Disordine mondiale.
Disordine
mondiale.
Il
disordine mondiale
dovuto
allo “shift of power”.
Osservatorio.ch
– (23 Aprile 2024) – Amedeo Gasparini – ci dice:
“Disordine
mondiale” (Mondadori
2024) di
Manlio Graziano è un affascinante percorso tra storia, politica e relazioni
internazionali.
Racconta di come il moltiplicarsi dei conflitti negli
ultimi due secoli sia sfociato nel caos globale attuale.
Un’epoca
di multipolarismo, caratterizzata dallo slittamento dei rapporti di forza tra i
vari attori internazionali.
Al
centro del volume, l’ascesa e la caduta delle grandi potenze.
Graziano
fa un affresco dapprima teorico e poi storiografico delle radici del disordine
attuale.
ù Alla
base c’è la sequenza «guerra di annientamento del nemico / resa incondizionata
/ nuovo ordine politico» che si è ripetuta regolarmente nei secoli. «Ogni
periodo di stabilità relativa ha sempre cominciato a vacillare per effetto di
una fase prolungata di sviluppo ineguale».
Da
considerare anche lo” shift of power” (o “traslatio imperii”) – dislocamento
dei rapporti di forza tra le potenze.
Tra il
1941 e il 1991, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica cooperarono nel processo
di disgregazione della Germania e nel declino dell’impero britannico,
mantenendo così l’Europa frammentata per cinquant’anni.
Mosca
ottenne il consenso per estendersi in territori precedentemente inaccessibili
per gli zar.
Allo stesso tempo, Washington garantì la sua
supremazia.
E
tenne grossomodo l’Europa al di fuori della competizione internazionale per
cinquant’anni.
Henry
Kissinger ha sostenuto che gli organi di sicurezza collettiva sono efficaci
solo nel fermare atti di aggressione che non coinvolgono le grandi potenze.
“
Nicholas Spykman” argomentò che tali organismi sono creati e funzionano solo se
voluti dalle grandi potenze stesse.
Tuttavia,
secondo Graziano, nel disordine mondiale di oggi, tutti i paesi sono chiamati a
partecipare a tali organizzazioni, creando l’illusione di un parlamento
mondiale.
Tuttavia,
tali aspirazioni ignorano la naturale incapacità dei vari paesi di collaborare
per il bene comune.
Secondo”
Thomas Hobbes”, lo stato naturale dell’uomo è caratterizzato dalla guerra di
tutti contro tutti.
“Jean-Jacques
Rousseau”, al contrario, sosteneva che l’uomo è naturalmente buono e incline
alla giustizia.
Tuttavia,
entrambi giunsero alla stessa conclusione.
Cioè
che la necessità di un contratto sociale per regolare i conflitti umani.
Il
primo dei sei principi del realismo politico di “Hans Morgenthau” afferma che
la politica, come la società in generale, è guidata da leggi radicate nella
natura umana.
Il secondo principio sostiene che l’interesse
è definito in termini di potere.
Tesi
che si contraddicevano con le tesi ottimistiche del “doux commerce”, sostenute
Jeremy Bentham, Richard Cobden e Norman Angell.
Nel
1795,” Immanuel Kan”t spiegò in “Zum ewigen Frieden” che la precondizione per
una pace perpetua era la trasformazione di tutti i paesi in repubbliche basate
sull’uguaglianza giuridica.
“Kant”
immaginava un mondo in cui gli interessi particolari si sarebbero fusi in un
interesse comune.
Concetti
simili furono adottati da “Richard Coubenhove-Kalergi”, che argomentava che le
grandi potenze dovessero riconoscere e rispettare reciprocamente i loro
interessi.
«Il mito delle pan-regioni è tornato di moda
con il recente aggravarsi delle tensioni internazionali», osserva Graziano.
«Ma la ragione principale per cui le
pan-regioni sono irrealizzabili è che il sistema capitalista non consente
l’autosufficienza».
Da qui
la ricerca del “Lebensraum”.
Il secondo capitolo sul disordine mondiale
ripercorre l’illusione di un mondiale che, secondo Graziano, non è mai
esistito.
Nel periodo considerato il più lungo di pace
nella storia, compreso tra il Congresso di Vienna e la Prima Guerra Mondiale,
il mondo ha conosciuto 692 conflitti.
Gran
parte di questi scontri si è verificata al di fuori dell’Europa ordinata a
Vienna.
Graziano
suggerisce che invece di parlare di un ordine mondiale, sarebbe più accurato
riferirsi a un ordine europeo. Questa prospettiva europea è comprensibile, poiché prima
del Cinquecento le connessioni tra le varie parti del mondo erano inesistenti o
discontinue, sottolinea l’autore.
La pace di Westfalia (il fondamento delle
moderne relazioni internazionali, poiché riconoscono le sovranità e stabilivano
il “cuius regio eius religio”) mirava a porre fine alla lunga lotta tra il
mondo francese e quello germanico per il dominio sull’Europa.
Tuttavia,
questo concetto era già stato introdotto con la pace di Augusta nel 1555, che
cercò di porre fine alle dispute tra principi protestanti e cattolici in
Germania. Secondo
Kissinger, il risultato della pace di Westfalia fu la creazione del balance of
power.
Cioè, un sistema di equilibrio tra le potenze
basato sul reciproco riconoscimento degli interessi.
La
pace di Westfalia rappresentò uno dei primi esempi di sicurezza collettiva
basata sul calcolo degli interessi dei partecipanti, anziché su principi etici,
come proposto da Woodrow Wilson tre secoli dopo.
Secondo
Graziano, affinché la sicurezza collettiva sia efficace, è cruciale che una o
più forze interessate a mantenere quell’ordine siano sufficientemente potenti
da prevenire la sua violazione.
Pertanto,
l’ordine è sempre determinato dai vincitori e perdura fintanto che questi sono
in grado di far rispettare le regole.
Nonostante
la pax Christiana dell’epoca, l’ordine di Westfalia non riuscì a garantire tale
pace.
Tra il
1859 e il 1871, si verificò uno spostamento di potere con l’ascesa del concetto
di nazione.
La crisi dell’Impero ottomano, il desiderio
della Francia di liberarsi delle restrizioni imposte a Vienna e la potenza
prussiana furono fattori che minarono la capacità del Regno Unito di fungere da
stabilizzatore.
Londra,
concentrata sul suo impero, perse la sua capacità di imporre dall’esterno il
mantenimento dell’ordine.
A
Westfalia si decise che ogni Stato aveva il legittimo diritto di perseguire i
propri interessi.
E
l’equilibrio delle forze (l’ordine) consisteva nel rispettarli, a condizione
che non danneggiassero gli interessi altrui.
Tuttavia,
gli interessi degli Stati tendevano sempre, prima o poi a sovrapporsi e
scontrarsi con quelli degli altri.
Graziano sottolinea che i progetti politici
privi di fondamenti nella realtà finiscono per favorire gli interessi di altri.
Il
concerto d’Europa si dimostrò inefficace.
La
Francia di Napoleone III, desiderosa di porre fine all’ordine di Vienna, si
schierò a favore del principio di nazionalità.
Tuttavia,
il progetto dell’imperatore francese contribuì a rafforzare la Germania.
E le consentì infine di unificarsi e di
mettere fine definitivamente all’ordine di Vienna.
Otto
von Bismarck aveva adottato una politica estera flessibile da poter cambiare
direzione in base alle opportunità.
La Prussia, sotto la sua guida, era uno Stato
efficiente e centralizzato, protestante e fondato su una base sociale di
proprietà terriere.
In
accordo con Montesquieu,” Angell “(“The Great Illusion”), intendeva dimostrare
l’impossibilità di una guerra, economicamente e socialmente irrazionale.
Credeva che l’interdipendenza economica dei
paesi industrializzati sarebbe stata «l’effettiva garanzia di un comportamento
corretto da parte di uno Stato verso un altro».
Nel 1914, Londra manteneva la sua posizione
come prima potenza mondiale. Tuttavia, riconosceva che non sarebbe stata più
l’egemone stabilizzatore.
Il Regno controllava oltre 400 milioni di
sudditi, un quarto della popolazione mondiale.
La sua
flotta era il doppio di quella tedesca e il triplo di quella francese.
Le
esportazioni di Londra rappresentavano il 17,6 per cento di quelle mondiali,
mentre Berlino si avvicinava al 17 per cento.
Di
conseguenza, per contrastare le ambizioni tedesche, Londra si avvicinò a Parigi
(tramite l’Entente Cordiale del 1904) e a Mosca (tramite la Convenzione del
1907). Al
termine della Prima Guerra Mondiale, potrebbero esserci state le condizioni per
creare un nuovo ordine tra potenze.
Ma gli
Stati Uniti, che avrebbero dovuto essere il fulcro di questo nuovo ordine, non
si assunsero questa responsabilità.
Il conflitto riprese da dove si era
interrotto, dopo un armistizio di vent’anni, come aveva predetto “Ferdinand
Foch”.
Fu
però Washington a proporre la creazione della Società delle Nazioni.
Graziani
evidenzia che i trattati firmati tra il 1919 e il 1920 rappresentavano un
miscuglio di realismo impotente e ideali moralistici, basati sull’illusione di
sostituire il “balance of power”, ritenuto responsabile della guerra.
Wilson credeva di eliminare le rivalità
organizzate e sostituirle con una pace comune organizzata.
Ma
«rimpiazzare gli interessi nazionali (le “rivalità”) con un presunto comune
interesse per la pace era un puro atto di volontà […] dove c’è sempre qualcuno
disposto a rimettere in questione l’ordine stabilito, e quindi […], disposto a
chiudere gli occhi di fronte alle violazioni della pace, o anche a collaborare
con il trasgressore».
In
Cecoslovacchia, le minoranze erano un terzo della popolazione, quanto in
Polonia e in Romania.
E in
Jugoslavia coabitavano quattordici gruppi etnici, il cui più importante –
quello serbo – pesava per circa un terzo del totale.
Si
noti, ricorda Graziano, che la Società fu sì in grado di affrontare con
successo una decina di crisi riguardanti casi minori.
Tuttavia, fu impotente al momento della Ruhr
(1923), di Corfù (1923), della Manciuria (1931), dell’Abissinia (1935), della
Spagna (1936-1939), della Finlandia (1939).
“John
Maynard Keynes”, delegato britannico a Versailles, denunciò la pace imposta
alla Germania.
Oltre
alla cessione di un settimo del territorio e la perdita delle colonie, Berlino
fu accusata come unica responsabile del conflitto e condannata a pagare
riparazioni di 132 miliardi di marchi-oro (439 miliardi di dollari nel 2020),
da saldare entro il 1965.
“Coubenhove-Kalergi”
sostenne che l’integrazione europea sarebbe stata possibile solo con la
riconciliazione tra Francia e Germania.
Il
terzo capitolo del testo di Graziano si concentra sull’accordo di Yalta.
L’inizio
delle ostilità in Europa diede agli Stati Uniti l’opportunità di indebolire il
loro rivale principale, il Regno Unito.
Nel 1941, Londra adottò la legge “Affitti e
Prestiti”.
Che
rafforzò la superiorità produttiva degli Stati Uniti.
Per
quanto riguarda la Russia, non aveva mai avuto conflitti significativi con gli
Stati Uniti e non rappresentava una minaccia diretta.
Winston Churchill tentò invano di contrastare
molte decisioni americane che favorivano la Russia a discapito del Regno Unito.
“Bretton Woods” stabilì un nuovo
ordine economico e finanziario per porre fine al disordine mondiale, con la
creazione di un sistema di cambi fissi basato sul dollaro.
Franklin
Delano Roosevelt accettò il piano di Stalin di spostare le frontiere della
Polonia verso ovest e si astenne dal pressarlo sui Baltici.
La Società fu considerata un errore da non
ripetere.
Nacque l’ONU.
Fino
ad oggi, il Consiglio di Sicurezza non è stato in grado di prevenire alcun
conflitto coinvolgente i suoi cinque membri permanenti.
I quali hanno condotto bombardamenti,
invasioni, guerre, colpi di Stato, crimini di guerra e crimini contro
l’umanità.
Il
diritto di veto dei membri permanenti non li ha mai dissuasi dal perseguire i
propri interessi.
Dal canto suo, Roosevelt vedeva in Churchill
un alleato durante la guerra e in Stalin un partner per preservare la pace.
Il
nuovo ordine che si è delineato dopo il conflitto è stato un equilibrio di
potere tra sfere di influenza.
Harry Truman ha continuato la politica del suo
predecessore.
Graziano scrive che la principale differenza
rispetto alla guerra precedente era che nel 1945 gli Stati Uniti erano molto
più coinvolti sulla scena internazionale e il mantenimento del loro benessere
dipendeva dalla capacità di gestire questa esposizione.
Tra il 2019 e il 2021, Washington ha
contribuito al 22 per cento del budget dell’ONU.
Quasi
quanto gli altri quattro membri del Consiglio di Sicurezza messi insieme (23,7
per cento).
E in
proporzione ancora di più in alcuni dei suoi numerosi programmi specifici.
Se gli
Stati Uniti decidessero di ritirarsi, l’ONU cesserebbe di esistere, conclude
Graziano.
Sebbene vincitore della guerra, il Regno Unito
si trovava tra i principali sconfitti, costretto a ritirarsi da territori come
la Grecia, la Palestina e l’India.
A
differenza della Germania e del Giappone, occupate dagli americani, il Regno
Unito conservava ancora le sue istituzioni in grado di sviluppare politiche
estere autonome.
Il Trattato di assistenza reciproca firmato
tra Londra e Parigi a Dunkerque portò alla creazione dell’Alleanza Atlantica.
L’amministrazione
Truman riuscì a mantenere la sua presenza militare in Europa occidentale
attraverso la NATO.
In
risposta, i russi crearono il “Patto di Varsavia”.
Questo ordine geopolitico stava già gettando
le basi per il futuro disordine mondiale.
Il quarto capitolo esamina il grande disordine
mondiale partendo dalla Guerra Fredda.
Tra il 1945 e il 1991 si sono verificati 160
interventi militari, tra conflitti statali, guerre di liberazione, guerre
civili, colpi di Stato, con un bilancio di vittime stimato tra 12 e 32 milioni.
Nonostante
non sia scoppiata una guerra frontale tra le due superpotenze, l’URSS era
nettamente meno potente rispetto agli Stati Uniti.
«Non
era affatto una superpotenza e non rappresentava una minaccia per gli Stati
Uniti […] rappresentò alcune minacce indirette e circostanziate, in Asia,
America Latina e Africa […].
Una
potenza dominante può sentirsi minacciata in tre modi […]:
se le si impedisce di continuare a svilupparsi
[…];
se le
si stornano alleati e/o mercati;
se si mette a rischio il suo ruolo dominante
[…].
Le minacce rappresentate dalla Russia sono sempre
state localizzate e di scarsa portata, manovre di disturbo e di pressione che
non hanno mai messo in discussione il ruolo dominante degli Stati Uniti».
Durante
tutta la Guerra Fredda, gli Stati Uniti operavano su due fronti distinti, la
strategia e l’improvvisazione, che talvolta si sovrapponevano.
Negli anni Settanta ci fu l’abbandono degli
Stati Uniti della convertibilità tra dollaro e oro.
Per
Graziano «le vecchie potenze furono pertanto costrette a imboccare la strada di
una radicale ristrutturazione delle loro politiche economiche e sociali:
non
solo incrementare la produttività e contenere i salari, ma anche ridurre
l’erogazione di una serie di servizi, protezioni, garanzie, sussidi, pensioni,
indennità, privilegi».
La
globalizzazione ha prodotto un rapido “shift of power”.
Negli
anni Settanta, tutti i paesi che avevano guidato i mercati globali nei secoli
passati hanno iniziato a perdere influenza, portando a un declino relativo del
loro peso politico.
Il crollo dell’Unione Sovietica è stato un
punto di svolta nei rapporti geopolitici, evidenziando lo “shift of power”.
Tuttavia,
questo evento non ha dato vita a un mondo unipolare eterno.
Nel
1991, l’economia americana costituiva il 26,8 per cento del PIL mondiale,
aumentando al 28,4 per cento entro la fine del decennio.
Nel
2000, il PIL degli Stati Uniti era cinque volte quello della Cina.
Tuttavia,
le politiche di contrasto adottate – come l’attacco all’Iraq di George W. Bush,
il ritiro dal Medioriente sotto Barack Obama, l’isolazionismo sotto Donald
Trump – hanno interpretato la crescita dei concorrenti.
Si
prevede un possibile scenario futuro di un E7, composto da Cina, India,
Brasile, Indonesia, Messico, Turchia e Nigeria.
Questi
paesi rappresentavano poco più di un decimo del PIL mondiale nel 1975, quasi un
quinto nel 2000 e il 40 per cento nel 2023.
La
globalizzazione ha modificato i rapporti tra le vecchie potenze
industrializzate e i nuovi emergenti.
La
crisi del 2008 ha accelerato questa tendenza.
All’invecchiamento
demografico si aggiunse una crescente tendenza al rigetto delle regole del
contratto sociale.
Inoltre, la politica, come la natura, teme il
vuoto.
Ma la
corsa a riempire questi vuoti lasciati dagli Stati Uniti è stata una corsa
verso il caos, rafforzando il disordine mondiale.
Guardando
al presente, l’evacuazione di Kabul nel 2021 segnò il punto più basso della
credibilità degli Stati Uniti.
Sebbene
vi fosse una soddisfazione nascosta per l’umiliazione americana, essa era
equilibrata da una forte preoccupazione per il vuoto di potere che stava
emergendo.
Graziani
ricorda che l’invasione russa dell’Ucraina ha permesso agli Stati Uniti di
guardare con favore alla fine del legame energetico Germania-Russia, di mettere
da parte ogni ambizione di autonomia strategica francese, di rafforzare la
propria presenza militare in Europa, di rinvigorire la NATO con l’accettazione
di due nuovi membri.
In
conclusione, «senza condizioni geografiche favorevoli, senza intraprendenza,
senza una forza-lavoro giovane e abbondante, senza un’organizzazione
istituzionale fluida e credibile, senza un gruppo dirigente animato da un forte
senso dello Stato, senza coesione nazionale […], la possibilità di trasformare
la forza economica in forza politica capace di imporsi su quella di tutti gli
altri è nulla».
Nessuna
potenza attuale risponde ai criteri imposti dagli Stati Uniti durante la Guerra
Fredda.
L’URSS ha sempre avuto un ruolo marginale
nella vita economica americana, con esportazioni limitate a materie prime
energetiche e armamenti.
Sebbene
fosse un rivale militare significativo, l’URSS ha dovuto destinare una parte
considerevole delle sue risorse, fino al 25 per cento del PIL, alla spesa
militare.
Al
contrario, nel 2022, la Cina ha destinato solo l’1,6 per cento del suo PIL alla
spesa militare, meno della metà degli Stati Uniti (3,5 per cento del PIL).
Oggi
Pechino si vanta di essere l’unica potenza a sostenere e difendere le regole
della globalizzazione.
Ma ha
dimostrato di essere disposta a trasgredirle quando lo riteneva conveniente.
Nel
disordine mondiale, scrive Graziani, criticare l’ipocrisia dell’avversario è ipocrita,
poiché nessuno rispetta le stesse regole e non è realistico sperare di
persuadere i rivali a rinunciare ai propri interessi mediante persuasioni
pacifiche.
(Amedeo
Gasparini).
E
Mentre Tutti Discutono di Dazi,
il Governo Meloni fa il Golpetto…
Conoscenzealonfine.it – (11 Aprile 2025) -
Agata Iacono – ci dice:
Il Ddl
Sicurezza, arenato da oltre un anno sui banchi parlamentari, cambia veste e
diventa un nuovo decreto ministeriale.
La sua
trasformazione in decreto legge lo rende subito applicabile, seppur poi da
convertire in legge entro 60 giorni.
Le modifiche non sono di sostanza, ma solo di forma.
Cosa
prevede?
Si potenzia la tutela legale per polizia e
militari.
Cioè l’immunità per le forze dell’ordine che
commettono abusi. Altro che kit di sopravvivenza…
In
vista di un’autocrazia dichiarata e non più di una democrazia di facciata, dei tagli sempre più lacrime e
sangue allo stato sociale, alla scuola e alla sanità per sostenere un’economia
di guerra, si temono manifestazioni di piazza e scioperi?
Niente
di meglio che militarizzare sempre più la repressione assicurando l’impunità
(scudo legale) a polizia e esercito.
Siamo
insicuri?
Abbiamo
paura della miseria, della disoccupazione, della guerra, della microcriminalità
destinata ad aumentare?
Lo
Stato ti protegge, ti offre “sicurezza” da scambiare con la libertà.
Ricordate
“Porte Aperte” di Sciascia? Rileggetelo con gli occhi di oggi e guardatevi
intorno.
Il codice Rocco è servito.
Con il
blitz del DM sicurezza il Governo dimostra di avere fretta nella accelerazione
della strategia del “terrore”.
Perché
questa fretta?
Il DM
sicurezza introduce una serie di interventi che annullano de facto la
Costituzione Italiana e lo Stato di diritto.
–
Carcere.
I detenuti non potranno dimostrare il disagio,
neppure passivamente, (aumentano a dismisura i suicidi nei penitenziari
sovraffollati) e le donne dovranno avere con sé in prigione i bambini.
–
Restrizioni per l’immigrazione.
A parte il divieto per i minori di avere una
SIM per comunicare con i genitori, sono previsti limiti più stringenti per i
permessi di soggiorno, con la cancellazione della protezione speciale per i
casi umanitari.
–
Potenziamento del Daspo Urbano.
Estensione delle aree dove è possibile
allontanare individui considerati pericolosi per la sicurezza pubblica,
includendo piazze e zone di aggregazione sociale.
Cioè controllo per chi partecipa a manifestazioni o
flash mob e allontanamento, fermo ed espulsione per chi fosse schedato come
attivista politico, (tipo aver partecipato ad una occupazione scolastica o ad
un picchetto in fabbrica), e avesse semplicemente con sé una bandiera
palestinese o abbia osato esprimere anche preoccupazione con sit-in per
l’inquinamento ambientale.
Ricordiamo
che il presidente dell’associazione nazionale palestinese, API, (Mohammad
Hannoun), ha ricevuto il foglio di via da Milano poco tempo fa per aver parlato
contro il genocidio del suo popolo.
–
Diventa reato anche la resistenza passiva.
Norme dette “anti accattonaggio”.
Introduzione di sanzioni più severe per chi
pratica l’accattonaggio, cioè per i senza tetto e per chi chiede l’elemosina,
associato alla “percezione di degrado urbano”.
Arresto
per occupazione abusiva con pene maggiorate.
–
Controllo e videosorveglianza.
Installazione di nuovi dispositivi di
controllo nei centri abitati, con una raccolta e gestione dati che violano le
garanzie sul diritto alla privacy.
Chi
gestirà poi questi dati?
Abbiamo parlato più volte degli accordi con Israele
sulla gestione della cyber sicurezza…
–
Università.
Riguarda
l’estensione del potere delle agenzie di informazione (servizi di intelligence)
in riferimento alle università e agli enti pubblici di ricerca.
Non
bastava la militarizzazione delle scuole con le amene gite nelle basi NATO
vestiti in tuta mimetica.
Gli
universitari dovranno essere sotto controllo e sorveglianza dei servizi
segreti.
E,
dulcis in fundo, (ma non è tutto, approfondiremo ancora), l’articolo di cui
nessuno parla.– L’estensione a una serie di reati con finalità di terrorismo
delle “condotte scriminabili, previste dalla legge come reato, che tuttavia il
personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere autorizzato a
porre in essere”.
Tra queste condotte ci sono la partecipazione
ad associazioni sovversive, l’arruolamento con finalità di terrorismo e la
banda armata.
Per
assurdo, nella mia ingenua ignoranza semi-complottista, ipotizzavo in passato
che i servizi segreti (detti però deviati) fossero dietro le stragi di Stato e
gli omicidi eccellenti…
Da
adesso, invece, potranno impunemente organizzare bande armate, arruolare
terroristi e provvedere a opportune stragi falsa bandiera (false flag), per
dare la colpa al capro espiatorio di turno o ad una nazione straniera che “ci
vuole invadere” e far sì che la popolazione chieda più sicurezza, più controllo,
più difesa,
più riarmo…
Problema
– reazione – soluzione… il giochino è sempre quello, “Chomsky “insegna. (Nota di conoscenze al confine).
(Agata
Iacono).
(governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-122/28135).
(lantidiplomatico.it/dettnews-e_mentre_tutti_discutono_di_dazi_il_governo_meloni_fa_il_golpetto/39130_60063/).
Mattarella
firma il decreto Sicurezza.
Ilogiornale.it
– (12 aprile 2025) - Massimiliano Scafi – ci dice:
L'avallo
alle misure contestate dalla sinistra. "Solidarietà agli agenti sulle
violenze".
Mattarella
firma il decreto Sicurezza.
Un
taglietto qui, una sforbiciata là.
E così alla fine, tolte di mezzo alcune norme
di «dubbia costituzionalità», Sergio Mattarella firma il decreto sicurezza, uno
dei provvedimenti bandiera del governo.
Il
testo, che passa ora alle Camere per la conversione in legge entro sessanta
giorni, assorbe in larga parte i contenuti del ddl omonimo bloccato in Senato
per un problema di coperture economiche.
Un via
libera atteso, quasi scontato, nonostante le vibranti proteste del
centrosinistra, che ha parlato di attacco allo Stato di diritto, e alcuni
mugugni della Lega:
ma del
resto nella seduta di venerdì scorso il Consiglio dei ministri aveva accolto
quasi tutti i rilievi del Colle.
Insomma,
arriva una stretta generale su terrorismo, immigrazione clandestina, reati di
allarme sociale.
Sono infatti tempi duri, di grandi tensioni
politiche ed economiche, e il presidente, nel giorno della festa della polizia,
si sente di dover elogiare il corpo di Ps per «il grande equilibrio e la
professionalità con cui affronta la gestione delicata delle numerosissime
manifestazioni di piazza».
Non
solo.
Mattarella
offre pure la sua «solidarietà per le violenze che si sono verificate nei
confronti degli agenti, un fenomeno preoccupante per il quale esprimo vicinanza».
Trentaquattro
articoli.
Tra le novità introdotte dal decreto, il
divieto di vendita di cannabis light, il carcere fino a due anni per i blocchi
stradali, la galera fino a sei per chi produce esplosivi o armi
batteriologiche.
E poi,
occupazioni abusive che diventano reato, la copertura giuridica, uno scudo, per
gli 007 infiltrati nelle organizzazioni criminali, l'abolizione dell'obbligo di
rinvio della pena per le condannate incinte o madri di bambini sotto l'anno di
età.
Su input del Quirinale, sono stati cancellati
l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, come le università e gli enti di
ricerca, di fornire informazioni all'intelligence e quello di acquistare carte
telefoniche agli immigrati irregolari.
Ristretta
la definizione del reato di rivolta in carcere, che si applicherà solo agli
atti «di resistenza agli ordini impartiti per mantenere la sicurezza».
E
appena attenuata la norma sulle proteste contro le grandi opere.
Ma i
no Tav e i no Ponte di Messina continueranno ad essere perseguiti.
Il
decreto annulla il lungo lavoro della maggioranza in Parlamento.
Il
disegno di legge si era però impantanato al Senato.
«Abbiamo
voluto dare tempi certi al pacchetto sicurezza - questa la spiegazione del
ministro dell'Interno Matteo Piantedosi - per dare una risposta veloce e
efficace al bisogno di sicurezza dei cittadini».
Ma
secondo le opposizioni, che sono già scese in piazza, si tratta di un colpo di
mano.
«Uno scardinamento della divisione dei
poteri», sostengono i capigruppo del M5s.
E Avs denuncia «una deriva autoritaria».
Mattarella però firma e ora ritocca alle
Camere.
L'Europa
scelga di essere libera.
Ilgiornale.it
- Mike Pompeo – (25 Febbraio 2025) – ci dice:
Sia la
prima sia la seconda amministrazione Trump vogliono che l'Europa capisca
questo: se siete dalla parte delle nazioni libere, dovete comportarvi come tali.
L'Europa
scelga di essere libera.
Poco
dopo essere diventato il 70esimo Segretario di Stato americano nella prima amministrazione
Trump, sono andato a Bruxelles per una riunione della Nato.
Lì ho sottolineato agli amici europei
dell'America l'urgente necessità di aumentare i loro bilanci militari e di
raggiungere l'obiettivo del 2% della produzione economica entro il 2024.
Molti media europei si sono comportati come se
si trattasse di un attacco politico all'Europa, volto a raccogliere consensi in
patria.
L'amministrazione Trump vedeva le minacce
incombenti di Russia e Cina e sapeva che se l'Occidente avesse voluto trionfare
sulle sfide future, lo status quo in Europa sarebbe dovuto cambiare.
Abbiamo capito che le nazioni europee
avrebbero dovuto affrancarsi dalla dipendenza dall'energia russa, sganciare le
loro economie dalla Cina e investire effettivamente nelle loro forze armate in
modo che, insieme alla potenza americana, avremmo avuto i mezzi per scoraggiare
l'aggressione russa insieme, anche se le esigenze di una maggiore concorrenza
con la Cina sono aumentate.
Oggi
la situazione non è cambiata e alcune nazioni europee devono modificare la loro
attuale rotta se desiderano un futuro migliore.
Se
scelgono di deregolamentare, di impegnarsi nelle spese militari e di
abbracciare la libertà individuale - come ha fatto il governo del primo
ministro Meloni in Italia - l'Alleanza atlantica può rimanere forte e prospera.
Se
invece l'Europa continuerà a percorrere una strada segnata dalla follia
dell'energia verde, da leggi che limitano la libertà di parola e da bilanci
della Difesa poco seri, il futuro dell'Alleanza diventerà sempre più incerto,
mentre i nostri avversari si rafforzeranno.
Non
per una decisione degli Stati Uniti, ma per l'inefficacia dell'Europa.
Quando
ho portato questo messaggio in Europa come Segretario di Stato nella prima
amministrazione Trump, molti in Europa hanno reagito come se l'America stesse
mettendo i nostri partner transatlantici nel mezzo di una lotta tra grandi
potenze - una lotta che ritenevano non fosse loro, tanto per cominciare - o che
stessimo abbandonando l'Europa.
Non è vero.
Sapevamo
che la minaccia della Russia riguardava direttamente gli europei, ed è per
questo che Putin teneva alla dipendenza energetica dell'Europa dalla sua
industria del petrolio e del gas.
Sapevamo
anche che le ambizioni della Cina erano globali, ed è per questo che mi sono
espresso con tanto ardore contro l'accordo «Belt and Road» (la Via della Seta)
siglato dall'Italia nel 2020.
Altrettanto,
per questo mi sono rallegrato quando il primo ministro Meloni ha ritirato
l'Italia da tale accordo.
Allora come oggi, non si tratta di una lotta
tra Stati Uniti da una parte e Russia, Cina e Iran dall'altra.
È una lotta tra nazioni libere costruite su
principi democratici, sulla libertà individuale e sul libero mercato da un
lato, e regimi autoritari dall'altro.
L'Europa non è «presa nel mezzo» e spero che
abbia ormai riconosciuto, soprattutto dopo l'invasione dell'Ucraina da parte
della Russia, che deve stare fermamente dalla parte delle nazioni libere in
questa competizione globale.
L'America
non ha intenzione di abbandonare l'Europa e non l'ha mai fatto:
è semplicemente ora che lo status quo, in cui
gli Stati Uniti hanno contribuito alla difesa dell'Europa molto più di quanto
l'Europa stessa abbia fatto, si adatti alle nuove realtà.
Sia la
prima sia la seconda amministrazione Trump vogliono che l'Europa capisca
questo: se siete dalla parte delle nazioni libere, dovete comportarvi come
tali.
Non si possono avere leggi sulla libertà di
parola e sulla censura che minano la libertà fondamentale su cui si fonda la
nostra civiltà.
Non si
può essere una nazione libera e non mantenere la capacità di difendere se
stessi e i propri alleati, o non essere disposti a contribuire efficacemente al
modello di deterrenza collettiva che tiene a bada attori come la Russia.
Non si
può essere annoverati tra le democrazie occidentali e, allo stesso tempo,
sabotare il proprio settore energetico nazionale per perseguire la purezza
dell'energia verde, aumentando di conseguenza la propria dipendenza dal
petrolio e dal gas di un avversario.
Non si può essere liberi se uno Stato
regolatore in costante aumento schiaccia i mercati liberi e spegne ogni
potenziale di crescita economica.
L'Europa ha la capacità di cambiare tutte
queste cose e di realizzare un futuro in cui le sue nazioni siano forti,
prospere e sicure.
Posso
assicurarvi che gli americani vogliono soltanto questo e il resto dell'Europa
dovrebbe seguire l'esempio dell'Italia.
Sotto la guida della premier Meloni, il vostro
Paese ha concluso l'accordo BRI con la Cina, ha eliminato le norme che
limitavano il libero mercato e so che la sua amministrazione ha dato priorità
all'aumento delle spese militari.
In
particolare, il suo governo ha visto l'amministrazione Trump non come un facile
bersaglio per insulti a buon mercato, ma come un partner prezioso i cui
interessi sono allineati.
Le
singole nazioni europee dovrebbero adottare questo modello.
La
reciprocità e l'equità sono stati i principi organizzativi della prima
amministrazione
Trump, e questo non è cambiato nella sua seconda iterazione.
Sono
certo che se l'Europa abbracciasse queste idee e lavorasse al fianco degli
Stati Uniti, il partenariato transatlantico potrebbe essere più forte che mai.
Trump
a due facce: spiragli e linea dura
sul
futuro dei dazi. "Abbiamo più potere
per le
negoziazioni. È ora di arricchirsi."
Ilgiornale.it
- Valeria Robecco – (5 Aprile 2025) – ci dice:
Il
tycoon sconfessa i consiglieri e apre a trattative:
"Tutti
ci chiamano. Gli investitori? Le politiche non cambieranno".
Caos
Usa: corsa agli acquisti.
Oggi
cortei anti-Donald.
Prima
apre alle trattative contraddicendo i suoi stessi consiglieri, poi torna a
mostrare il pugno duro e afferma che la sua linea non cambierà.
Donald Trump porta sulle montagne russe gli
Stati Uniti e il mondo intero sulla questione dei dazi, e nonostante il crollo
del mercato azionario e il dollaro in caduta libera, ripete che questo è il
momento di arricchirsi.
Ieri
mattina il presidente americano ha spiegato che «le tariffe doganali ci danno
un grande potere di negoziazione.
Tutti
i paesi ci stanno chiamando.
Abbiamo
preso il comando:
se
avessimo chiesto loro di farci un favore avrebbero detto di no.
Ora,
invece, farebbero qualsiasi cosa per noi».
E
smentendo quanto dichiarato dal “segretario al Commercio “Howard Lutnick” e dal
consigliere “Peter Navarro” (i quali hanno ribadito a più riprese che non c'era
spazio per trattare), ha detto di essere disponibile a ridurre le percentuali
se altre Nazioni fossero state in grado di offrire qualcosa di «fenomenale».
Un
possibile scambio?
Alleggerire
i dazi alla Cina in cambio del via libera alla vendita delle operazioni
americane di TikTok.
E non si è trattenuto dal sottolineare che «la
Cina se l'è giocata male» replicando con i contro-dazi «e si è fatta prendere
dal panico.
L'unica
cosa che non può permettersi di fare».
Dopo
l'apertura, tuttavia, il presidente americano ha fatto nuovamente marcia
indietro: «Le mie politiche non cambieranno mai.
Questo
è un grande momento per arricchirsi, per arricchirsi più che mai», è il
messaggio lanciato su Truth agli investitori «che vengono negli Stati Uniti».
La
Casa Bianca, da parte sua, ha consigliato ai repubblicani del Congresso
americano di concentrarsi sull'impatto di lungo termine dei dazi, mettendo in
evidenza che il tycoon sta «rivoluzionando il commercio mondiale» e le tariffe
innescheranno il ritorno delle aziende negli Usa, ampliando la base
manifatturiera e «creando posti di lavoro ben pagati».
Ma
anche tra i conservatori non tutti sono convinti che le politiche commerciali
del comandante in capo avranno effetti positivi.
E
infatti al Senato è stato presentato un progetto bipartisan che concede al
Congresso il via libera finale sui dazi imposti da un presidente: il
provvedimento porta la firma del repubblicano Chuck Grassley e della
democratica Maria Cantwell, e pur avendo poche chance di essere approvato,
mostra senza dubbio il disagio di alcuni esponenti del “Grand Old Party”.
Intanto
negli Usa è già scattata la corsa agli acquisti «preventivi»:
dai televisori alla salsa di soia, dagli
indumenti alla birra irlandese, milioni di americani hanno reagito ai dazi allo
stesso modo, ossia precipitarsi nei negozi a fare scorta per la paura di
un'imminente impennata dei prezzi.
La
sensazione diffusa, ha spiegato il “Wall Street Journal”, è che il colpo
stavolta arriverà a tutti:
dai piccoli imprenditori ai consumatori, e in
tanti vogliono giocare d'anticipo.
Anche “Mark
Cuban, imprenditore miliardario e personaggio televisivo, ha suggerito la
stessa cosa ai suoi follower.
«Dal dentifricio al sapone, qualsiasi cosa per
cui riuscite a trovare spazio in casa, acquistatela prima che debbano rifornire
l'inventario - ha affermato in un post sulla piattaforma di social media “Bluesky”
-.
Pure
se sono prodotti negli Usa, aumenteranno il prezzo e daranno la colpa ai dazi».
E oggi
è la giornata della grande protesta contro Trump in tutti e 50 gli Stati
americani:
la
manifestazione «Hands Off», con oltre 1.100 eventi ai quattro angoli del Paese,
dovrebbe rappresentare la più grande dimostrazione in un solo giorno contro il
47° presidente da quando è tornato alla Casa Bianca.
«Non si tratta solo di corruzione, non si
tratta solo di cattiva gestione.
Si
tratta di un'acquisizione ostile» del potere, si legge sul sito
dell'organizzazione. Si protesta contro Trump, ma anche contro i suoi alleati
miliardari, a partire dal first buddy Elon Musk e i suoi tagli al governo federale
con il Doge.
Xi
alza i dazi al 125% e rispolvera Mao:
"Usa,
tigre di carta non cederemo mai"
Ilgiornale.it
- Roberto Fabbri – (12 Aprile 2025) –
ci dice:
Pechino
al premier spagnolo Sánchez: "Uniti in difesa della globalizzazione"
Colpo
su colpo.
La Cina non solo reagisce ai super dazi al
145% sul suo export negli Stati Uniti innalzando i propri fino alla soglia
monstre del 125%, ma conferma di volersi giocare questa sfida commerciale
all'ultimo sangue come un'opportunità per rafforzare le proprie posizioni.
Siete
voi a volere la guerra e l'avrete, dicono da Pechino, che tutto può tollerare
fuorché i toni arroganti che Donald Trump sta usando mentre lavora per mettere
alle corde l'economia del Dragone.
«Xi
Jinping farebbe bene a prendere il telefono e chiedere di parlare con me», ha
detto Trump, ma è del tutto improbabile che qualcosa del genere accada nel
prossimo futuro.
Al
contrario.
Da
Pechino mandano a dire che bullismo e atteggiamenti irrispettosi saranno
rispediti al mittente.
E non
vengono risparmiati toni irridenti verso le strategie della Casa Bianca.
Innescare un'escalation di dazi e contro dazi che rende di fatto impossibile il
commercio bilaterale, secondo il ministero degli Esteri cinese, non è altro che
«uno scherzo nella storia economica mondiale», qualcosa che non si può nemmeno
prendere sul serio:
altro
che strategia, insomma, quello di Trump sarebbe solo caos mentale e mancanza di
rispetto.
E
finché questo rispetto non tornerà, la Cina risponderà colpo sul colpo, «fino
alla fine, perché non abbiamo paura».
Il
presidente cinese ha parlato ieri, ricevendo il premier spagnolo Pedro Sánchez,
per la prima volta dopo la svolta di Trump del 2 aprile che ha sconvolto i
mercati e le relazioni internazionali.
Xi ha fatto subito capire che rilancerà le
pesanti puntate di Trump su quello che sembra essere il tavolo verde di una
casa da gioco.
Ha
chiarito a Sánchez che la Cina non farà alcun passo indietro, e che anzi invita
per suo tramite l'Europa a difendere la globalizzazione economica e il regime
di libero scambio al fianco di Pechino.
Sánchez
che è alla sua terza visita di Stato a Pechino in due anni - ha risposto solo
in parte positivamente, dicendosi impegnato ad agire per un maggiore
coordinamento delle politiche commerciali tra Ue e Cina.
Ma
l'aspetto più importante della reazione cinese alla guerra commerciale
dichiarata da Donald Trump non consiste nonostante le apparenze nelle durissime
misure di rappresaglia tariffaria che entreranno in vigore oggi.
Xi Jinping dimostra, piuttosto, di voler
giocare una partita politica sia interna sia estera.
Lo conferma anzitutto il crescente
bombardamento retorico sull'opinione pubblica cinese, che ha lo scopo evidente
di stimolare orgoglio nazionale in vista delle immancabili gravi difficoltà
economiche che questa assurda rissa tra i due colossi produrrà in Cina.
I
responsabili della propaganda del partito comunista non si limitano a
diffondere in continuazione le frasi di sfida di Xi agli americani («Lotteremo
colpo su colpo», «Fino alla fine», «Non ci fanno paura», «Pretendiamo
rispetto»), ma rispolverano citazioni di Mao Zedong vecchie di settant'anni
eppure sorprendentemente adattabili all'attualità.
«Non
importa quanto durerà questa guerra, non cederemo mai».
Oppure
quest'altra, famosa, detta della «tigre di carta»:
«Gli
Stati Uniti cercano di intimidire alcuni Paesi, vietando loro di fare affari
con noi, ma l'America è solo una tigre di carta. Non credete al suo bluff,
basta una puntura e scoppierà».
E
mentre vertici del partito, funzionari e media cinesi ripetono all'unisono lo
slogan maoista «fino alla fine», Xi Jinping apre in contemporanea all'invito
all'Europa a far fronte comune «contro la destabilizzazione e il bullismo
americani» anche un fronte regionale.
Nei
prossimi giorni visiterà Vietnam, Cambogia e Malaysia, tre Paesi vicini della
Cina colpiti da durissimi dazi Usa (per ora sospesi) che mettono alle corde le
loro economie.
Xi cercherà di cogliere l'opportunità per
rilanciarsi, presso nazioni che temono l'imperialismo cinese, come alternativa
credibile agli «inaffidabili Stati Uniti» che infatti le stanno tradendo.
Titoli
di Stato e dollaro: il tonfo
della
credibilità Usa (e quei
sospetti
su Pechino).
Msn.com – Corriere della Sera – (12-4 -2025) -
Storia di Federico Fubini – ci dice:
Titoli
di Stato e dollaro: il tonfo della credibilità Usa.
Per
ottant’anni, i mercati si sono basati su due pilastri che hanno sostenuto
l’infrastruttura del sistema finanziario internazionale:
il
dollaro come moneta di riserva per le banche centrali o le istituzioni private
in qualunque Paese;
e i
titoli di Stato americani come unici valori sicuri, privi di rischio,
reperibili e scambiabili in abbondanza e rapidamente in ogni momento e ovunque,
dunque validi quali garanzia in tempi normali e beni rifugio durante le crisi.
Le
loro caratteristiche hanno reso il dollaro e i titoli di Stato americani unici
e indispensabili.
Su
questi fondamenti si è tenuto ed è cresciuto il sistema dagli accordi di
Bretton Woods del 1944 fino al 2 aprile,” Liberation Day” di Donald Trump.
Da
allora, molti investitori non sono più così sicuri.
E già
solo il fatto che il dubbio si sia insinuato fa sì che il genio sia fuori dalla
bottiglia: rimettercelo sarà fra l’impossibile e il difficile, lungo e
faticoso.
Dunque l’economia globale sta entrando in
terra incognita.
L’imprevedibilità e apparente carenza di
logica con cui i dazi «reciproci» di Trump sono stati imposti, poi ritirati per
quasi tutti, ma alzati al parossismo per la sola Cina ha improvvisamente
ricordato a molti sui mercati la realtà sottostante:
gli Stati Uniti non possono alienarsi i loro
creditori;
non
possono creare in loro dubbi quanto alla competenza di chi governa, perché
devono convincere quegli stessi creditori a finanziare gli enormi debiti
privati e pubblici del Paese.
Una
differenza rispetto all’altro mandato di Trump è che, nel giorno del
giuramento, il debito pubblico era al 103% del prodotto lordo la prima volta ma
al 122% la seconda;
il deficit era al 3,3% e ora è al 6,3%,
malgrado anni di crescita sospinta (anche) dalla finanza pubblica.
Solo nel 2025, il Tesoro degli Stati Uniti
deve emettere nuovi titoli per circa duemila miliardi di dollari per coprire il
deficit.
Deve
anche rinnovare titoli di scadenza per circa ottomila miliardi di dollari.
E far
fronte ad altri 500 miliardi di dollari in interessi.
I
prestiti da raccogliere nel 2025 per il Tesoro americano, il cui volto oggi è
quello del segretario “Scott Bessent”, arrivano dunque poco sotto al 10% del
prodotto lordo della Terra.
Nel
frattempo la stessa amministrazione ha colpito il resto del mondo con dazi che,
anche dopo la mezza ritirata di tre giorni fa, restano in media i più alti da
un secolo.
Una
delle reazioni è stata nei Treasuries, i titoli di Stato Usa
: per
la prima volta hanno iniziato a comportarsi come titoli non privi di rischio.
Il
rendimento a dieci anni è salito dal 3,9% del 2 aprile a un picco appena sotto
il 4,6% ieri.
Non
era mai successo che lo spread con l’analogo Bund tedesco (scarto di
rendimento) salisse di oltre lo 0,5% in così pochi giorni.
Il
rincaro degli interessi peserà sul costo del debito, ma pesa già sulla
credibilità di “Bessent”:
il 2
aprile aveva detto che un lato positivo dei dazi era nel calo dei rendimenti
dei Treasuries che avrebbero provocato.
Non
stupisce che dal “Liberation Day “l’euro si sia apprezzato del 5% sul dollaro,
cioè che il dollaro abbia perso terreno:
uno
spostamento immane, per un mercato così immenso.
E come per i Treasuries, ad attrarre
l’attenzione non sono tanto i livelli ma la rapidità degli smottamenti:
quelli si sono già visti, questa no.
Una teoria sul mercato, senza prove né indizi,
è che la Cina abbia accelerato lo smobilizzo dei suoi 760 miliardi di riserve
in Treasuries proprio per destabilizzarli.
È
anche probabile che alcuni fondi abbiano venduto carta sovrana degli Stati
Uniti per rientrare dai debiti.
Ma
ormai il precedente c’è, è autoinflitto e sotto gli occhi di tutti. La Federal
Reserve ieri ha detto che è pronta a stabilizzare il mercato.
Ora è possibile che elimini le penalizzazioni
patrimoniali per le banche americane che comprano titoli pubblici Usa, quindi
presti a termini agevolati alle banche stesse perché investano su di essi.
Ma è
una tecnica che usava l’Italia in piena crisi nel 2011, non dal sistema di
riferimento della finanza globale.
Preoccupa
meno invece l’ipotesi di una forte svalutazione dello yuan cinese sul dollaro:
quella di 0,5% che ha già fatto l’ha portato
ai minimi della sua stretta banda di oscillazione con il dollaro, è vincolato
dal fatto che non circola liberamente fuori dalla Cina ed esporrebbe Pechino a
un’ondata di instabilità.
Il
male di Yahweh: Guyénot ha ragione,
Alexis
non ha nemmeno torto.
Unz.com
- Kevin Barrett – (10 aprile 2025) – ci dice:
È
semplicemente incoerente e odioso.
“Stripe”
è l'unico processore di “Substack “e mi hanno de-bannato, quindi non potete più
pagarmi tramite Substack.
Ora pubblico tutto su Substack gratuitamente e
chiedo alle persone di registrarsi per donazioni ricorrenti sulla mia pagina di
donazioni PayPal ... o meglio ancora, sulla piattaforma per la libertà di
parola “SPdonate.”
Nota
che potresti dover effettuare una donazione ricorrente annuale più consistente
(si consigliano 100 dollari), non una piccola donazione mensile, perché “SPdonate”
non può elaborare importi inferiori a 20 dollari.
“Jonas
Alexis” ha pubblicato due articoli su “Culture Wars” in cui si pretende di
recensire "From Yahweh to Zion" di Laurent Guyénot , un libro da me
tradotto e pubblicato.
(Sono ora disponibili gratuitamente su
internet).
Sebbene le "recensioni" di Alexis
non siano lunghe quanto il libro di 500 pagine di Guyénot, il mio collega
redattore di VT scrive come se fosse pagato a parola.
Le
"recensioni" di Alexis di " From Yahweh to Zion" sono
lunghe, sconclusionate e incoerenti diatribe che blaterano su tutto tranne che
sul libro che presumibilmente stanno recensendo.
Nella
prima parte, Alexis ci offre la versione estesa di Wilhelm Marr, Ludwig Feuerbach,
Sigmund Freud, David Duke e Kevin MacDonald – 8.405 parole, per la precisione –
prima ancora di arrivare a Laurent Guyénot e " From Yahweh to Zion”.
Poi, in modo altrettanto tedioso, dedica molte
altre interminabili pagine a criticare aspramente “Guyénot” per aver preso in
considerazione l'idea piuttosto comune che il cristianesimo e il culto di
Osiride abbiano una "somiglianza di famiglia", così come la storia di
Caino e Abele con quella di Osiride.
Ancora
più bizzarramente, incolpa me – il traduttore – per il contenuto del libro
tradotto fedelmente.
Mentre
la reputazione di Kevin Barrett come studioso rimane intatta nonostante la
traduzione e l'edizione di “Da Yahweh a Sion”, e mentre non ho altro che
apprezzamento per le sue opere, sono deluso dal fatto che non abbia sfidato
Guyénot sui punti che ho sollevato qui.
Se
Alexis pensa che "traduttori e revisori" cambiano il significato dei
testi che traducono, spero che non venga mai assunto per tradurre qualcosa dal
coreano!
Come
se non bastasse spendere più di 10.000 parole (o forse 15.000?
Ho perso il conto) senza dire praticamente
nulla sull'argomento in questione, Alexis torna per un bis nel Culture Wars di
questo mese.
Che ci
crediate o no, il “Maestro del Meandro” è riuscito in qualche modo a produrre
l'ennesima non-recensione altamente discorsiva di
“From Yahweh to Zion ! “
Anche
se la brillante recensione di E. Michael Jones di The Brutalist è difficile da seguire, l'articolo di
Alexis è così pessimo che l'articolo di Jones dovrebbe vergognarsi di starci a
confronto.
Come
la prima "recensione" di Alexis, anche la seconda evita completamente
di confrontarsi con la tesi di Guyénot:
che la Torah o Antico Testamento esistente sia
in gran parte un vangelo del male, incarnato dal suo personaggio principale, “Yahweh”,
e che gli ebrei che si sono comportati male in vari tempi e luoghi lo abbiano
fatto sotto la sua influenza.
(Si
noti che non sono necessariamente d'accordo con questa tesi! Sono solo il
traduttore!)
Invece
di confutare le affermazioni di Guyénot su ciò che la Torah/Antico Testamento
dice effettivamente, Alessio fulmina oscenamente il Profeta dell'Islam, offre
una critica tipicamente prolissa del Talmud (poco pertinente alla critica di
Guyénot alla Torah) e infine si dilunga in una valutazione negativa di migliaia
di parole del primo dualista cristiano Marcione.
E se è vero che la visione generale di
Guyénot, secondo cui “Yahweh è malvagio”, fu notoriamente sostenuta da “Marcione,”
i due critici della Torah sono separati da quasi due millenni e da un abisso
quasi altrettanto incommensurabile nelle visioni del mondo.
(Guyénot si è formato nella tradizione secolare-atea
degli studi storici francesi ed è filosoficamente e spiritualmente in un certo
senso stoico, quindi nessuno confonderebbe mai i suoi scritti con quelli di
Marcione!)
La critica di Alexis a Marcione, sebbene forse
adeguata come interpretazione pedestre del dogma cattolico, ha ben poco a che
fare con il “libro di Guyénot”.
Poiché
la tesi di Guyénot è che la cattiva condotta ebraica è stata alimentata dalla
problematica Torah, chiunque voglia confutare “Da Yahweh a Sion” dovrebbe
concentrarsi su due compiti:
Affrontate
l'affermazione di Guyénot secondo cui la Torah/AT dipinge ripetutamente Yahweh
come un tiranno sgradevolmente geloso che ordina ai suoi seguaci di fare ogni
sorta di cose malvagie, fino al genocidio.
Affrontate
le affermazioni di Guyénot secondo cui vari esempi di comportamenti scorretti
degli ebrei, che vanno dalla predazione usuraia al genocidio sionista, sono
radicati nella comprensione (non ovviamente sbagliata) della Torah da parte
degli ebrei.
Nella
speranza di stimolare Alexis a riprendere in mano la sua penna profusa e a
iniziare a intingerla nel suo inesauribile calamaio (e, se viene effettivamente
pagato a parola, a dividermi i profitti), offro qui di seguito alcuni estratti
dal Capitolo Due del magistrale libro di Laurent Guyénot, " Da Yahweh a
Sion.".
Se Alexis o chiunque altro desiderasse fare
una lettura approfondita in stile neocritico del testo in chiaro dei brani
della Torah/Antico Testamento citati da Guyénot, utilizzando il contesto
storico quando necessario per aiutarci a comprendere il significato di questi
testi per i loro autori e lettori originali, e per il loro pubblico ebraico nel
corso dei secoli – è sostenere che l'interpretazione fin troppo ovvia di
Guyénot sia errata – ben venga.
In
realtà, concordo con Guyénot sul fatto che ci sia molto male nella Torah/Antico
Testamento e nella sua rappresentazione di Yahweh, ma sostengo che ci sia anche
del bene, e che la spiegazione di questo quadro contraddittorio sia che l'élite
ebraica, alias gli Anziani di Sion, abbia preso quella che originariamente era
una rivelazione divina e l'abbia distorta, in modo
egoistico/interessato/satanico, durante la trasmissione.
La
correzione di Dio alla Torah/Antico Testamento e il Suo ammonimento alle élite
ebraiche che l'hanno distorta, sono il Corano.
Perché
Alessio attacca gratuitamente il Profeta dell'Islam?
La sua
argomentazione implicita sembra essere:
"La tua visione negativa dell'Antico
Testamento mi offende, quindi ora offenderò te! Nyah-nyah!".
Il che, ovviamente, non è un'argomentazione.
Da,
Capitolo Due.
Gelosia
e arroganza narcisistica.
"Il
nome di Yahweh è il Geloso" (Esodo 34:14).
La
Torah sottolinea la gelosia come il suo principale tratto caratteriale,
chiamandolo ripetutamente "il Geloso" (Esodo 20:5, Deuteronomio 4:24,
5:9 e 6:15).
Ciò
che Yahweh richiede al suo popolo più di ogni altra cosa è l'esclusività del
culto.
Ma non
è tutto:
egli
richiede anche che tutti i santuari dei suoi vicini siano completamente
distrutti: "distruggete i loro altari, frantumate le loro stele, tagliate
i loro pali sacri e bruciate i loro idoli" (Deuteronomio 7:5).
Così parlò Yahweh, altrimenti noto come El
Shaddai , "il dio distruttore" (Esodo 6:3).
Dopo
la distruzione del regno settentrionale di Israele da parte dell'Assiria, i
sacerdoti e i profeti yahwisti che avevano cercato rifugio a Gerusalemme
ritenevano gli Israeliti responsabili della sconfitta del loro paese:
avevano "provocato l'ira di Yahweh"
" offrendo sacrifici su tutti gli alti luoghi come le nazioni che Yahweh
aveva scacciato per loro" e "servendo idoli" (2 Ri 17:11-12).
L'elezione divina di Israele era ora passata
al regno più piccolo di Giuda, la cui sopravvivenza dipende ora dal rispetto
dell'esclusività del culto di Yahweh e del Tempio di Gerusalemme, e dalla
distruzione di ogni traccia di culti rivali e luoghi santi.
Il
secondo Libro dei Re giudica gli eredi di Davide secondo il criterio unico
dell'obbedienza a quel precetto...
...
Per comprendere come sia nato questo monoteismo biblico, è necessario sapere
che negli strati più antichi della Bibbia, Yahweh è un dio nazionale, etnico,
non il Dio supremo dell'Universo.
Gli
Israeliti veneravano Yahweh come gli Assiri adoravano il loro dio Ashur e gli
attribuivano le loro vittorie militari:
"Poiché
tutti i popoli marciano ognuno nel nome del suo dio (elohim ), mentre noi
marciamo nel nome di Yahweh, nostro Dio, per sempre e per sempre" (Michea
4:5).
"Io sono il dio dei vostri padri, il dio
di Abramo, il dio di Isacco e il dio di Giacobbe", dice Yahweh a Mosè
(Esodo 3:6).
Poi
Yahweh ordina a Mosè di dire al suo popolo:
"Yahweh,
il dio dei vostri padri, mi è apparso", e di esortarli a parlare al
Faraone nel nome di "Yahweh, il dio degli Ebrei" (3:16-18)
... La
superiorità di Yahweh sugli altri dèi presuppone l'esistenza di questi altri
dèi. Una storia in particolare merita di essere menzionata qui:
dopo
che i Filistei ebbero catturato l'arca degli Israeliti sconfitti, "la
collocarono nel tempio di “Dagon”, deponendola accanto a” Dagon"” (1
Samuele 5:2).
Il
giorno dopo, trovarono la statua di Dagon rotta
.
Yahweh colpì quindi gli abitanti di due città filistee, Ashdod e Gat, con una
proliferazione di topi e un'epidemia di tumori...
… Fu
solo durante l'esilio babilonese che Yahweh, privato del tempio dove in
precedenza si era seduto tra due cherubini, iniziò ad affermare di aver creato
l'universo lui stesso.
Dopo
aver vietato ogni commercio con altri dei e aver dichiarato Yahweh più potente
di loro, i sacerdoti e i profeti yahvisti avrebbero affermato che questi altri
dei semplicemente non esistevano.
E se Yahweh era l'unico vero dio, allora
doveva essere il creatore e il padrone dell'universo.
La furia sterminatrice del dio deicida giunse
così alla sua logica conclusione...
…
Piuttosto che raggiungere filosoficamente la nozione dell'unità di tutti gli
dèi sotto una Divinità universale, gli Yahwisti perseguivano la negazione
totale degli altri dèi e lo sterminio dei loro sacerdoti.
In
questo processo, la teologia e l'antropologia sono inseparabili:
è
nella misura in cui il dio nazionale degli ebrei è riuscito a stabilizzarsi
come "l'unico Dio" dell'umanità che il popolo ebraico sarebbe stato
in grado di definirsi come il "popolo eletto".
È la
gelosia cronica di Yahweh, non solo la sua misoginia, su cui si fonda la
xenofobia della biblica Israele.
Abbiamo
visto che i popoli antichi hanno sempre fatto in modo che i loro dèi fossero
compatibili o, in buoni termini, rendendo possibili le relazioni culturali ed
economiche.
Gli
autori del Deuteronomio erano consapevoli dell'idea diffusa che gli dei
nazionali fossero tutti sotto l'autorità del Creatore Supremo.
Ma la
alterarono nel modo tipico:
"Quando
l'Altissimo (Elohim ) diede a ciascuna delle nazioni la sua eredità, quando
divise l'umanità, stabilì i confini delle nazioni secondo il numero dei figli
di Dio, ma la parte di Yahweh era il suo popolo, e Giacobbe fu la misura della
sua eredità" (32:8-9) .
In altre parole, tra tutte le nazioni, il
Padre stesso dell'umanità ne ha scelta una per sé, lasciando le altre alla cura
di dèi inferiori (potenze angeliche, perché questo è qui il significato
accettato di "figli di Dio").
Questa
è la fonte ultima dell'orgoglio ebraico:
"Fra
tutti i popoli della terra, tu sei stato scelto da Yahweh tuo Dio per essere il
suo popolo" (7:6).
E
questo suo popolo, Yahweh naturalmente vuole "innalzarlo più in alto di
ogni altra nazione del mondo" (28:1).
Sebbene
ammetta implicitamente di essere il padre di tutti gli altri dei nazionali,
prova per loro solo un odio omicida.
L'essenza
dello yahwismo monoteista, che è uno sviluppo secondario dello yahwismo
tribalista, è l'alleanza esclusiva tra il Creatore universale e un popolo
peculiare...
La sua
specificità sta meno nell'affermazione di un Dio unico che nell'affermazione di
un popolo unico.
L'unico
Dio è il lato della medaglia mostrato al Goy per ricordargli il suo debito
verso gli "inventori del monoteismo";
ma l'altro lato, il concetto di popolo eletto,
è ciò che lega insieme la comunità ebraica, così che si possa rinunciare a Dio
senza abbandonare l'eccezionalità del popolo ebraico.
E
così, pur affermando di essere il Creatore dell'universo e dell'umanità, Yahweh
rimane un dio nazionale e sciovinista;
questa
è la base della dissonanza tra tribalismo e universalismo che ha sollevato la
"questione ebraica" nel corso dei secoli.
In effetti, la concezione ebraica di Yahweh è
parallela al processo storico, poiché nello sviluppo dello yahwismo, non è il
Creatore dell'Universo a diventare il dio di Israele, ma piuttosto il dio di
Israele a diventare il Creatore dell'Universo.
E
così, per gli ebrei, Yahweh è principalmente il dio degli ebrei e
secondariamente il Creatore dell'Universo;
mentre
i cristiani, ingannati dalla narrazione biblica, vedono le cose al contrario.
Avendo
scelto per sé una sola tribù tra tutti i popoli, utilizzando criteri
sconosciuti, Yahweh progetta di fare di loro non una guida, ma una rovina per
il resto dell'umanità:
"Oggi
e d'ora in poi, riempirò i popoli sotto tutti i cieli di timore e terrore di
te; chiunque udrà la parola del tuo arrivo tremerà e si contorcerà per
l'angoscia a causa tua" (Deuteronomio 2:25).
Le
storie bibliche sono lì per drammatizzare il messaggio.
Citiamone
alcune, tratte dai cicli di Giacobbe, Mosè e Davide, tutte con lo stesso
marchio di fabbrica.
Seshem,
figlio di Emor, re della città cananea di Seshem, "si innamorò di [Dina,
figlia di Giacobbe] e cercò di conquistarne il cuore", poi "la
afferrò e la costrinse a giacere con lui".
I figli di Giacobbe "erano sdegnati e
infuriati perché Sichem aveva insultato Israele giacendo con la figlia di
Giacobbe, una cosa totalmente inaccettabile.
Emor
ragionò con loro in questo modo:
'Il
cuore di mio figlio Sichem è rivolto a vostra figlia.
Vi prego, permettete che lo sposi.
Sposatevi con noi; dacci le vostre figlie e
prendetevi le nostre figlie.
Potremo
vivere insieme e il paese sarà aperto a voi, perché possiate abitarci,
spostarvi e acquistare proprietà'.
Allora
Sichem si rivolse al padre e ai fratelli della ragazza:
"Concedetemi
questo favore e vi darò tutto ciò che chiederete.
Esigerete
da me un prezzo nuziale alto quanto vorrete e vi pagherò quanto chiederete.
Lasciatemi
solo sposare la ragazza"».
I figli di Giacobbe allora "rivolsero a
Sichem e a suo padre Camor una risposta astuta", chiedendo:
"Diventate come noi circoncidendo tutti i
vostri maschi.
Allora
noi vi daremo le nostre figlie, prendendo le vostre per noi; e resteremo con
voi per formare una sola nazione".
Camor,
confidando nelle buone intenzioni della tribù di Giacobbe, convinse tutti i
suoi sudditi maschi a farsi circoncidere.
"Il
terzo giorno, mentre gli uomini erano ancora in preda al dolore, i due figli di
Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada,
si mossero contro la città senza incontrare resistenza e uccisero tutti i
maschi.
Uccisero
a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, portarono via Dina dalla casa
di Sichem e se ne andarono.
Quando
gli altri figli di Giacobbe piombarono sui cadaveri, saccheggiarono la città
per vendicare il disonore fatto alla loro sorella.
Presero
i loro greggi, i loro buoi, i loro asini, tutto ciò che era nella città e nella
campagna e tutti i loro beni.
Fecero
prigionieri, tutti i loro figli e le loro mogli e saccheggiarono tutto ciò che
si trovava nelle case" (Genesi 34:1-29).
Secondo
esempio: al tempo di Mosè, quando i re di Chesbon e Basan volevano impedire
agli Ebrei di entrare nel loro territorio, gli Ebrei…
Non è
nulla in confronto a ciò che re Davide fece al popolo di Rabba, dopo aver
saccheggiato la loro città e "portato via un grande bottino" :
"E fece uscire la gente che era lì, e la
mise sotto seghe, sotto erpici di ferro, e sotto scuri di ferro, e la fece
passare per la fornace da mattoni: e così fece a tutte le città dei figli di
Ammon.
E
Davide e tutto il popolo tornarono a Gerusalemme" (2 Samuele 12:31).
L'episodio è ripetuto in 1 Cronache 20:3:
"E fece uscire la gente che era lì, e la
tagliò con seghe, con erpici di ferro e con scuri.
Così fece Davide a tutte le città dei figli di
Ammon".
Ho
citato qui dalla versione riveduta di Re Giacomo.
È
significativo che questo episodio sia stato ritradotto fraudolentemente dopo il
1946.
Ora
leggiamo nella” Revised Standard Version”:
"E
fece uscire la gente che era in essa, e li mise a lavorare con seghe, picconi
di ferro e asce di ferro, e li fece lavorare alle fornaci da mattoni".
E nella Bibbia cattolica Nuova Gerusalemme:
"E ne cacciò gli abitanti, facendoli
lavorare con seghe, picconi di ferro e asce di ferro, impiegandoli nella
fabbricazione di mattoni".
Questa
nuova traduzione rende la storia politicamente corretta, ma altamente
improbabile, poiché non furono mai necessari utensili di ferro per produrre
mattoni – certamente non asce, picconi e seghe – ma armi mortali che nessun
vincitore sano di mente distribuirebbe agli uomini appena sconfitti.
Il
codice di guerra stabilito da Yahweh distingue tra le città esterne e quelle
all'interno del territorio dato al suo popolo:
nella prima, " passerete a fil di spada
tutta la popolazione maschile.
Ma le
donne, i bambini, il bestiame e tutto ciò che la città contiene come bottino,
potrete prenderlo per voi come preda.
Vi
nutrirete del bottino dei nemici che Yahweh, vostro Dio, vi ha dato in
mano". Nelle città vicine, invece, "non risparmierete la vita di
alcun essere vivente", uomini e donne, giovani e vecchi, bambini e
lattanti, e persino il bestiame, "affinché non vi insegnino a commettere
tutti gli abomini che essi fanno per onorare i loro dèi" (Deuteronomio
20:13-18).
Così,
a Gerico, "impugnarono la maledizione dello sterminio su tutti gli
abitanti della città: uomini e donne, giovani e vecchi, compresi i buoi, le
pecore e gli asini, scannandoli tutti" (Giosuè 6:21).
La
città di “Ai” subì la stessa sorte:
i suoi abitanti furono tutti massacrati,
dodicimila, «finché non ne rimase vivo nessuno, nessuno in fuga. […]
Quando
Israele ebbe finito di uccidere tutti gli abitanti di Ai in aperta campagna e
nel deserto dove li avevano inseguiti, e quando tutti furono caduti a fil di
spada, tutto Israele tornò ad Ai e ne massacrò il resto della popolazione»
(8,22-25).
Le
donne non furono risparmiate, e «Israele prese come bottino solo il bestiame e
le spoglie di questa città» (8,27).
In
tutta la terra, Giosuè «non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni
essere vivente, come aveva comandato il Signore, Dio d'Israele» (10,40).
Stesso
programma per la tribù nomade degli Amaleciti, il primo nemico che gli Ebrei
affrontarono durante l'Esodo dall'Egitto e da Canaan.
In una formulazione cinicamente paradossale,
Yahweh chiese a Mosè:
"Scrivi questo in un libro per
commemorarlo, e raccontalo a Giosuè, perché io cancellerò ogni memoria di
Amalek sotto il cielo" (Esodo 17:14).
L'idea
è ripetuta in Deuteronomio 25:19:
"Quando
Yahweh, tuo Dio, ti avrà concesso la pace da tutti i nemici che ti circondano,
nel paese che Yahweh, tuo Dio, ti ha dato in eredità, allora cancellerai la
memoria di Amalek sotto il cielo. Non dimenticarlo".
La
missione toccò a Saul in 1 Samuele 15:
"Io
voglio punire ciò che Amalek ha fatto a Israele, tendendogli una trappola lungo
il cammino mentre saliva dall'Egitto.
Ora va', sconfiggi Amalek; votalo allo
sterminio con tutto ciò che possiede.
Non risparmiarlo, ma uccidi uomini e donne,
bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini".
Così
parlò Yahweh Sabaot, il divinamente malvagio, per mezzo del profeta Samuele.
Poiché
Saul risparmiò il re Agag "con il meglio delle pecore e dei buoi, gli
animali grassi e gli agnelli", Yahweh lo ripudia:
"Mi
pento di aver fatto regnare Saul, perché ha violato la sua alleanza con me e
non ha eseguito i miei ordini".
Yahweh
ritirò il regno di Saul e Samuele "macellò" Agag ("fece a pezzi
Agag", nella Versione standard rivista, traducendo fedelmente il verbo
ebraico SHSF ).
Nonostante
questo genocidio biblico teoricamente perfetto, gli ebrei non cessarono mai di
identificare i loro nemici con gli Amaleciti.
Giuseppe
Flavio, scrivendo per i Romani, li riconosce negli Arabi dell'Idumea.
In seguito, Amalek finì per essere associato,
come suo nonno Esaù, a Roma e quindi, dal IV secolo in poi, al Cristianesimo.
Il
"cattivo" del Libro di Ester, Haman, viene ripetutamente definito un
agaghita, cioè un discendente del re amalecita Agag.
Per
questo motivo, l'impiccagione di Haman e dei suoi dieci figli e il massacro di
75.000 persiani sono spesso confusi nella tradizione ebraica con lo sterminio
degli Amaleciti e la brutale esecuzione del loro re.
La
lettura della Torah la mattina del Purim è tratta dal racconto della battaglia
contro gli Amaleciti, che si conclude con la conclusione che "Il Signore
sarà in guerra con Amalek di generazione in generazione" (Esodo 17:16).
Quando
il popolo, sotto la guida di Mosè, si stabilì temporaneamente nel paese di Moab
(o Madian) in Transgiordania, alcuni sposarono donne moabite (midianite), che
Tale abominio richiedeva "la vendetta di Yahweh su Madian".
E
così, come sempre istruito da Yahweh, Mosè formò un esercito e ordinò loro di
eseguire
i suoi ordini.
Tuttavia,
i soldati si resero colpevoli di aver preso "prigioniere le donne
madianite e i loro bambini", invece di massacrarli.
Mosè e li rimproverò: "Perché avete
risparmiato la vita di tutte le donne? Sono state proprio loro [...] a indurre
gli Israeliti a essere infedeli al Signore. […] Uccidete dunque tutti i bambini
maschi e uccidete tutte le donne che si sono coricate con un uomo;
ma
risparmiate la vita delle fanciulle che non si sono coricate con un uomo e
tenetele per voi".
Questo
alla fine della giornata, senza contare "oro, argento, bronzo, ferro,
stagno e piombo" (Numeri 31:3-31).
E
saremmo in errore se credessimo che il messaggio dei profeti, la maggior parte
dei quali erano sacerdoti, addolcisca la violenza dei libri storici:
"Poiché
questo è il giorno del Signore “Yahweh Abaoth”, un giorno di vendetta in cui si
vendicherà dei suoi nemici:
la
spada divorerà fino a quando non si sazierà, finché non si ubriacherà del loro
sangue, "prevede Geremia come rappresaglia contro Babilonia. Perché Yahweh
promette per mezzo suo "la fine di tutte le nazioni dove io ti ho
disperso", incluso l'Egitto (Geremia 46,10-28).
"La spada di Yahweh è ingozzata di
sangue, è unta di grasso", dice Isaia, in occasione di "una grande
strage nel paese di Edom" (Isaia 34:6).
Zaccaria
profetizza che Yahweh combatterà "tutte le nazioni" alleate contro
Israele.
In un
solo giorno l'intera terra diventerà un deserto, ad eccezione di Gerusalemme,
che "starà alta al suo posto".
Sembra
che Zaccaria abbia immaginato ciò che Dio avrebbe potuto fare con le armi
nucleari:
"E questa è la piaga con la quale il
Signore colpirà tutte le nazioni che hanno combattuto contro Gerusalemme; la
loro carne marcirà mentre sono ancora in piedi; i loro occhi marciranno nelle
loro orbite; le loro lingue marciranno nelle loro bocche".
È solo
dopo la carneficina che il mondo troverà finalmente la pace, a condizione che
adorino Yahweh;
Allora
"le ricchezze di tutte le nazioni circostanti saranno ammucchiate: oro,
argento, vesti, in grande quantità. […]
Dopo
questo, tutti i superstiti di tutte le nazioni che hanno attaccato Gerusalemme
saliranno anno dopo anno per adorare il Re, il Signore degli eserciti, e per
celebrare la festa dei rifugi.
Se una
delle razze del mondo non salisse a Gerusalemme per adorare il Re, “Yahweh
Abaoth”, non ci sarà pioggia per lui" (Zaccaria 14).
Il
sogno profetico di Israele – l'incubo delle nazioni – è molto chiaramente un
progetto suprematista e imperiale.
C'è
davvero, in Isaia, la speranza della pace mondiale, quando i popoli della terra
"trasformeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci.
Nazione non alzerà più la spada contro
un'altra nazione, non impareranno più a fare la guerra" (Isaia 2:4).
Ma
quel giorno verrà solo quando tutte le nazioni renderanno omaggio a Sion.
In
quei giorni gloriosi, dice Jahvè al suo popolo nel secondo Isaia, i re «si
prostreranno davanti a te, con la faccia a terra, e leccheranno la polvere ai
tuoi piedi», mentre gli oppressori d'Israele «mangeranno la loro stessa carne
[e] si ubriacheranno come del loro stesso sangue» (49:23-26);
"Poiché la nazione e il regno che non ti
serviranno periranno, e le nazioni saranno completamente distrutte"
(60:12);
"Stranieri
si faranno avanti per pascolare le tue greggi, stranieri saranno i tuoi aratori
e vignaioli;
ma sarete chiamati 'sacerdoti del Signore' e
sarete chiamati 'ministri del nostro Dio'.
Ti
nutrirai delle ricchezze delle nazioni, le seppelliranno nella loro gloria» (61,5-6); «Succhierete il
latte delle nazioni, succhierete le ricchezze dei re» (60,16).
Certamente
tutti questi genocidi passati e futuri perpetrati in nome di Yahweh sono
immaginari, ma l'effetto psicologico prodotto dal loro accumulo fino alla
nausea sul popolo eletto non lo è, soprattutto perché alcuni sono commemorati
ritualmente.
È per celebrare il massacro di
settantacinquemila Persiani massacrati dagli Ebrei in un solo giorno che
Mardocheo, l'eroe secondario del Libro di Ester,"un uomo stimato tra i
Giudei, stimato da migliaia di suoi fratelli, un uomo che cercava il bene del
suo popolo e si preoccupava del benessere di tutta la sua razza" (10:3) che
fonda Purim, un mese prima di Pasqua.
Emmanuel
Levinas vorrebbe farci credere che "la coscienza ebraica, formatasi
proprio attraverso il contatto con questa durezza morale, ha imparato l'orrore
assoluto del sangue".
È un
po' come affermare che la violenza virtuale dei videogiochi finirà per rendere
i nostri figli meno violenti.
Non
era forse il giorno di Purim, il 25 febbraio eesimo, 1994, che Baruch Goldstein
massacrò con un fucile mitragliatore ventinove più musulmani sulla tomba di
Abramo?
La sua
tomba non è forse diventata un luogo di pellegrinaggio per gli ebrei ortodossi?
Il
sacco delle nazioni.
"Nutrirsi
delle ricchezze delle nazioni" è il destino della nazione ebraica, dice il
profeta .
È
anche il modo in cui è stata creata inizialmente, poiché il saccheggio è
l'essenza della conquista di Canaan, secondo Deuteronomio 6:10-12:
"Quando Yahweh ti avrà fatto entrare nel
paese che giurò ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe di darti, con città
grandi e prospere che tu non avrai costruite, con case piene di beni che tu non
avrai provviste, con pozzi che tu non avrai scavati, con vigne e ulivi che tu
non avrai piantati, e quando avrai mangiato a sazietà, guardati dal dimenticare
Yahweh che ti ha fatto uscire dall'Egitto, dalla condizione di schiavo".
I
gentili, cananei o altri, non sono diversi dai loro beni agli occhi di Yahweh e
possono quindi diventare proprietà degli ebrei.
"Gli
schiavi e le schiave che avete in casa li prenderete dalle nazioni che vi
circondano; da questi potrete acquistare schiavi e schiave.
Potrete
anche acquistare come schiavi i figli degli stranieri residenti tra voi e i
membri delle loro famiglie che vivono con voi, nati nel vostro suolo;
diventeranno vostra proprietà e li lascerete
in eredità ai vostri figli dopo di voi, in proprietà perenne.
Li
potrete tenere come schiavi; ma non opprimerete i vostri fratelli
israeliti" (Levitico 25:44-46).
Si
noti che, dal punto di vista dello storico, il divieto dimostra la pratica (non
c'è bisogno di legiferare su qualcosa che non esiste), e la storia di Giuseppe
serve a dimostrare che un ebreo venduto come schiavo da altri ebrei non era
inconcepibile.
In
attesa del compimento del suo destino imperiale, il popolo eletto può, in modo
ancora più efficace, esercitare la sua incomparabile padronanza dei meccanismi
monetari.
Uno
dei contributi rivoluzionari della religione biblica nel mondo è la
trasformazione del denaro da mezzo di scambio a mezzo di potere e persino di
guerra.
In
ogni civiltà che ha raggiunto lo stadio del commercio monetario, il prestito a
interesse, che rende il denaro una merce in sé, è stato visto come una
perversione morale e un pericolo sociale.
Aristotele
condanna l'usura nella sua “Politica” come l'attività "più
innaturale" perché dà al denaro la capacità di prodursi dal nulla, e
quindi di assumere un carattere quasi spirituale e soprannaturale.
Più o
meno nello stesso periodo, il Deuteronomio proibì la pratica, ma solo tra gli
ebrei:
"
Puoi chiedere interessi su un prestito a uno straniero, ma non chiedere
interessi a tuo fratello" (23:21).
Durante
il Giubileo, ogni sette anni, ogni creditore deve rimettere il debito del suo
vicino ebreo.
Ma non
quello dello straniero:
«Puoi sfruttare uno straniero, ma devi
rimettere tutto ciò che hai su tuo fratello» (15:3).
Per
quanto ne sappiamo, i sacerdoti jahvisti furono i primi a concepire di
schiavizzare intere nazioni attraverso il debito:
«Se il Signore tuo Dio ti benedirà come ha
promesso, sarai creditore di molte nazioni ma debitore di nessuna; tu regnerai
su molte nazioni e non sarai governato da nessuna» (15,6).
Questo
inferno.
Unz.com
- Craig Murray – (9 aprile 2025) ci dice:
La distruzione
causata dal bombardamento israeliano del campo di Jabalia, Striscia di Gaza,
ottobre 2024.
(UNRWA/Wikimedia Commons).
Fa
tutto parte dello stesso fenomeno.
I
governi occidentali che assistono attivamente al genocidio a Gaza;
attacchi
ai sussidi per i disabili;
una
deliberata narrazione ufficiale della russofobia;
l'islamofobia dilagante che favorisce l'ascesa
dei partiti di estrema destra e alimentata dalla retorica anti-immigrati del
governo;
un
incredibile accumulo di ricchezza da parte degli ultra-ricchi;
erosione dilagante delle libertà di parola e
di espressione.
Non è
un caso che tutto questo stia accadendo nello stesso momento. Rappresenta un
cambiamento radicale nella filosofia occidentale.
Questo
cambiamento non è semplice da tracciare, perché l'anti-intellettualismo è una
parte essenziale della nuova filosofia.
Pertanto
questa filosofia non ha realmente il suo equivalente di “Bertrand Russell” o “Noam
Chomsky”, la cui attenta esposizione dell'analisi e degli ideali della società,
basata su una comprensione completa del discorso filosofico precedente, viene
sostituita.
Se c'è
un equivalente attuale, possiamo guardare a” Bernard Henri Levy”, il cui rifiuto del collettivismo e
il sostegno dei diritti individuali si sono spostati sempre più a destra verso
il sostegno al capitalismo grezzo, alle invasioni dei paesi musulmani e ora al
sostegno esplicito al genocidio di Gaza.
La
fine dell'intellettuale pubblico.
Se
volete trovare un'incarnazione del cambiamento nella filosofia occidentale,
potrebbe essere lui.
Ma
pochi prestano più attenzione agli intellettuali accademici seduti nei loro
studi. L'ormai logoro mantello di "intellettuale pubblico" in
Occidente è passato a figure leggere come” Jordan Peterson” e a islamofobi
populisti come” Douglas Murray”.
Parte
di questo è istituzionale.
Nella
mia giovinezza, Bertrand Russell o AJP Taylor erano molto propensi a tenere
discorsi seri alla “BBC”, e “John Pilger” era il documentarista più celebrato
dai media britannici.
Ma ora
le voci di sinistra sono effettivamente bandite dai media mainstream, mentre è
molto improbabile che gli accademici di sinistra progrediscano nel mondo
accademico.
Il
mondo accademico è ora interamente gestito su un modello aziendale nel Regno
Unito come in tutto l'Occidente.
A un
giovane “Noam Chomsky “quasi certamente le autorità universitarie direbbero di
attenersi alla linguistica e di lasciare da parte la filosofia e la politica, o
di non ottenere una cattedra.
Chomsky
era già un rinomato linguista nel 1967, quando pubblicò il suo saggio
rivoluzionario "Sulla responsabilità degli intellettuali".
Si
tratta essenzialmente di un appello al mondo accademico a sostenere il
movimento di protesta;
un
giovane professore che lo pubblicasse oggi verrebbe quasi certamente sospeso se
non licenziato e, nel clima attuale, persino arrestato.
Un'ondata
di repressione.
Sono
tutti collegati.
Si
tratta di un movimento strutturale di governo della peggior specie.
Può
essere paragonato solo all'ondata di fascismo che travolse gran parte
dell'Europa negli anni '30.
La
grande ironia, naturalmente, è che è stata la distruzione occidentale
dell'Afghanistan, dell'Iraq, della Libia e la destabilizzazione occidentale
della Siria che hanno portato alla massiccia ondata di immigrazione verso
l'Europa che ha causato l'ascesa dell'estrema destra.
A
oltre 1,5 milioni di "rifugiati" siriani è stato concesso asilo
nell'UE, perché sostenevano di essere dalla parte anti-Assad, che l'Occidente
sosteneva.
L'AfD
è il risultato della decisione di Angela Merkel di accettare 600.000 rifugiati
siriani in Germania.
È
affascinante notare che ora che la loro parte ha "vinto" e che a
Damasco si è insediato un governo sostenuto dall'Occidente, meno dell'1% di
questi rifugiati è tornato in Siria.
Nonostante
le narrative ufficiali anti-immigrati di quasi tutti i governi occidentali, non
sembra esserci alcun tentativo di suggerire un loro possibile ritorno.
Anzi,
i politici occidentali più favorevoli all'espulsione degli immigrati sono i
meno propensi a suggerire che i siriani anti-Assad, saldamente sionisti,
debbano andarsene, nonostante quegli stessi politici descrivano la Siria sotto
l'ex comandante ribelle “Abu Mohammad al Jolani”, ora noto come “Ahmed Hussein
al-Sharaa”, come un paradiso liberale e si affrettino a finanziarla.
La
narrazione neoconservatrice sull'immigrazione in Europa è particolarmente
complessa e flessibile.
Di
fatto, gli immigrati considerati dalla parte dell'Occidente nelle sue guerre
(siriani sunniti, ucraini) hanno una porta aperta.
L'immigrazione
di massa verso l'Europa è quindi una conseguenza diretta della politica estera
imperialista, e si manifesta in modi complessi: le vittime dell'Occidente
giungono nonostante la disapprovazione ufficiale, mentre i clienti
dell'Occidente arrivano con l'approvazione ufficiale.
Allo
stesso modo, la dislocazione economica e il forte aumento dell'inflazione, che
hanno rafforzato la destra populista, sono a loro volta amplificati dalla
politica estera occidentale.
La
guerra per procura in Ucraina è in gran parte responsabile della forte
variazione dei prezzi dell'energia in Europa, con la distruzione del gasdotto
Nord Stream come fattore chiave nelle principali difficoltà dell'industria
manifatturiera tedesca.
Torniamo
a Gaza, come tutte le discussioni serie devono fare in questo momento.
Non
riesco a venire a patti con il fatto che la presa di potere dell'establishment
politico da parte degli interessi sionisti – essa stessa una conseguenza della
massiccia crescita della ricchezza comparativa degli ultra-ricchi – sta rendendo possibile il genocidio
più brutale possibile davanti agli occhi del mondo, con il sostegno attivo
dell'establishment occidentale.
Non è
che la gente non vuole fermarlo.
È che non esiste un meccanismo che colleghi la
volontà popolare agli strumenti di governo.
Tutti i principali partiti sostengono il
genocidio di Israele in quasi tutte le "democrazie" occidentali.
È
diventato impossibile negare l'intenzione di un genocidio ora.
Israele
ha aumentato l'uccisione di decine di bambini ogni giorno, sta apertamente
giustiziando medici e distruggendo tutte le strutture sanitarie, sta
bombardando gli impianti di desalinizzazione e sta bloccando tutto il cibo.
La
narrativa sionista sui social media si è spostata dalla negazione del genocidio
alla giustificazione del genocidio.
Semplicemente
non riesco a capire la tolleranza mainstream di questo Olocausto. Vivo in un'epoca in cui le strutture
di potere e le narrazioni sociali non le riconosco come parte di
un'organizzazione sociale a cui posso acconsentire ad appartenere.
È il
Partito Laburista britannico che sostiene attivamente il genocidio, prendendo
di mira i più vulnerabili in patria con tagli al reddito.
È l'UE che sta facendo tutto il possibile per
fomentare la Terza Guerra Mondiale e trasformarsi in un'organizzazione
militarmente aggressiva di stampo nazista.
Il
Regno Unito, gli Stati Uniti e altre nazioni del primo mondo stanno tagliando
radicalmente gli aiuti esteri per finanziare l'aggressione militare
imperialista.
Il
consenso ampiamente socialdemocratico del mondo occidentale nella mia
giovinezza comportava molti compromessi noiosi:
ma era
infinitamente migliore e più promettente di questo inferno che stiamo creando.
La
nuova guerra dell'Europa
contro
la Russia: sabotaggio
in
acque profonde.
Politico.eu
– (7 aprile 2025) - VICTOR JACK, LUCIA MACKENZIE e SAM CLARK nel Golfo di
Finlandia – ci dicono:
Le
petroliere russe sospette continuano a tagliare i cavi internet e quelli
elettrici in Europa.
Non è
un atto di guerra... ma un giorno potrebbe esserlo.
Prima
che la Russia si facesse strada con i bulldozer in Ucraina, “Ilja Iljin” dava
la caccia principalmente alle persone bloccate in mare.
Ora dà
la caccia anche ai sabotatori.
“Iljin”,
vicecomandante della guardia costiera finlandese, è sempre più attento alle
petroliere pronte a compiere atti di sabotaggio.
Alle sue spalle, un piccolo esercito:
decine
di radar e telecamere, numerose motovedette, una flotta di aerei ed elicotteri,
tutti schierati per perlustrare un tratto di mare grande quanto il Belgio.
Stanno
cercando comportamenti sospetti che potrebbero mettere a repentaglio i cavi
sottomarini che portano Internet ed elettricità agli europei.
Eppure,
i sabotaggi continuano a verificarsi:
due
volte solo nel Golfo di Finlandia negli ultimi 18 mesi, secondo “Iljin”.
In
totale, il Mar Baltico ha registrato almeno sei sospetti episodi di sabotaggio
dal 2022, con 11 cavi sottomarini divelti dal 2023.
"Sta
diventando sempre più comune", ha detto “Iljin”, in piedi nella cabina
della nave pattuglia lunga 23 metri, con le onde che si infrangono contro le
sue fiancate. "Siamo diventati più consapevoli del rischio e stiamo
cercando di capire come reagire adeguatamente".
Il
danno non ha sconvolto la società.
Le luci sono rimaste accese; il Wi-Fi
funzionava ancora.
Ma
hanno comunque mandato un brivido lungo l'Europa: e se i prossimi vigilanti
fossero stati più coordinati, più severi? E se la Russia avesse lanciato un
assalto all'Europa? E se significasse guerra?
“Ilja
Iljin”, vice comandante della guardia costiera finlandese, sostiene che il
Paese stia ancora cercando di capire come rispondere alle crescenti minacce.
Uno
scenario tumultuoso non è difficile da immaginare.
L'Irlanda potrebbe perdere un decimo della sua
elettricità a causa di tre tagli ai cavi.
La
Norvegia fornisce all'Unione Europea un terzo del gas del blocco attraverso
condotte sottomarine.
Inseguire uno dei due obiettivi potrebbe
scatenare il caos: carenze energetiche, prezzi alle stelle, scelte forzate su
chi perderà l'energia.
"Stiamo
assistendo a... [una] nuova realtà", ha affermato il Ministro dell'Energia
lituano” Žygimantas Vaičiūnas”.
"Stiamo assistendo a sempre più incidenti
nel Mar Baltico, che potrebbero avere un impatto sui mercati, sui consumatori e
anche sulle nostre imprese".
Finora,
le autorità non sono riuscite a dimostrare in modo definitivo che Mosca fosse
dietro a nessuno degli incidenti.
Ma
"tali attività di sabotaggio, nelle circostanze attuali, potrebbero essere
considerate utili alla Russia... questa è l'unica interpretazione", ha
dichiarato Vaičiūnas a “POLITICO”.
Per la
Russia, anche il minimo danno contribuisce ad alimentare l'insicurezza
occidentale e a diffondere l'idea che, vero o no, Mosca potrebbe stravolgere la
vita quotidiana degli europei se lo volesse.
In
altre parole, le acque europee sono diventate un nuovo fronte nella Guerra
Fredda con la Russia.
L'UE e
la NATO stanno correndo per affrontare il problema, lanciando piani per
acquistare cavi e droni di riserva e rafforzare la sorveglianza militare.
Ma Donald Trump sta alimentando il timore che la
situazione non possa che peggiorare, mentre il presidente degli Stati Uniti
distrugge le alleanze fondamentali dell'America e ripete a pappagallo i
discorsi russi.
"Si
sono sentiti incoraggiati", ha detto un diplomatico dell'UE, a cui è stato
concesso l'anonimato per parlare liberamente. "Quindi significa solo che
dobbiamo fare sul serio".
Trovare
crepe.
L'UE
ha dovuto affrontare il suo primo brusco risveglio alla fine del 2022.
Nel
settembre di quell'anno, i gasdotti Nord Stream, che collegavano la Russia alla
Germania, furono misteriosamente fatti saltare in aria.
Da allora, alcuni rapporti hanno collegato
l'incidente a cittadini ucraini, sebbene il procedimento penale sia ancora in
corso.
Da
allora, i sabotaggi nel Mar Baltico si sono moltiplicati, colpendo i
collegamenti di telecomunicazioni, gas ed elettricità che collegano Svezia,
Finlandia, Germania, Lettonia ed Estonia.
Solo
poche settimane fa, un cavo di comunicazione che collega Berlino e Helsinki è
stato nuovamente danneggiato al largo della costa svedese.
È
un'operazione semplice da realizzare.
Per
cominciare, i costi sono straordinariamente bassi.
"Potenzialmente, si tratta semplicemente
di corrompere un capitano per far calare l'ancora", ha detto “Christian
Bueger”, professore di relazioni internazionali ed esperto di sicurezza
marittima presso l'Università di Copenaghen.
"È davvero economico se si pensa a
operazioni di sicurezza di tipo militare".
Il
bersaglio è anche facilmente raggiungibile dall'ancora di una nave.
Il Mar Baltico ha una profondità media di soli
52 metri, mentre il Golfo di Finlandia è ancora più basso, a 38 metri.
Per fare un confronto, il Mar Mediterraneo è
profondo 1.500 metri.
Inoltre,
i cavi stessi sono semplici da tagliare.
Secondo
“Volker Wendt”, segretario generale dell'associazione di categoria” Europacable”,
i cavi dati sottomarini, che trasportano le e-mail, i messaggi WhatsApp e le
riunioni Zoom di tutto il mondo, sono minuscoli, larghi circa un braccio e
pesanti appena 3 chilogrammi.
I
collegamenti elettrici sottomarini, che collegano i due Paesi e le turbine
eoliche offshore, sono progettati per resistere alle difficili condizioni
ambientali sottomarine.
Sono larghi quanto una chitarra, protetti da
strati di isolamento e acciaio e pesano fino a 65 chilogrammi, ha spiegato”
Wendt”.
I
cavi, sepolti mezzo metro sotto il fondale marino, sono costruiti per durare 40
anni e resistere alla pesca a strascico con le reti da pesca, ma non
all'impatto diretto di un'ancora.
È
esattamente quello che è successo con l'”Eagle S”, una nave che ha trascinato
l'ancora per 100 chilometri fino a tagliare diversi cavi vicino alla Finlandia
a dicembre.
Una
volta reciso, il danno è difficile da riparare, afferma l'esperto marittimo “Bueger”.
Le
navi per le riparazioni "sono relativamente limitate a livello
globale", ha affermato, con solo circa 80 navi disponibili in tutto il
mondo.
E
anche dopo l'arrivo sul posto, le riparazioni possono richiedere fino a due
settimane per i cavi dati e "molti mesi" per i cavi elettrici,
secondo “Peter Jamieson,” vicepresidente dell'”Associazione Europea dei Cavi
Sottomarini”.
Il
prezzo? Tra i 5 e i 150 milioni di euro, secondo” Bueger”.
Sono
un sacco di soldi e di tempo per qualcosa che è essenzialmente impossibile da
fermare.
Circa
il 15% del traffico marittimo mondiale passa attraverso il Mar Baltico, che si
estende per quasi 400.000 chilometri quadrati, più grande della Germania.
Orde di droni, radar e marinai non riescono a
catturare ogni agente disonesto.
"È
impossibile essere ovunque nello stesso momento", ha affermato “Marko
Laaksone”n, vice capo di stato maggiore delle operazioni della marina
finlandese.
Finora,
l'intelligence occidentale suggerisce che alcuni degli incidenti siano stati in
realtà accidentali.
Ma gli
esperti hanno sollevato dubbi su altri, soprattutto quando sono coinvolti
alleati della Russia, come nel caso della “petroliera cinese Yi Peng 3” che ha
reciso due cavi sottomarini lo scorso novembre.
In
ogni caso, Mosca ama sfruttare l'incertezza, secondo “Nick Childs”, esperto di
difesa marittima presso il think tank “International Institute for Strategic
Studies”.
"In
una situazione in cui non si è effettivamente in guerra, esiste la plausibile
negazione", ha affermato.
"La
Russia potrebbe cercare di alzare il livello di pressione... nella zona grigia
al di sotto del conflitto vero e proprio, come una sorta di deterrente e
segnale di avvertimento ai governi occidentali, affinché non aumentino il loro
sostegno all'Ucraina".
È la
stessa tattica usata da Mosca altrove.
Funzionari occidentali sospettano il
coinvolgimento della Russia negli incendi dolosi e nei pacchi bomba spediti in
tutta Europa, così come nelle crescenti campagne di disinformazione e negli
attacchi informatici.
Solo
il mese scorso, un bielorusso è stato accusato di aver appiccato il fuoco a un
supermercato polacco per conto della Russia.
Tutti
episodi di violenza di basso livello, con un certo grado di negabilità.
Ora le
autorità stanno aggiungendo alla lista anche il sabotaggio sottomarino.
"Quello
a cui stiamo assistendo è chiaramente un'escalation", ha affermato “Bueger,”
e "un tentativo strategico di minare la stabilità e aumentare il senso di
vulnerabilità e incertezza nelle società occidentali".
"Vedremo
altri attacchi di questo tipo", ha aggiunto.
Poco
sforzo, grande ricompensa.
Finora,
gli atti vandalici via mare hanno causato interruzioni limitate.
La
rete elettrica dell'UE è tra le meglio interconnesse al mondo e le aziende
stanno realizzando collegamenti ridondanti per arginare il rischio di carenze
di approvvigionamento.
Invece,
"gran parte dell'impatto si verifica in realtà a livello sociale", ha
affermato “Bueger”.
Tali incidenti spesso aumentano l'ansia
pubblica e alimentano "narrazioni populiste in termini di protezione
personale, guardando dentro di noi piuttosto che verso l'esterno".
Tuttavia,
nel 2024, l'Estonia ha avuto un assaggio di cosa potrebbe accadere in caso di
un attacco più grave, quando problemi tecnici a un cavo hanno causato un
aumento del 10% delle bollette energetiche, ha affermato “Erkki Sapp,” membro
del consiglio di amministrazione di “Elering”, l'operatore della rete elettrica
statale del Paese.
Immaginate
se non si fosse trattato di un solo cavo elettrico o se fosse avvenuto
contemporaneamente alla distruzione di un'enorme quantità di cavi dati.
Aggiungete poi gli attacchi informatici all'equazione.
La
Guardia Costiera finlandese ha sorvegliato la “petroliera Eagle S” vicino al
porto di “Kilpilahti” a “Porvoo” lo scorso dicembre.
La nave era sospettata di aver interrotto un
collegamento elettrico tra Finlandia ed Estonia.
"Siamo
in grado di gestire qualsiasi singolo evento, qualsiasi singolo problema con le
infrastrutture energetiche", ha affermato “Sapp”.
"Ma
anche se si verificano più eventi di questo tipo, questo potrebbe portare a
problemi di sicurezza dell'approvvigionamento".
Le
ripercussioni potrebbero anche aumentare se gli attacchi si diffondessero in
altre parti d'Europa, soprattutto mentre gli Stati Uniti continuano a ritirarsi
dai loro alleati occidentali.
Come
il suo vicino Baltico, il Mare del Nord è poco profondo, con una profondità
media di soli 95 metri, il che lo espone ad analoghi atti di sabotaggio,
secondo “Phuc-Vinh Nguyen”, direttore del “Jacques Delors Energy Centre” di
Parigi.
È qui
che si trovano i fondamentali gasdotti che collegano la Norvegia all'Europa
continentale.
"Se
si riuscisse a concentrare l'attenzione su un unico collegamento
infrastrutturale tra la Norvegia e l'UE... l'interruzione
dell'approvvigionamento e l'effetto sui prezzi porterebbero a uno scenario
caotico", ha affermato “Nguyen”.
Le
isole dell'UE sono le più esposte, ha aggiunto.
L'Irlanda
è una di queste, con i suoi limitati collegamenti elettrici con il continente.
Il paese è anche meno in grado di monitorare i sabotaggi perché non possiede
sottomarini o radar militari, né fa parte dell'alleanza militare NATO.
Anche
Malta ha un solo collegamento elettrico sottomarino che fornisce un quarto
dell'energia elettrica dell'isola.
Nello
scenario peggiore, ha affermato “Nguyen”, Mosca programmerebbe l'interruzione
del gas in concomitanza con la rottura dei cavi del gasdotto a metà inverno.
A quel
punto, ha detto, "sarà un periodo di grande crisi".
Prezzi
alle stelle.
Paesi
che tagliano le esportazioni per accaparrarsi le scorte. Consumatori che
perdono l'accesso all'energia.
Considerata
la situazione di stallo in cui si trova l'Europa con la Russia, questa è una
"possibilità che non si può escludere", ha affermato “Nguyen”.
I
paesi che si affacciano sul Mar Baltico stanno prendendo in mano la situazione.
Le
tensioni non riguardano solo la Russia.
Trump,
il presidente degli Stati Uniti, sta mettendo in discussione il concetto stesso
di una difesa occidentale collettiva e coordinata.
Promesse
un tempo considerate ferree – le truppe statunitensi difenderanno l'Europa, le
forze armate transatlantiche coopereranno – appaiono sempre più anacronistiche.
Alla
fine del mese scorso, Reuters ha riferito che gli Stati Uniti avevano
abbandonato uno sforzo congiunto con l'Europa per contrastare il sabotaggio
russo.
"L'Europa
fa affidamento su un bel po' di capacità di sorveglianza degli Stati
Uniti", ha affermato Nguyen, e "in particolare dopo gli incidenti del
Nord Stream, [ciò] ha evidenziato il fatto che i paesi occidentali hanno
chiaramente avuto un deficit in termini di monitoraggio di questa
infrastruttura".
Quelle
attrezzature di spionaggio non sono facili da sostituire.
E la
Russia lo sa.
"Uno
scioglimento delle relazioni di sicurezza transatlantiche... potrebbe
incoraggiare i russi a combinare guai", ha affermato “Childs”, esperto di
difesa marittima.
Soluzioni
sottomarine.
La
situazione sta spingendo l'Europa ad agire.
A
gennaio, la NATO ha annunciato che avrebbe schierato fregate, aerei da
pattugliamento marittimo e una flotta di droni navali per monitorare la regione
nell'ambito del nuovo programma "Baltic Sentry".
Questo
dopo che l'alleanza aveva istituito lo scorso anno un nuovo centro marittimo
per monitorare le vulnerabilità delle infrastrutture critiche.
"Stiamo
impiegando molti più mezzi militari nell'area", ha dichiarato “James
Appathurai,” vicesegretario generale aggiunto della NATO per le operazioni
ibride e informatiche.
"Una
maggiore presenza, una maggiore sorveglianza, un'azione più decisa...
dovrebbero scoraggiare i capitani delle navi e gli equipaggi, che avranno
maggiori probabilità di essere catturati".
Anche
l'UE sta intensificando i suoi sforzi.
A
febbraio, Bruxelles ha dichiarato che avrebbe speso altri 540 milioni di euro
per nuove infrastrutture entro il 2027, compresi i collegamenti sottomarini,
nell'ambito di una strategia per proteggere i cavi essenziali.
L'UE prevede inoltre di fare scorta di cavi di
ricambio e di acquistare navi di riparazione dedicate per la riparazione delle
rotture.
“L’Unione
Europea è… disposta e capace di sostenere e aiutare anche i suoi Stati membri”,
ha dichiarato a POLITICO “Henna Virkkunen”, vicepresidente esecutiva per la
sicurezza della Commissione Europea.
"Il
primo aspetto della preparazione è che non dipendiamo da una sola
connessione", ha aggiunto, sostenendo che affrontare le minacce
sottomarine rientra nel nuovo piano di preparazione e risposta ai disastri
dell'UE pubblicato la scorsa settimana.
Anche
i paesi che si affacciano sul Mar Baltico stanno prendendo in mano la
situazione.
Secondo
il diritto internazionale, i paesi hanno pochi poteri per sequestrare
imbarcazioni sospette al di fuori delle loro acque territoriali, ovvero entro
12 miglia nautiche dalle loro coste.
La
Finlandia considera la protezione delle infrastrutture energetiche parte
integrante della sua pianificazione difensiva:
un
"approccio di sicurezza totale", ha affermato il Ministro
dell'Ambiente finlandese “Sari Multala”.
Il
Paese sta valutando l'acquisizione di maggiore capacità di riparazione.
"Avendo
un lungo confine con la Russia e anche la nostra storia", ha aggiunto.
"Dobbiamo essere sempre preparati al peggio".
Nel
frattempo, Estonia e Lituania stanno valutando proposte di legge per
sequestrare le navi che minacciano le infrastrutture critiche al di fuori delle
loro acque territoriali.
E il
Regno Unito ha lanciato un programma di intelligenza artificiale che valuta i
rischi per le petroliere attraverso dati pubblici sui movimenti delle navi.
"La
nostra gente lo percepisce come un attacco alle nostre infrastrutture
critiche", ha dichiarato a POLITICO il Ministro estone per il Clima, “Yoko
Alender”.
"Il
principio fondamentale qui è la sicurezza e l'indipendenza europea".
Ma
elaborare una risposta efficace significa anche addentrarsi in un campo minato
dal punto di vista legale.
Secondo
il diritto internazionale, i paesi hanno pochi poteri per sequestrare
imbarcazioni sospette al di fuori delle loro acque territoriali, ovvero entro
12 miglia nautiche dalle loro coste, ha affermato “Sean Pribyl”, partner
specializzato in diritto marittimo internazionale presso “Holland & Knight”.
Oltre
quella zona, la nave ha il diritto legale al "passaggio inoffensivo"
ed è soggetta alle leggi del paese in cui è registrata, il cosiddetto stato di
bandiera, ha affermato.
Questo
è un problema, ha detto” Pribyl”, perché "non esiste un meccanismo di
controllo" che obblighi gli stati di bandiera, spesso lontani e con legami
diplomatici poco stretti con i paesi occidentali, ad agire contro le
imbarcazioni sospette.
Il
caso della “Yi Peng 3” è un esempio calzante. Nonostante l'attracco tra Svezia
e Danimarca, Pechino si è rifiutata di consentire alle autorità locali di
condurre un'indagine completa sulla nave.
Di
ritorno sulla nave pattuglia al largo della costa finlandese, un vento
impetuoso martellava i finestrini della cabina.
“
Iljin”, il capo della guardia costiera finlandese, espresse timore per il
comportamento pericoloso delle navi cargo russe.
“Iljin”
ha espresso timore per il comportamento pericoloso delle navi cargo russe.
"Si
tratta di acque molto basse... quindi se queste imbarcazioni hanno problemi al
motore, ad esempio, perdono manovrabilità", ha affermato, "e
potrebbero toccare terra nel giro di qualche ora".
E “Iljin”
non riesce a tracciarli correttamente.
"Alcuni di loro sembrano manipolare i loro
dispositivi [transponder]... il che li rende in qualche modo invisibili",
ha detto.
Quindi
per “Iljin” non è nemmeno una scelta. L'Europa deve adattarsi a questa nuova
realtà.
"Sappiamo
ovviamente dove si trovano questi cavi sottomarini", ha detto. "È
qualcosa per cui ci siamo preparati."
“Antoaneta
Roussi e Laura Kayali hanno contribuito al reportage ).
Musk
arriva dove nessun altro consigliere
di Trump può: esprimere pubblicamente
il
proprio disaccordo con il presidente.
Politico.eu
– (12-4-2025) - Giselle Ruhiyyih Ewing – ci dice:
Il
consigliere di Trump sembra non avere inibizioni nel condividere le sue
opinioni, e questo sembra andare più che bene al presidente.
Infatti
Elon Musk parla mentre Donald Trump osserva nello Studio Ovale.
Il
presidente Donald Trump non sembra essersi preoccupato dell'intrusione di Elon
Musk sotto i suoi riflettori.
Il
presidente Donald Trump è noto per la sua capacità di selezionare consiglieri
che seguono fedelmente i suoi ordini e di licenziare quelli che non lo fanno.
Ma
Elon Musk sembra essere l'eccezione alla regola.
Musk è
diventato sempre più audace nel suo aperto dissenso la scorsa settimana su
questioni che vanno dal messaggio politico di Trump agli altri consiglieri del
presidente.
E ha
preso l'abitudine di presentarsi al presidente, sia prima che dopo il suo
ingresso alla Casa Bianca.
I
democratici hanno cercato di creare una spaccatura tra i due, chiamando Musk in
tono beffardo "Presidente Elon" nel tentativo di irritare il
presidente che notoriamente odia condividere la scena politica.
Ma a
quanto pare, Trump, che era famoso per licenziare funzionari in modo
inaspettato durante la sua precedente amministrazione, è rimasto soddisfatto di
Musk, nonostante il suo collega miliardario abbia attirato un'attenzione
sproporzionata rispetto ad altri importanti collaboratori della Casa Bianca e
persino rispetto ai membri del gabinetto del presidente.
I
portavoce della Casa Bianca e del “Dipartimento per l'Efficienza Governativa di
Musk” non hanno risposto alle richieste di commento di sabato sulla relazione
tra i due.
Ma
Trump ha riso delle provocazioni del co-presidente, affermando in un'intervista
congiunta con Musk su Fox News a febbraio che "è così ovvio. Sono così
scarsi in questo".
In
effetti, il presidente ha continuato a elogiare il suo consigliere, pur
affermando che se ne andrà presto.
Giovedì,
durante una riunione di gabinetto, Trump ha elogiato Musk e il suo team DOGE,
affermando: "I vostri collaboratori sono fantastici. Speriamo che
rimangano a lungo, vorremmo tenerne il più possibile".
In
assenza di ulteriori messaggi da parte di Trump, Musk ha continuato a far
conoscere le sue opinioni sulle questioni amministrative.
Ecco cinque occasioni in cui Musk ha superato
di gran lunga qualsiasi altro consigliere presidenziale:
Lotta
tariffaria.
Musk
ha preso di mira il consigliere commerciale di Trump, “Peter Navarro”, uno dei
volti pubblici delle aggressive politiche tariffarie dell'amministrazione.
A
partire dallo scorso fine settimana, il miliardario ha lanciato diversi
attacchi a Navarro sulla sua piattaforma” social X”, prendendolo in giro più
volte , anche
tramite un video in cui Navarro spiegava la logica alla base della politica
tariffaria.
I dazi
di Trump hanno immediatamente innescato la volatilità del mercato e innescato
una guerra commerciale globale.
Musk,
CEO di diverse aziende che dipendono da componenti importati dalla Cina – che
ha subito il peso maggiore dell'ira tariffaria di Trump – ha perso miliardi.
In un
discorso all'estero ha anche affermato di sperare che un giorno gli Stati Uniti
e l'Unione Europea raggiungano una "situazione di tariffe zero" pochi
giorni dopo l'inizio della guerra commerciale.
Il CEO
del settore tecnologico sembra aver sfogato le sue frustrazioni su Navarro,
chiamando il consulente commerciale "idiota" e affibbiandogli un
nuovo soprannome: "Peter Retarrdo".
Martedì,
la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha liquidato le domande sugli
attacchi pubblici di Musk.
"I
ragazzi sono ragazzi e lasceremo che i loro combattimenti pubblici
continuino", ha detto Leavitt.
Verso
l'infinito e oltre.
Musk
ha preso posizione questa settimana anche dopo le notizie secondo cui l'”Office
of Management and Budget” avrebbe proposto tagli ingenti ai finanziamenti della
“NASA”.
Musk,
la cui” SpaceX” è il più grande appaltatore privato della NASA, si è rivolto
nuovamente a “X “per commentare le notizie.
"Preoccupanti",
ha scritto in merito ai tagli segnalati , aggiungendo che, pur essendo
"molto favorevole alla scienza", "purtroppo non può partecipare
alle discussioni sul bilancio della NASA, poiché” SpaceX” è un importante
appaltatore della NASA".
Sebbene
non abbia partecipato attivamente alle decisioni sul bilancio, il CEO di “SpaceX”
ha da tempo uno stretto rapporto con la persona scelta da Trump per
l'amministratore della NASA, “Jared Isaacman”, e la società di elaborazione dei
pagamenti di “Isaacman,” “Shift4”, ha investito nella “SpaceX” di Musk.
Colpo
di stato al governo.
Più
vicino a casa, Musk si è anche pubblicamente intromesso negli affari del
governo Trump.
Musk,
che ha un posto al tavolo delle trattative pur non essendo ufficialmente un
membro del Gabinetto, ha litigato con il “Segretario di Stato Marco Rubio” su
come gestire i tagli al “Dipartimento di Stato”.
"ELON
E MARCO HANNO UN OTTIMO RAPPORTO. QUALSIASI AFFERMAZIONE DIVERSA DA QUESTA È
UNA FALSA NOTIZIA!", ha scritto Trump su “Truth Social.”
Trump
alla fine rassicurò i membri del suo gabinetto che, sebbene Musk avesse il
potere di fare raccomandazioni all'interno del governo, non avrebbe potuto
apportare modifiche unilateralmente, ma solo dopo che Musk avesse calpestato
gran parte della burocrazia federale.
Musk
spinse anche l'allora co-presidente di transizione “Howard Lutnick” a guidare
il “Dipartimento del Tesoro” nelle settimane successive all'elezione di Trump.
Il presidente alla fine scelse “Scott Bessent”
come capo del Tesoro, ma scelse “Lutnick” come “Segretario al Commercio”.
Con
amici come questi.
Musk
si è anche intromesso nella lotta per la leadership repubblicana al Senato, un
argomento da cui Trump si è tenuto alla larga.
Con
l'intensificarsi della corsa a novembre, Musk ha espresso un deciso appoggio a
Rick Scott della Florida per l'incarico, nonostante lo stesso Trump si sia
rifiutato di farlo.
Il
presidente ha invece scelto di proclamare che qualsiasi senatore che aspira a
un ruolo di leadership "deve accettare le nomine durante la pausa"
per accelerare il processo di nomina del gabinetto di Trump.
"Rick
Scott leader della maggioranza al Senato!" ha scritto Musk, affermando in
un post separato che il senatore John Thune (RS.D.) – che alla fine ha vinto la
carica ed è ora fondamentale per far passare il programma di Trump al Congresso
– era la "prima scelta dei Democratici".
Andare
globale.
Musk
si è espresso attivamente anche in materia elettorale a livello globale,
appoggiando negli ultimi mesi una serie di candidati di destra in diversi paesi
europei:
una mossa del tutto insolita per un confidente
presidenziale.
Il
consigliere del presidente ha fatto scalpore dopo aver ripetutamente appoggiato
il partito di estrema destra “Alternativa per la Germania” (AfD) alle elezioni
anticipate di quest'inverno, attirandosi critiche per l'ingerenza in una
democrazia straniera.
Ma
Musk ha continuato a sostenere il partito, ospitando una lunga conversazione
con la leader dell'AfD e candidata alla carica di cancelliere “Alice Weidel”.
Il
proprietario della “XW” è addirittura apparso virtualmente a un comizio del
partito pochi giorni dopo l'insediamento di Trump, durante il quale ha
incoraggiato i tedeschi a votare per” Weidel” e ad "andare avanti"
rispetto ai "colpevoli del passato", riferendosi apparentemente alla
storia del Paese con il partito nazista.
Il
miliardario ha anche mosso critiche all'attuale Primo Ministro britannico Keir
Starmer, di
cui Trump è pubblicamente invaghito.
Musk
ha anche brevemente appoggiato il leader riformista anti-immigrazione “Nigel
Farage”, prima di stroncare il politico britannico in un dietrofront su un
altro alleato di lunga data del presidente.
“UCCISO
DAL “DEEP STATE”, LO STATO
ITALIANO
SOGNA LA RESURREZIONE”
Inchiostronero.it
- (12 – 4 – 2025) - Gennaro Malgieri – ci dice:
Lo
Stato è morto, ucciso da chi avrebbe dovuto difenderlo.
Ora sogna di rinascere, ma sotto l’ombra del
potere invisibile.
In
questo saggio lucido e provocatorio, l’economista Gennaro Malgieri analizza la
lunga agonia dello Stato italiano, ormai svuotato di autorità e credibilità.
La riforma del Titolo V, l’autonomia
differenziata, la frammentazione istituzionale e il collasso dei poteri
costituzionali hanno lasciato un vuoto che è stato colmato da un potere oscuro,
il Deep State:
una
rete invisibile di interessi, apparati e decisioni che agisce senza controllo
democratico.
I
partiti ne sono solo terminali passivi.
Mentre
i cittadini cercano ancora un’illusoria garanzia di libertà e ordine, la realtà
è una deriva silenziosa, in cui la Repubblica muore ogni giorno un po’ di più.
Ma
esiste ancora la possibilità di una rinascita?
O
siamo già oltre il punto di non ritorno? (f.d.b.)
Da
molto tempo in Italia non c’è più uno Stato, nell’accezione giuridica e
politica, in grado di provvedere all’ordinato sviluppo della società e a
regolamentare i conflitti.
Dopo la riforma del Titolo V della
Costituzione e la spinta degenerativa della nazione con l’autonomia
differenziata, beato chi è capace di trovare la parvenza dello Stato nelle
istituzioni costituzionali.
Peraltro, i tre poteri (il potere legislativo,
il potere esecutivo e il potere giudiziario) sui quali dovrebbe reggere si sono
dissolti nelle guerre fratricide che hanno ingaggiato.
Sicché
dire che lo Stato è il solo garante delle libertà concrete e dell’ordinato
svolgersi della vita civile e sociale è quanto meno azzardato se non una
falsificazione.
Quello
che conta è il cosiddetto Deep State, lo Stato profondo, che non deve
rispondere a nessuno e del quale i partiti politici sono i terminali.
Lo
Stato che abbiamo conosciuto è occupato dalle forze politiche che non
rispondono alle istanze del popolo e non hanno neppure ideali da coltivare e
sostenere:
basta leggere i giornali per rendersene conto.
Tali
forze lo hanno devitalizzato, e pertanto non soltanto non può adempiere alla
sua funzione principale, ma neppure porsi come autorità dirimente e
prescrittiva. Basta vedere l’andamento dei lavori parlamentari, l’inadeguatezza
dell’amministrazione giudiziaria, la litigiosità nelle coalizioni governative
per ritenere che lo Stato non c’è più e quello che così chiamiamo ne è una
parodia.
In
tempi di forsennato antistatalismo, si è ritenuto che altri organismi potessero
“tutelare” la cosa pubblica:
sono venuti fuori neo-feudalesimi, in primis
le Regioni, poi i poteri economico-finanziari in guerra permanente contro la “res
pubblica” che hanno aggravato la situazione.
E
quello che era il presidio riconosciuto della socialità, tutore della sovranità
degli organismi comunitari e della inviolabilità dei diritti della persona, è
stato demolito con le ruspe dell’ideologia e del malaffare.
Certo,
può anche accadere, come la storia ci insegna, che lo Stato, in una particolare
fase storica della vita delle nazioni, esorbiti dai suoi compiti e si trasformi
in una sorta di Leviatano onnipotente, assoluto, crudele.
Ma
questo non è più lo Stato al quale facciamo riferimento, manifestatosi nella
forma della polis greca e della Repubblica romana.
Ne è
una tragica caricatura.
Lo
Stato senza popolo non esiste; la nazione senza Stato è un’arena dominata dal
disordine permanente.
E la
libertà del popolo e della nazione non c’è altro soggetto che possa garantirla
se non lo Stato.
Infatti,
esso, come giustamente ha osservato “Paul Kirchhoff” nel suo libro” Lo Stato”:
garante o nemico della libertà?
(Nuove
Idee), limita la tendenza autodistruttiva insita nelle società che nascono,
invariabilmente, non da un ordine precostituito, ma da una guerra civile o,
nella migliore delle ipotesi, da gruppi anarchici che si nutrono di diffidenza
e fonda un accordo pacifico tra i cittadini.
Che
l’accordo sia di natura contrattuale non modifica la sostanza “spirituale”
dello stesso:
garantire la libertà, l’incolumità, la
coesione degli associati, possibilmente in relazione ad una cultura condivisa,
ad un sentimento comune di appartenenza, anche non originario, ma che si affina
con il passare del tempo.
Contestualmente
gli organi dello Stato vengono limitati nel loro potere dalla stessa libertà, e
non sembri un paradosso, poiché essa è il principio dell’ordine naturale che si
coniuga con il principio dell’ordine civile: l’autorità.
L’una e l’altra sono i pilastri dello Stato
costituzionale fondato sui diritti umani e sul riconoscimento dei diritti dei
popoli, vale a dire le sovranità “altre”.
Perciò,
per lo studioso conservatore tedesco, lo Stato “si assume il compito di
procurare, per quanto possibile, il minimo indispensabile per vivere, di
garantire il diritto alla salute, una tutela in caso di disoccupazione,
l’assistenza agli anziani, un’istruzione di base. Lo Stato di diritto civile
diventa, così, Stato sociale”.
Negare
questo compito allo Stato moderno equivale ad affossare la convivenza tra i
popoli e le relazioni tra le nazioni.
Ciò
non vuol dire che lo Stato non possa o non debba pretendere il monopolio
dell’esercizio della forza.
Al
contrario, è il solo legittimato ad usarla, secondo le leggi e nei limiti che i
governati gli attribuiscono e, dunque, in modo tutt’altro che arbitrario.
La lezione di Carl Schmitt, al riguardo, è
ancora attualissima.
Lo
Stato, nel corso della sua evoluzione, si è limitato anche nell’espandere la
sua forza interna nei confronti dei cittadini e la volontà che esprime è quasi
sempre (o dovrebbe essere) condivisa dagli stessi.
Per
esempio, non risponde più agli interrogativi esistenziali che spetta risolvere
alle varie forme di culto;
non
s’insinua nella vita privata dei singoli la cui regolamentazione è di esclusivo
appannaggio della famiglia a meno che non abbia un impatto sociale evidente;
dovrebbe il più possibile tenersi fuori dalle vicende economiche private.
Lo
Stato necessario, dunque, non può subire la delegittimazione che sta subendo
negli ultimi decenni.
E mai
come oggi avrebbe bisogno di essere difeso strenuamente, mentre è innegabile
che esso sia irrimediabilmente in discussione, non per migliorarlo, ma per
limitarne la portata fino ad affossarlo.
La
retorica che ha imbolsito il dibattito sulla sua essenza e sulla opportunità
del suo ritiro dalla sfera economica, nella quale la presenza dello Stato era
da considerarsi addirittura nociva (ma non nei settori strategici), ha
purtroppo finito per dilatarsi nella sua stessa negazione quale unica forma
giuridico-politica in grado di incarnare i valori della cosa pubblica e,
dunque, della comunità nazionale.
Anzi,
in molti casi lo Stato viene considerato come un “nemico” da abbattere, come
un’entità malvagia cui opporre, per esempio, il diritto delle autonomie ad
ergersi contro di esse quali controparti, come se dette autonomie non fossero
elementi essenziali dello Stato stesso.
Taluni
invocano il principio di sussidiarietà in contrapposizione allo Stato, non
comprendendo che esso si integra, se correttamente inteso, in un universo
politico incentrato sul riconoscimento della “res pubblica” all’interno della
quale vivono ed operano i corpi intermedi come cellule dello Stato dei
cittadini e non dello Stato Leviatano.
La
sussidiarietà non può essere vista o sentita, neppure propagandisticamente,
come “alternativa” allo Stato, ma tuttalpiù come superamento delle
degenerazioni dello statalismo prodotte dalla pratica partitocratica.
Dalla “Rerum
novarum” alla Quadragesimo anno, dalla “Pacem in terris” alla “Centesimus annus”
non c’è stata enciclica papale che non abbia fornito una definizione della
sussidiarietà in rapporto alle strutture statali, riconoscendo, con tutta
evidenza, le strutture pubbliche, e dunque statali, in stretta connessione con
quelle private in un armonico rapporto non soltanto economicistico o
mercantilistico, come si tenta oggi di far credere.
Proprio
la “Centesimus annus” di Giovanni Paolo II (maggio 1991) è l’esplicitazione di
questa concezione.
Dopo
aver rilevato che lo Stato, per sua natura, il Santo Pontefice osservava:
“Non
potrebbe assicurare direttamente il diritto al lavoro di tutti i cittadini
senza irreggimentare l’intera vita economica e mortificare la libera iniziativa
dei singoli cittadini”.
E
aggiungeva che ciò non vuol dire che lo Stato “non abbia alcuna competenza in
questo ambito, come hanno affermato i sostenitori di un’assenza di regole nella
sfera economica.
Lo
Stato, anzi, ha il dovere di assecondare l’attività delle imprese, creando
condizioni che assicurino occasioni di lavoro, stimolandola ove essa risulti
insufficiente o sostenendola nei momenti di crisi”.
Ancora,
secondo Giovanni Paolo II, lo Stato “ha il diritto di intervenire quando
situazioni particolari di monopolio creino ostacoli per lo sviluppo”, come, ad
esempio, nello Stato assistenziale di ispirazione socialdemocratica:
“una
società di ordine superiore – sosteneva il Papa – non deve interferire nella
vita interna di una società inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve
piuttosto sostenerla in caso di necessità e di aiutarla a coordinare la sua
azione con quella delle altre componenti sociali in vista del bene comune”.
Il
principio di sussidiarietà ha attraversato la cultura politica del secolo
scorso senza contrapporsi allo Stato.
Persino nella “Carta del Lavoro”, documento
non certo espressione di un regime democratico, viene riconosciuto che
“l’intervento dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando
manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata o quando siano in gioco
interessi politici dello Stato”, soltanto in questa occasione l’intervento “può
assumere la forma del controllo, dell’incoraggiamento e della gestione
diretta”.
Dunque,
contrapporre allo Stato il sistema delle autonomie e/o la sussidiarietà è un
altro modo per alimentare la sfiducia nella sua necessità e riguardarlo con
diffidenza se non con inimicizia.
Ma se lo Stato è divenuto, nella seconda metà
del Novecento, in Italia soprattutto, terreno per scorribande di lanzichenecchi
assetati di potere e per nulla dediti alla ricerca del “bene comune”, non è un
buon motivo per metterne in discussione l’essenza che risiede nel
riconoscimento di dover anteporre nella gestione della cosa pubblica la
salvaguardia dell’interesse generale a quello personale o di fazione.
Ma
anche, come scrive” Kirchhoff”, lo Stato ha anche il gravoso compito, che non
può in alcun modo essere disconosciuto, di esercitare il suo potere
responsabilmente “riguardo la libertà in un contesto di incontro sempre più ravvicinato
tra culture diverse, dovendo contemporaneamente fronteggiare gli sviluppi
anti-istituzionali dell’opinione pubblica, e le prognosi che teorizzano il suo
declino o addirittura la già avvenuta – sebbene non ancora diffusamente
riconosciuta – morte”.
Se lo
Stato ci fosse, probabilmente si riuscirebbe ad intravedere una prospettiva di
ricomposizione tra interessi privati e spirito pubblico;
a
determinare la classe dirigente a favorire un autentico percorso di
pacificazione sociale;
a
rimuovere gli ostacoli che impediscono l’ammodernamento delle istituzioni e le
strutture civili del Paese.
Per
fare tutto questo lo Stato va ripensato e riconquistato.
Ispirandosi ad un’etica repubblicana fondata
sulla responsabilità e sul richiamato sentimento del “bene comune”.
Istituzioni
non soltanto efficienti, ma “moralmente coerenti con le esigenze dei tempi,
dovrebbero essere modellate da riformatori consapevoli secondo un disegno nel
quale i diritti di libertà si coniughino con il dovere dell’autorità di
regolamentarli e difenderli”: il contrario, cioè, di quanto accade ai nostri
giorni.
Un’illustrazione
tagliente e paradossale: da un lato il sogno — una società armoniosa, costruita
da riformatori consapevoli — dall’altro, il caos grottesco della realtà
attuale, dove libertà è incatenata, la giustizia distrutta, e il disordine
regna.
Il
Tempo, vogliamo sperare, farà giustizia delle convulsioni che dominano la
nostra quotidianità e saprà restituirci lo Stato garante di libertà e non suo
nemico.
A
conclusione del suo saggio che tocca, tra l’altro, le questioni della sovranità
e la garanzia del futuro affidato ad una sana politica di intervento per la
famiglia, Kirchhoff osserva:
“Il complesso delle norme giuridiche è
paragonabile ad un albero, la cui vita è radicata nell’invisibile humus dei
valori e della cultura che lo Stato ha fatto crescere, e che poi diviene
visibile in un tronco irremovibile – quello della determinazione delle basi
legali dello Stato.
Da questo tronco si dipartono i rami dei
regolamenti particolari del diritto privato, penale, del regolamento di
polizia, del diritto tributario o sociale, a cui di volta in volta si fa
riferimento come a rami autonomi, che a volte si muovono al vento, e sotto gli
strali delle intemperie a cui sono esposti, che però mai si potranno
divincolare dal tronco, ed in ultimo producono foglie, le quali – come il
gettito tributario annuale e l’entità delle prestazioni finanziarie statali –
decadono in autunno, ma poi in primavera rifioriscono di nuova linfa in maniera
tale da formare un quadro complessivo dell’albero pressoché identico a quello
di prima. Lo Stato rimane garante, e non diventa nemico della libertà, fino a
quando custodisce e rende effettivo e manifesto questo legame di significati
all’interno dell’ordinamento giuridico complessivo”.
Osservando
ciò che accade in Italia c’è da essere piuttosto preoccupati.
Lo Stato può davvero dirsi garante della
libertà quando nel suo seno si sviluppano conflitti tra poteri che ne mettono
in discussione la stessa esistenza?
In assoluto, come ho scritto all’inizio, il
compito dello Stato è favorire la libertà in accordo con l’affermazione del
principio di autorità.
Ma questo è il compito che ci attende, poiché
le strutture statali sono in disarmo e le classi dirigenti frastornate.
Dello Stato non si può fare a meno:
la
lunga demonizzazione dalla quale è stato investito ci ha ridotto come popolo a
navigare a vista.
Schivare
gli ostacoli diventa sempre più difficile.
(Redazione
Electo - Gennaro Malgieri).
RUMP È
“AIPAC”, IL RESTO
È FUMO.
Comedonchisciotte.org
– Comidad - Redazione CDC – (13 Aprile 2025) – ci dice:
Trump
ha sempre rivendicato con orgoglio di essere un lacchè di Israele già da molto
prima di entrare in politica, dai tempi in cui giocava ancora con le figurine.
Nel
2016 Trump testimoniò questa sua antica fedeltà sionista davanti alla platea
dei lobbisti dell’”AIPAC” (American Israel Public Affairs Committee) e si
conquistò il loro plauso attaccando l’allora presidente Obama per aver siglato
un accordo con l’Iran sul nucleare.
Gli
insulti di Trump a Obama furono talmente violenti da costringere la dirigenza
dell’”AIPAC” a prenderne le distanze, dato che proprio Obama in quello stesso
periodo stava inviando in Israele finanziamenti per trentotto miliardi di
dollari, al solito scopo di difenderlo dalle “minacce”.
Minacce
decisamente redditizie;
infatti c’è una lobby che paga i politici di
uno Stato affinché spremano il loro contribuente per inviare finanziamenti ad
uno Stato straniero.
Magari una parte di quei soldi spediti
all’estero viene riutilizzata dalla lobby per finanziare nuovamente i politici,
in modo da convincerli ad inviare altro denaro pubblico allo Stato straniero;
e così
via, all’infinito.
Una mente ristretta definirebbe tutto ciò come
peculato, frode e riciclaggio, mentre una mente illuminata lo chiama “civiltà
occidentale”.
La
fedeltà sionista (espressa nei termini più scurrili e senza le ipocrisie dei
democratici) rappresenta l’unica questione nella quale Trump non è risultato
mai ondivago ed è rimasto costantemente fedele alla linea.
L’attuale
amministrazione Trump infatti consegna la politica estera americana a sionisti
di sicura fede e di pieno gradimento dell’”AIPAC”:
“Pete
Hegseth” a dirigere il dipartimento della Difesa, “Mike Waltz” a consigliere
della sicurezza nazionale;
ed
alla direzione della “CIA” la ex democratica “Tulsi Gabbar”, la quale una volta
si rendeva popolare dichiarando di opporsi alle avventure belliche.
La
nuova direttrice della” CIA” ha invece costruito la sua “credibilità” in questi
ultimi tempi parlando del pericolo che Hamas rappresenterebbe per gli USA, ed
inoltre ha affermato di considerare le proteste universitarie contro il
genocidio a Gaza come un sostegno ad Hamas.
Questa
posizione si è dimostrata in linea con quella dell’amministrazione Trump, che
ha sospeso i finanziamenti alla “Columbia University”, costringendo il rettore
non solo ad impedire le manifestazioni studentesche “pro Palestina”, ma anche a
controllare i contenuti didattici sulla storia del Medio Oriente inserendo
personale fedele a Israele.
Secondo alcuni Israele non è uno Stato perché
mancano le fondamentali premesse giuridiche per definirlo come tale, cioè la
forma istituzionale (repubblica o monarchia) e la dichiarazione dei propri
confini.
Se non è uno Stato, in compenso Israele è uno
status, una condizione di superiorità antropologica;
infatti negli USA, ed anche in Germania, è
proibito criticarlo.
Ciò
dimostra che lo Stato è solo un’astrazione giuridica, mentre ciò che conta è lo
status.
Elon Musk, che è attualmente uno dei PR
dell’amministrazione Trump, ha fatto un’apparizione telematica al congresso
della Lega dichiarando tra l’altro che i “cattivi” si riconoscono proprio dal
fatto che sono contro la libertà di parola. Appunto, se lo dice lui.
L’”AIPAC
“è la parte sostanziosa del trumpismo, poi c’è la parte fumogena, la
costruzione di un’immagine di bullo per avvolgere nell’epica e nel mito la
squallida condizione del” lacchè dell’AIPAC”.
Sarebbe
un errore ritenere che dietro certe pantomime vi siano lucidi disegni di
mistificazione;
in
realtà la mistificazione è una relazione sociale che può comportare ostilità
autentiche e irriducibili, per quanto vuote di concrete alternative.
Non si
potrebbe stabilire chi sia più sionista tra un Roberto Saviano ed un Daniele
Capezzone, eppure militano su sponde ideologiche che si sentono opposte,
recitando la loro parte con quell’eccesso di immedesimazione che, come diceva
Diderot, è tipico dei pessimi attori.
In
questo senso i sionisti fanatici alla “Fiamma Nirenstein” (consulente speciale
del governo israeliano per la lotta all’antisemitismo) hanno una tale
idiosincrasia per le ipocrisie del politicamente corretto da offendersi a morte
quando Biden fingeva di prendere in considerazione l’ipotesi dei “due popoli,
due Stati”, oppure di dispiacersi per la sorte dei bambini di Gaza.
Il sionismo fanatico ha talmente preso alla
lettera le ipocrite formule “liberal” da porre le condizioni per quella
scomposta reazione ideologica in cui è nato il fenomeno Trump.
Il
paradosso di uno come Trump è che veramente si è bevuto la propaganda dei
democratici ed ora si è convinto che i guai degli americani derivino
dall’essere stati “troppo buoni”, dall’aver pensato prima agli altri invece che
ai propri interessi, e gli altri ne avrebbero approfittato.
In tal modo il bullismo è diventato epica del
riscatto e della “liberazione” dai truffatori e parassiti. Si tratta di un caso
da manuale di auto-intossicazione con la propria stessa propaganda.
Come è
noto, l’ultima manifestazione di bullismo di Trump ha riguardato i dazi, da lui
definiti appunto come “liberazione”.
Secondo
alcuni, almeno sui dazi Trump si sarebbe dimostrato “coerente”, poiché ne parla
da decenni.
In realtà Trump un giorno dichiara che i dazi
sono i pilastri di una stabile strategia protezionista, e poi il giorno dopo
dice che sono solo uno strumento negoziale ed è pronto a ritirarli;
quindi c’è coerenza, ma solo nel senso della
costante confusione;
tra
l’altro i dazi sono tasse e quindi, secondo la Costituzione americana,
potrebbero essere imposti solo previa approvazione del Congresso.
Ma
delle Costituzioni chi se ne frega.
La caotica
delle imposizioni tariffarie sulle merci importate non fa neppure intravedere
alcun piano di protezione dell’industria statunitense;
semmai
il contrario, dato che i sistemi produttivi dei vari paesi sono interconnessi.
Vari
commentatori hanno cercato perciò di trovare nei dazi una “ratio” puramente
finanziaria, partendo dall’ipotesi che questo sia uno shock utile ad
ammorbidire le controparti e ad indurle a certe concessioni.
La prima concessione dovrebbe riguardare il
cosiddetto “accordo di Mar a Lago” (dal nome del resort di proprietà di Trump).
Secondo Bloomberg si tratterebbe di imporre ai
possessori esteri di titoli del debito statunitense dei nuovi “bond” del Tesoro
a scadenza centennale a compensazione della rinuncia a pretendere il rimborso
dei titoli attuali.
Ammesso che gli investitori esteri siano
disposti ad aspettare cento anni, il problema è che solo poco più di un terzo
del debito USA è in mani straniere, quindi un eventuale accordo del genere non
sarebbe decisivo per ovviare alla portata stratosferica del debito stesso e
degli interessi da pagare.
Secondo
altri commentatori lo scopo del piano dazi sarebbe di costringere i vari Stati
ad aprirsi ai fornitori americani di servizi finanziari, in modo da potere
accedere alla gestione del risparmio delle famiglie, che specialmente in Europa
è abbastanza sostenuto, anche se non più come negli anni ’80 e ’90.
Anche
in questo caso la spiegazione appare un po’ faticosa, dato che non c’era
bisogno di alcuno shock per riottenere ciò che già è nella propria
disponibilità.
Attualmente
Blackrock è il maggiore azionista di UniCredit, che a sua volta sta tentando la
scalata alla tedesca Commerzbank.
Dopo il via libera della BCE alla fusione, l’ultima
parola spetterebbe al prossimo cancelliere tedesco Merz, che proviene da
Blackrock.
Se la
Commissione Europea non fosse interamente immersa nel gioco di ruolo,
penserebbe a reagire ai dazi di Trump proprio sanzionando Blackrock.
(Comidad).
(comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=1268).
La
geopolitica della follia dell'élite.
"Trasformare
il mondo intero in una
tecnocrazia planetaria".
Globalresearch.ca
- Robert J. Burrowes – (10 aprile 2025) – ci dice:
La
pericolosa illusione che i governi, compresi i governi BRICS, siano sovrani e
possano fermare la presa di potere tecnocratica.
Mentre
l'ordine geopolitico viene rapidamente rimodellato per servire meglio gli
interessi dell'élite, la maggior parte degli analisti che scrivono
sull'argomento sono stati indotti a percepire i BRICS (Brasile, Russia, India,
Cina e Sud Africa recentemente ampliati per includere Egitto, Etiopia, Indonesia,
Iran ed Emirati Arabi Uniti) come una sorta di "alternativa".
Vedi,
ad esempio:
L'affermazione
di “Ben Norton” secondo cui "i BRICS... cambierà il mondo" in "I
BRICS si allargano con 9 nuovi paesi partner. Ora è la metà della popolazione
mondiale, il 41% dell'economia globale".
L'affermazione
del professor “Jeffrey D. Sachs” secondo cui "i BRICS sono... una
potenziale apertura per un ordine mondiale molto più pacifico e sicuro. [E] può
essere una manna per tutti i paesi" in "Il vertice dei BRICS dovrebbe
segnare la fine delle illusioni neoconservatrici".
L'affermazione
di “Alfred de Zayas”, il primo esperto indipendente delle Nazioni Unite sulla
promozione di un ordine internazionale democratico ed equo, secondo cui "i
BRICS rappresentano una 'nuova alba' del multipolarismo" e
"l'esistenza stessa dei BRICS e il vertice di Kazan orientato al futuro
offrono un'alternativa al nichilismo occidentale" in "Il vertice dei
BRICS a Kazan: un manifesto per un ordine mondiale razionale".
E
l'affermazione di “Abayomi Azikiwe” che "i BRICS rappresentano un modello
storico di sforzi per costruire alternative all'attuale sistema capitalista
mondiale... Il vertice BRICS Plus è una manifestazione del movimento
internazionale verso la fine del dominio dei popoli del mondo da parte del
capitale finanziario internazionale.
Naturalmente,
analisti più astuti stanno chiaramente vedendo oltre la facciata e stanno
esponendo come i paesi BRICS stiano semplicemente implementando lo stesso
programma tecnocratico dei paesi al di fuori dei BRICS.
Si
veda, ad esempio, "Vorresti sapere cosa hanno appena dichiarato i
BRICS?" di “Riley Waggaman”.
Il
punto è semplice: al di sotto di qualsiasi differenza superficiale tra ciò che
i paesi BRICS (a volte ora indicati come BRICS+ data la recente adesione di
altri cinque membri) potrebbero fare che sembra rimodellare la geopolitica
planetaria in un ordine mondiale multipolare che in qualche modo sostituirà
l'ordine mondiale unipolare guidato dagli Stati Uniti, si nasconde una verità
più profonda e più oscura.
Questa
verità è che l'Elite Globale sta rapidamente e progressivamente trasformando il
mondo intero in una tecnocrazia planetaria popolata da schiavi transumani.
Ciò
significa che le percezioni che sono limitate a visioni del mondo di lunga data
che vedono il mondo come statalista e/o capitalista/socialista, ad esempio, non
percepiscono o percepiscono erroneamente i profondi cambiamenti che stanno
avvenendo.
Nessun
governo, compresi quelli dei paesi BRICS, sta resistendo a questi profondi
cambiamenti. Nessun governo, compresi quelli dei paesi BRICS, resisterà a
questi profondi cambiamenti.
Il
mondo geopolitico non ruota attorno a stati-nazione sovrani perché nessuna
nazione è sovrana.
Cioè,
nessun governo di uno stato-nazione è in grado di esercitare un'autorità
indipendente e ultima su tutti i suoi affari (interni ed esterni).
Naturalmente,
questo è stato a lungo il caso, come spiegato dall'eminente storico professor “Carroll
Quigley” nella sua opera classica pubblicata nel 1966.
Vedi “Tragedia e speranza”: una storia del
mondo nel nostro tempo.
"I
poteri del capitalismo finanziario avevano un altro scopo di vasta portata,
niente di meno che quello di creare un sistema mondiale di controllo
finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ogni
paese e l'economia del mondo nel suo insieme.
Questo sistema doveva essere controllato in
modo feudale dalle banche centrali del mondo, che agivano di concerto con
accordi segreti raggiunti in frequenti riunioni private e conferenze.
L'apice del sistema doveva essere la” Banca
dei Regolamenti Internazionali di Basilea”, in Svizzera, una banca privata
posseduta e controllata dalle banche centrali del mondo che erano esse stesse
società private.
"Non
si deve pensare che questi capi delle principali banche centrali del mondo
fossero essi stessi potenze sostanziali nella finanza mondiale.
Non lo
erano.
Piuttosto,
erano i tecnici e gli agenti dei banchieri d'investimento dominanti nei loro
paesi, che li avevano sollevati ed erano perfettamente in grado di buttarli
giù. I poteri finanziari sostanziali del mondo erano nelle mani di questi
banchieri d'investimento (chiamati anche banchieri "internazionali" o
"mercantili") che rimanevano in gran parte dietro le quinte nelle
loro banche private non costituite in società.
Questi
formavano un sistema di cooperazione internazionale e di dominio nazionale che
era più privato, più potente e più segreto di quello dei loro agenti nelle
banche centrali.
A
parte l'ampio e prezioso libro di “Quigley”, si può leggere un ragionevole
riassunto di come il potere dell'élite – politicamente, economicamente,
socialmente e militarmente – sia stato guadagnato e venga esercitato in “Analisi
storica dell'élite globale: saccheggiare l'economia mondiale fino a quando non
"non possiedi nulla".
Naturalmente,
almeno nel caso dei paesi "democratici", si deve credere che il
"vostro" governo sia, in effetti, libero di prendere decisioni che
regolano la vostra sicurezza e il vostro benessere e che abbiate certi diritti,
compreso il diritto di voto, di avere voce in capitolo nel determinare il
governo del paese in cui vivete.
Per
nascondere la realtà che nessuna nazione è sovrana, i governi sono stati a
lungo autorizzati a prendere decisioni su questioni minori (che possono ancora
avere un impatto critico su alcune popolazioni) che non hanno alcuna attinenza
con il programma fondamentale dell'Elite, mentre qualsiasi
"decisione" significativa presa dai governi si limita ad approvare le
direttive dell'Elite e a mobilitare gli agenti pertinenti nel governo.
burocrazie, i media, l'esercito e altrove per attuare le ultime componenti del “programma
Elite”.
Quindi,
fino a quando non riconoscerete che i governi a tutti i livelli – e le
istituzioni internazionali con cui avete più familiarità, a cominciare dalle
Nazioni Unite e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità – sono solo delle
vetrine o dei "burattini ombra" progettati per distrarvi dalle vere
basi del potere nel sistema mondiale, allora continuerete a fraintendere ciò
che sta accadendo.
Chi lo
sta guidando e come viene fatto. E qualsiasi sforzo tu faccia per resistere
alla violenza dilagante e all'ingiustizia insita in ciò che sta accadendo,
fallirà.
Ed è
proprio questo che l'Elite intende.
Dopotutto,
il modo più efficace per contrastare l'opposizione a qualsiasi programma è
assicurarsi che i potenziali avversari non comprendano le regole del gioco
(incluso, in questo caso, chi esercita il potere effettivo nel sistema
mondiale) assicurandosi che a questi potenziali avversari vengano date un sacco
di distrazioni rumorose e colorate (come elezioni regolari e altri processi
politici di partito, per non parlare dell'arte e dello sport in varie forme)
per tenerne occupata la maggior parte allo stesso tempo.
Le
recenti elezioni presidenziali americane sono state un perfetto esempio di
questa distrazione, con una vasta gamma di commenti su una vasta gamma di
cambiamenti superficiali e solo gli analisti più rari hanno persino notato il
numero e la gamma di ricchi tecnocrati nominati da Donald Trump per svolgere
ruoli chiave nella sua nuova amministrazione, per non parlare di spiegare il
significato di questo.
In
sostanza, è meglio per l'Elite che tu metta tutta la tua passione ed energia
nel combattere su un campo di battaglia che è del tutto irrilevante e che ti
tenga all'oscuro di dove si trovi il vero campo di battaglia.
Quale
modo migliore per neutralizzare tutta l'opposizione se non quella di
concentrarla sul "gioco" sbagliato?
La
tecnocrazia planetaria in rapida avanzata.
Mentre
molti autori hanno discusso il rapido progresso della tecnocrazia planetaria
negli ultimi anni, e specialisti come Patrick Wood ci hanno avvertito per molto
più tempo – vedi "Technocracy News & Trends" – non c'è dubbio che
rimanga un argomento incredibilmente poco compreso.
Possibili
scenari di mobilità intelligente e sostenibile. (Licenza CC BY-SA 4.0)
Ciò
significa che la minaccia posta dai cambiamenti che ci vengono imposti non
viene in gran parte riconosciuta.
Queste tecnologie invasive includono
l'identità digitale (a cui sarà allegato il tuo "punteggio di credito
sociale"), le valute digitali della banca centrale (CBDC), la detenzione
georeferenziata in una "città intelligente", la sorveglianza 24 ore
su 24 tramite telecamere di riconoscimento facciale tridimensionali (che
catturano la tua "impronta facciale" unica), lo spionaggio attraverso
una vasta rete di dispositivi "intelligenti" (computer, televisori,
frigoriferi... così come piattaforme di social media, pali stradali e luci
intelligenti) connessi tramite 5G/6G e Internet delle cose e che controllano i
nostri movimenti attraverso una gamma parallela di tecnologie tra cui geo-fencing,
auto senza conducente, interruttori di uccisione dei veicoli, droni (utilizzati
come "opzione di forza letale"), robot (anche come "opzione di
forza letale") e armi autonome ed elettromagnetiche.
Al di là di queste minacce, i
"vaccini", l'intelligenza artificiale, la biologia sintetica, la
geoingegneria e altre tecnologie vengono utilizzate per rimodellare
profondamente la vita planetaria, a vostro danno.
Ma se
non avete già una chiara comprensione dell'origine storica e dello sviluppo dei
pericoli tecnocratici che stanno rapidamente minando la vita umana, l'identità,
la privacy, la libertà e la sicurezza, potete ottenere un'eccellente
comprensione dal libro più recente di “Patrick Wood” sull'argomento “The Evil
Twins of Technocracy and Transhumanism “o da una bella panoramica in questo
recente articolo di “Joshua Stylman” "The Technocratic Blueprint: A
Century in the Making" o questa serie in due parti di” Jesse Smith”:
"Tecnocrazia
in ascesa – Parte 1: Perché è fondamentale capire il gioco finale" e
"Tecnocrazia
in ascesa – Parte 2: Fidati di me, sono un tecnocrate".
E se
ancora non credete che i BRICS e tutti gli altri paesi stiano attuando il
programma tecnocratico dell'Elite, potete leggere di più in articoli come
questi, a partire dalla recente dichiarazione del vertice BRICS nell'ottobre
2024:
Vertice
BRICS 2024 "Dichiarazione di Kazan: rafforzare il multilateralismo per uno
sviluppo e una sicurezza globali giusti".
Se non
si riesce a percepire immediatamente l'impegno dei paesi BRICS nei confronti
della tecnocrazia dell'Elite, “Riley Waggaman” lo spiega chiaramente. "Ti piacerebbe sapere cosa hanno appena
dichiarato i BRICS?"
Ma “Waggaman”
ha anche precedentemente spiegato in dettaglio come il governo russo sia
impegnato a imporre la tecnocrazia dell'élite ai russi.
"Putin è in combutta con i
globalisti?"
Per
quanto riguarda la Cina, nelle parole di “Iain Davis,” la Cina è il "primo
technato"
del mondo.
In
realtà, questo è stato sistematicamente facilitato dall'Occidente dopo l'ascesa
al potere di Deng Xiaoping dopo la morte di Mao nel 1976.
La Cina è stata effettivamente infiltrata dai
membri statunitensi della Commissione Trilaterale (noti come
"Trilateralisti") per influenzare il percorso di sviluppo in Cina e,
ad esempio, dal 1979 "il governo israeliano e gli appaltatori della difesa
israeliani hanno costantemente agito come facilitatori per il trasferimento
della più sensibile tecnologia di difesa e sorveglianza occidentale alla
Cina".
Quindi,
se la Russia e la Cina sono già stati tecnocratici avanzati, che dire degli
altri paesi BRICS?
Beh,
anche se consideriamo solo tre delle componenti fondamentali più critiche
necessarie per costruire uno stato tecnocratico – l'implementazione del 5G,
l'identità digitale e le valute digitali della banca centrale (CBDC) – si
scopre che gli altri paesi BRICS sono tutti a buon punto.
Nonostante
i pericoli elettromagnetici ben documentati del 5G, la tecnologia è già stata
ampiamente implementata in questi paesi: "5G Progress Report:
Brazil", "5G rollout in India fastest in the world, official
say" e "5G rocking in South Africa".
Anche
l'identità digitale è a buon punto: "La versione digitale della nuova
carta d'identità nazionale del Brasile è ora disponibile in alcuni Stati",
"Per quanto riguarda gli ID biometrici, l'India è un "laboratorio per
il resto del mondo"" e "Nuovo sistema di ID digitale per i
sudafricani: ecco cosa aspettarsi".
Per
quanto riguarda le CBDC, Brasile, India e Sudafrica hanno tutti programmi
pilota avanzati o sono in fase di implementazione.
"La Banca centrale del Brasile conferma
che eseguirà un test pilota per la sua CBDC quest'anno", "Il governo
annuncia la rupia digitale: cos'è e altro" e "La South Africa Reserve
Bank avvia lo studio di fattibilità della CBDC al dettaglio".
Se vi
chiedete quali siano i membri più recenti dei BRICS, una rapida ricerca
confermerà il loro forte coinvolgimento nell'imporre la tecnocrazia dell'Elite,
a partire dalle tre componenti fondamentali nominate sopra.
Per
quanto riguarda l'Iran, ad esempio, la diffusione del 5G, dell'identità
digitale e delle CBDC è a buon punto.
Si
veda "4.000 siti per fornire Internet 5G in Iran entro marzo 2025",
"Portale nazionale del governo intelligente" e "La banca
centrale iraniana lancerà la valuta digitale su base pilota".
In
sintesi, tutti i governi nazionali, insieme ai loro alleati corporativi, sono
coinvolti nel processo di costruzione dell'infrastruttura tecnocratica che, un
giorno presto, schiavizzerà quelli di noi rimasti in vita in una prigione di
"città intelligente".
Se
vuoi ulteriori prove, basta fare una ricerca su Internet specificando un paese
e una tecnologia (5G, ID digitale, CBDC, riconoscimento facciale,
geofencing...) e/o controllare i progressi della città più vicina nella sua
trasformazione in una "città intelligente".
Difenderci
dall'avanzata della tecnocrazia.
Ci
vorrà uno sforzo enorme per difenderci dai cambiamenti politici, economici,
sociali, tecnologici e di altro tipo che ci vengono rapidamente imposti.
Questo
perché "l'élite globale è folle rivisitata" e praticamente tutti gli
esseri umani sono completamente sottomessi a causa della violenza che ognuno di
loro ha subito durante l'infanzia.
"Perché la violenza?" e
"Psicologia senza paura e psicologia della paura: principi e
pratica".
E che
tu agisca o meno in risposta ad altri progetti d'élite portati avanti in altre
parti del mondo, resistere all'avanzata della tecnocrazia è fondamentale per il
tuo futuro:
"Lottare
per la nostra umanità, lottare per il nostro futuro".
'We
Are Human We Are Free' identifica l'azione strategica necessaria per difendersi
da questa tecnocrazia (con le azioni critiche spiegate,
più
semplicemente, sul volantino di una pagina "We Are Human We Are
Free", disponibile in 23 lingue).
Conclusione.
Nessun
governo è libero dal controllo dell'élite.
I
governi sono semplicemente agenti dell'élite che fanno ciò che viene detto loro
da vari agenti dell'élite nel settore bancario, nella politica estera, nella
tecnologia e in altri contesti.
Fondamentalmente,
il programma Elite sta uccidendo la maggior parte della popolazione umana e sta
utilizzando una serie di tecnologie per schiavizzare tecnocraticamente quei
transumani lasciati in vita in una prigione di "città intelligente".
Questo
programma avanza rapidamente, mentre la nostra ignoranza e paura fanno sì che
la maggior parte delle persone non riesca a percepire la vera natura delle
minacce, chi le sta guidando e cosa è necessario per resistervi efficacemente.
Ciò
significa che anche quelle persone che affermano di esserne consapevoli sono di
solito intrappolate nell'intraprendere qualche azione impotente (come firmare
una petizione a un governo, cambiare il loro voto alle prossime elezioni,
manifestare per le strade) piuttosto che agire con forza per difendersi contro
l'élite resistendo ai suoi imperativi.
La
realtà è che ci si può difendere in modo abbastanza efficace intraprendendo le
azioni nominate in "We Are Human We Are Free", ma abbiamo bisogno di
un numero sufficiente di persone che intraprendano queste azioni per
sconfiggere l'intero programma, altrimenti l'Elite userà semplicemente i suoi
agenti transumani e robot per darci la caccia una volta che coloro che hanno
prontamente obbedito saranno già morti o imprigionati.
La
nostra lotta è con l'Élite Globale. Non il vostro governo, un'organizzazione
internazionale o chiunque altro.
(Robert
J. Burrowes si è impegnato per tutta la vita a comprendere e porre fine alla
violenza umana. Ha svolto ricerche approfondite dal 1966 nel tentativo di
capire perché gli esseri umani sono violenti ed è un attivista nonviolento dal
1981. È l'autore di "Perché la violenza?).
Una
vera soluzione economica alla crisi
economica creata dai miliardari.
Globalresearch.ca - Emanuel Pastreich – (13
aprile 2025) – ci dice:
Credo
di averlo già detto: "Pagheranno!".
La
classe fantoccio dei politici non riesce a trovare una soluzione all'incombente
crisi economica che minaccia di distruggere quasi tutti tranne i miliardari
parassiti che pagano le bollette e che hanno organizzato questa guerra
commerciale nella prima commedia.
Perché quei politici, scelti e promossi per la
loro incompetenza e la loro incapacità di fare altro che eseguire gli ordini,
non possono risolvere il problema perché il problema sono loro e i loro
padroni.
Ma
posso offrire a voi, donne che lavorate, a voi che lavorate, una soluzione
reale in questo momento, che porterà una nuova età dell'oro alla gente comune e
porrà fine al dominio dei miliardari.
Useremo
la legge federale, la Costituzione e la decenza umana di base per risolvere la
crisi economica in modo permanente.
Non
abbiamo bisogno di investimenti da parte delle banche, o dei lobbisti, o dei
contributi elettorali, o delle società di pubbliche relazioni. Non ce ne frega
niente del mercato azionario o delle esigenze dei trader di derivati.
L'unica
condizione per il successo è che i cittadini abbiano il coraggio di opporsi al
male quando alza la sua brutta testa ad ogni angolo, e l'impegno a correre
rischi reali per amore della giustizia e per il bene della nostra nazione nel
suo insieme, anche per coloro che non possiamo vedere, non lo sappiamo.
La
CIA, il Pentagono, i vari appaltatori privati per la Sicurezza Nazionale che
effettuano attacchi sotto falsa bandiera e propagano menzogne nei media non
sono le fonti ultime della criminalità che puzza come un cadavere putrido in
ogni angolo degli Stati Uniti.
Incolpare
la “CIA” fa parte del gioco.
No, è
una classe di famiglie miliardarie, e di individui, negli Stati Uniti, in
Israele, in Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Giappone, in Cina, in
Russia e altrove che sono dietro l'attuale caos, che lo hanno fomentato in
primo luogo.
La
maggior parte di questi miliardari sono americani, anche se non gliene potrebbe
fregare di meno degli americani.
Hanno
organizzato l'incidente dell'11 settembre per stabilire una dittatura militare
nascosta che non può essere nominata, per lanciare guerre che hanno ucciso
milioni di persone e che ci sono costate trilioni di dollari.
Questi
sono tutti argomenti tabù.
Hanno
stampato 30 trilioni o più di denaro falso attraverso la Federal Reserve
utilizzando il Quantitative Easing, gli aiuti COVID, lo stimolo del mercato e
la spesa del Pentagono come foglia di fico.
Hanno
pagato da soli quei soldi e li hanno usati per comprare case e altri beni in
un'enorme frode economica.
Hanno
lanciato il regno del terrore COVID 19 usando i loro agenti in tutto il mondo e
hanno distrutto la vita dei lavoratori, creando dittature ombra per sé stessi e
permettendo a una manciata di multinazionali di prendere il controllo
dell'intera economia stabilendo un ordine neo-feudale.
Tutti
questi atti sono stati violazioni della Costituzione che determina ciò che è e
ciò che non è il ruolo del governo.
Tutti
questi atti erano violazioni della legge federale, massicce cospirazioni
criminali.
Tutti
questi atti erano immorali e decisamente malvagi.
Non
abbiamo bisogno di cercare la pace attraverso la diplomazia.
Non
abbiamo bisogno di ridurre la spesa federale.
Non dobbiamo ridurre il numero di vaccinazioni
per i bambini.
Possiamo
farlo in seguito, una volta ripristinato lo Stato di diritto.
Riflessioni
sulle elezioni di medio termine del 2022.
"Questo nuovo Congresso è una mera
appendice di Wall Street"
No,
dobbiamo prima fare le nostre richieste e poi agire.
Dobbiamo
esigere che i beni, in patria e all'estero, di tutti i miliardari coinvolti in
questi crimini siano sequestrati e che tutti i documenti relativi a questi
crimini siano declassificati e rilasciati al pubblico.
Tutti
i miliardari sono stati coinvolti e tutti i loro beni sono bersagli per le
nostre richieste.
Dobbiamo
esigere che i miliardari siano trattati come noi saremmo trattati se avessimo
commesso tali crimini.
È
davvero così semplice.
Devono
essere incarcerati, tutti i loro beni devono essere sequestrati e tutta la
documentazione deve essere resa pubblica.
Ciò
porterà finanziamenti più che sufficienti per risollevare l'economia. Devono
pagare per risarcire ogni vittima delle vaccinazioni, devono pagare ogni
persona ferita in quelle guerre, e devono pagare anche le multe e le sanzioni.
Il denaro non dovrebbe essere pagato dal
governo, il che significa pagato dal popolo stesso.
Non ci
sarà più molto per i miliardari dopo!
Abbatterli
porterà trilioni di dollari di entrate per il nostro paese.
La
riforma della Federal Reserve garantirà un'economia stabile che non si basi sul
debito e che l'inflazione cessi di essere un problema.
Dire
la verità sulla macchina da guerra ci porterà la vera pace.
Cosa
ci ostacola?
Siamo
stati instupiditi, ma possiamo elevarci al di sopra di questo. Siamo stati
scoraggiati, ma possiamo trovare la speranza dentro di noi. Siamo stati
fuorviati, ma possiamo trovare la nostra bussola morale.
Se i
tribunali federali e statali, il Congresso e i governi locali, statali e
federali sono controllati da interessi monetari che ignorano la legge e la
Costituzione, allora dobbiamo formare i nostri governi provvisori che seguano
la legge e la Costituzione e che li affrontino.
Dobbiamo istituire le nostre corti
costituzionali per portarli in giudizio.
Dopodiché,
presenteremo le argomentazioni costituzionali e giuridiche e le direttive che
provengono dal popolo, ai militari, alla polizia e alle altre forze autorizzate
a proteggere i cittadini in conformità con la Costituzione.
Queste
direttive, quegli ordini, saranno che arrestino questi criminali e sequestrino
i loro beni a beneficio del popolo, che li rintraccino sulle loro isole private
e nei loro bunker sotterranei.
Ancora
una volta, le richieste, le sentenze, gli ordini delle assemblee e dei
tribunali del nostro popolo saranno costituzionali, legali e soprattutto etici.
I falsi "governi" e la falsa "economia" che usano
"denaro" falso e che sono gestiti dai miliardari non avranno alcuna
legittimità; non avrà dominio.
Ma
questo sforzo non riguarda me, ma voi. Come scrisse il poeta “William Ernest
Henley” nel suo poema “Invictus”:
Fuori
dalla notte che mi copre
Nero
come la fossa da un palo all'altro
Ringrazio
qualsiasi dio possa essere
Per la
mia anima invincibile
Nella
morsa delle circostanze
Non ho
sussultato né pianto forte
Sotto
i colpi del caso
La mia
testa è insanguinata, ma non piegata
Oltre
questo luogo di rabbia e lacrime
Incombe
solo l'orrore dell'ombra
Eppure
la minaccia degli anni
Trova
e mi troverà senza paura
Non
importa quanto stretto sia il cancello
Come
caricato di punizioni il rotolo
Sono
il padrone del mio destino
Sono
il capitano della mia anima.
(Emanuel
Pastreich è stato presidente dell'Asia Institute, un think tank con uffici a
Washington DC, Seoul, Tokyo e Hanoi. Pastreich è anche direttore generale
dell'Institute for Future Urban Environments.)
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