Chi comanda in Europa?

 

Chi comanda in Europa?

 

 

 

E se l’Italia, a nome dell’Europa

divisa sull’Ucraina, fermasse

Borrell e Stoltenberg?

Msn.com - HuffPost Italia – (30 – 08 -2024) – ci dice:

L’escalation ribolle da quando l’Ucraina ha spostato parti della guerra dentro il confine russo.

Inaspettatamente.

 I governi europei non sono stati avvertiti.

Leggendo l’articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera pare che la decisione sia stata presa in solitaria da Zelensky insieme a un manipolo di persone fidate.

 Nelle capitali europee crescono le perplessità verso il comportamento del presidente ucraino.

 La prima

è l’allontanamento di ogni gesto di negoziato, in queste settimane avviato dal Qatar.

 La seconda

 perplessità.

 Quali sono gli obiettivi di Zelensky quando sostiene che l’invasione della Russia è la carta da giocare in futuri incontri di mediazione?

 Terza.

 Forse Zelensky è così ingenuo da immaginare che Putin sarebbe rimasto lì a guardare l’invasione del territorio russo senza muovere mezzi?

Quarta.

 Si è innescato ancor più l’amor patrio nazionalista russo, una leva quanto mai utile per mobilitare forze armate e risorse.

Quinta,

 l’affidabilità strategica di Zelensky. A chi risponde? Con chi guida se non consulta gli stati della coalizione che lo sorreggono?

 La coalizione serve solo a inviare armi a comando e denari senza alcun potere di intervenire sul leader ucraino?

Non c’è stata ancora una discussione franca in Europa.

 Solo pareri qua e là.

Nemmeno reazioni al sostegno incondizionato dell’Unione Europea all’azione di Zelensky definita difensiva.

 È poco sbrigarsela con un comunicato stampa di poche righe.

 La NATO non ha proferito verbo sul tema ma Stoltenberg ha detto che sono da intensificare gli aiuti a militare a Kiev.

 A sostegno il Ministro degli Esteri uscente della Commissione, Borrell che invita a rimuovere le restrizioni alle armi date a Kiev.

Perché queste azioni da armatevi e partite senza un minimo di consapevolezza del pericolo che sta correndo il pianeta?

In Italia vi sono prese di posizione arlecchino non legate da un filo logico che consideri la necessità di ridefinire il format del conflitto ucraino.

 Indicando un fine.

Una fine probabile.

 Il ministro degli Esteri Tajani afferma che non siamo in guerra con la Russia, il ministro della Difesa Crosetto rileva che si allontana la pace, il ministro Salvini è contrario all’invio di altre armi all’Ucraina e a sinistra c’è un colpo al cerchio e uno alla botte, divisioni marcate nel campo largo e nei singoli partiti come nel Pd.

 In questo caos si rischia di perdere gli highlights del ragionamento.

 I principi e i presupposti che hanno guidato l’Italia a sostenere l’Ucraina.

Che, costituzionalmente, ha già abbondantemente concesso oltre i limiti (ampliamente superati rispetto agli impegni sottoscritti all’inizio del conflitto).

La Verità ha titolato

 “Dopo il blitz cadono le ipocrisie.

Inviolabilità territoriale, diritto internazionale e motivazioni del riarmo è tutto in discussione”.

 Le disquisizioni sull’utilizzo delle nostre armi per invadere la Russia presentano un atteggiamento che va oltre il tecnicismo giuridico.

 Per toccare il focus di chi oggi ha il nucleo strategico di comando della coalizione al sostegno dell’Ucraina.

 Chi controlla se usa o no armi italiane per invadere la Russia? Ma è altamente improbabile condurre di fatto una guerra tirandosi fuori sull’uso di armi in fase di attacco.

O sei in coalizione con impegni precisi comuni o si deve perentoriamente ridiscutere tutto quanto.

 Quello che ha detto Stoltenberg, intensificare invio di armi a Kiev, vale anche per l’Italia o noi chiederemo a Zelensky il borderò del loro utilizzo?

State of the Union: la Russia risponde all'incursione ucraina a Kursk, la disputa Ungheria-Ue sui... (Dailymotion).

E se l’Italia prendesse una sana iniziativa per silenziare prima di tutto Stoltenberg e Borrell, due personaggi con incarico scaduto, che fanno a gara per spararla più in alto e allo stesso tempo fare una saggia “rémise en forme” del sostegno all’Ucraina nel conflitto in corso?

Perché il campo largo non adotta una risoluzione unitaria in Parlamento come futura prova di governo?

Negli altri Paesi europei si viaggia pressappoco a vista.

Assurdo che su un tema così centrale per gli equilibri del Continente si abbozzi, ci si volti da un’altra parte, si approcci ai temi interni di ogni paese.

La Germania nell’annunciare il dimezzamento di aiuti all’Ucraina dispensa la scusa dei tagli al bilancio federale (ma a Stoltenberg cosa rispondono?).

Dopo aver marcato male nella strategia di sostegno alla coalizione (armi sì, no, su e giù) s’intende sposare la linea del dimenticatoio.

Inconsapevoli che oggi, ancor più di ieri, una soluzione al conflitto la deve trovare l’Europa dopo che ci ha intruppato in una corsa su una strada senza ritorno.

Intanto rispondendo ad una domanda semplice.

Perché quando sembrano aprirsi spiragli di pace (anche un mese dopo l’inizio della guerra c’era già un tavolo negoziale di pronta soluzione condotto dalla Turchia fatto bruciare all’ultimo) c’è sempre un fattaccio, qualcosa di avventato, di incontrollabile che fa saltare il banco?

E poi ci vorrebbe una discussione limpida dentro la coalizione pro Ucraina sul domani perché le uscite di Zelensky sono per lo meno leggermente discutibili.

Lasciateci colpire Mosca in profondità, ha detto il leader ucraino.

Va per proprio conto forte dell’adagio di comodo, usato dagli europei, la guerra andrà avanti fino a quando lo riterrà opportuno l’Ucraina.

Segnate dalla richiesta di più armi fino all’annuncio sul test del primo missile balistico ucraino.

Che ci vuole fare con questi missili?

Fino a dove vuole spingersi?

Nel paradosso più spinto quasi inverosimile siamo passati dal chiederci chi fermerà Putin a chi fermerà Zelensky?

 

 

 

Ucraina, cade F-16 Usa. Armi Stati Ue:

ogni Paese deciderà da solo,

Fi difende Tajani.

Lidentita.it - Angelo Vitale – (30 Agosto 2024) – ci dice:

Ucraina in primo piano, non solo per gli esiti quotidiani del conflitto che la oppone alla Russia ma pure sulla questione dell’uso delle armi degli Stati Ue.

Ha fatto rumore la notizia di un F-16 fornito dagli Stati Uniti alle forze armate ucraine che è precitato lunedì durante un massiccio attacco missilistico russo.

 Lo ha scritto il “Wall Street Journal” citando funzionari americani e precisando che l’F-16” non è stato abbattuto dal fuoco nemico”, ma si sarebbe trattato piuttosto di” un errore del pilota”.

Questa settimana per la prima volta i militari ucraini hanno utilizzato gli F-16 americani per contrastare l’aggressione russa e per abbattere i missili lanciati dai russi, come ha spiegato il presidente Volodymyr Zelensky.

 

“Ihor Polishchuk”, sindaco della città di “Lutsk” nel nordovest dell’Ucraina, ha detto che il pilota dell’aeronautica militare ucraina “Oleksiy Mes” è morto in una missione di combattimento.

“Mes” era uno dei primi piloti ucraini a essere addestrati all’uso di un F-16, spesso era stato intervistati dai media e si era recato a Washington per cercare di convincere gli Stati Uniti a inviare caccia da combattimento in Ucraina.

La notizia della distruzione di uno dei pochi F-16 che l’Ucraina ha ottenuto dagli Stati Uniti è stato un duro colpo per Kiev, che aveva chiesto per mesi la consegna degli aerei prima che il presidente americano Joe Biden desse il via libera.

Il 4 agosto Zelensky aveva annunciato che il primo degli 80 F-16 promessi era arrivato in Ucraina.

Un clamore che si è intrecciato alla mancata decisione univoca Ue sull’uso delle armi degli Stati membri da parte delle forze ucraine, nel quadro generale ove è divenuto centrale il ruolo dell’Unione europea al fianco del Paese invaso dalle truppe di Putin.

 L’Unione Europea è profondamente divisa su questa questione cruciale, dibattuta da mesi registrando il pressing di Zelensky per un via libera.

L’Italia e l’Ungheria hanno espresso un netto rifiuto, impedendo così un consenso collettivo che pure era stato richiesto dall’alto rappresentante dell’UE, Josep Borrell, durante il Consiglio.

Prima della riunione informale dei ministri degli Esteri della Ue svolta ieri a Bruxelles, Borrell si era detto favorevole a questa ipotesi:

” Le armi che abbiamo dato all’Ucraina devono essere pienamente utilizzabili e le restrizioni devono essere rimosse per permettere agli ucraini di prendere di mira i luoghi da cui partono gli attacchi russi. Altrimenti le armi sono inutili”.

Poi, ha dovuto convenire sulla decisione che ogni scelta sarà adottata singolarmente dagli Stati membri.

Circostanza che in Italia ha sollevato polemiche dell’opposizione all’indirizzo della mancata decisione univoca Ue sotto l’influenza dell’Italia.

Posizione del vicepremier Antonio Tajani che invece è difesa da Forza Italia:

“Un vero peccato che molti esponenti della sinistra ignorino le norme e le regole internazionali, dovrebbero informarsi meglio e studiare di più.

Altro che isolamento dell’Italia, gli incontri del ministro Tajani con “Ursula von der Leyen” e “Mestola” dimostrano l’esatto contrario, come lo dimostra anche la perfetta sintonia con il Segretario di Stato americano “Blinken” per quanto riguarda la difesa dell’Ucraina e il cessate il fuoco a Gaza”.

 

 

 

Trieste, Crocevia di Intrighi

 Internazionali.

Conoscenzealconfine.it – (30 Agosto 2024) - Paolo Spiga – ci dice:

 

Come mai è totalmente calato il sipario sulle misteriose e, soprattutto, altamente rischiose attività del Biolaboratorio di Trieste?

La “Voce” puntò i riflettori su quelle ricerche avvolte nel più completo segreto esattamente due anni fa, ad agosto 2022.

Si scatenò un dibattito cittadino, diverse associazioni pacifiste scesero sul piede di guerra, vennero organizzate alcune manifestazioni di protesta.

 Poi, man mano, il silenzio, una calma piatta che non rassicura affatto.

Pochi mesi dopo altre bagarre per un biolaboratorio simile a Pesaro, addirittura con l’ok del sindaco PD.

 I cittadini reclamano spiegazioni, protestano, ne chiedono la chiusura (così come era successo a Trieste) ma niente.

Tutto prosegue nella più perfetta tranquillità, come se nulla fosse.

Nessuna notizia, una letterale cortina fumogena che oscura completamente “l’informazione”, quella poca rimasta ormai come merce rara, praticamente ‘introvabile’ in Italia.

Paese dove pascolano liberamente e abbondantemente eserciti di bufale, gossip e colossali fake news.

Adesso Trieste torna alla ribalta, per via di un summit, altrettanto misterioso e coperto da una “scientifica” cortina di silenzio, sul bollente scenario geopolitico e le nuove strategie che Usa e NATO stanno introducendo per dare una “sterzata vincente” al conflitto, soprattutto quello ucraino, ma certo non solo.

Inquietante il parterre di chi lo ha appena organizzato:

non solo NATO (nelle cui ovattate stanze proprio in questi giorni è in atto il passaggio di consegne per la poltrona di Segretario generale tra il norvegese Jens Stoltenberg e l’ex premier olandese Mark Rutte), ma anche lo strategico “Atlantic Council”, alcuni vertici delle forze armate di casa nostra e perfino alcuni massoni, non si sa bene a quale titolo e con quale ruolo (osservatori o che?).

Il tema al centro del recentissimo dibattito triestino è, per la precisione, “La militarizzazione del porto di Trieste”.

Da far venire i brividi lungo la schiena.

 

Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo da due anni fa.

 In un battibaleno, tra maggio e giugno 2022, ecco il blitz, all’insaputa di tutti e nella più totale riservatezza politico-militare.

Viene infatti raggiunto un accordo tra il nostro governo e un fantomatico “Centro internazionale per l’ingegneria genetica e le biotecnologie” (ICGEI) per attivare a Trieste un “Centro”, che va a far compagnia ad un’altra sessantina sparsi per il mondo, i più significativi e New Delhi e Città del Capo.

I finanziamenti, per tali attività, vengono stanziati – guarda caso – dalla onnipresente “Bill & Melinda Gates Foundation”, da “The New England Biolab Inc.” e da “Genethon”.

Della prima, controllata dal fondatore di Microsoft, abbiamo scritto decine e decine di volte, per le sue acrobatiche performance in mezzo mondo:

 dai fondi serviti per il lancio, nel 2010, della allora piccola strat up “Moderna”, in un decennio diventata, con “Pfizer”, la regina del vaccino anti-Covid;

alle ingentissime donazioni-finanziamenti a favore della sempre più strategica e invasiva “Organizzazione Mondiale della Sanità”, che hanno proiettato la “Gates Foundation” addirittura al secondo posto a livello internazionale, solo dietro gli Stati Uniti.

Torniamo al progetto” ICGEI” per il capoluogo giuliano.

Quell’accordo è diventato subito legge, la numero 66 del 19 maggio 2022, che contiene una serie di norme davvero ai confini della realtà e, secondo non pochi, del tutto anticostituzionali.

Partiamo dall’articolo 7 che così sentenzia: “Il Centro è inviolabile e i suoi beni godono di immunità di giurisdizione”.

Un ottimo inizio.

Al comma 3, viene inderogabilmente stabilito: “Nessun funzionario del governo o chiunque esercitante una funzione pubblica sul territorio della Repubblica italiana può entrare nella sede del Centro, senza il consenso del Direttore e alle condizioni approvate dalla Direzione”.

Un inviolabile Moloch.

Il “Mega Direttore generale”, tanto per saperlo subito, è un britannico, “Lawrence Banks”, microbiologo di “Leeds.

Trapelano solo alcuni tra i temi-base delle ricerche effettuate nel Centro triestino: “controllo dell’espressione genica; replicazione del DNA; elaborazione dell’RNA: studi su HIV, HPV, rotavirus; immunologia nucleare; terapia genica umana…”.

Ma anche temi più terra terra come “biomedicina, biofarmaci, pesticidi,  biocarburanti“, tanto per gettare un po’ di fumo negli occhi.

 

In buona sostanza, ricerca più ricerca meno, tutto quello che veniva effettuato, fino a dicembre 2019 in totale “tranquillità”, nel famigerato laboratorio di “Wuhan” dal quale era “fuggito” il Coronavirus;

e quelle ricerche dell’Istituto cinese di Virologia sono state finanziate dagli USA, per la precisione dall’altrettanto famigerato National Institute for Allergy and Infectiouse Deseases” (NIAID) guidato ininterrottamente per 40 anni tondi (1982-2022) dal Super Virologo che ha affiancato ben 7 presidenti Usa,” Anthony Fauci”, oggi sotto inchiesta – per quella fuga “criminale” e per i fondi stanziati – a causa delle inchieste avviate da due procuratori a stelle e strisce (della Louisiana e del Missouri) e da una Commissione sul Covid istituita dal Congresso Usa.

Quindi, nella nostra Italia, dopo quella popò che è successo a Wuhan più di due anni prima, ci azzardiamo a piazzare un Centro del genere?

Senza alcun controllo?

Senza che alcuno possa ficcarvi il naso?

Fuori da ogni giurisdizione, quindi al di sopra di ogni legge?

Ah, dimenticavamo l’ultima chicca.

 Lo conoscete un altro gentile cadeau che il nostro Governo – sempre nella “merda” sul fronte dell’evasione fiscale – ha pensato bene di elargire al Centro finanziato da quei colossi della finanza?

Bene: non paga tasse, per legge è esentato da ogni obbligo fiscale.

 Incredibile ma vero.

Abbiamo cercato news, ultime notizie, novità in rete, se ci sono proteste, se qualcuno in Parlamento ha alzato un mignolo per dire qualcosa.

Niente, zero assoluto.

 Tutti d’amore e d’accordo, maggioranza e opposizione, per occultare, nascondere, negare ai cittadini anche lo straccio di una notizia.

 Vergogna.

Per questo motivo non ci resta che invitarvi a rileggere il pezzo messo in rete dalla Voce esattamente due anni fa, il 26 agosto 2022, ed anche l’articolo pubblicato il 20 marzo 2023.

Eccoci, infinte, al fresco summit in perfetto stile militare per preparare Trieste al futuro scontro mondiale.

I protagonisti, a quanto pare, hanno affrontato, tra gli altri, un tema da non poco: vale a dire l’alternativa a quella terrificante “Via della Seta” che avrebbe favorito le mire degli odiati cinesi e dei paesi uniti nell’asse del “male”, vale a dire i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), in forte e molto pericolosa espansione, sia sotto il profilo numerico (le nuove adesioni) che della sua influenza politica, economica e commerciale.

Ecco invece una bella idea nuova di zecca:

 la “Via del Cotone”, che raccoglie già l’ok di Stati Uniti, of course, della sempre scodinzolante Unione Europea, guarda caso di Israele e riguarda caso anche di Arabia Saudita ed Emirati Arabi, i gendarmi del Golfo.

Il progetto prevede la creazione di due maxi infrastrutture, una ferroviaria e l’altra portuale.

I colossali finanziamenti? No problem:

ci sono a totale disposizione due veri pozzi di San Patrizio:

 il “Global Infrastructure and Investment” creato dal “G7” nel 2002 e il “Global Gateway” griffato “UE”.

Per maggiori ragguagli, vi proponiamo la lettura di un dettagliato intervento firmato da” Lorenzo Maria Pacini”, professore associato in Filosofia politica e Geopolitica alla “Uni Dolomiti” di Belluno, esperto in Analisi strategica, Intelligence e Relazioni internazionali nonché collaboratore della autorevole “Strategic Culture Foundation”.

Il pezzo è pubblicato sia sul sito della Fondazione che, il 22 agosto, “Come don Chisciotte”, ha titolato: Cosa diavolo sta succedendo a Trieste?

“Paolo Spiga.”

(lavocedellevoci.it/2024/08/25/trieste-crocevia-di-intrighi-internazionali/).

 

Chi comanda in Europa?

 

Thewatcherpost.it – (15 Gennaio 2024) - Gianni Pittella – ci dice:

 

Chi comanda in Europa?

Non c’è dubbio che nel passato il motore della integrazione europea è stato l’asse franco tedesco, sovente con il contributo importante dell’Italia.

Nel pantheon dei costruttori europei troviamo non a caso Kohl e Mitterand, Colombo, Delors, Monnet e Spinelli, e nei tempi più recenti la Merkel, Macron e Draghi.

Ma oggi il panorama geopolitico della Unione Europea è profondamente mutato. Le leadership di Francia e Germania sono obiettivamente più deboli anche a causa delle situazioni interne ai rispettivi Paesi.

Il Cancelliere Scholz appare politicamente infiacchito dallo scarso gradimento da parte della opinione pubblica rispetto alla coalizione che guida.

E Macron ha da poco dovuto cambiare il primo ministro ed è bersagliato dalle insidie della sinistra e della destra di  Lepen.

In Italia è difficile immaginare che la Premier Meloni possa assurgere ad un ruolo di avanguardia in sede europea per la storica cultura scettica per usare un eufemismo sia perché la sua idea di Europa è al più una idea intergovernativa, non già comunitaria.

E poi la Presidente del Consiglio italiana è insidiata reiteratamente dall’aperto antieuropeismo di Salvini che lei fronteggia, come è avvenuto sul MES, occupando il medesimo spazio, non lasciando al leader leghista il monopolio dell’anti-Bruselles.

D’altra parte in Spagna e Portogallo i due leader socialisti Sanchez e Costa, sia pure in situazioni e per ragioni diverse, sono alle prese con criticità politiche non trascurabili.

E dall’Est europeo arrivano segnali non univoci:

la vittoria di Tusk in Polonia segna indubbiamente un punto a favore delle posizioni pro europee, ma il blocco non è unito in primis per la presenza invasiva e aggressiva del premier ungherese Orban che ha posto in discussione persino la continuità degli aiuti europei alla Ucraina.

In questo quadro di movimento ha assestato una spinta poderosa la decisione dell’attuale presidente del Consiglio Europeo, Michel, di candidarsi alle prossime elezioni europee, che aprirebbe le porte all’assunzione del suo ruolo da parte dello stesso Orban, sia pure per un periodo transitorio fino alla elezione del nuovo Presidente.

 

Può questa situazione sfilacciata dei leader di Governo portare ad un ulteriore indebolimento della UE dopo le elezioni?

 Può essere!

Ma la riduzione del peso e del comando intergovernativo può anche portare ad un rilancio della dimensione federale che significa in sostanza che un Parlamento Europeo popolato da energie autorevoli e determinate, una Commissione Europea che rafforza il suo ruolo di proposta e di ricerca delle intese tra Parlamento e Consiglio, sulla scia della esperienza di Delors e della stessa positiva azione della Von Der Leyen, possono diventare i motori comunitari della integrazione.

 Questo è, naturalmente, il mio auspicio.

 

CHI COMANDA IN EUROPA? DI SICURO NON LA DUCETTA –

L’EDITORIALE AFFILATO DELLA RUBRICA “CHARLEMAGNE” DI “THE ECONOMIST” SUL VUOTO DI POTERE A BRUXELLES:

“LA SIGNORA MELONI HA AVUTO UN BREVE PERIODO COME PRESUNTO ‘KINGMAKER’.

MA I PARTITI POLITICI DI CENTRO HANNO FATTO ABBASTANZA BENE DA POTER (PROBABILMENTE) FARE A MENO DEL SUO APPOGGIO, RIDUCENDO LA SUA IMPORTANZA…” –

ALLA FINE L’UNICO A GODERE SARÀ IL PUTINIANO ORBAN, CHE DAL 1° LUGLIO HA LA PRESIDENZA DI TURNO DELL’UNIONE...

 

 Dagospia.com - “Charlemagne” – “The Economist”- (24 giugno 2024) – ci dice:

 

 Per diversi anni, all'inizio degli anni '90, “Deng Xiaoping” ha guidato la Cina, pur non avendo alcun titolo formale se non quello di “Presidente Onorario dell'Associazione Cinese del Bridge”.

L'Unione europea di oggi è all'incirca l'opposto:

un luogo pullulante di presidenti, ma nessuno al comando.

Un inaspettato vuoto di potere si è abbattuto sul continente nel bel mezzo di una guerra in corso, di un conflitto commerciale con la Cina e di un'elezione snervante in America.

Sia a Bruxelles che nelle capitali nazionali, chi dovrebbe prendere le decisioni è impegnato in altro modo, di solito con le loro difficoltà interne.

 Qualcuno - qualcuno - può farsi avanti per guidare l'Europa?

Da tempo è difficile capire chi chiamare se si vuole parlare con l'Europa.

Ma questo è uno dei suoi punti di forza.

Nei secoli passati, per stabilire chi avesse il sopravvento sul continente si doveva misurare quali truppe avessero fatto più breccia nel territorio dei vicini (spesso la Germania).

Dopo la seconda guerra mondiale, quando i combattimenti hanno lasciato il posto alle riunioni dell'UE convocate per discutere il formato delle future riunioni dell'Unione, la domanda "Chi governa l'Europa?"

Di solito ha dato luogo a una risposta cacofonica.

 Ai federalisti piace pensare che siano i leader delle principali istituzioni del blocco a Bruxelles.

I britannici hanno sempre sospettato che fosse l'asse franco-tedesco, che non sono mai riusciti a spezzare.

 I francesi pensano che l'UE sia guidata, per natura, dai francesi;

i tedeschi stanno consapevolmente nell'angolo, felici di lasciarglielo credere.

Nazionalisti come l'ungherese Viktor Orban o l'italiana Giorgia Meloni sono certi che sia arrivato il loro momento, visto il recente spostamento a destra delle elezioni europee.

 I membri del Parlamento europeo sono irremovibili: dovrebbero essere loro.

La risposta corretta è in continuo mutamento e i giornalisti a Bruxelles sono sempre occupati.

Ahimè, tutti i leader potenziali sono al momento in bilico.

Il leader europeo più rapidamente svilito è Emmanuel Macron.

Quando è stato rieletto alla presidenza francese due anni fa, si è presentato come il portabandiera dell'Unione.

Si trattava di un leader nazionale di un grande Paese orgoglioso di stare davanti alla bandiera dell'UE, sempre pronto a esprimersi (spesso a lungo) sul futuro dell'Europa.

Che la sua popolarità in patria si affievolisse e intaccasse la sua credibilità nei circoli dell'UE era prevedibile.

Ma la sua convocazione di elezioni parlamentari lampo, previste per il 30 giugno e il 7 luglio, ha sollevato la prospettiva di una "coabitazione" disordinata tra Macron e un primo ministro di un partito rivale, probabilmente di destra.

Che ne sarà dell'Europa?

Nessuno lo sa con certezza, vista l'evoluzione dell'UE dal 1997-2002, quando la Francia si è divisa per l'ultima volta i posti di comando.

Anche se il presidente manterrebbe la sua sfera di competenza sugli affari esteri e continuerebbe a partecipare ai vertici dei leader europei, questa è solo una parte della storia.

La legislazione dell'UE viene elaborata nelle riunioni dei ministri, alle quali parteciperebbero i rappresentanti francesi della squadra rivale.

La Francia sembra destinata a esportare il suo immobilismo interno a livello continentale, anche prima delle elezioni presidenziali del 2027.

 

 Chi può raccogliere il mantello di Macron?

 Di solito ci si aspetta che sia il cancelliere tedesco a farsi avanti.

Ma quello attuale, “Olaf Scholz”, non ha l'attaccamento viscerale del suo omologo francese all'UE.

La supervisione di una coalizione disordinata a Berlino ha reso difficile agire con decisione a Bruxelles.

Tutti e tre i partiti al governo sono stati massacrati alle recenti elezioni europee.

 Nei prossimi mesi, una lotta disordinata sui tagli di bilancio metterà ulteriormente alla prova la stabilità del governo.

Presto l'attenzione si sposterà sulle elezioni federali del prossimo anno.

Molti leader nazionali hanno tentato di rompere l'asse franco-tedesco;

aggiungere un terzo partito a una coppia litigiosa ha un certo sapore europeo. Finora non ha funzionato nulla.

 Ci si aspettava che la Polonia, il più grande Paese dell'Europa centrale, trasformasse il duo franco-tedesco in un triangolo di leadership.

Ma Donald Tusk, il suo nuovo leader, deve ancora lavorare per recuperare l'apparato statale dall’operato dei suoi predecessori di destra.

Gli olandesi avevano un leader esperto come Mark Rutte, che però sembra destinato ad assumere la guida della NATO.

La signora Meloni ha avuto un breve periodo come presunto "king maker" nell'UE, il cui sostegno potrebbe essere necessario per installare una nuova squadra di leader per le istituzioni centrali del blocco dopo le elezioni europee del 9 giugno.

Ma i partiti politici di centro hanno fatto abbastanza bene da poter (probabilmente) fare a meno del suo appoggio, riducendo la sua importanza.

Quando la leadership si allontana dalle capitali nazionali, di solito ci si può fidare della macchina dell'UE a Bruxelles per tentare una presa di potere.

 Non ora: i capi delle istituzioni del blocco, in particolare la Commissione europea che agisce come braccio esecutivo, stanno per terminare il loro mandato.

 

 Il 17 giugno, i 27 leader nazionali dell'UE si sono riuniti a cena per nominare tre "presidenti" (il termine è usato in modo poco chiaro a Bruxelles) per guidare la Commissione, presiedere le riunioni dei leader dell'UE e presiedere il Parlamento.

 Ci si aspettava che dessero il via libera a “Ursula von der Leyen” per un altro mandato di cinque anni alla guida della Commissione.

Ma l'accordo si è rivelato stranamente elusivo.

 Molto probabilmente sarà nominata quando i leader si riuniranno nuovamente il 27 giugno.

 Ma anche se il Parlamento la appoggerà il mese prossimo - cosa non ancora garantita - la signora” von der Leyen” passerà gran parte del resto dell'anno a contrattare con le capitali nazionali e gli eurodeputati per costruire una squadra di commissari.

Chi chiamera’?

Viktor Orban!

 

MAKE EUROPE GREAT AGAIN - LO SLOGAN DI VIKTOR ORBAN PER IL SEMESTRE DI PRESIDENZA UNGHERESE DELL UE.

Quando tutto il resto fallisce, si può contare su un'ultima figura di riferimento per l'UE:

chi guida il Paese che detiene la "presidenza" semestrale a rotazione del Consiglio, dove i governi nazionali contrattano.

La fortuna vuole che dal 1° luglio il compito spetti a nientemeno che a Orban.

L'irascibile primo ministro ungherese è la bestia nera dell'UE, sempre pronto a soccorrere la Russia o a sostenere i guerrieri culturali euroscettici.

 Il 18 giugno ha presentato il nuovo slogan del Consiglio:

"Make Europe Great Again".

Sembra un piano, se solo ci fosse qualcuno in grado di attuarlo.

 

 

 

 

Il vertice Nato che serve agli Usa

per ribadire chi comanda.

Anche in Ue.

Notiziegeopolitiche.net - Enrico Oliari – (10 Luglio 2023) – ci dice:

 

Erdogan, 'se la Svezia nella Nato, la Turchia nell'Ue'.

Nonostante non si veda la fine del conflitto e la controffensiva introdotta da Kiev arranchi, gli Usa, padroni di fatto della Nato, intendono proseguire con l’allargamento dell’alleanza militare inglobando Ucraina e Georgia, com’era stato stabilito al vertice di Bucarest del 2008.

Due paesi ex sovietici e che hanno lunghi confini con la Russia, per quanto sia palese che il feticismo del nemico pubblico numero uno serva soltanto da paravento all’enorme affare della compravendita di armi, che vede gli Usa primi produttori con 750 miliardi di dollari all’anno.

Così, mentre i paesi vengono rasi al suolo, i civili uccisi e le economie del pianeta distrutte, al di là dell’oceano, cioè ben lontano dal conflitto, l’economia resta in piedi anche grazie all’industria bellica, che necessita costantemente di almeno una guerra per funzionare.

Fatto sta che il “vertice Nato di Vilnius” sa già di autocelebrazione di un programma già scritto, per quanto il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca “Jake Sullivan” abbia mostrato una certa prudenza affermando che “L’Ucraina non entrerà nella Nato come risultato del prossimo vertice dell’Alleanza Atlantica a Vilnius, ma il summit sarà un importante passo nel cammino dell’Ucraina verso la Nato”.

Costi quel che costi, insomma, anche se il rischio di riportare l’Europa in un conflitto su ampia scala appare tutt’altro che remoto dal momento che il presidente russo Vladimir Putin difficilmente potrà permettersi la minaccia perpetua di basi della Nato lungo i 1576 km di confine con l’Ucraina.

Nato che, è bene ribadirlo superando i proclami e le frasi fatte, è un’alleanza di carattere militare e che con la pace e il mantenimento della pace non ha nulla a che fare.

Più realista del re, anzi del sultano, è stato il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, il quale ha incontrato il collega ucraino Volodymyr Zelensky (puntualmente in maglietta militare, manco fosse lui in prima linea):

 nel marasma rappresentato dal groviglio dei neuroni cerebrali di Joe Biden ha cercato di portare a casa risultati concreti, a cominciare dal clamoroso ricatto a Bruxelles:

se la Nato vorrà il “sì” della Turchia all’adesione della Svezia, la Turchia dovrà entrare nell’Unione Europea.

 Erdogan sa benissimo che, al di là della farsa delle elezioni europee, a comandare nell’Ue è sempre la Casa Bianca, per cui sta cercando di portare a casa quanto più possibile, magari facendosi passare come angelo della pace (lui, che bombarda i curdi persino in Siria e in Iraq!) e garantendo che se i russi non rispetteranno l’accordo sul grano, saranno le navi turche a scortare i carichi ucraini.

E visto che c’era, da uomo di pace ha messo sul tavolo fabbriche di droni turchi in Ucraina.

Il cuore del problema, cioè la fine delle ostilità, al momento sembra non interessare a nessuno:

dopo la decisione dell’Unione Europea di rinunciare al suo ruolo di pacificatore schierandosi nel conflitto e rifornendo l’extracomunitaria Ucraina di soldi e di armi con costi esorbitanti per gli europei a causa della chiusura del mercato russo, gli Usa continuano ad alzare la posta giocandosi il carico e di conseguenza portando la Russia a fare altrettanto.

 Biden ha infatti deciso l’invio di bombe a grappolo, proibite dalla convenzione Onu e nell’Unione Europea.

D’altronde se si producono, da qualche parte vanno usate…

 

 

 

 

Usa. Trump, Harris e l’immigrazione:

molta politica, poca famiglia.

Notiziepolitiche.net - Domenico Maceri – (31 Agosto 2024) – ci dice:

 

“Quando il Messico ci manda la sua gente non mandano i loro migliori elementi…. ci mandano gente con molti problemi… portano droga, portano crimini e sono stupratori, e alcuni, immagino siano anche brava gente”.

Con queste parole Donald Trump iniziò la sua prima campagna presidenziale nel 2015.

 La sua linea non è cambiata, ma i suoi attacchi recenti ai migranti includono tanti altri Paesi oltre al Messico.

Secondo il tycoon i migranti arrivano tutti da “insane asylums” (manicomi).

 Non si sa perché Trump usi “asylum” aggiungendovi “insane”.

Alcuni hanno ipotizzato che lui non capisca la parla “asylum”, asilo politico richiesto dai nuovi arrivati e lo abbia colorato in maniera da renderlo peggiorativo.

La retorica sui migranti è cambiata poco per Trump che lui ha usato per ottenere consensi alle urne.

 Difatti le sue asserzioni costanti “sull’invasione” dal confine sud del Paese funzionano e hanno spinto Joe Biden e Kamala Harris a spostarsi a destra.

 In ciò sono stati influenzati dai sondaggi che vedono l’immigrazione come uno dei tre temi più importanti (economia 38%, aborto 16%, immigrazione 11%).

 Altri sondaggi ci confermano che la retorica di Trump sul caos al confine col Messico sta funzionando.

Il 61% degli americani crede che gli Usa non abbiano controllo sulle frontiere, mentre solo il 28% crede il contrario.

Trump sarebbe avanti nei sondaggi come capace di risolvere i problemi al confine col Messico (Trump 53%, Harris 45%).

In sintesi le aspre vedute sull’immigrazione del candidato repubblicano sarebbero preferite a una linea più moderata della candidata democratica.

E le misure proposte da Trump sono veramente aspre.

Includono la più grande deportazione di massa degli 11 milioni di residenti senza autorizzazione di residenza legale.

 Il candidato repubblicano ha sparato grosso, ma la sua proposta sarebbe inclusa in dettaglio nel Progetto 2025 secondo cui la Guardia Nazionale verrebbe militarizzata con ampi poteri di individuare coloro senza diritto di essere nel Paese, conducendo raid in scuole, ospedali, chiese e cantieri.

 L’implementazione potrebbe essere difficile da realizzare, poiché i datori di lavoro si ribellerebbero, com’è avvenuto nei campi di agricoltura.

Nel 1998, per esempio, agenti della “Immigration and Naturalization Service” (INS), le autorità di immigrazione, visitarono senza preavviso dei campi di cipolle in Georgia, causando una ribellione da parte dei datori di lavoro.

 Dopo l’intervento di un parlamentare repubblicano che protestò asserendo “l’evidente mancato rispetto” per gli agricoltori i raid vennero sospesi.

 Non si poteva accettare che le cipolle marcissero.

Dopotutto il business è business.

“Kamala Harris” ha riconosciuto che l’immigrazione rappresenta un punto debole, ma lei è riuscita a colpire Trump facendo notare giustamente che lui non si interessa a risolvere i problemi del Paese, dando priorità ai suoi interessi personali.

Nel mese di febbraio di quest’anno, infatti, il Senato americano approvò una legge che avrebbe dovuto fare piacere a Trump poiché era stata sponsorizzata da senatori ultra conservatori anche se sostenuta da voti democratici.

La legge avrebbe ampliato il numero delle detenzioni al confine se i numeri aumentassero, stanziato fondi per ingrandire il numero di agenti alla frontiera e investire su apparecchiature tecnologiche per catturare i trafficanti di droga.

Trump però silurò la legge, minacciando i parlamentari repubblicani.

Mike Johnson, speaker della Camera, non sottomise la legge al voto.

La Harris ha detto nel suo discorso alla Convention Democratica che lei da presidente riproporrebbe la legge e eventualmente la firmerebbe.

In tutte le discussioni sull’immigrazione Trump ha sottolineato gli aspetti negativi. Ciononostante quando si discute la situazione degli undici milioni di immigrati senza diritto di residenza legale un altro quadro emerge.

 Il 59 percento degli americani concederebbe a questi individui il diritto di rimanere negli Usa.

Questa cifra include anche il 32 percento di sostenitori di Trump.

Inoltre un altro sondaggio indica che il 68 percento degli americani favorisce la cooperazione di legislatori repubblicani e democratici per regolarizzare lo status dei “dreamers”.

Questi “sognatori” sono giovani portati da bambini negli USA dai loro genitori senza permessi legali.

Sono infatti visti come americani a tutti gli effetti poiché gli Usa è l’unico Paese che veramente conoscono.

Sembra strano che né i repubblicani né i democratici abbiano già approvato una legge che regolarizzi la loro situazione considerando il fatto che avrebbe l’approvazione della stragrande maggioranza degli americani.

 E i genitori e gli altri familiari di questi “dreamers”?

Dopotutto non vivono da soli e hanno famiglie.

Separarli dai parenti, deportando alcuni, e lasciando altri nel Paese sarebbe crudele.

Le famiglie sono importanti, almeno è quello che si sente dire dai due partiti.

Non tanto da Trump, però.

Come si sa, la madre di Trump era nata in Scozia e quindi anche lui ha radici in altri Paesi.

Da aggiungere che la sua prima moglie Ivana e la terza Melania sono nate in altri Paesi, la prima in Cecoslovacchia e la seconda in Slovenia.

 A differenza di Trump, però, la Harris non tace sulle origini dei suoi genitori.

Come si sa, il padre nacque in Giamaica e la madre in India.

I due si conobbero a Berkeley, in California, e lei ha parlato a lungo di loro, specialmente della madre, la quale si è incaricata da sola della sua crescita dopo il divorzio dei genitori.

Questi aspetti famigliari vengono messi in secondo piano e allo stesso tempo quasi nulla viene menzionato in campagna elettorale sui contributi degli immigrati alla storia del Paese.

Trump, in particolar modo, si concentra sugli aspetti negativi che gli interessano per segnare gol politici, mantenendo la situazione nelle notizie, senza nessun tentativo di risolverla.

La tematica dell’immigrazione irrisolta fa piacere a Trump e lui non ha nessuna intenzione di perdere una delle carte vincenti.

Nella campagna elettorale del 2016 Trump promise che una volta eletto presidente avrebbe costruito il muro al confine col Messico.

 Sarebbe stato un “grande muro” e non sarebbe costato molto.

Promise anche che il Messico avrebbe pagato le spese.

 Difatti fu una delle sue promesse non mantenute.

Meglio continuare a tenere l’immigrazione senza soluzioni e convincere gli elettori poco informati, la cui memoria è troppo breve, che lui risolverà i loro problemi. Difatti, cercherà di risolvere i propri problemi, non quelli degli americani.

(Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.)

 

 

 

 

Ue. Tensioni e divisioni sulle forniture

di armi all’Ucraina. E alla Polonia

sono finiti soldi e scorte.

 Notiziegeopolitiche.net – (30 Agosto 2024) - Giuseppe Gagliano e Enrico Oliari – ci dicono:

 

Il sostegno militare all’Ucraina sta diventando sempre più oneroso per i governi occidentali.

 I volumi e il numero di prestiti finanziari concessi a Kiev stanno diminuendo costantemente, poiché i “partner” occidentali si mostrano riluttanti a perdere denaro sottraendoli da altri capitoli di spesa.

Parallelamente i programmi di assistenza militare si riducono a causa dell’esaurimento delle riserve.

 In questo contesto il ministro della Difesa polacco, “Wladyslaw Kosiniak-Kamysh”, ha recentemente dichiarato che Varsavia non è attualmente in grado di fornire all’Ucraina l’aiuto richiesto dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Secondo “Kosiniak-Kamysh”, la Polonia non dispone più di armi eccedenti da inviare.

Abbiamo dato tutto ciò che potevamo dare all’Ucraina”, ha affermato il ministro.

“Il governo polacco ha donato attrezzature per miliardi di dollari all’Ucraina. Questo è tutto ciò che potevamo offrire.”

 Questa dichiarazione sottolinea la posizione di Varsavia, la quale si trova ora in una situazione di stallo fino a quando non riceverà i caccia F-35 promessi, previsti non prima del 2026.

Senza questi aerei la Polonia non può fornire all’Ucraina i caccia MiG-29 richiesti da Zelensky.

A complicare ulteriormente la situazione il primo ministro polacco Donald Tusk ha dichiarato che la Polonia non sta abbattendo missili e droni russi a causa delle difficoltà nel distinguere rapidamente tra un drone militare e un oggetto civile.

Inoltre Tusk ha espresso dubbi sul fatto che ci sia stata realmente una violazione dello spazio aereo polacco il 26 agosto.

Queste dichiarazioni mettono in luce le crescenti difficoltà economiche e logistiche che l’occidente sta affrontando nel sostenere l’Ucraina.

Anche i paesi storicamente più ostili alla Russia stanno esaurendo le risorse disponibili per fornire denaro e armi alle forze armate ucraine.

Questa situazione solleva interrogativi crescenti tra i conservatori occidentali:

 vale la pena continuare a sostenere l’Ucraina?

In un contesto geopolitico sempre più complesso, la diminuzione del supporto militare da parte della Polonia, considerata un alleato chiave dell’Ucraina, potrebbe avere ripercussioni significative non solo per il conflitto in corso, ma anche per l’equilibrio delle alleanze e delle relazioni internazionali nella regione.

La Polonia non è il primo paese a lamentare problemi con le forniture di armi, nonostante il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sia onnipresente in ogni consesso per ottenere sempre più mezzi e munizioni, ieri a Bruxelles con i ministri degli Esteri dell’Ue c’era l’extracomunitario ministro ucraino “Dmytro Kuleba”.

Le armi costano e ingrassano i produttori, innanzitutto quelli statunitensi, costringendo i governi subalterni, cioè quelli alleati, a comprare armi nuove e a voli pindarici per tagliare la spesa pubblica incontrando il malcontento popolare.

Già in Italia si sta parlando di un aumento dell’età pensionabile, nonostante le promesse dei leader di governo quando erano all’opposizione.

In questo quadro il belligerante “Josep Borrell,” Alto rappresentante della Politica estera e di Sicurezza dell’Ue (Pesc), ha chiesto ha i paesi membri dell’Ue di lasciare utilizzare le armi fornite all’Ucraina per colpire il territorio russo, ovvero che “Le armi che abbiamo dato all’Ucraina devono essere pienamente utilizzabili, quindi le restrizioni devono essere rimosse per permettere agli ucraini di prendere di mira i luoghi da cui partono gli attacchi russi. Altrimenti le armi sono inutili”.

Pacifico che se ciò avvenisse anche la Russia alzerebbe l’asticella dello scontro.

La richiesta di Borrell ha trovato tuttavia la contrarietà inedita del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, il quale ha affermato che “Ogni Paese è libero di decidere come è giusto utilizzare le armi inviate all’Ucraina. Noi abbiamo inviato soprattutto armi difensive: adesso stiamo per inviare la nuova batteria Samp-T, che è difensiva e non può essere utilizzata in territorio russo.

Ribadiamo che noi non siamo in guerra con la Russia, la Nato non è in guerra con la Russia quindi per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi all’interno del territorio ucraino”.

Di traverso si è messo anche il ministro degli Esteri ungherese “Péter Szijjárto”, il quale ha osservato che “si tratta di una questione strettamente bilaterale con l’Ucraina, che non ha nulla a che fare con l’Ue”.

Al vertice dei ministri Ue “Szijjárto” ha rimproverato alla Commissione europea il silenzio assoluto sulla decisione di chiudere l’afflusso di gas russo, cosa che penalizza innanzitutto Ungheria e Slovacchia, per cui ha fatto saltare un nuovo pacchetto di 6 miliardi di euro di aiuti europei all’Ucraina.

 

 

 

 

I Brics cambiano l’ordine geopolitico.

Ma per l’Europa non esistono

 Notiziegeopolitiche.net – (29 Agosto 2024) - Mario Lettieri e Paolo Raimondi – ci dicono:

 

I BRICS crescono, ma i media nostrani li ignorano totalmente.

 Non si dovrebbero sorprendere se al 16mo vertice di Kazan, in Russia, i prossimi 22 – 24 ottobre, essi avanzassero proposte e iniziative di una valenza economica e politica tale da scuotere alle fondamenta il vecchio ordine geopolitico.

Negli ultimi otto mesi hanno tenuto decine e decine di conferenze e incontri preparatori a livello di governi, di parlamenti e di esperti su tutti gli argomenti di interesse globale.

Uno degli argomenti affrontati, quello monetario e finanziario, merita indubbiamente una maggiore attenzione per le sue inevitabili ripercussioni geopolitiche.

Anche quando si è discusso di cooperazione energetica, tecnologica, infrastrutturale, sanitaria, educativa o culturale, è sempre emersa la centralità del futuro assetto monetario e finanziario a livello internazionale.

Affermano di voler sviluppare la cooperazione interbancaria, fornendo assistenza alla trasformazione del sistema dei pagamenti internazionali con l’uso di tecnologie finanziarie alternative, ampliando l’utilizzo delle valute nazionali dei singoli paesi BRICS nel commercio reciproco.

Allo scopo i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche Centrali sono stati incaricati di esaminare e relazionare a” Kazan “sull’uso delle valute locali e delle piattaforme di pagamento.

L’intento è chiaramente quello di rafforzare il proprio ruolo nel sistema monetario e finanziario internazionale, soprattutto sulle piattaforme multilaterali come l’Organizzazione mondiale del commercio, il Fmi e la Banca mondiale.

 Vogliono unire gli sforzi contro la frammentazione del sistema commerciale multilaterale, contro l’aumento del protezionismo e contro l’introduzione di restrizioni commerciali unilaterali.

Secondo gli ultimi dati, il commercio reciproco tra i paesi BRICS ha raggiunto quasi 678 miliardi di dollari l’anno.

 Allo stesso tempo, negli ultimi 10 anni, il commercio globale è cresciuto del 3% l’anno, quello dei BRICS con il resto del mondo del 2,9% e quello all’interno del gruppo del 10,7%.

Per capire il processo è più importante analizzare il tasso di crescita piuttosto che il valore globale.

Nonostante l’ostilità manifesta e crescente di un certo mondo occidentale nei confronti dei BRICS, le candidature e le adesioni da parte dei più svariati paesi stanno aumentando.

Non tutti sono “in guerra” con il cosiddetto occidente.

Ciò dovrebbe far riflettere senza pregiudizio alcuno.

Una spiegazione, intelligente quanto preoccupante, la fornisce il “Washington Post” che, in un recente articolo, riporta che gli Usa hanno messo un terzo del mondo sotto sanzioni.

Non solo, ma ben il 60% di tutti i Paesi a basso reddito.

Oggi più di 15mila sanzioni economiche sono operative.

Il “Washington Post” rivela che non pochi esperti e funzionari di vari governi statunitensi hanno espresso dubbi sull’effettiva efficacia delle sanzioni, ammettendo che esse sono diventate lo strumento principale, quasi automatico, della politica estera Usa.

 Ciò di riflesso avrebbe indotto a sottovalutarne anche i possibili danni collaterali. Il quotidiano sostiene che si sarebbe addirittura favorita la crescita di “un’industria delle sanzioni”, multimiliardaria, composta di studi legali, lobbisti e consulenti che si occupano esclusivamente di queste.

Razionalmente dovremmo tutti essere d’accordo sulla necessità di rafforzare il multilateralismo per il giusto sviluppo globale, per la sicurezza e per la pace.

Perciò ancora ci si chiede perché i paesi europei e l’Ue non vogliono seguire un percorso autonomo, facendo così anzitutto il proprio interesse.

Al riguardo, significativo è il pensiero del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il quale, in occasione della sua recente visita al Centro brasiliano per le Relazioni internazionali (CEBRI) di Rio de Janeiro, in Brasile (il paese che nel 2024 detiene la presidenza del G20 e che nel 2025 avrà quella dei BRICS), ha sostenuto che siamo di fronte a grandi sfide globali “che riguardano tutti, che coinvolgono il concetto, usato talvolta in modo vago, di ‘occidente’, tanto quanto il concetto, definito talora in maniera strumentale, di sud globale.

Questo è un tempo che richiede dialogo e confronto”.

Ricordando inoltre la vocazione inclusiva della politica estera italiana, ha evidenziato “la necessità di un multilateralismo in cui i paesi del sud globale possano esprimere con efficacia la loro voce protagonista e il loro peso”.

Questa appare come la strada più sicura per lo sviluppo e per la pace nel mondo.

(Mario Lettieri, già deputato e sottosegretario all’Economia; Paolo Raimondi, economista e docente universitario).

Ucraina. Mentre Zelensky manda l’élite

a Kursk, nel Donbass sta per cadere Pokrovsk.

Notiziegeopolitiche.net – “30 Agosto 2024” - Enrico Oliari – ci dice:

 

 

La perdita della città strategica potrebbe far crollare il fronte ucraino.

Sullo stemma di “Pokrovsk” compare una rondine che vola un ramo d’ulivo sul becco.

Pokrovsk, per i russi “Krasnoarmeïsk”, è una città dell’ooblasto di Donetsk di 60mila abitanti verso la quale i russi stanno spingendo, 40 attacchi negli ultimi giorni, nel tentativo di espugnarla e prendere così il controllo di un importante nodo strategico.

La caduta della città innescherebbe un effetto domino che porterebbe alla rapida conquista di altri centri della regione, ma ancor più potrebbe tradursi nel crollo del fronte ucraino, per cui già ora vi è una “situazione estremamente difficile”, come ha ammesso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

 Dello stesso avviso “David Cohen”, direttore aggiunto della Central Intelligence Agency (CIA) degli Stati Uniti, il quale ha riconosciuto che le forze russe “stanno facendo progressi lì (…) Possono prendere Pokrovsk”.

Mentre le forze d’élite, ben equipaggiate dagli occidentali, combattono nella regione russa di Kursk in quella che è una sortita dal basso profilo strategico, negli ultimi giorni nel Donetsk sono cadute Orlovka, Kamyshevka, Nikolayevka, Kostantinivka e Novozhelannoye;

in quello di Lugansk i russi hanno conquistato Stelmakhovka, mentre oggi hanno preso Sinkvika nella regione di Kharkiv.

Difficilmente gli ucraini cederanno “Pokrovsk” senza combattere, per cui si profila una nuova “Bakhmut”, con numerose perdite da entrambe le parti.

Intanto” Pokrovsk” è bersaglio dei droni e dei missili russi, attacchi finalizzati a indebolire le difese ucraine.

Sul fronte di Kursk gli ucraini stanno cercando, nonostante le gravi perdite, di entrare a” Korenevo” e di allargare i fianchi dell’offensiva, che per ora rimane contenuta nelle aree rurali.

Oggi è stata ammessa da parte ucraina la perdita di un F-16 fornito dagli Usa: secondo Kiev l’aereo si sarebbe schiantato il 26 agosto per un errore del pilota Oleksiy Mes, deceduto, ma è alta la probabilità che il velivolo sia stato abbattuto dalle forze russe.

 

 

 

Chi comanda in Cisgiordania,

 il terzo fronte di Israele contro

i miliziani del West Bank:

qui l’Iran “fa arrivare armi”.

Ilriformista.it - Lorenzo Vita — (30 Agosto 2024) – ci dice:

 

Lì Hamas è più debole che a Gaza e si concentra sugli attacchi ai coloni. Il Jihad è più popolare. Guida il Jenin Battalion, un gruppo ombrello che funge da “pietra angolare” della militanza nella regione.

Chi comanda in Cisgiordania, il terzo fronte di Israele contro i miliziani del West Bank: qui l’Iran “fa arrivare armi”.

Il terzo fronte, per Israele, è quello della Cisgiordania.

 Nascosto rispetto alla Striscia di Gaza.

Sottotraccia rispetto al Libano.

Ma per Benjamin Netanyahu è altrettanto fondamentale.

Perché è lì, dove si scontrano coloni radicali e residenti palestinesi e dove c’è la fragile Autorità nazionale di Abu Mazen, che Hamas e Jihad islamico hanno iniziato la loro penetrazione.

E non è un caso che le “Israel defense forces” abbiano deciso, da alcuni mesi, di utilizzare per la “West Bank” una strategia diversa rispetto agli anni passati.

 Una pressione più pesante, che sta prendendo piede soprattutto in questi giorni con raid e incursioni su tutto il territorio.

L’esercito dello Stato ebraico si è mosso a Jenin, Nablus, Tubas e Tulkarem, dove ieri ha comunicato l’uccisione di 12 uomini armati palestinesi.

Un numero che per “Wafa”, l’agenzia palestinese, sale invece a 17.

E le operazioni proseguono da giorni, come del resto avevano preannunciato anche i comandi delle Tsahal.

 Una strategia diversa, simile a quella per contrastare la seconda intifada, dicono gli esperti, e che ha trovato anche forti critiche da parte della comunità internazionale.

“Gli ultimi sviluppi nella Cisgiordania occupata, compreso il lancio di operazioni militari su larga scala da parte di Israele, sono profondamente preoccupanti.

Condanno fermamente la perdita di vite umane, anche di bambini, e chiedo l’immediata cessazione di queste operazioni”, ha scritto su “X” il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

In Cisgiordania nuove armi da Iran.

Mentre da Bruxelles, si è levata la voce dell’Alto rappresentante per la politica estera, “Josep Borrell”, che ha chiesto che le operazioni nella regione non siano un allargamento della guerra a Gaza e ha condannato la richiesta di evacuare la popolazione avanzata dal ministro degli Esteri israeliano, “Israel Katz”.

Il governo israeliano non sembra però affatto intenzionato a fare marcia indietro.

E i motivi sono principalmente due.

 Il primo è che la Cisgiordania, secondo il Mossad e lo Shin Bet, si sta trasformando in un nuovo strumento di pressione da parte dell’Iran.

Da mesi funzionari Usa e israeliani hanno messo in guardia sul flusso di armi che Teheran farebbe arrivare nel territorio sotto l’autorità dell’”Anp” attraverso la Giordania e la Siria.

Spesso con l’ausilio di Hezbollah.

 E da Ramallah, anche il “partito Fatah”, dominante in Cisgiordania, ha più volte posto l’accento su questa novità strategica degli ultimi anni (ma in particolare dei mesi dopo il 7 ottobre), avvertendo di non “sfruttare” per altri fini “la nostra sacra causa e il sangue del nostro popolo”.

 

 

 

 

 

"Abbiamo detto a Israele: 'Guardate,

 se dovete andarvene, siamo dietro

 di voi fino in fondo".

   Unz.com - Alastair Crooke – (30 agosto 2024) – ci dice:

 

L'America è intrappolata dal suo sostegno militare "corazzato" e incondizionato a Israele, che offre a Netanyahu ampio spazio di manovra.

"Il successo nello sventare l'attacco di Hezbollah di domenica ha simboleggiato l'intelligence e il vantaggio operativo di Israele":

secondo il portavoce dell'IDF, l'attacco di Hezbollah è stato sventato per la maggior parte – grazie a 100 aerei israeliani che hanno effettuato 24 ore su 24 – attacchi preventivi che hanno distrutto "migliaia di lanciamissili".

 Il gruppo [Hezbollah] è riuscito a lanciare centinaia di razzi contro il nord di Israele, ma il danno che hanno causato è stato piuttosto limitato ", hanno suggerito sdegnosamente i portavoce israeliani (in mezzo a un completo blackout sulla pubblicazione, sotto censura totale, in Israele, di qualsiasi segnalazione sui danni causa infrastrutture alle strategiche israeliane o ai siti militari).

In effetti, è stato un "teatro" montato da entrambe le parti:

limitando il loro attacco di 20 minuti a meno di 5 km dal confine – e rimanendo Hezbollah all'interno delle "equazioni" della guerra – entrambe le parti hanno chiaramente segnalato l 'una all'altra che non stavano cercando una guerra totale.

La "narrazione del vincitore" da parte di Israele era prevedibile nell'odierna atmosfera di guerra psicologica.

Eppure ha un costo:

“Amos Harel” su “Haaretz” suggerisce che " c'è una tendenza in Israele [di conseguenza] a considerare il successo nello sventare l'attacco di domenica come una nuova prova del consolidamento della deterrenza regionale e della supremazia strategica [occidentale].

 Ma una valutazione del genere – ammette – appare tutt'altro che accurata».

 

In effetti lo è (tutt'altro che accurato).

Il teatro della domenica si è concluso senza alcun cambiamento nella situazione strategica nel nord di Israele:

il logoramento quotidiano continua da oltre la frontiera del Libano, fino al nuovo confine di 40 km che definisce l'entità della perdita di territorio da parte di Israele a favore della no-go zone di Hezbollah.

Il punto strategico non è che questa narrazione di un riuscito contrasto delle capacità di Hezbollah sia altamente fuorviante.

 Piuttosto, aspettative di successo militare disponibile da cui si trarranno conclusioni sbagliate.

 Ci siamo già passati. Non è andata bene...

“Seymour Hersh”, decano del giornalismo investigativo statunitense, questa settimana ha ripostato un pezzo che aveva scritto nell'agosto 2006 sul pensiero degli Stati Uniti nel contesto di una guerra israeliana contro Hezbollah – e sul suo ruolo inteso come progetto apripista per un successivo attacco degli Stati Uniti contro l'Iran.

Ciò che Hersh scrisse allora rappresenta un sorprendente” déjà vu” della situazione odierna.

Resta al punto perché il pensiero neoconservatore degli Stati Uniti raramente si evolve, ma rimane costante.

"La grande domanda per i nostri [Stati Uniti] L'Air Force", ha osservato Hersh nel 2006, "è stato il modo per colpire con successo una serie di obiettivi difficili in Iran", ha detto l'ex alto funzionario dell'intelligenza.

"Chi è il più stretto alleato dell'aeronautica americana nella sua pianificazione? Non è il Congo, è Israele".

Il funzionario ha continuato:

"Tutti sanno che gli ingegneri iraniani hanno consigliato Hezbollah sui tunnel e sulle postazioni missilistiche sotterranee.

E così l'USAF si è rivolta agli israeliani con alcune nuove tattiche e ha detto loro: ‘'Concentriamoci sui bombardamenti e condividiamo ciò che abbiamo sull'Iran - e ciò che avete sul Libano."

"Gli israeliani ci hanno detto [che Hesballah] sarebbe stata una guerra a buon mercato con molti benefici", ha detto un consulente del governo degli Stati Uniti con stretti legami con Israele:

"Perché opporsi? Saremo in grado di dare la caccia e bombardare missili, tunnel e bunker dall'aria.

Sarebbe una manifestazione per l'Iran".

"Il consulente mi ha detto che gli israeliani hanno ripetutamente indicato la guerra in Kosovo come un esempio di ciò che Israele avrebbe cercato di realizzare

 " Le forze NATO ... hanno metodicamente bombardato e mitragliato non solo obiettivi militari, ma anche tunnel, ponti e strade, in Kosovo e altrove in Serbia, per settantotto giorni ... "Israele ha studiato la guerra in Kosovo come suo modello di riferimento ... Gli israeliani hanno detto a “Condi Rice”:

 L'hai fatto in circa settanta giorni, ma a noi serve la metà, trentacinque giorni" [per finire Hezbollah]".

"La Casa Bianca di Bush", ha detto un consulente del Pentagono, "si è agitata per un po' di tempo per trovare una ragione per un colpo preventivo contro Hezbollah" ; aggiungendo, "

 Era nostra intenzione far diminuire Hezbollah, e ora abbiamo qualcun altro che lo fa ...

Secondo un esperto del Medio Oriente, con conoscenza del pensiero attuale sia del governo israeliano che di quello statunitense:

Israele aveva ideato un piano per attaccare Hezbollah - e lo aveva condiviso con i funzionari dell'amministrazione Bush - ben prima dei rapimenti del 12 luglio [2006]:

"Non è che gli israeliani avessero una trappola in cui Hezbollah è caduto", ha detto, "ma c'era un forte sentimento alla Casa Bianca che prima o poi gli israeliani lo avrebbero fatto", ha scritto “Hersh”.

"La Casa Bianca era più concentrata sullo spogliare Hezbollah dei suoi missili, perché - se ci fosse stata un'opzione militare contro le strutture nucleari dell'Iran - avrebbe dovuto sbarazzarsi delle armi che Hezbollah avrebbe potuto usare in una potenziale rappresaglia contro Israele.

Bush voleva entrambe le cose", è stato detto a “Hersh”.

"L'amministrazione Bush era strettamente coinvolta nella pianificazione degli attacchi di rappresaglia di Israele.

Il presidente Bush e il vicepresidente Dick Cheney erano convinti... che una campagna di bombardamenti dell'aeronautica militare israeliana contro i complessi sotterranei di comando e controllo e missilistici pesantemente fortificati di Hezbollah in Libano avrebbe potuto alleviare le preoccupazioni di sicurezza di Israele e anche servire da preludio a un potenziale attacco preventivo americano per distruggere le installazioni nucleari dell'Iran, alcune delle quali sono anche sepolte in profondità nel sottosuolo".

Un ex ufficiale dell'intelligence ha detto: "Abbiamo detto a Israele: 'Guardate, se voi ragazzi dovete andarvene, siamo dietro di voi fino in fondo".

"Ciononostante, alcuni ufficiali in servizio con il “Joint Chiefs of Staff “erano profondamente preoccupati che l'amministrazione avrebbe avuto una valutazione molto più positiva della campagna aerea di quanto dovrebbero", ha detto l'ex alto funzionario dell'intelligence.

Non c'è modo che Rumsfeld e Cheney traggano la conclusione su questo", ha detto.

 "Quando il fumo si diraderà, diranno che è giustamente stato un successo, e trarranno rinforzi per il loro piano di attaccare l'Iran".

(Questo è il punto in cui ci troviamo oggi: quando il fumo si diraderà dall'"esemplare attacco preventivo in Libano" di domenica, Netanyahu lo userà con Washington per trarre rinforzi per la sua aspirazione di impegnare gli Stati Uniti in un attacco contro l'Iran).

"Il bombardamento strategico è stato un concetto militare fallito per novant'anni, e tuttavia le forze aeree di tutto il mondo continuano a farlo", ha detto [a Hersh] “John Arquilla”, analista della difesa presso la “Naval Postgraduate School”...

Rumsfeld [ha condiviso anche lui la visione annoiata di questo esperto]: "La potenza aerea e l'uso di alcune forze speciali avevano funzionato in Afghanistan, e lui [Rumsfeld] aveva provato a farlo di nuovo in Iraq.

Era la stessa idea, ma non ha funzionato.

 Pensava che Hezbollah fosse troppo trincerato, e il piano di attacco israeliano non avrebbe funzionato, e l'ultima cosa che voleva era un'altra guerra durante il suo turno che avrebbe messo le forze americane in Iraq in maggiore pericolo".

"Il piano israeliano del 2006, secondo l'ex alto funzionario dell'intelligence, era "l'immagine speculare di ciò che gli Stati Uniti avevano pianificato per l'Iran ".

(Le proposte iniziali dell'aeronautica militare statunitense per un attacco aereo per distruggere la capacità nucleare dell'Iran, che includevano l'opzione di un intenso bombardamento di obiettivi infrastrutturali civili all'interno dell'Iran) incontravano la resistenza dei vertici dell'esercito, della marina e del corpo dei marine, secondo funzionari attuali ed ex funzionari.

Sostenevano che il piano dell'aeronautica militare non avrebbe funzionato e avrebbe inevitabilmente portato, come nella guerra israeliana con Hezbollah, all'inserimento di truppe a terra.

David Siegel”, l'allora portavoce israeliano, affermò che la leadership del suo Paese, all'inizio di agosto 2006, riteneva che la guerra aerea avesse avuto successo e avesse distrutto oltre il settanta per cento della capacità di lancio di missili a medio e lungo raggio di Hezbollah.

Israele, tuttavia, non aveva distrutto il 70% delle scorte di missili di Hezbollah nel 2006.

È stato ingannato dall'operazione esca dell'intelligence di Hezbollah.

Gli israeliani hanno bombardato i siti vuoti.

Oggi, sentiamo la stessa esultanza provenire dal portavoce dell'IDF, il contrammiraglio “Hagari”, che ostenta il successo degli attacchi israeliani di domenica.

Probabilmente alcuni in Israele e negli Stati Uniti saranno di nuovo profondamente preoccupati che la squadra di Biden possa cadere in una valutazione molto più positiva della campagna aerea israeliana di quanto dovrebbe.

Molti commentatori in tutto l'Occidente stanno commettendo lo stesso errore. Venire ha osservare il corrispondente militare di “Haaretza” proposito degli attacchi aerei di questa domenica:

 "c'è una tendenza in Israele a considerare il successo nello sventare l'attacco di domenica come una nuova prova del consolidamento della deterrenza regionale e della supremazia strategica".

O, in altre parole, l'Iran è stato dissuaso dal mantenere il suo "impegno" di vendicarsi per l'assassinio di “Ismail Haniyah” a Teheran dall'accumulo di potenza di fuoco da parte degli Stati Uniti nelle acque del Mediterraneo e del Golfo Persico e dalla paura di una schiacciante potenza di fuoco degli Stati Uniti.

Chiunque veda i video che mostrano le 'città missilistiche' automatizzate e profonde dell'Iran, dispiegate in tutta la profondità dell'Iran (e che ha permesso di esporre alla vista momentanea), dovrebbe capire che bombardare a tappeto le strutture civili iraniane non impedirà la capacità iraniana di rispondere in modo letale.

L'Iran potrebbe scatenare l'Armageddon regionale, niente di meno.

Quindi, per chiarezza: chi è esattamente quello che è scoraggiato e che fa marcia indietro?

 È l'Iran o Washington?

Eppure, "se è vero che la campagna israeliana si basa sull'approccio americano in Kosovo, allora ha perso il punto", ha detto a “Hersh” il generale “Wesley Clark”, comandante degli Stati Uniti.

Uccidere i civili non era l'obiettivo:

" Secondo la mia esperienza, le campagne aeree devono essere sostenute, in ultima analisi, dalla volontà e dalla capacità di finire il lavoro sul terreno".

E questo – semplicemente – è impossibile per gli Stati Uniti da prendere in considerazione per l'Iran.

"Ci troviamo di fronte a un dilemma", ha detto un funzionario israeliano a Hersh nel 2006.

 In effetti, dobbiamo decidere se adottare una risposta locale (che è inefficace) o una risposta globale, per affrontare davvero Hezbollah [e l'Iran] una volta per tutte".

Plus ça change:

il dilemma potrebbe non essere cambiato, ma Israele è cambiato radicalmente. Una maggioranza in Israele oggi è messianica nel suo sostegno ai seguaci di “Jabotinsk”y per fare ciò che avevano sempre voluto e promesso di fare: espellere i palestinesi dalla Terra di Israele.

Molti a Washington hanno capito che i “sionisti revisionisti” (che rappresentano forse circa 2 milioni di israeliani) intendono cinicamente imporre la loro volontà agli "anglosassoni", facendo precipitare gli Stati Uniti in un'ampia regionale, se la Guerra Casa Bianca dovesse cercare di minare il” loro progetto neo-Nakba” di espulsione forzata dei palestinesi.

 

Tuttavia, se gli Stati Uniti ponessero il veto a un attacco all'Iran prima delle elezioni americane (e l'Iran non reagisse alla morte di Haniyeh prima di allora), il "progetto" Naqba potrebbe essere portato avanti estendendo l'attuale offensiva militare di Gaza alla Cisgiordania, o attraverso una grave provocazione all'Haram al-Sharif /Monte del Tempio (come un incendio alla moschea di al-Aqsa).

“I sionisti revisionisti” sono stati chiari negli ultimi anni sul fatto che una crisi o la confusione della guerra sarebbero necessarie per attuare pienamente il loro progetto neo-Naqba.

L'America in particolare è intrappolata dal suo sostegno militare "corazzato" e incondizionato a Israele, che offre a Netanyahu ampio spazio di manovra.

Manovra, cioè, verso il conflitto che è l'unica via di fuga di Netanyahu 'verso l'alto' mentre i 'muri di logoramento' si avvicinano a Israele.

 Iran e Hezbollah sembrano aver scelto anche loro, per ora, di preservare il loro dominio escalation attraverso un ritorno all'imposizione di logoramento calibrato su Israele.

Gli Stati Uniti non saranno in grado di mantenere a lungo un dispiegamento così massiccio di navi militari nella regione;

ma allo stesso tempo, Netanyahu non sarà in grado di tergiversare politicamente in patria per molto tempo.

 

 

Tensione tra Giorgia Meloni

 e Salvini: scoppia il caso.

  Msn.com – News Mondo – (31- 8 – 2024) - Christian Luca Di Benedetto – ci dice:

 

Il comunicato sulla posizione dell’Italia riguardo alla guerra in Ucraina scatena tensioni nella maggioranza, Giorgia Meloni infastidita.

Il vertice di centrodestra tra Giorgia Meloni, Salvini e Tajani che avrebbe dovuto dimostrare compattezza ha invece rivelato tensioni e confusione, soprattutto per via di un comunicato rilasciato con due versioni differenti.

Il focus principale del documento era la politica estera, in particolare la posizione dell’Italia riguardo alla guerra in Ucraina.

Tuttavia, la differenza tra le versioni ha fatto emergere sospetti su una possibile spaccatura interna alla maggioranza.

 

Il comunicato della discordia: Giorgia Meloni e Salvini rischiano.

Dopo tre ore di discussioni, i leader del centrodestra hanno rilasciato un comunicato congiunto.

La versione ufficiale, diramata dallo staff di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, confermava la totale sintonia sulla politica estera, con un accento particolare sulla crisi in Medio Oriente e sulla posizione dell’Italia nel contesto del conflitto ucraino.

Tuttavia, la Lega ha trasmesso ai giornalisti una versione differente, che esprimeva supporto a Kiev ma con la specifica che l’Italia fosse contraria a ogni ipotesi di interventi militari al di fuori dei confini ucraini.

Questo “errore”, come lo ha definito la Lega, ha creato un evidente cortocircuito comunicativo, che non è passato inosservato.

 Nonostante le immediate scuse dello staff di Matteo Salvini, che ha attribuito l’incidente alla fretta, il danno era già fatto.

 Il premier Giorgia Meloni, secondo fonti rivelate da ansa.it, non ha nascosto il suo fastidio per l’accaduto, alimentando ulteriormente i sospetti di una spaccatura interna sulla gestione della crisi ucraina.

Reazioni politiche: l’opposizione all’attacco.

L’incidente non è passato inosservato all’opposizione, che ha subito colto l’occasione per attaccare il governo.

Enrico Borghi di Italia Viva ha sottolineato come la differenza tra le due versioni del comunicato non sia una semplice questione stilistica, ma una scelta di campo tra la linea di Viktor Orbán e quella dell’Unione Europea.

 Anche esponenti del Partito Democratico e di Azione hanno criticato duramente l’accaduto, accusando il governo di non riuscire a mantenere una posizione unitaria su un tema così delicato come la guerra in Ucraina.

 

Il caso del comunicato “corretto” ha dunque sollevato una serie di interrogativi non solo sulla coesione della maggioranza, ma anche sulla reale strategia del governo italiano rispetto al conflitto in corso.

Se da un lato la Lega ha cercato di minimizzare l’incidente, dall’altro resta il dubbio che non si tratti solo di un semplice errore, ma di una divergenza di vedute che potrebbe avere ripercussioni future sulla stabilità dell’esecutivo.

 

 

 

Lo stato di sicurezza nazionale

sta uccidendo la “libertà di parola”.

 Unz.com - Filippo Giraldi – (30 agosto 2024) – ci dice:

I governi e le istituzioni stanno usando il “lawfare” per mettere a tacere le voci indipendenti.

È interessante sentire il presidente Joe Biden affermare che la democrazia è in gioco nelle prossime elezioni nazionali, quando lui e i suoi colleghi del Partito Democratico hanno fatto così tanto per ostacolare la libera discussione di questioni che dovrebbero essere considerate importanti dall'elettorato.

 Joe ha operato per decreto nella sua apertura del confine meridionale degli Stati Uniti all'invasione di massa da parte di immigrati illegali e ha impegnato gli Stati Uniti a partecipare a due guerre senza alcuna dichiarazione di guerra o giustificazione credibile per entrare nei conflitti in termini di sicurezza degli Stati Uniti.

Più precisamente, in termini di come colpisce ogni americano, Biden e compagnia hanno condotto campagne elettorali basate sulla premessa che i suoi oppositori fossero assistiti dall'interferenza di governi ostili nel processo.

 In realtà, se l'interferenza esterna nelle elezioni è un problema reale, è un crimine che è più vero per il migliore amico di Joe, Israele, piuttosto che per qualsiasi cosa proveniente dalla Russia, dalla Cina o dall'Iran.

 

Ma l'unico argomento che è parte integrante della corruzione elettorale e che non viene discusso a sufficienza è la cooptazione della polizia nazionale e delle agenzie di intelligence per renderli di fatto operativo del partito al potere, più recentemente i Democratici.

Dopo le elezioni del 2016, l'uso del cosiddetto stato profondo per infangare Donald Trump attraverso accuse emerse dalle forze dell'ordine federale che agivano in collusione con la campagna di Hillary Clinton e alcuni nei media è stato esposto.

 A causa di quella rivelazione, il concetto di uno stato profondo che opera indipendentemente dalle elezioni o dai funzionari eletti ha iniziato a prendere forma nelle menti di molti osservatori della scena di Washington.

L'amministrazione Biden ha portato ancora di più in là il rapporto incestuoso con le forze dell'ordine e le agenzie di intelligence.

Ha cercato di istituire un "Disinformation_Governance_Board" presso il Dipartimento della Sicurezza Interna che avrebbe avuto il potere di denunciare la credibilità dei cittadini che si lamentavano di ciò che il governo stava facendo sulla base della finzione che ciò che stava accadendo era una deliberata interruzione del governo utilizzando informazioni false.

 

 Questo valeva anche per la mano sempre più pesantemente impiegata da Biden sull'istruzione, dove i genitori che esprimevano disaccordo con la “Critical Race Theory “e altri contenuti svegliati insegnati nelle scuole, così come l'aggressiva piegatura di genere, venivano convenientemente etichettati come "terroristi" domestici".

In breve, chiunque non sia d'accordo con la politica del governo è diventato un problema "interno" e si troverà di fronte al pieno impiego delle risorse governative per criminalizzare o creare disincentivi a tale comportamento che alcuni ricorderanno essere stato definito "libertà di parola".

Fortunatamente, le persone stanno iniziando a prendere atto di ciò che sta accadendo per creare un mondo in cui i governi cospirano attivamente per eliminare le critiche su ciò che fanno.

Tutto ricorda il tormento del giornalista “Julian Assange” da parte dei governi britannico e statunitense nel corso di oltre dodici anni, cinque dei quali in un carcere di massima sicurezza, per il crimine di aver rivelato dettagli di comportamenti ufficiali discutibili o addirittura illegali da parte dei soldati statunitensi in Iraq.

Due interessanti usi delle risorse della polizia federale per mettere a tacere i dissidenti si sono verificati di recente negli Stati Uniti, coinvolgendo individui politicamente di spicco che vengono sorvegliati e molestati per poco più delle loro opinioni contrarie espresse sulle guerre americane.

Si tratta di “Scott Ritter”, un ex marine e ispettore degli armamenti, e “Tulsi Gabbard”, un ex membro del “Congresso delle Hawaii” e tenente colonnello della riserva della Guardia Nazionale di quello stato.

Ciò che è stato fatto loro dall'amministrazione Biden, utilizzando come strumento di scelta i servizi di sicurezza della nazione, è bizzarro e quasi inimmaginabile per coloro che credono ancora che gli Stati Uniti siano una democrazia funzionante i cui diritti dei cittadini sono protetti da una costituzione e da un sistema giudiziario che applica le leggi senza riguardo per chi è al potere o scritta per la difesa di interessi particolari.

Ritter ha avuto due incontri recenti con l'FBI.

Il 3 giugno Rd ha tentato di volare in Russia per parlare a una conferenza internazionale quando è stato fermato all'aeroporto e gli è stato ritirato il passaporto per ordine del Dipartimento di Stato.

Non è stata fornita alcuna spiegazione per l'azione e non gli è stata fornita né una ricevuta né un mandato che spiegasse i motivi del sequestro del documento.

 Da allora non è stato più restituito.

Il 7 agosto esimo 41 agenti dell'FBI arrivarono senza preavviso e procedettero a perquisire la casa di Ritter nello stato di New York.

Hanno confiscato documenti e dispositivi di comunicazione elettronica.

È interessante notare che avevano in loro possesso un grosso file che conteneva copie di molte delle sue e-mail e messaggi telefonici, indicando che era stato sotto sorveglianza per un bel po' di tempo.

E' noto in modo indipendente che l'FBI, la NSA e la CIA hanno capacità di sorveglianza globale che consentono loro di monitorare telefoni ed e-mail per chiunque, o, addirittura, per tutti, in tempo reale, quindi si potrebbe presumere che Ritter sia stato solo una delle loro tante vittime.

Il “caso Gabbard” è ancora più sconcertante perché, sebbene sia un critico attivo della guerra in Ucraina, Tulsi è un ex deputato del Partito Democratico e ufficiale dell'esercito che era ed è eminentemente rispettabile.

Secondo quanto riferito, è perseguitata dagli sceriffi dell'aria della “Transportation Security Administration”, parte dell'”operazione segreta “Quiet Skies” dell'agenzia che mira a sospette minacce agli aerei e agli aeroporti.

Coloro che sono sotto sorveglianza di Quiet Skies hanno un “SSSS” stampato sui biglietti d'imbarco della compagnia aerea, richiede che venga messo da parte prima dell'imbarco per ulteriori controlli.

“Gabbard” ritiene che inserirla nella lista degli obiettivi di “TSA Quiet Skies” sia stato "chiaramente un atto di ritorsione politica.

Non è un caso che io sia stato inserito nella lista di Quiet Skies il giorno dopo aver fatto un'intervista in prima serata avvertendo il popolo americano su...

 perché “Kamala Harris” sarebbe un male per il nostro paese se eletta presidente".

Gabbard” ha osservato che, nonostante abbia prestato servizio nell'esercito degli Stati Uniti per 21 anni, "ora il mio governo mi sta sorvegliando come un potenziale terrorista interno... costringendomi a guardarmi sempre alle spalle, chiedendomi se e come vengo osservato, in quale lista segreta di terroristi mi trovo, e senza trasparenza o giusto processo".

Un commentatore su Twitter ha osservato che "l'unica cosa che “Tulsi Gabbard” ha fatto saltare in aria è stata la precedente corsa presidenziale di Kamala.

 Ecco perché è in una lista".

Un ex agente della TSA ha spiegato che, a causa dell'essere elencato su Quiet Skies, “Gabbard” avrebbe avuto più marescialli dell'aria su " ogni volo, ogni tappa" e le squadre cinofile "manovreranno verso l'area del gate [d'imbarco]... fluttuare in giro per cercare di captare l'odore di qualcosa...

Quando viaggia in aereo, ci sono uno o più marescialli del cielo che viaggiano con lei In alcuni casi, viene accolta da una squadra di agenti con cani da fiuto quando scende dall'aereo".

Tulsi crede che potrebbe essere presa di mira dalla Casa Bianca a causa della sua posizione contro la guerra, ma ora ha anche appoggiato Donald Trump per la presidenza e il governo sta quindi usando le forze dell'ordine come arma per intimidirla e screditarla.

Anche l'Europa è a bordo del carro della morte alla libertà di parola.

Un altro recente arresto è quello di “Pavel Durov” in Francia con l'accusa di aver permesso l'uso del suo servizio Internet per compiere azioni illegali come la collusione con la criminalità organizzata, lo spaccio di droga, la frode e la distribuzione di pornografia infantile.

 È stato temporaneamente rilasciato su cauzione di 5 milioni di euro il 28 agosto esimo ma non può lasciare la Francia.

“Durov” è il fondatore di origine russa di “Telegram”, il più grande servizio di messaggistica crittografato al mondo con oltre un miliardo di utenti.

È un multimiliardario con uno stile di vita sgargiante e ferma anche la cittadinanza francese e degli Emirati Arabi Uniti.

E c'è inevitabilmente un punto di vista israeliano relativo alla messa in onda da parte di Telegram di video espliciti delle atrocità israeliane che avvengono a Gaza.

I pubblici ministeri francesi diranno senza dubbio che si tratta di consentire "l'incitamento all'odio", ma quello di “Durov” ha la cittadinanza francese e ha viaggiato dentro e fuori il paese per anni.

L'arresto, che può significare vent'anni di carcere, è avvenuto solo dopo che Israele si è lamentato.

Per quel che vale, il rabbino capo di Francia, “Haim Korsia”, ha giustificato l'uccisione israeliana dei palestinesi a Gaza durante un'intervista televisiva francese e poi ha esortato il governo israeliano a "finire il lavoro".

Non è stato arrestato per aver approvato un crimine di guerra, né è stato nemmeno rimproverato dal primo ministro Emmanuel Macron.

Allo stesso modo, le mosse degli Stati Uniti per vietare “TikTok”, di proprietà cinese, sono in gran parte dovute al fatto che consente anche i video da Gaza e le lamentele di Israele hanno suscitato un Congresso degli Stati Uniti normalmente dormiente per vietare il sito.

 Si tratta di creare un Internet che non ospiti contenuti che non piacciono agli ebrei, e questa regola si applica anche ai singoli giornalisti.

Il 14 agosto eesimo Il giornalista indipendente britannico “Richard Medhurst “è stato arrestato dalla polizia all'aeroporto londinese di Heathrow e interrogato mentre era in isolamento per 24 ore.

Gli sono stati anche confiscati il telefono e il laptop per una possibile violazione della sezione 12 del “Terrorism Act del Regno Unito”, che consente a una persona di essere condannata e incarcerata fino a 14 anni per quello che è un reato di pensiero, "esprimendo un 'opinione o una convinzione che sostiene un'organizzazione [terroristica] vietata".

“Medhurst” era colpevole solo di essere un critico regolare ed esplicito del massacro dei palestinesi da parte di Israele.

Anche nel Regno Unito, il 29 agosto esimo, la giornalista indipendente “Sarah Wilkinson” è stata perquisita da 12 poliziotti della forza antiterrorismo che le hanno sequestrato documenti e dispositivi elettronici.

 Le hanno detto che era in arresto a causa di "contenuti che aveva pubblicato online" che erano molto critici nei confronti del genocidio israeliano degli abitanti di Gaza.

 

Le mosse contro i “provider di Internet” hanno senza dubbio allertato il miliardario “Elon Musk” e altri sulla possibilità che potrebbe essere presto sotto attacco, nel caso di Musk per il suo sito X (Twitter).

Riferendosi all'arresto di Durov, Musk ha descritto gli attuali attacchi ai siti di informazioni come "tempi pericolosi".

Il tenente colonnello in pensione dell'esercito americano “Alexander Vindman” , ebreo ucraino di nascita, che ha fatto scalpore come testimone chiave a sostegno dell'impeachment dell'ex presidente Donald Trump, ha emesso un avvertimento appena velato dopo l'arresto di Durov, elogiando la mossa di richiedere la censura sulle fonti di informazione su Internet.

“Vindman” ha attribuito lo sviluppo a "... una crescente intolleranza per la disinformazione e l'influenza maligna è un crescente appetito per la responsabilità. “Musk” dovrebbe essere nervoso".

 

Anche il giudice “Andrew Napolitano” è stato recentemente vittima di un possibile tentativo di mettere a tacere lui e i critici della guerra che appare nel suo programma di interviste, facendo sospendere temporaneamente una piattaforma internet che ha utilizzato per anni.

YouTube ha affermato che la mossa è dovuta alla disinformazione emersa in una sessione con il giornalista di fama internazionale “Pepe Escobar”, che prende una posizione decisamente contro la guerra.

 Ma nulla nell'intervista suggerisce che ci fosse qualcosa di degno di censura come disinformazione deliberata.

In realtà, la volontà di Napolitano di fornire una piattaforma per molti esperti le cui opinioni non sono gradite nei media mainstream ha portato più persone di questo tipo a unirsi alla sua lista di ospiti, che l'amministrazione Biden sembra vedere come una minaccia.

I media, in generale, sono stati i principali bersagli delle opportune opposizioni illegali da parte del governo, ma lo sforzo di consentire solo discorsi accettabili sta avanzando anche in altre aree.

 Le scuole e le università si stanno affrettando a creare campus a prova di protesta per il prossimo anno accademico, ma questo troppo spesso ha significato solo porre fine alle manifestazioni critiche nei confronti di Israele e delle sue politiche.

I manifestanti filo-israeliani che sostengono apertamente il genocidio contro i palestinesi non saranno disturbati.

La “New York University”, ad esempio, ha dichiarato che gli studenti e i docenti che discriminano o molestano i "sionisti" potrebbero violare le politiche di incitamento all'odio della New York University e potrebbero essere sospesi o espulsi.

I gruppi che sostengono Israele credono che l'uso della parola "sionista" in modo dispregiativo serva come copertura per gli attacchi contro gli ebrei o gli israeliani.

Ora, la “NYU”, che come molte università è stata paralizzata dai disordini filo-palestinesi durante l'ultimo anno scolastico, sembra essere la prima università a prendere posizione sull'uso del termine.

"L'uso di parole in codice, come 'sionista', non elimina la possibilità che il tuo discorso violi la politica NDAH [Non discrimination and Anti-Harassment]", si legge nei nuovi standard della comunità studentesca della NYU.

In altre parole, se chiami qualcuno "sionista" è ancora probabile che tu sia un antisemita!

La sezione di “Jewish on Campus” della NYU ha spiegato come la nuova politica "renda abbondantemente chiaro:

il sionismo è una componente fondamentale dell'identità ebraica".

I gruppi pro-palestinesi del campus hanno obiettato, osservando come il nuovo codice di condotta "criminalizzi la solidarietà con la Palestina".

In un'altra mossa per "proteggere" gli studenti sionisti vulnerabili dal presunto aumento dell'antisemitismo universitario, la” Hillel Foundation”, il gruppo di sostegno agli studenti ebrei attivi in numerosi campus americani, ha lanciato una campagna chiamata "Operazione Secure Our Campuses" in più di 50 università statunitensi.

Sono stati organizzati per coordinarsi con gli amministratori dei college locali, la polizia e l'FBI per elaborare almeno dieci passi che dovrebbero essere intrapresi per eliminare le manifestazioni pro-palestinesi nel prossimo anno accademico.

A quanto pare, le manifestazioni pro-Israele non saranno influenzate dalle nuove norme.

E c'è dell'altro, questa volta in arrivo dai repubblicani.

 Cinque senatori, Joni Ernst, Kevin Cramer, John Thune, Roger Marshall e Marsha Blackburn hanno firmato una lettera a “Daniel Werfe”, commissario dell'”IRS”, su una risposta "insufficiente e offensiva" a una "inchiesta per rivedere la conformità legale degli enti di beneficenza senza scopo di lucro che sostiene le manifestazioni che si oppongono allo Stato ebraico".

Due gruppi che i senatori hanno indicato come coinvolti nelle proteste anti-israeliane sono stati “Students for Justice in Palestine” e “Alliance for Global Justice.

"Lo status di esenzione fiscale di un'entità è un privilegio ed è la tua responsabilità garantire che solo a coloro che rispettano le leggi fiscali sia concesso questo privilegio", hanno scritto i senatori.

 La lettera si concludeva con i legislatori che chiedevano informazioni sul numero di post- 7 ottobre esimo organizzazioni coinvolte nelle proteste pro-palestinesi e l'identità dei gruppi che hanno effettivamente perso il loro status di no-profit di conseguenza.

I senatori chiedono che l'”IRS” non offra più agevolazioni fiscali speciali a gruppi o organizzazioni che sono critici nei confronti di Israele.

Il fatto è che le esenzioni dall'IRS sono generalmente concesse dopo un'attenta revisione delle credenziali delle organizzazioni che rientrano in varie definizioni come religiose, educative o caritatevoli.

Uno di questi status è chiamato 501 (c) (3) e consente all'organizzazione di sollecitare donazioni che nella maggior parte dei casi sono deducibili dalle tasse, un incentivo importante quando si cercano finanziamenti.

Ancora una volta, le fondazioni ebraiche "caritatevoli" che sostengono l'esercito israeliano, o la creazione di insediamenti illegali, o persino il genocidio dei palestinesi, non saranno sottoposte a tale controllo o alla perdita dello status speciale dell'IRS.

I gruppi critici della politica estera degli Stati Uniti, tuttavia, saranno sempre più presi di mira dall'”IRS” e puniti per aver assunto una posizione politica diversa da quella della Casa Bianca e del Congresso, in particolare se si riferisce a Israele.

È solo un ulteriore passo verso la morte della libertà di parola in America!

(Philip M. Giraldi, Ph.D., è direttore esecutivo del “Council for the National Interest”, una fondazione educativa deducibile dalle tasse 501(c)3 (numero di identificazione federale #52-1739023) che cerca una politica estera degli Stati Uniti più basata sugli interessi in Medio Oriente.)

 

 

 

 

 

Fango e sangue: come dare una

 spinta alle economie del primo

 mondo con il carburante del terzo mondo.

 

Unz.com - Tobias Langdon – (31 agosto 2024) – ci dice:

 

Fango, sabbia e segatura. Queste semplici cose sono ottimi carburanti per i sofisticati motori moderni. Tutti gli ingegneri rispettabili te lo diranno. Basta riempire il serbatoio e partire a razzo, godendo di prestazioni e chilometraggio notevolmente migliorati.

Ci sono solo due condizioni.

Primo, devi procurarti i supercarburanti nel Terzo Mondo.

 Deve essere fango siriano o sabbia marocchina o segatura pakistana.

 Secondo, devi usare i supercarburanti del Terzo Mondo nel Primo Mondo. Stranamente, se provi a far funzionare un motore con il fango in Siria, il tuo motore smetterà di funzionare.

Ma usa lo stesso fango in Germania e il tuo motore pulsa di potenza.

Fidati degli esperti!

 

Piovoso d'oro.

 

Beh, ho appena scritto una sciocchezza assoluta, ovviamente.

Nessun ingegnere ha mai detto che fango, sabbia o segatura siano un buon carburante per qualsiasi tipo di motore.

Gli ingegneri non sono idioti.

Hanno a che fare con la realtà, non con la fantasia.

 No, il gruppo idiota che fa affermazioni assurde sul carburante del Terzo Mondo non è composto da ingegneri, ma da economisti.

 Da decenni sostengono che l'immigrazione di massa dal Terzo Mondo è assolutamente vitale per le sofisticate economie moderne del Primo Mondo. L'oscuro, debole e stantio Occidente crollerà senza il dinamismo e la vitalità dei giovani siriani, marocchini e pakistani.

Stranamente, questi abitanti del Terzo Mondo non fanno prosperare le economie nelle loro terre d'origine.

Ma in Occidente, ricoprono d'oro i loro fortunati ospiti. Fidatevi degli esperti!

Questo è il messaggio degli economisti.

 La loro idiozia è pari solo alla loro arroganza.

In verità, se si alimenta un'economia occidentale con il fango, si ottiene sangue, non oro.

Alla fine di luglio 2024, “Southport” in Inghilterra ha visto con quanta facilità il fango del Terzo Mondo si trasforma in sangue del Primo Mondo.

Un nero ruandese ha invaso un club di vacanze per studentesse e ha iniziato a lavorare con un grosso coltello.

 Il frutto del suo lavoro sono state tre bambine morte e ferite più gravi.

 Alla fine di agosto 2024 anche “Solingen” in Germania ha visto fango e sangue.

Stava organizzando un “Festival der Vielfalt “, un festival della diversità.

Il momento clou del festival è stato fornito da un arabo siriano, che ha gridato "Allahu akbar!" e ha iniziato a lavorare con un altro grosso coltello.

Il frutto del suo lavoro è stato stranamente simile: tre adulti morti e ferite più gravi.

Gli esperti economisti del “Financial Times” (FT) hanno reagito all'attacco proprio come ci si aspetterebbe: con arroganza e idiozia.

Hanno ingrandito quello che considerano il vero problema esposto dal massacro di Solingen.

Non i siriani accoltellatori, ma l'estrema destra malvagia e consanguinea.

Il vero problema della Germania: non i siriani accoltellati, ma i malvagi bianchi dell'estrema destra.

Un esperto di nome “Henry Foy”, il "capo dell'ufficio di Bruxelles del FT", ha spiegato "Perché l'attacco con accoltellamento della Germania ha riacceso i timori di estrema destra dell'UE".

Riprodurrò le sue parole di seguito.

Quando le leggerete, notate la spensierata indifferenza rivelata dal sottotitolo "Il filo del coltello".

È un gioco di parole che si riferisce al pericolo che l'Europa precipiti nella xenofobia.

Sì, il Financial Times sta facendo un gioco di parole sul massacro sanguinoso e barbaro e sul ferimento di comuni bianchi tedeschi.

Ai redattori e agli scrittori del giornale semplicemente non importa.

L'élite che attualmente governa con l'Occidente non considera la morte violenta di comuni bianchi come un problema.

 È la reazione alla morte violenta il problema.

 Ecco l'articolo di “Henry Foy”:

Perché l'accoltellamento in Germania ha riacceso i timori dell'estrema destra nell'UE.

 

Oggi analizzerò cosa potrebbe significare per l'Europa la risposta della Germania all'accoltellamento avvenuto questo fine settimana. …

 

Filo del coltello.

 

Un mortale attacco con coltello in Germania ha sconvolto la politica del paese in vista delle elezioni regionali di questo fine settimana, ma sta anche preoccupando i funzionari di tutta l'UE, preoccupati per l'ascesa dell'estrema destra e della retorica anti-immigrazione.

Contesto:

Un siriano ha accoltellato a morte tre persone e ne ha ferite altre otto venerdì sera nella città di Solingen, nella Germania occidentale.

 L'attacco ha rafforzato il già forte sostegno al partito nazionalista di estrema destra Alternativa per la Germania in vista delle elezioni negli stati di Sassonia e Turingia di domenica.

 

Ieri, oltre a promettere di inasprire le leggi tedesche sulle armi, il cancelliere” Olaf Scholz” si è impegnato a ridurre l'afflusso di migranti irregolari e ad aumentare le deportazioni.

 Ciò ha fatto seguito alle dichiarazioni di “Björn Höcke”, leader dell'AfD in Turingia, che ha attribuito l'attacco a quello che ha definito:

"Questo esperimento multiculturale sul nostro Paese".

La tragedia di “Solingen” preoccupa due volte per Bruxelles.

 

A breve termine, ha messo in evidenza i pericoli politici posti da un'estrema destra nella ripresa in tutta Europa, poche settimane dopo che i partiti centristi hanno celebrato quelli che consideravano i risultati delle elezioni europee che confermavano il loro dominio sulla scena politica dell'Europa, UE.

A lungo termine, molti in Europa temono che una reazione istintiva in Germania – che potrebbe includere nuovi controlli alle frontiere e forse anche controlli sui movimenti all'interno del paese – potrebbe provocare un'ondata di mosse unilaterali simili da parte di altri paesi in cui i politici anti-immigrazione sono popolari.

Ciò minerebbe i principi fondamentali dell'area di libera circolazione Schengen dell'UE e metterebbe ulteriormente a dura prova un aspetto fondamentale del mercato unico del blocco.

"Non possiamo reagire a questo sbattendo la porta in faccia a persone che spesso fuggono dagli islamici", ha detto “Kevin Kühnert”, segretario generale del partito socialdemocratico di “Scholz”.

Molti a Bruxelles sperano che prevalga una risposta più calma. (" Perché l'attacco con accoltellamento in Germania ha riacceso i timori di estrema destra dell'UE ", “The Financial Times”, 27 agosto 2024).

Tre comuni bianchi sono stati massacrati nel sangue. Altri otto sono rimasti feriti.

Henry Foy” sorvola sui morti e sui feriti con un superficiale riferimento alla "tragedia".

 

Semplicemente non gliene importa.

Quando parla di "pericoli", non si riferisce ai siriani accoltellati, ma alla "risorgente estrema destra".

È anche profondamente preoccupato per una "reazione istintiva" in Germania che potrebbe "suscitare un'ondata" di "mosse unilaterali" altrove in Europa.

Nota la meraviglia medica evidente in quella metafora mista: una "reazione istintiva" crea un'"ondata".

Come ha sottolineato George Orwell nel suo magistrale saggio " La politica e la lingua inglese " (1946), le metafore miste dimostrano che gli scrittori non pensano e non vedono la realtà.

 Invece, stanno usando ciò che Orwell aveva precedentemente chiamato "linguaggio delle anatre".

Non è linguaggio "nel vero senso della parola", ma "rumore pronunciato nell'incoscienza, come lo starnazzare di un'anatra".

 

Non idioti, ma malvagi.

 

“Foy” è un papero parlante, qualcuno che snocciola opinioni ortodosse senza alcuna preoccupazione per la realtà, solo per l'ideologia.

Nel suo caso, è l'ideologia delle frontiere aperte.

Ecco perché cita con approvazione il papero parlante di un altro entusiasta delle frontiere aperte:

“Kevin Kühnert”, segretario generale del partito socialdemocratico.

 Kühnert ha detto:

 "Non possiamo reagire a questo sbattendo la porta in faccia a persone che spesso stanno fuggendo dagli islamisti".

Anche lui non è preoccupato per il massacro e la sofferenza dei comuni bianchi tedeschi.

No, la cosa importante è mantenere aperte le frontiere.

 “Kühnert” vuole che la Germania protegga le persone "in fuga dagli islamisti" consentendo agli islamisti di accompagnare quelle persone in Germania.

 È un idiota come “Henry Foy” e gli altri esperti del “Financial Times?

Beh, no.

In verità Foy, Kühnert e soci sono malvagi, non idioti. Non è la loro intelligenza a essere difettosa, è la loro etica.

Le opinioni degli ebrei.

Ecco perché demonizzano l'"estrema destra" per non aver accolto con favore il massacro e i crimini sessuali commessi dagli invasori del Terzo Mondo.

È anche il motivo per cui censurano le loro stesse bugie.

 Ricordiamo che il siriano accoltellato a Solingen si è messo al lavoro per un "festival della diversità".

 È ironico, non è vero?

Un momento Solingen celebra la diversità, il momento dopo la diversità sta massacrando Solingeners.

Ebbene, il Guardian ha deciso che l'ironia era troppo ricca per i palati delicati dei suoi lettori.

Come ha sottolineato “Mark Steyn”:

"Il titolo originale del Guardian si riferiva a tre morti 'al festival della diversità'...ma è stato rapidamente rivisto a tre morti semplicemente a un ' festival '".

 

Il menzognero “Michael Mann”, l'ebreo che ha fregato “Mark Steyn”.

Non che Steyn stesso sia onesto sul disastro dell'invasione dell'Occidente da parte dei Terzomondisti.

Come ho spesso sottolineato sull' “Occidental Observer” , si rifiuta di ammettere il ruolo centrale svolto dagli ebrei nell'invasione.

Quindi c'è più ironia nella battaglia legale che Steyn ha combattuto contro “Michael E. Mann”, un importante sostenitore del riscaldamento globale.

Steyn ha distrutto la sua salute e ha perso enormi somme di denaro nel tentativo di sconfiggere il suo astuto e sfuggente avversario.

Indovinate un po'?

Si scopre che il mendace “Michael Mann” è un ebreo.

Potete star certi che Mann è fermamente a favore delle frontiere aperte tanto quanto si oppone al riscaldamento globale.

Dopotutto, queste sono le opinioni degli ebrei:

 anche se gli ebrei lodano il diluvio di fango, ordinano ai bianchi di combattere il cielo.

 

 

 

 

Colpo di stato in Francia con Macron

che si rifiuta di rispettare i risultati elettorali.

Comedonchisciotte.org - Redazione CDC – (31 Agosto 2024) - Uriel Araujo, southfront.press – ci dice:

 

Immagina un capo di Stato che affronta una crisi politica in casa.

 Scavalca il voto in parlamento per imporre misure impopolari attraverso metodi discutibili (in mezzo a grandi proteste), poi usa una violenza estrema contro le manifestazioni.

 Poi, convoca elezioni lampo per neutralizzare i dissidenti politici radicali, e le perde.

 Poi, utilizza un importante evento sportivo internazionale per guadagnare più tempo e ignora i risultati delle elezioni, rifiutandosi di nominare un Primo Ministro della coalizione vincente.

Allora che persona è?

Alcuni userebbero sicuramente la parola “dittatore”.

Sarebbe davvero difficile descrivere uno stato di cose così particolare come qualcosa di diverso da una sorta di colpo di Stato, giusto?

 In questo caso, la comunità internazionale denuncerebbe certamente il capo di Stato autoritario e farebbe pressione affinché rispetti i risultati delle elezioni, giusto?

Beh, non è necessariamente così se sei Emmanuel Macron.

Una rapida occhiata agli eventi può offrire un’idea della profondità dei problemi in cui si trovano i francesi.

Innanzitutto, Macron ha sciolto l’ Assemblee National” e ha deciso di indire nuove elezioni legislative, il 30 giugno (e il 7 luglio, per il secondo turno).

Questa è stata una risposta al fatto che il partito populista di destra Rassemblement National (RN) ha vinto le elezioni europee, che di per sé è stata una sconfitta per il Presidente.

 RN, precedentemente noto come “Front national” (fino al 2018), è il partito di “Marine Le Pen”, che, ricordiamolo, ha promesso di far uscire la Francia dal comando militare della NATO nel 2022, quando era una candidata presidenziale (sconfitta).

Macron vinse le elezioni all’epoca, ma “Le Pen” promise questo mentre si preparava al secondo turno e certamente sollevò molte sopracciglia tra l’establishment politico di Parigi.

Come ho scritto in precedenza, descrivere il partito RN o i partiti populisti europei in generale come puro e semplice “fascismo” non è corretto.

Il provvedimento del Presidente francese di giugno è stato in ogni caso una mossa audace per schiacciare un gruppo politico visto come una minaccia.

Il senatore “François Patriat”, che è un alleato di Macron, all’epoca disse:

“Il Presidente ha ripreso il controllo. Ora sta agendo. È la fine di Marine Le Pen”.

Molti hanno criticato la decisione e temevano si sarebbe potuta ritorcere contro la Francia, che avrebbe avuto un Primo Ministro di ‘estrema destra’.

Questo non è accaduto.

Ma il risultato non era certamente quello che Macron sperava.

Le elezioni lampo, come detto, sono state descritte come una scommessa politica rischiosa.

Macron l’ha persa.

Anche se il risultato è stato un “Parlamento appeso”, il Nuovo Fronte Popolare o Nouveau Front populaire (NFP) ha conquistato il maggior numero di seggi parlamentari, il che ha rappresentato una sconfitta politica umiliante per il Presidente.

Macron stesso, tuttavia, non è d’accordo: “Nessuno ha vinto”, ha dichiarato.

Secondo lui, “i blocchi o le coalizioni che sono emersi da queste elezioni rappresentano tutti una minoranza”.

Il PNF lo contesta: “Il Nuovo Fronte Popolare è senza dubbio la prima forza della nuova Assemblea Nazionale”.

Il programma della nuova coalizione promette, tra le altre cose, di combattere la crisi del costo della vita con un tetto ai prezzi, di aumentare il salario minimo e di abbassare l’età pensionabile, oltre a riportare la tassa sul patrimonio che Macron aveva abolito.

Occorre tenere presente che l’anno scorso Macron ha fatto ricorso a metodi poco ortodossi per firmare la sua controversa legge di riforma delle pensioni, provocando manifestazioni a livello nazionale.

 Il governo ha risposto con una massiccia repressione dei manifestanti e dei giornalisti, che è stata denunciata tra gli altri dal Consiglio d’Europa, da” Reporter Senza Frontiere” e dalla” Lega Francese per i Diritti Umani”.

La manovra politica per portare avanti la riforma delle pensioni è stata descritta come un intricato colpo di stato costituzionale, che consisteva nel far passare il disegno di legge (che aumentava l’età pensionabile) attraverso il Parlamento senza alcun voto della Camera bassa.

La Francia è sotto un’amministrazione ad interim dalle suddette elezioni generali di luglio, che probabilmente non hanno prodotto una maggioranza operativa nell’assemblea nazionale del Paese.

Si tratta di una situazione di stallo.

 E sembra che non ci sia modo di uscirne.

Il 26 agosto, un comunicato stampa dell’Eliseo ha affermato che il Presidente non avrebbe nominato il candidato del PNF perché:

 “La stabilità istituzionale impone di non mantenere questa opzione”.

Il ragionamento è che, nominando un Primo Ministro che il Presidente presumibilmente “sa” che “cadrà”, il Capo dello Stato sarebbe “in violazione della Costituzione, che gli impone di garantire la stabilità e l’indipendenza del Paese”.

 A parte le complessità del sistema semipresidenziale francese, si può chiaramente vedere uno schema qui.

Macron, se ricordate, ha definito le Olimpiadi di Parigi una “tregua” e ha usato l’evento internazionale per guadagnare tempo, ma ora potrebbe essere a corto di scuse.

Sabato, Jean-Luc Mélenchon (leader del partito di estrema sinistra La France Insoumise – LFI) ha annunciato che i membri di LFI non entreranno a far parte di un governo del PNF – uno scenario che includeva il LFI che avrebbe impedito al Presidente di nominare “Lucie Castets” (la candidata del PNF) come Primo Ministro.

 Il Primo Ministro uscente di Macron ha risposto dicendo che “l’applicazione unilaterale” della piattaforma politica del PFN “porterebbe a una mazzata fiscale senza precedenti” e persino “al collasso economico del nostro Paese”.

L’Eliseo non ci sta.

La verità è che sembra impossibile che Macron accetti un governo di sinistra.

 Nel frattempo, la crisi politica continua.

Rimane quindi il fatto sconcertante che una situazione così particolare che si sta verificando in un Paese del G7 non riceve molta copertura da parte della stampa – o molte critiche, se è per questo.

 Il paragone con la crisi politica in corso in Venezuela è sufficiente a dimostrare che la vicenda francese è davvero sottovalutata.

Il doppio standard, in ogni caso, va oltre il giornalismo:

I leader politici occidentali, provenienti da tutto lo spettro politico, hanno denunciato il Presidente del Venezuela Nicolas Maduro per la recente controversia sulle elezioni presidenziali e molti stanno esortando il Governo venezuelano a farsi avanti con maggiore trasparenza sui risultati e così via.

Finora nessun leader politico occidentale di rilievo ha fatto pressione sul Capo di Stato francese affinché onorasse i risultati delle elezioni, nominando un Primo Ministro della coalizione di sinistra vincente.

Va da sé che se Macron fosse un leader del Sud Globale che persegue progetti energetici nel suo Paese o se fosse un capo di Stato europeo “pro-Cina” o “pro-Russia”, le cose sarebbero molto diverse.

 

Comunque sia, si prevede che le cose si faranno più difficili per il Presidente francese.

 L’ala sinistra sta ora minacciando Macron con procedure di impeachment che nessuno crede avranno successo, ma, cosa più importante, il Paese si trova ad affrontare una crisi politica ed economica e si prevede che le manifestazioni si diffonderanno e diventeranno sempre più violente, come accade oggi in altri Paesi europei.

Come ho scritto, Macron ha avviato svolte azzardate in politica estera, ma sembra che le questioni interne possano comprometterne il cammino.

(Uriel Araujo, southfront.press)

(Uriel Araujo. PhD, ricercatore di antropologia con particolare attenzione ai conflitti internazionali ed etnici.)

(southfront.press/coup-detat-in-france-with-macron-refusing-to-honor-election-results/).

 

 

 

 

Non ci sono buone notizie

nello svolgersi dell'Armageddon.

Globalresearch.ca - Caitlin Johnstone – (30 agosto 2024) – ci dice:

 

Il decadimento della civiltà occidentale si sta svolgendo in tempo reale proprio davanti ai nostri occhi.

Israele ha intensificato il suo assalto alla Cisgiordania con un'incursione che non si vedeva dal 2002, allo stesso tempo apprendiamo che l'amministrazione Biden si è affrettata ad aumentare le sue spedizioni di armi in Israele.

“Haaretz” riferisce che agosto è stato il secondo mese più trafficato per le spedizioni di armi dagli Stati Uniti alla base aerea israeliana di “Nevatim”, secondo solo all'ottobre 2023.

Questa è la stessa amministrazione Biden a cui è stato assicurato che gli americani stanno lavorando "instancabilmente" e "tutto il giorno" per un cessate il fuoco a Gaza.

Stanno commettendo un genocidio e mentono su di esso mentre ridono e sorridono e celebrano la "gioia" della campagna di “Kamala Harris”.

Nel frattempo nel Regno Unito il governo sta impazzendo arrestando i critici delle atrocità di Israele sostenute dall'Occidente per reati di parola.

Voci di spicco pro-palestinesi “Richard Medhurst”, “Sarah Wilkinson” e “Richard Barnard” sono stati tutti presi di mira dalla polizia antiterrorismo nei giorni scorsi ai sensi del “British Terrorism Act” con l'accusa di essere stati troppo solidali con i gruppi proibiti nella loro espressione di opinioni politiche sui recenti eventi in Medio Oriente.

Si uniscono al giornalista britannico “Kit Klarenberg” e all'ex ambasciatore britannico “Craig Murray,” che l'anno scorso sono stati attaccati per reati di parola ai sensi della stessa legge.

Qualcosa di simile sta accadendo in Australia, dove la giornalista di alto profilo “Mary Kostakidis” è accusata di aver violato la legge sulla discriminazione razziale per due retweet su Israele e Hezbollah che hanno offeso la “Federazione Sionista d'Australia”.

Questa mossa è arrivata poco dopo che il governo australiano ha nominato il suo primo "inviato per l'antisemitismo", una mossa che molti temevano avrebbe portato a un giro di vite sui discorsi critici nei confronti di Israele.

 

E in Francia il presidente Emmanuel Macron si è rifiutato di onorare i risultati di un'elezione, che ha visto l'alleanza di sinistra del Nuovo Fronte Popolare vincere la maggioranza a luglio, nominando un nuovo primo ministro.

Molti hanno accusato il presidente di aver orchestrato un colpo di stato, e le azioni di Macron sono state ampiamente citate come prova che i cosiddetti "centristi" del liberalismo occidentale si schiereranno sempre con i fascisti per fermare qualsiasi movimento verso il socialismo.

 Jean-Luc Mélenchon, che guida il più grande partito del Nuovo Fronte Popolare, ha recentemente promesso di riconoscere la Palestina "il più rapidamente possibile".

 

Mentre tutto questo sta accadendo, i russi avvertono di una terza guerra mondiale mentre la guerra per procura dell'impero occidentale in Ucraina continua a intensificarsi.

Gli abitanti di Zelensky hanno citato l'invasione ucraina di Kursk come prova che Mosca ha bluffato su tutte le sue linee rosse, affermando che la più grande invasione della Russia dalla seconda guerra mondiale dimostra che l'unico vero pericolo è la riluttanza della “NATO” a intensificare ulteriormente con ulteriori attacchi in profondità nel territorio russo.

Certo, gettate al vento ogni cautela e continuate ad aumentare la politica del rischio calcolato con una superpotenza nucleare.

Qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere?

Allora qual è la buona notizia?

Non ce n'è.

Non ci sono buone notizie da trovare nello svolgersi della distopia e dell'Armageddon.

 Aspettarsi il contrario non sarebbe ragionevole.

Questo non significa che non ci sia nulla di cui essere felici, o che non ci sia gioia o bellezza da trovare nel nostro mondo.

 La gioia e la bellezza si possono trovare ovunque si guardi.

Non sarai reso felice leggendo le vere notizie sui tempi in cui stiamo vivendo.

Viviamo in un mondo insondabilmente bello, e la felicità è la posizione predefinita della coscienza umana sotto tutta la follia e l'egocentrismo che abbiamo accumulato su di essa.

Tutto ciò che serve è un po' di lavoro interiore e chiarezza interiore e potrete sperimentare tutta la felicità e la bellezza che riuscite a sopportare in qualsiasi momento della vostra vita da svegli.

C'è una bellezza mozzafiato da trovare sulla cresta dell'onda dell'apocalisse.

 I gabbiani e i corvi che combattono per la spazzatura del fast food sulla strada.

 Il fumo che sale dalle fabbriche.

L'odore dei gas di scarico e il frastuono frenetico del traffico e del capitalismo.

È tutto così bello.

Ognuno di noi è stato benedetto con il dono della vita umana, e ogni vita umana è un'opportunità per sperimentare più gioia di quanto avremmo mai sognato possibile se solo potessimo imparare a penetrare attraverso le illusioni dell'ego e della dualità e iniziare a percepire la vita come si sta effettivamente manifestando in ogni momento.

Tutto ciò che serve è un po' di sguardo sincero e curiosità sulla vera natura della mente, la vera natura del sé e la vera natura della percezione.

E se riusciamo ad aprire gli occhi in questo modo, come bonus aggiuntivo, possiamo arrivare a riconoscere che le cose non sono senza speranza per l'umanità, dopo tutto.

Che mentre tutti i sistemi della nostra società sono completamente bloccati per prevenire la salute e il cambiamento in ogni modo significativo in questo momento, tutti noi abbiamo dentro di noi un vasto potenziale che in precedenza non avevamo mai considerato.

 Che il cervello umano possa effettivamente trascendere la relazione malsana con la narrazione mentale che gli ha permesso di essere propagandato e psicologicamente schiavo dello status quo per tutto questo tempo, e iniziare a muoversi con vera libertà all'interno del nostro mondo.

Tutta l'umanità ha il potenziale per risvegliarsi dalla sua propensione illusoria a infondere nella narrazione mentale il potere della fede.

Se può accadere a un singolo essere umano (e sicuramente può accadere), allora può accadere all'umanità come collettività.

 Questo potenziale dorme dentro di noi tutti, in attesa di essere risvegliato.

Ogni specie alla fine raggiunge un punto di adattamento o estinzione, in cui deve adattarsi alle mutevoli condizioni di questo pianeta o svanire nei reperti fossili.

L'umanità sta arrivando a un tale punto oggi.

O risveglieremo il potenziale che riposa dormiente in tutti noi per diventare una specie veramente consapevole, o seguiremo la strada dei dinosauri.

Abbiamo la libertà di andare in entrambe le direzioni.

Nel frattempo la vita è bella, e la vita è gioiosa, anche sull'orlo del precipizio dell'abisso esistenziale.

 Tutto quello che dobbiamo fare è svegliarci abbastanza per goderci questo fatto.

 

 

 

 

La guerra tra Israele, Hamas e Hezbollah:

un percorso verso la distruzione finale di Israele?

Globalresearch.ca - Prof. Ruel F. Pepa – (30 agosto 2024) – ci dice:

 

Il conflitto tra Israele e gruppi militanti come Hamas e Hezbollah è stato per decenni una lotta determinante in Medio Oriente.

Il ciclo costante di violenza, punteggiato da guerre, attacchi missilistici e incursioni, ha reso la sicurezza di Israele una delle questioni più delicate e instabili della geopolitica globale.

Mentre la guerra si intensifica, in gran parte sostenuta e sostenuta dagli Stati Uniti, la nazione di Israele si trova di fronte a un futuro precario.

L'attuale traiettoria suggerisce che, lungi dal raggiungere una risoluzione pacifica, questo conflitto prolungato potrebbe portare alla distruzione finale di Israele, guidato sia da pressioni militari esterne che da destabilizzazione socio-politica interna.

 

Una storia di escalation.

Il conflitto tra Israele e Hamas ha radici nella più ampia lotta israelo-palestinese. Hamas, un gruppo militante islamico con sede a Gaza, è in guerra con Israele sin dalla sua fondazione nel 1987.

 Hezbollah, un gruppo militante libanese sostenuto dall'Iran, è emerso durante la guerra civile libanese ed è stato una minaccia costante lungo il confine settentrionale di Israele.

 Entrambi i gruppi rifiutano la legittimità dello Stato israeliano e hanno lanciato numerosi attacchi volti a indebolire Israele militarmente, politicamente e moralmente.

Gli Stati Uniti, il principale alleato di Israele, hanno fornito miliardi di dollari in aiuti militari, intelligence e sostegno diplomatico per sostenere gli sforzi di difesa di Israele.

Questo sostegno ha permesso a Israele di mantenere un vantaggio militare qualitativo sui suoi avversari, assicurandosi la sopravvivenza in mezzo alle ostilità regionali.

Tuttavia, la dipendenza dal sostegno degli Stati Uniti ha anche legato le fortune di Israele alle più ampie strategie geopolitiche americane, a volte complicando la ricerca di Israele di una risoluzione stabile e pacifica dei suoi conflitti.

 

Il ruolo degli Stati Uniti nel conflitto.

Gli Stati Uniti hanno a lungo svolto un ruolo centrale nel plasmare la postura militare e la strategia regionale di Israele.

 Attraverso il sostegno finanziario, la vendita di armi e gli interventi diplomatici, gli Stati Uniti hanno assicurato che Israele rimane una potenza militare dominante nella regione.

Il sistema di difesa missilistica “Iron Dome”, i sofisticati aerei da combattimento e le capacità di intelligence all'avanguardia sono stati tutti forniti o sviluppati in collaborazione con gli Stati Uniti.

Tuttavia, questa stretta relazione ha anche avuto un costo.

La dipendenza di Israele dagli Stati Uniti significa che è spesso allineato con gli obiettivi di politica estera americana, che a volte possono intensificare i conflitti piuttosto che disinnescarli.

Ad esempio, la politica statunitense di massima pressione sull'Iran, comprese le sanzioni e il targeting dei delegati iraniani, ha incoraggiato gruppi come Hezbollah, che fanno affidamento sul sostegno iraniano.

 L'aumento dell'aggressività di Hezbollah nei confronti di Israele, in particolare nel sud del Libano, è una conseguenza diretta di questa accresciuta tensione, che porta a una crescente minaccia su due fronti per Israele:

 uno da Gaza a sud e uno dal Libano un nord.

 

La guerra in corso e l'erosione della sicurezza di Israele.

La guerra con Hamas e Hezbollah non si limita più a brevi e sporadiche esplosioni di violenza.

La crescente sofisticazione di questi gruppi, in particolare di Hezbollah, che vanta decine di migliaia di razzi e una forza combattente ben addestrata, ha elevato il livello di minaccia all'esistenza stessa di Israele.

Gli attacchi aerei, le incursioni e le campagne militari di Israele, supportati dall'intelligence e dalla tecnologia degli Stati Uniti, sono stati in grado di sopprimere questi gruppi ma non di eliminarli.

Ogni round di conflitto richiede un pesante tributo da pagare su Israele.

Le vittime civili, le interruzioni economiche e il costante stress sulla società israeliana hanno lasciato profonde cicatrici.

La guerra è diventata più di una questione militare; sta erodendo il tessuto della società israeliana.

 Le istituzioni democratiche della nazione sono sotto un'immensa pressione, con una crescente polarizzazione su come gestire il conflitto.

 Le fazioni di estrema destra all'interno di Israele spingono per le risposte militari più dure e l'espansione territoriale, mentre i gruppi di sinistra e centristi chiedono pace e una soluzione ai due Stati.

 Questa divisione interna non fa che aumentare la debolezza di Israele.

Inoltre, il costante stato di guerra ha trasformato Israele in uno stato fortezza, dirottando vaste risorse nella difesa a scapito di altre aree critiche come il benessere sociale, l'istruzione e le infrastrutture.

L'incessante ciclo di violenza soffoca anche il potenziale di pace, poiché le giovani generazioni crescono in un ambiente in cui la guerra è la norma, facendo sembrare la riconciliazione un sogno lontano.

 

Il crescente isolamento geopolitico di Israele.

Oltre alle sue sfide militari, Israele deve affrontare un crescente isolamento geopolitico.

Sebbene abbia normalizzato le relazioni con diversi Stati arabi attraverso gli “Accordi di Abramo”, l'occupazione in corso dei territori palestinesi e il trattamento dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania continuano ad attirare la condanna internazionale.

Questa crescente pressione potrebbe minare le relazioni di Israele anche con i suoi nuovi alleati arabi, in particolare se il conflitto israelo-palestinese si riaccendesse su scala più ampia.

Le azioni aggressive militari di Israele, specialmente nelle aree densamente popolate come Gaza, attirano aspre critiche da parte della comunità internazionale.

Le Nazioni Unite, l'Unione Europea e varie organizzazioni per i diritti umani condannano regolarmente Israele per quello che deve un uso sproporzionato della forza e violazioni del diritto internazionale.

Questa critica non solo delegittima Israele sulla scena globale, ma complica anche le sue alleanze, comprese quelle con le principali potenze occidentali.

Mentre gli Stati Uniti sono sempre più coinvolti nelle loro lotte politiche interne e spostano la loro attenzione verso la crescente sfida della Cina, Israele potrebbe trovarsi con un sostegno meno inequivocabile da parte di Washington.

Una riduzione del sostegno degli Stati Uniti, o anche un riorientamento della politica estera degli Stati Uniti lontano dal Medio Oriente, potrebbe lasciare Israele più isolato e vulnerabile che mai.

 

Il rischio di sovraccarico e collasso.

La guerra in corso, sostenuta dal sostegno degli Stati Uniti, sta spingendo Israele verso uno stato di eccezione.

La costante necessità di combattere su più fronti – contro Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano e potenzialmente altri attori regionali come l'Iran – minaccia di sovraccaricare l'esercito e l'economia israeliana.

Il protrarsi dei conflitti senza un chiaro percorso verso la pace sta prosciugando le risorse e il morale di Israele.

Se la guerra continua senza soluzione, Israele potrebbe alla fine affrontare la prospettiva del collasso, non a causa di una singola schiacciante sconfitta militare, ma a causa del bilancio cumulativo di un conflitto senza soluzione.

Le divisioni sociali all'interno di Israele, la tensione economica della guerra perpetua e l'erosione della sua posizione internazionale contribuiscono a questa pericolosa traiettoria.

 

Conclusione: un avvertimento per il futuro di Israele.

La guerra di Israele contro Hamas e Hezbollah, sostenuta e sostenuta dagli Stati Uniti, sta andando su una strada pericolosa.

Mentre Israele è finora riuscito a mantenere la sua superiorità militare, i costi di questa guerra costante stanno diventando insostenibili.

 Senza un cambiamento di strategia – che dia priorità alla diplomazia, alla costruzione della pace e alla stabilità regionale – Israele rischia di dirigersi verso la distruzione finale, non per conquista esterna, ma per disintegrazione interna e isolamento geopolitico.

 

Il ciclo di violenza non può continuare all'infinito senza spezzare le fondamenta stesse dello Stato israeliano.

 Se il percorso attuale persiste, Israele potrebbe trovarsi di fronte a un futuro in cui la sua sopravvivenza non è più garantita, una prospettiva che fa riflettere per una nazione costruita sulla promessa di sicurezza e resilienza in una regione ostile.

L'urgenza di un nuovo approccio non è mai stata così grande.

 

 

 

 

 

Le elezioni presidenziali americane

del 2024 sono già state rubate.

Globalresearch.ca - dott. Paul Craig Roberts – (29 agosto 2024) - ci dice:

 

Il 28 agosto ho elencato alcune delle procedure elettorali che i democratici stanno mettendo in atto per rubare le elezioni presidenziali di novembre:

Minneapolis ha definito coloro che sono entrati illegalmente negli Stati Uniti come "individui colpiti dalla giustizia" e li ha inseriti in una categoria protetta che apparentemente include il diritto di voto.

Il “DNC” ha intentato una causa contro la “Georgia Election Board” per bloccare la norma che richiede alle contee di garantire l'accuratezza dei voti prima della certificazione.

 Se ricordate, questa era una domanda nelle elezioni del 2020, quando i voti della Georgia e di altri stati furono certificati senza autenticazione.

 

Nella contea di Wayne, nel Michigan, la 19a contea più popolosa degli Stati Uniti (negli USA ci sono 3.244 contee) che comprende Detroit, Warren e Dearborn, il 98% degli scrutatori nominati per supervisionare le elezioni presidenziali del 2024 sono democratici.

La Corte Suprema del Wisconsin ha annullato il divieto di urne per la consegna delle schede elettorali che consentono alle schede false di entrare nello scrutinio. Ecco il titolo della NBC News:

"La Corte Suprema del Wisconsin annulla la sentenza che ha vietato la maggior parte delle urne per la consegna delle schede elettorali."

Il regime di Biden fornisce agli "immigrati-invasori" delle carte d'identità federali quando entrano.

Nelle giurisdizioni blu, gli immigrati-invasori vengono registrati per votare quando richiedono la patente di guida.

 I democratici possono quindi votare le registrazioni.

Così il falso rapporto di stampa del quotidiano democratico “New Republic “secondo cui "Kamala Harris sta ispirando molti nuovi elettori a registrarsi".

Questo è il modo in cui l'establishment al potere spiegherà l'improvviso aumento dei numeri delle schede elettorali per i voti degli immigrati clandestini.

Questi voti potrebbero essere giustificati dal voto degli immigrati clandestini o dai democratici che riempiono le cassette di raccolta con le registrazioni automatiche degli immigrati clandestini che mettono gli "invasori immigrati" nelle liste elettorali quando viene loro rilasciata la patente di guida.

Poiché gli scrutatori repubblicani sono stati eliminati da aree densamente popolate come la contea di Wayne nel Michigan, non esiste alcun controllo sul voto degli immigrati clandestini.

 

Newsweek riporta che "Kamala Harris supera Donald Trump in un nuovo sondaggio".

Questo sondaggio, in particolare, proviene dal “Laboratorio di ricerca sulla comunicazione politica e l'opinione pubblica della Florida Atlantic University”.

 Se la memoria non m'inganna, questa è l'università di sinistra, finanziata dall'indifferente governo della Florida e dai contribuenti, che ha causato così tanti problemi al governatore della Florida “Ron DeSantis” e a “Donald Trump”.

Chiedetevi come in meno di un mese, “Kamala Harris” sia passata dall'essere la più disapprovata delle politiche americane a essere la favorita per le elezioni presidenziali e una candidata così stimolante che le liste elettorali si riempiono di nuovi elettori per “Kamala”.

La risposta è che è tutta un'orchestrazione dei media e delle istituzioni per creare l'impressione nelle menti limitate degli americani indifferenti che, visto che “Kamala” è in testa, le elezioni non sono state rubate.

Poiché i repubblicani e i cittadini americani sono apparentemente incapaci di riconoscere la realtà, non hanno adottato misure efficaci per proteggere l'integrità delle elezioni statunitensi.

È un furto e lo sarà sempre.

E nessuno farà nulla al riguardo.

 

 

 

L'arresto del fondatore di Telegram è

 l'ultimo episodio della tirannica

guerra dei globalisti contro la verità.

Globalresearch.ca - Di Presso – (29 agosto 2024) – ci dice:

Due settimane fa, mi è stato chiesto di scrivere su "Censura sotto steroidi: allerta per chi dice la verità", in risposta alla censura senza precedenti su Internet, in concomitanza con la crescente persecuzione di chi dice la verità in modo molto visibile.

Quasi un decennio fa, ho scritto un Global Research di Global Research intitolato

"Una storia della guerra americana contro gli informatori e i giornalisti dopo l'11 settembre".

L'elenco dei “whistleblower” e dei giornalisti americani morti è lungo –nel 2022, nel 2015, nel 2014, nel 2013.

I "controllori planetari" sanno che le masse si stanno finalmente svegliando come mai prima, sempre più consapevoli e arrabbiate per i potenti che perpetuano la loro eterna ondata di crimini contro l'umanità.

Così, per salvarsi, i governi occidentali hanno dichiarato guerra alla verità e a tutti coloro che dicono la verità.

Le persone su questa terra si stanno ora rendendo conto di coloro che lavorano negli uffici governativi occidentali stanno chiedendo che la Terza Guerra Mondiale si inneschi su due fronti di guerra attivi in Ucraina e in Medio Oriente, con un imminente terzo teatro di operazioni nell'Asia del Pacifico.

E, per la prima volta nella storia dell'uomo, tutti comprendono.

Con le guerre dei banchieri che governano il nostro pianeta da secoli, a volontà, i controllori cambiavalute hanno creato e finanziato entrambe le parti di ogni conflitto globale attraverso l'inganno del divide et impera come loro sanno fare.

Questa presentazione è doppia, in quanto fornisce scorci sommari sia degli arresti e degli attacchi di alto profilo recentemente intensificati contro una manciata di coloro che dicono la verità più in vista, sia dell'assalto globale coordinato contro gli utenti di Internet che esprimono i loro diritti di libertà di parola, anch'essi sempre più arrestati con false accuse di "incitamento all'odio" e/o crimini di Questa presentazione è duplice, fornendo scorci sommari sia degli arresti e degli attacchi di alto profilo recentemente intensificati contro una manciata dei più visibili narratori di verità, sia dell'assalto globale coordinato contro gli utenti di Internet che esprimono i loro diritti di libertà di parola, anch'essi sempre più arrestati con false accuse di "incitamento all'odio".

 

Con i recenti disordini politici e le rivolte nel Consiglio.

I cittadini britannici che esercitano il loro diritto umano di protestare per riunirsi pacificamente vengono picchiati e imprigionati dalla polizia, mentre i crimini commessi da questi invasori provenienti da altre nazioni rimangono praticamente impuniti. Il sistema di (in)giustizia a due livelli, guidato da DEI.

Ancora più spaventoso è il fatto che la Gran Bretagna minaccia di estradare gli utenti di Internet in altri paesi critici nei confronti della Gran Bretagna.

Il ministro dell'UE “Thierry Breton” ha persino minacciato per iscritto “Elon Musk” di fare causa prima della sua intervista con il principale candidato alla presidenza degli Stati Uniti, l'ex presidente Trump, sostenendo che alcuni argomenti erano vietati come disinformazione o potenziale incitamento all' odio.

 L'agenda del” Vertice del Futuro delle Nazioni Unite” del mese prossimo, secondo i suoi documenti, sta implementando la famigerata “Agenda 2030”, che è il modello globalista del NWO, che delinea i limiti globali alla libertà di parola.

Questi sono tutti chiari segni di una tirannia totale sia contro i privati cittadini online nelle proprie case, sia contro i cittadini pubblici e gli ex presidenti.

L'imprenditore russo fondatore della piattaforma” internet app. Telegram”, “Pavel Durov”, che si distingue come un fedele protettore della nostra Privacy e libertà, dal 24 agosto è ora rinchiuso in una cella di prigione francese.

All'arrivo all'aeroporto di Parigi-Le Bourget, “Durov” è stato arrestato.

 Il governo francese lo ha arrestato nell'ambito di un'indagine preliminare per l'insufficiente moderazione della “piattaforma Telegram”, i suoi strumenti di crittografia, la presunta mancanza di cooperazione della polizia che lo rendeva falsamente "complice di traffico di droga, reati di pedofilia e frode".

Queste accuse sono semplicemente una copertura infondata e sopra le righe per la veemente protezione della libertà di parola da parte di “Durov.”

Inoltre, il motivo principale dell'arresto è legato agli hacker iraniani che hanno rivelato su Telegram documenti israeliani riservati sensibili rivelati il 21 agosto dal quotidiano israeliano “Haaretz”.

Dopo che l'Iran ha rubato dati sensibili israeliani, Israele cerca di censurare Internet.

Durante un recente viaggio in America, “Pavel” ha portato con sé il suo ingegnere di Telegram che è stato avvicinato dai servizi di intelligence statunitensi che tentavano di reclutarlo per installare segretamente una “backdoor” per spiare i dati sulla privacy di tutti gli utenti di Telegram.

 

A differenza di altri “imprenditori hi-tech” venduti come “Mark Zuckerberg di Facebook”, che vende i dati privati degli utenti mentre lavora direttamente in collusione con il “governo orwelliano del Grande Fratello del 1984 a Washington” per raccogliere dati di sorveglianza su ogni cittadino da usare incostituzionalmente contro di noi, “Durov” si è opposto a questa oppressione preservando fermamente i nostri diritti umani individuali e le libertà civili che garantiscono la libertà di parola.

A “Pavel Durov” è stato concesso lo status di cittadinanza multipla in altri paesi, tra cui la “Francia in Occidente”, perché è dolorosamente consapevole della sua patria, la Russia, che ha ancora più a lungo a che fare con la repressione della libertà di parola dei cittadini.

Come difensore della libertà, Pavel sembra aver sostituito l'ormai libero “Julian Assange” , rilasciato a giugno dopo 11 anni di crudele schiavitù tra Stati Uniti e Regno Unito.

 

“Durov” diventa il nuovo martire difensore dei nostri diritti umani perduti.

Noi che ancora apprezziamo le nostre libertà civili che stanno svanendo così rapidamente in mezzo all'odierna presa di potere del governo mondiale, che fa precipitare l'umanità nella schiavitù neo-feudale, dobbiamo respingere con tutte le nostre forze collettive questo massacro distopico delle nostre stesse libertà che scompaiono, così come delle nostre stesse vite, "dal momento che siamo tutti palestinesi".

L'arresto di “Pavel Durov” è avvenuto appena quattro giorni dopo l'annuncio del giornalista indipendente britannico “Richard Medhurst” di essere stato arrestato e detenuto per 24 ore all'aeroporto londinese di “Heathrow” ai sensi del “Terrorism Act “del Regno Unito.

Di madre siriana e padre britannico, entrambi insigniti del premio Nobel per la pace nel 1988 per il loro lavoro come caschi blu delle Nazioni Unite, questo giovane giornalista con 321.000 iscritti su YouTube è stato critico nei confronti del genocidio palestinese da parte dello stato criminale di Israele.

 “Richard” è stato ampiamente occupato nel caso di estradizione di Julian Assange a Londra.

 Durante le recenti “psyops” di rivolte "di destra" nel Regno Unito, il” governo Starmer” ha usato il tempismo per catturare” Medhurst” all'aeroporto con accuse totalmente false per inviare il messaggio ad altri importanti narratori di verità di tenere la bocca chiusa.

 

Esattamente nello stesso periodo, il “governo Starmer” del Regno Unito ha perseguito il giornalista dissidente “Richard Medhurst”, dopo che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha ottenuto un mandato di perquisizione e sequestro, il 19 agosto esimo l'”FBI armato del DoJ” ha fatto irruzione nella casa dello stato di New York dell'ex ispettore-giornalista-analista “Scott Ritter “alla ricerca di prova di collaborazione con la Russia demonizzata nemica della Guerra Fredda.

Circa un mese prima, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti aveva confiscato il passaporto di “Scott Ritter” facendolo scendere da un aereo diretto a una conferenza stampa a San Pietroburgo, in Russia.

Tutti questi crimini palesi e illegali eseguiti contro narratori di verità di alto profilo sono una minaccia per i governi traditori dell'Occidente che hanno tutti abbandonato le loro repubbliche costituzionali.

Non dimentichiamo poi il caso di “Reiner Fuellmich” , l'avvocato tedesco che ha guidato il “Comitato investigativo sul Coronavirus” per raccogliere prove penali schiaccianti che hanno esposto la debacle della pandemia di Covid-19.

 

 

 

 

 

Gli Stati Uniti e il Regno Unito

hanno aiutato attivamente

l'Ucraina ad attaccare la regione di Kursk.

 

Globaresearch.ca – (29 agosto 2024) - Ahmed Adel – ci dice:

 

Secondo il “New York Times”, Washington e Londra hanno collaborato con gli ucraini nell'invasione di Kursk , consentendo una migliore esecuzione delle operazioni di confine, mentre i funzionari americani hanno espresso il loro scetticismo sul fatto che l'Ucraina sarà in grado di mantenere il territorio che ha conquistato alla Russia.

Eppure, nonostante questa incredulità, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky afferma che la Russia non è stata scoraggiata dall'espandere le sue operazioni militari in Ucraina nell'”Oblast di Sumy”.

Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno fornito all'Ucraina immagini satellitari e altre informazioni sulla regione di Kursk in seguito all'invasione delle forze armate ucraine,  ha riportato il quotidiano statunitense .

"A pochi giorni dall'offensiva, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno fornito all'Ucraina immagini satellitari e altre informazioni sulla regione di Kursk ", si legge nell'articolo, citando due fonti, che hanno spiegato che ciò era "per consentire ai comandanti di monitorare meglio il movimento dei rinforzi russi che avrebbero potuto attaccare le truppe ucraine o interrompere la loro probabile ritirata in Ucraina".

Il 6 agosto, le truppe ucraine hanno lanciato un attacco alla regione russa di Kursk.

L'invasione ha segnato l'aggressione più significativa dell'Ucraina contro la Russia da febbraio 2022.

Commentando l'attacco, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che l'Ucraina aveva portato a termine un'altra provocazione su larga scala sparando indiscriminatamente a obiettivi civili e che il nemico avrebbe avuto una risposta adeguata.

Pur conoscendo la potenza dell'esercito russo e le sue capacità, i funzionari americani, secondo il “New York Times”, non sono convinti che l'Ucraina intenda mantenere a lungo la sua posizione in Russia.

"Le forze ucraine non hanno scavato il tipo di trincee estese necessarie per proteggere soldati e equipaggiamento dal fuoco nemico, se la Russia raduna abbastanza potenza di fuoco per respingere l'attacco. Non hanno piazzato campi minati per rallentare un contrattacco, né hanno costruito barriere per rallentare i carri armati russi", ha riferito l'outlet.

"Quello che la guerra ci ha mostrato finora è che il modo per rallentare un esercito è attraverso la 'difesa in profondità'", ha detto “Seth G. Jones”, vicepresidente senior del “Center for Strategic and International Studies”, in riferimento alla strategia di utilizzare più livelli di posizionamento difensivo.

 "Se non difendono il territorio con un mix di trincee e mine, sarà virtualmente impossibile mantenere il territorio".

Eppure, nonostante” Washington” abbia espresso il suo scetticismo sul fatto che l'Ucraina possa mantenere il territorio russo conquistato e abbia affermato di non essere stata informata dei piani del regime di Kiev prima della sua incursione a Kursk il 6 agosto, arrivando persino a dire di non aver preso parte all'operazione, il “New York Times” ha smascherato questa come un'altra bugia americana.

Lo ha sottolineato anche il viceministro degli Esteri russo “Sergei Ryabkov” , che il 27 agosto ha dichiarato che il coinvolgimento degli Stati Uniti nell'incursione in corso dell'Ucraina nella regione di Kursk è "un fatto ovvio".

"Il corso dell'escalation di Washington sta diventando sempre più provocatorio", ha detto il viceministro, aggiungendo che l'impressione è che i funzionari statunitensi credano di avere il permesso di fare qualsiasi cosa.

"L'impressione è che i colleghi [statunitensi] hanno gettato via i resti del buon senso e credono che tutto sia permesso per loro.

 La loro clientela a Kiev segue approcci simili.

Le conseguenze possono essere molto più gravi di quelle che stanno già vivendo.

Sanno dove e in quali stiamo rispondendo in termini pratici", ha detto Ryabkov ai giornalisti.

La Russia ha già riferito che le armi occidentali, tra cui carri armati britannici e sistemi missilistici statunitensi, sono state utilizzate dall'Ucraina a Kursk, mentre il regime di Kiev ha confermato l'uso di missili “Himars statunitensi” per distruggere i ponti nella regione.

Eppure, nonostante gli avvertimenti che l'esercito ucraino non sarà in grado di mantenere le posizioni catturate a Kursk , Zelenskyj ha dichiarato in modo delirante in una conferenza stampa del 24 agosto che l'operazione a Kursk ha contribuito a impedire all'esercito russo di occupare l'”oblast di Sumy in Ucraina” e il suo centro regionale, la “città di Sumy”.

"Abbiamo fermato un'operazione russa nel nord (dell'Ucraina), (abbiamo fatto) un attacco preventivo e abbiamo portato a termine questo compito.

Abbiamo impedito l'accerchiamento di parte dell'oblast di Sumy", ha affermato Zelenskyj.

Piuttosto, non c'era alcuna indicazione che la Russia stessa avesse lanciato un'operazione nell'”oblast di Sumy”, motivo per cui l'esercito ucraino aveva catturato molti insediamenti con pochissima resistenza.

Invece, l'invasione ucraina ha solo incentivato il Cremlino ad espandere le sue operazioni dall'Ucraina orientale all'”oblast di Sumy” per creare una zona di sicurezza in modo che i civili russi non possano più essere presi di mira una volta che le forze ucraine sono state respinte oltre il confine.

Sembra che solo “Zelenskyj, e nemmeno gli americani, abbiano fiducia che questa operazione raggiungerà i suoi obiettivi.

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