Ordine Basato sulle Regole".

Gli israeliani appendono abitualmente due bandiere in occasioni speciali: la bandiera israeliana e, accanto, la bandiera degli Stati Uniti. "Anche noi siamo americani: siamo i 51San Stato', direbbero gli israeliani.

"No", dice la giovane generazione americana di oggi: non ci identificheremo con sospette tendenze genocide contro un popolo indigeno.

Non c'è da stupirsi che alcune delle élite dominanti stiano cercando disperatamente di mettere fuori legge le narrazioni critiche.

Se Israele è l'obiettivo oggi, domani le narrazioni potrebbero criticare l'agevolazione del massacro coloniale da parte di Washington?

 Loro (il team di Biden), per caso, hanno giocato a togliere il tappeto da sotto i piedi a Netanyahu – per preservare lo status quo in Israele un po' più a lungo (almeno fino a dopo le elezioni statunitensi)?

Commenti

Post popolari in questo blog

Quale futuro per il mondo?

Co2 per produrre alimenti.

Caos e dazi.