Il nuovo ordine mondiale sarà stabilito senza il consenso dei popoli.

 

Il nuovo ordine mondiale sarà stabilito senza il consenso dei popoli.

 

 

 

2024: l’anno decisivo per la fine

del Nuovo Ordine Mondiale

e dell’anglosfera?

Lacrunadellago.net – Cesare Sacchetti – (2-1-2024) – ci dice:

 

Se dovessimo rispondere alla domanda se l’anno da poco iniziato possa essere quell’anno che determina la fine del cosiddetto “ordine liberale internazionale” e di tutto ciò che c’è dentro tale decadente struttura geopolitica, ci sentiremmo di rispondere affermativamente.

 

Il 2024 infatti presenta delle caratteristiche e degli eventi che probabilmente saranno quelli che chiuderanno un ciclo storico iniziato almeno dal 1945.

Il mondo, l’Europa e l’Italia si trovano da quasi 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale in una condizione che ha visto l’ascesa internazionale dell’Occidente liberale e la conseguente fine degli Stati nazionali per come lo si era conosciuti prima dell’inizio del conflitto.

La seconda guerra mondiale è stata quell’evento di proporzioni così enormi che ha consentito di cambiare completamente l’architettura degli Stati nazionali rendendoli di fatto delle entità giuridicamente svuotate e non più dotate dei poteri sovrani che avevano un tempo.

Il conflitto è stato semplicemente perfetto per soddisfare la logica di quei poteri che volevano avviare un trasferimento della sovranità degli Stati nazionali a favore di centri del potere transnazionali rappresentati dall’impalcatura partorita dalle potenze anglosassoni a Bretton Woods nel 1944.

In quell’anno, si erigono i pilastri dell”’ordine finanziario internazionale” che ha dominato tutta la seconda metà del 900 e l’inizio del XXI secolo, laddove il dollaro americano ha rappresentato la moneta dominante degli scambi internazionali.

Le potenze vincitrici hanno semplicemente deciso in quel preciso istante che andava costruito un impero fondato sulla supremazia dell’idea del culto dei diritti umani, e tale culto andava imposto anche al resto del mondo e a coloro che non volevano sacrificare la sovranità del proprio Stato a favore di tale impero.

L’impero americano è stato la fine degli Stati nazionali e i suoi sostenitori che siedono ai vertici dei circoli globalisti e delle massonerie internazionali hanno utilizzato la superpotenza americana per imporre la loro visione del mondo che altro non è che l’accentramento assoluto del potere nelle mani di un organismo unico internazionale, ovvero quella che i vari tecnocrati definiscono governance internazionale

La governance non è il potere di uno Stato.

 La governance è il potere di centri del potere privati finanziari e industriali che non risponde a nessuno e che ha determinato il percorso degli Stati nazionali dal 1945 in poi.

 

Il fallimento del piano autoritario del Grande Reset.

Questa fase storica della quale stiamo parlando sta giungendo definitivamente al termine poiché dopo la farsa pandemica si è messa in moto una catena di eventi che ha portato ad esiti esattamente opposti a quelli desiderati da gruppi quali il forum di Davos, il gruppo Bilderberg e il Club di Roma.

Le famiglie dominanti del globalismo quali i Rothschild, i Rockefeller, i Dupont e i Morgan erano abbastanza convinte in cuor loro che attraverso la fabbricazione di una crisi artificiale quale la farsa pandemica avrebbero creato quell’evento catalizzatore tale da ridisegnare completamente ogni assetto internazionale, e favorire la definitiva ascesa di questo super impero internazionale nel quale un tiranno con poteri autoritari di gran lunga superiori a quelli dei totalitarismi del secolo scorso, avrebbe governato con assoluto pugno di ferro e perseguitato tutti coloro che si fossero opposti ai suoi piani.

Non sarebbe stato altro che l’esternazione di quel totalitarismo che le massonerie chiamano “Nuovo Ordine Mondiale” e che è stato citato innumerevoli volte da leader internazionali quali George H. Bush, Nicolas Sarkozy e Winston Churchill.

Ciò non è accaduto poiché l’opposizione di altri blocchi geopolitici quali i “BRICS” fondati invece sulla preminenza degli Stati nazionali e il disimpegno dell’impero americano hanno favorito un processo storico che a nostro avviso sta portando veramente alla fine del XX secolo una volta per tutte.

Il ritorno sulla scena internazionale degli Stati nazionali e il trasferimento del potere da Washington a centri di potere multipli sullo scacchiere internazionale sta ridisegnando completamente la mappa della geopolitica e sta dando rilevanza e peso a degli attori politici che prima non avevano né la prima né il secondo.

 

È il caso, ad esempio, dell’Africa che si sta separando dal precedente giogo coloniale della “Françafrique” e che ora guarda al mondo multipolare per trovare finalmente una sua dimensione autonoma che non sia quella di un governo coloniale sottoposto all’influenza di Parigi.

Nel vecchio ordine liberale internazionale c’era anche questo.

C’era il dominio dell’Africa attraverso il colonialismo francese che a sua volta era il garante in Africa della supremazia economica delle famiglie del capitalismo internazionale quali i Rothschild che hanno saccheggiato questo continente delle sue preziosissime materie prime per più di un secolo.

La Russia è il Paese che sta accompagnando l’Africa verso la sua sovranità.

La storia e i popoli africani dovranno certamente rendere merito di aver trovato per la prima volta una potenza che non è entrata nelle loro case per comandare, ma per trovare un’intesa fondata sul reciproco rispetto della sovranità nazionale.

Il primo evento di rilievo del 2024: la rielezione di Putin.

Ora il 2024 si presenta come un anno, come si accennava al principio di questa analisi, dotato di quelle caratteristiche necessarie per imprimere un’accelerazione ancora maggiore a questo processo storico in corso e il primo evento da prendersi in esame in tale ottica è sicuramente la rielezione, praticamente scontata, del presidente Putin il prossimo marzo.

Lo zar ha inaugurato un’era in Russia che è iniziata almeno dal primo anno della sua elezione, nel lontano 2000, quando dopo essersi lasciate alle spalle le macerie degli anni 90 e del regno degli “oligarchi askenaziti”, Mosca iniziava a rimettersi in piedi per ritrovare la sua dimensione di potenza internazionale perduta dopo il disastro seguito al crollo del Muro di Berlino.

Il potere negli anni 90 a Mosca era degli oligarchi e degli emissari della CIA quali Boris Eltsin che pur di compiacere i suoi referenti liquidò tutto il patrimonio pubblico industriale russo a favore della finanza anglosassone, esattamente come fece un altro sicario di questo mondo in Italia, ovvero il famigerato Mario Draghi.

Quella fase dal 2000 in poi termina definitivamente e la Russia inizia a guadagnare nuovamente il suo peso.

 

La Russia parlava del multipolarismo già in quegli anni poiché è sempre stata questa la sua stella polare.

 La sua stella polare non era quella che guardava alla supremazia di un impero ma alla pacifica convivenza tra le nazioni, senza la quali c’è soltanto violenza e caos.

L’ascesa dei “BRICS” che vediamo ora è il frutto di un lavoro che è stato seminato con pazienza da Mosca già in quegli anni.

Ora la rielezione di Putin a marzo e la sempre più probabile caduta di Zelensky che in molti si attendono nei prossimi mesi porteranno alla definitiva e ufficiale sconfitta della NATO in Ucraina.

Per la prima volta dalla fine della guerra fredda e dal crollo del muro di Berlino, il patto atlantico si ritrova spettatore passivo di un enorme processo storico che vedrebbe il crollo di un regime suo satellite e la definitiva perdita di influenza sullo scacchiere internazionale.

A Bruxelles, sede della NATO, sono assolutamente consapevoli che la sconfitta in Ucraina è un qualcosa alla quale il debole patto atlantico non potrà sopravvivere e la fine dell’atlantismo è una prospettiva che tormenta sempre più le notti degli agitati Euro-Atlantisti semplicemente terrorizzati dalla concreta possibilità di essere spazzati via assieme alla NATO.

L’idea del Nuovo Ordine Mondiale poteva esistere solamente attraverso un suo braccio armato militare, quale appunto la NATO, ed è del tutto evidente che una sconfitta dell’alleanza atlantica in Ucraina rende impossibile la sopravvivenza di questa organizzazione.

Il secondo evento di rilievo del 2024: il ritorno ufficiale di Trump.

Gli astri della geopolitica però nel 2024 non portano solamente una scontata rielezione di Putin ma anche ad un probabile ritorno ufficiale di Donald Trump a novembre, e qui entriamo in uno scenario che per noi è quello ideale mentre per i nostri avversari devoti alla governance globale è invece sicuramente il peggiore possibile.

 

L’Euro-Atlantismo si fondava tutto sulla supremazia e sul ruolo di garante degli Stati Uniti come Paese che attraverso la sua superpotenza militare si faceva carico di assicurare l’esistenza del braccio armato del mondialismo.

L’ascesa di Trump ha portato alla fine dell’internazionalismo americano e il suo allontanamento dalla Casa Bianca attraverso la frode elettorale del 2020 non ha ripristinato il precedente status quo come si illudevano i vari “esponenti di Davos” e del “Council on Foreign Relations”.

 

Ciò che adesso appare essere come la prospettiva peggiore per i rappresentati di questi ambienti è quello di un ritorno ufficiale del presidente americano che loro stessi già sanno metterà fine alla permanenza di Washington nella NATO, mettendo così fine ad un ordine, quello liberale internazionale, che è esistito dal 1945 in poi.

Questo spiega perché qualche corte suprema locale di qualche stato americano stia provando a sbarrare la strada a Trump impendendogli di partecipare alle presidenziali sotto l’accusa falsa di “insurrezione”.

 Gli esperti del settore già si sono pronunciati e hanno detto che la Corte Suprema americana annullerà le decisioni delle corti del Maine e del Colorado, ma ciò denota sicuramente tutta la disperazione di un sistema che sa che il ritorno in carica ufficiale di Donald Trump è la definitiva pietra tombale sullo stato profondo di Washington e sul globalismo.

 

Il 2024 contiene dunque evidentemente quelle caratteristiche ideali per rinsaldare quella che è stata un’alleanza che esiste almeno dal 2016, ovvero quella tra Donald Trump e Vladimir Putin.

Il solo fatto che le prime due potenze mondiali si ritrovino alleate in una comune battaglia contro l’imperialismo dello stato profondo americano e contro l’idea stessa di globalismo è un qualcosa che toglie ogni punto di riferimento ai centri del mondialismo.

La globalizzazione in tale ottica diventa semplicemente impossibile da sostenere poiché le principali potenze internazionali sono intenzionate ad aprire una fase laddove siano gli Stati nazionali a dominare la politica e non gli attori internazionali senza volto nemmeno eletti dalle varie popolazioni.

Sono queste come si vede delle congiunture storiche irripetibili e di portata così rilevante che crediamo che sia davvero arduo per il liberalismo e le sue derivazioni sopravvivere.

Così come crediamo sia davvero arduo sopravvivere per l’Unione europea che in tale congiuntura si trova non solo completamente isolata sul piano internazionale ma priva di qualsiasi appoggio da parte di Washington, senza la quale l’Euro-Atlantismo è chiaramente impossibile e senza la quale Bruxelles non ha possibilità di esistere.

Se guardiamo a questo insieme di unici eventi storici la sensazione che questo anno sia un anno che porterà cambiamenti che dureranno per molti a venire, si rafforza notevolmente.

E tali cambiamenti ovviamente non potranno non toccare l’Italia la cui decadente classe politica si ritrova ormai scaduta e legata ad un vecchio contesto internazionale, quello Euro-Atlantico, che sta uscendo di scena.

Il 2024 sarà per tutte queste ragioni un anno speciale e sarà un anno da vivere molto intensamente.

 

 

 

La Maschera dell’Intelligenza Artificiale.

Conoscenzealconfine.it – (5 Giugno 2024) – Redazione – ci dice:

L’AI ci aiuterà a svolgere compiti ripetitivi, aiutandoci a liberare energie creative per altre occupazioni.

Tale affermazione, piuttosto diffusa tra gli “AI-fans”, è banalmente falsa: ad aiutare le persone nei loro calcoli, c’è già il computer.

E soltanto il computer può avere questa funzione.

L’AI, è invece semplicemente – e molto più banalmente – il pensiero delle élites dominanti.

È l’AI a darci le risposte “giuste” alle nostre domande, è l’AI a dire ad un medico “cosa deve fare”, “come si evolverà una malattia”, “quali terapie somministrare”.

È sempre l’AI, dietro la maschera della maggiore efficienza, a “suggerire” ad un insegnante come impostare una lezione, di cosa parlare, quali temi affrontare, e soprattutto, come parlarne.

L’AI quindi non aiuta nessuno, ma – e questo è certo l’unico compito – si sostituisce al pensiero umano, affinché esso si strutturi nell’unica modalità possibile:

 quella della mafia tecnologica, meramente interessata alla mercificazione di ogni forma vivente.

L’elogio dell’AI, passa quindi per la mistificazione, del suo funzionamento:

l’AI non fa calcoli, ma “pensa”, quello che “deve” essere pensato.

 È indubbio, che il suo successo – nella guerra contro l’uomo iniziata da banchieri affaristi e magnati vari in vena di filantropia – non può prescindere dallo scadimento della stessa capacità di pensiero.

A questo servono, media social e video, 24 ore su 24 proiettati sui nostri telefonini;

 non più lo schermo televisivo che si accendeva la sera, ma la televisione “permanente” che non si spegne più.

A questo servono gli schermi giganti installati nelle nostre città, con giornalisti in primo piano a diffondere false informazioni, perché nessuno si sottragga al pensiero che tutti devono pensare.

L’uomo comandato dall’AI, sarà un uomo “felice”:

come un bambino, gli sarà chiesto soltanto, di eseguire, e ripetere. Senza doversi più preoccupare di nulla.

La vita – l’intera vita – nelle mani delle élites mondiali.

(weltanschauung.info/2024/05/la-maschera-dellintelligenza-artificiale.html?m=1)

 

 

 

 

 

Elettromagnetismo

e Virus.

Fisicaquantistica.it – (5 Giugno 2020) – Beatrice – Redazione – ci dice:

 

Ci siamo mai chiesti cos’è e come funziona un Virus?

COVID-19 potrebbe essere un ibrido di diversi virus.

 C'è ...Secondo la scienza ufficiale, il virus non è un microrganismo dotato di vita propria e non è in grado di replicarsi autonomamente, ma necessita per questo di un organismo ospitante che di conseguenza si indebolisce e quindi diventa più soggetto ad ammalarsi, in alcuni casi fino a morire.

In pratica, il virus è considerato un vettore di informazioni dissonanti e disarmoniche rispetto a quelle della cellula ospitante, portandola quindi ad un avvelenamento.

Questo punto di vista considera il virus come la causa esterna della malattia.

Ma i virus sono davvero la causa scatenante delle malattie? Riflettiamo insieme facendo un esempio.

Abitate in campagna e fin dai vostri primi ricordi avete sentito cori di rane nelle sere estive.

Poi un giorno, all’improvviso, questo gracidare sparisce.

Qual è la prima domanda che vi porreste?

Hanno manifestato una malattia genetica, hanno contratto un virus, oppure qualcuno ha sparso qualche schifezza appestante nello stagno?

Se è più probabile che le rane si ammalino per l’acqua, allo stesso modo anche gli esseri umani si ammalano per l’inquinamento dell’aria dell’acqua e della terra.

 Le cellule avvelenate poi cercano di ripulirsi creando dei detriti, delle scorie che noi chiamiamo virus.

Dopo la “spagnola” del 1918, chiesero a “Rudolf Steiner” il perché di quella pandemia.

 Lui rispose che la “febbre” rappresentava semplicemente le escrezioni di una cellula avvelenata:

 i virus sono parte di DNA o RNA o di qualche proteina, che vengono espulsi dalla cellula e che si formano quando questa è avvelenata, ma non sono di per sé la causa di nessuna infezione, bensì la conseguenza di un avvelenamento!

E ci sono perché abbiamo l’aria, l’acqua e la terra sempre più avvelenate!

Ed anche le teorie più recenti sui virus, emerse nell’ultima conferenza del “National Institutes of Health”, dipartimento per la salute degli USA, dove studiano la complessità dei virus, confermano ciò che aveva detto “Rudolf Steiner “nel 1918.

Tutte le malattie sono un avvelenamento del corpo!

 Ogni pandemia negli ultimi 150 anni corrisponde ad un’intensificazione e ad un salto di qualità nell’elettrificazione della Terra, e quindi del suo grado di avvelenamento.

Nel 1918 si sono introdotte le onde radio intorno alla terra: quando esponete un qualsiasi essere vivente ad un campo magnetico artificiale e disarmonico rispetto alla normale vibrazione cellulare, lo avvelenate.

 Gli esseri umani più deboli muoiono mentre gli altri restano in uno stato di latente intossicazione che facilmente, se protratta nel tempo, può condurre ad una malattia.

Con la seconda guerra mondiale è iniziata una massiccia introduzione dei radar su tutta la Terra, ricoprendola di campi elettromagnetici artificiali.

Era la prima volta nella storia che gli esseri umani subivano questo tipo di esposizione.

La Terra è avvolta da una fascia protettrice denominata “Cintura di Van Allen” situata nella magnetosfera terrestre, il cui ruolo principale è quello di incorporare i raggi cosmici provenienti da ogni pianeta del sistema solare ed oltre, e di distribuirli a tutti gli esseri viventi terrestri.

Dal 1968 sono stati introdotti dei satelliti proprio in questa fascia e dopo 6 mesi vi è stata un’altra epidemia virale chiamata “Hong Kong”.

Perché virale?

Perché la gente avvelenata dall’elettromagnetismo artificiale espelle delle tossine che sono i virus, che non sono la causa della malattia, ma servono alla disintossicazione della cellula.

Oggi si crede che il virus sia trasmissibile, ma sarà proprio così?

Nel 1918, il ministro della sanità dello stato del Massachusetts decise di analizzare la caratteristica contagiosa di un’epidemia, così venne preso del muco di persone che avevano la spagnola e lo iniettarono ad altre persone sane:

nessuna risultò positiva!

Venne ripetuto per mesi e decine di volte, con migliaia di persone e neanche una si infettò!

 Stessa prova venne fatta sui cavalli, con lo stesso esito.

Potete leggere tutto questo in un libro che si intitola “L’arcobaleno invisibile” di Arthur Firstenberg (liberascelta.org), dove viene evidenziata la correlazione tra gli stadi dell’elettrificazione della Terra e l’insorgenza di epidemie di influenza virale, puntualmente entro 6 mesi.

Come ha potuto l’influenza spagnola propagarsi dal Kansas al Sud Africa in due settimane in modo che tutti manifestarono lo stesso sintomo e nonostante i mezzi di trasporto fossero i cavalli o le navi?

Infatti le cronache di allora dicevano:

 non sappiamo come possa avvenire… Ma se riflettiamo che le onde radio del cellulare che abbiamo in tasca o tra le mani possono in meno di tre secondi inviare un messaggio in Cina o Giappone o Usa ed arrivare all’istante, forse qualche dubbio o meglio certezza ci può venire…

Negli ultimi 6 mesi vi è stato un salto drammatico nell’elettrificazione della Terra:

si chiama 5G, per il cui supporto stanno lanciando circa 20.000 nuovi satelliti a banda larga, proiettati nello spazio, ognuno dedicato all’irradiazione della Terra con alte frequenze elettromagnetiche ad oltre 10 miliardi di hertz, quando le nostre cellule vibrano da 1 a 2 milioni di hertz, vibrazioni che faranno creare ad ogni cellula del nostro corpo grandi quantità di scorie che emetteremo per guarire e che gli scienziati chiameranno virus.

Coronavirus e 5G: c'è correlazione?

LO STUDIO, IL VIDEO – Oasi Sana –

Tutto questo evidentemente non è compatibile con la nostra salute!

 Inoltre il 5G è un dispositivo che destruttura l’acqua, che quindi non può più essere veicolo delle vitali funzioni metaboliche del corpo umano portando all’accumulo delle scorie.

Le scorie che emettiamo (virus) sono quindi gli avanzi, le escrezioni delle nostre cellule malate create dai campi elettromagnetici sempre più potenti!

Dove si trova la prima e finora unica città al mondo interamente coperta dalla rete del 5G? Wuhan, in Cina!

Quindi occorre iniziare a pensare che siamo in una vera crisi esistenziale di un’ampiezza che gli esseri umani non avevano mai visto prima!

Qualcosa che non ha precedenti nella storia dell’umanità!

La sensibilità al 5G dipende dalla quantità di metallo che abbiamo in corpo, come anche dalla qualità dell’acqua nelle nostre cellule.

Quindi quando si inizia ad introdurre dell’alluminio nel corpo delle persone attraverso i vaccini che lo contengono, come coadiuvante, oppure a bere in lattine di alluminio, o ancora in forma di polveri sottili nell’aria che respiriamo, diventiamo delle antenne recettrici, per assorbire maggiormente i campi elettromagnetici.

E questo crea le condizioni perfette perché si manifesti proprio il tipo di danni che sta subendo la specie umana adesso!

 

“Rudolf Steiner” nel 1917 scrisse:

“Ai tempi in cui non c’era ancora la corrente elettrica, quando l’aria non brulicava di influenze elettriche, era più facile essere esseri umani!

Per questo motivo, al fine di essere interamente esseri umani oggi, è necessario sviluppare velocemente delle capacità spirituali più forti di quanto ce ne fosse bisogno un secolo fa!”

Quindi, dopo oltre un secolo di queste profetiche parole, dobbiamo velocemente fare di tutto quanto siamo in grado per sviluppare rapidamente le nostre capacità spirituali, perché è veramente molto difficile essere un essere umano ai tempi nostri!

(Parte di questo articolo è stato redatto grazie a informazioni di “Thomas Cowan”.)

(agribionotizie.it/elettromagnetismo-e-virus/).

 

 

 

 

 

L’Agenda 2030 –

l’Inganno Oligarchico.

 Fisicaquantistica.it – (5 Giugno 2024) – Beatrice - Roberto Pecchioli – ci dice:

 

Pochi documenti riassumono la menzogna al potere quanto l’Agenda 2030 dell’ONU.

La prima bugia sta nel nome e nella struttura reale dell’ONU.

 Le nazioni non sono affatto unite, l’ONU non ha mai evitato o risolto un conflitto.

Inoltre gli Stati aderenti non sono in piede di parità.

Non solo per il diritto di veto attribuito alle potenze vincitrici – ottant’anni fa – della seconda guerra mondiale, oltreché alla Cina.

L’ONU è controllata dagli USA, il maggior finanziatore;

le sue filiazioni, Unesco (cultura) FAO (fame nel mondo) e OMS (sanità) sono largamente finanziate da Organizzazioni Non Governative, fondazioni e gruppi di potere privato.

Inoltre, la pressione dei governi occidentali costringe molti Stati ad accettare la volontà di una minoranza in cambio di finanziamenti (prestiti vincolati a politiche specifiche e a cessione di risorse e sovranità) concessi da strutture transnazionali globaliste quali Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale.

L’ONU è nei fatti un braccio del potere transazionale oligarchico privatizzato, garantito dall’influenza e dalle armi di alcuni paesi.

Un’oligarchia miliardaria – veri e propri azionisti (stakeholders) dell’ONU e delle altre agenzie transnazionali – che grazie all’Agenda 2030 impone la sua volontà alle nazioni “sovrane”.

L’Agenda 2030 è la summa della ricerca dello “sviluppo sostenibile”, un’espressione della neolingua bugiarda il cui significato è imposto dalle cupole di potere.

 Si tratta di diciassette obiettivi divisi in cento sessantanove tappe da conseguire entro il fatidico 2030, tutti e insieme.

L’Agenda è così: prendere (è un obbligo) o lasciare (impensabile!);

il testo afferma cinque volte il suo carattere “integrato e indivisibile”.

IL POTERE SEGRETO.

La confezione è accattivante, impossibile da contestare, l’anestetico di massa atto a celare i fini della gigantesca operazione di riconfigurazione antropologica che si propone, la sostituzione e la distruzione dei fondamenti della nostra civiltà e dell’ordine sociale.

Chi si opporrebbe a:

fine della povertà, fame zero, salute e benessere, pace, giustizia e istituzioni solidali?

Sotto il profilo culturale, è un miscuglio velenoso, di post marxismo, materialismo, globalismo padronale, relativismo teso alla destrutturazione dei popoli.

Il primo a rendersi conto della sostituzione della verità fu papa Benedetto XVI: “Una volta che le ideologie e le concezioni politicamente corrette basate sulla praxis sostituiscono la verità, l’università diviene una mera macchina per elaborare e promuovere tali ideologie”.

 Il transito dalla cultura ufficiale al potere è immediato.

La stessa dizione “agenda” ha carattere di imposizione:

 “ciò che deve essere fatto”.

 In un’agenda è importante ciò che vi è incluso quanto ciò che resta fuori.

 Ad esempio, nel documento non sono menzionati l’invecchiamento della popolazione e la denatalità, che per” Larry Fink”, CEO di “Black Rock”, è alleata della sostituzione dell’uomo con le macchine.

Un’agenda politica è la forma con cui una comunità ordina i temi di interesse, dando priorità ad alcuni in un certo momento storico.

Va al di là di un elenco di obiettivi; accettarla significa aderire a una determinata cornice mentale che ne è il fondamento ideologico.

Altrettanto ideologico è l’utilizzo di espressioni tipo “salute sessuale e riproduttiva”, l’espediente neolinguistico inventato per la promozione della denatalità e dell’aborto.

Tutti i salmi finiscono in gloria, un contrabbando ideologico, una colonizzazione in nome della quale si intende obbligare ogni Stato a definire l’aborto diritto universale, denaturalizzare il matrimonio, imporre l’ideologia del cambio climatico, condizioni per accedere ai finanziamenti delle organizzazioni internazionali controllate dai globalisti occidentali.

Ne sono esempi l’Obiettivo 5, improntato dall’ideologia di genere che ordina di “garantire l’accesso universale ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, inclusi quelli di pianificazione familiare, informazione e istruzione e l’integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali” e l’Obiettivo 12, che eleva a dogma l’opinione sulla natura e le origini antropiche dei cambiamenti climatici, alibi per imporre politiche restrittive della libertà e dello sviluppo.

Non capiamo come possa essere perseguita l’uguaglianza tra uomini e donne, la lotta contro la povertà, il rispetto dell’ambiente (capisaldi dell’Agenda) senza agire sulla famiglia, principale agenzia educativa, luogo deputato all’amore e alla comunione di vita.

La parola famiglia non figura nel documento; la società futura si costruisce alle spalle, senza e contro la famiglia.

Neppure la parola “padre” appare nella Risoluzione, la madre è menzionata solo in riferimento alla “madre terra”.

 La “salute sessuale e riproduttiva contiene due bugie, poiché la gravidanza non è una malattia, e abortire – comunque la si pensi – è un atto anti riproduttivo. L’Agenda punta alla diminuzione della presenza umana sulla Terra pur senza affermarlo chiaramente, un altro inganno.

La visione antropologica sottostante è l’idea che l’umanità sia plastica, malleabile, perfettibile, sotto l’azione di un grumo di potere “illuminato”, l’élite autoproclamata che conosce ciò che è bene per tutti, conducendo verso una perfezione scelta da essa stessa.

Il “perfettissimo” ha sempre condotto alle peggiori conseguenze, basato nella fattispecie unicamente su valori materiali, estranei al carattere spirituale insito nell’uomo.

 

NUOVO ORDINE MONDIALE E CORONAVIRUS.

 

LETTERE A UN'ANIMA.

Una manipolazione che assoggetta l’umanità al bene superiore della “madre terra”, conosciuto dai Superiori in base a un sapere esoterico e indiscutibile.

 Di qui discende la negazione della centralità umana e della dimensione spirituale. La possibilità di Dio è negata di fatto, così come l’esistenza di una legge naturale e di un ordine morale.

L’uomo è un essere autonomo, fabbro di sé stesso, non più creatura.

Tutti concetti mai pienamente espressi, dati per scontati, indimostrati, senza riferimenti oggettivi.

 

L’esito è un’antropologia materialista che sfocia in scientismo. Scriveva” Konrad Lorenz”, premio Nobel 1973:

 “credere che faccia parte del patrimonio stabile dell’umanità soltanto ciò che è comprensibile per via razionale o addirittura ciò che è dimostrabile scientificamente, è un errore che comporta conseguenze disastrose e che induce a gettare a mare l’ingente tesoro di conoscenze e di saggezza contenuto nelle tradizioni di tutte le antiche culture e nelle dottrine delle grandi religioni universali, e a vivere nella convinzione che la scienza sia in grado di dar vita dal nulla, unicamente per via razionale, a un’intera cultura, con tutto ciò che essa comporta”.

Altra conseguenza dell’Agenda è il relativismo:

 non è più la natura umana la guida per identificare il bene;

ogni forma di vita deve essere accettata, promossa, protetta su un piano di uguaglianza con l’essere umano, insinuando anzi un gradino più basso per l’homo sapiens:

la negazione di tutte le civiltà apparse nella storia.

L’utopismo è un ulteriore sconcertante elemento del documento globalista, l’aspirazione a un mondo privo di difetti, senza povertà, malattia, carestia, addirittura morte, i quattro cavalieri dell’Apocalisse.

Di qui l’individualismo “plastico”, progressivo, tendente a costruire un soggetto ripulito dei suoi difetti naturali, che diventa un essere asociale, solitario, sganciato da appartenenze, identità, vincoli.

 Paradossalmente, l’individualismo non sbocca nel libertarismo, ma in un interventismo pieno di sfiducia nella libertà.

L’uomo viene indirizzato al suo destino dall’oligarchia, indottrinato, guidato verso il modello di esistenza voluto dall’Agenda, privato di autonomia d’azione, libero arbitrio.

Per gli Illuminati, l’uomo comune non sa scegliere la strada giusta, quindi va diretto dall’alto.

Ciò conduce al totalitarismo in una forma apparentemente soffice, suadente.

Il dirigismo obbliga a percorrere un’unica via, tracciata dai padroni dell’Agenda:

 le sovranità nazionali – insieme con le differenze dei popoli – sono i maggiori impedimenti all’applicazione globale dei precetti dell’Agenda.

 Devono quindi essere soppresse e intanto ingabbiate.

La visione generale è transumana:

l’uomo è materia che la scienza e la tecnica posso modificare, ibridare, modellare senza limiti indipendentemente dalla sua volontà.

 

L’essere umano deve essere altresì assoggettato al bene superiore della “madre terra”, mediante l’imposizione dell’ideologia “green”, un’altra parola passe-partout per giustificare ogni sacrificio prescritto dall’Agenda.

Gli europei ne avvertono i segnali nelle direttive sulle abitazioni, con ingentissime spese di ristrutturazione che priveranno molti della proprietà della casa, con la menzogna del lavoro “smart”, solitario, da casa, con il neofeudalesimo della mobilità ridotta per aderire al tabù climatico.

Tutto è imposto in forma ricattatoria, vincolando al rispetto dell’Agenda ogni aiuto e partenariato.

“La mano che dà è sempre superiore alla mano che riceve”, sbottò Napoleone Bonaparte, costretto a dipendere dai prestiti della finanza.

 Gran parte del Terzo e Quarto Mondo e degli Stati di piccole e medie dimensioni vengono così costretti a politiche contrarie agli interessi e alle convinzioni dei loro popoli.

La menzogna della libertà e dell’inesistente “comunità internazionale”.

 

L’obiettivo 5 è sintomatico dell’ideologia mondialista dell’Agenda.

 Il titolo è equivoco:

“raggiungere l’uguaglianza di genere e dare potere a tutte le donne e alle bambine” (e i maschietti?) significa asserire che non esiste un’unica natura umana, sino a mettere da parte il sesso biologico nella determinazione dell’identità sessuale.

Donne e uomini sono entità reciprocamente ostili e l’uomo è sempre un pericolo per la donna.

La guerra dei sessi sostituisce gli antagonismi sociali e di classe, mentre rafforzare il potere femminile nega la complementarità collaborativa con il maschio, condizione naturale del rapporto uomo-donna.

L’Agenda obbliga a politiche anticoncezionali, tra le quali la sterilizzazione – il contrario della pretesa “salute riproduttiva” – e a pratiche contrarie alla protezione della vita.

Significativo è l’uso strumentale delle parole, con termini specificamente disegnati per dissimulare la realtà e significare il contrario di ciò che affermano, un tratto squisitamente totalitario, l’istituzionalizzazione del falso.

Ovvio lo scopo finale:

promuovere la denatalità, celata dietro termini come pianificazione familiare, ponendo i poteri pubblici al servizio di pratiche contrarie alla cura, protezione, accoglienza della vita.

L’obiettivo 12 “produzione e consumo responsabili” eleva a dogma l’ideologia climatica green, alimenta l’infondata “ecoansia” dei più giovani e rinchiude nella povertà molti paesi.

Una decrescita infelice figlia di un’arrogante rappresentazione dell’azione umana, una faccia in più del delirio di onnipotenza che ha colto le classi dominanti.

Se il destino è la denatalità, problema gigantesco spacciato per felice opportunità di fare a meno degli uomini, la visione generale è immigrazionista.

 Dove c’è carenza di popolazione, la soluzione è la sostituzione, come se civiltà, culture, idee, razze, esperienze fossero indifferenti e come se spostare ingenti masse non producesse drammi umani e sociali tanto per chi arriva quanto per chi riceve.

Qui si cancellano modi di vivere, di essere, organizzare la vita secolari e millenari, mentre le aree di emigrazione vengono private di energie e competenze.

Sradicamento brutale delle culture di accoglienza e di chi è costretto alla migrazione.

 Menzogna assoluta è che la sostituzione etnica risolva i problemi economici: tutt’al più rinvia alcuni effetti.

Nell’Agenda non si fa alcuna menzione delle immense fratture sociali delle società multiculturali e multietniche, né si propone la soluzione di problemi esistenziali quali l’indifferenza, la solitudine prodotta dalla destrutturazione familiare, l’incomunicabilità delle società individualistiche, rinserrate in ghetti divisi per origine, lingua, etnia, costumi, abitudini sessuali.

 I fatti contraddicono clamorosamente le proclamazioni; il potere lo sa ma persevera nella menzogna.

Su tutto, domina un fenomeno tenacemente rimosso:

 la proliferazione di minoranze, ciascuna delle quali rivendica diritti speciali. L’Agenda 2030 tace clamorosamente sui temi dell’economia e della finanza, sulla vergognosa distribuzione di reddito e opportunità, non si pronuncia sulle libertà politiche e sui diritti sociali.

Annuncia l’Eldorado mentre diffonde falsità.

Finge di sostenere le vittime mentre aumenta la ricchezza e il potere di chi ce l’ha già, omologa i popoli mentre esalta la “diversità”.

L’agenda degli oligarchi è la gabbia dei popoli.

(Roberto Pecchioli)

(ilpensieroforte.it/dibattiti/lagenda-2030-linganno-oligarchico/).

 

 

 

 

 

 

Stanno Giocando alla

Manipolazione Climatica…

 Fisicaquantistica.it - 84 Giugno 20249 – Beatrice – Redazione - Marika Moretto – ci dice:

 

Stanno giocando alla manipolazione climatica come un bimbo prima che gli tolgano il giocattolo… con maggior fervore ed attaccamento.

Sì, perché i giocattoli a loro disposizione sono in realtà pochi, e con quei pochi tentano di destabilizzarci il più possibile.

Prima di tutto creando disagio, secondo: togliendoci la possibilità di assorbire i raggi solari.

 (Stesso obiettivo delle scie chimiche).

Perché? In realtà tutto ciò che accade ha sempre più di una spiegazione, perché va visto da angolazioni diverse.

Sempre.

Non siamo ancora al di fuori dal gioco duale, non del tutto.

Siamo ancora nella fase di passaggio, e di conseguenza le due forze (luce-ombra) si manifestano contemporaneamente, spesso alternandosi e a volte agendo insieme.

Queste piogge alluvionali creano forti disagi e quindi tendono a portare sconforto e frustrazione.

Oltre che depressione nelle persone più sensibili che inoltre non riescono ad attingere alla luce del sole e alla sua energia quando necessitano.

C’è però da dire anche che l’Acqua pulisce tutti i metalli pesanti che di recente sono sempre più attivi nell’atmosfera terrestre, ovvero nell’aria che respiriamo.

 L’Acqua “porta via” quei metalli che creano forti bruciori agli occhi e pruriti su tutto il corpo, soprattutto sul viso, nelle narici e nelle orecchie, oltre che sulla pelle in generale.

Ecco quindi che c’è una doppia manifestazione, ovvero un doppio obiettivo nella stessa dinamica.

Io come sempre mi concentro nella parte costruttiva (luce) seppur osservo l’altra con attenzione ma anche con un certo distacco.

La realtà, che ci si creda oppure no, è che la frequenza vibrazionale collettiva di questo mondo è in ascesa velocissima. Questo significa che il risveglio collettivo sta dando i suoi frutti, sta muovendo fili che ancora non si palesano del tutto, ma che vi assicuro sono in gran fermento.

La manifestazione fisica di ciò che accade nel sottile richiede sempre tempi più lunghi, quindi nella realtà vedremo tali risultati quando sarà il momento.

 

Non escludo che questa estate porti le “prove tangibili” di quello che sta avvenendo già da molto tempo sul piano sottile collettivo. A livello personale, ovvio, dipende dalle proprie vibrazioni e dalle proprie scelte.

Ciò che è palese è la forza di questa trasformazione energetica, che ovviamente non può essere fermata in nessun modo, quindi tentano semplicemente di rallentarla come possono.

Ma anche questi rallentamenti possono avere la meglio soltanto su quelle persone ancora profondamente ancorate al piano 3D.

 Mentre per tutte le altre risultano essere soltanto piccoli fastidi temporanei, che possono venire percepiti sul piano emotivo (nervosismo, tristezza, apatia) e poi sul corpo fisico attraverso malesseri vari.

È certo che la stanchezza fisica e mentale ha la meglio in moltissimi di noi attualmente.

 Proprio perché questo continuo cambio climatico ha l’obiettivo di destabilizzare l’assetto energetico del corpo umano e quindi portare caos a livello emotivo abbassando le vibrazioni.

Questi cambiamenti di temperatura continui mandano effettivamente in tilt il corpo fisico e lo mettono in una situazione di stress costante.

Ecco perché quando la temperatura esterna è costante il corpo fisico sta meglio, sia che si tratti di freddo o di caldo.

Sono gli sbalzi termici a creare dei veri e propri shock nel nostro campo energetico.

Se vi capita di avere momenti di grande calore quasi di bruciore interno, e poi momenti di forte sensazione di freddo (brividi) conseguiti da effettivamente un gelo interno, è tutto normale.

È il corpo che sta riequilibrando il suo campo energetico come può.

Voglio però precisare che le persone che hanno Vibrazioni più alte vivono maggiormente tutto questo rispetto alle persone appunto che vibrano ancora per la maggior parte nel piano 3D.

 Può sembrare assurdo, ma chi vibra ancora molto nel dolore sente meno disagio, rispetto a chi si sta ripulendo sempre più.

Questo è l’obiettivo di questa manipolazione climatica, perché è mirata effettivamente su chi sta procedendo nel processo di ascensione vibrazionale.

Ma, niente paura, ripeto sono solo intoppi, che non possono far altro che portare piccoli disagi, tutto qui.

Il cambio vibrazionale è inarrestabile, non può essere fermato in nessun modo.

 E loro lo sanno bene.

Ecco perché cercano di portare destabilizzazione e disagio, perché attualmente è l’unica cosa che possono fare.

Se può rincuorarvi, pensate che una semplice mezz’ora di sole ogni tanto porta cariche fotoniche di energia pulita e nuova in quantità enormi.

Proprio perché le energie sono più intense, basta soltanto che il sole filtri giusto un po’ ogni tanto… per portare le sue informazioni in profondità, e sgretolare così ogni giorno di più… tutte le tossine energetiche legate alle Basse Vibrazioni di questo mondo.

Ormai ciò di cui si necessita per stare bene non è più la quantità, ma la qualità di energia. E la qualità… aumenta di minuto in minuto.

Un abbraccio a voi.

(Marika Moretto – Channeler, Alchemist Healer, Pranotherapist)

(facebook.com/profile.php?id=100074791324180)

 

 

 

 

 

 

La notte che bruciammo

le antenne del 5G.

 Valigiablu.it - (23 Gennaio 2021) - Leonardo Bianchi – ci dice:

 

Qualche ora prima dell’alba del 25 dicembre 2020, i residenti di un quartiere centrale di Nashville (capitale del Tennessee, negli Stati Uniti) sono svegliati dal frastuono di alcuni colpi di arma da fuoco e da una voce computerizzata che proviene dall’altoparlante di un camper, parcheggiato sulla “Second Avenue North” di fronte all’edificio della compagnia telefonica AT&T.

I poliziotti, giunti tempestivamente sul posto, assistono a una scena surreale.

“Tutti gli edifici della zona devono essere evacuati”, ripete la voce.

“State lontani da questo veicolo, tra quindici minuti esploderà una bomba”.

Gli agenti iniziano a evacuare l’area mentre l’altoparlante trasmette pezzi della canzone “Downtown” di “Petula Clark”.

Alle 6 e 30 in punto il camper salta in aria, devastando tutto ciò che si trova nelle sue vicinanze.

“È tremato l’intero quartiere”, racconta al” New York Times” una residente che abita a qualche isolato di distanza.

 “Non riesco a togliermi quelle immagini dalla testa.”

La fornitura di gas nell’area viene staccata e linee dell’AT&T vanno fuori uso, costringendo l’aviazione a fermare i voli dall’aeroporto di Nashville.

 

L’esplosione ferisce otto persone e causa un morto – l’attentatore stesso.

 Le forze dell’ordine lo identificano in “Anthony Warner,” un 63enne di “Antioch “(una città nel Tennessee).

L’uomo era già stato segnalato dall’ex fidanzata nel 2019, e i vicini l’hanno descritto come un “eremita”.

Uno di loro, parlando con la “CNN”, ricorda che qualche giorno prima di Natale “Warner “gli aveva confidato che “diventerò così famoso che Nashville non si dimenticherà mai di me”.

Nei momenti iniziali il movente rimane avvolto nel mistero:

 l’uomo non ha nulla a che fare né con l’AT&T, né con la zona.

 A gennaio del 2021, alcuni conoscenti ricevono un pacco spedito da Warner che contiene due penne usb e un manoscritto di nove pagine in cui si menzionano – tra varie cose – teorie del complotto sull’11 settembre, il “falso allunaggio” e i rettiliani.

Secondo varie testate, l’Fbi starebbe indagando su possibili legami con un'altra teoria:

quella sulla pericolosità della tecnologia 5G.

Le autorità locali hanno fatto notare che, nei mesi precedenti, almeno tre ripetitori in Tennessee usati dal dipartimento statale della salute erano stati danneggiati. L’assessore alla sanità “Jeff Long”, riferendosi proprio a questi episodi, aveva detto che “in questo paese abbiamo un problema con la rete 5G”.

Ma gli Stati Uniti non sono di certo l’unico paese ad avere questo problema.

 Tra la fine dell’inverno e la primavera del 2020, gli attacchi alle antenne telefoniche si sono verificati in Olanda, Irlanda, Cipro, Belgio, Svezia, Finlandia, Francia e anche Italia; a Maddaloni, provincia di Caserta, migliaia di famiglie sono rimaste senza la connessione Internet per alcuni giorni dopo l’incendio di alcune antenne 3G e 4G.

Nel Regno Unito il fenomeno ha assunto parecchia intensità:

solo tra l’11 e il 12 aprile sono state danneggiate circa venti antenne – numero arrivato a cinquanta alla fine del mese.

Anche i lavoratori e gli operai delle compagnie telefoniche sono stati minacciati e intimiditi.

A giugno “Michael Whitty”, un 47enne di Liverpool, è stato condannato a tre anni di reclusione per l’incendio di un ripetitore della” Vodafone”:

era genuinamente convinto che si trattasse di 5G (non lo era) e che fosse nocivo per la sua famiglia.

“La sua reazione è stata sbagliata e sproporzionata,” ha dichiarato il suo avvocato “Andrew Alty”, “ma solo il tempo ci dirà se la sua convinzione sia giusta o sbagliata”.

Dal “raggio della morte” alle “onde letali” del microonde.

A proposito di tempo:

come ha ricostruito il ricercatore “Giovanni Gugg” in un paper intitolato “The tower is burning”, la paura delle onde elettromagnetiche e della telefonia senza fili ha accompagnato l’umanità sin dalla comparsa di queste tecnologie.

Già all’inizio del 1900, nell’ambito di un simposio tenutosi a Los Angeles, il dottore “Albert Soiland “parlava di “radio fobia”.

Nel corso degli anni Venti del secolo scorso, numerosi articoli giornalistici attribuivano alla radio disastri naturali come siccità, alluvioni, tifoni e terremoti (anticipando le teorie del complotto più recenti sull’installazione militare Haarp); altri individuavano nelle onde radio la causa dei divorzi, di inspiegabili morie di volatili e addirittura di “strani” comportamenti adolescenziali.

Nel decennio successivo si era diffusa una leggenda metropolitana destinata ad avere un grande successo nella cultura popolare:

 il “raggio della morte” di Guglielmo Marconi.

Secondo le voci, prima di morire l’inventore della radio stava lavorando a un’arma segreta che Mussolini avrebbe usato per cambiare il corso della guerra – una sorta di versione italiana delle “Wunderwaffen”, le “armi-meraviglia” dei nazisti.

 

Nel corso della Guerra Fredda il panico si era poi spostato sulle radiazioni, sui tralicci dell’elettricità e sui primi elettrodomestici di massa – tra cui phon, televisioni e forni microonde.

Nei primi anni Duemila è stato invece il turno dei cellulari e del Wi-Fi, le cui onde invisibili sono state associate a una nuova malattia (non riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) chiamata “elettro sensibilità”.

 

Le stesse argomentazioni, sfociate in alcuni casi in azioni dirette di danneggiamento, sono tornate in auge con l’implementazione di ogni nuova generazione di telefonia mobile – e dunque con la rete 3G, 4G e infine 5G, accusate pure di essere strumenti di sorveglianza occulta, o di lavaggio del cervello, in mano a potenti organizzazioni segrete.

Non sorprendentemente, le rassicurazioni delle istituzioni sanitarie e della comunità scientifica sono sempre cadute nel vuoto.

Prendiamo l’ultimo arrivato, il 5G: nel marzo del 2020, dopo uno studio durato sette anni, la “Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non-Ionizzanti” (ICNIRP) ha affermato di non aver trovato prove della sua pericolosità. Anche la” Commissaria alla salute” dell’Unione Europea ha ribadito che l’esposizione ai campi elettromagnetici è inferiore ai limiti raccomandati dal Consiglio europeo.

Tuttavia, è proprio in quel mese che la teoria del complotto sul 5G è esplosa in tutto il mondo.

Per il Guardian si è infatti verificata una “tempesta perfetta”, che ha combinato elementi preesistenti (come i gruppi locali di attivisti anti-5G e un’inadeguata comunicazione pubblica da parte delle compagnie telefoniche) con la nuova, drammatica realtà della pandemia di coronavirus.

Allo scattare dei primi lockdown, quindi, i timori sul 5G si sono saldati con quelli sul virus – amplificandosi a dismisura e dando vita all’ennesimo spin-off di una tecnologia umana che causa, o quanto meno aggrava, le malattie infettive.

La fusione tra il 5G e la pandemia di coronavirus.

L’origine della correlazione tra 5G e coronavirus, come spesso accade con le teorie del complotto, è decisamente improbabile.

Il primo a parlarne è il sito francese complottista “Les moutons enragés “(“Le pecore arrabbiate”), che in un articolo pubblicato alla fine di gennaio 2020 parla di un presunto collegamento tra le “onde millimetriche” e la Covid-19.

Nel medesimo periodo, sul quotidiano belga “Het Laaste Nieuws” compare un’intervista ad uno sconosciuto medico di base dal titolo eloquente:

 “Il 5G è pericoloso e nessuno lo sa”.

Il dottore, rimasticando speculazioni già apparse altrove, afferma che il primo focolaio a Wuhan è scoppiato contestualmente all’installazione delle antenne 5G: non può essere una coincidenza.

L’articolo viene rimosso dal sito, ma resta online il tempo sufficiente per attecchire nei gruppi Facebook degli attivisti anti-5G olandesi – per poi passare nei corrispettivi anglosassoni.

A quel punto la crescita diventa esponenziale, alimentata dai video su YouTube che raccolgono centinaia di migliaia di visualizzazioni, i post di svariati influencer e celebrità, e i documentari sul tema (ben sette) di Russia Today.

Più la teoria si diffonde, più emergono varianti.

 Un’inchiesta di Wired ne ha contate almeno cinque:

 il 5G indebolisce il sistema immunitario e rende più letale la COVID-19;

i ripetitori del 5G provocano direttamente la malattia;

 i lockdown in realtà sono una copertura per installare i ripetitori del 5G;

George Soros e Bill Gates finanziano il 5G e lo inseriscono di nascosto nei vaccini; il 5G fa parte di un piano di sterminio voluto dagli Illuminati e dal Nuovo Ordine Mondiale.

Negli Stati Uniti e in Europa, inoltre, le manifestazioni contro le misure di sanità pubblica vedono una nutrita partecipazione degli aderenti al movimento anti-5G. Nel Regno Unito, ad esempio, associazioni come” Stand Up X” mettono in piedi decine di presidi insieme ad antivaccinisti, estremisti di destra e seguaci di QAnon.

Una dinamica simile si verifica in Italia – in particolare durante un evento a Roma del 2 giugno del 2020, organizzato dai “Gilet Arancioni” dell’ex generale dei carabinieri “Antonio Pappalardo.”

 In quell’occasione, una manifestante sintetizza l’intera teoria in questo modo:

Quando Conte telefona a Bill Gates, prendendo 140 milioni, decide di iniettare il mercurio nelle nostre vene, collegate ai 5G… e diventeremo dei piccoli robot.

Se tu vuoi ammazzarmi, basta alzare la temperatura del mio corpo e io muoio.

La teoria del complotto sul 5G va però oltre le proteste di strada: penetra anche nella politica.

Per restare nella Penisola, tra marzo e maggio 2020 vengono approvate ben 209 ordinanze comunali (da nord a sud) per bloccare l’installazione delle antenne di ultima generazione, con motivazioni che spesso ricalcano il manifesto dell’Alleanza italiana Stop 5G.

Fino a quel momento, secondo i calcoli di Wired Italia, gli atti amministrativi erano appena 53.

Insomma:

come dice “Josh Smith”, ricercatore presso l’”istituto demografico britannico Demos”, il coronavirus “ha creato le condizioni ambientali ideali” per l’espansione di una teoria che ha la capacità di spalmarsi sull’intero spettro politico - dentro si può scorgere un vago messaggio anticapitalista, oppure una difesa libertaria della proprietà individuale - nonché quella di additare un colpevole per la situazione angosciante in cui siamo piombati da quasi un anno a questa parte.

Contro il mondo moderno.

Al di là della pandemia, il nucleo profondo delle teorie sul 5G riguarda soprattutto il nostro rapporto con la tecnologia.

“Anche se cambiano i dispositivi, le paure rimangono le stesse”, sostiene” Kaitlyn Tiffany” su” The Atlantic”, “ossia che le radiazioni degli oggetti che usiamo ci stanno distruggendo e il mondo moderno è un errore madornale”.

Di sicuro, negli ultimi 50 anni siamo stati inondati di prodotti tecnologici che hanno assunto una rilevanza cruciale nelle nostre vite, ma su cui sappiamo ben poco – e quel poco che si legge in giro è comunque terrificante – e non abbiamo praticamente alcun controllo.

Nel caso del 5G, questo assunto è ancora più evidente:

 che lo vogliamo o meno, l’installazione delle antenne è già iniziata e sarà completata senza il nostro coinvolgimento.

Quasi come se si trattasse di un fenomeno naturale inarrestabile, verso il quale non abbiamo armi efficaci – a parte il fuoco sulle antenne, che secondo” Giovanni Gugg” ha un valore simbolico e catartico.

Le teorie del complotto sul 5G, alla fine, sono principalmente un tentativo cognitivo di sopperire a questo sentimento di impotenza.

Anche perché, come ha scritto l’epidemiologo “Geoffrey Kabat,” cercare un nesso causale tra le onde elettromagnetiche e le malattie gravi negli esseri umani è quasi una forma di “pareidolia”, nel senso che ognuno può vederci quello che vuole.

 

 

 

Verso un nuovo

ordine mondiale

  Soloriformisti.it – (21 MARZO 2024) – Prof. AMEDEO LEPORE – ci dice:

 

Il mondo sta conoscendo una fase di particolare complessità tra una globalizzazione che ha rallentato il passo, modificando i suoi caratteri di fondo ma non venendo meno, e ostilità diffuse – non solo la guerra e le relative tragedie in Ucraina e Medio Oriente – che rappresentano un pericoloso detonatore per la stabilità internazionale e rendono gravido di incertezze il prossimo futuro dell’economia e della società.

Il contesto globale si sta velocemente muovendo all’interno di un’età di crisi con estesi spazi di conflitto e prove di forza inedite.

Una recente indagine dell’”Economist Intelligence Unit”, intitolata “Age of conflict”, ha fornito un quadro dello stato della democrazia in 167 Stati e territori, con molte significative informazioni.

Se quasi la metà della popolazione del pianeta vive in democrazie (o quasi), solo poco meno dell’8% si trova in condizioni di piena democrazia, con un dato del 2023 in calo di oltre un punto rispetto al 2015, e oltre il 39% sotto un regime autoritario, con un dato in crescita soprattutto negli ultimi anni.

 Secondo questa analisi, le democrazie mondiali appaiono incapaci di prevenire le guerre e di governare le controversie sociali interne, indebolendo così le prospettive di rinnovamento politico e ostacolando il progresso dell’economia, strettamente legato a una situazione di non belligeranza e all’interdipendenza dei flussi produttivi e commerciali internazionali.

Questo scenario dipende dal “disaccoppiamento” e dai contrasti tra le potenze egemoni tradizionali, come gli Stati Uniti, e quelle emergenti, come Cina e Arabia Saudita, che sono resi più aspri dai focolai di guerra, mettendo in discussione l’assetto geopolitico globale.

 L’”EIU” afferma che “il modello democratico sviluppato negli ottant’anni successivi alla seconda guerra mondiale non funziona più”.

Eppure, l’Europa occidentale è l’unica area continentale che è riuscita a tornare ai livelli di libertà civile e democrazia precedenti la pandemia, nonostante tutti i suoi problemi e la persistenza di un’ampia insoddisfazione dei cittadini per la situazione politica.

 Questo aspetto critico dimostra che l’esistenza di istituzioni democratiche, stato di diritto e strumenti di governance non basta di per sé a determinare il consenso necessario, ponendosi un problema di efficienza e risultati tangibili, oltre che di riconoscimento e identificazione da parte dei governati.

 La ricerca indica, inoltre, un incessante malessere e un’assenza di sostanziali miglioramenti nelle aree al di là dei confini europei, che patiscono un arretramento della democrazia.

 La parte più significativa dell’indagine è dedicata a democrazia, guerra e pace.

La sfida per l’accaparramento delle risorse del pianeta è una delle cause principali di conflitto, ma non l’unica, come dimostra la realtà attuale.

 Vi sono altri motivi di rottura, che derivano da contese per confini e questioni territoriali, fondamentalismo religioso o razzismo, soppressione dei diritti e delle libertà, diffusione della criminalità e, soprattutto, mutamento degli equilibri geopolitici.

Tuttavia, la mancata riorganizzazione del “sistema globale e multilaterale” da parte delle potenze occidentali, di fronte a uno spostamento verso oriente del potere economico, può contribuire a intensificare rivalità e tensioni, aumentando il rischio di un allargamento degli scenari bellici.

 Secondo una vasta opinione, l’estensione delle ostilità dipende dal peso accresciuto degli Stati autoritari, dato che le democrazie, per antonomasia, sono promotrici di pace.

 Sul versante storico si può osservare che, dopo gli stermini delle due guerre mondiali, il periodo successivo al 1991 è stato caratterizzato da minori conflitti e vittime rispetto a quello della “guerra fredda”, tra il 1946 e il 1991.

L’internazionalismo wilsoniano degli Stati Uniti, che aveva come finalità la democrazia e la pace, ha prevalso per oltre un secolo sull’orientamento realista, che sostiene una strategia estera fondata su interessi concreti.

Nonostante ciò, convenienze e ideali spesso si sono intrecciati nelle vicende internazionali effettive, mischiando le carte della storia ed esponendo le democrazie, che non hanno lunghissimi trascorsi nella loro configurazione moderna, a insicurezze e pericoli di declino.

A parere dello storico “John Lewis Gaddis”, nel dopoguerra è prevalsa una “lunga pace” in Europa per la minaccia rappresentata dalla guerra fredda. Perciò, in una congiuntura connotata da crescenti contrasti, le democrazie occidentali dovrebbero concentrare i propri sforzi – oltre che sulla prevenzione e sul contenimento dei conflitti regionali, per evitare che si trasformino in conflagrazioni globali – sull’apertura di una fase per la costruzione di un nuovo ordine mondiale.

Questo obiettivo, secondo il rapporto, va perseguito anche se ci vorrà molto tempo prima che l’ascesa economica dei Paesi emergenti si traduca in predominio geopolitico e militare, giacché fin da ora occorre procedere a un riassetto delle strutture di potere globale, pena una sempre più forte instabilità e una progressiva escalation dei livelli di scontro.

Per non alimentare “polarità” contrapposte, di cui scrive un altro storico come “Adam Tooze” negando l’esistenza di blocchi consolidati, è indispensabile avviare un riordino del sistema politico internazionale, che includa le potenze emergenti senza premiare i regimi che violano i più elementari diritti e l’uguaglianza dei popoli, sostenendo i valori di libertà, democrazia e integrazione economica.

Gli Stati Uniti, per il loro ruolo di perdurante preminenza economica, e l’Europa, per la sua storica vocazione alla prevalenza della ragione, hanno il compito di interrogarsi su questa prospettiva, provando a gettare uno squarcio di luce su un avvenire quanto mai arduo.

 

 

 

Nuovo ordine mondiale:

perché il Sud del mondo

 è così decisivo e cosa può fare l'Europa.

It.euronews.com - Michela Morsa – (04/04/2023) – ci dice:

 

La guerra in Ucraina ha fatto emergere le enormi differenze tra il sistema valoriale del mondo occidentale e quello orientale.

 Il Sud del mondo sta nel mezzo.

"Siamo troppo arroganti, troppo paternalisti e troppo moralisti".

L'Occidente, dice “Alexander Stubb”, ex primo ministro finlandese e direttore dell'Istituto universitario europeo, deve rendersi conto di non essere (più) il centro del mondo.

L'Europa e gli Stati Uniti sono in una sorta di bolla, convinti che l'invasione su larga scala dell'Ucraina sia una guerra mondiale.

 Eppure, due terzi della popolazione mondiale vivono in Paesi che non hanno condannato attivamente la Russia.

Anzi, i Paesi del Sud del mondo sono più propensi a sostenere la Russia che l'Ucraina.

“ Stubb”, lo definisce un "campanello d'allarme":

40 Paesi hanno imposto sanzioni a Mosca, "zero Paesi dell'Africa.

Zero Paesi dell'America Latina. E solo due o tre dall'Asia".

La guerra in Ucraina è anche una guerra tra due sistemi di valori fondamentali totalmente differenti.

Come sostenitore dell'Ucraina, l'Occidente rappresenta un ordine mondiale liberale, mentre la Russia e anche la Cina, non proprio neutrale, rappresentano un ordine mondiale autocratico in cui l'economia e lo sviluppo corrono slegati dalla libertà e dalla democrazia.

In questa contrapposizione, il Sud del mondo fa da ago della bilancia.

I politici occidentali lo hanno capito e da tempo viaggiano nell'emisfero meridionale per conquistarli come partner.

Ma i leader orientali fanno altrettanto. 

La scorsa settimana, Mosca ha delineato la sua politica estera, identificando la Cina e l'India come partner chiave e annunciando piani per espandere i legami con l'Africa e l'America Latina.

A questo punto, l'esito della guerra potrebbe determinare più che il futuro della sola Ucraina.

In quanto sostenitori del Paese invaso, gli Stati Uniti e l'Europa cosa stanno rischiando?

 Una sconfitta sul campo di battaglia o la sostituzione del loro sistema liberale e normativo?

Insomma, un nuovo ordine mondiale?

Qual è la posizione del Sud globale sulla guerra in Ucraina?

I Paesi dell'America Latina stanno dicendo "no, questa non è la nostra guerra", spiega “Christopher Sabatini”, Senior fellow per l'America Latina di “Chatham House”.

Le speranze dell'Occidente che i Paesi latinoamericani inviassero armi all'Ucraina sono state rapidamente respinte all'inizio della guerra.

Allo stesso tempo, l'alleanza tra Russia e Cina si sta rafforzando, anche grazie al viaggio del presidente cinese Xi Jinping a Mosca, che ha mostrato una volta per tutte che la Cina non mantiene una posizione neutrale nella guerra.

Ma è anche una questione di emozioni, legata alla storia di molti Paesi del Sud del mondo, spiega “Alexander Stubb”.

 "Fondamentalmente puntano il dito contro l'Europa e gli Stati Uniti e dicono: 'Non venite a farci la predica sull'integrità territoriale e la sovranità'.

 Guardate cosa avete fatto durante il colonialismo.

Oppure, guardate cosa è successo in Iraq".

Perché gran parte del Sud del mondo sostiene la Russia e non l'Ucraina?

Il potere è nel Sud globale.

Gli esperti ritengono improbabile che i Paesi del Sud del mondo si uniscano all'Occidente o all'Oriente.

 Secondo “Stubb”, il Sud globale in questo momento è il "decisore", ma non vuole scegliere.

"Oscillerà come un pendolo tra i due.

Hanno l'economia, le risorse e il potere di determinare la direzione che prenderà il mondo", dice “Stubb”.

 

“Sabatini” spiega che i “Paesi del Sud del mondo” stanno sfruttando la situazione come un'opportunità per affermare la propria indipendenza di fronte al declino del potere degli Stati Uniti a livello globale e all'interno dell'emisfero occidentale. "Molti di loro ritengono che gli Stati Uniti e l'Europa occidentale abbiano ignorato le loro preoccupazioni per molto tempo", dice il ricercatore.

Ma la domanda è: la Cina potrebbe riuscire a mantenere relazioni strategiche con il Sud del mondo in modo da creare un nuovo ordine mondiale guidato da Pechino?

In che modo la Cina sta corteggiando il Sud globale?

La Cina lo offre da decenni, soprattutto sotto forma di investimenti e prestiti, flessibili rispetto a quelli della Banca mondiale e non soggetti a "vincoli e condizioni".

La Cina, spiega “Sabatini”, è anche "un mercato molto attraente per le materie prime latinoamericane, e offre anche qualcosa che manca in molti Paesi latinoamericani, ovvero gli investimenti nelle infrastrutture".

 E Paesi come il Brasile e l'Argentina ne hanno un disperato bisogno.

Ma allo stesso tempo, i valori dei Paesi dell'America Latina divergono ampiamente da quelli di chi vuole rimodellare l'ordine mondiale liberale.

Ad esempio, sottolinea “Sabatini”, in America Latina la tutela dei diritti umani in generale, dei diritti delle donne, dei diritti degli indigeni o della comunità LGBTQI+, è diventata estremamente importante negli ultimi anni.

"I governi latinoamericani devono essere consapevoli dei reali vantaggi dell'ordine mondiale liberale, che non sempre ha servito i loro interessi, ma è stato una piattaforma efficace per il rinforzamento dello Stato di diritto o la protezione dei diritti umani attraverso il diritto internazionale".

Cosa ha da offrire l'Occidente al Sud globale?

Se l'Occidente vuole vincere questa situazione, ha bisogno di "una politica estera più dignitosa", avverte “Stubb”.

Ciò comporterebbe "limitare gli alti standard morali" e cercare di "impegnarsi nel dare al Sud del mondo una certa capacità di azione".

In effetti, il Sud America, l'Africa, gran parte dell'Asia e il Medio Oriente sono a malapena rappresentati in importanti organismi globali come il “Fondo monetario internazionale” o la “Banca mondiale”, anche se costituiscono i due terzi della popolazione mondiale.

Nessun Paese del Sud del mondo è membro permanente del “Consiglio di sicurezza dell'Onu”.

E anche il commercio con questi Paesi, sottolinea” Studd”, andrebbe ampliato.

Il futuro dell'ordine geopolitico mondiale dipende quindi dal Sud del mondo e dall'importanza che l'Occidente è disposto a dargli, ma anche dalla sua politica nei confronti della Cina.

"Le nostre relazioni con la Cina sono tra le più complicate e importanti al mondo", ha riassunto “Ursula von der Leyen” nel suo primo discorso interamente dedicato alla Cina.

"Se l'Occidente vuole mantenere l'ordine liberale e normativo, dovrà andare al tavolo dei negoziati", dice Stubb.

"I cinesi non vogliono un ordine liberale, ma magari alcuni elementi di un ordine mondiale normale e basato su regole sì.

È questo l'equilibrio che dobbiamo trovare".

 

 

 

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Orsini: “Non Fidatevi di Crosetto,

i Nostri Soldati si Stanno Addestrando

a Sparare Contro i Russi in Ucraina”

Conoscenzealconfine.it – (6 Giugno 2024) - Alessandro Orsini – ci dice:

 

Dopo il voto, Crosetto darà all’Ucraina i missili “Storm Shadow” per colpire il territorio russo in profondità.

Infatti Crosetto ha furbescamente rimandato il nuovo invio di armi al giorno successivo alle elezioni per ingannare meglio gli italiani.

Crosetto si prepara anche per inviare i soldati italiani a sparare contro i russi in Ucraina.

Per ora, Crosetto non lo dice perché ci sono le elezioni, ma si prepara eccome.

I nostri soldati si addestrano a tal fine.

Nelle esercitazioni della Nato, i soldati italiani studiano come attaccare i russi in Ucraina nel caso in cui fossero inviati a combattere in quel teatro di guerra.

Lo ripeto: non fidatevi di Crosetto.

Non c’è niente di sincero e di leale in quest’uomo.

Crosetto è semplicemente un uomo della Casa Bianca.

 Dopo le elezioni, Crosetto farà ciò che Biden gli chiederà.

Se Biden gli chiederà di inviare soldati italiani in Ucraina, Crosetto invierà i soldati italiani in Ucraina.

Crosetto sta anche distruggendo la difesa anti-aerea italiana.

 Dopo il voto, Crosetto darà un secondo Samp-T a Zelensky, giacché il primo Samp-T italiano pare sia stato distrutto dai russi a gennaio 2024.

L’Italia aveva soltanto cinque Samp-T.

Ce ne rimarranno soltanto tre.

Crosetto non è diventato ministro della Difesa per tutelare gli interessi nazionali dell’Italia, ma per tutelare gli interessi della Casa Bianca contro quelli dell’Italia.

Svegliatevi:

Crosetto è il più grande nemico dell’Italia e dei nostri figli. Crosetto si sta organizzando per portare l’Italia nella Terza guerra mondiale.

E ricordate:

 Giacomo Matteotti, da tutti celebrato, era un pacifista.

Matteotti oggi sarebbe un nemico acerrimo di Guido Crosetto.

Avanzi l’Italia, avanzi la pace.

Risorga il movimento pacifista.

(Alessandro Orsini).

(lantidiplomatico.it/dettnews-alessandro_orsini__non_fidatevi_di_crosetto_i_nostri_soldati_si_stanno_addestrando_a_sparare_contro_i_russi_in_ucraina/39602_55083/).

 

 

 

 

Nuovo ordine mondiale:

tre sfide dal Global South.

 

Ispionline.it – (31 Lug 2023) – Aldo Pisoli – Massimiliano Franza Maxia – ci dicono:

Il sovvertimento dell’ordine mondiale nato a Bretton Woods passa per l’allargamento delle iniziative dei BRICS, la de-dollarizzazione e il controllo di materie prime critiche.

A che punto è la ridefinizione della governance mondiale?

 La domanda se la fanno gli analisti politici di tutto il pianeta, nessuno ha una risposta chiara e definitiva ma tutti concordano sul fatto che l’idea di una governance mondiale regolata dal Washington Consensus è tramontata.

Il colpo di grazia all’ordine di Bretton Woods è venuto da una molteplicità di fattori, ultimo e forse decisivo il binomio pandemia-guerra, piaga “biblica” che si è abbattuta sul pianeta.

Le crisi, insegna la storia del Trecento europeo, non portano la fine del mondo.

 Semmai introducono un nuovo ordine, dopo una fase di necessario disordine.

 Oggi siamo nella fase del disordine, tema di cui abbiamo già argomentato recentemente, un disordine che cerca una sua ricomposizione nel risolversi, in un modo o nell’altro, della dialettica in atto tra vecchio Washington Consensus e nuovo “Beijing Consensus”.

La realtà è più complessa.

La Cina anela a una “translatio imperii” e su tale posizione trova più o meno allineati i “Paesi BRICS”.

Tuttavia, l’obiettivo di “Xi Jinping” è che l’imperium transiti da Washington a Pechino, un’idea che non scalda i cuori né a Mosca e né a New Delhi.

Premesso ciò, i giochi geopolitici si compiono su tempistiche diverse, e comunque su due piani:

uno tattico, che produce alleanze anche innaturali e comunque a scadenza; uno strategico, di lungo periodo, che invece produce a tendere conflittualità e, potenzialmente, future guerre.

 Oggi siamo nella fase tattica e il momentum prevede, almeno ad uso delle opinioni pubbliche e della stampa mondiale, esercizi di compattezza.

Ad esempio, un tema che mette d’accordo tutti gli azionisti dei BRICS, è la fine dell’ordine del dollaro.

La” NDB “motore del “nuovo ordine multipolare”.

Lo scorso maggio si è riunito il consiglio di amministrazione della “New Development Bank” (NDB), istituzione creata nel 2014 e oggi presieduta dalla ex presidente brasiliana “Dilma Rousseff”.

La NDB rappresenta oggi il punto d’osservazione più interessante per chi voglia provare a dare una lettura degli intenti tattici dei BRICS.

La banca, infatti si configura come la migliore punta di lancia in grado di veicolare l’unico vero punto di convergenza fra i soci fondatori dei BRICS, ovvero l’obiettivo di creare un nuovo ordine economico multipolare, obiettivo che fa da leitmotiv al 15° summit BRICS di fine agosto a Johannesburg in Sud Africa.

Sui BRICS, sul ruolo della NDB, nonché su quello giocato dalle banche cinesi d’investimento, si è scritto e si scrive tantissimo. Tuttavia, la geopolitica ci insegna come, prima ancora delle parole, a parlare siano le mappe.

 Accedendo al sito della piattaforma BRICS plus, è ampiamente visibile la mappa che disegna la nuova governance nell’ordine multipolare.

Un tempo, all’epoca del mondo bipolare, la linea di faglia era longitudinale sull’asse Ovest-Est.

 Oggi inizia sempre più ad assomigliare a una diagonale che rischia di tagliar fuori il mondo occidentale da tutto il Sud-Est del mondo, con la sola esclusione del continente oceanico e di Giappone e Corea.

Il Sud America, l’Africa e persino il Medio Oriente, appaiono progressivamente sempre più coinvolti nella sfera d’influenza dei BRICS.

Questa diagonale ha due caratteristiche fortemente strategiche poiché è fatta dai Paesi titolari della gran parte delle risorse naturali a livello mondiale, non solo idrocarburi (si pensi al Venezuela e all’Arabia Saudita) ma anche terre rare di cui, Africa e Sud America sono ricchi. Inoltre, i Paesi che la compongono sono quelli più popolosi e, si pensi all’Africa, con una ulteriore prospettiva di forte incremento demografico.

Parola d’ordine numero 1: il Sud conta.

La “NDB” è nata nel 2014 come alternativa all’FMI e alla World Bank, istituzioni percepite da Pechino, motore dell’iniziativa, come troppo legate agli interessi USA.

 Nove anni dopo la NDB è cresciuta, ha ammesso fra i suoi membri Bangladesh (2021), Emirati Arabi (2021) ed Egitto (2023) e sta sempre di più orientando la propria proposta di valore verso il Sud del mondo, preparandosi ad accogliere nuovi membri come Argentina, Zimbabwe, Uruguay ed Etiopia, nonché uno stato chiave dal punto di vista economico ed energetico come l’Arabia Saudita.

Al di là del fatto che il Brasile – gigante sudamericano e Paese in crescita – sia uno dei soci fondatori della NDB, appare evidente come quest’ultima sia un mezzo di penetrazione cinese in regioni che, per duecento anni hanno rappresentato il cosiddetto “giardino di casa” degli USA. 

Oggi la NDB a guida brasiliana sembra essere, almeno negli intenti propagandistici, il laboratorio ideale in grado di mixare l’approccio terzo mondista cinese, di maoista memoria, con la teoria della dipendenza, elaborata in ambiti sudamericani marxisti negli anni 60-70 e frutto della rielaborazione del pensiero dell’argentino “Raúl Prebisch”, basato sulla cosiddetta teoria “centro-periferia” e sul concetto di sfruttamento:

la globalizzazione come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi ha contribuito a rafforzare la convinzione che le filiere globali del valore, guidate in larga misura dalle multinazionali occidentali, siano strumenti per drenare risorse e trasferire profitti dalla periferia al centro, attraverso la supremazia del dollaro a livello valutario e commerciale.

La presidente della NDB “Rousseff” ha recentemente sottolineato come gli obiettivi dell’NDB siano il finanziamento di investimenti infrastrutturali, con lo scopo di aiutare i nuovi membri del club bancario a combattere la povertà, creare posti di lavoro e promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale.

 È chiaro l’intento di allargare ulteriormente il club a nuovi membri e come il vertice di fine agosto dei BRICS sarà probabilmente il luogo in cui verranno annunciati nuovi pesanti ingressi, l’Argentina in particolare.

 

Per l’ingresso dell’Argentina si sta spendendo molto il presidente brasiliano “Lula” e recentemente il ministro dell’Economia argentino, “Sergio Massa”, è stato in visita nella sede della NDB di Shanghai, in Cina.

Oltre all’Argentina, nelle mire di Lula c’è anche l’idea di un ingresso prospettico del Venezuela.

Tali mosse indicano come il Brasile veda sé stesso sempre più come il Paese destinato a guidare il Sud America nella prospettiva multipolare che va configurandosi.

Le strategie di ampliamento della NDB vanno infine lette in relazione ai progetti” BRICS Plus”, ovvero dell’allargamento progressivo a nuovi Paesi, e BRICS Outreach.

Obiettivo di questa seconda iniziativa è focalizzare l’azione sul “Sud Globale” ed in particolar modo all’Africa subsahariana e australe, anche grazie al ruolo del Sud Africa.

Parola d’ordine numero 2: de-dollarizzazione.

Il 30 e 31 maggio scorso, la NDB ha tenuto la sua riunione annuale.

La neopresidente Rousseff ha colto l’occasione per ribadire che il principale obiettivo (politico) della banca è la de-dollarizzazione del sistema economico globale.

Oggi le economie BRICS rappresentano circa un quarto del Pil mondiale, una forza tale da ambire, se coordinata, all’obiettivo di breve termine di offrire il 30% del portafoglio prestiti non più in dollari ma in valute locali.

Oggi siamo nell’intorno del 22%.

De-dollarizzare ha due obiettivi, uno politico evidente e uno strettamente finanziario, orientato a interrompere la dipendenza dal dollaro.

 Come messo in evidenza da alcune teorie, per esempio quelle legate al cosiddetto “paradosso di Triffin”, de-dollarizzare può aiutare i Paesi in via di sviluppo a evitare dolorose fluttuazioni dei tassi di cambio, con ricadute sulle riserve in valuta estera (dollari) accumulate, il rischio di contrarre pesanti debiti esteri una generale mancanza di autonomia monetaria, che spesso genera forti limitazioni all’autonomia politica.

In questa fase in cui la FED sta aumentando progressivamente e assertivamente i tassi di interesse, tale azione sta esercitando pressioni al ribasso sulle valute di molte nazioni del Sud del mondo, rendendo più costosa l’importazione di prodotti stranieri e il pagamento del debito denominato in dollari.

In ragione di ciò l’obiettivo della NDB è quello di sostituire al dollaro una pluralità di valute locali da utilizzare per regolare il commercio.

Il ruolo delle valute digitali nella de-dollarizzazione.

La NDB ha già emesso obbligazioni denominate nella valuta cinese, il renminbi, ed è chiaro che la valuta cinese si candida a giocare un ruolo di primazia nel nuovo sistema.

 Tuttavia, non è interesse degli altri Paesi BRICS che al dollaro si sostituisca il renminbi, operazione che risulterebbe a somma zero non generando vantaggi per il sistema, se non per il principale azionista, Pechino.

La tendenza alla de-dollarizzazione è oramai tema di dibattito anche in Occidente.

 L’economista” Zoltan Pozsar” a gennaio ha ammesso sul “Financial Times” che il privilegio esorbitante del dollaro (la definizione è di Valéry Giscard d’Estaing), è oramai minacciato e, non solo dalle spinte dei BRICS attraverso la NDB, ma anche dalla tendenza globale, anche occidentale, a lanciare le nuove valute digitali, ovvero sistemi di circolazione del denaro che possono fare a meno del sistema SWIFT.

“Pozar£ in particolare afferma come:

 “L’ordine monetario basato sul dollaro è già stato messo in discussione in diversi modi, ma due in particolare spiccano:

la diffusione degli sforzi di de-dollarizzazione e le valute digitali delle banche centrali (CBDC)”.

Come spiegato da “Pozsa”r, al di là degli obiettivi “terzomondisti”, de-dollarizzare anche e soprattutto attraverso le “CBDC”, significa poter aggirare le sanzioni occidentali in chiave anti-russa che colpiscono di rimbalzo anche gli interessi degli altri BRICS.

Infatti, come affermato dall’economista americano di origine ungherese, “La rete emergente basata sulle CBDC – applicata con linee di swap valutarie bilaterali – potrebbe consentire alle banche centrali dell’Est e del Sud del mondo di fungere da intermediatori di valuta estera […] il tutto senza fare riferimento al dollaro e bypassando il sistema bancario occidentale”.

La capacità dei BRICS di affermarsi, anche in prospettiva, sotto il profilo monetario è tuttavia limitata da vari fattori, uno dei quali è legato agli strumenti a oggi presenti che dovrebbero permettere di contrastare o, almeno, cercare di insediare la leadership del dollaro e del cosiddetto Washington Consensus:

oltre alla NDB è infatti attivo il” Contingent Reserve Arrangement “(CRA), pensato quale antagonista del FMI al fine di far fronte alle pressioni di breve termine sulle riserve valutarie dei Paesi BRICS.

Sotto questo profilo, la Cina è l’unico Paese ad avere una capacità finanziaria e valutaria tale da rendere questo strumento una reale opportunità, ma ciò necessiterebbe di una volontà e capacità di Pechino che, in questa fase, sono messe a dura prova.

Un gruppo dipendente dalle commodities.

Data la natura dei BRICS e il processo di attuale o potenziale allargamento di questo “club”, emerge in maniera evidente lo stretto legame tra i Paesi che ne fanno parte e potrebbero farne parte prossimamente, e il futuro della transizione energetica e produttiva del pianeta.

 Non sfugge infatti che tutti i membri attuali dei BRICS siano grandi produttori e, come nel caso di Cina e India soprattutto, anche grandi consumatori di materie prime energetiche e minerarie.

L’ingresso di Arabia Saudita, Algeria e Indonesia, per citare alcuni dei Paesi sotto gli occhi dei riflettori, comporterebbe non solo un incremento numerico e, in parte, finanziario, dei BRICS ma soprattutto un rafforzamento del potenziale di “controllo” di asset strategici per l’evoluzione produttiva e commerciale a livello mondiale e, nello specifico, del mondo occidentale, Europa in testa.

Sotto questo profilo, l’ipotesi di sovvertimento della leadership mondiale connessa con l’ampliamento dei BRICS, riguarderebbe non solo gli aspetti monetari su cui si potrebbe basare il nuovo ordine mondiale ma le vere e proprie fondamenta della globalizzazione così come ad oggi è a noi pervenuta, con uno sbilanciamento significativo in termini di gestione delle “supply chains”, sia diretto che indiretto, in molti dei settori strategici.

Lo scenario potrebbe apparire apocalittico e condurre anche a scelte radicali da parte di quei Paesi che, sempre di più, risentono della dipendenza dall’accesso alle fonti e alle arterie dei sistemi produttivi internazionali.

Tuttavia occorre ricordare, anche in questo caso, che si sta cercando di analizzare e valutare un’ipotesi, quella di un gruppo di Paesi coeso e organizzato, i BRICS Plus, che allo stato attuale, nonostante le dichiarazioni che presentano una visione forte e missioni ben definite, mostra molti più segnali di frattura e potenziale conflittualità interna al gruppo, che fattori di integrazione strategica e operativa.

 

 

 

 

IL VECCHIO ORDINE MONDIALE

SI È ROTTO, MA IL NUOVO

È TUTTO DA CONQUISTARE.

Perfondazione.eu - Alfonso Pascale - (28-4-2023) – ci dice:

 

 Con la guerra sferrata da Putin contro l’Ucraina si è rotto il vecchio ordine globale faticosamente costruito dopo la seconda Guerra mondiale.

Si sono, infatti, lesionati i due pilastri fondamentali di quell’ordine:

l’apertura dei mercati e l’interdipendenza tra gli Stati.

Un ordine progettato da statisti come “Roosevelt” o economisti-pensatori come “Keynes” che avevano una visione sovranazionale dei problemi globali.

Per essi non era sufficiente fare degli accordi internazionali.

 Secondo il loro pensiero, i problemi globali (pochi e ben circoscritti) si sarebbero potuti affrontare e risolvere solo edificando istituzioni sovranazionali.

 Istituzioni efficaci, cioè dotate della sovranità occorrente per svolgere compiutamente il proprio compito.

Senza subire pressioni dagli Stati, inevitabilmente mossi dagli interessi nazionali.

Ma quel sogno non si è realizzato.

L’ordine mondiale che ha preso forma è stato precario, incerto, fondato su rigidi equilibri politico-militari delle potenze degli Stati.

E anche quando l’impero sovietico è deflagrato, la nuova fase del processo di globalizzazione, intesa come capacità dell’interdipendenza economico-commerciale – mediante la costruzione di meticolose norme giuridiche planetarie – di muovere verso la formazione di un ordine mondiale più unificato e pacifico, si è rivelata illusoria ed è stata fermata dalla guerra.

Nel frattempo, agli antichi problemi globali se ne sono aggiunti di nuovi.

Accanto ai temi della sicurezza – tra cui quella alimentare ed energetica – sono emersi altri problemi:

consapevolezza della scarsità delle risorse naturali, cambiamento climatico, demografia e migrazioni.

Questioni tra loro fortemente interconnesse.

Con l’esaurirsi del vecchio ordine e la complessità tecno-economica della globalizzazione, che si è realizzata negli ultimi decenni, siamo approdati su di una “terra incognita”, come ha scritto “Sergio Fabbrini”.

 E questo perché è sorto un problema che i padri fondatori non avevano considerato:

non basta edificare istituzioni sovranazionali efficaci senza dotarle di legittimazione democratica.

 Un nuovo ordine mondiale sarà l’esito dello scontro che si è aperto tra due concezioni del potere, una occidentale, fondata sulla libertà, e l’altra orientale, “fondata – come scrive “Biagio de Giovanni “– sulla sola obbedienza in presenza di scopi assoluti e con l’uso della crudeltà come mezzo per concentrare il potere”.

 Il ruolo dell’Unione europea è essenziale per affermare, in tale scontro, la civiltà della libertà.

È in Europa, infatti, la culla dell’Occidente e dunque la culla della libertà.

 Ma l’Ue potrà svolgere siffatto ruolo se porrà mano quanto prima alla modifica dei trattati, delineando la democrazia oltre lo Stato.

 

Dalla visione sovranazionale alla logica intergovernativa.

Nella “Carta Atlantica” firmata da Churchill e Roosevelt nell’agosto del 1941, nell’Oceano Pacifico, su di una nave nei pressi dell’isola di Terranova, furono fissati alcuni principi comuni dell’ordine mondiale da ricostruire dopo la guerra.

Essa da poco era iniziata e aveva un nemico comune: il nazismo.

Due erano i principi essenziali della “Carta Atlantica”: l’autodeterminazione dei popoli, cioè il loro diritto a scegliersi la forma di governo sotto la quale vivere, e la liberalizzazione dei commerci internazionali e dell’accesso alle materie prime del mondo.

Nella “Dichiarazione delle Nazioni Unite”, sottoscritta il giorno di Capodanno del 1942, oltre che da Roosevelt e Churchill anche da Litvinov (Urss) e Soong Tse-ven (Repubblica della Cina), vennero ribaditi i principi contenuti nella “Carta Atlantica”, a cui fu aggiunta, su richiesta del presidente statunitense, la libertà religiosa.

Sulla base di quei principi, nel 1944, furono negoziati gli accordi di Bretton Woods.

Tali patti definirono l’ordine monetario che sarebbe rimasto in vigore fino all’inizio degli anni settanta.

 E in quelle trattative vennero anche previste le principali organizzazioni economiche mondiali:

 il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Mentre le prime due furono istituite immediatamente, la terza vedrà la luce solo negli anni Novanta.

Nel frattempo, la graduale liberalizzazione degli scambi commerciali fu avviata con il “General Agreement on Tariffs and Trade” (Gatt).

Nel testo finale della Conferenza di Yalta, in Crimea, tra Stalin, Roosevelt e Churchill, conclusasi l’11 febbraio 1945, quando la guerra era ancora in corso, furono trascritte e firmate diverse decisioni comuni.

Si riaffermarono i principi sanciti nella “Carta Atlantica”.

I Paesi liberati dal nazifascismo avrebbero dovuto esercitare la propria sovranità e scegliere liberamente la forma di governo sotto cui vivere.

Il 25 aprile di quello stesso anno si sarebbe aperta la “Conferenza delle Nazioni Unite” a San Francisco per istituire l’organizzazione sovranazionale che avrebbe dovuto occuparsi del mantenimento della pace e della sicurezza.

Anche nella proposta progettuale elaborata, tra il mese di giugno 1943 e l’ottobre 1945, dalla commissione insediata dalla Conferenza di Hot Springs in Virginia per l’istituzione della Food and Agriculture Organization (Fao), ritroviamo i principi della “Carta Atlantica”.

 L’agenzia fu originariamente pensata come un organismo incaricato di amministrare le politiche alimentari mondiali:

una struttura dotata di pieni poteri per fissare i prezzi delle derrate, acquistare il surplus produttivo e redistribuirlo globalmente.

La Fao avrebbe assolto a queste funzioni attraverso uno specifico organo interno:

 il “World Food Board”.

 E così avrebbe assicurato ai popoli di diversi continenti non solo la quantità e la qualità del cibo necessarie per vivere in salute, ma anche la prosperità e la pace.

Il progetto di “World Food Board” fu inizialmente approvato dall’”Assemblea plenaria della Fao”, ma venne accantonato già nella prima fase di realizzazione.

Alcuni grandi Paesi ne presero le distanze o lo boicottarono. L’Unione Sovietica aveva partecipato alla Conferenza di Québec City e avrebbe potuto far parte della Fao fin dall’inizio con lo status di membro fondatore, ma non sottoscrisse, assieme alla Bielorussia e all’Ucraina, lo statuto.

Altri Paesi, tra cui l’Amministrazione americana, approvarono l’atto di fondazione dell’organismo e il suo modello organizzativo, ma poi ne ostacolarono l’attuazione.

E così la Fao rinunciò ad una funzione nell’ambito del processo decisionale delle politiche alimentari e si adattò ad una condizione di mera dipendenza dalle priorità imposte dagli Stati membri.

 Si ritagliò un ruolo ridotto nella disseminazione delle conoscenze e delle tecniche agricole.

Va ricordato che gli esperti che avevano lavorato al progetto iniziale della Fao provenivano dall’”Agricultural Adjustment Administration” (Aaa), creata da Roosevelt nel 1933 per fronteggiare la “Grande Depressione” provocata dalla crisi del 1929.

Il presidente americano era, infatti, convinto che la sicurezza alimentare planetaria si dovesse conseguire con politiche gestite a livello sovranazionale e analoghe a quelle messe in atto con il New Deal.

Ma con la morte precoce di Roosevelt nell’aprile 1945, quel disegno era stato rapidamente abbandonato.

E l’amministrazione Truman aveva sostituito gran parte dei tecnici e degli esperti non solo nelle strutture pubbliche nazionali, ma anche nella Fao.

L’idea di implementare il nuovo ordine mondiale di organismi sovranazionali, dotati di sufficiente autonomia decisionale e svincolati dalla pressione esercitata dagli Stati nazionali, non si affermò.

 E prevalse la logica intergovernativa e negoziale, propria delle relazioni internazionali.

Una logica che produceva forti elementi di precarietà, incertezza e instabilità.

 

La lunga Guerra fredda.

Nel frattempo, alla logica intergovernativa degli organismi internazionali si aggiunse un ulteriore elemento che segnò negativamente l’ordine mondiale che si stava edificando: l’inizio della Guerra fredda.

 La contrapposizione tra il blocco atlantico e il blocco sovietico sui temi della democrazia, della libertà e dello stato di diritto, che darà vita al sistema bipolare, emerse gradualmente.

Come si è visto, l’Urss aveva sottoscritto l’impegno a rispettare i principi sanciti dalla “Carta Atlantica”.

Sembrò che il diritto di autodeterminazione dei popoli valesse anche come criterio delle nuove sistemazioni da imporre ai vinti e da far rispettare dai vincitori.

Ma nell’Europa centro-orientale, a partire dalla Germania orientale e dalla Polonia, l’Unione Sovietica non rispettò tale principio.

E il senso di tale scelta è ben spiegato nel cablogramma segreto di ottomila parole che un diplomatico di grande esperienza,” George Kennan”, trasmise a Washington il 22 febbraio 1946 dall’ambasciata a Mosca.

L’Urss doveva trattare il resto del mondo come un nemico perché era l’unica cosa che teneva in piedi la dittatura sanguinaria di Stalin.

 Inutile, per l’Occidente, pensare di contrastarla con le guerre.

L’Urss andava invece gestita con pazienza e mano dura, contenendola e lasciandola dissanguare.

Dunque, la divisione dell’Europa in due aree di potenza derivò non dagli accordi di Yalta, bensì precisamente dalla loro violazione.

 E questo già a partire dall’autunno del 1945.

Ma solo dopo aver compreso il significato reale delle mosse molto ambigue di Stalin, gli Stati Uniti maturarono la propria strategia verso l’Europa.

Per far fronte alla pressione sovietica verso i paesi europei, gli Usa si convinsero che fosse necessario opporre ad essa un’Europa prospera, valida partner economica della grande area americana, libera da problemi economici e sociali che minassero la stabilità dei suoi regimi liberaldemocratici.

 Un’Europa in grado di offrire un suo decisivo e indispensabile contributo alla difesa militare dell’Occidente.

E di alleviare lo sforzo americano al riguardo, al quale non mancavano renitenze e resistenze in diversi ambienti politici statunitensi.

 Atteggiamenti fortemente critici dettati dalla tradizione isolazionistica degli Stati Uniti e dal peso del costo del nuovo impegno americano nel mondo.

 Su queste basi nacque il piano Marshall per la ripresa e la cooperazione economica dell’Europa.

L’Urss condannò il piano americano come un’astuzia del capitalismo.

 E ordinò che i paesi sotto il suo controllo non vi partecipassero.

A quel punto si interruppero anche gli aiuti alimentari che gli Usa assicuravano ai paesi dell’Europa orientale, compresa l’Unione sovietica.

Durante e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, la carenza e il razionamento del cibo in Europa richiesero massicci interventi da parte degli Usa. Qui da noi la produzione agricola era crollata del 20-30%.

Era, invece, aumentata negli Stati Uniti, che rifornivano tutti i propri alleati.

Vi era la piena consapevolezza che il problema dell’insicurezza alimentare non sarebbe scomparso con la fine del conflitto.

E avrebbe richiesto un’operazione coordinata a livello internazionale.

Come sostiene “Emanuele Bernardi”, emerse subito “un’idea multifattoriale e prismatica di sicurezza alimentare globale, con evidenti implicazioni politiche, sociali e soprattutto economico-finanziarie”.

Formare le riserve e garantire un continuo flusso di cereali sul mercato significava stabilizzare le monete e i salari, garantire il passaggio dalla guerra alla stabilità democratica e, quindi, costruire le basi per lo sviluppo industriale.

Con la rottura della solidarietà alimentare, avvenne che – come altre volte nel passato, e come nella storia del continente non aveva mai realmente cessato di accadere – la contrapposizione tra Occidente e Oriente si sostanziò immediatamente di forti connotazioni ideologiche e culturali.

E tale conflitto rese più difficile la cooperazione internazionale, contribuendo ad aumentare il gap tra paesi ricchi e poveri.

Anche nelle colonie, che nel secondo dopoguerra conquistarono l’indipendenza, le condizioni delle aree rurali non migliorò molto:

 i modelli di industrializzazione forzata si preoccupavano prevalentemente di drenare risorse dall’agricoltura per destinarle all’industria.

Gli aiuti americani furono decisivi nella costruzione della sicurezza alimentare europea.

Nello stesso tempo, si manifestarono anche contraddizioni nel ruolo svolto dall’amministrazione Usa.

 Spesso essa fece prevalere la tutela degli interessi di breve respiro della propria agricoltura.

E così impedì la nascita di efficienti istituzioni e politiche sovranazionali.

E, dagli anni Sessanta, tentò pervicacemente di contrastare il primato agricolo che la Cee si era faticosamente conquistato.

Nel dopoguerra, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia avevano ben chiaro l’intreccio molto stretto tra sicurezza militare e sicurezza alimentare e l’importanza del ruolo che la disponibilità di cibo gioca nei conflitti tra i paesi.

Per questo motivo, di agricoltura nei negoziati Gatt si incominciò a parlare nel 1960, quando venne presentato dalla Commissione europea il primo Piano Mansholt che prevedeva l’avvio della Pac.

Nel Trattato di Roma istitutivo della Cee (1957) l’agricoltura aveva assunto una collocazione centrale.

La sicurezza alimentare non appariva tra gli obiettivi esplicitamente enunciati nel Trattato.

Tuttavia, si poteva leggere tra le righe.

 Due elementi caratterizzarono la prima fase della Pac:

1) l’eliminazione del groviglio di barriere commerciali preesistente tra gli Stati membri;

 2) l’adozione di misure di protezione del mercato interno proprio per contribuire a raggiungere l’autosufficienza alimentare.

 A conclusione del “Dillon Round” nel 1962, fu introdotta una peculiare clausola. Gli Usa accettavano il protezionismo europeo in materia agricola in cambio della piena libertà di mercato della soia e dei mangimi a base di glutine di mais, destinati all’alimentazione animale, di cui era specializzata l’agricoltura americana.

Man mano che la Pac veniva elaborata e attuata, al “Kennedy Round”, conclusosi nel 1967, e al “Tokyo Round”, siglato nel 1979, le critiche americane al protezionismo europeo si accentuarono.

 E il motivo principale era che la “Cee “aveva raggiunto l’autosufficienza alimentare. Era passata dalla condizione di primo paese importatore di prodotti alimentari a quella di secondo paese esportatore, dopo gli Usa.

 Se si esclude la Gran Bretagna, notoriamente paese importatore per ragioni legate al colonialismo, la Comunità europea era diventata di fatto il primo paese esportatore.

Questa capacità produttiva ed esportatrice della Cee suscitava reazioni vivaci da parte dei paesi terzi.

 In realtà, in tutti i paesi industrializzati le politiche agricole alimentavano sovrapproduzione e diventavano molto costose.

E tali condizioni rendevano più difficoltosa l’integrazione delle agricolture dei paesi in via di sviluppo nei mercati globali, come denunciò nel 1980 il “Rapporto Brandt” (“Nord-Sud: una strategia per la sopravvivenza”).

Un documento che fece molto scalpore e che fu al centro della “Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo” che si svolse l’anno successivo a Cancun (Messico).

In tale incontro fu tentata, senza successo, la creazione di un nuovo ordine economico mondiale dopo la rottura unilaterale degli accordi di Bretton Woods da parte degli Usa.

A quel punto, la Comunità europea avviò un dibattito interno per rivedere la Pac e introdusse alcune misure per contenere la spesa.

Gli Usa nel 1985 vararono il nuovo “Farm Bill” nel quale erano previste consistenti riduzioni dei prezzi.

Nel 1986 si avviò a Punta de l’Este (Uruguay) l’ottavo (e ultimo) Round del Gatt.

 E gli Stati Uniti tornarono alla carica, questa volta spalleggiati dal Gruppo di Cairns.

Anche la Cee cominciò a guardare con interesse a una sia pur graduale liberalizzazione agricola.

E così, nel 1992, sia per favorire l’integrazione internazionale, sia per superare problemi tecnici e finanziari delle politiche agricole, approvò la riforma “McSharry” che introduceva i pagamenti compensativi e riduceva il sostegno dei prezzi.

 L’accordo fu siglato a Marrakesh in Marocco, nel 1994. E venne istituito il “Wto”.

 

Il Dopo-guerra fredda

 

Durante la Guerra fredda, la visione delle relazioni internazionali che ispirava le scelte dei leader occidentali era la seguente:

 l’ordine globale è fondato sulla lotta per il potere politico-militare tra i due blocchi contrapposti e le interdipendenze economiche sono subordinate a quell’ordine.

Nel Dopo-guerra fredda, quella visione si è modificata e si può così sintetizzare: l’ordine globale è fondato sempre di meno sulla lotta per il potere politico-militare tra gli Stati e sempre di più sulle interdipendenze economiche tra i paesi.

Al Round del Millennio che iniziò nel 1999 a Seattle, spuntarono così nuovi protagonisti, come Brasile, Russia, India, Sudafrica.

 Nel 2001 anche la Cina entrò nel Wto.

Il negoziato fu ripreso a Cancun nel 2003.

 Ma non se ne fece nulla.

Nonostante ci fosse sul tavolo la proposta di riforma della Pac predisposta dal Commissario “Franz Fischler” (pagamento unico all’agricoltore indipendentemente dalle sue scelte produttive), gli Usa e i paesi emergenti continuarono ad attaccare l’Ue.

 Nel 2011 anche la Russia è entrata nel Wto.

Questo ciclo di negoziati non si è mai concluso e il multilateralismo si è arenato.

Al centro dei conflitti è sempre stato il tema dell’agricoltura.

Gli Stati Uniti hanno privilegiato gli accordi bilaterali e l’Ue non è diventata una protagonista del mondo globale, avendo mantenuto le proprie istituzioni in una condizione di fragilità e inefficienza.

 

L’aggressione dell’Ucraina dimostra che la visione di un ordine globale, fondato tutto sull’interdipendenza promossa dagli scambi economici e le norme giuridiche è una grande illusione.

Non è sufficiente per pacificare il mondo.

Si è riprodotta, infatti, una nuova e più ampia frattura dai connotati anche religiosi.

 

Tra le motivazioni che hanno spinto Putin ad aggredire l’Ucraina c’è, infatti, anche il riemergere di una forma di fondamentalismo religioso etno-filetista ortodosso, di carattere totalitario, chiamato “Russkii mir” o mondo russo, che sta affascinando molti nella Chiesa ortodossa russa ed è stato anche ripreso dall’estrema destra e da fondamentalisti cattolici e protestanti.

Tale costrutto ideologico afferma che esisterebbe una “civiltà russa transnazionale”, chiamata “Santa Russia” o “Santa Rus’” da contrapporre all’Occidente corrotto e in declino.

Per questo è necessario reagire, aiutando Zelensky in tutti i modi possibili, e far sì che l’aggressore non raggiunga i suoi obiettivi.

La guerra sta spingendo le democrazie a ridurre la loro dipendenza dalle autocrazie per le risorse necessarie al loro sviluppo e alla loro sicurezza.

Prima era la Cina a contravvenire alle regole del commercio mondiale (Wto) sugli aiuti di stato.

Ora è l’America a non rispettare più quelle regole.

La risposta alla crisi dell’ordine mondiale costruito dopo la seconda guerra mondiale sembra essere quella di tornare a frammentare i mercati.

Ma dobbiamo essere consapevoli delle conseguenze.

De-globalizzare renderà difficili le soluzioni dei problemi a scala planetaria, come, ad esempio, le migrazioni e il contrasto ai cambiamenti climatici e alle povertà.

Il ritorno alla logica delle grandi potenze non conviene a nessuno.

 Bisogna, pertanto, scongiurare una involuzione dell’ordine liberale multilaterale. Con una riforma dell’ordine mondiale che passi per la democrazia oltre lo stato.

 Ci vorrebbe un di più di politica capace di guidare il cambiamento verso nuovi equilibri che vedano l’Occidente democratico dotato di ordinamenti e strumenti all’altezza delle sfide poste dai dispotismi orientali.

Ordinamenti e strumenti per “detergere” le aggressioni delle autocrazie, le loro minacce alla nostra incolumità e i loro ricatti alimentari.

Come ha efficacemente scritto” Vittorio Emanuele Parsi”, “mantenere il sistema politico internazionale un posto sicuro per le democrazie comporta necessariamente un costo”.

Nel mondo post 24 febbraio, dobbiamo imparare a valutare il costo della cooperazione con sistemi non democratici in termini di rischio che si crei un ambiente ostile alla sopravvivenza della democrazia.

Ci vorrebbe una Bretton Woods della politica e della democrazia.

Però, manca il Paese o il gruppo di Paesi che indichi il percorso per cogliere le straordinarie opportunità del tempo che si apre.

L’Ue si faccia avanti con coraggio e determinazione:

qui è nato l’Occidente, qui è nata la civiltà della libertà, qui può nascere un nuovo “balancing art” per attraversare la “terra incognita” del nuovo ordine internazionale.

(ALFONSO PASCALE)

 

 

 

 

L'Ucraina tornerà alla neutralità

o affronterà la divisione

o l'annientamento.

Unz.com - MIKE WHITNEY – (29 MAGGIO 2024) – ci dice:

La conferenza di pace di Zelenskyj.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha accettato di partecipare alla conferenza di pace ucraina del mese prossimo in Svizzera con una condizione: che la Russia sia invitata.

Mao ha detto che sostiene Pechino la "tempestiva convocazione di una conferenza internazionale di pace che sia riconosciuta sia dalla parte russa che da quella ucraina".

Sembra ragionevole, dopo tutto, ci si aspetterebbe che i negoziati di pace includessero i rappresentanti delle parti in conflitto.

Ma non è questo il caso di specie.

E mentre più di 90 paesi hanno confermato che parteciperanno ai prossimi incontri, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha escluso l'unica nazione la cui presenza potrebbe fare la differenza. La Russia.

 

Naturalmente, molti analisti sono perplessi dall'omissione di Zelenskyj che preclude qualsiasi possibile soluzione o fine delle ostilità.

 In poche parole, i combattimenti continueranno fino a quando la Russia e l'Ucraina non condurranno negoziati bilaterali e raggiungeranno un accordo.

Allora, cosa sta succedendo qui?

Quello che sta succedendo è che Zelenskyj sta perpetrando una frode.

Chiaramente, non c'è alcuna intenzione di stringere un accordo con la Russia o di porre fine ai combattimenti.

 Com'è possibile, dopo tutto, che la Russia non sia stata invitata.

 Quindi, dobbiamo presumere che la conferenza di pace sarà utilizzata per qualche altro scopo, come demonizzare Putin o raccogliere più sostegno per la guerra.

Ciò che ci dice è che né Zelensky né i suoi gestori a Washington hanno abbandonato l'idea di infliggere una sconfitta strategica alla Russia.

Non stanno gettando la spugna e certamente non sono alla ricerca di aree di compromesso reciproco. No.

 Stanno semplicemente esplorando modi più creativi per raccogliere sostegno per la loro crociata fallita.

 Questo è l'obiettivo della cosiddetta "conferenza di pace", attirare più reclute sul carro dell'Ucraina.

Va detto, tuttavia, che la Russia sa esattamente cosa sta facendo Zelenskyj e non si fa illusioni su dove tutto questo sta andando.

 Dai un'occhiata a questa breve clip di un'intervista con il FM russo Sergey Lavrov:

La conferenza svizzera è stata convocata con l'unico scopo di affrontare la formula di pace di Zelensky sotto forma di ultimatum.

 Non è un caso che gli stessi svizzeri, compresi i diplomatici elvetici, affermino che la conferenza non si concentrerà sulla "costruzione di ponti" per la pace, ma sul sostegno all'Ucraina.

Josep Borrel ha detto che la formula di pace è l'unica iniziativa in discussione. (Nota: altre iniziative di pace da parte di Cina, Brasile e Lega Araba vengono tutte ignorate.)

Abbiamo accesso a informazioni che normalmente non sono destinate all'uso pubblico.

Alla fine di aprile, discutendo della conferenza svizzera con gli ambasciatori stranieri a Kiev... Zelenskyj ha passato la maggior parte del tempo a divagare in modo quasi isterico e incoerente, chiedendo sostegno alla sua formula di pace come mezzo per mettere in ginocchio la Russia.

Ogni volta che una persona non sente il bisogno di controllarsi, tende a dire la verità.

Coloro che ora vengono corteggiati e costretti a venire in Svizzera, a creare una folla e a posare per una "foto di famiglia" per poter poi vantarsi di un ampio sostegno alla formula di pace di Zelenskyj , dovrebbero essere consapevoli del luogo in cui si trovano. vengono attirati.

Ci si aspetta che sostengano un ultimatum che sarà poi presentato alla Russia. Questo è ridicolo.

Il presidente Vladimir Putin ne ha parlato di recente.

Questi giochi, proprio come altre mosse di politica estera dei nostri partner occidentali che hanno perso le loro capacità diplomatiche, non hanno nulla a che fare con la diplomazia.

(Sergey Lavrov, conferenza stampa del ministro degli Esteri russo , “ru”.)

 

Quindi i russi non si lasciano ingannare da queste sciocchezze, sanno che è una truffa.

Sanno anche che l'intera faccenda è stata probabilmente architettata dalle agenzie Intel di concerto con i loro consulenti mediatici.

Proprio come sanno che gli incontri serviranno probabilmente a sostenere l'immagine logora di Zelenskyj mentre, ancora una volta, trascineranno la Russia nel fango.

 Abbiamo già visto tutto.

 Ma la realtà è che più tempo viene sprecato in questi fiaschi di pubbliche relazioni, più la carneficina si accumula sui campi di battaglia in Oriente.

 E questa è la vera tragedia, che Zelenskyj continua a fare questi stupidi giochi mentre i suoi connazionali vengono massacrati in massa senza una ragione apparente.

Forse dovrebbe interrompere la performance artistica abbastanza a lungo da risolvere il problema?

 Forse dovrebbe pensare seriamente alla pace?

È possibile?

È possibile.

Immaginate per un attimo se Zelenskyj fosse sincero nel voler porre fine alla guerra.

 Quanto impegno e sacrificio servirebbero davvero?

Non tanto.

Sì, sarebbe osteggiato da Washington e dai supernazionalisti di estrema destra del suo governo, ma il prezzo effettivo che pagherebbe in termini di sangue e denaro sarebbe trascurabile.

È vero, non riconquisterà mai la Crimea o il Donbass (circa il 20% dell'ex territorio ucraino), ma questo è il prezzo da pagare per intraprendere una guerra di due anni con la Russia.

 Putin non può essere incolpato per questo.

 (Ricordate, Zelenskyj era pronto a firmare un accordo di pace con Putin un mese dopo l'inizio della guerra, ma Boris Johnson ha bocciato l'accordo.)

In ogni caso, quei territori sono andati perduti per sempre.

Il punto è salvare ciò che resta dell'Ucraina prima che i suoi confini si restringano ancora di più.

Questo è ciò su cui dovrebbe concentrarsi Zelenskyj;

preservando ciò che resta del suo paese finché può.

 Più a lungo si protrae la guerra, più è probabile che l'Ucraina venga spartita o trasformata in una terra desolata inabitabile.

Il momento di agire è adesso.

La buona notizia è che Putin è pronto a trattare.

 Nonostante la disinformazione in Occidente, vuole lasciarsi alle spalle questo pasticcio.

Vuole porre fine alla guerra.

E le richieste di Putin non sono irragionevoli.

 Vuole solo rassicurazioni sulla sicurezza della Russia, il che significa che non permetteranno siti missilistici della NATO sul suo confine occidentale.

Questa è una richiesta che Zelenskyj può soddisfare senza alcun costo per sé stesso.

Cos'altro vuole Putin?

Ciò potrebbe sorprendervi, ma l'accordo che Putin cerca con Zelenskyj può essere ridotto a una sola parola: neutralità.

 L'Ucraina deve essere uno stato neutrale, il che significa che non deve diventare membro di un grande blocco militare come la NATO, perché la NATO è un'alleanza militare ostile, anti-russa, che ha portato avanti guerre di aggressione in Jugoslavia, Afghanistan e Libia.

 Si tratta di una minaccia alla quale bisogna impedire di collocare le proprie basi, truppe da combattimento o sistemi d'arma al confine con la Russia. In questo Periodo.

 Proprio come gli Stati Uniti non permetterebbero mai alla Cina di posizionare sistemi missilistici sul confine settentrionale del Messico, allo stesso modo non si può permettere alla NATO di posizionare i missili di Washington sul confine russo. È la stessa cosa.

Zelenskyj ritiene che l'Ucraina "abbia il diritto" di adottare qualunque accordo di sicurezza ritenga meglio utile ai suoi interessi nazionali.

Sembra una proposta ragionevole, ma non lo è.

Perché in termini pratici, la determinazione dell'Ucraina ad aderire alla NATO ha reso l'Ucraina meno sicura;

di fatto, la probabilità di adesione dell'Ucraina alla NATO ha portato il paese sull'orlo dell'annientamento.

Quindi, se l'intenzione di Zelenskyj era quella di aumentare la sicurezza nazionale dell'Ucraina, allora ha prove convincenti di aver preso la decisione sbagliata.

Ecco una buona regola pratica per qualsiasi nazione più piccola e meno potente che condivida un confine con una superpotenza nucleare: non fare cose che spaventino il tuo vicino.

Non fare cose che facciano sentire minacciato il tuo vicino.

E, soprattutto, non minacciare di unirsi ad alleanze anti-russe ostili che esprimono regolarmente il loro profondo disprezzo e odio per la Russia.

 Questa è la corsia preferenziale verso l'annientamento.

Se Zelenskyj non lo sapeva prima, dovrebbe certamente saperlo ormai.

 Dai un'occhiata a questo estratto da un articolo su “Geopolitical Monitor “:

 

L'Ucraina non è esattamente estranea al concetto di neutralità.

All'indomani del crollo dell'Unione Sovietica, nella dichiarazione di sovranità statale del 1° luglio 1990, il Paese ha espresso l'intenzione di diventare uno Stato permanentemente neutrale, che rinunci alla partecipazione a blocchi militari e si impegni a favore della denuclearizzazione.

Questo status in gran parte non allineato ha portato ad una politica estera vacillante, che tuttavia sembrava favorire il perseguimento di relazioni amichevoli sia con l'Unione Europea (UE) che con la Russia, prima di essere definitivamente abbandonata nel dicembre 2014 in seguito all'annessione della Crimea da parte della Russia e l'inizio della guerra nel Donbass.

Nel febbraio 2019, con la schiacciante approvazione della “Verkhovna Rada” (il Parlamento ucraino), la costituzione ucraina è stata modificata, avviando il paese verso la piena adesione all'UE e alla NATO.

 Tuttavia, alla fine di marzo 2022 il presidente ucraino “Volodymyr Zelenskyy” era ancora pronto a discutere la possibilità che l'Ucraina assumesse una posizione neutrale come parte di un potenziale accordo di pace con la Russia per fermare l'invasione.

Un'Ucraina neutrale non è la risposta, “Geopolitical Monitor.”

 

Naturalmente, molte persone pensano ancora che Putin voglia ricostruire l'impero sovietico e che l'Ucraina sia solo il primo passo di una lunga marcia attraverso l'Europa.

 Fortunatamente, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha sfatato questa finzione in una conferenza stampa nel settembre 2023. Ecco cosa ha detto:

"Il presidente Putin ha dichiarato nell'autunno del 2021, e di fatto ha inviato una bozza di trattato che voleva che la NATO firmasse, di non promettere più alcun allargamento della NATO. Questo è ciò che ci ha inviato. Ed era una precondizione per non invadere l'Ucraina. Ovviamente non l'abbiamo firmato.

"È successo il contrario.

Voleva che firmassimo quella promessa, di non allargare mai la NATO.

Voleva che rimuovessimo le nostre infrastrutture militari in tutti gli alleati che hanno aderito alla NATO dal 1997, il che significa che metà della NATO, tutta l'Europa centrale e orientale, rimuovere la NATO da quella parte della nostra Alleanza, introducendo una sorta di appartenenza di serie B, o di seconda classe. L'abbiamo respinta.

"Così è andato in guerra per impedire la NATO, più NATO, vicino ai suoi confini.

Ha ottenuto l'esatto opposto.

Ha ottenuto una maggiore presenza della NATO nella parte orientale dell'Alleanza e ha anche visto che la Finlandia ha già aderito all'Alleanza e la Svezia sarà presto un membro a pieno titolo.

"Questo è un bene per i paesi nordici.

È un bene per la Finlandia e la Svezia. Ed è anche un bene per la NATO.

E dimostra che quando il presidente Putin ha invaso un paese europeo per impedire l'ingresso della NATO, sta ottenendo l'effetto opposto".

Putin ha invaso l'Ucraina per fermare la NATO, afferma il capo della NATO, “Youtube”.

Quindi, Putin non è andato in guerra per ricostruire l'impero sovietico.

 È entrato in guerra per impedire a una coalizione militare ostile, anti-russa, di piombare sul suo confine, dove i loro missili avrebbero potuto colpire Mosca in meno di 7 minuti.

Era irragionevole da parte sua?

Ovviamente no.

 Stava semplicemente agendo nel migliore interesse del suo Paese su una questione di importanza critica (esistenziale).

Guarda questo breve video di “ John Mearsheimer” che sottolinea lo stesso punto:

"... Lasciatemi dire diversamente, l'Ucraina – secondo la sua Costituzione e la sua Dichiarazione di sovranità del 1990 – era un paese neutrale.

 Ha abbandonato la neutralità nel dicembre 2014. Pensateci.

Quindi, se l'avessimo lasciata stare, oggi l'Ucraina sarebbe intatta, compresa la Crimea.

 (E) tutte queste persone morte non sarebbero morte.

(John Mearsheimer, La neutralità avrebbe impedito la guerra, “You Tube”)

Per Zelenskyj la scelta non potrebbe essere più chiara.

L'Ucraina o diventerà neutrale oppure verrà annientata.

La scelta spetta a lui.

Ma una cosa è certa: la Russia non vivrà con una pistola puntata alla tempia.

 Lo sappiamo adesso.

 

 

 

 

 

Sordi e ciechi: le malattie

dei diplomatici americani.

Unz.com - PATRICK LAWRENCE –( 2 GIUGNO 2024) – ci dice:

 

Ecco una proposta modesta, niente di troppo radicale, solo buon senso. Consegnare Antony Blinken e Jake Sullivan alle autorità iraniane a condizione che i due statisti, definiti in modo molto vago, avrebbero trascorso 444 giorni presso il complesso dell'ambasciata americana a Teheran.

 Consideriamola una rievocazione.

Detto locale, a lungo un miscuglio di filo spinato, erbacce, rovi, muffe e graffiti antiamericani, è ora un museo.

“The Den of Espionage” , come viene chiamato, è dedicato alla vergognosa storia delle relazioni USA-Iran fino a quel fatidico giorno, il 16 gennaio 1979, quando lo Scià fu deposto da una nazione che ne aveva abbastanza di lui.

Quegli iraniani scortesi hanno dovuto sgridarlo:

i vecchi graffiti sono ora ricoperti da murales beffardi che raffigurano Topolino e McDonald's.

 

Tanto meglio, dico.

La mia teoria è che il segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale del regime di Biden tornerebbe dal suo anno e 79 giorni nell'ambasciata - seduto sul pavimento, dormendo negli uffici, lavandosi i calzini nei lavandini dei bagni, tutti e nove - trasformato in modo quasi beatificante. in... in statisti di alto proposito e profonda intuizione, i due essendo privi di entrambi come li abbiamo ora.

Sono ispirato a questi pensieri da un buon necrologio che il “New York Times” ha pubblicato nelle sue edizioni del 18 maggio sulla morte di un brav'uomo di nome “Moorhead Kennedy”.

Nel  sangue di “Moorhead Kennedy” scorreva molto blu:

l'infanzia nell'”Upper East Side”, Groton, Princeton, Harvard Law, una carriera nel Foreign Service.

Avendo imparato l'arabo, era una specie di uomo del Medio Oriente, i suoi incarichi nel corso degli anni includevano Yemen e Libano.

E poi il destino mise la sua mano gentile sulla spalla di Kennedy:

 era in incarico temporaneo come addetto economico a Teheran quando la questione delle feci colpì il fan.

E così Kennedy fu tra quei 52 americani – diplomatici, altri impiegati nel servizio civile – che trascorsero i famosi 444 giorni prigionieri di studenti militanti ma non violenti, direi del tutto giusti, che avevano sfondato i cancelli dell'ambasciata e scavalcato le sue mura.

Erano di vario tipo, laici e religiosi, ma erano tutti disgustati dall'insistenza coercitiva dello Scià nell'occidentalizzare l'Iran nel modo peggiore: "tossicità verso l'Occidente", come venne chiamata.

Molti di loro hanno trascorso le giornate esaminando i documenti dell'ambasciata e i dispacci diplomatici per ricostruire come, segretamente e criminalmente, gli Stati Uniti avessero tentato di rovesciare il governo iraniano per la seconda volta in 26 anni.

Ricordo che anni dopo vidi filmati in bianco e nero degli ostaggi mentre salivano le scale per imbarcarsi su un volo Air Algeria per tornare a casa il 20 gennaio 1981. Uno dei diplomatici si voltò a pochi passi dalla porta della cabina, ha gridato qualcosa che il film non ha registrato, e ha rivolto alla Repubblica islamica e a tutti i suoi cittadini un grande dito medio. Ah, sì, ricordo di aver pensato, con quale dignità siamo rappresentati al mondo.

Moorhead Kennedy “avrebbe avuto tanti motivi per sfogare la sua rabbia quanto quel volgare sulle scale.

 Era bendato e legato a una sedia quando gli studenti entrarono nel suo ufficio. Ma qualcosa accadde a Kennedy nei lunghi mesi che seguirono.

Iniziò a parlare con coloro che avevano preso d'assalto l'ambasciata.

E soprattutto cominciò ad ascoltarli.

Ho a lungo sostenuto che i primi segnali che un impero è in declino si hanno quando diventa cieco e sordo; non può né vedere gli altri per chi e cosa sono, né sentire cosa hanno da dire.

Kennedy dimostrò di non soffrire di nessuno di questi sintomi.

Come raccontò in seguito la sua esperienza in un'intervista con un piccolo giornale di affari pubblici nel Connecticut, Kennedy sembrava aver portato una mente singolarmente aperta a quello che doveva essere un breve incarico per sostituire un collega assente.

"Ero molto interessato a vedere una rivoluzione in corso",ha detto a un giornalista di “CT Mirrornel” nel 2016.

"È stato un periodo molto fruttuoso fino a quando, all'improvviso, ho sentito un grido dai marines: 'Stanno arrivando oltre il muro!' E poi è iniziata un'esperienza completamente nuova".

 

C'è una meravigliosa fotografia di Kennedy in cima all'obit del Times, scattata nell'ambasciata durante la sua prigionia.

 Lo ritrae seduto alla sua scrivania, mentre legge con calma con le dita sul mento. Sul pavimento accanto a lui ci sono due colleghi la cui barba li fa sembrare tra i rapitori di Kennedy.

Sulla sua scrivania si vede l'armamentario di pasti improvvisati: un barattolo di senape, un barattolo di Sanka riadattato come zuccheriera, una scatola di Cocoa Krispies.

Sospetto che l'apparente compostezza di Kennedy avesse qualcosa a che fare con quell'incrollabile aplomb che si trova spesso nei sangue blu americani.

È strano ora pensare che stai guardando un uomo nel mezzo di una metamorfosi che cambia la vita da cui ha avuto l'integrità di non tornare mai indietro.

 Fu nell'ambasciata che Kennedy iniziò a riflettere su ciò che stava facendo come ufficiale del servizio estero americano e a concludere che ciò che stava facendo non era decisamente quello che avrebbe dovuto fare perché la nazione che serviva aveva tutto sbagliato.

 " I pensieri di Kennedy sulla politica estera americana", come spiega il necrologio del Times, "sono stati in parte modellati dalle discussioni con i suoi rapitori".

 

"Quegli americani che applaudirono gli sforzi occidentalizzanti dello Scià non avevano la minima idea di come i suoi programmi avessero sconvolto la vita a tutti i livelli della società", scrisse Kennedy, quando guardò indietro più tardi, in “The Ayatollah in the Cathedral”: Reflections of a Hostage (Hill & Wang, 1986).

 "Molti iraniani, disorientati, costretti a pensare in modi nuovi e strani, a svolgere compiti non familiari secondo norme non familiari, umiliati dalla loro inadeguatezza mentre cercavano di comportarsi come occidentali, e poco inclini a diventare occidentali prossimi, di seconda classe nella migliore delle ipotesi, ricercavano soprattutto un rinnovato senso della propria identità".

C'è qualcosa di geniale, in un certo senso quasi di miracoloso, nella trasformazione profonda e personale implicita in quelle osservazioni.

Kennedy ci stava dicendo di aver imparato mentre era in ambasciata una lezione che da tempo considero la più fondamentale che il nostro tempo ci richiede, ma che troppo pochi di noi tentano di tentare:

questa è la capacità di vedere dal punto di vista degli altri attraverso il modo di vederli: con gli occhi chiari e ascoltandoli con le orecchie aperte.

Quella "esperienza completamente nuova" in cui gli studenti iraniani irruppero nel suo ufficio non sembra essere finita finché Kennedy non morì a 93 anni il 3 maggio a Bar Harbor, quella piccola ridotta lungo la costa del Maine.

 Al suo ritorno negli Stati Uniti, ha agito rapidamente una volta finite le sfilate e spente le luci del “Klieg”.

Si dimise dal Ministero degli Esteri senza esitazione e si trasformò in un critico devoto e mirabilmente perspicace della politica estera statunitense, mettendo a frutto i suoi anni di esperienza all'interno.

Ha tenuto numerose conferenze, ha intervistato spesso e ha scritto molto.

 Appena lasciò il Foreign Service, fondò il “Cathedral Peace Institute” a St. John the Divine nell'Upper West Side di Manhattan, la casa di lunga data di molti attivisti negli affari internazionali.

Il Times cita un'apparizione che fece in uno spettacolo televisivo pubblico nel 1986, quando uscì il suo libro:

Quando si tratta di affari esteri, l'ultima cosa al mondo che un americano è disposto a fare è pensare o provare a pensare a cosa significherebbe essere un sovietico, un arabo, un iraniano, un indiano.

 E il risultato è che pensano al mondo come una proiezione di noi stessi, e pensano che gli altri devono pensare secondo le stesse linee che stiamo pensando noi.

E quando non lo fanno, ne siamo turbati.

Questo è un pensiero luminoso.

Kennedy non ha limitato le sue preoccupazioni a questa o quella politica sbagliata: abbiamo sbagliato in Libano, in Angola o in qualsiasi altra parte del mondo.

Lo apprezzo in parte perché ha assunto quelle deformazioni psicologiche che hanno molto a che fare con ciò che ha reso la politica estera americana un disastro continuo dopo le vittorie del 1945 e la ricerca di Washington di una "leadership globale", termine educato per indicare un'egemonia aggressiva.

Eccolo parlare di quella che è diventata un'ossessione familiare all'interno delle cricche politiche fin dall'inizio della sua prigionia, 45 anni fa:

Gli elementi del mondo arabo e dell'Iran stanno reagendo contro di noi attraverso un altro tipo di guerra: una guerra a bassa intensità chiamata terrorismo.

E penso che sia un modo per cercare di farci capire, o almeno essere consapevoli, che loro hanno un punto di vista diverso.

Quando ho letto questa osservazione la mia mente è andata immediatamente a quel ciarlatano intellettuale degli anni di Bush II, “Richard Perle”, che sosteneva con suprema e consequenziale stupidità in seguito agli attacchi del 2001:

 "Ogni tentativo di comprendere il terrorismo è un tentativo di giustificarlo".

E poi ho pensato al discorso su Hamas:

bisogna chiamare Hamas "terrorista" in ogni momento, senza eccezione e in ogni menzione, per evitare ogni comprensione, proprio come insisteva Perle.

 

La linea di pensiero che chiamiamo prospettivismo – il riconoscimento che nessuno di noi ha il monopolio sulla verità, sui "valori" o sulle interpretazioni della realtà – esiste da quando Nietzsche la meditò alla fine del XIX secolo.

Moorhead Kennedy è quello che appare in pratica, a terra, mentre legge alla scrivania mentre è prigioniero.

Quanto ci siamo impoveriti dai tempi di Kennedy.

Quanto è grande la distanza tra il suo pensiero e il non-pensiero ideologico di Antony Blinken e Jake Sullivan.

 Sono colpevoli quotidianamente di ogni peccato identificato da Kennedy.

Manda Blinken e Sullivan nel covo dello spionaggio, dico.

Non ci sarebbe qualche piccola possibilità che la bolla che condivide scoppi?

E che forse sarebbero tornati a casa con una visione prospettica del mondo che avrebbero potuto improvvisamente vedere e sentire, e avrebbero smesso di mandare a fondo la posizione dell'America nel mondo?

 

 

 

 

Sostenere il “genocidio” per

fermare il multipolarismo.

Unz.com - PEPE ESCOBAR – (5 GIUGNO 2024) – ci dice:

L'Egemone sta calcolando una guerra mondiale per fermare il multipolarismo. Sostiene il genocidio israeliano di Gaza come un maschio necessario per vincere duramente in Asia occidentale, immaginando a chi importerà una volta che la guerra diventerà globale?

Sì, ecco il problema.

Portandoci alla domanda chiave che la maggioranza globale deve affrontare: come possiamo permetterci di sognare il multipolarismo quando siamo immersi nell'impensabile, ridotti al ruolo di semplici spettatori, guardando un genocidio trasmesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7, su ogni smartphone del pianeta?

La Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), dichiaratamente imperfetta, ha almeno ordinato ai genocidi biblici di smettere di bombardare Rafah.

 La risposta di Israele?

 Hanno bombardato Rafah.

Peggio ancora, hanno bruciato vivi i bambini nelle tende dei rifugiati.

Con i missili americani.

E il genocidio continuerà almeno fino alla fine di quest'anno multipolare, come vantato dall'intelligence israeliana.

La Maggioranza Globale vede almeno chiaramente come funziona l'"ordine internazionale basato sulle regole".

 Eppure questo non è un gran conforto.

L'ordine della “Corte Internazionale di Giustizia” di fermare la carneficina a Rafah, oltre alla spinta della “Corte penale internazionale” per ottenere mandati di arresto per i massimi leader israeliani per crimini di guerra seriali a Gaza, prevedibilmente ha mandato la” combo di Israele e Stati Uniti” in una frenesia isterica.

Il nocciolo della questione riguarda i veri padroni e gestori dell'“Impero del Caos e del Saccheggio”, molto più che i loro umili emissari.

 I padroni non possono permettere che nessuna istituzione allenti la presa sulla narrativa ufficiale.

La versione ufficiale è che "non c'è nessun genocidio a Gaza" e nessuna "linea rossa" è stata oltrepassata.

Questo è il diktat ufficiale dell'occidente collettivo.

Non sono ammesse violazioni.

Arriveranno agli estremi incostituzionali per imporre un controllo narrativo totale, con una ferrea operazione di pubbliche relazioni per avvolgere l'intero pianeta in uno strato dopo l'altro di stupore propagandistico.

Contraddicendo leggermente Mao Zedong, il vero potere non viene dalla canna di una pistola (o da un missile nucleare ipersonico);

deriva dal controllo narrativo, o da ciò che chiamavamo "soft power".

La differenza ora è che l'egemone non controlla più il soft power.

La maggioranza globale sta perfezionando, in tempo reale, le proprie contromisure di soft power.

Una società sistemicamente sociopatica.

I controllori narrativi potrebbero ancora essere in grado di cancellare fatti chiave dall'opinione pubblica occidentale, ad esempio, sulla pulizia etnica.

Gli arabi cristiani sono stati sistematicamente sottoposti a pulizia etnica in Palestina.

All'inizio degli anni '50, Betlemme era cristiana per l'86%, una cifra che da allora è crollata al triste 12% di oggi.

Gli psicopatici biblici costruirono un muro intorno a Betlemme, annessero terre a beneficio dei coloni ebrei armati e dei cristiani sottoposti a pulizia etnica.

Perché la ferita è molto più profonda.

Alastair Crooke, un ex diplomatico con una vasta esperienza sul campo, non ha eguali tra gli occidentali quando si tratta di comprendere le complessità dell'Asia occidentale.

Nei suoi articoli e nei suoi podcast, tocca la principale ferita messa a nudo dalla guerra/genocidio a Gaza:

 lo scisma, nel cuore dell'Occidente, tra un "progetto di ingegneria sociale illiberale" che si spaccia per liberalismo e un progetto di " recupero dei valori 'eterni' (per quanto imperfetti) che un tempo stavano dietro la civiltà europea".

In aggiunta al problema, le strutture di potere USA-Israele sono unite al fianco.

 E lavorano secondo una sorta di logica complementare.

Mentre la versione israeliana del saccheggio è incarnata nel colonialismo di insediamento, l'Egemone – come brillantemente spiegato da “Michael Hudson” – è stato coinvolto in un'orgia di colonialismo finanziarizzato in cerca di rendita dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

E quello che “Michael Hudson” qualifica come il “racket FIRE” (finanza-assicurazioni-immobiliare) si è calcificato, come nota “Alastair,” in "un quadro permanente per il sistema politico e geopolitico occidentale".

Pertanto, non c'è da meravigliarsi che la maggioranza globale veda istintivamente la combinazione Israele-USA – che porta diverse forme di sfruttamento/saccheggio fino al genocidio – come l'epitome del colonialismo, ora "ammorbidito" da un controllo narrativo in un'insensata "regole".

Basato come Ordine Internazionale ".

Non c'è nemmeno da meravigliarsi che il genocidio di Gaza abbia scatenato una rinnovata ondata anticoloniale a livello della maggioranza globale.

Tuttavia, ciò non è sufficiente.

Nessuno sta effettivamente fermando il genocidio.

 Ciò sarebbe praticamente possibile solo infliggendo una devastante sconfitta militare a Israele – con i vincitori che dettano i termini della capitolazione.

 Ciò non è fattibile – almeno non ancora – e contribuisce a far credere agli psicopatici biblici di poter farla franca con qualsiasi cosa.

"Un nuovo orizzonte del sacrificio umano."

 

“Andrea Zhok” è professore di “Filosofia Etica” all'Università degli Studi di Milano e uno dei maggiori intellettuali indipendenti italiani.

“Zhok “ci porta ulteriormente nel vicolo cieco – opportunamente tragico – ora contemplato dall'occidente collettivo.

L'Occidente sotto l'Egemone, dice, ha sempre e solo avuto un Piano A.

Non c'era un piano B.

Ciò implica che l'Occidente continuerà ad applicare tutte le forme di “divide et impera” contro le principali potenze eurasiatiche: Russia , Cina e Iran.

“Zhok” nota, correttamente, che l'India è sostanzialmente sotto controllo.

Questo è lo scenario di bivio in cui ci troviamo in questo momento.

Guardando al futuro, si tratta di una guerra calda aperta o di una serie di guerre ibride tra le grandi potenze e i loro vassalli – essenzialmente, la Terza Guerra Mondiale.

“Zhok” mostra come l'Occidente sotto l'Egemone sia ora ossessionato dalla creazione di "ferite sistemiche" capaci di distruzione ciclica.

 Per aprire queste "ferite" ci sono due procedure principali: la guerra e le pandemie.

Egli sostiene che solo "un nuovo orizzonte di sacrifici umani" è in grado di permettere alla "Verità Ultima" dell'Occidente di continuare a stare in piedi sui suoi piedi d'argilla.

In realtà, è questo "nuovo orizzonte di sacrifici umani" che sta condizionando la non-risposta – o peggio, la legittimazione – dell'Occidente al genocidio di Gaza.

E questo sta inesorabilmente corrodendo la psiche europea dall'interno.

 Quella che un tempo si chiamava civiltà europea – ora completamente vassallata dall'Egemone – potrebbe non essere mai guarita dal cancro.

Se queste prove e tribolazioni non bastassero, messaggeri irrazionali – dietro ordine – sono impegnati ad avvicinarci giorno dopo giorno ad una guerra nucleare.

E alcuni umili funzionari lo ammettono addirittura, a bruciapelo.

È tutto qui, in una conversazione tra il giudice “Andrew Napolitano” e gli analisti “Larry Johnson” e “Ray McGovern,” durante la quale il primo fa riferimento ad una email ricevuta da una fonte militare/intelligence.

Questo è ciò che gli ha detto la fonte:

Oggi ho ascoltato un'ampia intervista con un ex ufficiale dell'intelligence dell'”IDF”.

La sua posizione era chiara: « Noi », disse, « puntiamo a una guerra mondiale» (il corsivo è mio).

Israele, quindi, non dovrebbe impedirsi di attuare alcune delle misure più radicali perché le sue azioni verranno misurate retroattivamente nel contesto del brutale conflitto mondiale che verrà.

Questa dovrebbe essere vista come la spiegazione definitiva per la frenetica escalation senza sosta degli Egemoni/Vassali nel fronte intrecciato di “Forever Wars” – da “Gaza” alla “Novorossiya”.

Ciò include il genocidio – e le conseguenze del genocidio, come la truffa degli "aiuti" da 320 milioni di dollari ora trasformata in spazzatura sulla costa di Gaza, riportando tutto nuovamente al genocidio mentre lo stratagemma di espellere/spedire i palestinesi all'estero si è miseramente ridotto.

 Ossia fallito.

" Puntare verso una guerra mondiale " rende tutto molto chiaro chi è veramente a condurre lo spettacolo.

 E l'intero mondo multipolare è ancora tenuto in ostaggio.

 

 

Per continuare il” genocidio di Gaza”,

“Israele e gli Stati Uniti” devono

distruggere le leggi di guerra.

Unz.com - JONATHAN COOK – (31 MAGGIO 2024) – ci dice:

Le due più alte corti del mondo hanno reso Israele, un implacabile nemico nel tentativo di far rispettare il diritto internazionale e porre fine alle atrocità israeliane a Gaza.

Gli annunci separati della scorsa settimana da parte della “Corte Internazionale di Giustizia” (ICJ) e della “Corte Penale Internazionale” (ICC) avrebbero dovuto costringere Israele a tornare indietro a Gaza.

Un collegio di giudici dell'ICJ – a volte noto come “Corte Mondiale” – ha chiesto venerdì scorso che Israele interrompesse immediatamente la sua attuale offensiva su Rafah, nel sud di Gaza.

Invece, Israele ha risposto intensificando le sue atrocità.

Domenica ha bombardato una presunta "zona sicura" affollata di famiglie di rifugiati costrette a fuggire dal resto di Gaza, che è stata devastata dalla furia di Israele negli ultimi otto mesi.

L'attacco aereo ha incendiato un'area piena di tende, uccidendo decine di palestinesi, molti dei quali bruciati vivi.

 Un video mostra un uomo che tiene in braccio un bambino decapitato dall'esplosione israeliana.

Altre centinaia, tra cui donne e bambini, hanno riportato ferite gravi, comprese ustioni terribili.

Israele ha distrutto quasi tutte le strutture mediche che potrebbero curare i feriti di Rafah, oltre a negare l'ingresso alle forniture mediche di base, come gli antidolorifici, che potrebbero alleviare le loro sofferenze.

Questo era esattamente il risultato da cui il presidente americano” Joe Biden “aveva messo in guardia mesi fa quando suggerì che un attacco israeliano a Rafah avrebbe costituito una "linea rossa".

Ma la linea rossa americana è evaporata nel momento in cui Israele l'ha oltrepassata.

Il massimo che i funzionari di Biden sono riusciti a fare è stata una dichiarazione farinosa che definisce le immagini di Rafah "strazianti".

Tuttavia, tali immagini si sarebbero presto ripetute.

Martedì Israele ha attaccato nuovamente la stessa zona, uccidendo almeno 21 palestinesi, per lo più donne e bambini, mentre i suoi carri armati entravano nel centro di Rafah.

"Un meccanismo con i denti."

La richiesta della “Corte Mondiale” che Israele interrompa il suo attacco a Rafah è arrivata sulla scia della sua decisione di gennaio di processare effettivamente Israele per genocidio, un processo giudiziario che potrebbe richiedere anni per essere completato.

Nel frattempo, ha insistito l'”ICJ”, Israele doveva astenersi da qualsiasi azione che rischiasse un genocidio dei palestinesi.

Nella sentenza della scorsa settimana, la Corte ha fortemente lasciato intendere che l'attuale attacco a Rafah potrebbe far avanzare proprio tale programma.

Presumibilmente Israele ha osato sfidare la corte solo perché era sicuro di avere il sostegno dell'amministrazione Biden.

I funzionari delle Nazioni Unite, ammettendo di aver esaurito gli aspetti negativi per descrivere la catastrofe sempre peggiore a Gaza, l'hanno definita "l'inferno in terra".

Giorni prima della sentenza della “Corte Internazionale di Giustizia,” le ruote della sua corte gemella, la “Corte Penale Internazionale”, hanno finalmente iniziato a girare.

“Karim Khan”, il procuratore capo, ha annunciato la scorsa settimana che avrebbe richiesto mandati di arresto per il primo ministro israeliano, “Benjamin Netanyahu”, e il suo ministro della difesa,” Yoav Gallant”, insieme a tre leader di Hamas.

Entrambi i leader israeliani sono accusati di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, compresi i tentativi di sterminare la popolazione di Gaza attraverso la fame pianificata.

Israele ha bloccato le consegne di aiuti per molti mesi, creando carestia, una situazione solo esacerbata dal recente sequestro di un valico tra l'Egitto e Rafah attraverso il quale venivano consegnati gli aiuti.

La “Corte penale internazionale” è un meccanismo giudiziario potenzialmente più pericoloso per Israele rispetto alla Corte internazionale di giustizia.

È probabile che la “Corte Mondiale” impiegherà anni per giungere a un giudizio sulla questione se Israele abbia effettivamente commesso un genocidio a Gaza – forse troppo tardi per salvare gran parte della sua popolazione.

La Corte penale internazionale, d'altro canto, potrebbe potenzialmente emettere mandati di arresto entro giorni o settimane.

E mentre la “Corte Mondiale” non dispone di reali meccanismi di applicazione, dato che gli Stati Uniti sicuramente metteranno il veto su qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che cerchi di chiedere conto a Israele, una sentenza della CPI imporrebbe un obbligo a più di 120 stati che hanno ratificato il suo documento fondatore, lo” Statuto di Roma,” per arrestare “Netanyahu e Gallant “dovrebbero calpestare il loro territorio.

Ciò renderebbe l'Europa e gran parte del mondo – ma non gli Stati Uniti – off-limits per entrambi.

E non c'è motivo perché i funzionari israeliani diano per scontato che le indagini della CPI finiranno con Netanyahu e Gallant.

 Col tempo, potrebbe emettere mandati per molti più israeliani.

Come ha osservato un funzionario israeliano : "La Corte penale internazionale è un meccanismo con i denti".

Tribunale "antisemita".

Anche Washington sembrava pronta ad aggiungere i muscoli.

Le rappresaglie statunitensi, secondo il documento, sarebbero molto probabilmente modellate sulle sanzioni imposte nel 2020 da Donald Trump, predecessore di Joe Biden, dopo che la CPI ha minacciato di indagare sia su Israele che sugli Stati Uniti per crimini di guerra, rispettivamente nei territori palestinesi occupati in Afghanistan.

Successivamente, l'amministrazione Trump ha accusato la Corte penale internazionale di "corruzione finanziaria e illeciti ai massimi livelli", accuse che non sono mai state comprovate.

A Fatou Bensouda , all'epoca procuratore capo, fu negato l'ingresso negli Stati Uniti e i funzionari di Trump minacciarono di confiscare i suoi beni e quelli dei giudici della CPI e di metterli sotto processo.

 L'amministrazione ha anche promesso di usare la forza per liberare tutti gli americani o gli israeliani che fossero stati arrestati.

Mike Pompeo, l'allora segretario di Stato americano, affermò che Washington era "determinata a impedire che gli americani e i nostri amici e alleati in Israele e altrove venissero trascinati da questa corrotta Corte penale internazionale".

Guerra segreta alla” CPI”.

Infatti, un'indagine congiunta del sito web israeliano 972 e del quotidiano britannico Guardian ha rivelato questa settimana che Israele – apparentemente con il sostegno degli Stati Uniti – sta conducendo una guerra segreta contro la “Corte penale internazionale” da quasi un decennio.

La sua offensiva è iniziata dopo che la Palestina è diventata parte contraente della “Corte penale internazionale” nel 2015, e si è intensificata dopo che” Bensouda”, il predecessore di “Khan”, ha avviato un'indagine preliminare sui crimini di guerra israeliani – sia i ripetuti attacchi di Israele a Gaza che la costruzione di insediamenti ebraici illegali in Cisgiordania e in Israele.

 Gerusalemme Est per pulire etnicamente i palestinesi dalle loro terre.

“Bensouda” si è trovata minacciata insieme alla sua famiglia e suo marito è stato ricattato.

 Il capo dell'”agenzia di spionaggio israeliana “Mossad”, “Yossi Cohen”, è stato coinvolto personalmente nella campagna di intimidazione. Un funzionario informato sul comportamento di Cohen lo ha paragonato allo "stalking".

Il capo del Mossad ha teso un'imboscata a “Bensouda” almeno in un'occasione nel tentativo di reclutarla dalla parte di Israele.

“Cohen”, noto per essere vicino a “Netanyahu”, le avrebbe detto:

"Dovresti aiutarci e lasciare che ci prendiamo cura di te. Non vuoi immischiarti in cose che potrebbero compromettere la tua sicurezza o quella della tua famiglia.”

Israele ha anche condotto una sofisticata operazione di spionaggio sul tribunale, hackerando il suo database per leggere e-mail e documenti.

 Ha cercato di reclutare personale della Corte penale internazionale per spiare il tribunale dall'interno.

Alla CPI ci sono sospetti che Israele abbia avuto successo.

Poiché Israele supervisiona l'accesso ai territori occupati, è stato in grado di vietare ai funzionari del CPI di indagare direttamente sui suoi crimini di guerra.

Ciò ha significato, dato il suo controllo dei sistemi di telecomunicazione nei territori, che è stato in grado di monitorare tutte le conversazioni tra il CPI ei palestinesi che riportavano atrocità.

Di conseguenza, Israele ha cercato di chiudere i gruppi palestinesi legali e per i diritti umani designandoli come "organizzazioni terroristiche".

 

La sorveglianza della CPI è continuata durante il mandato di Khan – ed è la ragione per cui Israele sapeva che i mandati di arresto stavano arrivando.

 Secondo fonti che hanno parlato con il “Guardian” e il sito “web 972”, la corte è stata sottoposta a "tremende pressioni da parte degli Stati Uniti" per non procedere con i mandati.

“Khan” ha sottolineato che l'interferenza nelle attività della corte è un reato penale.

 Più pubblicamente, un gruppo di senatori repubblicani americani ha inviato una lettera minacciosa a Khan: "Prendete di mira Israele e noi prenderemo di mira te".

Lo stesso “Khan “ha sottolineato di aver dovuto affrontare una campagna di intimidazione e ha avvertito che, se l'interferenza dovesse continuare, "il mio ufficio non esiterà ad agire".

La domanda è:

quanto di tutto questo è spavalderia, e quanto sta influenzando Khan e i giudici della CPI, rendendoli cauti nel portare avanti le loro indagini, accelerandole o estendendole a più sospettati israeliani di crimini di guerra.

 

Cappio legale.

Nonostante le intimidazioni, il cappio legale si sta rapidamente stringendo attorno al collo di Israele. È diventato impossibile per le più alte autorità giudiziarie del mondo ignorare il massacro di Israele durato otto mesi a Gaza e la distruzione quasi completa delle sue infrastrutture, dalle scuole e ospedali ai complessi umanitari e alle panetterie.

Molte decine di migliaia di bambini palestinesi sono stati uccisi, mutilati e resi orfani nella furia, e altre centinaia di migliaia stanno gradualmente morendo di fame a causa del blocco degli aiuti da parte di Israele.

Il ruolo della “Corte Mondiale” e della “Corte per i Crimini di Guerra” è proprio quello di fermare le atrocità e i genocidi prima che sia troppo tardi.

Gli stati più potenti del mondo – in particolare la superpotenza mondiale, gli Stati Uniti, che così spesso rivendica lo status di "poliziotto globale" – hanno l'obbligo di contribuire a far rispettare tali sentenze.

Se Israele dovesse continuare a ignorare la richiesta della “Corte Internazionale di Giustizia” di porre fine al suo attacco a Rafah, come sembra certo, ci si aspetterebbe che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvi una risoluzione per far rispettare la decisione.

Ciò potrebbe variare, come minimo, da un embargo sulle armi e sanzioni economiche contro Israele all'imposizione di no-fly zone su Gaza o addirittura all'invio di una forza di mantenimento della pace delle Nazioni Unite.

Washington ha dimostrato di poter agire quando lo desidera.

 Anche se gli Stati Uniti fanno parte di una minoranza di Stati che non hanno aderito allo “Statuto di Roma”, hanno sostenuto con forza il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro il leader russo Vladimir Putin nel 2023.

L'amministrazione “Biden” ha orchestrato il sequestro dei beni statali russi, così come di quelli dei ricchi russi, e ha incoraggiato un boicottaggio culturale e sportivo.

Propone di non fare nulla di tutto ciò nel caso di Israele.

Divisioni in Europa.

Non è solo il fatto che gli Stati Uniti sono dispersi mentre Israele porta avanti i suoi obiettivi di genocidio a Gaza.

 Washington sta attivamente aiutando e favorendo il genocidio, fornendo bombe a Israele, tagliando i finanziamenti alle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite che sono la principale ancora di salvezza per la popolazione di Gaza, condividendo informazioni con Israele e rifiutando di usare la sua abbondante influenza su Israele per fermare il massacro.

E l'ipotesi diffusa è che gli Stati Uniti porranno il veto a qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza contro Israele.

Secondo due ex funzionari della “Corte penale internazionale” che hanno parlato con il “Guardian” e il sito “web 972”, alti funzionari israeliani hanno espressamente affermato che Israele e gli Stati Uniti stanno lavorando insieme per ostacolare il lavoro della corte.

Il disprezzo di Washington per le più alte autorità giudiziarie del mondo è così evidente che sta iniziando a logorare persino le relazioni con l'Europa.

Il capo della politica estera dell'UE, “Josep Borrell”, ha espresso il suo sostegno alla Corte penale internazionale e ha chiesto che qualsiasi sentenza contro Netanyahu e Gallant venga rispettata.

Nel frattempo, lunedì, il presidente francese “Emmanuel Macron” ha espresso la sua indignazione per gli attacchi israeliani a Rafah e ha chiesto che cessassero immediatamente.

Tre stati europei – Spagna, Irlanda e Norvegia – hanno annunciato la scorsa settimana che si sarebbero uniti a più di 140 altri paesi, tra cui otto dei 27 membri dell'Unione Europea, nel riconoscere la Palestina come stato.

Il coordinamento tra Spagna, Irlanda e Norvegia è stato presumibilmente progettato per attenuare l'inevitabile reazione provocata dalla sfida alla volontà di Washington.

Tra le falsità promosse da Stati Uniti e Israele c'è l'affermazione secondo cui la “Corte penale internazionale” non ha giurisdizione sulle azioni militari di Israele a Gaza perché nessuno dei due ha riconosciuto la Palestina come Stato.

Ma la Palestina è diventata uno Stato parte del CPI già nel lontano 2015.

 E, come hanno evidenziato Spagna, Irlanda e Norvegia, è ora riconosciuta anche dagli stati occidentali solitamente sottomessi all'"ordine basato sulle regole" imposto dagli Stati Uniti.

Un altro inganno promosso da Israele e dagli Stati Uniti – più rivelatore – è l'affermazione che la CPI non ha giurisdizione perché Israele, come gli Stati Uniti, non ha ratificato lo “Statuto di Roma”.

Nessuno dei due crede che il diritto internazionale – la base giuridica costruita all'indomani della Seconda Guerra Mondiale per fermare futuri Olocausti – si applichi a loro.

 Il che è un motivo in più per scartare le loro assicurazioni che non c'è alcun genocidio a Gaza.

Ma in ogni caso, l'argomento è del tutto vuoto:

la Palestina è parte della CPI e lo Statuto di Roma è lì per proteggere i suoi firmari dagli attacchi.

Sono solo i bulli violenti come gli Stati Uniti e Israele che non hanno bisogno della Corte Penale Internazionale.

 

La forza fa il giusto.

Sia la “Corte Internazionale di Giustizia” che la “Corte Internazionale penale “sono pienamente consapevoli dei pericoli di affrontare Israele – ed è per questo che, nonostante le denunce dissimulanti da parte degli Stati Uniti e di Israele, ogni tribunale si sta muovendo così lentamente e con cautela nell'affrontare le atrocità israeliane.

Se si prende il filo dei crimini di guerra israeliani a Gaza, l'intero tessuto delle atrocità commesse e promosse nel mondo dagli Stati Uniti e dai suoi più stretti alleati inizierà a disfarsi.

La verità non detta è che la campagna di bombardamenti "Shock and Awe" e gli anni di brutale occupazione dell'Iraq da parte delle truppe statunitensi e britanniche, e l'occupazione ancora più lunga e altrettanto sanguinosa dell'Afghanistan, hanno sviscerato i vincoli legali che avrebbero reso più difficile per Putin invadere l'Ucraina e che Israele metta in pratica la cancellazione del popolo palestinese che sogna da tanto tempo.

È Washington, che ha stracciato il codice del diritto internazionale e ha elevato al di sopra di esso un egoistico "ordine basato su regole" in cui l'unica regola significativa è che il potere rende giusto.

Di fronte a questo duro assioma, Mosca aveva buone ragioni sia per trarre vantaggio dagli atti di vandalismo di Washington contro il diritto internazionale per portare avanti i propri obiettivi strategici regionali, sia per sospettare che l'implacabile espansione militare di una Nato guidata dagli Stati Uniti verso i suoi confini non avesse l'appoggio della Russia con i migliori interessi a cuore.

Ora, mentre Netanyahu e Gallant rischiano di essere messi sul banco degli imputati dell'Aia, Washington sta finalmente trovando la determinazione ad agire. Non per fermare il genocidio.

Ma offrire protezione a Israele per andare avanti.

 

I crimini di guerra sono stati trascurati.

Per questo motivo, la scorsa settimana “Khan” ha fatto tutto il possibile per isolarsi dalle critiche, annunciando di volere l'arresto di Netanyahu e Gallant.

In primo luogo, si è assicurato di valutare più pesantemente le accuse contro “Hamas” che contro Israele.

Cerca tre leader di Hamas contro due israeliani.

Nella sua accusa, ha implicato sia l'ala politica che quella militare di “Hamas” in crimini di guerra e “crimini contro l'umanità” per l'attacco di un giorno contro Israele il 7 ottobre e la presa di ostaggi.

Al contrario, Khan ha completamente ignorato il ruolo dell'esercito israeliano negli ultimi otto mesi, anche se ha eseguito alla lettera i desideri di Netanyahu e Gallant.

In particolare, Khan ha accusato il capo dell'ufficio politico di Hamas, “Ismail Haniyeh”, che ha sede in Qatar, non a Gaza.

Tutte le prove, tuttavia, sono che non era a conoscenza dell'attacco del 7 ottobre e certamente non aveva alcun coinvolgimento operativo.

Mettendo ulteriormente Hamas in una luce peggiore, Khan ha mosso più accuse contro i suoi leader che contro quelli di Israele.

Ciò includeva un'accusa radicata in una narrativa di spicco dell'establishment occidentale:

che gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza hanno subito sistematiche aggressioni sessuali e torture.

Sembra che ci siano poche prove che i dimostrano convincenti per questa accusa in questa fase, a meno che Khan non abbia accesso a fatti di cui nessun altro sembra essere a conoscenza.

Al contrario, ci sono molte prove oggettive di palestinesi rapiti nelle strade di Gaza e della Cisgiordania occupata e sottoposti ad aggressioni sessuali e torture nelle carceri israeliane.

Questo, tuttavia, non è sul foglio delle accuse contro Netanyahu o Gallant.

Khan ha anche ignorato molti altri crimini di guerra israeliani che sarebbero facili da dimostrare, come la distruzione di ospedali e strutture delle Nazioni Unite, l'uccisione mirata di un gran numero di operatori umanitari e giornalisti, e il fatto che il 70% del patrimonio immobiliare di Gaza è stato distrutto. Così è stata resa inabitabile dalle bombe israeliane fornite dagli Stati Uniti.

 

Affrontare Golia.

Nel portare avanti la causa contro Israele, Khan sapeva chiaramente che stava affrontando un Golia, dato il forte sostegno di Israele da parte degli Stati Uniti. Aveva persino reclutato un gruppo di esperti legali affinché dessero la loro benedizione, nella speranza che ciò potesse offrire una certa protezione dalle ritorsioni.

La giuria, che ha approvato all'unanimità le accuse contro Israele e Hamas, comprendeva esperti legali come “Amal Clooney”, quanto di più vicino a una superstar legale ha la comunità dei diritti umani.

 Ma includeva anche “Theodor Meron”, ex autorità legale del ministero degli Esteri del governo israeliano.

In un'intervista esclusiva con “Christiane Amanpour” della” CNN”, spiegando il suo ragionamento, “Khan” sembrava desideroso di prevenire gli attacchi imminenti. Ha notato che un anonimo politico statunitense di alto livello aveva già cercato di dissuaderlo dall'incriminare i leader israeliani.

 Il pubblico ministero ha ipotizzato che dietro le quinte venissero lanciate altre minacce.

La “Corte Penale Internazionale”, gli è stato detto, è stata "costruita per l'Africa e per i delinquenti come Putin" – una critica alla Corte che ha fatto eco alle denunce a lungo mosse contro di essa dal Sud del mondo.

A Washington, ci si aspetta che il CPI serva come nient'altro che un altro strumento istituzionale dell'imperialismo statunitense.

 Non è lì per sostenere appassionatamente il diritto internazionale.

È lì per far rispettare un "ordine basato sulle regole" degli Stati Uniti in cui gli Stati Uniti ei loro alleati non possono sbagliare, anche quando stanno commettendo atrocità o un genocidio.

L'inquadramento prevedibilmente distorto dell'intervista di” Amanpour” – che Khan aveva bisogno di spiegare e giustificare a lungo ciascuna delle accuse che aveva mosso contro Netanyahu e Gallant, ma che le accuse contro i leader di Hamas erano evidenti – è stato un indizio di ciò che la corte sta affrontando.

Il procuratore della CPI ha chiarito che capisce fin troppo bene cosa c'è in gioco se la CPI e la Corte Internazionale di Giustizia chiudono un occhio sul genocidio di Gaza, come vogliono Israele e gli Stati Uniti.

 Ha detto ad Amanpour: "Se non applichiamo la legge allo stesso modo, ci disintegreremo come specie".

La scomoda verità è che racconto disintegrazione, in un'era nucleare, può essere più avanzato di quanto ognuno di noi si preoccupa di riconoscere.

Gli Stati Uniti e il loro Stato cliente preferito non danno alcun segno di volontà di sottomettersi al diritto internazionale.

 Come Sansone, preferirebbero abbattere la casa piuttosto che rispettare le regole di guerra stabilite da tempo.

Le prime vittime sono gli abitanti di Gaza.

 Ma in un mondo senza leggi, dove solo la forza fa il bene, alla fine tutti noi saremo i perdenti.

 

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