Il nuovo ordine mondiale sarà stabilito senza il consenso dei popoli.
Il
nuovo ordine mondiale sarà stabilito senza il consenso dei popoli.
2024:
l’anno decisivo per la fine
del
Nuovo Ordine Mondiale
e
dell’anglosfera?
Lacrunadellago.net
– Cesare Sacchetti – (2-1-2024) – ci dice:
Se
dovessimo rispondere alla domanda se l’anno da poco iniziato possa essere
quell’anno che determina la fine del cosiddetto “ordine liberale
internazionale” e di tutto ciò che c’è dentro tale decadente struttura
geopolitica, ci sentiremmo di rispondere affermativamente.
Il
2024 infatti presenta delle caratteristiche e degli eventi che probabilmente
saranno quelli che chiuderanno un ciclo storico iniziato almeno dal 1945.
Il
mondo, l’Europa e l’Italia si trovano da quasi 80 anni dalla fine della seconda
guerra mondiale in una condizione che ha visto l’ascesa internazionale
dell’Occidente liberale e la conseguente fine degli Stati nazionali per come lo
si era conosciuti prima dell’inizio del conflitto.
La
seconda guerra mondiale è stata quell’evento di proporzioni così enormi che ha
consentito di cambiare completamente l’architettura degli Stati nazionali
rendendoli di fatto delle entità giuridicamente svuotate e non più dotate dei
poteri sovrani che avevano un tempo.
Il
conflitto è stato semplicemente perfetto per soddisfare la logica di quei
poteri che volevano avviare un trasferimento della sovranità degli Stati
nazionali a favore di centri del potere transnazionali rappresentati
dall’impalcatura partorita dalle potenze anglosassoni a Bretton Woods nel 1944.
In
quell’anno, si erigono i pilastri dell”’ordine finanziario internazionale” che
ha dominato tutta la seconda metà del 900 e l’inizio del XXI secolo, laddove il
dollaro americano ha rappresentato la moneta dominante degli scambi
internazionali.
Le
potenze vincitrici hanno semplicemente deciso in quel preciso istante che andava costruito un impero fondato
sulla supremazia dell’idea del culto dei diritti umani, e tale culto andava imposto anche
al resto del mondo e a coloro che non volevano sacrificare la sovranità del
proprio Stato a favore di tale impero.
L’impero
americano è stato la fine degli Stati nazionali e i suoi sostenitori che
siedono ai vertici dei circoli globalisti e delle massonerie internazionali
hanno utilizzato la superpotenza americana per imporre la loro visione del
mondo che altro non è che l’accentramento assoluto del potere nelle mani di un
organismo unico internazionale, ovvero quella che i vari tecnocrati definiscono
governance internazionale
La
governance non è il potere di uno Stato.
La governance è il potere di centri del potere
privati finanziari e industriali che non risponde a nessuno e che ha
determinato il percorso degli Stati nazionali dal 1945 in poi.
Il
fallimento del piano autoritario del Grande Reset.
Questa
fase storica della quale stiamo parlando sta giungendo definitivamente al
termine poiché dopo la farsa pandemica si è messa in moto una catena di eventi
che ha portato ad esiti esattamente opposti a quelli desiderati da gruppi quali
il forum di Davos, il gruppo Bilderberg e il Club di Roma.
Le
famiglie dominanti del globalismo quali i Rothschild, i Rockefeller, i Dupont e
i Morgan erano abbastanza convinte in cuor loro che attraverso la fabbricazione
di una crisi artificiale quale la farsa pandemica avrebbero creato quell’evento
catalizzatore tale da ridisegnare completamente ogni assetto internazionale, e
favorire la definitiva ascesa di questo super impero internazionale nel quale
un tiranno con poteri autoritari di gran lunga superiori a quelli dei
totalitarismi del secolo scorso, avrebbe governato con assoluto pugno di ferro
e perseguitato tutti coloro che si fossero opposti ai suoi piani.
Non
sarebbe stato altro che l’esternazione di quel totalitarismo che le massonerie
chiamano “Nuovo Ordine Mondiale” e che è stato citato innumerevoli volte da
leader internazionali quali George H. Bush, Nicolas Sarkozy e Winston Churchill.
Ciò
non è accaduto poiché l’opposizione di altri blocchi geopolitici quali i “BRICS”
fondati invece sulla preminenza degli Stati nazionali e il disimpegno
dell’impero americano hanno favorito un processo storico che a nostro avviso
sta portando veramente alla fine del XX secolo una volta per tutte.
Il
ritorno sulla scena internazionale degli Stati nazionali e il trasferimento del
potere da Washington a centri di potere multipli sullo scacchiere
internazionale sta ridisegnando completamente la mappa della geopolitica e sta
dando rilevanza e peso a degli attori politici che prima non avevano né la
prima né il secondo.
È il
caso, ad esempio, dell’Africa che si sta separando dal precedente giogo
coloniale della “Françafrique” e che ora guarda al mondo multipolare per
trovare finalmente una sua dimensione autonoma che non sia quella di un governo
coloniale sottoposto all’influenza di Parigi.
Nel
vecchio ordine liberale internazionale c’era anche questo.
C’era
il dominio dell’Africa attraverso il colonialismo francese che a sua volta era
il garante in Africa della supremazia economica delle famiglie del capitalismo
internazionale quali i Rothschild che hanno saccheggiato questo continente
delle sue preziosissime materie prime per più di un secolo.
La
Russia è il Paese che sta accompagnando l’Africa verso la sua sovranità.
La
storia e i popoli africani dovranno certamente rendere merito di aver trovato
per la prima volta una potenza che non è entrata nelle loro case per comandare,
ma per trovare un’intesa fondata sul reciproco rispetto della sovranità
nazionale.
Il
primo evento di rilievo del 2024: la rielezione di Putin.
Ora il
2024 si presenta come un anno, come si accennava al principio di questa
analisi, dotato di quelle caratteristiche necessarie per imprimere
un’accelerazione ancora maggiore a questo processo storico in corso e il primo
evento da prendersi in esame in tale ottica è sicuramente la rielezione,
praticamente scontata, del presidente Putin il prossimo marzo.
Lo zar
ha inaugurato un’era in Russia che è iniziata almeno dal primo anno della sua
elezione, nel lontano 2000, quando dopo essersi lasciate alle spalle le macerie
degli anni 90 e del regno degli “oligarchi askenaziti”, Mosca iniziava a
rimettersi in piedi per ritrovare la sua dimensione di potenza internazionale
perduta dopo il disastro seguito al crollo del Muro di Berlino.
Il
potere negli anni 90 a Mosca era degli oligarchi e degli emissari della CIA
quali Boris Eltsin che pur di compiacere i suoi referenti liquidò tutto il
patrimonio pubblico industriale russo a favore della finanza anglosassone,
esattamente come fece un altro sicario di questo mondo in Italia, ovvero il
famigerato Mario Draghi.
Quella
fase dal 2000 in poi termina definitivamente e la Russia inizia a guadagnare
nuovamente il suo peso.
La
Russia parlava del multipolarismo già in quegli anni poiché è sempre stata
questa la sua stella polare.
La sua stella polare non era quella che
guardava alla supremazia di un impero ma alla pacifica convivenza tra le
nazioni, senza la quali c’è soltanto violenza e caos.
L’ascesa
dei “BRICS” che vediamo ora è il frutto di un lavoro che è stato seminato con
pazienza da Mosca già in quegli anni.
Ora la
rielezione di Putin a marzo e la sempre più probabile caduta di Zelensky che in
molti si attendono nei prossimi mesi porteranno alla definitiva e ufficiale
sconfitta della NATO in Ucraina.
Per la
prima volta dalla fine della guerra fredda e dal crollo del muro di Berlino, il
patto atlantico si ritrova spettatore passivo di un enorme processo storico che
vedrebbe il crollo di un regime suo satellite e la definitiva perdita di
influenza sullo scacchiere internazionale.
A
Bruxelles, sede della NATO, sono assolutamente consapevoli che la sconfitta in
Ucraina è un qualcosa alla quale il debole patto atlantico non potrà
sopravvivere e la fine dell’atlantismo è una prospettiva che tormenta sempre
più le notti degli agitati Euro-Atlantisti semplicemente terrorizzati dalla
concreta possibilità di essere spazzati via assieme alla NATO.
L’idea
del Nuovo Ordine Mondiale poteva esistere solamente attraverso un suo braccio
armato militare, quale appunto la NATO, ed è del tutto evidente che una
sconfitta dell’alleanza atlantica in Ucraina rende impossibile la sopravvivenza
di questa organizzazione.
Il
secondo evento di rilievo del 2024: il ritorno ufficiale di Trump.
Gli
astri della geopolitica però nel 2024 non portano solamente una scontata
rielezione di Putin ma anche ad un probabile ritorno ufficiale di Donald Trump
a novembre, e qui entriamo in uno scenario che per noi è quello ideale mentre
per i nostri avversari devoti alla governance globale è invece sicuramente il
peggiore possibile.
L’Euro-Atlantismo
si fondava tutto sulla supremazia e sul ruolo di garante degli Stati Uniti come
Paese che attraverso la sua superpotenza militare si faceva carico di
assicurare l’esistenza del braccio armato del mondialismo.
L’ascesa
di Trump ha portato alla fine dell’internazionalismo americano e il suo
allontanamento dalla Casa Bianca attraverso la frode elettorale del 2020 non ha
ripristinato il precedente status quo come si illudevano i vari “esponenti di
Davos” e del “Council on Foreign Relations”.
Ciò
che adesso appare essere come la prospettiva peggiore per i rappresentati di
questi ambienti è quello di un ritorno ufficiale del presidente americano che
loro stessi già sanno metterà fine alla permanenza di Washington nella NATO,
mettendo così fine ad un ordine, quello liberale internazionale, che è esistito
dal 1945 in poi.
Questo
spiega perché qualche corte suprema locale di qualche stato americano stia
provando a sbarrare la strada a Trump impendendogli di partecipare alle
presidenziali sotto l’accusa falsa di “insurrezione”.
Gli esperti del settore già si sono
pronunciati e hanno detto che la Corte Suprema americana annullerà le decisioni
delle corti del Maine e del Colorado, ma ciò denota sicuramente tutta la
disperazione di un sistema che sa che il ritorno in carica ufficiale di Donald
Trump è la definitiva pietra tombale sullo stato profondo di Washington e sul
globalismo.
Il
2024 contiene dunque evidentemente quelle caratteristiche ideali per rinsaldare
quella che è stata un’alleanza che esiste almeno dal 2016, ovvero quella tra
Donald Trump e Vladimir Putin.
Il
solo fatto che le prime due potenze mondiali si ritrovino alleate in una comune
battaglia contro l’imperialismo dello stato profondo americano e contro l’idea
stessa di globalismo è un qualcosa che toglie ogni punto di riferimento ai
centri del mondialismo.
La
globalizzazione in tale ottica diventa semplicemente impossibile da sostenere
poiché le principali potenze internazionali sono intenzionate ad aprire una
fase laddove siano gli Stati nazionali a dominare la politica e non gli attori
internazionali senza volto nemmeno eletti dalle varie popolazioni.
Sono
queste come si vede delle congiunture storiche irripetibili e di portata così
rilevante che crediamo che sia davvero arduo per il liberalismo e le sue
derivazioni sopravvivere.
Così
come crediamo sia davvero arduo sopravvivere per l’Unione europea che in tale
congiuntura si trova non solo completamente isolata sul piano internazionale ma
priva di qualsiasi appoggio da parte di Washington, senza la quale
l’Euro-Atlantismo è chiaramente impossibile e senza la quale Bruxelles non ha
possibilità di esistere.
Se
guardiamo a questo insieme di unici eventi storici la sensazione che questo
anno sia un anno che porterà cambiamenti che dureranno per molti a venire, si
rafforza notevolmente.
E tali
cambiamenti ovviamente non potranno non toccare l’Italia la cui decadente
classe politica si ritrova ormai scaduta e legata ad un vecchio contesto
internazionale, quello Euro-Atlantico, che sta uscendo di scena.
Il
2024 sarà per tutte queste ragioni un anno speciale e sarà un anno da vivere
molto intensamente.
La
Maschera dell’Intelligenza Artificiale.
Conoscenzealconfine.it
– (5 Giugno 2024) – Redazione – ci dice:
L’AI
ci aiuterà a svolgere compiti ripetitivi, aiutandoci a liberare energie
creative per altre occupazioni.
Tale
affermazione, piuttosto diffusa tra gli “AI-fans”, è banalmente falsa: ad
aiutare le persone nei loro calcoli, c’è già il computer.
E
soltanto il computer può avere questa funzione.
L’AI,
è invece semplicemente – e molto più banalmente – il pensiero delle élites
dominanti.
È l’AI
a darci le risposte “giuste” alle nostre domande, è l’AI a dire ad un medico
“cosa deve fare”, “come si evolverà una malattia”, “quali terapie
somministrare”.
È
sempre l’AI, dietro la maschera della maggiore efficienza, a “suggerire” ad un
insegnante come impostare una lezione, di cosa parlare, quali temi affrontare,
e soprattutto, come parlarne.
L’AI
quindi non aiuta nessuno, ma – e questo è certo l’unico compito – si
sostituisce al pensiero umano, affinché esso si strutturi nell’unica modalità possibile:
quella della mafia tecnologica, meramente
interessata alla mercificazione di ogni forma vivente.
L’elogio
dell’AI, passa quindi per la mistificazione, del suo funzionamento:
l’AI
non fa calcoli, ma “pensa”, quello che “deve” essere pensato.
È indubbio, che il suo successo – nella guerra
contro l’uomo iniziata da banchieri affaristi e magnati vari in vena di
filantropia – non può prescindere dallo scadimento della stessa capacità di
pensiero.
A
questo servono, media social e video, 24 ore su 24 proiettati sui nostri
telefonini;
non più lo schermo televisivo che si accendeva
la sera, ma la televisione “permanente” che non si spegne più.
A
questo servono gli schermi giganti installati nelle nostre città, con
giornalisti in primo piano a diffondere false informazioni, perché nessuno si
sottragga al pensiero che tutti devono pensare.
L’uomo
comandato dall’AI, sarà un uomo “felice”:
come
un bambino, gli sarà chiesto soltanto, di eseguire, e ripetere. Senza doversi
più preoccupare di nulla.
La
vita – l’intera vita – nelle mani delle élites mondiali.
(weltanschauung.info/2024/05/la-maschera-dellintelligenza-artificiale.html?m=1)
Elettromagnetismo
e
Virus.
Fisicaquantistica.it
– (5 Giugno 2020) – Beatrice – Redazione – ci dice:
Ci
siamo mai chiesti cos’è e come funziona un Virus?
COVID-19
potrebbe essere un ibrido di diversi virus.
C'è ...Secondo la scienza ufficiale, il virus
non è un microrganismo dotato di vita propria e non è in grado di replicarsi
autonomamente, ma necessita per questo di un organismo ospitante che di
conseguenza si indebolisce e quindi diventa più soggetto ad ammalarsi, in
alcuni casi fino a morire.
In
pratica, il
virus è considerato un vettore di informazioni dissonanti e disarmoniche rispetto a quelle della cellula
ospitante, portandola quindi ad un avvelenamento.
Questo
punto di vista considera il virus come la causa esterna della malattia.
Ma i
virus sono davvero la causa scatenante delle malattie? Riflettiamo insieme facendo un
esempio.
Abitate
in campagna e fin dai vostri primi ricordi avete sentito cori di rane nelle
sere estive.
Poi un
giorno, all’improvviso, questo gracidare sparisce.
Qual è
la prima domanda che vi porreste?
Hanno
manifestato una malattia genetica, hanno contratto un virus, oppure qualcuno ha
sparso qualche schifezza appestante nello stagno?
Se è
più probabile che le rane si ammalino per l’acqua, allo stesso modo anche gli
esseri umani si ammalano per l’inquinamento dell’aria dell’acqua e della terra.
Le cellule avvelenate poi cercano di ripulirsi
creando dei detriti, delle scorie che noi chiamiamo virus.
Dopo
la “spagnola” del 1918, chiesero a “Rudolf Steiner” il perché di quella
pandemia.
Lui rispose che la “febbre” rappresentava
semplicemente le escrezioni di una cellula avvelenata:
i virus sono parte di DNA o RNA o di qualche
proteina, che vengono espulsi dalla cellula e che si formano quando questa è
avvelenata, ma non sono di per sé la causa di nessuna infezione, bensì la
conseguenza di un avvelenamento!
E ci
sono perché abbiamo l’aria, l’acqua e la terra sempre più avvelenate!
Ed
anche le teorie più recenti sui virus, emerse nell’ultima conferenza del
“National Institutes of Health”, dipartimento per la salute degli USA, dove
studiano la complessità dei virus, confermano ciò che aveva detto “Rudolf
Steiner “nel 1918.
Tutte
le malattie sono un avvelenamento del corpo!
Ogni pandemia negli ultimi 150 anni
corrisponde ad un’intensificazione e ad un salto di qualità
nell’elettrificazione della Terra, e quindi del suo grado di avvelenamento.
Nel
1918 si sono introdotte le onde radio intorno alla terra: quando esponete un qualsiasi essere
vivente ad un campo magnetico artificiale e disarmonico rispetto alla normale
vibrazione cellulare, lo avvelenate.
Gli esseri umani più deboli muoiono mentre gli altri
restano in uno stato di latente intossicazione che facilmente, se protratta nel
tempo, può condurre ad una malattia.
Con la
seconda guerra mondiale è iniziata una massiccia introduzione dei radar su
tutta la Terra, ricoprendola di campi elettromagnetici artificiali.
Era la
prima volta nella storia che gli esseri umani subivano questo tipo di
esposizione.
La
Terra è avvolta da una fascia protettrice denominata “Cintura di Van Allen” situata nella magnetosfera
terrestre, il cui ruolo principale è quello di incorporare i raggi cosmici
provenienti da ogni pianeta del sistema solare ed oltre, e di distribuirli a
tutti gli esseri viventi terrestri.
Dal
1968 sono stati introdotti dei satelliti proprio in questa fascia e dopo 6 mesi
vi è stata un’altra epidemia virale chiamata “Hong Kong”.
Perché
virale?
Perché
la gente avvelenata dall’elettromagnetismo artificiale espelle delle tossine
che sono i virus, che non sono la causa della malattia, ma servono alla
disintossicazione della cellula.
Oggi
si crede che il virus sia trasmissibile, ma sarà proprio così?
Nel
1918, il ministro della sanità dello stato del Massachusetts decise di
analizzare la caratteristica contagiosa di un’epidemia, così venne preso del
muco di persone che avevano la spagnola e lo iniettarono ad altre persone sane:
nessuna
risultò positiva!
Venne
ripetuto per mesi e decine di volte, con migliaia di persone e neanche una si
infettò!
Stessa prova venne fatta sui cavalli, con lo
stesso esito.
Potete
leggere tutto questo in un libro che si intitola “L’arcobaleno invisibile” di Arthur
Firstenberg (liberascelta.org), dove viene evidenziata la correlazione tra gli stadi
dell’elettrificazione della Terra e l’insorgenza di epidemie di influenza
virale, puntualmente entro 6 mesi.
Come
ha potuto l’influenza spagnola propagarsi dal Kansas al Sud Africa in due
settimane in modo che tutti manifestarono lo stesso sintomo e nonostante i
mezzi di trasporto fossero i cavalli o le navi?
Infatti
le cronache di allora dicevano:
non sappiamo come possa avvenire… Ma se riflettiamo che le onde radio
del cellulare che abbiamo in tasca o tra le mani possono in meno di tre secondi
inviare un messaggio in Cina o Giappone o Usa ed arrivare all’istante, forse
qualche dubbio o meglio certezza ci può venire…
Negli
ultimi 6 mesi vi è stato un salto drammatico nell’elettrificazione della Terra:
si
chiama 5G, per il cui supporto stanno lanciando circa 20.000 nuovi satelliti a
banda larga, proiettati nello spazio, ognuno dedicato all’irradiazione della
Terra con alte frequenze elettromagnetiche ad oltre 10 miliardi di hertz,
quando le nostre cellule vibrano da 1 a 2 milioni di hertz, vibrazioni che
faranno creare ad ogni cellula del nostro corpo grandi quantità di scorie che
emetteremo per guarire e che gli scienziati chiameranno virus.
Coronavirus
e 5G: c'è correlazione?
LO
STUDIO, IL VIDEO – Oasi Sana –
Tutto
questo evidentemente non è compatibile con la nostra salute!
Inoltre il 5G è un dispositivo che destruttura
l’acqua, che quindi non può più essere veicolo delle vitali funzioni
metaboliche del corpo umano portando all’accumulo delle scorie.
Le
scorie che emettiamo (virus) sono quindi gli avanzi, le escrezioni delle nostre
cellule malate create dai campi elettromagnetici sempre più potenti!
Dove
si trova la prima e finora unica città al mondo interamente coperta dalla rete
del 5G? Wuhan, in Cina!
Quindi
occorre iniziare a pensare che siamo in una vera crisi esistenziale di
un’ampiezza che gli esseri umani non avevano mai visto prima!
Qualcosa
che non ha precedenti nella storia dell’umanità!
La
sensibilità al 5G dipende dalla quantità di metallo che abbiamo in corpo, come
anche dalla qualità dell’acqua nelle nostre cellule.
Quindi
quando si inizia ad introdurre dell’alluminio nel corpo delle persone attraverso
i vaccini che lo contengono, come coadiuvante, oppure a bere in lattine di alluminio, o
ancora in forma di polveri sottili nell’aria che respiriamo, diventiamo delle
antenne recettrici, per assorbire maggiormente i campi elettromagnetici.
E
questo crea le condizioni perfette perché si manifesti proprio il tipo di danni
che sta subendo la specie umana adesso!
“Rudolf
Steiner” nel 1917 scrisse:
“Ai
tempi in cui non c’era ancora la corrente elettrica, quando l’aria non
brulicava di influenze elettriche, era più facile essere esseri umani!
Per
questo motivo, al fine di essere interamente esseri umani oggi, è necessario
sviluppare velocemente delle capacità spirituali più forti di quanto ce ne
fosse bisogno un secolo fa!”
Quindi,
dopo oltre un secolo di queste profetiche parole, dobbiamo velocemente fare di
tutto quanto siamo in grado per sviluppare rapidamente le nostre capacità
spirituali, perché è veramente molto difficile essere un essere umano ai tempi
nostri!
(Parte
di questo articolo è stato redatto grazie a informazioni di “Thomas Cowan”.)
(agribionotizie.it/elettromagnetismo-e-virus/).
L’Agenda
2030 –
l’Inganno
Oligarchico.
Fisicaquantistica.it – (5 Giugno 2024) – Beatrice
- Roberto Pecchioli – ci dice:
Pochi
documenti riassumono la menzogna al potere quanto l’Agenda 2030 dell’ONU.
La
prima bugia sta nel nome e nella struttura reale dell’ONU.
Le nazioni non sono affatto unite, l’ONU non ha mai
evitato o risolto un conflitto.
Inoltre
gli Stati aderenti non sono in piede di parità.
Non
solo per il diritto di veto attribuito alle potenze vincitrici – ottant’anni fa
– della seconda guerra mondiale, oltreché alla Cina.
L’ONU
è controllata dagli USA, il maggior finanziatore;
le sue
filiazioni, Unesco (cultura) FAO (fame nel mondo) e OMS (sanità) sono
largamente finanziate da Organizzazioni Non Governative, fondazioni e gruppi di
potere privato.
Inoltre,
la pressione dei governi occidentali costringe molti Stati ad accettare la
volontà di una minoranza in cambio di finanziamenti (prestiti vincolati a politiche
specifiche e a cessione di risorse e sovranità) concessi da strutture transnazionali
globaliste quali Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale.
L’ONU
è nei fatti un braccio del potere transazionale oligarchico privatizzato,
garantito dall’influenza e dalle armi di alcuni paesi.
Un’oligarchia
miliardaria – veri e propri azionisti (stakeholders) dell’ONU e delle altre
agenzie transnazionali – che grazie all’Agenda 2030 impone la sua volontà alle
nazioni “sovrane”.
L’Agenda
2030 è la summa della ricerca dello “sviluppo sostenibile”, un’espressione della
neolingua bugiarda il cui significato è imposto dalle cupole di potere.
Si tratta di diciassette obiettivi divisi in
cento sessantanove tappe da conseguire entro il fatidico 2030, tutti e insieme.
L’Agenda
è così: prendere (è un obbligo) o lasciare (impensabile!);
il
testo afferma cinque volte il suo carattere “integrato e indivisibile”.
IL
POTERE SEGRETO.
La
confezione è accattivante, impossibile da contestare, l’anestetico di massa
atto a celare i fini della gigantesca operazione di riconfigurazione
antropologica che si propone, la sostituzione e la distruzione dei fondamenti
della nostra civiltà e dell’ordine sociale.
Chi si
opporrebbe a:
fine
della povertà, fame zero, salute e benessere, pace, giustizia e istituzioni
solidali?
Sotto
il profilo culturale, è un miscuglio velenoso, di post marxismo, materialismo,
globalismo padronale, relativismo teso alla destrutturazione dei popoli.
Il
primo a rendersi conto della sostituzione della verità fu papa Benedetto XVI:
“Una volta che le ideologie e le concezioni politicamente corrette basate sulla
praxis sostituiscono la verità, l’università diviene una mera macchina per
elaborare e promuovere tali ideologie”.
Il transito dalla cultura ufficiale al potere
è immediato.
La
stessa dizione “agenda” ha carattere di imposizione:
“ciò che deve essere fatto”.
In un’agenda è importante ciò che vi è incluso
quanto ciò che resta fuori.
Ad esempio, nel documento non sono menzionati
l’invecchiamento della popolazione e la denatalità, che per” Larry Fink”, CEO
di “Black Rock”, è alleata della sostituzione dell’uomo con le macchine.
Un’agenda
politica è la forma con cui una comunità ordina i temi di interesse, dando
priorità ad alcuni in un certo momento storico.
Va al
di là di un elenco di obiettivi; accettarla significa aderire a una determinata
cornice mentale che ne è il fondamento ideologico.
Altrettanto
ideologico è l’utilizzo di espressioni tipo “salute sessuale e riproduttiva”,
l’espediente neolinguistico inventato per la promozione della denatalità e
dell’aborto.
Tutti
i salmi finiscono in gloria, un contrabbando ideologico, una colonizzazione in
nome della quale si intende obbligare ogni Stato a definire l’aborto diritto
universale, denaturalizzare il matrimonio, imporre l’ideologia del cambio
climatico, condizioni per accedere ai finanziamenti delle organizzazioni
internazionali controllate dai globalisti occidentali.
Ne
sono esempi l’Obiettivo 5, improntato dall’ideologia di genere che ordina di “garantire
l’accesso universale ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, inclusi
quelli di pianificazione familiare, informazione e istruzione e l’integrazione
della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali” e l’Obiettivo 12, che eleva a dogma l’opinione sulla
natura e le
origini antropiche dei cambiamenti climatici, alibi per imporre politiche
restrittive della libertà e dello sviluppo.
Non
capiamo come possa essere perseguita l’uguaglianza tra uomini e donne, la lotta
contro la povertà, il rispetto dell’ambiente (capisaldi dell’Agenda) senza
agire sulla famiglia, principale agenzia educativa, luogo deputato all’amore e
alla comunione di vita.
La
parola famiglia non figura nel documento; la società futura si costruisce alle
spalle, senza e contro la famiglia.
Neppure
la parola “padre” appare nella Risoluzione, la madre è menzionata solo in
riferimento alla “madre terra”.
La “salute sessuale e riproduttiva contiene
due bugie, poiché la gravidanza non è una malattia, e abortire – comunque la si
pensi – è un atto anti riproduttivo. L’Agenda punta alla diminuzione della
presenza umana sulla Terra pur senza affermarlo chiaramente, un altro inganno.
La
visione antropologica sottostante è l’idea che l’umanità sia plastica,
malleabile, perfettibile, sotto l’azione di un grumo di potere “illuminato”,
l’élite autoproclamata che conosce ciò che è bene per tutti, conducendo verso
una perfezione scelta da essa stessa.
Il “perfettissimo”
ha sempre condotto alle peggiori conseguenze, basato nella fattispecie
unicamente su valori materiali, estranei al carattere spirituale insito
nell’uomo.
NUOVO
ORDINE MONDIALE E CORONAVIRUS.
LETTERE
A UN'ANIMA.
Una
manipolazione che assoggetta l’umanità al bene superiore della “madre terra”,
conosciuto dai Superiori in base a un sapere esoterico e indiscutibile.
Di qui discende la negazione della centralità
umana e della dimensione spirituale. La possibilità di Dio è negata di fatto,
così come l’esistenza di una legge naturale e di un ordine morale.
L’uomo
è un essere autonomo, fabbro di sé stesso, non più creatura.
Tutti
concetti mai pienamente espressi, dati per scontati, indimostrati, senza
riferimenti oggettivi.
L’esito
è un’antropologia materialista che sfocia in scientismo. Scriveva” Konrad Lorenz”, premio
Nobel 1973:
“credere che faccia parte del patrimonio stabile
dell’umanità soltanto ciò che è comprensibile per via razionale o addirittura
ciò che è dimostrabile scientificamente, è un errore che comporta conseguenze
disastrose e che induce a gettare a mare l’ingente tesoro di conoscenze e di
saggezza contenuto nelle tradizioni di tutte le antiche culture e nelle
dottrine delle grandi religioni universali, e a vivere nella convinzione che la
scienza sia in grado di dar vita dal nulla, unicamente per via razionale, a un’intera
cultura, con tutto ciò che essa comporta”.
Altra
conseguenza dell’Agenda è il relativismo:
non è più la natura umana la guida per
identificare il bene;
ogni
forma di vita deve essere accettata, promossa, protetta su un piano di
uguaglianza con l’essere umano, insinuando anzi un gradino più basso per l’homo
sapiens:
la
negazione di tutte le civiltà apparse nella storia.
L’utopismo
è un ulteriore sconcertante elemento del documento globalista, l’aspirazione a
un mondo privo di difetti, senza povertà, malattia, carestia, addirittura
morte, i quattro cavalieri dell’Apocalisse.
Di qui
l’individualismo “plastico”, progressivo, tendente a costruire un soggetto
ripulito dei suoi difetti naturali, che diventa un essere asociale, solitario,
sganciato da appartenenze, identità, vincoli.
Paradossalmente, l’individualismo non sbocca
nel libertarismo, ma in un interventismo pieno di sfiducia nella libertà.
L’uomo
viene indirizzato al suo destino dall’oligarchia, indottrinato, guidato verso
il modello di esistenza voluto dall’Agenda, privato di autonomia d’azione,
libero arbitrio.
Per
gli Illuminati, l’uomo comune non sa scegliere la strada giusta, quindi va
diretto dall’alto.
Ciò
conduce al totalitarismo in una forma apparentemente soffice, suadente.
Il
dirigismo obbliga a percorrere un’unica via, tracciata dai padroni dell’Agenda:
le sovranità nazionali – insieme con le
differenze dei popoli – sono i maggiori impedimenti all’applicazione globale
dei precetti dell’Agenda.
Devono quindi essere soppresse e intanto
ingabbiate.
La
visione generale è transumana:
l’uomo
è materia che la scienza e la tecnica posso modificare, ibridare, modellare
senza limiti indipendentemente dalla sua volontà.
L’essere
umano deve essere altresì assoggettato al bene superiore della “madre terra”,
mediante l’imposizione dell’ideologia “green”, un’altra parola passe-partout
per giustificare ogni sacrificio prescritto dall’Agenda.
Gli
europei ne avvertono i segnali nelle direttive sulle abitazioni, con
ingentissime spese di ristrutturazione che priveranno molti della proprietà
della casa, con la menzogna del lavoro “smart”, solitario, da casa, con il
neofeudalesimo della mobilità ridotta per aderire al tabù climatico.
Tutto
è imposto in forma ricattatoria, vincolando al rispetto dell’Agenda ogni aiuto
e partenariato.
“La
mano che dà è sempre superiore alla mano che riceve”, sbottò Napoleone
Bonaparte, costretto a dipendere dai prestiti della finanza.
Gran parte del Terzo e Quarto Mondo e degli
Stati di piccole e medie dimensioni vengono così costretti a politiche
contrarie agli interessi e alle convinzioni dei loro popoli.
La
menzogna della libertà e dell’inesistente “comunità internazionale”.
L’obiettivo
5 è
sintomatico dell’ideologia mondialista dell’Agenda.
Il titolo è equivoco:
“raggiungere
l’uguaglianza di genere e dare potere a tutte le donne e alle bambine” (e i
maschietti?) significa asserire che non esiste un’unica natura umana, sino a
mettere da parte il sesso biologico nella determinazione dell’identità
sessuale.
Donne
e uomini sono entità reciprocamente ostili e l’uomo è sempre un pericolo per la
donna.
La
guerra dei sessi sostituisce gli antagonismi sociali e di classe, mentre
rafforzare il potere femminile nega la complementarità collaborativa con il
maschio, condizione naturale del rapporto uomo-donna.
L’Agenda
obbliga a politiche anticoncezionali, tra le quali la sterilizzazione – il
contrario della pretesa “salute riproduttiva” – e a pratiche contrarie alla
protezione della vita.
Significativo
è l’uso strumentale delle parole, con termini specificamente disegnati per
dissimulare la realtà e significare il contrario di ciò che affermano, un
tratto squisitamente totalitario, l’istituzionalizzazione del falso.
Ovvio
lo scopo finale:
promuovere
la denatalità, celata dietro termini come pianificazione familiare, ponendo i
poteri pubblici al servizio di pratiche contrarie alla cura, protezione,
accoglienza della vita.
L’obiettivo
12 “produzione
e consumo responsabili” eleva a dogma l’ideologia climatica green, alimenta
l’infondata “ecoansia” dei più giovani e rinchiude nella povertà molti paesi.
Una
decrescita infelice figlia di un’arrogante rappresentazione dell’azione umana,
una faccia in più del delirio di onnipotenza che ha colto le classi dominanti.
Se il
destino è la denatalità, problema gigantesco spacciato per felice opportunità
di fare a meno degli uomini, la visione generale è immigrazionista.
Dove c’è carenza di popolazione, la soluzione
è la sostituzione, come se civiltà, culture, idee, razze, esperienze fossero
indifferenti e come se spostare ingenti masse non producesse drammi umani e
sociali tanto per chi arriva quanto per chi riceve.
Qui si
cancellano modi di vivere, di essere, organizzare la vita secolari e millenari,
mentre le aree di emigrazione vengono private di energie e competenze.
Sradicamento
brutale delle culture di accoglienza e di chi è costretto alla migrazione.
Menzogna assoluta è che la sostituzione etnica
risolva i problemi economici: tutt’al più rinvia alcuni effetti.
Nell’Agenda
non si fa alcuna menzione delle immense fratture sociali delle società
multiculturali e multietniche, né si propone la soluzione di problemi
esistenziali quali l’indifferenza, la solitudine prodotta dalla
destrutturazione familiare, l’incomunicabilità delle società individualistiche,
rinserrate in ghetti divisi per origine, lingua, etnia, costumi, abitudini
sessuali.
I fatti contraddicono clamorosamente le
proclamazioni; il potere lo sa ma persevera nella menzogna.
Su
tutto, domina un fenomeno tenacemente rimosso:
la proliferazione di minoranze, ciascuna delle
quali rivendica diritti speciali. L’Agenda 2030 tace clamorosamente sui temi
dell’economia e della finanza, sulla vergognosa distribuzione di reddito e
opportunità, non si pronuncia sulle libertà politiche e sui diritti sociali.
Annuncia
l’Eldorado mentre diffonde falsità.
Finge
di sostenere le vittime mentre aumenta la ricchezza e il potere di chi ce l’ha
già, omologa i popoli mentre esalta la “diversità”.
L’agenda
degli oligarchi è la gabbia dei popoli.
(Roberto
Pecchioli)
(ilpensieroforte.it/dibattiti/lagenda-2030-linganno-oligarchico/).
Stanno
Giocando alla
Manipolazione
Climatica…
Fisicaquantistica.it - 84 Giugno 20249 –
Beatrice – Redazione - Marika Moretto – ci dice:
Stanno
giocando alla manipolazione climatica come un bimbo prima che gli tolgano il
giocattolo… con maggior fervore ed attaccamento.
Sì,
perché i giocattoli a loro disposizione sono in realtà pochi, e con quei pochi
tentano di destabilizzarci il più possibile.
Prima
di tutto creando disagio, secondo: togliendoci la possibilità di assorbire i
raggi solari.
(Stesso obiettivo delle scie chimiche).
Perché?
In realtà tutto ciò che accade ha sempre più di una spiegazione, perché va
visto da angolazioni diverse.
Sempre.
Non
siamo ancora al di fuori dal gioco duale, non del tutto.
Siamo
ancora nella fase di passaggio, e di conseguenza le due forze (luce-ombra) si
manifestano contemporaneamente, spesso alternandosi e a volte agendo insieme.
Queste
piogge alluvionali creano forti disagi e quindi tendono a portare sconforto e
frustrazione.
Oltre
che depressione nelle persone più sensibili che inoltre non riescono ad
attingere alla luce del sole e alla sua energia quando necessitano.
C’è
però da dire anche che l’Acqua pulisce tutti i metalli pesanti che di recente
sono sempre più attivi nell’atmosfera terrestre, ovvero nell’aria che
respiriamo.
L’Acqua “porta via” quei metalli che creano
forti bruciori agli occhi e pruriti su tutto il corpo, soprattutto sul viso,
nelle narici e nelle orecchie, oltre che sulla pelle in generale.
Ecco
quindi che c’è una doppia manifestazione, ovvero un doppio obiettivo nella
stessa dinamica.
Io
come sempre mi concentro nella parte costruttiva (luce) seppur osservo l’altra
con attenzione ma anche con un certo distacco.
La
realtà, che ci si creda oppure no, è che la frequenza vibrazionale collettiva
di questo mondo è in ascesa velocissima. Questo significa che il risveglio
collettivo sta dando i suoi frutti, sta muovendo fili che ancora non si
palesano del tutto, ma che vi assicuro sono in gran fermento.
La
manifestazione fisica di ciò che accade nel sottile richiede sempre tempi più
lunghi, quindi nella realtà vedremo tali risultati quando sarà il momento.
Non
escludo che questa estate porti le “prove tangibili” di quello che sta
avvenendo già da molto tempo sul piano sottile collettivo. A livello personale,
ovvio, dipende dalle proprie vibrazioni e dalle proprie scelte.
Ciò
che è palese è la forza di questa trasformazione energetica, che ovviamente non
può essere fermata in nessun modo, quindi tentano semplicemente di rallentarla
come possono.
Ma
anche questi rallentamenti possono avere la meglio soltanto su quelle persone
ancora profondamente ancorate al piano 3D.
Mentre per tutte le altre risultano essere
soltanto piccoli fastidi temporanei, che possono venire percepiti sul piano
emotivo (nervosismo, tristezza, apatia) e poi sul corpo fisico attraverso
malesseri vari.
È
certo che la stanchezza fisica e mentale ha la meglio in moltissimi di noi
attualmente.
Proprio perché questo continuo cambio
climatico ha l’obiettivo di destabilizzare l’assetto energetico del corpo umano
e quindi portare caos a livello emotivo abbassando le vibrazioni.
Questi
cambiamenti di temperatura continui mandano effettivamente in tilt il corpo
fisico e lo mettono in una situazione di stress costante.
Ecco
perché quando la temperatura esterna è costante il corpo fisico sta meglio, sia
che si tratti di freddo o di caldo.
Sono
gli sbalzi termici a creare dei veri e propri shock nel nostro campo
energetico.
Se vi
capita di avere momenti di grande calore quasi di bruciore interno, e poi
momenti di forte sensazione di freddo (brividi) conseguiti da effettivamente un
gelo interno, è tutto normale.
È il
corpo che sta riequilibrando il suo campo energetico come può.
Voglio
però precisare che le persone che hanno Vibrazioni più alte vivono maggiormente
tutto questo rispetto alle persone appunto che vibrano ancora per la maggior
parte nel piano 3D.
Può sembrare assurdo, ma chi vibra ancora molto nel
dolore sente meno disagio, rispetto a chi si sta ripulendo sempre più.
Questo
è l’obiettivo di questa manipolazione climatica, perché è mirata effettivamente
su chi sta procedendo nel processo di ascensione vibrazionale.
Ma,
niente paura, ripeto sono solo intoppi, che non possono far altro che portare
piccoli disagi, tutto qui.
Il
cambio vibrazionale è inarrestabile, non può essere fermato in nessun modo.
E loro lo sanno bene.
Ecco
perché cercano di portare destabilizzazione e disagio, perché attualmente è
l’unica cosa che possono fare.
Se può
rincuorarvi, pensate che una semplice mezz’ora di sole ogni tanto porta cariche
fotoniche di energia pulita e nuova in quantità enormi.
Proprio
perché le energie sono più intense, basta soltanto che il sole filtri giusto un
po’ ogni tanto… per portare le sue informazioni in profondità, e sgretolare
così ogni giorno di più… tutte le tossine energetiche legate alle Basse
Vibrazioni di questo mondo.
Ormai
ciò di cui si necessita per stare bene non è più la quantità, ma la qualità di
energia. E la qualità… aumenta di minuto in minuto.
Un
abbraccio a voi.
(Marika
Moretto – Channeler, Alchemist Healer, Pranotherapist)
(facebook.com/profile.php?id=100074791324180)
La
notte che bruciammo
le
antenne del 5G.
Valigiablu.it - (23 Gennaio 2021) - Leonardo Bianchi –
ci dice:
Qualche
ora prima dell’alba del 25 dicembre 2020, i residenti di un quartiere centrale
di Nashville (capitale del Tennessee, negli Stati Uniti) sono svegliati dal
frastuono di alcuni colpi di arma da fuoco e da una voce computerizzata che
proviene dall’altoparlante di un camper, parcheggiato sulla “Second Avenue
North” di fronte all’edificio della compagnia telefonica AT&T.
I
poliziotti, giunti tempestivamente sul posto, assistono a una scena surreale.
“Tutti
gli edifici della zona devono essere evacuati”, ripete la voce.
“State
lontani da questo veicolo, tra quindici minuti esploderà una bomba”.
Gli
agenti iniziano a evacuare l’area mentre l’altoparlante trasmette pezzi della
canzone “Downtown” di “Petula Clark”.
Alle 6
e 30 in punto il camper salta in aria, devastando tutto ciò che si trova nelle
sue vicinanze.
“È
tremato l’intero quartiere”, racconta al” New York Times” una residente che
abita a qualche isolato di distanza.
“Non riesco a togliermi quelle immagini dalla
testa.”
La
fornitura di gas nell’area viene staccata e linee dell’AT&T vanno fuori
uso, costringendo l’aviazione a fermare i voli dall’aeroporto di Nashville.
L’esplosione
ferisce otto persone e causa un morto – l’attentatore stesso.
Le forze dell’ordine lo identificano in
“Anthony Warner,” un 63enne di “Antioch “(una città nel Tennessee).
L’uomo
era già stato segnalato dall’ex fidanzata nel 2019, e i vicini l’hanno
descritto come un “eremita”.
Uno di
loro, parlando con la “CNN”, ricorda che qualche giorno prima di Natale “Warner
“gli aveva confidato che “diventerò così famoso che Nashville non si
dimenticherà mai di me”.
Nei
momenti iniziali il movente rimane avvolto nel mistero:
l’uomo non ha nulla a che fare né con
l’AT&T, né con la zona.
A gennaio del 2021, alcuni conoscenti ricevono
un pacco spedito da Warner che contiene due penne usb e un manoscritto di nove
pagine in cui si menzionano – tra varie cose – teorie del complotto sull’11
settembre, il “falso allunaggio” e i rettiliani.
Secondo
varie testate, l’Fbi starebbe indagando su possibili legami con un'altra
teoria:
quella
sulla pericolosità della tecnologia 5G.
Le
autorità locali hanno fatto notare che, nei mesi precedenti, almeno tre
ripetitori in Tennessee usati dal dipartimento statale della salute erano stati
danneggiati. L’assessore alla sanità “Jeff Long”, riferendosi proprio a questi
episodi, aveva detto che “in questo paese abbiamo un problema con la rete 5G”.
Ma gli
Stati Uniti non sono di certo l’unico paese ad avere questo problema.
Tra la fine dell’inverno e la primavera del
2020, gli attacchi alle antenne telefoniche si sono verificati in Olanda,
Irlanda, Cipro, Belgio, Svezia, Finlandia, Francia e anche Italia; a Maddaloni,
provincia di Caserta, migliaia di famiglie sono rimaste senza la connessione
Internet per alcuni giorni dopo l’incendio di alcune antenne 3G e 4G.
Nel
Regno Unito il fenomeno ha assunto parecchia intensità:
solo
tra l’11 e il 12 aprile sono state danneggiate circa venti antenne – numero
arrivato a cinquanta alla fine del mese.
Anche
i lavoratori e gli operai delle compagnie telefoniche sono stati minacciati e
intimiditi.
A
giugno “Michael Whitty”, un 47enne di Liverpool, è stato condannato a tre anni
di reclusione per l’incendio di un ripetitore della” Vodafone”:
era
genuinamente convinto che si trattasse di 5G (non lo era) e che fosse nocivo
per la sua famiglia.
“La
sua reazione è stata sbagliata e sproporzionata,” ha dichiarato il suo avvocato
“Andrew Alty”, “ma solo il tempo ci dirà se la sua convinzione sia giusta o
sbagliata”.
Dal
“raggio della morte” alle “onde letali” del microonde.
A
proposito di tempo:
come
ha ricostruito il ricercatore “Giovanni Gugg” in un paper intitolato “The tower
is burning”, la paura delle onde elettromagnetiche e della telefonia senza fili
ha accompagnato l’umanità sin dalla comparsa di queste tecnologie.
Già
all’inizio del 1900, nell’ambito di un simposio tenutosi a Los Angeles, il
dottore “Albert Soiland “parlava di “radio fobia”.
Nel
corso degli anni Venti del secolo scorso, numerosi articoli giornalistici
attribuivano alla radio disastri naturali come siccità, alluvioni, tifoni e
terremoti (anticipando
le teorie del complotto più recenti sull’installazione militare Haarp); altri individuavano nelle onde
radio la causa dei divorzi, di inspiegabili morie di volatili e addirittura di
“strani” comportamenti adolescenziali.
Nel
decennio successivo si era diffusa una leggenda metropolitana destinata ad
avere un grande successo nella cultura popolare:
il “raggio della morte” di Guglielmo Marconi.
Secondo
le voci, prima di morire l’inventore della radio stava lavorando a un’arma
segreta che Mussolini avrebbe usato per cambiare il corso della guerra – una
sorta di versione italiana delle “Wunderwaffen”, le “armi-meraviglia” dei
nazisti.
Nel
corso della Guerra Fredda il panico si era poi spostato sulle radiazioni, sui
tralicci dell’elettricità e sui primi elettrodomestici di massa – tra cui phon,
televisioni e forni microonde.
Nei
primi anni Duemila è stato invece il turno dei cellulari e del Wi-Fi, le cui
onde invisibili sono state associate a una nuova malattia (non riconosciuta
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) chiamata “elettro sensibilità”.
Le
stesse argomentazioni, sfociate in alcuni casi in azioni dirette di
danneggiamento, sono tornate in auge con l’implementazione di ogni nuova
generazione di telefonia mobile – e dunque con la rete 3G, 4G e infine 5G,
accusate pure di essere strumenti di sorveglianza occulta, o di lavaggio del
cervello, in mano a potenti organizzazioni segrete.
Non
sorprendentemente, le rassicurazioni delle istituzioni sanitarie e della
comunità scientifica sono sempre cadute nel vuoto.
Prendiamo
l’ultimo arrivato, il 5G: nel marzo del 2020, dopo uno studio durato sette
anni, la “Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni
Non-Ionizzanti” (ICNIRP) ha affermato di non aver trovato prove della sua
pericolosità. Anche la” Commissaria alla salute” dell’Unione Europea ha
ribadito che l’esposizione ai campi elettromagnetici è inferiore ai limiti
raccomandati dal Consiglio europeo.
Tuttavia,
è proprio in quel mese che la teoria del complotto sul 5G è esplosa in tutto il
mondo.
Per il
Guardian si è infatti verificata una “tempesta perfetta”, che ha combinato
elementi preesistenti (come i gruppi locali di attivisti anti-5G e
un’inadeguata comunicazione pubblica da parte delle compagnie telefoniche) con
la nuova, drammatica realtà della pandemia di coronavirus.
Allo
scattare dei primi lockdown, quindi, i timori sul 5G si sono saldati con quelli
sul virus – amplificandosi a dismisura e dando vita all’ennesimo spin-off di
una tecnologia umana che causa, o quanto meno aggrava, le malattie infettive.
La
fusione tra il 5G e la pandemia di coronavirus.
L’origine
della correlazione tra 5G e coronavirus, come spesso accade con le teorie del
complotto, è decisamente improbabile.
Il
primo a parlarne è il sito francese complottista “Les moutons enragés “(“Le
pecore arrabbiate”), che in un articolo pubblicato alla fine di gennaio 2020
parla di un presunto collegamento tra le “onde millimetriche” e la Covid-19.
Nel
medesimo periodo, sul quotidiano belga “Het Laaste Nieuws” compare
un’intervista ad uno sconosciuto medico di base dal titolo eloquente:
“Il 5G è pericoloso e nessuno lo sa”.
Il
dottore, rimasticando speculazioni già apparse altrove, afferma che il primo
focolaio a Wuhan è scoppiato contestualmente all’installazione delle antenne
5G: non può essere una coincidenza.
L’articolo
viene rimosso dal sito, ma resta online il tempo sufficiente per attecchire nei
gruppi Facebook degli attivisti anti-5G olandesi – per poi passare nei
corrispettivi anglosassoni.
A quel
punto la crescita diventa esponenziale, alimentata dai video su YouTube che
raccolgono centinaia di migliaia di visualizzazioni, i post di svariati
influencer e celebrità, e i documentari sul tema (ben sette) di Russia Today.
Più la
teoria si diffonde, più emergono varianti.
Un’inchiesta di Wired ne ha contate almeno
cinque:
il 5G indebolisce il sistema immunitario e
rende più letale la COVID-19;
i
ripetitori del 5G provocano direttamente la malattia;
i lockdown in realtà sono una copertura per
installare i ripetitori del 5G;
George
Soros e Bill Gates finanziano il 5G e lo inseriscono di nascosto nei vaccini;
il 5G fa parte di un piano di sterminio voluto dagli Illuminati e dal Nuovo
Ordine Mondiale.
Negli
Stati Uniti e in Europa, inoltre, le manifestazioni contro le misure di sanità
pubblica vedono una nutrita partecipazione degli aderenti al movimento anti-5G.
Nel Regno Unito, ad esempio, associazioni come” Stand Up X” mettono in piedi
decine di presidi insieme ad antivaccinisti, estremisti di destra e seguaci di
QAnon.
Una
dinamica simile si verifica in Italia – in particolare durante un evento a Roma
del 2 giugno del 2020, organizzato dai “Gilet Arancioni” dell’ex generale dei
carabinieri “Antonio Pappalardo.”
In quell’occasione, una manifestante
sintetizza l’intera teoria in questo modo:
Quando
Conte
telefona a Bill Gates, prendendo 140 milioni, decide di iniettare il mercurio
nelle nostre vene, collegate ai 5G… e diventeremo dei piccoli robot.
Se tu
vuoi ammazzarmi, basta alzare la temperatura del mio corpo e io muoio.
La
teoria del complotto sul 5G va però oltre le proteste di strada: penetra anche
nella politica.
Per
restare nella Penisola, tra marzo e maggio 2020 vengono approvate ben 209
ordinanze comunali (da nord a sud) per bloccare l’installazione delle antenne
di ultima generazione, con motivazioni che spesso ricalcano il manifesto
dell’Alleanza italiana Stop 5G.
Fino a
quel momento, secondo i calcoli di Wired Italia, gli atti amministrativi erano
appena 53.
Insomma:
come
dice “Josh Smith”, ricercatore presso l’”istituto demografico britannico Demos”,
il coronavirus “ha creato le condizioni ambientali ideali” per l’espansione di
una teoria che ha la capacità di spalmarsi sull’intero spettro politico -
dentro si può scorgere un vago messaggio anticapitalista, oppure una difesa
libertaria della proprietà individuale - nonché quella di additare un colpevole
per la situazione angosciante in cui siamo piombati da quasi un anno a questa
parte.
Contro
il mondo moderno.
Al di
là della pandemia, il nucleo profondo delle teorie sul 5G riguarda soprattutto
il nostro rapporto con la tecnologia.
“Anche
se cambiano i dispositivi, le paure rimangono le stesse”, sostiene” Kaitlyn
Tiffany” su” The Atlantic”, “ossia che le radiazioni degli oggetti che usiamo
ci stanno distruggendo e il mondo moderno è un errore madornale”.
Di
sicuro, negli ultimi 50 anni siamo stati inondati di prodotti tecnologici che
hanno assunto una rilevanza cruciale nelle nostre vite, ma su cui sappiamo ben
poco – e quel poco che si legge in giro è comunque terrificante – e non abbiamo
praticamente alcun controllo.
Nel
caso del 5G, questo assunto è ancora più evidente:
che lo vogliamo o meno, l’installazione delle
antenne è già iniziata e sarà completata senza il nostro coinvolgimento.
Quasi
come se si trattasse di un fenomeno naturale inarrestabile, verso il quale non
abbiamo armi efficaci – a parte il fuoco sulle antenne, che secondo” Giovanni
Gugg” ha un valore simbolico e catartico.
Le
teorie del complotto sul 5G, alla fine, sono principalmente un tentativo
cognitivo di sopperire a questo sentimento di impotenza.
Anche
perché, come ha scritto l’epidemiologo “Geoffrey Kabat,” cercare un nesso
causale tra le onde elettromagnetiche e le malattie gravi negli esseri umani è
quasi una forma di “pareidolia”, nel senso che ognuno può vederci quello che
vuole.
Verso
un nuovo
ordine
mondiale
Soloriformisti.it – (21 MARZO 2024) – Prof.
AMEDEO LEPORE – ci dice:
Il
mondo sta conoscendo una fase di particolare complessità tra una
globalizzazione che ha rallentato il passo, modificando i suoi caratteri di
fondo ma non venendo meno, e ostilità diffuse – non solo la guerra e le
relative tragedie in Ucraina e Medio Oriente – che rappresentano un pericoloso
detonatore per la stabilità internazionale e rendono gravido di incertezze il
prossimo futuro dell’economia e della società.
Il
contesto globale si sta velocemente muovendo all’interno di un’età di crisi con
estesi spazi di conflitto e prove di forza inedite.
Una
recente indagine dell’”Economist Intelligence Unit”, intitolata “Age of
conflict”, ha fornito un quadro dello stato della democrazia in 167 Stati e
territori, con molte significative informazioni.
Se
quasi la metà della popolazione del pianeta vive in democrazie (o quasi), solo
poco meno dell’8% si trova in condizioni di piena democrazia, con un dato del
2023 in calo di oltre un punto rispetto al 2015, e oltre il 39% sotto un regime
autoritario, con un dato in crescita soprattutto negli ultimi anni.
Secondo questa analisi, le democrazie mondiali
appaiono incapaci di prevenire le guerre e di governare le controversie sociali
interne, indebolendo così le prospettive di rinnovamento politico e ostacolando
il progresso dell’economia, strettamente legato a una situazione di non
belligeranza e all’interdipendenza dei flussi produttivi e commerciali
internazionali.
Questo
scenario dipende dal “disaccoppiamento” e dai contrasti tra le potenze egemoni
tradizionali, come gli Stati Uniti, e quelle emergenti, come Cina e Arabia
Saudita, che sono resi più aspri dai focolai di guerra, mettendo in discussione
l’assetto geopolitico globale.
L’”EIU” afferma che “il modello democratico
sviluppato negli ottant’anni successivi alla seconda guerra mondiale non
funziona più”.
Eppure,
l’Europa occidentale è l’unica area continentale che è riuscita a tornare ai
livelli di libertà civile e democrazia precedenti la pandemia, nonostante tutti
i suoi problemi e la persistenza di un’ampia insoddisfazione dei cittadini per
la situazione politica.
Questo aspetto critico dimostra che
l’esistenza di istituzioni democratiche, stato di diritto e strumenti di
governance non basta di per sé a determinare il consenso necessario, ponendosi
un problema di efficienza e risultati tangibili, oltre che di riconoscimento e
identificazione da parte dei governati.
La ricerca indica, inoltre, un incessante
malessere e un’assenza di sostanziali miglioramenti nelle aree al di là dei
confini europei, che patiscono un arretramento della democrazia.
La parte più significativa dell’indagine è
dedicata a democrazia, guerra e pace.
La
sfida per l’accaparramento delle risorse del pianeta è una delle cause
principali di conflitto, ma non l’unica, come dimostra la realtà attuale.
Vi sono altri motivi di rottura, che derivano
da contese per confini e questioni territoriali, fondamentalismo religioso o
razzismo, soppressione dei diritti e delle libertà, diffusione della
criminalità e, soprattutto, mutamento degli equilibri geopolitici.
Tuttavia,
la mancata riorganizzazione del “sistema globale e multilaterale” da parte
delle potenze occidentali, di fronte a uno spostamento verso oriente del potere
economico, può contribuire a intensificare rivalità e tensioni, aumentando il
rischio di un allargamento degli scenari bellici.
Secondo una vasta opinione, l’estensione delle
ostilità dipende dal peso accresciuto degli Stati autoritari, dato che le
democrazie, per antonomasia, sono promotrici di pace.
Sul versante storico si può osservare che,
dopo gli stermini delle due guerre mondiali, il periodo successivo al 1991 è
stato caratterizzato da minori conflitti e vittime rispetto a quello della
“guerra fredda”, tra il 1946 e il 1991.
L’internazionalismo
wilsoniano degli Stati Uniti, che aveva come finalità la democrazia e la pace,
ha prevalso per oltre un secolo sull’orientamento realista, che sostiene una
strategia estera fondata su interessi concreti.
Nonostante
ciò, convenienze e ideali spesso si sono intrecciati nelle vicende
internazionali effettive, mischiando le carte della storia ed esponendo le
democrazie, che non hanno lunghissimi trascorsi nella loro configurazione
moderna, a insicurezze e pericoli di declino.
A
parere dello storico “John Lewis Gaddis”, nel dopoguerra è prevalsa una “lunga
pace” in Europa per la minaccia rappresentata dalla guerra fredda. Perciò, in
una congiuntura connotata da crescenti contrasti, le democrazie occidentali
dovrebbero concentrare i propri sforzi – oltre che sulla prevenzione e sul
contenimento dei conflitti regionali, per evitare che si trasformino in
conflagrazioni globali – sull’apertura di una fase per la costruzione di un
nuovo ordine mondiale.
Questo
obiettivo, secondo il rapporto, va perseguito anche se ci vorrà molto tempo
prima che l’ascesa economica dei Paesi emergenti si traduca in predominio
geopolitico e militare, giacché fin da ora occorre procedere a un riassetto
delle strutture di potere globale, pena una sempre più forte instabilità e una
progressiva escalation dei livelli di scontro.
Per
non alimentare “polarità” contrapposte, di cui scrive un altro storico come “Adam
Tooze” negando l’esistenza di blocchi consolidati, è indispensabile avviare un
riordino del sistema politico internazionale, che includa le potenze emergenti
senza premiare i regimi che violano i più elementari diritti e l’uguaglianza
dei popoli, sostenendo i valori di libertà, democrazia e integrazione economica.
Gli
Stati Uniti, per il loro ruolo di perdurante preminenza economica, e l’Europa,
per la sua storica vocazione alla prevalenza della ragione, hanno il compito di
interrogarsi su questa prospettiva, provando a gettare uno squarcio di luce su
un avvenire quanto mai arduo.
Nuovo
ordine mondiale:
perché
il Sud del mondo
è così decisivo e cosa può fare l'Europa.
It.euronews.com
- Michela Morsa – (04/04/2023) – ci dice:
La
guerra in Ucraina ha fatto emergere le enormi differenze tra il sistema
valoriale del mondo occidentale e quello orientale.
Il Sud del mondo sta nel mezzo.
"Siamo
troppo arroganti, troppo paternalisti e troppo moralisti".
L'Occidente,
dice “Alexander Stubb”, ex primo ministro finlandese e direttore dell'Istituto
universitario europeo, deve rendersi conto di non essere (più) il centro del
mondo.
L'Europa
e gli Stati Uniti sono in una sorta di bolla, convinti che l'invasione su larga
scala dell'Ucraina sia una guerra mondiale.
Eppure, due terzi della popolazione mondiale
vivono in Paesi che non hanno condannato attivamente la Russia.
Anzi,
i Paesi del Sud del mondo sono più propensi a sostenere la Russia che
l'Ucraina.
“
Stubb”, lo definisce un "campanello d'allarme":
40
Paesi hanno imposto sanzioni a Mosca, "zero Paesi dell'Africa.
Zero
Paesi dell'America Latina. E solo due o tre dall'Asia".
La
guerra in Ucraina è anche una guerra tra due sistemi di valori fondamentali
totalmente differenti.
Come
sostenitore dell'Ucraina, l'Occidente rappresenta un ordine mondiale liberale,
mentre la Russia e anche la Cina, non proprio neutrale, rappresentano un ordine
mondiale autocratico in cui l'economia e lo sviluppo corrono slegati dalla
libertà e dalla democrazia.
In
questa contrapposizione, il Sud del mondo fa da ago della bilancia.
I
politici occidentali lo hanno capito e da tempo viaggiano nell'emisfero
meridionale per conquistarli come partner.
Ma i
leader orientali fanno altrettanto.
La
scorsa settimana, Mosca ha delineato la sua politica estera, identificando la
Cina e l'India come partner chiave e annunciando piani per espandere i legami
con l'Africa e l'America Latina.
A
questo punto, l'esito della guerra potrebbe determinare più che il futuro della
sola Ucraina.
In
quanto sostenitori del Paese invaso, gli Stati Uniti e l'Europa cosa stanno
rischiando?
Una sconfitta sul campo di battaglia o la
sostituzione del loro sistema liberale e normativo?
Insomma,
un nuovo ordine mondiale?
Qual è
la posizione del Sud globale sulla guerra in Ucraina?
I
Paesi dell'America Latina stanno dicendo "no, questa non è la nostra
guerra", spiega “Christopher Sabatini”, Senior fellow per l'America Latina
di “Chatham House”.
Le
speranze dell'Occidente che i Paesi latinoamericani inviassero armi all'Ucraina
sono state rapidamente respinte all'inizio della guerra.
Allo
stesso tempo, l'alleanza tra Russia e Cina si sta rafforzando, anche grazie al
viaggio del presidente cinese Xi Jinping a Mosca, che ha mostrato una volta per
tutte che la Cina non mantiene una posizione neutrale nella guerra.
Ma è
anche una questione di emozioni, legata alla storia di molti Paesi del Sud del
mondo, spiega “Alexander Stubb”.
"Fondamentalmente puntano il dito contro
l'Europa e gli Stati Uniti e dicono: 'Non venite a farci la predica
sull'integrità territoriale e la sovranità'.
Guardate cosa avete fatto durante il
colonialismo.
Oppure,
guardate cosa è successo in Iraq".
Perché
gran parte del Sud del mondo sostiene la Russia e non l'Ucraina?
Il
potere è nel Sud globale.
Gli
esperti ritengono improbabile che i Paesi del Sud del mondo si uniscano
all'Occidente o all'Oriente.
Secondo “Stubb”, il Sud globale in questo
momento è il "decisore", ma non vuole scegliere.
"Oscillerà
come un pendolo tra i due.
Hanno
l'economia, le risorse e il potere di determinare la direzione che prenderà il
mondo", dice “Stubb”.
“Sabatini”
spiega che i “Paesi del Sud del mondo” stanno sfruttando la situazione come un'opportunità
per affermare la propria indipendenza di fronte al declino del potere degli
Stati Uniti a livello globale e all'interno dell'emisfero occidentale. "Molti di loro ritengono che gli
Stati Uniti e l'Europa occidentale abbiano ignorato le loro preoccupazioni per
molto tempo", dice il ricercatore.
Ma la
domanda è: la Cina potrebbe riuscire a mantenere relazioni strategiche con il
Sud del mondo in modo da creare un nuovo ordine mondiale guidato da Pechino?
In che
modo la Cina sta corteggiando il Sud globale?
La
Cina lo offre da decenni, soprattutto sotto forma di investimenti e prestiti,
flessibili rispetto a quelli della Banca mondiale e non soggetti a
"vincoli e condizioni".
La
Cina, spiega “Sabatini”, è anche "un mercato molto attraente per le
materie prime latinoamericane, e offre anche qualcosa che manca in molti Paesi
latinoamericani, ovvero gli investimenti nelle infrastrutture".
E Paesi come il Brasile e l'Argentina ne hanno
un disperato bisogno.
Ma
allo stesso tempo, i valori dei Paesi dell'America Latina divergono ampiamente
da quelli di chi vuole rimodellare l'ordine mondiale liberale.
Ad
esempio, sottolinea “Sabatini”, in America Latina la tutela dei diritti umani
in generale, dei diritti delle donne, dei diritti degli indigeni o della
comunità LGBTQI+, è diventata estremamente importante negli ultimi anni.
"I
governi latinoamericani devono essere consapevoli dei reali vantaggi
dell'ordine mondiale liberale, che non sempre ha servito i loro interessi, ma è
stato una piattaforma efficace per il rinforzamento dello Stato di diritto o la
protezione dei diritti umani attraverso il diritto internazionale".
Cosa
ha da offrire l'Occidente al Sud globale?
Se
l'Occidente vuole vincere questa situazione, ha bisogno di "una politica
estera più dignitosa", avverte “Stubb”.
Ciò
comporterebbe "limitare gli alti standard morali" e cercare di
"impegnarsi nel dare al Sud del mondo una certa capacità di azione".
In
effetti, il Sud America, l'Africa, gran parte dell'Asia e il Medio Oriente sono
a malapena rappresentati in importanti organismi globali come il “Fondo
monetario internazionale” o la “Banca mondiale”, anche se costituiscono i due
terzi della popolazione mondiale.
Nessun
Paese del Sud del mondo è membro permanente del “Consiglio di sicurezza
dell'Onu”.
E
anche il commercio con questi Paesi, sottolinea” Studd”, andrebbe ampliato.
Il
futuro dell'ordine geopolitico mondiale dipende quindi dal Sud del mondo e
dall'importanza che l'Occidente è disposto a dargli, ma anche dalla sua
politica nei confronti della Cina.
"Le
nostre relazioni con la Cina sono tra le più complicate e importanti al
mondo", ha riassunto “Ursula von der Leyen” nel suo primo discorso
interamente dedicato alla Cina.
"Se
l'Occidente vuole mantenere l'ordine liberale e normativo, dovrà andare al
tavolo dei negoziati", dice Stubb.
"I
cinesi non vogliono un ordine liberale, ma magari alcuni elementi di un ordine
mondiale normale e basato su regole sì.
È
questo l'equilibrio che dobbiamo trovare".
Se
cerchi un libro o un prodotto BIO, prova ad entrare nel sito di un nostro
partner, Macrolibrarsi, il Giardino dei Libri, sosterrai così il nostro
progetto di divulgazione. Grazie, Beatrice e Mauro
Canale
Telegram
Orsini:
“Non Fidatevi di Crosetto,
i
Nostri Soldati si Stanno Addestrando
a
Sparare Contro i Russi in Ucraina”
Conoscenzealconfine.it
– (6 Giugno 2024) - Alessandro Orsini – ci dice:
Dopo
il voto, Crosetto darà all’Ucraina i missili “Storm Shadow” per colpire il
territorio russo in profondità.
Infatti
Crosetto ha furbescamente rimandato il nuovo invio di armi al giorno successivo
alle elezioni per ingannare meglio gli italiani.
Crosetto
si prepara anche per inviare i soldati italiani a sparare contro i russi in
Ucraina.
Per
ora, Crosetto non lo dice perché ci sono le elezioni, ma si prepara eccome.
I
nostri soldati si addestrano a tal fine.
Nelle
esercitazioni della Nato, i soldati italiani studiano come attaccare i russi in
Ucraina nel caso in cui fossero inviati a combattere in quel teatro di guerra.
Lo
ripeto: non fidatevi di Crosetto.
Non
c’è niente di sincero e di leale in quest’uomo.
Crosetto
è semplicemente un uomo della Casa Bianca.
Dopo le elezioni, Crosetto farà ciò che Biden
gli chiederà.
Se
Biden gli chiederà di inviare soldati italiani in Ucraina, Crosetto invierà i
soldati italiani in Ucraina.
Crosetto
sta anche distruggendo la difesa anti-aerea italiana.
Dopo il voto, Crosetto darà un secondo Samp-T
a Zelensky, giacché il primo Samp-T italiano pare sia stato distrutto dai russi
a gennaio 2024.
L’Italia
aveva soltanto cinque Samp-T.
Ce ne
rimarranno soltanto tre.
Crosetto
non è diventato ministro della Difesa per tutelare gli interessi nazionali
dell’Italia, ma per tutelare gli interessi della Casa Bianca contro quelli
dell’Italia.
Svegliatevi:
Crosetto
è il più grande nemico dell’Italia e dei nostri figli. Crosetto si sta
organizzando per portare l’Italia nella Terza guerra mondiale.
E
ricordate:
Giacomo Matteotti, da tutti celebrato, era un
pacifista.
Matteotti
oggi sarebbe un nemico acerrimo di Guido Crosetto.
Avanzi
l’Italia, avanzi la pace.
Risorga
il movimento pacifista.
(Alessandro
Orsini).
(lantidiplomatico.it/dettnews-alessandro_orsini__non_fidatevi_di_crosetto_i_nostri_soldati_si_stanno_addestrando_a_sparare_contro_i_russi_in_ucraina/39602_55083/).
Nuovo
ordine mondiale:
tre
sfide dal Global South.
Ispionline.it
– (31 Lug 2023) – Aldo Pisoli – Massimiliano Franza Maxia – ci dicono:
Il
sovvertimento dell’ordine mondiale nato a Bretton Woods passa per
l’allargamento delle iniziative dei BRICS, la de-dollarizzazione e il controllo
di materie prime critiche.
A che
punto è la ridefinizione della governance mondiale?
La domanda se la fanno gli analisti politici
di tutto il pianeta, nessuno ha una risposta chiara e definitiva ma tutti concordano sul fatto che l’idea
di una governance mondiale regolata dal Washington Consensus è tramontata.
Il
colpo di grazia all’ordine di Bretton Woods è venuto da una molteplicità di fattori, ultimo e
forse decisivo il binomio pandemia-guerra, piaga “biblica” che si è abbattuta
sul pianeta.
Le
crisi, insegna la storia del Trecento europeo, non portano la fine del mondo.
Semmai introducono un nuovo ordine, dopo una
fase di necessario disordine.
Oggi siamo nella fase del disordine, tema di
cui abbiamo già argomentato recentemente, un disordine che cerca una sua
ricomposizione nel risolversi, in un modo o nell’altro, della dialettica in
atto tra vecchio Washington Consensus e nuovo “Beijing Consensus”.
La
realtà è più complessa.
La
Cina anela a una “translatio imperii” e su tale posizione trova più o meno
allineati i “Paesi BRICS”.
Tuttavia,
l’obiettivo di “Xi Jinping” è che l’imperium transiti da Washington a Pechino, un’idea che non scalda i cuori né a
Mosca e né a New Delhi.
Premesso
ciò, i giochi geopolitici si compiono su tempistiche diverse, e comunque su due
piani:
uno
tattico,
che produce alleanze anche innaturali e comunque a scadenza; uno strategico, di lungo periodo, che invece
produce a tendere conflittualità e, potenzialmente, future guerre.
Oggi siamo nella fase tattica e il momentum prevede, almeno ad uso delle opinioni
pubbliche e della stampa mondiale, esercizi di compattezza.
Ad
esempio, un tema che mette d’accordo tutti gli azionisti dei BRICS, è la fine
dell’ordine del dollaro.
La”
NDB “motore del “nuovo ordine multipolare”.
Lo
scorso maggio si è riunito il consiglio di amministrazione della “New
Development Bank” (NDB), istituzione creata nel 2014 e oggi presieduta dalla ex
presidente brasiliana “Dilma Rousseff”.
La NDB
rappresenta oggi il punto d’osservazione più interessante per chi voglia
provare a dare una lettura degli intenti tattici dei BRICS.
La
banca, infatti si configura come la migliore punta di lancia in grado di
veicolare l’unico vero punto di convergenza fra i soci fondatori dei BRICS, ovvero l’obiettivo di creare un nuovo
ordine economico multipolare, obiettivo che fa da leitmotiv al 15° summit BRICS di fine
agosto a Johannesburg in Sud Africa.
Sui
BRICS, sul ruolo della NDB, nonché su quello giocato dalle banche cinesi
d’investimento, si è scritto e si scrive tantissimo. Tuttavia, la geopolitica ci insegna
come, prima ancora delle parole, a parlare siano le mappe.
Accedendo al sito della piattaforma BRICS plus, è
ampiamente visibile la mappa che disegna la nuova governance nell’ordine
multipolare.
Un
tempo, all’epoca del mondo bipolare, la linea di faglia era longitudinale
sull’asse Ovest-Est.
Oggi inizia sempre più ad assomigliare a una
diagonale che rischia di tagliar fuori il mondo occidentale da tutto il Sud-Est
del mondo, con la sola esclusione del continente oceanico e di Giappone e
Corea.
Il Sud
America, l’Africa e persino il Medio Oriente, appaiono progressivamente sempre
più coinvolti nella sfera d’influenza dei BRICS.
Questa
diagonale ha due caratteristiche fortemente strategiche poiché è fatta dai
Paesi titolari della gran parte delle risorse naturali a livello mondiale, non
solo idrocarburi (si pensi al Venezuela e all’Arabia Saudita) ma anche terre
rare di cui, Africa e Sud America sono ricchi. Inoltre, i Paesi che la compongono
sono quelli più popolosi e, si pensi all’Africa, con una ulteriore prospettiva
di forte incremento demografico.
Parola
d’ordine numero 1: il Sud conta.
La “NDB”
è nata nel 2014 come alternativa all’FMI e alla World Bank, istituzioni percepite da Pechino,
motore dell’iniziativa, come troppo legate agli interessi USA.
Nove anni dopo la NDB è cresciuta, ha ammesso
fra i suoi membri Bangladesh (2021), Emirati Arabi (2021) ed Egitto (2023) e
sta sempre di più orientando la propria proposta di valore verso il Sud del
mondo, preparandosi ad accogliere nuovi membri come Argentina, Zimbabwe,
Uruguay ed Etiopia, nonché uno stato chiave dal punto di vista economico ed
energetico come l’Arabia Saudita.
Al di
là del fatto che il Brasile – gigante sudamericano e Paese in crescita – sia
uno dei soci fondatori della NDB, appare evidente come quest’ultima sia un
mezzo di penetrazione cinese in regioni che, per duecento anni hanno
rappresentato il cosiddetto “giardino di casa” degli USA.
Oggi
la NDB a guida brasiliana sembra essere, almeno negli intenti propagandistici,
il laboratorio ideale in grado di mixare l’approccio terzo mondista cinese, di
maoista memoria, con la teoria della dipendenza, elaborata in ambiti
sudamericani marxisti negli anni 60-70 e frutto della rielaborazione del
pensiero dell’argentino “Raúl Prebisch”, basato sulla cosiddetta teoria
“centro-periferia” e sul concetto di sfruttamento:
la
globalizzazione come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi ha contribuito a
rafforzare la convinzione che le filiere globali del valore, guidate in larga
misura dalle multinazionali occidentali, siano strumenti per drenare risorse e
trasferire profitti dalla periferia al centro, attraverso la supremazia del
dollaro a livello valutario e commerciale.
La
presidente della NDB “Rousseff” ha recentemente sottolineato come gli obiettivi
dell’NDB siano il finanziamento di investimenti infrastrutturali, con lo scopo
di aiutare i nuovi membri del club bancario a combattere la povertà, creare
posti di lavoro e promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista
ambientale.
È chiaro l’intento di allargare ulteriormente il club
a nuovi membri e come il vertice di fine agosto dei BRICS sarà probabilmente il
luogo in cui verranno annunciati nuovi pesanti ingressi, l’Argentina in
particolare.
Per
l’ingresso dell’Argentina si sta spendendo molto il presidente brasiliano “Lula”
e recentemente il ministro dell’Economia argentino, “Sergio Massa”, è stato in
visita nella sede della NDB di Shanghai, in Cina.
Oltre
all’Argentina, nelle mire di Lula c’è anche l’idea di un ingresso prospettico
del Venezuela.
Tali
mosse indicano come il Brasile veda sé stesso sempre più come il Paese
destinato a guidare il Sud America nella prospettiva multipolare che va
configurandosi.
Le
strategie di ampliamento della NDB vanno infine lette in relazione ai progetti”
BRICS Plus”, ovvero dell’allargamento progressivo a nuovi Paesi, e BRICS
Outreach.
Obiettivo
di questa seconda iniziativa è focalizzare l’azione sul “Sud Globale” ed in
particolar modo all’Africa subsahariana e australe, anche grazie al ruolo del
Sud Africa.
Parola
d’ordine numero 2: de-dollarizzazione.
Il 30
e 31 maggio scorso, la NDB ha tenuto la sua riunione annuale.
La
neopresidente Rousseff ha colto l’occasione per ribadire che il principale
obiettivo (politico) della banca è la de-dollarizzazione del sistema economico
globale.
Oggi
le economie BRICS rappresentano circa un quarto del Pil mondiale, una forza
tale da ambire, se coordinata, all’obiettivo di breve termine di offrire il 30%
del portafoglio prestiti non più in dollari ma in valute locali.
Oggi
siamo nell’intorno del 22%.
De-dollarizzare
ha due obiettivi, uno politico evidente e uno strettamente finanziario,
orientato a interrompere la dipendenza dal dollaro.
Come messo in evidenza da alcune teorie, per
esempio quelle legate al cosiddetto “paradosso di Triffin”, de-dollarizzare può
aiutare i Paesi in via di sviluppo a evitare dolorose fluttuazioni dei tassi di
cambio, con ricadute sulle riserve in valuta estera (dollari) accumulate, il
rischio di contrarre pesanti debiti esteri una generale mancanza di autonomia
monetaria, che spesso genera forti limitazioni all’autonomia politica.
In
questa fase in cui la FED sta aumentando progressivamente e assertivamente i
tassi di interesse, tale azione sta esercitando pressioni al ribasso sulle
valute di molte nazioni del Sud del mondo, rendendo più costosa l’importazione
di prodotti stranieri e il pagamento del debito denominato in dollari.
In
ragione di ciò l’obiettivo della NDB è quello di sostituire al dollaro una
pluralità di valute locali da utilizzare per regolare il commercio.
Il
ruolo delle valute digitali nella de-dollarizzazione.
La NDB
ha già emesso obbligazioni denominate nella valuta cinese, il renminbi, ed è
chiaro che la valuta cinese si candida a giocare un ruolo di primazia nel nuovo
sistema.
Tuttavia, non è interesse degli altri Paesi
BRICS che al dollaro si sostituisca il renminbi, operazione che risulterebbe a
somma zero non generando vantaggi per il sistema, se non per il principale
azionista, Pechino.
La
tendenza alla de-dollarizzazione è oramai tema di dibattito anche in Occidente.
L’economista” Zoltan Pozsar” a gennaio ha
ammesso sul “Financial Times” che il privilegio esorbitante del dollaro (la
definizione è di Valéry Giscard d’Estaing), è oramai minacciato e, non solo
dalle spinte dei BRICS attraverso la NDB, ma anche dalla tendenza globale,
anche occidentale, a lanciare le nuove valute digitali, ovvero sistemi di
circolazione del denaro che possono fare a meno del sistema SWIFT.
“Pozar£
in particolare afferma come:
“L’ordine monetario basato sul dollaro è già
stato messo in discussione in diversi modi, ma due in particolare spiccano:
la
diffusione degli sforzi di de-dollarizzazione e le valute digitali delle banche
centrali (CBDC)”.
Come
spiegato da “Pozsa”r, al di là degli obiettivi “terzomondisti”, de-dollarizzare
anche e soprattutto attraverso le “CBDC”, significa poter aggirare le sanzioni
occidentali in chiave anti-russa che colpiscono di rimbalzo anche gli interessi
degli altri BRICS.
Infatti,
come affermato dall’economista americano di origine ungherese, “La rete emergente basata sulle CBDC
– applicata con linee di swap valutarie bilaterali – potrebbe consentire alle banche
centrali dell’Est e del Sud del mondo di fungere da intermediatori di valuta
estera […]
il tutto senza fare riferimento al dollaro e bypassando il sistema bancario
occidentale”.
La
capacità dei BRICS di affermarsi, anche in prospettiva, sotto il profilo
monetario è tuttavia limitata da vari fattori, uno dei quali è legato agli
strumenti a oggi presenti che dovrebbero permettere di contrastare o, almeno,
cercare di insediare la leadership del dollaro e del cosiddetto Washington
Consensus:
oltre
alla NDB è infatti attivo il” Contingent Reserve Arrangement “(CRA), pensato
quale antagonista del FMI al fine di far fronte alle pressioni di breve termine
sulle riserve valutarie dei Paesi BRICS.
Sotto
questo profilo, la Cina è l’unico Paese ad avere una capacità finanziaria e
valutaria tale da rendere questo strumento una reale opportunità, ma ciò
necessiterebbe di una volontà e capacità di Pechino che, in questa fase, sono
messe a dura prova.
Un
gruppo dipendente dalle commodities.
Data
la natura dei BRICS e il processo di attuale o potenziale allargamento di
questo “club”, emerge in maniera evidente lo stretto legame tra i Paesi che ne
fanno parte e potrebbero farne parte prossimamente, e il futuro della
transizione energetica e produttiva del pianeta.
Non sfugge infatti che tutti i membri attuali
dei BRICS siano grandi produttori e, come nel caso di Cina e India soprattutto,
anche grandi consumatori di materie prime energetiche e minerarie.
L’ingresso
di Arabia Saudita, Algeria e Indonesia, per citare alcuni dei Paesi sotto gli
occhi dei riflettori, comporterebbe non solo un incremento numerico e, in
parte, finanziario, dei BRICS ma soprattutto un rafforzamento del potenziale di
“controllo” di asset strategici per l’evoluzione produttiva e commerciale a
livello mondiale e, nello specifico, del mondo occidentale, Europa in testa.
Sotto
questo profilo, l’ipotesi di sovvertimento della leadership mondiale connessa
con l’ampliamento dei BRICS, riguarderebbe non solo gli aspetti monetari su cui
si potrebbe basare il nuovo ordine mondiale ma le vere e proprie fondamenta
della globalizzazione così come ad oggi è a noi pervenuta, con uno
sbilanciamento significativo in termini di gestione delle “supply chains”, sia
diretto che indiretto, in molti dei settori strategici.
Lo
scenario potrebbe apparire apocalittico e condurre anche a scelte radicali da
parte di quei Paesi che, sempre di più, risentono della dipendenza dall’accesso
alle fonti e alle arterie dei sistemi produttivi internazionali.
Tuttavia
occorre ricordare, anche in questo caso, che si sta cercando di analizzare e
valutare un’ipotesi, quella di un gruppo di Paesi coeso e organizzato, i BRICS
Plus, che allo stato attuale, nonostante le dichiarazioni che presentano una
visione forte e missioni ben definite, mostra molti più segnali di frattura e
potenziale conflittualità interna al gruppo, che fattori di integrazione
strategica e operativa.
IL
VECCHIO ORDINE MONDIALE
SI È
ROTTO, MA IL NUOVO
È
TUTTO DA CONQUISTARE.
Perfondazione.eu
- Alfonso Pascale - (28-4-2023) – ci
dice:
Con la guerra sferrata da Putin contro l’Ucraina si è
rotto il vecchio ordine globale faticosamente costruito dopo la seconda Guerra
mondiale.
Si
sono, infatti, lesionati i due pilastri fondamentali di quell’ordine:
l’apertura
dei mercati e l’interdipendenza tra gli Stati.
Un
ordine progettato da statisti come “Roosevelt” o economisti-pensatori come “Keynes”
che avevano una visione sovranazionale dei problemi globali.
Per
essi non era sufficiente fare degli accordi internazionali.
Secondo il loro pensiero, i problemi globali
(pochi e ben circoscritti) si sarebbero potuti affrontare e risolvere solo
edificando istituzioni sovranazionali.
Istituzioni efficaci, cioè dotate della
sovranità occorrente per svolgere compiutamente il proprio compito.
Senza
subire pressioni dagli Stati, inevitabilmente mossi dagli interessi nazionali.
Ma
quel sogno non si è realizzato.
L’ordine
mondiale che ha preso forma è stato precario, incerto, fondato su rigidi
equilibri politico-militari delle potenze degli Stati.
E
anche quando l’impero sovietico è deflagrato, la nuova fase del processo di
globalizzazione, intesa come capacità dell’interdipendenza
economico-commerciale – mediante la costruzione di meticolose norme giuridiche
planetarie – di muovere verso la formazione di un ordine mondiale più unificato
e pacifico, si è rivelata illusoria ed è stata fermata dalla guerra.
Nel
frattempo, agli antichi problemi globali se ne sono aggiunti di nuovi.
Accanto
ai temi della sicurezza – tra cui quella alimentare ed energetica – sono emersi
altri problemi:
consapevolezza
della scarsità delle risorse naturali, cambiamento climatico, demografia e
migrazioni.
Questioni
tra loro fortemente interconnesse.
Con
l’esaurirsi del vecchio ordine e la complessità tecno-economica della
globalizzazione, che si è realizzata negli ultimi decenni, siamo approdati su
di una “terra incognita”, come ha scritto “Sergio Fabbrini”.
E questo perché è sorto un problema che i
padri fondatori non avevano considerato:
non
basta edificare istituzioni sovranazionali efficaci senza dotarle di
legittimazione democratica.
Un nuovo ordine mondiale sarà l’esito dello
scontro che si è aperto tra due concezioni del potere, una occidentale, fondata
sulla libertà, e l’altra orientale, “fondata – come scrive “Biagio de Giovanni “–
sulla sola obbedienza in presenza di scopi assoluti e con l’uso della crudeltà
come mezzo per concentrare il potere”.
Il ruolo dell’Unione europea è essenziale per
affermare, in tale scontro, la civiltà della libertà.
È in
Europa, infatti, la culla dell’Occidente e dunque la culla della libertà.
Ma l’Ue potrà svolgere siffatto ruolo se porrà
mano quanto prima alla modifica dei trattati, delineando la democrazia oltre lo
Stato.
Dalla
visione sovranazionale alla logica intergovernativa.
Nella
“Carta Atlantica” firmata da Churchill e Roosevelt nell’agosto del 1941,
nell’Oceano Pacifico, su di una nave nei pressi dell’isola di Terranova, furono
fissati alcuni principi comuni dell’ordine mondiale da ricostruire dopo la
guerra.
Essa
da poco era iniziata e aveva un nemico comune: il nazismo.
Due
erano i principi essenziali della “Carta Atlantica”: l’autodeterminazione dei
popoli, cioè il loro diritto a scegliersi la forma di governo sotto la quale
vivere, e la liberalizzazione dei commerci internazionali e dell’accesso alle
materie prime del mondo.
Nella
“Dichiarazione delle Nazioni Unite”, sottoscritta il giorno di Capodanno del
1942, oltre che da Roosevelt e Churchill anche da Litvinov (Urss) e Soong
Tse-ven (Repubblica della Cina), vennero ribaditi i principi contenuti nella
“Carta Atlantica”, a cui fu aggiunta, su richiesta del presidente statunitense,
la libertà religiosa.
Sulla
base di quei principi, nel 1944, furono negoziati gli accordi di Bretton Woods.
Tali
patti definirono l’ordine monetario che sarebbe rimasto in vigore fino
all’inizio degli anni settanta.
E in quelle trattative vennero anche previste
le principali organizzazioni economiche mondiali:
il Fondo Monetario Internazionale, la Banca
Mondiale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Mentre
le prime due furono istituite immediatamente, la terza vedrà la luce solo negli
anni Novanta.
Nel
frattempo, la graduale liberalizzazione degli scambi commerciali fu avviata con
il “General Agreement on Tariffs and Trade” (Gatt).
Nel
testo finale della Conferenza di Yalta, in Crimea, tra Stalin, Roosevelt e
Churchill, conclusasi l’11 febbraio 1945, quando la guerra era ancora in corso,
furono trascritte e firmate diverse decisioni comuni.
Si
riaffermarono i principi sanciti nella “Carta Atlantica”.
I
Paesi liberati dal nazifascismo avrebbero dovuto esercitare la propria
sovranità e scegliere liberamente la forma di governo sotto cui vivere.
Il 25
aprile di quello stesso anno si sarebbe aperta la “Conferenza delle Nazioni
Unite” a San Francisco per istituire l’organizzazione sovranazionale che
avrebbe dovuto occuparsi del mantenimento della pace e della sicurezza.
Anche
nella proposta progettuale elaborata, tra il mese di giugno 1943 e l’ottobre
1945, dalla commissione insediata dalla Conferenza di Hot Springs in Virginia
per l’istituzione
della Food and Agriculture Organization (Fao), ritroviamo i principi della
“Carta Atlantica”.
L’agenzia fu originariamente pensata come un
organismo incaricato di amministrare le politiche alimentari mondiali:
una
struttura dotata di pieni poteri per fissare i prezzi delle derrate, acquistare
il surplus produttivo e redistribuirlo globalmente.
La Fao
avrebbe assolto a queste funzioni attraverso uno specifico organo interno:
il “World Food Board”.
E così avrebbe assicurato ai popoli di diversi
continenti non solo la quantità e la qualità del cibo necessarie per vivere in
salute, ma anche la prosperità e la pace.
Il
progetto di “World Food Board” fu inizialmente approvato dall’”Assemblea
plenaria della Fao”, ma venne accantonato già nella prima fase di
realizzazione.
Alcuni
grandi Paesi ne presero le distanze o lo boicottarono. L’Unione Sovietica aveva
partecipato alla Conferenza di Québec City e avrebbe potuto far parte della Fao
fin dall’inizio con lo status di membro fondatore, ma non sottoscrisse, assieme
alla Bielorussia e all’Ucraina, lo statuto.
Altri
Paesi, tra cui l’Amministrazione americana, approvarono l’atto di fondazione
dell’organismo e il suo modello organizzativo, ma poi ne ostacolarono
l’attuazione.
E così
la Fao rinunciò ad una funzione nell’ambito del processo decisionale delle
politiche alimentari e si adattò ad una condizione di mera dipendenza dalle
priorità imposte dagli Stati membri.
Si ritagliò un ruolo ridotto nella
disseminazione delle conoscenze e delle tecniche agricole.
Va
ricordato che gli esperti che avevano lavorato al progetto iniziale della Fao
provenivano dall’”Agricultural Adjustment Administration” (Aaa), creata da
Roosevelt nel 1933 per fronteggiare la “Grande Depressione” provocata dalla
crisi del 1929.
Il
presidente americano era, infatti, convinto che la sicurezza alimentare
planetaria si dovesse conseguire con politiche gestite a livello sovranazionale
e analoghe a quelle messe in atto con il New Deal.
Ma con
la morte precoce di Roosevelt nell’aprile 1945, quel disegno era stato
rapidamente abbandonato.
E
l’amministrazione Truman aveva sostituito gran parte dei tecnici e degli
esperti non solo nelle strutture pubbliche nazionali, ma anche nella Fao.
L’idea
di implementare il nuovo ordine mondiale di organismi sovranazionali, dotati di
sufficiente autonomia decisionale e svincolati dalla pressione esercitata dagli
Stati nazionali, non si affermò.
E prevalse la logica intergovernativa e
negoziale, propria delle relazioni internazionali.
Una
logica che produceva forti elementi di precarietà, incertezza e instabilità.
La
lunga Guerra fredda.
Nel
frattempo, alla logica intergovernativa degli organismi internazionali si
aggiunse un ulteriore elemento che segnò negativamente l’ordine mondiale che si
stava edificando: l’inizio della Guerra fredda.
La contrapposizione tra il blocco atlantico e
il blocco sovietico sui temi della democrazia, della libertà e dello stato di
diritto, che darà vita al sistema bipolare, emerse gradualmente.
Come
si è visto, l’Urss aveva sottoscritto l’impegno a rispettare i principi sanciti
dalla “Carta Atlantica”.
Sembrò
che il diritto di autodeterminazione dei popoli valesse anche come criterio
delle nuove sistemazioni da imporre ai vinti e da far rispettare dai vincitori.
Ma
nell’Europa centro-orientale, a partire dalla Germania orientale e dalla
Polonia, l’Unione Sovietica non rispettò tale principio.
E il
senso di tale scelta è ben spiegato nel cablogramma segreto di ottomila parole
che un diplomatico di grande esperienza,” George Kennan”, trasmise a Washington
il 22 febbraio 1946 dall’ambasciata a Mosca.
L’Urss
doveva trattare il resto del mondo come un nemico perché era l’unica cosa che
teneva in piedi la dittatura sanguinaria di Stalin.
Inutile, per l’Occidente, pensare di
contrastarla con le guerre.
L’Urss
andava invece gestita con pazienza e mano dura, contenendola e lasciandola
dissanguare.
Dunque,
la divisione dell’Europa in due aree di potenza derivò non dagli accordi di
Yalta, bensì precisamente dalla loro violazione.
E questo già a partire dall’autunno del 1945.
Ma
solo dopo aver compreso il significato reale delle mosse molto ambigue di
Stalin, gli Stati Uniti maturarono la propria strategia verso l’Europa.
Per
far fronte alla pressione sovietica verso i paesi europei, gli Usa si
convinsero che fosse necessario opporre ad essa un’Europa prospera, valida
partner economica della grande area americana, libera da problemi economici e
sociali che minassero la stabilità dei suoi regimi liberaldemocratici.
Un’Europa in grado di offrire un suo decisivo
e indispensabile contributo alla difesa militare dell’Occidente.
E di
alleviare lo sforzo americano al riguardo, al quale non mancavano renitenze e
resistenze in diversi ambienti politici statunitensi.
Atteggiamenti fortemente critici dettati dalla
tradizione isolazionistica degli Stati Uniti e dal peso del costo del nuovo
impegno americano nel mondo.
Su queste basi nacque il piano Marshall per la
ripresa e la cooperazione economica dell’Europa.
L’Urss
condannò il piano americano come un’astuzia del capitalismo.
E ordinò che i paesi sotto il suo controllo
non vi partecipassero.
A quel
punto si interruppero anche gli aiuti alimentari che gli Usa assicuravano ai
paesi dell’Europa orientale, compresa l’Unione sovietica.
Durante
e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, la carenza e il razionamento
del cibo in Europa richiesero massicci interventi da parte degli Usa. Qui da
noi la produzione agricola era crollata del 20-30%.
Era,
invece, aumentata negli Stati Uniti, che rifornivano tutti i propri alleati.
Vi era
la piena consapevolezza che il problema dell’insicurezza alimentare non sarebbe
scomparso con la fine del conflitto.
E
avrebbe richiesto un’operazione coordinata a livello internazionale.
Come
sostiene “Emanuele Bernardi”, emerse subito “un’idea multifattoriale e
prismatica di sicurezza alimentare globale, con evidenti implicazioni
politiche, sociali e soprattutto economico-finanziarie”.
Formare
le riserve e garantire un continuo flusso di cereali sul mercato significava
stabilizzare le monete e i salari, garantire il passaggio dalla guerra alla
stabilità democratica e, quindi, costruire le basi per lo sviluppo industriale.
Con la
rottura della solidarietà alimentare, avvenne che – come altre volte nel
passato, e come nella storia del continente non aveva mai realmente cessato di
accadere – la contrapposizione tra Occidente e Oriente si sostanziò
immediatamente di forti connotazioni ideologiche e culturali.
E tale
conflitto rese più difficile la cooperazione internazionale, contribuendo ad
aumentare il gap tra paesi ricchi e poveri.
Anche
nelle colonie, che nel secondo dopoguerra conquistarono l’indipendenza, le
condizioni delle aree rurali non migliorò molto:
i modelli di industrializzazione forzata si
preoccupavano prevalentemente di drenare risorse dall’agricoltura per
destinarle all’industria.
Gli
aiuti americani furono decisivi nella costruzione della sicurezza alimentare
europea.
Nello
stesso tempo, si manifestarono anche contraddizioni nel ruolo svolto
dall’amministrazione Usa.
Spesso essa fece prevalere la tutela degli
interessi di breve respiro della propria agricoltura.
E così
impedì la nascita di efficienti istituzioni e politiche sovranazionali.
E,
dagli anni Sessanta, tentò pervicacemente di contrastare il primato agricolo
che la Cee si era faticosamente conquistato.
Nel
dopoguerra, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia avevano ben
chiaro l’intreccio molto stretto tra sicurezza militare e sicurezza alimentare
e l’importanza del ruolo che la disponibilità di cibo gioca nei conflitti tra i
paesi.
Per
questo motivo, di agricoltura nei negoziati Gatt si incominciò a parlare nel
1960, quando venne presentato dalla Commissione europea il primo Piano Mansholt
che prevedeva l’avvio della Pac.
Nel
Trattato di Roma istitutivo della Cee (1957) l’agricoltura aveva assunto una
collocazione centrale.
La
sicurezza alimentare non appariva tra gli obiettivi esplicitamente enunciati
nel Trattato.
Tuttavia,
si poteva leggere tra le righe.
Due elementi caratterizzarono la prima fase
della Pac:
1)
l’eliminazione del groviglio di barriere commerciali preesistente tra gli Stati
membri;
2) l’adozione di misure di protezione del
mercato interno proprio per contribuire a raggiungere l’autosufficienza
alimentare.
A conclusione del “Dillon Round” nel 1962, fu
introdotta una peculiare clausola. Gli Usa accettavano il protezionismo europeo
in materia agricola in cambio della piena libertà di mercato della soia e dei
mangimi a base di glutine di mais, destinati all’alimentazione animale, di cui
era specializzata l’agricoltura americana.
Man
mano che la Pac veniva elaborata e attuata, al “Kennedy Round”, conclusosi nel
1967, e al “Tokyo Round”, siglato nel 1979, le critiche americane al
protezionismo europeo si accentuarono.
E il motivo principale era che la “Cee “aveva
raggiunto l’autosufficienza alimentare. Era passata dalla condizione di primo
paese importatore di prodotti alimentari a quella di secondo paese esportatore,
dopo gli Usa.
Se si esclude la Gran Bretagna, notoriamente
paese importatore per ragioni legate al colonialismo, la Comunità europea era
diventata di fatto il primo paese esportatore.
Questa
capacità produttiva ed esportatrice della Cee suscitava reazioni vivaci da
parte dei paesi terzi.
In realtà, in tutti i paesi industrializzati
le politiche agricole alimentavano sovrapproduzione e diventavano molto
costose.
E tali
condizioni rendevano più difficoltosa l’integrazione delle agricolture dei
paesi in via di sviluppo nei mercati globali, come denunciò nel 1980 il
“Rapporto Brandt” (“Nord-Sud: una strategia per la sopravvivenza”).
Un
documento che fece molto scalpore e che fu al centro della “Conferenza delle
Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo” che si svolse l’anno successivo a
Cancun (Messico).
In
tale incontro fu tentata, senza successo, la creazione di un nuovo ordine
economico mondiale dopo la rottura unilaterale degli accordi di Bretton Woods
da parte degli Usa.
A quel
punto, la Comunità europea avviò un dibattito interno per rivedere la Pac e
introdusse alcune misure per contenere la spesa.
Gli
Usa nel 1985 vararono il nuovo “Farm Bill” nel quale erano previste consistenti
riduzioni dei prezzi.
Nel
1986 si avviò a Punta de l’Este (Uruguay) l’ottavo (e ultimo) Round del Gatt.
E gli Stati Uniti tornarono alla carica,
questa volta spalleggiati dal Gruppo di Cairns.
Anche
la Cee cominciò a guardare con interesse a una sia pur graduale
liberalizzazione agricola.
E
così, nel 1992, sia per favorire l’integrazione internazionale, sia per
superare problemi tecnici e finanziari delle politiche agricole, approvò la
riforma “McSharry” che introduceva i pagamenti compensativi e riduceva il
sostegno dei prezzi.
L’accordo fu siglato a Marrakesh in Marocco, nel 1994.
E venne istituito il “Wto”.
Il
Dopo-guerra fredda
Durante
la Guerra fredda, la visione delle relazioni internazionali che ispirava le
scelte dei leader occidentali era la seguente:
l’ordine globale è fondato sulla lotta per il
potere politico-militare tra i due blocchi contrapposti e le interdipendenze
economiche sono subordinate a quell’ordine.
Nel
Dopo-guerra fredda, quella visione si è modificata e si può così sintetizzare: l’ordine globale è fondato sempre di
meno sulla lotta per il potere politico-militare tra gli Stati e sempre di più
sulle interdipendenze economiche tra i paesi.
Al
Round del Millennio che iniziò nel 1999 a Seattle, spuntarono così nuovi
protagonisti, come Brasile, Russia, India, Sudafrica.
Nel 2001 anche la Cina entrò nel Wto.
Il
negoziato fu ripreso a Cancun nel 2003.
Ma non se ne fece nulla.
Nonostante
ci fosse sul tavolo la proposta di riforma della Pac predisposta dal
Commissario “Franz Fischler” (pagamento unico all’agricoltore indipendentemente
dalle sue scelte produttive), gli Usa e i paesi emergenti continuarono ad
attaccare l’Ue.
Nel 2011 anche la Russia è entrata nel Wto.
Questo
ciclo di negoziati non si è mai concluso e il multilateralismo si è arenato.
Al
centro dei conflitti è sempre stato il tema dell’agricoltura.
Gli
Stati Uniti hanno privilegiato gli accordi bilaterali e l’Ue non è diventata
una protagonista del mondo globale, avendo mantenuto le proprie istituzioni in
una condizione di fragilità e inefficienza.
L’aggressione
dell’Ucraina dimostra che la visione di un ordine globale, fondato tutto
sull’interdipendenza promossa dagli scambi economici e le norme giuridiche è
una grande illusione.
Non è
sufficiente per pacificare il mondo.
Si è
riprodotta, infatti, una nuova e più ampia frattura dai connotati anche
religiosi.
Tra le
motivazioni che hanno spinto Putin ad aggredire l’Ucraina c’è, infatti, anche
il riemergere di una forma di fondamentalismo religioso etno-filetista
ortodosso, di carattere totalitario, chiamato “Russkii mir” o mondo russo, che
sta affascinando molti nella Chiesa ortodossa russa ed è stato anche ripreso
dall’estrema destra e da fondamentalisti cattolici e protestanti.
Tale
costrutto ideologico afferma che esisterebbe una “civiltà russa
transnazionale”, chiamata “Santa Russia” o “Santa Rus’” da contrapporre
all’Occidente corrotto e in declino.
Per
questo è necessario reagire, aiutando Zelensky in tutti i modi possibili, e far
sì che l’aggressore non raggiunga i suoi obiettivi.
La
guerra sta spingendo le democrazie a ridurre la loro dipendenza dalle
autocrazie per le risorse necessarie al loro sviluppo e alla loro sicurezza.
Prima
era la Cina a contravvenire alle regole del commercio mondiale (Wto) sugli
aiuti di stato.
Ora è
l’America a non rispettare più quelle regole.
La
risposta alla crisi dell’ordine mondiale costruito dopo la seconda guerra
mondiale sembra essere quella di tornare a frammentare i mercati.
Ma
dobbiamo essere consapevoli delle conseguenze.
De-globalizzare
renderà difficili le soluzioni dei problemi a scala planetaria, come, ad
esempio, le migrazioni e il contrasto ai cambiamenti climatici e alle povertà.
Il
ritorno alla logica delle grandi potenze non conviene a nessuno.
Bisogna, pertanto, scongiurare una involuzione
dell’ordine liberale multilaterale. Con una riforma dell’ordine mondiale che
passi per la democrazia oltre lo stato.
Ci vorrebbe un di più di politica capace di
guidare il cambiamento verso nuovi equilibri che vedano l’Occidente democratico
dotato di ordinamenti e strumenti all’altezza delle sfide poste dai dispotismi
orientali.
Ordinamenti
e strumenti per “detergere” le aggressioni delle autocrazie, le loro minacce
alla nostra incolumità e i loro ricatti alimentari.
Come
ha efficacemente scritto” Vittorio Emanuele Parsi”, “mantenere il sistema
politico internazionale un posto sicuro per le democrazie comporta
necessariamente un costo”.
Nel
mondo post 24 febbraio, dobbiamo imparare a valutare il costo della
cooperazione con sistemi non democratici in termini di rischio che si crei un
ambiente ostile alla sopravvivenza della democrazia.
Ci
vorrebbe una Bretton Woods della politica e della democrazia.
Però,
manca il Paese o il gruppo di Paesi che indichi il percorso per cogliere le
straordinarie opportunità del tempo che si apre.
L’Ue
si faccia avanti con coraggio e determinazione:
qui è
nato l’Occidente, qui è nata la civiltà della libertà, qui può nascere un nuovo
“balancing art” per attraversare la “terra incognita” del nuovo ordine
internazionale.
(ALFONSO
PASCALE)
L'Ucraina
tornerà alla neutralità
o
affronterà la divisione
o
l'annientamento.
Unz.com
- MIKE WHITNEY – (29 MAGGIO 2024) – ci dice:
La
conferenza di pace di Zelenskyj.
Il
portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha accettato di
partecipare alla conferenza di pace ucraina del mese prossimo in Svizzera con
una condizione: che la Russia sia invitata.
Mao ha
detto che sostiene Pechino la "tempestiva convocazione di una conferenza
internazionale di pace che sia riconosciuta sia dalla parte russa che da quella
ucraina".
Sembra
ragionevole, dopo tutto, ci si aspetterebbe che i negoziati di pace
includessero i rappresentanti delle parti in conflitto.
Ma non
è questo il caso di specie.
E
mentre più di 90 paesi hanno confermato che parteciperanno ai prossimi
incontri, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha escluso l'unica nazione
la cui presenza potrebbe fare la differenza. La Russia.
Naturalmente,
molti analisti sono perplessi dall'omissione di Zelenskyj che preclude
qualsiasi possibile soluzione o fine delle ostilità.
In poche parole, i combattimenti continueranno
fino a quando la Russia e l'Ucraina non condurranno negoziati bilaterali e
raggiungeranno un accordo.
Allora,
cosa sta succedendo qui?
Quello
che sta succedendo è che Zelenskyj sta perpetrando una frode.
Chiaramente,
non c'è alcuna intenzione di stringere un accordo con la Russia o di porre fine
ai combattimenti.
Com'è possibile, dopo tutto, che la Russia non
sia stata invitata.
Quindi, dobbiamo presumere che la conferenza
di pace sarà utilizzata per qualche altro scopo, come demonizzare Putin o
raccogliere più sostegno per la guerra.
Ciò
che ci dice è che né Zelensky né i suoi gestori a Washington hanno abbandonato
l'idea di infliggere una sconfitta strategica alla Russia.
Non
stanno gettando la spugna e certamente non sono alla ricerca di aree di
compromesso reciproco. No.
Stanno semplicemente esplorando modi più
creativi per raccogliere sostegno per la loro crociata fallita.
Questo è l'obiettivo della cosiddetta
"conferenza di pace", attirare più reclute sul carro dell'Ucraina.
Va
detto, tuttavia, che la Russia sa esattamente cosa sta facendo Zelenskyj e non
si fa illusioni su dove tutto questo sta andando.
Dai un'occhiata a questa breve clip di
un'intervista con il FM russo Sergey Lavrov:
La
conferenza svizzera è stata convocata con l'unico scopo di affrontare la
formula di pace di Zelensky sotto forma di ultimatum.
Non è un caso che gli stessi svizzeri,
compresi i diplomatici elvetici, affermino che la conferenza non si concentrerà
sulla "costruzione di ponti" per la pace, ma sul sostegno
all'Ucraina.
Josep
Borrel ha detto che la formula di pace è l'unica iniziativa in discussione. (Nota: altre iniziative di pace da
parte di Cina, Brasile e Lega Araba vengono tutte ignorate.)
Abbiamo
accesso a informazioni che normalmente non sono destinate all'uso pubblico.
Alla
fine di aprile, discutendo della conferenza svizzera con gli ambasciatori
stranieri a Kiev... Zelenskyj ha passato la maggior parte del tempo a divagare
in modo quasi isterico e incoerente, chiedendo sostegno alla sua formula di
pace come mezzo per mettere in ginocchio la Russia.
Ogni
volta che una persona non sente il bisogno di controllarsi, tende a dire la
verità.
Coloro
che ora vengono corteggiati e costretti a venire in Svizzera, a creare una
folla e a posare per una "foto di famiglia" per poter poi vantarsi di
un ampio sostegno alla formula di pace di Zelenskyj , dovrebbero essere
consapevoli del luogo in cui si trovano. vengono attirati.
Ci si
aspetta che sostengano un ultimatum che sarà poi presentato alla Russia. Questo
è ridicolo.
Il
presidente Vladimir Putin ne ha parlato di recente.
Questi
giochi, proprio come altre mosse di politica estera dei nostri partner
occidentali che hanno perso le loro capacità diplomatiche, non hanno nulla a
che fare con la diplomazia.
(Sergey
Lavrov, conferenza stampa del ministro degli Esteri russo , “ru”.)
Quindi
i russi non si lasciano ingannare da queste sciocchezze, sanno che è una
truffa.
Sanno
anche che l'intera faccenda è stata probabilmente architettata dalle agenzie
Intel di concerto con i loro consulenti mediatici.
Proprio
come sanno che gli incontri serviranno probabilmente a sostenere l'immagine
logora di Zelenskyj mentre, ancora una volta, trascineranno la Russia nel
fango.
Abbiamo già visto tutto.
Ma la realtà è che più tempo viene sprecato in
questi fiaschi di pubbliche relazioni, più la carneficina si accumula sui campi
di battaglia in Oriente.
E questa è la vera tragedia, che Zelenskyj
continua a fare questi stupidi giochi mentre i suoi connazionali vengono
massacrati in massa senza una ragione apparente.
Forse
dovrebbe interrompere la performance artistica abbastanza a lungo da risolvere
il problema?
Forse dovrebbe pensare seriamente alla pace?
È
possibile?
È
possibile.
Immaginate
per un attimo se Zelenskyj fosse sincero nel voler porre fine alla guerra.
Quanto impegno e sacrificio servirebbero
davvero?
Non
tanto.
Sì,
sarebbe osteggiato da Washington e dai supernazionalisti di estrema destra del
suo governo, ma il prezzo effettivo che pagherebbe in termini di sangue e
denaro sarebbe trascurabile.
È
vero, non riconquisterà mai la Crimea o il Donbass (circa il 20% dell'ex
territorio ucraino), ma questo è il prezzo da pagare per intraprendere una
guerra di due anni con la Russia.
Putin non può essere incolpato per questo.
(Ricordate, Zelenskyj era pronto a firmare un
accordo di pace con Putin un mese dopo l'inizio della guerra, ma Boris Johnson
ha bocciato l'accordo.)
In
ogni caso, quei territori sono andati perduti per sempre.
Il
punto è salvare ciò che resta dell'Ucraina prima che i suoi confini si
restringano ancora di più.
Questo
è ciò su cui dovrebbe concentrarsi Zelenskyj;
preservando
ciò che resta del suo paese finché può.
Più a lungo si protrae la guerra, più è
probabile che l'Ucraina venga spartita o trasformata in una terra desolata
inabitabile.
Il
momento di agire è adesso.
La
buona notizia è che Putin è pronto a trattare.
Nonostante la disinformazione in Occidente,
vuole lasciarsi alle spalle questo pasticcio.
Vuole
porre fine alla guerra.
E le
richieste di Putin non sono irragionevoli.
Vuole solo rassicurazioni sulla sicurezza
della Russia, il che significa che non permetteranno siti missilistici della
NATO sul suo confine occidentale.
Questa
è una richiesta che Zelenskyj può soddisfare senza alcun costo per sé stesso.
Cos'altro
vuole Putin?
Ciò
potrebbe sorprendervi, ma l'accordo che Putin cerca con Zelenskyj può essere
ridotto a una sola parola: neutralità.
L'Ucraina deve essere uno stato neutrale, il
che significa che non deve diventare membro di un grande blocco militare come
la NATO, perché la NATO è un'alleanza militare ostile, anti-russa, che ha
portato avanti guerre di aggressione in Jugoslavia, Afghanistan e Libia.
Si tratta di una minaccia alla quale bisogna
impedire di collocare le proprie basi, truppe da combattimento o sistemi d'arma
al confine con la Russia. In questo Periodo.
Proprio come gli Stati Uniti non
permetterebbero mai alla Cina di posizionare sistemi missilistici sul confine
settentrionale del Messico, allo stesso modo non si può permettere alla NATO di
posizionare i missili di Washington sul confine russo. È la stessa cosa.
Zelenskyj
ritiene che l'Ucraina "abbia il diritto" di adottare qualunque
accordo di sicurezza ritenga meglio utile ai suoi interessi nazionali.
Sembra
una proposta ragionevole, ma non lo è.
Perché
in termini pratici, la determinazione dell'Ucraina ad aderire alla NATO ha reso
l'Ucraina meno sicura;
di
fatto, la probabilità di adesione dell'Ucraina alla NATO ha portato il paese
sull'orlo dell'annientamento.
Quindi,
se l'intenzione di Zelenskyj era quella di aumentare la sicurezza nazionale
dell'Ucraina, allora ha prove convincenti di aver preso la decisione sbagliata.
Ecco
una buona regola pratica per qualsiasi nazione più piccola e meno potente che
condivida un confine con una superpotenza nucleare: non fare cose che
spaventino il tuo vicino.
Non
fare cose che facciano sentire minacciato il tuo vicino.
E,
soprattutto, non minacciare di unirsi ad alleanze anti-russe ostili che
esprimono regolarmente il loro profondo disprezzo e odio per la Russia.
Questa è la corsia preferenziale verso
l'annientamento.
Se
Zelenskyj non lo sapeva prima, dovrebbe certamente saperlo ormai.
Dai un'occhiata a questo estratto da un
articolo su “Geopolitical Monitor “:
L'Ucraina
non è esattamente estranea al concetto di neutralità.
All'indomani
del crollo dell'Unione Sovietica, nella dichiarazione di sovranità statale del
1° luglio 1990, il Paese ha espresso l'intenzione di diventare uno Stato
permanentemente neutrale, che rinunci alla partecipazione a blocchi militari e
si impegni a favore della denuclearizzazione.
Questo
status in gran parte non allineato ha portato ad una politica estera
vacillante, che tuttavia sembrava favorire il perseguimento di relazioni
amichevoli sia con l'Unione Europea (UE) che con la Russia, prima di essere
definitivamente abbandonata nel dicembre 2014 in seguito all'annessione della
Crimea da parte della Russia e l'inizio della guerra nel Donbass.
Nel
febbraio 2019, con la schiacciante approvazione della “Verkhovna Rada” (il
Parlamento ucraino), la costituzione ucraina è stata modificata, avviando il
paese verso la piena adesione all'UE e alla NATO.
Tuttavia, alla fine di marzo 2022 il
presidente ucraino “Volodymyr Zelenskyy” era ancora pronto a discutere la
possibilità che l'Ucraina assumesse una posizione neutrale come parte di un
potenziale accordo di pace con la Russia per fermare l'invasione.
Un'Ucraina
neutrale non è la risposta, “Geopolitical Monitor.”
Naturalmente,
molte persone pensano ancora che Putin voglia ricostruire l'impero sovietico e
che l'Ucraina sia solo il primo passo di una lunga marcia attraverso l'Europa.
Fortunatamente, il segretario generale della
NATO Jens Stoltenberg ha sfatato questa finzione in una conferenza stampa nel
settembre 2023. Ecco cosa ha detto:
"Il
presidente Putin ha dichiarato nell'autunno del 2021, e di fatto ha inviato una
bozza di trattato che voleva che la NATO firmasse, di non promettere più alcun
allargamento della NATO. Questo è ciò che ci ha inviato. Ed era una
precondizione per non invadere l'Ucraina. Ovviamente non l'abbiamo firmato.
"È
successo il contrario.
Voleva
che firmassimo quella promessa, di non allargare mai la NATO.
Voleva
che rimuovessimo le nostre infrastrutture militari in tutti gli alleati che
hanno aderito alla NATO dal 1997, il che significa che metà della NATO, tutta
l'Europa centrale e orientale, rimuovere la NATO da quella parte della nostra
Alleanza, introducendo una sorta di appartenenza di serie B, o di seconda
classe. L'abbiamo respinta.
"Così
è andato in guerra per impedire la NATO, più NATO, vicino ai suoi confini.
Ha
ottenuto l'esatto opposto.
Ha
ottenuto una maggiore presenza della NATO nella parte orientale dell'Alleanza e
ha anche visto che la Finlandia ha già aderito all'Alleanza e la Svezia sarà
presto un membro a pieno titolo.
"Questo
è un bene per i paesi nordici.
È un
bene per la Finlandia e la Svezia. Ed è anche un bene per la NATO.
E
dimostra che quando il presidente Putin ha invaso un paese europeo per impedire
l'ingresso della NATO, sta ottenendo l'effetto opposto".
Putin
ha invaso l'Ucraina per fermare la NATO, afferma il capo della NATO, “Youtube”.
Quindi,
Putin non è andato in guerra per ricostruire l'impero sovietico.
È entrato in guerra per impedire a una
coalizione militare ostile, anti-russa, di piombare sul suo confine, dove i
loro missili avrebbero potuto colpire Mosca in meno di 7 minuti.
Era
irragionevole da parte sua?
Ovviamente
no.
Stava semplicemente agendo nel migliore
interesse del suo Paese su una questione di importanza critica (esistenziale).
Guarda
questo breve video di “ John Mearsheimer” che sottolinea lo stesso punto:
"...
Lasciatemi dire diversamente, l'Ucraina – secondo la sua Costituzione e la sua
Dichiarazione di sovranità del 1990 – era un paese neutrale.
Ha abbandonato la neutralità nel dicembre
2014. Pensateci.
Quindi,
se l'avessimo lasciata stare, oggi l'Ucraina sarebbe intatta, compresa la
Crimea.
(E) tutte queste persone morte non sarebbero
morte.
(John
Mearsheimer, La neutralità avrebbe impedito la guerra, “You Tube”)
Per
Zelenskyj la scelta non potrebbe essere più chiara.
L'Ucraina
o diventerà neutrale oppure verrà annientata.
La
scelta spetta a lui.
Ma una
cosa è certa: la Russia non vivrà con una pistola puntata alla tempia.
Lo sappiamo adesso.
Sordi
e ciechi: le malattie
dei
diplomatici americani.
Unz.com
- PATRICK LAWRENCE –( 2 GIUGNO 2024) – ci dice:
Ecco
una proposta modesta, niente di troppo radicale, solo buon senso. Consegnare Antony Blinken e Jake Sullivan alle autorità iraniane a condizione
che i due statisti, definiti in modo molto vago, avrebbero trascorso 444 giorni
presso il complesso dell'ambasciata americana a Teheran.
Consideriamola una rievocazione.
Detto
locale, a lungo un miscuglio di filo spinato, erbacce, rovi, muffe e graffiti
antiamericani, è ora un museo.
“The
Den of Espionage” , come viene chiamato, è dedicato alla vergognosa storia
delle relazioni USA-Iran fino a quel fatidico giorno, il 16 gennaio 1979,
quando lo Scià fu deposto da una nazione che ne aveva abbastanza di lui.
Quegli
iraniani scortesi hanno dovuto sgridarlo:
i
vecchi graffiti sono ora ricoperti da murales beffardi che raffigurano Topolino
e McDonald's.
Tanto
meglio, dico.
La mia
teoria è che il segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale
del regime di Biden tornerebbe dal suo anno e 79 giorni nell'ambasciata -
seduto sul pavimento, dormendo negli uffici, lavandosi i calzini nei lavandini
dei bagni, tutti e nove - trasformato in modo quasi beatificante. in... in
statisti di alto proposito e profonda intuizione, i due essendo privi di
entrambi come li abbiamo ora.
Sono
ispirato a questi pensieri da un buon necrologio che il “New York Times” ha
pubblicato nelle sue edizioni del 18 maggio sulla morte di un brav'uomo di nome
“Moorhead Kennedy”.
Nel sangue di “Moorhead Kennedy” scorreva molto
blu:
l'infanzia
nell'”Upper East Side”, Groton, Princeton, Harvard Law, una carriera nel
Foreign Service.
Avendo
imparato l'arabo, era una specie di uomo del Medio Oriente, i suoi incarichi
nel corso degli anni includevano Yemen e Libano.
E poi
il destino mise la sua mano gentile sulla spalla di Kennedy:
era in incarico temporaneo come addetto
economico a Teheran quando la questione delle feci colpì il fan.
E così
Kennedy fu tra quei 52 americani – diplomatici, altri impiegati nel servizio
civile – che trascorsero i famosi 444 giorni prigionieri di studenti militanti
ma non violenti, direi del tutto giusti, che avevano sfondato i cancelli
dell'ambasciata e scavalcato le sue mura.
Erano
di vario tipo, laici e religiosi, ma erano tutti disgustati dall'insistenza
coercitiva dello Scià nell'occidentalizzare l'Iran nel modo peggiore:
"tossicità verso l'Occidente", come venne chiamata.
Molti
di loro hanno trascorso le giornate esaminando i documenti dell'ambasciata e i
dispacci diplomatici per ricostruire come, segretamente e criminalmente, gli
Stati Uniti avessero tentato di rovesciare il governo iraniano per la seconda
volta in 26 anni.
Ricordo
che anni dopo vidi filmati in bianco e nero degli ostaggi mentre salivano le
scale per imbarcarsi su un volo Air Algeria per tornare a casa il 20 gennaio
1981. Uno dei diplomatici si voltò a pochi passi dalla porta della cabina, ha
gridato qualcosa che il film non ha registrato, e ha rivolto alla Repubblica
islamica e a tutti i suoi cittadini un grande dito medio. Ah, sì, ricordo di
aver pensato, con quale dignità siamo rappresentati al mondo.
“Moorhead Kennedy “avrebbe avuto tanti
motivi per sfogare la sua rabbia quanto quel volgare sulle scale.
Era bendato e legato a una sedia quando gli
studenti entrarono nel suo ufficio. Ma qualcosa accadde a Kennedy nei lunghi
mesi che seguirono.
Iniziò
a parlare con coloro che avevano preso d'assalto l'ambasciata.
E
soprattutto cominciò ad ascoltarli.
Ho a
lungo sostenuto che i primi segnali che un impero è in declino si hanno quando
diventa cieco e sordo; non può né vedere gli altri per chi e cosa sono, né
sentire cosa hanno da dire.
Kennedy
dimostrò di non soffrire di nessuno di questi sintomi.
Come
raccontò in seguito la sua esperienza in un'intervista con un piccolo giornale
di affari pubblici nel Connecticut, Kennedy sembrava aver portato una mente
singolarmente aperta a quello che doveva essere un breve incarico per
sostituire un collega assente.
"Ero
molto interessato a vedere una rivoluzione in corso",ha detto a un
giornalista di “CT Mirrornel” nel 2016.
"È
stato un periodo molto fruttuoso fino a quando, all'improvviso, ho sentito un
grido dai marines: 'Stanno arrivando oltre il muro!' E poi è iniziata
un'esperienza completamente nuova".
C'è
una meravigliosa fotografia di Kennedy in cima all'obit del Times, scattata
nell'ambasciata durante la sua prigionia.
Lo ritrae seduto alla sua scrivania, mentre
legge con calma con le dita sul mento. Sul pavimento accanto a lui ci sono due
colleghi la cui barba li fa sembrare tra i rapitori di Kennedy.
Sulla
sua scrivania si vede l'armamentario di pasti improvvisati: un barattolo di
senape, un barattolo di Sanka riadattato come zuccheriera, una scatola di Cocoa
Krispies.
Sospetto
che l'apparente compostezza di Kennedy avesse qualcosa a che fare con
quell'incrollabile aplomb che si trova spesso nei sangue blu americani.
È
strano ora pensare che stai guardando un uomo nel mezzo di una metamorfosi che
cambia la vita da cui ha avuto l'integrità di non tornare mai indietro.
Fu nell'ambasciata che Kennedy iniziò a
riflettere su ciò che stava facendo come ufficiale del servizio estero
americano e a concludere che ciò che stava facendo non era decisamente quello
che avrebbe dovuto fare perché la nazione che serviva aveva tutto sbagliato.
" I pensieri di Kennedy sulla politica
estera americana", come spiega il necrologio del Times, "sono stati
in parte modellati dalle discussioni con i suoi rapitori".
"Quegli
americani che applaudirono gli sforzi occidentalizzanti dello Scià non avevano
la minima idea di come i suoi programmi avessero sconvolto la vita a tutti i
livelli della società", scrisse Kennedy, quando guardò indietro più tardi,
in “The Ayatollah in the Cathedral”: Reflections of a Hostage (Hill & Wang, 1986).
"Molti iraniani, disorientati, costretti
a pensare in modi nuovi e strani, a svolgere compiti non familiari secondo
norme non familiari, umiliati dalla loro inadeguatezza mentre cercavano di
comportarsi come occidentali, e poco inclini a diventare occidentali prossimi,
di seconda classe nella migliore delle ipotesi, ricercavano soprattutto un
rinnovato senso della propria identità".
C'è
qualcosa di geniale, in un certo senso quasi di miracoloso, nella
trasformazione profonda e personale implicita in quelle osservazioni.
Kennedy
ci stava dicendo di aver imparato mentre era in ambasciata una lezione che da
tempo considero la più fondamentale che il nostro tempo ci richiede, ma che
troppo pochi di noi tentano di tentare:
questa
è la capacità di vedere dal punto di vista degli altri attraverso il modo di
vederli: con gli occhi chiari e ascoltandoli con le orecchie aperte.
Quella
"esperienza completamente nuova" in cui gli studenti iraniani
irruppero nel suo ufficio non sembra essere finita finché Kennedy non morì a 93
anni il 3 maggio a Bar Harbor, quella piccola ridotta lungo la costa del Maine.
Al suo ritorno negli Stati Uniti, ha agito
rapidamente una volta finite le sfilate e spente le luci del “Klieg”.
Si
dimise dal Ministero degli Esteri senza esitazione e si trasformò in un critico
devoto e mirabilmente perspicace della politica estera statunitense, mettendo a
frutto i suoi anni di esperienza all'interno.
Ha
tenuto numerose conferenze, ha intervistato spesso e ha scritto molto.
Appena lasciò il Foreign Service, fondò il “Cathedral
Peace Institute” a St. John the Divine nell'Upper West Side di Manhattan, la
casa di lunga data di molti attivisti negli affari internazionali.
Il
Times cita un'apparizione che fece in uno spettacolo televisivo pubblico nel
1986, quando uscì il suo libro:
Quando
si tratta di affari esteri, l'ultima cosa al mondo che un americano è disposto
a fare è pensare o provare a pensare a cosa significherebbe essere un
sovietico, un arabo, un iraniano, un indiano.
E il risultato è che pensano al mondo come una
proiezione di noi stessi, e pensano che gli altri devono pensare secondo le
stesse linee che stiamo pensando noi.
E
quando non lo fanno, ne siamo turbati.
Questo
è un pensiero luminoso.
Kennedy
non ha limitato le sue preoccupazioni a questa o quella politica sbagliata:
abbiamo sbagliato in Libano, in Angola o in qualsiasi altra parte del mondo.
Lo
apprezzo in parte perché ha assunto quelle deformazioni psicologiche che hanno molto a che fare con ciò che ha
reso la politica estera americana un disastro continuo dopo le vittorie del
1945 e la
ricerca di Washington di una "leadership globale", termine educato per indicare
un'egemonia aggressiva.
Eccolo
parlare di quella che è diventata un'ossessione familiare all'interno delle
cricche politiche fin dall'inizio della sua prigionia, 45 anni fa:
Gli
elementi del mondo arabo e dell'Iran stanno reagendo contro di noi attraverso
un altro tipo di guerra: una guerra a bassa intensità chiamata terrorismo.
E
penso che sia un modo per cercare di farci capire, o almeno essere consapevoli,
che loro hanno un punto di vista diverso.
Quando
ho letto questa osservazione la mia mente è andata immediatamente a quel
ciarlatano intellettuale degli anni di Bush II, “Richard Perle”, che sosteneva
con suprema e consequenziale stupidità in seguito agli attacchi del 2001:
"Ogni tentativo di comprendere il terrorismo è un
tentativo di giustificarlo".
E poi
ho pensato al discorso su Hamas:
bisogna
chiamare Hamas "terrorista" in ogni momento, senza eccezione e in
ogni menzione, per evitare ogni comprensione, proprio come insisteva Perle.
La
linea di pensiero che chiamiamo prospettivismo – il riconoscimento che nessuno
di noi ha il monopolio sulla verità, sui "valori" o sulle
interpretazioni della realtà – esiste da quando Nietzsche la meditò alla fine
del XIX secolo.
Moorhead
Kennedy è quello che appare in pratica, a terra, mentre legge alla scrivania
mentre è prigioniero.
Quanto
ci siamo impoveriti dai tempi di Kennedy.
Quanto
è grande la distanza tra il suo pensiero e il non-pensiero ideologico di Antony
Blinken e Jake Sullivan.
Sono colpevoli quotidianamente di ogni peccato
identificato da Kennedy.
Manda
Blinken e Sullivan nel covo dello spionaggio, dico.
Non ci
sarebbe qualche piccola possibilità che la bolla che condivide scoppi?
E che
forse sarebbero tornati a casa con una visione prospettica del mondo che
avrebbero potuto improvvisamente vedere e sentire, e avrebbero smesso di
mandare a fondo la posizione dell'America nel mondo?
Sostenere
il “genocidio” per
fermare
il multipolarismo.
Unz.com
- PEPE ESCOBAR – (5 GIUGNO 2024) – ci dice:
L'Egemone
sta calcolando una guerra mondiale per fermare il multipolarismo. Sostiene il
genocidio israeliano di Gaza come un maschio necessario per vincere duramente
in Asia occidentale, immaginando a chi importerà una volta che la guerra
diventerà globale?
Sì,
ecco il problema.
Portandoci
alla domanda chiave che la maggioranza globale deve affrontare: come possiamo
permetterci di sognare il multipolarismo quando siamo immersi nell'impensabile,
ridotti al ruolo di semplici spettatori, guardando un genocidio trasmesso 24
ore su 24, 7 giorni su 7, su ogni smartphone del pianeta?
La
Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), dichiaratamente imperfetta, ha almeno
ordinato ai genocidi biblici di smettere di bombardare Rafah.
La risposta di Israele?
Hanno bombardato Rafah.
Peggio
ancora, hanno bruciato vivi i bambini nelle tende dei rifugiati.
Con i
missili americani.
E il
genocidio continuerà almeno fino alla fine di quest'anno multipolare, come
vantato dall'intelligence israeliana.
La
Maggioranza Globale vede almeno chiaramente come funziona l'"ordine
internazionale basato sulle regole".
Eppure questo non è un gran conforto.
L'ordine
della “Corte Internazionale di Giustizia” di fermare la carneficina a Rafah,
oltre alla spinta della “Corte penale internazionale” per ottenere mandati di
arresto per i massimi leader israeliani per crimini di guerra seriali a Gaza,
prevedibilmente ha mandato la” combo di Israele e Stati Uniti” in una frenesia
isterica.
Il
nocciolo della questione riguarda i veri padroni e gestori dell'“Impero del
Caos e del Saccheggio”, molto più che i loro umili emissari.
I padroni non possono permettere che nessuna
istituzione allenti la presa sulla narrativa ufficiale.
La
versione ufficiale è che "non c'è nessun genocidio a Gaza" e nessuna
"linea rossa" è stata oltrepassata.
Questo
è il diktat ufficiale dell'occidente collettivo.
Non
sono ammesse violazioni.
Arriveranno
agli estremi incostituzionali per imporre un controllo narrativo totale, con
una ferrea operazione di pubbliche relazioni per avvolgere l'intero pianeta in
uno strato dopo l'altro di stupore propagandistico.
Contraddicendo
leggermente Mao Zedong, il vero potere non viene dalla canna di una pistola (o
da un missile nucleare ipersonico);
deriva
dal controllo narrativo, o da ciò che chiamavamo "soft power".
La
differenza ora è che l'egemone non controlla più il soft power.
La
maggioranza globale sta perfezionando, in tempo reale, le proprie contromisure
di soft power.
Una
società sistemicamente sociopatica.
I
controllori narrativi potrebbero ancora essere in grado di cancellare fatti
chiave dall'opinione pubblica occidentale, ad esempio, sulla pulizia etnica.
Gli
arabi cristiani sono stati sistematicamente sottoposti a pulizia etnica in
Palestina.
All'inizio
degli anni '50, Betlemme era cristiana per l'86%, una cifra che da allora è
crollata al triste 12% di oggi.
Gli
psicopatici biblici costruirono un muro intorno a Betlemme, annessero terre a
beneficio dei coloni ebrei armati e dei cristiani sottoposti a pulizia etnica.
Perché
la ferita è molto più profonda.
Alastair
Crooke, un ex diplomatico con una vasta esperienza sul campo, non ha eguali tra
gli occidentali quando si tratta di comprendere le complessità dell'Asia
occidentale.
Nei
suoi articoli e nei suoi podcast, tocca la principale ferita messa a nudo dalla
guerra/genocidio a Gaza:
lo scisma, nel cuore dell'Occidente, tra un
"progetto di ingegneria sociale illiberale" che si spaccia per
liberalismo e un progetto di " recupero dei valori 'eterni' (per quanto
imperfetti) che un tempo stavano dietro la civiltà europea".
In
aggiunta al problema, le strutture di potere USA-Israele sono unite al fianco.
E lavorano secondo una sorta di logica
complementare.
Mentre
la versione israeliana del saccheggio è incarnata nel colonialismo di
insediamento, l'Egemone – come brillantemente spiegato da “Michael Hudson” – è
stato coinvolto in un'orgia di colonialismo finanziarizzato in cerca di rendita
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
E
quello che “Michael Hudson” qualifica come il “racket FIRE”
(finanza-assicurazioni-immobiliare) si è calcificato, come nota “Alastair,” in
"un quadro permanente per il sistema politico e geopolitico
occidentale".
Pertanto,
non c'è da meravigliarsi che la maggioranza globale veda istintivamente la
combinazione Israele-USA – che porta diverse forme di sfruttamento/saccheggio
fino al genocidio – come l'epitome del colonialismo, ora
"ammorbidito" da un controllo narrativo in un'insensata "regole".
Basato
come Ordine Internazionale ".
Non
c'è nemmeno da meravigliarsi che il genocidio di Gaza abbia scatenato una
rinnovata ondata anticoloniale a livello della maggioranza globale.
Tuttavia,
ciò non è sufficiente.
Nessuno
sta effettivamente fermando il genocidio.
Ciò sarebbe praticamente possibile solo
infliggendo una devastante sconfitta militare a Israele – con i vincitori che
dettano i termini della capitolazione.
Ciò non è fattibile – almeno non ancora – e
contribuisce a far credere agli psicopatici biblici di poter farla franca con
qualsiasi cosa.
"Un
nuovo orizzonte del sacrificio umano."
“Andrea
Zhok” è professore di “Filosofia Etica” all'Università degli Studi di Milano e
uno dei maggiori intellettuali indipendenti italiani.
“Zhok “ci
porta ulteriormente nel vicolo cieco – opportunamente tragico – ora contemplato
dall'occidente collettivo.
L'Occidente
sotto l'Egemone, dice, ha sempre e solo avuto un Piano A.
Non
c'era un piano B.
Ciò
implica che l'Occidente continuerà ad applicare tutte le forme di “divide et
impera” contro le principali potenze eurasiatiche: Russia , Cina e Iran.
“Zhok”
nota, correttamente, che l'India è sostanzialmente sotto controllo.
Questo
è lo scenario di bivio in cui ci troviamo in questo momento.
Guardando
al futuro, si tratta di una guerra calda aperta o di una serie di guerre ibride
tra le grandi potenze e i loro vassalli – essenzialmente, la Terza Guerra Mondiale.
“Zhok”
mostra come l'Occidente sotto l'Egemone sia ora ossessionato dalla creazione di
"ferite sistemiche" capaci di distruzione ciclica.
Per aprire queste "ferite" ci sono
due procedure principali: la guerra e le pandemie.
Egli
sostiene che solo "un nuovo orizzonte di sacrifici umani" è in grado
di permettere alla "Verità Ultima" dell'Occidente di continuare a
stare in piedi sui suoi piedi d'argilla.
In
realtà, è questo "nuovo orizzonte di sacrifici umani" che sta
condizionando la non-risposta – o peggio, la legittimazione – dell'Occidente al
genocidio di Gaza.
E
questo sta inesorabilmente corrodendo la psiche europea dall'interno.
Quella che un tempo si chiamava civiltà
europea – ora completamente vassallata dall'Egemone – potrebbe non essere mai
guarita dal cancro.
Se
queste prove e tribolazioni non bastassero, messaggeri irrazionali – dietro
ordine – sono impegnati ad avvicinarci giorno dopo giorno ad una guerra
nucleare.
E
alcuni umili funzionari lo ammettono addirittura, a bruciapelo.
È
tutto qui, in una conversazione tra il giudice “Andrew Napolitano” e gli
analisti “Larry Johnson” e “Ray McGovern,” durante la quale il primo fa
riferimento ad una email ricevuta da una fonte militare/intelligence.
Questo
è ciò che gli ha detto la fonte:
Oggi
ho ascoltato un'ampia intervista con un ex ufficiale dell'intelligence dell'”IDF”.
La sua
posizione era chiara: « Noi », disse, « puntiamo a una guerra mondiale» (il corsivo è mio).
Israele,
quindi, non dovrebbe impedirsi di attuare alcune delle misure più radicali
perché le sue azioni verranno misurate retroattivamente nel contesto del
brutale conflitto mondiale che verrà.
Questa
dovrebbe essere vista come la spiegazione definitiva per la frenetica
escalation senza sosta degli Egemoni/Vassali nel fronte intrecciato di “Forever
Wars” – da “Gaza” alla “Novorossiya”.
Ciò
include il genocidio – e le conseguenze del genocidio, come la truffa degli
"aiuti" da 320 milioni di dollari ora trasformata in spazzatura sulla
costa di Gaza, riportando tutto nuovamente al genocidio mentre lo stratagemma
di espellere/spedire i palestinesi all'estero si è miseramente ridotto.
Ossia fallito.
"
Puntare verso una guerra mondiale " rende tutto molto chiaro chi è
veramente a condurre lo spettacolo.
E l'intero mondo multipolare è ancora tenuto
in ostaggio.
Per
continuare il” genocidio di Gaza”,
“Israele
e gli Stati Uniti” devono
distruggere
le leggi di guerra.
Unz.com
- JONATHAN COOK – (31 MAGGIO 2024) – ci dice:
Le due
più alte corti del mondo hanno reso Israele, un implacabile nemico nel
tentativo di far rispettare il diritto internazionale e porre fine alle
atrocità israeliane a Gaza.
Gli
annunci separati della scorsa settimana da parte della “Corte Internazionale di
Giustizia” (ICJ) e della “Corte Penale Internazionale” (ICC) avrebbero dovuto
costringere Israele a tornare indietro a Gaza.
Un
collegio di giudici dell'ICJ – a volte noto come “Corte Mondiale” – ha chiesto
venerdì scorso che Israele interrompesse immediatamente la sua attuale
offensiva su Rafah, nel sud di Gaza.
Invece,
Israele ha risposto intensificando le sue atrocità.
Domenica
ha bombardato una presunta "zona sicura" affollata di famiglie di
rifugiati costrette a fuggire dal resto di Gaza, che è stata devastata dalla
furia di Israele negli ultimi otto mesi.
L'attacco
aereo ha incendiato un'area piena di tende, uccidendo decine di palestinesi,
molti dei quali bruciati vivi.
Un video mostra un uomo che tiene in braccio
un bambino decapitato dall'esplosione israeliana.
Altre
centinaia, tra cui donne e bambini, hanno riportato ferite gravi, comprese
ustioni terribili.
Israele
ha distrutto quasi tutte le strutture mediche che potrebbero curare i feriti di
Rafah, oltre a negare l'ingresso alle forniture mediche di base, come gli
antidolorifici, che potrebbero alleviare le loro sofferenze.
Questo
era esattamente il risultato da cui il presidente americano” Joe Biden “aveva
messo in guardia mesi fa quando suggerì che un attacco israeliano a Rafah
avrebbe costituito una "linea rossa".
Ma la
linea rossa americana è evaporata nel momento in cui Israele l'ha oltrepassata.
Il
massimo che i funzionari di Biden sono riusciti a fare è stata una
dichiarazione farinosa che definisce le immagini di Rafah
"strazianti".
Tuttavia,
tali immagini si sarebbero presto ripetute.
Martedì
Israele ha attaccato nuovamente la stessa zona, uccidendo almeno 21
palestinesi, per lo più donne e bambini, mentre i suoi carri armati entravano
nel centro di Rafah.
"Un
meccanismo con i denti."
La
richiesta della “Corte Mondiale” che Israele interrompa il suo attacco a Rafah
è arrivata sulla scia della sua decisione di gennaio di processare effettivamente Israele
per genocidio, un processo giudiziario che potrebbe richiedere anni per essere
completato.
Nel
frattempo, ha insistito l'”ICJ”, Israele doveva astenersi da qualsiasi azione
che rischiasse un genocidio dei palestinesi.
Nella
sentenza della scorsa settimana, la Corte ha fortemente lasciato intendere che
l'attuale attacco a Rafah potrebbe far avanzare proprio tale programma.
Presumibilmente
Israele ha osato sfidare la corte solo perché era sicuro di avere il sostegno
dell'amministrazione Biden.
I
funzionari delle Nazioni Unite, ammettendo di aver esaurito gli aspetti
negativi per descrivere la catastrofe sempre peggiore a Gaza, l'hanno definita
"l'inferno in terra".
Giorni
prima della sentenza della “Corte Internazionale di Giustizia,” le ruote della
sua corte gemella, la “Corte Penale Internazionale”, hanno finalmente iniziato
a girare.
“Karim
Khan”, il procuratore capo, ha annunciato la scorsa settimana che avrebbe
richiesto mandati di arresto per il primo ministro israeliano, “Benjamin Netanyahu”,
e il suo ministro della difesa,” Yoav Gallant”, insieme a tre leader di Hamas.
Entrambi
i leader israeliani sono accusati di crimini di guerra e crimini contro
l'umanità, compresi i tentativi di sterminare la popolazione di Gaza attraverso la
fame pianificata.
Israele
ha bloccato le consegne di aiuti per molti mesi, creando carestia, una
situazione solo esacerbata dal recente sequestro di un valico tra l'Egitto e
Rafah attraverso il quale venivano consegnati gli aiuti.
La “Corte
penale internazionale” è un meccanismo giudiziario potenzialmente più
pericoloso per Israele rispetto alla Corte internazionale di giustizia.
È
probabile che la “Corte Mondiale” impiegherà anni per giungere a un giudizio
sulla questione se Israele abbia effettivamente commesso un genocidio a Gaza – forse troppo tardi per salvare gran
parte della sua popolazione.
La
Corte penale internazionale, d'altro canto, potrebbe potenzialmente emettere
mandati di arresto entro giorni o settimane.
E
mentre la “Corte Mondiale” non dispone di reali meccanismi di applicazione,
dato che gli Stati Uniti sicuramente metteranno il veto su qualsiasi
risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che cerchi di
chiedere conto a Israele, una sentenza della CPI imporrebbe un obbligo a più di
120 stati che hanno ratificato il suo documento fondatore, lo” Statuto di Roma,”
per arrestare “Netanyahu e Gallant “dovrebbero calpestare il loro territorio.
Ciò
renderebbe l'Europa e gran parte del mondo – ma non gli Stati Uniti –
off-limits per entrambi.
E non
c'è motivo perché i funzionari israeliani diano per scontato che le indagini
della CPI finiranno con Netanyahu e Gallant.
Col tempo, potrebbe emettere mandati per molti
più israeliani.
Come
ha osservato un funzionario israeliano : "La Corte penale
internazionale è un meccanismo con i denti".
Tribunale
"antisemita".
Anche
Washington sembrava pronta ad aggiungere i muscoli.
Le
rappresaglie statunitensi, secondo il documento, sarebbero molto probabilmente
modellate sulle sanzioni imposte nel 2020 da Donald Trump, predecessore di Joe
Biden, dopo che la CPI ha minacciato di indagare sia su Israele che sugli Stati
Uniti per crimini di guerra, rispettivamente nei territori palestinesi occupati
in Afghanistan.
Successivamente,
l'amministrazione Trump ha accusato la Corte penale internazionale di
"corruzione finanziaria e illeciti ai massimi livelli", accuse che
non sono mai state comprovate.
A
Fatou Bensouda , all'epoca procuratore capo, fu negato l'ingresso negli Stati Uniti e i
funzionari di Trump minacciarono di confiscare i suoi beni e quelli dei giudici
della CPI e di metterli sotto processo.
L'amministrazione ha anche promesso di usare
la forza per liberare tutti gli americani o gli israeliani che fossero stati
arrestati.
Mike
Pompeo,
l'allora segretario di Stato americano, affermò che Washington era
"determinata a impedire che gli americani e i nostri amici e alleati in
Israele e altrove venissero trascinati da questa corrotta Corte penale
internazionale".
Guerra
segreta alla” CPI”.
Infatti,
un'indagine congiunta del sito web israeliano 972 e del quotidiano britannico
Guardian ha rivelato questa settimana che Israele – apparentemente con il
sostegno degli Stati Uniti – sta conducendo una guerra segreta contro la “Corte
penale internazionale” da quasi un decennio.
La sua
offensiva è iniziata dopo che la Palestina è diventata parte contraente della “Corte
penale internazionale” nel 2015, e si è intensificata dopo che” Bensouda”, il
predecessore di “Khan”, ha avviato un'indagine preliminare sui crimini di
guerra israeliani – sia i ripetuti attacchi di Israele a Gaza che la costruzione di
insediamenti ebraici illegali in Cisgiordania e in Israele.
Gerusalemme Est per pulire etnicamente i palestinesi
dalle loro terre.
“Bensouda”
si è trovata minacciata insieme alla sua famiglia e suo marito è stato
ricattato.
Il capo dell'”agenzia di spionaggio israeliana
“Mossad”, “Yossi Cohen”, è stato coinvolto personalmente nella campagna di
intimidazione. Un funzionario informato sul comportamento di Cohen lo ha
paragonato allo "stalking".
Il
capo del Mossad ha teso un'imboscata a “Bensouda” almeno in un'occasione nel
tentativo di reclutarla dalla parte di Israele.
“Cohen”,
noto per essere vicino a “Netanyahu”, le avrebbe detto:
"Dovresti
aiutarci e lasciare che ci prendiamo cura di te. Non vuoi immischiarti in cose
che potrebbero compromettere la tua sicurezza o quella della tua famiglia.”
Israele
ha anche condotto una sofisticata operazione di spionaggio sul tribunale,
hackerando il suo database per leggere e-mail e documenti.
Ha cercato di reclutare personale della Corte
penale internazionale per spiare il tribunale dall'interno.
Alla
CPI ci sono sospetti che Israele abbia avuto successo.
Poiché
Israele supervisiona l'accesso ai territori occupati, è stato in grado di
vietare ai funzionari del CPI di indagare direttamente sui suoi crimini di
guerra.
Ciò ha
significato, dato il suo controllo dei sistemi di telecomunicazione nei
territori, che è stato in grado di monitorare tutte le conversazioni tra il CPI
ei palestinesi che riportavano atrocità.
Di
conseguenza, Israele ha cercato di chiudere i gruppi palestinesi legali e per i
diritti umani designandoli come "organizzazioni terroristiche".
La
sorveglianza della CPI è continuata durante il mandato di Khan – ed è la
ragione per cui Israele sapeva che i mandati di arresto stavano arrivando.
Secondo fonti che hanno parlato con il “Guardian”
e il sito “web 972”, la corte è stata sottoposta a "tremende pressioni da parte degli
Stati Uniti" per non procedere con i mandati.
“Khan”
ha sottolineato che l'interferenza nelle attività della corte è un reato penale.
Più pubblicamente, un gruppo di senatori repubblicani
americani ha inviato una lettera minacciosa a Khan: "Prendete di mira Israele e noi
prenderemo di mira te".
Lo
stesso “Khan “ha sottolineato di aver dovuto affrontare una campagna di
intimidazione e ha avvertito che, se l'interferenza dovesse continuare, "il mio ufficio non esiterà ad
agire".
La
domanda è:
quanto
di tutto questo è spavalderia, e quanto sta influenzando Khan e i giudici della
CPI, rendendoli cauti nel portare avanti le loro indagini, accelerandole o
estendendole a più sospettati israeliani di crimini di guerra.
Cappio
legale.
Nonostante
le intimidazioni, il cappio legale si sta rapidamente stringendo attorno al
collo di Israele. È diventato impossibile per le più alte autorità giudiziarie
del mondo ignorare il massacro di Israele durato otto mesi a Gaza e la
distruzione quasi completa delle sue infrastrutture, dalle scuole e ospedali ai
complessi umanitari e alle panetterie.
Molte
decine di migliaia di bambini palestinesi sono stati uccisi, mutilati e resi
orfani nella furia, e altre centinaia di migliaia stanno gradualmente morendo
di fame a causa del blocco degli aiuti da parte di Israele.
Il
ruolo della “Corte Mondiale” e della “Corte per i Crimini di Guerra” è proprio
quello di fermare le atrocità e i genocidi prima che sia troppo tardi.
Gli
stati più potenti del mondo – in particolare la superpotenza mondiale, gli
Stati Uniti, che così spesso rivendica lo status di "poliziotto
globale" – hanno l'obbligo di contribuire a far rispettare tali sentenze.
Se
Israele dovesse continuare a ignorare la richiesta della “Corte Internazionale
di Giustizia” di porre fine al suo attacco a Rafah, come sembra certo, ci si aspetterebbe che il Consiglio
di Sicurezza dell'ONU approvi una risoluzione per far rispettare la decisione.
Ciò
potrebbe variare, come minimo, da un embargo sulle armi e sanzioni economiche
contro Israele all'imposizione di no-fly zone su Gaza o addirittura all'invio
di una forza di mantenimento della pace delle Nazioni Unite.
Washington
ha dimostrato di poter agire quando lo desidera.
Anche se gli Stati Uniti fanno parte di una
minoranza di Stati che non hanno aderito allo “Statuto di Roma”, hanno
sostenuto con forza il mandato di arresto emesso dalla Corte penale
internazionale contro il leader russo Vladimir Putin nel 2023.
L'amministrazione
“Biden” ha orchestrato il sequestro dei beni statali russi, così come di quelli
dei ricchi russi, e ha incoraggiato un boicottaggio culturale e sportivo.
Propone
di non fare nulla di tutto ciò nel caso di Israele.
Divisioni
in Europa.
Non è
solo il fatto che gli Stati Uniti sono dispersi mentre Israele porta avanti i
suoi obiettivi di genocidio a Gaza.
Washington sta attivamente aiutando e favorendo il
genocidio, fornendo bombe a Israele, tagliando i finanziamenti alle agenzie
umanitarie delle Nazioni Unite che sono la principale ancora di salvezza per la
popolazione di Gaza, condividendo informazioni con Israele e rifiutando di
usare la sua abbondante influenza su Israele per fermare il massacro.
E
l'ipotesi diffusa è che gli Stati Uniti porranno il veto a qualsiasi
risoluzione del Consiglio di Sicurezza contro Israele.
Secondo
due ex funzionari della “Corte penale internazionale” che hanno parlato con il “Guardian”
e il sito “web 972”, alti funzionari israeliani hanno espressamente affermato
che Israele e gli Stati Uniti stanno lavorando insieme per ostacolare il lavoro
della corte.
Il
disprezzo di Washington per le più alte autorità giudiziarie del mondo è così
evidente che sta iniziando a logorare persino le relazioni con l'Europa.
Il
capo della politica estera dell'UE, “Josep Borrell”, ha espresso il suo
sostegno alla Corte penale internazionale e ha chiesto che qualsiasi sentenza
contro Netanyahu e Gallant venga rispettata.
Nel
frattempo, lunedì, il presidente francese “Emmanuel Macron” ha espresso la sua
indignazione per gli attacchi israeliani a Rafah e ha chiesto che cessassero
immediatamente.
Tre
stati europei – Spagna, Irlanda e Norvegia – hanno annunciato la scorsa
settimana che si sarebbero uniti a più di 140 altri paesi, tra cui otto dei 27
membri dell'Unione Europea, nel riconoscere la Palestina come stato.
Il
coordinamento tra Spagna, Irlanda e Norvegia è stato presumibilmente progettato
per attenuare l'inevitabile reazione provocata dalla sfida alla volontà di
Washington.
Tra le
falsità promosse da Stati Uniti e Israele c'è l'affermazione secondo cui la “Corte
penale internazionale” non ha giurisdizione sulle azioni militari di Israele a
Gaza perché nessuno dei due ha riconosciuto la Palestina come Stato.
Ma la
Palestina è diventata uno Stato parte del CPI già nel lontano 2015.
E, come hanno evidenziato Spagna, Irlanda e
Norvegia, è ora riconosciuta anche dagli stati occidentali solitamente
sottomessi all'"ordine basato sulle regole" imposto dagli Stati
Uniti.
Un
altro inganno promosso da Israele e dagli Stati Uniti – più rivelatore – è
l'affermazione che la CPI non ha giurisdizione perché Israele, come gli Stati
Uniti, non ha ratificato lo “Statuto di Roma”.
Nessuno
dei due crede che il diritto internazionale – la base giuridica costruita
all'indomani della Seconda Guerra Mondiale per fermare futuri Olocausti – si
applichi a loro.
Il che è un motivo in più per scartare le loro
assicurazioni che non c'è alcun genocidio a Gaza.
Ma in
ogni caso, l'argomento è del tutto vuoto:
la
Palestina è parte della CPI e lo Statuto di Roma è lì per proteggere i suoi
firmari dagli attacchi.
Sono
solo i bulli violenti come gli Stati Uniti e Israele che non hanno bisogno
della Corte Penale Internazionale.
La
forza fa il giusto.
Sia la
“Corte Internazionale di Giustizia” che la “Corte Internazionale penale “sono
pienamente consapevoli dei pericoli di affrontare Israele – ed è per questo
che, nonostante le denunce dissimulanti da parte degli Stati Uniti e di
Israele, ogni tribunale si sta muovendo così lentamente e con cautela
nell'affrontare le atrocità israeliane.
Se si
prende il filo dei crimini di guerra israeliani a Gaza, l'intero tessuto delle
atrocità commesse e promosse nel mondo dagli Stati Uniti e dai suoi più stretti
alleati inizierà a disfarsi.
La
verità non detta è che la campagna di bombardamenti "Shock and Awe" e
gli anni di brutale occupazione dell'Iraq da parte delle truppe statunitensi e
britanniche, e l'occupazione ancora più lunga e altrettanto sanguinosa
dell'Afghanistan, hanno sviscerato i vincoli legali che avrebbero reso più
difficile per Putin invadere l'Ucraina e che Israele metta in pratica la
cancellazione del popolo palestinese che sogna da tanto tempo.
È
Washington, che ha stracciato il codice del diritto internazionale e ha elevato
al di sopra di esso un egoistico "ordine basato su regole" in cui l'unica regola significativa è
che il potere rende giusto.
Di
fronte a questo duro assioma, Mosca aveva buone ragioni sia per trarre
vantaggio dagli atti di vandalismo di Washington contro il diritto
internazionale per portare avanti i propri obiettivi strategici regionali, sia
per sospettare che l'implacabile espansione militare di una Nato guidata dagli
Stati Uniti verso i suoi confini non avesse l'appoggio della Russia con i
migliori interessi a cuore.
Ora,
mentre Netanyahu e Gallant rischiano di essere messi sul banco degli imputati
dell'Aia, Washington sta finalmente trovando la determinazione ad agire. Non
per fermare il genocidio.
Ma
offrire protezione a Israele per andare avanti.
I
crimini di guerra sono stati trascurati.
Per
questo motivo, la scorsa settimana “Khan” ha fatto tutto il possibile per
isolarsi dalle critiche, annunciando di volere l'arresto di Netanyahu e
Gallant.
In
primo luogo, si è assicurato di valutare più pesantemente le accuse contro “Hamas”
che contro Israele.
Cerca
tre leader di Hamas contro due israeliani.
Nella
sua accusa, ha implicato sia l'ala politica che quella militare di “Hamas” in
crimini di guerra e “crimini contro l'umanità” per l'attacco di un giorno
contro Israele il 7 ottobre e la presa di ostaggi.
Al
contrario, Khan ha completamente ignorato il ruolo dell'esercito israeliano
negli ultimi otto mesi, anche se ha eseguito alla lettera i desideri di
Netanyahu e Gallant.
In
particolare, Khan ha accusato il capo dell'ufficio politico di Hamas, “Ismail
Haniyeh”, che ha sede in Qatar, non a Gaza.
Tutte
le prove, tuttavia, sono che non era a conoscenza dell'attacco del 7 ottobre e
certamente non aveva alcun coinvolgimento operativo.
Mettendo
ulteriormente Hamas in una luce peggiore, Khan ha mosso più accuse contro i
suoi leader che contro quelli di Israele.
Ciò
includeva un'accusa radicata in una narrativa di spicco dell'establishment
occidentale:
che
gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza hanno subito sistematiche aggressioni
sessuali e torture.
Sembra
che ci siano poche prove che i dimostrano convincenti per questa accusa in
questa fase, a meno che Khan non abbia accesso a fatti di cui nessun altro
sembra essere a conoscenza.
Al
contrario, ci sono molte prove oggettive di palestinesi rapiti nelle strade di
Gaza e della Cisgiordania occupata e sottoposti ad aggressioni sessuali e
torture nelle carceri israeliane.
Questo,
tuttavia, non è sul foglio delle accuse contro Netanyahu o Gallant.
Khan
ha anche ignorato molti altri crimini di guerra israeliani che sarebbero facili
da dimostrare, come la distruzione di ospedali e strutture delle Nazioni Unite,
l'uccisione mirata di un gran numero di operatori umanitari e giornalisti, e il
fatto che il 70% del patrimonio immobiliare di Gaza è stato distrutto. Così è
stata resa inabitabile dalle bombe israeliane fornite dagli Stati Uniti.
Affrontare
Golia.
Nel
portare avanti la causa contro Israele, Khan sapeva chiaramente che stava affrontando
un Golia, dato il forte sostegno di Israele da parte degli Stati Uniti. Aveva
persino reclutato un gruppo di esperti legali affinché dessero la loro
benedizione, nella speranza che ciò potesse offrire una certa protezione dalle
ritorsioni.
La
giuria, che ha approvato all'unanimità le accuse contro Israele e Hamas,
comprendeva esperti legali come “Amal Clooney”, quanto di più vicino a una
superstar legale ha la comunità dei diritti umani.
Ma includeva anche “Theodor Meron”, ex autorità legale
del ministero degli Esteri del governo israeliano.
In
un'intervista esclusiva con “Christiane Amanpour” della” CNN”, spiegando il suo
ragionamento, “Khan” sembrava desideroso di prevenire gli attacchi imminenti.
Ha notato che un anonimo politico statunitense di alto livello aveva già
cercato di dissuaderlo dall'incriminare i leader israeliani.
Il pubblico ministero ha ipotizzato che dietro
le quinte venissero lanciate altre minacce.
La “Corte
Penale Internazionale”, gli è stato detto, è stata "costruita per l'Africa
e per i delinquenti come Putin" – una critica alla Corte che ha fatto eco alle denunce
a lungo mosse contro di essa dal Sud del mondo.
A
Washington, ci si aspetta che il CPI serva come nient'altro che un altro
strumento istituzionale dell'imperialismo statunitense.
Non è lì per sostenere appassionatamente il
diritto internazionale.
È lì
per far rispettare un "ordine basato sulle regole" degli Stati Uniti
in cui gli Stati Uniti ei loro alleati non possono sbagliare, anche quando
stanno commettendo atrocità o un genocidio.
L'inquadramento
prevedibilmente distorto dell'intervista di” Amanpour” – che Khan aveva bisogno
di spiegare e giustificare a lungo ciascuna delle accuse che aveva mosso contro
Netanyahu e Gallant, ma che le accuse contro i leader di Hamas erano evidenti –
è stato un indizio di ciò che la corte sta affrontando.
Il
procuratore della CPI ha chiarito che capisce fin troppo bene cosa c'è in gioco
se la CPI e la Corte Internazionale di Giustizia chiudono un occhio sul
genocidio di Gaza, come vogliono Israele e gli Stati Uniti.
Ha detto ad Amanpour: "Se non applichiamo
la legge allo stesso modo, ci disintegreremo come specie".
La
scomoda verità è che racconto disintegrazione, in un'era nucleare, può essere
più avanzato di quanto ognuno di noi si preoccupa di riconoscere.
Gli
Stati Uniti e il loro Stato cliente preferito non danno alcun segno di volontà
di sottomettersi al diritto internazionale.
Come Sansone, preferirebbero abbattere la casa
piuttosto che rispettare le regole di guerra stabilite da tempo.
Le
prime vittime sono gli abitanti di Gaza.
Ma in un mondo senza leggi, dove solo la forza
fa il bene, alla fine tutti noi saremo i perdenti.
Commenti
Posta un commento