Chi comanda in Europa?
Chi
comanda in Europa?
E se
l’Italia, a nome dell’Europa
divisa
sull’Ucraina, fermasse
Borrell
e Stoltenberg?
Msn.com
- HuffPost Italia – (30 – 08 -2024) – ci dice:
L’escalation
ribolle da quando l’Ucraina ha spostato parti della guerra dentro il confine
russo.
Inaspettatamente.
I governi europei non sono stati avvertiti.
Leggendo
l’articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera pare che la decisione sia
stata presa in solitaria da Zelensky insieme a un manipolo di persone fidate.
Nelle capitali europee crescono le perplessità
verso il comportamento del presidente ucraino.
La prima
è
l’allontanamento di ogni gesto di negoziato, in queste settimane avviato dal
Qatar.
La seconda
perplessità.
Quali sono gli obiettivi di Zelensky quando
sostiene che l’invasione della Russia è la carta da giocare in futuri incontri
di mediazione?
Terza.
Forse Zelensky è così ingenuo da immaginare
che Putin sarebbe rimasto lì a guardare l’invasione del territorio russo senza
muovere mezzi?
Quarta.
Si è innescato ancor più l’amor patrio
nazionalista russo, una leva quanto mai utile per mobilitare forze armate e
risorse.
Quinta,
l’affidabilità strategica di Zelensky. A chi
risponde? Con chi guida se non consulta gli stati della coalizione che lo
sorreggono?
La coalizione serve solo a inviare armi a
comando e denari senza alcun potere di intervenire sul leader ucraino?
Non
c’è stata ancora una discussione franca in Europa.
Solo pareri qua e là.
Nemmeno
reazioni al sostegno incondizionato dell’Unione Europea all’azione di Zelensky
definita difensiva.
È poco sbrigarsela con un comunicato stampa di
poche righe.
La NATO non ha proferito verbo sul tema ma
Stoltenberg ha detto che sono da intensificare gli aiuti a militare a Kiev.
A sostegno il Ministro degli Esteri uscente della
Commissione, Borrell che invita a rimuovere le restrizioni alle armi date a
Kiev.
Perché
queste azioni da armatevi e partite senza un minimo di consapevolezza del
pericolo che sta correndo il pianeta?
In
Italia vi sono prese di posizione arlecchino non legate da un filo logico che
consideri la necessità di ridefinire il format del conflitto ucraino.
Indicando un fine.
Una
fine probabile.
Il ministro degli Esteri Tajani afferma che non siamo
in guerra con la Russia, il ministro della Difesa Crosetto rileva che si
allontana la pace, il ministro Salvini è contrario all’invio di altre armi
all’Ucraina e a sinistra c’è un colpo al cerchio e uno alla botte, divisioni
marcate nel campo largo e nei singoli partiti come nel Pd.
In questo caos si rischia di perdere gli
highlights del ragionamento.
I principi e i presupposti che hanno guidato
l’Italia a sostenere l’Ucraina.
Che,
costituzionalmente, ha già abbondantemente concesso oltre i limiti (ampliamente
superati rispetto agli impegni sottoscritti all’inizio del conflitto).
La
Verità ha titolato
“Dopo il blitz cadono le ipocrisie.
Inviolabilità
territoriale, diritto internazionale e motivazioni del riarmo è tutto in
discussione”.
Le disquisizioni sull’utilizzo delle nostre
armi per invadere la Russia presentano un atteggiamento che va oltre il
tecnicismo giuridico.
Per toccare il focus di chi oggi ha il nucleo
strategico di comando della coalizione al sostegno dell’Ucraina.
Chi controlla se usa o no armi italiane per
invadere la Russia? Ma è altamente improbabile condurre di fatto una guerra
tirandosi fuori sull’uso di armi in fase di attacco.
O sei in
coalizione con impegni precisi comuni o si deve perentoriamente ridiscutere
tutto quanto.
Quello che ha detto Stoltenberg, intensificare invio
di armi a Kiev, vale anche per l’Italia o noi chiederemo a Zelensky il borderò
del loro utilizzo?
State
of the Union: la Russia risponde all'incursione ucraina a Kursk, la disputa
Ungheria-Ue sui... (Dailymotion).
E se
l’Italia prendesse una sana iniziativa per silenziare prima di tutto
Stoltenberg e Borrell, due personaggi con incarico scaduto, che fanno a gara
per spararla più in alto e allo stesso tempo fare una saggia “rémise en forme”
del sostegno all’Ucraina nel conflitto in corso?
Perché
il campo largo non adotta una risoluzione unitaria in Parlamento come futura
prova di governo?
Negli
altri Paesi europei si viaggia pressappoco a vista.
Assurdo
che su un tema così centrale per gli equilibri del Continente si abbozzi, ci si
volti da un’altra parte, si approcci ai temi interni di ogni paese.
La
Germania nell’annunciare il dimezzamento di aiuti all’Ucraina dispensa la scusa
dei tagli al bilancio federale (ma a Stoltenberg cosa rispondono?).
Dopo
aver marcato male nella strategia di sostegno alla coalizione (armi sì, no, su e giù) s’intende sposare la linea del
dimenticatoio.
Inconsapevoli
che oggi, ancor più di ieri, una soluzione al conflitto la deve trovare
l’Europa dopo che ci ha intruppato in una corsa su una strada senza ritorno.
Intanto
rispondendo ad una domanda semplice.
Perché
quando sembrano aprirsi spiragli di pace (anche un mese dopo l’inizio della
guerra c’era già un tavolo negoziale di pronta soluzione condotto dalla Turchia
fatto bruciare all’ultimo) c’è sempre un fattaccio, qualcosa di avventato, di
incontrollabile che fa saltare il banco?
E poi
ci vorrebbe una discussione limpida dentro la coalizione pro Ucraina sul domani
perché le uscite di Zelensky sono per lo meno leggermente discutibili.
Lasciateci
colpire Mosca in profondità, ha detto il leader ucraino.
Va per
proprio conto forte dell’adagio di comodo, usato dagli europei, la guerra andrà
avanti fino a quando lo riterrà opportuno l’Ucraina.
Segnate
dalla richiesta di più armi fino all’annuncio sul test del primo missile
balistico ucraino.
Che ci
vuole fare con questi missili?
Fino a
dove vuole spingersi?
Nel
paradosso più spinto quasi inverosimile siamo passati dal chiederci chi fermerà
Putin a chi fermerà Zelensky?
Ucraina,
cade F-16 Usa. Armi Stati Ue:
ogni
Paese deciderà da solo,
Fi
difende Tajani.
Lidentita.it
- Angelo Vitale – (30 Agosto 2024) – ci dice:
Ucraina
in primo piano, non solo per gli esiti quotidiani del conflitto che la oppone
alla Russia ma pure sulla questione dell’uso delle armi degli Stati Ue.
Ha
fatto rumore la notizia di un F-16 fornito dagli Stati Uniti alle forze armate
ucraine che è precitato lunedì durante un massiccio attacco missilistico russo.
Lo ha scritto il “Wall Street Journal” citando
funzionari americani e precisando che l’F-16” non è stato abbattuto dal fuoco
nemico”, ma si sarebbe trattato piuttosto di” un errore del pilota”.
Questa
settimana per la prima volta i militari ucraini hanno utilizzato gli F-16
americani per contrastare l’aggressione russa e per abbattere i missili
lanciati dai russi, come ha spiegato il presidente Volodymyr Zelensky.
“Ihor
Polishchuk”, sindaco della città di “Lutsk” nel nordovest dell’Ucraina, ha
detto che il pilota dell’aeronautica militare ucraina “Oleksiy Mes” è morto in
una missione di combattimento.
“Mes”
era uno dei primi piloti ucraini a essere addestrati all’uso di un F-16, spesso
era stato intervistati dai media e si era recato a Washington per cercare di
convincere gli Stati Uniti a inviare caccia da combattimento in Ucraina.
La
notizia della distruzione di uno dei pochi F-16 che l’Ucraina ha ottenuto dagli
Stati Uniti è stato un duro colpo per Kiev, che aveva chiesto per mesi la
consegna degli aerei prima che il presidente americano Joe Biden desse il via
libera.
Il 4
agosto Zelensky aveva annunciato che il primo degli 80 F-16 promessi era
arrivato in Ucraina.
Un
clamore che si è intrecciato alla mancata decisione univoca Ue sull’uso delle
armi degli Stati membri da parte delle forze ucraine, nel quadro generale ove è
divenuto centrale il ruolo dell’Unione europea al fianco del Paese invaso dalle
truppe di Putin.
L’Unione Europea è profondamente divisa su
questa questione cruciale, dibattuta da mesi registrando il pressing di
Zelensky per un via libera.
L’Italia
e l’Ungheria hanno espresso un netto rifiuto, impedendo così un consenso
collettivo che pure era stato richiesto dall’alto rappresentante dell’UE, Josep
Borrell, durante il Consiglio.
Prima
della riunione informale dei ministri degli Esteri della Ue svolta ieri a
Bruxelles, Borrell si era detto favorevole a questa ipotesi:
” Le
armi che abbiamo dato all’Ucraina devono essere pienamente utilizzabili e le
restrizioni devono essere rimosse per permettere agli ucraini di prendere di
mira i luoghi da cui partono gli attacchi russi. Altrimenti le armi sono
inutili”.
Poi,
ha dovuto convenire sulla decisione che ogni scelta sarà adottata singolarmente
dagli Stati membri.
Circostanza
che in Italia ha sollevato polemiche dell’opposizione all’indirizzo della
mancata decisione univoca Ue sotto l’influenza dell’Italia.
Posizione
del vicepremier Antonio Tajani che invece è difesa da Forza Italia:
“Un
vero peccato che molti esponenti della sinistra ignorino le norme e le regole
internazionali, dovrebbero informarsi meglio e studiare di più.
Altro
che isolamento dell’Italia, gli incontri del ministro Tajani con “Ursula von
der Leyen” e “Mestola” dimostrano l’esatto contrario, come lo dimostra anche la
perfetta sintonia con il Segretario di Stato americano “Blinken” per quanto
riguarda la difesa dell’Ucraina e il cessate il fuoco a Gaza”.
Trieste,
Crocevia di Intrighi
Internazionali.
Conoscenzealconfine.it
– (30 Agosto 2024) - Paolo Spiga – ci dice:
Come
mai è totalmente calato il sipario sulle misteriose e, soprattutto, altamente
rischiose attività del Biolaboratorio di Trieste?
La
“Voce” puntò i riflettori su quelle ricerche avvolte nel più completo segreto
esattamente due anni fa, ad agosto 2022.
Si
scatenò un dibattito cittadino, diverse associazioni pacifiste scesero sul
piede di guerra, vennero organizzate alcune manifestazioni di protesta.
Poi, man mano, il silenzio, una calma piatta
che non rassicura affatto.
Pochi
mesi dopo altre bagarre per un biolaboratorio simile a Pesaro, addirittura con
l’ok del sindaco PD.
I cittadini reclamano spiegazioni, protestano,
ne chiedono la chiusura (così come era successo a Trieste) ma niente.
Tutto
prosegue nella più perfetta tranquillità, come se nulla fosse.
Nessuna
notizia, una letterale cortina fumogena che oscura completamente
“l’informazione”, quella poca rimasta ormai come merce rara, praticamente
‘introvabile’ in Italia.
Paese
dove pascolano liberamente e abbondantemente eserciti di bufale, gossip e
colossali fake news.
Adesso
Trieste torna alla ribalta, per via di un summit, altrettanto misterioso e
coperto da una “scientifica” cortina di silenzio, sul bollente scenario
geopolitico e le nuove strategie che Usa e NATO stanno introducendo per dare
una “sterzata vincente” al conflitto, soprattutto quello ucraino, ma certo non
solo.
Inquietante
il parterre di chi lo ha appena organizzato:
non
solo NATO (nelle cui ovattate stanze proprio in questi giorni è in atto il
passaggio di consegne per la poltrona di Segretario generale tra il norvegese
Jens Stoltenberg e l’ex premier olandese Mark Rutte), ma anche lo strategico “Atlantic
Council”, alcuni vertici delle forze armate di
casa nostra e perfino alcuni massoni, non si sa bene a quale titolo e con quale
ruolo (osservatori o che?).
Il
tema al centro del recentissimo dibattito triestino è, per la precisione, “La
militarizzazione del porto di Trieste”.
Da far
venire i brividi lungo la schiena.
Ma
riavvolgiamo il nastro e partiamo da due anni fa.
In un battibaleno, tra maggio e giugno 2022,
ecco il blitz, all’insaputa di tutti e nella più totale riservatezza
politico-militare.
Viene
infatti raggiunto un accordo tra il nostro governo e un fantomatico “Centro internazionale per
l’ingegneria genetica e le biotecnologie” (ICGEI) per attivare a Trieste un
“Centro”, che va a far compagnia ad un’altra sessantina sparsi per il mondo, i
più significativi e New Delhi e Città del Capo.
I
finanziamenti, per tali attività, vengono stanziati – guarda caso – dalla
onnipresente “Bill & Melinda Gates Foundation”, da “The New England Biolab
Inc.” e da “Genethon”.
Della
prima, controllata dal fondatore di Microsoft, abbiamo scritto decine e decine
di volte, per le sue acrobatiche performance in mezzo mondo:
dai fondi serviti per il lancio, nel 2010,
della allora piccola strat up “Moderna”, in un decennio diventata, con
“Pfizer”, la regina del vaccino anti-Covid;
alle
ingentissime donazioni-finanziamenti a favore della sempre più strategica e
invasiva “Organizzazione Mondiale della Sanità”, che hanno proiettato la “Gates
Foundation” addirittura al secondo posto a livello internazionale, solo dietro
gli Stati Uniti.
Torniamo
al progetto” ICGEI” per il capoluogo giuliano.
Quell’accordo
è diventato subito legge, la numero 66 del 19 maggio 2022, che contiene una
serie di norme davvero ai confini della realtà e, secondo non pochi, del tutto
anticostituzionali.
Partiamo
dall’articolo 7 che così sentenzia: “Il Centro è inviolabile e i suoi beni
godono di immunità di giurisdizione”.
Un
ottimo inizio.
Al
comma 3, viene inderogabilmente stabilito: “Nessun funzionario del governo o
chiunque esercitante una funzione pubblica sul territorio della Repubblica
italiana può entrare nella sede del Centro, senza il consenso del Direttore e
alle condizioni approvate dalla Direzione”.
Un
inviolabile Moloch.
Il “Mega
Direttore generale”, tanto per saperlo subito, è un britannico, “Lawrence Banks”,
microbiologo di “Leeds.
Trapelano
solo alcuni tra i temi-base delle ricerche effettuate nel Centro triestino: “controllo dell’espressione genica;
replicazione del DNA; elaborazione dell’RNA: studi su HIV, HPV, rotavirus;
immunologia nucleare; terapia genica umana…”.
Ma
anche temi più terra terra come “biomedicina, biofarmaci, pesticidi, biocarburanti“, tanto per gettare un po’ di fumo
negli occhi.
In
buona sostanza, ricerca più ricerca meno, tutto quello che veniva effettuato,
fino a dicembre 2019 in totale “tranquillità”, nel famigerato laboratorio di “Wuhan”
dal quale era “fuggito” il Coronavirus;
e
quelle ricerche dell’Istituto cinese di Virologia sono state finanziate dagli
USA, per la precisione dall’altrettanto famigerato “National Institute for Allergy and
Infectiouse Deseases” (NIAID) guidato ininterrottamente per 40 anni tondi (1982-2022) dal Super Virologo che ha affiancato ben
7 presidenti Usa,” Anthony Fauci”, oggi sotto inchiesta – per quella fuga
“criminale” e per i fondi stanziati – a causa delle inchieste avviate da due
procuratori a stelle e strisce (della Louisiana e del Missouri) e da una Commissione sul Covid istituita dal
Congresso Usa.
Quindi,
nella nostra Italia, dopo quella popò che è successo a Wuhan più di due anni
prima, ci azzardiamo a piazzare un Centro del genere?
Senza
alcun controllo?
Senza
che alcuno possa ficcarvi il naso?
Fuori
da ogni giurisdizione, quindi al di sopra di ogni legge?
Ah,
dimenticavamo l’ultima chicca.
Lo conoscete un altro gentile cadeau che il
nostro Governo – sempre nella “merda” sul fronte dell’evasione fiscale – ha
pensato bene di elargire al Centro finanziato da quei colossi della finanza?
Bene:
non paga tasse, per legge è esentato da ogni obbligo fiscale.
Incredibile ma vero.
Abbiamo
cercato news, ultime notizie, novità in rete, se ci sono proteste, se qualcuno
in Parlamento ha alzato un mignolo per dire qualcosa.
Niente,
zero assoluto.
Tutti d’amore e d’accordo, maggioranza e
opposizione, per occultare, nascondere, negare ai cittadini anche lo straccio
di una notizia.
Vergogna.
Per
questo motivo non ci resta che invitarvi a rileggere il pezzo messo in rete
dalla Voce esattamente due anni fa, il 26 agosto 2022, ed anche l’articolo
pubblicato il 20 marzo 2023.
Eccoci,
infinte, al fresco summit in perfetto stile militare per preparare Trieste al
futuro scontro mondiale.
I
protagonisti, a quanto pare, hanno affrontato, tra gli altri, un tema da non
poco: vale a dire l’alternativa a quella terrificante “Via della Seta” che
avrebbe favorito le mire degli odiati cinesi e dei paesi uniti nell’asse del
“male”, vale a dire i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), in
forte e molto pericolosa espansione, sia sotto il profilo numerico (le nuove
adesioni) che della sua influenza politica, economica e commerciale.
Ecco
invece una bella idea nuova di zecca:
la “Via del Cotone”, che raccoglie già l’ok di Stati
Uniti, of course, della sempre scodinzolante Unione Europea, guarda caso di
Israele e riguarda caso anche di Arabia Saudita ed Emirati Arabi, i gendarmi
del Golfo.
Il
progetto prevede la creazione di due maxi infrastrutture, una ferroviaria e
l’altra portuale.
I
colossali finanziamenti? No problem:
ci
sono a totale disposizione due veri pozzi di San Patrizio:
il “Global Infrastructure and Investment”
creato dal “G7” nel 2002 e il “Global Gateway” griffato “UE”.
Per
maggiori ragguagli, vi proponiamo la lettura di un dettagliato intervento
firmato da” Lorenzo Maria Pacini”, professore associato in Filosofia politica e
Geopolitica alla “Uni Dolomiti” di Belluno, esperto in Analisi strategica,
Intelligence e Relazioni internazionali nonché collaboratore della autorevole
“Strategic Culture Foundation”.
Il
pezzo è pubblicato sia sul sito della Fondazione che, il 22 agosto, “Come don
Chisciotte”, ha titolato: Cosa diavolo sta succedendo a Trieste?
“Paolo
Spiga.”
(lavocedellevoci.it/2024/08/25/trieste-crocevia-di-intrighi-internazionali/).
Chi
comanda in Europa?
Thewatcherpost.it
– (15 Gennaio 2024) - Gianni Pittella – ci dice:
Chi
comanda in Europa?
Non
c’è dubbio che nel passato il motore della integrazione europea è stato l’asse
franco tedesco, sovente con il contributo importante dell’Italia.
Nel
pantheon dei costruttori europei troviamo non a caso Kohl e Mitterand, Colombo,
Delors, Monnet e Spinelli, e nei tempi più recenti la Merkel, Macron e Draghi.
Ma
oggi il panorama geopolitico della Unione Europea è profondamente mutato. Le
leadership di Francia e Germania sono obiettivamente più deboli anche a causa
delle situazioni interne ai rispettivi Paesi.
Il
Cancelliere Scholz appare politicamente infiacchito dallo scarso gradimento da
parte della opinione pubblica rispetto alla coalizione che guida.
E
Macron ha da poco dovuto cambiare il primo ministro ed è bersagliato dalle
insidie della sinistra e della destra di Lepen.
In
Italia è difficile immaginare che la Premier Meloni possa assurgere ad un ruolo
di avanguardia in sede europea per la storica cultura scettica per usare un
eufemismo sia perché la sua idea di Europa è al più una idea intergovernativa,
non già comunitaria.
E poi
la Presidente del Consiglio italiana è insidiata reiteratamente dall’aperto
antieuropeismo di Salvini che lei fronteggia, come è avvenuto sul MES,
occupando il medesimo spazio, non lasciando al leader leghista il monopolio
dell’anti-Bruselles.
D’altra
parte in Spagna e Portogallo i due leader socialisti Sanchez e Costa, sia pure
in situazioni e per ragioni diverse, sono alle prese con criticità politiche
non trascurabili.
E
dall’Est europeo arrivano segnali non univoci:
la
vittoria di Tusk in Polonia segna indubbiamente un punto a favore delle
posizioni pro europee, ma il blocco non è unito in primis per la presenza
invasiva e aggressiva del premier ungherese Orban che ha posto in discussione
persino la continuità degli aiuti europei alla Ucraina.
In
questo quadro di movimento ha assestato una spinta poderosa la decisione
dell’attuale presidente del Consiglio Europeo, Michel, di candidarsi alle
prossime elezioni europee, che aprirebbe le porte all’assunzione del suo ruolo
da parte dello stesso Orban, sia pure per un periodo transitorio fino alla
elezione del nuovo Presidente.
Può
questa situazione sfilacciata dei leader di Governo portare ad un ulteriore
indebolimento della UE dopo le elezioni?
Può essere!
Ma la
riduzione del peso e del comando intergovernativo può anche portare ad un
rilancio della dimensione federale che significa in sostanza che un Parlamento
Europeo popolato da energie autorevoli e determinate, una Commissione Europea
che rafforza il suo ruolo di proposta e di ricerca delle intese tra Parlamento
e Consiglio, sulla scia della esperienza di Delors e della stessa positiva
azione della Von Der Leyen, possono diventare i motori comunitari della
integrazione.
Questo è, naturalmente, il mio auspicio.
CHI
COMANDA IN EUROPA? DI SICURO NON LA DUCETTA –
L’EDITORIALE
AFFILATO DELLA RUBRICA “CHARLEMAGNE” DI “THE ECONOMIST” SUL VUOTO DI POTERE A
BRUXELLES:
“LA
SIGNORA MELONI HA AVUTO UN BREVE PERIODO COME PRESUNTO ‘KINGMAKER’.
MA I
PARTITI POLITICI DI CENTRO HANNO FATTO ABBASTANZA BENE DA POTER (PROBABILMENTE)
FARE A MENO DEL SUO APPOGGIO, RIDUCENDO LA SUA IMPORTANZA…” –
ALLA
FINE L’UNICO A GODERE SARÀ IL PUTINIANO ORBAN, CHE DAL 1° LUGLIO HA LA
PRESIDENZA DI TURNO DELL’UNIONE...
Dagospia.com - “Charlemagne” – “The Economist”-
(24 giugno 2024) – ci dice:
Per diversi anni, all'inizio degli anni '90,
“Deng Xiaoping” ha guidato la Cina, pur non avendo alcun titolo formale se non
quello di “Presidente Onorario dell'Associazione Cinese del Bridge”.
L'Unione
europea di oggi è all'incirca l'opposto:
un
luogo pullulante di presidenti, ma nessuno al comando.
Un
inaspettato vuoto di potere si è abbattuto sul continente nel bel mezzo di una
guerra in corso, di un conflitto commerciale con la Cina e di un'elezione
snervante in America.
Sia a
Bruxelles che nelle capitali nazionali, chi dovrebbe prendere le decisioni è
impegnato in altro modo, di solito con le loro difficoltà interne.
Qualcuno - qualcuno - può farsi avanti per
guidare l'Europa?
Da
tempo è difficile capire chi chiamare se si vuole parlare con l'Europa.
Ma
questo è uno dei suoi punti di forza.
Nei
secoli passati, per stabilire chi avesse il sopravvento sul continente si
doveva misurare quali truppe avessero fatto più breccia nel territorio dei
vicini (spesso la Germania).
Dopo
la seconda guerra mondiale, quando i combattimenti hanno lasciato il posto alle
riunioni dell'UE convocate per discutere il formato delle future riunioni
dell'Unione, la domanda "Chi governa l'Europa?"
Di
solito ha dato luogo a una risposta cacofonica.
Ai federalisti piace pensare che siano i
leader delle principali istituzioni del blocco a Bruxelles.
I
britannici hanno sempre sospettato che fosse l'asse franco-tedesco, che non
sono mai riusciti a spezzare.
I francesi pensano che l'UE sia guidata, per
natura, dai francesi;
i
tedeschi stanno consapevolmente nell'angolo, felici di lasciarglielo credere.
Nazionalisti
come l'ungherese Viktor Orban o l'italiana Giorgia Meloni sono certi che sia
arrivato il loro momento, visto il recente spostamento a destra delle elezioni
europee.
I membri del Parlamento europeo sono
irremovibili: dovrebbero essere loro.
La
risposta corretta è in continuo mutamento e i giornalisti a Bruxelles sono
sempre occupati.
Ahimè,
tutti i leader potenziali sono al momento in bilico.
Il
leader europeo più rapidamente svilito è Emmanuel Macron.
Quando
è stato rieletto alla presidenza francese due anni fa, si è presentato come il
portabandiera dell'Unione.
Si
trattava di un leader nazionale di un grande Paese orgoglioso di stare davanti
alla bandiera dell'UE, sempre pronto a esprimersi (spesso a lungo) sul futuro
dell'Europa.
Che la
sua popolarità in patria si affievolisse e intaccasse la sua credibilità nei
circoli dell'UE era prevedibile.
Ma la
sua convocazione di elezioni parlamentari lampo, previste per il 30 giugno e il
7 luglio, ha sollevato la prospettiva di una "coabitazione"
disordinata tra Macron e un primo ministro di un partito rivale, probabilmente
di destra.
Che ne
sarà dell'Europa?
Nessuno
lo sa con certezza, vista l'evoluzione dell'UE dal 1997-2002, quando la Francia
si è divisa per l'ultima volta i posti di comando.
Anche
se il presidente manterrebbe la sua sfera di competenza sugli affari esteri e
continuerebbe a partecipare ai vertici dei leader europei, questa è solo una
parte della storia.
La
legislazione dell'UE viene elaborata nelle riunioni dei ministri, alle quali
parteciperebbero i rappresentanti francesi della squadra rivale.
La
Francia sembra destinata a esportare il suo immobilismo interno a livello
continentale, anche prima delle elezioni presidenziali del 2027.
Chi può raccogliere il mantello di Macron?
Di solito ci si aspetta che sia il cancelliere
tedesco a farsi avanti.
Ma
quello attuale, “Olaf Scholz”, non ha l'attaccamento viscerale del suo omologo
francese all'UE.
La
supervisione di una coalizione disordinata a Berlino ha reso difficile agire
con decisione a Bruxelles.
Tutti
e tre i partiti al governo sono stati massacrati alle recenti elezioni europee.
Nei prossimi mesi, una lotta disordinata sui
tagli di bilancio metterà ulteriormente alla prova la stabilità del governo.
Presto
l'attenzione si sposterà sulle elezioni federali del prossimo anno.
Molti
leader nazionali hanno tentato di rompere l'asse franco-tedesco;
aggiungere
un terzo partito a una coppia litigiosa ha un certo sapore europeo. Finora non
ha funzionato nulla.
Ci si aspettava che la Polonia, il più grande
Paese dell'Europa centrale, trasformasse il duo franco-tedesco in un triangolo
di leadership.
Ma
Donald Tusk, il suo nuovo leader, deve ancora lavorare per recuperare
l'apparato statale dall’operato dei suoi predecessori di destra.
Gli
olandesi avevano un leader esperto come Mark Rutte, che però sembra destinato
ad assumere la guida della NATO.
La
signora Meloni ha avuto un breve periodo come presunto "king maker"
nell'UE, il cui sostegno potrebbe essere necessario per installare una nuova
squadra di leader per le istituzioni centrali del blocco dopo le elezioni
europee del 9 giugno.
Ma i
partiti politici di centro hanno fatto abbastanza bene da poter (probabilmente)
fare a meno del suo appoggio, riducendo la sua importanza.
Quando
la leadership si allontana dalle capitali nazionali, di solito ci si può fidare
della macchina dell'UE a Bruxelles per tentare una presa di potere.
Non ora: i capi delle istituzioni del blocco,
in particolare la Commissione europea che agisce come braccio esecutivo, stanno
per terminare il loro mandato.
Il 17 giugno, i 27 leader nazionali dell'UE si sono riuniti
a cena per nominare tre "presidenti" (il termine è usato in modo poco
chiaro a Bruxelles) per guidare la Commissione, presiedere le riunioni dei
leader dell'UE e presiedere il Parlamento.
Ci si aspettava che dessero il via libera a “Ursula
von der Leyen” per un altro mandato di cinque anni alla guida della
Commissione.
Ma
l'accordo si è rivelato stranamente elusivo.
Molto probabilmente sarà nominata quando i
leader si riuniranno nuovamente il 27 giugno.
Ma anche se il Parlamento la appoggerà il mese
prossimo - cosa non ancora garantita - la signora” von der Leyen” passerà gran
parte del resto dell'anno a contrattare con le capitali nazionali e gli
eurodeputati per costruire una squadra di commissari.
Chi
chiamera’?
Viktor
Orban!
MAKE EUROPE
GREAT AGAIN - LO SLOGAN DI VIKTOR ORBAN PER IL SEMESTRE DI PRESIDENZA UNGHERESE
DELL UE.
Quando
tutto il resto fallisce, si può contare su un'ultima figura di riferimento per
l'UE:
chi
guida il Paese che detiene la "presidenza" semestrale a rotazione del
Consiglio, dove i governi nazionali contrattano.
La
fortuna vuole che dal 1° luglio il compito spetti a nientemeno che a Orban.
L'irascibile
primo ministro ungherese è la bestia nera dell'UE, sempre pronto a soccorrere
la Russia o a sostenere i guerrieri culturali euroscettici.
Il 18 giugno ha presentato il nuovo slogan del
Consiglio:
"Make
Europe Great Again".
Sembra
un piano, se solo ci fosse qualcuno in grado di attuarlo.
Il
vertice Nato che serve agli Usa
per
ribadire chi comanda.
Anche
in Ue.
Notiziegeopolitiche.net
- Enrico Oliari – (10 Luglio 2023) – ci dice:
Erdogan,
'se la Svezia nella Nato, la Turchia nell'Ue'.
Nonostante
non si veda la fine del conflitto e la controffensiva introdotta da Kiev
arranchi, gli Usa, padroni di fatto della Nato, intendono proseguire con
l’allargamento dell’alleanza militare inglobando Ucraina e Georgia, com’era
stato stabilito al vertice di Bucarest del 2008.
Due
paesi ex sovietici e che hanno lunghi confini con la Russia, per quanto sia
palese che il feticismo del nemico pubblico numero uno serva soltanto da
paravento all’enorme affare della compravendita di armi, che vede gli Usa primi
produttori con 750 miliardi di dollari all’anno.
Così,
mentre i paesi vengono rasi al suolo, i civili uccisi e le economie del pianeta
distrutte, al di là dell’oceano, cioè ben lontano dal conflitto, l’economia
resta in piedi anche grazie all’industria bellica, che necessita costantemente
di almeno una guerra per funzionare.
Fatto
sta che il “vertice Nato di Vilnius” sa già di autocelebrazione di un programma
già scritto, per quanto il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa
Bianca “Jake Sullivan” abbia mostrato una certa prudenza affermando che “L’Ucraina non entrerà nella Nato
come risultato del prossimo vertice dell’Alleanza Atlantica a Vilnius, ma il
summit sarà un importante passo nel cammino dell’Ucraina verso la Nato”.
Costi
quel che costi, insomma, anche se il rischio di riportare l’Europa in un
conflitto su ampia scala appare tutt’altro che remoto dal momento che il
presidente russo Vladimir Putin difficilmente potrà permettersi la minaccia
perpetua di basi della Nato lungo i 1576 km di confine con l’Ucraina.
Nato
che, è bene ribadirlo superando i proclami e le frasi fatte, è un’alleanza di
carattere militare e che con la pace e il mantenimento della pace non ha nulla
a che fare.
Più
realista del re, anzi del sultano, è stato il presidente turco Recep Tayyp
Erdogan, il quale ha incontrato il collega ucraino Volodymyr Zelensky
(puntualmente in maglietta militare, manco fosse lui in prima linea):
nel marasma rappresentato dal groviglio dei
neuroni cerebrali di Joe Biden ha cercato di portare a casa risultati concreti,
a cominciare dal clamoroso ricatto a Bruxelles:
se la
Nato vorrà il “sì” della Turchia all’adesione della Svezia, la Turchia dovrà
entrare nell’Unione Europea.
Erdogan sa benissimo che, al di là della farsa
delle elezioni europee, a comandare nell’Ue è sempre la Casa Bianca, per cui
sta cercando di portare a casa quanto più possibile, magari facendosi passare
come angelo della pace (lui, che bombarda i curdi persino in Siria e in Iraq!)
e garantendo che se i russi non rispetteranno l’accordo sul grano, saranno le
navi turche a scortare i carichi ucraini.
E
visto che c’era, da uomo di pace ha messo sul tavolo fabbriche di droni turchi
in Ucraina.
Il
cuore del problema, cioè la fine delle ostilità, al momento sembra non
interessare a nessuno:
dopo
la decisione dell’Unione Europea di rinunciare al suo ruolo di pacificatore
schierandosi nel conflitto e rifornendo l’extracomunitaria Ucraina di soldi e
di armi con costi esorbitanti per gli europei a causa della chiusura del
mercato russo, gli Usa continuano ad alzare la posta giocandosi il carico e di
conseguenza portando la Russia a fare altrettanto.
Biden ha infatti deciso l’invio di bombe a
grappolo, proibite dalla convenzione Onu e nell’Unione Europea.
D’altronde
se si producono, da qualche parte vanno usate…
Usa.
Trump, Harris e l’immigrazione:
molta
politica, poca famiglia.
Notiziepolitiche.net
- Domenico Maceri – (31 Agosto 2024) – ci dice:
“Quando
il Messico ci manda la sua gente non mandano i loro migliori elementi…. ci
mandano gente con molti problemi… portano droga, portano crimini e sono
stupratori, e alcuni, immagino siano anche brava gente”.
Con
queste parole Donald Trump iniziò la sua prima campagna presidenziale nel 2015.
La sua linea non è cambiata, ma i suoi
attacchi recenti ai migranti includono tanti altri Paesi oltre al Messico.
Secondo
il tycoon i migranti arrivano tutti da “insane asylums” (manicomi).
Non si sa perché Trump usi “asylum”
aggiungendovi “insane”.
Alcuni
hanno ipotizzato che lui non capisca la parla “asylum”, asilo politico
richiesto dai nuovi arrivati e lo abbia colorato in maniera da renderlo
peggiorativo.
La
retorica sui migranti è cambiata poco per Trump che lui ha usato per ottenere
consensi alle urne.
Difatti le sue asserzioni costanti
“sull’invasione” dal confine sud del Paese funzionano e hanno spinto Joe Biden
e Kamala Harris a spostarsi a destra.
In ciò sono stati influenzati dai sondaggi che
vedono l’immigrazione come uno dei tre temi più importanti (economia 38%,
aborto 16%, immigrazione 11%).
Altri sondaggi ci confermano che la retorica
di Trump sul caos al confine col Messico sta funzionando.
Il 61%
degli americani crede che gli Usa non abbiano controllo sulle frontiere, mentre
solo il 28% crede il contrario.
Trump
sarebbe avanti nei sondaggi come capace di risolvere i problemi al confine col
Messico (Trump 53%, Harris 45%).
In
sintesi le aspre vedute sull’immigrazione del candidato repubblicano sarebbero
preferite a una linea più moderata della candidata democratica.
E le
misure proposte da Trump sono veramente aspre.
Includono
la più grande deportazione di massa degli 11 milioni di residenti senza
autorizzazione di residenza legale.
Il candidato repubblicano ha sparato grosso,
ma la sua proposta sarebbe inclusa in dettaglio nel Progetto 2025 secondo cui
la Guardia Nazionale verrebbe militarizzata con ampi poteri di individuare
coloro senza diritto di essere nel Paese, conducendo raid in scuole, ospedali,
chiese e cantieri.
L’implementazione potrebbe essere difficile da
realizzare, poiché i datori di lavoro si ribellerebbero, com’è avvenuto nei
campi di agricoltura.
Nel
1998, per esempio, agenti della “Immigration and Naturalization Service” (INS),
le autorità di immigrazione, visitarono senza preavviso dei campi di cipolle in
Georgia, causando una ribellione da parte dei datori di lavoro.
Dopo l’intervento di un parlamentare
repubblicano che protestò asserendo “l’evidente mancato rispetto” per gli
agricoltori i raid vennero sospesi.
Non si poteva accettare che le cipolle marcissero.
Dopotutto
il business è business.
“Kamala
Harris” ha riconosciuto che l’immigrazione rappresenta un punto debole, ma lei
è riuscita a colpire Trump facendo notare giustamente che lui non si interessa
a risolvere i problemi del Paese, dando priorità ai suoi interessi personali.
Nel
mese di febbraio di quest’anno, infatti, il Senato americano approvò una legge
che avrebbe dovuto fare piacere a Trump poiché era stata sponsorizzata da
senatori ultra conservatori anche se sostenuta da voti democratici.
La
legge avrebbe ampliato il numero delle detenzioni al confine se i numeri
aumentassero, stanziato fondi per ingrandire il numero di agenti alla frontiera
e investire su apparecchiature tecnologiche per catturare i trafficanti di
droga.
Trump
però silurò la legge, minacciando i parlamentari repubblicani.
Mike
Johnson, speaker della Camera, non sottomise la legge al voto.
La
Harris ha detto nel suo discorso alla Convention Democratica che lei da
presidente riproporrebbe la legge e eventualmente la firmerebbe.
In
tutte le discussioni sull’immigrazione Trump ha sottolineato gli aspetti
negativi. Ciononostante quando si discute la situazione degli undici milioni di
immigrati senza diritto di residenza legale un altro quadro emerge.
Il 59 percento degli americani concederebbe a
questi individui il diritto di rimanere negli Usa.
Questa
cifra include anche il 32 percento di sostenitori di Trump.
Inoltre
un altro sondaggio indica che il 68 percento degli americani favorisce la
cooperazione di legislatori repubblicani e democratici per regolarizzare lo
status dei “dreamers”.
Questi
“sognatori” sono giovani portati da bambini negli USA dai loro genitori senza
permessi legali.
Sono
infatti visti come americani a tutti gli effetti poiché gli Usa è l’unico Paese
che veramente conoscono.
Sembra
strano che né i repubblicani né i democratici abbiano già approvato una legge
che regolarizzi la loro situazione considerando il fatto che avrebbe
l’approvazione della stragrande maggioranza degli americani.
E i genitori e gli altri familiari di questi
“dreamers”?
Dopotutto
non vivono da soli e hanno famiglie.
Separarli
dai parenti, deportando alcuni, e lasciando altri nel Paese sarebbe crudele.
Le
famiglie sono importanti, almeno è quello che si sente dire dai due partiti.
Non
tanto da Trump, però.
Come
si sa, la madre di Trump era nata in Scozia e quindi anche lui ha radici in
altri Paesi.
Da
aggiungere che la sua prima moglie Ivana e la terza Melania sono nate in altri
Paesi, la prima in Cecoslovacchia e la seconda in Slovenia.
A differenza di Trump, però, la Harris non
tace sulle origini dei suoi genitori.
Come
si sa, il padre nacque in Giamaica e la madre in India.
I due
si conobbero a Berkeley, in California, e lei ha parlato a lungo di loro,
specialmente della madre, la quale si è incaricata da sola della sua crescita
dopo il divorzio dei genitori.
Questi
aspetti famigliari vengono messi in secondo piano e allo stesso tempo quasi
nulla viene menzionato in campagna elettorale sui contributi degli immigrati
alla storia del Paese.
Trump,
in particolar modo, si concentra sugli aspetti negativi che gli interessano per
segnare gol politici, mantenendo la situazione nelle notizie, senza nessun
tentativo di risolverla.
La
tematica dell’immigrazione irrisolta fa piacere a Trump e lui non ha nessuna
intenzione di perdere una delle carte vincenti.
Nella
campagna elettorale del 2016 Trump promise che una volta eletto presidente
avrebbe costruito il muro al confine col Messico.
Sarebbe stato un “grande muro” e non sarebbe
costato molto.
Promise
anche che il Messico avrebbe pagato le spese.
Difatti fu una delle sue promesse non
mantenute.
Meglio
continuare a tenere l’immigrazione senza soluzioni e convincere gli elettori
poco informati, la cui memoria è troppo breve, che lui risolverà i loro
problemi. Difatti, cercherà di risolvere i propri problemi, non quelli degli
americani.
(Domenico Maceri, PhD, è professore
emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi
articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.)
Ue.
Tensioni e divisioni sulle forniture
di
armi all’Ucraina. E alla Polonia
sono
finiti soldi e scorte.
Notiziegeopolitiche.net – (30 Agosto 2024) -
Giuseppe Gagliano e Enrico Oliari – ci dicono:
Il
sostegno militare all’Ucraina sta diventando sempre più oneroso per i governi
occidentali.
I volumi e il numero di prestiti finanziari
concessi a Kiev stanno diminuendo costantemente, poiché i “partner” occidentali
si mostrano riluttanti a perdere denaro sottraendoli da altri capitoli di
spesa.
Parallelamente
i programmi di assistenza militare si riducono a causa dell’esaurimento delle
riserve.
In questo contesto il ministro della Difesa
polacco, “Wladyslaw Kosiniak-Kamysh”, ha recentemente dichiarato che Varsavia
non è attualmente in grado di fornire all’Ucraina l’aiuto richiesto dal
presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Secondo
“Kosiniak-Kamysh”, la Polonia non dispone più di armi eccedenti da inviare.
“Abbiamo dato tutto ciò che potevamo
dare all’Ucraina”, ha affermato il ministro.
“Il
governo polacco ha donato attrezzature per miliardi di dollari all’Ucraina.
Questo è tutto ciò che potevamo offrire.”
Questa dichiarazione sottolinea la posizione
di Varsavia, la quale si trova ora in una situazione di stallo fino a quando
non riceverà i caccia F-35 promessi, previsti non prima del 2026.
Senza
questi aerei la Polonia non può fornire all’Ucraina i caccia MiG-29 richiesti
da Zelensky.
A
complicare ulteriormente la situazione il primo ministro polacco Donald Tusk ha
dichiarato che la Polonia non sta abbattendo missili e droni russi a causa
delle difficoltà nel distinguere rapidamente tra un drone militare e un oggetto
civile.
Inoltre
Tusk ha espresso dubbi sul fatto che ci sia stata realmente una violazione
dello spazio aereo polacco il 26 agosto.
Queste
dichiarazioni mettono in luce le crescenti difficoltà economiche e logistiche
che l’occidente sta affrontando nel sostenere l’Ucraina.
Anche
i paesi storicamente più ostili alla Russia stanno esaurendo le risorse
disponibili per fornire denaro e armi alle forze armate ucraine.
Questa
situazione solleva interrogativi crescenti tra i conservatori occidentali:
vale la pena continuare a sostenere l’Ucraina?
In un
contesto geopolitico sempre più complesso, la diminuzione del supporto militare
da parte della Polonia, considerata un alleato chiave dell’Ucraina, potrebbe
avere ripercussioni significative non solo per il conflitto in corso, ma anche
per l’equilibrio delle alleanze e delle relazioni internazionali nella regione.
La
Polonia non è il primo paese a lamentare problemi con le forniture di armi,
nonostante il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sia onnipresente in ogni
consesso per ottenere sempre più mezzi e munizioni, ieri a Bruxelles con i
ministri degli Esteri dell’Ue c’era l’extracomunitario ministro ucraino “Dmytro
Kuleba”.
Le
armi costano e ingrassano i produttori, innanzitutto quelli statunitensi,
costringendo i governi subalterni, cioè quelli alleati, a comprare armi nuove e
a voli pindarici per tagliare la spesa pubblica incontrando il malcontento
popolare.
Già in
Italia si sta parlando di un aumento dell’età pensionabile, nonostante le
promesse dei leader di governo quando erano all’opposizione.
In
questo quadro il belligerante “Josep Borrell,” Alto rappresentante della
Politica estera e di Sicurezza dell’Ue (Pesc), ha chiesto ha i paesi membri
dell’Ue di lasciare utilizzare le armi fornite all’Ucraina per colpire il
territorio russo, ovvero che “Le armi che abbiamo dato all’Ucraina devono
essere pienamente utilizzabili, quindi le restrizioni devono essere rimosse per
permettere agli ucraini di prendere di mira i luoghi da cui partono gli
attacchi russi. Altrimenti le armi sono inutili”.
Pacifico
che se ciò avvenisse anche la Russia alzerebbe l’asticella dello scontro.
La
richiesta di Borrell ha trovato tuttavia la contrarietà inedita del ministro
degli Esteri italiano Antonio Tajani, il quale ha affermato che “Ogni Paese è
libero di decidere come è giusto utilizzare le armi inviate all’Ucraina. Noi
abbiamo inviato soprattutto armi difensive: adesso stiamo per inviare la nuova
batteria Samp-T, che è difensiva e non può essere utilizzata in territorio
russo.
Ribadiamo
che noi non siamo in guerra con la Russia, la Nato non è in guerra con la
Russia quindi per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi
all’interno del territorio ucraino”.
Di
traverso si è messo anche il ministro degli Esteri ungherese “Péter Szijjárto”,
il quale ha osservato che “si tratta di una questione strettamente bilaterale
con l’Ucraina, che non ha nulla a che fare con l’Ue”.
Al
vertice dei ministri Ue “Szijjárto” ha rimproverato alla Commissione europea il
silenzio assoluto sulla decisione di chiudere l’afflusso di gas russo, cosa che
penalizza innanzitutto Ungheria e Slovacchia, per cui ha fatto saltare un nuovo
pacchetto di 6 miliardi di euro di aiuti europei all’Ucraina.
I
Brics cambiano
l’ordine geopolitico.
Ma per
l’Europa non esistono
Notiziegeopolitiche.net – (29 Agosto 2024) - Mario
Lettieri e Paolo Raimondi – ci dicono:
I
BRICS crescono, ma i media nostrani li ignorano totalmente.
Non si dovrebbero sorprendere se al 16mo
vertice di Kazan, in Russia, i prossimi 22 – 24 ottobre, essi avanzassero
proposte e iniziative di una valenza economica e politica tale da scuotere alle
fondamenta il vecchio ordine geopolitico.
Negli
ultimi otto mesi hanno tenuto decine e decine di conferenze e incontri
preparatori a livello di governi, di parlamenti e di esperti su tutti gli
argomenti di interesse globale.
Uno
degli argomenti affrontati, quello monetario e finanziario, merita
indubbiamente una maggiore attenzione per le sue inevitabili ripercussioni
geopolitiche.
Anche
quando si è discusso di cooperazione energetica, tecnologica, infrastrutturale,
sanitaria, educativa o culturale, è sempre emersa la centralità del futuro
assetto monetario e finanziario a livello internazionale.
Affermano
di voler sviluppare la cooperazione interbancaria, fornendo assistenza alla
trasformazione del sistema dei pagamenti internazionali con l’uso di tecnologie
finanziarie alternative, ampliando l’utilizzo delle valute nazionali dei
singoli paesi BRICS nel commercio reciproco.
Allo
scopo i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche Centrali sono stati
incaricati di esaminare e relazionare a” Kazan “sull’uso delle valute locali e
delle piattaforme di pagamento.
L’intento
è chiaramente quello di rafforzare il proprio ruolo nel sistema monetario e
finanziario internazionale, soprattutto sulle piattaforme multilaterali come
l’Organizzazione mondiale del commercio, il Fmi e la Banca mondiale.
Vogliono unire gli sforzi contro la
frammentazione del sistema commerciale multilaterale, contro l’aumento del
protezionismo e contro l’introduzione di restrizioni commerciali unilaterali.
Secondo
gli ultimi dati, il commercio reciproco tra i paesi BRICS ha raggiunto quasi
678 miliardi di dollari l’anno.
Allo stesso tempo, negli ultimi 10 anni, il
commercio globale è cresciuto del 3% l’anno, quello dei BRICS con il resto del
mondo del 2,9% e quello all’interno del gruppo del 10,7%.
Per
capire il processo è più importante analizzare il tasso di crescita piuttosto
che il valore globale.
Nonostante
l’ostilità manifesta e crescente di un certo mondo occidentale nei confronti
dei BRICS, le candidature e le adesioni da parte dei più svariati paesi stanno
aumentando.
Non
tutti sono “in guerra” con il cosiddetto occidente.
Ciò
dovrebbe far riflettere senza pregiudizio alcuno.
Una
spiegazione, intelligente quanto preoccupante, la fornisce il “Washington Post”
che, in un recente articolo, riporta che gli Usa hanno messo un terzo del mondo
sotto sanzioni.
Non
solo, ma ben il 60% di tutti i Paesi a basso reddito.
Oggi
più di 15mila sanzioni economiche sono operative.
Il
“Washington Post” rivela che non pochi esperti e funzionari di vari governi
statunitensi hanno espresso dubbi sull’effettiva efficacia delle sanzioni,
ammettendo che esse sono diventate lo strumento principale, quasi automatico,
della politica estera Usa.
Ciò di riflesso avrebbe indotto a
sottovalutarne anche i possibili danni collaterali. Il quotidiano sostiene che
si sarebbe addirittura favorita la crescita di “un’industria delle sanzioni”,
multimiliardaria, composta di studi legali, lobbisti e consulenti che si
occupano esclusivamente di queste.
Razionalmente
dovremmo tutti essere d’accordo sulla necessità di rafforzare il
multilateralismo per il giusto sviluppo globale, per la sicurezza e per la
pace.
Perciò
ancora ci si chiede perché i paesi europei e l’Ue non vogliono seguire un
percorso autonomo, facendo così anzitutto il proprio interesse.
Al
riguardo, significativo è il pensiero del presidente della Repubblica Sergio
Mattarella il quale, in occasione della sua recente visita al Centro brasiliano
per le Relazioni internazionali (CEBRI) di Rio de Janeiro, in Brasile (il paese
che nel 2024 detiene la presidenza del G20 e che nel 2025 avrà quella dei
BRICS), ha sostenuto che siamo di fronte a grandi sfide globali “che riguardano
tutti, che coinvolgono il concetto, usato talvolta in modo vago, di
‘occidente’, tanto quanto il concetto, definito talora in maniera strumentale,
di sud globale.
Questo
è un tempo che richiede dialogo e confronto”.
Ricordando
inoltre la vocazione inclusiva della politica estera italiana, ha evidenziato
“la necessità di un multilateralismo in cui i paesi del sud globale possano
esprimere con efficacia la loro voce protagonista e il loro peso”.
Questa
appare come la strada più sicura per lo sviluppo e per la pace nel mondo.
(Mario
Lettieri, già deputato e sottosegretario all’Economia; Paolo Raimondi,
economista e docente universitario).
Ucraina. Mentre Zelensky manda l’élite
a
Kursk, nel Donbass sta per cadere Pokrovsk.
Notiziegeopolitiche.net
– “30 Agosto 2024” - Enrico Oliari – ci dice:
La
perdita della città strategica potrebbe far crollare il fronte ucraino.
Sullo
stemma di “Pokrovsk” compare una rondine che vola un ramo d’ulivo sul becco.
Pokrovsk,
per i russi “Krasnoarmeïsk”, è una città dell’ooblasto di Donetsk di 60mila
abitanti verso la quale i russi stanno spingendo, 40 attacchi negli ultimi
giorni, nel tentativo di espugnarla e prendere così il controllo di un
importante nodo strategico.
La
caduta della città innescherebbe un effetto domino che porterebbe alla rapida
conquista di altri centri della regione, ma ancor più potrebbe tradursi nel
crollo del fronte ucraino, per cui già ora vi è una “situazione estremamente
difficile”, come ha ammesso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Dello stesso avviso “David Cohen”, direttore aggiunto
della Central Intelligence Agency (CIA) degli Stati Uniti, il quale ha
riconosciuto che le forze russe “stanno facendo progressi lì (…) Possono
prendere Pokrovsk”.
Mentre
le forze d’élite, ben equipaggiate dagli occidentali, combattono nella regione
russa di Kursk in quella che è una sortita dal basso profilo strategico, negli
ultimi giorni nel Donetsk sono cadute Orlovka, Kamyshevka, Nikolayevka,
Kostantinivka e Novozhelannoye;
in
quello di Lugansk i russi hanno conquistato Stelmakhovka, mentre oggi hanno
preso Sinkvika nella regione di Kharkiv.
Difficilmente
gli ucraini cederanno “Pokrovsk” senza combattere, per cui si profila una nuova
“Bakhmut”, con numerose perdite da entrambe le parti.
Intanto”
Pokrovsk” è bersaglio dei droni e dei missili russi, attacchi finalizzati a
indebolire le difese ucraine.
Sul
fronte di Kursk gli ucraini stanno cercando, nonostante le gravi perdite, di
entrare a” Korenevo” e di allargare i fianchi dell’offensiva, che per ora
rimane contenuta nelle aree rurali.
Oggi è
stata ammessa da parte ucraina la perdita di un F-16 fornito dagli Usa: secondo
Kiev l’aereo si sarebbe schiantato il 26 agosto per un errore del pilota
Oleksiy Mes, deceduto, ma è alta la probabilità che il velivolo sia stato
abbattuto dalle forze russe.
Chi
comanda in Cisgiordania,
il terzo fronte di Israele contro
i
miliziani del West Bank:
qui
l’Iran “fa arrivare armi”.
Ilriformista.it
- Lorenzo Vita — (30 Agosto 2024) – ci dice:
Lì Hamas
è più debole che a Gaza e si concentra sugli attacchi ai coloni. Il Jihad è più
popolare. Guida il Jenin Battalion, un gruppo ombrello che funge da “pietra
angolare” della militanza nella regione.
Chi
comanda in Cisgiordania, il terzo fronte di Israele contro i miliziani del West
Bank: qui l’Iran “fa arrivare armi”.
Il
terzo fronte, per Israele, è quello della Cisgiordania.
Nascosto rispetto alla Striscia di Gaza.
Sottotraccia
rispetto al Libano.
Ma per
Benjamin Netanyahu è altrettanto fondamentale.
Perché
è lì, dove si scontrano coloni radicali e residenti palestinesi e dove c’è la
fragile Autorità nazionale di Abu Mazen, che Hamas e Jihad islamico hanno
iniziato la loro penetrazione.
E non
è un caso che le “Israel defense forces” abbiano deciso, da alcuni mesi, di
utilizzare per la “West Bank” una strategia diversa rispetto agli anni passati.
Una pressione più pesante, che sta prendendo
piede soprattutto in questi giorni con raid e incursioni su tutto il
territorio.
L’esercito
dello Stato ebraico si è mosso a Jenin, Nablus, Tubas e Tulkarem, dove ieri ha
comunicato l’uccisione di 12 uomini armati palestinesi.
Un
numero che per “Wafa”, l’agenzia palestinese, sale invece a 17.
E le
operazioni proseguono da giorni, come del resto avevano preannunciato anche i
comandi delle Tsahal.
Una strategia diversa, simile a quella per
contrastare la seconda intifada, dicono gli esperti, e che ha trovato anche
forti critiche da parte della comunità internazionale.
“Gli
ultimi sviluppi nella Cisgiordania occupata, compreso il lancio di operazioni
militari su larga scala da parte di Israele, sono profondamente preoccupanti.
Condanno
fermamente la perdita di vite umane, anche di bambini, e chiedo l’immediata
cessazione di queste operazioni”, ha scritto su “X” il Segretario generale
delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
In
Cisgiordania nuove armi da Iran.
Mentre
da Bruxelles, si è levata la voce dell’Alto rappresentante per la politica
estera, “Josep Borrell”, che ha chiesto che le operazioni nella regione non
siano un allargamento della guerra a Gaza e ha condannato la richiesta di
evacuare la popolazione avanzata dal ministro degli Esteri israeliano, “Israel
Katz”.
Il
governo israeliano non sembra però affatto intenzionato a fare marcia indietro.
E i
motivi sono principalmente due.
Il primo è che la Cisgiordania, secondo il
Mossad e lo Shin Bet, si sta trasformando in un nuovo strumento di pressione da
parte dell’Iran.
Da
mesi funzionari Usa e israeliani hanno messo in guardia sul flusso di armi che
Teheran farebbe arrivare nel territorio sotto l’autorità dell’”Anp” attraverso
la Giordania e la Siria.
Spesso
con l’ausilio di Hezbollah.
E da Ramallah, anche il “partito Fatah”,
dominante in Cisgiordania, ha più volte posto l’accento su questa novità
strategica degli ultimi anni (ma in particolare dei mesi dopo il 7 ottobre),
avvertendo di non “sfruttare” per altri fini “la nostra sacra causa e il sangue del
nostro popolo”.
"Abbiamo
detto a Israele: 'Guardate,
se dovete andarvene, siamo dietro
di voi fino in fondo".
Unz.com - Alastair Crooke – (30 agosto 2024)
– ci dice:
L'America
è intrappolata dal suo sostegno militare "corazzato" e incondizionato
a Israele, che offre a Netanyahu ampio spazio di manovra.
"Il
successo nello sventare l'attacco di Hezbollah di domenica ha simboleggiato
l'intelligence e il vantaggio operativo di Israele":
secondo
il portavoce dell'IDF, l'attacco di Hezbollah è stato sventato per la maggior
parte – grazie a 100 aerei israeliani che hanno effettuato 24 ore su 24 –
attacchi preventivi che hanno distrutto "migliaia di lanciamissili".
Il gruppo [Hezbollah] è riuscito a lanciare
centinaia di razzi contro il nord di Israele, ma il danno che hanno causato è
stato piuttosto limitato ", hanno suggerito sdegnosamente i portavoce
israeliani (in
mezzo a un completo blackout sulla pubblicazione, sotto censura totale, in
Israele, di qualsiasi segnalazione sui danni causa infrastrutture alle
strategiche israeliane o ai siti militari).
In
effetti, è stato un "teatro" montato da entrambe le parti:
limitando
il loro attacco di 20 minuti a meno di 5 km dal confine – e rimanendo Hezbollah
all'interno delle "equazioni" della guerra – entrambe le parti hanno
chiaramente segnalato l 'una all'altra che non stavano cercando una guerra
totale.
La
"narrazione del vincitore" da parte di Israele era prevedibile
nell'odierna atmosfera di guerra psicologica.
Eppure
ha un costo:
“Amos
Harel” su “Haaretz” suggerisce che " c'è una tendenza in Israele [di
conseguenza] a considerare il successo nello sventare l'attacco di domenica
come una nuova prova del consolidamento della deterrenza regionale e della
supremazia strategica [occidentale].
Ma una valutazione del genere – ammette –
appare tutt'altro che accurata».
In
effetti lo è (tutt'altro che accurato).
Il
teatro della domenica si è concluso senza alcun cambiamento nella situazione
strategica nel nord di Israele:
il
logoramento quotidiano continua da oltre la frontiera del Libano, fino al nuovo
confine di 40 km che definisce l'entità della perdita di territorio da parte di
Israele a favore della no-go zone di Hezbollah.
Il
punto strategico non è che questa narrazione di un riuscito contrasto delle
capacità di Hezbollah sia altamente fuorviante.
Piuttosto, aspettative di successo militare
disponibile da cui si trarranno conclusioni sbagliate.
Ci siamo già passati. Non è andata bene...
“Seymour
Hersh”, decano del giornalismo investigativo statunitense, questa settimana ha
ripostato un pezzo che aveva scritto nell'agosto 2006 sul pensiero degli Stati
Uniti nel contesto di una guerra israeliana contro Hezbollah – e sul suo ruolo
inteso come progetto apripista per un successivo attacco degli Stati Uniti
contro l'Iran.
Ciò
che Hersh scrisse allora rappresenta un sorprendente” déjà vu” della situazione
odierna.
Resta
al punto perché il pensiero neoconservatore degli Stati Uniti raramente si
evolve, ma rimane costante.
"La
grande domanda per i nostri [Stati Uniti] L'Air Force", ha osservato Hersh
nel 2006, "è stato il modo per colpire con successo una serie di obiettivi
difficili in Iran", ha detto l'ex alto funzionario dell'intelligenza.
"Chi
è il più stretto alleato dell'aeronautica americana nella sua pianificazione?
Non è il Congo, è Israele".
Il
funzionario ha continuato:
"Tutti
sanno che gli ingegneri iraniani hanno consigliato Hezbollah sui tunnel e sulle
postazioni missilistiche sotterranee.
E così
l'USAF si è rivolta agli israeliani con alcune nuove tattiche e ha detto loro: ‘'Concentriamoci
sui bombardamenti e condividiamo ciò che abbiamo sull'Iran - e ciò che avete
sul Libano."
"Gli
israeliani ci hanno detto [che Hesballah] sarebbe stata una guerra a buon
mercato con molti benefici", ha detto un consulente del governo degli
Stati Uniti con stretti legami con Israele:
"Perché
opporsi? Saremo in grado di dare la caccia e bombardare missili, tunnel e
bunker dall'aria.
Sarebbe
una manifestazione per l'Iran".
"Il consulente mi ha detto che gli
israeliani hanno ripetutamente indicato la guerra in Kosovo come un esempio di
ciò che Israele avrebbe cercato di realizzare
" Le forze NATO ... hanno metodicamente
bombardato e mitragliato non solo obiettivi militari, ma anche tunnel, ponti e
strade, in Kosovo e altrove in Serbia, per settantotto giorni ... "Israele
ha studiato la guerra in Kosovo come suo modello di riferimento ... Gli
israeliani hanno detto a “Condi Rice”:
L'hai fatto in circa settanta giorni, ma a noi
serve la metà, trentacinque giorni" [per finire Hezbollah]".
"La
Casa Bianca di Bush", ha detto un consulente del Pentagono, "si è
agitata per un po' di tempo per trovare una ragione per un colpo preventivo
contro Hezbollah" ; aggiungendo, "
Era nostra intenzione far diminuire Hezbollah,
e ora abbiamo qualcun altro che lo fa ...
Secondo
un esperto del Medio Oriente, con conoscenza del pensiero attuale sia del
governo israeliano che di quello statunitense:
Israele
aveva ideato un piano per attaccare Hezbollah - e lo aveva condiviso con i
funzionari dell'amministrazione Bush - ben prima dei rapimenti del 12 luglio
[2006]:
"Non
è che gli israeliani avessero una trappola in cui Hezbollah è caduto", ha
detto, "ma c'era un forte sentimento alla Casa Bianca che prima o poi gli
israeliani lo avrebbero fatto", ha scritto “Hersh”.
"La
Casa Bianca era più concentrata sullo spogliare Hezbollah dei suoi missili,
perché - se ci fosse stata un'opzione militare contro le strutture nucleari
dell'Iran - avrebbe dovuto sbarazzarsi delle armi che Hezbollah avrebbe potuto
usare in una potenziale rappresaglia contro Israele.
Bush
voleva entrambe le cose", è stato detto a “Hersh”.
"L'amministrazione
Bush era strettamente coinvolta nella pianificazione degli attacchi di
rappresaglia di Israele.
Il
presidente Bush e il vicepresidente Dick Cheney erano convinti... che una
campagna di bombardamenti dell'aeronautica militare israeliana contro i
complessi sotterranei di comando e controllo e missilistici pesantemente
fortificati di Hezbollah in Libano avrebbe potuto alleviare le preoccupazioni
di sicurezza di Israele e anche servire da preludio a un potenziale attacco
preventivo americano per distruggere le installazioni nucleari dell'Iran,
alcune delle quali sono anche sepolte in profondità nel sottosuolo".
Un ex
ufficiale dell'intelligence ha detto: "Abbiamo detto a Israele: 'Guardate,
se voi ragazzi dovete andarvene, siamo dietro di voi fino in fondo".
"Ciononostante,
alcuni ufficiali in servizio con il “Joint Chiefs of Staff “erano profondamente
preoccupati che l'amministrazione avrebbe avuto una valutazione molto più
positiva della campagna aerea di quanto dovrebbero", ha detto l'ex alto
funzionario dell'intelligence.
Non
c'è modo che Rumsfeld e Cheney traggano la conclusione su questo", ha
detto.
"Quando il fumo si diraderà, diranno che
è giustamente stato un successo, e trarranno rinforzi per il loro piano di
attaccare l'Iran".
(Questo
è il punto in cui ci troviamo oggi: quando il fumo si diraderà
dall'"esemplare attacco preventivo in Libano" di domenica, Netanyahu
lo userà con Washington per trarre rinforzi per la sua aspirazione di impegnare
gli Stati Uniti in un attacco contro l'Iran).
"Il
bombardamento strategico è stato un concetto militare fallito per novant'anni,
e tuttavia le forze aeree di tutto il mondo continuano a farlo", ha detto
[a Hersh] “John Arquilla”, analista della difesa presso la “Naval Postgraduate
School”...
Rumsfeld
[ha condiviso anche lui la visione annoiata di questo esperto]: "La
potenza aerea e l'uso di alcune forze speciali avevano funzionato in
Afghanistan, e lui [Rumsfeld] aveva provato a farlo di nuovo in Iraq.
Era la
stessa idea, ma non ha funzionato.
Pensava che Hezbollah fosse troppo trincerato,
e il piano di attacco israeliano non avrebbe funzionato, e l'ultima cosa che
voleva era un'altra guerra durante il suo turno che avrebbe messo le forze
americane in Iraq in maggiore pericolo".
"Il
piano israeliano del 2006, secondo l'ex alto funzionario dell'intelligence, era
"l'immagine speculare di ciò che gli Stati Uniti avevano pianificato per
l'Iran ".
(Le
proposte iniziali dell'aeronautica militare statunitense per un attacco aereo
per distruggere la capacità nucleare dell'Iran, che includevano l'opzione di un
intenso bombardamento di obiettivi infrastrutturali civili all'interno
dell'Iran) incontravano la resistenza dei vertici dell'esercito, della marina e
del corpo dei marine, secondo funzionari attuali ed ex funzionari.
Sostenevano
che il piano dell'aeronautica militare non avrebbe funzionato e avrebbe
inevitabilmente portato, come nella guerra israeliana con Hezbollah,
all'inserimento di truppe a terra.
“David Siegel”, l'allora portavoce
israeliano, affermò che la leadership del suo Paese, all'inizio di agosto 2006,
riteneva che la guerra aerea avesse avuto successo e avesse distrutto oltre il
settanta per cento della capacità di lancio di missili a medio e lungo raggio
di Hezbollah.
Israele,
tuttavia, non aveva distrutto il 70% delle scorte di missili di Hezbollah nel
2006.
È
stato ingannato dall'operazione esca dell'intelligence di Hezbollah.
Gli
israeliani hanno bombardato i siti vuoti.
Oggi,
sentiamo la stessa esultanza provenire dal portavoce dell'IDF, il
contrammiraglio “Hagari”, che ostenta il successo degli attacchi israeliani di
domenica.
Probabilmente
alcuni in Israele e negli Stati Uniti saranno di nuovo profondamente
preoccupati che la squadra di Biden possa cadere in una valutazione molto più
positiva della campagna aerea israeliana di quanto dovrebbe.
Molti commentatori
in tutto l'Occidente stanno commettendo lo stesso errore. Venire ha osservare il
corrispondente militare di “Haaretza” proposito degli attacchi aerei di questa
domenica:
"c'è una tendenza in Israele a
considerare il successo nello sventare l'attacco di domenica come una nuova
prova del consolidamento della deterrenza regionale e della supremazia
strategica".
O, in
altre parole, l'Iran è stato dissuaso dal mantenere il suo "impegno"
di vendicarsi per l'assassinio di “Ismail Haniyah” a Teheran dall'accumulo di
potenza di fuoco da parte degli Stati Uniti nelle acque del Mediterraneo e del
Golfo Persico e dalla paura di una schiacciante potenza di fuoco degli Stati
Uniti.
Chiunque
veda i video che mostrano le 'città missilistiche' automatizzate e profonde
dell'Iran, dispiegate in tutta la profondità dell'Iran (e che ha permesso di
esporre alla vista momentanea), dovrebbe capire che bombardare a tappeto le
strutture civili iraniane non impedirà la capacità iraniana di rispondere in
modo letale.
L'Iran
potrebbe scatenare l'Armageddon regionale, niente di meno.
Quindi,
per chiarezza: chi è esattamente quello che è scoraggiato e che fa marcia indietro?
È l'Iran o Washington?
Eppure,
"se è vero che la campagna israeliana si basa sull'approccio americano in
Kosovo, allora ha perso il punto", ha detto a “Hersh” il generale “Wesley
Clark”, comandante degli Stati Uniti.
Uccidere
i civili non era l'obiettivo:
"
Secondo la mia esperienza, le campagne aeree devono essere sostenute, in ultima
analisi, dalla volontà e dalla capacità di finire il lavoro sul terreno".
E
questo – semplicemente – è impossibile per gli Stati Uniti da prendere in
considerazione per l'Iran.
"Ci troviamo di fronte a un
dilemma", ha detto un funzionario israeliano a Hersh nel 2006.
In effetti, dobbiamo decidere se adottare una risposta
locale (che è inefficace) o una risposta globale, per affrontare davvero
Hezbollah [e l'Iran] una volta per tutte".
Plus
ça change:
il
dilemma potrebbe non essere cambiato, ma Israele è cambiato radicalmente. Una
maggioranza in Israele oggi è messianica nel suo sostegno ai seguaci di “Jabotinsk”y
per fare ciò che avevano sempre voluto e promesso di fare: espellere i
palestinesi dalla Terra di Israele.
Molti
a Washington hanno capito che i “sionisti revisionisti” (che rappresentano
forse circa 2 milioni di israeliani) intendono cinicamente imporre la loro
volontà agli "anglosassoni", facendo precipitare gli Stati Uniti in
un'ampia regionale, se la Guerra Casa Bianca dovesse cercare di minare il” loro
progetto neo-Nakba” di espulsione forzata dei palestinesi.
Tuttavia,
se gli Stati Uniti ponessero il veto a un attacco all'Iran prima delle elezioni
americane (e l'Iran non reagisse alla morte di Haniyeh prima di allora), il
"progetto" Naqba potrebbe essere portato avanti estendendo l'attuale
offensiva militare di Gaza alla Cisgiordania, o attraverso una grave
provocazione all'Haram al-Sharif /Monte del Tempio (come un incendio alla
moschea di al-Aqsa).
“I
sionisti revisionisti” sono stati chiari negli ultimi anni sul fatto che una
crisi o la confusione della guerra sarebbero necessarie per attuare pienamente
il loro progetto neo-Naqba.
L'America
in particolare è intrappolata dal suo sostegno militare "corazzato" e
incondizionato a Israele, che offre a Netanyahu ampio spazio di manovra.
Manovra,
cioè, verso il conflitto che è l'unica via di fuga di Netanyahu 'verso l'alto'
mentre i 'muri di logoramento' si avvicinano a Israele.
Iran e Hezbollah sembrano aver scelto anche
loro, per ora, di preservare il loro dominio escalation attraverso un ritorno
all'imposizione di logoramento calibrato su Israele.
Gli
Stati Uniti non saranno in grado di mantenere a lungo un dispiegamento così
massiccio di navi militari nella regione;
ma
allo stesso tempo, Netanyahu non sarà in grado di tergiversare politicamente in
patria per molto tempo.
Tensione
tra Giorgia Meloni
e Salvini: scoppia il caso.
Msn.com – News Mondo – (31- 8 – 2024) - Christian
Luca Di Benedetto – ci dice:
Il
comunicato sulla posizione dell’Italia riguardo alla guerra in Ucraina scatena
tensioni nella maggioranza, Giorgia Meloni infastidita.
Il
vertice di centrodestra tra Giorgia Meloni, Salvini e Tajani che avrebbe dovuto
dimostrare compattezza ha invece rivelato tensioni e confusione, soprattutto
per via di un comunicato rilasciato con due versioni differenti.
Il
focus principale del documento era la politica estera, in particolare la
posizione dell’Italia riguardo alla guerra in Ucraina.
Tuttavia,
la differenza tra le versioni ha fatto emergere sospetti su una possibile
spaccatura interna alla maggioranza.
Il
comunicato della discordia: Giorgia Meloni e Salvini rischiano.
Dopo
tre ore di discussioni, i leader del centrodestra hanno rilasciato un
comunicato congiunto.
La
versione ufficiale, diramata dallo staff di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia,
confermava la totale sintonia sulla politica estera, con un accento particolare
sulla crisi in Medio Oriente e sulla posizione dell’Italia nel contesto del
conflitto ucraino.
Tuttavia,
la Lega ha trasmesso ai giornalisti una versione differente, che esprimeva
supporto a Kiev ma con la specifica che l’Italia fosse contraria a ogni ipotesi
di interventi militari al di fuori dei confini ucraini.
Questo
“errore”, come lo ha definito la Lega, ha creato un evidente cortocircuito
comunicativo, che non è passato inosservato.
Nonostante le immediate scuse dello staff di
Matteo Salvini, che ha attribuito l’incidente alla fretta, il danno era già
fatto.
Il premier Giorgia Meloni, secondo fonti
rivelate da ansa.it, non ha nascosto il suo fastidio per l’accaduto,
alimentando ulteriormente i sospetti di una spaccatura interna sulla gestione
della crisi ucraina.
Reazioni
politiche: l’opposizione all’attacco.
L’incidente
non è passato inosservato all’opposizione, che ha subito colto l’occasione per
attaccare il governo.
Enrico
Borghi di Italia Viva ha sottolineato come la differenza tra le due versioni
del comunicato non sia una semplice questione stilistica, ma una scelta di
campo tra la linea di Viktor Orbán e quella dell’Unione Europea.
Anche esponenti del Partito Democratico e di Azione
hanno criticato duramente l’accaduto, accusando il governo di non riuscire a
mantenere una posizione unitaria su un tema così delicato come la guerra in
Ucraina.
Il
caso del comunicato “corretto” ha dunque sollevato una serie di interrogativi
non solo sulla coesione della maggioranza, ma anche sulla reale strategia del
governo italiano rispetto al conflitto in corso.
Se da
un lato la Lega ha cercato di minimizzare l’incidente, dall’altro resta il
dubbio che non si tratti solo di un semplice errore, ma di una divergenza di
vedute che potrebbe avere ripercussioni future sulla stabilità dell’esecutivo.
Lo
stato di sicurezza nazionale
sta
uccidendo la “libertà di parola”.
Unz.com - Filippo Giraldi – (30 agosto 2024) –
ci dice:
I
governi e le istituzioni stanno usando il “lawfare” per mettere a tacere le
voci indipendenti.
È
interessante sentire il presidente Joe Biden affermare che la democrazia è in
gioco nelle prossime elezioni nazionali, quando lui e i suoi colleghi del
Partito Democratico hanno fatto così tanto per ostacolare la libera discussione
di questioni che dovrebbero essere considerate importanti dall'elettorato.
Joe ha operato per decreto nella sua apertura del
confine meridionale degli Stati Uniti all'invasione di massa da parte di
immigrati illegali e ha impegnato gli Stati Uniti a partecipare a due guerre
senza alcuna dichiarazione di guerra o giustificazione credibile per entrare
nei conflitti in termini di sicurezza degli Stati Uniti.
Più
precisamente, in termini di come colpisce ogni americano, Biden e compagnia
hanno condotto campagne elettorali basate sulla premessa che i suoi oppositori
fossero assistiti dall'interferenza di governi ostili nel processo.
In realtà, se l'interferenza esterna nelle
elezioni è un problema reale, è un crimine che è più vero per il migliore amico di Joe,
Israele, piuttosto
che per qualsiasi cosa proveniente dalla Russia, dalla Cina o dall'Iran.
Ma
l'unico argomento che è parte integrante della corruzione elettorale e che non
viene discusso a sufficienza è la cooptazione della polizia nazionale e delle
agenzie di intelligence per renderli di fatto operativo del partito al potere,
più recentemente i Democratici.
Dopo
le elezioni del 2016, l'uso del cosiddetto stato profondo per infangare Donald
Trump attraverso accuse emerse dalle forze dell'ordine federale che agivano in
collusione con la campagna di Hillary Clinton e alcuni nei media è stato
esposto.
A causa di quella rivelazione, il concetto di
uno stato profondo che opera indipendentemente dalle elezioni o dai funzionari
eletti ha iniziato a prendere forma nelle menti di molti osservatori della
scena di Washington.
L'amministrazione
Biden ha portato ancora di più in là il rapporto incestuoso con le forze
dell'ordine e le agenzie di intelligence.
Ha
cercato di istituire un "Disinformation_Governance_Board" presso il
Dipartimento della Sicurezza Interna che avrebbe avuto il potere di denunciare
la credibilità dei cittadini che si lamentavano di ciò che il governo stava
facendo sulla base della finzione che ciò che stava accadendo era una
deliberata interruzione del governo utilizzando informazioni false.
Questo valeva anche per la mano sempre più
pesantemente impiegata da Biden sull'istruzione, dove i genitori che
esprimevano disaccordo con la “Critical Race Theory “e altri contenuti
svegliati insegnati nelle scuole, così come l'aggressiva piegatura di genere,
venivano convenientemente etichettati come "terroristi"
domestici".
In
breve, chiunque non sia d'accordo con la politica del governo è diventato un
problema "interno" e si troverà di fronte al pieno impiego delle
risorse governative per criminalizzare o creare disincentivi a tale
comportamento che alcuni ricorderanno essere stato definito "libertà di
parola".
Fortunatamente,
le persone stanno iniziando a prendere atto di ciò che sta accadendo per creare
un mondo in cui i governi cospirano attivamente per eliminare le critiche su
ciò che fanno.
Tutto
ricorda il tormento del giornalista “Julian Assange” da parte dei governi
britannico e statunitense nel corso di oltre dodici anni, cinque dei quali in
un carcere di massima sicurezza, per il crimine di aver rivelato dettagli di comportamenti
ufficiali discutibili o addirittura illegali da parte dei soldati statunitensi
in Iraq.
Due
interessanti usi delle risorse della polizia federale per mettere a tacere i
dissidenti si sono verificati di recente negli Stati Uniti, coinvolgendo
individui politicamente di spicco che vengono sorvegliati e molestati per poco
più delle loro opinioni contrarie espresse sulle guerre americane.
Si
tratta di “Scott Ritter”, un ex marine e ispettore degli armamenti, e “Tulsi
Gabbard”, un ex membro del “Congresso delle Hawaii” e tenente colonnello della
riserva della Guardia Nazionale di quello stato.
Ciò
che è stato fatto loro dall'amministrazione Biden, utilizzando come strumento
di scelta i servizi di sicurezza della nazione, è bizzarro e quasi
inimmaginabile per coloro che credono ancora che gli Stati Uniti siano una
democrazia funzionante i cui diritti dei cittadini sono protetti da una
costituzione e da un sistema giudiziario che applica le leggi senza riguardo
per chi è al potere o scritta per la difesa di interessi particolari.
Ritter
ha avuto due incontri recenti con l'FBI.
Il 3
giugno Rd ha tentato di volare in Russia per parlare a una conferenza
internazionale quando è stato fermato all'aeroporto e gli è stato ritirato il
passaporto per ordine del Dipartimento di Stato.
Non è
stata fornita alcuna spiegazione per l'azione e non gli è stata fornita né una
ricevuta né un mandato che spiegasse i motivi del sequestro del documento.
Da allora non è stato più restituito.
Il 7
agosto esimo 41 agenti dell'FBI arrivarono senza preavviso e procedettero a
perquisire la casa di Ritter nello stato di New York.
Hanno
confiscato documenti e dispositivi di comunicazione elettronica.
È
interessante notare che avevano in loro possesso un grosso file che conteneva
copie di molte delle sue e-mail e messaggi telefonici, indicando che era stato
sotto sorveglianza per un bel po' di tempo.
E'
noto in modo indipendente che l'FBI, la NSA e la CIA hanno capacità di
sorveglianza globale che consentono loro di monitorare telefoni ed e-mail per
chiunque, o, addirittura, per tutti, in tempo reale, quindi si potrebbe
presumere che Ritter sia stato solo una delle loro tante vittime.
Il “caso
Gabbard” è ancora più sconcertante perché, sebbene sia un critico attivo della
guerra in Ucraina, Tulsi è un ex deputato del Partito Democratico e ufficiale
dell'esercito che era ed è eminentemente rispettabile.
Secondo
quanto riferito, è perseguitata dagli sceriffi dell'aria della “Transportation
Security Administration”, parte dell'”operazione segreta “Quiet Skies”
dell'agenzia che mira a sospette minacce agli aerei e agli aeroporti.
Coloro
che sono sotto sorveglianza di Quiet Skies hanno un “SSSS” stampato sui
biglietti d'imbarco della compagnia aerea, richiede che venga messo da parte
prima dell'imbarco per ulteriori controlli.
“Gabbard”
ritiene che inserirla nella lista degli obiettivi di “TSA Quiet Skies” sia
stato "chiaramente un atto di ritorsione politica.
Non è
un caso che io sia stato inserito nella lista di Quiet Skies il giorno dopo
aver fatto un'intervista in prima serata avvertendo il popolo americano su...
perché “Kamala Harris” sarebbe un male per il
nostro paese se eletta presidente".
“Gabbard” ha osservato che, nonostante
abbia prestato servizio nell'esercito degli Stati Uniti per 21 anni, "ora
il mio governo mi sta sorvegliando come un potenziale terrorista interno...
costringendomi a guardarmi sempre alle spalle, chiedendomi se e come vengo
osservato, in quale lista segreta di terroristi mi trovo, e senza trasparenza o
giusto processo".
Un
commentatore su Twitter ha osservato che "l'unica cosa che “Tulsi Gabbard”
ha fatto saltare in aria è stata la precedente corsa presidenziale di Kamala.
Ecco perché è in una lista".
Un ex
agente della TSA ha spiegato che, a causa dell'essere elencato su Quiet Skies, “Gabbard”
avrebbe avuto più marescialli dell'aria su " ogni volo, ogni tappa" e
le squadre cinofile "manovreranno verso l'area del gate [d'imbarco]...
fluttuare in giro per cercare di captare l'odore di qualcosa...
Quando
viaggia in aereo, ci sono uno o più marescialli del cielo che viaggiano con lei
In alcuni casi, viene accolta da una squadra di agenti con cani da fiuto quando
scende dall'aereo".
Tulsi
crede che potrebbe essere presa di mira dalla Casa Bianca a causa della sua
posizione contro la guerra, ma ora ha anche appoggiato Donald Trump per la
presidenza e il governo sta quindi usando le forze dell'ordine come arma per
intimidirla e screditarla.
Anche
l'Europa è a bordo del carro della morte alla libertà di parola.
Un
altro recente arresto è quello di “Pavel Durov” in Francia con l'accusa di aver
permesso l'uso del suo servizio Internet per compiere azioni illegali come la
collusione con la criminalità organizzata, lo spaccio di droga, la frode e la
distribuzione di pornografia infantile.
È stato temporaneamente rilasciato su cauzione di 5
milioni di euro il 28 agosto esimo ma non può lasciare la Francia.
“Durov”
è il fondatore di origine russa di “Telegram”, il più grande servizio di
messaggistica crittografato al mondo con oltre un miliardo di utenti.
È un
multimiliardario con uno stile di vita sgargiante e ferma anche la cittadinanza
francese e degli Emirati Arabi Uniti.
E c'è
inevitabilmente un punto di vista israeliano relativo alla messa in onda da
parte di Telegram di video espliciti delle atrocità israeliane che avvengono a
Gaza.
I
pubblici ministeri francesi diranno senza dubbio che si tratta di consentire
"l'incitamento all'odio", ma quello di “Durov” ha la cittadinanza
francese e ha viaggiato dentro e fuori il paese per anni.
L'arresto,
che può significare vent'anni di carcere, è avvenuto solo dopo che Israele si è
lamentato.
Per
quel che vale, il rabbino capo di Francia, “Haim Korsia”, ha giustificato
l'uccisione israeliana dei palestinesi a Gaza durante un'intervista televisiva
francese e poi ha esortato il governo israeliano a "finire il
lavoro".
Non è
stato arrestato per aver approvato un crimine di guerra, né è stato nemmeno
rimproverato dal primo ministro Emmanuel Macron.
Allo
stesso modo, le mosse degli Stati Uniti per vietare “TikTok”, di proprietà
cinese, sono in gran parte dovute al fatto che consente anche i video da Gaza e
le lamentele di Israele hanno suscitato un Congresso degli Stati Uniti
normalmente dormiente per vietare il sito.
Si tratta di creare un Internet che non ospiti
contenuti che non piacciono agli ebrei, e questa regola si applica anche ai
singoli giornalisti.
Il 14
agosto eesimo Il giornalista indipendente britannico “Richard Medhurst “è stato
arrestato dalla polizia all'aeroporto londinese di Heathrow e interrogato
mentre era in isolamento per 24 ore.
Gli
sono stati anche confiscati il telefono e il laptop per una possibile
violazione della sezione 12 del “Terrorism Act del Regno Unito”, che consente a
una persona di essere condannata e incarcerata fino a 14 anni per quello che è
un reato di pensiero, "esprimendo un 'opinione o una convinzione che
sostiene un'organizzazione [terroristica] vietata".
“Medhurst”
era colpevole solo di essere un critico regolare ed esplicito del massacro dei
palestinesi da parte di Israele.
Anche
nel Regno Unito, il 29 agosto esimo, la giornalista indipendente “Sarah
Wilkinson” è stata perquisita da 12 poliziotti della forza antiterrorismo che
le hanno sequestrato documenti e dispositivi elettronici.
Le hanno detto che era in arresto a causa di
"contenuti che aveva pubblicato online" che erano molto critici nei
confronti del genocidio israeliano degli abitanti di Gaza.
Le
mosse contro i “provider di Internet” hanno senza dubbio allertato il
miliardario “Elon Musk” e altri sulla possibilità che potrebbe essere presto
sotto attacco, nel caso di Musk per il suo sito X (Twitter).
Riferendosi
all'arresto di Durov, Musk ha descritto gli attuali attacchi ai siti di
informazioni come "tempi pericolosi".
Il
tenente colonnello in pensione dell'esercito americano “Alexander Vindman” ,
ebreo ucraino di nascita, che ha fatto scalpore come testimone chiave a
sostegno dell'impeachment dell'ex presidente Donald Trump, ha emesso un
avvertimento appena velato dopo l'arresto di Durov, elogiando la mossa di
richiedere la censura sulle fonti di informazione su Internet.
“Vindman”
ha attribuito lo sviluppo a "... una crescente intolleranza per la
disinformazione e l'influenza maligna è un crescente appetito per la
responsabilità. “Musk” dovrebbe essere nervoso".
Anche
il giudice “Andrew Napolitano” è stato recentemente vittima di un possibile
tentativo di mettere a tacere lui e i critici della guerra che appare nel suo
programma di interviste, facendo sospendere temporaneamente una piattaforma
internet che ha utilizzato per anni.
YouTube
ha affermato che la mossa è dovuta alla disinformazione emersa in una sessione
con il giornalista di fama internazionale “Pepe Escobar”, che prende una
posizione decisamente contro la guerra.
Ma nulla nell'intervista suggerisce che ci
fosse qualcosa di degno di censura come disinformazione deliberata.
In
realtà, la volontà di Napolitano di fornire una piattaforma per molti esperti
le cui opinioni non sono gradite nei media mainstream ha portato più persone di
questo tipo a unirsi alla sua lista di ospiti, che l'amministrazione Biden
sembra vedere come una minaccia.
I
media, in generale, sono stati i principali bersagli delle opportune
opposizioni illegali da parte del governo, ma lo sforzo di consentire solo
discorsi accettabili sta avanzando anche in altre aree.
Le scuole e le università si stanno
affrettando a creare campus a prova di protesta per il prossimo anno
accademico, ma questo troppo spesso ha significato solo porre fine alle
manifestazioni critiche nei confronti di Israele e delle sue politiche.
I
manifestanti filo-israeliani che sostengono apertamente il genocidio contro i
palestinesi non saranno disturbati.
La “New
York University”, ad esempio, ha dichiarato che gli studenti e i docenti che
discriminano o molestano i "sionisti" potrebbero violare le politiche
di incitamento all'odio della New York University e potrebbero essere sospesi o
espulsi.
I
gruppi che sostengono Israele credono che l'uso della parola
"sionista" in modo dispregiativo serva come copertura per gli
attacchi contro gli ebrei o gli israeliani.
Ora,
la “NYU”, che come molte università è stata paralizzata dai disordini
filo-palestinesi durante l'ultimo anno scolastico, sembra essere la prima
università a prendere posizione sull'uso del termine.
"L'uso
di parole in codice, come 'sionista', non elimina la possibilità che il tuo
discorso violi la politica NDAH [Non discrimination and Anti-Harassment]",
si legge nei nuovi standard della comunità studentesca della NYU.
In
altre parole, se chiami qualcuno "sionista" è ancora probabile che tu
sia un antisemita!
La
sezione di “Jewish on Campus” della NYU ha spiegato come la nuova politica
"renda abbondantemente chiaro:
il
sionismo è una componente fondamentale dell'identità ebraica".
I
gruppi pro-palestinesi del campus hanno obiettato, osservando come il nuovo
codice di condotta "criminalizzi la solidarietà con la Palestina".
In
un'altra mossa per "proteggere" gli studenti sionisti vulnerabili dal
presunto aumento dell'antisemitismo universitario, la” Hillel Foundation”, il
gruppo di sostegno agli studenti ebrei attivi in numerosi campus americani, ha
lanciato una campagna chiamata "Operazione Secure Our Campuses" in più di 50 università
statunitensi.
Sono
stati organizzati per coordinarsi con gli amministratori dei college locali, la
polizia e l'FBI per elaborare almeno dieci passi che dovrebbero essere
intrapresi per eliminare le manifestazioni pro-palestinesi nel prossimo anno
accademico.
A
quanto pare, le manifestazioni pro-Israele non saranno influenzate dalle nuove
norme.
E c'è
dell'altro, questa volta in arrivo dai repubblicani.
Cinque senatori, Joni Ernst, Kevin Cramer,
John Thune, Roger Marshall e Marsha Blackburn hanno firmato una lettera a “Daniel
Werfe”, commissario dell'”IRS”, su una risposta "insufficiente e
offensiva" a una "inchiesta per rivedere la conformità legale degli
enti di beneficenza senza scopo di lucro che sostiene le manifestazioni che si
oppongono allo Stato ebraico".
Due
gruppi che i senatori hanno indicato come coinvolti nelle proteste
anti-israeliane sono stati “Students for Justice in Palestine” e “Alliance for
Global Justice.
"Lo
status di esenzione fiscale di un'entità è un privilegio ed è la tua
responsabilità garantire che solo a coloro che rispettano le leggi fiscali sia
concesso questo privilegio", hanno scritto i senatori.
La lettera si concludeva con i legislatori che
chiedevano informazioni sul numero di post- 7 ottobre esimo organizzazioni
coinvolte nelle proteste pro-palestinesi e l'identità dei gruppi che hanno
effettivamente perso il loro status di no-profit di conseguenza.
I
senatori chiedono che l'”IRS” non offra più agevolazioni fiscali speciali a
gruppi o organizzazioni che sono critici nei confronti di Israele.
Il
fatto è che le esenzioni dall'IRS sono generalmente concesse dopo un'attenta
revisione delle credenziali delle organizzazioni che rientrano in varie
definizioni come religiose, educative o caritatevoli.
Uno di
questi status è chiamato 501 (c) (3) e consente all'organizzazione di
sollecitare donazioni che nella maggior parte dei casi sono deducibili dalle
tasse, un incentivo importante quando si cercano finanziamenti.
Ancora
una volta, le fondazioni ebraiche "caritatevoli" che sostengono
l'esercito israeliano, o la creazione di insediamenti illegali, o persino il
genocidio dei palestinesi, non saranno sottoposte a tale controllo o alla
perdita dello status speciale dell'IRS.
I
gruppi critici della politica estera degli Stati Uniti, tuttavia, saranno
sempre più presi di mira dall'”IRS” e puniti per aver assunto una posizione
politica diversa da quella della Casa Bianca e del Congresso, in particolare se
si riferisce a Israele.
È solo
un ulteriore passo verso la morte della libertà di parola in America!
(Philip
M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del “Council for the National Interest”,
una fondazione educativa deducibile dalle tasse 501(c)3 (numero di
identificazione federale #52-1739023) che cerca una politica estera degli Stati
Uniti più basata sugli interessi in Medio Oriente.)
Fango
e sangue:
come dare una
spinta alle economie del primo
mondo con il carburante del terzo mondo.
Unz.com
- Tobias Langdon – (31 agosto 2024) – ci dice:
Fango,
sabbia e segatura. Queste semplici cose sono ottimi carburanti per i
sofisticati motori moderni. Tutti gli ingegneri rispettabili te lo diranno.
Basta riempire il serbatoio e partire a razzo, godendo di prestazioni e
chilometraggio notevolmente migliorati.
Ci
sono solo due condizioni.
Primo,
devi procurarti i supercarburanti nel Terzo Mondo.
Deve essere fango siriano o sabbia marocchina
o segatura pakistana.
Secondo, devi usare i supercarburanti del
Terzo Mondo nel Primo Mondo. Stranamente, se provi a far funzionare un motore
con il fango in Siria, il tuo motore smetterà di funzionare.
Ma usa
lo stesso fango in Germania e il tuo motore pulsa di potenza.
Fidati
degli esperti!
Piovoso
d'oro.
Beh,
ho appena scritto una sciocchezza assoluta, ovviamente.
Nessun
ingegnere ha mai detto che fango, sabbia o segatura siano un buon carburante
per qualsiasi tipo di motore.
Gli
ingegneri non sono idioti.
Hanno
a che fare con la realtà, non con la fantasia.
No, il gruppo idiota che fa affermazioni
assurde sul carburante del Terzo Mondo non è composto da ingegneri, ma da
economisti.
Da decenni sostengono che l'immigrazione di
massa dal Terzo Mondo è assolutamente vitale per le sofisticate economie
moderne del Primo Mondo. L'oscuro, debole e stantio Occidente crollerà senza il
dinamismo e la vitalità dei giovani siriani, marocchini e pakistani.
Stranamente,
questi abitanti del Terzo Mondo non fanno prosperare le economie nelle loro
terre d'origine.
Ma in
Occidente, ricoprono d'oro i loro fortunati ospiti. Fidatevi degli esperti!
Questo
è il messaggio degli economisti.
La loro idiozia è pari solo alla loro
arroganza.
In
verità, se si alimenta un'economia occidentale con il fango, si ottiene sangue,
non oro.
Alla
fine di luglio 2024, “Southport” in Inghilterra ha visto con quanta facilità il
fango del Terzo Mondo si trasforma in sangue del Primo Mondo.
Un
nero ruandese ha invaso un club di vacanze per studentesse e ha iniziato a
lavorare con un grosso coltello.
Il frutto del suo lavoro sono state tre
bambine morte e ferite più gravi.
Alla fine di agosto 2024 anche “Solingen” in
Germania ha visto fango e sangue.
Stava
organizzando un “Festival der Vielfalt “, un festival della diversità.
Il
momento clou del festival è stato fornito da un arabo siriano, che ha gridato
"Allahu akbar!" e ha iniziato a lavorare con un altro grosso
coltello.
Il
frutto del suo lavoro è stato stranamente simile: tre adulti morti e ferite più
gravi.
Gli
esperti economisti del “Financial Times” (FT) hanno reagito all'attacco proprio
come ci si aspetterebbe: con arroganza e idiozia.
Hanno
ingrandito quello che considerano il vero problema esposto dal massacro di
Solingen.
Non i
siriani accoltellatori, ma l'estrema destra malvagia e consanguinea.
Il
vero problema della Germania: non i siriani accoltellati, ma i malvagi bianchi
dell'estrema destra.
Un
esperto di nome “Henry Foy”, il "capo dell'ufficio di Bruxelles del
FT", ha spiegato "Perché l'attacco con accoltellamento della Germania
ha riacceso i timori di estrema destra dell'UE".
Riprodurrò
le sue parole di seguito.
Quando
le leggerete, notate la spensierata indifferenza rivelata dal sottotitolo
"Il filo del coltello".
È un
gioco di parole che si riferisce al pericolo che l'Europa precipiti nella
xenofobia.
Sì, il
Financial Times sta facendo un gioco di parole sul massacro sanguinoso e
barbaro e sul ferimento di comuni bianchi tedeschi.
Ai
redattori e agli scrittori del giornale semplicemente non importa.
L'élite
che attualmente governa con l'Occidente non considera la morte violenta di
comuni bianchi come un problema.
È la reazione alla morte violenta il problema.
Ecco l'articolo di “Henry Foy”:
Perché
l'accoltellamento in Germania ha riacceso i timori dell'estrema destra nell'UE.
Oggi
analizzerò cosa potrebbe significare per l'Europa la risposta della Germania
all'accoltellamento avvenuto questo fine settimana. …
Filo
del coltello.
Un
mortale attacco con coltello in Germania ha sconvolto la politica del paese in
vista delle elezioni regionali di questo fine settimana, ma sta anche
preoccupando i funzionari di tutta l'UE, preoccupati per l'ascesa dell'estrema
destra e della retorica anti-immigrazione.
Contesto:
Un
siriano ha accoltellato a morte tre persone e ne ha ferite altre otto venerdì
sera nella città di Solingen, nella Germania occidentale.
L'attacco ha rafforzato il già forte sostegno
al partito nazionalista di estrema destra Alternativa per la Germania in vista
delle elezioni negli stati di Sassonia e Turingia di domenica.
Ieri,
oltre a promettere di inasprire le leggi tedesche sulle armi, il cancelliere”
Olaf Scholz” si è impegnato a ridurre l'afflusso di migranti irregolari e ad
aumentare le deportazioni.
Ciò ha fatto seguito alle dichiarazioni di “Björn
Höcke”, leader dell'AfD in Turingia, che ha attribuito l'attacco a quello che
ha definito:
"Questo
esperimento multiculturale sul nostro Paese".
La
tragedia di “Solingen” preoccupa due volte per Bruxelles.
A
breve termine, ha messo in evidenza i pericoli politici posti da un'estrema
destra nella ripresa in tutta Europa, poche settimane dopo che i partiti centristi
hanno celebrato quelli che consideravano i risultati delle elezioni europee che
confermavano il loro dominio sulla scena politica dell'Europa, UE.
A
lungo termine, molti in Europa temono che una reazione istintiva in Germania –
che potrebbe includere nuovi controlli alle frontiere e forse anche controlli
sui movimenti all'interno del paese – potrebbe provocare un'ondata di mosse
unilaterali simili da parte di altri paesi in cui i politici anti-immigrazione
sono popolari.
Ciò
minerebbe i principi fondamentali dell'area di libera circolazione Schengen
dell'UE e metterebbe ulteriormente a dura prova un aspetto fondamentale del
mercato unico del blocco.
"Non
possiamo reagire a questo sbattendo la porta in faccia a persone che spesso
fuggono dagli islamici", ha detto “Kevin Kühnert”, segretario generale del
partito socialdemocratico di “Scholz”.
Molti
a Bruxelles sperano che prevalga una risposta più calma. (" Perché l'attacco con
accoltellamento in Germania ha riacceso i timori di estrema destra dell'UE
", “The Financial Times”, 27 agosto 2024).
Tre
comuni bianchi sono stati massacrati nel sangue. Altri otto sono rimasti
feriti.
“Henry Foy” sorvola sui morti e sui
feriti con un superficiale riferimento alla "tragedia".
Semplicemente
non gliene importa.
Quando
parla di "pericoli", non si riferisce ai siriani accoltellati, ma
alla "risorgente estrema destra".
È
anche profondamente preoccupato per una "reazione istintiva" in
Germania che potrebbe "suscitare un'ondata" di "mosse
unilaterali" altrove in Europa.
Nota
la meraviglia medica evidente in quella metafora mista: una "reazione
istintiva" crea un'"ondata".
Come
ha sottolineato George Orwell nel suo magistrale saggio " La politica e la
lingua inglese " (1946), le metafore miste dimostrano che gli scrittori
non pensano e non vedono la realtà.
Invece, stanno usando ciò che Orwell aveva
precedentemente chiamato "linguaggio delle anatre".
Non è
linguaggio "nel vero senso della parola", ma "rumore pronunciato
nell'incoscienza, come lo starnazzare di un'anatra".
Non
idioti, ma malvagi.
“Foy”
è un papero parlante, qualcuno che snocciola opinioni ortodosse senza alcuna
preoccupazione per la realtà, solo per l'ideologia.
Nel
suo caso, è l'ideologia delle frontiere aperte.
Ecco
perché cita con approvazione il papero parlante di un altro entusiasta delle
frontiere aperte:
“Kevin
Kühnert”, segretario generale del partito socialdemocratico.
Kühnert ha detto:
"Non possiamo reagire a questo sbattendo la porta
in faccia a persone che spesso stanno fuggendo dagli islamisti".
Anche
lui non è preoccupato per il massacro e la sofferenza dei comuni bianchi
tedeschi.
No, la
cosa importante è mantenere aperte le frontiere.
“Kühnert” vuole che la Germania protegga le persone
"in fuga dagli islamisti" consentendo agli islamisti di accompagnare
quelle persone in Germania.
È un idiota come “Henry Foy” e gli altri
esperti del “Financial Times?
Beh,
no.
In
verità Foy, Kühnert e soci sono malvagi, non idioti. Non è la loro intelligenza
a essere difettosa, è la loro etica.
Le
opinioni degli ebrei.
Ecco
perché demonizzano l'"estrema destra" per non aver accolto con favore
il massacro e i crimini sessuali commessi dagli invasori del Terzo Mondo.
È
anche il motivo per cui censurano le loro stesse bugie.
Ricordiamo che il siriano accoltellato a
Solingen si è messo al lavoro per un "festival della diversità".
È ironico, non è vero?
Un
momento Solingen celebra la diversità, il momento dopo la diversità sta
massacrando Solingeners.
Ebbene,
il Guardian ha deciso che l'ironia era troppo ricca per i palati delicati dei
suoi lettori.
Come
ha sottolineato “Mark Steyn”:
"Il
titolo originale del Guardian si riferiva a tre morti 'al festival della
diversità'...ma è stato rapidamente rivisto a tre morti semplicemente a un '
festival '".
Il
menzognero “Michael Mann”, l'ebreo che ha fregato “Mark Steyn”.
Non
che Steyn stesso sia onesto sul disastro dell'invasione dell'Occidente da parte
dei Terzomondisti.
Come
ho spesso sottolineato sull' “Occidental Observer” , si rifiuta di ammettere il
ruolo centrale svolto dagli ebrei nell'invasione.
Quindi
c'è più ironia nella battaglia legale che Steyn ha combattuto contro “Michael
E. Mann”, un importante sostenitore del riscaldamento globale.
Steyn
ha distrutto la sua salute e ha perso enormi somme di denaro nel tentativo di
sconfiggere il suo astuto e sfuggente avversario.
Indovinate
un po'?
Si
scopre che il mendace “Michael Mann” è un ebreo.
Potete
star certi che Mann è fermamente a favore delle frontiere aperte tanto quanto
si oppone al riscaldamento globale.
Dopotutto,
queste sono le opinioni degli ebrei:
anche se gli ebrei lodano il diluvio di fango,
ordinano ai bianchi di combattere il cielo.
Colpo
di stato in
Francia con Macron
che si
rifiuta di rispettare i risultati elettorali.
Comedonchisciotte.org
- Redazione CDC – (31 Agosto 2024) - Uriel Araujo, southfront.press – ci dice:
Immagina
un capo di Stato che affronta una crisi politica in casa.
Scavalca il voto in parlamento per imporre
misure impopolari attraverso metodi discutibili (in mezzo a grandi proteste),
poi usa una violenza estrema contro le manifestazioni.
Poi, convoca elezioni lampo per neutralizzare
i dissidenti politici radicali, e le perde.
Poi, utilizza un importante evento sportivo
internazionale per guadagnare più tempo e ignora i risultati delle elezioni,
rifiutandosi di nominare un Primo Ministro della coalizione vincente.
Allora
che persona è?
Alcuni
userebbero sicuramente la parola “dittatore”.
Sarebbe
davvero difficile descrivere uno stato di cose così particolare come qualcosa
di diverso da una sorta di colpo di Stato, giusto?
In questo caso, la comunità internazionale
denuncerebbe certamente il capo di Stato autoritario e farebbe pressione
affinché rispetti i risultati delle elezioni, giusto?
Beh,
non è necessariamente così se sei Emmanuel Macron.
Una
rapida occhiata agli eventi può offrire un’idea della profondità dei problemi
in cui si trovano i francesi.
Innanzitutto,
Macron ha sciolto l’ Assemblee National” e ha deciso di indire nuove elezioni
legislative, il 30 giugno (e il 7 luglio, per il secondo turno).
Questa
è stata una risposta al fatto che il partito populista di destra Rassemblement
National (RN) ha vinto le elezioni europee, che di per sé è stata una sconfitta
per il Presidente.
RN, precedentemente noto come “Front national”
(fino al 2018), è il partito di “Marine Le Pen”, che, ricordiamolo, ha promesso
di far uscire la Francia dal comando militare della NATO nel 2022, quando era
una candidata presidenziale (sconfitta).
Macron
vinse le elezioni all’epoca, ma “Le Pen” promise questo mentre si preparava al
secondo turno e certamente sollevò molte sopracciglia tra l’establishment
politico di Parigi.
Come
ho scritto in precedenza, descrivere il partito RN o i partiti populisti
europei in generale come puro e semplice “fascismo” non è corretto.
Il
provvedimento del Presidente francese di giugno è stato in ogni caso una mossa
audace per schiacciare un gruppo politico visto come una minaccia.
Il
senatore “François Patriat”, che è un alleato di Macron, all’epoca disse:
“Il
Presidente ha ripreso il controllo. Ora sta agendo. È la fine di Marine Le
Pen”.
Molti
hanno criticato la decisione e temevano si sarebbe potuta ritorcere contro la
Francia, che avrebbe avuto un Primo Ministro di ‘estrema destra’.
Questo
non è accaduto.
Ma il
risultato non era certamente quello che Macron sperava.
Le
elezioni lampo, come detto, sono state descritte come una scommessa politica
rischiosa.
Macron
l’ha persa.
Anche
se il risultato è stato un “Parlamento appeso”, il Nuovo Fronte Popolare o
Nouveau Front populaire (NFP) ha conquistato il maggior numero di seggi
parlamentari, il che ha rappresentato una sconfitta politica umiliante per il
Presidente.
Macron
stesso, tuttavia, non è d’accordo: “Nessuno ha vinto”, ha dichiarato.
Secondo
lui, “i blocchi o le coalizioni che sono emersi da queste elezioni
rappresentano tutti una minoranza”.
Il PNF
lo contesta: “Il Nuovo Fronte Popolare è senza dubbio la prima forza della
nuova Assemblea Nazionale”.
Il
programma della nuova coalizione promette, tra le altre cose, di combattere la
crisi del costo della vita con un tetto ai prezzi, di aumentare il salario
minimo e di abbassare l’età pensionabile, oltre a riportare la tassa sul
patrimonio che Macron aveva abolito.
Occorre
tenere presente che l’anno scorso Macron ha fatto ricorso a metodi poco
ortodossi per firmare la sua controversa legge di riforma delle pensioni,
provocando manifestazioni a livello nazionale.
Il governo ha risposto con una massiccia
repressione dei manifestanti e dei giornalisti, che è stata denunciata tra gli
altri dal Consiglio d’Europa, da” Reporter Senza Frontiere” e dalla” Lega
Francese per i Diritti Umani”.
La
manovra politica per portare avanti la riforma delle pensioni è stata descritta
come un intricato colpo di stato costituzionale, che consisteva nel far passare
il disegno di legge (che aumentava l’età pensionabile) attraverso il Parlamento
senza alcun voto della Camera bassa.
La
Francia è sotto un’amministrazione ad interim dalle suddette elezioni generali
di luglio, che probabilmente non hanno prodotto una maggioranza operativa
nell’assemblea nazionale del Paese.
Si
tratta di una situazione di stallo.
E sembra che non ci sia modo di uscirne.
Il 26
agosto, un comunicato stampa dell’Eliseo ha affermato che il Presidente non
avrebbe nominato il candidato del PNF perché:
“La stabilità istituzionale impone di non
mantenere questa opzione”.
Il
ragionamento è che, nominando un Primo Ministro che il Presidente
presumibilmente “sa” che “cadrà”, il Capo dello Stato sarebbe “in violazione
della Costituzione, che gli impone di garantire la stabilità e l’indipendenza
del Paese”.
A parte le complessità del sistema
semipresidenziale francese, si può chiaramente vedere uno schema qui.
Macron,
se ricordate, ha definito le Olimpiadi di Parigi una “tregua” e ha usato
l’evento internazionale per guadagnare tempo, ma ora potrebbe essere a corto di
scuse.
Sabato,
Jean-Luc Mélenchon (leader del partito di estrema sinistra La France Insoumise
– LFI) ha annunciato che i membri di LFI non entreranno a far parte di un
governo del PNF – uno scenario che includeva il LFI che avrebbe impedito al
Presidente di nominare “Lucie Castets” (la candidata del PNF) come Primo
Ministro.
Il Primo Ministro uscente di Macron ha
risposto dicendo che “l’applicazione unilaterale” della piattaforma politica
del PFN “porterebbe a una mazzata fiscale senza precedenti” e persino “al
collasso economico del nostro Paese”.
L’Eliseo
non ci sta.
La
verità è che sembra impossibile che Macron accetti un governo di sinistra.
Nel frattempo, la crisi politica continua.
Rimane
quindi il fatto sconcertante che una situazione così particolare che si sta
verificando in un Paese del G7 non riceve molta copertura da parte della stampa
– o molte critiche, se è per questo.
Il paragone con la crisi politica in corso in
Venezuela è sufficiente a dimostrare che la vicenda francese è davvero
sottovalutata.
Il
doppio standard, in ogni caso, va oltre il giornalismo:
I
leader politici occidentali, provenienti da tutto lo spettro politico, hanno
denunciato il Presidente del Venezuela Nicolas Maduro per la recente
controversia sulle elezioni presidenziali e molti stanno esortando il Governo
venezuelano a farsi avanti con maggiore trasparenza sui risultati e così via.
Finora
nessun leader politico occidentale di rilievo ha fatto pressione sul Capo di
Stato francese affinché onorasse i risultati delle elezioni, nominando un Primo
Ministro della coalizione di sinistra vincente.
Va da
sé che se Macron fosse un leader del Sud Globale che persegue progetti
energetici nel suo Paese o se fosse un capo di Stato europeo “pro-Cina” o
“pro-Russia”, le cose sarebbero molto diverse.
Comunque
sia, si prevede che le cose si faranno più difficili per il Presidente
francese.
L’ala sinistra sta ora minacciando Macron con
procedure di impeachment che nessuno crede avranno successo, ma, cosa più
importante, il Paese si trova ad affrontare una crisi politica ed economica e
si prevede che le manifestazioni si diffonderanno e diventeranno sempre più
violente, come accade oggi in altri Paesi europei.
Come
ho scritto, Macron ha avviato svolte azzardate in politica estera, ma sembra
che le questioni interne possano comprometterne il cammino.
(Uriel
Araujo, southfront.press)
(Uriel
Araujo. PhD, ricercatore di antropologia con particolare attenzione ai
conflitti internazionali ed etnici.)
(southfront.press/coup-detat-in-france-with-macron-refusing-to-honor-election-results/).
Non ci
sono buone notizie
nello
svolgersi dell'Armageddon.
Globalresearch.ca
- Caitlin Johnstone – (30 agosto 2024) – ci dice:
Il
decadimento della civiltà occidentale si sta svolgendo in tempo reale proprio
davanti ai nostri occhi.
Israele
ha intensificato il suo assalto alla Cisgiordania con un'incursione che non si
vedeva dal 2002, allo stesso tempo apprendiamo che l'amministrazione Biden si è
affrettata ad aumentare le sue spedizioni di armi in Israele.
“Haaretz”
riferisce che agosto è stato il secondo mese più trafficato per le spedizioni
di armi dagli Stati Uniti alla base aerea israeliana di “Nevatim”, secondo solo
all'ottobre 2023.
Questa
è la stessa amministrazione Biden a cui è stato assicurato che gli americani
stanno lavorando "instancabilmente" e "tutto il giorno" per
un cessate il fuoco a Gaza.
Stanno
commettendo un genocidio e mentono su di esso mentre ridono e sorridono e
celebrano la "gioia" della campagna di “Kamala Harris”.
Nel
frattempo nel Regno Unito il governo sta impazzendo arrestando i critici delle
atrocità di Israele sostenute dall'Occidente per reati di parola.
Voci
di spicco pro-palestinesi “Richard Medhurst”, “Sarah Wilkinson” e “Richard Barnard”
sono stati tutti presi di mira dalla polizia antiterrorismo nei giorni scorsi
ai sensi del “British Terrorism Act” con l'accusa di essere stati troppo
solidali con i gruppi proibiti nella loro espressione di opinioni politiche sui
recenti eventi in Medio Oriente.
Si
uniscono al giornalista britannico “Kit Klarenberg” e all'ex ambasciatore
britannico “Craig Murray,” che l'anno scorso sono stati attaccati per reati di
parola ai sensi della stessa legge.
Qualcosa
di simile sta accadendo in Australia, dove la giornalista di alto profilo “Mary
Kostakidis” è accusata di aver violato la legge sulla discriminazione razziale
per due retweet su Israele e Hezbollah che hanno offeso la “Federazione
Sionista d'Australia”.
Questa
mossa è arrivata poco dopo che il governo australiano ha nominato il suo primo
"inviato per l'antisemitismo", una mossa che molti temevano avrebbe
portato a un giro di vite sui discorsi critici nei confronti di Israele.
E in
Francia il presidente Emmanuel Macron si è rifiutato di onorare i risultati di
un'elezione, che ha visto l'alleanza di sinistra del Nuovo Fronte Popolare
vincere la maggioranza a luglio, nominando un nuovo primo ministro.
Molti
hanno accusato il presidente di aver orchestrato un colpo di stato, e le azioni
di Macron sono state ampiamente citate come prova che i cosiddetti
"centristi" del liberalismo occidentale si schiereranno sempre con i
fascisti per fermare qualsiasi movimento verso il socialismo.
Jean-Luc Mélenchon, che guida il più grande partito
del Nuovo Fronte Popolare, ha recentemente promesso di riconoscere la Palestina
"il più rapidamente possibile".
Mentre
tutto questo sta accadendo, i russi avvertono di una terza guerra mondiale
mentre la guerra per procura dell'impero occidentale in Ucraina continua a
intensificarsi.
Gli
abitanti di Zelensky hanno citato l'invasione ucraina di Kursk come prova che
Mosca ha bluffato su tutte le sue linee rosse, affermando che la più grande
invasione della Russia dalla seconda guerra mondiale dimostra che l'unico vero
pericolo è la riluttanza della “NATO” a intensificare ulteriormente con
ulteriori attacchi in profondità nel territorio russo.
Certo,
gettate al vento ogni cautela e continuate ad aumentare la politica del rischio
calcolato con una superpotenza nucleare.
Qual è
la cosa peggiore che potrebbe accadere?
Allora
qual è la buona notizia?
Non ce
n'è.
Non ci
sono buone notizie da trovare nello svolgersi della distopia e dell'Armageddon.
Aspettarsi il contrario non sarebbe
ragionevole.
Questo
non significa che non ci sia nulla di cui essere felici, o che non ci sia gioia
o bellezza da trovare nel nostro mondo.
La gioia e la bellezza si possono trovare
ovunque si guardi.
Non
sarai reso felice leggendo le vere notizie sui tempi in cui stiamo vivendo.
Viviamo
in un mondo insondabilmente bello, e la felicità è la posizione predefinita
della coscienza umana sotto tutta la follia e l'egocentrismo che abbiamo
accumulato su di essa.
Tutto
ciò che serve è un po' di lavoro interiore e chiarezza interiore e potrete
sperimentare tutta la felicità e la bellezza che riuscite a sopportare in
qualsiasi momento della vostra vita da svegli.
C'è
una bellezza mozzafiato da trovare sulla cresta dell'onda dell'apocalisse.
I gabbiani e i corvi che combattono per la
spazzatura del fast food sulla strada.
Il fumo che sale dalle fabbriche.
L'odore
dei gas di scarico e il frastuono frenetico del traffico e del capitalismo.
È
tutto così bello.
Ognuno
di noi è stato benedetto con il dono della vita umana, e ogni vita umana è
un'opportunità per sperimentare più gioia di quanto avremmo mai sognato
possibile se solo potessimo imparare a penetrare attraverso le illusioni
dell'ego e della dualità e iniziare a percepire la vita come si sta
effettivamente manifestando in ogni momento.
Tutto
ciò che serve è un po' di sguardo sincero e curiosità sulla vera natura della
mente, la vera natura del sé e la vera natura della percezione.
E se
riusciamo ad aprire gli occhi in questo modo, come bonus aggiuntivo, possiamo
arrivare a riconoscere che le cose non sono senza speranza per l'umanità, dopo
tutto.
Che
mentre tutti i sistemi della nostra società sono completamente bloccati per
prevenire la salute e il cambiamento in ogni modo significativo in questo
momento, tutti noi abbiamo dentro di noi un vasto potenziale che in precedenza
non avevamo mai considerato.
Che il cervello umano possa effettivamente
trascendere la relazione malsana con la narrazione mentale che gli ha permesso
di essere propagandato e psicologicamente schiavo dello status quo per tutto
questo tempo, e iniziare a muoversi con vera libertà all'interno del nostro
mondo.
Tutta
l'umanità ha il potenziale per risvegliarsi dalla sua propensione illusoria a
infondere nella narrazione mentale il potere della fede.
Se può
accadere a un singolo essere umano (e sicuramente può accadere), allora può
accadere all'umanità come collettività.
Questo potenziale dorme dentro di noi tutti,
in attesa di essere risvegliato.
Ogni
specie alla fine raggiunge un punto di adattamento o estinzione, in cui deve
adattarsi alle mutevoli condizioni di questo pianeta o svanire nei reperti
fossili.
L'umanità
sta arrivando a un tale punto oggi.
O
risveglieremo il potenziale che riposa dormiente in tutti noi per diventare una
specie veramente consapevole, o seguiremo la strada dei dinosauri.
Abbiamo
la libertà di andare in entrambe le direzioni.
Nel
frattempo la vita è bella, e la vita è gioiosa, anche sull'orlo del precipizio
dell'abisso esistenziale.
Tutto quello che dobbiamo fare è svegliarci
abbastanza per goderci questo fatto.
La
guerra tra Israele, Hamas e Hezbollah:
un
percorso verso la distruzione
finale di Israele?
Globalresearch.ca
- Prof. Ruel F. Pepa – (30 agosto 2024) – ci dice:
Il
conflitto tra Israele e gruppi militanti come Hamas e Hezbollah è stato per
decenni una lotta determinante in Medio Oriente.
Il
ciclo costante di violenza, punteggiato da guerre, attacchi missilistici e
incursioni, ha reso la sicurezza di Israele una delle questioni più delicate e
instabili della geopolitica globale.
Mentre
la guerra si intensifica, in gran parte sostenuta e sostenuta dagli Stati
Uniti, la nazione di Israele si trova di fronte a un futuro precario.
L'attuale
traiettoria suggerisce che, lungi dal raggiungere una risoluzione pacifica,
questo conflitto prolungato potrebbe portare alla distruzione finale di
Israele, guidato sia da pressioni militari esterne che da destabilizzazione
socio-politica interna.
Una
storia di escalation.
Il
conflitto tra Israele e Hamas ha radici nella più ampia lotta
israelo-palestinese. Hamas, un gruppo militante islamico con sede a Gaza, è in
guerra con Israele sin dalla sua fondazione nel 1987.
Hezbollah, un gruppo militante libanese
sostenuto dall'Iran, è emerso durante la guerra civile libanese ed è stato una
minaccia costante lungo il confine settentrionale di Israele.
Entrambi i gruppi rifiutano la legittimità
dello Stato israeliano e hanno lanciato numerosi attacchi volti a indebolire
Israele militarmente, politicamente e moralmente.
Gli
Stati Uniti, il principale alleato di Israele, hanno fornito miliardi di
dollari in aiuti militari, intelligence e sostegno diplomatico per sostenere
gli sforzi di difesa di Israele.
Questo
sostegno ha permesso a Israele di mantenere un vantaggio militare qualitativo
sui suoi avversari, assicurandosi la sopravvivenza in mezzo alle ostilità
regionali.
Tuttavia,
la dipendenza dal sostegno degli Stati Uniti ha anche legato le fortune di
Israele alle più ampie strategie geopolitiche americane, a volte complicando la
ricerca di Israele di una risoluzione stabile e pacifica dei suoi conflitti.
Il
ruolo degli Stati Uniti nel conflitto.
Gli
Stati Uniti hanno a lungo svolto un ruolo centrale nel plasmare la postura
militare e la strategia regionale di Israele.
Attraverso il sostegno finanziario, la vendita
di armi e gli interventi diplomatici, gli Stati Uniti hanno assicurato che
Israele rimane una potenza militare dominante nella regione.
Il
sistema di difesa missilistica “Iron Dome”, i sofisticati aerei da
combattimento e le capacità di intelligence all'avanguardia sono stati tutti
forniti o sviluppati in collaborazione con gli Stati Uniti.
Tuttavia,
questa stretta relazione ha anche avuto un costo.
La
dipendenza di Israele dagli Stati Uniti significa che è spesso allineato con
gli obiettivi di politica estera americana, che a volte possono intensificare i
conflitti piuttosto che disinnescarli.
Ad
esempio, la politica statunitense di massima pressione sull'Iran, comprese le
sanzioni e il targeting dei delegati iraniani, ha incoraggiato gruppi come
Hezbollah, che fanno affidamento sul sostegno iraniano.
L'aumento dell'aggressività di Hezbollah nei
confronti di Israele, in particolare nel sud del Libano, è una conseguenza
diretta di questa accresciuta tensione, che porta a una crescente minaccia su
due fronti per Israele:
uno da Gaza a sud e uno dal Libano un nord.
La
guerra in corso e l'erosione della sicurezza di Israele.
La
guerra con Hamas e Hezbollah non si limita più a brevi e sporadiche esplosioni
di violenza.
La
crescente sofisticazione di questi gruppi, in particolare di Hezbollah, che
vanta decine di migliaia di razzi e una forza combattente ben addestrata, ha
elevato il livello di minaccia all'esistenza stessa di Israele.
Gli
attacchi aerei, le incursioni e le campagne militari di Israele, supportati
dall'intelligence e dalla tecnologia degli Stati Uniti, sono stati in grado di
sopprimere questi gruppi ma non di eliminarli.
Ogni
round di conflitto richiede un pesante tributo da pagare su Israele.
Le
vittime civili, le interruzioni economiche e il costante stress sulla società
israeliana hanno lasciato profonde cicatrici.
La
guerra è diventata più di una questione militare; sta erodendo il tessuto della
società israeliana.
Le istituzioni democratiche della nazione sono
sotto un'immensa pressione, con una crescente polarizzazione su come gestire il
conflitto.
Le fazioni di estrema destra all'interno di
Israele spingono per le risposte militari più dure e l'espansione territoriale,
mentre i gruppi di sinistra e centristi chiedono pace e una soluzione ai due
Stati.
Questa divisione interna non fa che aumentare
la debolezza di Israele.
Inoltre,
il costante stato di guerra ha trasformato Israele in uno stato fortezza,
dirottando vaste risorse nella difesa a scapito di altre aree critiche come il
benessere sociale, l'istruzione e le infrastrutture.
L'incessante
ciclo di violenza soffoca anche il potenziale di pace, poiché le giovani
generazioni crescono in un ambiente in cui la guerra è la norma, facendo
sembrare la riconciliazione un sogno lontano.
Il
crescente isolamento geopolitico di Israele.
Oltre
alle sue sfide militari, Israele deve affrontare un crescente isolamento
geopolitico.
Sebbene
abbia normalizzato le relazioni con diversi Stati arabi attraverso gli “Accordi
di Abramo”, l'occupazione in corso dei territori palestinesi e il trattamento
dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania continuano ad attirare la condanna
internazionale.
Questa
crescente pressione potrebbe minare le relazioni di Israele anche con i suoi
nuovi alleati arabi, in particolare se il conflitto israelo-palestinese si
riaccendesse su scala più ampia.
Le
azioni aggressive militari di Israele, specialmente nelle aree densamente
popolate come Gaza, attirano aspre critiche da parte della comunità
internazionale.
Le
Nazioni Unite, l'Unione Europea e varie organizzazioni per i diritti umani
condannano regolarmente Israele per quello che deve un uso sproporzionato della
forza e violazioni del diritto internazionale.
Questa
critica non solo delegittima Israele sulla scena globale, ma complica anche le
sue alleanze, comprese quelle con le principali potenze occidentali.
Mentre
gli Stati Uniti sono sempre più coinvolti nelle loro lotte politiche interne e
spostano la loro attenzione verso la crescente sfida della Cina, Israele
potrebbe trovarsi con un sostegno meno inequivocabile da parte di Washington.
Una
riduzione del sostegno degli Stati Uniti, o anche un riorientamento della
politica estera degli Stati Uniti lontano dal Medio Oriente, potrebbe lasciare
Israele più isolato e vulnerabile che mai.
Il
rischio di sovraccarico e collasso.
La
guerra in corso, sostenuta dal sostegno degli Stati Uniti, sta spingendo
Israele verso uno stato di eccezione.
La
costante necessità di combattere su più fronti – contro Hamas a Gaza, Hezbollah
in Libano e potenzialmente altri attori regionali come l'Iran – minaccia di
sovraccaricare l'esercito e l'economia israeliana.
Il
protrarsi dei conflitti senza un chiaro percorso verso la pace sta prosciugando
le risorse e il morale di Israele.
Se la
guerra continua senza soluzione, Israele potrebbe alla fine affrontare la
prospettiva del collasso, non a causa di una singola schiacciante sconfitta
militare, ma a causa del bilancio cumulativo di un conflitto senza soluzione.
Le
divisioni sociali all'interno di Israele, la tensione economica della guerra
perpetua e l'erosione della sua posizione internazionale contribuiscono a
questa pericolosa traiettoria.
Conclusione:
un avvertimento per il futuro di Israele.
La
guerra di Israele contro Hamas e Hezbollah, sostenuta e sostenuta dagli Stati
Uniti, sta andando su una strada pericolosa.
Mentre
Israele è finora riuscito a mantenere la sua superiorità militare, i costi di
questa guerra costante stanno diventando insostenibili.
Senza un cambiamento di strategia – che dia
priorità alla diplomazia, alla costruzione della pace e alla stabilità
regionale – Israele rischia di dirigersi verso la distruzione finale, non per
conquista esterna, ma per disintegrazione interna e isolamento geopolitico.
Il ciclo
di violenza non può continuare all'infinito senza spezzare le fondamenta stesse
dello Stato israeliano.
Se il percorso attuale persiste, Israele
potrebbe trovarsi di fronte a un futuro in cui la sua sopravvivenza non è più
garantita, una prospettiva che fa riflettere per una nazione costruita sulla
promessa di sicurezza e resilienza in una regione ostile.
L'urgenza
di un nuovo approccio non è mai stata così grande.
Le
elezioni presidenziali americane
del
2024 sono già state rubate.
Globalresearch.ca
- dott. Paul Craig Roberts – (29 agosto 2024) - ci dice:
Il 28
agosto ho elencato alcune delle procedure elettorali che i democratici stanno
mettendo in atto per rubare le elezioni presidenziali di novembre:
Minneapolis
ha definito coloro che sono entrati illegalmente negli Stati Uniti come
"individui colpiti dalla giustizia" e li ha inseriti in una categoria
protetta che apparentemente include il diritto di voto.
Il
“DNC” ha intentato una causa contro la “Georgia Election Board” per bloccare la
norma che richiede alle contee di garantire l'accuratezza dei voti prima della
certificazione.
Se ricordate, questa era una domanda nelle
elezioni del 2020, quando i voti della Georgia e di altri stati furono
certificati senza autenticazione.
Nella
contea di Wayne, nel Michigan, la 19a contea più popolosa degli Stati Uniti
(negli USA ci sono 3.244 contee) che comprende Detroit, Warren e Dearborn, il
98% degli scrutatori nominati per supervisionare le elezioni presidenziali del
2024 sono democratici.
La
Corte Suprema del Wisconsin ha annullato il divieto di urne per la consegna
delle schede elettorali che consentono alle schede false di entrare nello
scrutinio. Ecco il titolo della NBC News:
"La
Corte Suprema del Wisconsin annulla la sentenza che ha vietato la maggior parte
delle urne per la consegna delle schede elettorali."
Il
regime di Biden fornisce agli "immigrati-invasori" delle carte
d'identità federali quando entrano.
Nelle
giurisdizioni blu, gli immigrati-invasori vengono registrati per votare quando
richiedono la patente di guida.
I democratici possono quindi votare le
registrazioni.
Così
il falso rapporto di stampa del quotidiano democratico “New Republic “secondo
cui "Kamala Harris sta ispirando molti nuovi elettori a registrarsi".
Questo
è il modo in cui l'establishment al potere spiegherà l'improvviso aumento dei
numeri delle schede elettorali per i voti degli immigrati clandestini.
Questi
voti potrebbero essere giustificati dal voto degli immigrati clandestini o dai
democratici che riempiono le cassette di raccolta con le registrazioni
automatiche degli immigrati clandestini che mettono gli "invasori
immigrati" nelle liste elettorali quando viene loro rilasciata la patente
di guida.
Poiché
gli scrutatori repubblicani sono stati eliminati da aree densamente popolate
come la contea di Wayne nel Michigan, non esiste alcun controllo sul voto degli
immigrati clandestini.
Newsweek
riporta che "Kamala Harris supera Donald Trump in un nuovo
sondaggio".
Questo
sondaggio, in particolare, proviene dal “Laboratorio di ricerca sulla
comunicazione politica e l'opinione pubblica della Florida Atlantic University”.
Se la memoria non m'inganna, questa è
l'università di sinistra, finanziata dall'indifferente governo della Florida e
dai contribuenti, che ha causato così tanti problemi al governatore della
Florida “Ron DeSantis” e a “Donald Trump”.
Chiedetevi
come in meno di un mese, “Kamala Harris” sia passata dall'essere la più
disapprovata delle politiche americane a essere la favorita per le elezioni
presidenziali e una candidata così stimolante che le liste elettorali si
riempiono di nuovi elettori per “Kamala”.
La
risposta è che è tutta un'orchestrazione dei media e delle istituzioni per
creare l'impressione nelle menti limitate degli americani indifferenti che,
visto che “Kamala” è in testa, le elezioni non sono state rubate.
Poiché
i repubblicani e i cittadini americani sono apparentemente incapaci di
riconoscere la realtà, non hanno adottato misure efficaci per proteggere
l'integrità delle elezioni statunitensi.
È un
furto e lo sarà sempre.
E
nessuno farà nulla al riguardo.
L'arresto
del fondatore di Telegram è
l'ultimo episodio della tirannica
guerra
dei globalisti contro la verità.
Globalresearch.ca
- Di Presso – (29 agosto 2024) – ci dice:
Due
settimane fa, mi è stato chiesto di scrivere su "Censura sotto steroidi: allerta
per chi dice la verità", in risposta alla censura senza precedenti su Internet, in
concomitanza con la crescente persecuzione di chi dice la verità in modo molto
visibile.
Quasi
un decennio fa, ho scritto un Global Research di Global Research intitolato
"Una
storia della guerra americana contro gli informatori e i giornalisti dopo l'11
settembre".
L'elenco
dei “whistleblower” e dei giornalisti americani morti è lungo –nel 2022, nel
2015, nel 2014, nel 2013.
I
"controllori planetari" sanno che le masse si stanno finalmente svegliando
come mai prima, sempre più consapevoli e arrabbiate per i potenti che
perpetuano la loro eterna ondata di crimini contro l'umanità.
Così, per
salvarsi, i governi occidentali hanno dichiarato guerra alla verità e a tutti
coloro che dicono la verità.
Le
persone su questa terra si stanno ora rendendo conto di coloro che lavorano
negli uffici governativi occidentali stanno chiedendo che la Terza Guerra
Mondiale si inneschi su due fronti di guerra attivi in Ucraina e in Medio
Oriente, con un imminente terzo teatro di operazioni nell'Asia del Pacifico.
E, per
la prima volta nella storia dell'uomo, tutti comprendono.
Con le
guerre dei banchieri che governano il nostro pianeta da secoli, a volontà, i
controllori cambiavalute hanno creato e finanziato entrambe le parti di ogni
conflitto globale attraverso l'inganno del divide et impera come loro sanno
fare.
Questa
presentazione è doppia, in quanto fornisce scorci sommari sia degli arresti e
degli attacchi di alto profilo recentemente intensificati contro una manciata
di coloro che dicono la verità più in vista, sia dell'assalto globale
coordinato contro gli utenti di Internet che esprimono i loro diritti di
libertà di parola, anch'essi sempre più arrestati con false accuse di
"incitamento all'odio" e/o crimini di Questa presentazione è duplice,
fornendo scorci sommari sia degli arresti e degli attacchi di alto profilo
recentemente intensificati contro una manciata dei più visibili narratori di
verità, sia dell'assalto globale coordinato contro gli utenti di Internet che
esprimono i loro diritti di libertà di parola, anch'essi sempre più arrestati
con false accuse di "incitamento all'odio".
Con i
recenti disordini politici e le rivolte nel Consiglio.
I
cittadini britannici che esercitano il loro diritto umano di protestare per
riunirsi pacificamente vengono picchiati e imprigionati dalla polizia, mentre i
crimini commessi da questi invasori provenienti da altre nazioni rimangono
praticamente impuniti. Il sistema di (in)giustizia a due livelli, guidato da
DEI.
Ancora
più spaventoso è il fatto che la Gran Bretagna minaccia di estradare gli utenti
di Internet in altri paesi critici nei confronti della Gran Bretagna.
Il
ministro dell'UE “Thierry Breton” ha persino minacciato per iscritto “Elon Musk”
di fare causa prima della sua intervista con il principale candidato alla
presidenza degli Stati Uniti, l'ex presidente Trump, sostenendo che alcuni
argomenti erano vietati come disinformazione o potenziale incitamento all'
odio.
L'agenda del” Vertice del Futuro delle Nazioni Unite”
del mese prossimo, secondo i suoi documenti, sta implementando la famigerata “Agenda
2030”, che è il modello globalista del NWO, che delinea i limiti globali alla
libertà di parola.
Questi
sono tutti chiari segni di una tirannia totale sia contro i privati cittadini
online nelle proprie case, sia contro i cittadini pubblici e gli ex presidenti.
L'imprenditore
russo fondatore della piattaforma” internet app. Telegram”, “Pavel Durov”, che
si distingue come un fedele protettore della nostra Privacy e libertà, dal 24
agosto è ora rinchiuso in una cella di prigione francese.
All'arrivo
all'aeroporto di Parigi-Le Bourget, “Durov” è stato arrestato.
Il governo francese lo ha arrestato
nell'ambito di un'indagine preliminare per l'insufficiente moderazione della “piattaforma
Telegram”, i suoi strumenti di crittografia, la presunta mancanza di
cooperazione della polizia che lo rendeva falsamente "complice di traffico
di droga, reati di pedofilia e frode".
Queste
accuse sono semplicemente una copertura infondata e sopra le righe per la
veemente protezione della libertà di parola da parte di “Durov.”
Inoltre,
il motivo principale dell'arresto è legato agli hacker iraniani che hanno rivelato
su Telegram documenti israeliani riservati sensibili rivelati il 21 agosto dal
quotidiano israeliano “Haaretz”.
Dopo
che l'Iran ha rubato dati sensibili israeliani, Israele cerca di censurare
Internet.
Durante
un recente viaggio in America, “Pavel” ha portato con sé il suo ingegnere di
Telegram che è stato avvicinato dai servizi di intelligence statunitensi che
tentavano di reclutarlo per installare segretamente una “backdoor” per spiare i
dati sulla privacy di tutti gli utenti di Telegram.
A
differenza di altri “imprenditori hi-tech” venduti come “Mark Zuckerberg di
Facebook”, che vende i dati privati degli utenti mentre lavora direttamente in
collusione con il “governo orwelliano del Grande Fratello del 1984 a Washington”
per raccogliere dati di sorveglianza su ogni cittadino da usare
incostituzionalmente contro di noi, “Durov” si è opposto a questa oppressione
preservando fermamente i nostri diritti umani individuali e le libertà civili
che garantiscono la libertà di parola.
A “Pavel
Durov” è stato concesso lo status di cittadinanza multipla in altri paesi, tra
cui la “Francia in Occidente”, perché è dolorosamente consapevole della sua
patria, la Russia, che ha ancora più a lungo a che fare con la repressione
della libertà di parola dei cittadini.
Come
difensore della libertà, Pavel sembra aver sostituito l'ormai libero “Julian
Assange” , rilasciato a giugno dopo 11 anni di crudele schiavitù tra Stati
Uniti e Regno Unito.
“Durov”
diventa il nuovo martire difensore dei nostri diritti umani perduti.
Noi
che ancora apprezziamo le nostre libertà civili che stanno svanendo così
rapidamente in mezzo all'odierna presa di potere del governo mondiale, che fa
precipitare l'umanità nella schiavitù neo-feudale, dobbiamo respingere con
tutte le nostre forze collettive questo massacro distopico delle nostre stesse
libertà che scompaiono, così come delle nostre stesse vite, "dal momento
che siamo tutti palestinesi".
L'arresto
di “Pavel Durov” è avvenuto appena quattro giorni dopo l'annuncio del
giornalista indipendente britannico “Richard Medhurst” di essere stato
arrestato e detenuto per 24 ore all'aeroporto londinese di “Heathrow” ai sensi
del “Terrorism Act “del Regno Unito.
Di
madre siriana e padre britannico, entrambi insigniti del premio Nobel per la
pace nel 1988 per il loro lavoro come caschi blu delle Nazioni Unite, questo
giovane giornalista con 321.000 iscritti su YouTube è stato critico nei
confronti del genocidio palestinese da parte dello stato criminale di Israele.
“Richard” è stato ampiamente occupato nel caso
di estradizione di Julian Assange a Londra.
Durante le recenti “psyops” di rivolte
"di destra" nel Regno Unito, il” governo Starmer” ha usato il
tempismo per catturare” Medhurst” all'aeroporto con accuse totalmente false per
inviare il messaggio ad altri importanti narratori di verità di tenere la bocca
chiusa.
Esattamente
nello stesso periodo, il “governo Starmer” del Regno Unito ha perseguito il
giornalista dissidente “Richard Medhurst”, dopo che il Dipartimento di
Giustizia degli Stati Uniti ha ottenuto un mandato di perquisizione e
sequestro, il 19 agosto esimo l'”FBI armato del DoJ” ha fatto irruzione nella
casa dello stato di New York dell'ex ispettore-giornalista-analista “Scott
Ritter “alla ricerca di prova di collaborazione con la Russia demonizzata
nemica della Guerra Fredda.
Circa
un mese prima, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti aveva confiscato il
passaporto di “Scott Ritter” facendolo scendere da un aereo diretto a una
conferenza stampa a San Pietroburgo, in Russia.
Tutti
questi crimini palesi e illegali eseguiti contro narratori di verità di alto
profilo sono una minaccia per i governi traditori dell'Occidente che hanno
tutti abbandonato le loro repubbliche costituzionali.
Non
dimentichiamo poi il caso di “Reiner Fuellmich” , l'avvocato tedesco che ha
guidato il “Comitato investigativo sul Coronavirus” per raccogliere prove
penali schiaccianti che hanno esposto la debacle della pandemia di Covid-19.
Gli
Stati Uniti e il Regno Unito
hanno
aiutato attivamente
l'Ucraina
ad attaccare la regione di Kursk.
Globaresearch.ca
– (29 agosto 2024) - Ahmed Adel – ci dice:
Secondo
il “New York Times”, Washington e Londra hanno collaborato con gli ucraini
nell'invasione di Kursk , consentendo una migliore esecuzione delle operazioni
di confine, mentre i funzionari americani hanno espresso il loro scetticismo
sul fatto che l'Ucraina sarà in grado di mantenere il territorio che ha
conquistato alla Russia.
Eppure,
nonostante questa incredulità, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky afferma
che la Russia non è stata scoraggiata dall'espandere le sue operazioni militari
in Ucraina nell'”Oblast di Sumy”.
Gli
Stati Uniti e il Regno Unito hanno fornito all'Ucraina immagini satellitari e
altre informazioni sulla regione di Kursk in seguito all'invasione delle forze
armate ucraine, ha riportato il
quotidiano statunitense .
"A
pochi giorni dall'offensiva, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno fornito
all'Ucraina immagini satellitari e altre informazioni sulla regione di Kursk
", si
legge nell'articolo, citando due fonti, che hanno spiegato che ciò era
"per consentire ai comandanti di monitorare meglio il movimento dei
rinforzi russi che avrebbero potuto attaccare le truppe ucraine o interrompere
la loro probabile ritirata in Ucraina".
Il 6
agosto, le truppe ucraine hanno lanciato un attacco alla regione russa di
Kursk.
L'invasione
ha segnato l'aggressione più significativa dell'Ucraina contro la Russia da
febbraio 2022.
Commentando
l'attacco, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che l'Ucraina aveva
portato a termine un'altra provocazione su larga scala sparando
indiscriminatamente a obiettivi civili e che il nemico avrebbe avuto una
risposta adeguata.
Pur
conoscendo la potenza dell'esercito russo e le sue capacità, i funzionari
americani, secondo il “New York Times”, non sono convinti che l'Ucraina intenda
mantenere a lungo la sua posizione in Russia.
"Le
forze ucraine non hanno scavato il tipo di trincee estese necessarie per
proteggere soldati e equipaggiamento dal fuoco nemico, se la Russia raduna
abbastanza potenza di fuoco per respingere l'attacco. Non hanno piazzato campi
minati per rallentare un contrattacco, né hanno costruito barriere per
rallentare i carri armati russi", ha riferito l'outlet.
"Quello
che la guerra ci ha mostrato finora è che il modo per rallentare un esercito è
attraverso la 'difesa in profondità'", ha detto “Seth G. Jones”,
vicepresidente senior del “Center for Strategic and International Studies”, in
riferimento alla strategia di utilizzare più livelli di posizionamento
difensivo.
"Se non difendono il territorio con un
mix di trincee e mine, sarà virtualmente impossibile mantenere il
territorio".
Eppure,
nonostante” Washington” abbia espresso il suo scetticismo sul fatto che
l'Ucraina possa mantenere il territorio russo conquistato e abbia affermato di
non essere stata informata dei piani del regime di Kiev prima della sua
incursione a Kursk il 6 agosto, arrivando persino a dire di non aver preso
parte all'operazione, il “New York Times” ha smascherato questa come un'altra
bugia americana.
Lo ha
sottolineato anche il viceministro degli Esteri russo “Sergei Ryabkov” , che il
27 agosto ha dichiarato che il coinvolgimento degli Stati Uniti nell'incursione
in corso dell'Ucraina nella regione di Kursk è "un fatto ovvio".
"Il
corso dell'escalation di Washington sta diventando sempre più
provocatorio", ha detto il viceministro, aggiungendo che l'impressione è
che i funzionari statunitensi credano di avere il permesso di fare qualsiasi
cosa.
"L'impressione
è che i colleghi [statunitensi] hanno gettato via i resti del buon senso e
credono che tutto sia permesso per loro.
La loro clientela a Kiev segue approcci
simili.
Le
conseguenze possono essere molto più gravi di quelle che stanno già vivendo.
Sanno
dove e in quali stiamo rispondendo in termini pratici", ha detto Ryabkov
ai giornalisti.
La
Russia ha già riferito che le armi occidentali, tra cui carri armati britannici
e sistemi missilistici statunitensi, sono state utilizzate dall'Ucraina a
Kursk, mentre il regime di Kiev ha confermato l'uso di missili “Himars
statunitensi” per distruggere i ponti nella regione.
Eppure,
nonostante gli avvertimenti che l'esercito ucraino non sarà in grado di
mantenere le posizioni catturate a Kursk , Zelenskyj ha dichiarato in modo
delirante in una conferenza stampa del 24 agosto che l'operazione a Kursk ha
contribuito a impedire all'esercito russo di occupare l'”oblast di Sumy in
Ucraina” e il suo centro regionale, la “città di Sumy”.
"Abbiamo
fermato un'operazione russa nel nord (dell'Ucraina), (abbiamo fatto) un attacco
preventivo e abbiamo portato a termine questo compito.
Abbiamo
impedito l'accerchiamento di parte dell'oblast di Sumy", ha affermato
Zelenskyj.
Piuttosto,
non c'era alcuna indicazione che la Russia stessa avesse lanciato un'operazione
nell'”oblast di Sumy”, motivo per cui l'esercito ucraino aveva catturato molti
insediamenti con pochissima resistenza.
Invece,
l'invasione ucraina ha solo incentivato il Cremlino ad espandere le sue
operazioni dall'Ucraina orientale all'”oblast di Sumy” per creare una zona di
sicurezza in modo che i civili russi non possano più essere presi di mira una
volta che le forze ucraine sono state respinte oltre il confine.
Sembra
che solo “Zelenskyj, e nemmeno gli americani, abbiano fiducia che questa
operazione raggiungerà i suoi obiettivi.
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