Disordine mondiale.

 

Disordine mondiale.

 

 

Il disordine mondiale

dovuto allo “shift of power”.

Osservatorio.ch – (23 Aprile 2024) – Amedeo Gasparini – ci dice:

 

“Disordine mondiale” (Mondadori 2024) di Manlio Graziano è un affascinante percorso tra storia, politica e relazioni internazionali.

 Racconta di come il moltiplicarsi dei conflitti negli ultimi due secoli sia sfociato nel caos globale attuale.

Un’epoca di multipolarismo, caratterizzata dallo slittamento dei rapporti di forza tra i vari attori internazionali.

Al centro del volume, l’ascesa e la caduta delle grandi potenze.

Graziano fa un affresco dapprima teorico e poi storiografico delle radici del disordine attuale.

ù Alla base c’è la sequenza «guerra di annientamento del nemico / resa incondizionata / nuovo ordine politico» che si è ripetuta regolarmente nei secoli. «Ogni periodo di stabilità relativa ha sempre cominciato a vacillare per effetto di una fase prolungata di sviluppo ineguale».

Da considerare anche lo” shift of power” (o “traslatio imperii”) – dislocamento dei rapporti di forza tra le potenze.

 

Tra il 1941 e il 1991, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica cooperarono nel processo di disgregazione della Germania e nel declino dell’impero britannico, mantenendo così l’Europa frammentata per cinquant’anni.

Mosca ottenne il consenso per estendersi in territori precedentemente inaccessibili per gli zar.

 Allo stesso tempo, Washington garantì la sua supremazia.

E tenne grossomodo l’Europa al di fuori della competizione internazionale per cinquant’anni.

Henry Kissinger ha sostenuto che gli organi di sicurezza collettiva sono efficaci solo nel fermare atti di aggressione che non coinvolgono le grandi potenze.

“ Nicholas Spykman” argomentò che tali organismi sono creati e funzionano solo se voluti dalle grandi potenze stesse.

Tuttavia, secondo Graziano, nel disordine mondiale di oggi, tutti i paesi sono chiamati a partecipare a tali organizzazioni, creando l’illusione di un parlamento mondiale.

Tuttavia, tali aspirazioni ignorano la naturale incapacità dei vari paesi di collaborare per il bene comune.

 

Secondo” Thomas Hobbes”, lo stato naturale dell’uomo è caratterizzato dalla guerra di tutti contro tutti.

“Jean-Jacques Rousseau”, al contrario, sosteneva che l’uomo è naturalmente buono e incline alla giustizia.

Tuttavia, entrambi giunsero alla stessa conclusione.

Cioè che la necessità di un contratto sociale per regolare i conflitti umani.

Il primo dei sei principi del realismo politico di “Hans Morgenthau” afferma che la politica, come la società in generale, è guidata da leggi radicate nella natura umana.

 Il secondo principio sostiene che l’interesse è definito in termini di potere.

Tesi che si contraddicevano con le tesi ottimistiche del “doux commerce”, sostenute Jeremy Bentham, Richard Cobden e Norman Angell.

Nel 1795,” Immanuel Kan”t spiegò in “Zum ewigen Frieden” che la precondizione per una pace perpetua era la trasformazione di tutti i paesi in repubbliche basate sull’uguaglianza giuridica.

 

“Kant” immaginava un mondo in cui gli interessi particolari si sarebbero fusi in un interesse comune.

Concetti simili furono adottati da “Richard Coubenhove-Kalergi”, che argomentava che le grandi potenze dovessero riconoscere e rispettare reciprocamente i loro interessi.

 «Il mito delle pan-regioni è tornato di moda con il recente aggravarsi delle tensioni internazionali», osserva Graziano.

 «Ma la ragione principale per cui le pan-regioni sono irrealizzabili è che il sistema capitalista non consente l’autosufficienza».

Da qui la ricerca del “Lebensraum”.

 Il secondo capitolo sul disordine mondiale ripercorre l’illusione di un mondiale che, secondo Graziano, non è mai esistito.

 Nel periodo considerato il più lungo di pace nella storia, compreso tra il Congresso di Vienna e la Prima Guerra Mondiale, il mondo ha conosciuto 692 conflitti.

Gran parte di questi scontri si è verificata al di fuori dell’Europa ordinata a Vienna.

 

Graziano suggerisce che invece di parlare di un ordine mondiale, sarebbe più accurato riferirsi a un ordine europeo. Questa prospettiva europea è comprensibile, poiché prima del Cinquecento le connessioni tra le varie parti del mondo erano inesistenti o discontinue, sottolinea l’autore.

 La pace di Westfalia (il fondamento delle moderne relazioni internazionali, poiché riconoscono le sovranità e stabilivano il “cuius regio eius religio”) mirava a porre fine alla lunga lotta tra il mondo francese e quello germanico per il dominio sull’Europa.

Tuttavia, questo concetto era già stato introdotto con la pace di Augusta nel 1555, che cercò di porre fine alle dispute tra principi protestanti e cattolici in Germania. Secondo Kissinger, il risultato della pace di Westfalia fu la creazione del balance of power.

 Cioè, un sistema di equilibrio tra le potenze basato sul reciproco riconoscimento degli interessi.

 

La pace di Westfalia rappresentò uno dei primi esempi di sicurezza collettiva basata sul calcolo degli interessi dei partecipanti, anziché su principi etici, come proposto da Woodrow Wilson tre secoli dopo.

Secondo Graziano, affinché la sicurezza collettiva sia efficace, è cruciale che una o più forze interessate a mantenere quell’ordine siano sufficientemente potenti da prevenire la sua violazione.

Pertanto, l’ordine è sempre determinato dai vincitori e perdura fintanto che questi sono in grado di far rispettare le regole.

Nonostante la pax Christiana dell’epoca, l’ordine di Westfalia non riuscì a garantire tale pace.

Tra il 1859 e il 1871, si verificò uno spostamento di potere con l’ascesa del concetto di nazione.

 La crisi dell’Impero ottomano, il desiderio della Francia di liberarsi delle restrizioni imposte a Vienna e la potenza prussiana furono fattori che minarono la capacità del Regno Unito di fungere da stabilizzatore.

 

Londra, concentrata sul suo impero, perse la sua capacità di imporre dall’esterno il mantenimento dell’ordine.

A Westfalia si decise che ogni Stato aveva il legittimo diritto di perseguire i propri interessi.

E l’equilibrio delle forze (l’ordine) consisteva nel rispettarli, a condizione che non danneggiassero gli interessi altrui.

Tuttavia, gli interessi degli Stati tendevano sempre, prima o poi a sovrapporsi e scontrarsi con quelli degli altri.

 Graziano sottolinea che i progetti politici privi di fondamenti nella realtà finiscono per favorire gli interessi di altri.

Il concerto d’Europa si dimostrò inefficace.

La Francia di Napoleone III, desiderosa di porre fine all’ordine di Vienna, si schierò a favore del principio di nazionalità.

Tuttavia, il progetto dell’imperatore francese contribuì a rafforzare la Germania.

 E le consentì infine di unificarsi e di mettere fine definitivamente all’ordine di Vienna.

 

Otto von Bismarck aveva adottato una politica estera flessibile da poter cambiare direzione in base alle opportunità.

 La Prussia, sotto la sua guida, era uno Stato efficiente e centralizzato, protestante e fondato su una base sociale di proprietà terriere.

In accordo con Montesquieu,” Angell “(“The Great Illusion”), intendeva dimostrare l’impossibilità di una guerra, economicamente e socialmente irrazionale.

 Credeva che l’interdipendenza economica dei paesi industrializzati sarebbe stata «l’effettiva garanzia di un comportamento corretto da parte di uno Stato verso un altro».

 Nel 1914, Londra manteneva la sua posizione come prima potenza mondiale. Tuttavia, riconosceva che non sarebbe stata più l’egemone stabilizzatore.

 Il Regno controllava oltre 400 milioni di sudditi, un quarto della popolazione mondiale.

La sua flotta era il doppio di quella tedesca e il triplo di quella francese.

Le esportazioni di Londra rappresentavano il 17,6 per cento di quelle mondiali, mentre Berlino si avvicinava al 17 per cento.

 

Di conseguenza, per contrastare le ambizioni tedesche, Londra si avvicinò a Parigi (tramite l’Entente Cordiale del 1904) e a Mosca (tramite la Convenzione del 1907). Al termine della Prima Guerra Mondiale, potrebbero esserci state le condizioni per creare un nuovo ordine tra potenze.

Ma gli Stati Uniti, che avrebbero dovuto essere il fulcro di questo nuovo ordine, non si assunsero questa responsabilità.

 Il conflitto riprese da dove si era interrotto, dopo un armistizio di vent’anni, come aveva predetto “Ferdinand Foch”.

Fu però Washington a proporre la creazione della Società delle Nazioni.

Graziani evidenzia che i trattati firmati tra il 1919 e il 1920 rappresentavano un miscuglio di realismo impotente e ideali moralistici, basati sull’illusione di sostituire il “balance of power”, ritenuto responsabile della guerra.

 Wilson credeva di eliminare le rivalità organizzate e sostituirle con una pace comune organizzata.

 

Ma «rimpiazzare gli interessi nazionali (le “rivalità”) con un presunto comune interesse per la pace era un puro atto di volontà […] dove c’è sempre qualcuno disposto a rimettere in questione l’ordine stabilito, e quindi […], disposto a chiudere gli occhi di fronte alle violazioni della pace, o anche a collaborare con il trasgressore».

In Cecoslovacchia, le minoranze erano un terzo della popolazione, quanto in Polonia e in Romania.

E in Jugoslavia coabitavano quattordici gruppi etnici, il cui più importante – quello serbo – pesava per circa un terzo del totale.

Si noti, ricorda Graziano, che la Società fu sì in grado di affrontare con successo una decina di crisi riguardanti casi minori.

 Tuttavia, fu impotente al momento della Ruhr (1923), di Corfù (1923), della Manciuria (1931), dell’Abissinia (1935), della Spagna (1936-1939), della Finlandia (1939).

“John Maynard Keynes”, delegato britannico a Versailles, denunciò la pace imposta alla Germania.

 

Oltre alla cessione di un settimo del territorio e la perdita delle colonie, Berlino fu accusata come unica responsabile del conflitto e condannata a pagare riparazioni di 132 miliardi di marchi-oro (439 miliardi di dollari nel 2020), da saldare entro il 1965.

“Coubenhove-Kalergi” sostenne che l’integrazione europea sarebbe stata possibile solo con la riconciliazione tra Francia e Germania.

Il terzo capitolo del testo di Graziano si concentra sull’accordo di Yalta.

L’inizio delle ostilità in Europa diede agli Stati Uniti l’opportunità di indebolire il loro rivale principale, il Regno Unito.

 Nel 1941, Londra adottò la legge “Affitti e Prestiti”.

Che rafforzò la superiorità produttiva degli Stati Uniti.

Per quanto riguarda la Russia, non aveva mai avuto conflitti significativi con gli Stati Uniti e non rappresentava una minaccia diretta.

 Winston Churchill tentò invano di contrastare molte decisioni americane che favorivano la Russia a discapito del Regno Unito.

 

Bretton Woods” stabilì un nuovo ordine economico e finanziario per porre fine al disordine mondiale, con la creazione di un sistema di cambi fissi basato sul dollaro.

Franklin Delano Roosevelt accettò il piano di Stalin di spostare le frontiere della Polonia verso ovest e si astenne dal pressarlo sui Baltici.

 La Società fu considerata un errore da non ripetere.

 Nacque l’ONU.

Fino ad oggi, il Consiglio di Sicurezza non è stato in grado di prevenire alcun conflitto coinvolgente i suoi cinque membri permanenti.

 I quali hanno condotto bombardamenti, invasioni, guerre, colpi di Stato, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Il diritto di veto dei membri permanenti non li ha mai dissuasi dal perseguire i propri interessi.

 Dal canto suo, Roosevelt vedeva in Churchill un alleato durante la guerra e in Stalin un partner per preservare la pace.

 

Il nuovo ordine che si è delineato dopo il conflitto è stato un equilibrio di potere tra sfere di influenza.

 Harry Truman ha continuato la politica del suo predecessore.

 Graziano scrive che la principale differenza rispetto alla guerra precedente era che nel 1945 gli Stati Uniti erano molto più coinvolti sulla scena internazionale e il mantenimento del loro benessere dipendeva dalla capacità di gestire questa esposizione.

 Tra il 2019 e il 2021, Washington ha contribuito al 22 per cento del budget dell’ONU.

Quasi quanto gli altri quattro membri del Consiglio di Sicurezza messi insieme (23,7 per cento).

E in proporzione ancora di più in alcuni dei suoi numerosi programmi specifici.

Se gli Stati Uniti decidessero di ritirarsi, l’ONU cesserebbe di esistere, conclude Graziano.

 Sebbene vincitore della guerra, il Regno Unito si trovava tra i principali sconfitti, costretto a ritirarsi da territori come la Grecia, la Palestina e l’India.

 

A differenza della Germania e del Giappone, occupate dagli americani, il Regno Unito conservava ancora le sue istituzioni in grado di sviluppare politiche estere autonome.

 Il Trattato di assistenza reciproca firmato tra Londra e Parigi a Dunkerque portò alla creazione dell’Alleanza Atlantica.

L’amministrazione Truman riuscì a mantenere la sua presenza militare in Europa occidentale attraverso la NATO.

In risposta, i russi crearono il “Patto di Varsavia”.

 Questo ordine geopolitico stava già gettando le basi per il futuro disordine mondiale.

 Il quarto capitolo esamina il grande disordine mondiale partendo dalla Guerra Fredda.

 Tra il 1945 e il 1991 si sono verificati 160 interventi militari, tra conflitti statali, guerre di liberazione, guerre civili, colpi di Stato, con un bilancio di vittime stimato tra 12 e 32 milioni.

Nonostante non sia scoppiata una guerra frontale tra le due superpotenze, l’URSS era nettamente meno potente rispetto agli Stati Uniti.

«Non era affatto una superpotenza e non rappresentava una minaccia per gli Stati Uniti […] rappresentò alcune minacce indirette e circostanziate, in Asia, America Latina e Africa […].

Una potenza dominante può sentirsi minacciata in tre modi […]:

 se le si impedisce di continuare a svilupparsi […];

se le si stornano alleati e/o mercati;

 se si mette a rischio il suo ruolo dominante […].

 Le minacce rappresentate dalla Russia sono sempre state localizzate e di scarsa portata, manovre di disturbo e di pressione che non hanno mai messo in discussione il ruolo dominante degli Stati Uniti».

Durante tutta la Guerra Fredda, gli Stati Uniti operavano su due fronti distinti, la strategia e l’improvvisazione, che talvolta si sovrapponevano.

 Negli anni Settanta ci fu l’abbandono degli Stati Uniti della convertibilità tra dollaro e oro.

Per Graziano «le vecchie potenze furono pertanto costrette a imboccare la strada di una radicale ristrutturazione delle loro politiche economiche e sociali:

non solo incrementare la produttività e contenere i salari, ma anche ridurre l’erogazione di una serie di servizi, protezioni, garanzie, sussidi, pensioni, indennità, privilegi».

La globalizzazione ha prodotto un rapido “shift of power”.

Negli anni Settanta, tutti i paesi che avevano guidato i mercati globali nei secoli passati hanno iniziato a perdere influenza, portando a un declino relativo del loro peso politico.

 Il crollo dell’Unione Sovietica è stato un punto di svolta nei rapporti geopolitici, evidenziando lo “shift of power”.

Tuttavia, questo evento non ha dato vita a un mondo unipolare eterno.

Nel 1991, l’economia americana costituiva il 26,8 per cento del PIL mondiale, aumentando al 28,4 per cento entro la fine del decennio.

Nel 2000, il PIL degli Stati Uniti era cinque volte quello della Cina.

 

Tuttavia, le politiche di contrasto adottate – come l’attacco all’Iraq di George W. Bush, il ritiro dal Medioriente sotto Barack Obama, l’isolazionismo sotto Donald Trump – hanno interpretato la crescita dei concorrenti.

Si prevede un possibile scenario futuro di un E7, composto da Cina, India, Brasile, Indonesia, Messico, Turchia e Nigeria.

Questi paesi rappresentavano poco più di un decimo del PIL mondiale nel 1975, quasi un quinto nel 2000 e il 40 per cento nel 2023.

La globalizzazione ha modificato i rapporti tra le vecchie potenze industrializzate e i nuovi emergenti.

La crisi del 2008 ha accelerato questa tendenza.

All’invecchiamento demografico si aggiunse una crescente tendenza al rigetto delle regole del contratto sociale.

 Inoltre, la politica, come la natura, teme il vuoto.

Ma la corsa a riempire questi vuoti lasciati dagli Stati Uniti è stata una corsa verso il caos, rafforzando il disordine mondiale.

Guardando al presente, l’evacuazione di Kabul nel 2021 segnò il punto più basso della credibilità degli Stati Uniti.

Sebbene vi fosse una soddisfazione nascosta per l’umiliazione americana, essa era equilibrata da una forte preoccupazione per il vuoto di potere che stava emergendo.

Graziani ricorda che l’invasione russa dell’Ucraina ha permesso agli Stati Uniti di guardare con favore alla fine del legame energetico Germania-Russia, di mettere da parte ogni ambizione di autonomia strategica francese, di rafforzare la propria presenza militare in Europa, di rinvigorire la NATO con l’accettazione di due nuovi membri.

In conclusione, «senza condizioni geografiche favorevoli, senza intraprendenza, senza una forza-lavoro giovane e abbondante, senza un’organizzazione istituzionale fluida e credibile, senza un gruppo dirigente animato da un forte senso dello Stato, senza coesione nazionale […], la possibilità di trasformare la forza economica in forza politica capace di imporsi su quella di tutti gli altri è nulla».

 

Nessuna potenza attuale risponde ai criteri imposti dagli Stati Uniti durante la Guerra Fredda.

 L’URSS ha sempre avuto un ruolo marginale nella vita economica americana, con esportazioni limitate a materie prime energetiche e armamenti.

Sebbene fosse un rivale militare significativo, l’URSS ha dovuto destinare una parte considerevole delle sue risorse, fino al 25 per cento del PIL, alla spesa militare.

Al contrario, nel 2022, la Cina ha destinato solo l’1,6 per cento del suo PIL alla spesa militare, meno della metà degli Stati Uniti (3,5 per cento del PIL).

Oggi Pechino si vanta di essere l’unica potenza a sostenere e difendere le regole della globalizzazione.

Ma ha dimostrato di essere disposta a trasgredirle quando lo riteneva conveniente.

Nel disordine mondiale, scrive Graziani, criticare l’ipocrisia dell’avversario è ipocrita, poiché nessuno rispetta le stesse regole e non è realistico sperare di persuadere i rivali a rinunciare ai propri interessi mediante persuasioni pacifiche.

(Amedeo Gasparini).

 

 

 

E Mentre Tutti Discutono di Dazi,

 il Governo Meloni fa il Golpetto…

 

 Conoscenzealonfine.it – (11 Aprile 2025) - Agata Iacono – ci dice:

 

Il Ddl Sicurezza, arenato da oltre un anno sui banchi parlamentari, cambia veste e diventa un nuovo decreto ministeriale.

La sua trasformazione in decreto legge lo rende subito applicabile, seppur poi da convertire in legge entro 60 giorni.

 Le modifiche non sono di sostanza, ma solo di forma.

 

Cosa prevede?

 Si potenzia la tutela legale per polizia e militari.

 Cioè l’immunità per le forze dell’ordine che commettono abusi. Altro che kit di sopravvivenza…

In vista di un’autocrazia dichiarata e non più di una democrazia di facciata, dei tagli sempre più lacrime e sangue allo stato sociale, alla scuola e alla sanità per sostenere un’economia di guerra, si temono manifestazioni di piazza e scioperi?

Niente di meglio che militarizzare sempre più la repressione assicurando l’impunità (scudo legale) a polizia e esercito.

Siamo insicuri?

Abbiamo paura della miseria, della disoccupazione, della guerra, della microcriminalità destinata ad aumentare?

Lo Stato ti protegge, ti offre “sicurezza” da scambiare con la libertà.

Ricordate “Porte Aperte” di Sciascia? Rileggetelo con gli occhi di oggi e guardatevi intorno.

 Il codice Rocco è servito.

Con il blitz del DM sicurezza il Governo dimostra di avere fretta nella accelerazione della strategia del “terrore”.

Perché questa fretta?

Il DM sicurezza introduce una serie di interventi che annullano de facto la Costituzione Italiana e lo Stato di diritto.

– Carcere.

 I detenuti non potranno dimostrare il disagio, neppure passivamente, (aumentano a dismisura i suicidi nei penitenziari sovraffollati) e le donne dovranno avere con sé in prigione i bambini.

– Restrizioni per l’immigrazione.

 A parte il divieto per i minori di avere una SIM per comunicare con i genitori, sono previsti limiti più stringenti per i permessi di soggiorno, con la cancellazione della protezione speciale per i casi umanitari.

– Potenziamento del Daspo Urbano.

 Estensione delle aree dove è possibile allontanare individui considerati pericolosi per la sicurezza pubblica, includendo piazze e zone di aggregazione sociale.

 Cioè controllo per chi partecipa a manifestazioni o flash mob e allontanamento, fermo ed espulsione per chi fosse schedato come attivista politico, (tipo aver partecipato ad una occupazione scolastica o ad un picchetto in fabbrica), e avesse semplicemente con sé una bandiera palestinese o abbia osato esprimere anche preoccupazione con sit-in per l’inquinamento ambientale.

Ricordiamo che il presidente dell’associazione nazionale palestinese, API, (Mohammad Hannoun), ha ricevuto il foglio di via da Milano poco tempo fa per aver parlato contro il genocidio del suo popolo.

– Diventa reato anche la resistenza passiva.

 Norme dette “anti accattonaggio”.

 Introduzione di sanzioni più severe per chi pratica l’accattonaggio, cioè per i senza tetto e per chi chiede l’elemosina, associato alla “percezione di degrado urbano”.

Arresto per occupazione abusiva con pene maggiorate.

– Controllo e videosorveglianza.

 Installazione di nuovi dispositivi di controllo nei centri abitati, con una raccolta e gestione dati che violano le garanzie sul diritto alla privacy.

Chi gestirà poi questi dati?

 Abbiamo parlato più volte degli accordi con Israele sulla gestione della cyber sicurezza…

– Università.

Riguarda l’estensione del potere delle agenzie di informazione (servizi di intelligence) in riferimento alle università e agli enti pubblici di ricerca.

Non bastava la militarizzazione delle scuole con le amene gite nelle basi NATO vestiti in tuta mimetica.

Gli universitari dovranno essere sotto controllo e sorveglianza dei servizi segreti.

E, dulcis in fundo, (ma non è tutto, approfondiremo ancora), l’articolo di cui nessuno parla.– L’estensione a una serie di reati con finalità di terrorismo delle “condotte scriminabili, previste dalla legge come reato, che tuttavia il personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere autorizzato a porre in essere”.

 Tra queste condotte ci sono la partecipazione ad associazioni sovversive, l’arruolamento con finalità di terrorismo e la banda armata.

Per assurdo, nella mia ingenua ignoranza semi-complottista, ipotizzavo in passato che i servizi segreti (detti però deviati) fossero dietro le stragi di Stato e gli omicidi eccellenti…

Da adesso, invece, potranno impunemente organizzare bande armate, arruolare terroristi e provvedere a opportune stragi falsa bandiera (false flag), per dare la colpa al capro espiatorio di turno o ad una nazione straniera che “ci vuole invadere” e far sì che la popolazione chieda più sicurezza, più controllo,

più difesa, più riarmo…

Problema – reazione – soluzione… il giochino è sempre quello, “Chomsky “insegna. (Nota di conoscenze al confine).

(Agata Iacono).

(governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-122/28135).

(lantidiplomatico.it/dettnews-e_mentre_tutti_discutono_di_dazi_il_governo_meloni_fa_il_golpetto/39130_60063/).

 

 

 

 

Mattarella firma il decreto Sicurezza.

Ilogiornale.it – (12 aprile 2025) - Massimiliano Scafi – ci dice:

L'avallo alle misure contestate dalla sinistra. "Solidarietà agli agenti sulle violenze".

Mattarella firma il decreto Sicurezza.

Un taglietto qui, una sforbiciata là.

 E così alla fine, tolte di mezzo alcune norme di «dubbia costituzionalità», Sergio Mattarella firma il decreto sicurezza, uno dei provvedimenti bandiera del governo.

Il testo, che passa ora alle Camere per la conversione in legge entro sessanta giorni, assorbe in larga parte i contenuti del ddl omonimo bloccato in Senato per un problema di coperture economiche.

Un via libera atteso, quasi scontato, nonostante le vibranti proteste del centrosinistra, che ha parlato di attacco allo Stato di diritto, e alcuni mugugni della Lega:

ma del resto nella seduta di venerdì scorso il Consiglio dei ministri aveva accolto quasi tutti i rilievi del Colle.

Insomma, arriva una stretta generale su terrorismo, immigrazione clandestina, reati di allarme sociale.

 Sono infatti tempi duri, di grandi tensioni politiche ed economiche, e il presidente, nel giorno della festa della polizia, si sente di dover elogiare il corpo di Ps per «il grande equilibrio e la professionalità con cui affronta la gestione delicata delle numerosissime manifestazioni di piazza».

Non solo.

Mattarella offre pure la sua «solidarietà per le violenze che si sono verificate nei confronti degli agenti, un fenomeno preoccupante per il quale esprimo vicinanza».

Trentaquattro articoli.

 Tra le novità introdotte dal decreto, il divieto di vendita di cannabis light, il carcere fino a due anni per i blocchi stradali, la galera fino a sei per chi produce esplosivi o armi batteriologiche.

E poi, occupazioni abusive che diventano reato, la copertura giuridica, uno scudo, per gli 007 infiltrati nelle organizzazioni criminali, l'abolizione dell'obbligo di rinvio della pena per le condannate incinte o madri di bambini sotto l'anno di età.

 Su input del Quirinale, sono stati cancellati l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, come le università e gli enti di ricerca, di fornire informazioni all'intelligence e quello di acquistare carte telefoniche agli immigrati irregolari.

Ristretta la definizione del reato di rivolta in carcere, che si applicherà solo agli atti «di resistenza agli ordini impartiti per mantenere la sicurezza».

E appena attenuata la norma sulle proteste contro le grandi opere.

Ma i no Tav e i no Ponte di Messina continueranno ad essere perseguiti.

Il decreto annulla il lungo lavoro della maggioranza in Parlamento.

Il disegno di legge si era però impantanato al Senato.

«Abbiamo voluto dare tempi certi al pacchetto sicurezza - questa la spiegazione del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi - per dare una risposta veloce e efficace al bisogno di sicurezza dei cittadini».

Ma secondo le opposizioni, che sono già scese in piazza, si tratta di un colpo di mano.

 «Uno scardinamento della divisione dei poteri», sostengono i capigruppo del M5s.

 E Avs denuncia «una deriva autoritaria».

 Mattarella però firma e ora ritocca alle Camere.

 

 

L'Europa scelga di essere libera.

Ilgiornale.it - Mike Pompeo – (25 Febbraio 2025) – ci dice:

Sia la prima sia la seconda amministrazione Trump vogliono che l'Europa capisca questo: se siete dalla parte delle nazioni libere, dovete comportarvi come tali.

 

L'Europa scelga di essere libera.

Poco dopo essere diventato il 70esimo Segretario di Stato americano nella prima amministrazione Trump, sono andato a Bruxelles per una riunione della Nato.

 Lì ho sottolineato agli amici europei dell'America l'urgente necessità di aumentare i loro bilanci militari e di raggiungere l'obiettivo del 2% della produzione economica entro il 2024.

 Molti media europei si sono comportati come se si trattasse di un attacco politico all'Europa, volto a raccogliere consensi in patria.

 L'amministrazione Trump vedeva le minacce incombenti di Russia e Cina e sapeva che se l'Occidente avesse voluto trionfare sulle sfide future, lo status quo in Europa sarebbe dovuto cambiare.

 Abbiamo capito che le nazioni europee avrebbero dovuto affrancarsi dalla dipendenza dall'energia russa, sganciare le loro economie dalla Cina e investire effettivamente nelle loro forze armate in modo che, insieme alla potenza americana, avremmo avuto i mezzi per scoraggiare l'aggressione russa insieme, anche se le esigenze di una maggiore concorrenza con la Cina sono aumentate.

Oggi la situazione non è cambiata e alcune nazioni europee devono modificare la loro attuale rotta se desiderano un futuro migliore.

Se scelgono di deregolamentare, di impegnarsi nelle spese militari e di abbracciare la libertà individuale - come ha fatto il governo del primo ministro Meloni in Italia - l'Alleanza atlantica può rimanere forte e prospera.

Se invece l'Europa continuerà a percorrere una strada segnata dalla follia dell'energia verde, da leggi che limitano la libertà di parola e da bilanci della Difesa poco seri, il futuro dell'Alleanza diventerà sempre più incerto, mentre i nostri avversari si rafforzeranno.

Non per una decisione degli Stati Uniti, ma per l'inefficacia dell'Europa.

Quando ho portato questo messaggio in Europa come Segretario di Stato nella prima amministrazione Trump, molti in Europa hanno reagito come se l'America stesse mettendo i nostri partner transatlantici nel mezzo di una lotta tra grandi potenze - una lotta che ritenevano non fosse loro, tanto per cominciare - o che stessimo abbandonando l'Europa.

 Non è vero.

Sapevamo che la minaccia della Russia riguardava direttamente gli europei, ed è per questo che Putin teneva alla dipendenza energetica dell'Europa dalla sua industria del petrolio e del gas.

Sapevamo anche che le ambizioni della Cina erano globali, ed è per questo che mi sono espresso con tanto ardore contro l'accordo «Belt and Road» (la Via della Seta) siglato dall'Italia nel 2020.

Altrettanto, per questo mi sono rallegrato quando il primo ministro Meloni ha ritirato l'Italia da tale accordo.

 Allora come oggi, non si tratta di una lotta tra Stati Uniti da una parte e Russia, Cina e Iran dall'altra.

 È una lotta tra nazioni libere costruite su principi democratici, sulla libertà individuale e sul libero mercato da un lato, e regimi autoritari dall'altro.

 L'Europa non è «presa nel mezzo» e spero che abbia ormai riconosciuto, soprattutto dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che deve stare fermamente dalla parte delle nazioni libere in questa competizione globale.

L'America non ha intenzione di abbandonare l'Europa e non l'ha mai fatto:

 è semplicemente ora che lo status quo, in cui gli Stati Uniti hanno contribuito alla difesa dell'Europa molto più di quanto l'Europa stessa abbia fatto, si adatti alle nuove realtà.

Sia la prima sia la seconda amministrazione Trump vogliono che l'Europa capisca questo: se siete dalla parte delle nazioni libere, dovete comportarvi come tali.

 Non si possono avere leggi sulla libertà di parola e sulla censura che minano la libertà fondamentale su cui si fonda la nostra civiltà.

Non si può essere una nazione libera e non mantenere la capacità di difendere se stessi e i propri alleati, o non essere disposti a contribuire efficacemente al modello di deterrenza collettiva che tiene a bada attori come la Russia.

Non si può essere annoverati tra le democrazie occidentali e, allo stesso tempo, sabotare il proprio settore energetico nazionale per perseguire la purezza dell'energia verde, aumentando di conseguenza la propria dipendenza dal petrolio e dal gas di un avversario.

 Non si può essere liberi se uno Stato regolatore in costante aumento schiaccia i mercati liberi e spegne ogni potenziale di crescita economica.

 L'Europa ha la capacità di cambiare tutte queste cose e di realizzare un futuro in cui le sue nazioni siano forti, prospere e sicure.

Posso assicurarvi che gli americani vogliono soltanto questo e il resto dell'Europa dovrebbe seguire l'esempio dell'Italia.

 Sotto la guida della premier Meloni, il vostro Paese ha concluso l'accordo BRI con la Cina, ha eliminato le norme che limitavano il libero mercato e so che la sua amministrazione ha dato priorità all'aumento delle spese militari.

In particolare, il suo governo ha visto l'amministrazione Trump non come un facile bersaglio per insulti a buon mercato, ma come un partner prezioso i cui interessi sono allineati.

Le singole nazioni europee dovrebbero adottare questo modello.

La reciprocità e l'equità sono stati i principi organizzativi della prima

amministrazione Trump, e questo non è cambiato nella sua seconda iterazione.

Sono certo che se l'Europa abbracciasse queste idee e lavorasse al fianco degli Stati Uniti, il partenariato transatlantico potrebbe essere più forte che mai.

Trump a due facce: spiragli e linea dura

sul futuro dei dazi. "Abbiamo più potere

per le negoziazioni. È ora di arricchirsi."

Ilgiornale.it - Valeria Robecco – (5 Aprile 2025) – ci dice:

 

Il tycoon sconfessa i consiglieri e apre a trattative:

"Tutti ci chiamano. Gli investitori? Le politiche non cambieranno".

Caos Usa: corsa agli acquisti.

Oggi cortei anti-Donald.

 

Prima apre alle trattative contraddicendo i suoi stessi consiglieri, poi torna a mostrare il pugno duro e afferma che la sua linea non cambierà.

 Donald Trump porta sulle montagne russe gli Stati Uniti e il mondo intero sulla questione dei dazi, e nonostante il crollo del mercato azionario e il dollaro in caduta libera, ripete che questo è il momento di arricchirsi.

Ieri mattina il presidente americano ha spiegato che «le tariffe doganali ci danno un grande potere di negoziazione.

Tutti i paesi ci stanno chiamando.

Abbiamo preso il comando:

se avessimo chiesto loro di farci un favore avrebbero detto di no.

Ora, invece, farebbero qualsiasi cosa per noi».

E smentendo quanto dichiarato dal “segretario al Commercio “Howard Lutnick” e dal consigliere “Peter Navarro” (i quali hanno ribadito a più riprese che non c'era spazio per trattare), ha detto di essere disponibile a ridurre le percentuali se altre Nazioni fossero state in grado di offrire qualcosa di «fenomenale».

Un possibile scambio?

Alleggerire i dazi alla Cina in cambio del via libera alla vendita delle operazioni americane di TikTok.

 E non si è trattenuto dal sottolineare che «la Cina se l'è giocata male» replicando con i contro-dazi «e si è fatta prendere dal panico.

L'unica cosa che non può permettersi di fare».

Dopo l'apertura, tuttavia, il presidente americano ha fatto nuovamente marcia indietro: «Le mie politiche non cambieranno mai.

Questo è un grande momento per arricchirsi, per arricchirsi più che mai», è il messaggio lanciato su Truth agli investitori «che vengono negli Stati Uniti».

La Casa Bianca, da parte sua, ha consigliato ai repubblicani del Congresso americano di concentrarsi sull'impatto di lungo termine dei dazi, mettendo in evidenza che il tycoon sta «rivoluzionando il commercio mondiale» e le tariffe innescheranno il ritorno delle aziende negli Usa, ampliando la base manifatturiera e «creando posti di lavoro ben pagati».

Ma anche tra i conservatori non tutti sono convinti che le politiche commerciali del comandante in capo avranno effetti positivi.

E infatti al Senato è stato presentato un progetto bipartisan che concede al Congresso il via libera finale sui dazi imposti da un presidente: il provvedimento porta la firma del repubblicano Chuck Grassley e della democratica Maria Cantwell, e pur avendo poche chance di essere approvato, mostra senza dubbio il disagio di alcuni esponenti del “Grand Old Party”.

Intanto negli Usa è già scattata la corsa agli acquisti «preventivi»:

 dai televisori alla salsa di soia, dagli indumenti alla birra irlandese, milioni di americani hanno reagito ai dazi allo stesso modo, ossia precipitarsi nei negozi a fare scorta per la paura di un'imminente impennata dei prezzi.

La sensazione diffusa, ha spiegato il “Wall Street Journal”, è che il colpo stavolta arriverà a tutti:

 dai piccoli imprenditori ai consumatori, e in tanti vogliono giocare d'anticipo.

Anche “Mark Cuban, imprenditore miliardario e personaggio televisivo, ha suggerito la stessa cosa ai suoi follower.

 «Dal dentifricio al sapone, qualsiasi cosa per cui riuscite a trovare spazio in casa, acquistatela prima che debbano rifornire l'inventario - ha affermato in un post sulla piattaforma di social media “Bluesky” -.

Pure se sono prodotti negli Usa, aumenteranno il prezzo e daranno la colpa ai dazi».

E oggi è la giornata della grande protesta contro Trump in tutti e 50 gli Stati americani:

la manifestazione «Hands Off», con oltre 1.100 eventi ai quattro angoli del Paese, dovrebbe rappresentare la più grande dimostrazione in un solo giorno contro il 47° presidente da quando è tornato alla Casa Bianca.

 «Non si tratta solo di corruzione, non si tratta solo di cattiva gestione.

Si tratta di un'acquisizione ostile» del potere, si legge sul sito dell'organizzazione. Si protesta contro Trump, ma anche contro i suoi alleati miliardari, a partire dal first buddy Elon Musk e i suoi tagli al governo federale con il Doge.

 

 

 

 

Xi alza i dazi al 125% e rispolvera Mao:

"Usa, tigre di carta non cederemo mai"

Ilgiornale.it - Roberto Fabbri – (12 Aprile 2025) – ci dice:

 

Pechino al premier spagnolo Sánchez: "Uniti in difesa della globalizzazione"

Colpo su colpo.

 La Cina non solo reagisce ai super dazi al 145% sul suo export negli Stati Uniti innalzando i propri fino alla soglia monstre del 125%, ma conferma di volersi giocare questa sfida commerciale all'ultimo sangue come un'opportunità per rafforzare le proprie posizioni.

Siete voi a volere la guerra e l'avrete, dicono da Pechino, che tutto può tollerare fuorché i toni arroganti che Donald Trump sta usando mentre lavora per mettere alle corde l'economia del Dragone.

«Xi Jinping farebbe bene a prendere il telefono e chiedere di parlare con me», ha detto Trump, ma è del tutto improbabile che qualcosa del genere accada nel prossimo futuro.

Al contrario.

Da Pechino mandano a dire che bullismo e atteggiamenti irrispettosi saranno rispediti al mittente.

E non vengono risparmiati toni irridenti verso le strategie della Casa Bianca. Innescare un'escalation di dazi e contro dazi che rende di fatto impossibile il commercio bilaterale, secondo il ministero degli Esteri cinese, non è altro che «uno scherzo nella storia economica mondiale», qualcosa che non si può nemmeno prendere sul serio:

altro che strategia, insomma, quello di Trump sarebbe solo caos mentale e mancanza di rispetto.

E finché questo rispetto non tornerà, la Cina risponderà colpo sul colpo, «fino alla fine, perché non abbiamo paura».

 

Il presidente cinese ha parlato ieri, ricevendo il premier spagnolo Pedro Sánchez, per la prima volta dopo la svolta di Trump del 2 aprile che ha sconvolto i mercati e le relazioni internazionali.

 Xi ha fatto subito capire che rilancerà le pesanti puntate di Trump su quello che sembra essere il tavolo verde di una casa da gioco.

Ha chiarito a Sánchez che la Cina non farà alcun passo indietro, e che anzi invita per suo tramite l'Europa a difendere la globalizzazione economica e il regime di libero scambio al fianco di Pechino.

Sánchez che è alla sua terza visita di Stato a Pechino in due anni - ha risposto solo in parte positivamente, dicendosi impegnato ad agire per un maggiore coordinamento delle politiche commerciali tra Ue e Cina.

 

Ma l'aspetto più importante della reazione cinese alla guerra commerciale dichiarata da Donald Trump non consiste nonostante le apparenze nelle durissime misure di rappresaglia tariffaria che entreranno in vigore oggi.

 Xi Jinping dimostra, piuttosto, di voler giocare una partita politica sia interna sia estera.

 Lo conferma anzitutto il crescente bombardamento retorico sull'opinione pubblica cinese, che ha lo scopo evidente di stimolare orgoglio nazionale in vista delle immancabili gravi difficoltà economiche che questa assurda rissa tra i due colossi produrrà in Cina.

I responsabili della propaganda del partito comunista non si limitano a diffondere in continuazione le frasi di sfida di Xi agli americani («Lotteremo colpo su colpo», «Fino alla fine», «Non ci fanno paura», «Pretendiamo rispetto»), ma rispolverano citazioni di Mao Zedong vecchie di settant'anni eppure sorprendentemente adattabili all'attualità.

«Non importa quanto durerà questa guerra, non cederemo mai».

Oppure quest'altra, famosa, detta della «tigre di carta»:

«Gli Stati Uniti cercano di intimidire alcuni Paesi, vietando loro di fare affari con noi, ma l'America è solo una tigre di carta. Non credete al suo bluff, basta una puntura e scoppierà».

E mentre vertici del partito, funzionari e media cinesi ripetono all'unisono lo slogan maoista «fino alla fine», Xi Jinping apre in contemporanea all'invito all'Europa a far fronte comune «contro la destabilizzazione e il bullismo americani» anche un fronte regionale.

Nei prossimi giorni visiterà Vietnam, Cambogia e Malaysia, tre Paesi vicini della Cina colpiti da durissimi dazi Usa (per ora sospesi) che mettono alle corde le loro economie.

 Xi cercherà di cogliere l'opportunità per rilanciarsi, presso nazioni che temono l'imperialismo cinese, come alternativa credibile agli «inaffidabili Stati Uniti» che infatti le stanno tradendo.

 

 

 

 

Titoli di Stato e dollaro: il tonfo

della credibilità Usa (e quei

sospetti su Pechino).

 Msn.com – Corriere della Sera – (12-4 -2025) - Storia di Federico Fubini – ci dice:

 

 

Titoli di Stato e dollaro: il tonfo della credibilità Usa.

Per ottant’anni, i mercati si sono basati su due pilastri che hanno sostenuto l’infrastruttura del sistema finanziario internazionale:

il dollaro come moneta di riserva per le banche centrali o le istituzioni private in qualunque Paese;

e i titoli di Stato americani come unici valori sicuri, privi di rischio, reperibili e scambiabili in abbondanza e rapidamente in ogni momento e ovunque, dunque validi quali garanzia in tempi normali e beni rifugio durante le crisi.

Le loro caratteristiche hanno reso il dollaro e i titoli di Stato americani unici e indispensabili.

Su questi fondamenti si è tenuto ed è cresciuto il sistema dagli accordi di Bretton Woods del 1944 fino al 2 aprile,” Liberation Day” di Donald Trump.

 

Da allora, molti investitori non sono più così sicuri.

E già solo il fatto che il dubbio si sia insinuato fa sì che il genio sia fuori dalla bottiglia: rimettercelo sarà fra l’impossibile e il difficile, lungo e faticoso.

 Dunque l’economia globale sta entrando in terra incognita.

 L’imprevedibilità e apparente carenza di logica con cui i dazi «reciproci» di Trump sono stati imposti, poi ritirati per quasi tutti, ma alzati al parossismo per la sola Cina ha improvvisamente ricordato a molti sui mercati la realtà sottostante:

 gli Stati Uniti non possono alienarsi i loro creditori;

non possono creare in loro dubbi quanto alla competenza di chi governa, perché devono convincere quegli stessi creditori a finanziare gli enormi debiti privati e pubblici del Paese.

 

Una differenza rispetto all’altro mandato di Trump è che, nel giorno del giuramento, il debito pubblico era al 103% del prodotto lordo la prima volta ma al 122% la seconda;

 il deficit era al 3,3% e ora è al 6,3%, malgrado anni di crescita sospinta (anche) dalla finanza pubblica.

 Solo nel 2025, il Tesoro degli Stati Uniti deve emettere nuovi titoli per circa duemila miliardi di dollari per coprire il deficit.

Deve anche rinnovare titoli di scadenza per circa ottomila miliardi di dollari.

E far fronte ad altri 500 miliardi di dollari in interessi.

I prestiti da raccogliere nel 2025 per il Tesoro americano, il cui volto oggi è quello del segretario “Scott Bessent”, arrivano dunque poco sotto al 10% del prodotto lordo della Terra.

Nel frattempo la stessa amministrazione ha colpito il resto del mondo con dazi che, anche dopo la mezza ritirata di tre giorni fa, restano in media i più alti da un secolo.

Una delle reazioni è stata nei Treasuries, i titoli di Stato Usa

: per la prima volta hanno iniziato a comportarsi come titoli non privi di rischio.

 

Il rendimento a dieci anni è salito dal 3,9% del 2 aprile a un picco appena sotto il 4,6% ieri.

Non era mai successo che lo spread con l’analogo Bund tedesco (scarto di rendimento) salisse di oltre lo 0,5% in così pochi giorni.

Il rincaro degli interessi peserà sul costo del debito, ma pesa già sulla credibilità di “Bessent”:

il 2 aprile aveva detto che un lato positivo dei dazi era nel calo dei rendimenti dei Treasuries che avrebbero provocato.

Non stupisce che dal “Liberation Day “l’euro si sia apprezzato del 5% sul dollaro, cioè che il dollaro abbia perso terreno:

uno spostamento immane, per un mercato così immenso.

 E come per i Treasuries, ad attrarre l’attenzione non sono tanto i livelli ma la rapidità degli smottamenti:

 quelli si sono già visti, questa no.

 Una teoria sul mercato, senza prove né indizi, è che la Cina abbia accelerato lo smobilizzo dei suoi 760 miliardi di riserve in Treasuries proprio per destabilizzarli.

È anche probabile che alcuni fondi abbiano venduto carta sovrana degli Stati Uniti per rientrare dai debiti.

Ma ormai il precedente c’è, è autoinflitto e sotto gli occhi di tutti. La Federal Reserve ieri ha detto che è pronta a stabilizzare il mercato.

 Ora è possibile che elimini le penalizzazioni patrimoniali per le banche americane che comprano titoli pubblici Usa, quindi presti a termini agevolati alle banche stesse perché investano su di essi.

Ma è una tecnica che usava l’Italia in piena crisi nel 2011, non dal sistema di riferimento della finanza globale.

 

Preoccupa meno invece l’ipotesi di una forte svalutazione dello yuan cinese sul dollaro:

 quella di 0,5% che ha già fatto l’ha portato ai minimi della sua stretta banda di oscillazione con il dollaro, è vincolato dal fatto che non circola liberamente fuori dalla Cina ed esporrebbe Pechino a un’ondata di instabilità.

 

 

 

 

Il male di Yahweh: Guyénot ha ragione,

Alexis non ha nemmeno torto.

Unz.com - Kevin Barrett – (10 aprile 2025) – ci dice:

È semplicemente incoerente e odioso.

“Stripe” è l'unico processore di “Substack “e mi hanno de-bannato, quindi non potete più pagarmi tramite Substack.

 Ora pubblico tutto su Substack gratuitamente e chiedo alle persone di registrarsi per donazioni ricorrenti sulla mia pagina di donazioni PayPal ... o meglio ancora, sulla piattaforma per la libertà di parola “SPdonate.” 

Nota che potresti dover effettuare una donazione ricorrente annuale più consistente (si consigliano 100 dollari), non una piccola donazione mensile, perché “SPdonate” non può elaborare importi inferiori a 20 dollari.

 

“Jonas Alexis” ha pubblicato due articoli su “Culture Wars” in cui si pretende di recensire "From Yahweh to Zion" di Laurent Guyénot , un libro da me tradotto e pubblicato.

 (Sono ora disponibili gratuitamente su internet).

 Sebbene le "recensioni" di Alexis non siano lunghe quanto il libro di 500 pagine di Guyénot, il mio collega redattore di VT scrive come se fosse pagato a parola.

 

Le "recensioni" di Alexis di " From Yahweh to Zion" sono lunghe, sconclusionate e incoerenti diatribe che blaterano su tutto tranne che sul libro che presumibilmente stanno recensendo.

Nella prima parte, Alexis ci offre la versione estesa di Wilhelm Marr, Ludwig Feuerbach, Sigmund Freud, David Duke e Kevin MacDonald – 8.405 parole, per la precisione – prima ancora di arrivare a Laurent Guyénot e " From Yahweh to Zion”.

 Poi, in modo altrettanto tedioso, dedica molte altre interminabili pagine a criticare aspramente “Guyénot” per aver preso in considerazione l'idea piuttosto comune che il cristianesimo e il culto di Osiride abbiano una "somiglianza di famiglia", così come la storia di Caino e Abele con quella di Osiride.

Ancora più bizzarramente, incolpa me – il traduttore – per il contenuto del libro tradotto fedelmente.

 

Mentre la reputazione di Kevin Barrett come studioso rimane intatta nonostante la traduzione e l'edizione di “Da Yahweh a Sion”, e mentre non ho altro che apprezzamento per le sue opere, sono deluso dal fatto che non abbia sfidato Guyénot sui punti che ho sollevato qui.

Se Alexis pensa che "traduttori e revisori" cambiano il significato dei testi che traducono, spero che non venga mai assunto per tradurre qualcosa dal coreano!

 

Come se non bastasse spendere più di 10.000 parole (o forse 15.000?

 Ho perso il conto) senza dire praticamente nulla sull'argomento in questione, Alexis torna per un bis nel Culture Wars di questo mese.

Che ci crediate o no, il “Maestro del Meandro” è riuscito in qualche modo a produrre l'ennesima non-recensione altamente discorsiva di

 “From Yahweh to Zion ! “

Anche se la brillante recensione di E. Michael Jones di The Brutalist è difficile da seguire, l'articolo di Alexis è così pessimo che l'articolo di Jones dovrebbe vergognarsi di starci a confronto.

 

Come la prima "recensione" di Alexis, anche la seconda evita completamente di confrontarsi con la tesi di Guyénot:

 che la Torah o Antico Testamento esistente sia in gran parte un vangelo del male, incarnato dal suo personaggio principale, “Yahweh”, e che gli ebrei che si sono comportati male in vari tempi e luoghi lo abbiano fatto sotto la sua influenza.

(Si noti che non sono necessariamente d'accordo con questa tesi! Sono solo il traduttore!)

 

Invece di confutare le affermazioni di Guyénot su ciò che la Torah/Antico Testamento dice effettivamente, Alessio fulmina oscenamente il Profeta dell'Islam, offre una critica tipicamente prolissa del Talmud (poco pertinente alla critica di Guyénot alla Torah) e infine si dilunga in una valutazione negativa di migliaia di parole del primo dualista cristiano Marcione.

 E se è vero che la visione generale di Guyénot, secondo cui “Yahweh è malvagio”, fu notoriamente sostenuta da “Marcione,” i due critici della Torah sono separati da quasi due millenni e da un abisso quasi altrettanto incommensurabile nelle visioni del mondo.

 (Guyénot si è formato nella tradizione secolare-atea degli studi storici francesi ed è filosoficamente e spiritualmente in un certo senso stoico, quindi nessuno confonderebbe mai i suoi scritti con quelli di Marcione!)

 La critica di Alexis a Marcione, sebbene forse adeguata come interpretazione pedestre del dogma cattolico, ha ben poco a che fare con il “libro di Guyénot”.

 

Poiché la tesi di Guyénot è che la cattiva condotta ebraica è stata alimentata dalla problematica Torah, chiunque voglia confutare “Da Yahweh a Sion” dovrebbe concentrarsi su due compiti:

 

Affrontate l'affermazione di Guyénot secondo cui la Torah/AT dipinge ripetutamente Yahweh come un tiranno sgradevolmente geloso che ordina ai suoi seguaci di fare ogni sorta di cose malvagie, fino al genocidio.

Affrontate le affermazioni di Guyénot secondo cui vari esempi di comportamenti scorretti degli ebrei, che vanno dalla predazione usuraia al genocidio sionista, sono radicati nella comprensione (non ovviamente sbagliata) della Torah da parte degli ebrei.

Nella speranza di stimolare Alexis a riprendere in mano la sua penna profusa e a iniziare a intingerla nel suo inesauribile calamaio (e, se viene effettivamente pagato a parola, a dividermi i profitti), offro qui di seguito alcuni estratti dal Capitolo Due del magistrale libro di Laurent Guyénot, " Da Yahweh a Sion.".

 Se Alexis o chiunque altro desiderasse fare una lettura approfondita in stile neocritico del testo in chiaro dei brani della Torah/Antico Testamento citati da Guyénot, utilizzando il contesto storico quando necessario per aiutarci a comprendere il significato di questi testi per i loro autori e lettori originali, e per il loro pubblico ebraico nel corso dei secoli – è sostenere che l'interpretazione fin troppo ovvia di Guyénot sia errata – ben venga.

In realtà, concordo con Guyénot sul fatto che ci sia molto male nella Torah/Antico Testamento e nella sua rappresentazione di Yahweh, ma sostengo che ci sia anche del bene, e che la spiegazione di questo quadro contraddittorio sia che l'élite ebraica, alias gli Anziani di Sion, abbia preso quella che originariamente era una rivelazione divina e l'abbia distorta, in modo egoistico/interessato/satanico, durante la trasmissione.

La correzione di Dio alla Torah/Antico Testamento e il Suo ammonimento alle élite ebraiche che l'hanno distorta, sono il Corano.

 

Perché Alessio attacca gratuitamente il Profeta dell'Islam?

La sua argomentazione implicita sembra essere:

 "La tua visione negativa dell'Antico Testamento mi offende, quindi ora offenderò te! Nyah-nyah!".

 Il che, ovviamente, non è un'argomentazione.

 

Da, Capitolo Due.

 

Gelosia e arroganza narcisistica.

 

"Il nome di Yahweh è il Geloso" (Esodo 34:14).

La Torah sottolinea la gelosia come il suo principale tratto caratteriale, chiamandolo ripetutamente "il Geloso" (Esodo 20:5, Deuteronomio 4:24, 5:9 e 6:15).

Ciò che Yahweh richiede al suo popolo più di ogni altra cosa è l'esclusività del culto.

Ma non è tutto:

egli richiede anche che tutti i santuari dei suoi vicini siano completamente distrutti: "distruggete i loro altari, frantumate le loro stele, tagliate i loro pali sacri e bruciate i loro idoli" (Deuteronomio 7:5).

 Così parlò Yahweh, altrimenti noto come El Shaddai , "il dio distruttore" (Esodo 6:3).

 

Dopo la distruzione del regno settentrionale di Israele da parte dell'Assiria, i sacerdoti e i profeti yahwisti che avevano cercato rifugio a Gerusalemme ritenevano gli Israeliti responsabili della sconfitta del loro paese:

 avevano "provocato l'ira di Yahweh" " offrendo sacrifici su tutti gli alti luoghi come le nazioni che Yahweh aveva scacciato per loro" e "servendo idoli" (2 Ri 17:11-12).

 L'elezione divina di Israele era ora passata al regno più piccolo di Giuda, la cui sopravvivenza dipende ora dal rispetto dell'esclusività del culto di Yahweh e del Tempio di Gerusalemme, e dalla distruzione di ogni traccia di culti rivali e luoghi santi.

 

Il secondo Libro dei Re giudica gli eredi di Davide secondo il criterio unico dell'obbedienza a quel precetto...

 

... Per comprendere come sia nato questo monoteismo biblico, è necessario sapere che negli strati più antichi della Bibbia, Yahweh è un dio nazionale, etnico, non il Dio supremo dell'Universo.

Gli Israeliti veneravano Yahweh come gli Assiri adoravano il loro dio Ashur e gli attribuivano le loro vittorie militari:

"Poiché tutti i popoli marciano ognuno nel nome del suo dio (elohim ), mentre noi marciamo nel nome di Yahweh, nostro Dio, per sempre e per sempre" (Michea 4:5).

 "Io sono il dio dei vostri padri, il dio di Abramo, il dio di Isacco e il dio di Giacobbe", dice Yahweh a Mosè (Esodo 3:6).

Poi Yahweh ordina a Mosè di dire al suo popolo:

"Yahweh, il dio dei vostri padri, mi è apparso", e di esortarli a parlare al Faraone nel nome di "Yahweh, il dio degli Ebrei" (3:16-18)

... La superiorità di Yahweh sugli altri dèi presuppone l'esistenza di questi altri dèi. Una storia in particolare merita di essere menzionata qui:

dopo che i Filistei ebbero catturato l'arca degli Israeliti sconfitti, "la collocarono nel tempio di “Dagon”, deponendola accanto a” Dagon"” (1 Samuele 5:2).

Il giorno dopo, trovarono la statua di Dagon rotta

. Yahweh colpì quindi gli abitanti di due città filistee, Ashdod e Gat, con una proliferazione di topi e un'epidemia di tumori...

 

… Fu solo durante l'esilio babilonese che Yahweh, privato del tempio dove in precedenza si era seduto tra due cherubini, iniziò ad affermare di aver creato l'universo lui stesso.

Dopo aver vietato ogni commercio con altri dei e aver dichiarato Yahweh più potente di loro, i sacerdoti e i profeti yahvisti avrebbero affermato che questi altri dei semplicemente non esistevano.

 E se Yahweh era l'unico vero dio, allora doveva essere il creatore e il padrone dell'universo.

 La furia sterminatrice del dio deicida giunse così alla sua logica conclusione...

 

… Piuttosto che raggiungere filosoficamente la nozione dell'unità di tutti gli dèi sotto una Divinità universale, gli Yahwisti perseguivano la negazione totale degli altri dèi e lo sterminio dei loro sacerdoti.

In questo processo, la teologia e l'antropologia sono inseparabili:

è nella misura in cui il dio nazionale degli ebrei è riuscito a stabilizzarsi come "l'unico Dio" dell'umanità che il popolo ebraico sarebbe stato in grado di definirsi come il "popolo eletto".

È la gelosia cronica di Yahweh, non solo la sua misoginia, su cui si fonda la xenofobia della biblica Israele.

Abbiamo visto che i popoli antichi hanno sempre fatto in modo che i loro dèi fossero compatibili o, in buoni termini, rendendo possibili le relazioni culturali ed economiche.

Gli autori del Deuteronomio erano consapevoli dell'idea diffusa che gli dei nazionali fossero tutti sotto l'autorità del Creatore Supremo.

Ma la alterarono nel modo tipico:

"Quando l'Altissimo (Elohim ) diede a ciascuna delle nazioni la sua eredità, quando divise l'umanità, stabilì i confini delle nazioni secondo il numero dei figli di Dio, ma la parte di Yahweh era il suo popolo, e Giacobbe fu la misura della sua eredità" (32:8-9) .

 In altre parole, tra tutte le nazioni, il Padre stesso dell'umanità ne ha scelta una per sé, lasciando le altre alla cura di dèi inferiori (potenze angeliche, perché questo è qui il significato accettato di "figli di Dio").

Questa è la fonte ultima dell'orgoglio ebraico:

"Fra tutti i popoli della terra, tu sei stato scelto da Yahweh tuo Dio per essere il suo popolo" (7:6).

E questo suo popolo, Yahweh naturalmente vuole "innalzarlo più in alto di ogni altra nazione del mondo" (28:1).

Sebbene ammetta implicitamente di essere il padre di tutti gli altri dei nazionali, prova per loro solo un odio omicida.

 

L'essenza dello yahwismo monoteista, che è uno sviluppo secondario dello yahwismo tribalista, è l'alleanza esclusiva tra il Creatore universale e un popolo peculiare...

La sua specificità sta meno nell'affermazione di un Dio unico che nell'affermazione di un popolo unico.

L'unico Dio è il lato della medaglia mostrato al Goy per ricordargli il suo debito verso gli "inventori del monoteismo";

 ma l'altro lato, il concetto di popolo eletto, è ciò che lega insieme la comunità ebraica, così che si possa rinunciare a Dio senza abbandonare l'eccezionalità del popolo ebraico.

 

E così, pur affermando di essere il Creatore dell'universo e dell'umanità, Yahweh rimane un dio nazionale e sciovinista;

questa è la base della dissonanza tra tribalismo e universalismo che ha sollevato la "questione ebraica" nel corso dei secoli.

 In effetti, la concezione ebraica di Yahweh è parallela al processo storico, poiché nello sviluppo dello yahwismo, non è il Creatore dell'Universo a diventare il dio di Israele, ma piuttosto il dio di Israele a diventare il Creatore dell'Universo.

E così, per gli ebrei, Yahweh è principalmente il dio degli ebrei e secondariamente il Creatore dell'Universo;

mentre i cristiani, ingannati dalla narrazione biblica, vedono le cose al contrario.

 

Avendo scelto per sé una sola tribù tra tutti i popoli, utilizzando criteri sconosciuti, Yahweh progetta di fare di loro non una guida, ma una rovina per il resto dell'umanità:

"Oggi e d'ora in poi, riempirò i popoli sotto tutti i cieli di timore e terrore di te; chiunque udrà la parola del tuo arrivo tremerà e si contorcerà per l'angoscia a causa tua" (Deuteronomio 2:25).

Le storie bibliche sono lì per drammatizzare il messaggio.

Citiamone alcune, tratte dai cicli di Giacobbe, Mosè e Davide, tutte con lo stesso marchio di fabbrica.

 

Seshem, figlio di Emor, re della città cananea di Seshem, "si innamorò di [Dina, figlia di Giacobbe] e cercò di conquistarne il cuore", poi "la afferrò e la costrinse a giacere con lui".

 I figli di Giacobbe "erano sdegnati e infuriati perché Sichem aveva insultato Israele giacendo con la figlia di Giacobbe, una cosa totalmente inaccettabile.

Emor ragionò con loro in questo modo:

'Il cuore di mio figlio Sichem è rivolto a vostra figlia.

 Vi prego, permettete che lo sposi.

 Sposatevi con noi; dacci le vostre figlie e prendetevi le nostre figlie.

Potremo vivere insieme e il paese sarà aperto a voi, perché possiate abitarci, spostarvi e acquistare proprietà'.

Allora Sichem si rivolse al padre e ai fratelli della ragazza:

"Concedetemi questo favore e vi darò tutto ciò che chiederete.

Esigerete da me un prezzo nuziale alto quanto vorrete e vi pagherò quanto chiederete.

Lasciatemi solo sposare la ragazza"».

 I figli di Giacobbe allora "rivolsero a Sichem e a suo padre Camor una risposta astuta", chiedendo:

 "Diventate come noi circoncidendo tutti i vostri maschi.

Allora noi vi daremo le nostre figlie, prendendo le vostre per noi; e resteremo con voi per formare una sola nazione".

Camor, confidando nelle buone intenzioni della tribù di Giacobbe, convinse tutti i suoi sudditi maschi a farsi circoncidere.

"Il terzo giorno, mentre gli uomini erano ancora in preda al dolore, i due figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, si mossero contro la città senza incontrare resistenza e uccisero tutti i maschi.

Uccisero a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, portarono via Dina dalla casa di Sichem e se ne andarono.

Quando gli altri figli di Giacobbe piombarono sui cadaveri, saccheggiarono la città per vendicare il disonore fatto alla loro sorella.

Presero i loro greggi, i loro buoi, i loro asini, tutto ciò che era nella città e nella campagna e tutti i loro beni.

Fecero prigionieri, tutti i loro figli e le loro mogli e saccheggiarono tutto ciò che si trovava nelle case" (Genesi 34:1-29).

 

Secondo esempio: al tempo di Mosè, quando i re di Chesbon e Basan volevano impedire agli Ebrei di entrare nel loro territorio, gli Ebrei…

 

Non è nulla in confronto a ciò che re Davide fece al popolo di Rabba, dopo aver saccheggiato la loro città e "portato via un grande bottino" :

 "E fece uscire la gente che era lì, e la mise sotto seghe, sotto erpici di ferro, e sotto scuri di ferro, e la fece passare per la fornace da mattoni: e così fece a tutte le città dei figli di Ammon.

E Davide e tutto il popolo tornarono a Gerusalemme" (2 Samuele 12:31).

 L'episodio è ripetuto in 1 Cronache 20:3:

 "E fece uscire la gente che era lì, e la tagliò con seghe, con erpici di ferro e con scuri.

 Così fece Davide a tutte le città dei figli di Ammon".

Ho citato qui dalla versione riveduta di Re Giacomo.

È significativo che questo episodio sia stato ritradotto fraudolentemente dopo il 1946.

Ora leggiamo nella” Revised Standard Version”:

"E fece uscire la gente che era in essa, e li mise a lavorare con seghe, picconi di ferro e asce di ferro, e li fece lavorare alle fornaci da mattoni".

 E nella Bibbia cattolica Nuova Gerusalemme:

 "E ne cacciò gli abitanti, facendoli lavorare con seghe, picconi di ferro e asce di ferro, impiegandoli nella fabbricazione di mattoni".

Questa nuova traduzione rende la storia politicamente corretta, ma altamente improbabile, poiché non furono mai necessari utensili di ferro per produrre mattoni – certamente non asce, picconi e seghe – ma armi mortali che nessun vincitore sano di mente distribuirebbe agli uomini appena sconfitti.

 

Il codice di guerra stabilito da Yahweh distingue tra le città esterne e quelle all'interno del territorio dato al suo popolo:

 nella prima, " passerete a fil di spada tutta la popolazione maschile.

Ma le donne, i bambini, il bestiame e tutto ciò che la città contiene come bottino, potrete prenderlo per voi come preda.

Vi nutrirete del bottino dei nemici che Yahweh, vostro Dio, vi ha dato in mano". Nelle città vicine, invece, "non risparmierete la vita di alcun essere vivente", uomini e donne, giovani e vecchi, bambini e lattanti, e persino il bestiame, "affinché non vi insegnino a commettere tutti gli abomini che essi fanno per onorare i loro dèi" (Deuteronomio 20:13-18).

Così, a Gerico, "impugnarono la maledizione dello sterminio su tutti gli abitanti della città: uomini e donne, giovani e vecchi, compresi i buoi, le pecore e gli asini, scannandoli tutti" (Giosuè 6:21).

 

La città di “Ai” subì la stessa sorte:

 i suoi abitanti furono tutti massacrati, dodicimila, «finché non ne rimase vivo nessuno, nessuno in fuga. […]

Quando Israele ebbe finito di uccidere tutti gli abitanti di Ai in aperta campagna e nel deserto dove li avevano inseguiti, e quando tutti furono caduti a fil di spada, tutto Israele tornò ad Ai e ne massacrò il resto della popolazione» (8,22-25).

Le donne non furono risparmiate, e «Israele prese come bottino solo il bestiame e le spoglie di questa città» (8,27).

In tutta la terra, Giosuè «non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere vivente, come aveva comandato il Signore, Dio d'Israele» (10,40).

 

Stesso programma per la tribù nomade degli Amaleciti, il primo nemico che gli Ebrei affrontarono durante l'Esodo dall'Egitto e da Canaan.

 In una formulazione cinicamente paradossale, Yahweh chiese a Mosè:

 "Scrivi questo in un libro per commemorarlo, e raccontalo a Giosuè, perché io cancellerò ogni memoria di Amalek sotto il cielo" (Esodo 17:14).

L'idea è ripetuta in Deuteronomio 25:19:

"Quando Yahweh, tuo Dio, ti avrà concesso la pace da tutti i nemici che ti circondano, nel paese che Yahweh, tuo Dio, ti ha dato in eredità, allora cancellerai la memoria di Amalek sotto il cielo. Non dimenticarlo".

La missione toccò a Saul in 1 Samuele 15:

"Io voglio punire ciò che Amalek ha fatto a Israele, tendendogli una trappola lungo il cammino mentre saliva dall'Egitto.

 Ora va', sconfiggi Amalek; votalo allo sterminio con tutto ciò che possiede.

 Non risparmiarlo, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini".

Così parlò Yahweh Sabaot, il divinamente malvagio, per mezzo del profeta Samuele.

Poiché Saul risparmiò il re Agag "con il meglio delle pecore e dei buoi, gli animali grassi e gli agnelli", Yahweh lo ripudia:

"Mi pento di aver fatto regnare Saul, perché ha violato la sua alleanza con me e non ha eseguito i miei ordini".

Yahweh ritirò il regno di Saul e Samuele "macellò" Agag ("fece a pezzi Agag", nella Versione standard rivista, traducendo fedelmente il verbo ebraico SHSF ).

Nonostante questo genocidio biblico teoricamente perfetto, gli ebrei non cessarono mai di identificare i loro nemici con gli Amaleciti.

Giuseppe Flavio, scrivendo per i Romani, li riconosce negli Arabi dell'Idumea.

 In seguito, Amalek finì per essere associato, come suo nonno Esaù, a Roma e quindi, dal IV secolo in poi, al Cristianesimo.

Il "cattivo" del Libro di Ester, Haman, viene ripetutamente definito un agaghita, cioè un discendente del re amalecita Agag.

Per questo motivo, l'impiccagione di Haman e dei suoi dieci figli e il massacro di 75.000 persiani sono spesso confusi nella tradizione ebraica con lo sterminio degli Amaleciti e la brutale esecuzione del loro re.

La lettura della Torah la mattina del Purim è tratta dal racconto della battaglia contro gli Amaleciti, che si conclude con la conclusione che "Il Signore sarà in guerra con Amalek di generazione in generazione" (Esodo 17:16).

 

Quando il popolo, sotto la guida di Mosè, si stabilì temporaneamente nel paese di Moab (o Madian) in Transgiordania, alcuni sposarono donne moabite (midianite), che Tale abominio richiedeva "la vendetta di Yahweh su Madian".

E così, come sempre istruito da Yahweh, Mosè formò un esercito e ordinò loro di

eseguire i suoi ordini.

Tuttavia, i soldati si resero colpevoli di aver preso "prigioniere le donne madianite e i loro bambini", invece di massacrarli.

 Mosè e li rimproverò: "Perché avete risparmiato la vita di tutte le donne? Sono state proprio loro [...] a indurre gli Israeliti a essere infedeli al Signore. […] Uccidete dunque tutti i bambini maschi e uccidete tutte le donne che si sono coricate con un uomo;

ma risparmiate la vita delle fanciulle che non si sono coricate con un uomo e tenetele per voi".

Questo alla fine della giornata, senza contare "oro, argento, bronzo, ferro, stagno e piombo" (Numeri 31:3-31).

 

E saremmo in errore se credessimo che il messaggio dei profeti, la maggior parte dei quali erano sacerdoti, addolcisca la violenza dei libri storici:

"Poiché questo è il giorno del Signore “Yahweh Abaoth”, un giorno di vendetta in cui si vendicherà dei suoi nemici:

la spada divorerà fino a quando non si sazierà, finché non si ubriacherà del loro sangue, "prevede Geremia come rappresaglia contro Babilonia. Perché Yahweh promette per mezzo suo "la fine di tutte le nazioni dove io ti ho disperso", incluso l'Egitto (Geremia 46,10-28).

 "La spada di Yahweh è ingozzata di sangue, è unta di grasso", dice Isaia, in occasione di "una grande strage nel paese di Edom" (Isaia 34:6).

Zaccaria profetizza che Yahweh combatterà "tutte le nazioni" alleate contro Israele.

In un solo giorno l'intera terra diventerà un deserto, ad eccezione di Gerusalemme, che "starà alta al suo posto".

Sembra che Zaccaria abbia immaginato ciò che Dio avrebbe potuto fare con le armi nucleari:

 "E questa è la piaga con la quale il Signore colpirà tutte le nazioni che hanno combattuto contro Gerusalemme; la loro carne marcirà mentre sono ancora in piedi; i loro occhi marciranno nelle loro orbite; le loro lingue marciranno nelle loro bocche".

È solo dopo la carneficina che il mondo troverà finalmente la pace, a condizione che adorino Yahweh;

Allora "le ricchezze di tutte le nazioni circostanti saranno ammucchiate: oro, argento, vesti, in grande quantità. […]

Dopo questo, tutti i superstiti di tutte le nazioni che hanno attaccato Gerusalemme saliranno anno dopo anno per adorare il Re, il Signore degli eserciti, e per celebrare la festa dei rifugi.

Se una delle razze del mondo non salisse a Gerusalemme per adorare il Re, “Yahweh Abaoth”, non ci sarà pioggia per lui" (Zaccaria 14).

Il sogno profetico di Israele – l'incubo delle nazioni – è molto chiaramente un progetto suprematista e imperiale.

C'è davvero, in Isaia, la speranza della pace mondiale, quando i popoli della terra "trasformeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci.

 Nazione non alzerà più la spada contro un'altra nazione, non impareranno più a fare la guerra" (Isaia 2:4).

Ma quel giorno verrà solo quando tutte le nazioni renderanno omaggio a Sion.

In quei giorni gloriosi, dice Jahvè al suo popolo nel secondo Isaia, i re «si prostreranno davanti a te, con la faccia a terra, e leccheranno la polvere ai tuoi piedi», mentre gli oppressori d'Israele «mangeranno la loro stessa carne [e] si ubriacheranno come del loro stesso sangue» (49:23-26);

 "Poiché la nazione e il regno che non ti serviranno periranno, e le nazioni saranno completamente distrutte" (60:12);

"Stranieri si faranno avanti per pascolare le tue greggi, stranieri saranno i tuoi aratori e vignaioli;

 ma sarete chiamati 'sacerdoti del Signore' e sarete chiamati 'ministri del nostro Dio'.

Ti nutrirai delle ricchezze delle nazioni, le seppelliranno  nella loro gloria» (61,5-6); «Succhierete il latte delle nazioni, succhierete le ricchezze dei re» (60,16).

 

Certamente tutti questi genocidi passati e futuri perpetrati in nome di Yahweh sono immaginari, ma l'effetto psicologico prodotto dal loro accumulo fino alla nausea sul popolo eletto non lo è, soprattutto perché alcuni sono commemorati ritualmente.

 È per celebrare il massacro di settantacinquemila Persiani massacrati dagli Ebrei in un solo giorno che Mardocheo, l'eroe secondario del Libro di Ester,"un uomo stimato tra i Giudei, stimato da migliaia di suoi fratelli, un uomo che cercava il bene del suo popolo e si preoccupava del benessere di tutta la sua razza" (10:3) che fonda Purim, un mese prima di Pasqua.

Emmanuel Levinas vorrebbe farci credere che "la coscienza ebraica, formatasi proprio attraverso il contatto con questa durezza morale, ha imparato l'orrore assoluto del sangue".

È un po' come affermare che la violenza virtuale dei videogiochi finirà per rendere i nostri figli meno violenti.

Non era forse il giorno di Purim, il 25 febbraio eesimo, 1994, che Baruch Goldstein massacrò con un fucile mitragliatore ventinove più musulmani sulla tomba di Abramo?

La sua tomba non è forse diventata un luogo di pellegrinaggio per gli ebrei ortodossi?

 

Il sacco delle nazioni.

 

"Nutrirsi delle ricchezze delle nazioni" è il destino della nazione ebraica, dice il profeta .

È anche il modo in cui è stata creata inizialmente, poiché il saccheggio è l'essenza della conquista di Canaan, secondo Deuteronomio 6:10-12:

 "Quando Yahweh ti avrà fatto entrare nel paese che giurò ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe di darti, con città grandi e prospere che tu non avrai costruite, con case piene di beni che tu non avrai provviste, con pozzi che tu non avrai scavati, con vigne e ulivi che tu non avrai piantati, e quando avrai mangiato a sazietà, guardati dal dimenticare Yahweh che ti ha fatto uscire dall'Egitto, dalla condizione di schiavo".

 

I gentili, cananei o altri, non sono diversi dai loro beni agli occhi di Yahweh e possono quindi diventare proprietà degli ebrei.

"Gli schiavi e le schiave che avete in casa li prenderete dalle nazioni che vi circondano; da questi potrete acquistare schiavi e schiave.

Potrete anche acquistare come schiavi i figli degli stranieri residenti tra voi e i membri delle loro famiglie che vivono con voi, nati nel vostro suolo;

 diventeranno vostra proprietà e li lascerete in eredità ai vostri figli dopo di voi, in proprietà perenne.

Li potrete tenere come schiavi; ma non opprimerete i vostri fratelli israeliti" (Levitico 25:44-46).

Si noti che, dal punto di vista dello storico, il divieto dimostra la pratica (non c'è bisogno di legiferare su qualcosa che non esiste), e la storia di Giuseppe serve a dimostrare che un ebreo venduto come schiavo da altri ebrei non era inconcepibile.

 

In attesa del compimento del suo destino imperiale, il popolo eletto può, in modo ancora più efficace, esercitare la sua incomparabile padronanza dei meccanismi monetari.

Uno dei contributi rivoluzionari della religione biblica nel mondo è la trasformazione del denaro da mezzo di scambio a mezzo di potere e persino di guerra.

In ogni civiltà che ha raggiunto lo stadio del commercio monetario, il prestito a interesse, che rende il denaro una merce in sé, è stato visto come una perversione morale e un pericolo sociale.

Aristotele condanna l'usura nella sua “Politica” come l'attività "più innaturale" perché dà al denaro la capacità di prodursi dal nulla, e quindi di assumere un carattere quasi spirituale e soprannaturale.

Più o meno nello stesso periodo, il Deuteronomio proibì la pratica, ma solo tra gli ebrei:

" Puoi chiedere interessi su un prestito a uno straniero, ma non chiedere interessi a tuo fratello" (23:21).

Durante il Giubileo, ogni sette anni, ogni creditore deve rimettere il debito del suo vicino ebreo.

Ma non quello dello straniero:

 «Puoi sfruttare uno straniero, ma devi rimettere tutto ciò che hai su tuo fratello» (15:3).

Per quanto ne sappiamo, i sacerdoti jahvisti furono i primi a concepire di schiavizzare intere nazioni attraverso il debito:

 «Se il Signore tuo Dio ti benedirà come ha promesso, sarai creditore di molte nazioni ma debitore di nessuna; tu regnerai su molte nazioni e non sarai governato da nessuna» (15,6).

 

 

 

 

Questo inferno.

 

Unz.com - Craig Murray – (9 aprile 2025) ci dice:

 

La distruzione causata dal bombardamento israeliano del campo di Jabalia, Striscia di Gaza, ottobre 2024.

 (UNRWA/Wikimedia Commons).

Fa tutto parte dello stesso fenomeno.

I governi occidentali che assistono attivamente al genocidio a Gaza;

attacchi ai sussidi per i disabili;

una deliberata narrazione ufficiale della russofobia;

 l'islamofobia dilagante che favorisce l'ascesa dei partiti di estrema destra e alimentata dalla retorica anti-immigrati del governo;

un incredibile accumulo di ricchezza da parte degli ultra-ricchi;

 erosione dilagante delle libertà di parola e di espressione.

 

Non è un caso che tutto questo stia accadendo nello stesso momento. Rappresenta un cambiamento radicale nella filosofia occidentale.

Questo cambiamento non è semplice da tracciare, perché l'anti-intellettualismo è una parte essenziale della nuova filosofia.

Pertanto questa filosofia non ha realmente il suo equivalente di “Bertrand Russell” o “Noam Chomsky”, la cui attenta esposizione dell'analisi e degli ideali della società, basata su una comprensione completa del discorso filosofico precedente, viene sostituita.

 

Se c'è un equivalente attuale, possiamo guardare a” Bernard Henri Levy”, il cui rifiuto del collettivismo e il sostegno dei diritti individuali si sono spostati sempre più a destra verso il sostegno al capitalismo grezzo, alle invasioni dei paesi musulmani e ora al sostegno esplicito al genocidio di Gaza.

La fine dell'intellettuale pubblico.

Se volete trovare un'incarnazione del cambiamento nella filosofia occidentale, potrebbe essere lui.

Ma pochi prestano più attenzione agli intellettuali accademici seduti nei loro studi. L'ormai logoro mantello di "intellettuale pubblico" in Occidente è passato a figure leggere come” Jordan Peterson” e a islamofobi populisti come” Douglas Murray”.

 

Parte di questo è istituzionale.

Nella mia giovinezza, Bertrand Russell o AJP Taylor erano molto propensi a tenere discorsi seri alla “BBC”, e “John Pilger” era il documentarista più celebrato dai media britannici.

 

Ma ora le voci di sinistra sono effettivamente bandite dai media mainstream, mentre è molto improbabile che gli accademici di sinistra progrediscano nel mondo accademico.

Il mondo accademico è ora interamente gestito su un modello aziendale nel Regno Unito come in tutto l'Occidente.

A un giovane “Noam Chomsky “quasi certamente le autorità universitarie direbbero di attenersi alla linguistica e di lasciare da parte la filosofia e la politica, o di non ottenere una cattedra.

Chomsky era già un rinomato linguista nel 1967, quando pubblicò il suo saggio rivoluzionario "Sulla responsabilità degli intellettuali".

Si tratta essenzialmente di un appello al mondo accademico a sostenere il movimento di protesta;

un giovane professore che lo pubblicasse oggi verrebbe quasi certamente sospeso se non licenziato e, nel clima attuale, persino arrestato.

Un'ondata di repressione.

Sono tutti collegati.

Si tratta di un movimento strutturale di governo della peggior specie.

Può essere paragonato solo all'ondata di fascismo che travolse gran parte dell'Europa negli anni '30.

La grande ironia, naturalmente, è che è stata la distruzione occidentale dell'Afghanistan, dell'Iraq, della Libia e la destabilizzazione occidentale della Siria che hanno portato alla massiccia ondata di immigrazione verso l'Europa che ha causato l'ascesa dell'estrema destra.

A oltre 1,5 milioni di "rifugiati" siriani è stato concesso asilo nell'UE, perché sostenevano di essere dalla parte anti-Assad, che l'Occidente sosteneva.

L'AfD è il risultato della decisione di Angela Merkel di accettare 600.000 rifugiati siriani in Germania.

È affascinante notare che ora che la loro parte ha "vinto" e che a Damasco si è insediato un governo sostenuto dall'Occidente, meno dell'1% di questi rifugiati è tornato in Siria.

Nonostante le narrative ufficiali anti-immigrati di quasi tutti i governi occidentali, non sembra esserci alcun tentativo di suggerire un loro possibile ritorno.

Anzi, i politici occidentali più favorevoli all'espulsione degli immigrati sono i meno propensi a suggerire che i siriani anti-Assad, saldamente sionisti, debbano andarsene, nonostante quegli stessi politici descrivano la Siria sotto l'ex comandante ribelle “Abu Mohammad al Jolani”, ora noto come “Ahmed Hussein al-Sharaa”, come un paradiso liberale e si affrettino a finanziarla.

 

La narrazione neoconservatrice sull'immigrazione in Europa è particolarmente complessa e flessibile.

Di fatto, gli immigrati considerati dalla parte dell'Occidente nelle sue guerre (siriani sunniti, ucraini) hanno una porta aperta.

L'immigrazione di massa verso l'Europa è quindi una conseguenza diretta della politica estera imperialista, e si manifesta in modi complessi: le vittime dell'Occidente giungono nonostante la disapprovazione ufficiale, mentre i clienti dell'Occidente arrivano con l'approvazione ufficiale.

Allo stesso modo, la dislocazione economica e il forte aumento dell'inflazione, che hanno rafforzato la destra populista, sono a loro volta amplificati dalla politica estera occidentale.

La guerra per procura in Ucraina è in gran parte responsabile della forte variazione dei prezzi dell'energia in Europa, con la distruzione del gasdotto Nord Stream come fattore chiave nelle principali difficoltà dell'industria manifatturiera tedesca.

Torniamo a Gaza, come tutte le discussioni serie devono fare in questo momento.

Non riesco a venire a patti con il fatto che la presa di potere dell'establishment politico da parte degli interessi sionisti – essa stessa una conseguenza della massiccia crescita della ricchezza comparativa degli ultra-ricchi – sta rendendo possibile il genocidio più brutale possibile davanti agli occhi del mondo, con il sostegno attivo dell'establishment occidentale.

Non è che la gente non vuole fermarlo.

 È che non esiste un meccanismo che colleghi la volontà popolare agli strumenti di governo.

 Tutti i principali partiti sostengono il genocidio di Israele in quasi tutte le "democrazie" occidentali.

È diventato impossibile negare l'intenzione di un genocidio ora.

Israele ha aumentato l'uccisione di decine di bambini ogni giorno, sta apertamente giustiziando medici e distruggendo tutte le strutture sanitarie, sta bombardando gli impianti di desalinizzazione e sta bloccando tutto il cibo.

La narrativa sionista sui social media si è spostata dalla negazione del genocidio alla giustificazione del genocidio.

Semplicemente non riesco a capire la tolleranza mainstream di questo Olocausto. Vivo in un'epoca in cui le strutture di potere e le narrazioni sociali non le riconosco come parte di un'organizzazione sociale a cui posso acconsentire ad appartenere.

È il Partito Laburista britannico che sostiene attivamente il genocidio, prendendo di mira i più vulnerabili in patria con tagli al reddito.

 È l'UE che sta facendo tutto il possibile per fomentare la Terza Guerra Mondiale e trasformarsi in un'organizzazione militarmente aggressiva di stampo nazista.

 

Il Regno Unito, gli Stati Uniti e altre nazioni del primo mondo stanno tagliando radicalmente gli aiuti esteri per finanziare l'aggressione militare imperialista.

Il consenso ampiamente socialdemocratico del mondo occidentale nella mia giovinezza comportava molti compromessi noiosi:

ma era infinitamente migliore e più promettente di questo inferno che stiamo creando.

 

 

 

 

La nuova guerra dell'Europa

contro la Russia: sabotaggio

in acque profonde.

Politico.eu – (7 aprile 2025) - VICTOR JACK, LUCIA MACKENZIE e SAM CLARK nel Golfo di Finlandia – ci dicono:

 

Le petroliere russe sospette continuano a tagliare i cavi internet e quelli elettrici in Europa.

Non è un atto di guerra... ma un giorno potrebbe esserlo.

Prima che la Russia si facesse strada con i bulldozer in Ucraina, “Ilja Iljin” dava la caccia principalmente alle persone bloccate in mare.

Ora dà la caccia anche ai sabotatori.

 

“Iljin”, vicecomandante della guardia costiera finlandese, è sempre più attento alle petroliere pronte a compiere atti di sabotaggio.

 Alle sue spalle, un piccolo esercito:

decine di radar e telecamere, numerose motovedette, una flotta di aerei ed elicotteri, tutti schierati per perlustrare un tratto di mare grande quanto il Belgio.

Stanno cercando comportamenti sospetti che potrebbero mettere a repentaglio i cavi sottomarini che portano Internet ed elettricità agli europei.

Eppure, i sabotaggi continuano a verificarsi:

due volte solo nel Golfo di Finlandia negli ultimi 18 mesi, secondo “Iljin”.

In totale, il Mar Baltico ha registrato almeno sei sospetti episodi di sabotaggio dal 2022, con 11 cavi sottomarini divelti dal 2023.

 

"Sta diventando sempre più comune", ha detto “Iljin”, in piedi nella cabina della nave pattuglia lunga 23 metri, con le onde che si infrangono contro le sue fiancate. "Siamo diventati più consapevoli del rischio e stiamo cercando di capire come reagire adeguatamente".

Il danno non ha sconvolto la società.

 Le luci sono rimaste accese; il Wi-Fi funzionava ancora.

Ma hanno comunque mandato un brivido lungo l'Europa: e se i prossimi vigilanti fossero stati più coordinati, più severi? E se la Russia avesse lanciato un assalto all'Europa? E se significasse guerra?

“Ilja Iljin”, vice comandante della guardia costiera finlandese, sostiene che il Paese stia ancora cercando di capire come rispondere alle crescenti minacce.

Uno scenario tumultuoso non è difficile da immaginare.

 L'Irlanda potrebbe perdere un decimo della sua elettricità a causa di tre tagli ai cavi.

La Norvegia fornisce all'Unione Europea un terzo del gas del blocco attraverso condotte sottomarine.

 Inseguire uno dei due obiettivi potrebbe scatenare il caos: carenze energetiche, prezzi alle stelle, scelte forzate su chi perderà l'energia.

 

"Stiamo assistendo a... [una] nuova realtà", ha affermato il Ministro dell'Energia lituano” Žygimantas Vaičiūnas”.

 "Stiamo assistendo a sempre più incidenti nel Mar Baltico, che potrebbero avere un impatto sui mercati, sui consumatori e anche sulle nostre imprese".

 

Finora, le autorità non sono riuscite a dimostrare in modo definitivo che Mosca fosse dietro a nessuno degli incidenti.

Ma "tali attività di sabotaggio, nelle circostanze attuali, potrebbero essere considerate utili alla Russia... questa è l'unica interpretazione", ha dichiarato Vaičiūnas a “POLITICO”.

 

Per la Russia, anche il minimo danno contribuisce ad alimentare l'insicurezza occidentale e a diffondere l'idea che, vero o no, Mosca potrebbe stravolgere la vita quotidiana degli europei se lo volesse.

In altre parole, le acque europee sono diventate un nuovo fronte nella Guerra Fredda con la Russia.

 

L'UE e la NATO stanno correndo per affrontare il problema, lanciando piani per acquistare cavi e droni di riserva e rafforzare la sorveglianza militare.

 Ma Donald Trump sta alimentando il timore che la situazione non possa che peggiorare, mentre il presidente degli Stati Uniti distrugge le alleanze fondamentali dell'America e ripete a pappagallo i discorsi russi.

"Si sono sentiti incoraggiati", ha detto un diplomatico dell'UE, a cui è stato concesso l'anonimato per parlare liberamente. "Quindi significa solo che dobbiamo fare sul serio".

Trovare crepe.

L'UE ha dovuto affrontare il suo primo brusco risveglio alla fine del 2022.

Nel settembre di quell'anno, i gasdotti Nord Stream, che collegavano la Russia alla Germania, furono misteriosamente fatti saltare in aria.

 Da allora, alcuni rapporti hanno collegato l'incidente a cittadini ucraini, sebbene il procedimento penale sia ancora in corso.

Da allora, i sabotaggi nel Mar Baltico si sono moltiplicati, colpendo i collegamenti di telecomunicazioni, gas ed elettricità che collegano Svezia, Finlandia, Germania, Lettonia ed Estonia.

Solo poche settimane fa, un cavo di comunicazione che collega Berlino e Helsinki è stato nuovamente danneggiato al largo della costa svedese.

È un'operazione semplice da realizzare.

Per cominciare, i costi sono straordinariamente bassi.

 "Potenzialmente, si tratta semplicemente di corrompere un capitano per far calare l'ancora", ha detto “Christian Bueger”, professore di relazioni internazionali ed esperto di sicurezza marittima presso l'Università di Copenaghen.

 "È davvero economico se si pensa a operazioni di sicurezza di tipo militare".

 

Il bersaglio è anche facilmente raggiungibile dall'ancora di una nave.

 Il Mar Baltico ha una profondità media di soli 52 metri, mentre il Golfo di Finlandia è ancora più basso, a 38 metri.

 Per fare un confronto, il Mar Mediterraneo è profondo 1.500 metri.

Inoltre, i cavi stessi sono semplici da tagliare.

 

Secondo “Volker Wendt”, segretario generale dell'associazione di categoria” Europacable”, i cavi dati sottomarini, che trasportano le e-mail, i messaggi WhatsApp e le riunioni Zoom di tutto il mondo, sono minuscoli, larghi circa un braccio e pesanti appena 3 chilogrammi.

 

I collegamenti elettrici sottomarini, che collegano i due Paesi e le turbine eoliche offshore, sono progettati per resistere alle difficili condizioni ambientali sottomarine.

 Sono larghi quanto una chitarra, protetti da strati di isolamento e acciaio e pesano fino a 65 chilogrammi, ha spiegato” Wendt”.

I cavi, sepolti mezzo metro sotto il fondale marino, sono costruiti per durare 40 anni e resistere alla pesca a strascico con le reti da pesca, ma non all'impatto diretto di un'ancora.

È esattamente quello che è successo con l'”Eagle S”, una nave che ha trascinato l'ancora per 100 chilometri fino a tagliare diversi cavi vicino alla Finlandia a dicembre.

Una volta reciso, il danno è difficile da riparare, afferma l'esperto marittimo “Bueger”.

Le navi per le riparazioni "sono relativamente limitate a livello globale", ha affermato, con solo circa 80 navi disponibili in tutto il mondo.

E anche dopo l'arrivo sul posto, le riparazioni possono richiedere fino a due settimane per i cavi dati e "molti mesi" per i cavi elettrici, secondo “Peter Jamieson,” vicepresidente dell'”Associazione Europea dei Cavi Sottomarini”.

 

Il prezzo? Tra i 5 e i 150 milioni di euro, secondo” Bueger”.

Sono un sacco di soldi e di tempo per qualcosa che è essenzialmente impossibile da fermare.

Circa il 15% del traffico marittimo mondiale passa attraverso il Mar Baltico, che si estende per quasi 400.000 chilometri quadrati, più grande della Germania.

 Orde di droni, radar e marinai non riescono a catturare ogni agente disonesto.

"È impossibile essere ovunque nello stesso momento", ha affermato “Marko Laaksone”n, vice capo di stato maggiore delle operazioni della marina finlandese.

Finora, l'intelligence occidentale suggerisce che alcuni degli incidenti siano stati in realtà accidentali.

Ma gli esperti hanno sollevato dubbi su altri, soprattutto quando sono coinvolti alleati della Russia, come nel caso della “petroliera cinese Yi Peng 3” che ha reciso due cavi sottomarini lo scorso novembre.

In ogni caso, Mosca ama sfruttare l'incertezza, secondo “Nick Childs”, esperto di difesa marittima presso il think tank “International Institute for Strategic Studies”.

"In una situazione in cui non si è effettivamente in guerra, esiste la plausibile negazione", ha affermato.

"La Russia potrebbe cercare di alzare il livello di pressione... nella zona grigia al di sotto del conflitto vero e proprio, come una sorta di deterrente e segnale di avvertimento ai governi occidentali, affinché non aumentino il loro sostegno all'Ucraina".

È la stessa tattica usata da Mosca altrove.

 Funzionari occidentali sospettano il coinvolgimento della Russia negli incendi dolosi e nei pacchi bomba spediti in tutta Europa, così come nelle crescenti campagne di disinformazione e negli attacchi informatici.

Solo il mese scorso, un bielorusso è stato accusato di aver appiccato il fuoco a un supermercato polacco per conto della Russia.

Tutti episodi di violenza di basso livello, con un certo grado di negabilità.

Ora le autorità stanno aggiungendo alla lista anche il sabotaggio sottomarino.

"Quello a cui stiamo assistendo è chiaramente un'escalation", ha affermato “Bueger,” e "un tentativo strategico di minare la stabilità e aumentare il senso di vulnerabilità e incertezza nelle società occidentali".

"Vedremo altri attacchi di questo tipo", ha aggiunto.

Poco sforzo, grande ricompensa.

Finora, gli atti vandalici via mare hanno causato interruzioni limitate.

La rete elettrica dell'UE è tra le meglio interconnesse al mondo e le aziende stanno realizzando collegamenti ridondanti per arginare il rischio di carenze di approvvigionamento.

Invece, "gran parte dell'impatto si verifica in realtà a livello sociale", ha affermato “Bueger”.

 Tali incidenti spesso aumentano l'ansia pubblica e alimentano "narrazioni populiste in termini di protezione personale, guardando dentro di noi piuttosto che verso l'esterno".

 

Tuttavia, nel 2024, l'Estonia ha avuto un assaggio di cosa potrebbe accadere in caso di un attacco più grave, quando problemi tecnici a un cavo hanno causato un aumento del 10% delle bollette energetiche, ha affermato “Erkki Sapp,” membro del consiglio di amministrazione di “Elering”, l'operatore della rete elettrica statale del Paese.

Immaginate se non si fosse trattato di un solo cavo elettrico o se fosse avvenuto contemporaneamente alla distruzione di un'enorme quantità di cavi dati. Aggiungete poi gli attacchi informatici all'equazione.

 

La Guardia Costiera finlandese ha sorvegliato la “petroliera Eagle S” vicino al porto di “Kilpilahti” a “Porvoo” lo scorso dicembre.

 La nave era sospettata di aver interrotto un collegamento elettrico tra Finlandia ed Estonia.

"Siamo in grado di gestire qualsiasi singolo evento, qualsiasi singolo problema con le infrastrutture energetiche", ha affermato “Sapp”.

"Ma anche se si verificano più eventi di questo tipo, questo potrebbe portare a problemi di sicurezza dell'approvvigionamento".

Le ripercussioni potrebbero anche aumentare se gli attacchi si diffondessero in altre parti d'Europa, soprattutto mentre gli Stati Uniti continuano a ritirarsi dai loro alleati occidentali.

 

Come il suo vicino Baltico, il Mare del Nord è poco profondo, con una profondità media di soli 95 metri, il che lo espone ad analoghi atti di sabotaggio, secondo “Phuc-Vinh Nguyen”, direttore del “Jacques Delors Energy Centre” di Parigi.

 

È qui che si trovano i fondamentali gasdotti che collegano la Norvegia all'Europa continentale.

"Se si riuscisse a concentrare l'attenzione su un unico collegamento infrastrutturale tra la Norvegia e l'UE... l'interruzione dell'approvvigionamento e l'effetto sui prezzi porterebbero a uno scenario caotico", ha affermato “Nguyen”.

 

Le isole dell'UE sono le più esposte, ha aggiunto.

L'Irlanda è una di queste, con i suoi limitati collegamenti elettrici con il continente. Il paese è anche meno in grado di monitorare i sabotaggi perché non possiede sottomarini o radar militari, né fa parte dell'alleanza militare NATO.

Anche Malta ha un solo collegamento elettrico sottomarino che fornisce un quarto dell'energia elettrica dell'isola.

Nello scenario peggiore, ha affermato “Nguyen”, Mosca programmerebbe l'interruzione del gas in concomitanza con la rottura dei cavi del gasdotto a metà inverno.

A quel punto, ha detto, "sarà un periodo di grande crisi".

Prezzi alle stelle.

Paesi che tagliano le esportazioni per accaparrarsi le scorte. Consumatori che perdono l'accesso all'energia.

Considerata la situazione di stallo in cui si trova l'Europa con la Russia, questa è una "possibilità che non si può escludere", ha affermato “Nguyen”.

 

I paesi che si affacciano sul Mar Baltico stanno prendendo in mano la situazione.

Le tensioni non riguardano solo la Russia.

Trump, il presidente degli Stati Uniti, sta mettendo in discussione il concetto stesso di una difesa occidentale collettiva e coordinata.

Promesse un tempo considerate ferree – le truppe statunitensi difenderanno l'Europa, le forze armate transatlantiche coopereranno – appaiono sempre più anacronistiche.

Alla fine del mese scorso, Reuters ha riferito che gli Stati Uniti avevano abbandonato uno sforzo congiunto con l'Europa per contrastare il sabotaggio russo.

"L'Europa fa affidamento su un bel po' di capacità di sorveglianza degli Stati Uniti", ha affermato Nguyen, e "in particolare dopo gli incidenti del Nord Stream, [ciò] ha evidenziato il fatto che i paesi occidentali hanno chiaramente avuto un deficit in termini di monitoraggio di questa infrastruttura".

Quelle attrezzature di spionaggio non sono facili da sostituire.

E la Russia lo sa.

"Uno scioglimento delle relazioni di sicurezza transatlantiche... potrebbe incoraggiare i russi a combinare guai", ha affermato “Childs”, esperto di difesa marittima.

 

Soluzioni sottomarine.

La situazione sta spingendo l'Europa ad agire.

A gennaio, la NATO ha annunciato che avrebbe schierato fregate, aerei da pattugliamento marittimo e una flotta di droni navali per monitorare la regione nell'ambito del nuovo programma "Baltic Sentry".

Questo dopo che l'alleanza aveva istituito lo scorso anno un nuovo centro marittimo per monitorare le vulnerabilità delle infrastrutture critiche.

"Stiamo impiegando molti più mezzi militari nell'area", ha dichiarato “James Appathurai,” vicesegretario generale aggiunto della NATO per le operazioni ibride e informatiche.

"Una maggiore presenza, una maggiore sorveglianza, un'azione più decisa... dovrebbero scoraggiare i capitani delle navi e gli equipaggi, che avranno maggiori probabilità di essere catturati".

 

Anche l'UE sta intensificando i suoi sforzi.

A febbraio, Bruxelles ha dichiarato che avrebbe speso altri 540 milioni di euro per nuove infrastrutture entro il 2027, compresi i collegamenti sottomarini, nell'ambito di una strategia per proteggere i cavi essenziali.

 L'UE prevede inoltre di fare scorta di cavi di ricambio e di acquistare navi di riparazione dedicate per la riparazione delle rotture.

“L’Unione Europea è… disposta e capace di sostenere e aiutare anche i suoi Stati membri”, ha dichiarato a POLITICO “Henna Virkkunen”, vicepresidente esecutiva per la sicurezza della Commissione Europea.

 

"Il primo aspetto della preparazione è che non dipendiamo da una sola connessione", ha aggiunto, sostenendo che affrontare le minacce sottomarine rientra nel nuovo piano di preparazione e risposta ai disastri dell'UE pubblicato la scorsa settimana.

Anche i paesi che si affacciano sul Mar Baltico stanno prendendo in mano la situazione.

Secondo il diritto internazionale, i paesi hanno pochi poteri per sequestrare imbarcazioni sospette al di fuori delle loro acque territoriali, ovvero entro 12 miglia nautiche dalle loro coste.

La Finlandia considera la protezione delle infrastrutture energetiche parte integrante della sua pianificazione difensiva:

un "approccio di sicurezza totale", ha affermato il Ministro dell'Ambiente finlandese “Sari Multala”.

Il Paese sta valutando l'acquisizione di maggiore capacità di riparazione.

 

"Avendo un lungo confine con la Russia e anche la nostra storia", ha aggiunto. "Dobbiamo essere sempre preparati al peggio".

Nel frattempo, Estonia e Lituania stanno valutando proposte di legge per sequestrare le navi che minacciano le infrastrutture critiche al di fuori delle loro acque territoriali.

E il Regno Unito ha lanciato un programma di intelligenza artificiale che valuta i rischi per le petroliere attraverso dati pubblici sui movimenti delle navi.

"La nostra gente lo percepisce come un attacco alle nostre infrastrutture critiche", ha dichiarato a POLITICO il Ministro estone per il Clima, “Yoko Alender”.

"Il principio fondamentale qui è la sicurezza e l'indipendenza europea".

Ma elaborare una risposta efficace significa anche addentrarsi in un campo minato dal punto di vista legale.

Secondo il diritto internazionale, i paesi hanno pochi poteri per sequestrare imbarcazioni sospette al di fuori delle loro acque territoriali, ovvero entro 12 miglia nautiche dalle loro coste, ha affermato “Sean Pribyl”, partner specializzato in diritto marittimo internazionale presso “Holland & Knight”.

Oltre quella zona, la nave ha il diritto legale al "passaggio inoffensivo" ed è soggetta alle leggi del paese in cui è registrata, il cosiddetto stato di bandiera, ha affermato.

 

Questo è un problema, ha detto” Pribyl”, perché "non esiste un meccanismo di controllo" che obblighi gli stati di bandiera, spesso lontani e con legami diplomatici poco stretti con i paesi occidentali, ad agire contro le imbarcazioni sospette.

 

Il caso della “Yi Peng 3” è un esempio calzante. Nonostante l'attracco tra Svezia e Danimarca, Pechino si è rifiutata di consentire alle autorità locali di condurre un'indagine completa sulla nave.

Di ritorno sulla nave pattuglia al largo della costa finlandese, un vento impetuoso martellava i finestrini della cabina.

“ Iljin”, il capo della guardia costiera finlandese, espresse timore per il comportamento pericoloso delle navi cargo russe.

 

“Iljin” ha espresso timore per il comportamento pericoloso delle navi cargo russe.

"Si tratta di acque molto basse... quindi se queste imbarcazioni hanno problemi al motore, ad esempio, perdono manovrabilità", ha affermato, "e potrebbero toccare terra nel giro di qualche ora".

E “Iljin” non riesce a tracciarli correttamente.

 "Alcuni di loro sembrano manipolare i loro dispositivi [transponder]... il che li rende in qualche modo invisibili", ha detto.

Quindi per “Iljin” non è nemmeno una scelta. L'Europa deve adattarsi a questa nuova realtà.

"Sappiamo ovviamente dove si trovano questi cavi sottomarini", ha detto. "È qualcosa per cui ci siamo preparati."

“Antoaneta Roussi e Laura Kayali hanno contribuito al reportage ).

 

Musk arriva dove nessun altro consigliere

 di Trump può: esprimere pubblicamente

il proprio disaccordo con il presidente.

Politico.eu – (12-4-2025) - Giselle Ruhiyyih Ewing – ci dice:

 

Il consigliere di Trump sembra non avere inibizioni nel condividere le sue opinioni, e questo sembra andare più che bene al presidente.

Infatti Elon Musk parla mentre Donald Trump osserva nello Studio Ovale.

Il presidente Donald Trump non sembra essersi preoccupato dell'intrusione di Elon Musk sotto i suoi riflettori.

 

Il presidente Donald Trump è noto per la sua capacità di selezionare consiglieri che seguono fedelmente i suoi ordini e di licenziare quelli che non lo fanno.

Ma Elon Musk sembra essere l'eccezione alla regola.

Musk è diventato sempre più audace nel suo aperto dissenso la scorsa settimana su questioni che vanno dal messaggio politico di Trump agli altri consiglieri del presidente.

E ha preso l'abitudine di presentarsi al presidente, sia prima che dopo il suo ingresso alla Casa Bianca.

I democratici hanno cercato di creare una spaccatura tra i due, chiamando Musk in tono beffardo "Presidente Elon" nel tentativo di irritare il presidente che notoriamente odia condividere la scena politica.

Ma a quanto pare, Trump, che era famoso per licenziare funzionari in modo inaspettato durante la sua precedente amministrazione, è rimasto soddisfatto di Musk, nonostante il suo collega miliardario abbia attirato un'attenzione sproporzionata rispetto ad altri importanti collaboratori della Casa Bianca e persino rispetto ai membri del gabinetto del presidente.

I portavoce della Casa Bianca e del “Dipartimento per l'Efficienza Governativa di Musk” non hanno risposto alle richieste di commento di sabato sulla relazione tra i due.

Ma Trump ha riso delle provocazioni del co-presidente, affermando in un'intervista congiunta con Musk su Fox News a febbraio che "è così ovvio. Sono così scarsi in questo".

In effetti, il presidente ha continuato a elogiare il suo consigliere, pur affermando che se ne andrà presto.

Giovedì, durante una riunione di gabinetto, Trump ha elogiato Musk e il suo team DOGE, affermando: "I vostri collaboratori sono fantastici. Speriamo che rimangano a lungo, vorremmo tenerne il più possibile".

In assenza di ulteriori messaggi da parte di Trump, Musk ha continuato a far conoscere le sue opinioni sulle questioni amministrative.

 Ecco cinque occasioni in cui Musk ha superato di gran lunga qualsiasi altro consigliere presidenziale:

Lotta tariffaria.

Musk ha preso di mira il consigliere commerciale di Trump, “Peter Navarro”, uno dei volti pubblici delle aggressive politiche tariffarie dell'amministrazione.

A partire dallo scorso fine settimana, il miliardario ha lanciato diversi attacchi a Navarro sulla sua piattaforma” social X”, prendendolo in giro più volte , anche tramite un video in cui Navarro spiegava la logica alla base della politica tariffaria.

I dazi di Trump hanno immediatamente innescato la volatilità del mercato e innescato una guerra commerciale globale.

Musk, CEO di diverse aziende che dipendono da componenti importati dalla Cina – che ha subito il peso maggiore dell'ira tariffaria di Trump – ha perso miliardi.

In un discorso all'estero ha anche affermato di sperare che un giorno gli Stati Uniti e l'Unione Europea raggiungano una "situazione di tariffe zero" pochi giorni dopo l'inizio della guerra commerciale.

Il CEO del settore tecnologico sembra aver sfogato le sue frustrazioni su Navarro, chiamando il consulente commerciale "idiota" e affibbiandogli un nuovo soprannome: "Peter Retarrdo".

Martedì, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha liquidato le domande sugli attacchi pubblici di Musk.

"I ragazzi sono ragazzi e lasceremo che i loro combattimenti pubblici continuino", ha detto Leavitt.

 

Verso l'infinito e oltre.

Musk ha preso posizione questa settimana anche dopo le notizie secondo cui l'”Office of Management and Budget” avrebbe proposto tagli ingenti ai finanziamenti della “NASA”.

Musk, la cui” SpaceX” è il più grande appaltatore privato della NASA, si è rivolto nuovamente a “X “per commentare le notizie.

"Preoccupanti", ha scritto in merito ai tagli segnalati , aggiungendo che, pur essendo "molto favorevole alla scienza", "purtroppo non può partecipare alle discussioni sul bilancio della NASA, poiché” SpaceX” è un importante appaltatore della NASA".

Sebbene non abbia partecipato attivamente alle decisioni sul bilancio, il CEO di “SpaceX” ha da tempo uno stretto rapporto con la persona scelta da Trump per l'amministratore della NASA, “Jared Isaacman”, e la società di elaborazione dei pagamenti di “Isaacman,” “Shift4”, ha investito nella “SpaceX” di Musk.

 

Colpo di stato al governo.

Più vicino a casa, Musk si è anche pubblicamente intromesso negli affari del governo Trump.

Musk, che ha un posto al tavolo delle trattative pur non essendo ufficialmente un membro del Gabinetto, ha litigato con il “Segretario di Stato Marco Rubio” su come gestire i tagli al “Dipartimento di Stato”.

"ELON E MARCO HANNO UN OTTIMO RAPPORTO. QUALSIASI AFFERMAZIONE DIVERSA DA QUESTA È UNA FALSA NOTIZIA!", ha scritto Trump su “Truth Social.”

Trump alla fine rassicurò i membri del suo gabinetto che, sebbene Musk avesse il potere di fare raccomandazioni all'interno del governo, non avrebbe potuto apportare modifiche unilateralmente, ma solo dopo che Musk avesse calpestato gran parte della burocrazia federale.

 

Musk spinse anche l'allora co-presidente di transizione “Howard Lutnick” a guidare il “Dipartimento del Tesoro” nelle settimane successive all'elezione di Trump.

 Il presidente alla fine scelse “Scott Bessent” come capo del Tesoro, ma scelse “Lutnick” come “Segretario al Commercio”.

Con amici come questi.

Musk si è anche intromesso nella lotta per la leadership repubblicana al Senato, un argomento da cui Trump si è tenuto alla larga.

Con l'intensificarsi della corsa a novembre, Musk ha espresso un deciso appoggio a Rick Scott della Florida per l'incarico, nonostante lo stesso Trump si sia rifiutato di farlo.

Il presidente ha invece scelto di proclamare che qualsiasi senatore che aspira a un ruolo di leadership "deve accettare le nomine durante la pausa" per accelerare il processo di nomina del gabinetto di Trump.

"Rick Scott leader della maggioranza al Senato!" ha scritto Musk, affermando in un post separato che il senatore John Thune (RS.D.) – che alla fine ha vinto la carica ed è ora fondamentale per far passare il programma di Trump al Congresso – era la "prima scelta dei Democratici".

Andare globale.

Musk si è espresso attivamente anche in materia elettorale a livello globale, appoggiando negli ultimi mesi una serie di candidati di destra in diversi paesi europei:

 una mossa del tutto insolita per un confidente presidenziale.

Il consigliere del presidente ha fatto scalpore dopo aver ripetutamente appoggiato il partito di estrema destra “Alternativa per la Germania” (AfD) alle elezioni anticipate di quest'inverno, attirandosi critiche per l'ingerenza in una democrazia straniera.

Ma Musk ha continuato a sostenere il partito, ospitando una lunga conversazione con la leader dell'AfD e candidata alla carica di cancelliere “Alice Weidel”.

 

Il proprietario della “XW” è addirittura apparso virtualmente a un comizio del partito pochi giorni dopo l'insediamento di Trump, durante il quale ha incoraggiato i tedeschi a votare per” Weidel” e ad "andare avanti" rispetto ai "colpevoli del passato", riferendosi apparentemente alla storia del Paese con il partito nazista.

Il miliardario ha anche mosso critiche all'attuale Primo Ministro britannico Keir Starmer, di cui Trump è pubblicamente invaghito.

Musk ha anche brevemente appoggiato il leader riformista anti-immigrazione “Nigel Farage”, prima di stroncare il politico britannico in un dietrofront su un altro alleato di lunga data del presidente.

 

 

 

“UCCISO DAL “DEEP STATE”, LO STATO

ITALIANO SOGNA LA RESURREZIONE”

Inchiostronero.it - (12 – 4 – 2025) - Gennaro Malgieri – ci dice:

 

Lo Stato è morto, ucciso da chi avrebbe dovuto difenderlo.

 Ora sogna di rinascere, ma sotto l’ombra del potere invisibile.

In questo saggio lucido e provocatorio, l’economista Gennaro Malgieri analizza la lunga agonia dello Stato italiano, ormai svuotato di autorità e credibilità.

 La riforma del Titolo V, l’autonomia differenziata, la frammentazione istituzionale e il collasso dei poteri costituzionali hanno lasciato un vuoto che è stato colmato da un potere oscuro, il Deep State:

una rete invisibile di interessi, apparati e decisioni che agisce senza controllo democratico.

I partiti ne sono solo terminali passivi.

Mentre i cittadini cercano ancora un’illusoria garanzia di libertà e ordine, la realtà è una deriva silenziosa, in cui la Repubblica muore ogni giorno un po’ di più.

Ma esiste ancora la possibilità di una rinascita?

O siamo già oltre il punto di non ritorno? (f.d.b.)

 

Da molto tempo in Italia non c’è più uno Stato, nell’accezione giuridica e politica, in grado di provvedere all’ordinato sviluppo della società e a regolamentare i conflitti.

 Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione e la spinta degenerativa della nazione con l’autonomia differenziata, beato chi è capace di trovare la parvenza dello Stato nelle istituzioni costituzionali.

 Peraltro, i tre poteri (il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario) sui quali dovrebbe reggere si sono dissolti nelle guerre fratricide che hanno ingaggiato.

Sicché dire che lo Stato è il solo garante delle libertà concrete e dell’ordinato svolgersi della vita civile e sociale è quanto meno azzardato se non una falsificazione.

Quello che conta è il cosiddetto Deep State, lo Stato profondo, che non deve rispondere a nessuno e del quale i partiti politici sono i terminali.

Lo Stato che abbiamo conosciuto è occupato dalle forze politiche che non rispondono alle istanze del popolo e non hanno neppure ideali da coltivare e sostenere:

 basta leggere i giornali per rendersene conto.

Tali forze lo hanno devitalizzato, e pertanto non soltanto non può adempiere alla sua funzione principale, ma neppure porsi come autorità dirimente e prescrittiva. Basta vedere l’andamento dei lavori parlamentari, l’inadeguatezza dell’amministrazione giudiziaria, la litigiosità nelle coalizioni governative per ritenere che lo Stato non c’è più e quello che così chiamiamo ne è una parodia.

In tempi di forsennato antistatalismo, si è ritenuto che altri organismi potessero “tutelare” la cosa pubblica:

 sono venuti fuori neo-feudalesimi, in primis le Regioni, poi i poteri economico-finanziari in guerra permanente contro la “res pubblica” che hanno aggravato la situazione.

E quello che era il presidio riconosciuto della socialità, tutore della sovranità degli organismi comunitari e della inviolabilità dei diritti della persona, è stato demolito con le ruspe dell’ideologia e del malaffare.

 

Certo, può anche accadere, come la storia ci insegna, che lo Stato, in una particolare fase storica della vita delle nazioni, esorbiti dai suoi compiti e si trasformi in una sorta di Leviatano onnipotente, assoluto, crudele.

Ma questo non è più lo Stato al quale facciamo riferimento, manifestatosi nella forma della polis greca e della Repubblica romana.

Ne è una tragica caricatura.

Lo Stato senza popolo non esiste; la nazione senza Stato è un’arena dominata dal disordine permanente.

E la libertà del popolo e della nazione non c’è altro soggetto che possa garantirla se non lo Stato.

Infatti, esso, come giustamente ha osservato “Paul Kirchhoff” nel suo libro” Lo Stato”: garante o nemico della libertà?

(Nuove Idee), limita la tendenza autodistruttiva insita nelle società che nascono, invariabilmente, non da un ordine precostituito, ma da una guerra civile o, nella migliore delle ipotesi, da gruppi anarchici che si nutrono di diffidenza e fonda un accordo pacifico tra i cittadini.

Che l’accordo sia di natura contrattuale non modifica la sostanza “spirituale” dello stesso:

 garantire la libertà, l’incolumità, la coesione degli associati, possibilmente in relazione ad una cultura condivisa, ad un sentimento comune di appartenenza, anche non originario, ma che si affina con il passare del tempo.

Contestualmente gli organi dello Stato vengono limitati nel loro potere dalla stessa libertà, e non sembri un paradosso, poiché essa è il principio dell’ordine naturale che si coniuga con il principio dell’ordine civile: l’autorità.

 L’una e l’altra sono i pilastri dello Stato costituzionale fondato sui diritti umani e sul riconoscimento dei diritti dei popoli, vale a dire le sovranità “altre”.

Perciò, per lo studioso conservatore tedesco, lo Stato “si assume il compito di procurare, per quanto possibile, il minimo indispensabile per vivere, di garantire il diritto alla salute, una tutela in caso di disoccupazione, l’assistenza agli anziani, un’istruzione di base. Lo Stato di diritto civile diventa, così, Stato sociale”.

Negare questo compito allo Stato moderno equivale ad affossare la convivenza tra i popoli e le relazioni tra le nazioni.

Ciò non vuol dire che lo Stato non possa o non debba pretendere il monopolio dell’esercizio della forza.

Al contrario, è il solo legittimato ad usarla, secondo le leggi e nei limiti che i governati gli attribuiscono e, dunque, in modo tutt’altro che arbitrario.

 La lezione di Carl Schmitt, al riguardo, è ancora attualissima.

Lo Stato, nel corso della sua evoluzione, si è limitato anche nell’espandere la sua forza interna nei confronti dei cittadini e la volontà che esprime è quasi sempre (o dovrebbe essere) condivisa dagli stessi.

Per esempio, non risponde più agli interrogativi esistenziali che spetta risolvere alle varie forme di culto;

non s’insinua nella vita privata dei singoli la cui regolamentazione è di esclusivo appannaggio della famiglia a meno che non abbia un impatto sociale evidente; dovrebbe il più possibile tenersi fuori dalle vicende economiche private.

Lo Stato necessario, dunque, non può subire la delegittimazione che sta subendo negli ultimi decenni.

E mai come oggi avrebbe bisogno di essere difeso strenuamente, mentre è innegabile che esso sia irrimediabilmente in discussione, non per migliorarlo, ma per limitarne la portata fino ad affossarlo.

La retorica che ha imbolsito il dibattito sulla sua essenza e sulla opportunità del suo ritiro dalla sfera economica, nella quale la presenza dello Stato era da considerarsi addirittura nociva (ma non nei settori strategici), ha purtroppo finito per dilatarsi nella sua stessa negazione quale unica forma giuridico-politica in grado di incarnare i valori della cosa pubblica e, dunque, della comunità nazionale.

Anzi, in molti casi lo Stato viene considerato come un “nemico” da abbattere, come un’entità malvagia cui opporre, per esempio, il diritto delle autonomie ad ergersi contro di esse quali controparti, come se dette autonomie non fossero elementi essenziali dello Stato stesso.

Taluni invocano il principio di sussidiarietà in contrapposizione allo Stato, non comprendendo che esso si integra, se correttamente inteso, in un universo politico incentrato sul riconoscimento della “res pubblica” all’interno della quale vivono ed operano i corpi intermedi come cellule dello Stato dei cittadini e non dello Stato Leviatano.

La sussidiarietà non può essere vista o sentita, neppure propagandisticamente, come “alternativa” allo Stato, ma tuttalpiù come superamento delle degenerazioni dello statalismo prodotte dalla pratica partitocratica.

 

Dalla “Rerum novarum” alla Quadragesimo anno, dalla “Pacem in terris” alla “Centesimus annus” non c’è stata enciclica papale che non abbia fornito una definizione della sussidiarietà in rapporto alle strutture statali, riconoscendo, con tutta evidenza, le strutture pubbliche, e dunque statali, in stretta connessione con quelle private in un armonico rapporto non soltanto economicistico o mercantilistico, come si tenta oggi di far credere.

Proprio la “Centesimus annus” di Giovanni Paolo II (maggio 1991) è l’esplicitazione di questa concezione.

Dopo aver rilevato che lo Stato, per sua natura, il Santo Pontefice osservava:

“Non potrebbe assicurare direttamente il diritto al lavoro di tutti i cittadini senza irreggimentare l’intera vita economica e mortificare la libera iniziativa dei singoli cittadini”.

E aggiungeva che ciò non vuol dire che lo Stato “non abbia alcuna competenza in questo ambito, come hanno affermato i sostenitori di un’assenza di regole nella sfera economica.

Lo Stato, anzi, ha il dovere di assecondare l’attività delle imprese, creando condizioni che assicurino occasioni di lavoro, stimolandola ove essa risulti insufficiente o sostenendola nei momenti di crisi”.

Ancora, secondo Giovanni Paolo II, lo Stato “ha il diritto di intervenire quando situazioni particolari di monopolio creino ostacoli per lo sviluppo”, come, ad esempio, nello Stato assistenziale di ispirazione socialdemocratica:

“una società di ordine superiore – sosteneva il Papa – non deve interferire nella vita interna di una società inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e di aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali in vista del bene comune”.

Il principio di sussidiarietà ha attraversato la cultura politica del secolo scorso senza contrapporsi allo Stato.

 Persino nella “Carta del Lavoro”, documento non certo espressione di un regime democratico, viene riconosciuto che “l’intervento dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata o quando siano in gioco interessi politici dello Stato”, soltanto in questa occasione l’intervento “può assumere la forma del controllo, dell’incoraggiamento e della gestione diretta”.

 

Dunque, contrapporre allo Stato il sistema delle autonomie e/o la sussidiarietà è un altro modo per alimentare la sfiducia nella sua necessità e riguardarlo con diffidenza se non con inimicizia.

 Ma se lo Stato è divenuto, nella seconda metà del Novecento, in Italia soprattutto, terreno per scorribande di lanzichenecchi assetati di potere e per nulla dediti alla ricerca del “bene comune”, non è un buon motivo per metterne in discussione l’essenza che risiede nel riconoscimento di dover anteporre nella gestione della cosa pubblica la salvaguardia dell’interesse generale a quello personale o di fazione.

Ma anche, come scrive” Kirchhoff”, lo Stato ha anche il gravoso compito, che non può in alcun modo essere disconosciuto, di esercitare il suo potere responsabilmente “riguardo la libertà in un contesto di incontro sempre più ravvicinato tra culture diverse, dovendo contemporaneamente fronteggiare gli sviluppi anti-istituzionali dell’opinione pubblica, e le prognosi che teorizzano il suo declino o addirittura la già avvenuta – sebbene non ancora diffusamente riconosciuta – morte”.

Se lo Stato ci fosse, probabilmente si riuscirebbe ad intravedere una prospettiva di ricomposizione tra interessi privati e spirito pubblico;

a determinare la classe dirigente a favorire un autentico percorso di pacificazione sociale;

a rimuovere gli ostacoli che impediscono l’ammodernamento delle istituzioni e le strutture civili del Paese.

Per fare tutto questo lo Stato va ripensato e riconquistato.

 Ispirandosi ad un’etica repubblicana fondata sulla responsabilità e sul richiamato sentimento del “bene comune”.

Istituzioni non soltanto efficienti, ma “moralmente coerenti con le esigenze dei tempi, dovrebbero essere modellate da riformatori consapevoli secondo un disegno nel quale i diritti di libertà si coniughino con il dovere dell’autorità di regolamentarli e difenderli”: il contrario, cioè, di quanto accade ai nostri giorni.

 

Un’illustrazione tagliente e paradossale: da un lato il sogno — una società armoniosa, costruita da riformatori consapevoli — dall’altro, il caos grottesco della realtà attuale, dove libertà è incatenata, la giustizia distrutta, e il disordine regna.

Il Tempo, vogliamo sperare, farà giustizia delle convulsioni che dominano la nostra quotidianità e saprà restituirci lo Stato garante di libertà e non suo nemico.

A conclusione del suo saggio che tocca, tra l’altro, le questioni della sovranità e la garanzia del futuro affidato ad una sana politica di intervento per la famiglia, Kirchhoff osserva:

 “Il complesso delle norme giuridiche è paragonabile ad un albero, la cui vita è radicata nell’invisibile humus dei valori e della cultura che lo Stato ha fatto crescere, e che poi diviene visibile in un tronco irremovibile – quello della determinazione delle basi legali dello Stato.

 Da questo tronco si dipartono i rami dei regolamenti particolari del diritto privato, penale, del regolamento di polizia, del diritto tributario o sociale, a cui di volta in volta si fa riferimento come a rami autonomi, che a volte si muovono al vento, e sotto gli strali delle intemperie a cui sono esposti, che però mai si potranno divincolare dal tronco, ed in ultimo producono foglie, le quali – come il gettito tributario annuale e l’entità delle prestazioni finanziarie statali – decadono in autunno, ma poi in primavera rifioriscono di nuova linfa in maniera tale da formare un quadro complessivo dell’albero pressoché identico a quello di prima. Lo Stato rimane garante, e non diventa nemico della libertà, fino a quando custodisce e rende effettivo e manifesto questo legame di significati all’interno dell’ordinamento giuridico complessivo”.

Osservando ciò che accade in Italia c’è da essere piuttosto preoccupati.

 Lo Stato può davvero dirsi garante della libertà quando nel suo seno si sviluppano conflitti tra poteri che ne mettono in discussione la stessa esistenza?

 In assoluto, come ho scritto all’inizio, il compito dello Stato è favorire la libertà in accordo con l’affermazione del principio di autorità.

 Ma questo è il compito che ci attende, poiché le strutture statali sono in disarmo e le classi dirigenti frastornate.

 Dello Stato non si può fare a meno:

la lunga demonizzazione dalla quale è stato investito ci ha ridotto come popolo a navigare a vista.

Schivare gli ostacoli diventa sempre più difficile.

(Redazione Electo - Gennaro Malgieri).

 

RUMP È “AIPAC”, IL RESTO

 È FUMO.

Comedonchisciotte.org – Comidad - Redazione CDC – (13 Aprile 2025) – ci dice:

 

Trump ha sempre rivendicato con orgoglio di essere un lacchè di Israele già da molto prima di entrare in politica, dai tempi in cui giocava ancora con le figurine.

Nel 2016 Trump testimoniò questa sua antica fedeltà sionista davanti alla platea dei lobbisti dell’”AIPAC” (American Israel Public Affairs Committee) e si conquistò il loro plauso attaccando l’allora presidente Obama per aver siglato un accordo con l’Iran sul nucleare.

Gli insulti di Trump a Obama furono talmente violenti da costringere la dirigenza dell’”AIPAC” a prenderne le distanze, dato che proprio Obama in quello stesso periodo stava inviando in Israele finanziamenti per trentotto miliardi di dollari, al solito scopo di difenderlo dalle “minacce”.

 

Minacce decisamente redditizie;

 infatti c’è una lobby che paga i politici di uno Stato affinché spremano il loro contribuente per inviare finanziamenti ad uno Stato straniero.

 Magari una parte di quei soldi spediti all’estero viene riutilizzata dalla lobby per finanziare nuovamente i politici, in modo da convincerli ad inviare altro denaro pubblico allo Stato straniero;

e così via, all’infinito.

 Una mente ristretta definirebbe tutto ciò come peculato, frode e riciclaggio, mentre una mente illuminata lo chiama “civiltà occidentale”.

La fedeltà sionista (espressa nei termini più scurrili e senza le ipocrisie dei democratici) rappresenta l’unica questione nella quale Trump non è risultato mai ondivago ed è rimasto costantemente fedele alla linea.

L’attuale amministrazione Trump infatti consegna la politica estera americana a sionisti di sicura fede e di pieno gradimento dell’”AIPAC”:

“Pete Hegseth” a dirigere il dipartimento della Difesa, “Mike Waltz” a consigliere della sicurezza nazionale;

ed alla direzione della “CIA” la ex democratica “Tulsi Gabbar”, la quale una volta si rendeva popolare dichiarando di opporsi alle avventure belliche.

 

La nuova direttrice della” CIA” ha invece costruito la sua “credibilità” in questi ultimi tempi parlando del pericolo che Hamas rappresenterebbe per gli USA, ed inoltre ha affermato di considerare le proteste universitarie contro il genocidio a Gaza come un sostegno ad Hamas.

Questa posizione si è dimostrata in linea con quella dell’amministrazione Trump, che ha sospeso i finanziamenti alla “Columbia University”, costringendo il rettore non solo ad impedire le manifestazioni studentesche “pro Palestina”, ma anche a controllare i contenuti didattici sulla storia del Medio Oriente inserendo personale fedele a Israele.

 Secondo alcuni Israele non è uno Stato perché mancano le fondamentali premesse giuridiche per definirlo come tale, cioè la forma istituzionale (repubblica o monarchia) e la dichiarazione dei propri confini.

 Se non è uno Stato, in compenso Israele è uno status, una condizione di superiorità antropologica;

 infatti negli USA, ed anche in Germania, è proibito criticarlo.

Ciò dimostra che lo Stato è solo un’astrazione giuridica, mentre ciò che conta è lo status.

 Elon Musk, che è attualmente uno dei PR dell’amministrazione Trump, ha fatto un’apparizione telematica al congresso della Lega dichiarando tra l’altro che i “cattivi” si riconoscono proprio dal fatto che sono contro la libertà di parola. Appunto, se lo dice lui.

L’”AIPAC “è la parte sostanziosa del trumpismo, poi c’è la parte fumogena, la costruzione di un’immagine di bullo per avvolgere nell’epica e nel mito la squallida condizione del” lacchè dell’AIPAC”.

Sarebbe un errore ritenere che dietro certe pantomime vi siano lucidi disegni di mistificazione;

in realtà la mistificazione è una relazione sociale che può comportare ostilità autentiche e irriducibili, per quanto vuote di concrete alternative.

 

Non si potrebbe stabilire chi sia più sionista tra un Roberto Saviano ed un Daniele Capezzone, eppure militano su sponde ideologiche che si sentono opposte, recitando la loro parte con quell’eccesso di immedesimazione che, come diceva Diderot, è tipico dei pessimi attori.

In questo senso i sionisti fanatici alla “Fiamma Nirenstein” (consulente speciale del governo israeliano per la lotta all’antisemitismo) hanno una tale idiosincrasia per le ipocrisie del politicamente corretto da offendersi a morte quando Biden fingeva di prendere in considerazione l’ipotesi dei “due popoli, due Stati”, oppure di dispiacersi per la sorte dei bambini di Gaza.

 Il sionismo fanatico ha talmente preso alla lettera le ipocrite formule “liberal” da porre le condizioni per quella scomposta reazione ideologica in cui è nato il fenomeno Trump.

Il paradosso di uno come Trump è che veramente si è bevuto la propaganda dei democratici ed ora si è convinto che i guai degli americani derivino dall’essere stati “troppo buoni”, dall’aver pensato prima agli altri invece che ai propri interessi, e gli altri ne avrebbero approfittato.

 In tal modo il bullismo è diventato epica del riscatto e della “liberazione” dai truffatori e parassiti. Si tratta di un caso da manuale di auto-intossicazione con la propria stessa propaganda.

 

Come è noto, l’ultima manifestazione di bullismo di Trump ha riguardato i dazi, da lui definiti appunto come “liberazione”.

Secondo alcuni, almeno sui dazi Trump si sarebbe dimostrato “coerente”, poiché ne parla da decenni.

 In realtà Trump un giorno dichiara che i dazi sono i pilastri di una stabile strategia protezionista, e poi il giorno dopo dice che sono solo uno strumento negoziale ed è pronto a ritirarli;

 quindi c’è coerenza, ma solo nel senso della costante confusione;

tra l’altro i dazi sono tasse e quindi, secondo la Costituzione americana, potrebbero essere imposti solo previa approvazione del Congresso.

Ma delle Costituzioni chi se ne frega.

La caotica delle imposizioni tariffarie sulle merci importate non fa neppure intravedere alcun piano di protezione dell’industria statunitense;

semmai il contrario, dato che i sistemi produttivi dei vari paesi sono interconnessi.

Vari commentatori hanno cercato perciò di trovare nei dazi una “ratio” puramente finanziaria, partendo dall’ipotesi che questo sia uno shock utile ad ammorbidire le controparti e ad indurle a certe concessioni.

 La prima concessione dovrebbe riguardare il cosiddetto “accordo di Mar a Lago” (dal nome del resort di proprietà di Trump).

 Secondo Bloomberg si tratterebbe di imporre ai possessori esteri di titoli del debito statunitense dei nuovi “bond” del Tesoro a scadenza centennale a compensazione della rinuncia a pretendere il rimborso dei titoli attuali.

 Ammesso che gli investitori esteri siano disposti ad aspettare cento anni, il problema è che solo poco più di un terzo del debito USA è in mani straniere, quindi un eventuale accordo del genere non sarebbe decisivo per ovviare alla portata stratosferica del debito stesso e degli interessi da pagare.

Secondo altri commentatori lo scopo del piano dazi sarebbe di costringere i vari Stati ad aprirsi ai fornitori americani di servizi finanziari, in modo da potere accedere alla gestione del risparmio delle famiglie, che specialmente in Europa è abbastanza sostenuto, anche se non più come negli anni ’80 e ’90.

Anche in questo caso la spiegazione appare un po’ faticosa, dato che non c’era bisogno di alcuno shock per riottenere ciò che già è nella propria disponibilità.

Attualmente Blackrock è il maggiore azionista di UniCredit, che a sua volta sta tentando la scalata alla tedesca Commerzbank.

 Dopo il via libera della BCE alla fusione, l’ultima parola spetterebbe al prossimo cancelliere tedesco Merz, che proviene da Blackrock.

Se la Commissione Europea non fosse interamente immersa nel gioco di ruolo, penserebbe a reagire ai dazi di Trump proprio sanzionando Blackrock.

(Comidad).

(comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=1268).

 

 

 

La geopolitica della follia dell'élite.

"Trasformare il mondo intero in una

 tecnocrazia planetaria".

Globalresearch.ca - Robert J. Burrowes – (10 aprile 2025) – ci dice:

 

La pericolosa illusione che i governi, compresi i governi BRICS, siano sovrani e possano fermare la presa di potere tecnocratica.

Mentre l'ordine geopolitico viene rapidamente rimodellato per servire meglio gli interessi dell'élite, la maggior parte degli analisti che scrivono sull'argomento sono stati indotti a percepire i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa recentemente ampliati per includere Egitto, Etiopia, Indonesia, Iran ed Emirati Arabi Uniti) come una sorta di "alternativa".

 

Vedi, ad esempio:

L'affermazione di “Ben Norton” secondo cui "i BRICS... cambierà il mondo" in "I BRICS si allargano con 9 nuovi paesi partner. Ora è la metà della popolazione mondiale, il 41% dell'economia globale".

 

L'affermazione del professor “Jeffrey D. Sachs” secondo cui "i BRICS sono... una potenziale apertura per un ordine mondiale molto più pacifico e sicuro. [E] può essere una manna per tutti i paesi" in "Il vertice dei BRICS dovrebbe segnare la fine delle illusioni neoconservatrici".

 

L'affermazione di “Alfred de Zayas”, il primo esperto indipendente delle Nazioni Unite sulla promozione di un ordine internazionale democratico ed equo, secondo cui "i BRICS rappresentano una 'nuova alba' del multipolarismo" e "l'esistenza stessa dei BRICS e il vertice di Kazan orientato al futuro offrono un'alternativa al nichilismo occidentale" in "Il vertice dei BRICS a Kazan: un manifesto per un ordine mondiale razionale".

E l'affermazione di “Abayomi Azikiwe” che "i BRICS rappresentano un modello storico di sforzi per costruire alternative all'attuale sistema capitalista mondiale... Il vertice BRICS Plus è una manifestazione del movimento internazionale verso la fine del dominio dei popoli del mondo da parte del capitale finanziario internazionale.

 

Naturalmente, analisti più astuti stanno chiaramente vedendo oltre la facciata e stanno esponendo come i paesi BRICS stiano semplicemente implementando lo stesso programma tecnocratico dei paesi al di fuori dei BRICS.

Si veda, ad esempio, "Vorresti sapere cosa hanno appena dichiarato i BRICS?" di “Riley Waggaman”.

 

Il punto è semplice: al di sotto di qualsiasi differenza superficiale tra ciò che i paesi BRICS (a volte ora indicati come BRICS+ data la recente adesione di altri cinque membri) potrebbero fare che sembra rimodellare la geopolitica planetaria in un ordine mondiale multipolare che in qualche modo sostituirà l'ordine mondiale unipolare guidato dagli Stati Uniti, si nasconde una verità più profonda e più oscura.

 

Questa verità è che l'Elite Globale sta rapidamente e progressivamente trasformando il mondo intero in una tecnocrazia planetaria popolata da schiavi transumani.

Ciò significa che le percezioni che sono limitate a visioni del mondo di lunga data che vedono il mondo come statalista e/o capitalista/socialista, ad esempio, non percepiscono o percepiscono erroneamente i profondi cambiamenti che stanno avvenendo.

 

Nessun governo, compresi quelli dei paesi BRICS, sta resistendo a questi profondi cambiamenti. Nessun governo, compresi quelli dei paesi BRICS, resisterà a questi profondi cambiamenti.

Il mondo geopolitico non ruota attorno a stati-nazione sovrani perché nessuna nazione è sovrana.

Cioè, nessun governo di uno stato-nazione è in grado di esercitare un'autorità indipendente e ultima su tutti i suoi affari (interni ed esterni).

Naturalmente, questo è stato a lungo il caso, come spiegato dall'eminente storico professor “Carroll Quigley” nella sua opera classica pubblicata nel 1966.

 Vedi “Tragedia e speranza”: una storia del mondo nel nostro tempo.

 

"I poteri del capitalismo finanziario avevano un altro scopo di vasta portata, niente di meno che quello di creare un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ogni paese e l'economia del mondo nel suo insieme.

 Questo sistema doveva essere controllato in modo feudale dalle banche centrali del mondo, che agivano di concerto con accordi segreti raggiunti in frequenti riunioni private e conferenze.

 L'apice del sistema doveva essere la” Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea”, in Svizzera, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali del mondo che erano esse stesse società private.

 

"Non si deve pensare che questi capi delle principali banche centrali del mondo fossero essi stessi potenze sostanziali nella finanza mondiale.

Non lo erano.

Piuttosto, erano i tecnici e gli agenti dei banchieri d'investimento dominanti nei loro paesi, che li avevano sollevati ed erano perfettamente in grado di buttarli giù. I poteri finanziari sostanziali del mondo erano nelle mani di questi banchieri d'investimento (chiamati anche banchieri "internazionali" o "mercantili") che rimanevano in gran parte dietro le quinte nelle loro banche private non costituite in società.

Questi formavano un sistema di cooperazione internazionale e di dominio nazionale che era più privato, più potente e più segreto di quello dei loro agenti nelle banche centrali.

 

A parte l'ampio e prezioso libro di “Quigley”, si può leggere un ragionevole riassunto di come il potere dell'élite – politicamente, economicamente, socialmente e militarmente – sia stato guadagnato e venga esercitato in “Analisi storica dell'élite globale: saccheggiare l'economia mondiale fino a quando non "non possiedi nulla".

 

Naturalmente, almeno nel caso dei paesi "democratici", si deve credere che il "vostro" governo sia, in effetti, libero di prendere decisioni che regolano la vostra sicurezza e il vostro benessere e che abbiate certi diritti, compreso il diritto di voto, di avere voce in capitolo nel determinare il governo del paese in cui vivete.

Per nascondere la realtà che nessuna nazione è sovrana, i governi sono stati a lungo autorizzati a prendere decisioni su questioni minori (che possono ancora avere un impatto critico su alcune popolazioni) che non hanno alcuna attinenza con il programma fondamentale dell'Elite, mentre qualsiasi "decisione" significativa presa dai governi si limita ad approvare le direttive dell'Elite e a mobilitare gli agenti pertinenti nel governo. burocrazie, i media, l'esercito e altrove per attuare le ultime componenti del “programma Elite”.

 

Quindi, fino a quando non riconoscerete che i governi a tutti i livelli – e le istituzioni internazionali con cui avete più familiarità, a cominciare dalle Nazioni Unite e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità – sono solo delle vetrine o dei "burattini ombra" progettati per distrarvi dalle vere basi del potere nel sistema mondiale, allora continuerete a fraintendere ciò che sta accadendo.

Chi lo sta guidando e come viene fatto. E qualsiasi sforzo tu faccia per resistere alla violenza dilagante e all'ingiustizia insita in ciò che sta accadendo, fallirà.

Ed è proprio questo che l'Elite intende.

Dopotutto, il modo più efficace per contrastare l'opposizione a qualsiasi programma è assicurarsi che i potenziali avversari non comprendano le regole del gioco (incluso, in questo caso, chi esercita il potere effettivo nel sistema mondiale) assicurandosi che a questi potenziali avversari vengano date un sacco di distrazioni rumorose e colorate (come elezioni regolari e altri processi politici di partito, per non parlare dell'arte e dello sport in varie forme) per tenerne occupata la maggior parte allo stesso tempo.

 

Le recenti elezioni presidenziali americane sono state un perfetto esempio di questa distrazione, con una vasta gamma di commenti su una vasta gamma di cambiamenti superficiali e solo gli analisti più rari hanno persino notato il numero e la gamma di ricchi tecnocrati nominati da Donald Trump per svolgere ruoli chiave nella sua nuova amministrazione, per non parlare di spiegare il significato di questo.

 

In sostanza, è meglio per l'Elite che tu metta tutta la tua passione ed energia nel combattere su un campo di battaglia che è del tutto irrilevante e che ti tenga all'oscuro di dove si trovi il vero campo di battaglia.

Quale modo migliore per neutralizzare tutta l'opposizione se non quella di concentrarla sul "gioco" sbagliato?

La tecnocrazia planetaria in rapida avanzata.

Mentre molti autori hanno discusso il rapido progresso della tecnocrazia planetaria negli ultimi anni, e specialisti come Patrick Wood ci hanno avvertito per molto più tempo – vedi "Technocracy News & Trends" – non c'è dubbio che rimanga un argomento incredibilmente poco compreso.

Possibili scenari di mobilità intelligente e sostenibile. (Licenza CC BY-SA 4.0)

Ciò significa che la minaccia posta dai cambiamenti che ci vengono imposti non viene in gran parte riconosciuta.

 Queste tecnologie invasive includono l'identità digitale (a cui sarà allegato il tuo "punteggio di credito sociale"), le valute digitali della banca centrale (CBDC), la detenzione georeferenziata in una "città intelligente", la sorveglianza 24 ore su 24 tramite telecamere di riconoscimento facciale tridimensionali (che catturano la tua "impronta facciale" unica), lo spionaggio attraverso una vasta rete di dispositivi "intelligenti" (computer, televisori, frigoriferi... così come piattaforme di social media, pali stradali e luci intelligenti) connessi tramite 5G/6G e Internet delle cose e che controllano i nostri movimenti attraverso una gamma parallela di tecnologie tra cui geo-fencing, auto senza conducente, interruttori di uccisione dei veicoli, droni (utilizzati come "opzione di forza letale"), robot (anche come "opzione di forza letale") e armi autonome ed elettromagnetiche.

 Al di là di queste minacce, i "vaccini", l'intelligenza artificiale, la biologia sintetica, la geoingegneria e altre tecnologie vengono utilizzate per rimodellare profondamente la vita planetaria, a vostro danno.

Ma se non avete già una chiara comprensione dell'origine storica e dello sviluppo dei pericoli tecnocratici che stanno rapidamente minando la vita umana, l'identità, la privacy, la libertà e la sicurezza, potete ottenere un'eccellente comprensione dal libro più recente di “Patrick Wood” sull'argomento “The Evil Twins of Technocracy and Transhumanism “o da una bella panoramica in questo recente articolo di “Joshua Stylman” "The Technocratic Blueprint: A Century in the Making" o questa serie in due parti di” Jesse Smith”:

"Tecnocrazia in ascesa – Parte 1: Perché è fondamentale capire il gioco finale" e

"Tecnocrazia in ascesa – Parte 2: Fidati di me, sono un tecnocrate".

 

E se ancora non credete che i BRICS e tutti gli altri paesi stiano attuando il programma tecnocratico dell'Elite, potete leggere di più in articoli come questi, a partire dalla recente dichiarazione del vertice BRICS nell'ottobre 2024:

Vertice BRICS 2024 "Dichiarazione di Kazan: rafforzare il multilateralismo per uno sviluppo e una sicurezza globali giusti".

Se non si riesce a percepire immediatamente l'impegno dei paesi BRICS nei confronti della tecnocrazia dell'Elite, “Riley Waggaman” lo spiega chiaramente.  "Ti piacerebbe sapere cosa hanno appena dichiarato i BRICS?"

Ma “Waggaman” ha anche precedentemente spiegato in dettaglio come il governo russo sia impegnato a imporre la tecnocrazia dell'élite ai russi.

 "Putin è in combutta con i globalisti?"

 

Per quanto riguarda la Cina, nelle parole di “Iain Davis,” la Cina è il "primo technato" del mondo.

In realtà, questo è stato sistematicamente facilitato dall'Occidente dopo l'ascesa al potere di Deng Xiaoping dopo la morte di Mao nel 1976.

 La Cina è stata effettivamente infiltrata dai membri statunitensi della Commissione Trilaterale (noti come "Trilateralisti") per influenzare il percorso di sviluppo in Cina e, ad esempio, dal 1979 "il governo israeliano e gli appaltatori della difesa israeliani hanno costantemente agito come facilitatori per il trasferimento della più sensibile tecnologia di difesa e sorveglianza occidentale alla Cina".

 

Quindi, se la Russia e la Cina sono già stati tecnocratici avanzati, che dire degli altri paesi BRICS?

Beh, anche se consideriamo solo tre delle componenti fondamentali più critiche necessarie per costruire uno stato tecnocratico – l'implementazione del 5G, l'identità digitale e le valute digitali della banca centrale (CBDC) – si scopre che gli altri paesi BRICS sono tutti a buon punto.

Nonostante i pericoli elettromagnetici ben documentati del 5G, la tecnologia è già stata ampiamente implementata in questi paesi: "5G Progress Report: Brazil", "5G rollout in India fastest in the world, official say" e "5G rocking in South Africa".

Anche l'identità digitale è a buon punto: "La versione digitale della nuova carta d'identità nazionale del Brasile è ora disponibile in alcuni Stati", "Per quanto riguarda gli ID biometrici, l'India è un "laboratorio per il resto del mondo"" e "Nuovo sistema di ID digitale per i sudafricani: ecco cosa aspettarsi".

 

Per quanto riguarda le CBDC, Brasile, India e Sudafrica hanno tutti programmi pilota avanzati o sono in fase di implementazione.

 "La Banca centrale del Brasile conferma che eseguirà un test pilota per la sua CBDC quest'anno", "Il governo annuncia la rupia digitale: cos'è e altro" e "La South Africa Reserve Bank avvia lo studio di fattibilità della CBDC al dettaglio".

 

Se vi chiedete quali siano i membri più recenti dei BRICS, una rapida ricerca confermerà il loro forte coinvolgimento nell'imporre la tecnocrazia dell'Elite, a partire dalle tre componenti fondamentali nominate sopra.

Per quanto riguarda l'Iran, ad esempio, la diffusione del 5G, dell'identità digitale e delle CBDC è a buon punto.

Si veda "4.000 siti per fornire Internet 5G in Iran entro marzo 2025", "Portale nazionale del governo intelligente" e "La banca centrale iraniana lancerà la valuta digitale su base pilota".

In sintesi, tutti i governi nazionali, insieme ai loro alleati corporativi, sono coinvolti nel processo di costruzione dell'infrastruttura tecnocratica che, un giorno presto, schiavizzerà quelli di noi rimasti in vita in una prigione di "città intelligente".

Se vuoi ulteriori prove, basta fare una ricerca su Internet specificando un paese e una tecnologia (5G, ID digitale, CBDC, riconoscimento facciale, geofencing...) e/o controllare i progressi della città più vicina nella sua trasformazione in una "città intelligente".

 

Difenderci dall'avanzata della tecnocrazia.

Ci vorrà uno sforzo enorme per difenderci dai cambiamenti politici, economici, sociali, tecnologici e di altro tipo che ci vengono rapidamente imposti.

Questo perché "l'élite globale è folle rivisitata" e praticamente tutti gli esseri umani sono completamente sottomessi a causa della violenza che ognuno di loro ha subito durante l'infanzia.

 "Perché la violenza?" e "Psicologia senza paura e psicologia della paura: principi e pratica".

E che tu agisca o meno in risposta ad altri progetti d'élite portati avanti in altre parti del mondo, resistere all'avanzata della tecnocrazia è fondamentale per il tuo futuro:

"Lottare per la nostra umanità, lottare per il nostro futuro".

'We Are Human We Are Free' identifica l'azione strategica necessaria per difendersi da questa tecnocrazia (con le azioni critiche spiegate,

più semplicemente, sul volantino di una pagina "We Are Human We Are Free", disponibile in 23 lingue).

Conclusione.

Nessun governo è libero dal controllo dell'élite.

I governi sono semplicemente agenti dell'élite che fanno ciò che viene detto loro da vari agenti dell'élite nel settore bancario, nella politica estera, nella tecnologia e in altri contesti.

Fondamentalmente, il programma Elite sta uccidendo la maggior parte della popolazione umana e sta utilizzando una serie di tecnologie per schiavizzare tecnocraticamente quei transumani lasciati in vita in una prigione di "città intelligente".

 

Questo programma avanza rapidamente, mentre la nostra ignoranza e paura fanno sì che la maggior parte delle persone non riesca a percepire la vera natura delle minacce, chi le sta guidando e cosa è necessario per resistervi efficacemente.

Ciò significa che anche quelle persone che affermano di esserne consapevoli sono di solito intrappolate nell'intraprendere qualche azione impotente (come firmare una petizione a un governo, cambiare il loro voto alle prossime elezioni, manifestare per le strade) piuttosto che agire con forza per difendersi contro l'élite resistendo ai suoi imperativi.

La realtà è che ci si può difendere in modo abbastanza efficace intraprendendo le azioni nominate in "We Are Human We Are Free", ma abbiamo bisogno di un numero sufficiente di persone che intraprendano queste azioni per sconfiggere l'intero programma, altrimenti l'Elite userà semplicemente i suoi agenti transumani e robot per darci la caccia una volta che coloro che hanno prontamente obbedito saranno già morti o imprigionati.

La nostra lotta è con l'Élite Globale. Non il vostro governo, un'organizzazione internazionale o chiunque altro.

(Robert J. Burrowes si è impegnato per tutta la vita a comprendere e porre fine alla violenza umana. Ha svolto ricerche approfondite dal 1966 nel tentativo di capire perché gli esseri umani sono violenti ed è un attivista nonviolento dal 1981. È l'autore di "Perché la violenza?).

 

 

 

 

Una vera soluzione economica alla crisi

 economica creata dai miliardari.

 Globalresearch.ca - Emanuel Pastreich – (13 aprile 2025) – ci dice:

 

Credo di averlo già detto: "Pagheranno!".

La classe fantoccio dei politici non riesce a trovare una soluzione all'incombente crisi economica che minaccia di distruggere quasi tutti tranne i miliardari parassiti che pagano le bollette e che hanno organizzato questa guerra commerciale nella prima commedia.

 Perché quei politici, scelti e promossi per la loro incompetenza e la loro incapacità di fare altro che eseguire gli ordini, non possono risolvere il problema perché il problema sono loro e i loro padroni.

 

Ma posso offrire a voi, donne che lavorate, a voi che lavorate, una soluzione reale in questo momento, che porterà una nuova età dell'oro alla gente comune e porrà fine al dominio dei miliardari.

Useremo la legge federale, la Costituzione e la decenza umana di base per risolvere la crisi economica in modo permanente.

Non abbiamo bisogno di investimenti da parte delle banche, o dei lobbisti, o dei contributi elettorali, o delle società di pubbliche relazioni. Non ce ne frega niente del mercato azionario o delle esigenze dei trader di derivati.

L'unica condizione per il successo è che i cittadini abbiano il coraggio di opporsi al male quando alza la sua brutta testa ad ogni angolo, e l'impegno a correre rischi reali per amore della giustizia e per il bene della nostra nazione nel suo insieme, anche per coloro che non possiamo vedere, non lo sappiamo.

 

La CIA, il Pentagono, i vari appaltatori privati per la Sicurezza Nazionale che effettuano attacchi sotto falsa bandiera e propagano menzogne nei media non sono le fonti ultime della criminalità che puzza come un cadavere putrido in ogni angolo degli Stati Uniti.

 

Incolpare la “CIA” fa parte del gioco.

 

No, è una classe di famiglie miliardarie, e di individui, negli Stati Uniti, in Israele, in Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Giappone, in Cina, in Russia e altrove che sono dietro l'attuale caos, che lo hanno fomentato in primo luogo.

La maggior parte di questi miliardari sono americani, anche se non gliene potrebbe fregare di meno degli americani.

 

Hanno organizzato l'incidente dell'11 settembre per stabilire una dittatura militare nascosta che non può essere nominata, per lanciare guerre che hanno ucciso milioni di persone e che ci sono costate trilioni di dollari.

Questi sono tutti argomenti tabù.

 

Hanno stampato 30 trilioni o più di denaro falso attraverso la Federal Reserve utilizzando il Quantitative Easing, gli aiuti COVID, lo stimolo del mercato e la spesa del Pentagono come foglia di fico.

Hanno pagato da soli quei soldi e li hanno usati per comprare case e altri beni in un'enorme frode economica.

 

Hanno lanciato il regno del terrore COVID 19 usando i loro agenti in tutto il mondo e hanno distrutto la vita dei lavoratori, creando dittature ombra per sé stessi e permettendo a una manciata di multinazionali di prendere il controllo dell'intera economia stabilendo un ordine neo-feudale.

 

Tutti questi atti sono stati violazioni della Costituzione che determina ciò che è e ciò che non è il ruolo del governo.

Tutti questi atti erano violazioni della legge federale, massicce cospirazioni criminali.

Tutti questi atti erano immorali e decisamente malvagi.

 

Non abbiamo bisogno di cercare la pace attraverso la diplomazia.

Non abbiamo bisogno di ridurre la spesa federale.

 Non dobbiamo ridurre il numero di vaccinazioni per i bambini.

Possiamo farlo in seguito, una volta ripristinato lo Stato di diritto.

 

Riflessioni sulle elezioni di medio termine del 2022.

 "Questo nuovo Congresso è una mera appendice di Wall Street"

No, dobbiamo prima fare le nostre richieste e poi agire.

Dobbiamo esigere che i beni, in patria e all'estero, di tutti i miliardari coinvolti in questi crimini siano sequestrati e che tutti i documenti relativi a questi crimini siano declassificati e rilasciati al pubblico.

Tutti i miliardari sono stati coinvolti e tutti i loro beni sono bersagli per le nostre richieste.

 

Dobbiamo esigere che i miliardari siano trattati come noi saremmo trattati se avessimo commesso tali crimini.

È davvero così semplice.

Devono essere incarcerati, tutti i loro beni devono essere sequestrati e tutta la documentazione deve essere resa pubblica.

Ciò porterà finanziamenti più che sufficienti per risollevare l'economia. Devono pagare per risarcire ogni vittima delle vaccinazioni, devono pagare ogni persona ferita in quelle guerre, e devono pagare anche le multe e le sanzioni.

 Il denaro non dovrebbe essere pagato dal governo, il che significa pagato dal popolo stesso.

 

Non ci sarà più molto per i miliardari dopo!

 

Abbatterli porterà trilioni di dollari di entrate per il nostro paese.

La riforma della Federal Reserve garantirà un'economia stabile che non si basi sul debito e che l'inflazione cessi di essere un problema.

 

Dire la verità sulla macchina da guerra ci porterà la vera pace.

 

Cosa ci ostacola?

 

Siamo stati instupiditi, ma possiamo elevarci al di sopra di questo. Siamo stati scoraggiati, ma possiamo trovare la speranza dentro di noi. Siamo stati fuorviati, ma possiamo trovare la nostra bussola morale.

 

Se i tribunali federali e statali, il Congresso e i governi locali, statali e federali sono controllati da interessi monetari che ignorano la legge e la Costituzione, allora dobbiamo formare i nostri governi provvisori che seguano la legge e la Costituzione e che li affrontino.

 Dobbiamo istituire le nostre corti costituzionali per portarli in giudizio.

 

Dopodiché, presenteremo le argomentazioni costituzionali e giuridiche e le direttive che provengono dal popolo, ai militari, alla polizia e alle altre forze autorizzate a proteggere i cittadini in conformità con la Costituzione.

Queste direttive, quegli ordini, saranno che arrestino questi criminali e sequestrino i loro beni a beneficio del popolo, che li rintraccino sulle loro isole private e nei loro bunker sotterranei.

 

Ancora una volta, le richieste, le sentenze, gli ordini delle assemblee e dei tribunali del nostro popolo saranno costituzionali, legali e soprattutto etici. I falsi "governi" e la falsa "economia" che usano "denaro" falso e che sono gestiti dai miliardari non avranno alcuna legittimità; non avrà dominio.

 

Ma questo sforzo non riguarda me, ma voi. Come scrisse il poeta “William Ernest Henley” nel suo poema “Invictus”:

 

Fuori dalla notte che mi copre

Nero come la fossa da un palo all'altro

Ringrazio qualsiasi dio possa essere

Per la mia anima invincibile

Nella morsa delle circostanze

Non ho sussultato né pianto forte

Sotto i colpi del caso

La mia testa è insanguinata, ma non piegata

Oltre questo luogo di rabbia e lacrime

Incombe solo l'orrore dell'ombra

Eppure la minaccia degli anni

Trova e mi troverà senza paura

Non importa quanto stretto sia il cancello

Come caricato di punizioni il rotolo

Sono il padrone del mio destino

Sono il capitano della mia anima.

(Emanuel Pastreich è stato presidente dell'Asia Institute, un think tank con uffici a Washington DC, Seoul, Tokyo e Hanoi. Pastreich è anche direttore generale dell'Institute for Future Urban Environments.)

Commenti

Post popolari in questo blog

Quale futuro per il mondo?

Co2 per produrre alimenti.

La truffa in politica.